Web 2.0: e poi?
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Web 2.0: e poi?
Web 2.0: e poi? SOMMARIO:HarryPottermania: si può creare qualcosa che non sia soltanto la fanfiction harrypotteriana? Qualcosa di creativo, nell’ambito della “CULTURA CIVICA”, potrà comparire, circolare ed essere condiviso, anche grazie al Web 2.0? Web 2.0: Internet volta pagina, con la versione 2.0 di Internet, un'evoluzione tanto tecnologica quanto filosofica. Il pensiero di Henry Jenkins: la cultura convergente e partecipativa online. E poi… Harry Potter: gadget mania! Il filone Harry Potter è uno di quelli che genera i gadget più ricercati dai fan e dai collezionisti. Se le action figures sono, diciamo, oggetti normali, particolari da avere in casa sono invece le bacchette magiche , il bellissimo GiraTempo , il ciondolo con l’effige di Edvige, la lucente spada di Godric Grifondoro e il misterioso specchio dei desideri. Per sentirsi tutti più maghi e magici… La Società Nazionale Harry Potter Italia è lieta di presentare il primo podcast italiano dedicato al mondo creato da J.K. Rowling: Alla conduzione, che si vuole caratterizzare come spigliata ed informale, si alterneranno Sybilla e Elbereth, fondatrice e collaboratrice del sito Torre Nord nonché della Società Nazionale Harry Potter Italia. Il podcast sarà trasmesso in formato mp3 ed ascoltabile nonché scaricabile gratuitamente all'indirizzo a fondo pagina. Nel corso delle puntate, mensili della durata di circa 20 minuti l’una, verranno affrontati vari temi: dalla discussione delle principali notizie, al commento dei trailers, alla presentazione dei vari personaggi della saga. Saranno inoltre presentate interviste e contributi di vario genere. Durante la prima puntata verrà presentata l'intervista a Paolo Gulisano, che ci parlerà del nuovo libro in uscita “Halloween, la notte delle zucche”, scritto a quattro mani con Brid O’ Neil. L'idea, nata senza fini di lucro, vuole essere un modo originale di raggiungere tutti i fans, più o meno giovani, con un occhio speciale ai contenuti ed alle nuove tecnologie di diffusione di intrattenimento ed informazione. Fanfiction o fan fiction (abbreviato comunemente in fanfic) è il termine utilizzato per indicare tutte quelle opere scritte dai fan (da qui il nome), prendendo come spunto le storie o i personaggi di un lavoro originale. Il fenomeno è esistito già in passato: ad esempio, alcuni racconti di Sherlock Holmes, scritti da ammiratori del personaggio, possono essere considerati opere di questo tipo. La diffusione delle fan fiction è tuttavia esplosa con l'arrivo di internet. La rete oggigiorno abbonda di lavori di questo tipo, creati soprattutto intorno a personaggi particolarmente amati, tratti da film, fumetti, manga, anime, videogiochi o romanzi. Tali opere vengono ideate dai fan per dare una propria visione della storia, creando situazioni inserite nella trama originale in un momento precedente o successivo alla storia, oppure inserite nella storia, in modo da "completare" parti che non sono state approfondite. In altri casi i fan si divertono anche a creare situazioni alternative alla storia in modo da avere spunti anche per parodiare il racconto. Molto comuni nel web sono le fanfiction su Harry Potter, a prova della sua popolarità, e su molti manga, come Dragon Ball AF, forse la più grande diceria della storia di Internet. Storie Recenti Kreacher di ioGinny G [Post-DH] Nel settimo libro di Harry Potter (quindi spoiler) i pensieri ingarbugliati... Un posto e un momento per crescere di pdantzler PG [Post-OOP] Harry capita per sbaglio in casa di Piton nell'estate del quinto anno, dopo... Il Rosso e il Verde di data R [Post-DH] Rosso e Verde, ovvero Passione e Gelosia... ma sono anche i colori delle due... Oroscopi di Seilen G [Post-HBP] Lavanda consulta un oroscopo per sapere se Ron l'ama veramente. Forza e Resistenza del Cristallo - ovvero - L'Innamorata di Ida59 PG [Post-HBP] Questa storia ripercorre gli avvenimenti del 6° libro rilevanti per Severus... Storie in Evidenza Harry Potter and the shade of Thanatos di ashara R (Post-HBP) Occhi d'argento scrutano l'oscurità vigilando sulla falce della... The heart of everything di MelKaine PG13 (Post-DH) Il piccolo Harry Potter ha sei anni e non ha assolutamente idea di cosa significhi... Breathe no more di Memory G (Post-HBP) Cosa succederà a Ron e Hermione?Settimo anno, è giunta l'ora della battaglia... Il Matrimonio del Mio Migliore Amico di London PG13 (Post-HBP) Hermione e Ron non stanno più insieme. Lei l'ha lasciato, credendo di provare... E ALLORA: si può scatenare la propria creatività (letteraria, fotografica, filmica, grafica, musicale podcastica ecc…) in campi meno legate a hobby soggettivi e ai prodotti massmediatici? Ma, per esempio, legate alla CULTURA CIVICA? Anche grazie allo strumento multimediale Web 2.0…. Web 2.0: Internet volta pagina Arriva la versione 2.0 di Internet, un'evoluzione tanto tecnologica quanto filosofica DI Mario Montalto, esperto di Web marketing. Internet non si può più considerare una semplice "rete di reti", né un agglomerato di siti Web isolati e indipendenti tra loro, bensì la summa delle capacità tecnologiche raggiunte dall’uomo nell’ambito della diffusione dell’informazione e della condivisione del sapere. Queste le considerazioni alla base del cosiddetto Web 2.0 che, lungi dal rappresentare il culmine dell’evoluzione del mondo Internet negli ultimi dieci anni, è un punto di partenza per nuove metodologie e applicazioni software, all'insegna della condivisione e della collaborazione tra esseri umani. Il termine "Internet 2.0" o "Web 2.0" (vedi anche su del.icio.us) è quindi l’espressione del dibattito attualmente in corso in merito alle nuove possibilità di fruizione del sapere e delle informazioni offerte dalla Rete. Non è quindi un’evoluzione della tecnologia TCP/IP alla base della Rete, ma dei mezzi e degli strumenti che utilizzano l’infrastruttura tecnologica sulla quale poggia Internet. E' un nuovo modo di intendere la Rete, che pone al centro i contenuti, le informazioni, l'interazione. Si parla di Internet e non di Web, anche se spesso sono considerati sinonimi, dal momento che oltre ai computer fanno parte della rete globale altre periferiche quali il cellulare, la televisione, la radio, che possono interagire tra loro utilizzando le nuove tecnologie di condivisione del dato digitale. Il concetto di Web 2.0 pone l’accento sulle capacità di condivisione dei dati tra le diverse piattaforme tecnologiche, sia hardware che software. Dietro a queste evoluzioni troviamo tecnologie quali: • • • • • Web services, API, XML (vedi anche su del.icio.us e le Specifiche W3C), RSS (vedi anche su del.icio.us), Ajax (vedi anche su del.icio.us), il filo conduttore è una nuova filosofia all'insegna della collaborazione. Questo è il Web 2.0, interazione sociale realizzata grazie alla tecnologia. I servizi e gli strumenti del Web 2.0 trasformano ogni utente da consumatore a partecipante, da utilizzatore passivo ad autore attivo di contenuti, messi a disposizione di chiunque si affacci su Internet, indipendentemente dal dispositivo che utilizza. Per fare chiarezza su concetti talvolta troppo astratti, facciamo l'esempio di un servizio già esistente di nome "Ringfo" che permette di verificare il costo e i giudizi del pubblico per un libro o un cd venduto su Amazon, semplicemente componendo un numero telefonico e digitando il codice ISBN. Ci risponderà una signorina virtuale, dandoci tutti i dettagli. Il servizio sfrutta la tecnologia e le informazioni residenti in Amazon e le ridistribuisce tramite il cellulare. Le principali tecnologie utilizzate sono le API di Amazon che comunicano tramite interfaccia dati XML con l’applicativo "Ringfo", che a sua volta utilizza lo standard VXML per dar vita alla signorina virtuale che risponde al telefono. Un altro esempio della natura multipiattaforma e relazionale del Web 2.0 è rappresentato da "HousingMaps", che sfrutta due distinte risorse, "Craigslist" e "Google Maps", per offrire un servizio di ricerca di annunci immobiliari sul territorio americano. La particolarità di questo servizio sta nel visualizzare gli annunci direttamente sulla cartina stradale o satellitare, permettendo di avere subito il dettaglio dell’immobile, con le foto e le informazioni collegate. Le mappe sono caricate sfruttando le API del servizio "Google Maps", mentre i dati relativi agli annunci sono estrapolati dal database di inserzioni "Craigslist". La "Craigslist" si può considerare a pieno titolo un'applicazione Web 2.0 in virtù del metodo di categorizzazione, non più basato sulle directory, ma sulla folksonomy (folks + taxonomy), un sistema di classificazione basato sulle parole (tag) scelte dagli utenti per descrivere un determinato argomento. In concreto, quando una persona vuole aggiungere un contenuto, non decide in quale categoria inserirlo, ma ne dà una o più parola chiave, utili a descriverlo per le future ricerche degli altri utenti. La ricerca avviene scorrendo liste incrociate di link, generate in base alle scelte e agli interventi dei singoli utenti. Le applicazioni più diffuse del Web 2.0 sono • • • • • blog (vedi anche su del.icio.us), wiki (vedi anche su del.icio.us), social network, podcasting (vedi anche su del.icio.us), vodcast. Tutte permettono la partecipazione nonché la diffusione di ciò che viene prodotto all’interno delle comunità interattive di fruitori/autori di contenuti. Le materie e gli argomenti trattati spaziano lungo tutti i campi del sapere, rendendo ogni informazione immediatamente visibile e rielaborabile per qualsiasi media. Può capitare che un articolo apparso su un quotidiano online sia commentato su un blog, per poi essere arricchito dall’aggiunta di contenuti audio e video, essere condiviso all’interno di una comunità, diventando a ogni passaggio sempre più approfondito e "popolare". Il fiore all'occhiello del Web 2.0 è senza dubbio il blog, vero e proprio luogo di incontro, discussione e condivisione di argomenti e contenuti, disponibili come testo, immagini, audio e video. L’elemento più innovativo di questo strumento/sito è la tecnologia RSS (Really Simple Syndication), grazie alla quale i contenuti dei feed RSS sono fruibili tramite appositi software che interpretano i file in linguaggio XML, rendendo visibili le informazioni ivi contenute senza bisogno di navigare il blog o il sito che li ha prodotti. E' anche possibile aggregare più feed, filtrandoli e rielaborandoli, per presentarli su un altro sito Web o su un servizio di news navigabile tramite il cellulare. La diffusione dell’informazione avviene anche tramite i podcast (file audio) e i vodcast (file video), leggibili da programmi dedicati allo stesso modo dei feed RSS. Scorrendo l'elenco delle soluzioni Web 2.0 troviamo i wiki, l’espressione più democratica della diffusione della conoscenza attraverso la tecnologia. La logica che muove e sviluppa i wiki è la partecipazione degli utenti a un obiettivo comune, come la realizzazione della più grande enciclopedia mondiale, la "Wikipedia", o la creazione di un glossario informatico, o di una knowledge base dedicata a un argomento specifico. Il metodo di lavoro è in questo caso l’elemento innovatore; chiunque può aggiungere o modificare il contenuto (testo, immagini e video) presente in un wiki. Ecco perché si può affermare che la partecipazione libera del singolo produce un bene culturale comune, fruibile da tutti gratuitamente. Non possiamo non menzionare i social network, o reti sociali, che consistono in gruppi di persone, con vincoli familiari e non, con passioni e interessi comuni, intenzionati a condividere pensieri e conoscenze. Si trovano online comunità di persone che condividono i link ai siti che ritengono interessanti, oppure alle proprie foto o video, come anche poesie, o anche resoconti di eventi cui hanno partecipato. Persone che hanno la capacità e la voglia di distribuire contenuti multimediali relativi ai propri interessi. Questi gruppi si rivelano spesso una preziosa fonte di informazioni e al contempo divulgatori specializzati in argomenti di nicchia. Il feed RSS accomuna tutte le applicazioni sopra citate, perché permette di diffonderne il contenuto con una modalità semplice e immediata. Questa capacita divulgativa può essere applicata a qualsiasi sito voglia informare i propri utenti sulle novità, come avviene per i quotidiani online che diffondono le proprie news, o per i grandi motori di ricerca che informano sui nuovi servizi attivi o in corso d'opera. Il cuore del Web 2.0 è il contenuto, fruibile in tutte le sue applicazioni multimediali, prodotto dall’interazione delle persone tramite piattaforme ad hoc. Le applicazioni sono le più disparate, da quelle a scopo commerciale come Amazon a quelle votate alla libera circolazione del pensiero. Le formule che generano ricavi sono molteplici; le prime soluzioni che vengono in mente sono sicuramente la vendita di pubblicità o di servizi professionali, ma non vanno trascurate la visibilità e la credibilità che un'azienda può acquisire aprendo il proprio blog, o partecipando a comunità di nicchia i cui interessi coincidono con i prodotti offerti. Per non parlare dei vantaggi nel campo delle relazioni pubbliche e della comunicazione d'impresa, il cui principio guida è proprio "lavorare bene e farlo sapere a tutti". E cosa c'è di meglio di un blog, o un wiki, o una community, per farlo sapere a tutti? Con lo sviluppo e l’evoluzione dei servizi le opportunità di guadagno cresceranno, offrendo soluzioni orientate a diverse nicchie di mercato. Il solo limite pare proprio essere l'immaginazione. HENRY JENKINS: LA CULTURA PARTECIPATIVA E CONVERGENTE ONLINE Nel corso del recente Media in Transition 5 abbiamo intervistato Henry Jenkins, direttore del Comparative Media Studies Program al MIT e maggiore coordinatore dell'evento. Disponibile e affabile, Jenkins (nella foto) si è concentrato sull’integrazione continua fra la produzione mediatica tradizionale e quella degli utenti. Temi affrontati nei suoi lavori più recenti delineando scenari spesso contraddittori, a cominciare dalle diatribe sulla proprietà intellettuale Ci vorrà ancora tempo per capire in quale direzione andrà sfociando l'attuale fase di transizione, oltre allo sforzo congiunto e collaborativo dei molteplici attori coinvolti. Qual è oggi lo stato della cultura partecipativa online, a un anno dalla pubblicazione degli ultimi suoi libri, Convergence Culture e Fans, Bloggers and Gamers? I due elementi che in questo frattempo hanno dato una grossa spinta alla cultura partecipativa che tentavo di descrivere in quei volumi sono senz'altro YouTube e Second Life. Il primo rappresenta questa ricca e ibrida ecologia mediale dove vanno confluendo le forme più disparate di fan culture e produzione amatoriale. È anche il luogo in cui tale produzione, legale e illegale, va confrontandosi apertamente con i corporate media sul terreno giuridico. YouTube, che viene usato anche dal mondo non profit, dagli attivisti politici e così via, è divenuto il nuovo luogo d'incontro della cultura partecipativa sul web. È il canale di distribuzione mancante per la produzione amatoriale di buon livello e il coagulante di un'enorme massa critica raggiunta in un periodo di tempo relativamente breve. Nel contempo assistiamo all'emergere di Second Life come ambiente virtuale polivalente dove è la comunità stessa a produrre la realtà. L’intero sistema è andato materializzandosi sotto la spinta di fantasie collettive e dell'attivismo dei singoli. Di nuovo, uno spazio in cui coesistono professionisti e dilettanti, dove l'alfabetizzazione nell'uso dei media si integra con le produzioni delle grandi corporation. Tutti soggetti che usano Secondo Life per sperimentare nuovi approcci, per mettere alla prova nuove identità, relazioni e attività imprenditoriali di tipo nuovo. E ormai sono entrambi fenomeni di portata globale, che riguardano persone di ogni Paese del mondo. Quali sono gli effetti della commercializzazione di questi ambienti (YouTube soprattutto), e qual è lo spazio per il cosiddetto user generated content? Per molti versi tutta questa produzione di base va ponendosi in rotta di collisione con la tipica offerta di contenuti delle grandi società mediatiche, generando conflitti sulla proprietà intellettuale. Ma alcuni recenti casi qui in Usa rivelano, da parte delle aziende, il riconoscimento del validità del cosiddetto user generated content. Pur se ci troviamo di gran lunga in una fase di aggiustamento in tal senso, è uno scenario che m’interessa parecchio. Come dicevo nell'intervento di apertura del MiT5, ci sono artisti e aziende che comprendono le potenzialità del Web 2.0, facilitando il remix tra i contenuti professionali e quelli amatoriali, invitando i fan a darsi da fare. È ad esempio il caso di Stephen Colbert, che anzi su Comedy Central lo proponendo da anni, mentre all’opposto l'azienda-madre Viacom avvia azioni legali contro YouTube. Siamo quindi alle prese con una serie di contraddizioni, alle volte perfino all'interno delle stesse aziende che da una parte vogliono diffondere i contenuti per dare spazio alla creatività dei mash-up e per sfruttare il viral marketing, ma dall'altra devono sottostare ai limiti posti dai propri avvocati tesi a difendere continuamente la proprietà intellettuale onde prevenire abusi e appropriazioni da parte di altri rivali commerciali. È quanto accaduto di recente, fra gli altri, con lo show Tv Veronica Mars (su network CW di Warner Brothers). Ci troviamo in una fase di transizione, come descrivevo in Convergence Culture, dove vigono ampie contraddizioni tra i modelli della proibizione e della collaborazione. In quali lingue sono stati tradotti i suoi due ultimi libri? Altri progetti in corso? Oltre che in italiano, mi sembra che Fans, Bloggers and Gamers uscirà in cinese, coreano e giapponese, mentre di Convergence Culture finora è apparsa solo l'edizione polacca, ma è imminente in altre cinque o sei lingue (inclusa quella italiana). A parte continue ricerche e indagini, nello specifico sto lavorando a un libro di alfabetizzazione mediale per genitori, così da aiutare i figli a fare un uso propositivo e creativo dei media. Sto poi sviluppando l'idea dei media "spalmabili", dove il contenuto viene appositamente prodotto onde dar vita a successivi rifacimenti e rimescolamenti, con materiali commerciali progettati per essere ridiffusi tramite forme e modalità decise dagli stessi utenti. Com'è nata l'idea di Media in Transition? Un giudizio sull'andamento di questa edizione? Media in Transition è partita quasi un decennio fa, come progetto parallelo al lancio del Comparative Media Studies Program, mirato a creare scambi in ambito accademico sulla trasformazione dei media. Ci accorgemmo come non fosse possibile inventare il futuro, idea portante dell’intero lavoro del MIT, senza comprendere il passato. La transizione dei media riguarda quindi il modo con cui la gente considera e utilizza i mass media moderni. Abbiamo così pensato a una conferenza capace di integrare le prospettive storiche e quelle contemporanee, puntando a un contesto interdisciplinare e internazionale. Siamo assai contenti nel vedere che qualcuno ha seguito tutte e cinque le edizioni, c'è un dialogo crescente tra i molteplici punti di vista sull'universo mediatico. Sono estremamente soddisfatto di questo MiT5 per il livello della conversazione che si sta generando, oltre che per l'ampia presenza globale. È assai interessante il fatto che le tematiche intorno a YouTube stiano conquistando sempre più attenzione nei panel di questi giorni, pur se quando li abbiamo previsti eravamo nell'era preYouTube. E comunque saranno le sessioni finali a preparare il terreno per la prossima edizione, fra due anni. Sempre con l'intento di riunire insieme artisti, intellettuali e cittadini per affrontare i temi più caldi al crocevia tra collaborazione, appropriazione e creatività. Bernardo Parrella, giornalista e traduttore sui temi del digitale, vive da tempo negli Stati Uniti e scrive su Apogeonline fin dal suo lancio (1998). DALLA PREFAZIONE AL LIBRO DI HENRY JENKINNS, LA CULTURA CONVERGENTE. Secondo Jenkins, il panorama mediatico contemporaneo è: 1. Innovativo Nessuno lo nega. La rapidità con la quale nuove tecnologie di comunicazione nascono, mutano e si mescolano non è in discussione. Il più delle volte, però, l'estrema velocità del processo è il pretesto per dire che nella fretta stiamo perdendo qualcosa - i libri, le relazioni, la vita vera. I giovani navigano su Internet, giocano alla Playstation, scaricano musica invece di sviluppare interessi culturali. L'innovazione tecnologica ci arricchisce sul piano materiale ma ci depaupera su quello umano, soprattutto se non ci dà il tempo di digerire, riflettere, scegliere. Simili affermazioni partono da (pre)giudizi di valore e molto di rado citano esempi chiari e concreti. Al contrario, questo libro illustra centinaia di situazioni reali dove le novità tecniche stimolano la creatività, aprono territori inesplorati, aumentano le opportunità espressive, diversificano la produzione estetica. Forse è vero per qualsiasi epoca, dall'invenzione della scrittura in avanti, ma ancor di più per quella che ci troviamo a vivere, sempre più partecipativa, "a bassa soglia d'accesso", con un forte stimolo a creare e condividere e la sensazione diffusa che il proprio contributo "conti davvero qualcosa". 2. Convergente Una delle tesi di questo libro è che la collisione tra diversi media, vecchi e nuovi, sia più un bisogno culturale che una scelta tecnologica. Computer e cellulari hanno accorpato molteplici funzioni e si sono trasformati in telefono, televisione, stereo, fotocamera, tutto-in-uno. Eppure nessuno di questi agglomerati ha sterminato i singoli avversari. Piuttosto sono i contenuti della comunicazione che vengono declinati in ogni formato, per potersi spostare da un mezzo all'altro e ricevere così un distribuzione sempre più capillare e pervasiva. La stessa canzone trasmessa in radio diventa jingle pubblicitario in televisione, file da condividere sul computer, colonna sonora al cinema, videoclip su YouTube, suoneria del cellulare, slogan su una maglietta. Non c'è un singolo attrattore, computer o cellulare che sia, capace di trasformare ogni idea in un unico prodotto, fatto di immagine, suono, testo, relazione. Al contrario ogni idea è capace di molte facce, per attirare su di sé strumenti diversi e attraversarli tutti. Da noi si parla molto più di convergenza tecnologica, di mostruosi cellulari multifunzione, che di cultura transmediale. Quando poi lo si fa, l'attenzione è sulla strategia delle multinazionali dell'intrattenimento, interessate a "spostare" i loro contenuti, come caramelle da un distributore all'altro. Nessuno ragiona sul fatto che lo stesso interesse è spesso condiviso, sovvertito e praticato in maniera "illegale" anche dai consumatori, che muovono storie, suoni e immagini da un territorio all'altro. Nessuno accetta l'idea che questo andirivieni risponda anche a un modello estetico, un nuovo modo di raccontare, informare, sabotare, divertire. E' solo marketing. Se sei uno scrittore, devi scrivere un romanzo, un libro fatto di carta. Tutto il resto - siti web, booktrailer, forum, contenuti extra - è materiale promozionale, appendice spuria che puzza di soldi. 3. Quotidiano Anche in questo caso, dire che i media e le nuove tecnologie fanno parte della vita quotidiana è discorso da autobus, a mezza via tra paura ed eccitazione, schiavitù egiziana e terra promessa. Questa quotidianità ha come sottoprodotto il famigerato multitasking, lo stato di "attenzione parziale continuata" che in Italia è la bestia nera di insegnanti, genitori e intellettuali gentiliani. Pochi ammettono che si tratta di un'abilità necessaria per affrontare il nuovo ambiente: mantenere un'attenzione diffusa e "a bassa intensità" su una molteplicità di stimoli, per poi focalizzarla ad alta intensità quando uno di questi stimoli si modifica in maniera significativa, ovvero ci avverte di prestare "più attenzione". Il multitasking andrebbe insegnato a chi non ce l'ha nel sangue, non bruciato sul rogo. Purtroppo da noi la caccia alle streghe è sempre aperta e ben retribuita. 4. Interattivo Grazie ai nuovi media, possiamo interagire più in profondità con suoni, immagini, informazioni. Possiamo determinarne il flusso, scegliere in ogni momento cosa vedere o ascoltare; possiamo archiviare contenuti, usarli in contesti nuovi, modificarli. Spesso il dibattito su queste opportunità scivola nello stallo tra chi sostiene che "tutto ormai si riduce a un mero taglia e incolla" e quanti ritengono che la rielaborazione è alla base della creatività. Oltre questo dilemma stantio, Jenkins mostra come l'abitudine a (ri)appropriarsi di contenuti abbia riportato alla luce un magma di produzioni amatoriali e creatività diffusa, forme di vita tipiche della "vecchia" cultura popolare, che erano andate in esilio sotto terra con l'avvento dei mezzi di comunicazione di massa. 5. Partecipativo Fino a vent'anni fa la grande maggioranza del pubblico era soltanto audience e l'unico messaggio che poteva emettere si riduceva a una scelta binaria: ascolto/non ascolto, consumo/non consumo. Oggi abbiamo a disposizione diversi canali per far conoscere le nostre idee a una platea molto ampia. Certo non basta aprire un blog o una pagina su myspace: si tratta di una competenza che va appresa e affinata. Senza dubbio è un'abilità che fa la differenza in molti ambiti lavorativi, e la farà sempre di più. Purtroppo, invece di interrogarsi su come formare individui che sappiano maneggiare certi strumenti, si preferisce evocare spettri. Ultimo esempio: la "nuova" ondata di teppismo giovanile - subito definito cyberbullismo - sarebbe partita da Internet, perché la possibilità di filmare le proprie bravate, caricarle su You Tube e "diventare famosi", funzionerebbe da incentivo. Stessa cosa per la pedopornografia e altre mostruosità: tra le righe di inchieste in stile freak show, che accostano fatti e leggende, esperti e ciarlatani, si insinua sempre il dubbio che aprire un sito e attivare una rete di contatti sia troppo facile. Come dire che i circoli neonazisti esistono perché purtroppo, in Italia, incontrarsi e costituire un'associazione è un gioco da ragazzi. Così la diffusione libera e trasversale di contenuti diventa di per sé un fenomeno da contenere, ridurre, gestire. Salvo poi lamentarsi, alla prima occasione, del consumismo passivo di certi adolescenti. 6. Globale Le nuove tecnologie ci permettono di interagire in qualsiasi momento con persone e situazioni, a prescindere dalla collocazione geografica. In Italia, il più delle volte, questa constatazione serve a brandire la minaccia di un'omologazione culturale sempre più forte. Il rischio esiste, senz'altro, ma perché non puntare lo sguardo anche su altri scenari, ad esempio l'eventualità, nient'affatto remota, che questa situazione faccia aumentare la diversità culturale, come risposta al crescente bisogno di uscire dal provincialismo e di costruirsi un'identità sempre più ricca e sempre nuova? 7. Generazionale Tra "nativi" e "immigrati" dell'era digitale e partecipativa ci sono attitudini molto differenti, approcci diversi agli stessi media. Questo non significa che le comunità non possano confrontarsi ed educarsi a vicenda. Troppo spesso si preferisce erigere steccati, insistere su stereotipi come "i giovani sono tutti smanettoni" oppure "i giovani chattano e basta" e via discorrendo. Si prende atto che per molti aspetti il passaggio di conoscenze ed esperienze da una generazione all'altra è saltato, dunque andrà tutto in malora, e comunque "non c'è più niente da fare". 8. Ineguale Quando in Italia si parla di "digital divide" lo si fa sempre in termini tecnologici. Bisogna mettere i computer (e l'informatica) nelle scuole, bisogna portare la banda larga ovunque, bisogna accendere hot spot per la connessione wireless, e via dicendo. Fatto questo, il baratro digitale sarà colmato. Come dire che l'analfabetismo è una questione di diottrie. Alcune persone non sanno leggere perché gli occhi non gli funzionano bene. Attivando un programma di "occhiali per tutti", il problema sarà debellato. Purtroppo, l'analfabetismo non si sconfigge nemmeno insegnando l'ABC, così come il "digital divide" non si elimina con i computer o la banda larga e nemmeno insegnando a usare linguaggi di programmazione e HTML. Certo, se uno ha due gradi di vista, prima di insegnargli a leggere dovrò dargli gli occhiali. Certo, se uno non riconosce le lettere, deve imparare l'ABC. Ma poi leggere e scrivere implicano una serie di competenze più raffinate, così come far parte di una cultura partecipativa non è solo poter navigare a 10 mega al secondo. Il punto non sono le abilità cognitive. Un quindicenne apre un programma qualsiasi, inizia a esplorarlo senza istruzioni e dopo qualche giorno lo padroneggia. Suo nonno non è in grado di maneggiare uno stereo diverso da quello che ha in casa e per usare la posta elettronica impiega una settimana di titanici sforzi. Il vero problema è che a parità di mezzi e di capacità tecniche, adolescenti diversi si rapportano alla Rete secondo modalità molto diverse, tali da collocarli su versanti opposti di un crinale sociale molto discriminante. La proverbiale facilità con la quale i ragazzini utilizzano i nuovi media fa credere a molti adulti che sia sufficiente fornire loro la tecnologia giusta per trasformarli in cittadini della nuova società digitale. In un recente intervento per la MacArthur Foundation, Jenkins ha criticato proprio questo approccio "liberista", dove la fede nel laissez faire non fa che moltiplicare le ineguaglianze. Il mito dell'adolescente in simbiosi con le macchine nasconde una realtà variegata, dove moltissimi ragazzini che hanno il computer, la posta elettronica e un software per scaricare musica, non sanno usare un motore di ricerca per trovare informazioni, notizie, prodotti. Altri lo sanno usare ma non sono in grado di selezionare, tra le tante risposte, quella che davvero gli serve, e così desistono prima di aver trovato davvero quello che cercavano. Altri ancora trovano ma non sanno di preciso cosa (un conto è copiare un articolo di Wikipedia, un altro è capire che cos'è quella fonte, come funziona, cosa implica). Jenkins individua tre problemi nell'idea che gli adolescenti, usando Internet, sviluppino da soli le competenze di cui hanno bisogno, così come da soli diventano campioni di videogame o utenti di YouTube. Il primo è un problema di partecipazione: non basta aprire una porta perché le persone entrino. Per molti la Rete è uno spazio importante, un'esperienza ricca di stimoli, un mezzo da usare in maniera attiva; per altri resta un ambito residuale, poco noto, limitato, da consumare in modo passivo e senza interazioni significative. Il secondo è un problema di trasparenza, che si pone già per i media tradizionali. Una qualsiasi notizia di solito è opaca rispetto a una serie di caratteristiche cruciali: chi la diffonde, per quale pubblico, per quale committente, con quali interessi, su quale sfondo ideologico. Allo stesso modo, un articolo di Wikipedia non ci dice nulla sul sapere diffuso e l'intelligenza collettiva, così come una canzone scaricata in maniera illegale non ci interroga sui temi del diritto d'autore, il ruolo dell'artista, la diffusione della cultura. Il terzo è un problema etico, come evidenzia il cyberbullismo di cui si parlava prima. Pochi osservano che il problema non è YouTube o le potenzialità della Rete, ma il fatto che ancora non abbiamo sviluppato una percezione etica chiara di quale sia la differenza tra fare uno scherzo a un compagno di classe; fare uno scherzo e filmarlo; fare uno scherzo, filmarlo e renderlo fruibile da chiunque. Cultura Convergente non si occupa di tematiche educative, ma è comunque evidente in molte pagine lo stimolo ad elaborare e diffondere un nuovo modello di alfabetizzazione mediatica. Nel nostro paese, inutile dirlo, i pochi programmi attivati su larga scala riguardano la sicurezza. Si cerca di istruire i ragazzi a difendere la propria privacy, a evitare truffe, a filtrare comunicazioni e pubblicità indesiderate, a reagire in caso di soprusi, tentativi di adescamento, raggiri. Nessuno sembra capace di attivare un confronto sulle "competenze digitali" che sempre più determinano la formazione sociale, culturale e professionale degli individui. L'Età della Partecipazione, inaugurata dalla Rete, è carica di promesse: cittadinanza attiva, consumo consapevole, creatività diffusa, intelligenza collettiva, saperi condivisi, scambio di conoscenze. Tuttavia, se ci si aspetta di vederla sorgere all'orizzonte come un'alba scontata e inevitabile, si finirà per trasformarla nel suo contrario, producendo una nuova, vasta massa di esclusi RITORNIAMO A PARLARE DELLA “CULTURA CIVICA” L’APPELLO DI ALCUNI ILLUSTRI DOCENTI UNIVERSITARI* * Giovanni Bachelet, Giulio Ercolessi, Sergio Lariccia, Giacomo Marramao, Enzo Marzo, Italo Mereu, Alessandro Pizzorusso, Clotilde Pontecorvo, Beatrice Rangoni Machiavelli, Stefano Rodotà, Carlo Augusto Viano, Marcello Vigli, Gustavo Zagrebelski Nel nostro paese sta maturando una crisi morale e politica assai grave che investe in particolare le nuove generazioni. Il peggioramento drammatico della qualità media del ceto politico, la crisi delle istituzioni, lo stato dell’informazione soprattutto televisiva, l’indebolirsi della solidarietà sociale, le tensioni provocate dai problemi derivanti dalle trasformazioni indotte nel mercato del lavoro e dall’accelerata immigrazione di massa generano, da un lato, sfiducia nella partecipazione politica e, dall’altro, forti regressioni di tipo comunitario, ghettizzazioni e manifestazioni di xenofobia. La scuola della Repubblica, che tutti sono obbligati a frequentare per almeno otto anni, è una delle istituzioni cui compete dare attuazione all’imperativo costituzionale di rimuovere gli ostacoli culturali e sociali che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impedendo il loro sviluppo umano e la loro partecipazione alla vita democratica del paese. L’introduzione negli anni Cinquanta dell’insegnamento dell’educazione civica nei programmi scolastici aveva indicato una forma concreta per assolvere alla funzione di «educare» all’esercizio della sovranità popolare alla quale sono chiamati tutti i cittadini. Vari sono stati i motivi per i quali tale insegnamento non ha avuto gli esiti sperati: in particolare ha nuociuto l’assenza di una sua collocazione autonoma nei programmi e di una specifica preparazione professionale dei docenti. È’ urgente introdurre un nuovo insegnamento che proponiamo di definire «Cultura civica», inteso a favorire una consapevole partecipazione dei giovani alla vita civile e democratica, a promuovere lo spirito di solidarietà, la comprensione delle esigenze di una società sempre più pluralistica e il valore delle diversità, a diffondere la convinzione che diritti umani e democrazia non sono mai conquiste acquisite una volta per tutte, ma rappresentano gli esiti di una storia tormentata e sempre a rischio di essere rimessi in discussione. Per conseguire questo obiettivo è necessario che siano garantiti:1) un insegnamento specifico e autonomo; 2) tempi e metodi adeguati; 3) una preparazione idonea degli insegnanti, in rapporto ai diversi gradi e ordini di scuola. Nei primi anni di scuola s’impartiranno nozioni di comportamento civico, con l’ausilio anche di visite guidate ai luoghi istituzionali locali, di partecipazione a eventi pubblici, di interventi sul territorio, con l’intento di realizzare un maggior coinvolgimento nella tutela dell’ambiente e della vivibilità degli spazi comuni. Nella seconda metà degli anni dell’obbligo la Cultura civica sarà sviluppata estendendola a una prima conoscenza dei diritti universali, del significato della cittadinanza italiana ed europea e della carta costituzionale, con particolare riferimento ai principi fondamentali e ai diritti e doveri dei cittadini. Nel triennio delle scuole superiori si procederà allo studio del testo costituzionale integrato da informazioni sul contesto storico, sul dibattito culturale e sui valori che hanno ispirato la nascita della repubblica italiana, nonché allo studio del processo di integrazione europea, delle sue motivazioni e del comune patrimonio civico e costituzionale. E POI?* • se le Istituzioni e le Associazioni sapranno proporre stimolanti progetti multimediali nell’ambito della “CULTURA CIVICA” • se le scuole hanno docenti motivati sull’importanza della “CULTURA CIVICA” , docenti che sanno motivare i loro alunni • se i giovani si sentiranno liberi di esprimere le loro ricerche, le loro emozioni, le loro creazioni nell’ambito della “CULTURA CIVICA”, con i mezzi multimediali che usano spesso e volentieri…. …allora la creatività potrebbe scatenarsi, nei laboratori multimediali come nelle loro camerette – studio………… …….. e qualcosa di creativo, nell’ambito della “CULTURA CIVICA”, potrà comparire, circolare ed essere condiviso, anche grazie al Web 2.0 * VINCENZO MORETTI