L`OSSERVATORE ROMANO

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L`OSSERVATORE ROMANO
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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVI n. 95 (47.230)
Città del Vaticano
mercoledì 27 aprile 2016
.
Messaggio di Papa Francesco
Almeno sessanta civili uccisi nella città siriana
È l’ora dei laici
Aleppo
sotto le bombe
Ma sembra che l’orologio si sia fermato
Nella vita dei popoli latinoamericani
«è l’ora dei laici», ma «sembra che
l’orologio si sia fermato»: lo scrive
Papa Francesco al cardinale Marc
Ouellet in una lettera che raccoglie e
approfondisce le riflessioni scaturite
dalla plenaria della Pontificia commissione per l’America latina, presieduta dal porporato lo scorso marzo
sul tema dell’«impegno dei laici nella vita pubblica». Tema che per il
Pontefice esige dai pastori la capacità di «servire meglio il santo popolo
fedele di Dio», evitando il rischio di
teorizzazioni racchiuse appunto in
«belle frasi che non riescono a sostenere la vita delle nostre comunità».
«Guardare al popolo di Dio è ricordare che tutti facciamo il nostro
ingresso nella Chiesa come laici» afferma il Papa rammentando che
«nessuno è stato battezzato prete né
vescovo». Da ciò deriva che la Chiesa non può essere considerata «una
élite dei sacerdoti, dei consacrati, dei
vescovi»: deformazione che secondo
Francesco alimenta la tentazione del
«clericalismo» e provoca il soffocamento di quel «fuoco profetico di
cui l’intera Chiesa è chiamata a rendere testimonianza».
Il Pontefice rileva che in America
latina la «pastorale popolare» ha
rappresentato «uno dei pochi spazi
in cui il popolo di Dio è stato libero
dall’influenza del clericalismo». Ed
evidenzia che «la fede del nostro popolo, i suoi orientamenti, ricerche,
desideri, aneliti, finiscono col mani-
Giovani messicani durante l’incontro con il Papa lo scorso 16 febbraio
festarci una genuina presenza dello
Spirito». In questo senso va incoraggiata la presenza dei laici nella vita
pubblica: questo «significa — ribadisce il Papa — impegnarci in mezzo al
nostro popolo e, con il nostro popolo, sostenere la fede e la sua speranza». Con la consapevolezza che il
laico impegnato non è solo quello
che lavora «in cose dei preti» ma è
anche a pieno titolo «il credente che
molte volte brucia la sua speranza
nella lotta quotidiana per vivere la
fede».
«È illogico e persino impossibile
— afferma Francesco — pensare che
noi come pastori dovremmo avere il
monopolio delle soluzioni per le
molteplici sfide che la vita contemporanea ci presenta. Al contrario,
dobbiamo stare dalla parte della nostra gente, accompagnandola nelle
sue ricerche e stimolando quell’immaginazione capace di rispondere
alla problematica attuale».
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Obama e i leader europei pronti a intervenire se ci sarà una richiesta formale del Governo
Sostegno unanime alla Libia
TRIPOLI, 26. Stati Uniti, Germania,
Gran Bretagna, Francia e Italia sono
pronti a sostenere la Libia nella lotta
al terrorismo ma solo se ci sarà la richiesta formale da parte del Governo locale. Il premier libico Al Sarraj
si è rivolto alle Nazioni Unite,
all’Europa e ai Paesi africani confinanti per proteggere le risorse petrolifere da possibili attacchi dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is).
«Aiutateci a difendere i pozzi di petrolio» ha detto Al Sarraj. La Francia, che a inizio aprile aveva escluso
l’invio di truppe o raid aerei in Libia, oggi si dice invece «pronta a garantirne la sicurezza marittima».
Dobbiamo — ha dichiarato il ministro della Difesa francese, Jean-Yves
Le Drian — «attendere che il premier Al Sarraj ci dica quali misure
di sicurezza intenda adottare e quali
sollecitazioni conta di fare alla comunità internazionale per assicurare
la sicurezza marittima della Libia.
Noi siamo pronti».
In Italia, nel frattempo, tanto Palazzo Chigi quanto lo Stato maggio-
Il 26 aprile 1986 il peggiore disastro nucleare della storia
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Chernobyl trent’anni dopo
In un centro di riabilitazione fisica a Minsk i bambini provenienti dall’area del disastro
indicano sulla mappa i loro villaggi (Reuters)
PAGINA 2
re della Difesa hanno dovuto sottolineare l’infondatezza della notizia secondo cui il Governo avrebbe offerto alla Libia l’invio di 900 soldati
con funzioni di protezione di siti
sensibili, come i pozzi petroliferi, e
di addestramento dell’esercito locale,
come sostenuto da alcuni organi di
informazione. Fonti della Difesa, invece, confermano l’esistenza di un
piano già predisposto per una spedizione di circa 250 uomini, tra Esercito e Carabinieri, a protezione delle
sedi diplomatiche e delle organizzazioni internazionali. In ogni caso,
per il Governo italiano «la Libia è il
dossier che ci riguarda più da vicino,
c’è un cambio di disponibilità a livello internazionale, c’è piena disponibilità e pieno sostegno al Governo
di Al Sarraj» ha detto ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi.
Precisando poi che «ogni iniziativa
in Libia dovrà essere espressamente
richiesta dal Governo».
Sulla stessa linea la Casa Bianca,
che in un comunicato ha sottolineato la forte necessità di fornire sostegno al popolo libico, ma anche che
l’aiuto potrà essere dato solo su richiesta delle autorità locali. L’aiuto
sarà finalizzato a combattere l’Is e a
colpire «l’impatto destabilizzante
delle reti di contrabbando criminali»
con la crescita dell’economia libica e
la costruzione di «capacità nel settore della sicurezza».
Senza dubbio, la questione libica
interessa da vicino soprattutto l’Europa, conscia del fatto che un aumento del caos nel Paese africano
potrebbe generare un notevole incremento del flusso di arrivi di migranti
nel Canale di Sicilia in primavera e
in estate. Il vero problema — sottolineano gli analisti — è la sostanziale
fragilità dell’Esecutivo di Al Sarraj,
nato da accordi mediati dalle Nazioni Unite, che però non ha ancora ricevuto il sostegno formale di quella
importante parte del Paese che fa capo al Parlamento di Tobruk, in Cirenaica, soprattutto per l’opposizione
del suo “uomo forte”, il generale
Khalifa Haftar. Questi, forte del sostegno egiziano, sta organizzando
una massiccia offensiva contro l’Is a
Sirte. Per circa due anni la Libia è
stata divisa in due entità separate:
un’amministrazione sostenuta da
gruppi islamisti e insediata nella capitale Tripoli, e il Parlamento di Tobruk, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale.
Lo stallo politico è visto con
preoccupazione dalla comunità internazionale e dall’Onu, che con il
suo inviato speciale Martin Kobler
ha sollecitato più volte Tobruk a dare la fiducia al Governo di unità nazionale entro dieci giorni. Senza un
Esecutivo con il pieno controllo del
territorio, ogni ipotesi di intervento
militare è considerata prematura nelle cancellerie occidentali. Questo anche se — stando a fonti di stampa —
Londra avrebbe già inviato nel Paese
un commando delle forze speciali.
DAMASCO, 26. Non si fermano i
combattimenti in Siria, nonostante
la tregua decisa da Stati Uniti e
Russia. Ieri sessanta civili, tra i
quali sette bambini, sono morti nei
bombardamenti che hanno colpito
la città di Aleppo, nel nord della
Siria, da mesi sotto il fuoco incrociato delle truppe governative e dei
jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is). Secondo fonti dei ribelli,
citate dalle agenzie internazionali, i
bombardamenti hanno colpito diverse aree della città, in particolare
quelle ritenute sotto il controllo dei
jihadisti.
Stando ai dati diffusi, dei quali
tuttavia non è stato possibile avere
un riscontro indipendente, 45 persone sono morte nei bombardamenti effettuati da aerei ed elicotteri sui quartieri orientali. Altre quindici sono state uccise da mortai,
razzi e cilindri esplosivi. Decine di
altri civili sono rimasti feriti in diversi settori della città.
Ma la violenza non riguarda soltanto il nord. Anche nell’area della
capitale Damasco si registra un’intensificazione degli scontri. Sono
almeno quindici le persone rimaste
uccise e oltre ottanta quelle ferite,
ieri, a causa dell’esplosione di
un’autobomba vicino a un santuario sciita, alle periferia meridionale
della città. Il quartiere colpito è
quello di Sayeda Zeinab. Le forze
di sicurezza e i soccorsi hanno immediatamente circondato la zona
dell’attacco, di cui non c’è stata ancora rivendicazione.
Nel frattempo, a complicare il
quadro negli ultimi giorni ci sono
state nuove operazioni dell’esercito
turco per colpire i miliziani del
Partito dei lavoratori del Kurdistan
(Pkk) in Siria e soprattutto in Iraq.
«Abbiamo sempre detto che la
questione può essere risolta solo attraverso negoziati con la Turchia e
continuiamo a dirlo» ha spiegato il
leader del Pkk Cemil Bayik, in
un’intervista alla Bbc dal suo rifugio nelle montagne di Qandil, nel
nord dell’Iraq. «Ma se, invece dei
negoziati, pensano che i curdi si
arrenderanno, ebbene questo non
avverrà mai». In tal senso — ha aggiunto il leader del Pkk — «azioni
contro i soldati possono essere
compiute, non le condanniamo. È
una guerra e anche loro combattono. Condanniamo gli attacchi contro i civili». Bayik ha inoltre rivelato che «ci sono stati contatti diretti
tra il Pkk ed esponenti americani e
della Coalizione impegnati nella
lotta all’Is, contro cui combattono
anche le forze curde in Siria e
Iraq». L’intervista di Cemil Bayik
ha suscitato la forte irritazione di
Ankara. «Non è giornalismo, ma
tentativi di propaganda per un’organizzazione terroristica» ha detto
il portavoce del presidente Recep
Tayyip Erdoğan.
A Ginevra, nel frattempo, proseguono i negoziati tra esponenti del
Governo siriano e l’opposizione.
Nelle ultime ore sembra si sia aperto qualche spiraglio: l’opposizione
avrebbe accettato di portare avanti
le trattative indirette, aprendo
all’ipotesi di un futuro Esecutivo di
transizione che includa anche
membri dell’attuale Governo, dunque legati al presidente Assad. Una
scelta importante, che ora potrebbe
aprire la strada verso un salto di
qualità del negoziato. Questo mentre Washington si prepara a inviare
nuovi militari sul terreno: ieri il
presidente Barack Obama ha annunciato un rafforzamento della
presenza in Siria con 250 soldati —
sono già presenti nel Paese cinquanta membri delle forze speciali
— per combattere l’avanzata dell’Is.
In tal modo — ha fatto sapere la
Casa Bianca — Obama intende soprattutto sostenere la cessazione
delle ostilità in atto. «Il presidente
ha autorizzato una serie di misure
per rafforzare il sostegno ai nostri
partner nella regione, tra cui le forze di sicurezza irachene e le forze
siriane locali, che lottano contro
l’Is» ha detto un alto funzionario
americano. Obama tuttavia ritiene
che l’unica vera soluzione della
guerra siriana sia il negoziato e che
quindi l’opzione militare resta comunque non contemplata.
«Amoris laetitia»
Nelle situazioni
difficili
REINHARD MARX
A PAGINA
7
NOSTRE INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha nominato
Nunzio Apostolico in Bahrein e
negli Emirati Arabi Uniti Sua
Eccellenza Monsignor Francisco
Montecillo Padilla, Arcivescovo
titolare di Nebbio, Nunzio Apostolico in Kuwait e Delegato
Apostolico nella Penisola Arabica.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
dell’Arcidiocesi Metropolitana
di San Cristóbal de La Habana
(Cuba), presentata dall’Eminentissimo Cardinale Jaime Lucas
Ortega y Alamino, in conformità al canone 401 § 1 del Codice
di Diritto Canonico.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
dell’Arcidiocesi Metropolitana
di Hermosillo (Messico), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Ulises Macías Salcedo, in
conformità al canone 401 § 1 del
Codice di Diritto Canonico.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia all’ufficio di Ausiliare
dell’Arcidiocesi di San Cristóbal
de La Habana (Cuba), presentata da Sua Eccellenza Monsignor
Alfredo Víctor Petit Vergel, Vescovo titolare di Buslacena, in
conformità ai canoni 411 e 401 §
1 del Codice di Diritto Canonico.
Provviste di Chiese
Il Santo Padre ha nominato
Arcivescovo Metropolita di San
Cristóbal de La Habana (Cuba)
Sua Eccellenza Monsignor Juan
de la Caridad García Rodríguez, finora Arcivescovo di Camagüey.
Il Santo Padre ha nominato
Arcivescovo Metropolita di Her-
mosillo (Messico) Sua Eccellenza Monsignor Ruy Rendón
Leal, finora Vescovo di Matamoros.
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Springfield – Cape
Girardeau (Stati Uniti d’America) Sua Eccellenza Monsignor
Edward M. Rice, finora Vescovo
titolare di Sufes ed Ausiliare
dell’Arcidiocesi di Saint Louis.
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Palencia (Spagna) il
Reverendo Manuel Herrero Fernández, O.S.A., finora Vicario
Generale della Diocesi di Santander.
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Mzuzu (Malawi) il
Reverendo Padre John Alphonsus Ryan, Missionario della
Saint Patrick’s Society (Kiltegan), Docente all’Università di
Mzuzu.
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mercoledì 27 aprile 2016
Sempre più polizia ai confini dell’Austria
Ancora sbarchi in Italia
Obama apre a un intervento della Nato contro gli scafisti
BRUXELLES, 26. Impegno della Nato
nel Mediterraneo contro gli scafisti.
Se ne parla da tempo e ora l’Europa
ha l’appoggio del presidente degli
Stati Uniti.
Non si tratta di decisioni operative ma di uno scambio di opinioni
Ripresi i negoziati
sui commerci
tra Ue
e Stati Uniti
NEW YORK, 26. Ripresi i negoziati per il Trattato transatlantico di
libero scambio commerciale tra
Stati Uniti e Europa, che insieme
rappresentano il 46 per cento del
prodotto interno lordo (pil) mondiale. Si tratta del tredicesimo
round, che si svolge a New York,
di un processo iniziato a luglio
2013 per riscrivere le regole di un
commercio che rappresenta il 30
per cento degli scambi mondiali
ed è quantificabile in almeno 700
miliardi l'anno. Si tratta di assicurare accesso a mercati ancora
chiusi, ma anche di dar vita a una
cooperazione regolamentare che
annullerebbe i costi dovuti alle
differenze tra normative.
Precisamente si chiama Transatlantic Trade and Investment Partnership, è noto con la sigla Ttip.
Alla vigilia della ripresa del negoziato, il presidente degli Stati
Uniti, Barack Obama, nella sua
visita in Germania, ha usato parole di ottimismo sperando in una
chiusura entro la fine dell’anno.
Bisogna considerare che l’analogo
accordo firmato da Washington
con i Paesi del Pacifico, dalla sigla Ttip, aspetta ancora la ratifica
del Congresso.
Sull’altro fronte, risultano più
cauti i leader europei, di Germania, Francia, Italia, che Obama
ha incontrato ad Hannover. In
particolare, Parigi e Berlino parlano di intransigenza americana nel
negoziare. Il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi,
spiega che «l’Italia spinge per la
chiusura del negoziato ma nel rispetto di tante specificità».
Secondo studi di settore, l’accordo dovrebbe far crescere il pil
europeo dello 0,5 per cento l’anno, dando vita alla maggiore area
unitaria commerciale del pianeta
con 800 milioni di consumatori.
Tra le questioni in discussione, ci
sono gli investimenti. Per tutelare
gli investitori da decisioni nazionali che possano metterli in pericolo e allo stesso tempo tutelare i
Governi dalle pressioni delle multinazionali, la Commissione Ue
ha proposto, invece dell’attuale
sistema di arbitrati bilaterali, una
sorta di tribunale arbitrale per dirimere le controversie.
In tema di prodotti, c’è la
preoccupazione che negli Stati
Uniti non vengano tutelati come
in Europa i prodotti di origine
controllata. C’è poi il settore
dell’energia. Bruxelles vuole includere un capitolo per poter partecipare al mercato americano dove guarda allo “shale gas”. Washington considera il settore strategico per la sicurezza e quindi
chiuso alle imprese non statunitensi. Guardando ai cittadini europei, preoccupa il rischio di abbassamento degli standard, più
alti che oltreoceano, nei settori
sociali, sanitari, ambientali.
Bisogna dire che il Trattato
commerciale non è solo questione
di business, ma anche di geopolitica. Si riscriverebbero regole e
standard validi, in qualche modo,
anche per il resto del mondo.
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avvenuto ad Hannover, in Germania, con la cancelliera tedesca e i leader di Francia, Italia, Gran Bretagna.
In tema di migrazioni, l’attenzione torna al Mediterraneo. Non si
fermano gli arrivi. È sbarcata nel
porto di Reggio Calabria la nave
Spica della Marina Militare con a
bordo 243 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia, 184 uomini, 59 donne
e 46 minori non accompagnati, tutti
provenienti dall’Africa. In particolare da Burkina Faso, Gambia, Ghana,
Nuova Guinea, Libia, Mali, Nigeria,
Senegal e Sudan.
C’è da dire che, anche se il numero delle persone che attraversano
l’Egeo si è significativamente ridotto
dall’avvio del patto tra Unione europea e Turchia il 20 marzo, la Guardia costiera greca ha comunque soccorso nell’ultima settimana 304 migranti e rifugiati in 8 diverse operazioni.
Inoltre, non mancano preoccupazioni su altri fronti.
L’Austria rafforza i controlli alla
frontiera con l’Ungheria e si prepara
a ripristinare il confine al Brennero,
con l’Italia.
La polizia austriaca ha cominciato
a controllare i veicoli ai principali
punti di accesso dall’Ungheria, spiegando che i controlli servono a impedire ingressi illegali da altri Paesi
europei. E pattuglie di militari sono
state schierate a sorvegliare tratti
della frontiera.
Sul fronte del Brennero, per mercoledì 27 è stata organizzata una
conferenza stampa al valico per illustrare «il management di controllo
del confine» con l’Italia.
Da parte sua, il presidente del
Consiglio italiano, Renzi, è tornato a
sottolineare che non c’è alcun elemento che giustifichi la chiusura del
Brennero, per poi affermare che «le
autorità austriache non potranno che
rispettare la normativa Ue». Se così
non fosse, sarà Bruxelles a prendere
le decisioni conseguenti. Ma per ora
Bruxelles non ha risposte alla lettera
inviata dalle autorità italiane, due
settimane fa, per chiedere ufficialmente «con estrema urgenza, la verifica della compatibilità» delle misure
austriache con le regole del Codice
Schengen.
L’Austria ha appena registrato il
trionfo dell’estrema destra al primo
turno delle presidenziali. Il candidato del Partito della Libertà di stampo nettamente anti migranti, Norbert Hofer, ha conquistato oltre il 36
per cento dei voti. Nel ballottaggio
del 22 maggio affronterà l’ecologista
Alexander van der Bellen, mentre i
candidati di socialisti e popolari sono rimasti fuori.
Di populisti e anti europeisti ha
parlato Obama, proprio nella sua visita nel vecchio continente, definendole «voci sempre più forti» di
«scettici» che dicono che l’Europa
sia destinata a fallire. Ha speso parole sul senso dell’Europa unita citando Adenauer, uno dei padri del
progetto europeo, sostenuto da Washington sul nascere. Ha sottolineato
che «il mondo ha bisogno di un’Europa forte, benestante e unita», per
l’ordine globale e la sicurezza internazionale.
Obama ha ribadito che i muri non
servono.
Migranti appena sbarcati nel porto di Pozzallo (Reuters)
Resta precaria
la situazione
nell’est ucraino
Il 26 aprile 1986 il peggiore disastro nucleare della storia
Chernobyl trent’anni dopo
KIEV. 26. Il mondo ricorda oggi il
disastro di Chernobyl (Ucraina settentrionale, territorio che all’epoca
faceva parte dell’Urss), peggiore incidente nucleare in assoluto, che uccise migliaia di persone e che ha indotto a un ripensamento globale circa l’opportunità di affidarsi al combustibile atomico.
Il 26 aprile del 1986, il reattore
numero 4 dell’impianto esplose, bruciando ininterrottamente per dieci
giorni. Più di 200 tonnellate di uranio rimasero all’interno del fatiscente
rettore, che per giorni riversò nubi
radioattive su tre quarti d’Europa,
mentre le autorità sovietiche tentavano di nascondere la gravità dell’accaduto. È uno dei due incidenti classificati come catastrofici con il livello
7, il massimo della scala Ines
dell’Aiea, insieme al disastro del
marzo del 2011 nella centrale giapponese di Fukushima. Le cause della
sciagura di Chernobyl furono indicate in gravi mancanze da parte del
personale, sia tecnico che dirigente,
in problemi relativi alla struttura e
alla progettazione dell'impianto stesso e nella sua errata gestione economica ed amministrativa.
Nel corso di un test definito «di
sicurezza» (già eseguito senza problemi di sorta sul reattore numero
3), ricordano gli esperti, il personale
si rese responsabile della violazione
di svariate norme di sicurezza, portando a un brusco e incontrollato
aumento della potenza (e quindi
della temperatura) del nocciolo del
reattore numero 4: si determinò così
la scissione dell'acqua di refrigerazione in idrogeno e ossigeno a pressioni
così elevate da provocare la rottura
delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore.
Il contatto dell’idrogeno e della
grafite incandescente delle barre di
controllo con l'aria, innescò poi una
fortissima esplosione, che provocò lo
scoperchiamento del reattore che, a
sua volta, innescò un gigantesco incendio. Una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente
e rendendo necessario lo sgombero e
il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone.
Nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, la Finlandia
e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, toccando
anche l’Italia, la Francia, la Germa-
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
nia, la Svizzera, l’Austria e i Balcani,
fino a porzioni della costa orientale
del Nord America.
Persistenti timori di nuove perdite
dalla struttura in cemento armato
che copre i rifiuti tossici, hanno indotto a pensare di costruire una
nuova copertura per tenere al sicuro
il sito per almeno un altro secolo. I
Paesi donatori lunedì si sono impe-
Scarpe di bambini di una scuola a Pripyat, città evacuata subito dopo l’esplosione del 1986 (Epa)
Riaperta a Bruxelles
la stazione della metro di Maelbeek
BRUXELLES, 26. A poco più di un
mese dagli attentati, Bruxelles ha
riaperto tutte le stazioni della metropolitana, compresa quella di
Maelbeek, dove hanno trovato la
morte 16 delle 32 vittime della carneficina del 22 marzo scorso. La
ripresa della circolazione dei treni
è avvenuta gradualmente, per ragioni di sicurezza e anche psicologiche. La società che gestisce il
trasporto pubblico della capitale
ha ammesso una diminuzione del
numero dei passeggeri quotidiani,
nonostante la massiccia presenza
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caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
gnati a versare altri 87,5 milioni di
euro per la costruzione di un nuovo
impianto di stoccaggio, che dovrebbe consentire agli ucraini di vivere al
sicuro per ancora varie generazioni a
venire.
Nelle settimane successive alla tragedia furono trentuno i lavoratori
della centrale e i pompieri che rimasero uccisi dalle radiazioni. Ma il
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di polizia e soldati nelle stazioni e
il controllo delle entrate, ridotte di
numero e presidiate. Il Governo
belga ha garantito un ritorno alla
normalità nel medio termine anche
all’aeroporto di Zaventem, che al
momento resta di difficile accesso
con un perimetro di sicurezza molto ampio, all’interno del quale si
accede solo dopo il controllo dei
bagagli e dei biglietti, quindi senza accompagnatori. Solo da venerdì scorso è nuovamente possibile
arrivarci in treno.
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
KIEV, 26. Resta precaria, nonostante il cessate il fuoco, la situazione nella regione ucraina orientale del Donbass, dove nelle ultime ore l’Osce ha rilevato centinaia di esplosioni e di violazioni
della tregua. Fonti da Kiev e dei
separatisti russi informano che negli ultimi combattimenti sono rimasti uccisi un civile e tre soldati.
Intanto, l’economista polacco Leszek Balcerowicz è stato nominato ieri dal presidente, Petro Poroshenko, suo rappresentante al
Consiglio dei ministri. Balcerowicz è stato anche nominato copresidente del Gruppo dei consiglieri strategici per il sostegno
delle riforme in Ucraina. L’altro
co-presidente è Ivan Miklosh, ex
vice premier ed ex ministro delle
Finanze slovacco. Nel frattempo,
in conformità con l'iniziativa per
il consolidamento della sicurezza
dei loro alleati della Nato, gli
Stati Uniti hanno deciso di rafforzare lo schieramento di forze
militari in Europa orientale. Due
caccia stealth di ultima generazione, F-22 Raptor, e un aereo cisterna sono atterrati ieri nella base romena di Mihail Kogălniceanu, sulla costa del mar Nero, nella parte orientale del Paese. Altri
due F-22, l’aereo da guerra più
moderno in servizio nella Us Air
Force, sono schierati dallo scorso
anno in Polonia.
numero esatto delle vittime collaterali del disastro è ancora incerto e non
c’è modo di stabilire con certezza la
responsabilità di morti e di malattie
avvenute in seguito. Sono decine di
migliaia le persone che si ammalarono a causa dell’esplosione del reattore numero 4. Un dramma spesso dimenticato in un territorio che ancora
ne paga le conseguenze.
E a trent’anni da Chernobyl, Germania Lussemburgo e Olanda hanno lanciato ieri nuovi timori per la
tenuta dei reattori delle centrali belghe Doel 3 e Tihange 2, riaperte recentemente dopo un periodo di inattività dovuto a una lunga serie di
guasti. I Governi di Berlino, Lussemburgo e Amsterdam hanno chiesto ulteriori ispezioni sui sarcofagi
dei due reattori, dopo che un rapporto realizzato da tecnici indipendenti ha evidenziato carenze in caso
di eventuali incidenti o di surriscaldamento, carenze determinate dalla
presenza di numerose microfessure.
L’ipotesi di nuove indagini è però
stata seccamente respinta da Bruxelles, che si è fatta scudo del giudizio
indipendente dell’Agenzia federale
belga per il controllo nucleare.
L’Agenzia ha infatti ribadito la sicurezza delle due installazioni, assicurando — si legge in una nota — che
la Germania «non ha tutte le informazioni necessarie» per valutare lo
stato delle strutture nucleari di Doel
3 e Tihange 2.
Consultazioni politiche in Spagna
per il nuovo Governo
MADRID, 26. Il re di Spagna Filippo VI ha avviato nuove consultazioni politiche per formare un nuovo
Governo ed evitare così elezioni anticipate. Da quattro mesi la Spagna
è infatti senza Esecutivo. Sia il presidente del Governo uscente, il leader del Partito popolare Mariano
Rajoy, che il socialista Pedro Sánchez non sono riusciti a formare
una maggioranza in grado di governare. Il sovrano ha incontrato ieri
Pedro Quevedo Iturbe, il capo del
piccolo partito Nueva Canarias, e
concluderà le consultazioni oggi
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
con i leader dei quattro maggiori
partiti, tra cui Rajoy e Sánchez. Le
elezioni dello scorso 20 dicembre
non hanno dato a nessun gruppo la
maggioranza dei 350 seggi in Parlamento. Da allora nessuno è riuscito
a formare una coalizione di governo. Secondo la legge spagnola, se
entro il 2 maggio il Paese non avrà
un esecutivo, saranno indette elezioni anticipate per il 26 giugno.
Secondo gli analisti, anche un nuovo voto potrebbe non riuscire a
modificare gli equilibri in Parlamento e a sbloccare lo stallo.
Concessionaria di pubblicità
Aziende promotrici della diffusione
Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
Ivan Ranza, direttore generale
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
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Intesa San Paolo
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
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mercoledì 27 aprile 2016
pagina 3
Alcuni dei parenti degli studenti durante
la presentazione del rapporto (Ansa)
Goldman Sachs
immagina
un nuovo sogno
americano
Trump e Clinton favoriti nelle primarie in cinque Stati
Tappa decisiva
verso la Casa Bianca
WASHINGTON, 26. Con un nuovo
“super martedì” riparte la corsa
delle presidenziali statunitensi.
Quella di oggi è una giornata fondamentale per capire quali saranno
i due candidati, democratico e repubblicano, che andranno a sfidarsi per ottenere la Casa Bianca. I riflettori sono puntati soprattutto
sulla Pennsylvania, ultimo Stato
“pesante” per numero di delegati
prima della California. Ma quando
si arriverà in California, precisamente il prossimo 7 giugno, i giochi potrebbero già essere chiusi in
favore del repubblicano Donald
Trump e della democratica Hillary
Clinton. I due, qualora dovessero
trionfare anche oggi, otterrebbero
un vantaggio considerevole rispetto
ai loro diretti rivali.
Come detto, lo Stato più importante è la Pennsylvania che mette
in palio 71 delegati per i repubblicani e 189 per i democratici. Il magnate Trump si presenta alle urne
con 854 delegati contro i 559
dell’altro repubblicano, Ted Cruz,
mentre l'ex segretario di Stato può
contare su 1428 delegati rispetto ai
1153 di Bernie Sanders. In Pennsylvania, secondo gli ultimi sondaggi
diffusi dalla stampa, Trump dovrebbe superare Cruz ottenendo il
45 per cento delle preferenze, mentre Clinton è vista in vantaggio del
53 per cento rispetto al senatore del
Vermont, che dovrebbe fermarsi intorno al 38. Oltre alla Pennsylvania
si voterà anche in Maryland (118
delegati per i democratici, 38 per i
repubblicani) e in Connecticut
(settanta delegati per i democratici
e 28 per i repubblicani). In Maryland Trump è visto al 41 per cento contro il 26,3 di John Kasich,
mentre in Connecticut il miliardario newyorchese dovrebbe prendere
il 49 per cento delle preferenze rispetto al 27 del governatore
dell’Ohio. In campo democratico,
Hillary Clinton, secondo i sondaggi, è vista vittoriosa sia in Maryland (57 per cento contro il 35,3
di Sanders) sia in Connecticut (50
a 42,5). Infine si voterà anche in
due Stati più piccoli, il Delaware
(31 delegati democratici e 16 repubblicani) e Rhode Island (33 delegati democratici e 19 repubblicani),
ma anche qui sembra che il copione sia già scritto. A tenere banco in
queste ore è soprattutto l’estremo
tentativo che la leadership repubblicana sta facendo per fermare
Trump e portare al voto un candidato ritenuto più credibile. Ieri
Cruz e Kasich hanno deciso di
stringere un’alleanza elettorale: i
due si spartiranno i voti nei prossimi Stati in cui si andrà alle urne.
Cruz — come si legge nei comunicati dei due candidati — si concentrerà in particolare sull’Indiana,
dove si andrà al voto il 3 maggio,
assicurando i suoi voti a Kasich soprattutto in Oregon (17 maggio) e
New Mexico (7 giugno). Resta tuttavia difficile capire — dicono gli
analisti — se anche con una mossa
di questo tipo la corsa di Trump
potrà essere fermata.
Irrisolto il caso dei 43 studenti scomparsi nello Stato di Guerrero
Messico senza verità
CITTÀ DEL MESSICO, 26. Un gruppo
di esperti della Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh)
ha respinto ieri la versione ufficiale
fornita dal Governo messicano riguardo la scomparsa dei 43 studenti
nello Stato di Guerrero nel settembre del 2014. Gli studenti erano stati
arrestati dalla polizia di Iguala, con
l’accusa di aver sequestrato autobus
municipali. Sarebbero poi stati uccisi
da sicari di una banda di narcotrafficanti locali. Gli esperti della Cidh
termine del loro mandato, come aveva richiesto la Cidh.
È di ieri invece la notizia dell’uccisione nella città di Taxco, nello
Stato di Guerrero, di un giornalista
messicano, Francisco Pacheco Beltran, cronista di «El Sol de Acapulco». Secondo fonti ufficiali, l’uomo
è stato assassinato davanti alla sua
abitazione da un gruppo di uomini
armati. Il Governatore di Guerrero,
Hector Astudillo, ha dichiarato che
la polizia sta investigando sul caso.
Dopo la massiccia offensiva delle truppe yemenite
Non si fermano gli attacchi dei talebani
I qaedisti
abbandonano Mukalla
Ghani esclude
il dialogo con i terroristi
La sfida
idrica
che incombe
sul Medio oriente
ROMA, 26. Il progressivo esaurimento delle riserve di acqua potabile disponibili porterà allo scoppio di gravi disordini e guerre soprattutto in Medio oriente. A lanciare l’allarme — secondo quanto riporta il sito Arab Press — è stata la
rivista Newsweek che ha pubblicato
un rapporto basato su telegrammi
segreti di diplomatici statunitensi
resi noti dal sito Wikileaks. In base
a questo rapporto, a fronte di un
aumento della popolazione mondiale pari a circa due miliardi di
persone nei prossimi anni, la carenza di risorse idriche causerà un’ondata di violenze e di conflitti in
tutto il mondo, specialmente in Siria e in Yemen.
Nel dettaglio, Newsweek cita un
telegramma di un diplomatico
americano secondo cui alcuni responsabili aziendali hanno previsto
che un terzo della popolazione
mondiale nel 2025 soffrirà per
mancanza di acqua e che la situazione diventerà catastrofica nel
2050. Le zone più colpite saranno
appunto il Medio oriente ma anche
l’Asia, e in particolare il nord
dell’India e la Cina. Solo uno sforzo collettivo — ricorda la rivista —
nella lotta al riscaldamento globale
potrà fermare questa situazione,
trovando soluzioni alternative. Si
potrebbe prendere a modello, per
esempio, la grande esperienza dei
Paesi del Golfo persico nella desalinizzazione delle acque e nella costruzione di enormi impianti di trasformazione dell’acqua del mare in
acqua dolce. Investimenti in questo
settore potrebbero rendere tali tecnologie più economiche e fruibili.
sottolineano che non esistono prove
che i corpi degli studenti siano stati
bruciati in una discarica pubblica,
come sostiene la tesi ufficiale, aggiungendo che le possibili complicità di agenti della polizia federale e
di unità dell’esercito non sono state
opportunamente esaminate. Tuttavia
il rapporto degli esperti segna la fine
della loro missione di verifica, che si
conclude tra tre giorni, avendo il
Governo rifiutato di prolungare il
WASHINGTON, 26. L’apertura ai
comuni cittadini segna la fine
dell’esclusività della Goldman Sachs, da più di centocinquant’anni
considerata la banca d’affari dei
ceti più elevati. Infatti, l’istituto
ha annunciato ieri che d’ora in
poi anche i piccoli risparmiatori
avranno la possibilità di aprire
conti correnti, perfino con un solo dollaro.
La svolta è stata dettata dalle
pressioni del mercato finanziario
per creare nuove linee di finanziamento, tenendo conto soprattutto
della volatilità dell’attuale situazione e delle norme più stringenti
imposte dal Governo. La banca —
uno dei giganti di Wall Street sopravvissuta al grande tsunami
economico del 2008 — intende
quindi aprire «una nuova strada
da usare, con un orientamento e
un tenore diverso per raccogliere
fondi» ha spiegato Stephen
Scherr, uno dei manager di punta
dell’istituto. Tuttavia, l’apertura
alla classe media non sarà abbastanza significativa, secondo alcuni analisti, da sostituire i ricavi
persi nel trading.
Militare yemenita durante un’operazione
SANA’A, 26. L'importante città portuale yemenita di Mukalla, rimasta
per un anno sotto il controllo dei
miliziani di Al Qaeda, è ormai sotto
il pieno controllo delle forze yemenite fedeli al presidente, Abd Rabu
Mansour Hadi. Tutti i gruppi legati
ad Al Qaeda e ai ribelli hanno abbandonato la città, stando a quanto
riporta oggi la Bbc. Si tratta – dicono gli analisti – di un'importante
punto a favore delle truppe regolari
di Hadi, sostenute dalla coalizione a
guida saudita.
Nel frattempo, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha invitato le parti
coinvolte nei negoziati in corso in
Kuwait – il Governo di Hadi e i ribelli huthi – a dare prova di buona
volontà nel dialogo. In una dichiarazione unanime, il Consiglio ha
espresso soddisfazione per la tregua
in atto dallo scorso 11 aprile e ha
chiesto un nuovo impegno per superare i nodi ancora da sciogliere.
Nei giorni scorsi, i ribelli huthi avevano espresso perplessità sulla possibilità di proseguire nelle trattative
a causa delle violazioni della tregua.
Secondo i dati ufficiali forniti dalle
Nazioni Unite, il sanguinoso conflitto nello Yemen ha finora causato
oltre 6.400 morti, metà dei quali civili, mentre 2,8 milioni di persone
sono state costrette ad abbandonare
le loro abitazioni.
KABUL, 26. Il presidente dell’Afghanistan, Ashraf Ghani, ha bollato ieri come «nemici del popolo»
movimenti terroristici quali il cosiddetto Stato islamico (Is), Al
Qaeda e Rete Haqqani, ma anche
«alcuni gruppi talebani», sostenendo che «con essi non c’è alcuna
possibilità di dialogo». In un intervento in Parlamento a Kabul a Camere riunite sui temi della sicurezza, il capo dello Stato ha spiegato
inoltre che «le porte sono aperte
per quei talebani che vogliono mettere fine al bagno di sangue in corso nel Paese». I nemici dell’Afghanistan — ha insistito Ghani — «sono gruppi mercenari che amano
spargere il sangue dei loro connazionali e che continuano la guerra
e il terrorismo».
Per quanto riguarda le prospettive del suo Esecutivo, Ghani ha
detto di non attendersi che il Pakistan convinca i talebani a unirsi al
dialogo di pace, ma ha chiesto a
Islamabad di avviare operazioni sul
suo territorio contro i militanti impegnati ad attaccare le forze afghane. Secondo il presidente, infatti, i
commando degli insorti entrano in
Afghanistan dalle basi pakistane a
Quetta e a Peshawar.
Al termine del suo intervento, il
capo dello Stato ha nuovamente
condannato il recente attacco suicida a Kabul.
Immediata la replica del Governo pakistano, che in una nota ha
condannato tutte le forme di terrorismo, confermando l’impegno a
lottare contro le minacce terroristiche, senza fare differenze fra i diversi gruppi. Il portavoce del ministero degli Esteri a Islamabad, Hafees Zakaria, ha tenuto a precisare
che «il Pakistan stesso è la maggiore vittima del terrorismo, contro il
quale migliaia di uomini della sua
sicurezza hanno sacrificato la loro
vita».
Ma le violenze non si fermano.
Almeno quattro agenti di polizia
sono morti e altri quattro sono rimasti feriti in un attacco sferrato
ieri pomeriggio dai talebani nella
provincia meridionale afghana di
Helmand. Il governatore provinciale, Salim Rodi, ha indicato che il
commando di talebani ha attaccato
un checkpoint della polizia nel distretto di Gereshk, provocando uno
scontro a fuoco in cui sono morti i
quattro agenti. La sparatoria, ha
detto ancora Rodi, ha anche causato diverse vittime tra i talebani. Un
altro leader talebano è stato invece
ucciso durante un’operazione militare nella provincia settentrionale
di Jawzjan.
Il basso prezzo del petrolio costerà 150 miliardi di perdite in tutta la regione
L’Arabia Saudita cambia corso economico
RIAD, 26. Non risale il prezzo del
petrolio, sotto i 43 dollari al barile, e
mentre l’Arabia Saudita presenta il
piano di nuova diversificata economia, il Fondo monetario internazionale lancia l’allarme sulle ricadute in
Medio oriente, con perdite di oltre
150 miliardi di dollari.
Guardando all’Arabia Saudita, le
novità significative sono il fondo sovrano di 2000 miliardi di dollari e
l’apertura della compagnia Saudi
Aramco al settore privato con il collocamento in Borsa di meno del 5
per cento. Si tratta della prima compagnia petrolifera mondiale dal punto di vista sia delle riserve che della
produzione. Sono gli unici elementi
noti al momento del piano di riforma dell’economia che, secondo i media arabi, rappresenta la decisione
più importante della storia dell’economia di Riad, in quanto dovrebbe
far riprendere l’economia dopo la
crisi innescata dai bassi prezzi
dell’oro nero. Il vice erede al trono,
Mohammed Bin Salman, ha spiegato che il piano, denominato “Nuova
visione per l’orizzonte 2030”, comprende una serie di progetti di sviluppo che interessano diversi settori
economici e sociali.
Nel 2015 in Arabia Saudita il disavanzo di bilancio è arrivato a 367
miliardi di riyal, cioè 98 miliardi di
dollari, pari, secondo stime non ufficiali, al 15 o 16 per cento del Pil, a
causa della drammatica caduta delle
entrate petrolifere, equivalente a un
meno 23 per cento. Nel budget saudita del 2016, il primo sotto il nuovo
re Salman bin Abdulaziz Al Saud, è
messo in conto un calo del deficit di
ben 10 miliardi di dollari, grazie al
nuovo corso. Nei mesi scorsi erano
già state prese alcune misure contro
la crisi, che solo fino a poco tempo
fa sarebbe stata impensabile. La pri-
ma è stata quella del taglio dei sussidi energetici, con un aumento dei
prezzi della benzina, un rincaro delle bollette elettriche per i cittadini
più ricchi e un piccolo incremento
delle tariffe dell’acqua. Resta in discussione l’introduzione dell’Iva, in
coordinamento con gli altri membri
del Consiglio di cooperazione del
Golfo, Bahrein, Emirati, Kuwait,
Qatar e Oman. Tutti Paesi per i
quali il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha tagliato la sua stima
di crescita, annunciando che il Pil
della regione rallenterà all’1,8 per
cento contro il 2,75 per cento stimato a ottobre scorso.
Ma c’è ora un’altra stima che monetizza il tutto. Quest’anno, i bassi
prezzi dell’oro nero potrebbero costare ai Paesi esportatori del Medio
oriente fino a 150 miliardi di dollari
in termini di mancate entrate.
Il vice erede al trono saudita Mohammed Bin Salman illustra il piano (Afp)
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
mercoledì 27 aprile 2016
Alcuni degli attori che si sono susseguiti
nei panni di James Bond
Modelli matematici e quesiti filosofici
Se anche i neonati
contano
che quando gli è chiesto di mappare
100 e 110). Questi dati suggeriscono
che il cervello umano possiede una
nozione intuitiva dei numeri che si
raffina mediante lo sviluppo del linguaggio matematico; se ciò venisse
confermato, si potrebbe supporre
che la mente umana usi il linguaggio non tanto per scoprire concetti
sconosciuti quanto per perfezionare
la conoscenza di verità innate già in
suo possesso prima dell’apparizione
del linguaggio stesso.
lire, rinnesta la ripetizione del ciclo).
L’andamento della raccolta di
pelli di lepri (prede) e di linci (predatori) da parte della Hudson’s Bay
Company in Canada fra il 1845 e
1955, confermò il modello di Volterra, senonché esso non risultò attendibile per spiegare situazioni più
complesse dove altri fattori, come le
migrazioni, entravano in gioco. Anche assumendo che ulteriori variabili avrebbero potuto essere introdotte
Ma fin dove è prudente tirare
conclusioni filosofiche a partire da
risultati sperimentali? A volte, proprio la scienza e la matematica sembrano dirimere questioni relative ad
altri campi, solo perché li traducono
in termini formali all’interno di modelli che, per loro natura, modificano la realtà che vorrebbero rappresentare. Come spiega abilmente in
Con la testa fra le nuvole? Il mestiere del
matematico (Bologna,
Il Mulino, 2016, pagine 188, euro 14), il
coordinatore del Progetto ricerche storiche e metodologiche
L’inserto «Science & Médecine», in
(Pristem)
dell’Uniedicola con il quotidiano «Le Monde» del
versità Bocconi — che
13 aprile, ha dedicato uno stimolante
ha lo scopo di proarticolo alla Chargée de recherche del
muovere la cultura
Laboratorio di psicologia della percezione
matematica con partidell’Università Paris Descartes, Véronique
colare riferimento alla
Izard. Nata 38 anni fa, Izard è appena
dimensione storica e
stata insignita della più alta ricompensa
metodologica — ogni
del Centre national de la recherche
modello matematico
scientifique per i giovani ricercatori, i cui
«non è un’esatta (...)
lavori ne fanno degli specialisti di talento
fotografia della realnel loro campo. La scienziata transalpina
tà, ma una caricatura
è stata alunna di Stanislas Dehaene —
che ne esalta le caratdocente al Collège de France, membro
teristiche ritenute esdella Pontificia Accademia delle Scienze,
senziali dal ricercatononché cofondatore della disciplina della
re».
Cognitive Neuroscience of Numeracy,
Un esempio chiarificatore, spiega Angeossia: la scienza multidisciplinare che
lo Guerraggio, è il
studia come il cervello umano elabori le
modello
preda-predaverità matematiche — e collaboratrice di
tore, elaborato da ViElizabeth Shilin Spelke — direttrice del
to Volterra (1860Laboratory for Developmental Studies di
1940) per determinare
Harvard, nonché pioniera degli studi sulle
l’andamento del nucapacità cognitive dei neonati — portando
mero di individui apa compimento il sogno dei suoi due
partenenti a specie in
mentori, secondo i quali le scienze
competizione in un
cognitive — intese come l’insieme delle
habitat
naturale.
discipline che hanno come oggetto i
Usando le equazioni
meccanismi dei sistemi pensanti — sono il
differenziali, il matemigliore modo di investigare dei problemi
matico
anconetano
filosofici in forma sperimentale.
dimostrò che le variazioni nelle popolazioni di prede e di predatori erano collegate
mappandoli su dei grafici, benché da espansioni e contrazioni cicliche
non possieda dei nominativi specifi- sfasate (il numero di prede continua
ci per quelli superiori a cinque. Il a crescere finché i predatori, trovansoggetto intuisce i valori numerici do sempre più prede, non diventano
anche se la sua percezione è inabbastanza numerosi per decimarle;
fluenzata dalle variazioni percentuali delle differenze che deve determi- a quel punto, la diminuzione del
nare (è più preciso nello stabilire la numero di prede causa un calo in
distanza di 10 unità, quando gli è quella dei predatori che, permettenchiesto di mappare i numeri 10 e 20, do alla popolazione di prede di risa-
per affinare il modello predatorepreda, sarebbe stato legittimo estrapolare da esso altri tipi di conclusioni se non la mera variazione numerica delle popolazioni di specie in
competizione? Usando le equazioni
differenziali, Thomas R. Malthus
(1766-1834), notando che la crescita
della popolazione di una società
di CARLO MARIA POLVANI
li uomini sviluppano il
linguaggio per esprimere dei concetti che
già intuiscono, oppure
riescono a percepire
dei concetti solo grazie allo sviluppo del linguaggio? Per delucidare
tale interrogativo, Véronique Izard
ha condotto esperimenti sulla capacità di rappresentazione dei numeri
su due gruppi di individui: dei neonati di meno di tre mesi
che non sono stati esposti a nozioni matematiche e dei membri della
etnia munduruku, un
gruppo etnico amazzonico composto da soli
10.000 individui che
condividono un lessico
numerico
ridottissimo.
Ecco due esempi dei test
condotti e dei loro rispettivi esiti.
Si misura la concentrazione di un bebè
mentre gli vengono mostrati dei disegni contenenti oggetti uguali e
contemporaneamente gli
si fa udire una stessa sillaba ripetuta più volte.
Quando il numero di
oggetti rappresentati corrisponde al numero di
ripetizioni uditive, il livello di attenzione cerebrale risulta essere il doppio rispetto
a quello osservato quando il numero
fra gli oggetti e le sillabe è diverso
(con l’età, il neonato affina la capacità di differenziare i numeri che
all’inizio se proporzionalmente troppo vicini possono essere ancora confusi l’uno con l’altro). Si chiede a
un munduruku di determinare le
differenze di valore di due numeri,
G
Véronique Izard
A un bebè vengono mostrati
dei disegni contenenti oggetti uguali
Facendogli udire contemporaneamente
una stessa sillaba ripetuta più volte
E si misura
il livello di concentrazione
umana può raggiungere un ritmo
geometrico (2, 4, 8, 16, 32, 64, 128,
256 ...) mentre lo sviluppo dei suoi
mezzi di sostentamento si espande
al massimo a un ritmo aritmetico (2,
4, 6, 8, 10, 12, 14, 16 ...), indusse
molti a concludere che, per mantenere costante il benessere economico di una nazione era indispensabile
un controllo artificiale della natalità.
Dobbiamo quindi lasciarci interpellare dal poeta Paul Valéry (18711945) che, nonostante la sue tendenze costruttiviste, definiva, nel suo
Epaulinos, i matematici «giocolieri
della ragione pura» che costruiscono mondi perfetti che solo talvolta
coincidono con il mondo reale? O
dobbiamo invece lasciarci affascinare da Epaulino, che grazie a un modello geometrico di foratura simultanea dalla due estremità, costruì un
tunnel di milletrecento metri con un
errore di 3 centimetri, conosciuto
come una delle meraviglie della
Grecia antica: l’acquedotto di Samos (cfr. Erodoto, Storie 3, 60)?
Una cosa appare probabile: senza la
scoperta dell’architetto di Megara,
la società moderna, tanto dipendente dall’energia derivante dagli idrocarburi, non sarebbe mai nata, poiché la trivellazione petrolifera direzionata non è fattibile senza conoscere i principi della dogleg severity
(ossia il limite delle variazioni di inclinazione e di direzione delle condutture), che proprio lui, il figlio di
Naustrofo, intuì, ben sei secoli prima della nostra era.
A Parigi una mostra dedicata a James Bond
Il mito
non muore mai
mo: la sequenza di apertura, snan in Il domani non muore
l’inseguimento, la missione affi- mai, Timothy Dalton che si predata a 007 da M, i congegni cipita giù dalle Alpi dentro la
strambi o di alta tecnologia di custodia di un violoncello traQ, i veicoli insoliti. E natural- sformato in slitta per varcare in
mente i bolidi, perché si viene tutta fretta la frontiera italo-auaccolti da un lato da una Aston striaca, o ancora la scena d’antoMartin DB10 all’ultimo grido, e logia che apre La spia che mi
dall’altro dalla mitica DB5 del amava con Roger Moore — o
1964, immortalata in Goldfinger, piuttosto la sua controfigura, lo
che si rincontra, non senza un stuntman Rick Sylvester — che
certo piacere, sulle strade salta con gli sci nel vuoto prima
della Scozia di Skyfall. Due dell’apertura, qualche centinaia
automobili d’eccezione che di metri più in basso, del paraIl successo va ricercato
simboleggiano anche l’am- cadute.
Se James Bond è diventato
bizione di una mostra che
nella capacità di rinnovarsi
vuole essere popolare, inter- un eroe popolare, esaltato dal
cinema, l’arte più democratica e
e al tempo stesso
generazionale, destinata ai
accessibile al grande pubblico,
fan dell’eroe dallo smoking
di rassicurare lo spettatore
non bisogna però dimenticare
a un pubblico
che il personaggio è nato dalla
con una serie di riferimenti inevitabili impeccabile,
già conquistato.
penna ingegnosa di Ian FleD’altronde è difficile an- ming, autore degli otto primi rocome gli inseguimenti
noiarsi vista la grande e di- manzi adattati più o meno feversificata varietà degli og- delmente al grande schermo, i
getti. I numerosi pezzi ori- cui esemplari rilegati originali
record la cui importanza si ap- ginali recano l’impronta dell’at- vengono presentati nel corso
prezza nel corso della mostra tore che li ha utilizzati e per- della mostra. Un percorso gededicata all’agente segreto di mettono al visitatore di toccare nealogico e biografico permette
sua maestà, in corso a Parigi, con mano l’universo “spia chic” anche di capire fino a che punto
frutto della collaborazione tra il so british di James Bond. Qui, lo scrittore si sia ispirato alla sua
Barbican Centre di Londra e la mito e realtà si confondono, al esperienza personale e professioEon Productions, che detiene suono delle partiture di ottoni, nale per forgiare il personaggio
con la Mgm i diritti
sui film già esistenti e
su quelli futuri di James Bond. Se questa
retrospettiva non ha la
pretesa di offrire al
pubblico grandi e forse
rischiose analisi geopolitiche e neppure corsi
di storia sulle relazioni
internazionali dal 1960
ai nostri giorni, presenta comunque, sotto
il grande tendone di
metallo del Parc de la
Villette, una ricchezza
senza pari di oggetti,
veicoli, abiti, congegni,
plastici, story-board e
altri pezzi d’eccezione.
In breve, tutto ciò che
fa James Bond.
Una successione di
Daniel Craig nei panni di James Bond e la regina Elisabetta II in un video girato per la
sale, dall’atmosfera ora
cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Londra nel 2012
ovattata ora luminosa,
permette a ognuno —
ed è forse questo il
tratto più importante della mo- legni e violini di John Barry. In di 007: ufficiale del servizio
stra — di farsi un’opinione, o di una sala ricostruita di Casino d’informazione della marina
confermarla in modo ludico, nel Royale si sfiorano personaggi, britannica durante la seconda
grande gioco dei paragoni di cui nella fattispecie manichini rive- guerra mondiale, Fleming diviei fan dell’universo Bond sono stiti degli abiti originali indossa- ne poi corrispondente estero del
editoriale
Kemsey
tanto ghiotti. Del tipo: chi è sta- ti dagli attori. In una stanza do- gruppo
to l’interprete migliore della spia ve domina il dorato, ci si im- Newspapers, il che gli permette
britannica, chi è la “Bond girl” merge nell’atmosfera inquietante di girare il mondo. Un altro
più affascinante, quale è stata del film Goldfinger e lo sguardo punto in comune tra l’eroe e il
l’acrobazia più spettacolare o la del visitatore si sofferma inebeti- suo creatore è meno noto: il gupiù onerosa, o ancora, quale cat- to, come quello di James, sul sto per un ritmo di vita freneticorpo interamente
tivo è il più cattivo?
Ognuno dei seicento pezzi ricoperto d’oro di
esposti apporta un elemento di una donna sdraiata
L’eroe e il suo creatore Ian Fleming
risposta. In una sala, una serie su un letto.
I motivi del sucdi schermi diffonde la formula
hanno in comune il gusto
leggendaria di presentazione del cesso? Quello che i
per un ritmo di vita frenetico
personaggio, che avviene in ge- diversi registi che si
nerale attorno a un tavolo da sono succeduti dieI suoi romanzi venivano terminati
gioco. Ognuno si divertirà così tro la telecamera
in sole otto settimane
a scegliere il migliore My name hanno ben compreCon la certezza del trionfo del bene
is Bond, James Bond, tra quelli so è stato il bisodi Sean Connery, Roger Moore, gno di rinnovarsi
rassicurando
al
Daniel Craig e altri.
Attori che rappresentano al- tempo stesso lo
trettanti modi di incarnare di- spettatore con una serie di riferi- co. È per questo che l’ex spia
verse epoche e stili di vita, messi menti inevitabili, come per britannica terminava di scrivere i
ottimamente in risalto nelle sale, esempio gli inseguimenti. Una suoi romanzi in sole otto settiognuna delle quali riprende gli “sala di ghiaccio” dedicata alle mane. Con, alla fine, la certezza
ingredienti che lo spettatore si scene di alta montagna illustra della vittoria dell’eroe, del trionaspetta di ritrovare quando vede bene questo aspetto: una accan- fo del bene sul male. Il domani
un Bond, vecchio o recente, alla to all’altra, vediamo l’ultra-effi- non muore mai, e neanche Jatelevisione o sul grande scher- ciente motoslitta di Pierce Bro- mes Bond.
di CHARLES
DE
PECHPEYROU
on oltre mezzo secolo di successo, da
Dr. No nel 1962 a
Spectre nel 2015, la
saga dei film di James Bond può vantarsi del titolo di franchising cinematografico più duraturo e redditizio della storia della settima arte. Un
C
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 27 aprile 2016
pagina 5
La fusione delle culture
diede vita alla grande civiltà medievale
con le sue università
la sua filosofia e la sua arte
La nuova Europa era unita da una fede comune
Sergey Ponomarev, Lesbo
16 novembre 2015
(«The New York Times»)
Le migrazioni dei popoli
Segno dei tempi
di PROSPER GRECH*
i miei tempi si parlava di
“invasione dei barbari” per
descrivere quel fenomeno
storico del primo medioevo
europeo. Oggi, si chiama
con il termine, più politically correct, “la
migrazione dei popoli”. Fin dal termine
del terzo secolo varie genti cominciarono a erodere le frontiere settentrionali e
orientali dell’impero romano. Era naturale che il miraggio di una città prospera e potente attraesse l’attenzione e la
A
Sarebbe offensivo
chiamare un’invasione
il movimento verso l’Europa
di gente dal Medio oriente
e dall’Africa
Yannis Behrakis, Idomeni, 10 settembre 2015 (Reuters)
cupidigia di quei popoli vicini che non
avevano raggiunto un tale grado di civiltà e di benessere. Nonostante lo sforzo di Diocleziano di riconquistare le
terre perdute, il processo segnava l’inizio del declino di Roma, dovuto a diversi fattori: sociali, politici, economici,
morali e demografici. Inoltre, quando
Costantino stabilì la sua sede a Bisanzio, l’Occidente divenne preda dei popoli circostanti i quali approfittavano
delle crepe dell’impero per estendere il
proprio potere. Il culmine fu raggiunto
quando Alarico conquistò e saccheggiò
Roma nel 410. Da allora unni, ostrogo-
Gli Esercizi spirituali salvati dagli acidi
Gli inchiostri acidi avevano corroso le
carte perforando molti fogli e mettendo a
rischio la conservazione del documento: il
più antico manoscritto degli Esercizi
spirituali di sant’Ignazio, con numerose
note autografe del santo di Loyola, oggi è
stato restaurato. L’intervento sarà
illustrato il prossimo 29 aprile, in una
conferenza presso la Pontificia Università
Gregoriana a cui parteciperanno, tra gli
altri, padre Ignacio Echarte, segretario
della Compagnia di Gesù, e la
restauratrice Melania Zanetti (Università
Cattolica del Sacro Cuore). L’opera è
conservata presso l’Archivum Romanum
Societatis Iesu nella Curia Generalizia
della Compagnia di Gesù che ha proposto
l’intervento di recupero finanziato dalla
Fundación Gondra-Barandiarán di
Guecho in Biscaglia, provincia della
comunità autonoma dei Paesi Baschi. Il
restauro è stato progettato da Carlo
Federici (università Ca’ Foscari di Venezia
e Scuola Vaticana di Biblioteconomia);
per la deacidificazione dei fogli è stata
usata una sospensione di nanocomposti
messa a punto da un gruppo di chimici
dell’università di Firenze.
Qualche riga del più antico manoscritto degli «Esercizi spirituali» di sant’Ignazio di Loyola
ti, visigoti, alemanni e altri continuarono a devastare l’impero.
È ovvio che tale fenomeno non si
manifestò solamente nell’impero romano. Era un fatto ricorrente in ogni parte del mondo lungo la storia delle diverse civiltà orientali e occidentali. Può
accadere per cercare terre più fertili, o
semplicemente per scopi espansionistici. Noi ci soffermiamo sulla storia romana perché questa ha qualcosa da dire alla nostra generazione.
I vari popoli che si impossessarono
dei territori romani avevano anch’essi i
loro costumi, religioni e culture. Era da
prevedere che la cultura più forte e più
antica dei romani prevalesse su quelle
più deboli e meno consolidate. Però era
inevitabile che questi vari popoli lasciassero anch’essi la loro impronta sui
popoli di più antica civiltà. Accadde
dunque una fusione con prevalenza romana che, dopo un lungo periodo di
assestamento, diede vita alla grande civiltà medievale, con le sue università,
cattedrali, letterature, filosofia e arte.
Quale altra era sorgerà dopo la fusione
di tutte le razze e culture dell’Europa
odierna?
Gli invasori di allora trovarono sì un
impero in declino con molte debolezze,
ma incontrarono anche un popolo ancora giovane con uno spirito forte e
credenze ben definite, con risposte credibili ai problemi dell’esistenza umana:
i cristiani. Questi avevano permeato
l’impero da secoli e avevano infuso una
nuova anima nel pensiero e nella cultura delle genti che popolavano i territori
dell’impero. La nuova Europa dunque,
era unita non soltanto da una lingua
comune, ma da una fede comune e da
una cultura erede del pensiero greco e
romano nonché della giurisprudenza
romana.
Ciò nonostante perdurarono i nazionalismi, in bene o in male. C’erano delle guerre sì, ma l’eredità greco-romanacristiana fiorì nelle grandi letterature di
ciascuna nazione per mezzo di uomini
come Dante e Shakespeare.
Ciò che abbiamo detto finora lo conosce ogni scolaro. Lo abbiamo riferito
perché può servirci per interpretare il
fenomeno analogo del movimento costante verso l’Europa di masse di gente
dal Medio Oriente e dall’Africa.
Sarebbe falso e offensivo chiamare questo fenomeno un’invasione da cui dobbiamo difenderci. Sarebbe come se
chiamassimo invasione l’emigrazione di
centinaia di migliaia d’italiani in Germania, in Belgio e negli Stati Uniti,
dove si sono amalgamati con gli abitanti, anche se con non poca difficoltà.
È soltanto un altro caso
di tali avvenimenti ricorrenti nella storia di ogni
continente.
L’analogia, però, ha i
suoi limiti. Abbiamo detto che gli immigranti o
gli invasori dell’antichità
avevano
trovato
una
Chiesa giovane, ancora
nel pieno del suo sviluppo che ha potuto assorbirli nella sua fede. Gli
immigranti di oggi sono
in prevalenza musulmani.
Sono uniti con la lingua
araba, e per loro l’islam è
una religione e un marchio d’identità. Quale fede incontrano in un’Europa in crisi, affetta da
un continuo processo di
laicizzazione e spesso an-
ticristiana? Possiamo ben chiederci se nell’imminenza dell’invasione dei babisaremo noi cristiani a trasmettere agli lonesi non parla anche a noi che siamo
immigranti i valori evangelici ovvero a continuamente minacciati dal terrorisconcertarli con la confusione dei nostri smo? In fine, la lunga lista dei vizi dei
mores e con il relativismo intellettuale pagani nel primo capitolo della Lettera
corrente. Certamente una tale massa di ai Romani non descrive ancora certi
gente che arriva in continuazione crea, mores odierni di cui ci vantiamo come
nelle diverse nazioni, non pochi proble- “conquiste culturali”?
È compito della Chiesa, unica autorimi sociali, economici e logistici di difficile soluzione. D’altra parte non ne tà morale in un mondo di valori caotipossiamo fare a meno a causa del calo ci, interpretare, per i fedeli e per tutti, i
generale demografico, particolarmente segni dei tempi. In un anno santo dein Italia. A parte ogni considerazione dicato alla misericordia, il grido profetiutilitaristica però, non possiamo tirarci co della Chiesa perché apriamo gli ocindietro, in una situazione che ci sfida chi alla dimensione storico salvifica dea fare uso di tutte le risorse ereditate dalla nostra tradizione umanistiIl fenomeno migratorio
ca e cristiana; altrimenti
i “barbari” saremmo noi!
ci sfida a fare uso
A parte queste considi tutte le risorse
derazioni morali, dobbiamo chiederci se tutto
ereditate dalla nostra tradizione
questo sconvolgimento
umanistica e cristiana
nel Medio Oriente non
sia anche un “segno dei
tempi” che bisogna leggere alla luce della Sacra Scrittura. Dio gli avvenimenti attuali, come fece Agoci vuole dire qualcosa? La caduta di stino nel De civitate Dei, sarebbe il più
“Babilonia” di cui parla l’Apocalisse, grande dono che Dio, nella sua misericioè la rovina di un sistema economico cordia, può elargire a tutti gli uomini
e politico che costituisce un peccato di buona volontà.
strutturale ricorrente nella storia, può
essere letta in chiave contemporanea. I * Cardinale
frequenti richiami alla conversione ri- diacono di Santa Maria Goretti
volti a Gerusalemme da Geremia
Che cos’è un Manrico
Dopo il buon successo di critica e pubblico del suo primo
lungometraggio a soggetto, Il venditore di medicine (2013), il
regista Antonio Morabito vede tornare alla luce del grande
schermo un suo lavoro precedente, Che cos’è un Manrico
(2012), documentario su un ragazzo distrofico, Manrico
Zedda. La videocamera del regista italiano segue il
protagonista durante alcune giornate trascorse per le strade di
Roma assieme a un operatore sanitario che però è diventato
anche un amico. Ciò che colpisce immediatamente di
Manrico, oltre alla disinvoltura con cui appare davanti
all’obiettivo, è l’attrito evidente fra la sua spiccata vitalità,
espressa in maniera spesso divertita e colorita, e viceversa gli
ostacoli che il suo corpo gli impone. Ma soprattutto il modo,
umanamente straordinario, con cui riesce ad accettare le
difficoltà, anche se non mancano parole di sconforto, nonché
di polemica rispetto al buonismo con cui gli handicappati
vengono trattati dagli altri. All’inizio del film lo vediamo
giocare a hockey. Alla fine lo ritroviamo con i suoi ex
compagni, senza già più la possibilità di giocare, ma con la
prospettiva di diventare allenatore. Il suo esempio, e la
sensibilità con cui l’obiettivo di Morabito lo registra, rendono
questo documentario una visione necessaria. (emilio ranzato)
L’OSSERVATORE ROMANO
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mercoledì 27 aprile 2016
Campagna della Chiesa in Sud Africa
ABIDJAN, 26. «Il nostro progetto di
scuola elementare può realizzare
corsi di alfabetizzazione e di recupero, da tenere in un luogo attrezzato
e sicuro nel quale gli alunni potranno crescere e sentirsi amati. Tutto
ciò per contrastare il degrado diffuso, causato dal conflitto sociale in
cui è precipitato il Paese da alcuni
anni, che ha portato e tuttora porta
a condizioni limite di vivibilità»:
suor Rosaria Giacone, della congregazione della Sacra Famiglia di
Spoleto, spiega così al Sir il progetto «Il piccolo baobab», dal nome
della scuola materna ed elementare
che sorgerà nel quartiere di Abobo
Baoulé, alla periferia di Abidjan, capitale governativa della Costa
d’Avorio, dove le religiose svolgono
la loro missione. Presentata nei giorni scorsi dall’arcivescovo di Abidjan,
cardinale Jean-Pierre Kutwa, l’iniziativa è una micro-realizzazione giubilare che si inserisce nella campagna
«Il diritto di rimanere nella propria
terra» che, per tutto l’Anno della
misericordia, vede impegnate Missio, Caritas Italiana e Focsiv (Federazione organismi cristiani di servizio internazionale volontario).
Il progetto è nato dopo un attento studio della realtà locale, reso
possibile dall’approfondita conoscenza del luogo che la missione ha
conseguito nella sua permanenza in
Costa d’Avorio. Nella periferia a
nord della capitale, il quartiere di
Abobo Baoulé è stato spesso teatro
di violenze. In questo contesto così
fragile, le suore della Sacra Famiglia
si dedicano all’assistenza degli orfani, degli ammalati, dei disabili e degli emarginati.
Obiettivo della campagna «Il diritto di rimanere nella propria terra»
è promuovere e garantire a ciascuno
il diritto di restare nel proprio Paese
vivendo in modo dignitoso. Di fron-
Un taxi
contro la tratta
Nella periferia di Abidjan
A scuola per sfuggire al degrado
te al dramma dei migranti che continuano a perdere la vita lungo le diverse rotte della disperazione, il
Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana ha approvato nel dicembre scorso un vademecum con una serie di indicazioni
pratiche per le diocesi italiane circa
l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in Italia e per la solidarietà
con i Paesi di provenienza dei migranti, alle prese spesso con guerre,
fame, disastri ambientali, persecuzioni politiche e religiose. Missio,
Caritas e Focsiv hanno quindi proposto alle Chiese in Italia di sostenere, nel corso del Giubileo della
misericordia, mille “microrealizzazio-
ni giubilari”, proprio con l’intento di
tutelare il diritto fondamentale di
ciascuno a vivere nella propria terra.
Tali microrealizzazioni vengono proposte periodicamente a gruppi e sono prioritariamente localizzate nei
Paesi di origine dei migranti e finalizzate a rafforzare o a rilanciare il
lavoro di promozione umana delle
Chiese, delle organizzazioni non governative e dei missionari presenti
sul posto.
In Costa d’Avorio, oltre alla scuola materna ed elementare «Il piccolo
baobab» di Abidjan, sono in corso
di realizzazione altri microprogetti.
Nella diocesi di Abengourou la missione cattolica Saint Maurice, attra-
verso un’ong di Bergamo, prevede la
costruzione e la messa in opera di
un allevamento avicolo nel quale
coinvolgere studenti delle scuole del
territorio, per intraprendere un percorso di avviamento lavorativo;
l’obiettivo è di creare nuovi posti di
lavoro per i giovani, contribuendo
alla diminuzione dell’abbandono dei
villaggi rurali. Nell’arcidiocesi di
Abidjan, sempre le suore della Sacra
Famiglia di Spoleto prevedono la
costituzione e il sostegno di una
cooperativa di donne nel villaggio
di Becedi-Brignan; lo scopo è far acquisire maggiori competenze nella
coltivazione di manioca, banane e
pomodori.
Appello dei presuli dello Zambia
Iniziativa dei vescovi
C’è molto da fare contro la xenofobia
Preghiera
per la pace
in Mozambico
LUSAKA, 26. L’invito a seguire
l’esempio di Papa Francesco nella costruzione di una cultura
dell’incontro, assieme alla ferma
condanna delle violenze xenofobe e al forte appello alla pace:
così la Conferenza episcopale in
Zambia interviene sugli scontri,
prevalentemente a base razziale,
avvenuti negli ultimi giorni nella
capitale, Lusaka, dove oltre sessanta negozi di proprietà di cittadini rwandesi sono stati saccheggiati durante feroci tumulti
che hanno riguardato nove
quartieri tra i più poveri della
città.
I disordini erano iniziati tempo fa, quando tra la popolazione locale si era sparsa la voce
che dei rwandesi erano tra i responsabili di alcuni atroci crimini rituali avvenuti in città. Nelle
ultime settimane, infatti, almeno
sette persone sono state uccise e
i loro corpi sono stati orribilmente mutilati, per essere addirittura trasformati in “amuleti
porta-fortuna”. La polizia locale
ha arrestato oltre 250 persone
ma il clima è rimasto teso.
«Condanniamo ogni forma di
violenza — ha dichiarato all’agenzia cattolica Canaa, padre
Cleophas Lungu, segretario generale della Conferenza episcopale — sia essa omicidio, saccheggio o distruzione di proprietà altrui. Chiediamo sforzi
congiunti per promuovere una
cultura della pace». La Chiesa —
ha sottolineato il religioso —
«sarà sempre pronta a compiere
atti di misericordia e di carità,
come avvenuto già dopo il genocidio del Rwanda del 1994,
quando la Chiesa in Zambia ha
accolto numerosi seminaristi
rwandesi che non avevano potuto completare la loro formazione
in patria». Pertanto, ha continuato padre Lungu, «esortiamo
la popolazione a imitare Papa
Francesco nell’abbattere i muri
dell’odio che portano alla violenza, evitando la cultura
dell’indifferenza e accogliendo
gli stranieri nella società, nelle
famiglie e nelle comunità cristiane». D’altra parte, l’episcopato
dello Zambia ha sottolineato anche che «non si può ignorare
l’impatto che gli alti livelli di
povertà, disoccupazione e costo
delle materie prime» hanno sul
popolo. Tutto questo, naturalmente, «non giustifica comportamenti violenti» ma richiama la
necessità di «trovare soluzioni
sostenibili per le attuali sfide sociali ed economiche».
Un richiamo che trova un ulteriore punto di concretezza nella prospettiva del giubileo della
misericordia. In questo senso, il
segretario generale dell’episcopato ha ricordato anche l’accoglienza offerta dalla Chiesa
zambiana agli stranieri: «Una
parrocchia, per esempio, ha
ospitato cinquanta persone vittime della xenofobia e numerosi
fedeli e persone di buona volontà hanno offerto loro pasti caldi
e indumenti». Ma anche le autorità civili devono fare la loro
parte, soprattutto nel diffondere
una cultura più aperta e tollerante.
MAPUTO, 26. Una speciale giornata di preghiera per la pace è stata
indetta dalla Conferenza episcopale del Mozambico per domenica
22 maggio, solennità della Santissima Trinità. La decisione dei presuli è stata resa nota al termine
dei lavori dell’assemblea plenaria,
svoltasi in questi giorni. Nel comunicato finale i vescovi chiedono
anche che le collette raccolte durante le messe del 22 maggio siano devolute alla Caritas per il sostegno alle opere di aiuto alla popolazione.
Un’iniziativa, quella dei vescovi, che trova ragione nella delicata
situazione che ormai da tempo si
trova a vivere l’ex colonia portoghese, con una grave crisi politica
che vede contrapposti il Frelimo,
l’attuale partito al potere, e la Renamo, ovvero l’ex movimento di
guerriglia divenuto il principale
partito d’opposizione. A causa dei
combattimenti tra i due schieramenti, diverse migliaia di abitanti
del Mozambico si sono rifugiati
nel confinante Malawi. «Rinnoviamo la nostra solidarietà a tutte
le persone del Mozambico che
continuano a soffrire a causa di
questo clima di guerra. Come
Chiesa — scrivono i vescovi nella
loro nota — non siamo legati ad
alcun partito politico, ma siamo in
favore delle persone, specialmente
di quelle più povere, le più colpite
da questa guerra assurda».
†
La Segreteria di Stato comunica che è
piamente deceduto il
Cav.
DARIO DUCA
già Applicato di Prima Classe presso la
Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.
I Superiori e gli Officiali della Segreteria di Stato assicurano la loro preghiera di suffragio e invocano dal Signore
conforto per lui e per i suoi familiari.
JOHANNESBURG, 26. Anche un taxi,
o meglio la vigile collaborazione
del suo conducente, può essere utile ad arginare la piaga, tanto diffusa in Sud Africa, del traffico degli
esseri umani. Ne è convinta la
Chiesa cattolica locale che in questi
giorni ha lanciato un’originale campagna intitolata appunto «Taxi contro il traffico di esseri umani».
L’iniziativa è stata presentata nel
corso di una conferenza promossa
dall’Ufficio contro la tratta degli esseri umani (Counter Trafficking in
Persons Office - Ctip) della South
African Catholic Bishops’ Conference (Sacbc), in collaborazione
con i superiori delle congregazioni
religiose. L’obiettivo è quello di richiamare l’attenzione su un fenomeno particolarmente inquietante e
diffuso nel Paese — alcune stime riferiscono di circa 30.000 minori
coinvolti ogni anno nel turpe business dello sfruttamento sessuale a
cui si aggiunge l’impiego, non statisticamente calcolabile, di manodopera in condizioni vicine alla schiavitù — e, soprattutto, di innescare
una forma di collaborazione, o meglio una positiva sinergia con quanti sono quotidianamente a stretto
contatto con il territorio e sono,
dunque, in grado di segnalare e denunciare presenze e spostamenti
inequivocabilmente sospetti. «Il
traffico di esseri umani, specialmente quello di bambini, è molto diffuso in Sud Africa», ha spiegato, pre-
sentando l’iniziativa, la coordinatrice del Ctip, madre Melanie O’
Connor, per la quale «non solo esiste il problema del traffico all’interno del Paese ma la maggior parte
del traffico di giovani tra i 14 e i 23
anni avviene attraverso i nostri confini da parte di singoli individui e
gruppi criminali organizzati». Di
qui la necessità, appunto, di segnalare con tempestività arrivi, partenze o comunque presenze e spostamenti anomali. Perché, come ha aggiunto la religiosa, «insieme possiamo fare la differenza».
L’iniziativa — riferisce il sito in
rete dell’episcopato cattolico sudafricano — è stata accolta con entusiasmo dagli stessi tassisti che numerosi nei giorni scorsi si sono radunati presso l’Harties Taxi Rank a
Hartbeespoort nel comune di Madibeng, nella North West Province,
per dare il via all’operazione. Nel
corso di una breve cerimonia padre
Barney McAcleer, per conto della
Sacbc, ha spiegato il senso dell’iniziativa sottolineando l’importanza
che anche i conducenti di auto
pubbliche possono avere nel combattere un fenomeno tanto ignobile
e diffuso. Non è comunque la prima volta che la Chiesa cattolica in
Sud Africa si mobilita contro la
tratta degli esseri umani. Tra le prime e più importanti campagne si ricorderà quella promossa già nel
2010 in occasione dei campionati
mondiali di calcio.
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 27 aprile 2016
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Comunicato
della Sala stampa della Santa Sede
di REINHARD MARX*
«Non perdiamo la speranza a causa
dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore
e di comunione che ci è stata promessa» (Amoris laetitia, n. 325). È
con queste parole che si conclude il
testo della esortazione apostolica. Le
parole iniziali di un documento
pontificio vengono citate spesso e
sono largamente conosciute, non
fosse altro perché le prime due ne
formano anche il titolo e quindi
vengono sempre scelte con cura. Ma
vale la pena guardare anche alle ultime parole. L’incoraggiamento a
non perdere la speranza a causa dei
propri limiti è posto alla fine di un
lungo documento, nel quale Papa
Francesco definisce un compito molto esigente che ci è affidato nella cura pastorale della Chiesa. Si tratta di
una cura pastorale che prende sul
serio la necessità di rispondere davvero in modo concreto alla storia e
alla situazione di vita individuale,
che le persone portano con sé quando si rivolgono a noi. E soprattutto:
di non predicare dall’alto un ideale,
ma di incoraggiare a vivere il Vangelo nelle rispettive situazioni di vita e
a scoprirlo come fonte dell’amore.
Proprio nella sfera vitale della sessualità, della relazione, del rapporto
di coppia, del matrimonio, della genitorialità e della famiglia, per ogni
persona che ci si pone di fronte abbiamo a che fare — in realtà da sempre, ma oggi con più forza e inevitabilmente — con una storia propria,
con aspettative, impronte, desideri e
anche ferite proprie. E solo in rarissimi casi è possibile classificare e valutare meramente in base a categorie
esterne quali aspetti e motivazioni
sono collegati a tale storia.
In questa situazione, che, senza
esagerare, talvolta è possibile definire confusa e complicata, va testimoniato il Vangelo di Gesù Cristo, il
messaggio dell’amore di Dio che
rende felici. È un compito davvero
impegnativo per la cura pastorale,
poiché senza un processo di dialogo
personale, e talora anche più intenso, tutto ciò non sarà possibile. La
triade «accompagnare, discernere e
integrare» descritta da Papa Francesco, diventerà il cantus firmus della
In merito al contratto con la società di revisione PricewaterhouseCoopers
(PwC), un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede — diffuso nella
mattina di martedì 26 aprile — rende note alcune precisazioni. La sospensione delle attività di revisione non è dovuta a considerazioni circa l’integrità o la qualità del lavoro avviato dalla PwC, tanto meno alla volontà di
uno o più enti della Santa Sede di bloccare le riforme in corso. Sono
emersi, però, elementi che riguardano il significato e la portata di alcune
clausole del contratto e le sue modalità di esecuzione. Tali elementi verranno sottoposti ai necessari approfondimenti. La decisione di procedere
in questo modo è stata presa dopo appropriate consultazioni tra le istanze
competenti e con esperti in materia. Si auspica che tale fase di riflessione e
di studio possa svolgersi in un clima di serenità e di collaborazione. L’impegno di una adeguata attività di revisione economico-finanziaria per la
Santa Sede e per lo Stato della Città del Vaticano rimane prioritario.
L’incoraggiamento della «Amoris laetitia»
Anche
nelle situazioni difficili
pastorale se essa vuole davvero raggiungere l’uomo e dischiudere quel
cammino che Dio stesso percorre
con queste persone. Ciò non mancherà di avere ripercussioni sulla
formazione e sul profilo dei nostri
sacerdoti, come anche delle nostre
collaboratrici e dei nostri collaboratori nella pastorale. Dovremo dedicare ancor più attenzione al dialogo
e all’accompagnamento pastorale,
ma ciò farà bene al profilo pastorale. Si tratta, di fatto, di rinnovare —
proprio nell’ambito del matrimonio
e della famiglia — una cura pastorale
esigente, che poi può portare anche
ai sacramenti del matrimonio, della
riconciliazione e dell’eucaristia, i
quali esprimono in modo particolare
la communio con Cristo e la Chiesa.
Dinanzi alla vastità e alla complessità delle esigenze poste da Amoris laetitia, un aspetto decisamente
positivo del documento è che Papa
Francesco non ha bisogno di modificare la grande dogmatica e non introduce nuovi orientamenti, dei quali occorrerebbe tener conto. Anzi,
egli riconduce questa dogmatica
sempre al suo nucleo e anche al suo
linguaggio, che deriva dal Vangelo,
sicché molte cose vengono riscoperte. Anche l’indicazione che gli insegnamenti e le norme della Chiesa
hanno bisogno di un adattamento
nella prassi pastorale non è un’innovazione introdotta da Papa Francesco. I numerosi riferimenti non solo
ai suoi predecessori, ma, nella questione dell’adattamento, anche a san
Tommaso d’Aquino, fanno vedere
chiaramente che si tratta di importanti beni rinvenuti nel tesoro della
tradizione della Chiesa.
Una dimostrazione concreta è,
per esempio, il riferimento a una riflessione di san Tommaso d’Aquino
(Summa theologiae, I-II, 94,4) che Papa Francesco cita al n. 304 di Amoris
laetitia. Riguarda il fatto che le norme e le regole generali, quando vengono applicate a situazioni concrete,
specifiche, non sempre sono del tutto adeguate. Non sempre tutti possono comprendere il significato esatto, e a volte la situazione non può
Messaggio per il cinquantenario della Conferenza episcopale spagnola
Al servizio della Chiesa
MADRID, 26. «Al servizio della
Chiesa e del nostro popolo»:
s’intitola così il messaggio con
il quale i vescovi spagnoli hanno voluto celebrare il cinquantesimo anniversario della Conferenza episcopale (Cee). A
conclusione dell’assemblea plenaria, i presuli hanno anche
manifestato la loro vicinanza al
popolo ecuadoregno colpito
dal terremoto e hanno aderito
alla colletta per l’Ucraina, indetta da Papa Francesco.
Nel discorso inaugurale dell’assise, il presidente dell’episcopato, il cardinale Ricardo
Blázquez Pérez, arcivescovo di
Valladolid, ha infatti ricordato
le vittime del terremoto che ha
colpito il Paese latinoamericano. «Chiediamo al Signore —
ha detto il porporato — l’eterno
riposo per le centinaia di per-
sone decedute, supplichiamo
per la pronta guarigione dei feriti e per le famiglie e per le
persone colpite da questa catastrofe». Nelle riflessioni dei
presuli ha trovato posto anche
la situazione dell’Ucraina, in risposta all’appello di Papa Francesco di realizzare una colletta
in tutte le Chiese cattoliche
dell’Europa a beneficio della
popolazione di questa nazione.
Al riguardo l’episcopato spagnolo ha annunciato un contributo di trecentomila euro. In
questa iniziativa sono coinvolte
tutte le diocesi della Spagna,
insieme alle organizzazioni caritatevoli e assistenziali della
Chiesa.
Riguardo alla Spagna, il
messaggio dei vescovi ricorda
che, nell’arco di 50 anni di storia, il Paese ha conosciuto avve-
nimenti epocali: un cambiamento di regime politico, con
l’instaurazione di un sistema
democratico costituzionale, lo
sviluppo del pluralismo, un
maggiore risalto della diversità
delle comunità autonome e l’irruzione di correnti di pensiero
e di modelli di vita differenti
fra loro, alcuni lontani dalla
tradizione cristiana. Davanti a
queste sfide, i presuli affermano
che con «un permanente spirito di servizio essi hanno potuto
discernere nella condizione morale della nazione e delle sue
istituzioni per mantenere una
costante presenza della Chiesa
in una società in continua trasformazione». I vescovi hanno
ribadito la libertà della Chiesa
ad agire nella società secondo
la propria identità, «stimolando
la presenza dei cattolici nella
vita pubblica, la carità politica
e la dimensione sociale della fede con l’obiettivo di difendere
la giustizia, la vita umana,
l’uguaglianza di tutti, il vero
matrimonio, la famiglia e il diritto dei genitori nell’educazione dei propri figli».
Tra le iniziative per celebrare
questo anniversario, l’episcopato ha annunciato la presentazione degli ultimi due volumi
della collana dedicata ai documenti della Conferenza episcopale. Infine, si sta lavorando alla realizzazione di due congressi: uno avrà come tema il ruolo
storico fondamentale delle conferenze episcopali, mentre l’altro sarà un omaggio alla figura
di Paolo VI e al suo rapporto
con la Spagna.
essere davvero racchiusa pienamente
in una regola. Allora serve la saggezza umana per trarre il meglio da
ogni situazione, rispettando la regola solo in parte o non rispettandola
affatto, perché altrimenti non si otterrebbe nulla di sensato. Papa
Francesco rende questa sobria teoria
d’azione feconda per la Chiesa, poiché da essa emerge chiaramente:
agire saggiamente non è «parlare in
modo incomprensibile» o «lassismo», bensì imprescindibile se si vogliono raggiungere obiettivi ragionevoli. Perciò quanti hanno in cura le
anime devono agire con saggezza, e
questo nel senso dell’insegnamento
della Chiesa e al tempo stesso alla
luce della misericordia, che per principio deve caratterizzare l’azione
della Chiesa. Salus animarium suprema lex!
Su questo sfondo si comprende
anche perché Amoris laetitia pone
particolare enfasi su alcuni aspetti.
Tra questi vi sono, accanto all’attenzione da parte dei pastori, anche il
rispetto della coscienza individuale,
che occorre formare, ma non sostituire (cfr. n. 37), e la necessità di
trovare nelle Chiese particolari soluzioni più inculturate, «attente alle
tradizioni e alle sfide locali» (n. 3).
Il compito che ne deriva per la
pastorale è di andare incontro individualmente alle persone, alla luce
della misericordia e dell’amore di
Dio, offrendo loro accompagnamento e comunione, a prescindere dalla
situazione di vita nella quale si trovano e dal fatto che questa corrisponda o meno in ogni aspetto
all’insegnamento della Chiesa. Tale
compito è tanto indispensabile
quanto profondamente cattolico ed
esigente. E non riguarda solo il matrimonio e la famiglia, ma tutte le situazioni della vita. A partire dalle riflessioni sinodali, Papa Francesco afferma: «Le realtà che ci preoccupano sono sfide. Non cadiamo nella
trappola di esaurirci in lamenti autodifensivi, invece di suscitare una
creatività missionaria. In tutte le situazioni “la Chiesa avverte la necessità di dire una parola di verità e di
speranza. […] I grandi valori del
matrimonio e della famiglia cristiana
corrispondono alla ricerca che attraversa l’esistenza umana” (Relatio
synodi 2014, 11)» (n. 57).
In un certo senso si può affermare
che Papa Francesco stesso ci precede
su questo cammino, avendo redatto
l’esortazione postsinodale in modo
tale da rappresentare una vasta proposta di orientamenti, che va incontro a tante situazioni di vita comuni,
che non condanna, ma invita.
Con molta probabilità, ogni lettrice o lettore interessato da questo testo, e certamente tutti coloro che sono impegnati nella pastorale, vi troveranno qualcosa da poter portare
con sé, meditare e realizzare nella
vita. Lasciamoci quindi contagiare
dall’impeto pastorale del testo e seguiamo l’esortazione di Papa Francesco a «cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» (n. 325).
*Cardinale arcivescovo
di München und Freising, presidente
della Conferenza episcopale tedesca
Nomine episcopali
Le nomine di oggi riguardano la
Chiesa a Cuba, in Messico, negli
Stati Uniti d’America, in Spagna e
in Malawi.
Juan de la Caridad
García Rodríguez
arcivescovo
di San Cristóbal
de La Habana (Cuba)
Nato in Camagüey l’11 luglio
1948, ha compiuto gli studi filosofici e teologici nel seminario di San
Basilio de El Cobre e nel seminario
maggiore San Carlos y San Ambrosio dell’Avana. Ordinato sacerdote
il 25 gennaio 1972, ha esercitato il
ministero nelle parrocchie di Morón
e di Ciego de Avila. È stato quindi
parroco di Jatibonico e di Morón e
vicario per la pastorale dell’allora
vicaria di Ciego-Morón. Nel 1989 è
divenuto parroco di Florida. È stato anche fondatore e direttore della
scuola per missionari della diocesi
di Camagüey. Nominato vescovo titolare di Gummi di Proconsolare e
ausiliare di Camagüey il 15 marzo
1997, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 7 giugno successivo. Il 10
giugno 2002 è stato promosso arcivescovo di Camagüey.
Ruy Rendón Leal
arcivescovo di Hermosillo
(Messico)
Nato a Ciudad de Cadereyta de
Jiménez, arcidiocesi di Monterrey, il
27 ottobre 1953, ha compiuto gli
studi ecclesiastici nel seminario di
Monterrey ed è stato ordinato sacerdote l’8 settembre 1979. Ha conseguito la licenza in teologia biblica
alla Pontificia università Gregoriana
e ha svolto il ministero in diversi
campi di apostolato. Nominato vescovo prelato di El Salto il 28 settembre 2005, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 30 novembre
successivo. E il 16 luglio 2011 è stato trasferito alla sede residenziale di
Matamoros.
Edward M. Rice
vescovo di Springfield Cape Girardeau
(Stati Uniti d’America)
Nato a Saint Louis, Missouri, il
28 luglio 1960, ha svolto gli studi
ecclesiastici presso Cardinal Glennon College e il Kenrick-Glennon
Seminary a Saint Louis. Ordinato
sacerdote il 3 gennaio 1987 per il
clero dell’arcidiocesi locale, ha svolto gli incarichi di vicario parrocchiale di Our Lady of Presentation
a Overland (1987-1991) e di Saint
Mary Magdalen a Saint Louis
(1991-1994); di insegnante alla Saint
Mary High School a Saint Louis
(1991-1994); di assistente direttore
(1994) e poi direttore (1995-2000)
del Cardinal Glennon College; di
parroco di Saint John the Baptist a
Saint Louis (2000-2008); di vicario
foraneo della South City Deanery
(2005-2008); di direttore delle vocazioni sacerdotali (2008-2010) e di
direttore ad interim dell’ufficio per
la vita consacrata (2009-2010). Nominato vescovo titolare di Sufes e
ausiliare di Saint Louis il 1° dicembre 2010, ha ricevuto l’ordinazione
episcopale il 13 gennaio 2011.
Manuel Herrero Fernández
vescovo di Palencia
(Spagna)
Nato il 17 gennaio 1947 a Serdio Val de San Vicente, provincia di
Cantabria, diocesi di Santander, è
entrato nel seminario minore San
Agustín a Palencia per gli studi medi. Poi ha compiuto i corsi di filosofia e i primi di teologia nel monastero agostiniano di Santa María de
la Vid, a Vid (Burgos). Ha completato gli studi di teologia dapprima
presso l’Estudio teológico Agustiniano di Valladolid e in seguito nel
monastero di San Lorenzo de El
Escorial a Madrid. Ha conseguito il
baccalaureato in teologia alla Universidad Pontificia Comillas, sempre nella capitale spagnola, e la licenza in teologia pastorale alla
Pontificia università di Salamanca,
sede di Madrid (1972-1974). Emessi
i voti solenni negli agostiniani il 25
ottobre 1967, è stato ordinato sacerdote il 12 luglio 1970 e ha ricoperto
i seguenti incarichi: formatore nel
collegio-seminario del suo ordine a
Palencia; direttore spirituale nel Colegio Nuestra Señora del Buen
Consejo, Madrid; parroco di Nuestra Señora de la Esperanza y Santa
Ana, Madrid; delegato del vicario
per le religiose, Vicaria III, Madrid
(1976-1984). Rientrato nella diocesi
di Santander nel 1985, è stato Delegato episcopale per la Caritas, professore del seminario di Monte
Corbán e delegato episcopale per la
vita consacrata. Nel 1995 è tornato
a Madrid come consigliere provinciale per la pastorale delle vocazioni e coordinatore della commissione
provinciale per la pastorale e le vocazioni, professore di pastorale nei
Centri teologici agostiniani di El
Escorial e di Los Negrales. Ritornato nel 1999 a Santander, è stato vicario generale per la pastorale e dal
2002 vicario generale della diocesi e
moderatore della curia fino a oggi.
Dal 22 dicembre 2014 al 30 maggio
2015 è stato amministratore diocesano di Santander.
John Alphonsus Ryan
vescovo di Mzuzu
(Malawi)
Nato il 27 febbraio 1952 a Tipperary, arcidiocesi di Cashel and
Emly, in Irlanda, dopo gli studi
primari e secondari è entrato nella
società di Saint Patrick – Kiltegan.
Nel 1971, dopo un anno di spiritualità a County Wicklow, ha iniziato
gli studi filosofici presso l’University of Cork, Douglas e nel 1974
quelli di teologia presso l’Istituto di
Kiltegan a County Wicklow. Ordinato sacerdote il 18 giugno 1978, è
partito missionario in Malawi, nella
diocesi di Mzuzu, svolgendo fino al
2005 il ministero nelle parrocchie di
Saint Paul a Mzimba, Saint Stephan a Kapuro, Saint Mathias a
Misuku (essendo nel contempo docente nella locale scuola secondaria
Community Day), e come docente
nel seminario minore di Saint Patrick a Rumphi. Negli stessi anni
ha compiuto studi in matematica
coronati con il dottorato in Irlanda.
È stato poi cappellano delle Sisters
of the Holy Rosary a Katete (20052011) e dal 2000 era cappellano e
docente di matematica dell’Università cattolica di Mzuzu, assistente
nella parrocchia Saint Augustine e
associate outstations; membro del
collegio dei consultori della diocesi.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
mercoledì 27 aprile 2016
Giovani durante la messa celebrata da Francesco
con le comunità indigene del Chiapas (15 febbraio 2016)
Nella vita dei popoli latinoamericani
È l’ora dei laici
Ma sembra che l’orologio si sia fermato
Nella vita dei popoli latinoamericani
«è l’ora dei laici», ma «sembra che
l’orologio si sia fermato»: lo scrive
Papa Francesco al cardinale Marc
Ouellet in una lettera che raccoglie e
approfondisce le riflessioni scaturite
dall’assemblea plenaria della Pontificia
commissione per l’America latina,
presieduta dal porporato e convocata lo
scorso marzo sul tema dell’«impegno
dei laici nella vita pubblica».
A Sua Eminenza il Cardinale
MARC ARMAND OUELLET, P.S.S.
Presidente della Pontificia
Commissione per l’America Latina
Eminenza,
Al termine dell’incontro della Commissione per l’America Latina e i
Caraibi ho avuto l’opportunità d’incontrare tutti i partecipanti dell’assemblea, nella quale si sono scambiati idee e impressioni sulla partecipazione pubblica del laicato alla vita
dei nostri popoli.
Vorrei riportare quanto è stato
condiviso in quell’incontro e proseguire qui la riflessione vissuta in
quei giorni, affinché lo spirito di discernimento e di riflessione “non cada nel vuoto”; affinché ci aiuti e
continui a spronare a servire meglio
il Santo Popolo fedele di Dio.
È proprio da questa immagine che
mi piacerebbe partire per la nostra
riflessione sull’attività pubblica dei
laici nel nostro contesto latinoamericano. Evocare il Santo Popolo fedele di Dio è evocare l’orizzonte al
quale siamo invitati a guardare e dal
quale riflettere. È al Santo Popolo
fedele di Dio che come pastori siamo continuamente invitati a guardare, proteggere, accompagnare, sostenere e servire. Un padre non concepisce se stesso senza i suoi figli. Può
essere un ottimo lavoratore, professionista, marito, amico, ma ciò che
lo fa padre ha un volto: sono i suoi
figli. Lo stesso succede a noi, siamo
pastori. Un pastore non si concepisce senza un gregge, che è chiamato
a servire. Il pastore è pastore di un
popolo, e il popolo lo si serve dal di
dentro. Molte volte si va avanti
aprendo la strada, altre si torna sui
propri passi perché nessuno rimanga
indietro, e non poche volte si sta nel
mezzo per sentire bene il palpitare
della gente.
Guardare al Santo Popolo fedele
di Dio e sentirci parte integrale dello
stesso ci posiziona nella vita, e pertanto nei temi che trattiamo, in maniera diversa. Questo ci aiuta a non
cadere in riflessioni che possono, di
per sé, esser molto buone, ma che finiscono con l’omologare la vita della
nostra gente o con il teorizzare a tal
punto che la speculazione finisce
coll’uccidere l’azione. Guardare continuamente al Popolo di Dio ci salva
da certi nominalismi dichiarazionisti
(slogan) che sono belle frasi ma che
non riescono a sostenere la vita delle
nostre comunità. Per esempio, ricordo ora la famosa frase: “è l’ora dei
laici” ma sembra che l’orologio si sia
fermato.
Guardare al Popolo di Dio è ricordare che tutti facciamo il nostro
ingresso nella Chiesa come laici. Il
primo sacramento, quello che sugella per sempre la nostra identità, e di
cui dovremmo essere sempre orgogliosi, è il battesimo. Attraverso di
esso e con l’unzione dello Spirito Santo, (i fedeli) «vengono consacrati per
formare un tempio spirituale e un
sacerdozio santo» (Lumen gentium,
n. 10). La nostra prima e fondamentale consacrazione affonda le sue radici nel nostro battesimo. Nessuno è
stato battezzato prete né vescovo. Ci
hanno battezzati laici ed è il segno
indelebile che nessuno potrà mai
cancellare. Ci fa bene ricordare che
la Chiesa non è una élite dei sacerdoti, dei consacrati, dei vescovi, ma
che tutti formiano il Santo Popolo
fedele di Dio. Dimenticarci di ciò
comporta vari rischi e deformazioni
nella nostra stessa esperienza, sia
personale sia comunitaria, del ministero che la Chiesa ci ha affidato.
Siamo, come sottolinea bene il concilio Vaticano II, il Popolo di Dio, la
cui identità è «la dignità e la libertà
dei figli di Dio, nel cuore dei quali
dimora lo Spirito Santo come in un
tempio» (Lumen gentium, n. 9). Il
Santo Popolo fedele di Dio è unto
con la grazia dello Spirito Santo, e
perciò, al momento di riflettere, pensare, valutare, discernere, dobbiamo
essere molto attenti a questa unzione.
Devo al contempo aggiungere un
altro elemento che considero frutto
di un modo sbagliato di vivere l’ecclesiologia proposta dal Vaticano II.
Non possiamo riflettere sul tema del
laicato ignorando una delle deformazioni più grandi che l’America Latina deve affrontare — e a cui vi chiedo di rivolgere un’attenzione particolare —, il clericalismo. Questo atteggiamento non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche
a sminuire e a sottovalutare la grazia
battesimale che lo Spirito Santo ha
posto nel cuore della nostra gente. Il
clericalismo porta a una omologazio-
usa un’espressione che ritengo
fondamentale, la fede del nostro popolo, i suoi orientamenti, ricerche,
desideri, aneliti, quando si riescono
ad ascoltare e a orientare, finiscono
col manifestarci una genuina presenza dello Spirito. Confidiamo nel nostro Popolo, nella sua memoria e nel
suo “olfatto”, confidiamo che lo Spirito Santo agisce in e con esso, e che
questo Spirito non è solo “proprietà”
della gerarchia ecclesiale.
Ho preso questo esempio della
pastorale popolare come chiave ermeneutica che ci può aiutare a capire meglio l’azione che si genera
quando il Santo Popolo fedele di
Dio prega e agisce. Un’azione che
non resta legata alla sfera intima della persona ma che, al contrario, si
trasforma in cultura; «una cultura
popolare evangelizzata contiene valori di fede e di solidarietà che possono provocare lo sviluppo di una
società più giusta e credente, e possiede una sapienza peculiare che bisogna saper riconoscere con uno
sguardo colmo di gratitudine»
(Evangelii gaudium, n. 68).
Allora, da qui possiamo domandarci: che cosa significa il fatto che i
VI
Maximino Cerezo Barredo, «Un popolo che cammina» (1984, chiesa rurale di Coclecito, Panamá)
ne del laicato; trattandolo come
“mandatario” limita le diverse iniziative e sforzi e, oserei dire, le audacie
necessarie per poter portare la Buona Novella del Vangelo a tutti gli
ambiti dell’attività sociale e soprattutto politica. Il clericalismo, lungi
dal dare impulso ai diversi contributi
e proposte, va spegnendo poco a
poco il fuoco profetico di cui l’intera
Chiesa è chiamata a rendere testimonianza nel cuore dei suoi popoli. Il
clericalismo dimentica che la visibilità e la sacramentalità della Chiesa
appartengono a tutto il popolo di
Dio (cfr. Lumen gentium, nn. 9-14), e
non solo a pochi eletti e illuminati.
C’è un fenomeno molto interessante che si è prodotto nella nostra
America Latina e che desidero citare
qui: credo che sia uno dei pochi
spazi in cui il Popolo di Dio è stato
libero dall’influenza del clericalismo:
mi riferisco alla pastorale popolare.
È stato uno dei pochi spazi in cui il
popolo (includendo i suoi pastori) e
lo Spirito Santo si sono potuti incontrare senza il clericalismo che
cerca di controllare e di frenare l’unzione di Dio sui suoi. Sappiamo che
la pastorale popolare, come ha ben
scritto Paolo VI nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, «ha certamente i suoi limiti. È frequentemente aperta alla penetrazione di molte
deformazioni della religione», ma
prosegue, «se è ben orientata, soprattutto mediante una pedagogia di
evangelizzazione, è ricca di valori.
Essa manifesta una sete di Dio che
solo i semplici e i poveri possono
conoscere; rende capaci di generosità
e di sacrificio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede;
comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la
provvidenza, la presenza amorosa e
costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al
medesimo grado: pazienza, senso
della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione.
A motivo di questi aspetti, Noi la
chiamiamo volentieri “pietà popolare”, cioè religione del popolo, piuttosto che religiosità... Ben orientata,
questa religiosità popolare può essere sempre più, per le nostre masse
popolari, un vero incontro con Dio
in Gesù Cristo» (n. 48). Papa Paolo
laici stiano lavorando nella vita pubblica?
Oggigiorno molte nostre città sono diventate veri luoghi di sopravvivenza. Luoghi in cui sembra essersi
insediata la cultura dello scarto, che
lascia poco spazio alla speranza. Lì
troviamo i nostri fratelli, immersi in
queste lotte, con le loro famiglie, che
cercano non solo di sopravvivere, ma
che, tra contraddizioni e ingiustizie,
cercano il Signore e desiderano rendergli testimonianza. Che cosa significa per noi pastori il fatto che i laici
stiano lavorando nella vita pubblica?
Significa cercare il modo per poter
incoraggiare, accompagnare e stimolare tutti i tentativi e gli sforzi che
oggi già si fanno per mantenere viva
la speranza e la fede in un mondo
pieno di contraddizioni, specialmente per i più poveri, specialmente con
i più poveri. Significa, come pastori,
impegnarci in mezzo al nostro popolo e, con il nostro popolo, sostenere la fede e la sua speranza.
Aprendo porte, lavorando con lui,
sognando con lui, riflettendo e soprattutto pregando con lui. «Abbiamo bisogno di riconoscere la città»
— e pertanto tutti gli spazi dove si
svolge la vita della nostra gente — «a
partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che
scopra quel Dio che abita nelle sue
case, nelle sue strade, nelle sue piazze... Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il
desiderio di bene, di verità, di giustizia. Questa presenza non deve essere
fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio
non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero» (Evangelii
gaudium, n. 71). Non è mai il pastore
a dover dire al laico quello che deve
fare e dire, lui lo sa tanto e meglio
di noi. Non è il pastore a dover stabilire quello che i fedeli devono dire
nei diversi ambiti. Come pastori,
uniti al nostro popolo, ci fa bene
domandarci come stiamo stimolando
e promuovendo la carità e la fraternità, il desiderio del bene, della verità e della giustizia. Come facciamo a
far sì che la corruzione non si annidi
nei nostri cuori.
Molte volte siamo caduti nella
tentazione di pensare che il laico impegnato sia colui che lavora nelle
opere della Chiesa e/o nelle cose
della parrocchia o della diocesi, e
abbiamo riflettuto poco su come accompagnare un battezzato nella sua
vita pubblica e quotidiana; su come,
nella sua attività quotidiana, con le
responsabilità che ha, s’impegna co-
me cristiano nella vita pubblica.
Senza rendercene conto, abbiamo
generato una élite laicale credendo
che sono laici impegnati solo quelli
che lavorano in cose “dei preti”, e
abbiamo dimenticato, trascurandolo,
il credente che molte volte brucia la
sua speranza nella lotta quotidiana
per vivere la fede. Sono queste le situazioni che il clericalismo non può
vedere, perché è più preoccupato a
dominare spazi che a generare processi. Dobbiamo pertanto riconoscere che il laico per la sua realtà, per
la sua identità, perché immerso nel
cuore della vita sociale, pubblica e
politica, perché partecipe di forme
culturali che si generano costantemente, ha bisogno di nuove forme
di organizzazione e di celebrazione
della fede. I ritmi attuali sono tanto
diversi (non dico migliori o peggiori) di quelli che si vivevano trent’anni fa! «Ciò richiede di immaginare
spazi di preghiera e di comunione
con caratteristiche innovative, più attraenti e significative per le popolazioni urbane» (Evangelii gaudium, n.
73). È illogico, e persino impossibile,
pensare che noi come pastori dovremmo avere il monopolio delle soluzioni per le molteplici sfide che la
vita contemporanea ci presenta. Al
contrario, dobbiamo stare dalla parte
della nostra gente, accompagnandola
nelle sue ricerche e stimolando
quell’immaginazione capace di rispondere alla problematica attuale.
E questo discernendo con la nostra
gente e mai per la nostra gente o
senza la nostra gente. Come direbbe
sant’Ignazio, «secondo le necessità
di luoghi, tempi e persone». Ossia
non uniformando. Non si possono
dare direttive generali per organizzare il popolo di Dio all’interno della
sua vita pubblica. L’inculturazione è
un processo che noi pastori siamo
chiamati a stimolare, incoraggiando
la gente a vivere la propria fede dove sta e con chi sta. L’inculturazione
è imparare a scoprire come una determinata porzione del popolo di
oggi, nel qui e ora della storia, vive,
celebra e annuncia la propria fede.
Con un’identità particolare e in base
ai problemi che deve affrontare, co-
me pure con tutti i motivi
che ha per rallegrarsi.
L’inculturazione è un lavoro artigianale e non una
fabbrica per la produzione
in serie di processi che si
dedicherebbero a «fabbricare mondi o spazi cristiani».
Nel nostro popolo ci
viene chiesto di custodire
due memorie. La memoria
di Gesù Cristo e la memoria dei nostri antenati. La
fede, l’abbiamo ricevuta, è
stato un dono che ci è
giunto in molti casi dalle
mani delle nostre madri,
delle nostre nonne. Loro
sono state la memoria viva
di Gesù Cristo all’interno delle nostre case. È stato nel silenzio della
vita familiare che la maggior parte di
noi ha imparato a pregare, ad amare,
a vivere la fede. È stato all’interno di
una vita familiare, che ha poi assunto la forma di parrocchia, di scuola e
di comunità, che la fede è giunta alla nostra vita e si è fatta carne. È
stata questa fede semplice ad accompagnarci molte volte nelle diverse vicissitudini del cammino. Perdere la
memoria è sradicarci dal luogo da
cui veniamo e quindi non sapere
neanche dove andiamo. Questo è
fondamentale, quando sradichiamo
un laico dalla sua fede, da quella
delle sue origini; quando lo sradichiamo dal Santo Popolo fedele di
Dio, lo sradichiamo dalla sua identità battesimale e così lo priviamo della grazia dello Spirito Santo. Lo
stesso succede a noi quando ci sradichiamo come pastori dal nostro popolo, ci perdiamo. Il nostro ruolo, la
nostra gioia, la gioia del pastore, sta
proprio nell’aiutare e nello stimolare,
come hanno fatto molti prima di
noi, madri, nonne e padri, i veri protagonisti della storia. Non per una
nostra concessione di buona volontà,
ma per diritto e statuto proprio. I
laici sono parte del Santo Popolo fedele di Dio e pertanto sono i protagonisti della Chiesa e del mondo;
noi siamo chiamati a servirli, non a
servirci di loro.
Nel mio recente viaggio in terra
messicana ho avuto l’opportunità di
stare da solo con la Madre, lasciandomi guardare da lei. In quello spazio di preghiera, le ho potuto presentare anche il mio cuore di figlio.
In quel momento c’eravate anche voi
con le vostre comunità. In quel momento di preghiera, ho chiesto a
Maria di non smettere di sostenere,
come ha fatto con la prima comunità, la fede del nostro popolo. Che la
Vergine Santa interceda per voi, vi
custodisca e vi accompagni sempre!
Dal Vaticano, 19 marzo 2016
Nel dvd sul vangelo di Luca distribuito ai partecipanti al giubileo dei ragazzi
Gesù in quindici lingue
Vedere Gesù nel suo ambiente di Galilea, osservarlo nello scorrere della vita quotidiana nella casa di Nazaret. Guardarlo mentre insegna e
chiama i discepoli a seguirlo, mentre guarisce
gli infermi e compie i miracoli. Soprattutto, riconoscerlo come Salvatore, colui che annuncia
la misericordia del Padre. È la possibilità offerta dal dvd Jesus. The Gospel according to St. Luke (“Gesù secondo il Vangelo di Luca”), distribuito in 120.000 copie ai partecipanti al giubileo dei ragazzi celebrato domenica 24 aprile in
piazza San Pietro.
Il dvd, che contiene un vero e proprio film
su Gesù ispirato al racconto di Luca, ha richiesto un notevole sforzo editoriale se si considera
che il video è doppiato in ben 15 lingue: arabo,
armeno, cantonese, cebuano, inglese, francese,
tedesco, indonesiano, italiano, mandarino, polacco, portoghese, spagnolo, tagalog e ucraino.
A promuovere l’iniziativa sono state le fondazioni Ramón Pané, con il suo presidente, l’argentino Ricardo Grzona, e Jesus film project,
con Erick Schenkel, direttore esecutivo, coadiuvato da Antonio Cabrera, e il sito internet
www.cristonautas.com in collaborazione con il
Pontificio Consiglio per la promozione della
nuova evangelizzazione.
Nell’introduzione il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga si rivolge ai giovani e li invita
a puntare l’attenzione soprattutto sull’episodio
Il segreto di un successo
Diretto dal britannico John Krish e
dall’australiano Peter Sykes, entrambi
provenienti dal cinema di genere, Jesus (The
Jesus Film) è un film del 1979 tratto dal Vangelo
di san Luca. Senza aver riscosso un particolare
successo al momento della sua uscita nelle sale,
negli anni ha avuto una graduale ma
complessivamente grande diffusione, tanto da
essere doppiato in molte lingue. Malgrado non
sia esente da alcuni limiti evidenti; anzi,
paradossalmente, proprio grazie ad alcuni di
questi limiti. La produzione americana, benché
abbastanza povera, assicura una confezione
tecnicamente solida e professionale. Ciò che
manca al film, piuttosto, è una vera costruzione
drammaturgica. Ma probabilmente è proprio
questo il segreto dell’insospettabile successo. La
parola evangelica, infatti, arriva allo spettatore
senza mediazioni, senza sovrastrutture artistiche,
in modo da sostenere l’intento dichiaratamente
divulgativo e didattico dell’opera, che non a
caso si apre con l’insolita scritta: «Un
documentario tratto dal vangelo di Luca».
Caratteristiche, quelle sopracitate, di solito
particolarmente apprezzate dall’ampio pubblico
del piccolo schermo, contesto decisamente
appropriato per un film come questo, e
soprattutto ideale per garantirne la giusta
diffusione. Tutto ciò, fra l’altro, non toglie che
le interpretazioni degli attori siano convincenti e
sentite, a partire da quella del Messia offerta dal
britannico Brian Deacon. (emilio ranzato)
in cui, durante la sua adolescenza, Gesù «viene
trovato mentre parlava con i sacerdoti riguardo
a Dio e tutti erano stupiti di quello che diceva
(Luca 2, 47). Sicuramente, anche la vostra vita
ha delle belle cose che possono stupire il mondo intero e anche Dio». Il video, come spiega
nella presentazione l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del dicastero per la nuova evangelizzazione, «mira a portare la storia di Gesù
ai giovani assetati di Dio. Attraverso le sue immagini incontreranno Cristo, il volto misericordioso del Padre».
Per andare incontro alle nuove generazioni,
è stata anche preparata una app gratuita:
Jesusfilmedia che permette di accedere al video
e vederlo nelle 1.400 lingue in cui finora è stato tradotto, che fanno di questo film il più tradotto (e probabilmente il più visto) della storia. Il progetto di girare un film sul Vangelo di
Luca risale alla fine degli anni Settanta.
L’obiettivo era di far parlare Gesù nella lingua
dello spettatore, di renderlo familiare, raggiungendo così un pubblico più vasto possibile. Il
film è stato distribuito in migliaia di parrocchie, istituzioni culturali e caritative, ed è stato
visto da un numero incalcolabile di persone.
In questo sforzo di diffusione si è distinta la
Fondazione Ramón Pané, che da venti anni è
impegnata nel supporto all’evangelizzazione e
alla missione, attraverso congressi, laboratori,
ritiri, conferenze, corsi online, software e applicazioni per pc, smarthphone, e tablet.
La fondazione Pané offre un servizio gratuito ogni settimana agli utenti della rete attraverso i due siti internet (www.fundacionpane.com
e www.cristonautas.com), fornendo materiale di
studio e di approfondimento per la riflessione
e la preghiera personale per adulti, giovani e
bambini. (nicola gori)