appena prima di partire

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appena prima di partire
CHIESA
CHIESAMONDO
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 4 SETTEMBRE 2010
N
el pomeriggio di lunedì 30 agosto don Alessandro Alberti è partito dall’aeroporto di
Malpensa diretto alla
missione diocesana in Camerun. Dopo una sosta a Ndjamena, in Ciad, ha raggiunto nei
giorni scorsi la diocesi di
Maroua-Mokolo in Camerun,
dove si è unito all’equipe dei
missionari “Fidei Donum” presente sul posto. Don Alessandro, originario di Morbegno, è
stato vicario di Bormio dal 2002
al 2007 e successivamente parroco di San Siro a Lomazzo. Negli ultimi mesi, dopo la decisione del Vescovo di inviarlo come
missionario fidei donum in
Camerun, ha trascorso alcuni
mesi per lo studio del francese
a Parigi, presso una casa dei
missionari comboniani, oltre ad
aver frequentato il corso organizzato dal CUM di Verona per
tutti i fidei donum.
Questa è la lettera che don
Alessandro ci ha consegnato,
domenica 29 agosto, alla vigilia della partenza.
“Carissimi amici tutti,
tramite Il Settimanale vi scrivo questa lettera comunitaria
“appena prima di partire”. Sì,
domani dopo alcuni mesi di preparazione, partirò finalmente
per la missione diocesana in
Cameroun!
“Appena prima di partire”
sono tanti i pensieri che abitano la mia mente e molte le emozioni che si muovono dentro di
me. Ho preparato le valige (max
46 + 10 kg) e vi assicuro che non
è stato facile scegliere che cosa
portare o lasciare. E nella bisaccia del cuore che cosa metto?
Don Tonino Bello parlava di bisaccia del pellegrino e così esortava un giovane prete all’inizio
del suo ministero: “Ecco tutto
quello di cui hai bisogno: un cielo, un sasso, la stola, il pane e il
vino, la Parola, le tue mani…”.
Mi sembra davvero un bel kit
da missionario… essenziale,
evangelico e pieno di gioia!
Ma un bravo pellegrino ha
sempre con sé anche un buon
bastone. Prima di diventare diacono, nell’estate del 2001 ebbi la
fortuna di fare il Cammino di
Santiago di Compostela a piedi
e ricordo che c’era allora l’usanza di segnare il bastone ogni 100
km. Ho in mente benissimo che
la sera prima di arrivare alla
meta avevo inciso l’ottava tacca
e confesso, non senza un certo
orgoglio! L’indomani, all’alba
dell’ultima tappa non trovai più
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CAMEROUN IL SALUTO DI DON ALBERTI, NUOVO FIDEI DONUM
APPENA PRIMA DI PARTIRE
il mio affezionato bastone! Me
l’avevano rubato o qualcuno lo
prese per errore! Ma il Signore
mi ripagò un anno dopo, quando arrivai da giovane prete a
Bormio e come augurio durante la santa messa di accoglienza mi regalarono un magnifico
bastone nuovo che mi ha accompagnato fin qui e che ha segnato tanti momenti, specialmente
le indimenticabili gite e i bellissimi campi in montagna anche
con la parrocchia di Lomazzo
poi.
Questo bastone non so se potrà venire in Africa con me, ma
idealmente di sicuro! Non ho
più segnato tacche ma il bastone del mio cuore è marcato
indelebilmente innanzitutto dal
segno della GRATITUDINE.
Grazie a tutti e a ciascuno!
Ringrazio la mia famiglia: i
miei cari fratelli con le mie cognate e i miei amati nipoti e soprattutto i miei genitori. Come
da bambino mi lasciarono - all’inizio un pò a malincuore partire in seminario, così anche
oggi, dopo la non facile reazione iniziale, sono certo che diventano un po’ missionari con me e
mi sostengono con l’affetto e la
saggezza di sempre!
Ringrazio le tante persone che
in questi anni mi hanno accolto come fratello, figlio, nipote,
amico - perchè discepolo di Cristo! - e sempre mi sono stati vicini con le cure, il cuore, le preghiere. Ho sperimentato già qui
il centuplo promesso nel Vangelo! Sempre magnificherò il Signore per voi.
Ringrazio la mia chiesa di
Como che mi invia. Una chiesa
che sempre ho amato, dall’infanzia nella mia grande parrocchia di Morbegno e in tutti gli
anni di seminario dove sono stato educato ad aprirmi al mondo. Ringrazio il vescovo Diego
che oggi mi ha chiamato a partire e tutti i miei confratelli sacerdoti specialmente quelli con
cui ho condiviso maggiormente
il cammino e i miei carissimi
compagni di ordinazione. Io ho
la fortuna di “andare ad gentes”
ma tutti siamo “fidei donum”,
dono di fede gli uni gli altri e
per le persone che ci vengono
affidate!
Ringrazio immensamente le
parrocchie dove ho vissuto la
mia vita e il mio ministero in
L’APPELLO DELLA CARITAS
EMERGENZA PAKISTAN
“E’ stata una catastrofe
assolutamente epocale. La
Caritas e la Chiesa pakistana
stanno facendo il possibile
per portare aiuti agli sfollati
ma ci sarà bisogno di molte
risorse per gestire l’emergenza e ritornare ad una situazione di normalità”. Lo dice
al SIR Massimo Pallottino,
responsabile dell’ufficio Asia
di Caritas italiana, che racconta come stanno procedendo gli aiuti umanitari alle
popolazioni del Pakistan colpite dalle alluvioni: si parla
di 2000 morti e circa 20 milioni di persone coinvolte nel
disastro, tra cui 3,5 milioni di
bambini che rischiano di contrarre malattie mortali. Secondo l’Onu almeno 800.000
persone sono ancora isolate.
Caritas italiana - che subito
P A G I N A
lanciato una raccolta fondi e ha
già allocato 180/190.000 euro è in costante contatto con
Caritas Pakistan, che sta distribuendo aiuti alla popolazione e
intende raggiungere almeno
250.000 sfollati. Il 24 agosto il
vescovo di Faisalabad, mons.
Joseph Coutts, ha chiesto di celebrare una giornata di preghiera anche per favorire il dialogo
tra cattolici (minoranza nel Paese), musulmani e indù per un
aiuto reciproco. Il Papa aveva
lanciato un appello il 18 agosto
scorso e la Cei ha stanziato un
milione di euro e invitato al sostegno delle iniziative promosse da Caritas italiana (www.
caritasitaliana.it).
La situazione, infatti, risulta
peggiorare di ora in ora: “Molte
zone prima inaccessibili sono
state raggiunte ed emergono
tutti i bisogni degli sfollati: prima di tutto il cibo. Il governo e
gli aiuti internazionali consegnano solo riso, ma c’è necessità di complementi nutrizionali
supplementari, soprattutto per
i bambini e le donne incinte”.
Dall’altra parte aumenta il rischio di epidemie - sono stati
già registrati casi di colera - così
come si registra una mancanza di coordinamento negli aiuti.
“Sono cinque le diocesi colpite dall’esondazioni del fiume
Indo, da nord a sud del Paese –
racconta il responsabile Caritas
-, e ora l’onda di piena si sta
spostando dal Punjab al Sindh
e si teme che arrivi a Islamabad. La gente è nel panico perché si sente minacciata dalla
piena e fugge. C’è quindi una
forte pressione degli sfollati
questi otto anni in diocesi. Dalle montagne di Bormio alle pianure di Lomazzo ho sperimentato a fondo, in maniera differente ma con un’intensità formidabile, la gioia di essere prete.
Nella parrocchia di Lomazzo
San Siro sono stato nemmeno
tre anni ma il Signore mi ha colmato di ogni grazia e ho gustato la bellezza di essere pastore
nel suo gregge. Bormio e
Lomazzo: porto nel cuore momenti meravigliosi e soprattutto il volto di tanti fratelli e sorelle con cui abbiamo davvero
camminato insieme. Grazie per
il bene che mi avete voluto e che
non meritavo. Grazie perché mi
avete accolto, accompagnato e
lasciato partire. Grazie di tutto!
Un grazie sentito alle moltissime persone che mi hanno dimostrato un grande amore per
la nostra missione in Cameroun
e per le missioni anche con
l’aiuto materiale. Vorrei ringraziare poi in modo particolare il
Centro Missionario Diocesano
anche per il sostegno in questo
ultimo periodo di preparazione
prima a Parigi e poi al CUM di
Verona. Sono stati mesi simpatici ed impegnativi e ho appreso molto!
Ma prima di partire vi assicuro che oltre alla gratitudine
vorrei segnare sul bastone del
cuore la tacca dell’UMILTÀ.
Parto certamente con coraggio
e con entusiasmo e anche con
qualche paura perchè le difficol-
tà ci saranno, ma chiedo al
Buon Dio che non mi faccia mai
mancare l’umiltà e lo STUPORE. Arriverò in una chiesa,
quella di Maroua-Mokolo, giovane e gravida di speranza da
cui avrò solo da imparare, incontrerò una nuova cultura che
mi arricchirà e sono certo che i
poveri che troverò sul mio cammino mi doneranno molto di più
di quello che saprò dare loro. Mi
inserirò nell’èquipe missionaria
“fidei donum” di Como che da
anni lavora con passione tra
questa gente. Sarò l’ultimo arrivato, mi metterò in coda e
sono sicuro che avranno tanta
pazienza con me.
A Verona ho conosciuto un
anziano missionario rientrato
dopo una vita in Africa che mi
raccomandava: «Abbraccia la
terra in cui lavorerai e sentila
come la tua terra» e aggiungeva «ma ricordati che solo se ami
le tue radici sarai capace di accogliere le radici del popolo che
incontrerai». Chiedo a Gesù la
grazia di sapere abbracciare
con amore e libertà i fratelli e
le sorelle che incontrerò sulla
strada che si apre davanti a me.
Quell’abbraccio che ho sentito
vivo e forte in tutti voi che mi
avete tanto amato qui nella mia
cara terra e che ancora - ne sono
certo - mi accompagnate e un
po’ partite con me. Sempre uniti nella preghiera!
Appena prima di partire… vi
abbraccio tutti!”
Oltre 2 mila morti
e 20 milioni
di sfollati a causa
delle alluvioni.
Per sostenere
gli interventi
di Caritas Italiana
in corso si possono
inviare offerte tramite
C/C POSTALE N.
347013 specificando
nella causale
“Pakistan”
sono milioni e hanno bisogno
davvero di tutto”, racconta
Stephen Sadiq, il responsabile della Comunità di Sant’
Egidio a Islamabad. “I bisogni
più urgenti - dice Sadiq - sono
teli di plastica da usare come
pavimento nelle tende, materassi, cuscini, lenzuola, zanzariere contro la malaria, latte
per bambini e neonati, acqua
potabile, utensili per cucinare, medicine e vestiti”. Una
prima raccolta di aiuti di
emergenza, fatta ad Islamabad, ha permesso di procedere alla distribuzione di acqua
e generi alimentari, lungo
l’autostrada che porta alla capitale, dove c’è un’immensa
fila di persone che non hanno
più niente, solo i vestiti che indossano. “Gruppi di donne e
bambini - continua Sadiq non mangiavano da diversi
giorni. Tanti sono scalzi. Non
possono neanche tornare indietro perché le strade semplicemente non ci sono più, inghiottite dall’acqua o distrutte”.
sulle città, in particolare su
Karachi, e non sarà facile reggere l’impatto”. Passata l’emergenza, spiega Pallottino, “bisognerà verificare i danni reali
sull’agricoltura: girano cifre che
vanno da 1,7 milioni a 5 milioni di ettari di coltivazioni distrutte, soprattutto risaie. Questo potrebbe mettere a dura
prova la sicurezza alimentare
del Paese”. “Il disastro in
Pakistan è immenso, come non
si era mai visto nella storia di
questo paese. I profughi che
stanno arrivando nelle città
DON ALESSANDRO