lifestyle magazine

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M AGA ZINE
li fe style magazine
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EDITORE
Insider Srl
Largo Messico, 15 - 00198 Roma
+39 0698353089
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DIRETTORE EDITORIALE
Mariela A. Gizzi
[email protected]
DIRETTORE RESPONSABILE
Francesca d’Aloja
[email protected]
AMMINISTRAZIONE
Raimondo Cappa
[email protected]
Cover
Crans Luxury Lodges
Chalet Le Torrent
sci originali
REDAZIONE
[email protected]
Irene Cappa
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COORDINAMENTO REDAZIONE
[email protected]
Donatella Codonesu
PROGETTO GRAFICO
E IMPAGINAZIONE
[email protected]
[email protected]
HANNO COLLABORATO
Alessandra Vittoria Fanelli
Alessandro Pini
Antonella De Santis
Antonio Carnevale
Carlotta Miceli Picari
Emanuela Carratoni
Enrico Porfido
Enrico Tonali
Enzo Battarra
Ester Maria Lorido
Fabio Cipriano
Francesca Volino
Francesco Mantica
Gianni Perotti
Laura Mocci
Luisa Espanet
Marco Oddino
Maria Beatrice Crisci
Maria Laura Perilli
Massimiliano Augeri
Monia Innocenti
Valentina Falcinelli
Veronica Cardella
Vittoria di Venosa
STAMPA
Font Srl - Napoli
ANNO 4 - NUMERO 35
Periodicità bimestrale
novembre/dicembre 2012
Registrazione presso il Tribunale di Roma
al n. 58/2009 del 25/2/2009
Iscrizione del marchio presso
l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti
è vietata la riproduzione anche parziale
di testi, grafica, immagini
e spazi pubblicitari realizzati da:
TRAVEL
RESORT
LIFESTYLE
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CRANS MONTANA
CHATEAUX BALLYFIN
EBERHARD&CO.
INTERVIEW
FASHION
GOURMET
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GOURMET
WINE
DESIGN
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ENRICO LUCHERINI
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TAVOLE A PROVA DI CHEF
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L a Reg gia d i Caserta
proGettata per Superare nello Sfarzo la reGGIa dI verSaIlleS,
oGGI la reGGIa dI CaSerta, InSIeme Con Il Suo SplendIdo parCo
dI 122 ettarI, È Stata dIChIarata patrImonIo dell’uneSCo
ed È ConSIderata una delle opere pIÙ belle del mondo
di Laura Pagnini
Reggia di Caserta vista dalla fontana di Venere e Adone
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ostruita per volontà di Carlo III di Borbone,
re di Napoli, a partire dal giugno del 1752,
secondo il disegno vanvitelliano la Reggia di
Caserta doveva realizzare il sogno ambizioso dei suoi avi:
ricordare Versailles, ma essere ancora più sfarzosa ed ampia.
In particolare il parco, che è solo in parte quello che Luigi
Vanvitelli progettò nel 1751, è una spettacolare opera d’arte.
Ad esso si accede dal Palazzo Reale. Una volta percorso per
200 metri il viale principale, ci si addentra per un vialetto e
si giunge a quanto rimane del vecchio boschetto, in cui è
la Torre Pernesta, conosciuta come Castelluccia (adibita ad
abitazione per scampagnate), circondata da un fossato e da un
piccolo ponte levatoio. Seguendo il canale che porta acqua
alla Castelluccia, si giunge alla Peschiera Vecchia, costruita
nel 1769 per volere di Ferdinando IV. Da qui si raggiunge la
Reggia di Caserta Scalone d'onore
Fontana Margherita, un’aiuola circolare circondata da statue
delle Muse, mentre statue di schiavi recanti grossi canestri
di frutti della terra e dei boschi abbelliscono le due rampe
semiellittiche che portano alla Peschiera con la Fontana
dei Delfini. La Peschiera è lunga quasi mezzo chilometro
e termina con tre grossi delfini da cui sgorga l’acqua che
defluisce in essa. Un grande prato separa questa fontana da
quella di Eolo, con cascata, grotte e statue rappresentanti
Eolo e i venti. Superato il dislivello della cascata, grazie a
due altre rampe semiellittiche, si costeggiano le cascatelle
che precedono la Fontana di Cerere. Da qui segue un
prato e un’altra serie di cascatelle che portano alla fontana
di Venere e Adone con cani, ninfe varie e l’irsuto cinghiale
che poi ucciderà Adone. Si arriva così all’ampia scalinata
che conduce alla vasca contenente i due magnifici gruppi
scultorei di Diana, con le sue ancelle che cercano di
proteggerla dagli sguardi di Atteone e dello stesso Atteone,
circondato dai propri cani che lo stanno sbranando, mentre
lui si sta trasformando in cervo per volontà di Diana, che
lo vuole punire per averla osservata senza veli. La vasca è
ai piedi del Monte Briano, dalla cui sommità scorre l’acqua
che con una cascata di 78 metri si riversa in essa. A destra
del gruppo di Diana c’è l’ingresso al Giardino Inglese. In
quest’ultimo, realizzato tra il 1778 e la fine del secolo dal
botanico inglese John Andrew Graefer per volontà della
regina Maria Carolina e curato architettonicamente da Carlo
Vanvitelli, è sfruttata sapientemente ogni conformazione del
terreno per creare fiumi, cascate e laghetti su cui si specchiano
tempietti, la bella Venere inginocchiata e nicchie contenenti
statue romane. Viali e vialetti sono arricchiti da platani, cedri
del Libano, pini, cipressi, magnolie, palme, piante grasse,
mentre nei laghetti si trovano piante acquatiche. Infine sono
presenti grandi serre costruite per favorire l’acclimatazione
delle piante esotiche e lo studio di nuovi metodi di coltura ◆
Info
Costo del biglietto: 3,50 euro;
Giorni e orario apertura: Tutti i giorni ore 8.30 - 19.30
Chiusura settimanale: Martedì
Via Douet, 2/a - 81100 Caserta (Campania)
Tel. 0823-2774111
www.reggiadicaserta.beniculturali.it
Crans Luxury Lodges - Chalet Eugénie
piCColo paradiso Fra i monti svizzeri
Crans-montana aCCoglie i suoi ospiti
Con innumerevoli proposte Culturali
e Con un toCCo di Classe: i Crans luxurY lodges
di Alessandra Vittoria Fanelli
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Piste alta quota - ph Olivier Maire
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inomata stazione sciistica, CransMontana gode di un natura
incontaminata
che
la
rende
particolarmente attrattiva sin dal 1893, anno in cui venne
inaugurato l’hotel du Parc e le prime piste da sci. Ma è anche
nota per essere anche il ‘buen retiro’ di Sir Roger Moore,
uno dei più noti attori internazionali nonché protagonista di
diversi ‘007’, di cui quest’anno ricorre il 50esimo anniversario.
Situata su un altopiano generosamente soleggiato, a
strapiombo sulla valle del Rodano a 1.500 metri di altezza,
Crans-Montana è un’idilliaca cittadina alpina che combina
mondanità, shopping, cultura e attività sportive tutto l’anno.
Autentico polo di attrazione sono i suoi cinque laghi e
i rinomati campi da golf, uno dei quali sempre aperto e
praticabile anche nel periodo invernale. A Crans-Montana,
infatti, il golf è una tradizione di lunga data: sull’altopiano si
trova, tra l’altro, il noto percorso di 18 buche di ‘Severiano
Ballesteros’ che accoglie l’élite internazionale per lo
svolgimento di diversi tornei mondiali e di altri importanti
eventi mondani, tra cui l’Omega European Masters che si
svolge ogni anno a settembre.
Altro grande richiamo è il maestoso ghiacciaio Plaine Morte:
travel
una terrazza
panoramICa Sulle alpI
un’ampia terrazza di circa dieci chilometri quadrati situata
a 3.000 metri di altitudine, sempre baciata dal sole, da cui
si gode una vista mozzafiato che spazia sulla catena dei
monti vallesi, raggiungibile grazie alla funivia collegata al
fondovalle e che durante il periodo estivo è meta di trekking
per i sentieri meticolosamente segnalati.
Su questo plateau panoramico con vista impressionante su
una catena di cime estese dal Cervino al Monte Bianco, gli
appassionati dello sci trovano 140 chilometri di piste segnate
da diversi livelli di difficoltà, 25 impianti di risalita, nonchè
rifugi, bar e ristoranti in quota per rilassarsi e gustare le
antiche ricette della cucina vallesana. Oltre allo sci alpino
è poi possibile praticare snowboard, escursioni notturne
con racchette, volare con il parapendio e, per i più audaci,
praticare il paracadutismo.
E dopo lo sci e le abbronzature (attenzione, munirsi di stick
e creme ad alta protezione) a Crans-Montana ospitalità,
gastronomia, shopping e vita notturna sono quanto di
meglio si possa desiderare. Molte le vie dedicate alle oltre
187 boutique di brand internazionali, diverse gallerie d’arte,
antiquari e musei come l’Ecomusée du Remuage situato sulle
alture di Colombire, che riunisce numerosi ‘mayen’ (le antiche
travel
Chalet Le Bénou - living
case della regione smontate e lì ricostruite secondo le regole
dell’architettura tradizionale) e la Fondation Pierre Arnaud, il
nuovissimo centro d’arte dedicato alla pittura vallesana la cui
inaugurazione è prevista per il prossimo anno.
Famosa anche la gastronomia: assolutamente da gustare
la tipica reclette (formaggio fuso accompagnato da patate
e sottaceti), la fondue au fromage (tocchetti di pane o di
patate infusi nel formaggio fuso insieme al liquore Kirsch)
e il Rösti, il piatto a base di patate. Tutti questi piatti
tradizionali sono proposti anche dallo chef stellato Michelin
Franck Reynaud, responsabile del ristorante gastronomico
L’Ours, tipico chalet di montagna dove l’atmosfera calda
delle pareti in legno e il caminetto sempre acceso rendono
la serata particolarmente accogliente.
Ma a Crans-Montana il ‘valore aggiunto’ che lascia il segno è
l’esclusiva proposta dell’hotel boutique Crans Luxury Lodges,
una serie di cinque chalet che offrono un’ospitalità a cinque
stelle lusso per una vacanza indimenticabile.
Situati non lontano dalla vivace stazione turistica e ai piedi
della funicolare che porta a Plaine Morte, i cinque chalet
Crans Luxury Lodges, dai nomi particolarmente suggestivi:
Eugénie, View-Bisse, Renée, Bénou e Le Torrent offrono in
pratica tutti i servizi di un relais-hotel in un contesto unico
ed esclusivo. Arredati con grande eleganza, dal design
particolarmente accurato, ogni chalet è distribuito su tre
piani e dispone di quattro/cinque camere da letto con bagno
Chalet Renée - Jacuzzi con panorama
Chalet Le Torrent - sci originali
privato, grandi living con terrazze che si aprono sulle cime
innevate, ambienti cucina completamente attrezzati e - last
but not least - di sale hammam dotate di grandi vasche
circolari Jacuzzi e di sauna finlandese.
L’intimità e la privacy sono assicurate: ricevuti dal butler
che illustra lo chalet scelto e consegnate le chiavi, da quel
momento si è come nella propria abitazione, ma con i servizi
e l’ospitalità di un hotel cinque stelle: musica di sottofondo,
schermi TV distribuiti in tutti gli ambienti, wine-cellar che
ospita i migliori vini e cru d’annata e una forrnitissima cucina
per organizzare colazioni e cene se lo si desidera o chiedere
al butler, che rimane discretamente a disposizione 24 ore su
24, di esaudire ogni singola richiesta.
Le tariffe? Da sogno come da sogno è il soggiorno al Crans Luxury
Lodges: ma se i sogni son desideri lasciamo che si avverino!
Benvenuti a Crans-Montana e a Crans Luxury Lodges! ◆
www.crans-montana.ch - www.cransluxurylodges.com
Info Guide
Viaggiare
In auto: autostrada A9 fino a Sierre. Da Sierre: strada
principale Chermignon-Crans-Montana o strada principale
Mollens-Crans-Montana.
In treno: collegamenti internazionali rapidi con Rail
Europe: www.raileurope.eu
Chalet Le Torrent - suite bedroom
resort
Bal ly fin, uno chateau
che racconta la storia d 'Irlanda
immerso nella lussureggiante Campagna alle porte di dublino,
un sontuoso relais in puro stile regenCY
di Alessandra Vittoria Fanelli
A
A
rrivare a Ballyfin è quanto di più bello
si possa immaginare! L’affascinante
castello ai piedi dei monti Slieve
Bloom, circondato da uno stupendo parco di oltre 600 ettari
di piante secolari con annesso lago, giardini fioriti, fontane e
vialetti da percorrere a piedi o su piccole auto elettriche, è un
sogno che si traduce in realtà. Progettata come dimora per Sir
Charles Coote, questa storica Irish Country House costruita
nel 1820 nella contea di Laois da due grandi architetti
irlandesi, sir Richard e William Morrison, dopo un accurato
restauro durato oltre otto anni, è oggi un resort dotato dei più
moderni confort dove trascorrere una vacanza d’altri tempi.
Inaugurato a maggio 2011 Ballyfin, il più sontuoso palazzo
Regency irlandese, è un hotel di lusso a cinque stelle
che dispone di sole quindici stanze. Dire stanze è un
eufemismo: in pratica sono delle immense suite arredate
con mobili originali e rivestite con decori che riprendono
il French Empire style. In questa elegante dimora immersa
nella campagna irlandese, si arriva per trascorrere un
lungo weekend, lontano da tutto e da tutti. Luogo perfetto
per una vacanza all’insegna del relax e della privacy, qui
si viene accolti da un’equipe di portieri, maggiordomi in
livrea e dame de chambre, preposti ad offrire all’ospite la
migliore ospitalità.
Già amata da molti viaggiatori internazionali, Ballyfin castle
(parte del circuito Historic Hotels d’Europe, che raggruppa
in 19 paesi Europei oltre 700 strutture destinate all’ospitalità,
ricavate da castelli, monasteri, abbazie situati in luoghi storici
nel cuore di magnifici giardini e parchi romantici) abbina al
fascino della storia irlandese la bellezza naturale del suo
parco e del prospiciente lago, dove si può effettuare una gita
in barca a vela o praticare la pesca sportiva. Passeggiando nei
suoi 600 ettari di bosco, è anche possibile visitare l’orto di
piante officinali, i diversi giardini con arbusti e fiori importati
dai paesi lontani, scoprire la piccola riserva di falchi, gli
affascinanti rapaci dove alcuni professionisti falconieri sono a
disposizione degli ospiti dell’hotel per insegnare loro le prime
e importanti nozioni sulla nobile arte della falconeria, da
poco diventata Patrimonio Culturale Mondiale dell’Unesco.
Se Ballyfin è un esclusivo hotel cinque stelle lusso non
è solo per il contesto in cui si trova ma soprattutto per la
raffinatezza dei suoi saloni, delle sale ristoranti, per le suite
contraddistinte dai nomi dei grandi personaggi che lì hanno
soggiornato, per la lounge abbellita da un grande caminetto
in marmo originale, per le due statue di marmo di dee
romane che arricchiscono il grande gazebo esterno coperto
Liberty e per la vasca-sarcofago originale di origine romana
che si trova nella stanza da bagno in una delle più belle suite.
resort
18
resort
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Caminetto, statue e vasca, vere opere pregiate che si racconta
siano state acquistate personalmente da Sir Charles Coote, a
suo tempo innamoratosi dell’Italia e della sua arte antica.
A Ballyfin si può vivere ventiquattro ore su ventiquattro
senza uscire dalla tenuta. Infatti nel resort si trova anche
un’accogliente sala lettura, una cave per la degustazione
del famoso Irish whiskey, quello che si riconosce dall’aroma
profumato e dal gusto morbido ottenuto dalla miscela di
orzo, miele e erbe, dove all’occorrenza si possono ascoltare
musiche popolari celtiche o più intimi concerti di musica
classica. E ancora, per i più esigenti ospiti, è possibile
effettuare delle rigeneranti nuotate nella piscina indoor, fare
attività sportiva nell’adiacente sala fitness e last but not least,
farsi coccolare nell’accogliente Spa.
Un luogo quasi magico che sembra sospeso nel tempo ma
dotato di tutti i confort per rendere una vacanza piacevole e
piena di sorprese. Da sottolineare anche i pre-dinner offerti
agli ospiti nella Library prima della cena cui fanno seguito
raffinati menu serviti nella State Dining Room dalla magica
atmosfera sottolineata da candelabri accesi. Per una cena
riservata, invece, viene proposta la più intima saletta Van
Den Hagen Dining Room, così chiamata perché arredata
dalle magnifiche porcellane reali danesi. E ancora, sostare
nel terrazzo-gazebo, gustare un sigaro sorseggiando whiskey
e ammirare la fontana-cascata esterna sormontata da un
piccolo tempietto a colonne, stile antica Roma, vera grande
passione del già citato Sir Charles Coote, primo proprietario
di Ballyfin.
Inoltre lo chef stellato prepara cestini da picnic per coloro che
intendono approfittare della bella giornata di sole e sostare
ai bordi del lago o in bicicletta arrivare fino alla Stone Tower
e alle Edoardian Rocks, le grotte-giardino costruite nel 18°
secolo che circondano il castello in una magnifica sequenza
di incomparabile bellezza.
Un invito a trascorrere una vacanza a Ballyfin Historic Hotel,
per apprezzare, in un sapiente mix di cultura, storia e natura,
la rinomata e calda ospitalità irlandese ◆
www.ballyfin.com
www.irelandbluebook.com
www.historichotelsofeurope.com
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Il lusso d el tem po
Eberhard & Co. dal 1887 in perfetto equilibrio
fra innovazione e tradizione artigianale
Fondata a Chaux-de-Fonds, nello Jura svizzero, Eberhard & Co. compie 125
anni. Una storia segnata da creazioni indimenticabili,
fino al modello Extra-fort, l'ultima produzione in edizione speciale
e limitata, nata per celebrare questo importante compleanno
di Marco Oddino
Georges Eberhard
Mario Peserico AD Eberhard Italia Spa - ph Riccardo Ghilardi
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M AGA ZINE
S
S
toricamente specializzata nella produzione di
cronografi, Eberhard & Co. ha saputo rinnovarsi
costantemente mantenendo allo stesso tempo
intatta la propria personalità e il profondo legame con le
origini e la tradizione. Oggi produce circa 15.000 pezzi
all'anno ed è presente in 25 Paesi, dall'Europa agli Stati Uniti,
dall'Estremo Oriente al Medio Oriente.
L'AD di Eberhard Italia, Mario Peserico, racconta ad Insider
Magazine il successo di un marchio intramontabile.
Rispettare la tradizione ed essere, allo stesso tempo, al passo
con le ultime tendenze della moda: una missione impossibile?
Più che le ultime tendenze della moda quello che Eberhard
coniuga è la tradizione con la continua ricerca ed evoluzione
tecnica; la prima rischierebbe di essere pura classicità mentre
il consumatore richiede anche nuovi contenuti tecnici e,
naturalmente, estetici.
Il marchio Eberhard non ha confini: dalla Svizzera ha
raggiunto l’Australia, gli Emirati Arabi, il Canada, i Caraibi.
A paesi diversi corrispondono gusti diversi in materia di
orologi? E quindi, puntate su alcuni modelli piuttosto che
su altri a seconda del mercato sul quale dovete proporvi?
Certamente ogni mercato ha le proprie peculiarità, ma non
crediamo un Marchio debba spersonalizzarsi per adeguarsi
troppo a “nuovi” consumatori. È chiaro che le misure dei polsi
spesso cambiano e che i gusti si formano progressivamente;
tipico è il caso del cronografo, che essendo un prodotto più
“evoluto” inizialmente viene apprezzato per il “solo tempo”
e solo in un secondo momento per l’estetica.
C’è un obiettivo che siete particolarmente soddisfatti di
aver centrato?
Mi permetto di citarne almeno due: Il primo è quello di
aver raggiunto 125 anni ininterrotti di storia, un traguardo
di cui non molti possono fregiarsi. Il secondo obiettivo,
non meno importante, è quello di aver conservato
orgogliosamente un’indipendenza che è a sua volta
uno status sempre più difficile da mantenere in
un mercato tanto globalizzato.
Oltre che la precisione, anche la
perfezione è stata ormai raggiunta
oppure c’è qualcosa che ancora
si può migliorare?
Chi ritiene di averla raggiunta
credo faccia un errore evidente
e mi auguro non la si raggiunga
mai, ciò porrebbe fine alla ricerca
e allo sviluppo. Certamente
vi si deve ambire, ma solo nel
senso di tendere continuamente al
miglioramento.
I valori della marca e del brand, filosofia,
posizionamemento, plus, etc..
In parte li ho già descritti, ma un altro
aspetto che riteniamo ci connoti è quello del
corretto posizionamento di prezzo: evolvere
tecnicamente conservandolo è attualmente
la nostra sfida più importante nel rispetto di
un consumatore che, spesso, ha visto ridursi il
proprio potere di acquisto.
Festeggia quest’anno i suoi 125 anni con la
realizzazione di un modello dedicato.
Si, abbiamo deciso di celebrare la ricorrenza
producendo una serie limitata in acciaio e in oro del nostro
Extra fort Grande Date “ruota a colonne” (rispettivamente
500 e 125 pezzi) che intende proprio sottolineare quanto
dicevo sopra, coniugando la tradizione (l’Extra fort nasce
infatti negli anni ‘40 ed è sempre presente nelle aste di
orologi d’epoca) con lo sviluppo tecnico. È prodotto in due
versioni di quadrante nero e bianco con dettagli contrastati
e abbiamo iniziato a consegnarlo ai punti vendita alla fine
di settembre.
Quali sono le attivitá che ha svolto l’azienda nel 2012 a
supporto dei festeggiamenti?
Oltre a numerosi eventi in alcuni selezionati punti vendita
italiani ed internazionali il 2012 è stato un anno ricchissimo
di attività, sempre sottolineate dal riferimento all’anniversario;
dalle sponsorizzazioni sportive alle gare di auto storiche, fino
ai legami con arte e cinematografia. Nelle manifestazioni
sportive è stata tra l’altro un’annata di successi e soddisfazioni
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Audi Italia Sailing Team Supported by Eberhard & Co.
con Pro Recco nella pallanuoto, Cantù nel basket e il Classic
Team Eberhard che a settembre ha vinto il Gran Premio
Nuvolari di auto storiche.
Quali i modelli di punta e quale gli evergreen.
Oltre all’Extra fort che ho già citato non possono non essere
ricordati il Chrono4 e l’8giorni, entrambi modelli brevettati
da Eberhard & Co., il Tazio Nuvolari e il Champion che,
presentato a fine 2011, ci sta dando grandi soddisfazioni
di vendite. Senza dimenticare Gilda, il nostro orologio
femminile, molto apprezzato sia dal pubblico che dalla
stampa.
Programmi e strategie per il 2013 e modelli in uscita.
A Basilea, nel corso del prossimo salone, presenteremo diverse
novità in alcune delle collezioni citate; sarà un anno importante
in cui riteniamo il mercato domestico potrà dare qualche
segnale di ripresa. Dal punto di vista delle iniziative, sulle quali
preferisco mantenere ancora un certo riserbo, posso dire che
abbiamo dei progetti molto belli legati all’arte, un ambito che
secondo noi ha grandi potenzialità di comunicazione, spesso
sottovalutate o inespresse ◆
GP Nuvolari Classic Team Coppia Muller Manetsch
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M AGA ZINE
interview
di Carlotta Miceli Picardi
A proposito di studio…
Divenne la causa dello scontro frontale tra me e papà, clinico
affermato. Gli nascosi di aver mollato la facoltà di Medicina
per entrare all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico
e fui buttato fuori di casa. Si aspettava che seguissi le sue
orme, quindi la prese malissimo. Dall’appartamento ai Parioli,
passai ad una pensione in zona Termini. Ben presto mi resi
conto di essere un attore mediocre, sebbene fossi entrato
nella Compagnia dei Giovani con Rossella Falk, Anna Maria
Guarnieri, Romolo Valli e Giorgio De Lullo. Proprio Rossella,
dopo una tournée in Sud America, dove mi ero impegnato
nella promozione con notevole successo affiancando Valli,
concluse che avessi delle ottime intuizioni ed una naturale
inclinazione alle pubbliche relazioni. Partii da lì.
Come?
Scelsi via Veneto, allora percorso obbligato per la gente di
spettacolo e di cultura, come ufficio e un tavolino del Café
de Paris come scrivania. Un osservatorio, nonché un uditorio
privilegiati, che mi consentivano di vedere e ascoltare ciò
che occorreva. Ed anche un palcoscenico di prestigio:
paradossalmente, iniziai a recitare meglio quando smisi di farlo.
Enrico, da dove inizia la tua avventura professionale?
Da una visita con mio padre e mio fratello a Cinecittà.
Lucherini Cristina Comencini
L
Quel geniale,
dissacrante,
incorregibile
uomo delle stelle
L
itorale romano, anni settanta.Villa fronte-mare,
festa gitana, esterno notte.
Carmelo Bene, appeso alla finestra della cucina
spalancata sul giardino, declama versi di Garcia Lorca ai
camerieri e si irrita non poco con chiunque osi interloquire.
Florinda Bolkan, bruna e selvaggia, appunta una rosa sul lungo
abito nero, camminando scalza sul prato. Helmut Berger,
pantaloni scuri, camicia candida e sciarpa di seta stretta
in vita, sfoggia sul viso abbronzato i suoi incredibili occhi.
Non meno gelidi dei cubetti che fa tintinnare nel bicchiere
di whisky. Thomas Milian, di contro, sguardo di brace e
cerchio d’oro all’orecchio, prova a far sorridere l’imbronciata
Susan George. Per niente zingara, ma molto raffinata, Marina
Cicogna non rinuncia al rigore della sahariana beige e di
un’unica perla sul décolleté, accanto a Luigi Zampa e Mauro
Bolognini che, in borghese, chiacchierano di neorealismo.
Giornata indimenticabile, prologo di un destino. Assistemmo
ad un ciak di ‘Imputato, alzatevi…’ con Macario. Avevo
sette anni!
Ed esattamente sette anni più tardi, di fronte alla silhouette
di Rita Hayworth, che si stagliava a gambe divaricate sulla
nuvola di Hiroshima guadagnandosi l’appellativo di ‘Atomica’,
iniziai a chiedermi chi potesse aver contribuito a rendere così
potente un’immagine. Tanto da scuotere davvero quanto una
deflagrazione. Successivamente, ai tempi del liceo, mi ripetei
la stessa domanda davanti al ritratto dolente e sensuale di
Silvana Mangano, immersa sino ai polpacci nell’acqua
torbida di ‘Riso amaro’. Indubbiamente qualcuno studiava
atteggiamenti e situazioni che servissero a rendere una
particolare sequenza, IL MOMENTO del film.
Lucherini e Pignatelli
Incontro
con ENRICO LUCHERINI,
il press-agent italiano
per eccellenza
Christian De Sica, già galante seppur giovanissimo, offre fiori
di ibisco e tartine a Isabella Rossellini, mentre il costumer
designer Wayne Finkelman, sistema uno scialle variopinto
sulle spalle di Ornella Muti, appena adolescente. Intanto si
lamenta dell’invadenza della propria madre, che tra l’altro, è
l’enorme donna sulla locandina del film ‘Roma’ di Federico
Fellini. Adorata, sì, ma parecchio ingombrante anche
psicologicamente, pare. Meno male che nel pomeriggio
Luchino Visconti gli ha fatto recapitare una splendida foto
con dedica. Clint Eastwoood, gilet e stivali di cuoio, buoni
per tutte le occasioni, sonnecchia sull’amaca. Sergio Leone
dovrebbe arrivare a momenti. Matteo Spinola, che sorseggia
un aperitivo, sembra in attesa di notizie.
Adagiato sul dondolo, sotto il cielo affollato di stelle, Enrico
Lucherini studia nuove formule per accenderne altre che
siano altrettanto luminose in un universo magico e ambito: il
cinema. Osserva attento ogni dettaglio. Annota mentalmente,
elabora. Il mondo dello spettacolo è lì, ad accennare passi di
flamenco sull’erba tagliata di fresco. Volti, ambizioni, storie…
Protagonisti e comparse. Quelli dei quali lui più di ogni altro
sa parlare e far parlare. Quelli di cui racconta come crede,
esperto affabulatore ed abile equilibrista sulla sottile linea
di confine tra bugia e fantasia. Piccolo peccato, la prima;
immenso dono di Dio, la seconda, come negarlo… Mentire
e inventare sono due cose diverse. Creare per interessare e
sorprendere, è un’arte.
È il suo mestiere: Press Agent, da mezzo secolo. Un lavoro
prodigioso e affascinante, che oggi viene celebrato al Museo
dell’Ara Pacis con la mostra ‘Purché se ne parli’. Documenti e
video raccolti per spiegare la carriera straordinaria di questo
magnifico signore, che ho il privilegio di conoscere da
quando frequentavo le scuole medie e che conserva intatti
sorriso e gusto per la provocazione.
Costanzo, Andreotti, Lucherini
Lucherini, Mastroianni, Vlady, Troisi
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A. Lualdi - C. Cardinale - E. Lucherini
Avevi un progetto preciso?
No, piuttosto la percezione di un’opportunità, da mettere
a fuoco… Di un’attività da inventare per sconvolgere e
coinvolgere. Per catturare l’attenzione, stupire, agitando
le acque a dovere al fine di raggiungere un obiettivo con
successo. Il lancio di un film, per esempio.
Così, al grido di ‘Il… film giustifica i mezzi’ ti sei adoperato
per combinarne di tutti i colori!
In effetti… - ride - Non mi ha mai entusiasmato puntare su
intrecci sentimentali fasulli per attirare il pubblico. Volevo
fatti eclatanti, trovate che accendessero la campagna
pubblicitaria. E fotografi nella giusta posizione per riprendere
ciò che avevo in mente.
Cosa intendi?
Gli scatti sulla chiusura lampo del vestito rosso di Rosanna
Schiaffino, che si apre lentamente con un trucco sartoriale,
scoprendole la schiena sino alla vita, all’epoca de ‘La
notte brava’ di Bolognini. O sul finto stupore della Spaak
con un interminabile filo di perle avvolto intorno al corpo
che si impiglia a comando, appena ultimata una ripresa di
‘Adulterio all’italiana’ di Pasquale Festa Campanile, lasciando
lei en déshabillé e i presenti di stucco. Scena che Pasquale
apprezzò molto e decise di ricostruire, per inserirla nel film.
Ero un ventenne pieno di risorse intellettuali. - scherza E con un grande avvenire… Chi ti ha dato dei suggerimenti
veramente preziosi?
Sofia Loren. Veniva dall’esperienza con i press-agent
americani e me ne ha spiegato metodi e strategie di
comunicazione.
Sofia rimane l’unica Star italiana, a tuo parere?
Assolutamente sì. Lei è Talento, Temperamento, Faccia. Ha
incatenato almeno un paio di continenti allo schermo recitando
senza trucco, spettinata, con addosso panni informi e sdruciti.
Non le serviva nulla. Si è imposta come interprete della
commedia italiana e ha conquistato Hollywood e i suoi divi.
Attualmente non ne vedo nessuna all’altezza. Come non vedo
nessuno all’altezza di Marcello Mastroianni, nonostante ci siano
interpreti di notevole spessore, vedi Pierfrancesco Favino.
Descrivimi Mastroianni fuori dal set.
Un uomo sensibile, che adorava il rientro tra le mura
domestiche e una quotidianità semplice. Che non disdegnava
pantofole e pasta e fagioli, insomma. Con una sua particolare
E. Lucherini - Nico Ozac
concezione della fedeltà ed un legame indissolubile con la
moglie Flora, oltre qualunque logica. Catherine Deneuve, nel
periodo della loro relazione, provò ostinatamente a togliergli
il piacere della normalità, ma fallì.
Il miglior regista, oggi?
Giuseppe Tornatore. Per una sua pellicola vale sempre
la pena di spendere il prezzo del biglietto. C’è una forza
narrativa e descrittiva che avvince e incanta. Riconosco
qualità eccellenti a Paolo Virzì, che è piacevolmente tornato
a quello che io definisco il cinema ‘piccolo’, con ‘Tutti i santi
giorni’: non spazia a caso, ma approfondisce, accosta. Poi
trovo interessanti Lucchetti, Garrone, Sorrentino.
Perché ultimamente affermi spesso di volerlo abbandonare,
questo cinema che ami profondamente da sempre?
Perché non mi sento ricambiato: non c’è cuore, non c’è
incontro, non c’è tempo. I contatti, ora, si risolvono in
telefonate, in e-mail frettolose. Mancano le conversazioni,
fonti inesauribili di spunti e di notizie. Che tristezza, neppure
la possibilità di un pettegolezzo! Meglio la fiction. Almeno
consente di stabilire dei rapporti a livello umano nei tre,
quattro mesi che occorrono per la realizzazione. Medito da
un po’ di affidare totalmente lo studio a Gian Luca Pignatelli,
mio socio ed erede naturale.
Cosa avresti voglia di fare, adesso?
Pensa, ho scoperto che negli Stati Uniti esiste una nuova
professione che qui non conosce nessuno… ◆
L
L
Maria Eudoxia Mel l ão
gioielli Che avvolgono la pelle Come un sussurro di Foresta amazzoniCa.
tessuti Che si intreCCiano in Forme morbide e sinuose,
lasCiando spazio a Colori Caldi e terrosi
di Maria Beatrice Crisci
a città di Caserta riesce a mantenere una
vivacità culturale costante. Incontri e mostre
d’arte sono un divenire continuo alla scoperta
di una terra che offre tante positività. Non a caso, allora, val
la pena ricordare la Unusual Art Gallery, da anni ormai punto
di riferimento artistico-culturale nel centro storico di Caserta,
a due passi dalla Reggia Vanvitelliana, nel salotto della città,
e più precisamente in quel quadrilatero dell’arte e della
moda, fatto di vicoli e botteghe, dove storicamente si sono
registrati negli ultimi decenni i maggiori fermenti culturali
e commerciali cittadini. È qui che la padrona di casa Sueli
Viana, brasiliana doc, ma ormai cittadina casertana a tutti
gli effetti, ha deciso di aprire le porte all’arte contemporanea
continuando un percorso iniziato nella sua terra d’origine.
Dunque, non a caso si registra a Caserta la presenza di
Maria Eudoxia Mellão, una delle più famose artiste brasiliane,
nota a livello internazionale per le sue sculture, cui si sono
affiancati negli ultimi anni i gioielli, vere opere d’arte. Una
vera opportunità per conoscere la cultura e nello specifico
l’arte del Brasile, ormai la nuova patria della moda, con i
suoi colori, la sua letteratura, i suoi sapori, la sua arte, la sua
musica. La Mellão ha scelto proprio la città della Reggia come
prima tappa di un tour che in questi mesi la sta portando
in giro per l’Italia. Elementi decorativi e accessori come
orecchini, collane, diademi e spille sono la sua specialità,
veri oggetti di raffinato design. Ma anche sciarpe e cinture in
seta e lana e borse con particolarissime applicazioni di seta.
“O trabalho da brasileira é repercutido em todo o mundo e
faz sucesso em países da Europa, Ásia e de toda a América”:
il suo lavoro si riflette in tutto il mondo ed è popolare in
Paesi di Europa, Asia e in tutta l’America. I suoi pezzi sono
unici e molto ben preparati. Alla domanda da dove tragga
l’ispirazione per la creazione dei suoi gioielli, Maria Eudoxia
risponde: “Mi ispirano le cose di tutti i giorni. Osservo, studio
le cose che sono intorno a me. Prediligo le materie prime e i
processi naturali. Per esempio, abbiamo sempre la tintura di
filati di lana con annatto, che da sfumature diverse”. L’artistastilista brasiliana poi aggiunge: “Io viaggio molto, seleziono
gli elementi che mi attirano e già immagino l’oggetto finito”.
Un decoratore crea e controlla l’intero processo di produzione
di accessori. Tutto è in qualche modo unico nel suo genere.
Ogni gioiello e creazione da indossare è realizzata a mano,
sono pezzi unici, con una cura del dettaglio che incanta.
Vestono, perché tendono a esaltare la figura. Hanno forme
morbide e avvolgenti, colori vivaci. Il loro fascino sta nel fatto
che non passano inosservati, ma al tempo stesso riescono a
integrarsi perfettamente con l’abbigliamento. Sottolineano
alcuni punti del corpo, in un gioco di equilibri cromatici e
formali di raffinata enfasi e di discreta sensualità. Ecco perché
sono vere e proprie sculture da indossare ◆
jewels
33
Il mercato dei gioielli a Roma è vasto ed estremamente
competitivo. Come vi siete fatti strada?
Cavalcando i tempi, perché bisogna essere rapidi nel capire
cosa desidera la gente. In questo momento ad esempio, oltre
al prezioso, bisogna offrire un prodotto alternativo, perché la
moda sta diventando sempre più appariscente e aggressiva.
Tutto è molto più esasperato.
Gioielleria Bersani
Piazza della Balduina, 58 - 00136 Roma
tel. 06 35404127
L’Italia si avvicina alle elezioni e il parallelismo con la
politica nasce spontaneo, considerando il vostro nome.
Quale potrebbe essere il vostro slogan elettorale per
promuovervi nel campo dei gioielli?
Professionalità, originalità, cortesia.
Sul sito della gioielleria Bersani si legge: “gioielli in argento,
preziosi come l’oro”. Non avrete mica una bacchetta
magica nascosta in cassaforte?
No, è soltanto una questione di gusto, frutto di scelte molto
accurate.
P
P
Bersani e Boccadamo:
quelle “B” che brillano
arlando con la signora Maura Sidoni
Bersani, titolare della gioielleria Bersani,
si ha subito l’impressione che con la
maison Boccadamo ci sia stata un’affinità immediata.
Complice forse anche la stessa iniziale del nome, in tanti
anni di esperienza entrambe le case hanno sviluppato
un gusto particolare nella scelta delle pietre, abilità nella
loro lavorazione, minuziosa cura dei particolari e non
solo. A confermarlo - e a raccontarci la storia di questa
collaborazione - è proprio la signora Sidoni Bersani.
Bersani e Boccadamo: oltre all’iniziale c’è di più?
Sì, considerando che in comune abbiamo soprattutto il
gusto per la brillantezza. A me - come anche a Boccadamo -
Chi lavora con lei dietro le quinte?
Ho due collaboratrici. Non c’è divisione dei compiti,
preferisco che si lavori insieme: non scelgo mai senza di loro.
La gioielleria Bersani crede nell’artigianato. Una fiducia
ripagata?
Sì, assolutamente. L’artigianato serve proprio a creare
qualcosa di esclusivo. Se non ci fosse, tutto sarebbe
uguale: immaginate quanto sarebbe brutto se due donne si
incontrassero in un salotto con lo stesso gioiello.
In comune i due hanno molto più
che l’iniziale dei rispettivi nomi
piacciono tutti gli oggetti che brillano. Sempre con la lettera
‘b’ comincia comunque!
La signora Maura Sidoni Bersani non è solo titolare, ma
anche ‘mente’ e ‘mano’ nella sua gioielleria. È vero che
disegna personalmente per le sue clienti?
Sì, mi chiedono di trasformare gioielli che non indossano più.
In genere cerco di montare tutto su un unico oggetto per
ottenere qualcosa di veramente originale.
Guardando le vostre vetrine si capisce che niente è lasciato
al caso. Nasce da qui la scelta di dare spazio a gioielli di
prestigio come quelli della maison Boccadamo?
Sì, perché sono gioielli moderni ma che durano nel tempo.
Sono ben studiati, con un’accurata scelta cromatica. Fanno
un certo effetto, insomma.
Come si sono incrociate le vostre strade?
Avevo visto diverse volte il marchio in pubblicità, poi
Boccadamo mi ha preceduto: la maison si è avvicinata a
me su indicazione di un collega che riteneva il mio negozio
adatto ad una collaborazione.
promo
I partner Boccadamo
M AGA ZINE
Non solo personalizzazione quindi, ma anche
trasformazioni di gioielli esistenti. C’è molta richiesta?
In effetti si tende a ‘rivisitare’ quello che si possiede. Spesso,
infatti, vengono da noi perché hanno il desiderio di utilizzare
qualcosa rimasta a lungo nel cassetto. Nel nostro settore
abbiamo la fortuna che ‘niente va a male’! ◆
Boccadamo opera da anni
nel settore orafo-argentiero
e i suoi gioielli sono presenti
nelle vetrine dei grandi dealer.
In queste pagine presenta
la gioielleria BERSANI
Che fred do
che fa
Moschino
Ermanno Scervino
N
N
eanche più la pelliccia è connotata come
invernale. Nelle ultime sfilate per l’estate
si sono viste minigonne di visone, stole
di volpe, giacchine di astrakan rasato. Cappotto e dintorni
restano l’unico tipo di abbigliamento antifreddo. Cinquant’anni
fa non esistevano alternative metropolitane al cappotto, poi
sono diventate così numerose e variegate da averlo fatto quasi
sparire. Quest’anno, invece, è più che mai in auge.
Il cappottino, perbene e attillato, è immancabile nelle
collezioni. Da quello da sera, in seta o raso, come da John
Richmond ed Ermanno Scervino, fino ai più sportivi. Come
il paltò in finestrato scuro con inserto in velluto di Vivienne
Westwood o quello di Agnona, rosso con grandi bottoni a
contrasto. Vita segnata anche per il cappotto cammello di
Ermanno Scervino. Questo evergreen è proposto da molti.
A parte da Max Mara, maestro del genere, è da LarusMiani,
doppiopetto e dalla linea slim. Nero con spalline e doppia
abbottonatura laterale il cappotto di Moschino. In pieno
revival Sessanta, Paola Toscano per Dirk Bikkembergs
presenta il cappotto di linea scivolata coordinato all’abito,
in tessuto con stampe geometriche. Sempre in scena i
cappotti con cintura, in un’infinità di interpretazioni. Per
Aigner è taglio vestaglia in morbida lana con profili neri,
senza collo e longuette. Per Missoni è in pesante tweed con
Aigner
Simonetta Ravizza
John Richmond
di Luisa Espanet
fashion
Mendel
Viktor & Rolf
collo in pelliccia e microcintura in pelle. Cintura in pelle a
contrasto anche per il cappotto di Vivienne Westwood, con
collo a corolla. In pelle, ma in tinta, la cintura del paltò di
Les Copains in lana grigio scuro spruzzata di paillettes nere.
Tutti con cintura i modelli di Burberry, rivisitazione del
mitico trench della maison. In tessuto finestrato, in gabardine
classico movimentato da righe e perfino in piumino, sono
fermati in vita da un fiocco di seta. Un vero trench in pelle
metallizzata da Blumarine, che in alternativa propone il 7/8
in ciré panna. Da Roberto Cavalli il 7/8 è in maculato con
collo di pelliccia. Il 7/8 imperversa anche da Diane Von
Furstenberg: cipria, giallo e in pelle traforata nera. È in pelle
senape con applicazioni e inserti viola il cappotto di Louis
Vuitton. Dalla pelle alla pelliccia. Inframezzata da tessuto la
volpe da Simonetta Ravizza, che crea modelli sempre più
leggeri e sdrammatizzati. Sembra drappeggiata la volpe di
Viktor and Rolf, è bicolore quella di Mendel. Con maniche
in tessuto da Marni. In technicolor la pelliccia di Moschino
Cheap and Chic, matelassé quella di Moncler Gamme Rouge,
che propone anche il piumino in nylon maculato. Ritorno
moderato, ma sentito, della mantella. Stile barocco da Dolce
& Gabbana, rosso fuoco e con cintura sul davanti da Marni,
ampissima con interno in seta matelassé da Normaluisa ◆
kids
Simonetta
I Pinco Pallino
Roberto Cavalli Junior
Bam bini d ’inverno
C
Bikkembergs
Fay Junior
C
ome si vestono i bambini per uscire al
freddo? Una sintesi, con le tendenze più
forti, si è vista nella sfilata che a settembre ha
concluso la Fashion Week milanese, organizzata e promossa
da Camera Nazionale della Moda Italiana e Vogue Bambini.
Per sostenere l’attività dell’associazione Children in Crisis
Italy Onlus le più grandi griffe hanno mandato in passerella i
loro modelli di punta. Per la bambina domina il colore bianco
in tutte le sfumature. È tinta caffelatte il cappotto effetto
peluche di Simonetta. La tonalità panna è stata scelta da
Blumarine per il piumino con inserto di pelliccia sul fondo. I
Pinco Pallino colorano di rosa pallido il cappotto con ruches
all’allacciatura e giocano sulle gradazioni più delicate del
beige per il paltò sportivo. Non mancano le eccezioni. Come
il giubbotto di Roberto Cavalli in nylon maculato con collo
di pelliccia, da indossare sull’abito coordinato. O la giacca
di Fay Junior rosso fuoco, perfetta per i jeans. Per il maschio
in pole position il montgomery rivisto. Come il piumino con
alamari e cappuccio di Bikkembergs o il giaccone in nylon,
sempre con cappuccio, di Fay Junior ◆
Brioni
A
John Richmond
Ca p potto
e d intorni
Giorgio Armani
Gucci
Trussardi
A
nche per l’uomo si può parlare
di un ritorno al cappotto. Non
certo trionfale, ma con le dovute
limitazioni. Anche perché car-coat, giubbotto e simili sono
visti ormai come pezzi più pratici e funzionali, indispensabili
nel guardaroba per i ritmi e i modi di vita attuale. Il cappotto
diritto al ginocchio resta sicuramente il capo ideale da
portare sotto al completo, magari anche al tre pezzi con
gilet. Come quelli di Brioni, cashmere color carta da
zucchero, per i più audaci, o in azzurro più scuro con collo
di astrakan per i veri dandy o ancora nero con collo in lontra
da indossare sullo smoking. Gucci lo propone in nero, ma
con un allure più sportiva in alternativa alle maxigiacche di
maglia. Per Trussardi il cappotto è in pesante tessuto beige,
ampio, doppiopetto e con collo di pelliccia. Oppure, sempre
doppiopetto, in pelle con controspalline. Stile decisamente
militare per il trench grigio-verde di Umit Benan. È in pelle,
con effetto invecchiato sulle spalle, il cappotto di Bally.
Vagamente militare anche il lungo cappotto di Giorgio
Armani, mitigato da un colore azzurro forte. È in velluto
operato e sempre doppiopetto il paltò con lunghezza al
ginocchio. Giacconi o corte mantelle da brigante per l’uomo
nel freddo dell’Emporio Armani. Vivienne Westwood punta
sullo shearling, lavorato con maestria per essere leggerissimo.
Bally
Missoni
Emporio Armani
Vivienne Westwood
Dolce & Gabbana
Mentre John Richmond rivede il montgomery e riscalda
i car coat con la pelliccia. Molta maglia per l’inverno di
Missoni, ma anche giacconi di tweed e piumini multicolori
per non dimenticare il DNA della maison. Dolce & Gabbana
anche per l’uomo propone l’ampia mantella da cospiratore,
ovviamente in colore scuro. Marina Yachting inventa il
caban rosso fuoco, Mason’s propone il giaccone in nylon
camouflage con cappuccio. Mentre Brooks Brothers rivede il
chiodo, rendendolo meno aggressivo e più dandy ◆
Collezione Scapa Sport
Ra f finata com pl icità
Elegante e potente, intelligente e regale. Simbolo di libertà e purezza.
Capace di affinità molto strette con il proprio cavaliere.
Il cavallo è da sempre punto di riferimento e fonte di ispirazione per l’uomo
di Massimiliano Augieri e Antonio Carnevale
Collezione Scapa Sport
C
C
riniera folta, coda fluente e lunga. L’incedere
fiero e forte. Familiare ma al contempo
misterioso, evoca da secoli sogni di
avventura e il desiderio di spazi aperti. Il cavallo seduce da
sempre l’uomo, che lo utilizza per gli scopi più diversi. Merito
anche del carattere, affettuoso e paziente,che ha permesso di
stabilire un legame molto forte.
I cavalli sono animali molto sensibili allo stato d’animo del
loro cavaliere e tendono a rispecchiarlo. Avvicinandoci
noteremo che il suo primo movimento è quello di portare
il muso in avanti per odorarci. In questo modo cerca
di stabilire un contatto con noi, come farebbe con un
suo simile. Da parte nostra, all’inizio di un rapporto di
conoscenza, è bene farsi vedere prima di andargli vicino,
parlarci e accarezzarlo. Per stabilire un contatto migliore
possiamo, avvicinandoci, soffiargli leggermente nelle
narici. Se l’approccio è andato a buon fine, esprimerà la sua
“tenerezza” strofinandosi con il muso.
Adatto a tutte le età, l’equitazione è uno sport molto antico
che offre diversi benefici, sia dal punto di vista fisico che
emotivo. L’intesa straordinaria che si crea, con l’animale e
con la natura circostante, consente a entrambi di esprimersi
al meglio. Si vincono così, senso di solitudine, malinconia,
timidezza e depressione, migliorando umore e attenzione.
Collezione Scapa Home
L’eleganza e la bellezza propria del cavallo sono poi,
da sempre, punto di riferimento e fonte di ispirazione di
grandi marchi della moda e del design. Ne parliamo con
Lorenzo Nencini, responsabile del progetto U.S. Polo Assn.
abbigliamento.
1.
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4.
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6.
1. Richard Ginori Opere in porcellana disegnate da Gio Ponti
per Richard Ginori 1735:
Piatto Amazzone con Giavellotto
2. SIA HOME decorazione CAVALLO TROTTO in poliresina nera, H 33 cm
3. SIA HOME decorazione HORSE ANTIC fatta a mano in metallo, 40 x 27 cm
4. SIA HOME decorazione CAVALLO in legno, H 30 L 23 cm
5. LLADRÒ Dressage
Un’opera molto elegante di una cavallerizza sul suo cavallo. Lei è vestita
con la divisa di gara: alti stivali neri, lunga redingote scura, calzoni
da cavallerizzo, cappello a cilindro e guanti bianchi La sella poggia
su un plaid grigio che protegge il dorso del cavallo.
Il cavallo è un purosangue con la criniera intrecciata come abitudine
nelle gare equestri. L’opera è realizzata in porcellana classica
con i colori tradizionali di Lladrò, 33 x 38 cm
6. LLADRÒ Corsa all’ippodromo - Serie limitata a 1.500 pezzi
Corsa all’ippodromo è un’opera molto dinamica, dipinta con colori
che richiamano l’atmosfera delle corse di cavalli come quelle disputate
a Epsom (UK) e a Kentucky (USA), 35 x 100 cm
Fox hunting - Petracer’s ceramics
Il gioco del polo è l’anima U.S. Polo Assn., un fil rouge
tra il campo e le collezioni moda. Il portamento, lo stile
e l’eleganza del cavallo hanno influenzano il mondo della
moda e U.S. Polo Assn. che ne ha fatto il suo logo?
Il doppio giocatore di polo a cavallo, protagonista indiscusso
del logo U.S. Polo Assn., è la perfetta sintesi di eleganza e
tradizione. Il rapporto tra l’uomo e il cavallo, fondamentale
nel gioco del polo, è fin dalle origini nel DNA del marchio
e, inevitabilmente, fonte di ispirazione per le collezioni di
abbigliamento. Il nostro non è un caso isolato, frequenti sono
i richiami del mondo della moda al cavallo e agli sport che
lo coinvolgono. Nel caso di U.S. Polo Assn. si tratta di una
storia di successo che affonda le proprie origini nel lontano
1890 e che fa capo alla United States Polo Association,
l’unica organizzazione no-profit che rappresenta e certifica
ufficialmente tutti i club del gioco del polo negli Stati Uniti
e in Canada.
Tradizione americana e stile italiano, qual è il life-style U.S.
Polo Assn.?
La filosofia e lo stile U.S. Polo Assn. si ispirano all’eleganza
del gioco del polo dando vita a collezioni sportive, dal
mood decisamente casual - chic. Le collezioni U.S. Polo
Assn. sono rivolte al mercato europeo e si caratterizzano
per la forte connotazione made in Italy in termini di moda,
vestibilità, qualità dei materiali e ricerca dei dettagli che
contraddistinguono ogni singolo capo.
Possiamo dire che la filosofia di U. S. Polo Assn. è stata
quella di legare dettagli tipici dei capi del gioco del polo
- e al contempo, la sua energia, la passione, l’eleganza - ai
dettami della vita quotidiana?
Sì, è corretto. Il gioco del polo è l’anima del brand che
vibra nelle sue collezioni di abbigliamento dove gli elementi
ricorrenti, come le polo o il denim bianco, segnano il
carattere distintivo. I nostri capi raccontano l’autenticità
del marchio e conservano l’eleganza discreta di una storia
importante e di valori autentici, senza mai perdere di vista la
contemporaneità.
Chi sono gli uomini e le donne che vestono U. S. Polo Assn.?
Sono persone che prediligono l’abbigliamento casual di alta
gamma che si adatta facilmente a possibili contaminazioni
tra free time e lavoro, amano viaggiare e trascorrere il tempo
libero a contatto con la natura. Molto spesso chi veste
U.S. Polo Assn. si affeziona al brand e lo sceglie anche per
l’abbigliamento dei propri figli.
E qual è il rapporto di Lorenzo Nencini con i
cavalli?
I cavalli sono animali forti, fieri ed eleganti,
non posso che esserne un grande
estimatore. Ho avuto in passato la
possibilità di giocare a polo, è uno
sport di cui apprezzo l’equilibrio,
l’eleganza, il self control, il fair play
e lo spirito di squadra. Ritengo che
siano valori fondamentali sia sul
campo da gioco che nella vita ◆
Collezione Autunno/Inverno - U.S. Polo Assn.
48
interview
M AGA ZINE
S
S
Il social networkin g
come ha cambiato
il modo di comunicare
Intervista a Anna Rita Gattuso web strategist
di Maria Beatrice Crisci
uperata la soglia dei suoi primi 40 anni, Anna
Rita Gattuso è una web strategist di primo
piano, specialista anche in web reputation
marketing, ideatrice di numerose piattaforme web di
successo.
“Mi occupo di internet e comunicazione dal 1999. Dopo anni
passati come sviluppatore web, ho iniziato ad appassionarmi
di social media marketing e web marketing strategico. La
parola strategico può sembrare molto ambiziosa e in effetti
lo è, ma è proprio questo il bello del mio mestiere, cerco
ogni giorno di studiare strategie di web marketing vincenti
per i miei clienti. In un mondo in cui qualche vecchio saggio
racconta che non esiste più il posto di lavoro fisso, credo di
rappresentare appieno la categoria di coloro che il lavoro
devono inventarselo giorno dopo giorno, con sacrificio, con
passione e con una enorme voglia di creare qualcosa di
buono”.
Il social networking come ha cambiato il modo di
comunicare?
“C’è una terribile confusione su questo tema. C’è confusione
nel capire cosa sia internet e cosa sia web o rete, c’è confusione
nel paragonare un social network con un media tradizionale,
addirittura non c’è la piena coscienza del fatto che stiamo
parlando di fenomeni in movimento, in ebollizione, in veloce
modificazione. Manca inoltre la contestualizzazione sociale
e molti non riescono a trovare elementi di raccordo con la
visione antropologica e sociale del fenomeno”.
Quali le conseguenze?
“La cosa grave è che la totale sottovalutazione del fenomeno
è proprio da parte di chi, esperto del settore, dovrebbe
invece avvicinarsi, leggere e capire. C’è chi, peggio ancora,
cerca di sottomettere il social networking alle metriche e alle
metodologie applicative del marketing, soprattutto quello di
vecchio stampo, come se lo si potesse vendere come servizio
aggiunto, come fosse uno strumento per la fidelizzazione di
massa dei clienti, con strategie di branding buone più per una
pasticceria o una fabbrica di scarpe che non un vero processo
di cambiamento sociale. Da qui la colpevole ignoranza di
chi non è in grado di identificare il social networking come
l’ulteriore step nella scala evolutiva umana”.
E le distorsioni del fenomeno?
“Ci si attiene perciò alle prestazioni, ai numeri, alle
conversioni in termini di contatti, di viste, di mi piace,
piuttosto che alle esperienze. Si cerca di standardizzare
il sapere e il comportamento per allinearsi ai principi
del marketing, per sottoporre gli individui a protocolli
codificati in termini di tipologie comportamentali. Il social
networking non è questo e non lo è nemmeno Facebook.
Di fatto nemmeno Zuckerberg sa esattamente cosa ha tra
le mani, se non una grande macchina per fabbricare soldi.
Ma è solo una parte della realtà. Quello che c’è dentro alla
scatola, il vero fenomeno, il mondo enorme di relazioni e
di condivisioni è tutto da studiare, veniamo costretti ad
avere fede nell’oggettività del dato emerso dal protocollo,
veniamo assoggettati al comportamento che il protocollo
richiede come fossimo delle compliance, come in una sorta
di meccanicismo dominante per amministrare le persone con
le cose, i protocolli, i contatti, i numeri, i followers… Ma in
questo modo si arriva a una pericolosa sottovalutazione e
depauperamento dell’esperienza e della parola”.
Sono riflessioni molto avanzate. La trovo un’interpretazione
innovativa dell’uso dei media. Ed è proprio stimolante
indagare il rapporto tra esperienza e parola.
“Ecco dov’è la rivoluzione del social networking: la relazione
perfetta tra parola ed esperienza. Il network diventa il luogo
ideale per la condivisione di emozioni, esperienze e parole.
Soprattutto diventa il luogo perfetto dove l’esperienza
diventa fonte di informazioni per tanti altri perché si innesca
un processo di valorizzazione dell’esperienza stessa che
diventa piacere, piacere di farsi riconoscere (autocoscienza
e identificazione del sé), piacere nell’alimentare aspirazioni
comuni e favorire sviluppo sociale e capacità creativa. Ecco
il fatto antropologico! È nella natura umana condividere
le esperienze. Anzi! Proprio grazie alla spinta di questa
pulsione emotiva, profonda e ancestrale, è nata la parola, poi
la scrittura, poi la diffusione mediatica di massa attraverso
tv, fotografia, cinema e radio (comunicazione audiovisiva
archiviabile). Ed è nel network che si crea il più grande
insieme di memoria collettiva, irreversibile, che la storia
umana abbia mai conosciuto. Oggi nel web è presente tutto
di noi”.
Vogliamo trarre le conclusioni, sintetizzando lo stato
attuale?
“Il social networking è sempre esistito. Una volta c’erano
l’agorà, la piazza, i bagni pubblici, le terme, i fori, i bar, i
locali, i circoli culturali, i pub, i club. Ci sono ancora. La
grande differenza è che su Facebook o su Twitter, o nella
blogosfera o tutti questi insieme, si muovono miliardi di
persone contemporaneamente, in modo illogico, anche
irrazionale, ma interconnesse. La differenza è qui, sostanziale,
semplice, lineare e rivoluzionaria” ◆
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M AGA ZINE
M AGA ZINE
DEMI TOPLESS, scoperte d’inverno
La Nuova 500 Cabrio, nel suo piccolo, come direbbe Gianni
Fantoni, sta alleggerendo i Concessionati Fiat già da qualche
tempo, ma perché è così speciale? Il suo motore 1.3 16
valvole non è una questione secondaria. È all’avanguardia
come tecnica di alimentazione (multijet, common rail), come
economia di esercizio (4,2 litri/km), per controllo emissioni
di Co2 (111 g/km) e come dimensioni (solo 3,55 di lunghezza
per 1,63 di larghezza). Le prestazioni non sono terrificanti
(95 CV e 10,7 da 0-100 Km/hin accelerazione), i posti dietro,
detti anche i sedili del castigo, non conoscono il confort dei
sedili anteriori ma il prezzo è molto favorevole (20.400€
full optional). E per chi non è insensibile al tocco modaiolo
c’è anche la Cabrio-Gucci con interni in pelle e colorazioni
brillantate (bianca o nera).
di Gianni Perotti
C’
C’
è poco da fare, le stagioni non esistono più
e le auto scoperte, o semi-scoperte, quelle
che una volta uscivano dai box solo dopo
Pasqua, ora le vedi in giro in qualsiasi momento dell’anno.
Se ne sono accorte le Case che rispondono in tempo reale
all’evoluzione del gusto presentando uno dopo l’altro nuovi
modelli che stanno scatenando una emulazione contagiosa.
Attenzione però, non tutte le “scoperte” fanno trendy.
Topless sì, ma compatte.
Al recente Salone dell’Auto di Parigi, a parte l’invasione
dell’elettrico che ormai riguarda tutte le gamme, dalla Panda
alla Ferrari, la parola d’ordine era: “aperte ma piccole”.
Ecco quindi la Nuova 500 cabrio che tanto è piaciuta a
Montezemolo, la Mini cabrio che sarebbe piaciuta anche
a Issigoniss, creatore della mitica Mini degli anni ‘60, la
Citroen DS3 cabrio che vuol richiamarsi, almeno nella sigla,
alla cabrio più bella di tutti i tempi, la DS squalo-cabrio
disegnata dal grande Flaminio Bertoni.
I progettisti della Mini Cabrio non hanno guardato a spese
nella ricerca del piacere assoluto: “la amo più del mio cane”
ho sentito dire da una amica che abita in Via Condotti. Non
conosco il cane ma ho provato la pura felicità nel guidarla
sui tornanti del Passo Sella nell’aria dolomitica che mi
avvolgeva completamente. Tipicamente Mini nel design e
nel temperamento (la più giusta è la Cooper S 1,6 da 211
Spieghiamo intanto cosa significa tecnicamente il termine
cabrio: identifica auto scoperte o scoperchiabili a due o quattro
porte e con almeno 4 posti a sedere - più o meno comodi. Le
altre, a due posti, sono le spyder, ed è tutto un altro discorso.
Le quattro posti hanno evidentemente più mercato perchè si
può viaggiare in compagnia, ci sta anche la famiglia, sono auto
evidentemente più versatili di una semplice “due posti secchi”.
Auto che conciliano il divertimento e il piacere di guida alle
esigenze quotidiane senza uscire dall’ottica di una prudente
scelta economica. La ragione di questo successo sta appunto
nella consapevolezza di un buon investimento economico
perché queste auto rappresentano il classico del futuro. Non
perderanno mai il valore aggiunto della desiderabilità e non
conosceranno la svalutazione di una comune berlina. Nel
tempo rischiano di aumentare di valore. Quindi è importante
la scelta dell’allestimento: interni più pregiati, dotazioni più
ricche, motorizzazioni più performanti. E il gioco è fatto.
Vediamole una per una.
CV) che offre prestazioni da brivido (0-100 Km/h in 6,9
sec. 220 kh/h), una abitabilità accettabile per chi viaggia
dietro e un discreto spazio per i bagagli, dato che è una
buona routière (viaggiatrice).
Il prezzo si avvicina ai 30.000€. Sconsigliabile la versione
diesel, certamente più economica (22.000€) ma poco
Mini-style.
Fuori dal coro la Citroen DS3 cabrio, la più recente, la più
glamour. Ha debuttato guarda caso in Montenapoleone
a Milano in occasione del Vogue Fashion’s night. Simona
Ventura ci ha girato attorno tre volte... che vorrà dire? Molti
sostengono che non è una vera cabrio perché ha solo il
tetto scoperchiabile, ma in compenso l’abitabilità è la stessa
della berlina, il confort di marcia totale e l’aria nei capelli
assicurata. È un’auto in abito da sera, modaiola ed esclusiva
senza rinunciare alla praticità di una motorizzazione più
che collaudata (il 1600 cc è costruito in collaborazione
con BMW), ha buone prestazioni e un prezzo decisamente
interessante. Il modello di punta, il 1.6 THP da 155 CV sport
chic costa 24.100€. Il tetto elettricamente amovibile ha tre
opzioni: nero notte, blu infinity e grigio polvere di stelle,
ideale per la discoteca ◆
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M AGA ZINE
teCno top
fra le ultIme novItÀ del Settore,
tre ottIme Idee per un natale
ad alta teCnoloGIa
di Francesco Mantica
JvC: StreamInG In hd
Se avete interesse a filmare eventi in alta definizione e allo
stesso tempo condividerli, magari inviandoli in streaming
su internet, JVC GV-LS2 è la soluzione ideale. Dotata
di supporto girevole controllabile a distanza tramite pc,
tablet e smartphone via wi-fi, questa telecamera consente
registrazioni video di alta qualità, senza rumori di sottofondo.
Tra le altre caratteristiche, sono presenti microfono interno ed
esterno, zoom ottico da 10x, sensore Cmos retroilluminato
da 12,4 megapixel e obiettivo luminoso.
zIK: In CuffIa
Come In Sala ConCertI
È una cuffia stereo, ma in realtà sarebbe meglio definirla un concentrato di tecnologia.
Parrot Zik è infatti un modello di cuffia perfetto sia per ascoltare musica sia per
chiamare e ricevere telefonate. Per il primo scopo la Zik utilizza un sistema integrato
di cancellazione del rumore e un algoritmo DSP (Digital Signal Processing) in grado
di donare al suono un’immagine melodica naturale, dal momento che simula le
caratteristiche acustiche di una sala da concerti. Le telefonate, poi, possono essere
effettuate senza interfacciarsi con il proprio smartphone: un sensore, situato all’interno
del cuscinetto nell’auricolare sinistro, rileva e analizza le vibrazioni della mascella per
poter “estrarre” la voce, mentre due microfoni che registrano il suono in tempo reale
e ne determinano la direzione. Un’altra particolarità è la presenza di un sistema di
rilevamento della posizione: abbassando le cuffie intorno al collo la riproduzione
musicale si interromperà immediatamente. Circa 350 euro.
nuova
teCnoloGIa muSICale SamSunG
Un sistema stereo per ascoltare musica ad alta qualità.
Detto così sembra banale, eppure il nuovo DA-E750 è
un apparecchio rivoluzionario, per linea e prestazioni.
Composto da un unico cabinet con due altoparlanti separati
ma incorporati in un design classico ed elegante, questo
sistema stereo incorpora la nuova tecnologia da 100 watt,
che gli permette una qualità audio da sala di registrazione.
Il nuovo Samsung DA-E750 armonizza così perfettamente
le tonalità naturali dei vecchi amplificatori a valvole con la
nitidezza audio dei moderni sistemi digitali. Naturalmente,
tanta qualità ha un prezzo: 699 euro ◆
hi tech
Sa pori e Sa peri
Le Repubbliche Marinare
Amalfi
Amalfi - panorama dal porto
A
A
foto storiche gentilmente concesse dal Centro di Cultura e Storia Amalfitana
grumi, erbe, terra, spezie. Ecco i
quattro punti cardinali che identificano
le “Repubbliche Marinare”.
Questi sono i profumi e gli aromi che hanno inebriato per
secoli coloro che - a diverso titolo - sono entrati in contatto,
rispettivamente, con Amalfi, Genova, Pisa e Venezia: Papi,
Imperatori, Re, Principi, ambasciatori, artisti, letterati, poeti,
navigatori, filosofi, soldati, conquistatori, scrittori, così come
semplici popolani, bottegai, cuochi, giullari, cortigiane,
uomini, donne e bambini di ogni ceto sociale e di ogni età. E
questi saranno i motivi conduttori del breve viaggio “gastrostorico” che ci accingiamo a intraprendere con Insider
Magazine e che ci porterà proprio a svelare quegli aromi e
quei profumi.
La definizione di Repubbliche Marinare, nata nel 1800, si
riferisce alle città portuali, soprattutto italiane, che, dopo il
X secolo, godettero, grazie alle proprie attività marittime, di
autonomia politica e di prosperità economica. Dal secondo
dopoguerra la definizione è in genere riferita in particolare
alle quattro città italiane di Amalfi, Genova, Pisa e Venezia,
i cui emblemi costituiscono lo stemma della Marina Militare
Italiana di oggi.
La Repubblica di Venezia, “La Serenissima”, ebbe per
secoli un ruolo fondamentale nel commercio tra l’Europa
e il Mediterraneo orientale e - nel momento di massima
espansione - comprendeva gran parte dell’Italia del NordEst (arrivando a pochi chilometri da Milano), le coste
mediterranee e la penisola istriana, l’intera Dalmazia e le
isole Ionie, la Morea, Creta, Cipro, il Negroponte e diverse
altre isole dell’Egeo.
L’antagonista per eccellenza di Venezia fu Genova, che nel
1298 sconfisse la flotta veneziana presso l’isola di Curzola. La
Repubblica di Genova, oltre ad una presenza significativa in
Oriente e nel Mar Nero, aveva il monopolio dei commerci nel
Mediterraneo occidentale e, nella sua massima espansione,
oltre alla Liguria, comprendeva Corsica, Sardegna, Crimea,
Tabarca, Rodi, Creta, vaste aree della Grecia e della Turchia,
Gibilterra, alcune zone della penisola Iberica, della Sicilia,
alcune isole dell’Egeo e Pera, la colonia nell’odierna Istanbul
di Galata a Costantinopoli.
La Repubblica di Pisa ebbe notevole importanza per
le conquiste territoriali, che nel momento del massimo
splendore comprendevano la Sardegna, la Corsica e le isole
Baleari. Era attiva soprattutto in Occidente, ma la rivalità con
Genova e le guerre con la vicina Firenze le furono fatali.
Amalfi ebbe una storia gloriosa e precoce di potenza
marittima e le navi amalfitane battevano già i mari, insieme
a quelle veneziane, quando le altre Repubbliche ancora
dovevano affermarsi: infatti la città campana ebbe il dominio
commerciale nel Mediterraneo meridionale e orientale
molto prima di Venezia. La sua storia di indipendenza e
di navigazione iniziò molto presto e terminò altrettanto
presto, a causa dell’arrivo dei Normanni nel Meridione, che
soppressero le autonomie locali per dar vita al grande Stato
del Regno di Sicilia, oltre che per la rivalità delle nascenti
Repubbliche di Pisa e Genova.
Amalfi
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M AGA ZINE
“Acqua pazza”
Amalfi - panorama - ritorno dalla pesca
Amalfi: sapore di agrumi
La complessa tradizione gastronomica amalfitana affonda le
proprie radici fin nell’antica Roma e molto probabilmente i
primi artefici della gastronomia Amalfitana furono proprio i
Patrizi romani. Una componente importante della tradizione
alimentare amalfitana tramandata dai romani è rappresentata
dal pesce, che per i latini rappresentava un alimento pregiato e
dal quale ricavavano una famosa salsa con la quale condivano
molte pietanze: il “Garum”. Ma anche Longobardi e Normanni,
che hanno sostato nella regione, hanno influenzato la
tradizione culinaria amalfitana, lasciando testimonianze della
loro presenza, come l’uso del sangue animale quale alimento.
Queste abitudini alimentari sono state abilmente rielaborate
in opere d’arte culinaria destinate ad alimentare le tavole
del periodo di Carnevale, come il “Sanguinaccio”, sangue di
maiale lavorato con cacao, zucchero e spezie.
Amalfi, nel periodo della Repubblica, subisce il fascino delle
spezie e così s’incontrano la tradizione alimentare del mondo
romano e quella medioevale, che delle spezie ha fatto un
suo cavallo di battaglia. Ne abbiamo esempi in piatti come
il cappone, il pollo, il maialino, che i romani consumavano
arrostiti e che ora sono insaporiti da una salsa agrodolce con
maggiorana e zafferano. Anche la cucina marinara subisce
gli stessi cambiamenti: chi non può permettersi le spezie
e soprattutto il costosissimo pepe, si accontenta dei più
modesti aromi locali, delle erbe odorose come prezzemolo,
basilico, finocchio e menta, creando “brodetti” o “guazzetti”
giunti fin sulle tavole moderne.
La tradizione gastronomica amalfitana ci ha fatto pervenire
altre specialità, quali i “nunderi” (palline formate con impasto
di farro e latte cagliato), oltre alla cultura dei frutteti (pere,
susine e mele, che venivano consumate alla moda degli antichi
romani: fritte a tondelli in olio bollente, in pastella di farina
e uova e ricoperte di zucchero e cannella). Nella tradizione
dolciaria amalfitana troviamo ancora due specialità: la “Torta
Santarosa”, antenata dell’omonima sfogliatella, creata dalle
pie mani delle suore del monastero di S. Rosa di Conca dei
Marini intorno ai primi del ‘700 e le “melanzane dolci”, nate
probabilmente nella cucina del convento francescano di
Polvica di Tramonti, i cui monaci preparavano le melanzane
fritte ricoperte di un intingolo dolce e liquoroso. I monaci
divulgarono tra le comunità religiose della penisola e della
regione la nuova ricetta, che subì varie trasformazioni,
fino a che le fette di melanzane vennero ricoperte con
salsa di cioccolata, assumendo l’attuale denominazione di
“melanzane alla cioccolata”.
La tradizione culinaria amalfitana è stata alimentata anche dai
cambusieri delle navi, che durante le traversate pescavano
sgombri e tonni, i quali venivano privati sul momento delle
interiora e ripuliti nell’acqua marina. Questi pesci venivano
tenuti in salamoia con le spezie del loro prezioso carico
per qualche giorno, poi erano appesi a prua e a poppa
delle navi ad asciugare. Al rientro a casa, le donne si
occuperanno dell’affumicatura, per trasformare queste carni
nei deliziosi filetti amalfitani. Per cucinare il pesce nelle loro
ore di ozio, i marinari utilizzavano l’acqua di mare, allora
incontaminata: facevano “impazzire” l’acqua con l’aggiunta
di spezie, verdure e olio, per poi tuffarvi per pochi minuti il
pesce. Questa è l’origine della straordinaria portata che gli
amalfitani chiamano “acqua pazza”.
Pane “umbula”
“Colatura di alici”
Il Garum romano verrà superato per qualità, fragranza e
profumo dalla “Colatura di alici”, creata intorno alla seconda
metà del XIII secolo dai monaci cistercensi abitanti della
canonica di S. Pietro a Tuezolo. I monaci possedevano una
modesta flotta, che utilizzavano per il trasporto di frumento
e che nei mesi estivi trasformavano in pescherecci per la
pesca delle alici. Avevano installato una bottega per la
conservazione del pescato che, pazientemente lavorato,
veniva collocato per la salagione in botti, spesso dalle doghe
sconnesse e poste in mezzo a due travi, dette “‘mbuosti”. Ai
primi di dicembre, le alici erano arrivate a maturazione e il
loro liquido di conserva, passando attraverso le doghe, colava
sul pavimento, emanando un profumo gradevole in tutto il
locale della salagione. L’invitante aroma, la limpidezza e il
sapore indussero i monaci ad usarlo per condire le verdure
lessate, che abitualmente venivano insaporite solo con aglio,
peperoncino, olive, capperi e olio. Nacque così la “Colatura
di Alici”.
Tra i tipi di pane che venivano prodotti nella zona di Amalfi,
i documenti ne attestano tre: le “oblate”, panelle donate alle
Chiese in occasione delle festività dei Santi tutelari; i “biscotti
di grano”, vettovagliamento per i marinai e i soldati dei castelli
e delle fortezze, antesignani delle moderne gallette e il “pane
umbula”, una sorta di pane dolcificato i cui ingredienti erano
- oltre alla farina e al miele - rossi d’uovo e spezie. Durante
l’episcopato di Pellegrino Rufolo (1400 - 1401), con cui si
chiude la serie di vescovi provenienti dal patriziato urbano,
l’esigua aristocrazia cittadina, ancora attiva e produttiva,
spostava in modo sempre più consistente i propri interessi
verso la capitale del Regno, lasciando campo libero agli
interventi della curia romana. Capitolo e parroci erano soggetti
al cattedratico, costituito fino al 1648 da capponi - a Natale
- e da prosciutti, in occasione della Pasqua. I saloni della
“domus episcopale” dovettero ospitare il “prandium de ipsis
clericis”, simile a quelli analoghi offerti dai prelati di Amalfi e
di Salerno, che doveva comprendere spalle di maiale arrostite,
condite con olio, cavoli e zucchine, caciocavallo, pesci salati,
“pane umbula”, “mustaczoli” (piccoli dolci speziati a forma di
rombo) e vino “bono et odorifero”.
Amalfi
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trent’annI
dI vela latIna
al Salone nautICo
dI Genova
dopo la mostra “vele latine
e libri di mare”, organizzata
l’anno passato, Continua
la Collaborazione Fra uCina
e il mondo della vela latina
Con un grande stand
riservato a univet - unione
italiana vela tradizionale,
allestito al Centro
del salone nautiCo genovese
di Francesco Mantica
RICETTE DELLO CHEF FABIO CAMPOLI
paSta dI GraGnano maturata
alla Colatura dI alICI dI Cetara Con fIor
dI latte, noCI beneventane e zuCChIne
Fare cuocere la pasta di Gragnano, scolarla su una teglia,
condirla con la colatura di alici di Cetara e un buon olio
extra vergine Campano. Lasciarla insaporire e freddare per
venti minuti. A parte, preparare le zucchine fresche tagliate a
dadini, condite con origano, cipolla fresca e basilico; saltarle
in padella velocemente e farle freddare. In ultimo, tagliare il
fresco e succulento fior di latte di Agerola, aggiungerlo alla
pasta fredda, con le zucchine e le noci Beneventane tritate.
Servire la pasta a temperatura ambiente.
CernIa In GelatIna dI aCqua pazza
Con pomodorInI del “pIennolo”
del veSuvIo dISIdratatI all’orIGano
Preparare un fondo con poca acqua, succo di limone, fior
di sale marino, prezzemolo, una piccola cipolla tostata, dei
pomodorini del “piennolo” tagliati a metà, un poco di carota,
sedano e qualche erbetta, come timo e maggiorana e lasciar
bollire il tutto per dieci minuti. Nel frattempo, condire dei
filetti di cernia con un buon fior di sale marino e abbondante
olio extra vergine d’oliva; appena l’acqua sarà insaporita,
calarci i filetti di cernia e lasciarli cuocere a fuoco dolcissimo.
Servire i filetti caldi con dei pomodorini secchi fatti in casa e
un’insalata di vegetali bolliti ◆
Arrivederci a Genova...
Capitano di Vascello Alessandro Pini
Piazza della Cattedrale, Amalfi - ph A. D´Antuono
N
N
on deve l’origine del suo nome al popolo
dei Latini, come si potrebbe erroneamente
pensare, ma alla sua forma (vela alla trina,
cioè a triangolo) per distinguerla dalle vele cosiddette “alla
quadra”, di forma rettangolare o trapezoidale. Stiamo parlando
della vela latina, una delle più importanti innovazioni nella
storia della navigazione: utilizzata dall’alto medioevo e con
ogni probabilità sin dall’epoca greca e romana, consentì per
prima di risalire il vento grazie all’inedito taglio triangolare.
Regina delle flotte moresche come di quelle delle
Repubbliche Marinare, protagonista di tutti i grandi viaggi
di esplorazione da Colombo a Vasco da Gama, divenne nei
secoli la velatura mediterranea per eccellenza, simbolo delle
tante marinerie della pesca e del cabotaggio. L’avvento del
motore marino la condannò rapidamente alla scomparsa ed
al totale oblio in quasi tutte le rive del Mediterraneo: proprio
per questo nel 1983 i fratelli Piero e Paolo Ajello decisero di
dare vita alla Prima Regata della Vela Latina, un evento teso
a salvaguardare l’ultima, originale flotta di vele latine d’Italia,
ancora in attività nel borgo sardo di Stintino.
Qualche settimana fa, presso il Salone Nautico di Genova
ha avuto luogo la presentazione del Trentennale della
Vela Latina. Sono intervenuti Franco Dodero consigliere
Lina, guzzetta del 1967
dell’UCINA - Unione Cantieri e Industrie Nautiche, Piero
Ajello, presidente di AVeLa Tradizionale, e Franco Remagnino
e Roberta Bagnulo, presidente e vicepresidente dell’UNIVET
- Unione Italiana Vela Tradizionale.
AVeLa Tradizionale ha esposto al Salone una propria
imbarcazione, la lancia stintinese Lina, e ha organizzato
una conferenza stampa dal titolo “1983 - 2013: Trent’anni di
vela latina”, volta illustrare i progetti di AVeLa per celebrare
il trentennale del ritorno all’antichissima vela latina con la
prima edizione della classica “Regata della Vela Latina”.
La “Lina” (una “guzzetta” del 1967 di m. 4,70, opera del
maestro d’ascia stintinese Giuseppe Benenati), è stata
esposta insieme ad altre 6 vele latine provenienti da Liguria,
Campania e Sicilia. L’intenzione degli espositori è quella di
rilanciare il Circuito Vela Latina con le classiche di SaintTropez e Stintino, il ritorno del Trofeo Dodero ai primi di
maggio in Liguria, una manifestazione in Campania e la
riproposizione della mostra Vele Latine libri di mare che
ottenne un ottimo successo nel corso del Salone Nautico
2011. Il clou o il punto più importante che potrà coronare
il trentennale sarà infine la pubblicazione del catalogo delle
barche tradizionali del Mediterraneo in un volume che
rappresenta il sogno di AVeLa Tradizionale ◆
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M AGA ZINE
ClaSSIC 12’ dInGhy
Garnell SaIlInG team
vInCe la SwISS & Global Cup
di Veronica Cardella - Foto ©Francesco Rastrelli
C
C
hiusasi a Viareggio l’edizione 2012, la Swiss
& Global Cup Classic 12’ Dinghy registra il
trionfo indiscusso di Giorgio Poggi (Garnell
Sailing Team), che si è assicurato il titolo vincendo ben cinque
delle sei prove previste. Premio la lanterna firmata Riccardo
Barthel, Official Supplier del circuito.
Sul secondo gradino del podio Italo Bertacca, per la Società
Velica Viareggina, e Roberto Benedetti, al debutto su Piccolo
Lord, dinghy in legno ad energia solare.
La premiazione ufficiale di tutte le categorie e delle prime
dieci posizioni in classifica generale è prevista a Bologna il
15 Dicembre, nell’ambito dell’Assemblea del Registro del
Dinghy. In quell’occasione verrà anche presentato il libro
dell’edizione 2012.
La manifestazione si è svolta sotto l’egida dell’Associazione
Italiana Classe Dinghy 12’ e della Federazione Italiana
Vela, con il patrocinio dell’Associazione Italiana Persone
Down - AIPD, di Legambiente e del Touring Club Italiano.
Ed ha registrato un bilancio assolutamente positivo, dato
che il circuito dedicato al dinghy 12’ classico nell’edizione
di quest’anno si è aperto al pubblico veicolando valori
importanti, grazie alla casa itinerante, oltre 100 mq e un
palco per vivere a pieno “l’esperienza” del dinghy, approdata
in tre regioni italiane ed altrettanti paesi europei riuscendo a
coinvolgere oltre cento partecipanti.
Le sei tappe hanno insomma restituito una seconda
giovinezza ad un’imbarcazione che si appresta a compiere
cento anni nel 2013. Più che soddisfatto Filippo La Scala, AD
di Swiss & Global Asset Management Italia e Title Sponsor
della manifestazione che quest’anno, ha toccato anche le
acque di uno dei più bei laghi della Svizzera: “Non potevamo
chiedere di meglio per poter riaffermare da una parte la
nostra origine elvetica, e dall’altro il nostro spirito global,
aperto e curioso del mondo”.
E già si pensa all’edizione 2013: per tutte le novità in
anteprima il sito ufficiale è www.dinghyclassico.it ◆
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Giorgio De Fil ip pi
obiettivo
professionista
Arriva dal Golf Club
Parco di Roma
il nuovo golden boy
del golf laziale e italiano.
Insider Magazine
lo ha intervistato
in esclusiva
di Francesco Mantica
Giorgio De Filippi. Il tuo nome comincia ad essere
associato dai media nazionali all’etichetta di astro
nascente del golf italiano. Un ruolo che, in passato, è
stato associato a gente come Francesco Molinari e Matteo
Manassero. Che effetto ti fa?
“Bellissima sensazione. Perché sapere di poter percorrere
le strade di successo di questi campioni mi spinge a dare
sempre di più e a crederci”.
il lavoro, l’impegno e il sacrificio pagano. Quindi prima di
parlarti di quello che mi sta succedendo voglio ringraziare
le tante persone che mi sono vicine come il mio Maestro
Carlo Lattanzi, Luca Valerio e il Parco di Roma, il preparatore
Massimo Bramanti, i miei genitori, tutta la mia famiglia e tanti
altri che non posso citare. Ma, soprattutto, devo ringraziare
tutti quelli che non hanno creduto in me che mi hanno dato
la carica e la determinazione necessaria per dare il massimo”.
I risultati 2012 parlano chiaro: vittoria ai Campionati italiani
medal di un mese fa con risultato straordinario, successiva
partecipazione all’Open d’Italia dove sei stato il migliore
dei dilettanti, ma anche altri ottimi risultati quali la vittoria
nella gara ufficiale a Monticello e nell’individuale del
Niki’s european golf championship, il tutto coronato dalla
recentissima partecipazione ai Campionati del Mondo a
squadre dove con Filippo Bergamaschi e Renato Paratore
avete portato l’Italia alla 14.ma posizione assoluta. Cosa è
cambiato dopo questi successi?
“Guardando a ritroso questa mia stagione non posso non
dirti che mi sono impegnato molto e che ho verificato che
Hai partecipato con successo all’Open d’Italia. Pensi di
entrare, un giorno, nel mondo professionistico, come altri
hanno fatto prima di te?
“Sì e penso di fare questo passo al termine della stagione
2013 nella quale oltre a partecipare alle principali gare
nazionali e internazionali dilettanti sicuramente avrò
l’occasione per disputare, seppure da amateur, alcune
importanti gare professionistiche. Per fare questo lavorerò
insieme ad Alberto Binaghi, coach della nazionale italiana e
di Matteo Manassero, il quale insieme al suo staff mi sosterrà
e mi aiuterà a crescere in questa fase ancora formativa e di
preparazione al salto nel mondo Pro”.
sport
Quali pensi siano i tuoi punti di forza e di debolezza?
“Per quello che ho potuto capire nelle mie esperienze
personali e sportive, posso dirti che quello che conta
è il carattere forte, la positività, la capacità di rimanere
concentrati, il saper affrontare momenti difficili e situazioni
decisive per la vittoria con calma e senza subire cali in
termini di prestazione. Questo genere di qualità posso dire
di averle sviluppate e di sentirle dentro di me. I punti di
debolezza sono quelli che si inseriscono a disturbare quello
che ho detto prima. Infatti nessuno di noi è un automa ed
emozioni, nervosismo, flessione delle prestazioni sono
sempre in agguato”.
Quali sono i golfisti a cui ti ispiri?
“Ti rispondo prima guardando ai campioni, tra i quali posso
citare Matteo Manassero per il suo meraviglioso carattere
e la determinazione che mette in ogni gara affrontandola
sempre col sorriso, Ian Poulter per la cattiveria agonistica e
Francesco Molinari per la sua grande regolarità e freddezza.
Però, anche per completare una risposta precedente, fammi
ringraziare quelli con cui gioco spesso al mio circolo.
Fabrizio Marzilli, Federico Nuzzo, Alessandro Mondello,
Stefano Moruzzi e Claudio Amendola, che mi hanno seguito
con affetto e amicizia perfino all’Open d’Italia a Torino”.
Per finire parlaci della tua vita personale e dei tuoi obiettivi
per il futuro.
“Ho 22 anni, vivo a Roma, ho molti amici e so come ci si
diverte. Sono momentaneamente single. Mi piace uscire la
sera per magari finire la serata a Texas Hold’em con gli amici
e lasciarne con le tasche vuote uno in particolare: Luca. Mi
piace ascoltare la musica, amo Lucio Battisti, Rino Gaetano,
Bob Dylan. Sono amante di tutti gli sport avendone praticati
molti. A calcio per esempio ho giocato ad alto livello e sono
tifoso della Roma. Per gli obiettivi posso solo ripetere che
spero di riuscire ad affermarmi nel golf professionistico ed
essere sempre felice” ◆
sport
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Varese, dopo gli Europei
Il ritorno del grande evento in Italia: un successo a tutto tondo,
grande vetrina per i giovani canottieri azzurri e una fiammata di passione
per i diecimila spettatori alla regata della Schiranna
di Enrico Porfido
Otto femminile
V
V
arese promossa a pieni voti dalla FISA,
la Federazione mondiale, per l’ottima
organizzazione di un evento (tenutosi dal 14
al 16 settembre scorso) che, parole del numero uno FIC Enrico
Gandola, è stato “un formidabile momento di promozione”
riferendosi anche alle sette ore di diretta su RaiSport1.
Ottimo anche il bilancio agonistico. Due titoli europei,
nel doppio leggero femminile con Laura Milani ed
Elisabetta Sancassani e nel quattro senza PL (Alin Zaharia,
Martino Goretti, Luca De Maria, Armando Dell’Aquila)
e sei medaglie complessive, con gli argenti dei doppi
Sartori-Battisti e Colombo-Pollini, degli otto maschile
e femminile. Questi risultati spingono l’Italia in vetta al
medagliere davanti a Romania (2 ori, 1 argento, 2 bronzi)
e Grecia (2 ori, 1 argento) con risultati che profumano
di storia: il primo successo europeo di un doppio leggero
femminile e la prima medaglia di un’Ammiraglia femminile.
“Non è stato facile portare gli Europei a Varese, ci siamo
riusciti attraverso un lungo e paziente lavoro della Federazione
con il supporto del Direttore Esecutivo della FISA Matt
Smith e del Presidente del Board Europeo Richard
Stadniuk - spiega ancora Gandola - Ancora più
Doppio PL
difficile è stato realizzare una manifestazione perfetta, grazie
al COL di Varese con i suoi supporters e gli enti locali, ai
Volontari, ai dipendenti ed ai numerosi tesserati Federali nelle
varie categorie che hanno tutti lavorato instancabilmente
affinché tutto funzionasse nella maniera migliore”:
Eccezionale l’attività del Comitato Organizzatore Locale,
presieduto da Dario Galli: fittissima la rete di eventi ed
iniziative collaterali a supporto della promozione degli
Europei che, dopo la conferenza internazionale allenatori
2011, rappresentano il secondo appuntamento internazionale
varesino. “Non allentiamo ora la tensione, dobbiamo da
subito concentrarci per preparare al meglio i futuri impegni già
calendarizzati - conclude Gandola - La World Rowing Master
Regatta 2013 ed i Campionati del Mondo Under 23 del 2014
saranno un altro bellissimo dono per l’Italia ed il Canottaggio
Italiano!”. Una festa, quella degli Europei, condivisa dalla
Federazione Italiana Canottaggio insieme a Unicef. Presso il
Villaggio Rowing, all’interno dello stand federale, i volontari
hanno distribuito depliant e locandine per informare tutti i
partecipanti in merito alle attività svolte o in programma
nei mesi a venire in difesa e a tutela dei diritti di tutti i
bambini e le bambine nel mondo ◆
fei nations cup
eventing
la squadra spagnola vince
la quinta tappa e l’azzurro olimpico
Stefano Brecciaroli si conferma
tra i migliori europei
di completo con Apollo
di Enrico Tonali
C
C
on
la
premiazione
del
Concorso
Internazionale 3 Stelle di Completo a
Montelibretti si è conclusa la quinta tappa
della Federazione Equestre Internazionale (FEI) Nations Cup
Eventing, che ha visto salire sul gradino più alto del podio
il team della Spagna composto da Maria Pinedo in sella a
Windsor H, Sala Bayes Marti su Quidam del Duero, Diaz
Fernandez Carlos su Iberon CP 22 ed Hermoso Farras Albert
su Hito CP. Al secondo posto la squadra italiana formata
da Stefano Brecciaroli con Apollo (binomio già in gara ai
Giochi Olimpici di Londra), Marco Biasia su Tatchou, Mattia
Luciani su Horseware’s Parco e Stefano Fioravanti con
Nodin D’orval. Terza la squadra svizzera con Esther Andres
su Schwalbenprinz, Jrina Giesswein su Thunder III, Heinz
Scheller su Autumn’s Heinz e Michele Moor su Ayman.
Dopo avere trionfato nell’individuale del Concorso
Internazionale, l’appuntato scelto dei Carabinieri Stefano
Brecciaroli - sempre con il suo bravo Apollo - ha siglato il
Campionato Italiano Assoluto e il Campionato Militare Interforze,
ottenendo pure la prima piazza nel CIC2* con Music Master.
Nella tappa della FEI Nations Cup Eventing il secondo posto
l’ha ottenuto Marco Biasia su Tatchou, che ha conquistato la
stessa posizione nel Campionato Italiano Assoluto, dove il terzo
posto è andato a Giovanni Ugolotti su Oplitas. Nel Campionato
Militari Interforze, secondo posto invece per Evelina Bertoli su
Esido ed il terzo a Marco Cappai su Sunshine Sweet. Nel CIC
2* posto d’onore a Flaminia Mantici su Lord Aragn AF e terza
piazza a Lino Paparella su Dunbeggin IMP.
Le premiazioni internazionali e nazionali sono state effettuate
dal sindaco di Montelibretti professor Antonio Catania e
dal comandante del Centro Militare di Equitazione (che ha
ospitato la manifestazione), colonnello Max André Barbacini.
“Abbiamo passato un fine settimana fantastico sotto tutti i
punti di vista” ha dichiarato al termine delle gare il delegato
tecnico della FEI Giulio Pocci, presente a tutti i concorsi in
programma. “Le gare effettuate presso il Centro Militare di
Equitazione di Montelibretti, oltre all’alto livello tecnico,
hanno avuto un ottimo successo per la bellezza del luogo,
l’organizzazione di primissimo ordine ed appunto per il
notevole spessore tecnico, veramente di grosso rilievo. Siamo
stati pure fortunati con la pioggia, caduta prima delle gare,
che ha reso il terreno perfetto per le prove effettuate. Ritengo
che di tutto questo si debba tener conto - in ambito FEI come riferimento per concorsi ad alto livello” ◆
sport
La premiazione del team spagnolo vincitore della tappa italiana della FEI Nations Cup Eventing
A CapannellE
il Premio Carlo e Franco Aloisi
l’ippodromo romano ospita la corsa che consacra
il purosangue volante dell’anno: 1200 m mozzafiato e due record da battere
di Enrico Tonali
L´
sport
Vittoria di Overdose (in sella Andreas Suborics) Premio Aloisi 2008 Capannelle
ph Garofalo
L’
ultimo vincitore è stato un cavallo dal
nome drammatico come la sua carriera,
Overdose, un crack ungherese che nel
2008 mise a subbuglio il mondo dei flyers, i purosangue
volanti. Prima di arrivare, a metà novembre di quell’anno,
nell’ippodromo romano delle Capannelle per il Premio
Carlo e Franco Aloisi, “the Budapest Bullet” (la Pallottola di
Budapest, come viene chiamato Overdose) il galoppatore
magiaro - ma nato in Inghilterra nel 2005 - aveva stabilito il
record ufficioso di velocità della pista parigina di Longchamp
il 10 ottobre nel Prix de l’Abbaye, la corsa sprint sottoclou del celebre Arc de Triomphe, appuntamento-faro del
turf mondiale. Il kronos (54” sui 1000 m, pari a 66.66 km/
ora) non venne ritenuto valido in quanto per Overdose
ed il suo fantino tedesco Andreas Suborics si trattò di un
percorso-beffa. Quando lo starter francese diede il “partez!”
la Pallottola, fedele al suo soprannome, uscì dalla gabbia
come una fucilata volando sulla pista in apnea e lasciando
sbalorditi i 50 mila spettatori di Longchamp. Purtroppo solo
dopo il palo Suborics si rialzò sulle staffe voltandosi a cercare
gli avversari. Invece della leggenda lo aspettava però la più
atroce delle farse, la corsa era stata annullata e rinviata a
quattro ore dopo perché la gabbia di uno dei 20 concorrenti
non si era aperta.
Ma il team di Overdose non si ripresentò al via. Il proprietario
Zoltan Mikoczy - che aveva comprato per scherzo alle aste
2006 di Newmarket per 3.830 euro quell puledro basso e brutto
cui la figlia Lilaa aveva dato il nome da sballo - non ne volle
più sapere di Longchamp e delle sue gabbie difettose, e dirottò
La velocista romana Noble Hachy (con Cristian Demuro) - ph Grasso
il campione (10 corse, 10 vittorie) su Roma. Nel Premio Aloisi
(1200 m) l’Usain Bolt a quattro gambe diede spettacolo. Dopo
mezzo km in testa al gruppo Suborics pigiò l’acceleratore e il
baio figlio di Starborough tornò Pallottola scavando metri su
metri tra lui e I migliori velocisti italiani. Il suo tempo non fu da
record (1’10” contro l’1’08 del romano Patapan nel 2006) ma il
distacco lasciò a bocca aperta gli spettatori di Capannelle, 10
lunghezze a Black Mambazo, ancor più a Titus Shadow allora
reucci degli sprint nella Penisola.
Overdose tornò sulla pista di Via Appia nel 2011 e rivinse,
stavolta con Lanfranco Dettori in sella, abbassando il tempo
a 1’08”40 ma con sola mezza lunghezza davanti agli italiani
Dagda Mor e Rosendhal (primo nel 2010). La Pallottola usciva
da parecchi guai ai piedi, iniziati nel 2009 all’apice della
carriera quando a Mikoczy vennero offerti 6 milioni e mezzo
di euro per Overdose. In un gran premio a Budapest perse
un ferro e si infettò un anteriore, anteprima di una lunga serie
di stop-and-go che trasformò la carriera dell’eroe del galoppo
ungherese (16 successi in 17 uscite) in un mezzo calvario.
Quest’anno la maggior candidata a conquistare il Premio
Aloisi dell’11 novembre è la sprinter capitolina Noble
Hachy, un percorso agonistico che è il contrario di quello
di Overdose, perchè lei prima ha avuto i guai e poi le
soddisfazioni. Vincitrice al debutto e nel Premio Perrone
(la laurea per le due anni) si è fratturata l’anteriore destro
nel giugno 2011. Operata dal “mago dei cavalli” Fernando
Canonici e rimessa in carreggiata dopo 9 mesi di stop, la 3
anni allevata e di proprietà de La Nuova Sbarra ha inanellato
altre quattro vittorie, più due quinti posti in Francia ◆
72
una m ela
al giorno
M AGA ZINE
Se la ‘CICCIa’
tI dÀ alla teSta
l’obeSItÀ CauSa
la proGreSSIva rIduzIone
delle funzIonI IntellettIve
N
N
on si tratta solo di estetica. Ed è chiaro
che la questione va ben oltre la ‘fatidica
prova costume’, peraltro ancora lontana.
Le conseguenze dell’obesità non guardano alla stagione e
neanche - questa l’ultima scoperta - alla regione del corpo
che possono colpire. Oltre che alla più frequente incidenza
di diabete, ipertensione e malattie cardio-circolatorie, i
chili di troppo danneggiano il cervello. Il monito viene
da Neurology, l’autorevole rivista medica consultata da
specialisti di ogni Paese, che ha recentemente pubblicato
i risultati di uno studio* condotto su 6.400 inglesi obesi di
ambo i sessi, di età compresa tra i 35 e i 55 anni. Nei ripetuti
controlli neurologici effettuati nell’arco di 10 anni, è stato
evidenziato in questi soggetti un declino cognitivo, cioé una
progressiva riduzione delle principali funzioni intellettive,
di 1/5 più veloce rispetto alle persone normopeso.
Di conseguenza aumenta la percentuale dei casi di demenza
in età relativamente giovane. Le cause, non del tutto chiarite,
risiederebbero nell’aumento di zuccheri e colesterolo legati
ad una dieta troppo ricca. A ciò possono contribuire però
anche la riduzione di interessi e la depressione reattiva al
proprio stato che conducono ad un senso di estraneità rispetto
al prossimo. Il risultato? Un cane che si morde la coda: più
l’isolamento psicologico aumenta, più - paradossalmente la persona sovrappeso ‘si premia’ mangiando e rifiutando
gli stimoli del mondo esterno. Fattori, questi, che rendono
particolarmente difficile non solo il trattamento dietetico,
ma anche l’opera dello psicologo, che risulta ostacolata dal
progressivo declino intellettuale. La morale? Non concedete
nessuna ragione all’obesità, se ci tenete alla vostra ragione ◆
E.M.L.
* La ricerca Nazionale di Sanità e Ricerca Medica è coordinata da Archana
Singh-Manoux dell’Inserm (Istituto nazionale di sanità e ricerca medica) di
Parigi e dell’University College di Londra, è stata finanziata, tra gli altri, dagli
Nih americani e dal British Medical Research Council.
Vacan z e rom ane... o quasi
S
i tratti di un appuntamento galante o di un
incontro di lavoro, di una cena in famiglia o di
un evento da festeggiare, al Picchio Rosso ogni
cena diventa un evento speciale. L’ambiente
curato e la cucina raffinata trasformano
ogni occasione in un momento di festa. Per i gourmet
ancora di più, con un calendario di golosi appuntamenti
che aggiungono al gustoso menu del locale alcuni piatti
d’eccezione. Si inizia con castagne e novello (il 9 novembre)
per poi continuare con foie gras (il 15 e 16 novembre)
e caviale (il 22 e 23 novembre). A dicembre, invece, una
verticale di ostriche anticipa l’appuntamento con il veglione
di Capodanno. Il Picchio Rosso è ha il calore di una casale
di campagna, in cui legno, pietra antica, dettagli d’epoca
regalano una sensazione intima e avvolgente, raffinatissimae.
Come ritrovarsi in un mondo incantato, dove ogni particolare
racconta una storia di intimità, e un’accogliente ospitalità si
respira nei molti angoli del locale: il salottino per fermarsi
a conversare, la stanza con il pianoforte che il venerdì e il
sabato si anima col pianobar, la loggia, ideale per matrimoni
ed eventi, la veranda affacciata sul parco e infine la saletta
privata col caminetto, solo per due.
Tutto intorno, con apparente casualità, lampade, foto
d’epoca, oggetti antichi, ricordi e tocchi personali circondano
l’ospite per accompagnarlo in una cena speciale, in cui
svegliarsi nella natura, tra animali, laghetti incontaminati e il
fruscio degli alberi che circondano questi piccoli casali dal
sapore inglese. Pensati per assicurare comfort e tecnologia
con wi-fi, climatizzatore, allarme, fax, parcheggio, lavanderia,
servizio di recapito posta... e un giardinetto privato davanti
all’ingresso, dove godere di una dose extra di relax e serenità,
che nella bella stagione si arricchisce anche di una piscina
in cui si rispecchia una vegetazione rigogliosa. Sono piccoli
cottage carattarizzati da una rustica eleganza, a pochissimi
chilometri dalla città, collegati anche mediante una navetta
che porta alla stazione che dalla Giustiniana arriva a San
Pietro e assicura un trasporto lampo: solo venti minuti per
arrivare in centro. Intorno agli appartamenti solo quiete e
l’offerta della struttura: bisteccheria, ristorante-pizzeria, e
l’eleganza del ristorante Il Picchio Rosso. Per un soggiorno
indimenticabile.
gourmet
resort
la semplicità sposa la qualità e la tecnica artigianale: pane,
dolci, grissini, carne essiccata, pasta fresca e secca, tutto
viene realizzato personalmente dallo chef. Un omaggio alla
cultura gastronomica italiana che non teme qualche spunto
creativo, opera di Agostino Fonzo, che alleggerisce la cucina
di tradizione con tecniche moderne, come cotture a bassa
temperatura e sottovuoto, per avvicinarsi al gusto e alle
esigenze attuali. Con grande attenzione alla materia prima,
dalla varietà di crudi, ostriche, affumicati, marinati e carpacci,
alla selezione di cereali e legumi. Tra gli antipasti del menu
invernale, Composta di astice con noci sabbiate e uva bianca e
nera, il fiocco di daino con radicchio e gelatina di clementine,
per stuzzicare l’appetito. Per continuare poi con il riso rosso
con mazzancolle brasate e chicchi di melagrana o, per chi
preferisce la cucina di terra, i triangoli con carciofo caprino
e mentuccia in crema di formaggio di fossa. Tra i secondi la
charlotte di ombrina alle erbe aromatiche e patate o la tagliata
d’agnello al ginepro con salsa di senape d’Apicio. Tanto il pesce
nelle preparazioni più classiche e molti fuori menu, secondo
il mercato. Rilettura dei classici nei dolci, come il tortino di
mele annurche con gelo di nocciole o la fonduta di cioccolato
con frutta e pasticcini (x 2) Una scelta di piatti raffinati da
accompagnare ad una delle 500 etichette della bella cantina,
scelte dal sommelier sempre presente per consigliare e seguire
ognuno con professionalità e discrezione.
Il PICCHIO ROSSO
Via Cassia Km 13, Via Italo Piccagli, 101
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promo
P
assare qualche giorno fuori Roma per
prepararsi alla maratona natalizia, o trascorrere
le feste lontano da casa, ma vicino alla città.
Pronti per l’ultimo regalo da comprare o il
lavoro da finire. Non è impossibile: basta saper
scegliere! Pochi minuti ed ecco un parco in cui trascorrere
qualche giornata di serenità, immerso nella natura, il Veio
Resident permette di vivere momenti di vacanza senza
lunghe trasferte. Sembra un sogno irrealizzabile. Ma non lo
è: nel parco di Veio, un residence ospita 46 appartamenti
perfetti per chi ha bisogno di una sistemazione temporanea,
durante un trasloco o una ristrutturazione, o per chi si trova
in città solo per qualche settimana magari per lavoro, ma
ideali anche per per una vacanza appena fuori porta o chi
decide che, pur non volendosi allontanare completamente
dalla propria rete di amicizie, impegni e abitudini, preferisce
Ap puntam enti d i gusto
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M AGA ZINE
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Street food
M AGA ZINE
Che gusto quando la cucina non è un luogo
ma una tendenza popolare
di Antonella De Santis
È
È
un brutto periodo questo per il cibo di
strada a Roma, vista la recente ordinanza
“antibivacco” del sindaco che ne vieta
tout court il consumo nel centro storico. Incuranti di questi
ostacoli cerchiamo di fare il punto sul meglio dello street
food, termine inglese che riunisce sotto lo stesso tetto l’intero
stivale gastronomico, e non solo quello, se si considera che
in tutto il mondo esistono tradizioni fortissime legate al cibo
da consumare fuori dai luoghi istituzionali, ristoranti o cucine
domestiche.
Partiamo proprio da Roma, per gusto di provocazione o
semplicemente... per gusto. A Roma la pizza a taglio è un
imperativo, se è vero che non esiste quartiere (o forse crocevia
di strade) che non abbia almeno una botteguccia, che non
di rado propone anche i supplì di riso, altra miracolosa
produzione romana e poi la pizza bianca con la mortazza
(perdonate lo slang... è la mortadella, ovviamente). Quello
che invece si fatica a trovare, ormai - se si esclude il filettaro
a un passo da Campo de’ Fiori - sono i filetti di baccalà.
Mentre un nuovo classico dello street food romanesco sono
i “trapizzini” triangoli di pizza bianca farciti con le classiche
ricette romanesche: bollito alla picchiapò, trippa, polpette
al sugo, coda alla vaccinara e via discorrendo. Recente
invenzione di Stefano Callegari di 00100 che promuoviamo
a pieno titolo del “classico cibo da strada” per la fedeltà alla
storia culinaria locale pur se in una nuova forma.
Abbiamo iniziato da Roma, perché - lo ammettiamo - siamo
un po’ indisciplinati, e un po’ insediati nella città, ma poi
procediamo zigzagando da nord a sud. Ci piace notare come
ci siano dei punti di accordo in tutta la penisola. Qualche
esempio? I ceci: la farinata ligure, il pane e panelle siciliano
(panino col sesamo “imbottito” con frittelle di farina di ceci),
la cecina toscana, anche nel panino (chiamato, a Livorno, 5
e 5), la panizza di Savona, anche questo un panino farcito
di farina di ceci fritta. Altro cibo che unisce un po’ tutte le
regioni d’Italia è il cartoccio di pescetti: dai folpeti veneziani,
polipi lessati e lumachine di mare con aglio e prezzemolo,
alla scapece salentina, pescetti fritti marinati, non troppo
distanti dal saòr veneto. Ah, il veneto... una volta assaggiati i
tramezzini locali continuerete a cercarli in ogni bar. Mentre
a proposito di evasioni gastronomiche: in stagione, in Puglia,
i ricci di mare appena pescati sono venduto a ogni angolo
di strada, con due fette di pane e un bicchiere di vino.
Non proprio street food: in genere una sedia e un tavolo
“di recupero” si trovano lì per l’occasione, ma si tratta di
punti precari, giusto per appoggiare il vassoio colmo di ricci
(veramente pensate di mangiarne solo uno o due??).
Passando dal pesce alla carne in Toscana come in Sicilia si
mangia trippa, interiora e i loro parenti stretti, il lampredotto
fiorentino, pani ca’meusa siciliano, ossia budella d’agnellino
farcite con la mollica di pane fritta, arrosticini, la variante
abruzzese montata su spiedini, andando poi a finire al O per’
e o’ muss’ napoletano (zampa e muso lessati e conditi con
limone, sale e pepe). In Umbria invece nel panino si mette la
porchetta e le bombette salentine sono palline di succulenta
carne di maiale ripiene di formaggio.
Napoli ci riempie di sapori e profumi: la pizza innanzitutto
(a portafoglio, ovvero piegata in 4, oppure no), tutta la
grandissima famiglia dei fritti: pizzelle, pasta cresciuta,
panzarotti (ovvero crocché-crocchette di patate), le frittelle
di pasta, le pall’ e riso. Difficile da trovare ormai o bror’ e’
purpo (brodo di polpo, servito in un bicchiere con qualche
tentacolo, “ranfa”), chissà perché. Curiosando su e giù per
lo stivale un po’ ovunque si trovano pani, pizze & affini:
focaccia di Recco ligure (pizza ripiena di crescenza), piadine
e cassoni romagnoli, sfinciuni e scaccia siciliani, il rustico
salentino (panzerotto di sfoglia con mozzarella, pomodoro e
besciamella), salentini sono le pittule e il panino con pezzetti
di cavallo al sugo, mentre Modena è la patria dello gnocco
fritto, piccolo rombo di sfoglia fritto nello strutto e a Milano
c’è la tradizione della schisetta con la mortadella. Col freddo,
poi, niente di meglio di un cartoccio di caldarroste!
In questo viaggio nella tradizione del “mordi e fuggi”
abbiamo sicuramente dimenticato qualcuno, contiamo
di farne ammenda quanto prima. Probabile che sia stato
storpiato, nella trascrizione, qualche nome. Ci perdonerete,
ma queste sono specialità nascono dalla più verace matrice
popolare, immerse nella tradizione orale, vogliono quindi
essere gustate più che scritte ◆
79
Natale su e giù
per l ’Ital ia
M AGA ZINE
Golosi di tutt’Italia unitevi.
Ecco cosa si mangia
nel belpaese durante
le feste natalizie
Cartellate
di Antonella De Santis
Panforte
Gubana
gourmet
N
N
atale sembra lontano, poi in un momento
ecco lì che le città si riempiono di lucine,
inizia la corsa ai regali e le case si vestono di
abeti, presepi e addobbi festosi. Vogliamo allora organizzarci
per tempo per sapere cosa si mangia in tutta Italia a Natale.
Partiamo dal più diffuso di tutti, il panettone. Originario di
Milano (nato sul finire del 1400) è ormai una presenza stabile
su tutte le tavole imbandite degli italiani, con la tipica forma a
fungo che ormai è un marchio di fabbrica. Un decreto legge
del 2005 ne definisce il profilo: “prodotto dolciario da forno
a pasta morbida” fatto con farina, zucchero, uova fresche
(tuorli: non meno del 4% del totale), burro (non meno del
16%), uvetta e scorze di agrumi candite (non meno del 20%),
lievito naturale a pasta acida, sale. Il gusto designa vincitori
e vinti tra i vari produttori, fanno testo la morbidezza, la
qualità di canditi e uvetta, la quantità di uova e di burro.
La sua preparazione richiede almeno 30 ore... (comprensibili
i prezzi dei prodotti artigianali!). Secondo di pochissimo è
il pandoro veronese, nato alla fine del 1800 da Domenico
Melegatti (il nome vi dice qualcosa?) che lo brevettò nella
forma e nel sapore giunti fino a noi. A Genova il dolce tipico
è, ancora una volta, una versione ricca del pane: il pandolce.
Basso e tondo, dall’aroma di anice, ricco di uva sultanina,
zucca candita, pistacchi e pinoli, secondo la tradizione ne
va tenuta da parte una fetta per i poveri e una per il giorno
di San Biagio. In Piemonte il tronchetto di Natale con
marroni panna e cioccolato è un rituale, mentre in trentino
gli speziatissimi zelten richiamano le tradizioni del centro
Europa. In Friuli si torna alla frutta secca e all’uva passa, con
aggiunta di amaretti e grappa con la Gubana, dalla tipica
forma a chiocciola. Le spezie sono alla base panspeziale
Struffoli
Zelten
emiliano (con la mostarda), del pampepato ferrarese e del
panpepato umbro, con la caratteristica nota pungente del
pepe nero. La toscana è la patria del panforte e dei ricciarelli
che vedono protagoniste le mandorle.
Nel lazio, invece, c’è l’antichissimo e ormai introvabile
pangiallo... il motivo del suo nome risulta chiaro sin
dal primo sguardo! In Abruzzo c’è invece un altro pane
di Natale, il parrozzo, a base di semolino e coperto di
cioccolato. Scendendo in Campania gli struffoli sono
l’allegro coronamento dei giorni di festa: palline di pasta fritte
e legate con il miele. Le cartellate sono un tripudio di aromi:
anice, mosto cotto, cannella. Chiudiamo questo veloce
viaggio alla ricerca dell’Italia dei sapori con i buccellati dagli
infiniti ingredienti: limone, arancia cannella vaniglia, e poi
tanta frutta secca... per chiudere in dolcezza! ◆
Panettone milanese Tre Marie
Buccellati
Panpepato
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M AGA ZINE
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Cham pa gne e caviale
M AGA ZINE
LUSSI MADE IN ITALY
I due must dell’enogastronomia internazionale
oggi sono ‘fatti in casa’
di Donatella Codonesu
C
C
hi l’ha detto che il nome fa la differenza?
È la sostanza che conta. Quindi,
se con il termine champagne
si intende la produzione relativa ad una
specifica zona della Francia, ormai
la produzione di ‘champagne di
fatto’ è un traguardo che l’Italia ha
raggiunto brillantemente. E se la storia
del prezioso vino francese risale al
medioevo, i nostri ‘giovani’ spumanti prodotti
secondo il metodo classico - cioè lo champenoise,
appunto - non hanno nulla da invidiare ai signori d’oltralpe.
Caratteristica fondamentale è la rifermentazione in bottiglia,
previa introduzione di zuccheri e lieviti che determinano
la produzione di anidride carbonica e quindi delle famose
bollicine. Una lavorazione secondo precise regole che anche
da noi si seguono meticolosamente, con risultati ormai
riconosciuti a livello internazionale.
Se l’Italia può vantare prodotti assolutamente competitivi con
l’autentico champagne, identiche sono anche le regole per
gustarlo al meglio: freddo, ma non ghiacciato, 6°-8°, 10° per i
mellesimati (quelli cioè derivati da almeno l’85% di uve della
stessa annata) e soprattutto nel bicchiere giusto: coppa o
flûte, per assecondare la ‘liberazione’ delle bollicine.
Oggi ne produciamo diversi, ma il pioniere dello
champagne con accento italiano è senz’altro
il Ferrari, marchio storico nato ad inizio
secolo dall’illuminato vivaista Giulio Ferrari
che nel 1902 avviò la sua azienda vinicola,
producendo il primo spumante con uve
classiche (chardonnay e pinot nero) coltivate
esclusivamente in Trentino. La produzione di
300 bottiglie, dopo l’aquisizione della famiglia
Lunelli nei primi anni ’50, arriva alle 100.000
odierne confermandosi come la prima casa italiana di
bollicine Metodo Classico.
Se l’eccellenza nel bere sono gli champagne, il
binomio per antonomasia è con il pregiatissimo caviale.
Tradizionalmente appannaggio dei paesi dell’Est, dalla
Russia all’Iran, oggi anche questo prodotto appartiene
a buon diritto alla nostrana gastronomia top. Il nome
deriva dal persiano e significa letteralmente “pesce
generatore di uova”. Nella fattispecie lo storione, la
cui qualità dipende essenzialmente dal tipo (quello
autentico è della famiglia Acipenseridae) e dalle
condizioni di benessere dell’animale. In generale, la
loro dimensione dipende dalla taglia del pesce e il colore
chiaro è indice di miglior qualità, così come uniformità,
consistenza, dimensioni e profumo. Per il resto, il prodotto
viene semplicemente trattato con sale (a partire dal 4% per
le migliori qualità).
Esistono una trentina di tipi di storione, ma il 90% della
produzione mondiale di caviale si ricava da 3 specie. La più
rara è il Beluga, che può raggiungere 4 metri di lunghezza,
superare una tonnellata di peso e fornirne anche 150
chilogrammi di uova grigio perla di circa 3 mm di diametro.
Esistono poi l’Ossietra, di media taglia, con uova marrone
scuro, sempre molto pregiato, e il Sevruga: piccola taglia,
uova di circa 1 mm color grigio chiaro.
Accanto al costosissimo caviale naturale sono poi comparse
le produzioni di allevamento, un mercato a cui dopo la
Francia è approdata anche l’Italia, con ottimi risultati. In
primis il Calvisius, prodotto a Calvisano (BR) dallo storione
Acipenser transmontanus, ma anche il Siberian Sturgeon
SQ+ di Pisani Dossi (azienda che esiste dal 1913 alle porte
di Milano), dall’aroma leggermente salino e dal delicato
sapore di noci. O ancora l’Iran Darya, della
lavorazione dei più grandi Maestri
Salatori iraniani in Italia, che da 3
generazioni tramandano questa
difficile e segreta arte, o i prodotti
dell’allevamento
di
Storione
Ticino di Mandelli, oltre 10 ettari
di specchio d’acqua inseriti in un contesto quasi naturale.
Tutti marchi votati all’eccellenza e prodotti di assoluta qualità.
Come riconoscere le differenze? L’etichetta apposta sulle
confezioni deve rispettare le indicazioni sull’etichettatura
proposte dalla CITES (Convenzione sul commercio
internazionale delle specie animali e vegetali in pericolo di
estinzione), ed indicare la specie di storione che ha prodotto
quel caviale, l’origine, se pescato o allevato, il paese di
provenienza, l’anno di produzione, il produttore, il lotto ed
eventualmente il riconfezionatore.
Prodotti analoghi si ricavano anche dalle uova di altri pesci,
come “caviale rosso”, ottenuto da uova di salmone, o le
uova di lompo, artificialmete colorate di rosso o di nero,
ma raffinatezza di gusto e proprietà organolettiche sono
molto differenti e la delicatezza dell’originale si apprezza
in purezza.
Ottimo con pane tostato e burro, con limone a
spicchi o all’uso russo con bliny e panna acida; eventualmente
può essere accostato ad amidi dal sapore leggero quali quelli
di patate, riso e pasta (celebri gli spaghetti di Gualtiero
Marchesi). È sempre bene servirlo ben freddo, ottimo quindi
il contenitore apposito che colloca la ciotola di servizio in
un letto di ghiaccio tritato, e per prenderlo meglio utilizzare
utensili in osso, corno, madreperla, legno (ma anche
oro o plastica), evitando i metalli che possono alterarne
sapore e colore. Oltre che allo Champagne si accompagna
ottimamente con la Vodka ghiacciata ◆
www.cantineferrari.it, www.calvisius.com,
www.caviargiaveri.com, www.caviar.it,
www.italiancaviar.com, www.pisanidossi.com
82
M AGA ZINE
V
V
Pensieri da m an giare
i siete mai chiesti cosa amavano mangiare
i filosofi? Da Platone a Kant, quali erano
i loro cibi preferiti e il loro stile di vita a
tavola? Se i loro gusti culinari riflettevano le loro idee o se la
meditazione viaggia indipendentemente dallo stomaco?
A queste bizzarre domande hanno provato a rispondere
Guido Barlozzetti, filosofo e conduttore di Uno Mattina Cafè,
insieme allo chef Fabio Campoli, presidente del Circolo dei
Buongustai, in un originale e interessante incontro dal titolo
“Pensieri da mangiare, ovverosia di come i filosofi mangiando
si fecero venire delle idee”, svoltosi il 30 settembre scorso
nell’ambito della manifestazione “Orvieto con gusto”.
Con accompagnamento musicale di Enzo Pietropaoli
(contrabbasso) e gli interventi visivi di Massimo Achilli.
Un itinerario fatto di domande e risposte, costruito su un
paradosso: la relazione tra il modo di mangiare dei filosofi
e i pensieri che essi ci hanno lasciato. Nato da un’idea
di Barlozzetti, questo excursus filosofico-narrativo vuole
confermare l’esattezza dell’affermazione di Ludwig Feuerbach,
che teorizzava “l’uomo è ciò che mangia” e capire quale sia
il confine tra il corpo e la mente, il pensiero e la digestione.
In questo viaggio filosofico in compagnia di Platone, Cartesio,
Tommaso d’Aquino, Nietzsche, Sartre e i Futuristi prende corpo
la “filosofia della cucina” o la “filosofia in cucina” di Fabio
Campoli, che per ciascuno dei filosofi presentati ha regalato
un suo pensiero gastronomico. Lo chef ha provato, infatti, ad
immaginare come questi celebri personaggi si comportavano
a tavola, cosa piaceva loro mangiare, cosa avrebbero cucinato.
E questa fantasia gastronomico-filosofica prende vita in una
serie di ricette originali, ideate attraverso degli studi.
“Per comporre queste ricette - spiega Fabio Campoli come Sarde in foglia di fico per Platone e Baccalà al latte
per Emmanuel Kant, solo per citarne alcune, mi sono
documentato sia sulla biografia del filosofo sia sulle sue idee.
Avevo bisogno di capire non solo il pensiero, ma anche la
soggettività, il comportamento, l’ambiente in cui viveva e da
qui ho immaginato i suoi gusti”.
Si fondono insieme impressioni, idee e conoscenze
gastronomiche per dare vita a un menu letteralmente
filosofico. Il viaggio comincia dalla filosofia antica e l’idea
gastronomica di Platone prende corpo in “Sarde in foglia di
fico con sfoglie di pita, colatura di alici e formaggio Telemes”,
mentre per il bucolico Epicuro c’è “Agnello all’anice con
radici in agrodolce”. Continuando incontriamo il celebre
Arcimboldo, che si sintetizza, come nei suoi quadri, in un
“pinzimonio stagionale, abbinato a formaggio e pere, con
caldarroste al miele”. Poi è la volta di San Tommaso disegnato
a tavola secondo la regola monacale, con una ricca “zuppa di
pane raffermo, verdure di stagione e pecorino”, e a Cartesio,
che lo chef vorrebbe come amico di idee e forse di cucina,
cui si abbina il piatto “Spaghetti rosso amaranto”.
La narrazione “gastro-sofica” di Barlozzetti e Campoli arriva
all’epoca illuminista con Kant e il “Baccalà al latte, erbe e
filetti di patate”, per poi passare a Ludwig Andreas Feuerbach,
per il quale si preparano le “Rostbratwurst (genuine salsicce
tipiche di Norimberga) con crauti, pane al cumino e senape
fatta in casa”. Arriviamo infine al ‘900 e ai grandi capisaldi
della filosofia dell’ultimo secolo: Friedrich Nietzsche con
una cucina edonista che lo vede trastullarsi a tavola con un
buon carrello di bolliti misti e un ottimo bicchiere di vino,
mentre in Italia è tempo di Futurismo e, nonostante Marinetti
e i suoi esimi colleghi inneggino al riso e all’alchimia, in
cucina Campoli impone loro un bel piatto di “Spaghetti filati
al basilico con perle di pomodoro e crema di Parmigiano”.
Per chiudere infine con Jean Paul Sartre e la sua fobia degli
alimenti racchiusi in gusci e simili, per cui secondo Campoli è
d’obbligo preparare un “Raviolo aperto con ricotta, nocciole,
burro salvia ed amaretti” ◆
Fabio Cam pol i
interpreta in cucina
i gusti d ei filosofi
le rICette “fIloSofIChe”
Sartre
Kant
RAVIOLO APERTO
CON RICOTTA, NOCCIOLE,
BURRO SALVIA ED AMARETTI
BACCALÀ AL LATTE,
ERBE E FILETTI DI PATATE
Ingredienti per 4 persone
Pasta all’uovo in sfoglie g 400
Ricotta setacciata g 300
Nocciole sgusciate, pelate e tostate g 80
Burro g 120
Salvia foglie 2
Amaretti g 40
Sale e noce moscata
Formaggio Parmigiano g 80
In una ciotola lavorate la ricotta con un poco di sale e noce
moscata, riponete la ciotola a bagnomaria per scaldarla.
In un pentolino mettete il burro, la salvia e fatelo cuocere
lentamente a fuoco dolce fin quando il burro non risulterà di
un colore biondo.
Tritate le mandorle e mettetele da parte. Tenete in caldo 4 piatti.
Al momento di servire la ricetta fate bollire le sfoglie di pasta
e scolatele.
Sistemate al centro del piatto una sfoglia, disponeteci al
centro un cucchiaiata di ricotta, cospargete di nocciole
tritate, chiudete con un’altra sfoglia, cospargete la pasta
(raviolo aperto) con il burro, qualche scaglia di parmigiano e
un poco di amaretti tritati.
Ingredienti per 4 persone
Baccalà g 500
Timo, maggiorana, prezzemolo ciuffi 3
Porri 2
Burro g 100
Latte lt 1
Patate g 400
In un tegame ampio preparate un fondo con il burro, il porro
tagliato a listarelle e le erbe tritate.
Asciugate bene le trance di baccalà, infarinatele leggermente,
battendole tra le mani proprio per togliere l’eccesso di farina.
Adagiate le trance di baccalà sopra il fondo di burro, porro
ed erbe, coprite e lasciate cuocere a fuoco dolce fin quando
il tutto non risulterà leggermente biondo.
A questo punto aggiungete il litro di latte, mezzo litro di acqua
e lasciate cuocere coperto fin quando non sarà evaporato
quasi totalmente.
Nel frattempo prendete le patate, tagliatele a filetti con una
grattugia, conditele con un poco di sale.
Alla fine, cospargete totalmente le trance di baccalà con i filetti
di patate, coprite e lasciate cuocere ancora per 10\15 minuti.
A questo punto la ricetta è pronta, ma è preferibile farla
riposare almeno 15 minuti.
Un consiglio: da gustare con una buona birra chiara leggera,
ed un pane morbido.
84
M AGA ZINE
L e gustose ricette
Fabio Cam pol i
L e cola z ioni
Pere calde con mirtilli
e briciole croccanti
Ingredienti per 2 persone
fette biscottate, 4
burro morbido, 20 g
cacao, 1 cucchiaino
zucchero, 1 cucchiaio raso
albume d’uovo, 1
pere williams, 1
mirtilli freschi, 60 g
Tritate grossolanamente le fette biscottate e riponetele
in una ciotola. Aggiungeteci il burro morbido (lasciato a
temperatura ambiente), il cacao, lo zucchero e l’albume.
Lavorate velocemente fino a rendere il tutto sbriciolato.
Disponete e allargate il composto in una teglia. Infornate a
180 °C fin quando non risulteranno delle briciole croccanti.
In un’altra teglia, tagliate la pera a cubetti e fatela cuocere in
forno per cinque minuti.
Mettete sul fondo di una coppa le briciole croccanti, coprite
con le pere calde e i mirtilli freschi.
Accompagnamento: Succo di frutta.
SPUMA DI BACCALÀ CON CROCCANTE
DI POLENTA E CECI AL ROSMARINO
Pandoro gratinato
con purea di mela
e sciroppo d’acero
Ingredienti per 2 persone
pandoro a fette, 80 g
mela annurca, 2
zucchero di canna, 40 g
limone di Sorrento Igp, 1/2
sciroppo d’acero, 2 cucchiaini
Tagliate una piccola fetta di pandoro dello spessore di un
centimetro. Fatelo gratinare in forno, deve essere quasi
biscottarla, quindi attenzione alle temperature, non troppo
eccessive. Sbucciate e tagliate a pezzi due mele annurche.
Passatele in padella con lo zucchero di canna e il succo di
mezzo limone per cinque minuti. È importante che cuociano
coperte e senza aggiunta di acqua. Passate le mele al frullatore.
Sistemate la fetta di pandoro sul piatto, copritela con la passata
di mele e rifinite con un filo di sciroppo d’acero.
Accompagnamento: Tè al limone.
Ingredienti per 4 persone
Baccalà reidratato, 250 g
Ceci reidratati, 200 g
Polenta cotta, 200 g
Acqua, ½ l
Latte, ½ l
Panna liquida fresca, 4 cucchiai
Rosmarino, un rametto
Aglio, uno spicchio
Olio extravergine d’oliva dal fruttato delicato, 70 g
Olio d’oliva per friggere
Pepe nero in grani
Sale qb
Metto il baccalà in cottura col latte e l’acqua per mezz’ora.
Intanto, in un’altra pentola cuocio i ceci con l’aglio e il
rosmarino salandoli a fine cottura, e li tengo da parte. Poi
preparo la polenta e, mentre è ancora calda, la distribuisco
su un foglio di carta da forno sul tavolo (o su una spianatoia),
copro con un altro foglio e la spiano col matterello fino a
raggiungere uno spessore di due, tre millimetri. Sistemo la
sfoglia di polenta su un vassoio e faccio riposare in frigorifero
per almeno due ore.
Scolo il baccalà dal latte, controllo che non vi siano spine,
lo metto in un frullatore, incorporo la panna liquida e l’olio
a filo (che devono essere assolutamente molto freddi) fino
a ottenere una spuma bianca e voluminosa. Conservo in
fresco.
Poco prima di servire con un coltellino ricavo dalla polenta
delle cialdine a forma di foglia e le friggo in abbondante olio
per friggere: a fine cottura dovranno rimanere croccanti, tipo
chips. Le tengo in caldo.
Al momento del servizio, metto sul piatto un po’ di spuma di
baccalà, sopra a mo’ di petali, sistemo le chips di polenta e al
centro qualche cucchiaiata di ceci caldi. Condisco ancora con
un filo d’olio extravergine e del pepe nero macinato al momento.
Coniglio al mirto in fricassea
Ingredienti per 4 persone
1/2 coniglio casereccio
4 tuorli d’uovo
un bicchiere di vino bianco secco
un bicchiere d’aceto di vino bianco
1/2 bicchierino di liquore al mirto
50 g di porro
40 g di Pecorino Romano Dop
3 g di scorza di limone
2 bacche di mirto
6 cucchiai d’olio extravergine d’oliva dal fruttato
delicato
sale qb
Disosso il coniglio e ne ricavo dei piccoli pezzi. Visto che si
tratta di un coniglio casereccio dal sapore forte, lo bollo in
acqua con l’aceto e sale per due minuti. Scolo e asciugo. Poi
prendo una casseruola con l’olio, ci aggiungo il coniglio e lo
faccio rosolare a fiamma viva (non vivissima, altrimenti tende
a bruciare). Appena rosolato, lo bagno col liquore di mirto,
faccio evaporare e aggiungo il porro tritato finemente e una
bacca di mirto anch’essa tritata. Lascio cuocere coperto a
fuoco dolce; una volta rosolato, unisco il vino bianco e lascio
cuocere ancora. Dopo un po’, metto anche un bicchiere
d’acqua e faccio cuocere lentamente per almeno un’ora
e mezza. A fine cottura, avrò una sorta di salsina in cui il
coniglio si deve rosolare. In una ciotola sbatto quattro tuorli
d’uovo con il pecorino, la scorza del limone grattugiata, la
bacca di mirto tritata e batto per rendere il tutto cremoso.
Verso il composto nel coniglio caldo, copro e spengo la
fiamma. Servo.
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M AGA ZINE
Il giard ino d ei profum i
I
I
n terra o in vaso, è sempre un’ottima idea
coltivare le erbe aromatiche da utilizzare in
cucina o semplicemente… da annusare!
Rosmarino, origano e prezzemolo sono quotidianamente sulle
nostre tavole, timo, maggiorana e finocchiella caratterizzano
cucine regionali diverse, aneto e coriandolo richiamano il
gusto di ricette esotiche… sono infinite e diversissime le erbe
aromatiche, se ne contano più di 60 specie e tutte hanno in
comune il fatto che infallibilmente ‘prendono per il naso’.
Avere a portata di mano un giardino delle erbe, anche se in
miniatura, fa decisamente la differenza in moltissimi piatti,
che si tratti di ricette della nonna o di elaborazioni gourmand,
ma i motivi per coltivarle non si fermano alla cucina. Ricche
di oli essenziali, queste piante contengono aromi che
fungono da repellenti per gli insetti nocivi e da attrazione
per quelli utili all’impollinazione, o anche da stimolanti per
il metabolismo vegetale. Aromi localizzati talvolta nei semi,
talaltra nelle foglie o nelle radici, che abbiamo imparato a
sfruttare per arricchire la cucina in tutte le sue forme, dal
dolce al salato, passando per le tisane e per la produzione
SuGGerImentI per trattare
le erbe aromatIChe
di liquori o amari. Senza considerare gli utilizzi in cosmesi
e medicina.
La coltivazione delle piante aromatiche non è particolarmente
difficile: la conditio sine qua non è l’esposizione al sole, che
ovviamente varia da specie a specie, ma solo finché non fa
troppo caldo (poi meglio la mezz’ombra). Il terreno deve
essere leggero, drenante e non troppo acido, le innaffiature
costanti e la concimazione regolare. Le annuali vanno
seminate, mentre le perenni si riproducono per talea. Queste
colture non richiedono molto spazio, in compenso offrono
grandi gratificazioni a chi ama cucinare.
Se il profumo è certamente una caratteristica fondamentale
di queste erbe, spesso anche l’aspetto ha il suo perché.
Il peperoncino nelle mille varianti di colore, il bel fiore
dell’aglio, la fitta siepe a cascata del rosmarino, il verde
vellutato delle foglie di salvia, il rigoglioso cespuglio di
mentuccia… sono caratteristiche decorative tutt’altro che
banali, che trasformano il giardino delle aromatiche in un
angolo delizioso e molto sui generis, tutto sommato anche
quando è limitato a vasi e cassette ◆
DC
È importante saperle riconoscere e dosare. L’erba
aromatica non può essere utilizzata in una ricetta solo
per moda o tendenza, va interpretata ed elaborata
secondo una propria “filosofia in cucina”.
Per conferire una nota di freschezza a un piatto
aggiungere le erbe a fine cottura o, meglio ancora tritate
al momento prima di servire.
Per proteggerle dall’ossidazione, dovuta al taglio o
all’aria, portarle a una temperatura tra i 2-4°C.
Si può realizzare un infuso di erbe aromatiche con lo
stesso procedimento che si adotta nel fare una comune
tisana, lasciate riposare un bel po’, poi filtrate e otterrete
un profumo fluido che insaporisce meravigliosamente le
preparazioni.
Anche l’olio si presta a essere aromatizzato con le erbe.
Scaldo l’olio, unisco l’erba scelta e lascio riposare. In
questo modo, dopo averlo filtrato, si ottiene un olio
intensamente profumato, molto adatto ai soffritti.
Si può aromatizzare il fior di sale grosso con le erbe
fresche, tritandole velocemente e facendole asciugare a
bassa temperatura.
Fabio Campoli
roCCa dI fraSSInello
Il vIno, l’attore
le barrIqueS, GlI SpettatorI
le luCI, I raGGI del Sole
nella CantIna Sotterranea proGettata
da renzo pIano, CI SI rItrova In un teatro
dove oGnI SInGolo Componente
ha Il Suo SpazIo perfetto. per una reSa perfetta
di Monia Innocenti
P
P
ermettemelo: la cantina di Rocca di
Frassinello è la cantina delle “prime
volte”. Oltre ad essere il primo caso di
effettiva collaborazione vitivinicola fra la Francia e l’Italia,
grazie ad un accordo tra il proprietario Paolo Panerai e Eric
Rotschild, è anche la prima cantina progettata da Renzo
Piano. L’architetto, prima di accettare l’incarico, ha sorvolato
l’area in elicottero in quanto ha “sempre bisogno di capire
l’ambiente prima di realizzare un progetto e di guardarlo
dall’alto, come gli uccelli. Perché - spiega - un architetto deve
anche imparare a volare.”
L’azienda, di circa 7.500 mq, si trova sulle colline della
maremma toscana, di fronte al piccolo borgo di Giuncarico,
e si estende per circa 500 ettari di cui 80 coltivati a vigneti.
Una grande piazza che sovrasta la cantina sotterranea
accoglie visitatori ed acquirenti mentre l'adiacente torre
cattura-luce (un parallelepipedo che consente di controllare la
temperatura, l’umidità e altre intemperanze meteorologiche)
sovrasta un basso padiglione quadrato in vetro e acciaio
satinato, allestito con pareti mobili per ricevere gli ospiti, ma
utilizzabile anche per convegni, concerti o degustazioni.
La cantina, cuore del progetto, è un quadrato sottorreaneo
occupato da 2.500 botti di rovere, disposte sui 4 lati ad
anfiteatro. È illuminata dall’alto dai raggi solari, che sono
trasmessi dalla torre cattura-luce e poi riflessi grazie a
specchi opportunamente inclinati. La movimentazione delle
botti avviene grazie a bracci telescopici. È la sezione più
spettacolare dell’opera di Piano: i raggi di luce colpiscono il
centro creando un effetto visivo di grande impatto emotivo e
le botti, come degli spettatori, sembrano contemplare il vino,
vero protagonista di questa originale pièce teatrale.
La struttura è totalmente inserita nel paesaggio grazie alle
accortezze di Piano per rispettare ambiente e tradizioni
ed è in grado di ospitare l’intero processo produttivo
vitivinicolo grazie alla presenza della cantina, del reparto
invecchiamento, delle zone adibite alla lavorazione, degli
alloggi per circa 30 dipendenti e delle sale di degustazione.
La lavorazione dell’uva è a caduta: raccolta con la massima
dedizione e selezione e poi collocata in cassette, l’uva arriva
sul sagrato della cantina per essere sottoposta ad ulteriore
valutazione. Successivamente, per caduta attraverso dei
chiusini, l’uva finisce in un tino di acciaio sottostante.
Oggi i vigneti piantati sono poco meno di 80 ettari su
un programma a medio-lungo termine di 125. La prima
vendemmia è stata quella del 2002: 40 ettolitri non
imbottigliati. La prima “vera” vendemmia, è stata quella
del 2003: 180 ettolitri che Christian Le Sommer, enologo
di Domaines Barons de Rothschild, ogni mese presente a
Rocca di Frassinello, e Alessandro Cellai, enologo e direttore
di Castellare e di Rocca, hanno giudicato in parte degni
di un’etichetta speciale: Primus di Frassinello. La prima
vendemmia commercializzata invece è stata quella del
2004, con circa 130 mila bottiglie prodotte. Oggi la prima
etichetta, le “grand vin” secondo la classificazione bordolese,
conferma gli obiettivi del progetto italo-francese: in grado di
unire forza all’eleganza, i tannini morbidi lo rendono privo di
spigolature al gusto ◆
wineries design
roCCa dI fraSSInello
Loc. Giuncarico - Comune di Gavorrano (Grosseto)
Tel 0577.742903 - 0577.740490 - Fax 0577 742814
[email protected]
90
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M AGA ZINE
M AGA ZINE
ENRICO BENETTA
LETTERE NELLO SPAZIO
di Maria Laura Perilli
ART
S
S
crive Angela Vettese: “lo sviluppo di un’arte
non figurativa nel ventesimo secolo ha dato
luogo, esattamente negli anni in cui nasceva
l’astrattismo, a un singolare recupero storico: quello della
parola scritta che era stata per molti secoli compartecipe
dell’immagine nei dipinti medievali... così come la totale
supremazia dell’immagine ha generato la sparizione della
scrittura, la libertà dalla figurazione in un lasso di tempo
esplosivo ha dato di nuovo luogo alla comparsa delle parole
nell’arte visiva”.
Enrico Benetta, sulla scia di questa ampia ricerca, adotta
lettere in fuga, sospese e fluttuanti come mobiles, a
sottolineare un decostruttivismo della parola aperto a nuovi
ed imprevedibili assemblaggi.
In un mondo multiculturale dove le identità rischiano di
essere annullate in un tutto omogeneo ed incolore, peraltro
negativo per la stessa multiculturalità, è proprio la parola la
struttura base della lingua, espressione più alta dell’identità
ad essere esposta ad attacchi temibili. Vengono sovvertiti i
tempi, annullati i modi di dire, stravolte le periodizzazioni
con uno svilimento contenutistico impressionante.
Le lettere sono così utilizzate da Benetta come metafora di
un mondo liquido, dove parole apparentemente in libertà
attendono un atto di assemblaggio complesso, una ricucitura
capace di restituire suoni, echi, vibrazioni ad una parola,
appunto, sempre meno “parlata” e persa in una realtà
connotata dall’incomunicabilità.
L’attenzione per l’elegante carattere tipografico del Bodoni
rappresenta, nell’impaginazione delle opere del nostro
artista, la necessità della ricucitura storica, del recupero
del tempo storico, oggi dissolto in nome del tutto e subito
e del successo immediato; l’uso dell’acciaio corten per la
costruzione della lettera è, invece, la volontà di ricostruzione
con un materiale forte, emblema dell’architettura della parola
come speranza di dialogo, comunicazione, interculturalità,
per una reciproca conoscenza ed apertura nel rispetto
delle singole identità. L’acciaio corten è acciaio atmosferico
funzionale all’operazione estetica di Benetta; al contrario
di un Boetti che inscrive in precise modularità sequenze di
lettere, Benetta le estrapola dalla tela, le libra nello spazio a
captare fonti di luce su cui, con il tempo, si imprimeranno
concrezioni gialle esaltandone la leggerezza; il parametro
della leggerezza che così definisce Ludovico Pratesi:
“l’auspicato piacere di sentirsi leggeri, non tanto fisicamente
quanto socialmente, l’aspirazione ad essere - e non solamente
ad apparire - agili, spigliati e socievoli è un germe presente e in
continuo fermento nella struttura dell’uomo contemporaneo,
che scalpita per eruttare, ma che non ha ancora forse trovato
il giusto cratere” ◆
what’s on what’s
93
M AGA ZINE
Le Gioie dell’Arte e del Palato
DAMA
Capua - Museo d’Arte Contemporanea, dal 25 ottobre
Una nuova casa dell’arte contemporanea appena inaugurata nello spazio
espositivo all’interno del MAC, Museo d’Arte Contemporanea di Capua (CE).
Curato da Ilario D’Amato e ideato dal giovane artista Evan De Vilde, da fine
ottobre ospita una selezione della pregevole collezione d’arte contemporanea
del Daphne Museum, che vanta opere di Armando De Stefano, Renato
Barisani, Elio Mazzella, Michelangelo Pistoletto, fra gli altri. Grandi maestri
ma anche proposte di artisti emergenti. Con l’intento di creare un punto di
riferimento per artisti ed amanti dell’arte, da un lato, e dall’altro un luogo di
divulgazione della cultura archeologica e delle tecniche di conservazione
dei reperti, in un’affascinante e suggestiva fusione tra l’arte antica e quella
dei nostri giorni.
Macbeth
Teatro Bellini, 4 - 9 dicembre
Una delle più famose tragedie shakespeariane in scena con
la regia di Andrea De Rosa, in scena Giuseppe Battiston
e Frédérique Lolite. Personaggio incredibilmente attuale,
Macbeth è intrappolato tra pensiero e azione, soffocato
in una rete di incubi soffocanti, disperato, in conflitto tra
ambizione e senso di giustizia. La sua Lady, determinato
motore di violenza, crolla quando ha finalmente ottenuto
il titolo di regina, incapace di uscire dalla nevrosi che la
renderà protagonista di un saggio di Sigmund Freud.
Natale alla Reggia 2012
REGGIA DI CASERTA, 8 DICEMBRE - 6 gennaio
Mostre d’arte, visite guidate, concerti e appuntamenti
culturali. Questi gli ingredienti del “Natale alla Reggia 2012”,
la tradizionale manifestazione di fine anno organizzata dalla
Soprintendenza.
http://www.reggiadicaserta.beniculturali.it/
napoli
Lo Schiaccianoci
Teatro di San Carlo, 27 dicembre - 2 gennaio
Petr Il’ic Cajkovskij compose la musica questo balletto tra il
1891 e il 1892 (anno della prima messa in scena) per i Teatri
Imperiali Russi. Tratto dal racconto “Schiaccianoci e il re dei
topi” di E.T.A. Hoffmann, nella versione di Alexandre Dumas
padre, lo spettacolo divenne famoso nel 1944, quando la
compagnia San Francisco Ballet, lo importò negli Stati Uniti.
Il San Carlo vedrà etoile ospiti Giuseppe Picone ed Ambra
Vallo, tra i principali interpreti mondiali del repertorio classico
e direttore Giuseppe Finzi, di recente nominato Resident
Conductor dell’Opera House di San Francisco.
N
N
Sculture da indossare e sapori da gustare
all’Unusual Art Gallery
di Enzo Battarra
asce come un incantevole inno alla gioia
la rassegna d’arte e di enogastronomia
organizzata dalla Unusual Art Gallery,
titolo: “Le gioie dell’arte e del palato. Sculture da indossare,
sapori da gustare”. Gioie, intese come piaceri della vita,
come delizie, come amori. Gioie come gioielli, piccole e
intriganti sculture da indossare. Gioie come eccelsi sapori da
gustare, gioie del palato e dello spirito. In esposizione fino al
9 gennaio prossimo i gioielli realizzati da artisti casertani a
confronto con maestri di altri territori, in combinazione con
la proposta di eccellenze agroalimentari di Terra di Lavoro e
non solo. Ogni serata è dedicata di volta in
volta ad artisti che espongono nella rassegna,
oltre che a protagonisti dell’enogastronomia.
Ospiti in ciascuna serata sono i ristoratori
casertani che faranno conoscere specialità
culinarie della nostra tradizione attraverso
i prodotti di eccellenza della provincia di
Caserta. L’esposizione, curata da Maria
Beatrice Crisci con il contributo di Aldo
Antonio Cobianchi e l’apporto di Alessandro
Manna per le affinità enogastronomiche,
propone artisti casertani, napoletani e
internazionali che espongono gioielli della
loro ricerca e si cimentano nell’applicazione
dell’arte, realizzando sculture che nascono
per essere indossate. Che gioia! Da
Riccardo Dalisi a Giuseppe Coppola, da
Maria Eudoxia Mellão a Enea Mancino, ad
Anna Pozzuoli, quindi Agnieszka Kiersztan
e Umberto Gorirossi. Questi i nomi degli
artisti. I magnifici sette hanno provenienze diverse, esperienze
differenti, vissute anche in contesti lontani, geograficamente
e culturalmente. Riccardo Dalisi, artista-designer-architetto
tra i più rappresentativi in Italia, è lo spirito trasgressivo
partenopeo, è l’ingegno fantasioso che supera gli ostacoli
della tecnica, gli impedimenti della forma. È creatività allo
stato puro, fermento rivoluzionario, genialità coinvolgente e
partecipativa. Indossare i suoi gioielli significa condividere
un percorso estetico e sociale. Più misurato Giuseppe
Coppola, anche lui di base architetto, ma oggi artisticamente
designer, attento agli equilibri e alle scansioni dei vuoti
e dei pieni. Luccicano preziosi gli ori dipinti, intrecciando
le loro forme a quelle dei materiali poveri come lo spago.
Una nuova eleganza si impone, un incrocio tra arcaico e
contemporaneo, tra meditazione e libertà di espressione.
I grandi gioielli di Maria Eudoxia Mellão, artista brasiliana
affermatasi anche fuori dai suoi confini nazionali, avvolgono
la pelle, creando sensuali reti di nascondimenti e svelamenti.
Il tessuto si intreccia in forme morbide e sinuose, lasciando
spazio anche a colori caldi, terrosi. Un sussurro di foresta
amazzonica dà un ritmo e un gusto tribale tra gli squarci
dell’incarnato. Fedele alla sua ricerca astratto-geometrica,
l’artista napoletano Enea Mancino crea gioielli che sono vere
e proprie opere d’arte in miniatura, giochi di colori e di luci
che si confrontano secondo sequenze appropriate. Logica
e rigore, ma anche tanto esplicito sentimento, producono
gioie di una leggerezza e una raffinatezza straordinarie,
pronte per essere subito vissute. Anna Pozzuoli crea gioielli
scavando nella memoria, partendo da archetipi classici,
corrosi da un tempo innaturale. Il metallo è lavorato con
una perizia estrema, cesellato, dipinto. L’aspetto è quello di
reperti archeologici salvati dall’oblio e dalle
tenebre. Le sue gioie vivono di riflessi e di
palpiti, hanno catene a maglia larga come
decori di antiche uniformi marziali, hanno
storia. È polacca Agnieszka Kiersztan, ma
sono ormai decenni che vive nella Campania
Felix. Qui ha imparato il gusto greco per le
forme essenziali, ha assorbito l’eleganza
del cameo inciso. I suoi volti nascono nel
candore più assoluto, si disegnano con tratto
sicuro e marcato, si toccano, si confrontano,
si cercano. Il gioiello diviene una promessa,
un’affinità di incomparabili tensioni. L’oro
nelle mani di Umberto Gorirossi diviene
una sfoglia sottile, un’impalpabile lamina
capace di accogliere l’universo policromo e
frammentato dei sogni. Leggera e volubile
è la materia preziosa, instabile. Si sublima
in una carezza che vibra sfiorando il corpo.
C’è un retaggio di pittura e c’è un’innovativa
regola aurea in un gioiello capace di rabbrividire al caldo
soffio dell’eros. La manifestazione costituisce sicuramente
una delle maggiori attrazioni nel periodo natalizio per
invogliare cittadini e turisti a percorrere le strade del cuore
di Caserta. La Unusual Art Gallery, infatti, è a due passi dalla
Reggia, nel salotto della città, e più precisamente in quel
quadrilatero dell’arte e della moda, fatto di vicoli e botteghe,
dove storicamente si sono registrati negli ultimi decenni i
maggiori fermenti culturali e commerciali cittadini. La mostra
rappresenta il prologo della stagione. Se “unusual” è un
omaggio all’arte che si fa pratica artistica, questo esordio è la
più logica delle conseguenze ◆
Unusual Art Gallery
Via Maielli 45 (angolo via Mazzini) - Caserta
Giuseppe Coppola, Riccardo Dalisi e le spade di carta
what’s on what’s what’s on what’s
95
M AGA ZINE
RELAZIONI PERICOLOSE
Ann-Christine Woehrl
Galleria Nazionale d’Arte Moderna,
fino al 27 gennaio 2013
I lavori di Gino Marotta in mostra alla GNAM in
un esercizio sul linguaggio che mette in relazione
la collezione del museo con alcune opere, sia
storiche sia recenti, dello scultore. Si tratta di
un percorso che intende perlustrare i territori di
confine tra moderno e contemporaneo: dagli
Environment del 1968 alle Veneri plurimateriche,
dalle Ninfee alle Luci colorate più recenti. I lavori
sono posti anche fisicamente in dialogo con le
opere della Galleria. Le Relazioni pericolose
del titolo evidenziano il rapporto tra passato e
presente, che è anche un ritorno dell’artista nel
suo luogo di formazione.
www.gnam.beniculturali.it
Inferno CantoI
di Roberta Coni
Lana Slezic
Shadows of women
Teatro Due Roma, fino al 17 dicembre
Seconda edizione per la rassegna fotografica al
femminile curata da Ilaria Prili, che quest’anno
ospita trenta tra le più affermate e premiate
fotografe internazionali (WorldPress Photo, Visa
pour l’Image, New York Photo Awards e molto
altro). È organizzata in cinque serate di proiezioni,
ciascuna dedicata ad un tema diverso: violenze,
diritti negati, ma anche famiglia, amore, arte…
Accomunati dal punto di vista femminile, un
comune denominatore che avvicinano tutte le
donne del mondo al di là dei confini geografici
e delle culture cui appartengono, dalla Russia
(Alisa Resnik) all’America (Amy Touchette), dalla
Norvegia (Andrea Gjestvang) al Kenya (Sarah
Elliott), passando ovviamente per diversi nomi
italiani fra cui Chiara Gioia e Francesca Leonardi.
www.teatrodueroma.wordpress.com
Galleria Russo di Roma,
dal 16 novembre
La scelta di rappresentare il Canto Primo
dell’Inferno per l’artista è una sorta di ritorno
a casa: stesse atmosfere inquiete e tenebrose,
stesse luci soffuse, stessa tensione emotiva
ed esistenziale. “Un viaggio di speranza e
riaffermazione dell’umano e del divino”,
inteso come un viaggio già effettuato da
Dante alla sua età (nel mezzo del cammin di
nostra vita), da ripercorrere attualizzandone
le problematiche, i rischi, le speranze. Un
progetto
straordinariamente
ambizioso
in un periodo storico che pare teorizzare
una precarietà assoluta, la paura, l’incerto.
Curatrice Beatrice Buscaroli.
roma
Spunti di vista
Auditorium Parco della musica,
29 novembre
Fine osservatrice di costumi e caratteri,
(auto)ironica e folgorante, Francesca
Reggiani presenta una lunga carrellata di
monologhi per una tragicomica analisi di
società, amore e vita di coppia. Attraverso
maschere di repertorio e nuovi personaggi,
tanti dissacranti ritratti di volti noti e non
solo per un one man show al femminile,
da un’attrice che sa fa sorridere sul peggio
della nostra società.
www.auditorium.com
THE WHITE GALLERY - And So White Lab
Abbiamo liberato il bianco
MaXxi 21- Via Guido reni 4, Dal 13 Novembre
Parte dal Maxxi 21 di Roma la mostra fotografica “The white Gallery” della giovane artista
Manuela Kalì voluta e sponsorizzata da And So White per il lancio nazionale di un laboratorio
di creativi e designers. I dodici scatti, in formato 90x60 e due gigantografie, interpretano il
bianco non inteso più come colore ma come stato emozionale. Il White Lab, questo il nome
del laboratorio, coinvolgerà diverse città italiane spinto dal claim “Abbiamo liberato il bianco”.
www.andsowhite.it
Afro. Dal progetto all’opera 1951-1975
Museo Bilotti, fino al 6 gennaio 2013
È un’astrazione ragionata, pensata, progettata quella che caratterizza le trentasette opere di Afro
Basaldella (1912/ 1976) esposte in occasione del centenario della nascita. Artigiano friulano, dopo
un soggiorno di otto mesi in America negli anni ‘50 arriva a progettare i suoi dipinti con passione
e rigore, unendo tradizione europea e sperimentalismo statunitense. Provenienti dall’Archivio
Afro, le opere illustrano il processo creativo che di improvviso e casuale mostra di avere ben
poco. Dal 12 novembre presso lo spazio espositivo della Casina Giustiniani sempre all’interno del
parco di Villa Borghese, una serie di fotografie illustrerà le opere realizzate dall’artista all’interno
di alcuni dei palazzi ed edifici storici di Roma.
Paul Klee e l’Italia
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea,
Fino al 27 gennaio 2013
Luce, colore, natura, architettura, classicità, musica, erano gli elementi che Paul Klee ritrovava
nei suoi pellegrinaggi verso sud. Svizzero di nascita, ma tedesco di nazionalità, fu spesso
nell’area mediterranea, non solo in Tunisia ed Egitto, anche in Italia, luogo fondamentale per la
sua formazione e la sua maturazione artistica. Il tema della mostra è appunto l’influsso del nostro
paese, della sua cultura, colori e atmosfere, sulla produzione dell’artista e viceversa. Percorso in
varie sezioni a cui sembrano fare eco le opere di Soldati, Licini, Perilli, Novelli, Accardi e di tutti
coloro i quali dalla cifra stilistica di Klee partirono per le loro ricerche.
Roma caput mundi:
una città tra dominio e integrazione
roma
Varie sedi, fino al 10 marzo 2013
Colosseo, Curia Iulia e Tempio del Divo Romolo nel Foro romano sono gli scenari per approfondire
il mito di Roma. Dalla storia delle origini alla conquista dell’Italia e delle province, un centinaio di
opere illustrano influssi culturali e religiosi, caratteristiche sociali, tra dominio e integrazione di un
unicum nella storia dell’umanità, stimolando una riflessione sulle interpretazioni che questa storia ha
avuto nelle epoche successive.
L’Età dell’Equilibrio. Traiano, Adriano,
Antonino Pio, Marco Aurelio
Musei Capitolini, Fino al 5 maggio 2013
È il II secolo d.C. il protagonista della mostra allestita su quattro imperatori scelti per
le loro capacità e non per diritto di nascita, artefici dei così detti “felicia tempora”.
Ottant’anni in cui la politica di dominazione romana diede i suoi frutti: pace
mediterranea, unificazione monetaria, diffusione del sistema giudiziario e legislativo e
del modello di vita urbana. È l’età del consenso, in cui la ricca e raffinata produzione
artistica, sostenuta da una ricca committenza, mira a celebrare la classe di governo. La
mostra termina con la ricostruzione di due sepolcri privati i cui resti, conservati tra i
Musei vaticani e il Louvre, vengono qui ricomposti per la prima volta.
tRe geneRaZioni Di DeSigneR DeL quÉbec a MiLano
palazzo morando, fino al 9 dicemBre 2012
Cos’hanno in comune albert leclerc, Ginette Caron e nicolas bellavance-lecompte? Originari
del Québec, questi tre designer hanno sviluppato un’attività professionale in Italia, e nello specifico
a Milano, città del design internazionale. La mostra presenta la loro attività attraverso i percorsi
individuali: le tre eccellenze del Québec contribuiscono al patrimonio del design milanese,
creando occasioni di incontro e interazione tra il loro Paese d’origine e quello che hanno scelto
come loro terra d’adozione.
www.costumemodaimmagine.mi.it
ph Marirosa Toscani Ballo
what’s on what’s
conteMPoRaRY aRt JeweLS
officine Saffi, 29 novemBre 2012 - 18 gennaio 2013
La nuova location presenta per la prima volta in Italia una esposizione di preziosi gioielli artistici
in ceramica, opere di 15 artisti internazionali. Le preziose creazioni sono rese uniche dall’abilità e
dal genio degli autori: forme, colori, dettagli che stupiscono per la varietà dei risultati. Scintillanti
pesci ancora imbrigliati nelle maglie ossidate delle reti (le collane di Nina Sajet), ammalianti oggetti
della seduzione di Martha Pachon ispirati alla tradizione africana, ed ancora i paesaggi urbani della
coreana Seyon Kim, i bambù d’eté di Shu Lin Wu, le aeree creazioni di Luca Tripaldi, le condense
argentee di Violine Ulmer, le ricercate miniature di Peter Hoogeboom. Accanto a gioielli in ceramica
“storici” provenienti da una collezione privata.
www.officinesaffi.com
i taRocchi SoLa buSca
pinacoTeca di Brera, fino al 17 feBBraio 2013
‘Il segreto dei segreti’- I dei tarocchi di Sola Busca, e la cultura ermetico-alchemica tra Marche e
Veneto alla fine del Quattrocento, sono oggetto di una affascinante mostra inaugurata in questi
giorni nelle sale della Pinacoteca di Brera. Il più antico mazzo di tarocchi italiano completo, che
prende il noma dai precedenti possessori (la marchesa Busca e il conte Sola) è stato acquistato
dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per la Pinacoteca di Brera, che già conservava
un gruppo di 48 carte, parte di un prezioso mazzo tardo-gotico (Brambilla) realizzato per il
duca di Milano. La mostra presenta questa importante acquisizione indagandone in maniera
approfondita il contesto culturale, le possibili fonti, la complessa iconografia, arrivando a
precisarne la datazione e a identificare l’artista che lo ha realizzato e l’umanista che ne ha
suggerito l’iconografia, aspetti mai in precedenza sviscerati dalla critica.
www.brera.beniculturali.it
milano
KaMa - SeSSo e DeSign
Tronco femminile di Piero Fornasetti
(courtesy Archivio Fornasetti)
Triennale deSign muSeum, dal 5 dicemBre 2012 al 10 marzo 2013
Una grande mostra che analizza il rapporto tra eros e progetto. Fin dal titolo, che
rievoca il dio indiano del piacere sessuale, dell’amore carnale e del desiderio, KAMA
prova a fare i conti con uno dei fantasmi più esasperati, ma al contempo più rimossi,
della contemporaneità. Sono così indagati modi, forme e strategie con cui la sessualità
si incorpora nelle cose e ne fa strumento di conoscenza. Per chi le progetta, ma anche
per chi le usa. Cuore della mostra è una rassegna che rintraccia radici storiche, mitiche
e antropologiche per arrivare fino ai giorni nostri, con oltre 200 fra reperti archeologici,
disegni, fotografie, oggetti d’uso e opere di artisti e designer internazionali.
www.triennaledesignmuseum.it
iL Mio MagiStRetti
fondazione magiSTreTTi, fino a giugno 2013
L’omonima Fondazione propone una rilettura di oggetti disegnati da vico magistretti,
fotografati e raccontati di chi li possiede. Attraverso i materiali di archivio e il contributo
di storici del design è stato ricomposto il contesto storico culturale degli oggetti in mostra.
Al contempo ha preso vita un nuovo archivio fatto di racconti e fotografie di proprietari di
oggetti che hanno voluto condividere la storia e le storie di Vico. Chiunque abbia inviato
una foto di sé stesso con una lampada, una sedia, un tavolo di questo grande architetto e
designer del Novecento, è stato inserito permanentemente nel sito della Fondazione.
www.vicomagistretti.it
let It beatleS
Lo spirito e i ricordi degli anni ’60
a 50 anni dall’uscita del primo 45
giri dei Beatles, attraverso i punti di
vista di due amici nati a 20 anni di
distanza uno dall’altro. Originale e
affettuoso omaggio ai Fab Four, il libro
è l’ironica radiografia epistolare di
un’epoca felice e irripetibile, che ha
avuto il sapore di una vera e propria
rivoluzione. Scritto a quattro mani da
andrea Kerbaker, nato a Milano nel
1960, mentre i Beatles facevano le
loro prime prove nelle mitiche taverne
tedesche (quando entrava in prima
media, erano un fenomeno tanto
noto a livello planetario da essersi già
sciolti), e alberto tonti, padovano
nato negli anni ’40, proprio come i
Beatles. Prima di loro si è innamorato
di Elvis Presley, Little Richard, Fats
Domino, Chuck Berry, Buddy Holly,
Eddie Cochran, Everly Brothers, Roy
Orbison e, soprattutto, Sam Cooke, il
più grande di tutti.
Editore: StorieSkira
www.skiranet
Gambero roSSo 2013:
roma e mIlano
Sono in edicola la ventesima edizione
della guida milanese e la ventiduesima
uscita romana, arricchite di premi
innovativi e nuove classificazioni al
passo con i tempi. A Milano sono
stati selezionati 1190 indirizzi e
recensite oltre 160 novità, inclusi locali
internazionali, alternativi e formule
per un “altro” mangiare che rendono
la guida più facile da consultare e più
ghiotta da leggere. Tra gli aggiornamenti
in classifica, il ristorante Da Vittorio di
Brusaporto (BG) della famiglia Cerea
guadagna per la prima volta le Tre
Forchette, accanto ai confermati Villa
Crespi di Orta San Giulio (Antonino
Cannavacciuolo) e Dal Pescatore di
Canneto sull’Oglio (famiglia Santini). A
Roma il primo posto in classifica rimane
all’inossidabile Heinz Beck, lo chef de
La Pergola (Hilton Roma Cavalieri),
seguito solamente da Salvatore
Tassa de Le Colline Ciociare, mentre
perde le Tre Forchette Il Pagliaccio di
Anthony Genovese. L’edizione romana
mira anche ad offrire alternative di
ristorazione a tutto tondo: mangiar
sempre, grandi classici della tradizione
e itinerari nei quartieri gourmet della
capitale, per non perdersi neanche una
tappa golosa.
www.gamberorosso.it
Books
il tigl io
N
N
el Ponentino della sera aleggia dolcissimo e
forte il profumo dei tigli in fiore: per alcuni
è piacere, per altri allergia. Madre Natura ci
delizia e ci punisce secondo il proprio estro. Tilia cordata è il
nome botanico di questa pianta perfetto simbolo del femminile.
Per i greci era sacra ad Afrodite, fra i Germani accompagnava
Freia, Dea della fertilità. Il tiglio può vivere fino a mille anni,
perciò nel sogno possiamo associarlo alla longevità. E tanto
basterebbe. Ma altrettanto bene si associa all’amore coniugale,
visto che nella leggenda di Filemone e Bauci il marito si trasforma
in quercia, tipico albero maschile, mentre la moglie diventa un
dolce tiglio. E non possiamo tacere delle sue virtù medicinali e
divinatorie: l’infuso dei fiori, raccolti rigorosamente nella notte
di S. Giovanni, ha proprietà sedative e leggermente ipnotiche,
rimedio ideale per l’insonnia; dalla corteccia suddivisa in
piccole strisce avvolte e svolte tra le dita si traevano e ancora si
traggono vaticini, dalle parti della Siria. Infine il tiglio del sogno
potrebbe evocare un viaggio, in una città europea dove Unter
der Linden è il nome di una strada lunga 1.2 km e larga 60 metri
e dove i tigli sono disposti su quattro file. Quelli che vediamo
oggi non hanno più di 55 anni, quelli antichi furono abbattuti
dai nazisti per adattare il viale alle sfilate militari. Hanno solo
55 anni ma il loro profumo aleggia dolcissimo e forte nelle notti
d’estate, a Berlino ◆
renata biserni
Psicoterapeuta
[email protected]
99
exclusive
M AGA ZINE
Tavole a prova d i chef
non solo rossa e dorata, la tavola natalizia puÒ essere deClinata in tante
tonalità e sFumature diFFerenti. l’importante è Che tovaglie, piatti e aCCessori
siano sCelti per Celebrare, oltre alla Festa, anChe lo spirito e l’indole
del padrone di Casa. senza tralasCiare alCun dettaglio e avendo Cura
di selezionare i servizi e i tessuti migliori, Come Fanno i grandi CheF
nei loro ristoranti stellati
di Francesca Volino
Fazzini
antonello Colonna
Imprenditore, cuoco, ristoratore. Antonello Colonna ha
avuto, tra i primi, il carisma e il piglio istrionico per passare
dalla cucina alla sala, per far nascere e trasformare ristoranti,
per inventare e rinnovare, dall’interno, la cucina di tradizione
laziale. Da Labico a Roma e ritorno. Dalla porta rossa del
primo ristorante all’architettura del roof garden del Palazzo
delle Esposizioni, firmata Paolo Desideri, fino al nuovo
resort a un passo dalla prima sede. Dove cucina, benessere,
ambiente si fondono in un nuovo concetto di accoglienza.
Open Colonna
www.opencolonna.it
AntonelloColonna resort&spa
www.antonellocolonnaresort.it
toCCo Country
Ha il sapore delle cose semplici e ben fatte la collezione Blow
di Fazzini, che propone una tavola dalle tonalità tortora e lo
stile casual. In foto: tovaglia e tovaglioli Soffio; sottotovaglia e
tovaglioli Soffio Garza; placement e runner Grecale.
www.fazzinispa.com
maIalIno CroCCante,
patate affumICate e moStarda dI frutta
Ingredienti per 4 persone
1 capocollo di maialino
500 g purè di patate
semi di finocchio qb
foglie di alloro qb
rosmarino qb
anice stellato qb
bacche di ginepro qb
mostarda di frutta qb
pepe qb
Mettere in un sacchetto da sottovuoto un pezzo
di capocollo di maialino con i semi di finocchio, il
rosmarino, l’alloro, il pepe, l’anice stellato e il ginepro.
Chiudere il sacchetto e cuocere per due giorni a bassa
temperatura (60°).
Trascorso il tempo necessario, togliere la carne dal
sacchetto, eliminare le spezie e metterla in padella
posizionandola con la cotenna in basso.
Rosolare bene a fuoco vivo fino a quando la cotenna
diventa croccante. Impiattare Servire con mostarda di
frutta e purè di patate al ginepro.
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M AGA ZINE
L’ELEGANZA DEL LINO
CLASSE SENZA TEMPO
Il runner Athena, prodotto da Tessitura Pardi, è
una garanzia di qualità e comfort. Composto da
lino al 100%, rende la tavola sobria e classica.
www.tessiturapardi.com
Guizzi argentati su fondo
color crema per il runner
in lino Melarancia firmato
Busatti.
www.busatti.com
IDEE DORATE
Matteo Zappile
Busatti presenta una selezione di articoli
vari per la tavola e l’arredamento in lino
corda o crema con lurex argento, creati
con disegni natalizi ed invernali quali
Dama d’Argento, Regina di Picche e
Fiocchi di Neve.
www.busatti.com
Anthony Genovese
La Francia, l’Italia, l’Oriente. Nella cucina di Anthony Genovese
tutto parte e torna in Italia, dopo un percorso che tocca la
Francia, sua terra natale che lo a tenuto a battesimo in cucina,
e l’Oriente, che ha dato stimoli, esperienze, conoscenze cha
ancora oggi si ritrovano nei suoi piatti. Suggestioni che oggi
sono rielaborati in una cucina cosmopolita, ma che mantiene
un’impronta profondamente italiana.
Il Pagliaccio
www.ristoranteilpagliaccio.com
GAMBERI ROSSI, SCIROPPO DI POMODORO,
NOODLES E SPINACI
12 gamberi
noodles
spinaci rossi
lime
Per lo sciroppo di pomodoro
2 kg di pomodoro casalino; 2 spicchi di aglio;
1 scorza di limone; timo, lemongras, alloro.
Per la frittata giapponese
3 uova intere e tre rossi; alga nori;
mirin, fish sauce, soya, sakè
Per lo sciroppo di pomodoro
Cuocere a fuoco alto il pomodoro con aglio, scorza
di limone, timo, lemongras e alloro. Dopo 10 minuti
circa coprire la padella con carta argentata e continuare
la cottura a fuoco lento. A cottura ultimata mettere i
pomodorini in un setaccio con un peso sopra per
separare la polpa.
Per l’acqua di gamberi
Fare un brodo con le teste dei gamberi e condire con
mirin, sak soya e acqua di rapa rossa.
Per la frittata giapponese
Far marinare le 3 uova e i 3 rossi con mirin, fish sauce,
soya e sak. Cuocere alternando uno strato d’ovo e un
foglio di alga nori per tre volte. Noodles cuocere i
noodles al dente e saltare con gli spinaci rossi e acqua
di pomodori. Impiattare Mettere 3 gamberi sgusciati
e conditi con sale maldon, lime grattuggiato e olio, 3
quenelle di polpa di pomodoro, 3 rotoli di noodles e
spinaci. Completare con sciroppo e shiso.
PER ANDARE SUL SICURO
La tovaglia Kristall color sabbia di Mastro
Raphaël, in 100% lino, è candida e raffinata.
Anche i tovaglioli abbinati, con croquet o bordo
semplice, sono realizzati nello stesso tessuto.
www.mastroraphael.com
LETTERE D’AUGURI
Le lettere dell’alfabeto sono il leit motiv di
questa originale tovaglia del marchio Busatti,
dalla tonalità verde bosco.
www.busatti.com
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SOFFIO D’ARGENTO
Zara Home propone una serie di oggetti
per la tavola e per l’albero di Natale perfetti
per coloro che prediligono l’eleganza
dell’argento e la purezza del bianco.
www.zarahome.com
PORCELLANA IN FESTA
La storica casa del lusso parigina
Hermès punta sul servizio La Balcon du
Guadalquivir, realizzato in una porcellana
splendente, dalla grafica esotica, gioiosa
nella tonalità del rosso satinato.
www.limentani.it
ABBINAMENTO SPENSIERATO
Un simpatico alce è il soggetto del portatovaglioli che
ben si accompagna alla tovaglia e al portacandele
rossi. Il tutto è prodotto da Zara Home.
www.zarahome.com
Davide Oldani
L’anima pop della cucina, in 10 regole. O meglio, pillole
di filosofia pop, come Davide Oldani le chiama. Che
sono soprattutto sintesi di buon senso, che valgono per la
cucina quanto per la vita di tutti i giorni. Rispetto, costanza,
curiosità e amore: punti fermi di una cucina che vuole essere,
innanzitutto, “giusta”. Raffinata senza fronzoli, accessibile,
aperta a tutti, che non spaventa né disorienta, ma seduce.
Alta cucina, per tutti (o quasi).
D’O
www.cucinapop.do
Zafferano, panettone e riso
alla milanese popbyd’o
Ingredienti per 4 persone
Per il riso
320 g riso Carnaroli stagionato (Piero Rondolino); 160 g
burro dolce; 80g Grana Padano grattugiato; 1,5 l acqua
calda e salata; 10 ml aceto di vino bianco; scorza di n°1
arancia grattugiata; sale fino
Per la salsa allo zafferano
50 g scalogno lavato, sbucciato e tagliato a fette sottili;
100 g vino bianco; 100 ml acqua; 1 g zafferano in pistilli
1 g sale fino; 5 g maizena diluita in acqua fredda
Per la finitura
100 g panettone senza crosta
20 g uvetta rinvenuta in acqua e asciugata
Per il riso
Tostare il riso in una casseruola, bagnare poco per volta
con l’acqua salata, portare a cottura. Togliere dal fuoco
e mantecare con il burro, il Grana, la scorza d’arancia,
l’aceto, regolare di sale, tenerlo cremoso.
Per la salsa di zafferano
Cuocere la cipolla con il vino bianco, facendolo
evaporare completamente, bagnare con l’acqua, far
bollire per 5 minuti, legare con la maizena diluita,
filtrare ed aggiungere lo zafferano lasciando in infusione
per 20 minuti fuori dal fuoco. Tostare, in forno a 180°C,
il panettone tagliato a pezzi per circa 5 minuti, togliere
dal forno e tenere da parte. Impiattare Stendere il riso
in un un piatto piano, adagiare l’infusione di zafferano,
i pezzi di panettone e finire con l’uvetta.
NEL SEGNO DELLA TRADIZIONE
Una tavola nel segno del tradizionale
abbinamento del rosso con l’oro per Zara
Home, che firma tutti gli elementi: la tovaglia,
i portacandele, la tazzina e le palline in juta.
www.zarahome.com
Gennaro eSpoSIto
Gennaro (Gennarino) Esposito uno dei nomi più in vista della
ristorazione italiana. La sua Torre del Saracino ha portato a
Vico Equense due stelle Michelin, e una cucina che unisce
la forza del territorio e dei sapori locali - pesce, formaggi
e verdure a un piglio personale, all’intelligenza dei sapori e
all’intuizione dell’alta cucina. Fatta di tecnica e di sapore.
Alle spalle esperienze con Vissani e Ducasse, nel presente
una cucina fatta di concentrazione e di rigore, ma soprattutto
di sapore, stomaco, cuore, cervello. Una cucina d’autore, ma
confortante.
La Torre del Saracino
www.torredelsaracino.it
peSCato mISto dI paranza Con Crema
dI patate alle foGlIe dI lImone
e peSto dI mollICa dI pane e prezzemolo
AL RAGÙ NAPOLETANO
Per il pesto
20 g di olio extravergine di oliva; 15 g prezzemolo
sfogliato; 10 g pane raffermo reidratato con aceto di vino
bianco; 5 g pistacchi; 2 acciughe dissalate e deliscate;
4 olive nere denocciolate; 1 becco d’aglio sbianchito;
5 g di capperi dissalati; 6 g pinoli
Per la crema di patate
200 g patate; 100 g latte; 2 foglie di limone; sale q.b.
Per il pesce
40 g di seppie (il corpo diviso in quattro parti); 2 filetti
di triglie deliscate di piccola pezzatura; 4 gamberoni
rossi sgusciati; 4 filetti di fragolino deliscati di piccola
pezzatura; 4 filetti di sarago deliscati di piccola
pezzatura; 4 pezzi di scorfano da 20 g cadauno; 4 pezzi
di gallinella da 20 g cadauno; 4 foglie di limone;
2 petali di pomodoro confit tagliati a tocchetti; 4 cuori
di spinaci; olio extravergine di oliva; sale q.b.; pepe q.b.
Per il pesto
Riunire in un mortaio gli ingredienti tranne pane e olio.
Pestare energicamente, fino a ottenere una consistenza
omogenea, aggiungere il pane privato dell’aceto in
eccesso. Continuare a pestare. Aggiungere l’olio,
mescolare e tenere da parte.
Per la crema di patate
Portare a ebollizione latte e foglie di limone, togliere dal
fuoco, lasciare in infusione per circa 40 minuti. Mettere
le patate a tocchetti e il latte filtrato nel bicchiere di un
termo mix. Frullare a 80°C per circa 22 minuti. Filtrare
allo chinois e tenere a bagnomaria.
Per il pesce
Cuocere a 62°C per 10 minuti i filetti di scorfano e di
gallinella, salare. Posizionare i filetti di fragolino dal lato
della pelle sulle foglie di limone, cuocere alla griglia
delicatamente. Cuocere i filetti di sarago in vaporiera e
condirli con sale ed olio. Scottare in padella con un filo
d’olio, separatamente, la triglia, le seppie e i gamberoni.
aggiustare di sale. Saltare in padella con aglio e olio i
cuori di spinaci, salare e mettere da parte.
Impiattare Metter al centro del piatto due cucchiai di
crema di patate, i cuori di spinaci, il pesto il pomodoro
confit e adagiarvi sopra il pesce. Completare con un filo
d’olio extravergine di oliva e pepe di mulinello.
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l’unione fa la forza (della sedia di Chiavari)
La tradizione che non pesa e il futuro che non spaventa
di Ester Maria Lorido
“L
“L
a sedia chiavarina è un capolavoro
d’arte e d’ingegno, leggera come
una piuma e solida come una roccia.
Malgrado i due secoli di storia, le sue doti e le sue linee senza
tempo non smettono di affascinare”. Inizia così, con un
pizzico di orgoglio - del tutto motivato - il racconto dei fratelli
Levaggi, artefici di un ‘gioiello’ che affonda le sue radici nel
1807. Sull’onda di questo entusiasmo - lo stesso che per anni
hanno messo nel loro lavoro - Rinaldo, Ettore, Alessio e Italo
svelano ‘i segreti del mestiere’ ad Insider Magazine.
Qual è il punto di forza della sedia chiavarina?
È la sua capacità di realizzare una fusione perfetta tra istanze
estetiche e funzionali: è un trionfo di eleganza, ma è anche
un piacere da sollevare, da godere ogni giorno e per lungo
tempo, data la robustezza.
La sedia nasce a Chiavari, città da cui prende il nome.
La terra d’origine ha qualche influenza su questa forma
particolare di artigianato?
Chiavari ha una ricca tradizione di falegnameria ed ebanisteria,
che conobbe nel Diciottesimo secolo un grande splendore.
Chiavarina Supercolor
Non stupisce quindi che, in questo clima favorevole, il genio
di Gaetano Desclazi seppe concepire una tale meraviglia.
Anche dopo la sua creazione, la seggiola “Campanino” ha
potuto contare sulle abili maestranze cittadine per ampliare
la propria varietà e diffusione.
Come si fa a scegliere il legno giusto?
Il legno deve possedere precise caratteristiche fisiche: deve
essere duro, robusto ed elastico. Tra tutte le specie nostrane,
alcune, come il faggio, il ciliegio, l’acero ed il frassino
rispondono meglio a tali requisiti. Ma bisogna anche saper
anche tagliare il legno e prepararlo con i dovuti accorgimenti,
effettuando una paziente e naturale stagionatura.
Oltre i confini nazionali, quali Paesi apprezzano
maggiormente il made in Italy?
In Europa una delle culture più sensibili e attente alle
tematiche dell’artigianato di qualità è certamente quella
tedesca. Oltremanica gli USA riservano sempre molto
interesse ai lavori di falegnameria, dato anche il grandissimo
numero di appassionati ed hobbisti del legno.
interview
Fratelli Levaggi
È vero che la sedia chiavarina è apparsa anche in salotti
molto importanti?
Dalle principali corti Europee del Diciottesimo secoli agli
ambienti istituzionali più recenti: celebre è la sua apparizione
nello storico summit tra Reagan e Gorbaciov.
la cultura delle nuove generazioni sta lentamente cambiando:
ci si sta accorgendo che il consumismo, la logica dell’usa e
getta, non pagano nel tempo e che è necessario tornare ai
prodotti di qualità, ai mestieri tradizionali che costituiscono
un patrimonio inestimabile, da salvaguardare e tutelare.
Ad un certo punto, la storia della sedia chiavarina e della
famiglia Levaggi si incrocia. Come è andata?
Rinaldo Levaggi ha iniziato come garzone in una delle tante
botteghe di seggiole, poi è cresciuto come abile tornitore
e infine, col sostegno e la partecipazione dei tre fratelli,
mostrando grande spirito d’iniziativa, rilevò un laboratorio
che stava chiudendo i battenti ed iniziò a cimentarsi con la
produzione della sedia più leggera del mondo.
A quali ambienti si adatta la sedia chiavarina?
Una delle doti che hanno da sempre contribuito alla sua
fama è la grande varietà di forme e modelli in cui è stata
prodotta. Ce ne sono davvero per tutti gli ambienti e gusti.
Molti modelli storici sono ancora in produzione nel nostro
laboratorio, a cui si aggiungono costantemente nuove
proposte.
Siete quattro fratelli, ognuno di voi ricopre un ruolo
particolare nell’azienda?
I quattro fratelli sono ormai giunti all’età della pensione, ma
con grande dedizione trasmettono i loro saperi e la grande
passione ai successori, i giovani fratelli Paolo e Gabriele
Levaggi che proseguono la tradizione di famiglia con
immutato entusiasmo.
Cosa rispondereste a chi dice che l’artigianato è una forma
d’arte in via di estinzione?
Risponderei che questo era vero fino a poco tempo fa, ma ora
Avete dato vita a nuovi progetti per tenere la sedia
chiavarina al passo con i tempi e quindi con la moda?
Recentemente abbiamo voluto misurare la nostra realtà con
quella di un giovane designer chiavarese, Davide Conti. Ne è
nato un progetto di grande impatto, “Chiavarina Supercolor”
che restituisce la sedia della tradizione chiavarese sotto
una veste inedita e affascinante: un trionfo di colori
sapientemente accostati da Conti, capaci di donare alle
sedia un’aria di freschezza e contemporaneità inaspettata. È
stato un autentico successo che dimostra ancora una volta
l’importanza del matrimonio tra tecnica e creatività ◆
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M AGA ZINE
Creatività, riuso, design
pouf fatto da un cilindro in legno e cartone ed è disponibile
nelle versioni Flat, Deluxe e Street.
u.Fo. Un lampadario tutt’altro che piatto
Voi, probabilmente, i piatti spaiati li gettate via senza
rimorso. Luca, invece, li utilizza per progettare una linea
di lampadari davvero originale: u.Fo. Nessun disco volante
(semmai qualche piatto): u.fo significa “Unico Foro”, in
Conosciamo meglio Luca Scarpellini
e la sua useDesign
di Valentina Falcinelli
D
Dolby
D
a poco ho buttato una caffettiera
vecchia. Se Luca Scarpellini, giovane
e talentuoso designer, mi avesse vista,
probabilmente mi avrebbe guardata come fossi un alieno. Sì,
perché Luca è un mago nel dar vita ai vecchi oggetti di uso
quotidiano. Lui una moka riesce a trasformarla in un originale
sistema audio per iPod. No, non sto scherzando.
Fondatore di useDesign, Scarpellini ha il talento di un
maestro e la fantasia di un fanciullo. Non guarda agli oggetti
per quello che sono, ma per quello che potrebbero diventare.
Così, uno sci si trasforma in attaccapanni, un telefono oldstyle in orologio, un asciugacapelli in una lampada da
tavolo. Gli oggetti del nostro passato perdono il loro uso
madre e ne acquistano uno nuovo, rimodellati e reinventati
completamente dalle abili mani di Luca.
Air Clock
Cleaner Light
riferimento al foro centrale che permette a piatti, scodelle
e ciotole di venir assemblati sotto forma di lampada a
sospensione.
La prossima volta che vi trovate di fronte a un oggetto
vecchio, fate così: pensateci due volte prima di buttarlo
via. Poi andate sul sito www.usedesign.it e guardate cosa
Scarpellini riuscirebbe a realizzarci ◆
KnobHanger
“Se solo gli oggetti potessero avere voce per raccontare…”
Quando gli chiedo: “Luca, ma cos’è useDesign?”, lui mi
risponde che “useDesign non è solo un marchio o un gioco
di parole”, ma la sua filosofia di vita. Una filosofia che pone
l’oggetto che da molti verrebbe abbandonato, gettato o
sepolto nel dimenticatoio al centro di una nuova vita.
Sul sito www.usedesign.it potrete vedere tutti i progetti
realizzati da Luca Scarpellini. Ma lasciate che vi parli degli
ultimi due: Colombina e u.fo.
Colombina. Il pouf comodo ed ecologico
Sempre nell’ottica del riuso, Luca ha utilizzato stoffe di
recupero e materiali riciclabili per realizzare un pouf un
“sacco bello”. Si chiama Colombina ed è una seduta giovane,
divertente e - lasciatelo dire da una che l’ha provata! comodissima. Colombina si compone di cuscini e corpo
943X2410
Collettiva
Il gia rd ino
d ’inverno
a cura di Cafelab - Emanuela Carratoni e Fabio Cipriano
A
A
rrivano i primi freddi e purtroppo ci
costringono a rinunciare a vivere gli
spazi aperti; è l’ora di abbandonare,
seppur temporaneamente, balconi terrazzi e giardini e di
rifugiarsi al chiuso. Ma come fare per non perdere del tutto il
contatto con la natura?
L’importante è riuscire a ricavare uno spazio intermedio
e di collegamento tra l’interno e l’esterno che permetta di
continuare a godere del verde e della luce: verande, balconi
chiusi, logge, portici... qualsiasi spazio “ibrido” della casa
può diventare un giardino d’inverno, dove rifugiarsi a leggere
un buon libro o a gustare una tazza di tè!
Il Winter garden o giardino d’inverno trova la sua origine nei
paesi del nord europa, dove la bella stagione dura veramente
poco; in Italia la tradizione ci ha tramandato orangerie e
limonaie, per far prosperare anche in inverno le piante di
agrumi così tipiche del nostro clima.
Kartell - Sedia Louis Ghost by Philippe Starck
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M AGA ZINE
Conservatory modello Paddington di Unopiù
Orchidee. Senza dimenticare cactacee e succulente nonché
agrumi e ulivi.
Grandi vasi in ceramica o nelle più moderne resine potranno
portare un tocco di colore, ma sarà interessante inserire
anche soluzioni appese, con piante che cadono verso il
basso, come ad esempio le Felci, per simulare un’atmosfera
da foresta tropicale. Insomma, il clima avverso a chi ha il
pollice verde non fa davvero più paura! ◆
Kubo - Corradi
Tavolo Bordeaux e sedie Le Havre di Greenwood
Caratteristica del Giardino d’inverno, vera e propria espansione
degli spazi chiusi della casa nonchè collegamento tra l’indoor e
l’outdoor, sarà la massima esposizione alla luce solare. Grandi
vetrate scorrevoli, in acciaio o alluminio, dal profilo minimale,
apribili completamente dove necessario, sono da ritenersi una
valida soluzione per creare questo tipo di spazi ibridi.
Una volta creato l’involucro, sarà importante arredarlo in
modo da garantire un confort paragonabile a quello di un
interno; le proposte infinite del mercato permettono che lo
stile guida sia influenzato dalle preferenze dei padroni di casa.
Sarà necessario inserire delle sedute, preferibilmente in
materiale resistente all’umidità, dove potersi sedere e
conversare o leggere, un tavolo con sedie dove gli spazi lo
consentono, in legno di teak resistente all’acqua o in metallo,
in stile retrò, e per finire un’illuminazione adeguata, fissa,
con luce orientata o sospensioni, o mobile, con piantane da
esterni di grande impatto visivo.
Per quanto riguarda il verde da inserire, bisogna tener conto
che, se non è presente alcun tipo i riscaldamento e ci si
affida soltanto all’irraggiamento solare, la temperatura di
questi spazi particolari rimane sui 4-5 gradi centigradi sopra
quella esterna: in questo caso andranno bene piante come il
gelsomino, il bambù e alcune varietà di palme.
Se invece è presente un sistema di riscaldamento e si riesce
ad ottenere una temperatura simile a quella indoor, la scelta
può tranquillamente ricadere tra quelle piante che di solito
vengono scelte per essere tenute in appartamento.
Quindi piante verdi come Ficus Benjamin, Zebra Plant,
Dracaena, Calathea (Prayer Plant), Sanseveria o Zamioculcas
o piante con fioritura come Spathiphyllum, Anthurium o
design
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A FORMEX i nuovi paesaggi
domestici scandinavi
di Vittoria di Venosa
Nova 2012 - 1° premio set calici by Mari Isopahkala
È
È
il principale salone di design per la casa
e punto di riferimento per le tendenze
dell’interior design e i complementi d’arredo
prodotti prevalentemente nei paesi scandinavi: l’edizione
Formex Autumn 2012, dal 16 al 19 agosto a Stoccolma,
ha attirato come ogni anno molti operatori del settore
confermandosi
come
trendspotting
internazionale.
Organizzato due volte all’anno da Stockholmsmässan
l’edizione autunnale ha proposto arredi e complementi per
l’habitat moderno che hanno abbracciato sia le tradizioni
culturali scandinave sia nuovi motivi e abbinamenti cromatici
di altre culture: in pratica un’offerta di prodotti dal design
leggero come una betulla abbinato a decori, fantasie e colori
di paesi anche lontani.
Tutto questo si è visto soprattutto a Formex Trend Zone dove il
team Coco Form ha interpreto quattro tendenze internazionali tra
cui il design nordico in omaggio a Helsinki, Capitale del Design
2012. Il Nordic Design si è poi espresso attraverso il Design
Students Selected by Formex dove giovani designer appena
laureati hanno presentato le loro proposte particolarmente
innovative, come le ironiche sedute di Maja Svensdotter che
Design Studio Selected Decayed Vases
Krone Hanssen - Lyng sofa by Elin Louise Sveen
ha rivestito le sue sedie con tessuti di chiara influenza africana,
mentre la designer norvegese Jomi Evers Solheim ha proposto
Decayed Vases, una serie di vasi che sembrano dissolversi
nello spazio realizzati in porcellana bianca e dichiaratamente
influenzati dalla filosofia Wabi-sabi che abbraccia l’imperfetto,
l’incompiuto e l’incompleto. Uno studio presentato dalla
designer nell’ambito del suo esame di laurea e che ora sviluppa
in limited edition presso l’Artist’s Collective Workshop, centro di
ricerca con sede in Stoccolma.
A Formex molte le proposte di arredi e complementi
dal design decisamente scandinavo. Ecco ad esempio le
innovative Red Chair, sedute in metallo verniciate di rosso
acceso presentate da Gallery Pascale e prodotte in edizione
limitata per i musei di design di Stoccolma, Oslo e Gôteborg
o le più romantiche Idyll chair disegnate da Johan Lindstén
realizzate in legno con lo schienale ‘illustrato’ con decori che
riprendono antiche atmosfere svedesi.
Da Krone Hanssen la collezione ygg&lyng presentava una
serie di divani modulari ampi e avvolgenti ideali per il living
abbinati a piccoli pouff in betulla e radica, complementi che
rendono la casa più calda e accogliente.
Nell’allegro stand di Sagaform la serie ‘taste’ invece offriva
oggetti per una cucina vivace e colorata mentre da Rosenthal,
la nota azienda tedesca di prodotti per la cultura della tavola,
il raffinato set per coffee e tea in pura porcellana bianca Suomi
esprimeva un puro piacere visivo e tattile. Più giovanile e
allegra la serie di piatti decorati a mano di Sophia Wallgren
che invitano a godere di momenti gioiosi attorno alla tavola.
Sempre per l’arte della tavola ecco il tocco moderno di Klässbols
una serie di tovaglie e accessori per la cucina in lino dai disegni
essenziali come la collezione Herr Ask pensata dalla designer
Margot Barolo: dal cognome si intuisce la sua lontana origine
italiana che poi trasferisce appunto, nei suoi stilizzati decori.
Anche la città di Stoccolma, una delle capitali più affascinanti
del mondo, viene coinvolta nelle giornate di Formex con
l’apertura di alcuni showroom di design e di nuovi musei.
Ad esempio ecco il rinnovato flagshipstore Design House
Stockholm che propone arredi di esclusivo design tra cui la
lampada da sospensione Solis pensata dal designer italiano
Carmine Deganello, di grande impatto scenografico che
evoca un senso di leggerezza.
Da Linum, invece, accurato showroom ospitato in un
elegante edificio, si è sommersi da una vasta gamma di
collezioni in puro lino: tovaglie, set per bagno e cucina,
abbinamenti con tende e coperte, morbidi piumoni.
design
Trio by Maja Svendotter
Il lusso
d iscreto d i MarinaC
Hom e Couture Ital iana
Rosenthal Finnland Suomi set
Tutti presentati nella collezione Cool Mix contrassegnata
dai colori floreali che spaziano dal blu oceano al verde
bottiglia, dal giallo dorato al caldo rosso acceso. Una vera
tentazione all’acquisto!
Formex ha poi scelto PUB, il primo e più importante
department store di arredamento di Stoccolma inaugurato
nel 1882 e ospitato nello storico edificio di Hötorget, per
presentare il concorso ‘Nova 2012 - The Scandinavian
designer of the year’, che ha visto premiata Mari Isopahkala,
giovane designer finlandese dal nome difficilissimo da
pronunciare e da scrivere e fragile come la sua premiata
collezione di calici in cristallo.
Da non perdere infine l’ultima novità in città: il nuovissimo
museo Spritmuseum inaugurato lo scorso maggio ricavato da
una antica distilleria. Completamente rinnovato il museo ospita
la mostra ‘The Absolute Art Collection’ che include diversi
capolavori tra cui la classica bottiglia disegnata da Andy Warhol.
Assolutamente da vedere a Stoccolma nell’ambito della
prossima edizione di Formex Spring che si svolgerà dal 17 al
20 gennaio 2013 ◆
www.formex.com - www.designhousestockholm.com
www.linum.se - www.spritmuseum.se
Sophia Wallgren Keramik
MarinaC sta per Marina Colombo, giovane imprenditrice milanese che
ha recentemente aperto un elegante showroom in una delle vie più
centrali di Milano dove riceve, solo su appuntamento, i clienti per
proporre le sue esclusive collezioni.
Lo showroom si sviluppa su due piani in un bel palazzo d’epoca di
via Moscova dove già dalle vetrine espositive su strada si intuisce la
filosofia di MarinaC - Home Couture Italiana. In una atmosfera ricca
di charme ma volutamente informale vengono proposti tessuti di
altissima qualità quali il cotone, il raso di cotone, il lino, l'esclusivo lino
cotto (un'interpretazione di quello ‘stropicciato’), la spugna e i velluti
dagli intriganti abbinamenti, anche arricchiti da monogrammi ad hoc.
Ecco quindi le tovaglie, set americani, runner e tovaglioli realizzati in
cotone, lino e lino cotto, abbinati anche al delicato e romantico pizzo
sangallo, ideali sia per le tavole più formali che per quelle al mare, in
campagna o in barca, in una miriade di colori e combinazioni. E ancora
copripiumini, copriletti, lenzuola, federe, cuscini: il letto declinato in
vari mix di tessuti - ancora cotone, lino, lino cotto e boutis - completato
da morbidi e caldi plaid in alpaca o lana merino. E poi teli da bagno,
lavette e tappetini realizzati in lino o in morbida spugna di cotone
altamente assorbente con bordi in lino o cotone coordinabili. Ulteriore
tocco di unicità viene dato dagli esclusivi monogrammi ricamati in
varie dimensioni ideali per un regalo raffinato. Da sottolineare la
possibilità di realizzare anche significativi progetti di arredamento su
misura per yacht e boutique hotel ◆
www.marinac.it
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Il d esign per m il le e una notte
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SCIntIllantI e prezIoSI, arredI, ComplementI e bIJou
penSatI per I GIornI dI feSta aCCendono la fantaSIa
deI faShIon deSIGner Che proponGono oGGettI
e Cadeau per farCI SoGnare
di Vittoria di Venosa
C
C
Rosenthal incontra Versace - Bright Christmas
on il solstizio d’inverno (21 dicembre 2012) si
entra ufficialmente nella stagione più attesa:
gli appuntamenti più glamour, il piacere
dello shopping, le partenze per lidi lontani e distese di neve.
Tutto contribuisce a sollecitare l’acquisto di qualcosa di
veramente unico, esclusivo che riflette il nostro ‘attimo
fuggente’ compulsivo, per avere qualcosa che dovrà
segnare per sempre un momento speciale, che si tratti di un
importante regalo o di un piccolo bijou.
Un carrellata di proposte che partono dallo splendido servizio
Bright Christmas della collezione ‘Rosenthal incontra
Versace’ caratterizzato da motivi geometrici in
bianco e oro su sfondo rosso intrecciato al
motivo iconico greco, simbolo espressivo
della famosa casa di alta moda.
Scintillante anche la proposta di Christofle
che quest’anno propone per Art de Vivre, la
linea di candelabri e vassoi Transatlantique,
in omaggio al periodo d’oro dei viaggi
sulle navi a vapore quando monsieur
Christofle attraversò per la prima
volta l’Atlantico a bordo sul
mitico Normandie. Il tema
chiave invece dei bijou di
Christofle è scolpire in
tutte le sfaccettature la
fluidità delle forme come
le
Gouttes
disegnate
dalla fashion designer
Peggy Huyn Kinh, che
richiamano il rivisitato
stile Art Nouveau. Piccole
gocce che illuminano il
viso con discreta eleganza.
Sempre per il living ecco i
versatili servizi di Baccarat che
riprendono lo stile sfavillante del
cristallo. Come non innamorarsi dello
zoo creato per la Maison nel 2011 da Jaime
Hayon, tre piccoli animali: un cucciolo d’orso, una scimmietta
WGnewtrend Lord bufalo
Wedgwood set luxury
e un’anatrella in cristallo e porcellana cromata, rivisitati con
semplicità e leggerezza. I vasi e i bicchieri Variation creati
da Patricia Urquiola, disponibili anche con la base laccata
in verde acido, sembrano invece delle vere piccole sculture
componibili per sorseggiare dei cru d’annata.
Anche la collezione di flûtes Fiocchi di Neve in delicato
cristallo proposta da Waterford Crystal richiama il sofisticato
glamour dei brindisi di fine anno soprattutto se la cena placée
viene offerta su pregiati piatti di porcellana di Wedgwood
e illuminata dalla Luce Volante di Ingo Maurer, un’eterea
lampada sospesa sulla tavola che vibra nell’aria.
Per incontri più intimi, invece, perché non regalarsi momenti
intensi sorseggiando il caffè nelle nuove tazzine in versione
glossy di Mix&Match dall’effetto lucido e preziosa finitura in
filo platino di Heriette by Marino Cristal?
Waterford Crystal
Baccarat - Zoo by Jaime Hayon
Heriette by Marino Cristal Mix&Match
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Sicis Next Art divano Symphonie
Christofle Transatlantique
Il tutto sprofondati nell’accogliente divano Longchamp
Glamour di Fendi Home, vero capolavoro di artigianalità e
tradizione reinterpretato in forma moderna.
Per sentirsi unici ecco invece i divani più intriganti e
affascinanti dagli schienali artistici e estremi proposti da Sicis
per la collezione Next Art disegnata da Carla Tolomeo. Sia
Madame Butterfly - dove il mosaico entra nella struttura e
nella tappezzeria con una decorazione sofisticata ad ali di
farfalla - sia Symphonie, dallo schienale a grandi rose dal
colore acceso, sono stati prodotti in edizione limitata di 200
pezzi. In elegante velluto di seta blu con più inserti di mosaico
artistico posato a mano dalla sapiente lavorazione dei maestri
mosaicisti ravennati di Sicis: un regalo davvero esclusivo!
Per alternativi metropolitani ecco il trionfo di disarticolate
morbidezze di Sfatto l’avvolgente poltroncina disegnata
da Francesco Binfarè per Edra che si propone con un’aria
elegantemente usata (sfatta?) come se portasse i segni delle
passioni che si sono svolte intorno ad essa …
E sempre per urbani metropolitani il divano-isola Pillow Case
disegnato da Italo Rota e Alessandro Pedretti per Meritalia,
accoglie come naufraghi gli esausti globetrotter che si sono
trascinati da una festa all’altra di questa sfavillante stagione.
In pratica un divano per uno pensato per due! ◆
Fendi Home Longchamp Glamour
design
Meritalia - Pillow Case by Italo Rota e Alessandro Pedretti
Edra, poltrona Sfatto by Francesco Binfarè
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