pannelli mostra - Provincia di Frosinone

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STORIE DI CONFINE
Il fiume Liri: un confine millenario tra
Stato Pontificio e Regno di Napoli
La nozione di confine implica una ricchezza e una complessità concettuale e semantica
che rinvia a uno spazio, più che a un tracciato lineare, nel quale uomini, storie, economie,
culture, idee, tradizioni e logiche di potere delle “parti” entrano in contatto, si contaminano,
si confrontano e si scontrano, all’interno di un complesso gioco di fattori destinati
a modellare le esperienze e i tratti identitari dei territori e della popolazione che vi è
insediata. […] Il progetto di ricerca dal titolo Storie di confine. Il fiume Liri: un confine
millenario tra Stato Pontificio e Regno di Napoli, […] ha privilegiato temi e dinamiche che
mettono in luce le principali peculiarità di uno «spazio di confine» che nella sua lunga
durata ha visto alternarsi fasi di spiccato protagonismo politico-militare, riorganizzazioni
territoriali, rimescolamenti amministrativi, interessanti dinamiche economico-sociali,
culturali e religiose, con periodi di silenzioso declino e ridotta visibilità.
per approfondimenti
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STORIE DI CONFINE
La linea di demarcazione politicoamministrativa che ha separato per
secoli, pur nelle varie denominazioni,
lo Stato Pontificio e il Regno di
Napoli, segnandone il confine e
rappresentandone la frontiera,
custodisce significative peculiarità.
Tornare sul tema, attraversandone
alcune dimensioni peculiari, dalla
amministrativa alla economica,
dalla politica alla militare, dalla
sociale alla identitaria, è operazione
distintiva di un modo di guardare alla
storia puntando sulla consapevolezza
che gli interessi verso il passato
prescelto dalle indagini si trovino
nelle ragioni del presente e che i significati dei vari rifacimenti si consolidino nelle autorità
dei ricercatori e nelle esperienze dei lettori/fruitori.
In questo quadro le Storie di confine vanno lette come un tentativo di ripercorrere indagini
consolidate dall’ampio respiro documentario, frutto di esplorazioni sistematiche in differenti
archivi, senza soffermarsi pedissequamente su eventi caratteristici spesso enfatizzati a livello
locale e tante volte raccolti in riduttive visioni campanilistiche.
Il Liri ha assunto così l’immagine di luogo ‘poroso’ costruita intorno a scontri, a incontri,
a transiti, nella quale, accanto alle vicende cruente dei briganti e dei contrabbandieri, si
sono composte tantissime storie di donne, di lavoratori, di braccianti, di piccoli artigiani
che, quotidianamente e per mera sopravvivenza, hanno fatto la spola tra le due sponde del
fiume per consegnare linfa vitale alle singole comunità di provenienza.
Sullo stesso piano, la complessità delle relazioni ha reso funzionale l’adozione di identità
cangianti che, sul piano potenziale e a livello non solo provinciale, ha dato risposte condivise,
nonostante la problematicità e la molteplicità delle rivendicazioni.
per approfondimenti
In foto: G. De Sanctis, Carta Generale dell’Italia Meridionale, da Atlante corografico
del Regno delle Due Sicilie, Napoli, 1843 (particolare)
(foto da copia gentilmente concessa dal Dott. S. Bottoni)
STORIE DI CONFINE
Il Fiume Liri: un confine millenario tra
Stato Pontificio e Regno di Napoli
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LA STORIA DEL CONFINE
PONTIFICIO-BORBONICO
Esigenze di definizione dei confini,
più volte vanificate nei periodi
precedenti, si fecero più pressanti
verso la fine del secolo XVIII, allorché
si diffuse il timore della penetrazione
di idee rivoluzionarie giacobine e dei
sussulti francesi.
Ragioni di difesa militare, unite a
quelle dettate nel passato dal controllo
dei reati comuni nei territori di
frontiera a più fragile incertezza
giurisdizionale, furono alla base
dell’incontro avvenuto il 18 giugno 1793
presso l’Abbazia di Montecassino
tra il geografo padovano Giovanni
Antonio Rizzi-Zannoni (coadiuvato
dagli ingegneri Antonio Moretti e
Giuseppe Marini e da due tecnici
esperti dei luoghi) in rappresentanza
degli interessi di Ferdinando IV, e il
geografo Alessandro Ricci, suo figlio
Gregorio, Domenico Zucchi e due
indicatori, in rappresentanza dello
Stato Pontificio.
Seguirono, tra il luglio e il novembre
1793, e dal luglio 1795 all’ottobre 1795, due fasi di rilevamenti topografici, di acquisizione
di documenti probatori per la definizione di irrisolte vertenze, di stesure di piante
topografiche. L’anno 1796 si rivelò un anno critico per la continuazione dei lavori a
causa dell’annunciata invasione francese della penisola italica. Nel mese di settembre una
prima, ma incompleta, carta dei confini fu consegnata a re Ferdinando presso l’Abbazia
di Montecassino, mentre il Papa ritirò la sua commissione. Dal canto suo Rizzi-Zannoni
continuò, invece, l’opera di redazione dell’Atlante geografico del Regno di Napoli per
completarla nel 1812. Al tempo stesso era riuscito a consegnare alla fine del 1798 al
ministro della guerra, ammiraglio John Acton, la carte dei confini ad uso militare per la
difesa del regno.
per approfondimenti
foto in alto: Provincia neapolitana, da Chorographica descriptio provinciarum et conventuum
ff. Min. S. Francisci Capucinorum ..., Mediolani, 1712
foto in basso: Provincia romana, da Chorographica descriptio provinciarum et conventuum
ff. Min. S. Francisci Capucinorum ..., Mediolani, 1712
STORIE DI CONFINE
Il Fiume Liri: un confine millenario tra
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LA STORIA DEL CONFINE
PONTIFICIO-BORBONICO
Le vicende della Repubblica Napoletana e il
concitato succedersi della restaurazione monarchica
e del decennio napoleonico accantonarono l’avviato
progetto della definizione dei confini, che fu ripreso
solo dopo il ritorno dei Borbone al potere.
Nel 1819 Santa Sede e Regno delle Due Sicilie
concordarono di istituire due nuove commissioni
per il riesame della documentazione raccolta in
precedenza.
I lavori erano, tuttavia, rallentati da controversie
procedurali che si protrassero fino al 1835, quando
la paura della diffusione del colera, frattanto
incombente, fece emergere nuovi problemi di
frontiera per il controllo sanitario dei territori. Il
marchese Francesco Saverio del Carretto, nominato
plenipotenziario da re Ferdinando II, mise ordine
alla documentazione già prodotta, che pubblicò nel
1837. Fu questo il primo passo per la istituzione di
una nuova commissione, che si riunì a Roma il 20
giugno 1839: il marchese del Carretto, affiancato
dal conte Giuseppe C. Ludolf, in rappresentanza
degli interessi del Regno; il cardinale Tommaso
Bernetti, coadiuvato da mons. Filippo Boatti, in
rappresentanza del papa Gregorio XVI. Ma le
trattative si impantanarono ancora una volta sulla
vecchia questione delle enclaves pontificie nel
territorio del Regno.
Fu stabilito preliminarmente che le linee di confine
dovessero essere indicate dai “segni naturali” (fiumi,
torrenti, fossi, valli, laghi, burroni, monti) e che,
dove non ci fossero questi segni naturali, se ne
dovessero apporre di artificiali, come colonne ed
iscrizioni. Successive intese diplomatiche avviarono
nel settembre dello stesso anno la redazione di una
carta topografica nella quale una linea di colore
rosso indicava la demarcazione del confine.
per approfondimenti
foto dall’alto in basso:
Dipartimento napoleonico (1809-1814) da Atlante storico-politico del Lazio, Roma, 1996
Il Lazio dopo le riforme di Gregorio XVI (1833) da Atlante storico-politico del Lazio, Roma, 1996
A. Zuccagni-Orlandini, Delegazione di Frosinone, da Atlante geografico degli Stati italiani ... , Firenze, 1844
A. Zuccagni-Orlandini, Provincia di Terra di Lavoro, da Atlante geografico degli Stati italiani ... , Firenze, 1844
STORIE DI CONFINE
Il Fiume Liri: un confine millenario tra
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LA STORIA DEL CONFINE
PONTIFICIO-BORBONICO
Il 26 ottobre 1840, previa effettuazione di alcuni sopralluoghi, fu sottoscritto il Trattato
sul nuovo confine tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie, che sarà poi ratificato
dodici anni dopo, il 5 aprile 1852, anche a causa degli eventi politici intervenuti nel
periodo 1848-1850: i moti rivoluzionari del ’48, la fuga di Pio IX a Gaeta e poi a Portici
ospite di Re Ferdinando II, la proclamazione della Repubblica Romana nel ‘49, il ritorno
del pontefice a Roma nell’aprile 1850.
L’attuazione del Trattato, che prevedeva l’apposizione di segni “artificiali” sul terreno,
richiese una fase previa di individuazione dei punti dove apporre i termini. Questa azione
fu affidata al capitano Luigi De Benedictis per parte napoletana e all’ingegnere Pietro
Lanciani per parte romana. Per accelerare le operazioni, iniziate già nel mese di ottobre
e conclusesi entro il 1841, furono apposti termini provvisori in legno alla cui sommità
era inchiodato un cartello con la scritta “confine”. Cinque anni più tardi sarebbero stati
sostituiti da quelli in pietra – il cui onere di spesa era ripartito tra i due governi – «aventi
lo stemma Reale dalla parte che guarda il Regno e lo stemma pontificio dalla parte rivolta
allo Stato» conformemente alla figura annessa al Trattato.
Le 40 tavole della confinazione, «prodotte e sottoscritte dal De Benedictis e dal Lanciani
e conservate presso l’Archivio di Stato di Roma», riproducevano in china nera «alla scala
1:12.000 l’intera linea del confine dal Tirreno all’Adriatico, su cui è, esattamente riportata
la posizione di ciascun “termine”, identificato con un numero progressivo da 1 a 649, ed
1
una propria denominazione» .
per approfondimenti
L. Falchi, La controversia tra le comunità di Camerata e Cervara e l’Università di Rocca di Botte ...,
in Atti del convegno di studi, Civitella Roveto, 2005
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STORIE DI CONFINE
Il Fiume Liri: un confine millenario tra
Stato Pontificio e Regno di Napoli
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LA STORIA DEL CONFINE
PONTIFICIO-BORBONICO
«Il confine attraversava in senso orizzontale tutta l’Italia
centrale con direzione est-nord-est, partendo dal mar Tirreno
alla foce del fiume Canneto, tra Fondi (Regno di Napoli) e
Terracina (Stato Pontificio), saliva sui monti Ausoni tra Monte
San Biagio (RN) e Sonnino (SP), scendeva quindi verso la valle
del Liri attraverso i territori di Lenola, Pastena, San Giovanni
Incarico (RN) e Vallecorsa, Castro dei Volsci, Falvaterra (SP).
Giú in valle tra Arce (RN) e Ceprano (SP) seguiva il corso del
Liri fino a Castelliri (RN) e Monte San Giovanni Campano (SP)
da dove, prendendo per nord-ovest, saliva sui monti Ernici tra
Sora, Balsorano, Roccavivi, Rendinara, Morino (RN) e Veroli,
Alatri (SP), i monti Cantari e Simbruini dove era situato il
punto più alto con il Viglio (2.158) tra Civitella Valle Roveto,
Canistro, Pescocanale, Capistrello, Castellafiume, Cappadocia
(RN) e Guarcino, Filettino, Vallepietra (SP).
Scendeva poi in direzione nord verso il Turano ed il Salto
tra Rocca di Botte, Oricola, Poggio Ginolfo, Carsoli, Girgenti
(RN) e Camerata, Cervara, Arsoli, Collalto Sabino, Nespolo,
Ricetto, Marcetelli (SP).
Proseguiva sempre a nord attraversando il Reatino tra
Cittaducale, Cantalice, Leonessa (RN) e Poggio Bustone (SP).
Da qui prendeva una direzione est-nord-est fino alla Macera
della Morte (2.008), a nord dei monti della Laga, tra i territori
di Città Reale, Accumoli (RN) e Monteleone, Città di Cascia,
Nottole, Pescia, Arquata (SP).
Da qui scendeva verso l’Adriatico attraverso la valle del
Castellano e Vibrata seguendo il corso dei fiumi omonimi tra
i territori di Valle Castellana, Civitella del Tronto, Sant’Egidio
alla Vibrata (RN) e Montecalvo, Ascoli, Folignano, Maltignano
(SP) fino a giungere al ponte di barche di Porto d’Ascoli.
In linea d’aria l’intero confine misurava 186 miglia napoletane,
pari a circa trecento chilometri.
1
Sul terreno, in verità, ne misurava quasi il triplo» .
per approfondimenti
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A. Farinelli, A.T. D’Arpino, Testimoni di pietra, Luco dei Marsi, 2000
foto: Archivio fotografico www.ciociariaturismo.it
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Stato Pontificio e Regno di Napoli
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LE DINAMICHE ECONOMICHE
E COMMERCIALI
DOGANE E SCAMBI COMMERCIALI
Le Dogane poste lungo il confine
Dal versante occidentale, all’estrema sinistra, sono
rilevanti, dal punto di vista commerciale, le dogane di
Terracina e Portello per Fondi, Vallecorsa e Lenola, Pico.
Il versante del Liri più interessato dalle dinamiche
di confine è così diviso dalle rispettive dogane:
Falvaterra e Ceprano nello Stato Pontificio; Isoletta
e Colle Noci (Arce) per il Regno.
Salendo troviamo l’importante dogana di Casamari
e la corrispettiva di Castelluccio (Castelliri).
Pontecorvo conserva il suo status particolare in
quanto exclave dello Stato Pontificio. In ambito
commerciale godeva di alcuni privilegi che le
permettevano di essere equiparata agli altri Comuni
del Regno.
“Strade legali di comunicazione fra le dogane
pontificie e le dogane estere” dalla ricostruzione
topografica di G. Spinetti, 1837
Alle dogane dello Stato Pontificio corrispondevano
altrettante dogane nel Regno delle Due Sicilie;
alla dogana di Casamari corrispondeva quella di
Castelluccio;
alla dogana di Ceprano corrispondevano quelle di
Colle Noci e Isoletta;
alla dogana di Falvaterra corrispondevano quelle di
S. Giovanni Incarico, Pastena e Pico;
alla dogana di Vallecorsa corrispondeva quella di
Lenola.
Prospetto generale delle Importazioni ed
Esportazioni del Regno di Napoli nell’anno 1840 in
cui si evidenziano i diversi rapporti commerciali con
lo Stato Pontificio e le altre Nazioni d’Europa.
per approfondimenti
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LE DINAMICHE ECONOMICHE
E COMMERCIALI
I LUOGHI DI PRODUZIONE
Nel dettaglio le zone di confine tra la
Provincia di Campagna nello Stato
Pontificio e la Provincia di Terra di
Lavoro nel Regno Napoletano.
Il circondario della Valle del Liri con
Sora, Isola ed Arpino, era di gran lunga il
più attivo e importante dal punto di vista
economico.
Ad Arpino era presente una tradizione
di filatura della lana risalente addirittura
all’antica Roma. Qui sorgeranno i primi
e più importanti lanifici meccanizzati che
si sposteranno poi a valle (e quindi nei
paesi di Isola e Sora) per sfruttare più agevolmente le risorse idriche del Liri.
Lo sviluppo industriale si ripercuoterà anche sul contesto sociale: ad Arpino più della
metà dei cittadini arpinati troverà occupazione nell’industria della lana, e quasi un quarto
nel commercio della stessa.
Ad Isola, e più in generale lungo il Fibreno, si era sviluppata, dal XVII secolo, una fiorente
industria cartaria, sicuramente tra le più avanzate dell’intero Regno. Una delle cartiere
più importanti era quella di Carlo Lefebvre che sorgeva proprio ad Isola. Rilevanti anche
le conseguenze di questa industrializzazione dal punto di vista sociale. Lo sviluppo
dell’industria in generale portò ad una differenziazione della popolazione locale simile
a quella vista ad Arpino, facendo emergere un ceto operaio non più legato alla terra,
particolarmente incisivo dal punto di vista delle politiche locali.
Per quanto riguarda lo Stato Pontificio invece sono evidenziate Guarcino e Monte San
Giovanni (Anitrella), per la presenza di due cartiere, non paragonabili per produzione e
rilevanza a quelle della Valle del Liri.
Pontecorvo infine rappresentava un importante centro per la produzione del tabacco e sarà
al centro di numerose vicende legate al contrabbando di questa pianta, la cui coltivazione
fu introdotta nel 1815, mentre in molti Comuni, soprattutto nel Regno, ne permaneva
ancora il divieto.
Più in generale, i luoghi di produzione più rilevanti per l’economia dello Stato Pontificio
erano quelli della Campagna Romana che, grazie alle produzioni agricole e soprattutto al
bestiame, rappresentavano la voce di attivo più rilevante, e, a volte, unica nella bilancia
dello Stato.
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Stato Pontificio e Regno di Napoli
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LE DINAMICHE ECONOMICHE
E COMMERCIALI
I LUOGHI DI PRODUZIONE
L’attuale Valle del Liri fu la più importante zona di
produzione fino agli anni dell’Unità. Il passaggio
dal Regno di Napoli al Regno d’Italia fu traumatico
soprattutto per l’industria della lana, privata dei
benefici legati al protezionismo statale di cui
aveva goduto sino ad allora, e colpita dallo stato
di guerra in cui era coinvolta tutta la zona di
confine. Al contrario, l’industria della carta resse
meglio l’impatto con la nuova realtà nazionale,
grazie ad una struttura industriale più incline alla
modernizzazione.
I resti dell’antica cartiera Beranger ad Isola del Liri,
poi Lefebvre, fondata nel 1812 da Carlo Antonio
Beranger. Alla sua morte, nel 1822, il conte Carlo
Lefevbre ne prese possesso e, successivamente,
il figlio Francesco, fino alla chiusura nel 1888.
L’importanza della cartiera fu tale che, al 1861,
oltre a disporre di strutture estremamente
moderne, occupava più di 500 operai e forniva
la propria carta addirittura al Daily Telegraph di
Londra.
Veduta del Castello Ladislao di Arpino,trasformato
nel 1828 dall’imprenditore arpinate Vincenzo
Ciccodicola nell’omonimo lanificio. Fino al 1860
vi lavoravano almeno 200 addetti, e costituiva uno
dei più importanti lanifici del Regno.
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LE DINAMICHE ECONOMICHE
E COMMERCIALI
IL CONTRABBANDO
Nella carta di Spinetti (1837), è evidenziata la Delegazione di Frosinone in relazione
ai territori confinanti del vicino Regno. Sono cerchiati i principali luoghi coinvolti dal
contrabbando, o quelli più ricorrenti per questo tipo di commercio nelle carte dell’Archivio
di Stato di Frosinone, e in particolare:
Monte San Giovanni. Gli episodi relativi a questo paese sono riscontrabili soprattutto
nella seconda metà del XIX secolo. Da Monte San Giovanni provenivano alcuni
contrabbandieri di lana e tessuti. I fermi più ricorrenti avvenivano per l’introduzione di
grani e generi alimentari vari.
Ceprano – Falvaterra. La dogana di Ceprano era sicuramente la più coinvolta per quanto
riguardava il commercio clandestino di cereali nel vicino Regno. I fermi per tale tipo
di contrabbando risalivano praevalentemente al periodo post-unitario. Il contrabbando
coinvolgeva questa dogana anche per lo smercio di panni lana. Di qui passavano molti
cittadini frusinati con indosso maglie, coperte e tessuti in genere mentre tornavano dai
territori del Regno. La vicina Falvaterra, oltre che essere patria di molti contrabbandieri, era anche il luogo di
numerosi fermi che riguardavano sempre cittadini, a volte anche donne, che tornavano dal
Regno con differenti quantità e tipologie di tessuti. Da Falvaterra provenivano numerosi
contrabbandieri di tabacco, anche recidivi, legati alla città di Pontecorvo, fulcro e centro
principale, sia della produzione che della vendita illegale.
Pontecorvo. Era il centro principale, e quasi unico, per quanto riguardava il contrabbando
di tabacco. Le testimonianze a tal proposito sono già frequenti dalla prima metà del secolo.
Negli anni, gli episodi arrivarono a coinvolgere le più diverse tipologie di persone.
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LE DINAMICHE ECONOMICHE
E COMMERCIALI
I DOCUMENTI
1. Lettera con la quale, il 27
Novembre 1851, Clemente
Rossi, nativo di Atina di Regno,
di professione “pifero” richiede
al Delegato Apostolico di poter
suonare nello Stato.
2. Il 15 Febbraio 1851,
Michelangelo Messina e
“compagni musicanti”,
provenienti dal Regno
di Napoli, scrivono alla
Delegazione di Frosinone.
4. L’11 Giugno 1856 il Parroco
di Pontecorvo chiede alla
Delegazione di Frosinone che
sia permesso alla Banda di Arce,
Regno di Napoli, di entrare
nello Stato Pontificio e suonare
nel Comune di Pontecorvo.
3. Il Comune di Castro scrive
alla Delegazione di Frosinone
chiedendo l’autorizzazione
per la processione da fare al
Comune di Fratte, Regno di
Napoli. 18 Agosto 1845.
5. Il Governo di Piperno scrive
alla Delegazione perché i
regnicoli Folcarelli, Magni e
Calcagni, “han qui depositato
le rispettive Carte di passo”,
dicendo di voler attendere
come giornalieri ai lavori della
campagna. 18 Ottobre 1840.
STORIE DI CONFINE
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per approfondimenti
LE DINAMICHE ECONOMICHE
E COMMERCIALI
I DOCUMENTI
6. Carta di Passaggio del
lavoratore Luigi Magni,
rilasciata dal Distretto di Sora il
6 Agosto 1840.
7. Lettera con la quale Il
Governo di Ceprano informa la
Delegazione di Frosinone che il
capo comico Pietro Torelli del
Regno ha richiesto di “poter dare
in questo comune un corso di n. 35
rappresentazioni”. 9 Giugno 1848.
9. Processo Verbale datato
12 Ottobre 1863, con il
quale la Brigata di Ceccano
certifica l’arresto di alcuni
contrabbandieri di tabacco.
8. Lettera del 18 Febbraio 1860
dell’Ispettore di Monte San
Giovanni, diretta al Delegato
Apostolico di Frosinone, per
l’arresto di Camillo Del Ferro,
accusato di una vendita illegale
di grano.
10. Processo Verbale compilato
dal Comando di Castro il 14
Marzo 1868, quando il regnicolo
Domenico Longhi viene trovato in
possesso di una quantità di grano
che veniva tradotta dallo Stato
Pontificio nel limitrofo Regno.
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per approfondimenti
VIAGGIO E VIAGGIATORI LUNGO
IL CONFINE TRA STATO PONTIFICIO
E REGNO DELLE DUE SICILIE
La conoscenza del territorio
di confine posto tra lo
Stato Pontificio ed il Regno
delle Due Sicilie nell’attuale
Lazio meridionale, fu
indubbiamente favorita,
nel XVIII e nel XIX
secolo, sia in ambito
nazionale che europeo,
dai testi di viaggiatori
italiani e stranieri, spesso
arricchiti da incisioni e da
illustrazioni di pregio.
I viaggiatori erano attratti
per diversi motivi:
- la bellezza dei siti (le cascate di Isola del Liri, il corso del Liri, le grotte di Collepardo);
- il fascino dei personaggi del mondo classico e medievale (Caio Mario, Cicerone, San
Benedetto, San Tommaso d’Aquino);
- la ricchezza del patrimonio archeologico (le mura in opera poligonale e le epigrafi);
- le architetture abitative (capanne) che richiamavano ai visitatori il fascino dell’Africa;
- la forte religiosità dei suoi abitanti incentrata sui santuari mariani e sui santi patroni;
- i costumi variopinti (le ciocie per gli uomini e l’oreficeria per le donne) che rimandavano
all’antica Roma o al mondo esotico;
- la bellezza delle donne dai capelli ed occhi neri e la pelle cotta dal sole, ritratte sia in
zona che negli atelier romani ed il rude aspetto dei giovani, noti anche oltralpe;
- l’economia agro-pastorale che si fondeva con quella para-industriale del triangolo SoraArpino-Isola del Liri, la “Manchester del Regno delle Due Sicilie”;
- il fascino del brigantaggio lealista dell’inizio del XIX secolo e di quello post unitario;
- la ricerca scientifica che ebbe, nella prima metà del XIX secolo, in Gaetano Tenore un
grande protagonista nell’area fra Campoli Appennino e la Valle di Comino.
per approfondimenti
In foto: M. Dionigi, Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate
dal Re Saturno, Roma, 1809 (foto da copia gentilmente concessa dal Dott. S. Bottoni)
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VIAGGIO E VIAGGIATORI LUNGO
IL CONFINE TRA STATO PONTIFICIO
E REGNO DELLE DUE SICILIE
ALLA SCOPERTA DEI LUOGHI NATALI DI CICERONE
Charles Kelsall (1782-1857), fra i
protagonisti del Grand Tour, è
noto per la Classical excursion
from Rome to Arpino, edita a
Ginevra nel 1820, dedicata ai
cultori di Cicerone.
Giunto a Roma, ne descrive i
beni monumentali marcando
l’arretratezza dello Stato Pontificio.
Si reca poi a Tivoli, Subiaco ed
Alatri dove è colpito dai boschi,
che gli rammentano le foreste
inglesi, e dalle mura poligonali.
Visita poi Veroli: l’abitato sembra
vivere immerso in un’atmosfera cupa, con il popolo raccolto nella piazza del mercato,
armato di schioppi per respingere un attacco di malviventi. Giunto a Casamari, nota il
paesaggio meno brullo e la campagna curata. Siamo ormai al confine con il Regno delle
Due Sicilie e la dogana è costituita da una costruzione rurale circondata da cipressi.
Il viaggio del Kelsall prosegue per Arpino, dove gli abitanti vanno fieri per aver dato i
natali a Cicerone, il cui nome è ricordato dal Teatro e dal Collegio Tulliano. Continuando
nel suo antipapalismo, comune a molti viaggiatori inglesi, ritiene che gli arpinati vivano
in condizioni migliori rispetto ai sudditi papalini, grazie all’amministrazione in mano
ai civili ed alla fiorente industria tessile che però ritiene inferiore, per qualità, a quella
inglese. Trascrive poi varie iscrizioni latine fra le quali l’elogium di Caio Mario; della città
ricorda la Fontana dell’Aquila romana, il Teatro e la Società Filarmonica nota in Europa
grazie ad Angelina Sperduti, “La Celestina”, una delle prime donne a calcare i palcoscenici
musicali. Si sofferma, poi, sulle mura poligonali di Civitavecchia e, abbandonata Arpino,
sulla badia di San Domenico. In essa, devastata dai francesi nel 1799, osserva muri in opus
reticulatum, oggi non più visibili. Il Kelsall si allontana dall’agro arpinate passando il Liri
sulla scafa nei pressi del diruto Ponte Marmone, noto anche come “il ponte di Cicerone”.
per approfondimenti
In foto: M. Dionigi, Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate
dal Re Saturno, Roma, 1809 (foto da copia gentilmente concessa dal Dott. S. Bottoni)
STORIE DI CONFINE
Il Fiume Liri: un confine millenario tra
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VIAGGIO E VIAGGIATORI LUNGO
IL CONFINE TRA STATO PONTIFICIO
E REGNO DELLE DUE SICILIE
DA NAPOLI ALL’ESPLORAZIONE DEI CONFINI
SETTENTRIONALI DEL REGNO (FINE XVIII SECOLO)
In A classical tour through
Italy and Sicily, Richard Colt
Hoare (1758-1838) illustra il
viaggio compiuto da Napoli a
Roma. La prima méta nel Lazio
è Montecassino, raggiunta il 3
novembre 1790.
Il 7 novembre ammira ad
Aquino la Torre di San Gregorio
e la Madonna della Libera per
poi proseguire per Isoletta e
Ceprano. Superato il confine,
punta su Frosinone deviando
poi per Casamari, sito costituito
da una “osteria” e dal cenobio.
L’11 è accolto ad Isola del Liri da Agostino Galanti, agente del duca di Sora; il giorno
dopo è a San Domenico, ricca di reperti romani. Cita un busto per tradizione attribuito
a Cicerone; poi si ferma su alcuni passi del De legibus nei quali l’oratore cita la casa avita
ed il Fibreno. Il 20 l’Hoare parte per la papalina Trisulti (Collepardo); qui, nei pressi del
confine, si erge la Certosa. Lo scenario naturale con i monti e le verdi vallate lo colpisce;
interessanti le note sulla pastorizia: i pascoli sono ottimi ma, d’inverno, gli ovini sono
trasferiti al Circeo. Sempre a Collepardo, è attratto dalle suggestive Grotte. Due giorni
dopo è a Frosinone da dove riparte per Roma.
Il 26 aprile 1791 compie una gita al Lago di Fucino passando per la Valle Roveto. Il 1°
maggio è ad Arpino: qui vide la chiesa di San Michele Arcangelo con le nove nicchie
scavate dietro l’altare maggiore. Gli affreschi in esse presenti sono stimati di “poco conto”.
Anche qui l’Hoare è attratto dalle epigrafi, in primis, l’elogium di Caio Mario. Ritornato
ad Isola ammira il ponte romano di San Paolo per poi essere ospite del duca di Alvito al
Casino della Pesca a Posta Fibreno; qui nota l’epigrafe posta nel 1588 da Giulio Licio al
genio oblepidissimi Fibreni. Nel pomeriggio raggiunge Castelliri per vedere la villa romana
a Le Muraglie.
per approfondimenti
In foto: J.C.R. de Saint-Non, Voyage pittoresque ou description des royaumes
de Naples et de Sicilie, a Paris, 1781-1786 (foto da copia gentilmente concessa dal Dott. S. Bottoni)
STORIE DI CONFINE
Il Fiume Liri: un confine millenario tra
Stato Pontificio e Regno di Napoli
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VIAGGIO E VIAGGIATORI LUNGO
IL CONFINE TRA STATO PONTIFICIO
E REGNO DELLE DUE SICILIE
DA NAPOLI ALL’ESPLORAZIONE DEI CONFINI
SETTENTRIONALI DEL REGNO DOPO
LA RESTAURAZIONE BORBONICA
Richard Keppel Craven,
nacque nel 1779 e dal 1805
visse per lo più a Napoli,
ove morì nel 1851. Nel
1838, pubblicò a Londra
Excursions in the Abruzzi
and Northern Provinces of
Naples in due tomi. Entra nel
Lazio partendo da Capua ed
arrivando a San Germano;
quindi si reca ad Atina
seguendo una strada da poco
aperta. Il centro gli appare
sporco ma ricco di reperti
romani. Percorre poi la strada
che da San Germano arriva a
Sora attraverso distese di grano. Sotto Rocca d’Arce nota come sia difficile pensare un altro
sito così difeso dalla natura ma, così spesso, in mano al nemico. Visita poi Ceprano dove
coglie l’occasione per parlare del confine. Risalendo verso l’Abruzzo, ricorda la Solfatara di
Fontana Liri e l’isolotto di San Paolo creato dal Liri mentre la poesia dell’acqua caratterizza
Isola. Colpisce poi la sua attenzione il paesaggio limitrofo all’abitato, con colline coltivate
ad uliveti terrazzati. Il Craven fornisce poi dati sulla vita di Isola nel periodo feudale: da
Roma nobili e prelati erano, al pari dei notabili sorani ed arpinati, ospiti dei Boncompagni.
Giunge quindi ad Arpino, celebre per gli opifici tessili. Il Craven nota come il centro
abbia dato, nell’antichità, i natali a Caio Mario e a Marco Tullio Cicerone. Degna di
rilievo è la documentazione sulla Porta Romana, poi demolita. Attenzione egli pone alle
epigrafi specie quelle restituite da Santa Maria di Civita fra le quali la dedica a Mercurius
Lanarius. Prima di entrare in Abruzzo visita Sora dalle strade larghe e lastricate e, di fronte
a Santa Restituta, descrive epigrafi e statue romane. Nota, poi, come il centro abbia dato
i natali a Cesare Baronio, autore degli Annales Ecclesiastici, punto di riferimento della
Controriforma.
per approfondimenti
In foto: M. Dionigi, Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate
dal Re Saturno, Roma, 1809 (foto da copia gentilmente concessa dal Dott. S. Bottoni)
STORIE DI CONFINE
Il Fiume Liri: un confine millenario tra
Stato Pontificio e Regno di Napoli
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L’UNITÀ D’ITALIA ED IL CONFINE:
STORIA POLITICA E MILITARE
Il territorio della Delegazione di Frosinone
si estendeva per 1.823 kmq. La popolazione
nel periodo 1853 / 1871 passò da 148.900 a
154.600 abitanti. La maggior parte, quasi
il 70%, viveva tra i 300 e i 500 metri slm.
Sempre dal 1853 al 1871, si occupavano di
agricoltura e di allevamento il 68,7% / 78,4%
degli abitanti attivi; erano addetti alle attività
industriali il 9,1 / 18,8%, mentre scendeva
il terziario, passato dal 22,2 al 10,8% degli
attivi.
La popolazione era concentrata nei relitti
delle antiche civitates romane e del vasto
numero di paesi discesi dai castra e dalle
terre murate. In collina c’era il predominio
della piccola azienda coltivata ad arboreto
e nelle zone più basse e verso il Sacco c’erano “le terre a grano”, terreni punteggiati da
acquitrini e zone paludose (e malariche). Grandi boschi planiziari, di collina e soprattutto
di montagna, ampi prati e pascoli ospitavano la seconda risorsa della zona: la pastorizia.
Dominava su tutto la grande proprietà, che coesisteva con la frammentazione della micro
possidenza rustica indirizzata verso l’autoconsumo.
La Delegazione di Frosinone era retta da un Delegato (competente per le materie
generali e di polizia), e dalla Congregazione governativa. C’erano poi gli organi locali:
l’Amministrazione provinciale e “le Communi”. L’Amministrazione provinciale (si
occupava dei beni pubblici e degli interessi della provincia) era retta da un Consiglio e
da una Commissione amministrativa. Ogni Comune era retto da un Consiglio e da una
Magistratura. A capo della Magistratura c’era un Gonfaloniere nei Comuni grandi ed un
Priore in quelli piccoli, mentre negli “appodiati” c’era un Sindaco. Dappertutto esisteva
un filtro ecclesiastico e su tutto gravava il potere decisionale e onnicomprensivo del
Segretario di Stato.
per approfondimenti
In foto: A. Zuccagni-Orlandini, Delegazione di Frosinone,
da Atlante geografico degli Stati italiani ... , Firenze, 1844
STORIE DI CONFINE
Il Fiume Liri: un confine millenario tra
Stato Pontificio e Regno di Napoli
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L’UNITÀ D’ITALIA ED IL CONFINE:
STORIA POLITICA E MILITARE
In Campagna erano schierati, a difesa del confine e per
controllare l’ordine pubblico, un reggimento di fanteria
indigena (lungo il confine e nelle città principali), un
battaglione di gendarmeria frazionato in più brigate
(principalmente con compiti di polizia, ma inquadrato
militarmente), ed altre truppe per un totale di circa 4.000
uomini. Oltre a questi, c’erano gli squadriglieri che, pur
essendo in organico circa 600, arrivarono a quasi 1.500
uomini. Nel periodo 1860 – 1865 c’erano poi truppe francesi,
per lo più zuavi, schierate a difesa del Papato.
Il periodo ottobre 1860 - fine 1861 potrebbe essere considerato
di prevalente insorgenza filo borbonica, anche se si
riscontravano episodi di pura delinquenza e di ribellione
contadina.
Il fallimento dell’insorgenza facilitò il cambiamento di
politica del Papato. Dopo l’evacuazione delle truppe
francesi, l’esercito e la gendarmeria papali furono
schierati con l’esplicita funzione di combattere i briganti.
L’esercito controllava i punti di presidio e partecipava
con la gendarmeria e con gli squadriglieri ad attaccare o
rendere difficoltosa la vita dei malviventi. Tra i due eserciti,
italiano e pontificio, fu stipulata la Convenzione di Cassino
del 24 febbraio 1867, firmata dal generale Fontana per le
forze italiane e dal maggiore Leopoldo Lauri per le truppe
pontificie. Essa prevedeva anche la cooperazione tra le
colonne mobili ed i reparti all’inseguimento dei malviventi,
con la possibilità di valicare il confine.
A Frosinone fu istituito nel 1867 un tribunale misto,
con giudici e militari, che aveva specifiche competenze
antibrigantaggio; la corte procedeva in modo sommario e
solo la condanna capitale doveva essere confermata.
La repressione fu durissima.
per approfondimenti
foto dall’alto in basso:
Cassino, 1867 Luglio 21, parole d’ordine per il servizio contro il brigantaggio da impiegare
nella prima quindicina di Agosto 1867 (archivio Lauri - Ciprani- De Sanctis)
Elenco dei regnicoli rifugiati nello Stato Pontificio di cui si chiedono informazioni
(archivio Lauri - Ciprani- De Sanctis)
1867 Febbraio 24, “Convenzione Militare fra li due Comandanti le Truppe regolari Italiane
e Pontificie alla Comune Frontiera” (archivio Lauri - Ciprani- De Sanctis)
STORIE DI CONFINE
Il Fiume Liri: un confine millenario tra
Stato Pontificio e Regno di Napoli
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L’UNITÀ D’ITALIA ED IL CONFINE:
STORIA POLITICA E MILITARE
Un protagonista assoluto della lotta contro i briganti fu l’anagnino Leopoldo Lauri,
designato comandante della gendarmeria pontificia di Frosinone nel novembre 1866,
col compito specifico della repressione del fenomeno.
Nel 1867 c’erano diverse bande che dominavano i luoghi di
confine (Cedrone, Pace, Fuoco, Guerra, Ciccone, Di Viti,
Romagnoli, Cipriani, Cima, Caliscione detto Pietro Mazza,
Andreozzi, Di Girolamo, Panici). Un apparato militare
capillare, l’arresto di parenti e manutengoli, ostacoli ai
rifornimenti (spesso vennero incendiate le capanne dei pastori
per impedire a costoro di stare sulle montagne e quindi di
aiutare i briganti) servirono ad eliminare la rete informativa e gli approvvigionamenti.
Finalmente all’inizio del 1870 si annunciò la fine del brigantaggio.
Ma nello Stato Pontificio esisteva una ribellione
interna: un folto gruppo di borghesi e artigiani, ma
non mancavano gruppi di contadini, era favorevole
all’unificazione col Regno d’Italia. Il patriottismo
venne messo alla prova nel 1867 con la spedizione
garibaldina e la successiva battaglia di Mentana. Le
carte Lauri testimoniano, in parte, gli eventi principali
e i contatti tra l’esercito italiano e le autorità militari
pontificie sulla spedizione garibaldina.
Porta Pia (1870) rappresentò la conclusione di tutta la vicenda
e la scomparsa del “millenario” e anacronistico Stato dei papi.
Localmente la vicenda fu vissuta quasi come un fatto esteriore.
All’arrivo dell’esercito italiano si formarono le giunte unitarie
con l’impegno di realizzare i plebisciti.
Tutta l’operazione di sorveglianza dell’invasione italiana, di
concentramento e del viaggio verso Roma delle truppe e degli
organi di polizia pontifici, è raccontato da un grosso pacchetto
di telegrammi e messaggi (moltissimi cifrati) conservati nelle
carte Lauri.
Si andava a concludere in questo modo una vicenda viva e
cogente dal 1849.
per approfondimenti
foto dall’alto in basso:
Elenco con i nomi dei “Capi di Bande Brigantesche” (archivio Lauri - Ciprani- De Sanctis)
Progetto di Menotti Garibaldi consegnato a Nicotera per entrare
nello Stato Pontificio (archivio Lauri - Ciprani- De Sanctis)
1870 Agosto 27, Telegramma cifrato del Capitano pontificio Ariotti: da Terracina si comunica
che l’invasione delle truppe italiane potrà avvenire “domani notte, domenica” (archivio Lauri - Ciprani- De Sanctis)
STORIE DI CONFINE
Il Fiume Liri: un confine millenario tra
Stato Pontificio e Regno di Napoli
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L’UNITÀ D’ITALIA ED IL CONFINE:
STORIA POLITICA E MILITARE
LUIGI ALONZI detto Chiavone
Discendente di una famiglia di guardaboschi conosciuta
con il soprannome di Chiavone, nacque il 19 giugno
1825 a Sora. Fu uno dei protagonisti della guerriglia
antinazionale al momento dell’Unificazione (1860). Nei
mesi del cosiddetto “grande brigantaggio” (primaveraautunno 1861), operò molte incursioni lungo tutto il
confine sud-orientale con lo Stato Pontificio. Memorabili
gli attacchi alle truppe piemontesi, le devastazioni e i
saccheggi dei municipi e delle case dei liberali a Monticelli,
Lenola, Castelluccio (Castelliri), Roccavivi, Balsorano, S.
Vincenzo, Villavallelonga e Sora. L’ampiezza e l’efficacia
della sua guerriglia, che non si arrestò neanche dopo la
grande stagione, investendo altri luoghi come Isoletta, S.
Giovanni Incarico, Monte Magno, Schiavi (Fontechiari),
Terelle, Pescasseroli, Castel di Sangro, catalizzarono l’attenzione degli osservatori europei
su di lui. Caduto in discredito, fu fucilato il 28 giugno 1862. Il suo corpo fu bruciato
nel luogo stesso dell’esecuzione, in un posto imprecisato della Valle dell’Inferno, presso
Trisulti.
LUDWIG RICHARD ZIMMERMANN
Proveniente da un’agiata famiglia della borghesia
impiegatizia provinciale, nacque ad Alsfeld, il 21 novembre
1838. Partecipò alla battaglia di Solferino quale cadetto
di fanteria nell’esercito imperiale austro-ungarico. Uscito
dall’esercito imperiale e attratto dalla lotta impari e disperata
ingaggiata dai briganti contro l’esercito regolare nazionale,
entrò nella banda Chiavone, mantenendo i contatti con
l’organizzazione borbonica a Roma e conducendo efficaci
azioni di guerriglia nei paesi più indifesi della frontiera
pontificia. Entrato in dissidio con Chiavone, fu colui che
più convintamente si espresse per la sua eliminazione. Nel
1864 cominciò a pubblicare le sue Erinnerungen, le prolisse
memorie della vita vissuta accanto ai briganti. Nel ’66,
scoppiata la guerra austro-prussiana, fece il corrispondente
di guerra, per poi fondare, qualche anno dopo il giornale radicale Freiheit. Morì nel 1887.
per approfondimenti
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L’UNITÀ D’ITALIA ED IL CONFINE:
STORIA POLITICA E MILITARE
IL CASTELLO DI ISOLETTA
(1465-1935)
Era stato costruito dai della Rovere,
feudatari di Arce, nella seconda metà
del Quattrocento.
Nella prima metà dell’Ottocento i
Borbone vi fecero eseguire numerosi
interventi di restauro, in quanto sede
della Dogana. Il castello, infatti, oltre
che controllare il passo sul fiume Liri,
si trovava in prossimità del confine
con lo Stato pontifico, che si estendeva fino alla vicina Ceprano.
L’11 novembre 1861 Isoletta fu presa d’assalto da quattrocento insorgenti, capeggiati dal
sorano Luigi Alonzi, detto Chiavone. Il castello era presidiato da un drappello di diciotto
soldati, alcuni dei quali morirono nello scontro insieme ad alcuni insorgenti.
Con la caduta dello Stato pontificio (1870), il castello perse la sua funzione di presidio
di confine. In un quadro di dismissione di beni pubblici, finalizzata “a far cassa”, venne
privatizzato e messo all’asta.
GIUSEPPE POLSINELLI (1787-1880)
Industriale laniero e uomo politico nato ad Arpino
nel 1787. Partecipò ai moti costituzionali del 1820 ed
alla rivoluzione del 1848. I suoi interessi industriali lo
condussero a trasferire ad Isola del Liri la sede principale
della produzione di panni di lana, con l’introduzione di
nuovi macchinari. All’atto della costituzione del Regno
d’Italia fu eletto deputato al Parlamento di Torino per
il collegio di Sora. Nel discorso del 25 maggio 1861
rappresentò il disagio in cui erano venuti a trovarsi i
produttori di panni di lana a causa della nuova tariffa
doganale introdotta dal Governo. Negli anni successivi,
uno dopo l’altro, chiusero tutti i lanifici della Valle del Liri,
compreso quello del Polsinelli. Fu consigliere provinciale
e Presidente della Provincia di Terra di Lavoro. Nel 1876
fu nominato senatore. Morì nel 1880.
per approfondimenti
STORIE DI CONFINE
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Stato Pontificio e Regno di Napoli
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STORIE DI CONFINE
Il Fiume Liri: un confine millenario tra
Stato Pontificio e Regno di Napoli
La mostra è stata realizzata grazie ad un contributo della Regione Lazio – Assessorato Cultura
e Politiche Giovanili, concesso nell’ambito del Piano annuale 2010 per i beni ed i servizi culturali
del Lazio.
Ringraziamenti
La Provincia di Frosinone ringrazia, per la gentilissima collaborazione, l’Università degli
Studi di Cassino e del Lazio Meridionale e, in particolare:
la Prof.ssa Silvana Casmirri
il Prof. Giovanni De Vita
il Dott. Gaetano De Angelis Curtis
la Dott.ssa Pamela Papetti
e gli autori dei saggi:
LUIGI GULIA,
La storia del confine pontificio-borbonico e la Provincia di Frosinone
MARCO DI COSMO,
Le dinamiche economiche e commerciali
EUGENIO MARIA BERANGER,
Viaggio e viaggiatori lungo il confine tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie
GIOACCHINO GIAMMARIA,
Lo Stato-regione. Lo Stato Pontificio nell’ultimo decennio della sua esistenza. La Delegazione
di Frosinone
FERDINANDO CORRADINI,
L’Unità d’Italia e il confine: storia politica e militare
MICHELE FERRI,
Il brigante Chiavone e la reazione filo borbonica alla frontiera pontificia: importanza e limiti
GIOVANNI DE VITA,
Frontiere, attraversamenti, identità cangianti
I testi ed il materiale illustrativo (ove non diversamente indicato) sono stati cortesemente
forniti dagli autori dei saggi.
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