12 confronti 4/06 - Assistenza Infermieristica e Ricerca
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12 confronti 4/06 - Assistenza Infermieristica e Ricerca
Per chi ha nostalgia, e tempo, per auguri che durano Confronti La poetessa cui abbiamo chiesto-rubato il “Confronto” (Szymborska W. Due punti. Milano: Adelphi, 2006) dovrebbe essere una antica conoscenza di questa rivista: tanto che sarebbe bello immaginare che i suoi libri (compreso quest’ultimo, uscito in tempo per chiudere un annonon-felice per il mondo, e per regalare il disincanto-speranza della poesia per un 2007 che non si presenta migliore) fossero parte della biblioteca, di tutte/i: non come “letteratura”, per quanto insignita di Nobel, ma come stile di sguardo, e di vita: per essere attente/i alle tante possibilità di essere protagonisti di apologhi come quello del cane che incrocia la storia; e magari, ancor di più, di essere, nelle nostre storie, quelli che rendono, anche ai tanti “non-vedenti”, possibili i colori. Monologo di un cane coinvolto nella storia Solo io con lui potevo far finta di dormire, e allora si chinava sussurrandomi qualcosa. Ci sono cani e cani. Io ero un cane eletto. Con un buon pedigree e sangue di lupo nelle vene. Abitavo su un’altura inalando profumi di vedute su prati soleggiati, abeti bagnati dalla pioggia e zolle di terra tra la neve. Con gli altri si arrabbiava spesso, ad alta voce. Ringhiava, latrava contro di loro, correva da una parete all’altra. Penso che solo a me volesse bene, e a nessun altro, mai. Avevo una bella casa e servitù. Ero nutrito, lavato, spazzolato, condotto a fare belle passeggiate. Ma con rispetto, senza confidenze. Tutti sapevano bene di chi ero. Ogni bastardo rognoso è capace di avercelo un padrone. Attenti però – lungi dai paragoni. Il mio padrone era unico nel suo genere. Una muta imponente lo seguiva a ogni passo fissandolo con ammirazione timorosa. Per me c’erano sorrisetti di malcelata invidia. Perché solo io avevo diritto di accoglierlo con salti veloci, solo io – di salutarlo tirandogli i calzoni. Solo a me era permesso, con la testa sulle sue ginocchia, accedere a carezze e tirate di orecchie. A cura della Redazione Avevo anche doveri: aspettare, fidarmi. Perché compariva per poco e spariva per molto. Non so cosa lo trattenesse là, nelle valli. Intuivo però che si trattava di faccende pressanti, perlomeno pressanti quanto per me lottare con i gatti e tutto ciò che si muove inutilmente. C’è destino e destino. Il mio mutò di colpo. Giunse una primavera, e lui non era accanto a me. In casa si scatenò uno strano andirivieni. Bauli, valige, cofani cacciati nelle auto. Le ruote sgommando scendevano giù in basso e si zittivano dietro la curva. Sulla terrazza bruciavano vecchiumi, stracci, casacche gialle, fasce con emblemi neri e molti, moltissimi cartoni fatti a pezzi da cui cadevano fuori bandierine. Assistenza infermieristica e ricerca, 2006, 25, 4 249 Confronti Gironzolavo in quel caos più stupido che irato. Sentivo sul pelo sguardi sgradevoli. Quasi io fossi un cane abbandonato, un randagio molesto che già dalle scale si scaccia con la scopa. Uno mi strappò il collare borchiato d’argento. Uno diede un calcio alla ciotola da giorni vuota. E poi l’ultimo, prima di partire, si sporse dalla cabina di guida e mi sparò due volte. Neanche capace di colpire nel segno, così la mia morte fu lenta e dolorosa nel ronzio di mosche spavalde. Io, il cane del mio padrone. La cortesia dei non vedenti Il poeta legge le poesie ai non vedenti. Non pensava fosse così difficile. Gli trema la voce. Gli tremano le mani. Sente che ogni frase è qui messa alla prova dell’oscurità. Dovrà cavarsela da sola, senza luci e colori. 250 Assistenza infermieristica e ricerca, 2006, 25, 4 Un’avventura rischiosa per le stelle dei suoi versi, e l’aurora, l’arcobaleno, le nuvole, i neon, la luna, per il pesce finora così argenteo sotto il pelo dell’acqua, e per lo sparviero, così alto e silenzioso nel cielo. Legge – perché ormai è troppo tardi per non farlo – del ragazzo con la giubba gialla in un prato verde, dei tetti rossi, che puoi contare, nella valle, dei numeri mobili sulle maglie dei giocatori e della sconosciuta nuda sulla porta schiusa. Vorrebbe tacere – benché sia impossibile – di tutti quei santi sulla volta della cattedrale, di quel gesto d’addio al finestrino del treno, di quella lente del microscopio e del guizzo di luce dell’anello e degli schermi e specchi e dell’album dei ritratti. Ma grande è la cortesia dei non vedenti, grande la comprensione e generosità. Ascoltano, sorridono e applaudono. Uno di loro persino si avvicina con il libro aperto alla rovescia, chiedendo un autografo che non vedrà.