Jean Prouvaire L` Esposizione del boulevard des Capucines Le
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Jean Prouvaire L` Esposizione del boulevard des Capucines Le
Jean Prouvaire L’ Esposizione del boulevard des Capucines Le Rappel, 20 aprile 1874 Il piccolo Salon del boulevard des Capucines, di cui ieri abbiamo annunciato l’apertura, anticipa di quindici giorni il grande Salon degli Champs – Elysées. Alcuni artisti, affamati d’indipendenza, hanno deciso di sdegnare il disprezzo ostinato della giuria, e hanno sistemato le loro opere in casa loro. È un’impresa coraggiosa, e solo per questo avrebbero diritto alle nostre simpatie. L’audacia, del resto, non è l’unico merito. È come l’atto unico che precede lo spettacolo, e talvolta l’opera minore supera quella che dura di più. A ogni modo, prima di entrare, abbandonate ogni vecchio pregiudizio. Indubbiamente ci fu un tempo in cui dei pittori näif, ogni qualvolta volessero dare l’idea di un albero, lo dipingevano veramente, con tronco, rami e foglie. Ignoravano, poveretti, che la pittura deve rendere innanzi tutto “l’impressione” delle cose, non la loro riproduzione, e che dodici paletti di legno giallo fissati a terra, di traverso, rappresentano un grande bosco molto meglio di quanto facciano gli alberi fitti e profondi di Rousseau – purché cinque o sei persone, avvisate il giorno prima, accettino volentieri di esclamare, osservando i paletti: «Oh mio Dio, come danno bene l’impressione della foresta di Fontainebleu!». Altri, meno avveduti, affermano che si tratti della foresta delle Ardenne, ma sono degli eretici. Per quanto riguarda i volti, noi pensiamo che abbiate rinunciato a quella esigenza obsoleta di pretendere che il naso, dettaglio insignificante, si trovi esattamente, o pressappoco, in mezzo agli occhi. Non si tratta più, capite, di rappresentare un volto, ma di destarne ” l’impressione”, e non importa con quali mezzi! Di questo passo, presto si proverà a ottenere questo risultato dipingendo musi di cinghiale. Per fortuna, la maggior parte dei pittori che cercano di praticare questa tecnica valgono molto di più: anzi alcuni si contraddistinguono proprio per quelle qualità che si sforzano di denigrare negli altri. A rischio di scontentare pesantemente Il sig. A. Renoir gli riveleremo che è un pittore come gli altri, talentuoso come tutti quelli che lo sono, particolare, originale forse, ma senza aver inventato nulla! Poiché i pittori, questi imitatori divini, non devono inventare nulla in effetti. La sua Jeune Danseuse, è un dipinto affascinante. Coi capelli di un rosso scuro, le gote troppo pallide, e le labbra troppo rosse, fa pensare alla “donna di tredici anni”così crudelmente narrata da Théodore de Banville ne “Le parigine di Parigi”. Le gambe, a causa dell’esercizio precoce, si sono già appesantite, e i piedi non sono poi così graziosi nelle scarpette di seta rosa; ma le braccia gracili e lunghe sono quelle di una bambina, e al di sotto del busto mascolino, una cintura blu, una cintura da Prima Comunione, scende e sfarfalla sulle gonna sollevata della bambina. Ancora bambina? Senza dubbio. Già donna? Forse. Ragazza? Mai. La ritroverete cresciuta ma sempre fragile, irregolare, nella Parisienne in blu dello stesso pittore. Questa è più vestita, essendo più scaltra. Di mostrare le gambe se ne guarda bene. S’intravede a malapena la punta dello stivaletto, simile a un piccolo sorriso nero. Il cappello, quasi sulle orecchie, è di una civetteria temeraria; il vestito è troppo chiuso: non c’è nulla di più irritante delle porte sbarrate. È un ritratto, questo dipinto? C’è da temerlo. Il viso, curiosamente vecchio e infantile allo stesso tempo, sorride di un sorriso falso. Ciononostante, l’insieme conserva qualcosa di naïf. Si direbbe che questa ragazza è volutamente casta. Il vestito, dipinto benissimo, è azzurro. Adesso voltate la testa ed entrambe, la fanciulla e la ragazza, le ritroverete sviluppate, sbocciate, potenti, in un’altra tela del sig. Renoir intitolata l’Avant Scène. Ecco, signorine, ciò che diventerete. Le gote color bianco perla, gli occhi accesi da uno sguardo banalmente passionale, voi sarete così, il binocolo d’oro in mano, attraenti e inconsistenti, graziose e stupide. Questa donna, che si preoccupa così poco sia dello spettacolo rappresentato che del gentiluomo seduto un po’ più indietro accanto a lei, è il vostro futuro, e temo che ciò non vi spaventi. Esponendo i tre dipinti, il sig. Renoir ha forse intenzione di mostrarci i tre stadi attraverso cui passano in genere le signorine di Parigi? Non si sa. Ma lui non ha voluto realizzare un’opera da pensatore, ha realizzato un’opera da pittore; e noi crediamo fermamente che la “cocotte” nera e bianca dell’Avant Scène attirerà l’attenzione per il fascino da peccatrice e il lusso gioioso e leggero delle stoffe. Tersicore, quest’anno, porta fortuna ai pittori. È una bella tela, il cui realismo non esclude il fascino della Scène de l’Opéra durante un balletto vista da una quinta e dipinta dal Sig. Degas Si percepisce a malapena il davanzale rosso e dorato della prima barcaccia; dietro al mantello da Arlecchino, una viandante si copre con uno scialle rosso; dall’altro lato delle comparse, alcune in verde, altre in rosa, superate da cappelli da uomo, aspettano il momento di entrare, mentre la prima ballerina, in scena, dritta sulla punta di un piede, solleva una delle gambe e stende le braccia lunghe e magre prima d’incurvarle nell’inchino dell’accordo finale. Questa figurina, in particolar modo, è disegnata a meraviglia e dipinta con tocco d’artista. L’insieme, osservato di sera – poiché il quadro del sig. Degas ci guadagna molto con la luce artificiale – è di una verosimiglianza incontestabile, e i vecchi frequentatori del foyer dell’Opéra, passando davanti a questa tela sorrideranno, con un sospiro. Lontano dalle quinte, La sig. na Berthe Morisot Ci conduce nei prati bagnati dalla rugiada marina. Nei suoi acquerelli come nei suoi dipinti a olio, predilige i grandi prati dove siede, con un libro in mano, una giovane donna accanto a un bambino. Ella mette a confronto l’artificio seducente della parigina con il fascino della natura. È una delle tendenze della scuola nascente il fondere Worth e il buon Dio, un Worth eccentrico tuttavia, assai poco preoccupato delle stampe alla moda, e realizzatore di abiti vagamente visionari. La sig. na Morisot non è certo un’artista perfetta. Ciononostante, che felice intuizione il modo in cui quella sciarpa di mussola ammassa il suo orlo rosso accanto a un ombrellino blu o verde! E che vaghezza affascinante in quei lontani sfondi marini dove s’inclinano piccoli punti di alberi! Ma la sig. na Morisot lascia talvolta prati e spiagge, e nulla è più realistico e tenero allo stesso tempo della giovane madre – vestita malissimo, d’accordo – che si china su una culla dove dorme una creatura rosea, dolcemente visibile attraverso la nube pallida della mussola. Confessiamo che in linea di massima non proviamo che una tiepida ammirazione per i dipinti del Sig. Sisley Portare a termine è difficile: molti abbozzano in arte; bisogna biasimare chi si limita agli inizi. Ma questa volta il sig. Sisley, tra altre tele mediocri, espone un’opera affascinante. Ne ignoriamo il titolo, in quanto il catalogo non è stato ancora pubblicato. Sulla riva di acque vagamente tinte dai riflessi di un cielo dalle sfumature pallide, s’inclinano alberi ingialliti, rossicci, alberi autunnali, d’oro, e laggiù, sull’altra riva, in un semicerchio confuso, delle casette dai tetti qua e là rossi si allontanano verso uno sfondo di un blu più scuro. Il Déjeuner del Sig. Claude Monet non è fatto per mettere appetito, almeno per quelli che non sono allettati esclusivamente dalla vista di una bistecca nera tra mele dorate. Alcuni qui vogliono una prospettiva più ampia di quella di un armadio socchiuso da una serva in cerca di una salsiera. Realistico! Ah! Certo che è realistico, questo Déjeuner. Certo, c’è, indiscutibilmente, la merenda del figlioletto; certo, quel giornale non spiegato è in tutto e per tutto simile a quelli che si possono acquistare per una modica cifra nel chiosco di un boulevard; certo, le traverse di quella sedia sono state tornite da un tornitore abile, che evidentemente alloggia in rue de Cléry; è evidente poi che quella donna appoggiata alla finestra si preoccupa per la colazione troppo lunga del bambino, per via della carrozza che sta giù e perché il tempo passa… Ma io ricordo di aver visto, l’anno passato, la luce del sole al tramonto luccicare e morire nei laghi di montagna. Altri dipinti del sig. Claude Monet ci piacciono in particolar modo. La Promenade dans les blés fonde felicemente i cappelli a fiori delle donne coi papaveri rossi nel grano; e in quanto al Boulevard des Italiens, è così caotico, così multicolore che lo stesso boulevard des Italiens , osservandolo, sarebbe stupito della propria vivacità e della propria confusione. Parleremo del Sig. Cézanne che d’altronde è già entrato nella leggenda? Di tutte le giurie conosciute, nessuna, nemmeno per sogno, ha mai contemplato la possibilità di accettare un’opera di questo pittore, che si presentava al Salon caricando le sue tele sulla schiena, come Gesù Cristo la croce. Un amore troppo esclusivo del giallo ha, finora, compromesso l’avvenire del sig. Cézanne. Tuttavia la giuria ha avuto torto, essendo una giuria. Se lo spazio a nostra disposizione non fosse limitato, descriveremmo ancora parecchie tele. Il sig. Pierre Bureau accende una luna pallida in cieli tenebrosi; una stradina sale tra strisce di prato verde, percorsa da piccoli personaggi neri, dei ladri forse, mentre in lontananza il fiume si estende verso un ponte a una sola campata, dietro la quale si diffonde una luce bianca. I paesaggi del Sig. H. Rouart dimostrano un’osservazione seria e metodica della natura. Noterete una collina polverosa che, lungo le case dai tetti di mattoni e boschetti d’alberi troppo verdi, si allontana sotto un cielo di un blu intenso. Altre opere richiederebbero la nostra attenzione, ma bisogna limitarsi; e del resto, più avanti, quando parleremo del Salon degli Champs – Elysées, forse dovremo occuparci ancora del Salon del boulevard des Capucins. Poiché i trionfi ingiusti fanno pensare ai fallimenti immeritati.