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COMUNICAZIONE
Sangue freddo e rapidità
Crisis Management. Due parole che mettono paura nei cuori dei manager di tutto il mondo,
quando gli eventi vanno fuori controllo e iniziano a divorare reputazioni, persone e aziende.
di Allan Hall
Articolo tratto da The Work Style magazine #7
Scandali
Il mondo del business è sporcato da terribili disastri, parecchi dei
quali molto recenti. Solo un anno fa il conglomerato globale BP è
diventato l’emblema per come non rispondere a una catastrofe
naturale quando uno dei suoi pozzi è esploso nel Golfo del Messico
e ha iniziato a “sputare” petrolio nell’acqua turchese a una velocità
fenomenale. La macchinosa risposta di BP, che fu colta
nell’impreparazione sia dal disastro che dai riflettori puntati
addosso dei media, sarebbe costata al CEO Tony Hayward la sua
posizione. In realtà gli è quasi costata molto più di questo; al
culmine del disastro Hayward e la sua famiglia dovettero avvalersi
della protezione della polizia 24 ore su 24 a seguito di minacce di
morte.
Un altro scandalo più recente è quello in cui si è trovato il braccio
britannico del gigante media mondiale News Corporation. Mentre il
gioco finale deve ancora essere effettuato, con sentenze, contro
molti dei dirigenti e alcuni ufficiali della polizia che hanno accettato
bustarelle da parte di un giornale, ancora in sospeso, la gestione
della crisi è stata niente meno che atroce.
Anche gli esperti possono sbagliare
Qualcuno potrebbe pensare che una media company, dotata di
grandi abilità comunicative, sarebbe stata più in grado di
controllare l’informazione e di dipingere la situazione nel migliore
dei modi. Ma da quando le accuse sono state espresse contro il
giornale News of the World riguardo i giornalisti che erano riusciti
a inserirsi illegalmente nei cellulari di personaggi famosi, dei
genitori di persone assassinate e dei parenti di soldati caduti in
guerra in Afghanistan e Iraq, l’organizzazione è entrata in modalità
di smentita.
Subito la compagnia dichiarò che solo un “giornalista disonesto”
era coinvolto. Poi però non fu in grado di spiegare la natura di
ingenti somme pari a centinaia di migliaia di dollari pagate a
personaggi famosi per tenere la bocca chiusa. Subito dopo,
quando gli inserzionisti iniziarono ad allontanarsi dal brand
“tossico”, il capo Rupert Murdoch nel luglio del 2011 prese la
drastica decisione di abbandonare, nonostante le entrate
ammontassero a quasi 300 milioni di dollari all’anno.
Come si può mettere una toppa sugli errori?
Quindi se possiamo accettare la premessa che i manager
sbagliano, la domanda che dobbiamo porci è: come possiamo
Cat Troubles. Photo by Teun Hocks,
Courtesy of Torch Gallery
minimizzare gli errori e iniziare a ripristinare la fiducia pubblica in
una compagnia e nei suoi prodotti?
Mike Leidig, il britannico proprietario della Central European News
Media agency di Vienna, è un uomo esperto nel cercare di ripulire
l’immagine dei clienti, che variano da banche a siti web a
associazioni benefiche. “Ricordo qualche anno fa,” dice “quando
una ben conosciuta banca austriaca stava avendo enormi difficoltà
di immagine a seguito di uno scandalo che coinvolgeva board
bonus in un momento in cui stava anche ritirando prestiti alle
organizzazioni benefiche e mettendo sotto torchio le piccole
aziende che non riuscivano a ricevere credito.” Avevo eseguito
alcune sessioni di formazione per le pubbliche relazioni per quella
banca e sono tornati da me e i miei specialisti per cercare di
capovolgere l’opinione pubblica. Volevano lavorare su cose
campate in aria a proposito delle associazioni benefiche che
sostenevano, e su come i loro manager avessero lavorato
duramente, inoltre volevano attaccare i media accusandoli di
riportare notizie ingiustamente. “Dissi fate pure: dite a
un’organizzazione stampa quanto sono cattivi e incompetenti...e
poi restate a guardare mentre la stampa si attrezzerà veramente
per ingiuriare la vostra organizzazione e le persone che la
gestiscono. Il mio consiglio è stato lo stesso che dò a tutti i clienti;
siate pro-attivi. Passate all’offensiva. In questa caso significava
effettuare una revisione di certi bonus promessi, una riduzione di
quelli più importanti con pagamenti fatti alle organizzazioni di
beneficenza della differenza e la promessa che in futuro, tutti i
bonus venissero collegati esclusivamente alla produttività. In una
settimana i titoli giornalistici negativi si erano prosciugati. In due
mesi una quotazione che era crollata del 7% all’inizio della crisi
era tornata ai suoi livelli di sempre. E la banca, a oggi, prospera.
“Non si tratta di un compito che richiede spiccata intelligenza o competenza tecnica. Ma molte tecniche di
gestione aziendale nel mondo insegnano ad essere aggressivi, avere un atteggiamento da bullo, feroce,
così tanto che i colletti bianchi responsabili dell’immagine delle aziende spesso dimenticano che lo zucchero
è molto più gustoso dell’aceto!”
Quando un semplice errore diventa una crisi?
Jonathan Bernstein di Bernstein Crisis Management Inc negli Stati Uniti definisce una crisi come “qualsiasi
situazione che minaccia o potrebbe minacciare di danneggiare persone o proprietà, interrompere
seriamente l’operato di un’azienda, danneggiare la reputazione e/o impattare negativamente sulle
quotazioni in borsa.” L’autore di molteplici libri sul crisis management ha detto, “Tutte le organizzazioni
sono vulnerabili alle crisi. Non è possibile essere al servizio di qualsiasi popolo senza essere soggetto ad
azioni legali, accuse di irregolarità, cambi improvvisi di proprietà o management, e altre situazioni volatili
su cui i portatori d’interesse – e i media al loro servizio - puntano gli occhi.
“Il modo più economico per trasformare l’esperienza in profitti futuri è quello di imparare dagli errori altrui.
In un’era dove tutto viene messo davanti agli occhi di tutti 24 ore al giorno in TV e sul web, il
danneggiamento della reputazione può accadere quasi istantaneamente. Anni dopo l’avvenimento di un
fiasco, questo può rimanere impresso nella memoria del pubblico grazie a un uso povero delle relazioni
pubbliche per la crisi, mentre uno sforzo efficace potrebbe far sì che lo scandalo venga ben presto
accantonato nel dimenticatoio. Quando il tempo è limitato e ogni mossa effettuata da una compagnia o un
individuo è messa sotto scrutinio, gli specialisti di pubbliche relazioni in momenti di crisi si trovano a dover
mettere in salvo e ripristinare la fiducia in una marca o un nome.”
Cosa funziona davvero quando un CEO viene colpito da una crisi?
Kathy Cripps, presidente del Council of Public Relations Firms della città di New York, ha detto, “Gli
amministratori delegati si sono resi conto dell’importanza della protezione della reputazione durante le crisi.
Credo che una volta capito questo, le organizzazioni possano attivarsi molto più in fretta quando emergono
problemi o potenziali tali.” Allora cosa funziona nel trasformare ciò che è sbagliato in giusto?
I problemi non si risolvono da soli
David Brown è un esperto di crisis management della Lewis PR, una compagnia londinese con uffici in tutto
il mondo tra cui San Francisco e Singapore. Vincitrice del premio Small Agency of the Year 2009 e finalista
nel premio SC Magazine Europe PR Company of the Year nello stesso anno, David Brown ha dichiarato che
il giorno del “mettere la testa sotto la sabbia per nascondersi sperando che i guai se ne vadano da soli non
funzionerà più.” Aggiunge anche che le compagnie nei guai potrebbero fare molto peggio che di emulare le
azioni di Sir Richard Branson, il capo high–profile dell’impero Virgin. Nel 2007 una donna anziana rimase
uccisa e altri 5 passeggeri feriti gravemente in un deragliamento di un treno Virgin in Cumbria, nel Regno
Unito. Molti vagoni furono lasciati a bordo rotaia sdraiati su un fianco, dopo che un servizio ferroviario
Virgin da Londra a Glasgow si schiantò a Grayrigg, vicino a Kendal. In pochi minuti il treno, il logo Virgin e
la scena della carneficina stava facendo il giro del mondo su tutti i telegiornali, mentre i feriti camminavano
barcollando tra le lamiere. “Branson stava potenzialmente assistendo a un incubo in termini di relazioni
pubbliche” ha dichiarato David Brown, un ex giornalista di cronaca nazionale in Gran Bretagna. Ma ciò che
Branson fece subito dopo il disastro ha sdrammatizzato molto la potenziale catastrofe.
“Molti dirigenti si sarebbero nascosti nelle loro sale di consiglio.” Avrebbero mandato un reggimento di PR
super pagati, cosa che lui si sarebbe comunque potuto permettere di fare. Ma Richard Branson, che è molto
più identificato con il suo brand di forse ogni altro dirigente di qualsiasi altra compagnia globale, ha preso
una direzione diversa.
Ha indossato una giacca a vento e un paio di stivali ed è andato sulla scena del disastro. Ha acclamato il
coraggio del conduttore del treno e trasmesso la sua tristezza per l’accaduto alla famiglia della vittima,
Margaret “Peggy” Masson, un 84enne di Glasgow in Scozia. Ha offerto sostegno alla famiglia della signora
Masson e si è assicurato che assistenza e gli impiegati di Virgin fossero al suo funerale. La sua
preoccupazione ha suscitato elogi da parte dell’ecclesiastico che ha celebrato la messa funebre. Nei giorni
seguenti all’incidente non ha respinto alcuna intervista da parte dei media, e non ha scansato domande
scomode. Tutto questo fatto proprio mentre il Ministero della Difesa britannico era sotto fuoco per il suo
modo di gestione delle pubbliche relazioni a seguito dei disastri aerei in Iraq e Afghanistan, Branson ha
guadagnato elogi esemplari.
David Brown ha detto. “In contrasto con la quasi isterica e paranoica segretezza della nostra catena di
comando quando un aereo militare rimane coinvolto in un incidente, Sir Richard Branson era sulla scena, e
il modo in cui ha risposto bene alle domande della stampa non è niente di meno che esemplare. I principali
coinvolti sono stati nominati a meno di 12 ore dal fatto, e il mood generale dell’accaduto sui telegiornali è
stato solidale, comprensivo e informativo. Questa è la lezione che le compagnie devono imparare; devono
essere umane, non rimanere senza faccia, devono essere umili, non arroganti, devono essere audaci, non
impaurite. Siamo tutti umani, anche i grandi magnati, ed è una lezione che Rupert Murdoch potrebbe aver
imparato troppo poco e troppo tardi, per salvare il suo impero mondiale.”
Non avere paura: reagisci!
Qui di seguito alcuni esempi dove le pubbliche relazioni sono andate oltre ed effettuato dei veri
e propri miracoli di brand protection.
1. Nel 1982 nasce il crisis management con il caso di alterazione di prodotti Tylenol in cui 7 persone
hanno perso la vita negli Stati Uniti dopo aver ingerito delle capsule avvelenate. L’agenzia di relazioni
pubbliche Burson – Marsteller fu incaricata dal gigante farmaceutico Johnson & Johnson di ripristinare
la sua reputazione. Burson – Marsteller consigliò il richiamo delle medicine e fermo della messa in onda
degli spot pubblicitari. A seguito un’immediata campagna stampa di Johnson & Johnson informava il
pubblico delle capsule avvelenate, avvertendoli di non usare alcun prodotto Tylenol. I dirigenti della
compagnia furono istruiti di non offuscare o negare la portata del problema, ma al contrario di
cooperare con i media nel rendere pubblica la storia per far sì che tutti potessero essere informati circa
l’avvelenamento. Fu avviato un immediato richiamo di tutti i prodotti di capsule Tylenol già situati sugli
scaffali dei negozi (che è costato circa 100 milioni di dollari a Johnson & Johnson) Immediatamente
dopo fu offerta la sostituzione di tutti i prodotti di capsule Tylenol con delle compresse Tylenol, azione
seguita dall’emissione di una serie di comunicati da parte del senior management di Tylenol in cui
veniva espresso il loro choc e dolore per i decessi e da un annuncio per presentare nuovi prodotti di
Tylenol in confezioni antimanomissione, accoppiati a una serie di programmi promozionali che offrivano
i nuovi prodotti a prezzi ridotti tramite sconti e coupon. Il risultato di questa campagna ha salvato il
prodotto dalla tomba. Durante la crisi Tylenol vide le sue azioni crollare da 37% a 0%. Qualche mese
dopo gli avvelenamenti, Tylenol risalì al 24% e oggi continua a regnare come brand leader di questo
famoso antidolorifico.
Morale: siate pro-attivi.
2. Nel 1995, Hugh Grant, star del film Quattro matrimoni e un funerale e a oggi una delle star più pagate
di Hollywood, fu sorpreso a fruire dei servizi di una prostituta di strada a Los Angeles. La sua faccia in
una foto segnaletica fece il giro del mondo e l’attore rischiò di venire gettato nella pattumiera della
celluloide per sempre. Ma Grant lottò. Invece di nascondersi, accettò di partecipare a una serie di
programmi televisivi. Raccontò della sua vergogna apertamente. Si dipinse come un uomo che stava
attraversando un momento di debolezza, invece di nascondersi. Vero, dovette sopportare piccole
spintarelle e ammiccamenti, i paparazzi stazionati fuori dalla porta di casa sua per settimane, ma la
strategia di apertura funzionò. Come Bernstein dice nella sua guida su come peggiorare una già difficile
situazione di crisi “Fai della stampa il tuo nemico e sei finito.” E come disse il sito internet Business
Insider, “Grant non respinse le interviste, o non cancellò apparizioni in maniera ribelle...Invece, si
scusò in programmi TV come Live with Regis and Kathie Lee, The Tonight Show with Jay Leno e il Larry
King Live su CNN. Il nocciolo della questione? Hugh Grant ha semplicemente detto “Mi dispiace
immensamente.” Il risultato? Il pubblico lo ha perdonato. Così Grant è riuscito a portare avanti la sua
promettente carriera e poche persone oggi raccontano lo spiacevole incidente.
Morale: siate coraggiosi.
3. British Airways si trovava in una delle situazioni più taglienti della sua storia, quando venne sommersa
da pungenti critiche nel momento in cui fece gran vanto del nuovo e altamente tecnologico Terminal 5,
come il futuro degli spostamenti aerei senza scocciature e dolori. Quando il terminal aprì nel marzo del
2008 la situazione fu caotica. Invece di trovarsi a vivere un’esperienza altamente tecnologica e priva di
scocciature i passeggeri si trovarono a fronteggiare sovraffollamento aeroportuale, ritardi e
cancellazioni di voli, uno staff impreparato e il totale caos con i bagagli. British Airways che ha l’uso
esclusivo del terminal e che fu forzata, il giorno dopo l’apertura, ad avvertire i passeggeri che uno su
cinque voli in partenza dal Terminal 5 di Heathrow sarebbe potenzialmente stato cancellato, si trovò a
lottare per rettificare questo incubo operativo. Si trattò di una vergogna per British Airways, l’autorità
aeroportuale BAA e il governo, che acclamarono l’edificio progettato da Lord Roger come un edificio
d’avanguardia. L’amministratore delegato di BA, Willie Walsh decise di non incolpare nessuno se non se
stesso. “Mi scuso con tutti e per tutti.” L’approccio franco funzionò. Dopo qualche settimana i difetti
furono stirati, i turisti furono in grado di muoversi rapidamente , le quotazioni di British Airways si
stabilizzarono e virtualmente tutti dimenticarono i problemi riscontrati inizialmente.
Morale: siate umili.
*Allan Hall fa il giornalista da 31 anni e oggi lavora come giornalista freelance a Berlino. In passato è stato
il corrispondente estero da New York per il Sun e il Daily Mirror e ha anche co-fondato la Big Apple News
Media Agency. Ha trattato le notizie provenienti dall’Europa di lingua tedesca per quotidiani come il Times,
il Scotsman, l’Independent, il Mail on Sunday, il Daily Mail in Gran Bretagna e l’Age in Australia.
3-11-2011
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