Web 2.0: e poi?

Transcript

Web 2.0: e poi?
Web 2.0: e poi?
SOMMARIO:HarryPottermania: si può creare
qualcosa che non sia soltanto la fanfiction
harrypotteriana? Qualcosa di creativo,
nell’ambito della “CULTURA CIVICA”, potrà
comparire, circolare ed essere condiviso,
anche grazie al Web 2.0? Web 2.0: Internet
volta pagina, con la versione 2.0 di Internet,
un'evoluzione tanto tecnologica quanto
filosofica. Il pensiero di Henry Jenkins: la
cultura convergente e partecipativa online. E
poi…
Harry Potter: gadget mania!
Il filone Harry Potter è uno di quelli che genera i gadget più ricercati dai fan e
dai collezionisti. Se le action figures sono, diciamo, oggetti normali, particolari da
avere in casa sono invece le bacchette magiche , il bellissimo GiraTempo , il
ciondolo con l’effige di Edvige, la lucente spada di Godric Grifondoro e il
misterioso specchio dei desideri. Per sentirsi tutti più maghi e magici…
La Società Nazionale Harry Potter Italia è lieta di
presentare il primo podcast italiano dedicato al mondo
creato da J.K. Rowling:
Alla conduzione, che si vuole caratterizzare come spigliata ed informale,
si alterneranno Sybilla e Elbereth, fondatrice e collaboratrice del sito
Torre Nord nonché della Società Nazionale Harry Potter Italia.
Il podcast sarà trasmesso in formato mp3 ed ascoltabile nonché
scaricabile gratuitamente all'indirizzo a fondo pagina.
Nel corso delle puntate, mensili della durata di circa 20 minuti l’una,
verranno affrontati vari temi: dalla discussione delle principali notizie, al
commento dei trailers, alla presentazione dei vari personaggi della saga.
Saranno inoltre presentate interviste e contributi di vario genere.
Durante la prima puntata verrà presentata l'intervista a Paolo Gulisano,
che ci parlerà del nuovo libro in uscita “Halloween, la notte delle
zucche”, scritto a quattro mani con Brid O’ Neil.
L'idea, nata senza fini di lucro, vuole essere un modo originale di
raggiungere tutti i fans, più o meno giovani, con un occhio speciale ai
contenuti ed alle nuove tecnologie di diffusione di intrattenimento ed
informazione.
Fanfiction o fan fiction (abbreviato comunemente in
fanfic) è il termine utilizzato per indicare tutte quelle
opere scritte dai fan (da qui il nome), prendendo come
spunto le storie o i personaggi di un lavoro originale.
Il fenomeno è esistito già in passato: ad esempio, alcuni racconti di Sherlock Holmes, scritti da
ammiratori del personaggio, possono essere considerati opere di questo tipo.
La diffusione delle fan fiction è tuttavia esplosa con l'arrivo di internet. La rete oggigiorno abbonda
di lavori di questo tipo, creati soprattutto intorno a personaggi particolarmente amati, tratti da film,
fumetti, manga, anime, videogiochi o romanzi. Tali opere vengono ideate dai fan per dare una
propria visione della storia, creando situazioni inserite nella trama originale in un momento
precedente o successivo alla storia, oppure inserite nella storia, in modo da "completare" parti che
non sono state approfondite. In altri casi i fan si divertono anche a creare situazioni alternative alla
storia in modo da avere spunti anche per parodiare il racconto.
Molto comuni nel web sono le fanfiction su Harry Potter, a prova della sua popolarità, e su molti
manga, come Dragon Ball AF, forse la più grande diceria della storia di Internet.
Storie Recenti
Kreacher di ioGinny G [Post-DH]
Nel settimo libro di Harry Potter (quindi spoiler) i pensieri ingarbugliati...
Un posto e un momento per crescere di pdantzler PG [Post-OOP]
Harry capita per sbaglio in casa di Piton nell'estate del quinto anno, dopo...
Il Rosso e il Verde di data R [Post-DH]
Rosso e Verde, ovvero Passione e Gelosia... ma sono anche i colori delle due...
Oroscopi di Seilen G [Post-HBP]
Lavanda consulta un oroscopo per sapere se Ron l'ama veramente.
Forza e Resistenza del Cristallo - ovvero - L'Innamorata di Ida59 PG [Post-HBP]
Questa storia ripercorre gli avvenimenti del 6° libro rilevanti per Severus...
Storie in Evidenza
Harry Potter and the shade of Thanatos di ashara R (Post-HBP)
Occhi d'argento scrutano l'oscurità vigilando sulla falce della...
The heart of everything di MelKaine PG13 (Post-DH)
Il piccolo Harry Potter ha sei anni e non ha assolutamente idea di cosa significhi...
Breathe no more di Memory G (Post-HBP)
Cosa succederà a Ron e Hermione?Settimo anno, è giunta l'ora della battaglia...
Il Matrimonio del Mio Migliore Amico di London PG13 (Post-HBP)
Hermione e Ron non stanno più insieme. Lei l'ha lasciato, credendo di provare...
E ALLORA: si può scatenare la propria creatività
(letteraria, fotografica, filmica, grafica,
musicale podcastica ecc…) in campi meno
legate a hobby soggettivi e ai prodotti
massmediatici? Ma, per esempio, legate alla
CULTURA CIVICA? Anche grazie allo strumento
multimediale Web 2.0….
Web 2.0: Internet volta pagina
Arriva la versione 2.0 di Internet, un'evoluzione tanto
tecnologica quanto filosofica
DI Mario Montalto, esperto di Web marketing.
Internet non si può più considerare una semplice "rete di reti", né un agglomerato
di siti Web isolati e indipendenti tra loro, bensì la summa delle capacità
tecnologiche raggiunte dall’uomo nell’ambito della diffusione dell’informazione e
della condivisione del sapere.
Queste le considerazioni alla base del cosiddetto Web 2.0 che, lungi dal
rappresentare il culmine dell’evoluzione del mondo Internet negli ultimi dieci anni,
è un punto di partenza per nuove metodologie e applicazioni software,
all'insegna della condivisione e della collaborazione tra esseri umani.
Il termine "Internet 2.0" o "Web 2.0" (vedi anche su del.icio.us) è quindi
l’espressione del dibattito attualmente in corso in merito alle nuove possibilità di
fruizione del sapere e delle informazioni offerte dalla Rete. Non è quindi
un’evoluzione della tecnologia TCP/IP alla base della Rete, ma dei mezzi e degli
strumenti che utilizzano l’infrastruttura tecnologica sulla quale poggia Internet. E'
un nuovo modo di intendere la Rete, che pone al centro i contenuti, le
informazioni, l'interazione.
Si parla di Internet e non di Web, anche se spesso sono considerati sinonimi, dal
momento che oltre ai computer fanno parte della rete globale altre periferiche
quali il cellulare, la televisione, la radio, che possono interagire tra loro utilizzando
le nuove tecnologie di condivisione del dato digitale.
Il concetto di Web 2.0 pone l’accento sulle capacità di condivisione dei dati tra le
diverse piattaforme tecnologiche, sia hardware che software. Dietro a queste
evoluzioni troviamo tecnologie quali:
•
•
•
•
•
Web services,
API,
XML (vedi anche su del.icio.us e le Specifiche W3C),
RSS (vedi anche su del.icio.us),
Ajax (vedi anche su del.icio.us),
il filo conduttore è una
nuova filosofia all'insegna della collaborazione. Questo è il Web 2.0,
interazione sociale realizzata grazie alla tecnologia.
I servizi e gli strumenti del Web 2.0 trasformano ogni utente da consumatore a
partecipante, da utilizzatore passivo ad autore attivo di contenuti, messi a
disposizione di chiunque si affacci su Internet, indipendentemente dal
dispositivo che utilizza.
Per fare chiarezza su concetti talvolta troppo astratti, facciamo l'esempio di un
servizio già esistente di nome "Ringfo" che permette di verificare il costo e i
giudizi del pubblico per un libro o un cd venduto su Amazon, semplicemente
componendo un numero telefonico e digitando il codice ISBN. Ci risponderà una
signorina virtuale, dandoci tutti i dettagli. Il servizio sfrutta la tecnologia e le
informazioni residenti in Amazon e le ridistribuisce tramite il cellulare. Le
principali tecnologie utilizzate sono le API di Amazon che comunicano tramite
interfaccia dati XML con l’applicativo "Ringfo", che a sua volta utilizza lo standard
VXML per dar vita alla signorina virtuale che risponde al telefono.
Un altro esempio della natura multipiattaforma e relazionale del Web 2.0 è
rappresentato da "HousingMaps", che sfrutta due distinte risorse, "Craigslist" e
"Google Maps", per offrire un servizio di ricerca di annunci immobiliari sul
territorio americano. La particolarità di questo servizio sta nel visualizzare gli
annunci direttamente sulla cartina stradale o satellitare, permettendo di avere
subito il dettaglio dell’immobile, con le foto e le informazioni collegate. Le mappe
sono caricate sfruttando le API del servizio "Google Maps", mentre i dati relativi
agli annunci sono estrapolati dal database di inserzioni "Craigslist".
La "Craigslist" si può considerare a pieno titolo un'applicazione Web 2.0 in virtù
del metodo di categorizzazione, non più basato sulle directory, ma sulla
folksonomy (folks + taxonomy), un sistema di classificazione basato sulle parole
(tag) scelte dagli utenti per descrivere un determinato argomento. In concreto,
quando una persona vuole aggiungere un contenuto, non decide in quale
categoria inserirlo, ma ne dà una o più parola chiave, utili a descriverlo per le
future ricerche degli altri utenti. La ricerca avviene scorrendo liste incrociate di
link, generate in base alle scelte e agli interventi dei singoli utenti.
Le applicazioni più diffuse del Web 2.0 sono
•
•
•
•
•
blog (vedi anche su del.icio.us),
wiki (vedi anche su del.icio.us),
social network,
podcasting (vedi anche su del.icio.us),
vodcast.
Tutte permettono la partecipazione
nonché la diffusione di ciò che viene prodotto all’interno delle comunità interattive
di fruitori/autori di contenuti.
Le materie e gli argomenti trattati spaziano lungo tutti i campi del sapere,
rendendo ogni informazione immediatamente visibile e rielaborabile per qualsiasi
media. Può capitare che un articolo apparso su un quotidiano online sia
commentato su un blog, per poi essere arricchito dall’aggiunta di contenuti audio
e video, essere condiviso all’interno di una comunità, diventando a ogni
passaggio sempre più approfondito e "popolare".
Il fiore all'occhiello del Web 2.0 è senza dubbio il blog, vero e proprio luogo di
incontro, discussione e condivisione di argomenti e contenuti, disponibili come
testo, immagini, audio e video. L’elemento più innovativo di questo strumento/sito
è la tecnologia RSS (Really Simple Syndication), grazie alla quale i contenuti dei
feed RSS sono fruibili tramite appositi software che interpretano i file in
linguaggio XML, rendendo visibili le informazioni ivi contenute senza bisogno di
navigare il blog o il sito che li ha prodotti. E' anche possibile aggregare più feed,
filtrandoli e rielaborandoli, per presentarli su un altro sito Web o su un servizio di
news navigabile tramite il cellulare.
La diffusione dell’informazione avviene anche tramite i podcast (file audio) e i
vodcast (file video), leggibili da programmi dedicati allo stesso modo dei feed
RSS.
Scorrendo l'elenco delle soluzioni Web 2.0 troviamo i wiki, l’espressione più
democratica della diffusione della conoscenza attraverso la tecnologia. La logica
che muove e sviluppa i wiki è la partecipazione degli utenti a un obiettivo
comune, come la realizzazione della più grande enciclopedia mondiale, la
"Wikipedia", o la creazione di un glossario informatico, o di una knowledge base
dedicata a un argomento specifico. Il metodo di lavoro è in questo caso
l’elemento innovatore; chiunque può aggiungere o modificare il contenuto (testo,
immagini e video) presente in un wiki. Ecco perché si può affermare che la
partecipazione libera del singolo produce un bene culturale comune, fruibile da
tutti gratuitamente.
Non possiamo non menzionare i social network, o reti sociali, che consistono in
gruppi di persone, con vincoli familiari e non, con passioni e interessi comuni,
intenzionati a condividere pensieri e conoscenze. Si trovano online comunità di
persone che condividono i link ai siti che ritengono interessanti, oppure alle
proprie foto o video, come anche poesie, o anche resoconti di eventi cui hanno
partecipato. Persone che hanno la capacità e la voglia di distribuire contenuti
multimediali relativi ai propri interessi. Questi gruppi si rivelano spesso una
preziosa fonte di informazioni e al contempo divulgatori specializzati in
argomenti di nicchia.
Il feed RSS accomuna tutte le applicazioni sopra citate, perché permette di
diffonderne il contenuto con una modalità semplice e immediata. Questa capacita
divulgativa può essere applicata a qualsiasi sito voglia informare i propri utenti
sulle novità, come avviene per i quotidiani online che diffondono le proprie news,
o per i grandi motori di ricerca che informano sui nuovi servizi attivi o in corso
d'opera.
Il cuore del Web 2.0 è il contenuto, fruibile in tutte le sue applicazioni
multimediali, prodotto dall’interazione delle persone tramite piattaforme ad hoc.
Le applicazioni sono le più disparate, da quelle a scopo commerciale come
Amazon a quelle votate alla libera circolazione del pensiero.
Le formule che generano ricavi sono molteplici; le prime soluzioni che vengono
in mente sono sicuramente la vendita di pubblicità o di servizi professionali, ma
non vanno trascurate la visibilità e la credibilità che un'azienda può acquisire
aprendo il proprio blog, o partecipando a comunità di nicchia i cui interessi
coincidono con i prodotti offerti. Per non parlare dei vantaggi nel campo delle
relazioni pubbliche e della comunicazione d'impresa, il cui principio guida è
proprio "lavorare bene e farlo sapere a tutti". E cosa c'è di meglio di un blog, o un
wiki, o una community, per farlo sapere a tutti?
Con lo sviluppo e l’evoluzione dei servizi le opportunità di guadagno cresceranno,
offrendo soluzioni orientate a diverse nicchie di mercato. Il solo limite pare
proprio essere l'immaginazione.
HENRY JENKINS: LA CULTURA
PARTECIPATIVA E CONVERGENTE ONLINE
Nel corso del recente Media in Transition 5 abbiamo intervistato Henry
Jenkins, direttore del Comparative Media Studies Program al MIT e
maggiore coordinatore dell'evento. Disponibile e affabile, Jenkins (nella
foto) si è concentrato sull’integrazione continua fra la produzione
mediatica tradizionale e quella degli utenti. Temi affrontati nei suoi
lavori più recenti delineando scenari spesso contraddittori, a
cominciare dalle diatribe sulla proprietà intellettuale Ci vorrà ancora
tempo per capire in quale direzione andrà sfociando l'attuale fase di
transizione, oltre allo sforzo congiunto e collaborativo dei molteplici
attori coinvolti.
Qual è oggi lo stato della cultura partecipativa online, a un
anno dalla pubblicazione degli ultimi suoi libri, Convergence
Culture e Fans, Bloggers and Gamers?
I due elementi che in questo frattempo hanno dato una grossa spinta
alla cultura partecipativa che tentavo di descrivere in quei volumi sono
senz'altro YouTube e Second Life. Il primo rappresenta questa ricca e
ibrida ecologia mediale dove vanno confluendo le forme più disparate
di fan culture e produzione amatoriale. È anche il luogo in cui tale
produzione, legale e illegale, va confrontandosi apertamente con i
corporate media sul terreno giuridico. YouTube, che viene usato anche
dal mondo non profit, dagli attivisti politici e così via, è divenuto il
nuovo luogo d'incontro della cultura partecipativa sul web. È il canale
di distribuzione mancante per la produzione amatoriale di buon livello
e il coagulante di un'enorme massa critica raggiunta in un periodo di
tempo relativamente breve.
Nel contempo assistiamo all'emergere di Second Life come ambiente
virtuale polivalente dove è la comunità stessa a produrre la realtà.
L’intero sistema è andato materializzandosi sotto la spinta di fantasie
collettive e dell'attivismo dei singoli. Di nuovo, uno spazio in cui
coesistono professionisti e dilettanti, dove l'alfabetizzazione nell'uso
dei media si integra con le produzioni delle grandi corporation. Tutti
soggetti che usano Secondo Life per sperimentare nuovi approcci, per
mettere alla prova nuove identità, relazioni e attività imprenditoriali di
tipo nuovo. E ormai sono entrambi fenomeni di portata globale, che
riguardano persone di ogni Paese del mondo.
Quali sono gli effetti della commercializzazione di questi
ambienti (YouTube soprattutto), e qual è lo spazio per il
cosiddetto user generated content?
Per molti versi tutta questa produzione di base va ponendosi in rotta di
collisione con la tipica offerta di contenuti delle grandi società
mediatiche, generando conflitti sulla proprietà intellettuale. Ma alcuni
recenti casi qui in Usa rivelano, da parte delle aziende, il
riconoscimento del validità del cosiddetto user generated content. Pur
se ci troviamo di gran lunga in una fase di aggiustamento in tal senso,
è uno scenario che m’interessa parecchio. Come dicevo nell'intervento
di apertura del MiT5, ci sono artisti e aziende che comprendono le
potenzialità del Web 2.0, facilitando il remix tra i contenuti
professionali e quelli amatoriali, invitando i fan a darsi da fare.
È ad esempio il caso di Stephen Colbert, che anzi su Comedy Central lo
proponendo da anni, mentre all’opposto l'azienda-madre Viacom avvia
azioni legali contro YouTube. Siamo quindi alle prese con una serie di
contraddizioni, alle volte perfino all'interno delle stesse aziende che da
una parte vogliono diffondere i contenuti per dare spazio alla creatività
dei mash-up e per sfruttare il viral marketing, ma dall'altra devono
sottostare ai limiti posti dai propri avvocati tesi a difendere
continuamente la proprietà intellettuale onde prevenire abusi e
appropriazioni da parte di altri rivali commerciali. È quanto accaduto di
recente, fra gli altri, con lo show Tv Veronica Mars (su network CW di
Warner Brothers). Ci troviamo in una fase di transizione, come
descrivevo in Convergence Culture, dove vigono ampie contraddizioni
tra i modelli della proibizione e della collaborazione.
In quali lingue sono stati tradotti i suoi due ultimi libri? Altri
progetti in corso?
Oltre che in italiano, mi sembra che Fans, Bloggers and Gamers uscirà
in cinese, coreano e giapponese, mentre di Convergence Culture finora
è apparsa solo l'edizione polacca, ma è imminente in altre cinque o sei
lingue (inclusa quella italiana). A parte continue ricerche e indagini,
nello specifico sto lavorando a un libro di alfabetizzazione mediale per
genitori, così da aiutare i figli a fare un uso propositivo e creativo dei
media. Sto poi sviluppando l'idea dei media "spalmabili", dove il
contenuto viene appositamente prodotto onde dar vita a successivi
rifacimenti e rimescolamenti, con materiali commerciali progettati per
essere ridiffusi tramite forme e modalità decise dagli stessi utenti.
Com'è nata l'idea di Media in Transition? Un giudizio
sull'andamento di questa edizione?
Media in Transition è partita quasi un decennio fa, come progetto
parallelo al lancio del Comparative Media Studies Program, mirato a
creare scambi in ambito accademico sulla trasformazione dei media. Ci
accorgemmo come non fosse possibile inventare il futuro, idea
portante dell’intero lavoro del MIT, senza comprendere il passato. La
transizione dei media riguarda quindi il modo con cui la gente
considera e utilizza i mass media moderni. Abbiamo così pensato a una
conferenza capace di integrare le prospettive storiche e quelle
contemporanee, puntando a un contesto interdisciplinare e
internazionale. Siamo assai contenti nel vedere che qualcuno ha
seguito tutte e cinque le edizioni, c'è un dialogo crescente tra i
molteplici punti di vista sull'universo mediatico.
Sono estremamente soddisfatto di questo MiT5 per il livello della
conversazione che si sta generando, oltre che per l'ampia presenza
globale. È assai interessante il fatto che le tematiche intorno a
YouTube stiano conquistando sempre più attenzione nei panel di questi
giorni, pur se quando li abbiamo previsti eravamo nell'era preYouTube. E comunque saranno le sessioni finali a preparare il terreno
per la prossima edizione, fra due anni. Sempre con l'intento di riunire
insieme artisti, intellettuali e cittadini per affrontare i temi più caldi al
crocevia tra collaborazione, appropriazione e creatività.
Bernardo Parrella, giornalista e traduttore sui temi del digitale, vive da
tempo negli Stati Uniti e scrive su Apogeonline fin dal suo lancio
(1998).
DALLA PREFAZIONE AL LIBRO DI HENRY JENKINNS, LA CULTURA CONVERGENTE.
Secondo Jenkins, il panorama mediatico contemporaneo è:
1. Innovativo
Nessuno lo nega. La rapidità con la quale
nuove tecnologie di comunicazione nascono,
mutano e si mescolano non è in discussione.
Il più delle volte, però, l'estrema velocità del
processo è il pretesto per dire che nella fretta stiamo perdendo
qualcosa - i libri, le relazioni, la vita vera. I giovani navigano su
Internet, giocano alla Playstation, scaricano musica invece di
sviluppare interessi culturali. L'innovazione tecnologica ci
arricchisce sul piano materiale ma ci depaupera su quello
umano, soprattutto se non ci dà il tempo di digerire, riflettere,
scegliere. Simili affermazioni partono da (pre)giudizi di valore e
molto di rado citano esempi chiari e concreti. Al contrario,
questo libro illustra centinaia di situazioni reali dove le novità
tecniche stimolano la creatività, aprono territori inesplorati,
aumentano le opportunità espressive, diversificano la produzione
estetica. Forse è vero per qualsiasi epoca, dall'invenzione della
scrittura in avanti, ma ancor di più per quella che ci troviamo a
vivere, sempre più partecipativa, "a bassa soglia d'accesso", con
un forte stimolo a creare e condividere e la sensazione diffusa
che il proprio contributo "conti davvero qualcosa".
2. Convergente
Una delle tesi di questo libro è che la collisione tra
diversi media, vecchi e nuovi, sia più un bisogno
culturale che una scelta tecnologica. Computer e
cellulari hanno accorpato molteplici funzioni e si
sono trasformati in telefono, televisione, stereo, fotocamera,
tutto-in-uno. Eppure nessuno di questi agglomerati ha
sterminato i singoli avversari. Piuttosto sono i contenuti della
comunicazione che vengono declinati in ogni formato, per
potersi spostare da un mezzo all'altro e ricevere così un
distribuzione sempre più capillare e pervasiva. La stessa
canzone trasmessa in radio diventa jingle pubblicitario in
televisione, file da condividere sul computer, colonna sonora al
cinema, videoclip su YouTube, suoneria del cellulare, slogan su
una maglietta. Non c'è un singolo attrattore, computer o
cellulare che sia, capace di trasformare ogni idea in un unico
prodotto, fatto di immagine, suono, testo, relazione. Al contrario
ogni idea è capace di molte facce, per attirare su di sé strumenti
diversi e attraversarli tutti.
Da noi si parla molto più di convergenza tecnologica, di
mostruosi cellulari multifunzione, che di cultura transmediale.
Quando poi lo si fa, l'attenzione è sulla strategia delle
multinazionali dell'intrattenimento, interessate a "spostare" i
loro contenuti, come caramelle da un distributore all'altro.
Nessuno ragiona sul fatto che lo stesso interesse è spesso
condiviso, sovvertito e praticato in maniera "illegale" anche dai
consumatori, che muovono storie, suoni e immagini da un
territorio all'altro. Nessuno accetta l'idea che questo andirivieni
risponda anche a un modello estetico, un nuovo modo di
raccontare, informare, sabotare, divertire. E' solo marketing. Se
sei uno scrittore, devi scrivere un romanzo, un libro fatto di
carta. Tutto il resto - siti web, booktrailer, forum, contenuti
extra - è materiale promozionale, appendice spuria che puzza di
soldi.
3. Quotidiano
Anche in questo caso,
dire che i media e le
nuove tecnologie fanno
parte della vita
quotidiana è discorso
da autobus, a mezza via tra paura ed eccitazione, schiavitù
egiziana e terra promessa. Questa quotidianità ha come
sottoprodotto il famigerato multitasking, lo stato di "attenzione
parziale continuata" che in Italia è la bestia nera di insegnanti,
genitori e intellettuali gentiliani. Pochi ammettono che si tratta di
un'abilità necessaria per affrontare il nuovo ambiente:
mantenere un'attenzione diffusa e "a bassa intensità" su una
molteplicità di stimoli, per poi focalizzarla ad alta intensità
quando uno di questi stimoli si modifica in maniera significativa,
ovvero ci avverte di prestare "più attenzione". Il multitasking
andrebbe insegnato a chi non ce l'ha nel sangue, non bruciato
sul rogo. Purtroppo da noi la caccia alle streghe è sempre aperta
e ben retribuita.
4. Interattivo
Grazie ai nuovi media, possiamo interagire più in profondità con
suoni, immagini, informazioni. Possiamo determinarne il flusso,
scegliere in ogni momento cosa vedere o ascoltare; possiamo
archiviare contenuti, usarli in contesti nuovi, modificarli. Spesso
il dibattito su queste opportunità scivola nello stallo tra chi
sostiene che "tutto ormai si riduce a un mero taglia e incolla" e
quanti ritengono che la rielaborazione è alla base della
creatività. Oltre questo dilemma stantio, Jenkins mostra come
l'abitudine a (ri)appropriarsi di contenuti abbia riportato alla luce
un magma di produzioni amatoriali e creatività diffusa, forme di
vita tipiche della "vecchia" cultura popolare, che erano andate in
esilio sotto terra con l'avvento dei mezzi di comunicazione di
massa.
5. Partecipativo
Fino a vent'anni fa la grande maggioranza del
pubblico era soltanto audience e l'unico messaggio
che poteva emettere si riduceva a una scelta binaria:
ascolto/non ascolto, consumo/non consumo. Oggi
abbiamo a disposizione diversi canali per far conoscere le nostre
idee a una platea molto ampia. Certo non basta aprire un blog o
una pagina su myspace: si tratta di una competenza che va
appresa e affinata. Senza dubbio è un'abilità che fa la differenza
in molti ambiti lavorativi, e la farà sempre di più.
Purtroppo, invece di interrogarsi su come formare individui che
sappiano maneggiare certi strumenti, si preferisce evocare
spettri. Ultimo esempio: la "nuova" ondata di teppismo giovanile
- subito definito cyberbullismo - sarebbe partita da Internet,
perché la possibilità di filmare le proprie bravate, caricarle su
You Tube e "diventare famosi", funzionerebbe da incentivo.
Stessa cosa per la pedopornografia e altre mostruosità: tra le
righe di inchieste in stile freak show, che accostano fatti e
leggende, esperti e ciarlatani, si insinua sempre il dubbio che
aprire un sito e attivare una rete di contatti sia troppo facile.
Come dire che i circoli neonazisti esistono perché purtroppo, in
Italia, incontrarsi e costituire un'associazione è un gioco da
ragazzi. Così la diffusione libera e trasversale di contenuti
diventa di per sé un fenomeno da contenere, ridurre, gestire.
Salvo poi lamentarsi, alla prima occasione, del consumismo
passivo di certi adolescenti.
6. Globale
Le nuove tecnologie ci permettono di interagire in
qualsiasi momento con persone e situazioni, a
prescindere dalla collocazione geografica. In Italia, il
più delle volte, questa constatazione serve a
brandire la minaccia di un'omologazione culturale sempre più
forte. Il rischio esiste, senz'altro, ma perché non puntare lo
sguardo anche su altri scenari, ad esempio l'eventualità,
nient'affatto remota, che questa situazione faccia aumentare la
diversità culturale, come risposta al crescente bisogno di uscire
dal provincialismo e di costruirsi un'identità sempre più ricca e
sempre nuova?
7. Generazionale
Tra "nativi" e "immigrati" dell'era digitale e partecipativa ci sono
attitudini molto differenti, approcci diversi agli stessi media.
Questo non significa che le comunità non possano confrontarsi
ed educarsi a vicenda. Troppo spesso si preferisce erigere
steccati, insistere su stereotipi come "i giovani sono tutti
smanettoni" oppure "i giovani chattano e basta" e via
discorrendo. Si prende atto che per molti aspetti il passaggio di
conoscenze ed esperienze da una generazione all'altra è saltato,
dunque andrà tutto in malora, e comunque "non c'è più niente
da fare".
8. Ineguale
Quando in Italia si parla di "digital divide" lo si fa
sempre in termini tecnologici. Bisogna mettere i
computer (e l'informatica) nelle scuole, bisogna
portare la banda larga ovunque, bisogna
accendere hot spot per la connessione wireless, e via dicendo.
Fatto questo, il baratro digitale sarà colmato. Come dire che
l'analfabetismo è una questione di diottrie. Alcune persone non
sanno leggere perché gli occhi non gli funzionano bene.
Attivando un programma di "occhiali per tutti", il problema sarà
debellato. Purtroppo, l'analfabetismo non si sconfigge nemmeno
insegnando l'ABC, così come il "digital divide" non si elimina con
i computer o la banda larga e nemmeno insegnando a usare
linguaggi di programmazione e HTML.
Certo, se uno ha due gradi di vista, prima di insegnargli a
leggere dovrò dargli gli occhiali. Certo, se uno non riconosce le
lettere, deve imparare l'ABC. Ma poi leggere e scrivere implicano
una serie di competenze più raffinate, così come far parte di una
cultura partecipativa non è solo poter navigare a 10 mega al
secondo.
Il punto non sono le abilità cognitive. Un quindicenne apre un
programma qualsiasi, inizia a esplorarlo senza istruzioni e dopo
qualche giorno lo padroneggia. Suo nonno non è in grado di
maneggiare uno stereo diverso da quello che ha in casa e per
usare la posta elettronica impiega una settimana di titanici
sforzi.
Il vero problema è che a parità di mezzi e di capacità tecniche,
adolescenti diversi si rapportano alla Rete secondo modalità
molto diverse, tali da collocarli su versanti opposti di un crinale
sociale molto discriminante.
La proverbiale facilità con la quale i ragazzini utilizzano i nuovi
media fa credere a molti adulti che sia sufficiente fornire loro la
tecnologia giusta per trasformarli in cittadini della nuova società
digitale. In un recente intervento per la MacArthur Foundation,
Jenkins ha criticato proprio questo approccio "liberista", dove la
fede nel laissez faire non fa che moltiplicare le ineguaglianze.
Il mito dell'adolescente in simbiosi con le macchine nasconde
una realtà variegata, dove moltissimi ragazzini che hanno il
computer, la posta elettronica e un software per scaricare
musica, non sanno usare un motore di ricerca per trovare
informazioni, notizie, prodotti. Altri lo sanno usare ma non sono
in grado di selezionare, tra le tante risposte, quella che davvero
gli serve, e così desistono prima di aver trovato davvero quello
che cercavano. Altri ancora trovano ma non sanno di preciso
cosa (un conto è copiare un articolo di Wikipedia, un altro è
capire che cos'è quella fonte, come funziona, cosa implica).
Jenkins individua tre problemi nell'idea che
gli adolescenti, usando Internet, sviluppino
da soli le competenze di cui hanno bisogno,
così come da soli diventano campioni di
videogame o utenti di YouTube.
Il primo è un problema di partecipazione: non basta aprire una
porta perché le persone entrino. Per molti la Rete è uno spazio
importante, un'esperienza ricca di stimoli, un mezzo da usare in
maniera attiva; per altri resta un ambito residuale, poco noto,
limitato, da consumare in modo passivo e senza interazioni
significative.
Il secondo è un problema di trasparenza, che si pone già per i
media tradizionali. Una qualsiasi notizia di solito è opaca rispetto
a una serie di caratteristiche cruciali: chi la diffonde, per quale
pubblico, per quale committente, con quali interessi, su quale
sfondo ideologico. Allo stesso modo, un articolo di Wikipedia non
ci dice nulla sul sapere diffuso e l'intelligenza collettiva, così
come una canzone scaricata in maniera illegale non ci interroga
sui temi del diritto d'autore, il ruolo dell'artista, la diffusione
della cultura.
Il terzo è un problema etico, come evidenzia il cyberbullismo di
cui si parlava prima. Pochi osservano che il problema non è
YouTube o le potenzialità della Rete, ma il fatto che ancora non
abbiamo sviluppato una percezione etica chiara di quale sia la
differenza tra fare uno scherzo a un compagno di classe; fare
uno scherzo e filmarlo; fare uno scherzo, filmarlo e renderlo
fruibile da chiunque.
Cultura Convergente non si occupa di tematiche
educative, ma è comunque evidente in molte pagine
lo stimolo ad elaborare e diffondere un nuovo modello
di alfabetizzazione mediatica. Nel nostro paese, inutile
dirlo, i pochi programmi attivati su larga scala
riguardano la sicurezza. Si cerca di istruire i ragazzi a difendere
la propria privacy, a evitare truffe, a filtrare comunicazioni e
pubblicità indesiderate, a reagire in caso di soprusi, tentativi di
adescamento, raggiri. Nessuno sembra capace di attivare un
confronto sulle "competenze digitali" che sempre più
determinano la formazione sociale, culturale e professionale
degli individui. L'Età della Partecipazione, inaugurata dalla Rete,
è carica di promesse: cittadinanza attiva, consumo consapevole,
creatività diffusa, intelligenza collettiva, saperi condivisi,
scambio di conoscenze. Tuttavia, se ci si aspetta di vederla
sorgere all'orizzonte come un'alba scontata e inevitabile, si finirà
per trasformarla nel suo contrario, producendo una nuova, vasta
massa di esclusi
RITORNIAMO A PARLARE DELLA “CULTURA CIVICA”
L’APPELLO DI ALCUNI ILLUSTRI DOCENTI UNIVERSITARI*
* Giovanni Bachelet, Giulio Ercolessi, Sergio Lariccia, Giacomo Marramao, Enzo Marzo,
Italo Mereu, Alessandro Pizzorusso, Clotilde Pontecorvo, Beatrice Rangoni Machiavelli,
Stefano Rodotà, Carlo Augusto Viano, Marcello Vigli, Gustavo Zagrebelski
Nel nostro paese sta maturando una crisi morale e politica assai grave che investe in particolare
le nuove generazioni. Il peggioramento drammatico della qualità media del ceto politico, la crisi
delle istituzioni, lo stato dell’informazione soprattutto televisiva, l’indebolirsi della solidarietà
sociale, le tensioni provocate dai problemi derivanti dalle trasformazioni indotte nel mercato del
lavoro e dall’accelerata immigrazione di massa generano, da un lato, sfiducia nella
partecipazione politica e, dall’altro, forti regressioni di tipo comunitario, ghettizzazioni e
manifestazioni di xenofobia. La scuola della Repubblica, che tutti sono obbligati a frequentare
per almeno otto anni, è una delle istituzioni cui compete dare attuazione all’imperativo
costituzionale di rimuovere gli ostacoli culturali e sociali che limitano la libertà e l’uguaglianza
dei cittadini, impedendo il loro sviluppo umano e la loro partecipazione alla vita democratica
del paese. L’introduzione negli anni Cinquanta dell’insegnamento dell’educazione civica nei
programmi scolastici aveva indicato una forma concreta per assolvere alla funzione di
«educare» all’esercizio della sovranità popolare alla quale sono chiamati tutti i cittadini. Vari
sono stati i motivi per i quali tale insegnamento non ha avuto gli esiti sperati: in particolare ha
nuociuto l’assenza di una sua collocazione autonoma nei programmi e di una specifica
preparazione professionale dei docenti. È’ urgente introdurre un nuovo insegnamento che
proponiamo di definire «Cultura civica», inteso a favorire una consapevole partecipazione dei
giovani alla vita civile e democratica, a promuovere lo spirito di solidarietà, la comprensione
delle esigenze di una società sempre più pluralistica e il valore delle diversità, a diffondere la
convinzione che diritti umani e democrazia non sono mai conquiste acquisite una volta per
tutte, ma rappresentano gli esiti di una storia tormentata e sempre a rischio di essere rimessi in
discussione. Per conseguire questo obiettivo è necessario che siano garantiti:1) un
insegnamento specifico e autonomo; 2) tempi e metodi adeguati; 3) una preparazione idonea
degli insegnanti, in rapporto ai diversi gradi e ordini di scuola. Nei primi anni di scuola
s’impartiranno nozioni di comportamento civico, con l’ausilio anche di visite guidate ai luoghi
istituzionali locali, di partecipazione a eventi pubblici, di interventi sul territorio, con l’intento
di realizzare un maggior coinvolgimento nella tutela dell’ambiente e della vivibilità degli spazi
comuni. Nella seconda metà degli anni dell’obbligo la Cultura civica sarà sviluppata
estendendola a una prima conoscenza dei diritti universali, del significato della cittadinanza
italiana ed europea e della carta costituzionale, con particolare riferimento ai principi
fondamentali e ai diritti e doveri dei cittadini. Nel triennio delle scuole superiori si procederà
allo studio del testo costituzionale integrato da informazioni sul contesto storico, sul dibattito
culturale e sui valori che hanno ispirato la nascita della repubblica italiana, nonché allo studio
del processo di integrazione europea, delle sue motivazioni e del comune patrimonio civico e
costituzionale.
E POI?*
• se le Istituzioni e le Associazioni sapranno
proporre stimolanti progetti multimediali
nell’ambito della “CULTURA CIVICA”
• se le scuole hanno docenti motivati
sull’importanza della “CULTURA CIVICA” ,
docenti che sanno motivare i loro alunni
• se i giovani si sentiranno liberi di esprimere
le loro ricerche, le loro emozioni, le loro
creazioni nell’ambito della “CULTURA
CIVICA”, con i mezzi multimediali che
usano spesso e volentieri….
…allora la creatività potrebbe scatenarsi, nei
laboratori multimediali come nelle loro
camerette – studio…………
…….. e qualcosa di creativo, nell’ambito della
“CULTURA CIVICA”, potrà comparire, circolare
ed essere condiviso, anche grazie al Web 2.0
* VINCENZO MORETTI