− Luoghi, uomini, eventi

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 POTENZA 22 NOVEMBRE 2012 Alla ricerca di una Storia dimenticata
− Luoghi, uomini, eventi
I territori del Meridione di Italia che gravitano attorno al territorio lucano sono stati
testimoni di eventi, attorno all'anno 1100, che hanno mutato il corso della Storia. Si tratta
di un tragitto ideale che da Roma giunge a Trani, luogo di imbarco della Prima Crociata,
e prosegue fin nella calabra Rossano.
Di tale ricchezza culturale, oggi troppo dimenticata, si vuole tracciare un panorama
ideale, per comprendere il contesto in cui si è sviluppato il progetto dei Poveri Cavalieri di
Cristo.
Luoghi, uomini ed eventi nel Meridione d'Italia Nell'ipotesi verisimile che Hugo de Paganis fosse nato a Forenza, o comunque in area nocerino
salernitana, la sua vita e le sue scelte si radicarono in un ambiente geografico e in un contesto
storico molto particolare, sul quale si mossero, in quei luoghi e in quegli anni, personalità di
grande spicco. Lo scenario così configuratosi influì certamente sui suoi progetti e sul suo futuro e
merita pertanto una breve analisi.
L'idea di intraprendere quell'impresa, la Crociata, che avrebbe segnato così profondamente i secoli
a venire, nacque dall'incontro di componenti molto precise. Ciascuna di esse era latente da poco o
da molto tempo, ma qui si composero in un modo particolarissimo e in buona parte casuale, per
dare corpo ad un progetto immenso, i cui contorni e i cui sviluppi reali travolsero i pensieri iniziali
di chi lo concepì.
L'espansione islamica, il misticismo medievale, lo sviluppo dei commerci, la nascita delle
nazionalità europee, il fanatismo religioso, furono alcuni dei fattori che concorsero a determinare
la storia di quell'epoca.
Non è questa la sede per un'analisi di questa portata, ma non si può ignorare che la Crociata, anzi
le Crociate, avrebbero condizionato il pensiero e l'azione degli uomini e delle istituzioni dell'intero
bacino mediterraneo, dell'Europa e del vicino Oriente, determinando in modo radicale il corso
degli eventi futuri, con effetti di cui ancor oggi si avverte l'influenza concreta.
Oggi sfugge il fatto che, in quegli anni, tutto il meridione d'Italia e in modo particolare la zona che
gravitava attorno all'odierna Basilicata erano intensamente vitalizzati da eventi e personaggi di
particolare rilievo, che i secoli successivi avrebbero dimenticato o sottovalutato. E fu
precisamente in questo contesto di luoghi, di persone e di eventi che si concretizzò il progetto
immane dell'avventura in Terrasanta.
I LUOGHI
Un quadrato più reale che magico
Tracciando un cammino ideale che da Roma conduce a Trani, luogo d'imbarco della Prima
Crociata, ci si imbatte in una piccola area geografica sulla quale è opportuno soffermarsi
brevemente.
Si tratta del quadrato di terra individuato da Amalfi, dal piccolo borgo di Scala, da Salerno e da
Nocera.
La repubblica marinara di Amalfi aveva assunto, nel bacino del Mediterraneo e nel vicino oriente,
un ruolo di grande reputazione, non solo come potenza marinara e commerciale, ma anche come
vettore di iniziative sociali e culturali di alto livello. Amalfi aveva posto in essere la Tabula de
Amalpha, un codice marittimo composto dagli Amalfitani nell’XI secolo, che regolava tutto ciò
che riguardava la navigazione, dal nolo agli indennizzi delle assicurazioni, dagli obblighi ai diritti
del marinaio, precorrendo le carte dei diritti civili che sarebbero sorte nei secoli successivi. Amalfi
aveva introdotto in occidente l'uso della bussola e possedeva un'industria cartaria molto avanzata.
La città si distinse in quell'epoca per un'importante iniziativa sociale, sicuramente concepita anche
in funzione delle sue attività commerciali. Amalfi aveva infatti insediato a Gerusalemme, nella
foresteria del monastero di Santa Maria Latina, un luogo di ospitalità per i pellegrini detto appunto
l'Hospitale, il cui prestigio era riconosciuto anche dal mondo arabo. Secondo le notizie riportate
nella Storia dei Normanni scritta tra il 1080 e il 1089 da Amato, monaco di Montecassino,
l'ospedale era stato eretto da Mauro, figlio di Pantaleone, "un nobile uomo di Amalfi che viveva
costantemente davanti a Dio". Ad esso seguirono la costruzione di una cappella dedicata alla Santa
Vergine, nota più tardi come Santa Maria dei Latini "la Grande", e l'edificazione di altri due
ospedali, uno per ciascun sesso.
A Scala, nel 1040, era nato Gerardo de Saxo. Scala era un piccolo borgo nobiliare in collina sulla
costiera tirrenica e ricadeva nel territorio della Repubblica di Amalfi. Gerardo ricevette l'incarico
di dirigere a Gerusalemme l'Hospitale. Per meglio gestire e organizzare l'accoglienza, il Beato
Gerardo fondò la Confraternita di San Giovanni, che nel corso dei secoli divenne l'Ordine
dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme e che, nei tempi più recenti, assunse il nome di
Ordine dei Cavalieri di Malta. L'azione di questo gruppo di operatori godeva della stima e del
rispetto della comunità locale e del territorio circostante. Le sue attività, inizialmente indirizzate al
semplice ricovero delle persone, si rivolsero successivamente e alla cura dei malati e dei feriti.
Secondo quanto asseriscono alcune fonti, anche durante l'assedio della città, nel corso della Prima
Crociata, l'Ospedale continuò la sua attività in campo medico, aiutando i feriti di entrambi gli
schieramenti. Gerardo è da tempo oggetto di una controversia fra varie fazioni di studiosi: alcuni
sostengono infatti che fosse di origine francese, affermando che il suo vero nome fosse Gerardo da
Tunc, benché la questione sia stata da tempo chiarita.1 Infatti il traduttore francese di un opera del
1680, scritta in latino, lesse di “Gherardus tunc temporis Hospitalis Gubernator” ovvero “Gerardo
in quel tempo governatore dell'Hospitale”. Ma il tunc non fu compreso e Gerardo divenne Gerardo
di Tunc.
Non lontano da questi luoghi, era nata attorno al secolo X la Scuola Salernitana, un centro di studi
e di assistenza medica di eccezionale livello scientifico. Nata per il confluire di antiche esperienze
e della tradizione greca, latina, araba ed ebrea, come narra la leggenda della sua fondazione, univa
alle pratiche terapeutiche criteri di prevenzione e profilassi assai avanzate, operando anche in
campo didattico con una scuola considerata antesignana delle università mediche, dove, in
contrasto con la cultura di quei secoli, erano ammesse agli studi anche le donne. La fama della
Scuola, documentata dalle fonti, si arricchì anche di episodi leggendari, legati a terapie prodigiose
di cui avrebbero beneficiato principi e signori, come il principe Enrico di Germania o Roberto,
duca di Normandia, afflitti da problemi sanitari di soluzione quasi impossibile.
Secondo le ipotesi qui formulate, a Nocera era legata la famiglia de Paganis, che annoverava fra i
suoi membri Ugo, il fondatore di un Ordine che aveva fatto della protezione dei pellegrini, lungo i
cammini di una regione funestata da guerre e guerriglie, il proprio obiettivo e lo scopo della
propria esistenza. Seppure alterata da elementi impropri e da curiosità quasi morbose, la Storia
non fu indifferente alla vicenda dei Templari. Essi furono quasi immediatamente oggetto di
1
Nell'Admiranda orbis christiani di Giovanni-Bonifazio Bagatta 1680 Liber IV Cap. II pag. 275 si legge: Quo
tempore Hierosolimorum urbs a Christianis obsidebatur, Gherardus tunc temporis Hospitalis Gubernator, panes ad
exercitum Christianum deferebat; ... In particolare Les historiens anglais citent Anne de Naberat comme etant à
l'origine de l'erreur de traduction des le XVIIe siecle. Cappellano Fr. Anne de Noberat (1606) secondo Historia della
sacra religione militare di S. Giovanni ..., Volume 1 Di Bartolomeo Fr dal Pozzo
interesse da parte dei governanti locali e poi, progressivamente, della Chiesa e dell'opinione
pubblica europea, che vedeva in loro qualcosa di importante e adeguato ai problemi di quei tempi.
La fama, come è evidente, travalicò quei secoli ed è giunta fino ad oggi, sopravvivendo anche ai
tentativi di soffocarla.
Ciò che si rileva è la contemporaneità di questi eventi storici. Amalfi, Gerardo, Scuola Salernitana
e Ugo de Paganis, appaiono legati da un comune spirito di azione sociale e sono strettamente
connessi fra di loro in termini territoriali e temporali.
Un cammino di luoghi notevoli
Ampliando la visione prospettica, si può osservare che il panorama locale era caratterizzato da
insediamenti religiosi di grande spiritualità: la non lontana Abbazia di Montecassino, rinata nel
1071, la Cattedrale di Acerenza, consacrata nel 1080, l'Abbazia di Santa Maria, protocenobio
benedettino localizzato a Banzi, l'antica Bantia 2 , e poi ancora l'Abbazia di San Michele, a
Monticchio, o i molti centri come la sede vescovile di Rapolla, o l'Abbazia di Venosa, degna di
accogliere le tombe degli Altavilla.3 Innumerevoli luoghi, degni di attrarre ed ospitare condottieri
e pontefici, ma oggi sconosciuti ai più e troppo ignorati dai circuiti culturali.
Anche sotto il profilo civile, particolare rilevanza assumevano centri come Melfi, con il suo ruolo
cardine nelle dinamiche normanne4, Trani, con il suo porto rivolto all'Oriente, e poi ancora Troia,
Conversano e altre numerose località, prolungandosi poi in una catena geografica che si estendeva
ancora verso sud, fino a Taranto, per giungere poi alla bizantina Rossano, nella penisola calabra.
Più in generale, il territorio era punteggiato di numerosissimi borghi, insediamenti, chiese ed
edifici di cui si va perdendo la memoria e la conoscenza.
Oltre alla già citata Venosa, patria di Orazio, il panorama si apriva sui molti castelli, fra i quali si
possono rammentare quelli di Monteserico, Brienza, Lagopesole, Ruvo del Monte, Uggiano e
Pisticci. Fra colli e monti si annidavano altri luoghi di rilevanza storica, come il borgo di
Castelmezzano o la splendida chiesa di Anglona.
GLI UOMINI
Protagonisti
2
O fons Bandusiae splendidior vitro, dulci digne mero non sine floribus,... Orazio – Carmen III 13
3
Il corpo di Roberto il Guiscardo fu portato a Brindisi per le onoranze funebri e poi a Venosa dove fu sepolto
nella chiesa della Santissima Trinità, nella stessa tomba dove si trovano anche altri importanti membri della Casa
d'Altavilla, fra i quali i suoi tre fratelli Guglielmo "Braccio di Ferro", Guglielmo di Principato e Drogone.
4
Il rapporto fra Melfi e i Normanni si era concretizzato attorno all'anno 1042. Fu convocato nella città un
parlamento generale, a seguito del quale Guglielmo Braccio di Ferro fu nominato primo Conte di Puglia. Melfi fu
dichiarata Città-Comune. Ogni condottiero, che ricevette una propria competenza territoriale, vi costruì il proprio
palazzo, facendo di essa la capitale della contea. A Roberto, detto il Guiscardo, si deve il potenziamento delle mura di
Melfi, la prima cattedrale e la dotazione di rendite al vescovado. Nel 1059 il papa Niccolò II, convocò il primo
Concilio di Melfi con lo scopo di sottrarre la Chiesa al potere tedesco e ridarle quella libertà d’azione ormai perduta.
Ciò diede ai Normanni la loro identità di popolo libero ed autonomo, rmuovendo le scomuniche, inflitte dal
precedente Papa Leone IX. Roberto il Guiscardo divenne Duca di Puglia e Calabria.
Questi centri e questi cammini erano animati da grandi eventi e resi vitali dalla presenza di uomini
carismatici, da San Nilo ad Anselmo d'Aosta, da Gregorio VII ai signori normanni provenienti
dalla lontana Hauteville5. Anche la remota Cluny, fra l'altro, era legata a queste località da fili
molteplici. Sia Arnaldo, arcivescovo di Acerenza, sia il papa Urbano, provenivano da Cluny e
apportarono a quest'area importanti contributi di opere e di pensiero, rivelando indirettamente il
fascino o la credibilità che queste terre possedevano anche nei confronti di sedi religiose lontane.
In modo specifico, l'intero meridione d'Italia vedeva svolgersi in quei decenni l'intensa attività
della dinastia normanna ed era interessato alle vicende che si svolgevano attorno alle figure di
Roberto il Guiscardo, Ruggero Borsa e, soprattutto, Boemondo di Taranto. Boemondo era stato
coinvolto dal padre in un'avventura ad oriente, nel tentativo di dare l'assalto al regno di Alessio,
Imperatore di Costantinopoli, e l'insuccesso aveva certamente lasciato in lui un celato desiderio di
rivalsa, momentaneamente superato da varie iniziative belliche locali.
Hugo, qualunque fosse la sua ascendenza, normanna o longobarda, apparteneva ad una famiglia di
media nobiltà, che viveva in questa regione ed era sicuramente sensibile e partecipe alle
dinamiche dei tempi, alla politica dei Normanni, ai rapporti col papato, all'amministrazione dei
territori, ai legami molteplici e complessi fra le famiglie signorili. La posizione di Boemondo di
Taranto, assillato contemporaneamente da un conflitto locale col fratellastro Ruggero Borsa6 e da
una tendenza irriducibile a trovare un proprio spazio ai danni dell'impero d'Oriente, aveva
sicuramente un effetto trainante e coinvolgente su quegli esponenti delle famiglie nobili che, come
lui, temevano di essere estromessi dalle linee ereditarie del potere locale, perché cadetti o perché
soffocati da figure di maggior peso e prestigio.
Alcuni personaggi di quell'epoca meritano qualche breve riflessione.
Arnaldo di Cluny, arcivescovo di Acerenza
Arnaldo di Cluny, che secondo alcune fonti non confermate aveva anche rivestito la carica di abate
di Cluny, era stato collaboratore di Papa Gregorio VII7, monaco di Cluny, e fu eletto vescovo alla
Sede di Acerenza da Papa Alessandro II8 nel 1066, come successore di Godano d'Acerenza,
anch'egli cluniacense.
Il 13 aprile 1068, il Papa Alessandro II emanò una bolla, diretta ad Arnaldo di Acerenza con la
quale veniva istituita una nuova provincia ecclesiastica9, con giurisdizione su un vastissimo
5
Hauteville, piccola contea nella penisola del Cotentin – detta anche penisola di Cherbourg – in Normandia. Il
nome deriva da pagus Costantiensis, villaggio di Coutances, a sua volta provenienete dal nome dall'imperatore
Costanzo Cloro.
6
Si sostiene che tale nome gli derivasse dalla instancabile mania di contare e ricontare il proprio denaro.
7
Anche Gregorio VII, Idebrando di Soana, compì i suoi studi a Cluny. Gregorio morì a Salerno. Di umili
origini, ebbe un ruolo epocale nell'evoluzione della storia della Chiesa.
8
Anselmo da Baggio (1015 – 1073) compì i suoi studi nella scuola monastica di Lanfranco di Pavia a Bec, fu
il primo pontefice ad essere eletto senza l'intrusione del potere imperiale.
9
… Igitur quia postulastis a nobis quantenus concederemus, confirmaremus tibi Archiepiscopatum praedictae
Acheruntinae Ecclesiae cum omnibus Parrochiis suis Civitatibus quinque, videlicet Venusio, Montemilone, Potentia,
Tulba, Tricarico, Montepeluso, Gravina, Matera, Oblano, Turri, Tursio, Latiniano, Sancto Quiriaco, Virolo,..
riservando alla Santa Sede romana Montemurro e Armento, passati successivamente ad Acerenza, di rito sia greco che
latino.
territorio lucano. 10
ti confermiamo Arcivescovo della predetta Chiesa di Acerenza, con tutte le sue
parrocchie e cinque città, ovvero Venosa, Montemilone, Potenza, Tolve, Tricarico,
Montepeloso, Gravina, Matera, Oblano, Turri, Tursico, Latiniano, San Chirico,
Oriolo, .11
Si riferisce da più fonti che verso il 1080 – 1090, nel contesto dei lavori per la costruzione della
Cattedrale, furono rinvenute le reliquie di San Canio a cui la Chiesa stessa viene dedicata.12
Come ripetutamente affermato, la pervasiva presenza anche di monaci cluniacensi di rango
prestigioso, in ruoli rilevanti per la storia di questo territorio, costituisce un importante riscontro
della tesi secondo la quale l'area lucana emanava una forte attrattiva religiosa, politica e culturale
nell'Europa di quegli anni.
Nessuna sorpresa quindi che anche la Cattedrale di Acerenza, realizzata da Arnaldo, testimoni la
chiarissima ispirazione ai modelli più alti dell'architettura medievale.13
Urbano II
Eudes (o Ottone o Oddone) di Lagery nacque verso il 1040 a Châtillon-sur-Marne in Francia,
nell’attuale diocesi di Reims da nobile famiglia. Divenne monaco nell’abbazia di Cluny e fu eletto
papa dopo l’intermezzo di un papato di transizione, quello di Vittore III, raccogliendo la difficile
eredità di Gregorio VII, un papa tenace e determinato, che aveva iniziato un processo di
affermazione dell’autorità e del prestigio del Papato romano. Urbano era certamente altrettanto
deciso e talvolta severo, ma sapeva temperare le proprie convinzioni con i modi diplomatici e
cortesi, volti ad evitare i conflitti frontali e distruttivi. Cercò di affermare il proprio ruolo con un
intenso programma di viaggi, al fine di consolidare l’autorità della Chiesa, nell’arco di quella lotta
per le investiture che la poneva in forte contrasto con il Sacro Romano Impero e con le signorie
locali.
L'elezione e l'insediamento di Urbano non furono facili, poiché l'antipapa Clemente si era stabilito
a Roma, precludendo la città al nuovo legittimo pontefice. Anche il Conclave che lo aveva eletto
era stato tenuto a Velletri nel 1088 e solo l'anno seguente Urbano riuscì a prendere possesso della
10
Si veda Hubert Houben, “ Il privilegio di Alessandro II per l’arcivescovo Arnaldo di Acerenza (JL 4647) ”,
RSCI, 53, 1999, p. 109-118 qui édite le privilège du 13 avril 1068 concédant le pallium à l’évêque d’Acerenza,
instituant une nouvelle province à l’occasion de la restructuration de l’organisation ecclésiastique du Mezzogiorno.
11
...cum castellis, et villis, monasteriis, ac plebibus tam Graecis quam Latinis, exceptis iis, quae ad dominatum
nostrum jure nobis retinemus, petitioni tuae libenter annuimus, Montem Urrani quoque et armentum, quae largitione
fidelium in dominium sanctae Acheruntinae Ecclesiae recenter transierunt, tibi, tuisque successoribus concedimu, et
confirmamus Pallium ...
12
Cfr. http://www.diocesiacerenza.it
13
Nel 1070 un gruppo di monaci provenienti dalla zona di Cosenza aveva raggiunto la foresta delle Ardenne,
proprietà di Goffredo di Buglione. Erano capeggiati da un certo Ursus. Quei monaci ottennero la protezione di
Matilde, Duchessa di Toscana e madre adottiva di Goffredo, che donò loro un vasto appezzamento di terreno in Orval,
aurea vallis, come era stato definito dalla stessa Contessa Matilde, dove venne appositamente costruita un’abbazia.
Pochi anni dopo, nel 1108, essi tornarono nel meridione d'Italia e, nel 1131, l’abbazia venne assegnata a San
Bernardo. De Sède, autore di storie surreali e di riconosciute mistificazioni, sostenne che tra quei monaci ci fosse stato
Pietro l’Eremita, figura nota della Prima Crociata. È curioso il fatto che ad accogliere questi monaci sia stato il Conte
Arnoldo di Chiny, di grafica affinità con Arnaldo di Cluny. Su questi monaci venne successivamente costruita una
complessa leggenda misterica.
sede romana.
Come primo significativo atto del suo governo della Chiesa, intraprese un lungo viaggio, dal 1089
al 1093, in Italia del sud, per ragioni certamente legate ai problemi del papato, ma atte a realizzare
i primi contatti con quell'ambiente normanno che avrebbe generato il miglior corpo di spedizione
della Prima Crociata.
Il cammino di Urbano fu segnato da importanti tappe a Montecassino, Cava dei Tirreni, Banzi14,
Melfi, Troia, Acerenza e Bari, come è testimoniato anche dai Concili che ebbero luogo in alcune
di queste città e che posero le basi per la prima avventura in Terrasanta. La presenza di Urbano è
testimoniata anche a Potenza, Matera e perfino a Pisticci.
Boemondo di Taranto
Emergeva in quegli anni la figura di Boemondo, principe di Taranto, nato nel 1050, primogenito di
Roberto il Guiscardo e della sua prima moglie, Alberada di Buonalbergo. Boemondo era un uomo
forte, astuto, ambizioso e frustrato.
Dal 1080 al 1085, con suo padre, aveva partecipato ad un grande attacco ai Balcani contro
l'Impero bizantino, comandando i Normanni durante un'assenza del Guiscardo durata due anni,
penetrando in Tessaglia fino a Larissa, ma sconfitto e respinto da Alessio I Comneno.
Suo padre, dopo essersi risposato con la longobarda Sikelgaita, gli aveva preferito il fratellastro,
Ruggero Borsa, dando inizio ad un periodo di contrasti e di lotte che avevano interessato le regioni
meridionali. Per questo motivo, alla morte di Roberto il Guiscardo, nel 1085, si era acceso un
violento conflitto fra Boemondo e Ruggero, caratterizzato da scontri e scorrerie nel territorio
pugliese. Solo l'intervento papale riuscì a comporre il dissidio. Boemondo ottenne i territori di
Otranto, Gallipoli e Brindisi, ma soprattutto il titolo di Principe di Taranto, verso la fine del 1088.
Boemondo era uomo colto, parlava molte lingue, anche orientali; fondò nei pressi di Otranto il
Monastero di San Nicola di Casole, che ospitò una delle biblioteche più ricche del Medioevo.
Aveva una figura imponente. Il suo vero nome era Marco, ma gli era stato dato il nome di
Boemondo, per accostarlo ad un leggendario gigante che aveva questo nome, forse per una buona
ragione, perché di lui una principessa, Anna Comnena, aveva scritto:
Nella terra dei Romani non s’è mai visto nessuno come Boemondo, né barbaro né greco. Chi lo incontrava veniva colto da ammirazione e meraviglia, anche se una fama terrorizzante lo precedeva. Boemondo, con la sua statura, sovrastava di almeno un cubito ogni altra persona. Aveva fianchi e vita sottile, spalle ampie, torace imponente e braccia erculee. Né magro né grasso, sembrava esprimere l’ideale estetico di Policleto. La sua pelle, ovunque bianchissima, si colorava in viso di un lieve rossore. Teneva i biondi capelli abbastanza corti, senza vanità, a differenza degli altri barbari che li lasciavano scendere fino alla vita. Il viso era perfettamente rasato e non lasciava intendere il colore della barba, fosse biondo o rossiccio. I suoi occhi azzurri manifestavano qualcosa di spirituale e una grande dignità. Il respiro delle narici sembravano permettere il libero passaggio di quel grande spirito che 14
La chiesa badiale di Banzi fu consacrata da Papa Urbano II nel 1089. Qui il pontefice incontrò i figli del
Guiscardo, Boemondo e Ruggero Borsa, alla presenza della la sua corte e 33 vescovi, per preparare i lavori del
successivo Concilio di Melfi. Si localizzava a Banzi la Fons Bandusia citata da Quinto Orazio Flacco (da Venosa)
nell'Ode XIII del Libro III. I Normanni, con donazioni e privilegi, ne accrebbero di molto i possedimenti, che si
estendevano oltre la regione lucana, fin nella Calabria e nel Salento.
albergava nel suo cuore. Il suo indiscutibile fascino sembrava unirsi ad un che di terribile, fondendo in lui intelligenza e forza fisica, coraggio e passione, che lo rendevano intimamente incline alla guerra. D’ingegno multiforme, scaltro e capace di trovare una via di fuga in ogni situazione difficile, nella conversazione si mostrava sempre bene e capace di dare risposte difficilmente confutabili. Quest'uomo sembrava simile all'Imperatore per valore e carattere, e forse inferiore solo per il fato diverso, per l’ eloquenza e per poche altre cose. Mentre insieme allo zio Ruggero, il Gran Conte di Sicilia, stava attaccando la ribelle Amalfi, si era
imbattuto in un gruppo di cavalieri cristiani reduci da Costantinopoli, dalle cui avventure era stato
affascinato, tanto da convincerlo ad aderire all’appello del Papa. Nemico dichiarato di Alessio I, si
era fatto crociato, «per opera dello Spirito Santo» La storia successiva induce a ritenere che le sue
decisioni fossere dettate dal desiderio di avere una sua signoria a scapito dell'Imperatore bizantino.
Memore della precedente avventura, era un fine conoscitore della mentalità greca orientale e
musulmana, si era reso conto di essere indispensabile alla nuova avventura, ma non assunse un
atteggiamento conflittuale nei confronti dei Bizantini. Durante la Prima Crociata, per rassicurare il
diffidente Alessio I, evitò che le sue truppe operassero il minimo saccheggio.
Boemondo di Taranto fu dunque una figura fondamentale nella storia delle Crociate e si dice che
fosse stato lui, futuro Principe d'Antiochia, a scegliere per il borgo di Castelmezzano, non lontano
da Forenza, uno stemma che raffigura due cavalieri castelmezzanesi partiti per la Crociata, che
cavalcano insieme sullo stesso destriero, come appare sovente nel simbolismo dei Templari.15
Ma anche su di lui cadde un profondo oblio, tanto che la sua figura è spesso ignota o poco
significativa per gli attuali abitanti delle terre tarantine.
Alessio Comneno
Alessio I Comneno, (1048 –1118) fu Imperatore dell’Impero Romano d’Oriente dal 1081 alla sua
morte, nel 1118. Benché la sua figura non appartenga al panorama geografico dell'Italia
meridionale, la sua vita e le sue opere influirono profondamente su quell'ampio scenario del
Mediterraneo centro orientale che faceva da sfondo ai nostri personaggi e alle vicende di
quell'epoca.
Nel 1062, all'età di soli quattordici anni partecipò alla sua prima campagna militare, contro i
Turchi Selgiuchidi, iniziando così una brillante carriera militare che lo avviò sulla strada di un
potere al quale non era originariamente destinato. In seguito ad una complessa serie di conflitti e
di alleanze fra famiglie costantinopolitane di massimo lignaggio, ad Alessio fu riconosciuto il
diritto di diventare imperatore, come avvenne infatti la domenica di Pasqua 4 aprile 1081, all'età di
trentatré anni.
Durante il suo impero Alessio dovette fronteggiare minacce provenienti da ogni lato dei suoi
domini, dalla terra e dal mare, dalle Repubbliche Marinare, dai Normanni d'Italia, dalle regioni del
centro Europa, dall'Asia centrale. Popoli migranti e in espansione, tentativi di impossessarsi delle
15
L'episodio è riferito in altra forma, come già detto, attorno al 1240, nel Chronica Maiora di Mattheus
Parisiensis o Matteo Paris, dove compaiono Hugo de Paganis e Godefridus de Sancto Æodemaro, primo adeo
pauperes, all'inizio assai poveri. Sembra infatti nascere qui la leggenda che i primi due templari fossero tanto poveri
da possedere un solo cavallo. Primo adeo pauperes licet strenui, fuerunt, quod unum solum dextrarium illi duo (Hugo
de Paganis & Godefridus de Sancto Æodemaro) habuerunt unde propter primitivae paupertatis memoriam, & ad
humilitatis observantiam in sigillo eorum insculpti sunt duo unum equum equitantes.
ricchezze imperiali, pretese commerciali e ambizioni, oltre ad antichi fanatismi religiosi
circondavano e assediavano l'Impero d'Oriente. Alessio, con grandi doti strategiche e
diplomatiche, riuscì a contenere e controllare con abilità gli attacchi e a salvare l'Impero.
Nel primo anno del suo regno dovette respingere un poderoso attacco dei Normanni, condotto da
Roberto il Guiscardo e da suo figlio Boemondo, appoggiati da Papa Gregorio VII.
In ottobre i Normanni sconfissero infatti l'esercito imperiale nella battaglia di Durazzo,
conquistando così la stessa Durazzo, Valona e Corfù.
Problemi connessi con le sue terre richiamarono però in Italia Roberto, che lasciò i territori
conquistati in terra bizantina a Boemondo. Questi penetrò profondamente nel territorio imperiale,
fino a Larissa, in Tessaglia, dove dapprima pose l'assedio ma poi, in seguito alle tattiche sapienti
di Alessio, fu sconfitto e dovette ritirarsi nuovamente fino a Durazzo e Valona sulla costa
adriatica.
Alessio assediò subito le posizioni di Boemondo, indusse al tradimento i suoi alleati e lo costrinse
a salpare per la Puglia e chiedere l'aiuto del padre, Roberto.
Roberto, tornato rapidamente in Grecia, fu ripetutamente sconfitto dai veneziani alleati ad Alessio
in una serie di battaglie navali, dovette riparare con la sua flotta a Corfù, ma improvvisamente si
ammalò e morì a Cefalonia il 17 luglio 1085, liberando praticamente l'Impero dall'incombente
rischio di invasione normanna.
Alessio dovette allora occuparsi dei problemi derivanti dai difficili rapporti con i Turchi
Selgiuchidi, i Peceneghi, i Cumani e la setta dei Bogomili.16
Benché le ragioni e le circostanze non siano del tutto chiare, si rivolse ad Occidente, per ottenere
un sostegno militare o forse, più probabilmente, per avere un aiuto per riconquistare le terre
dell'Impero che erano cadute sotto il dominio di incombenti popolazioni asiatiche.
A quanto risulta, giustificò le sue richieste con la descrizione del penoso stato in cui si trovavano
Gerusalemme e la Terrasanta, per la presenza delle popolazioni islamiche. In realtà i nuovi apporti
di popolazioni asiatiche, di cultura nomade e bellicosa, che provenivano da Oriente ad ondate
progressive, avevano alterato quel minimo di equilibrio che si era creato fra Cristiani, Ebrei e
Musulmani in quell'area geografica. L'Impero d'Oriente aveva sofferto la perdita di terre
tradizionalmente cristiane soprattutto nell'Asia Minore, dove la stessa città d'origine di Alessio,
Kastamonu, che si chiamava in realtà Castra Comneni, era passata sotto il dominio islamico.
Sembra accertato che i messi imperiali, Basilio, metropolita di Trani, e Romano, arcivescovo di
Rossano, inviati al Concilio di Piacenza, descrissero con toni tragici e drammatici la situazione,
creando i presupposti della Prime Crociata.
Alessio si trovò allora a dover gestire le difficoltà provocate dall'arrivo dei cavalieri europei, fra i
quali si distingueva in particolare Boemondo, suo antico avversario, animato da vecchi rancori.
L'Alessiade scritta da Anna Comnena, figlia primogenita di Alessio, è la principale fonte sulla sua
vita. Si tratta di un'opera sicuramente fondamentale per la conoscenza delle vicende dell'Impero
d'Oriente in quegli anni, dal 1068 al 1118, benché ritenuta sicuramente condizionata dallo spirito
dell'autrice, che tendeva ad esaltare e a porre sempre in luce positiva la figura paterna.
*
Altri figure di mistici e di santi, in buona parte dimenticati o conosciuti solo da pochi studiosi,
apparvero in questi luoghi negli anni prossimi ai nostri eventi.
16
I Peceneghi erano un popolo di stirpe turca semi-nomadi della steppa dell'Asia centrale. I Cumani erano una
popolazione turca nomade che abitava in un area a nord del Mar Nero, lungo il fiume Volga. I Bogomili erano una
setta eretica cristiana, sorta nel X secolo come derivazione dalla setta affine dei pauliciani che si erano trasferiti nella
Tracia e successivamente in Bulgaria.
Fra essi potremmo citare almeno:
− San Nilo da Rossano, vissuto fra il 910 e il 1004, appartenente ad un illustre famiglia di
Rossano, in Calabria, ebbe una vita complessa e ricca di spiritualità: fondò l'Abbazia di
Grottaferrata e finì i suoi giorni a Tusculum, località dei Castelli Romani distrutta nel
1191;
− Raniero da Ponza, nato e morto a Ponza, rispettivamente nel 1130 e nel 1207, dopo lunghe
missioni, come legato papale, in tutto il continente europeo;
− Gioachino da Fiore, nato a Celico, in Calabria, nel 1130 e morto a Pietrafitta, sempre in
Calabria, nel 1202;
− Sant'Aldemaro, detto il Saggio, nato a Capua nel 985, e morto in Abruzzo, a Bucchianico,
nel 1070, già venerato nel 1090, celebrato il 24 marzo.17
17
Si veda la Vita S Adelmarii Abbatis in Acta sanctorum ordinis S. Benedicti, pag. 623, e in di Luca d'Archery,
Ed. Sebastianum Coleti & Josephum Bettinelli, 1733, anche in Hagiologium Italicum in quo compendiosae notitiae
exhibentur – Ed. Coleti – 1773, Pagina 163
GLI EVENTI: I CONCILI DELLE CROCIATE
Concilio di Melfi
Il Terzo concilio di Melfi fu tenuto da Papa Urbano II dal 10 al 17 settembre 1089, nel castello sul
Monte Vulture, in presenza di Ruggero Borsa, Boemondo d'Altavilla, Goffredo di Conversano.18
Urbano affrontò ufficialmente problemi relativi a simonia e concubinato, ma iniziò a porre le basi
per la prima Crociata, cercando di creare un accordo fra i capi normanni in funzione di tale
prospettiva. È significativo l'incontro con Boemondo che invitò poi il Papa a Bari 19 per la
deposizione delle ossa di San Nicola.20
L’elemento grave, che aveva alterato gli equilibri in Terrasanta, era l’arrivo di una imponente orda
di popoli asiatici violenti e primitivi, sostanzialmente originari della zona del Turkestan. I primi,
fra questi invasori, erano i Selgiuchidi, un clan di Turchi proveniente dalle steppe dell’Aral. Si
trattava in particolare dei Turchi ghuzz, che avevano portato scompiglio nell'intero mondo arabo.
In quell'occasione il Papa, per l'insistenza di Boemondo, lo riconobbe come Signore di Bari,
("domino Boamundo eundem Papam nobiscum deprecante"21 ) e gli affidò un feudo che
comprendeva il principato di Taranto con Gallipoli, Montepeloso (Irsina) e Torre di Mare o Santa
Trinità (Metaponto)22. Nell'occasione, Matera fu aggregata al giustizierato di Terra d'Otranto e
Bari e fu incorporata nel Principato di Taranto.
Urbano II fu anche invitato dall'Abate Ursone a consacrare la Chiesa di Banzi.23
Le reliquie di San Nicola
Nel 1087 erano giunte a Bari le reliquie di San Nicola, trafugate per opera di marinai baresi da
Myra, in Licia, località prossima all'attuale Demre, in Turchia del sud, sulla costa del
Mediterraneo.
San Nicola, vissuto attorno all'anno 300, era oggetto di particolare venerazione, in area bizantina,
poiché la sua biografia era ricca di episodi di grande umanità, specialmente nei confronti dei
giovani e dei bambini: non a caso la sua figura diede vita a Santa Klaus.
18
Mansi JD - Sacrorum Conciliorum Nova Amplissima Collectio Vol 020
19
Come afferma Giovanno Arcidiacono (Johannis Barensis) citato in Serie critica de'sacri pastori Baresi di
Michele Garruba, Bari 1844 Ed. Fratelli Cannone, pag. 146: Hujus autem post obitum (scil. Ursonis) successit Elias
Archiepiscopus, qui prius Abbas fuerat, corpusque Sancti Nicolai sua in procuratane absque ordinatione tenebat. Hoc
autem electo in Archiepiscopum voluntate, atque consensum Ducis Rogerii Filii Ducis dicti Roberti, Melfia Papam
Urbanum adivimus, qui ibidem Synodum celebrabat mense Scptembri, quem rogavimus, ut usque Ramni descenderet
praedictumque consecraret Eliam in Archiepiscopatus honorem, Domino Boamundo eundem Papam nobiscum
deprecante , qui eo tempore Barum jam suo tenebat sub dominio ipso vero consecrato ab eodem Papa in Ecclesia
nostri Archiepiscopatus, saepe cum eo loquebamur de praedictis temporibus ...
20
RIVEDERE: Quando Myra cadde in mano musulmana, Bari (al tempo dominio bizantino) e Venezia, che
erano dirette rivali nei traffici marittimi con l'Oriente, entrarono in competizione per il trafugamento in Occidente
delle reliquie del santo. Una spedizione barese di 62 marinai, tra i quali i sacerdoti Lupo e Grimoldo, partita con tre
navi di proprietà degli armatori Dottula, raggiunse Myra e si impadronì delle spoglie di Nicola che giunsero a Bari il
9 maggio 1087.
21
Rerum Italicarum scriptores L.A. Muratori - Milano 1724 -Tomo V, pag. 46, anche Serie critica de'sacri
pastori Baresi di Michele Garruba pag. 146 - Bari 1884 Ed. Cannone
22
Si veda Il Concilio di Bari del 1098 di Salvatore Palese
23
Cavalieri senza re. Avventure in terra di Apulia. L'arabo, il bizantino, il ...di Pasquale Libutti
La sottrazione delle reliquie da Myra da parte dei baresi creò invidia e competizione. Anche i
Veneziani, attratti dalla fama del Santo, si impadronirono di una parte delle reliquie, dimenticate
durante l'incursione barese, e le trasferirono nell'abbazia di San Nicolò del Lido, a Venezia,
proclamando Nicolò protettore della flotta della Serenissima.
Secondo vari cronisti, l'arrivo dei resti del santo a Bari fu occasione di un'accesa contesa fra
l'arcivescovo Ursone, uomo di fiducia di Roberto il Guiscardo, e la popolazione, alla quale
l'arcivescovo e le sue iniziative non erani gradite. Informato dell'arrivo della spedizione dei
marinai mentre si trovava in altra località, Ursone tornò rapidamente a Bari e tentò di far portare le
reliquie nella Cattedrale, dedicata alla Vergine Odigitria.
I baresi si opposero alla collocazione delle reliquie nella sede decisa dall'arcivescovo, poiché
progettavano una diversa sistemazione, in un santuario appositamente costruito. Corse del sangue
e la questione si incanalò su un cammino meno drammatico solo per l'intervento dell'abate Elia, un
monaco benedettino che godeva della fiducia popolare.24
L'episodio non è irrilevante, perché sotto la questione delle reliquie si nascondeva un complesso
conflitto fra Normanni, Chiesa di Roma, nostalgie bizantine e una potente presenza ebraica in
città, senza dimenticare la cultura longobarda, insediatasi localmente molti secoli prima, tuttora
viva e desiderosa di far sentire la propria voce.
Il problema ebbe una soluzione di compromesso: i resti di san Nicola furono deposti nel
Monastero di san Benedetto e, successivamente nella chiesa di sant'Eustazio.25
Qualche tempo dopo, nel 1089, Urbano venne a Bari e le reliquie travarono la loro sede definitiva
sotto l'altare centrale della cripta della chiesa di San Nicola, che nel frattempo era stata in parte
edificata, mentre Elia veniva consacrato dal pontefice arcivescovo di Bari..
Il Concilio di Bari, auspicato da Boemondo, sarebbe avvenuto qualche anno più tardi, a Crociata
ormai iniziata, senza il Principe, impegnato nelle azioni militari in Terrasanta, ma sempre con
grandi e significative presenze, come Urbano II e come Anselmo d'Aosta, già arcivescovo di
Canterbury, a riprova dell'importanza che questa zona d'Italia rivestiva nelle politiche papali e
normanne.26
Concilio di Benevento
Nel 1091 Urbano II indisse a Benevento un Concilio, dedicato alla condanna dell'Antipapa
Guiberto. Racconta, un cronista dell'epoca27:
24
La Serie critica de'sacri pastori Baresi di Michele Garruba Bari, 1844, Ed. Tipografia Fratelli Cannone, (pag.
126 e segg.) non concorda con questa narrazione, negando una ipotetica apostasia di Ugone, avvenuta durante un suo
pellegrinaggio in Terrasanta, che altre fonti riportano. L'Arcidiacono Giovanni, in particolare, affronta la questione,
riferendo su vari documenti di donazione predisposti da Roberto il Guiscardo e dal figlio Ruggero, che smonterebbero
la tesi del conflitto fra Ursone e i baresi. Cfr. Serie critica, note a pag. 131 e seg. Giovanni Arcidiacono scrisse
l'Historia Translationis S. Nicolai ex Myra urbe ad Apuliue Oppidum Barium.
25
Giulio Petroni, Storia di Bari, dagli antichi tempi fino all'anno 1856, Napoli, 1857, Ed. Stamperia e Cartiere
del Fibreno, pag. 208 e seg.
26 Il Concilio di Bari del 1098 di Salvatore Palese, pag. 96 e passim
27
Si tratta di Betholdo di Costanza, citato nella Sacrorum Concilorum Collectio del Mansi, n. 20, già vista, alla
pagina 737. Anche Italia sacra sive de Episcopis Italiae, et insularum adjacentium, rebusque … di Ferdinando
Ughelli,Coleti, pag 544
Il papa Urbano riunì un sinodo generale a Benevento, confermando, con il consenso sinodale, la condanna e l'anatema sopra l'eresiarca Guiberto e su tutti i suoi complici … in presenza di vescovi e abati di cui sarebbe arduo tentare il conteggio. Urbano ne approfittò per dirimere una questione con il vescovo di Monopoli, intimando
l'osservanza della sua sentenza anche nei confronti delle signorie locali. È chiaro comunque che il
pontefice riteneva le sedi di quella zona adeguate alla promulgazione di importanti pronunce della
Chiesa ed evidentemente, pur riaffermando il prestigio e la priorità papale, non apparivano
contrasti reali con l'ambiente normanno.
Il 5 settembre 1092 Urbano II consacrò la basilica della Santissima Trinità di Cava28. La Chiesa, i
principi e i signori feudali favorirono in quegli anni lo sviluppo della Congregazione Cavense,
considerata rilevante in quella riforma della Chiesa che si stava realizzando.
L'ambiente che circondava i signori normanni, al quale apparteneva la famiglia di Hugo, non
poteva sottrarsi alla suggestione o comunque rifiutare di allinearsi alla politica dei signori di
Altavilla e all'autorevole consenso papale che si andava configurando.

Ciò che occorre evidenziare ancora è il panorama del tutto particolare che si era determinato in
quegli anni e in quei secoli, nell'area attualmente identificabile con la Campania, la Basilicata, la
Puglia e la Calabria settentrionale.
I pontefici della Chiesa romana di quei tempi consideravano quei territori come luogo d'elezione
per proclamare dogmi, per affermare il potere papale, per dibattere e progettare eventi epocali
come le Crociate. Criteri ecclesiali di grande rilevanza, come il celibato del clero, venivano
proposti e riaffermati nei Concilii qui organizzati. Nella sfera religiosa si incrociavano i nomi di
santi e di pensatori di altissimo profilo, da san Nilo a sant'Anselmo d'Aosta, a san Nicola. Città
oggi ritenute secondarie, nella cultura corrente, erano sedi arcivescovili, luogo di costruzione di
cattedrali, di insediamenti religiosi, di monasteri di prestigio. Avevano residenza e da qui
partivano, per le conquiste in Sicilia, in Palestina, in Anatolia, figure di Principi, signori e
condottieri che rivestivano il ruolo di protagonisti nella storia dell'epoca e in quella futura. Il ruolo
di queste terre si sarebbe poi riconfermanto anche nei tempi successivi, come dimostra, ad
esempio, l'intensa frequentazione degli Imperatori del Sacro Romano Impero, soprattutto di
Federico II.
È più che ragionevole pensare che in questo humus abbiano potuto trovare la culla anche le
iniziative di Gerardo de Saxo o di Ugo de Paganis, come tendono a far credere le innumerevoli
tracce che si possono raccogliere e che costituiscono uno scenario coerente.
È invece sorprendente il fatto che di questi eventi e di queste realtà ben poco sia rimasto nella
coscienza profonda del passato italiano e che perfino gli attuali abitanti di questi paesi non vantino
e non valorizzino un passato di tale portata storica.
Concilio di Piacenza
Il Concilio di Piacenza ebbe luogo dal primo al 5 marzo, 1095, a Piacenza. Al concilio erano
28
Si veda Storia critico-cronologica diplomatica del patriarcia S. Brunone - Benedetto Tromby – Tomo II,
Napoli, 1775, Ed. Vincenzo Orsino, Pagina ccxxxii, e anche Ouvrages posthumes, Volume 3, di Jean Mabillon, Parigi,
1724, pag. 65.
presenti, come sostengono le cronache, oltre duecento vescovi, più di 5.000 ecclesiastici e 30.000
laici. Fu tale l’interesse suscitato dall’evento e fu tale la folla dei partecipanti che le sessioni
dovettero essere tenute all’aperto, cosa non certo confortevole in quei giorni dal clima rigido.
Parteciparono, a titolo proprio o ufficiale, esponenti di ogni parte d’Europa, da Berta di Savoia,
moglie dell’imperatore Enrico IV, agli ambasciatori di Francia, dagli esponenti del clero italiano ai
vescovi tedeschi, per sottoporre al papa Urbano problemi di ogni genere. È da ritenere che anche
la presenza di esponenti del meridione italiano non fosse trascurabile, in considerazione del già
accennato coinvolgimento dell'ambiente normanno e, soprattutto, per la presenza di importanti
esponenti del clero di quelle regioni.
Il concilio trattò innanzitutto problemi importanti per la Chiesa: la presenza di Cristo
nell’Eucarestia, la condanna dell’eresia di Berengario, la condanna dell’eresia Nicolaita, la
sconfessione dell’Antipapa Clemente, la proibizione di pagare i preti per battesimi, cresime e
funerali. Almeno quindici canoni furono pubblicati per dare corpo alle tesi in queste materie.
Ma l’attesa maggiore era riservata agli ambasciatori dell’imperatore bizantino Alessio I Comneno.
Erano Basilio, metropolita di Trani, e Romano, arcivescovo di Rossano, che descrissero con toni
tragici e drammatici la situazione della Terrasanta, di Gerusalemme in particolare, e il pericolo che
incombeva sull’Impero d’Oriente.
Il quadro offerto dagli ambasciatori conteneva alcuni elementi nuovi, sconosciuti o sottovalutati
dagli europei.
In sostanza l’elemento fondamentale, da loro evidenziato, era l’arrivo di quelle orde asiatiche di
cui si è già detto, con le relative conseguenze.
La situazione era confusa, perché la nebulosa asiatica era contraddistinta da gruppi
particolarmente turbolenti e aggressivi, come i turcomanni o i curdi, che rendevano comunque
difficile, per i capi turchi stessi, mantenere un controllo dei territori da loro conquistati. I nomadi
turcomanni, in particolare, avanzavano non solo come conquistatori, ma come popolo in
migrazione, accompagnati dalle loro famiglie, dai cavalli, con relative tende ed armi.
Gli ambasciatori evitarono accuratamente di far trapelare il fatto che gli stessi imperatori bizantini
avevano usato i turchi come truppe mercenarie, introducendoli così nelle loro città e nella loro
società e creando in questo modo una testa di ponte dell’invasione turca all’interno dell’Impero.
La presenza di ambasciatori bizantini era consentita da una recente evoluzione positiva dei
rapporti fra Roma e Bisanzio. Alessio infatti, qualche tempo prima, era stato scomunicato da
Gregorio VII e solo una serie di fruttuosi tentativi di riconciliazione avevano fatto sì che Urbano
II, divenuto papa nel 1088, togliesse definitivamente la scomunica all'imperatore. Le relazioni
erano al momento amichevoli.
Gli ambasciatori probabilmente esagerarono la gravità della situazione. Certamente l’Impero
bizantino aveva perso molti dei suoi territori in Asia Minore per opera dei Turchi Selgiuchidi, in
seguito alla Battaglia di Manzicerta nel 1071. Alessio forse sperava che le forze occidentali
potessero aiutarlo a recuperarli, approfittando di una fase di contrasti tribali dei Selgiuchidi.
Alessio sicuramente insistette sul fatto che Gerusalemme era in mano ai mussulmani e i pellegrini
subivano rapine spesso cruente. Il quadro delle attese di Alessio non appare tuttavia del tutto
chiaro e certamente le sue richieste furono prese in considerazione più di quanto egli stesso
immaginasse.
Forse prese forma, nel papato e nei nobili presenti, l'idea che il momento di probabile debolezza
dell'Impero bizantino offrisse l'opportunità di profittevoli conquiste.
Urbano intervenne, disse di essere assai preoccupato per ciò che aveva udito e fece intendere che
molto presto la Santa Sede avrebbe manifestato un pronunciamento ufficiale nei confronti dei
problemi dell’Oriente cristiano.
Concilio di Clermont
Il 27 novembre 1095 ebbe luogo il Concilio di Clermont. Non è probabile che fossero presenti i
normanni italiani o i loro accoliti, fondamentali nella vicenda della Prima Crociata, ma fu
certamente il momento di maggior peso nella promozione dell'avventura in Oriente.
Si dice che furono presenti tredici arcivescovi e duecentocinque vescovi, oltre a una novantina di
abati. A parte la discutibilità dei numeri, fu un concorso ingente e, da quanto risulta, furono
numerosi soprattutto i francesi, oltre ad alcuni italiani e spagnoli, ma non erano presenti tedeschi,
lorenesi e ungheresi. La storia, da questo momento, considerò l'avventura crociata un affare franco
e tutto divenne, nella mente comune, una questione governata dai francesi. Coloro che, da li a
poco, sarebbero affluiti sul territorio di oriente sarebbe stati considerati sostanzialmente “franchi”,
a scapito dell'immagine di uomini come Boemondo, ma non solo.
Anche nella penisola italiana Bologna, Genova, Pisa, i Lombardi e molti altri promisero di
partecipare subito o dopo il breve tempo necessario ai preparativi. Genova e Milano in particolare
avrebbero dato un contributo molto particolare alla Crociata, seppure con esiti tragicamente
opposti.
In ogni caso, coloro che diedero il concorso più qualificato alla Prima Crociata, in termini militari
e organizzativi, furono i Normanni d'Italia.
Il Concilio di Clermont fu occasione, per Urbano II, di riaffermare ciò che era stato enunciato da
Gregorio VII nel Dictatus Papae: i re erano legittimi solo se giuravano fedeltà al Papa, principio
temperato e mitigato, però, nei confronti dei prediletti Normanni.
Del famoso discorso che Urbano tenne a Clermont non è rimasta una copia certificata. Molti
hanno riferito approssimativamente le sue parole e la storia ci ha tramandato versioni differenti.
… Quando andrete all'assalto dei bellicosi nemici, sia questo l'unanime grido di tutti i soldati di Dio: "Dio lo vuole! Dio lo vuole!" ... Chiunque vorrà compiere questo santo pellegrinaggio e ne avrà fatto promessa a Dio e a lui si sarà consacrato come vittima vivente santa e accettevole porti sul suo petto il segno della croce del Signore; chi poi, pago dei suo voto, vorrà ritornarsene, lo ponga alle sue terga; sarà così adempiuto il precetto che il Signore dà nel Vangelo: "Chi non porta la sua croce e non viene dietro di me non è degno di me".29 O qualcosa di simile, qualcosa che ebbe sicuro effetto.
29
Tratto da www.totustuustools.net/denzinger/u2popolo.htm ma presente in numerose altre fonti.