Il blog magazine del network Blogo.it

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Il blog magazine del network Blogo.it
Numero 2/07
LA NUOVA PIRATERIA INFORMATICA
INTERNET ALLA CONQUISTA DEL MONDO REALE
MONDI. I POST-MORTEM HUMAN OBJECTS
VIAGGI. DALLA POLENTA AL BRASILE
Photo by David Dennis
PIRATI A VOLONTÀ
Il blog magazine del network Blogo.it
SOMMARIO
PERMALINK 5
BANDIERE:
Dario, Sebastiano
A BABORDO:
Eugenio, Giovanni
ARMATORE:
Francesco
UNA ROTTA C’È ?
graziano nani, martin
millar, laconica, gattonero,
fosco_mariabruna, luca
volpi, federico anastasi,
fabrizio c151
TESCHI E OSSA:
“Soprattutto chiara”,
emma, lucia, “irene”, cillo,
margiale, la d-night crew,
febio, il cuoco di bordo,
giaime, ciccina incoming,
gina l e gina v, i soliti
ringraziati tutti gli altri
numeri + giona and some
Gpi crew, le tartarughe
del Guaranà, pink Justine,
wulff e morgenthaler,
robert crumb, leandro
agrò, (amico :)
ONESTI MARINARETTI:
La fucking bitch, djabir,
windows vista, pastciccina, opera, oror se
non fa quello che deve,
modrone, S/L, quella zozza
di leyla che “non ho tempo
per te fino al 2030”.
WWW.BLOGO.IT
WWW.PERMALINK.IT
Marzo
2007
3 Giappone
La neolingua non ha solo radice anglofona. L’Italia si sta sushificando
Jim Behrle
4 Retrosfera:
Dissotterriamo dalle suburre del web il più grande poeta d’America e blogger
piracy
5 New
La pirateria informatica non è il male. E’ persino utile al mercato stesso
- Stufato di manzo al brandy
8 Barbados
Intermezzo culinal-letterario per scoprire la cucina raffinata dei pirati di una volta
voce degli oggetti
9 La
Internet sta uscendo dallo spazio virtuale e comincia a colonizzare il mondo delle cose
Upon sul banco di prova
13 Stumble
Una nuova toolbar sta cambiando il modo di navigare il web. E’ rinato lo zapping
con un body
15 Intervista
Non si muore più come una volta. Si diventa Post-Mortem Human Objects
regno del Guaranà
18 Nel
Storia di un brianzolo amazzonico in fuga dalla polenta
tu per tu con Umberto Guidoni
22 A
Può un astronauta italiano e comunista viaggiare con la Nasa?
Magazine
24 Vectorika
Il pdf mag del mese, un mondo disegnato vettoriale
Fiction
26 Flash
Narrativa per i tempi che corrono. Scrivere veloce per vivere furiosamente
del mese
29 Racconto
“Acqua Persa”, una storia di Salavatore Nicosia
dal marciapiede
32 Racconti
Alessandro Zuek Simonetti, fotografo nei meandri di NYC
Way Back Machine
34 Sci-Fi
Per recuperare il futuro, serve il cinema del passato: “Il Pianeta Selvaggio”
35 Flickerismi
A caccia di bici nella rete dei fotografi milanesi
37 Oroscopo
L’appuntamento fisso per guardare le stelle e conoscere il futuro
Permalink n. 2 Marzo 2007
Sushify (sushificare)
Neologismo particolarmente
versatile, simbolo cocente
dell’orientalizzazione di parte
dell’occidente, specie tramite coltelli
molto affilati.
Si è diffuso nel Nordamerica
principalmente nel suo significato
letterale di “cuocere pochissimo”,
“lasciare semicrudo”, “far grondare
sangue”.
“Daddy, would you please sushify
my steak?” - è una richiesta che
sentiamo sempre più spesso ai
barbecue bene dei ranch texani meno
in vista.
WAR OF WORDS
GIAPPONE
Il neologismo del mese. Perché l’Italiano morirà
Se il suo uso, nella forma,
italianizzata, di “sushificare” o
“suscizzare” dovessere piede anche
da noi - e dunque non solo presso
la comunità italo-americana (che
fa mostra di preferire di gran lunga
la terza accezione del significato)
- come ci auguriamo tutti, presto
potrebbe comodamente prendere il
posto di lunghe e complesse perifrasi
quali “ridurre a pezzetti” o “eseguire
il pelo e il contropelo”.
Ho già sentito una bambina di
massimo otto anni utilizzare il
termine con precocità e proprietà
straordinarie: “A cosa, se non la
smetti subbito de giocà cor Nemo
mio va a finì che me lo suscizzi! Così
poi so’ io che te sushifico a te!”
di Natalia de Marco
on l’avrei mai
creduto, eppure è successo: il
termine giappone sta diventando improvvisamente out.
Sono stufa di tutto ciò che lo
riguarda, e non mi riferisco a
fiori di loto, a Hokusai, a Hiroshima, ai canzonieri Haiku,
a vecchi e miti cartoon.
Per tacere dei kamikaze.
Del Giappone non sopporto più la sua trasposizione
occidentale. Abbiamo appena
smesso di essere ossessionati
dai colori forti e dai sapori
sgargianti del nord Africa,
che già si vive per la dimensione minimal-zen della
terra del sole mezzo levato (o
mezzo tramontato?) Usciamo e mangiamo sushi? Lo
troviamo fenomenale. Facciamo file di ore ed ore per
pagare una cifra spropositata
per due pezzettini di pesce,
dimentichi di Nemo ma sod-
disfatti perché se il crudo da
Il Galeone fa cafone, il sushi
da Hamatoia fa tormentone.
Se prima avremmo usato nostra madre come ingrediente
segreto per un kebab, adesso
vogliamo il sashimi e, ubriachi di shakè, crediamo che
sia un bicchiere di barolo.
Sistemiamo fontane zen che
sprecano una marea di energia da mettere all’ingresso di
casa, e ci affidiamo al fengshui per decidere dove posizionare la scarpiera in camera
da letto. Il tavolino basso
in salotto lo troviamo più
affine alle nostro finto senso
estetico, ma non valutiamo
a fondo il mal di schiena che
ci creerà, aggravato dal fatto
che dormiamo da qualche
mese su un bel futon.
Sono sicura che le frotte di
giapponesi più agguerrite,
che arrivano in Italia pronte
a tutto pur di accaparrarsi
Permalink n. 2 Marzo 2007
una Gucci e un paio di Ferragamo, non considereranno
alla pari ancora per molto
questo nostro scambio.
Loro ordinano cappuccino
dopo cena, si ossigenano i
capelli e si fanno operare
agli occhi per sembrare più
europei. Noi continuiamo a
rastrellare il nostro mini giardino zen e a curare bonsai.
Eppure una differenza c’è:
se per loro assimilare ed
imitare nel modo più fedele
possibile la nostra cultura è
una vera e propria missione di vita, per noi europei
- ed italiani in particolare
- nipponizzarci è solo ed
esclusivamente una moda che
potrebbe essere dimenticata.
Natalia de Marco
Una di quelle persone
talmente moderne che
non fai in tempo a dirlo
ed è già contemporanea.
E’ una delle poche donne
a grandezza naturale
che possieda un minimei
personale che la segue
quasi ovunque. Da
questo mese, i conti
del giapponese le
sembreranno ancora più
salati.
Perché, in fondo, alzi la
mano chi, ai mitici filetti di
baccalà, di Campo de’ Fiori
(vedi 06blog) può preferire
un piatto di tempura? ■
LOST & FOUND
RetroSfera
Il più grande poeta d’America, Jim Behrle. Un bostoniano perso fra
spoken word, collage e fumetti. Riscoperto in un cono d’ombra del web
di Trasanda
uest’oggi
dissotterriamo
dalle orrende
suburre del
web un personaggio autoironico e nobile
d’animo. Non potrebbe essere
altrimenti, dato che parleremo
di un poeta, per giunta di un
poeta con il gusto compulsivo
di aprire blog sempre nuovi.
Di nome fa Jim, e lo presentiamo con un botta e risposta
dalla sua intervista a 9for9,
iniziativa sbocciata e sfiorita
nel 2004 con set di interviste
di 9 domande a 9 poeti.
A Philadelphia c’è una nuova
biblioteca dedicata alla poesia e
sei tu a dover scegliere la scultura per l’ingresso. Cosa fai?
Bè, la statua di Rocky. Mi è
spiaciuto sapere che non sta
nel punto esatto della scena del
film. Mi son sentito defraudato. Stai sicuro che se il film fosse stato ambientato a Boston,
una statua ci sarebbe di sicuro
in quel posto. Ma in biblioteca
potrebbe tenere in mano un libro. Lettura = Trionfo. Oppure
sceglierei una statua di Allen
Iverson che legge. Per dare
ispirazione ai bambini. Perché
Permalink n. 2 Marzo 2007
loro *sanno* che questa è la
strada giusta per crescere, no?
Chiusa la parentesi pseudoculturale, vi lasciamo con
le storie a fumetti di Jim:
in particolare con la serie
Rum, Sodomy & The
Lash pubblicata sul blog
Gay Pirates in Love.
Tra le sue altre produzioni,
potete leggere le serie a fumetti
Stone Cold Poetry Bitches,
Ron is Ron, Kill All Poets e
Drunk Poetry Bunnies ■
Trasanda
La metà delle volte che
sbrocca ha ragione. Ma è
l’unico ad andare in giro
con bottiglie di Zacapa per
schiarire le idee al mondo.
Nel futuro si immagina
grossista di Lego su eBay.
CRIMINI DIGITALI
NEW PIRACY
Imparare a convivere con le major e
piratare eticamente
di Giovanni de Stefano
a pirateria
informatica, se
praticata con
la giusta dose
di incoscienza, e dunque con disonestà
sincera, non solo aiuta a
comprendere il nuovo mercato
dell’audiovisivo, ma è perfino utile al mercato stesso.
Il miglior percussionista folkrock ucraino - nemmeno lui,
per quanto spontaneo e ispirato
za con cui un cubista prima
maniera doveva guardare agli
ultimi tentativi di realismo in
pittura. Quello che il realismo
voleva rappresentare così com’è,
il cubismo riteneva fosse illusorio (e viceversa, ovviamente).
sono - e forse non saranno più
- quello che lasciano di sé, una
volta per tutte, nelle performance; ma soprattutto quello
che desideriamo o temiamo che
siano: sentimenti che mutano di stagione in stagione.
Ciò che conta veramente
nell’economia della percezione
di un paesaggio, di una hit
bachata o di un intero horror
movie, è ciò che sappiamo o
ignoriamo di essi, non ciò che
Per rendersi conto di tutto
questo, la cosiddetta pirateria
informatica è fondamentale.
Ciò che conta più nell’economia
della percezione di un’opera d’arte
è ciò che sappiamo o ignoriamo di
essi, non ciò che vediamo
- corrisponde mai alla sua sola
interpretazione incisa e indimenticata. Non lo sarebbe stato
quando ancora non c’era MTV,
e Steve McQueen era vivo e
lottava insieme a noi; e non lo è
tanto più di questi tempi aridi,
in cui non ci sono più né i critici né le groupies di una volta, e
Lindsay Lohan è definita un’attrice di talento perfino nelle
interviste con Meryl Streep.
Un artista di oggi - tanto per
essere notato, quanto per
conservare il successo - deve
considerare ormai i suoi album
con la stessa aria di sufficien-
vediamo. Una volta compreso
questo, inizia la sfida di chi
produce arte a farci credere
di vedere sul serio quello che
in realtà ci è stato solo detto,
o abbiamo immaginato. E la
nostra, a cercare di smentire il
più possibile le loro aspettative.
La distribuzione clandestina
di materiale protetto da diritto
d’autore come musica o cinema
- altrimenti soggetto alle leggi
della domande e dell’offerta,
e dunque a un qualsivoglia,
concreto prezzo - ha il principale merito di mettere a
nudo l’estrema disparità fra il
lavoro di un artista che viene
svolto in quanto artistico, e
quello di centinaia di persone, luoghi, eventi (agenti
degli agenti, show con vista
Giovanni de Stefano
Un suo mood message
recitava: “Mi ha cagato
un gabbiano sulla tastiera
del Mac a Villa Borghese
(Roma, ndr)”. Il motivo
è presto detto: stava
usando una rete wireless
a fini illeciti e il gabbiano
era sul libro paga della
anticrimine weltroniana.
Baia dei Pirati
La home page di Pirate
Bay dedicata all’iniziativa
di indicizzare tutti i film
candidati agli Academy
Awards 2007.
Così, il pubblico, che pure
si ritiene fondamentale per
qualsiasi tipo di opera d’arte,
è più importante di quanto
creda, anche più importante
dell’opera in sé. Non solo le
attrici canadesi belle, ma anche
il nostro semplice percussionista folk-rock ucraino, non
Permalink n. 2 Marzo 2007
CRIMINI DIGITALI NEW PIRACY
sulla villa, beneficienze) che
gravitano attorno a lui, in
quanto elementi di quell’interminabile backstage che è la
vita di un artista nel 2007.
Fornendo a costo zero la sola
performance, il pirata illuminato la isola per gli istanti di
un ascolto o di una visione da
questi contesti degenerati; in
cuor suo criticamente certo che
tutto il resto, e cioè il grosso
della nostra attenzione: a uno
spot pubblicitario interpretato dalla nostra beniamina; a
uno schieramento politico che
è supportato da lei (a meno
che non siano i repubblicani),
a tutto quello che ci potrà
suggerire di dire, fare, baciare.
Come siamo perfettamente
coscienti di non sborsare un
Paypal per conoscere meglio
una band come gli Architecture
Per rendersi conto di come il
mercato degli audiovisivi stia
cambiando la pirateria informatica
è fondamentale
del business, continuerà ad
essere pagato fior di quattrini.
E quando non saranno veri
euro a comprare biglietti di
concerti o abbonamenti a Sky,
pagheremo comunque con la
moneta altrettanto sonante
in Helsinki - prima di un live
o di cominciare ad adorarli, e
dunque finanziarli con valute
ben più pregiate - siamo spesso,
invece, del tutto all’oscuro di
quanto invece tributiamo ai
loro colleghi più mainstream
Permalink n. 2 Marzo 2007
perché non smettano di parlare
bene di Sienna Miller sulla
versione italiana del canale
E! Entertainment, pagati e
doppiati assurdamente.
Piramide di paura
La piramide della pirateria
informatica secondo il sito
MPAA.org, con il giusto
tributo agli eroici fornitori
di copie CAM.
Quando paghiamo un cd, o
lo rubiamo materialmente
all’autogrill, non ci rendiamo
conto altrettanto efficacemente
di tutto questo. Sia, in minima
parte, per via del complesso
dello spettatore di teatro contemporaneo, quello dell’applauso obbligato, quando si
sono estratti anche 35 euro per
un musical di 35 anni fa con
Michelle Hunziker (discorso
evidentemente valido anche in
risposta al rischio corso all’autogrill). Ma soprattutto perché,
pagato quell’obolo quantificabile e ponderabile, a posto con
la coscienza di consumatori, pagheremo con tanta più facilità
tutti quegli altri che schiere di
manager ci hanno preparato in
sequenza, più o meno mixata
CRIMINI DIGITALI NEW PIRACY
con gli spot, e anzi saremmo
loro quasi grati di tutto ciò
che il loro circolo virtuosistico
ha in serbo per noi, gratis.
Inoltre, la pirateria, praticata
anche ai ritmi frenetici di questi mesi, che stanno mostrando
il trionfo di siti come Pirate
Bay (che indicizzano centinaia
di migliaia di bittorrent, il protocollo peer-to-peer rivolto al
file sharing che si sta rivelando
la speranza del suo genere), può
essere anche considerata fruttuosa per le case discografiche.
Innanzitutto, nessuno può fare
finta di ignorare che Pirate
Bay sia ormai, al tempo stesso,
tanto un indice di bittorrent
da scaricare e disseminare,
quanto del successo di un
artista. Per chi è già famoso, il
filesharing resta l’unica “tassa
sul successo” impossibile da
delle loro merci è
guardare al potenziale
mercato; studiarne il
comportamento dai
vertici della capacità
di spesa, fino alla
base; in modo da
elaborare un prezzo a
metà fra i due estremi, magari arrotondando per eccesso,
per massimizzare le
possibili vendite. Solo,
considerando, argutamente, anche la capacità
di spesa del popolo del
peer-to-peer, e ponendola
al posto del più basso gradino reale del loro potenziale
mercato, le case possono fissare
il prezzo a metà strada fra il
vecchio fondo scala (ora a metà
fra la spesa nulla e i massimo
spendenti), anche semi-legalmente; e profittare ancora
di più grazie alla pirateria.
Il filesharing è l’unica “tassa sul successo”
impossibile da evadere, o un grandioso
spazio pubblicitario quasi gratuito
evadere; per chi ancora non lo
è, un grandioso spazio pubblicitario gratuito, o quasi.
Inoltre, si consideri valido
quello che molti esperti di
copyright digitale considerano tale: sradicare del tutto la
pirateria nelle forme in cui
la conosciamo, fin dai tempi
dei mixtape, non solo non è
possibile, ma non è neanche
economicamente sostenibile.
Il medium incraccabile, se
esistesse, sarebbe espressione di
un sistema di distribuzione così
stringente e cavilloso, che anche
i consumatori più onesti avrebbero perplessità sul da farsi.
Certo, non siamo qui a elogiare
i giovani eroi fornitori delle
versioni CAM dei principali
bootleg dei film appena usciti,
spesso vittime - sebbene non
del tutto innocenti - della furia
buttafuori di maschere che
non hanno bisogno di scaricare
per vedere film senza pagare.
Per quanto non possiamo fare
a meno di riconoscere il loro
valore - spesso trascurato dalla
società - di simbolo e parodia
del perfetto critico, alla Borges,
che tenta di proporre la sua
opinione sull’opera da dibattere cercando di riprodurla con
i suoi mezzi, il più possibile
somigliante all’originale.
Ancora: di norma, il metodo che le major audiovisive
utilizzano per stabilire il prezzo
Lo showbiz, sempre di più, somiglia a una partita a poker fra
grandi giocatori: di quelli che
Permalink n. 2 Marzo 2007
considerano
le poche mosse che si fanno al
tavolo solo la punta di un immenso iceberg di freddezza, che
comincia a scoprirsi fin dalla
prima telefonata per accordarsi
sul luogo dell’incontro, e che
non giudicheranno uno scontro
terminato fino a che non ne
inizia un altro e più spietato.
Gli artisti possono solo due cose,
a questo punto della loro storia.
Improvvisare dighe che si lascino infrangere dalla corrente il
più tardi possibile, o progettare
mulini ad acqua, a vento, a inventiva che, finché dura, la facciano fruttare e che le possano
un giorno perfino sopravvivere ■
Effebiai
Ancora una volta, solo
chiacchiere e distintivo.
Acquisizioni
Una foto dello stato
sovrano di Sealand,
piattaforma al largo del
Suffolk, UK, che Pirate Bay
promette di comprare.
PIRATI A TAVOLA
Stufato di manzo
al brandy Barbados
La cucina della filibusta
Un libro di Melani Le Bris
tradotto da Luisa Cortese per i tipi
dell’Elèuthera.
Non solo downloading: anche buona
cucina. In pochi sanno che i pirati di una
volta erano artisti cuochi dal palato fine
Alla fiera della piccola e
media editoria di Roma a
novembre abbiamo incontrato
l’equipaggio dell’Elèuthera
che molto gentilmente ha
voluto regalare ai lettori di
Permalink questa ricetta dal
loro nuovo libro La cucina
della filibusta di Melani
Le Bris (320 pp, 18 euro).
Qui a Permalink non troviamo più il cuoco di bordo
e quindi non abbiamo ancora
sperimentato il piatto, ma
il primo fra voi che dovesse
provarlo ci scriva subito che
ci piacerebbe pubblicare una
piratesca avventura culinaria.
Melani Le Bris
Per la marinata:
20 cl di olio d’oliva
1 carota affettata
1 cipolla affettata
1 gamba di sedano
2 ciuffi di erba cipollina
1 spicchio d’aglio tagliato in due
150 ml di buon vino rosso
5 cucchiaini di aceto di vino
3 ciuffetti di prezzemolo
3 rametti di timo
1 foglia di alloro
sale, pepe macinato
700 g di manzo da brasare
olio d’oliva
1 piede di maiale
1 cipolla
1 carota
1 gamba di sedano
3 rametti di timo
2 bicchieri di brandy (o di rum)
35 cl di vino rosso
sale, pepe
Vino di Madera, brandy,
acquavite, chiaretto... La cattura di una nave mercantile da
parte di una nave filibustiera
che incrociava lungo le coste
costituiva sempre un evento.
I barili scoperti nelle cale
erano rivenduti alla popolazione per pochi soldi. Nei primi
tempi della colonizzazione,
prima dell’arrivo della canna,
qualsiasi bene provenienti dal
Vecchio Continente costituiva merce rara e l’occasione
di dimenticare per un po’ la
propria miserabile condizione.
Tagliare la cipolla e la carota
a cubetti, affettare il sedano,
tritare l’erba cipollina e mezzo
spicchio d’aglio. Far scaldare
l’olio in una casseruola e
rosolare le verdure finché le
cipolle non saranno tenere.
Incorporare il vino rosso e
l’aceto, il timo e l’alloro.
Salare e pepare abbondantemente e mettere da parte
per una mezzora, il tempo di
far raffreddare la marinata.
Permalink n. 2 Marzo 2007
Tagliare il manzo a dadi, gettarlo nella marinata e lasciar
riposare fino al giorno dopo.
Togliere la carne dalla marinata e asciugarla con cura. Far
scaldare l’olio in una casseruola
a fondo spesso e farvi rosolare
la carne per due o tre minuti.
Aggiungere il piede di maiale
e porre tutt’intorno le verdure
tagliate a cubetti e i rametti di
timo. Aggiungere mezzo bicchiere di acqua, salare pepare e
coprire. Lasciar cuocere a fuoco
lento per 20 minuti, finché le
verdure non saranno cotte,
Giovane trentenne e
francese. Tiene il timone
per le edizioni Gallimard
della collana Cartoville e
delle guide Aller-Retour.
Cavarvi un occhio per
bendarlo, tagliarvi una
mano per uncinarla, sarà
inutile. E’ promessa sposa
già ad un altro.
Incorporare il brandy (o il
rum). In una piccola casseruola
scaldare il vino rosso (senza farlo
bollire) e versarlo sul composto.
Coprire con un coperchio
ermetico e lasciar cuocere a
fuoco lento per almeno tre ore.
Questo piatto è migliore il
giorno dopo. Terminata la
cottura, lasciar raffreddare e
togliere il velo di grasso che
si è formato in superficie ■
Elèuthera © 2003
www.eleuthera.it
[email protected]
NUOVI MONDI
La voce degli
OGGETTI
RFID: primi passi verso
l’internet delle cose
di Fosco Lucarelli e Mariabruna Fabrizi
Gli oggetti di uso quotidiano
hanno una storia. Una storia legata alla memoria e agli
affetti di coloro che li posseggono, che li hanno ceduti,
che invecchiano con essi.
Gli oggetti racchiudono in se
stessi significati che vanno oltre
la funzione per cui sono stati
progettati, perché il proprio
che si fa immaginario. Altri,
sopravvissuti al tempo e all’obsolescenza, diventano simboli
di un’intera cultura, dell’immagine di un paese, come nel
caso della caffettiera Bialetti,
o della Vespa Piaggio. Cinema, fotografia e pubblicità li
consacrano consapevolmente o
meno (come il recente fenomeno delle scarpe Onitsuka Tiger
Eppure gli oggetti non comunicano realmente, non danno
informazioni, sono muti nella
propria limitatezza fisica
valore trascende generalmente
la dimensione fisica e l’uso che
se ne fa. A livello personale, in
essi identifichiamo dei simboli, affidiamo loro parte della
nostra immagine e li rendiamo attori del contesto in cui
viviamo e lavoriamo, lasciando a loro, quindi, il ruolo di
farsi partecipi della scenografia
della nostra quotidianità.
La collettività individua, in
alcuni di essi, la manifestazione di un’epoca, pensiamo
ad esempio alla macchina
da scrivere Lettera 22 della
Olivetti, attraverso un disegno
che diviene forma e l’immagine
indossate da Uma Thurman in
Kill Bill), enfatizzando la loro
forza comunicativa, elevandoli
al rango di icone di un passato
condiviso o immaginato, di
un presente talvolta idealizzato o di un futuro oscillante
tra decadenza e coolness.
Eppure gli oggetti non comunicano realmente, non danno informazioni, sono muti
nella propria limitatezza fisica.
Intrinsecamente subordinate
al valore che l’uomo ne dà,
le cose, prese nella loro mera
dimensione materiale, al di
fuori dei ricordi personali,
dell’immaginario collettivo
Permalink n. 2 Marzo 2007
o dello stile con il quale si
manifestano, sono inanimate:
non comunicano con l’uomo,
non sono connesse fra loro.
Sempre più, d’altra parte, ci
stiamo abituando a fruire di
strumenti (dai computer ai
cellulari di ultima generazione,
come la serie Treo o l’iPhone)
che fanno della comunicazione la propria sostanza, là
dove consentono l’accesso al
web, la rete di informazioni
immateriale per definizione.
Proprio quella comunicazione
che manca oggi agli oggetti
non elettronici potrebbe essere
la base sulla quale fondare, di
essi, una seconda generazione: quella dell’”Internet delle
cose”, (come è stata battezzata
dall’Auto Id Center, emanazione del Mit di Boston), ossia
della complessa rete di oggetti
che, integrati da chip e sensori,
non saranno più “muti” ma
potranno comunicare informazioni fra loro e con l’uomo.
L’internet delle cose costituirà
allora un tessuto connettivo di
dispositivi elettronici, (dagli
elettrodomestici alle automobili), che darà vita a nuovi servizi, arrivando a influenzare lo
stesso comportamento umano.
Fosco Lucarelli e
Mariabruna Fabrizi
Lui si vanta di avere mille
link su Del.icio.us, lei
rimane ferma e pensa.
Noi li abbiamo conosciuti
grazie ad un commento e
abbiamo grabbato il feed
di Socks, il loro blog. Se
cercate bene li troverete
anche su Second Life.
Se tali rappresentazioni possono apparire ancora poco definite, astratte e lontane, tuttavia
NUOVI MONDI RFID
già oggi un internet delle cose
emana i primi vagiti in ricerche
tecnologiche rivoluzionarie,
quelle che vanno dai “2d barcodes” e “shotcodes”, (evoluzioni dei tradizionali codici a
barre), fino ai chip conosciuti
come RFID (acronimo di
Radio Frequency Identification, ovvero identificazione a
radiofrequenza). Tali sistemi
sono, in sostanza, costituiti da
etichette, o tag, da applicare
agli oggetti e in grado di emettere segnali radio e da lettori
(reader), che convertono tali
segnali in informazioni digitali,
leggibili anche da computer.
In tal senso possiamo individuare negli RFID il primo passo verso l’introduzione di quegli oggetti “intelligenti”, che
Bruce Sterling, celebre saggista,
romanziere e “futurologo”, ha
denonimato “spime”, attraverso
una serie di conferenze e con
il saggio Shaping Things (MIT
Press, 2005, in italiano: La Forma del Futuro, Apogeo, 2006).
Oggetti che “posseggono
un’identità, sono protagonisti
di un processo documentato” e
che hanno una chiaro rapporto, sin dal nome (space +
time), con i luoghi e il tempo,
in quanto “registrabili, rintracciabili, catalogabili e sempre
associabili ad una storia”.
La capacità intrinseca dell’RFID di poter contenere e
trasmettere informazioni legate
alla natura dell’oggetto, alla sua
localizzazione geografica e temporale, alle sue caratteristiche,
oltre che alla sua destinazione,
ne fa attualmente un efficace
strumento di controllo in sistemi di stoccaggio e trasporto
merci, di pedaggio autostradale, antitaccheggio nei negozi,
catalogazione nelle biblioteche,
solo per fare qualche esempio.
Se la tecnologia già esiste e in
alcuni settori è applicata, in
che modo il marketing, l’arte e
la pubblicità si stanno facendo
interpreti di essa, nel ripensare oggi gli oggetti comuni?
Di esempi cominciano ad
essercene diversi. In una
decina di negozi di accessori in
Giappone (il paese in cui tale
tecnologia sembra diffondersi
più rapidamente), i capi di
vestiario e calzatura sono stati
integrati con tag RFID: dallo
scorso anno, avvicinando scarpe e vestiti ad appositi computer all’interno del negozio,
i clienti possono accedere alle
Permalink n. 2 Marzo 2007
informazioni relative ai capi
fino a scegliere i modelli preferiti, semplicemente selezionandoli con un touchscreen. Una
scarpa che ci comunica colori e
taglie disponibili: non faremo
più impazzire i commessi!
Rockwell Reloaded
la celebre illustrazione di
Norman Rockwell “Triple
self portrait” raggiunge
una nuova quarta
dimensione. Illustrazione
di OnanO’s.
Non solo il marketing, ma
anche il mondo della media
art, da un paio di anni, utilizza
gli RFID come nuovo medium
di sperimentazione, e se da un
lato ne enfatizza la forte componente evocativa data dalla
traslazione fonetica Arphid
(Arfide, parassita), dall’altro
10
NUOVI MONDI RFID
Absolute
Un futuro probabile: la
vodka all’RFID.
ne fa un
strumento di
ricerca vero
e proprio.
Pensiamo, ad
esempio, al
duo di artisti
Louis-Philippe Demers
e Philippe
Jean che
realizzano
performance
sonore attraverso articoli
alimentari
dotati di chip RFID, ascoltabili
mentre si fa la spesa con appositi lettori radio ed auricolari.
Nelle città di San Francisco,
New York, Chicago e Miami,
alcuni possessori di automobili Mini hanno ricevuto il
mese scorso portachiavi con
chip RFID integrati. Se la loro
vettura si sposta entro quindici
metri di distanza dai cartelloni
pubblicitari della casa automobilistica, sugli stessi cartelloni
appariranno messaggi pubblicitari personalizzati legati alla
città, alle condizioni meteorologiche, ma anche a informazioni
personali fornite dai possessori
attraverso appositi questionari, tanto da arrivare a ricevere
messaggi di auguri il giorno del
compleanno. Uno scenario che
ricorda le pubblicità “ad personam” in Minority Report e che
evidenzia, di tali tecnologie, gli
aspetti controversi legati alla
privacy. Pensate, ad esempio,
se un giorno vi rendeste conto
che un vestito traccia i vostri
spostamenti? Non è affatto
un’ipotesi bizzarra o remota,
se considerate che si può essere
non consapevoli della presenza
di un RFID in un prodotto acquistato e che a breve
distanza chiunque può leggerne
le informazioni contenute.
Aggiungete che è possibile
teoricamente risalire al numero
di carta di credito qualora si
paghi con essa o infine che ogni
prodotto è unico e rintracciable
in quanto possiede un proprio
numero seriale. Quanto basta
per spingere la senatrice Debra
Bowen a proporre il bando
degli RFID dallo stato della
California. Appare quindi naturale che convivano, accanto alle
varie sperimentazioni citate, anche forme dirette di resistenza,
come quella messa a punto da
un gruppo di giovani tedeschi,
attraverso il loro “RFID zapper”, un’arma di difesa simile
ad un telecomando, in grado
di neutralizzare i chip che veicolano informazioni personali.
Progettare l’interazione
Di RFID, privacy e futuro
discutiamo con Leandro Agrò
Leeander.com: interaction
designer, personaggio a metà
tra ingegneria e design con
dieci anni di esperienza alle
spalle e fondatore di Idearium.
org, una webzine incentrata
sui temi della comunicazione
e dell’interaction design, ossia
su un terreno in cui convergono tecnologia e umanesimo.
Prima di iniziare, puoi
dirci qualcosa di te?
Mi occupo di design delle interfacce. Un tema –da
anni- emergente e che dovrebbe interessare tutti visto
che gli “artefatti cognitivi”
(dai telefonini a PC) sono già
più numerosi delle persone
che popolano il pianeta.
Ritieni che i chip RFID,
generalmente considerati un
primo passo verso il raggiungimento degli “smart objects”,
possano già avere un’influenza
sul design dell’oggetto di uso
comune? O piuttosto credi
che non abbiamo possibilità di oltrepassare lo stato di
mera integrazione tecnologica di oggetti già esistenti?
Aumentare oggetti convenzionali con tecnologie come
gli RFID, è solo una delle “n”
strategie possibili verso un mondo di smart objects. Certo è la
strada che –immagino- sarà più
battuta dalle aziende, banalmente perché gli oggetti taggati
RFID portano a soluzioni utili
al mercato ed all’industria, ma
non è detto che sia la cosa più
utile per gli utenti finali e nean-
Permalink n. 2 Marzo 2007
che che sia la strategia più efficace.
Un RFID può
allungare la “vita”
che conosciamo
di un oggetto,
consentendo di
allineare l’oggetto
fisico, ad esempio,
a delle informazioni che stanno su
internet e che ne
raccontano storia e
provenienza, ma se
questo porterà un
qualche beneficio
ai consumatori
dipende da quali informazioni
verranno davvero condivise dalle
aziende. Di buono c’è che la
tecnologia è standard mentre gli
usi saranno molto diversificati.
Il caos creativo che, probabil-
Tag me!
Che ci vuoi fare se tutte
ti vogliono taggare?
11
NUOVI MONDI RFID
mente, ne seguirà, è potenzialmente molto utile a creare degli
artefatti ibridi, potenzialmente
molto potenti. Probabilmente
sarà in questa fase che emergeranno degli oggetti, o forse
degli approcci progettuali, così
nuovi da determinare quella
“influenza sul design” degli
oggetti quotidiani di cui parlavi.
Per quali motivazioni ritieni
auspicabile (o meno) il futuro
universo di oggetti interconnessi, in dialogo attivo fra loro
e con l’uomo, in relazione allo
spazio e al tempo, generalmente definito “internet delle cose”?
Credo che Sterling abbia
ragione al 100% su almeno un
punto: esseri umani e oggetti
sono parte dello stesso ecosistema. Questa realtà è sufficiente
perché si abbia una particolare
cura nel progettare quegli
oggetti che hanno una finalità
di estensione cognitiva delle
nostre caratteristiche umane.
D’altro canto bisogna fare
attenzione a non trasformare
ogni mobile o oggetto di casa
in un testimone oculare della
nostra esistenza. Come dice
Basalla:”Noi non siamo quello
che pensiamo di essere, bensì
gli artefatti che usiamo”. In un
mondo stracolmo di cose intelligenti, l’uomo potrà evolvere
se stesso meglio che nei futuri
colmi di macchine volanti che
ci sono stati raccontati dalla
fantascienza in età infantile. Ma
potremmo anche tutti ritrovarci in un immenso grande
fratello fatto di abiti e di mobili
che spifferano in giro delle
informazioni che oggi riteniamo strettamente personali.
Uno degli aspetti più controversi legati alla tecnologia
degli RFID è quello legato alla
privacy: in che termini ritieni
che questo possa comportare
limiti alla sua diffusione?
Eccoci, era quello che stavo
dicendo… Interconnettere gli
oggetti tra loro può avere senso
se l’uomo domina questa Rete.
Sennò significa solo aumentare
la viscosità con cui l’informazione si muove sul pianeta.
Comunque, per rispondere più
puntualmente alla tua domanda: no, le problematiche inerenti
la privacy non hanno mai
bloccato una tecnologia che sia
economicamente promettente.
E sinceramente non credo nei
“blocchi” dettati dalla politica, semmai spero nelle scelte
consapevoli dei consumatori.
La tecnologia RFID è già
utilizzata in alcuni negozi in
Giappone per “taggare” vestiti
e scarpe, rendendone accessibili disponibilità e dati ai
clienti. Prevedi applicazioni del
genere anche nel nostro paese
o credi che possano sussistere
resistenze di qualche tipo?
Taggare alcune cose ha molto
senso. Ad esempio per garantirne
il controllo dalla produzione alla
distribuzione. Altro è taggare
quello che porto indosso. A volte
potrà anche tornarmi utile, ma
vorrei essere soltanto io a poter
“interrogare” il sistema e sapere
quando e dove ho comprato una
giacca e non che sia un negoziante a guardarmi storto perché
uso la stessa giacca da x anni.
Ma visto che hai fatto un preciso
riferimento all’Italia, aggiungo
una nota che -comprendo- apparirà un po’ dolorosa: Il nostro
paese non ha alcuna competenza
e volontà politica nel gestire
l’innovazione, quindi non mi
attendo che siano fatte delle
scelte in un senso o nell’altro.
Tra l’altro, ove venissero fatte,
penso sarebbero scelte talmente
bigotte da costituire un vincolo
più che una tutela. Quindi… Il
giorno in cui le aziende decideranno di muoversi, la parola
passerà ai “consumatori”.
Permalink n. 2 Marzo 2007
Per concludere: contributi
“visionari” come quelli di Bruce
Sterling rispetto a tali tematiche, hanno poi un riscontro
concreto nella ricerca e nel lavoro effettivo, ovvero nella pratica
di un interaction designer?
Avevate dubbi?
in Giappone i chip RFID
sono già utilizzati per
taggare scarpe e vestiti.
Ogni visione –anche o forse
soprattutto quelle di fantascienza- aumenta la capacità di un
designer di interpretare e ridisegnare il mondo. Sterling è uno
che sta passando dall’altra parte
della barricata. Adesso vuole
contribuire a realizzare alcuni
dei futuri che ha contribuito ad
immaginare. E, nel mio piccolo,
anch’io voglio farlo, come credo
ogni designer –interaction o
meno- che ne abbia l’opportunità. Questo però è un discorso
che prescinde dai confini di una
disciplina specifica. Il mondo ha
bisogno di visionari, e visto che
l’Italia ha dimenticato come si fa
a tutelare e dare opportunità a
questa rara categoria di persone,
immagino che non ci resti che
copiare da tutti gli Sterling che
popolano il pianeta e, magari,
da qualche italiano che abbiamo
costretto a vivere all’estero ■
12
SOCIAL SOFTWARE
Salta,
inciampa e cadi
Altro upgrade per i naviganti. Più
velocità e casualità fortunata. Nasce lo
zapping online: si chiama Stumble Upon.
E il telecomando è in mano agli utenti
di Martin Millar
Vittime di un’informazione
approssimativa, molti di noi
hanno ben presto sentito
l’esigenza di creare, elaborare
ed esporre le stesse “nozioni”
che un tempo, forse, i nostri
genitori avrebbero accettato solo
dal Tg delle 20.00 (meglio se di
un canale televisivo pubblico).
Il sistema è cambiato; tra il mittente e il ricevente di quelle informazioni, istituzionali, non c’è
più alcuna differenza. Il produttore di nozioni per lavorare
meglio è dovuto diventare, a sua
volta, consumatore. Fino a qui,
niente di nuovo; lo sanno benissimo gli ideatori dei siti Wikipedia.org, Youtube.com, Myspace.
com (per citarne alcuni).
Cambiando il sistema, anche i parametri utilizzati per
capire il valore del prodotto
hanno subito, inevitabilmente, un’evoluzione.
puzza sotto il naso, come viene
misurata oggi? Parzialmente
ancora attraverso le recensioni
dei probabili conoscitori della
materia. Parzialmente dagli
stessi utenti che beneficeranno
del prodotto. Questa, forse, è
la vera rivoluzione del social
network. Io, utente, dopo aver
provato qualcosa o qualcuno
faccio sapere a te, utente, cosa
ne penso; se un opinione
singola ha poco valore, molte
e diverse opinioni avvicinano,
o allontanano (a seconda dei
casi), l’utente dal prodotto.
Questo è il concetto base
del social bookmarking, un
servizio web che permette agli
utenti di visionare gli elenchi di bookmark (segnalibri)
creati precedentemente da
altri. Per ottimizzare e potenziare il servizio sono stati
creati una serie di programmi
a partire dal 2004. Dopo Furl
e Spurl, fu la volta di Del.icio.
che identifica univocamente
l’indirizzo di una risorsa in
Internet). Prima di Del.icio.us
i programmi di bookmarking
sfruttavano soltanto le tag (per
tag si intende l’elemento sintattico che permette di marcare
una porzione di documento).
Sul successo di Del.icio.us è
stato creato Stumble Upon, che
per molti blogger del settore è
il prodotto su cui scommettere
nel 2007. Il servizio, fondato
da Geoff Smith (ma sviluppato
con l’aiuto di Garrett Camp,
Justin LaFrance e Dave Feller),
ha raggiunto il successo dopo
cinque anni di gestazione.
Stumble Upon (letteralmente
“inciampare in”), diversamente
Martin Millar
I suoi detrattori meno
motivati dicono di lui
che anche un angelo
può vestire Prada,
aggiungendo: “zucchero”
rivolti all’interlocutore. E’
l’instant-collaboratore che
mancava a Permalink per
poter infine maltrattare
seriamente gli altri.
Avrebbe volentieri prestato
la voce a Edna “E” Mode,
se solo fosse stato anche
lui Amanda Lear.
Stumble Upon conta circa 1,6
milioni di utenti che segnalano 3
milioni di link al giorno
La domanda, controllabile attraverso lo share televisivo, oggi
si misura attraverso il numero di
accessi. Ma la qualità, monopolio di plurilaureati con la
us, grazie al quale le pagine di
bookmark vennero compilate
sfruttando anche l’URL dei siti
segnalati (per URL si intende
una sequenza di caratteri
Permalink n. 2 Marzo 2007
dai programmi precedenti, per
rendere ancora più efficace
il bookmarking “relazionale”
fra gli utenti, si avvale anche
delle potenzialità di altrettanti blog personalizzati.
Pirate’s Stumble
Un simpatico, ed
essenziale, tutorial per chi
vuole a parlare a parlare
come un pirata. Trovato al
terzo click sul tag “pirate”.
13
SOCIAL SOFTWARE STUMBLE UPON
Il nome, come hanno spiegato gli ideatori, è stato scelto
tenendo conto della modalità
di ricerca delle informazioni,
parzialmente, casuale; ogni
strumbler (così è stato definito
il membro della comunità),
grazie ad un profilo personale aggiornato tramite una
toolbar, recensirà agli altri
utenti un sito internet.
Nello specifico, Strumble Upon
permette allo strumbler di
esprimere un giudizio positivo o negativo del sito che sta
visitando. Automaticamente
l’URL del portale viene salvato
nel profilo dell’utente; se il sito
è una “nuova scoperta” (cioè
nessun altro utente lo ha mai
segnalato) lo strumbler può
redigere una breve recensione,
nella quale vengano evidenziati
soprattutto lingua e argomento
principale. Ad oggi Stumble
Upon conta circa 1,6 milioni
di utenti (a differenza di del.
icio.us. che in circa due anni è
stato utilizzato da un milione
di persone) che complessivamente segnalano quotidianamente tre milioni di link.
Questo movimento, in termini
pratici, accresce il valore della
società produttrice che secondo
le ultime indagini di mercato
(basate sul numero di link segnalati ogni giorni dagli utenti)
vale circa 50 milioni di dollari.
Nella pratica, non capisci il
flusso di Stumble Upon finché
non decidi di farne parte. Approdi sul sito, dopo aver letto
molte recensioni positive. Una
volta stabilito il browser, devi
definirti in pochi termini. Le
tue tag saranno i tuoi interessi.
Gli stumbler che influenzeranno il tuo movimento nella
rete, saranno come gli amici
che determinano “il sabato
sera senza programmi”. Il
mio primo viaggio nella rete
con Stumble Upon sarà come
la prima volta che entri in
un locale in cui ti sembra di
conoscere tutti, dove le tue
preferenze (musicali, alcoliche,
ecc…) sono le stesse degli altri.
Per prima cosa mi guardo intorno. Scopro con molta sorpresa
che il “locale” di Stumble Upon
è molto frequentato. Ad occhio,
altre 100 persone, condividono
le mie tag. Prima di
conoscerle clicco sul
pulsante Stumble!,
grazie al quale verrò
trasportato automaticamente su siti
recensiti positivamente da molti di
loro. Nell’ordine mi
trovo: sulla pagina
dedicata al programma RAI Report, su
un portale dedicato
alla lingua italiana
Esercizi.ladante.it e
su blog dedicato al
downloading, Downloadblog.
it. Dopo aver capito cosa può
propormi l’ambiente decido
di buttarmi nella mischia.
Entro in un blog, gestito dal
classico nerd. Faccio presente
ai miei amici stumbler, grazie
alla funzione “I like it!” del
toolbar, che ci sono contenuti
interessanti. Nessuno ancora
conosce questo spazio, mi
viene chiesto di recensirlo. La
mia recensione dovrà avere un
Permalink n. 2 Marzo 2007
titolo, una descrizione, delle
parole chiave, una lingua e
una censura preventiva (devo
determinare se il sito può essere
visitato anche dai minori).
Compilo il tutto e me ne vado.
Foto zapping
Tre immagini “consigliate”
da Stumble cliccando
pigramente il pulsante
al tag “photo”. Stumble
può valere anche come
metadone per i Flickr
addicted.
Entro in un altro blog, i contenuti non sono interessanti
come quello di prima. I miei
amici, grazie alla funzione del
toolbar “Not for me”, sapranno
che a me questo sito non è
piaciuto. Rendendomi perfettamente conto che un “non è
per me” è troppo superfluo,
motivo la mia idea grazie alla
funzione “reviews of this page”.
Descrivo i difetti e me ne vado.
Ritorno dai miei amici. Molti
di loro non sono più online. Gli altri mi hanno fatto
conoscere, grazie a Stumble
Upon Video (l’ultimo upgrade di questa toolbar), un
gruppo davvero interessante. Si
chiamano Razorlight, tutti su
Youtube.com li conosco grazie
al singolo “Stumble And Fall” ■
14
ALTRO MONDO
Rest In
Polymers
Intervista impossibile
con un cadavere modello
di Miss Fatmen
orpi da crashtest, collagene
per cosmetici;
teste per lezioni
di chirurgia
plastica, piedi per il collaudo
di stivali anti-mina: pezzi da
museo. Oggi i cadaveri, o meglio, i Post-Mortem Human
Objects, possono diventare
tutto questo e anche altro.
Tra i destini dei corpi senza vita, quello dei bodies è
sicuramente uno dei più noti,
visto il successo che riscuotono nel mondo le mostre di
Gunther Von Hagen (al secolo
Gunther Gerhard Liebchen)
e dei suoi concorrenti. Ed è,
quindi, anche uno dei più
discussi, soprattutto perché
i corpi messi in mostra non
sono spesso quelli di persone
che hanno acconsentito in
vita di offrire le loro spoglie
all’arte anatomica. Più spesso,
questi corpi appartenevano
a criminali giustiziati nelle
carceri, a malati di mente
morti nei manicomi e ad altri
Miss Fatmen
Scienziata e donna. Per
quanto ritenga che darle
dello “sguardo autoptico”
possa avere un suo perché
come approccio, sa
indicarti sul proprio corpo
almeno cinque punti in cui
la scienza deve fermarsi.
casi di umanità al margine. Con la plastinazione, il
metodo inventato da Von
Hagen nel 1977, le cellule
morte di questi corpi vengono
Questi corpi appartenevano a
criminali, malati di mente morti
nei manicomi e ad altri casi di
umanità al margine
Permalink n. 2 Marzo 2007
private dei fluidi e riempite
di polimeri, impedendo la
proliferazione dei batteri che
provocano la putrefazione
e assicurando al corpo una
conservazione quasi perfetta.
E’ così che i Post Mortem
Human Subjects divengono i
bodies che i visitatori di “Bodyworlds”, ”Bodies” e “Bodies
Revealed” possono ammirare,
al prezzo di circa 25 dollari, nelle pose più bizzarre.
15
ALTRO MONDO REST IN POLYMERS
più niente. Mi sono subito
venuti in mente i discorsi che
facevamo in sala prove...
Liu mi racconta che aveva
una band noise-core, i “Kill
Anyone”, con un discreto seguito a Pechino. Di
cosa parlavate alle prove?
Incontrare un body è una cosa
che inseguivo da tempo. C’è
stato un momento in cui ho
iniziato a pensare che non ci
sarei mai riuscita. Quando il
responsabile della mostra di
Von Hagen all’Arizona Science Center di Phoenix rispose
alla mia richiesta, informandomi che “uno dei loro corpi
migliori” era disposto a parlare con me, inizialmente pensai
che scherzasse. Fortunatamente mi sbagliavo. Si trattava del
cadavere di un giovane pechinese di 27 anni, che chiameremo Liu, arrestato a Dalian
il 3 maggio di due anni fa
e morto due giorni dopo
nel carcere di Zhoushuizi.
Queste sono le uniche notizie
che ho sul suo conto, prima di
incontrarlo. Il giorno dell’intervista, mi accompagnano da
lui mentre la mostra è ancora
in allestimento e intorno a
noi c’è un via-vai di persone
vive che sistemava cervelli, polmoni e crani dentro
a teche di vetro. Giunta di
fronte al mio interlocutore, l’eccitazione per quello
che sto per fare scatena una
concitata raffica di domande:
Come stai, come ti senti, cosa ricordi di quello che ti è successo?
Beh.. Ricordo tutto.. a parte
il vuoto che si apre da quando
sono morto, fino a quando
non mi sono svegliato appeso
a un gancio, con un cerchio
di metallo infilato nel collo.. Non sapevo esattamente
La morte è un argomento
divertente (ride). Se ne parlava spesso ed era anche uno
dei temi di punta del nostro
progetto musicale. Perciò è
capitato anche di parlare di
questa storia dei bodies e di
delirare sulla nostra carriera di
cadaveri modelli. E ovviamente ne venne fuori pure un pezzo, “R.I.P.-Rest In Polymers”.
Mi stai dicendo che avevate
scritto un pezzo sui bodies?!
Sì. La cosa partì da un articolo che avevo letto quel giorno
su China Daily, su questo
Gunther Von Hagen che plastinava i cadaveri e li metteva
in mostra al museo. Mi incuriosii parecchio e iniziai a girare per la rete. Poi per sbaglio
Era meglio ritrovarsi a fare il body
che finire spalmato sui visi delle
vecchie con le rughe
dove fossi, ma avevo capito
di essere in un laboratorio.
Comunque l’incertezza è stata
breve. Quando ho visto entrare Von Hagen dalla porta, ho
capito esattamente che cosa
ero diventato, conoscevo la
sua faccia e sapevo di cosa si
trattasse.. Non ti so dire cosa
ho provato perché da quando sono morto non provo
Permalink n. 2 Marzo 2007
finii sul sito di un’altra mostra
simile, “Bodies”, organizzata
da questa Premier Exhibition..
Sul sito lessi che il presidente
della Premier era Arnie Geller,
che ha fatto il produttore
discografico per 27 anni e
poi nell’87 si è comprato il
relitto del Titanic, mettendo
su il business delle mostre di
artefatti.. Un genio del male.
16
ALTRO MONDO REST IN POLYMERS
Così quella sera partì una
discussione delirante sul destino dei nostri corpi, su Von
Hagen, Geller e tutto il resto..
E più o meno eravamo tutti
d’accordo che era meglio
ritrovarsi a fare il body
che finire spalmato sui visi
delle vecchie con le rughe..
e poi ci immaginavamo
che, essendo morti, ormai
non ce ne sarebbe fregato
più niente comunque. Ed è
esattamente così, infatti.
La tua consapevolezza mi sta
spiazzando.. non avrei mai
immaginato di parlare con
un body che sapesse tutte
queste cose.. e che avesse
inciso un pezzo sui bodies!
In effetti non credo ce ne
siano molti qui.. in ogni
caso la vicenda delle mostre
di corpi è abbastanza nota..
sono state fatte mostre in
Corea, a Taiwan.. io mi
sono interessato alla faccenda quasi per caso, ma più
cose scoprivo e più si faceva
interessante. Arrivai persino
Risposte definitive
Si stava meglio quando si
stava vivi.
rivelazione che costrinse Von
Hagen, nel 2005, a rimuovere il padre dalla presidenza della compagnia che sta
progettando la costruzione di
una “Cattedrale della Scienza” a Sieniawa Zarska, nella
Polonia sud-occidentale.
Non avrei mai immaginato di
parlare con un body che avesse inciso
un pezzo sui bodies!
ad un articolo che parlava
del sospetto che il padre di
Von Hagen fosse stato un
ufficiale delle SS in Polonia!
Liu alludeva ad un articolo
di Der Spiegel, che riportò un’indagine del governo
polacco sulla partecipazione
di Gerhard Liebchen alla
persecuzione dei polacchi
tra il 1940 e il 1942. Una
Essendo ancora viva, commisi
di nuovo l’errore di chiedere
a Liu che effetto gli facesse..
Non ti disturba il fatto
di essere stato comprato per 38.000 dollari da
un “figlio delle SS”?
Beh.. ti ripeto: da morti il disturbo non esiste proprio, non
ho più una dimensione emoti-
Permalink n. 2 Marzo 2007
va.. in effetti non è per niente
male “riposare nei polimeri”
(ride).. Ma, a parte questo, anche da vivo non ho mai avuto
una vera e propria coscienza
politica. Certo, se avessi potuto scegliere, avrei voluto essere
uno dei corpi di Arnie Geller,
che mi è più simpatico se non
altro per essere stato il manager dei Beach Boys e per aver
tirato fuori i soldi per mettere
in circolazione della musica..
Ti porterei a cena per continuare a parlare con te per ore,
ma ti stanno venendo a prendere per posizionarti davanti
alla scacchiera. Ciao Liu, ti
ringrazio infinitamente per
questa intervista, spero sia
stato un piacere anche per te..
Il piacere è tutto tuo..
io il piacere non so più
cosa sia. Addio ■
17
VIAGGIO NEL MONDO
Un brianzolo nel reame del
Guaranà
Le mirabolanti avventure e vicissitudini
di un uomo refrattario alla polenta
di Francesco Magnocavallo
e Amazzoni, luogo della nostra
memoria futura,
quando la foresta
finirà di trasformarsi in materiale edile per la
famelica Cina e noi inizieremo
ad andare al mare tra Vigevano
e Mortara. Là nelle Amazzoni,
oggi come oggi, si vive una vita
normale: centinaia di chilometri
di fiumi, qualche missionario,
gli indiani alle prese col progresso e qualche cane sciolto come il
nostro amico Luca. Sapevo che
stava costruendo un piccolo villaggio turistico con le sue mani
e, quando me lo son trovato
su Skype, ho iniziato un’intervista finita poi di persona
davanti a un bicchiere di vino.
I. In cui il protagonista lascia l’Europa
Come si scappa di casa
per abbandonare la civiltà occidentale?
Non è che sia scappato, mi
son preparato per partire come
volontario in genere, sarei
potuto finire ovunque nel
mondo. Il PIME ha identificato un progetto in Brasile dove
cui mi sarei potuto inserire, in
origine l’idea era di navigare
con un missionario lungo il
fiume che porta dalla città alle
zone indigene nella riserva
e seguire i giovani che venivano in città per studiare.
Ma mentre mi preparavo il portoghese, il Padre ha cambiato
destinazione e sono arrivato
subito a Maues, quindi fisso
in città alla casa degli studenti
indigeni, casa della diocesi dove
20 ragazzi arrivati dalla riserva
finiscono gli studi perchè
nelle comunità i professori
fanno solo elementari. Da noi
studiano e lavorano: la mattina ognuno ha un compito,
alleviamo animali da cortile
tra cui coccodrilli e tartarughe,
abbiamo orto e falegnameria.
Luca d’Ambros
Assaggiata l’agra vita
dell’informatico padano,
ha pensato bene di
traslocare in mezzo alla
Foresta Amazzonica:
vocabolario portoghese,
portatile, ascia, pialla e
martello.
II. In cui Luca spiega come si mangia una tartaruga
[20.47.27] Francesco scrive:
sono animali da cortile?
[20.49.45] Francesco scrive:
Dimmi a che età si mangiano?
[20.47.27] Luca scrive:
Sì! Anche se ci mettono un sacco di tempo a
crescere.
[20.49.50] Luca scrive:
Sa di tartaruga... è una carne molto “selvaggia”, un
po’ duretta
[20.47.37] Luca scrive:
Abbiamo una vasca in cemento, tipo una piscinetta.
[20.50.23] Luca scrive:
No, anzi, una volta mangiato il tutto, poi si mette il
guscio sulla brace
[20.48.00] Luca scrive:
Mentre le tartarughe da terra se ne vanno in giro nel
pollaio
[20.48.25] Francesco scrive:
E’ buona la tarta, di cosa sa?
[20.48.34] Francesco scrive:
Come la cucinano?
[20.49.21] Eugenio scrive:
Povere tartarughe...
[20.50.35] Eugenio scrive:
Povere bestie
[20.50.47] Luca scrive:
E il caldo scioglie il grasso che c’è sotto il guscio, e
quindi si fa la “scarpetta” con la farina di manioca
[20.50.59] Francesco scrive:
Caspita
Permalink n. 2 Marzo 2007
18
VIAGGIO NEL MONDO GUARANÀ
III. In cui racconta della falegnameria
[20.34.44] Eugenio scrive:
hai un sito cosi’ intanto mi godo un po’ di foto?
[20.34.51] Eugenio scrive:
sai a Roma abbiamo solo lo smog..
[20.34.59] Luca scrive:
sito... uhm.... prova www.dambros.org/luca/
All’inizio io seguivo il falegname, ma dopo qualche mese,
con le elezioni, il Comune ha
smesso il suo salario e ci siam
dovuti arrangiare a pagare noi
il suo salario, coprivo io 50
reais al mese con soldi offerti
da amici in Italia. L’anno dopo
ho proposto a un altro falegname di farci lezione e impostare
i progetti, poi son partito per
la fine del periodo - il professore intanto era diventato mio
amico e collaboratore perché
lo aiutavo nell’amministrazione della sua falegnameria
che dopo 12 anni da lavoro a
13 persone. Lui non gestiva
più l’andamento, perchè era
cresciuto troppo veloce: non
aveva nulla di formale, vendeva mobili in falegnameria e in
parte a Manaus in capitale ma
tutto senza ricevute nè bolle,
come qui 40 o 50 anni fa.
Aveva molto lavoro ma era
il negoziante a Manaus che
gli faceva i conti, segnava i
crediti e gli comprava e spediva il materiale scontandolo.
Andava sempre in debito col
negoziante, perché non aveva
percezione delle cose e non
poteva fare i conti, un giorno ci siam seduti per segnare
tutte le voci di spesa per un
mobile finito, dai materiali al
lavoro al trasporto, al tempo
del lavoro e costo energetico.
Alla fine senza lavoro suo e
della moglie che facevano i
cuscini è saltato fuori che ogni
volta perdeva 19 reais senza saperlo, lui pagava man mano di
tasca senza tenere libri e spesso
non finiva i lavori perché
l’anticipo di un mobile pagava
il materiale per finire altri
lavori bloccati in laboratorio.
Abbiamo iniziato a segnare
le spese con un foglio Excel,
sempre disallineato perché
si dimenticava sempre, pian
piano stava ingranando in
maniera diversa, poi alla fine
del mio triennio ho seguito la
possibilità di sviluppo insieme a lui: grande attività sua
e mia capacità organizzativa,
per diventare un’azienda più
competitiva e dare garanzie
previdenziali e di sicurezza
agli operai, cosa impossibile
senza almeno una partita Iva.
Là tutti sono in nero e c’è
nulla tranne l’ospedale gratis
per tutti, anche per il padrone
è pericoloso se il lavoratore
sporge denuncia. Ma nessuno ha le condizioni per
regolarizzare, costa molto.
A maggio son tornato in
Brasile come libero cittadino,
per fare un’attività d’impresa
a sfondo sociale e sostenibile: tanti progetti nei paesi
in via di sviluppo sono fatti
da Padri e Ong, ma in realtà non sono sostenibili.
Perché se il Padre va via
e saltano le offerte, crolla
tutto: come la fabbrica di
sartoria che riceveva container di stoffe ogni sei mesi
dall’Italia, andava bene fino
a che il Padre si è trasferito altrove: senza le materie
prime, la fabbrica è fallita.
Permalink n. 2 Marzo 2007
19
VIAGGIO NEL MONDO GUARANÀ
IV. In cui nasce il villaggio
Il villaggio lo ho creato con un
altro socio, lì il ritmo è molto
rilassato, io lombardo iperattivo
faccio mille cose ma nessuno
riesce a starmi dietro, faccio
cose con persone diverse.
Maues ha un potenziale
turistico molto buono, però il
turismo non è assolutamente
organizzato, la ricettività è
terrificante: ci sono tre hotel in
muratura con lenzuoline bianche da ospedale. Le persone
non sono formate, non sono
in grado di dare un servizio.
Ad esempio una sera, Natale
2003, son venuti i miei genitori
a trovarmi, siamo usciti e non
c’era un posto per mangiare.
Tutti i ristoranti chiusi, tranne
una bancarella vicino allo
stadio che faceva gli spiedini
di carne sulla brace: una vasca
d’acqua dove lavava i piatti,
una bacinella con il riso e una
con la farina di manioca, una
con la carne cruda e una panca
di legno. Sceglevi lo spedino e
quello è il modo di mangiare
comune, 60 centesimi di euro
che a un turista non vanno
bene, perché ha bisogno di esser ricevuto in maniera diversa.
Nonostante Maues abbia una
spiaggia di sabbia bianca per
otto mesi all’anno, acqua di
fiume pulitissima e calda,
comunità rurali vicine dove
vedere la vita degli indigeni,
le piantagioni di guaranà
biologico e la preparazione
della manioca, possibilità di
girare nella foresta a piedi o in
moto. C’è una zona archeologica con un cimitero indigeno
precolombiano, con urne
funerarie di terracotta: tutto
abbandonato, la gente sa che
c’è, ma il posto non è pulito e
segnalato. Si fa pesca sportiva
con sberle da 5-7 chili etc. etc.
- tre o quattro giorni di Amazzonia vera all’interno di un
pacchetto turistico si possono
fare, senza proposte di plastica
come l’hotellino sugli alberi
con aria condizionata e comunità predigerita di indiani.
Venendo dall’Europa vedo il potenziale e, dato che dalla Pubblica
Amministrazione non ci sono
segnali di sviluppo nel settore,
ho iniziato per conto mio: la PA
tiene la gente senza reddito autonomo per averla tutta dipendente
dall’amministrazione e dalla
politica - se invece le persone
avessero alternative, lo Stato perderebbe un po’ di controllo sulla
gente, si genererebbe un insieme
di attività collaterali interessanti.
In cui cade un aereo sulla
spiaggia durante una festa
[20.20.15] Francesco scrive:
com’è il lato fluviale del beach volley? maria, droghe varie,
un po’ di storie affascinanti alla Salgari
[20.20.30] Luca scrive:
aerei che cadono sulla spiaggia durante una festa...
[20.20.37] Francesco scrive:
cos’era successo?
[20.21.06] Luca scrive:
mio fratello aveva fatto un giro con la ragazza perché il
pilota offriva sorvoli della città durante la festa
[20.21.16] Francesco scrive:
Manaus?
[20.21.22] Francesco scrive:
è crollato!?
[20.21.28] Luca scrive:
no, a Maues...
[20.21.44] Luca scrive:
poi la sera, dopo essersi ubriacato (coi soldi di mio
fratello) per fare il bullo con una tipa ha detto che era un
pilota e che avrebbe preso l’aereo.
[20.21.52] Francesco scrive:
orca l’oca
[20.22.11] Luca scrive:
quindi di notte (la pista a Maues non è autorizzata al
decollo/atterraggio notturno perché non ha luci)
[20.22.45] Luca scrive:
ha preso l’aereo, è decollato, ha fatto un volo radente
che quasi portava via le antenne alle barche ormeggiate
al porto e poi arrivando davanti alla spiaggia, ha avuto
problemi col mezzo
[20.23.09] Luca scrive:
e si è buttato dalla cabina, lasciando l’aereo al suo
destino
[20.23.35] Francesco scrive:
hai le foto dei rottami in fiamme durante la festa?
[20.23.53] Luca scrive:
in fiamme no... magari possiamo aggiungerli con
photoshop :D
[20.24.15] Francesco scrive:
ah ok se no cellophaniamo del peyote col magazine
Permalink n. 2 Marzo 2007
20
VIAGGIO NEL MONDO GUARANÀ
Preparare il Turbinado
Ingredienti:
-1 tazzina da caffè di sciroppo di guaranà
-3 grammi (un cucchiaino raso) di guaranà in polvere
-3 grammi di mirantã (è la polvere di una radice afrodisiaca, pare)
-1 cucchiaio raso di noccioline tritate
-1 cucchiaio raso di latte in polvere
-1 tazzina di acqua
-1 bicchiere di ghiaccio
Luca spiega che “in realtà il latte in polvere e l’acqua possono essere
sostituiti dal latte liquido, visto che qui in Italia lo abbiamo (in brasile
è praticamente non usato, per motivi di conservazione, perchè deve
essere tenuto in fresco mentre quello in polvere non ha problemi).
Per il mirantã, sembra che sia appannaggio di erboristerie esotiche,
ma non cambia un granché se non lo si mette (a meno di voler stupire
gli ospiti). Invece lo sciroppo di guaranà e il guaranà in polvere si
trovano nelle botteghe del commercio equo e solidale.
L’importante è sapere che il turbinado è una creazione di Silvio
Proença di Guaraná Amazon del Bairro da Maresias di Maués.
Diffidate delle imitazioni.
Come straniero ho più libertà,
ho preso il terreno davanti
alla spiaggia di un vecchio
vedovo matto che non voleva
vendere all’hotel perché glielo
avrebbero stravolto - senza
muovere le piante da frutto,
ho fatto costruire due casette
con l’idea di turista europeo
e tre anni di esperienza su
materie prime e sistemi di
costruzione: tetto di paglia
alla moda indigena, che gli
indios non fanno più perché
usano le tegole di eternit. La
paglia richiede un sacco di
tempo: per il bianco lavorano
alla giornata con precisione
eccezionale, ma per sé non lo
fanno più. Non piove dentro
per 12-15 anni, dà fresco e
si riescono a veder le stelle
da dentro, stesi sul letto. La
casa di legno aiuta a dissipare
il calore, legno pregiato con
pavimento violetto o rosso
bordeaux, legname che lì si
trova in quantità e che per
uno straniero risulta affascinante. Però il bagno e gli
altri servizi sono in cemento
e piastrelle. Al momento
sono affittate all’assessorato al
turismo durante le due grosse
feste di Maues: dell’estate a
inizio settembre per quattro
giorni di festa gratis sulla
spiaggia e poi a fine novembre per la festa del guaranà,
tipico oriundo di quell’area
e con la raccolta è un momento come la vendemmia
nostra con palchi enormi sulla
spiaggia e gruppi importanti.
La città, come tutte lì, è sul
fiume che è l’unica via di comunicazione, non siamo sulle
Amazzoni ma sul Maues Açu
(un suffisso di origine indigena
che vuol dire “grande”), per
arrivare al Rio delle Amazzoni
si passa da altri due fiumi. Ci
sono decine di paesi su tutti
gli affluenti. Il municipio è
grande come la Lombardia, 40
kmq, è come un paese dell’hinterland rispetto a Manaus/
Milano - in Italia sarebbe un
paesello sperduto, ma famoso
per l’industria, che in effetti è
l’Ambev della Pepsi: produce
il concentrato per la bibita
Antartica. Il nostro guaranà è
il migliore del mondo, sono
semi tostati che si macinano e
mescolano con acqua, sigarozzi
affumicati e poi grattuggiati
nell’acqua oppure macinati
in città e sciolti in acqua. Al
mattino io lo bevo con latte
e zucchero, è come il caffè da
noi, dipende dalla quantità:
un mezzo cucchiaino la sera
però non dormi, due bicchieri
di turbinado al pomeriggio
ed è proprio buono e va giù
bene ma poi non dormi ■
Permalink n. 2 Marzo 2007
[20.25.06] * Luca inviato il file “DSCN3193.jpg” ai membri
di questa chat
[20.25.13] Luca scrive:
giusto per darti l’idea....
[20.25.46] Francesco scrive:
ma tuo fratello vive lì? fa il pilota per cosa?
[20.25.52] Luca scrive:
noooooooooo mio fratello non era il pilota! :D
20.26.00] Luca scrive:
mio fratello era venuto con la ragazza quell’estate
[20.26.11] Francesco scrive:
ma il secondo aereo è diverso!?
[20.26.25] Francesco scrive:
ah ok ho capito
[20.26.33] Francesco scrive:
ma il secondo?
[20.26.58] Luca scrive:
e ha fatto il giro al pomeriggio con ‘sto tipo (pagando 100
euri)
[20.27.08] Luca scrive:
l’aereo è uno solo
[20.28.17] Francesco scrive:
terribile, loro illesi?
[20.28.23] Luca scrive:
ma si! loro hanno fatto il giro nel pomeriggio
[20.28.32] Luca scrive:
e il tipo è caduto la sera
[20.28.56] Francesco scrive:
ah ok
[20.30.08] Luca scrive:
solo che la cosa è stata interessante, per mio fratello,
intendo: mostrare agli amici le foto davanti all’aereo il
pomeriggio (prima di fare il giro) e la sera (dopo la caduta)
eh eh eh
21
FUORI DAL MONDO
Umberto
Guidoni
Il primo astronauta comunista in
quota Nasa incontra Permalink
di Eugenio Orsi
Forzando un po’ le cose potrei
arrivare a sostenere che Umberto
Guidoni è uno space-blogger. In
realtà è molto di più: Umberto
Guidoni è l’unico astronauta
comunista e italiano ad essere
entrato in quota Nasa. D’altra
parte, Guidoni, io l’ho conosciuto grazie al suo diario di
bordo, pubblicato sulla sua
home page. Sarà per questo che
mi è rimasta questa impressione.
Quello che conta però è che
Guidoni è il primo astronauta
nostrano ad aver volato a bordo
di uno Space Shuttle. Da questa
esperienza è nato il libro “Il
giro del mondo in 80 minuti”.
Permalink ha incontrato
Guidoni in occasione della
presentazione della seconda
edizione di quest’opera e abbiamo scambiato due chiacchiere
sulla politica, lo spazio, e la
sensazione di stare a 400 km
di altezza lontani da casa.
Immagino che i suoi colleghi
americani siano al corrente
della sua attività politica in
sede europea. Non per fare
facile ironia, ma “Un comunista alla Nasa” sembra quasi
il titolo di un b-movie scifi...
A parte gli scherzi che tipo
di reazioni suscita questa
particolare situazione?
All’epoca delle missioni non
facevo attività politica. Comunque parlavamo molto della
nostra attività specifica, oppure
di cose di famiglia. Sulla politica siamo rimasti sempre molto
sul generale, anche perché è
molto difficile spiegare agli
americani cosa vuol dire comunismo europeo che è molto
differente da quello sovietico.
Ci trovavamo sicuramente
meglio sul piano scientifico...
Dal suo diario di bordo (a
proposito è difficile scrivere quando si è in orbita?) si
capisce che nonostante lei sia
decisamente una persona fuori
dal comune, mantiene uno stile di vita semplice e un modo
di porsi verso il prossimo
molto colloquiale. Non è da
tutti, sa, non solo le rockstar
si montano la testa, anche i
politici, i professori e gli scienziati sono a rischio divismo...
Prima di passare allo spazio ho
un’altra curiosità sulla attualità
politica. Il rapporto storico
fra il vecchio Pc e il nucleare non è stato un esempio
di grande coerenza. Oggi i
neocomunisti mi pare siano
tutti sfavorevoli all’opzione
atomica. Lei come la pensa?
Conta molto come sei maturato il tipo di concezione che
hai della vita. Io credo che si
raggiungano degli obiettivi
con grande sforzo e con grandi
sacrifici. Questo ti mette
nell’ottica che questi obiettivi
siano raggiungibili per tutti e
non servano cose particolari.
Anzitutto bisogna fare considerazioni tecniche ancor prima
che politiche. Io credo che il
nucleare abbia degli svantaggi e dei vantaggi e che per il
momento gli svantaggi siano
superiori dei vantaggi. Io credo
che l’Europa abbia scelto, e
questa è una scelta politica, di
puntare sulle rinnovabili e sulla
generazione distribuita piuttosto che sui grossi impianti e
credo che questo abbia valore
anche nell’aumentare la democrazia nell’utilizzo delle energie.
Tenere il diario non è
stato difficile, lo scrivevo con il computer...
Permalink n. 2 Marzo 2007
Eugenio Orsi
Grazie ad una
raccomandazione è l’unico
che si è scritto il profilo
da solo. E’ un giornalista
acuto e molto preparato, di
lui tutti amano la pazienza
e lo spirito empatico. Mai
fidarsi di un salumiere
quando parla di prosciutto. Passando alle missioni spaziali. Penso spesso alla pressione a cui si è sottoposti. La
consapevolezza del rischio,
la sfida alle “leggi naturali”, alla morte. Immagino
che più che eroismo, serva
preparazione psicologica.
La preparazione serve proprio
a conoscere i propri limiti, a
22
FUORI DAL MONDO UMBERTO GUIDONI
Fra le stelle
Il primo volo spaziale di Umberto
Guidoni è stato a bordo della
navetta Columbia nel 1996. Scopo
della missione: portare in orbita
un satellite e fare un esperimento
di microgravità. La seconda volta è
stata con lo Space Shuttle Endeavour
per lavorare all’assemblaggio della
Stazione Spaziale Internazionale.
In totale Guidoni è stato all’esterno
dell’orbita terrestre per nemmeno
700 ore, quanto basta per percorrere
un interrail stellare da 18 milioni di
chilometri. Nato a Roma nel 1954,
Guidoni non ha perso passione per le
sue radici, tanto che se guardate nel
suo curriculum (si trovata facilmente
online) rimane orgoglioso nelle prime
righe, alla voce “studi”, il diploma
conseguito al Liceo Classico “Gaio
Lucilio”. Inizia la sua carriera come
fisico fino al ‘94, quando verrà
chiamato alla Nasa. Scalfaro e Ciampi
gli conferiranno entrambi altisonanti
medaglie e nomine della Repubblica.
Dal 2004 la vita di Guidoni è cambiata
ancora una volta con un elezione
da deputato al Parlamento Europeo
nelle fila dei Comunisti italiani. In
questi anni l’impegno politico di
Guidoni è rivolto ai temi della pace,
dell’ecologia e della democrazia, in
un mondo dominato dalla tecnica.
sapere quello che puoi fare e
quello che non puoi fare. E poi
accetti dei margini su cui non
puoi influire e sai che ci sono
casi in cui se va male, non puoi
fare nulla. Sono margini piccoli
e cerchi di ridurli sempre al minimo, però ne sei consapevole.
Quanto è importante in
questo senso il ruolo dello
psicologo che vi assiste? Ho
l’impressione che mantenere
un buon equilibrio possa non
essere un’impresa banale.
In una battuta possiamo dire
che alla Nasa sei sempre sotto
osservazione anche nelle cose
fai normalmente in ufficio,
nelle situazioni sociali, sotto
stress durante le simulazioni,
sei sempre sotto osservazione.
Cosa si prova nel veder cadere
nello spazio infinito una
navicella? A lei è
successo nella realtà,
ma al contempo
questa è una scena
topica dell’immaginario spaziale,
quasi un archetipo.
E stata una bella... una
bella botta, però va
be’, alla fine devi reagire, noi eravamo molto tesi però anche da
terra ci hanno detto di
continuare, dovevamo
continuare il lavoro
che dovevamo fare.
In questi anni c’è
questa paura, nemmeno tanto teorica,
di possibili guerre
condotte con l’ausilio
di satelliti. Fra addetti
ai lavori si sentono
discorsi inquietanti
su “guerre stellari”
prossime e venture
e teorie spaventose
sulla così detta “full spectrum
dominance”. Lei propende per
una tesi ottimista o pessimista
per quanto riguarda la pace
spaziale nel prossimo futuro?
Io sono ottimista, ma bisogna
impedire decisioni unilaterali perché lo spazio è troppo
importante per militarizzarlo.
Un po’ come è successo in
Antartide bisogna anche per
lo spazio scegliere la collaborazione. Io penso che sia possibile, poi naturalmente Bush la
pensa diversamente, però lui è
il presidente degli Stati Uniti,
non gli Stati Uniti. Se cambia
la politica degli Stati Uniti può
tornare lo stesso clima di collaborazione che ha dato successi
importanti come la Stazione
Spaziale Internazionale.
Permalink n. 2 Marzo 2007
Per finire, una domanda che
un po’ mi imbarazza, ma che
mi sentirei in colpa a non fare.
In qualche modo l’esperienza
di uscire dall’orbita terrestre
ha avuto un’influenza sulla
sua personale rappresentazione della vita aliena? Voglio
dire, si sente più o meno
propenso a credere all’esistenza ad altre forme di vita?
Ero già convinto che con molta
probabilità esistono. Andare
nello spazio mi ha confortato in
questo, ma non in maniera particolare: ero già convinto prima. Penso al numero enorme
di stelle e, come diceva Sagan,
sarebbe uno spreco di spazio! ■
23
PDF MAGAZINE
al vettore
Un piccolo grande pdf magazine (insomma: scalabile)
di Graziano Nani
Vektorika Magazine. Nove
numeri di espressione artistica via vettore. Punto e
basta. La potenza di Vektorika: la concettualizzazione
delle singole edizioni.
Numero 8: Love. Non una
parola di più. Cento pagine, e
oltre, per altrettante finestre su
pianeti di amorevolezza vettoriale. Giusto qualche intervista,
ogni tanto, per spezzare. Come
quella a Mr. Paul Bush, from
Idaho, USA, tra le prime pagine. Background, provenienza,
stile di lavoro. Tre paginette
snelle - come le donne che le
popolano - e poi via. Chilometri di gambe intrappolate da
reti di calze e mondi variopinti
abitati da orsetti caramellati.
Eros e Thanatos ruotano attorno a vortici di punti e accrocchi di linee. Amori poligonali
si manifestano mostrando le
curve più opportune attraverso rette e segmenti di luce e
colore. C’è spazio per lo stile
Jappo più fresco e ingenuo e
per spunti fumettistici di rara
beltade. Non mancano preziosi pimpaggi automobilistici
e sbrilluccicanti scenari very
naif. A metà pubblicazione
altra breve intervista al Signor
Zed, dal Brasile, vero e proprio tossicomane del vettore.
Pagina 50, vedere per credere.
Certe tavole lasciano emergere
la provenienza degli artisti,
angoli di globo ove linee e
poligoni succhiano umori, colori, suggestioni. Altre
rimangono a galleggiare in un
liquido amniotico di decadi
consumate da un decennio di
contaminazione globale senza
fondo. Ancora tre pagine per
vedere cosa ha da dire Tema
Graziano Nani
E’ risoluto a dare
finalmente più sfogo al
vettore che ospitava senza
saperlo, e da questo
numero si considera meno
raster che mai. Parigi
è vettoriale, Milano è
bitmap. La sua vita non è
più la stessa.
Amore al vettore
sx: Niklas Klansmeyer
dx: Simon So
Permalink n. 2 Marzo 2007
24
PDF MAGAZINE VEKTORIKA
Semenov, giovane e talentuoso
artista russo dal vettore facile.
Falci, labbra, gambe e martelli
da gustare in avvolgenti tonalità
pastello. E poi di nuovo giù, a
saziare le viste fameliche con
angolature, prospettive, fogge e
sostanze de l’amour. Dice bene
Niklas Kansmeyer, teutonico di
Germania, pagina 106: «Cause
eye love points and lines».
Numero 7: Rock. Topic differente, ma altrettanto sfidante e
ambizioso. Raffigurare attraverso una serie di tavole toni,
sapori e suggestioni coagulatesi
intorno ad un concetto tanto
suggestivo quanto inflazionato.
Qui il gioco si fa iconico e dissacrante. Rock n Roll is not pink,
che sia chiaro per tutti. E tra un
Gallagher smargiasso e un Morrison essenziale nel suo bianco
e nero, in un delirio di psiche-
delica indonesiana mi compare,
come un lampo, la sagoma di
chi si è elevato a simbolo del
più mancino e colossale talento
chitarroide. L’iconografia è
senz’altro ben solida, piantata
com’è su granitiche marshallone vecchio stampo e Fender
sempreverdi propinate in salse
le più disparate. Mancano crani
mortiferi, fuoco, catene? No, di
certo. Ma ben intervallati dalle
mitologie più nobili e antiche.
Le lingue si protendono da
bocche fameliche di nero truccate, indice e mignolo si ergono
ben tesi immolati ad un essere
mitologico multicorde metà
legno e metà metallo. Mentre donnine discinte offrono
i loro corpi in cambio di un
pugno di accordi sgangherati.
Infine, una chicca di casa
nostra. L’intervista all’italiana
Permalink n. 2 Marzo 2007
Ida Belogi, pagina 52. Romana,
classe 1969, presenta una serie
di lavori in bilico tra un algido
erotismo e scenari post-atomici
e contradditori. Le sezioni del
suo sito, con i lavori tracciati
da 5-6 anni a questa parte,
meritano una visita. Le opere
artistiche con i volti di donna e i corpi nudi scolpiti nel
pixel. I lavori per il web e gli
scatti fotografici. Un’attitudine
creativa a 360 gradi che fagocita, metabolizza e rielabora la
realtà, salvo scordarsi di tutto
e ricominciare da zero. Un
oblio, quello di Ida, che si fa
fulcro e origine dell’energia che
ordisce le sue trame creative.
Al punto che «quando perse
la memoria ci fu una grande
festa con funamboli, elefanti, tigri e mangiafuoco» ■
Scalabili e RnR
sx: Colin Lee
dx: Yaroslav Lozkhin
25
LETTERATURA
Flash
Narrativa dei tempi che corrono. Scrivere veloce per
vivere furiosamente
di Claudio Mastroianni
iei cari Bianconigli, diciamocelo:
viviamo una vita
frenetica. Stressati e iperattivi,
ci barcameniamo fra impegni
e nullafacenza con un’esistenza scandita dai prodotti di
consumo. Cinque minuti, solo
cinque e vedrai: evitiamo anche
di perder tempo a cucinare, ma
poi stiamo giorno e notte, giorno
e notte a cercare di eliminare
quei chili di troppo senza star
lì ore a fare sport. Navighiamo a vista: non c’è tempo per
riflettere, per ragionare, per
approfondire. Ma non è niente
di innovativo, nessun italian
style: tutta importazione USA,
che di questo modo di vivere
ne ha fatto una bandiera. Di
stress e fretta ne capiscono, gli
americani: sempre di corsa, non
stupisce che siano diventati
maestri nel comprimere i tempi, nel far diventare fast il food e
speed il dating. Filano via come
un treno e tutto il resto si deve
adeguare. Letteratura compresa.
Il fenomeno della Flash Fiction
nasce forse proprio così: dall’esigenza statunitense di snellire e accelerare tutto, perfino
la narrazione. Il termine se lo
sono inventati i coniugi James
e Denise Thomas – assieme
a Tom Hazuka – come titolo
di un loro libro del ‘92 (Flash
Fiction: Very Short Stories, W.W.
Norton & Company, 1992,
pp. 224): una raccolta che vede
impegnati 75 autori nella scrittura di storie brevi, molto brevi
(la più corta – “Water”, di un
tal Fred Leebron – in sole 185
parole). In poco tempo vedono
la luce numerose “variazioni
sul tema”: Flash Fiction, Fast
Permalink n. 2 Marzo 2007
Fiction, Post-card Fiction,
Sudden Fiction, Short-short
Fiction. Molti nomi diversi,
un’unica idea: scrivere una storia
completa – con un protagonista,
un contesto, un problema e la sua
risoluzione – in maniera concisa,
pesando bene ogni singola parola.
Parole le quali in genere non
arrivano a superare le 1000
unità, per creare racconti
agita-e-gusta da leggere rapidamente, adatti a chi ha poco
tempo da perdere. Una sintesi
lessicale molto simile a quella
operata in campo poetico dagli
ermetici o dai maestri haiku,
ma applicata in questo caso
alle composizioni in prosa.
Si avvicinano ancora di più alla
brevità dell’ermetismo alcune
versioni più radicali della Flash
Fiction, che portano il limite
massimo di termini utilizzabili ad una cifra ancora più
bassa. Come le microfiction
(che si limitano a 300 parole)
o ancora di più come la 55
Fiction, genere narrativo che ha
come regola base la stesura di
un racconto in 55 parole, non
una di più, non una di meno.
Un’idea partorita dalle menti
dietro al New Times – settimanale indipendente di una
cittadella californiana di più
o meno 40.000 abitanti – già
qualche anno prima dei coniugi
Thomas. Nel 1987, anno a par-
Claudio Mastroianni
Aka Gattonero. I suoi
sostenitori più fisicati
dicono di lui che un
vero diavolo può
anche vestire H&M,
aggiungendo: “fottiti”
rivolti all’interlocutore. Non
avrebbe prestato la voce a
Edna “E” Mode nemmeno
se fosse stato anche lui
Amanda Lear. Perché, se lo
fosse, saprebbe benissimo
come impiegare meglio il
suo tempo.
26
LETTERATURA FLASH FICTION
tire dal quale la rivista indice
un concorso dedicato proprio
agli appassionati del genere, che
stanno diventando sempre di
più anche grazie al tam-tam di
internet e soprattutto dei blog,
con cui la 55 Fiction sembra
avere in comune l’immediatezza e la freschezza di linguaggio.
55fiction.com propone vari
esempi di questo genere letterario. “La mia vecchia chiave
aprì la porta, e l’istinto mi guidò
in salotto. Dopo vent’anni, il
fetore dell’alcol resisteva. Potevo
ancora sentire il sapore del respiro
beffardo di papà. Avvicinandomi
da dietro alla vecchia poltrona
di pelle, sollevai la pistola. Il bicchiere si frantumò sul pavimento, scotch e sangue danzarono
sul tappeto.” Le Flash Fiction
parlano d’amore, famiglia,
rapporti interpersonali, spesso
con un tocco di amarezza per
i sentimenti che finiscono e
si disgregano. A differenza
dei componimenti ermetici
– tuttavia – questa narrativa
condensata non arriva a sfiorare
il cripticismo, mantenendo un
significato chiaro e di facile
lettura. Ma in alcuni casi vi
è anche qualche concessione
all’interpretazione, spesso
affidata a un’unica frase finale
che diventa nuova chiave di
lettura e stravolge il senso
che inizialmente il racconto
sembrava avere: ”Erano state
dette tutte le parole giuste,
tranne tre. Padre Patrick si
avvicinò da solo alla fossa
ancora aperta, prese un pugno
di terra e lo gettò dentro,
sulla bara. Il Monsignore era
stato per lui luce, rifugio,
compagno in cose che solo Dio
poteva giudicare. Semplicemente, non poteva dire la
verità: «Io lo amavo».”
alcune storie molto brevi in una
iniziativa chiamata Fast Fiction
Friday. Per chi non conoscesse
Warren Ellis, si potrebbe citare
fumetti di culto come The Authority o Planetary, ma la cosa
non renderebbe giustizia alla
personalità geniale dell’autore
britannico: scrittore di racconti
e serie televisive, visionario
personaggio dalla personalità caustica, Ellis si è sempre
dimostrato attento al progresso
e alle tendenze futuristiche letterarie; Flash Fiction compresa.
Peccato che il suo vecchio sito,
Die Puny Humans, sia stato
cancellato per far posto ad un
forum, facendo così perdere le
tracce del Fast Fiction Friday.
La Flash Fiction non
sembra aver attirato solo
l’attenzione della Rete.
Ad osservare con interesse questo fenomeno
anche alcuni rappresentanti del “regno”
dei Comics: fra questi anche Warren
Ellis ha voluto dire
la sua, sfidando
alcuni suoi lettori
– nel maggio del
2004 – nella
scrittura di
Permalink n. 2 Marzo 2007
27
LETTERATURA FLASH FICTION
Speculare, invece, l’approccio
di un altro autore di comics,
britannico e interessato alla
Flash Fiction: Lee Burnett. Se
Ellis ha invitato altri a scrivere
fast fiction, Burnett ha invece
preso come impegno – da due
anni a questa parte – quello di
scrivere in 200 parole circa una
storia che ruoti attorno a termini proposti dai lettori del suo
Journal. Un “Challenge” da cui
Barnett ha anche ricavato un
volume di 66 pagine, scaricabile online in formato pdf, in cui
l’autore si è dovuto confrontare
con parole come “osmosi”,
“pletora”, “elefantino”, “ranuncolo”, “rettale” creando ogni
volta un piccolo microcosmo.
Ma c’è anche chi sopra questo
fenomeno ci guadagna, come
dimostrano i (tanti) corsi tenuti
negli Stati Uniti da “rinomati esperti” sulla scrittura
rapida, la scrittura sintetica,
come scrivere un racconto di
cinque minuti, and so on. Se
invece siete più interessati a
leggere che a scrivere, ma se
siete talmente di fretta da non
poter fare neanche una ricerca in rete, nessun problema.
Espresso Fiction è quello che
fa per voi: per 7 dollari al mese
vi manda un mini raccontino
direttamente nella vostra email,
da leggere prima di uscire. Chi
non legge un raccontino per
email prima di uscire, almeno
una volta a settimana? Se non
ci fossero loro, come faremmo?
E l’Italia? In Italia, si sa, le cose
arrivano o tardi o deviate. Se
negli Stati Uniti ci si accontentava di fiction in 55 parole, gli
italiani bravagente si sono dovuti sorbire castronerie in 160
caratteri: poesie sms, storielle
sms, racconti sms, barzellette
sms. Un tripudio di x e di k.
Non molto diverso il rapporto
con la Rete italiana (anche in
questo caso, in particolare con
i blogger), per quanto relativamente più viva dal punto
di vista culturale e letterario.
L’esempio forse più vicino alla
Permalink n. 2 Marzo 2007
flash fiction è quello fornito
da Zop blog in alcuni suoi
racconti brevi, “pensati per
una lettura a monitor”. Ma
siamo ancora lontani da una
diffusione a largo spettro. Ci
si è avvicinato – in qualche
modo – il blogger Eio, che
col suo fincipit è riuscito a
risvegliare le velleità artistiche “in breve” di buona parte
della blogosfera italiana, con
un concetto molto simile alla
55 Fiction: raccontare una
storia in poco più di due frasi,
con un inizio e una fine (e
una buona dose di ironia). Il
tutto, ispirandosi alle storie dei
grandi classici della letteratura
ma anche a canzoni, televisione, cinema, cultura popolare.
Ottenendo un seguito di oltre
un migliaio di commenti (e
un articolo su Repubblica).
Ma siamo ancora lontani dal
vedere la Flash Fiction in Italia.
Nel frattempo siamo costretti
a leggere noiosi tomi di un
centinaio di pagine scarse,
a sforzarci di seguire trame
complesse. Poveri noi. Meno
male che esistono gli americani: creativi, brevi, concisi ■
28
RACCONTO DEL MESE
“Acqua
Persa”
di Salvatore Nicosia
ersa nel senso di
perduta, sprecata, buttata
via, consumata,
sperperata; ma
anche nel senso di remota,
antica, persa nella memoria di un
tempo lontano, quando il rapporto dell’uomo con l’acqua era
diverso. Non meccanico, come
oggi (apro un rubinetto o un
interruttore, e l’acqua arriva abbondante, non si sa come e non
si sa da dove), ma umanizzato,
trepidante, pieno di attenzione
e di apprensione: se ne poteva
individuare la scaturigine, seguire
il percorso, vederla crescere, con
gioia, e diminuire, con la morte
nel cuore.
Il terminale civico era un’unica
fontanella pubblica, con due
cannoli agli opposti lati, perennemente assediata da una
inverosimile quantità di recipienti
d’ogni foggia e materiale (non la
plastica, ancora ignota), di argilla
di alluminio di rame, piccoli
medi e grandi, quartare, bùmmuli, bagneruole, secchi, pentole,
lanceddri, bidoni, casseruole,
tegami: tutto ciò, insomma,
che poteva configurarsi come
caputa. Disposti in fila lungo
i raggi che si dipartivano dal
centro costituito dalla fontanella,
appartenevano alle varie famiglie
utenti del servizio, secondo un
rigoroso ordine di priorità e di
turnazione. Dopo giorni di attesa
inoperosa, tutto quel pentolame
entrava in azione per un paio
d’ore con l’arrivo lungamente
agognato di don Totò il ferraro,
detentore responsabile di una
enorme chiave di ferro capace
di girare un grosso bullone che
lui solo riusciva a pescare da un
tombino poco lontano: e l’acqua
arrivava improvvisa, scrosciante,
liberatoria, fra le urla e gli strepiti
di tutto il quartiere. Malgrado la
convenzionale ma rigorosa fissazione dei turni, era difficile che
non si verificassero, nel corso di
una erogazione, un po’ di baruffe
e di accapigliamenti, con relativo
uso improprio di secchi e pentole. Le più pericolose erano le tre
sorelle Ntro-ntrò, che abitavano
proprio accanto alla fontanella,
e in qualche modo se ne consideravano utenti privilegiate, se
non proprietarie. Riuscivano ad
occupare quasi sempre il primo
turno (si vociferava di un accordo
sotterraneo con don Totò il ferraro), e al momento dell’orgasmo
acquatico ricevevano man forte
da quattro nerboruti fratelli,
che immagazzinavano in casa
mentre le sorelle riempivano, e
talvolta avevano pure l’arroganza
di riportare gli stessi recipienti già
svuotati: suscitando le proteste
di chi magari aveva due o tre
quartare soltanto, e provocando
sacrosante furiose risse.
Seguiva la gestione domestica del
prezioso liquido, oculata, attenta,
Permalink n. 2 Marzo 2007
fatta di un utilizzo plurimo e di
cicli differenziati: prima la faccia,
poi i piedi, infine il gabinetto
(se c’era); per i lavaggi, prima i
tessuti bianchi, poi quelli a colori,
infine il pavimento; per la cucina,
prima la pasta, poi i piatti, e infine gli animali domestici; e così
via, sempre nella stessa acqua.
Perché la scorta doveva durare
per un periodo di 8-10 giorni. E
quell’anno di particolare siccità
(era il 1980), che il grano era
rachitico e ingiallito già nel mese
di aprile, e la distribuzione avveniva ogni tre settimane, e si era
letto sul giornale che a Genova
avevano occupato la ferrovia perché l’acqua gli arrivava soltanto a
giorni alterni, Pino Piranio pensò
bene di inscenare una clamorosa
protesta: drizzò una tenda al centro della piazza, vi si installò giorno e notte, riempì di cartelloni i
muri della Chiesa madre, costituì
il C.A.P.R.I. (Comitato Agitazione Popolare Risoluzione Idrica),
e persuase la popolazione a dar
vita ad un corteo e a partecipare
alla protesta. Erano almeno tre
decenni che non si verificavano
mobilitazioni di massa, dai tempi
dell’occupazione delle terre.
Dapprima silenzio, poi calarono
da Milano e da Roma gli inviati
dei giornali di sinistra, alla ricerca
di movimenti di popolo in un
periodo di magra, infine anche
il Giornale di Sicilia fu costretto
suo malgrado a parlarne. Si
presentarono alcuni politici re-
Salvatore Nicosia
Grecista, docente di
Lingua e Letteratura greca
all’Università di Palermo,
è scrittore irregolare e
desultorio.
29
Questo racconto ci è stato
gentilmente concesso dall’editore
siciliano Navarra ed è parte del
progetto Margini, una pubblicazione
semestrale distribuita in Sicilia e in
alcune grandi città italiane. Spiega
l’editore: «La rivista nasce con
l’intento di pubblicare, insieme ad
autori già noti, narratori sommersi
degni di qualche attenzione e di
creare uno spazio condiviso da
chi pratica il racconto [...]. Il titolo,
Margini, fa riferimento anche alla
linea di confine geografico e culturale
su cui si colloca la Sicilia, segnalando
quindi l’apertura ad ospitare racconti
dagli “altrove” con cui il confronto
sembra più necessario. Il tema del
secondo numero è dedicato alla
cosmopolis e alla problematica dei
migranti. Tra gli autori presenti nei
primi numeri della rivista Giulia
de Spuches, Costanza Quatriglio,
Bianca Stancanelli, Salvatore Nicosia,
Gian Mauro Costa, Arturo Grassi,
Giuseppe Crapanzano, Giovanni
Massa, Fulvio Vassallo Paleologo,
Pupino Samonà, Beatrice Monroy,
Marcello Benfante e molti nuovi
narratori. “A un giovane marocchino,
a Ragusa, è stato notificato un
provvedimento di espulsione
dall’Italia. Dove sta la notizia?
Nel fatto che lo stesso giovane,
anni fa, chiamato alle armi dallo
Stato italiano, aveva regolarmente
svolto il servizio militare. Dove
sta la piccola riflessione? Eccola:
per misurare l’integrazione, il
multiculturalismo, la convivenza nelle
città multietniche, per prima cosa
bisogna raccogliere un repertorio
di storie, vere o possibili, che più
delle congetture ideologiche e delle
analisi politiche, rendono palpabili
contraddizioni, assurdità, violazioni
dei diritti elementari. Il terreno delle
previsioni sociologiche, delle teorie
antropologiche, si rivela fra l’altro
spesso scivoloso e inattendibile.
Prima l’Inghilterra sembrava un
modello riuscito di integrazione, si
ipotizzava una caduta di barriere a
partire dalla terza generazione di
immigrati. Quel che è accaduto sta
sovvertendo queste teorie. A Londra
le seconde, le terze generazioni, al
contrario della prima, ligia alle regole
occidentali, stanno rivendicando
autonomia, identità, diversità e
talvolta si spingono al limite del
rifiuto totale».
gionali, qualche sindaco di paesi
vicini, il presidente dell’EAS in
persona. Per parte sua, il sindaco
sposò la causa che prima aveva
avversato, e si aggregò alla protesta, adducendo a motivazione il
disagio di quel migliaio di immigrati che ad Agosto rientravano
dalla Svizzara e dalla Germania,
e che avevano, a quanto pare,
contratto l’abitudine di farsi quotidianamente la doccia, e minacciavano seriamente, diceva lui,
di non tornare più in quel paese
RACCONTO DEL MESE SALVATORE NICOSIA
caro al loro cuore, ma siccitoso
oltre ogni decenza. Si ispezionò la
condotta idrica che partiva dalle
Madonie, se ne constatarono le
infinite falle, si ripararono alla
meglio le più vistose, e l’acqua
assunse un ritmo di triduo: che
era inferiore a quello di Genova,
ma non determinava proteste,
che anzi parve a tutti di toccare il
cielo con un dito.
Ancora più diretto era il contatto
con l’acqua nelle campagne.
Riusciva difficile capire come
facesse quel filino d’acqua che si
perdeva e scompariva tra le sabbie
di un letto enorme, circondato di
arvanazzi (pioppi) e masticogne,
a trasformarsi d’inverno, agevolato da qualche temporale, in un
torrente furioso che inondava i
campi travolgendo piante, animali e non di rado uomini. C’erano,
è vero, i pozzi. Disseminati qua e
là, alcuni chiaramente individuabili per un imponente parapetto
circolare di balatoni bianchi, e
magari un arco di ferro con una
carrucola per facilitare la risalita
del secchio, altri con un semplice
giro di pietre sistemate alla bell’e
meglio, che almeno serviva a
segnalarlo, ma altri ancora, numerosi e pericolosissimi, scavati
al livello del terreno: tanto che si
poteva, se erano ricchi d’acqua,
distendersi a faccia in giù e attingere acqua nel cavo della mano.
Operazione dalle madri trepidamente sconsiglata, in quanto
pericolosa: il rischio, diceva mia
madre implorante, era che la
vavareddra, il riflesso dell’acqua
contro il cielo luminoso, afferrasse per la testa chi beveva, e lo
tirasse giù: cosa che – assicurava
– era accaduta tante volte. Molti
anni dopo lessi il mito greco di
Hylas: inviato da Eracle ad attingere acqua durante una sosta
della spedizione degli Argonauti,
il bellissimo Hylas suscitò l’amore
delle Ninfe abitatrici della
sorgente, che lo attirarono a sé. E
capii che la paura di mia madre,
Permalink n. 2 Marzo 2007
che certamente non conosceva
quella storia, aveva dalla sua parte
la più potente delle verità, quella
del mito. Non mitica, ma disperata, fu invece la scelta di Giosuè
Scorciascecchi, ancora negli
anni Novanta, quando erano
stati ormai elaborati moderni e
raffinati modi di uscire dalla vita:
e lui invece, quel pomeriggio di
una domenica di maggio, si recò
in una sua lontana e abbandonata
proprietà, e optò per quella arcaica, arcestrale maniera di morire,
lasciandoci tutti sgomenti.
I pozzi più antichi, succedeva
talvolta che si inaridissero da
soli, senza plausibile motivazione; e quelli nuovi bisognava
farli scavare da scavatori esperti
e professionali. Ce n’era uno, in
particolare, un tale Catalano,
che godeva fama di maestro,
anzi di mago dei pozzi. Quando
quello antico, che forniva
un’acqua salmastra sgradita
persino agli animali, cominciò
a calare pericolosamente di
livello, mio nonno lo ingaggiò
per scavarne uno nuovo. La
scelta del punto strategico fu
lunga e laboriosa: malgrado un
fosso sempre lussureggiante di
erba e di mentastro suggerisse
inequivocabilmente la scelta
giusta, quel gran tecnico di Catalano si ostinò a collocarlo dieci
metri più a sinistra, adducendo
misteriose spiegazioni relative
all’andamento sotterraneo
della falda: una materia di cui si
intendeva soltanto lui. Trivellò
30
RACCONTO DEL MESE SALVATORE NICOSIA
per mesi, da solo, con il piccone
e con la pala, sprofondando ogni
giorno di più nelle viscere della
terra, finché non ci furono più
scale sufficienti a farlo arrivare al
fondo. Ma l’acqua non affiorò
mai, e si dovette fare pure la
fatica di rinfilarci dentro tutta
quella montagna di terra che lui
aveva estratto. Del ricorso ad
un professionista forestiero per
rimediare al mal fatto, anzi ad
una professionista, una rinomata
rabdomante, rimane ancor oggi
traccia inconfutabile in una
grande fotografia: raffigura una
bellissima signora vestita di nero,
con un ampio mantello e un
cappello a larghe falde, cavalcante “alla femminina”, cioè con
le gambe rivolte entrambe dallo
stesso lato, mentre mio nonno,
che passava più tempo a cavallo
che sulla sedia, viene vergognosamente immortalato, con tutti i
suoi lucidissimi stivali, nell’atto
di guidarle per le redini il cavallo
lungo gli impervi sentieri del
feudo, appiedato e umiliato
palafreniere. Del pozzo che fu
scavato in quel giro campestre, se
mai ne fu scavato uno, nessuno
seppe mai: tanto che qualcuno,
e in particolare mia nonna,
espresse qualche dubbio sulle
virtù rabdomantiche di quella
imponente signora.
La percezione della difficoltà e
della pena di procurarsi l’acqua,
risalente agli anni dell’infanzia,
non mi ha abbandonato mai più.
In Grecia e in Turchia mi sembrava segno di civiltà elevatissima
che ogni bar mettesse gratis a
disposizione dei passanti assetati,
davanti alla porta e quasi sulla
strada, bicchieri ricolmi di acqua
fresca che un bambino (lavoro
minorile, purtroppo!) riempiva
in continuazione. Ma le mille
fontane di Roma che a tutte
le ore del giorno e della notte
riversano incessantemente acqua
che solo di tanto in tanto disseta
qualche passante, mi hanno sempre provocato un senso di frustrazione e di disagio; e la visione
quotidiana di una fontanella che
a Piazza Vittoria, qui a Palermo,
sprecava acqua da mattina a
sera, in una stagione in cui tutti
i giornali non parlavano d’altro
che della terribile siccità (siamo
alla fine degli anni Ottanta), e
della necessità di risparmiare,
mi indusse a scrivere una lettera
al Giornale di Sicilia: “Egregio
direttore, ogni mattina, prima
di recarmi al lavoro, apro tutti i
rubinetti di casa mia, e li lascio
aperti, consumando quanta più
acqua possibile; e lo continuerò
a fare, spudoratamente, fino a
quando qualcuno non provvederà a dotare la fontanella di
Piazza Vittoria di un rubinetto”.
Non so se qualcuno lesse la mia
lettera, e provvide, o se la siccità
aveva ormai disseccato anche
quella fonte: fatto sta che quello
scempio finì.
Permalink n. 2 Marzo 2007
Di quella gestione antica
dell’acqua sono rimaste, nel
dialetto siciliano, tracce significative. “Livari l’acqua” vale
“ridurre in difficoltà qualcuno,
togliergli l’ossigeno” (come
faceva appunto don Totò quando
toglieva l’acqua); “mèttirisi
l’acqua dintra” significa acquisire
una posizione invidiabile, come
di chi, essendosi dotato di una
condotta all’interno della propria
casa, non è più costretto ad
andare alla fontanella pubblica,
e si dice per lo più ironicamente,
nel senso di mettersi i guai in
casa; e “acqua persa” è sinonimo
di fatica inutile. Nella piazza di
un paesino siciliano era capitato
una volta un turco sbandato (e
sarà stato, piuttosto, un arabo).
Prontamente attorniato da tutti i
paesani incuriositi, ma rassicurati
dal loro soverchiante numero, si
decise su due piedi di battezzarlo.
“Lo dobbiamo fare cristiano, gli
dobbiamo dare l’acqua benedetta”, dicevano a gara, presi da
entusiasmo religioso. Qualcuno
corse a chiamare il prete, per la
traduzione operativa di quella
forzata conversione. Il prete arrivò col suo comodo, e chiese il
motivo di tanta eccitazione. “Lo
dobbiamo convertire, lo dobbiamo fare cristiano”, risposero
in coro. “Ma che dite, parrocciani miei, quello ha un’altra
religione, un altro dio, quello è
un turco, è inutile dargli l’acqua
benedetta, cercate di ragionare”,
argomentava il prete. E poiché
quelli insistevano, e lo pregavano
ormai minacciosamente, allargò
le braccia, e rassegnato si arrese:
“Se proprio lo volete battezzare,
battezziamolo pure: ma per me, è
acqua persa”.
Sarà politicamente scorretto,
ma io l’ho sentita raccontare
proprio così, dal barbiere che
operava nella piazza del paesino
dove avvennero i fatti, tanti e
tanti anni fa ■
31
FOTOGRAFIA
Racconti
dal marciapiede
Da NY l’arte in bianco e nero di Alessandro Zuek Simonetti
di Fabrizio c151.com
Non saprei davvero come
definire il mio “fotografare”,
mi piace intendere la fotografia in senso allargato, amo il
reportage, raccontare storie
attraverso le foto, ritrarre
persone e scattare per strada.
La gente soprattutto. Ma
appunto amo l’immagine in
generale, sia essa realizzata
attraverso un foro stenopeico
che con un banco ottico.
Quali sono le caratteristiche di una buona foto?
i chiamano
street photographer e si
collocano forse
nell’estremo
avamposto di una lunga
tradizione di fotogiornalisti,
in un’epoca nella quale il
ruolo del reporter sta sempre
più perdendo autonomia
editoriale, al cospetto dei
grandi player internazionali dell’informazione.
La loro specialità è arrivare a
fotografare laddove gli altri
non riescono o forse non
vogliono arrivare: i ghetti urbani, i nuovi poveri e le tante
realtà che costituiscono quel
mosaico che è il tessuto sociale delle nuove città globali.
Leggere la città per poi cercare
di raccontarla attraverso il
foro stenopeico della macchina fotografica: Lui è Alessandro Zuek Simonetti, giovane street photographer di
Vicenza emigrato a New York
che ci racconta la sua curiosità
per l’insolito, per lo scatto
occasionale e di come alle volte l’immagine sia in grado di
rivelarci molto di più
di quello che vediamo
con i nostri occhi.
Fabrizio c151.com
Non è chiaro se il cognome
sia originale o modificato
di straforo all’anagrafe.
Di sicuro Fabrizio è un
dominio registrato, non
meno di quanto lo siano gli
stilosi post che compila per
Designerblog.it.
Un’immagine a mio avviso
dev’essere “pungente” ossia
deve avere in sé un elemento
che ti scuote... il “punctum”
di Roland Barthes che nel
libro “La camera chiara” viene
inteso come “..un dettaglio
che non sta nella fotografia
intenzionalmente, ma acci-
Ecco qualche scatto
ancora inedito e di
seguito un estratto di un’intervista
ad Alessandro che
trovate nella versione
integrale sul nostro
Designerblog.it.
Che definizione daresti della tua ricerca in
campo fotografico?
Permalink n. 2 Marzo 2007
32
FOTOGRAFIA SPECIALE DESIGNERBLOG.IT
tare il mondo del lavoro?
dentalmente, ed è lui che trova noi, che ci trafigge, che ci
fa amare o odiare la foto, che
ci fa interessare o allontanare
da essa.” trovo questa definizione estremamente azzecata!
Bianco e nero o colore?
In questi ultimi anni mi sono
concentrato sul bianco e nero.
E’ stato un riflesso incondizionato dovuto alla prepotente presenza del digitale che ha
avvicinato non poche persone
alla fotografia. Ho come il
bisogno di mantenere un
rapporto con l’elemento ana-
logico, tangibile, catalogabile
in senso fisico. Il digitale è
comunque un passo in avanti
se pensi al taglio di costi, dei
tempi, al passaggio diretto alla
postproduzione e al ritocco...
Ci sono soggetti che prediligo ritrarre con la pellicola e
situazioni in cui l’uso del digitale può aiutarti a riparmiare
tempo. Mi sarei mangiato le
mani per esempio se avessi
fotografato in digitale un
concerto di James Brown al
quale ho assistito... capisci?!
Le prime cose che ho fatto a livello lavorativo sono
state delle pubblicazioni
su un giornale di skate di
nome Baco e delle pubblicità per Broke, una ditta di
abbigliamento... realtà che
mi erano tangenti, vicino
ai miei interessi.. forse il
consiglio che potrei dare
ora è quello di cominciare a
guardarsi attorno e cominciare a documentare quelli
che sono i propri interessi.
So che ami viaggiare,
qual’è il luogo che ami
di più per fotografare?
Mi piace viaggiare e vorrei
farlo in maniera più continuativa. Non ho visto moltissimo. ci sono parti del
mondo che mi attirano e che
vorrei fotografare: l’oriente,
il Sudamerica, l’est Europa.
A febbraio andrò in Brasile,
attualmente sono a NY ■
Un consiglio per chi ama la
fotografia e inizia ad affron-
Permalink n. 2 Marzo 2007
33
CINEMA
Way Back Machine
Il cinema di fantascienza contemporaneo è spazzatura. Il futuro
della fantascienza è nel passato. “Il Recuperatore” recupera
“Il Pianeta Selvaggio”
di Federico Anastasi
riva dei problemi
materiali che la
fantascienza affronta nel cinema
“dal vero” (il problema di “costruire” tutto ciò che
si vede sullo schermo o almeno
darne l’illusione), il cinema d’animazione si presterebbe perfettamente ad esplorare il lato visivo
e più immaginifico del genere.
Lo fa? Allora perché oggi, con i
computer e l’animazione 3D, i
film di fantascienza, “dal vero”
come d’animazione, sono sempre
più infantili e meno fantasiosi?
Trieste (2003), mi infilai a caso
in una sala, dove si proiettava il
film franco-ceco che trionfò nell’edizione del 1973. Mi aspettavo
- chissà perché - un film in stile
propaganda sovietica con rocce di
cartapesta e astronavi-giocattolo.
Per fortuna possiamo sempre
riavvolgere la pellicola del tempo,
e recuperare una perla rara dal
magazzino della fantascienza
cinematografica. Con “Il pianeta
selvaggio” Roland Topor e René
Laloux hanno consegnato alla
storia un film d’animazione tanto
colorato e fantasioso quanto
“selvaggio” e crudo. Quando
arrivai a Trieste per il resuscitato
Festival della Fantascienza di
Un’enorme mano di colore blu
le tira un cricco. La mano sta
“giocando” con questa femmina,
e infine l’abbandona, morta.
Invece, finiti i titoli di testa,
accompagnati dal suono ultraSF del synth, ecco un disegno
crudo, in cui scorgiamo ancora
i tratti della matita, di una
donna malvestita con un seno
in bellavista, il volto disperato e, in braccio, un neonato.
Cambio di proporzioni, e
conosciamo la razza dei Draag,
dalla pelle blu e occhi rossi: la
mano gigante apparteneva a un
innocente bambino. Si tratta
del solito “mondo alla rovescia”;
struttura frequente nella fantaPermalink n. 2 Marzo 2007
scienza tanto letteraria quanto
cinematografica, condita però
con un’originale crudezza e forza
espressiva. Sul pianeta dei Draag
gli umani sono piccoli animali
da compagnia, raccattati su un
pianeta devastato (evidentemente) da una guerra atomica,
prova della mancanza di intelligenza nella specie. Ma quando
gli umani randagi diventano
troppo numerosi? Una bella
de-umanizzazione: pasticche di
veleno vaporizzano in un parco
uccidendo uomini a centinaia.
Federico Anastasi
Aka Il recuperatore. Regista
sci-fi, bolognese,
domiciliato a Parigi.
Viaggia nel futuro grazie
al suo temperamento
iperattivo. Scrive, ascolta,
dirige e crede nel domani.
Tolto ogni dubbio che si tratti
di un film per bambini, resta da
tentare di descriverne l’universo
visivo: colori intensi, creature
che sembrano uscite da un
quadro di Bruegel, paesaggi alla
Dalì, e un’euforia sinestetica da
trip lisergico (la scena in cui dei
cristalli nascono dall’arido suono
e con un fischio vengono fatti
sbriciolare è abbastanza eloquente). Perché la maestria di Topor
e Laloux è proprio nell’approccio poetico alle immagini: la
gratuità di certe scene, prive di
funzione narrativa, sfuma nella
pittura animata. Una sola fonte
sul “mulo”? Opere come questa
sono da recuperare assolutamente, in un modo o nell’altro.
Nota finale. Se non lo trovate proprio da nessuna parte
provate a vedere lo streaming
completo su Fluctuat.net ■
34
FOTOGRAFIA
Flickerismi
Raggi, sellini e catene. A caccia di bici
nel Group Pool della community di Flickr
di Luca Volpi
uando accediamo alla pagina
principale di un
gruppo di Flickr,
ci immergiamo
nella concezione e nella visione
della realtà dei suoi partecipanti, ci troviamo in un luogo
magico dove un dettaglio, un
argomento, un colore vengono
declinati in tutte le possibili definizioni, in tutti gli aspetti che
quel concetto può rappresentare. Sono i gruppi più piccoli e
definiti i più affascinanti, quelli
di nicchia che portano avanti
il vero spirito dei Gruppi e dei
Pool. Quello che presentiamo
questo mese è proprio un piccolo gruppo, quello delle Ruote
Sottili Milanesi.
Aurora (.:Aura:.) la fondatrice
del gruppo, mi dà il benvenuto raccontandomi che per
passione e religione, frequenta
da sempre luoghi reali e virtuali
legati alle bici, alla Ruotafissa,
alla Critical Mass.
Sentendola raccontare mi viene
un dubbio: le biciclette sono
aliene o integrate con il paesaggio urbano? A questa domanda
mi risponde Lorenzo (ScreanzaTopo) che, con un po’ di pessi-
Luca Volpi
Conosciuto al secolo come
Goldmund, possiede
numerosi maglioni e
pattuglia le strade di
Milano postando le sue
visioni su 02blog.it.
Conosce tutte le tecniche
del softfocus di cui fa
abbondante uso per
documentare se stesso e il
suo mondo.
Una città non a
misura di bambino
di screanzatopo
Nostalgia
di screanzatopo
appogiati al muro e non
cadere.
Permalink n. 2 Marzo 2007
35
FOTOGRAFIA FLICKERISMI
mismo, ammette che le nostre
città sono ridotte ormai a degli
immensi parcheggi d’auto e si
chiede chissà quando potremo
vedere scene come quelle che
si vedono all’estero, vale a dire
enormi cicloparcheggi anche a
Milano...
Di animo più ottimista Aurora
che nota come a Milano le bici
sono sempre di più. Questo fa
ben sperare che le due ruote in
città non siano più l’eccezione
alla regola, ma la normalità.
Aurora ritiene che sia difficile
da comprendere per chi non
ha mai provato il piacere di
pedalare di notte a Milano, o
di percorrere una vera ciclabile
a braccia larghe con il vento in
faccia, ma muoversi a Milano
in bici è possibile, magari comporta un sacrificio, ma ripaga.
La soddisfazione è sapere che
se canti la gente ti ascolta,
se urli di gioia o di rabbia il
mondo non è solo 2 metri cubi
di auto, ma il mondo intero.
La soddisfazione è arrivare a
casa stanchi, ma felici. in tutta
onestà - non so se le città sono
pronte alle bici, ma sicura-
mente la rivoluzione arriva in
bicicletta.
Relax al parco delle
cave
Ed allora io mi chiedo se loro,
amanti della bicicletta di città,
siano personaggi del passato,
ormai in via di estinzione o precursori di un futuro prossimo.
Corone Nobili
di Screanzatopo
di.:Auro:.
ombre di bici che
raccontano una storia.
Il discorso passa a Lorenzo
(ScreanzaTopo) che ammette
che la bici è stato un mezzo di
trasporto molto utilizzato almeno fino al boom degli anni ‘60,
e lo è ancora nei piccoli centri,
in alcuni casi è il presente e può
essere il futuro per le nostre
città.
La chiosa è di Aurora (Auro),
lei non ci sta a scegliere fra passato presente e futuro: la bici è
tutto, secondo lei ■
Permalink n. 2 Marzo 2007
Giallo
di Emilype
Poesia a cavalcioni di una
bicicletta.
36
OROSCOPO
Ariete
Un po’ come la
manta segnalata
dal superbo blog
Fogonazos anche
voi non sapete
bene qual’è il vostro elemento elettivo. Vi spostate da un
desiderio all’altro con un inquietudine preoccupante. Non
riuscite a decidervi e vi ostinate
a pensare che dovreste decidervi
a decidervi. Perché invece non
fate come la manta che vive in
mare ma ama volare? Non c’è
nulla di male a sviluppare due
progetti contemporaneamente.
E di sicuro non vi manca la
presenza e la forza.
Cancro
Curiosamente
questo mese l’oroscopo del vostro
segno somiglia
terribilmente a
quello della bilancia nel settembre
1997, e quelle non erano buone
notizie, quindi addolciamo la pillola dicendo che andrà tutto bene:
lavoro, amore, truffe allo stato.
Naturalmente vi ho voluto dare
solo un po’ di vantaggio per crearvi
una nuova identità e un nuovo
segno zodiacale in modo da evitare
le immediate sciagure.
Su Multiply.com potete fare questo
e liberarvi in una mossa di tutti i
tediosi amici di myspace che ormai
sono come i parenti alla porta: fastidiosi. Avrete molti amici filippini e
thailandesi, che qui di italiani non
se ne vede (grazzieaddio) ancora
l’ombra.
Toro
C’è chi si accontenta di fare
quanto prescritto dalla legge.
La legge viene
emanata da un’autorità che come
tale va rispettata, pensano loro. E
invece voi continuate ad interrogarvi a fondo su cosa sia giusto e
cosa no e questi pensieri a volte vi
tormentano quasi. Non disperate,
cari amici del Toro, perché sono
svariate migliaia di anni che la
filosofia si interroga sull’etica.
Come avrete notato questo mese
Permalink ha dedicato uno spazio
speciale alla pirateria. Provate
ad andare su Sheezyart.com e
rispondetevi da soli: il piratedownloading è un bene?
Leone
Ewa Wisnierska,
non è solo bella, è
anche una specie
di divinità del
parapendio. E gli
dei le dovevano essere favorevoli
quando è stata risucchiata fino
ad un’altitudine di 9.000 metri, a
meno 50 gradi, durante le prove
per i mondiali che si sono appena
tenuti in Australia. Non voglio
parlarvi di quanto sia incredibile
che Ewa sia sopravvissuta quei
lunghissimi 40 minuti senza
sensi, ma in volo. Voglio dirvi che
la prima dichiarazione di Ewa
dopo l’incidente è stata che volare
è troppo bello per farsi spaventare
da un incidente. Nessun link per
voi, questo mese, solo vi chiedo
di andare a fondo nelle vostre
passioni più forti.
Permalink n. 2 Marzo 2007
Gemelli
Da sempre
soffrite di sdoppiamento della
personalità? Provate come una
sensazione di essere il cavallo di
Troia di qualcuno che non vi sta
neanche troppo simpatico? Vi
sentite osservati anche quando
non vi fate la barba o il trucco?
Grazie ad Atom.smasher.org
potete lasciare messaggi alla
parte cattiva di voi in maniera
ancora più divertente ed efficace
dei post-it incollati sulla vostra
stessa fronte, scritti alla Leonardo per leggerli allo specchio.
Orsoluminoso and
friends
E’ stato il primo betatester
di Google Moon. No, non è
vero. Però consulta le stelle
e stelle che consultano
gli amici, collegiale.
Decisamente ci prende.
Vergine
È stato ampiamente dimostrato che ridere
aumenta quasi
tutte le facoltà
cognitive. Sostanzialmente
l’umorismo è l’arte di fare connessioni impreviste. Questo genere di connessioni neurali sono
le stesse che stanno alla base
delle buone idee. Eppure non
siamo poi così abituati ad anticipare ogni compito difficile che
dobbiamo affrontare sottoponendoci ad una dose di ilarità.
E si da il caso che voi, verginelle e verginelli, non abbiate
riso abbastanza questo mese.
Esplorate Youtube che su questo
versante è eccezionale. Se posso,
consiglierei di partire da questa
clip masterpiece dei Griffin.
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OROSCOPO
Bilancia
Proverbiale il
vostro amore per
Macintosh. Sì, lo
so, molti di voi
non posseggono
ancora nulla che porti in seno
una mela morsicata. Ma io leggo
le stelle per professione e so
che se non sarà un iPod, o un
MacBook, sarà il colpo cruciale
dell’iPhone a trasformarvi in
novelli switcher. I miei amici
di Greenpeace stanno però
criticando la Apple in questo
periodo. Dicono che i Mac
sono belli fuori, ma pieni di
inquinanti tossici dentro. Provate
ad andare su Greenmyapple.
org e chiedete anche voi a Steve
di darsi una mossa. Voi siete
belli fuori e dentro, vi meritate
altrettanto da un computer.
Capricorno
Che ve lo dico a
fare? Il mondo
intorno a voi
non è altro che
il mondo dentro
di voi. Fuori rimane ben poco,
lo sapete. E badate che è un
bene questo perché sto dicendo
che tutti problemi che vivete li
potete semplicemente risolvere guardando il fantastico (e
complicato) mondo della vostra
mente. Che nello specifico
questo mese assomiglia molto
allo scenario a palle che trovate
su Blueballfixed.ytmnd.com.
Osservate attentamente e traete
ispirazione. La vita è bellissima.
Scorpione
Sagittario
Caro Scorpione,
credevi di avere
tutte le carte
in mano per
vincere? E invece
questa volta dovrai vedertela
con il destino biricchino che, a
sorpresa, ti ha messo un nuovo
ostacolo sulla strada.
Hai fatto un stumble, ma non
nel senso positivo dell’articolo
che trovi poco più indietro.
Questo mese infatti dovrai
sfruttare al meglio la tua capacità di ripresa e il tuo estro creativo per spiazzare il tuo avversario con un bluff o una mossa
imprevedibile per poi raccogliere gli applausi del pubblico,
come questo arbitro scatenato
che trovi su Video.google.com.
Non appena si
fa marzo, i miei
colleghi tendono
ad esordire
nei vostri
confronti con oroscopi del
tipo: «caro Sagittario, questo
mese hai proprio bisogno di
una vacanza». Bella scoperta,
bisogna forse consultare
Plutone per capire che tutti
abbiamo sempre bisogno di
una vacanza? Forse questi miei
colleghi farebbero meglio a dire
che questo mese avete bisogno
di trovare il tempo o di un po’
di soldi in più per una vacanza.
Se proprio non avete né tempo
né soldi consolatevi sapendo
che c’è gente in Cina che sta
peggio di voi pure in vacanza.
Guardate su Mb14.scout.com.
Acquario
Pesci
Sono troppi mesi
che continuate
a rimandare
alcune decisioni
di poco o nullo
conto, e vi sprofondate solo in
lunghe riflessioni su geopolitica,
fame nel mondo, pdf magazines. E’ il momento di pensare
un po’ a voi stessi, finalmente.
Anzi, sarà Likebetter.com a
pensare per voi e a voi, mentre
voi non fate altro che indicargli,
fra una lunga serie di belle foto,
quella che vi piace di più, cioè
quella che vi ricorda di più un
concetto legato al sesso. E sarà
come essere psicanalizzati da un
algoritmo.
Permalink n. 2 Marzo 2007
Cari amici dei
pesci, siete ormai
dei falsi grassi.
Con pazienza, e
moltissime privazioni, a partire dalla rinuncia
al vecchio culto del pandoro
fuori stagione, la vostra dimensione dietologica è conseguita:
mangiare poco e male.
Un po’ di movimento intrapreso e abbandonato, in sequenze
più o meno ritmate, non è
esercizio fisico esso stesso?
Qui ci si diverte davvero,
mangiando zollette di zucchero:
Ferryhalim.com.
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Water Latex - Fetish Pool
Model: Asilis
copyright ©2006 John B. Baloumba
John B. Baloumba dice di sè; “Art is
everywhere, just open your mind.”
Per sapere di più su di lui: Artist and
Author
E se volete vederlo dal vivo:
“I’m currently preparing a personal
exhibition (photographies and
installations) for Spring 2007, in
Lyon, France. Working, thinking and
experimenting till the very last days,
with the continuous help and support
from my agent: DoXart.
My experimental works on
photography are usually displayed
on Flickr, but I’m now keeping them
private before the next Vernissage.”