L`OSSERVATORE ROMANO
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L`OSSERVATORE ROMANO
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 95 (47.230) Città del Vaticano mercoledì 27 aprile 2016 . Messaggio di Papa Francesco Almeno sessanta civili uccisi nella città siriana È l’ora dei laici Aleppo sotto le bombe Ma sembra che l’orologio si sia fermato Nella vita dei popoli latinoamericani «è l’ora dei laici», ma «sembra che l’orologio si sia fermato»: lo scrive Papa Francesco al cardinale Marc Ouellet in una lettera che raccoglie e approfondisce le riflessioni scaturite dalla plenaria della Pontificia commissione per l’America latina, presieduta dal porporato lo scorso marzo sul tema dell’«impegno dei laici nella vita pubblica». Tema che per il Pontefice esige dai pastori la capacità di «servire meglio il santo popolo fedele di Dio», evitando il rischio di teorizzazioni racchiuse appunto in «belle frasi che non riescono a sostenere la vita delle nostre comunità». «Guardare al popolo di Dio è ricordare che tutti facciamo il nostro ingresso nella Chiesa come laici» afferma il Papa rammentando che «nessuno è stato battezzato prete né vescovo». Da ciò deriva che la Chiesa non può essere considerata «una élite dei sacerdoti, dei consacrati, dei vescovi»: deformazione che secondo Francesco alimenta la tentazione del «clericalismo» e provoca il soffocamento di quel «fuoco profetico di cui l’intera Chiesa è chiamata a rendere testimonianza». Il Pontefice rileva che in America latina la «pastorale popolare» ha rappresentato «uno dei pochi spazi in cui il popolo di Dio è stato libero dall’influenza del clericalismo». Ed evidenzia che «la fede del nostro popolo, i suoi orientamenti, ricerche, desideri, aneliti, finiscono col mani- Giovani messicani durante l’incontro con il Papa lo scorso 16 febbraio festarci una genuina presenza dello Spirito». In questo senso va incoraggiata la presenza dei laici nella vita pubblica: questo «significa — ribadisce il Papa — impegnarci in mezzo al nostro popolo e, con il nostro popolo, sostenere la fede e la sua speranza». Con la consapevolezza che il laico impegnato non è solo quello che lavora «in cose dei preti» ma è anche a pieno titolo «il credente che molte volte brucia la sua speranza nella lotta quotidiana per vivere la fede». «È illogico e persino impossibile — afferma Francesco — pensare che noi come pastori dovremmo avere il monopolio delle soluzioni per le molteplici sfide che la vita contemporanea ci presenta. Al contrario, dobbiamo stare dalla parte della nostra gente, accompagnandola nelle sue ricerche e stimolando quell’immaginazione capace di rispondere alla problematica attuale». PAGINA 8 Obama e i leader europei pronti a intervenire se ci sarà una richiesta formale del Governo Sostegno unanime alla Libia TRIPOLI, 26. Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia sono pronti a sostenere la Libia nella lotta al terrorismo ma solo se ci sarà la richiesta formale da parte del Governo locale. Il premier libico Al Sarraj si è rivolto alle Nazioni Unite, all’Europa e ai Paesi africani confinanti per proteggere le risorse petrolifere da possibili attacchi dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is). «Aiutateci a difendere i pozzi di petrolio» ha detto Al Sarraj. La Francia, che a inizio aprile aveva escluso l’invio di truppe o raid aerei in Libia, oggi si dice invece «pronta a garantirne la sicurezza marittima». Dobbiamo — ha dichiarato il ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian — «attendere che il premier Al Sarraj ci dica quali misure di sicurezza intenda adottare e quali sollecitazioni conta di fare alla comunità internazionale per assicurare la sicurezza marittima della Libia. Noi siamo pronti». In Italia, nel frattempo, tanto Palazzo Chigi quanto lo Stato maggio- Il 26 aprile 1986 il peggiore disastro nucleare della storia y(7HA3J1*QSSKKM( +.!"![!$!_! Chernobyl trent’anni dopo In un centro di riabilitazione fisica a Minsk i bambini provenienti dall’area del disastro indicano sulla mappa i loro villaggi (Reuters) PAGINA 2 re della Difesa hanno dovuto sottolineare l’infondatezza della notizia secondo cui il Governo avrebbe offerto alla Libia l’invio di 900 soldati con funzioni di protezione di siti sensibili, come i pozzi petroliferi, e di addestramento dell’esercito locale, come sostenuto da alcuni organi di informazione. Fonti della Difesa, invece, confermano l’esistenza di un piano già predisposto per una spedizione di circa 250 uomini, tra Esercito e Carabinieri, a protezione delle sedi diplomatiche e delle organizzazioni internazionali. In ogni caso, per il Governo italiano «la Libia è il dossier che ci riguarda più da vicino, c’è un cambio di disponibilità a livello internazionale, c’è piena disponibilità e pieno sostegno al Governo di Al Sarraj» ha detto ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Precisando poi che «ogni iniziativa in Libia dovrà essere espressamente richiesta dal Governo». Sulla stessa linea la Casa Bianca, che in un comunicato ha sottolineato la forte necessità di fornire sostegno al popolo libico, ma anche che l’aiuto potrà essere dato solo su richiesta delle autorità locali. L’aiuto sarà finalizzato a combattere l’Is e a colpire «l’impatto destabilizzante delle reti di contrabbando criminali» con la crescita dell’economia libica e la costruzione di «capacità nel settore della sicurezza». Senza dubbio, la questione libica interessa da vicino soprattutto l’Europa, conscia del fatto che un aumento del caos nel Paese africano potrebbe generare un notevole incremento del flusso di arrivi di migranti nel Canale di Sicilia in primavera e in estate. Il vero problema — sottolineano gli analisti — è la sostanziale fragilità dell’Esecutivo di Al Sarraj, nato da accordi mediati dalle Nazioni Unite, che però non ha ancora ricevuto il sostegno formale di quella importante parte del Paese che fa capo al Parlamento di Tobruk, in Cirenaica, soprattutto per l’opposizione del suo “uomo forte”, il generale Khalifa Haftar. Questi, forte del sostegno egiziano, sta organizzando una massiccia offensiva contro l’Is a Sirte. Per circa due anni la Libia è stata divisa in due entità separate: un’amministrazione sostenuta da gruppi islamisti e insediata nella capitale Tripoli, e il Parlamento di Tobruk, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale. Lo stallo politico è visto con preoccupazione dalla comunità internazionale e dall’Onu, che con il suo inviato speciale Martin Kobler ha sollecitato più volte Tobruk a dare la fiducia al Governo di unità nazionale entro dieci giorni. Senza un Esecutivo con il pieno controllo del territorio, ogni ipotesi di intervento militare è considerata prematura nelle cancellerie occidentali. Questo anche se — stando a fonti di stampa — Londra avrebbe già inviato nel Paese un commando delle forze speciali. DAMASCO, 26. Non si fermano i combattimenti in Siria, nonostante la tregua decisa da Stati Uniti e Russia. Ieri sessanta civili, tra i quali sette bambini, sono morti nei bombardamenti che hanno colpito la città di Aleppo, nel nord della Siria, da mesi sotto il fuoco incrociato delle truppe governative e dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is). Secondo fonti dei ribelli, citate dalle agenzie internazionali, i bombardamenti hanno colpito diverse aree della città, in particolare quelle ritenute sotto il controllo dei jihadisti. Stando ai dati diffusi, dei quali tuttavia non è stato possibile avere un riscontro indipendente, 45 persone sono morte nei bombardamenti effettuati da aerei ed elicotteri sui quartieri orientali. Altre quindici sono state uccise da mortai, razzi e cilindri esplosivi. Decine di altri civili sono rimasti feriti in diversi settori della città. Ma la violenza non riguarda soltanto il nord. Anche nell’area della capitale Damasco si registra un’intensificazione degli scontri. Sono almeno quindici le persone rimaste uccise e oltre ottanta quelle ferite, ieri, a causa dell’esplosione di un’autobomba vicino a un santuario sciita, alle periferia meridionale della città. Il quartiere colpito è quello di Sayeda Zeinab. Le forze di sicurezza e i soccorsi hanno immediatamente circondato la zona dell’attacco, di cui non c’è stata ancora rivendicazione. Nel frattempo, a complicare il quadro negli ultimi giorni ci sono state nuove operazioni dell’esercito turco per colpire i miliziani del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) in Siria e soprattutto in Iraq. «Abbiamo sempre detto che la questione può essere risolta solo attraverso negoziati con la Turchia e continuiamo a dirlo» ha spiegato il leader del Pkk Cemil Bayik, in un’intervista alla Bbc dal suo rifugio nelle montagne di Qandil, nel nord dell’Iraq. «Ma se, invece dei negoziati, pensano che i curdi si arrenderanno, ebbene questo non avverrà mai». In tal senso — ha aggiunto il leader del Pkk — «azioni contro i soldati possono essere compiute, non le condanniamo. È una guerra e anche loro combattono. Condanniamo gli attacchi contro i civili». Bayik ha inoltre rivelato che «ci sono stati contatti diretti tra il Pkk ed esponenti americani e della Coalizione impegnati nella lotta all’Is, contro cui combattono anche le forze curde in Siria e Iraq». L’intervista di Cemil Bayik ha suscitato la forte irritazione di Ankara. «Non è giornalismo, ma tentativi di propaganda per un’organizzazione terroristica» ha detto il portavoce del presidente Recep Tayyip Erdoğan. A Ginevra, nel frattempo, proseguono i negoziati tra esponenti del Governo siriano e l’opposizione. Nelle ultime ore sembra si sia aperto qualche spiraglio: l’opposizione avrebbe accettato di portare avanti le trattative indirette, aprendo all’ipotesi di un futuro Esecutivo di transizione che includa anche membri dell’attuale Governo, dunque legati al presidente Assad. Una scelta importante, che ora potrebbe aprire la strada verso un salto di qualità del negoziato. Questo mentre Washington si prepara a inviare nuovi militari sul terreno: ieri il presidente Barack Obama ha annunciato un rafforzamento della presenza in Siria con 250 soldati — sono già presenti nel Paese cinquanta membri delle forze speciali — per combattere l’avanzata dell’Is. In tal modo — ha fatto sapere la Casa Bianca — Obama intende soprattutto sostenere la cessazione delle ostilità in atto. «Il presidente ha autorizzato una serie di misure per rafforzare il sostegno ai nostri partner nella regione, tra cui le forze di sicurezza irachene e le forze siriane locali, che lottano contro l’Is» ha detto un alto funzionario americano. Obama tuttavia ritiene che l’unica vera soluzione della guerra siriana sia il negoziato e che quindi l’opzione militare resta comunque non contemplata. «Amoris laetitia» Nelle situazioni difficili REINHARD MARX A PAGINA 7 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico in Bahrein e negli Emirati Arabi Uniti Sua Eccellenza Monsignor Francisco Montecillo Padilla, Arcivescovo titolare di Nebbio, Nunzio Apostolico in Kuwait e Delegato Apostolico nella Penisola Arabica. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi Metropolitana di San Cristóbal de La Habana (Cuba), presentata dall’Eminentissimo Cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi Metropolitana di Hermosillo (Messico), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Ulises Macías Salcedo, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di San Cristóbal de La Habana (Cuba), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Alfredo Víctor Petit Vergel, Vescovo titolare di Buslacena, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Provviste di Chiese Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita di San Cristóbal de La Habana (Cuba) Sua Eccellenza Monsignor Juan de la Caridad García Rodríguez, finora Arcivescovo di Camagüey. Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita di Her- mosillo (Messico) Sua Eccellenza Monsignor Ruy Rendón Leal, finora Vescovo di Matamoros. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Springfield – Cape Girardeau (Stati Uniti d’America) Sua Eccellenza Monsignor Edward M. Rice, finora Vescovo titolare di Sufes ed Ausiliare dell’Arcidiocesi di Saint Louis. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Palencia (Spagna) il Reverendo Manuel Herrero Fernández, O.S.A., finora Vicario Generale della Diocesi di Santander. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Mzuzu (Malawi) il Reverendo Padre John Alphonsus Ryan, Missionario della Saint Patrick’s Society (Kiltegan), Docente all’Università di Mzuzu. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 mercoledì 27 aprile 2016 Sempre più polizia ai confini dell’Austria Ancora sbarchi in Italia Obama apre a un intervento della Nato contro gli scafisti BRUXELLES, 26. Impegno della Nato nel Mediterraneo contro gli scafisti. Se ne parla da tempo e ora l’Europa ha l’appoggio del presidente degli Stati Uniti. Non si tratta di decisioni operative ma di uno scambio di opinioni Ripresi i negoziati sui commerci tra Ue e Stati Uniti NEW YORK, 26. Ripresi i negoziati per il Trattato transatlantico di libero scambio commerciale tra Stati Uniti e Europa, che insieme rappresentano il 46 per cento del prodotto interno lordo (pil) mondiale. Si tratta del tredicesimo round, che si svolge a New York, di un processo iniziato a luglio 2013 per riscrivere le regole di un commercio che rappresenta il 30 per cento degli scambi mondiali ed è quantificabile in almeno 700 miliardi l'anno. Si tratta di assicurare accesso a mercati ancora chiusi, ma anche di dar vita a una cooperazione regolamentare che annullerebbe i costi dovuti alle differenze tra normative. Precisamente si chiama Transatlantic Trade and Investment Partnership, è noto con la sigla Ttip. Alla vigilia della ripresa del negoziato, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, nella sua visita in Germania, ha usato parole di ottimismo sperando in una chiusura entro la fine dell’anno. Bisogna considerare che l’analogo accordo firmato da Washington con i Paesi del Pacifico, dalla sigla Ttip, aspetta ancora la ratifica del Congresso. Sull’altro fronte, risultano più cauti i leader europei, di Germania, Francia, Italia, che Obama ha incontrato ad Hannover. In particolare, Parigi e Berlino parlano di intransigenza americana nel negoziare. Il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, spiega che «l’Italia spinge per la chiusura del negoziato ma nel rispetto di tante specificità». Secondo studi di settore, l’accordo dovrebbe far crescere il pil europeo dello 0,5 per cento l’anno, dando vita alla maggiore area unitaria commerciale del pianeta con 800 milioni di consumatori. Tra le questioni in discussione, ci sono gli investimenti. Per tutelare gli investitori da decisioni nazionali che possano metterli in pericolo e allo stesso tempo tutelare i Governi dalle pressioni delle multinazionali, la Commissione Ue ha proposto, invece dell’attuale sistema di arbitrati bilaterali, una sorta di tribunale arbitrale per dirimere le controversie. In tema di prodotti, c’è la preoccupazione che negli Stati Uniti non vengano tutelati come in Europa i prodotti di origine controllata. C’è poi il settore dell’energia. Bruxelles vuole includere un capitolo per poter partecipare al mercato americano dove guarda allo “shale gas”. Washington considera il settore strategico per la sicurezza e quindi chiuso alle imprese non statunitensi. Guardando ai cittadini europei, preoccupa il rischio di abbassamento degli standard, più alti che oltreoceano, nei settori sociali, sanitari, ambientali. Bisogna dire che il Trattato commerciale non è solo questione di business, ma anche di geopolitica. Si riscriverebbero regole e standard validi, in qualche modo, anche per il resto del mondo. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va avvenuto ad Hannover, in Germania, con la cancelliera tedesca e i leader di Francia, Italia, Gran Bretagna. In tema di migrazioni, l’attenzione torna al Mediterraneo. Non si fermano gli arrivi. È sbarcata nel porto di Reggio Calabria la nave Spica della Marina Militare con a bordo 243 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia, 184 uomini, 59 donne e 46 minori non accompagnati, tutti provenienti dall’Africa. In particolare da Burkina Faso, Gambia, Ghana, Nuova Guinea, Libia, Mali, Nigeria, Senegal e Sudan. C’è da dire che, anche se il numero delle persone che attraversano l’Egeo si è significativamente ridotto dall’avvio del patto tra Unione europea e Turchia il 20 marzo, la Guardia costiera greca ha comunque soccorso nell’ultima settimana 304 migranti e rifugiati in 8 diverse operazioni. Inoltre, non mancano preoccupazioni su altri fronti. L’Austria rafforza i controlli alla frontiera con l’Ungheria e si prepara a ripristinare il confine al Brennero, con l’Italia. La polizia austriaca ha cominciato a controllare i veicoli ai principali punti di accesso dall’Ungheria, spiegando che i controlli servono a impedire ingressi illegali da altri Paesi europei. E pattuglie di militari sono state schierate a sorvegliare tratti della frontiera. Sul fronte del Brennero, per mercoledì 27 è stata organizzata una conferenza stampa al valico per illustrare «il management di controllo del confine» con l’Italia. Da parte sua, il presidente del Consiglio italiano, Renzi, è tornato a sottolineare che non c’è alcun elemento che giustifichi la chiusura del Brennero, per poi affermare che «le autorità austriache non potranno che rispettare la normativa Ue». Se così non fosse, sarà Bruxelles a prendere le decisioni conseguenti. Ma per ora Bruxelles non ha risposte alla lettera inviata dalle autorità italiane, due settimane fa, per chiedere ufficialmente «con estrema urgenza, la verifica della compatibilità» delle misure austriache con le regole del Codice Schengen. L’Austria ha appena registrato il trionfo dell’estrema destra al primo turno delle presidenziali. Il candidato del Partito della Libertà di stampo nettamente anti migranti, Norbert Hofer, ha conquistato oltre il 36 per cento dei voti. Nel ballottaggio del 22 maggio affronterà l’ecologista Alexander van der Bellen, mentre i candidati di socialisti e popolari sono rimasti fuori. Di populisti e anti europeisti ha parlato Obama, proprio nella sua visita nel vecchio continente, definendole «voci sempre più forti» di «scettici» che dicono che l’Europa sia destinata a fallire. Ha speso parole sul senso dell’Europa unita citando Adenauer, uno dei padri del progetto europeo, sostenuto da Washington sul nascere. Ha sottolineato che «il mondo ha bisogno di un’Europa forte, benestante e unita», per l’ordine globale e la sicurezza internazionale. Obama ha ribadito che i muri non servono. Migranti appena sbarcati nel porto di Pozzallo (Reuters) Resta precaria la situazione nell’est ucraino Il 26 aprile 1986 il peggiore disastro nucleare della storia Chernobyl trent’anni dopo KIEV. 26. Il mondo ricorda oggi il disastro di Chernobyl (Ucraina settentrionale, territorio che all’epoca faceva parte dell’Urss), peggiore incidente nucleare in assoluto, che uccise migliaia di persone e che ha indotto a un ripensamento globale circa l’opportunità di affidarsi al combustibile atomico. Il 26 aprile del 1986, il reattore numero 4 dell’impianto esplose, bruciando ininterrottamente per dieci giorni. Più di 200 tonnellate di uranio rimasero all’interno del fatiscente rettore, che per giorni riversò nubi radioattive su tre quarti d’Europa, mentre le autorità sovietiche tentavano di nascondere la gravità dell’accaduto. È uno dei due incidenti classificati come catastrofici con il livello 7, il massimo della scala Ines dell’Aiea, insieme al disastro del marzo del 2011 nella centrale giapponese di Fukushima. Le cause della sciagura di Chernobyl furono indicate in gravi mancanze da parte del personale, sia tecnico che dirigente, in problemi relativi alla struttura e alla progettazione dell'impianto stesso e nella sua errata gestione economica ed amministrativa. Nel corso di un test definito «di sicurezza» (già eseguito senza problemi di sorta sul reattore numero 3), ricordano gli esperti, il personale si rese responsabile della violazione di svariate norme di sicurezza, portando a un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore numero 4: si determinò così la scissione dell'acqua di refrigerazione in idrogeno e ossigeno a pressioni così elevate da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il contatto dell’idrogeno e della grafite incandescente delle barre di controllo con l'aria, innescò poi una fortissima esplosione, che provocò lo scoperchiamento del reattore che, a sua volta, innescò un gigantesco incendio. Una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente e rendendo necessario lo sgombero e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, toccando anche l’Italia, la Francia, la Germa- GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio nia, la Svizzera, l’Austria e i Balcani, fino a porzioni della costa orientale del Nord America. Persistenti timori di nuove perdite dalla struttura in cemento armato che copre i rifiuti tossici, hanno indotto a pensare di costruire una nuova copertura per tenere al sicuro il sito per almeno un altro secolo. I Paesi donatori lunedì si sono impe- Scarpe di bambini di una scuola a Pripyat, città evacuata subito dopo l’esplosione del 1986 (Epa) Riaperta a Bruxelles la stazione della metro di Maelbeek BRUXELLES, 26. A poco più di un mese dagli attentati, Bruxelles ha riaperto tutte le stazioni della metropolitana, compresa quella di Maelbeek, dove hanno trovato la morte 16 delle 32 vittime della carneficina del 22 marzo scorso. La ripresa della circolazione dei treni è avvenuta gradualmente, per ragioni di sicurezza e anche psicologiche. La società che gestisce il trasporto pubblico della capitale ha ammesso una diminuzione del numero dei passeggeri quotidiani, nonostante la massiccia presenza Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione gnati a versare altri 87,5 milioni di euro per la costruzione di un nuovo impianto di stoccaggio, che dovrebbe consentire agli ucraini di vivere al sicuro per ancora varie generazioni a venire. Nelle settimane successive alla tragedia furono trentuno i lavoratori della centrale e i pompieri che rimasero uccisi dalle radiazioni. Ma il Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va di polizia e soldati nelle stazioni e il controllo delle entrate, ridotte di numero e presidiate. Il Governo belga ha garantito un ritorno alla normalità nel medio termine anche all’aeroporto di Zaventem, che al momento resta di difficile accesso con un perimetro di sicurezza molto ampio, all’interno del quale si accede solo dopo il controllo dei bagagli e dei biglietti, quindi senza accompagnatori. Solo da venerdì scorso è nuovamente possibile arrivarci in treno. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale KIEV, 26. Resta precaria, nonostante il cessate il fuoco, la situazione nella regione ucraina orientale del Donbass, dove nelle ultime ore l’Osce ha rilevato centinaia di esplosioni e di violazioni della tregua. Fonti da Kiev e dei separatisti russi informano che negli ultimi combattimenti sono rimasti uccisi un civile e tre soldati. Intanto, l’economista polacco Leszek Balcerowicz è stato nominato ieri dal presidente, Petro Poroshenko, suo rappresentante al Consiglio dei ministri. Balcerowicz è stato anche nominato copresidente del Gruppo dei consiglieri strategici per il sostegno delle riforme in Ucraina. L’altro co-presidente è Ivan Miklosh, ex vice premier ed ex ministro delle Finanze slovacco. Nel frattempo, in conformità con l'iniziativa per il consolidamento della sicurezza dei loro alleati della Nato, gli Stati Uniti hanno deciso di rafforzare lo schieramento di forze militari in Europa orientale. Due caccia stealth di ultima generazione, F-22 Raptor, e un aereo cisterna sono atterrati ieri nella base romena di Mihail Kogălniceanu, sulla costa del mar Nero, nella parte orientale del Paese. Altri due F-22, l’aereo da guerra più moderno in servizio nella Us Air Force, sono schierati dallo scorso anno in Polonia. numero esatto delle vittime collaterali del disastro è ancora incerto e non c’è modo di stabilire con certezza la responsabilità di morti e di malattie avvenute in seguito. Sono decine di migliaia le persone che si ammalarono a causa dell’esplosione del reattore numero 4. Un dramma spesso dimenticato in un territorio che ancora ne paga le conseguenze. E a trent’anni da Chernobyl, Germania Lussemburgo e Olanda hanno lanciato ieri nuovi timori per la tenuta dei reattori delle centrali belghe Doel 3 e Tihange 2, riaperte recentemente dopo un periodo di inattività dovuto a una lunga serie di guasti. I Governi di Berlino, Lussemburgo e Amsterdam hanno chiesto ulteriori ispezioni sui sarcofagi dei due reattori, dopo che un rapporto realizzato da tecnici indipendenti ha evidenziato carenze in caso di eventuali incidenti o di surriscaldamento, carenze determinate dalla presenza di numerose microfessure. L’ipotesi di nuove indagini è però stata seccamente respinta da Bruxelles, che si è fatta scudo del giudizio indipendente dell’Agenzia federale belga per il controllo nucleare. L’Agenzia ha infatti ribadito la sicurezza delle due installazioni, assicurando — si legge in una nota — che la Germania «non ha tutte le informazioni necessarie» per valutare lo stato delle strutture nucleari di Doel 3 e Tihange 2. Consultazioni politiche in Spagna per il nuovo Governo MADRID, 26. Il re di Spagna Filippo VI ha avviato nuove consultazioni politiche per formare un nuovo Governo ed evitare così elezioni anticipate. Da quattro mesi la Spagna è infatti senza Esecutivo. Sia il presidente del Governo uscente, il leader del Partito popolare Mariano Rajoy, che il socialista Pedro Sánchez non sono riusciti a formare una maggioranza in grado di governare. Il sovrano ha incontrato ieri Pedro Quevedo Iturbe, il capo del piccolo partito Nueva Canarias, e concluderà le consultazioni oggi Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 con i leader dei quattro maggiori partiti, tra cui Rajoy e Sánchez. Le elezioni dello scorso 20 dicembre non hanno dato a nessun gruppo la maggioranza dei 350 seggi in Parlamento. Da allora nessuno è riuscito a formare una coalizione di governo. Secondo la legge spagnola, se entro il 2 maggio il Paese non avrà un esecutivo, saranno indette elezioni anticipate per il 26 giugno. Secondo gli analisti, anche un nuovo voto potrebbe non riuscire a modificare gli equilibri in Parlamento e a sbloccare lo stallo. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 27 aprile 2016 pagina 3 Alcuni dei parenti degli studenti durante la presentazione del rapporto (Ansa) Goldman Sachs immagina un nuovo sogno americano Trump e Clinton favoriti nelle primarie in cinque Stati Tappa decisiva verso la Casa Bianca WASHINGTON, 26. Con un nuovo “super martedì” riparte la corsa delle presidenziali statunitensi. Quella di oggi è una giornata fondamentale per capire quali saranno i due candidati, democratico e repubblicano, che andranno a sfidarsi per ottenere la Casa Bianca. I riflettori sono puntati soprattutto sulla Pennsylvania, ultimo Stato “pesante” per numero di delegati prima della California. Ma quando si arriverà in California, precisamente il prossimo 7 giugno, i giochi potrebbero già essere chiusi in favore del repubblicano Donald Trump e della democratica Hillary Clinton. I due, qualora dovessero trionfare anche oggi, otterrebbero un vantaggio considerevole rispetto ai loro diretti rivali. Come detto, lo Stato più importante è la Pennsylvania che mette in palio 71 delegati per i repubblicani e 189 per i democratici. Il magnate Trump si presenta alle urne con 854 delegati contro i 559 dell’altro repubblicano, Ted Cruz, mentre l'ex segretario di Stato può contare su 1428 delegati rispetto ai 1153 di Bernie Sanders. In Pennsylvania, secondo gli ultimi sondaggi diffusi dalla stampa, Trump dovrebbe superare Cruz ottenendo il 45 per cento delle preferenze, mentre Clinton è vista in vantaggio del 53 per cento rispetto al senatore del Vermont, che dovrebbe fermarsi intorno al 38. Oltre alla Pennsylvania si voterà anche in Maryland (118 delegati per i democratici, 38 per i repubblicani) e in Connecticut (settanta delegati per i democratici e 28 per i repubblicani). In Maryland Trump è visto al 41 per cento contro il 26,3 di John Kasich, mentre in Connecticut il miliardario newyorchese dovrebbe prendere il 49 per cento delle preferenze rispetto al 27 del governatore dell’Ohio. In campo democratico, Hillary Clinton, secondo i sondaggi, è vista vittoriosa sia in Maryland (57 per cento contro il 35,3 di Sanders) sia in Connecticut (50 a 42,5). Infine si voterà anche in due Stati più piccoli, il Delaware (31 delegati democratici e 16 repubblicani) e Rhode Island (33 delegati democratici e 19 repubblicani), ma anche qui sembra che il copione sia già scritto. A tenere banco in queste ore è soprattutto l’estremo tentativo che la leadership repubblicana sta facendo per fermare Trump e portare al voto un candidato ritenuto più credibile. Ieri Cruz e Kasich hanno deciso di stringere un’alleanza elettorale: i due si spartiranno i voti nei prossimi Stati in cui si andrà alle urne. Cruz — come si legge nei comunicati dei due candidati — si concentrerà in particolare sull’Indiana, dove si andrà al voto il 3 maggio, assicurando i suoi voti a Kasich soprattutto in Oregon (17 maggio) e New Mexico (7 giugno). Resta tuttavia difficile capire — dicono gli analisti — se anche con una mossa di questo tipo la corsa di Trump potrà essere fermata. Irrisolto il caso dei 43 studenti scomparsi nello Stato di Guerrero Messico senza verità CITTÀ DEL MESSICO, 26. Un gruppo di esperti della Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) ha respinto ieri la versione ufficiale fornita dal Governo messicano riguardo la scomparsa dei 43 studenti nello Stato di Guerrero nel settembre del 2014. Gli studenti erano stati arrestati dalla polizia di Iguala, con l’accusa di aver sequestrato autobus municipali. Sarebbero poi stati uccisi da sicari di una banda di narcotrafficanti locali. Gli esperti della Cidh termine del loro mandato, come aveva richiesto la Cidh. È di ieri invece la notizia dell’uccisione nella città di Taxco, nello Stato di Guerrero, di un giornalista messicano, Francisco Pacheco Beltran, cronista di «El Sol de Acapulco». Secondo fonti ufficiali, l’uomo è stato assassinato davanti alla sua abitazione da un gruppo di uomini armati. Il Governatore di Guerrero, Hector Astudillo, ha dichiarato che la polizia sta investigando sul caso. Dopo la massiccia offensiva delle truppe yemenite Non si fermano gli attacchi dei talebani I qaedisti abbandonano Mukalla Ghani esclude il dialogo con i terroristi La sfida idrica che incombe sul Medio oriente ROMA, 26. Il progressivo esaurimento delle riserve di acqua potabile disponibili porterà allo scoppio di gravi disordini e guerre soprattutto in Medio oriente. A lanciare l’allarme — secondo quanto riporta il sito Arab Press — è stata la rivista Newsweek che ha pubblicato un rapporto basato su telegrammi segreti di diplomatici statunitensi resi noti dal sito Wikileaks. In base a questo rapporto, a fronte di un aumento della popolazione mondiale pari a circa due miliardi di persone nei prossimi anni, la carenza di risorse idriche causerà un’ondata di violenze e di conflitti in tutto il mondo, specialmente in Siria e in Yemen. Nel dettaglio, Newsweek cita un telegramma di un diplomatico americano secondo cui alcuni responsabili aziendali hanno previsto che un terzo della popolazione mondiale nel 2025 soffrirà per mancanza di acqua e che la situazione diventerà catastrofica nel 2050. Le zone più colpite saranno appunto il Medio oriente ma anche l’Asia, e in particolare il nord dell’India e la Cina. Solo uno sforzo collettivo — ricorda la rivista — nella lotta al riscaldamento globale potrà fermare questa situazione, trovando soluzioni alternative. Si potrebbe prendere a modello, per esempio, la grande esperienza dei Paesi del Golfo persico nella desalinizzazione delle acque e nella costruzione di enormi impianti di trasformazione dell’acqua del mare in acqua dolce. Investimenti in questo settore potrebbero rendere tali tecnologie più economiche e fruibili. sottolineano che non esistono prove che i corpi degli studenti siano stati bruciati in una discarica pubblica, come sostiene la tesi ufficiale, aggiungendo che le possibili complicità di agenti della polizia federale e di unità dell’esercito non sono state opportunamente esaminate. Tuttavia il rapporto degli esperti segna la fine della loro missione di verifica, che si conclude tra tre giorni, avendo il Governo rifiutato di prolungare il WASHINGTON, 26. L’apertura ai comuni cittadini segna la fine dell’esclusività della Goldman Sachs, da più di centocinquant’anni considerata la banca d’affari dei ceti più elevati. Infatti, l’istituto ha annunciato ieri che d’ora in poi anche i piccoli risparmiatori avranno la possibilità di aprire conti correnti, perfino con un solo dollaro. La svolta è stata dettata dalle pressioni del mercato finanziario per creare nuove linee di finanziamento, tenendo conto soprattutto della volatilità dell’attuale situazione e delle norme più stringenti imposte dal Governo. La banca — uno dei giganti di Wall Street sopravvissuta al grande tsunami economico del 2008 — intende quindi aprire «una nuova strada da usare, con un orientamento e un tenore diverso per raccogliere fondi» ha spiegato Stephen Scherr, uno dei manager di punta dell’istituto. Tuttavia, l’apertura alla classe media non sarà abbastanza significativa, secondo alcuni analisti, da sostituire i ricavi persi nel trading. Militare yemenita durante un’operazione SANA’A, 26. L'importante città portuale yemenita di Mukalla, rimasta per un anno sotto il controllo dei miliziani di Al Qaeda, è ormai sotto il pieno controllo delle forze yemenite fedeli al presidente, Abd Rabu Mansour Hadi. Tutti i gruppi legati ad Al Qaeda e ai ribelli hanno abbandonato la città, stando a quanto riporta oggi la Bbc. Si tratta – dicono gli analisti – di un'importante punto a favore delle truppe regolari di Hadi, sostenute dalla coalizione a guida saudita. Nel frattempo, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha invitato le parti coinvolte nei negoziati in corso in Kuwait – il Governo di Hadi e i ribelli huthi – a dare prova di buona volontà nel dialogo. In una dichiarazione unanime, il Consiglio ha espresso soddisfazione per la tregua in atto dallo scorso 11 aprile e ha chiesto un nuovo impegno per superare i nodi ancora da sciogliere. Nei giorni scorsi, i ribelli huthi avevano espresso perplessità sulla possibilità di proseguire nelle trattative a causa delle violazioni della tregua. Secondo i dati ufficiali forniti dalle Nazioni Unite, il sanguinoso conflitto nello Yemen ha finora causato oltre 6.400 morti, metà dei quali civili, mentre 2,8 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le loro abitazioni. KABUL, 26. Il presidente dell’Afghanistan, Ashraf Ghani, ha bollato ieri come «nemici del popolo» movimenti terroristici quali il cosiddetto Stato islamico (Is), Al Qaeda e Rete Haqqani, ma anche «alcuni gruppi talebani», sostenendo che «con essi non c’è alcuna possibilità di dialogo». In un intervento in Parlamento a Kabul a Camere riunite sui temi della sicurezza, il capo dello Stato ha spiegato inoltre che «le porte sono aperte per quei talebani che vogliono mettere fine al bagno di sangue in corso nel Paese». I nemici dell’Afghanistan — ha insistito Ghani — «sono gruppi mercenari che amano spargere il sangue dei loro connazionali e che continuano la guerra e il terrorismo». Per quanto riguarda le prospettive del suo Esecutivo, Ghani ha detto di non attendersi che il Pakistan convinca i talebani a unirsi al dialogo di pace, ma ha chiesto a Islamabad di avviare operazioni sul suo territorio contro i militanti impegnati ad attaccare le forze afghane. Secondo il presidente, infatti, i commando degli insorti entrano in Afghanistan dalle basi pakistane a Quetta e a Peshawar. Al termine del suo intervento, il capo dello Stato ha nuovamente condannato il recente attacco suicida a Kabul. Immediata la replica del Governo pakistano, che in una nota ha condannato tutte le forme di terrorismo, confermando l’impegno a lottare contro le minacce terroristiche, senza fare differenze fra i diversi gruppi. Il portavoce del ministero degli Esteri a Islamabad, Hafees Zakaria, ha tenuto a precisare che «il Pakistan stesso è la maggiore vittima del terrorismo, contro il quale migliaia di uomini della sua sicurezza hanno sacrificato la loro vita». Ma le violenze non si fermano. Almeno quattro agenti di polizia sono morti e altri quattro sono rimasti feriti in un attacco sferrato ieri pomeriggio dai talebani nella provincia meridionale afghana di Helmand. Il governatore provinciale, Salim Rodi, ha indicato che il commando di talebani ha attaccato un checkpoint della polizia nel distretto di Gereshk, provocando uno scontro a fuoco in cui sono morti i quattro agenti. La sparatoria, ha detto ancora Rodi, ha anche causato diverse vittime tra i talebani. Un altro leader talebano è stato invece ucciso durante un’operazione militare nella provincia settentrionale di Jawzjan. Il basso prezzo del petrolio costerà 150 miliardi di perdite in tutta la regione L’Arabia Saudita cambia corso economico RIAD, 26. Non risale il prezzo del petrolio, sotto i 43 dollari al barile, e mentre l’Arabia Saudita presenta il piano di nuova diversificata economia, il Fondo monetario internazionale lancia l’allarme sulle ricadute in Medio oriente, con perdite di oltre 150 miliardi di dollari. Guardando all’Arabia Saudita, le novità significative sono il fondo sovrano di 2000 miliardi di dollari e l’apertura della compagnia Saudi Aramco al settore privato con il collocamento in Borsa di meno del 5 per cento. Si tratta della prima compagnia petrolifera mondiale dal punto di vista sia delle riserve che della produzione. Sono gli unici elementi noti al momento del piano di riforma dell’economia che, secondo i media arabi, rappresenta la decisione più importante della storia dell’economia di Riad, in quanto dovrebbe far riprendere l’economia dopo la crisi innescata dai bassi prezzi dell’oro nero. Il vice erede al trono, Mohammed Bin Salman, ha spiegato che il piano, denominato “Nuova visione per l’orizzonte 2030”, comprende una serie di progetti di sviluppo che interessano diversi settori economici e sociali. Nel 2015 in Arabia Saudita il disavanzo di bilancio è arrivato a 367 miliardi di riyal, cioè 98 miliardi di dollari, pari, secondo stime non ufficiali, al 15 o 16 per cento del Pil, a causa della drammatica caduta delle entrate petrolifere, equivalente a un meno 23 per cento. Nel budget saudita del 2016, il primo sotto il nuovo re Salman bin Abdulaziz Al Saud, è messo in conto un calo del deficit di ben 10 miliardi di dollari, grazie al nuovo corso. Nei mesi scorsi erano già state prese alcune misure contro la crisi, che solo fino a poco tempo fa sarebbe stata impensabile. La pri- ma è stata quella del taglio dei sussidi energetici, con un aumento dei prezzi della benzina, un rincaro delle bollette elettriche per i cittadini più ricchi e un piccolo incremento delle tariffe dell’acqua. Resta in discussione l’introduzione dell’Iva, in coordinamento con gli altri membri del Consiglio di cooperazione del Golfo, Bahrein, Emirati, Kuwait, Qatar e Oman. Tutti Paesi per i quali il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha tagliato la sua stima di crescita, annunciando che il Pil della regione rallenterà all’1,8 per cento contro il 2,75 per cento stimato a ottobre scorso. Ma c’è ora un’altra stima che monetizza il tutto. Quest’anno, i bassi prezzi dell’oro nero potrebbero costare ai Paesi esportatori del Medio oriente fino a 150 miliardi di dollari in termini di mancate entrate. Il vice erede al trono saudita Mohammed Bin Salman illustra il piano (Afp) L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 mercoledì 27 aprile 2016 Alcuni degli attori che si sono susseguiti nei panni di James Bond Modelli matematici e quesiti filosofici Se anche i neonati contano che quando gli è chiesto di mappare 100 e 110). Questi dati suggeriscono che il cervello umano possiede una nozione intuitiva dei numeri che si raffina mediante lo sviluppo del linguaggio matematico; se ciò venisse confermato, si potrebbe supporre che la mente umana usi il linguaggio non tanto per scoprire concetti sconosciuti quanto per perfezionare la conoscenza di verità innate già in suo possesso prima dell’apparizione del linguaggio stesso. lire, rinnesta la ripetizione del ciclo). L’andamento della raccolta di pelli di lepri (prede) e di linci (predatori) da parte della Hudson’s Bay Company in Canada fra il 1845 e 1955, confermò il modello di Volterra, senonché esso non risultò attendibile per spiegare situazioni più complesse dove altri fattori, come le migrazioni, entravano in gioco. Anche assumendo che ulteriori variabili avrebbero potuto essere introdotte Ma fin dove è prudente tirare conclusioni filosofiche a partire da risultati sperimentali? A volte, proprio la scienza e la matematica sembrano dirimere questioni relative ad altri campi, solo perché li traducono in termini formali all’interno di modelli che, per loro natura, modificano la realtà che vorrebbero rappresentare. Come spiega abilmente in Con la testa fra le nuvole? Il mestiere del matematico (Bologna, Il Mulino, 2016, pagine 188, euro 14), il coordinatore del Progetto ricerche storiche e metodologiche L’inserto «Science & Médecine», in (Pristem) dell’Uniedicola con il quotidiano «Le Monde» del versità Bocconi — che 13 aprile, ha dedicato uno stimolante ha lo scopo di proarticolo alla Chargée de recherche del muovere la cultura Laboratorio di psicologia della percezione matematica con partidell’Università Paris Descartes, Véronique colare riferimento alla Izard. Nata 38 anni fa, Izard è appena dimensione storica e stata insignita della più alta ricompensa metodologica — ogni del Centre national de la recherche modello matematico scientifique per i giovani ricercatori, i cui «non è un’esatta (...) lavori ne fanno degli specialisti di talento fotografia della realnel loro campo. La scienziata transalpina tà, ma una caricatura è stata alunna di Stanislas Dehaene — che ne esalta le caratdocente al Collège de France, membro teristiche ritenute esdella Pontificia Accademia delle Scienze, senziali dal ricercatononché cofondatore della disciplina della re». Cognitive Neuroscience of Numeracy, Un esempio chiarificatore, spiega Angeossia: la scienza multidisciplinare che lo Guerraggio, è il studia come il cervello umano elabori le modello preda-predaverità matematiche — e collaboratrice di tore, elaborato da ViElizabeth Shilin Spelke — direttrice del to Volterra (1860Laboratory for Developmental Studies di 1940) per determinare Harvard, nonché pioniera degli studi sulle l’andamento del nucapacità cognitive dei neonati — portando mero di individui apa compimento il sogno dei suoi due partenenti a specie in mentori, secondo i quali le scienze competizione in un cognitive — intese come l’insieme delle habitat naturale. discipline che hanno come oggetto i Usando le equazioni meccanismi dei sistemi pensanti — sono il differenziali, il matemigliore modo di investigare dei problemi matico anconetano filosofici in forma sperimentale. dimostrò che le variazioni nelle popolazioni di prede e di predatori erano collegate mappandoli su dei grafici, benché da espansioni e contrazioni cicliche non possieda dei nominativi specifi- sfasate (il numero di prede continua ci per quelli superiori a cinque. Il a crescere finché i predatori, trovansoggetto intuisce i valori numerici do sempre più prede, non diventano anche se la sua percezione è inabbastanza numerosi per decimarle; fluenzata dalle variazioni percentuali delle differenze che deve determi- a quel punto, la diminuzione del nare (è più preciso nello stabilire la numero di prede causa un calo in distanza di 10 unità, quando gli è quella dei predatori che, permettenchiesto di mappare i numeri 10 e 20, do alla popolazione di prede di risa- per affinare il modello predatorepreda, sarebbe stato legittimo estrapolare da esso altri tipi di conclusioni se non la mera variazione numerica delle popolazioni di specie in competizione? Usando le equazioni differenziali, Thomas R. Malthus (1766-1834), notando che la crescita della popolazione di una società di CARLO MARIA POLVANI li uomini sviluppano il linguaggio per esprimere dei concetti che già intuiscono, oppure riescono a percepire dei concetti solo grazie allo sviluppo del linguaggio? Per delucidare tale interrogativo, Véronique Izard ha condotto esperimenti sulla capacità di rappresentazione dei numeri su due gruppi di individui: dei neonati di meno di tre mesi che non sono stati esposti a nozioni matematiche e dei membri della etnia munduruku, un gruppo etnico amazzonico composto da soli 10.000 individui che condividono un lessico numerico ridottissimo. Ecco due esempi dei test condotti e dei loro rispettivi esiti. Si misura la concentrazione di un bebè mentre gli vengono mostrati dei disegni contenenti oggetti uguali e contemporaneamente gli si fa udire una stessa sillaba ripetuta più volte. Quando il numero di oggetti rappresentati corrisponde al numero di ripetizioni uditive, il livello di attenzione cerebrale risulta essere il doppio rispetto a quello osservato quando il numero fra gli oggetti e le sillabe è diverso (con l’età, il neonato affina la capacità di differenziare i numeri che all’inizio se proporzionalmente troppo vicini possono essere ancora confusi l’uno con l’altro). Si chiede a un munduruku di determinare le differenze di valore di due numeri, G Véronique Izard A un bebè vengono mostrati dei disegni contenenti oggetti uguali Facendogli udire contemporaneamente una stessa sillaba ripetuta più volte E si misura il livello di concentrazione umana può raggiungere un ritmo geometrico (2, 4, 8, 16, 32, 64, 128, 256 ...) mentre lo sviluppo dei suoi mezzi di sostentamento si espande al massimo a un ritmo aritmetico (2, 4, 6, 8, 10, 12, 14, 16 ...), indusse molti a concludere che, per mantenere costante il benessere economico di una nazione era indispensabile un controllo artificiale della natalità. Dobbiamo quindi lasciarci interpellare dal poeta Paul Valéry (18711945) che, nonostante la sue tendenze costruttiviste, definiva, nel suo Epaulinos, i matematici «giocolieri della ragione pura» che costruiscono mondi perfetti che solo talvolta coincidono con il mondo reale? O dobbiamo invece lasciarci affascinare da Epaulino, che grazie a un modello geometrico di foratura simultanea dalla due estremità, costruì un tunnel di milletrecento metri con un errore di 3 centimetri, conosciuto come una delle meraviglie della Grecia antica: l’acquedotto di Samos (cfr. Erodoto, Storie 3, 60)? Una cosa appare probabile: senza la scoperta dell’architetto di Megara, la società moderna, tanto dipendente dall’energia derivante dagli idrocarburi, non sarebbe mai nata, poiché la trivellazione petrolifera direzionata non è fattibile senza conoscere i principi della dogleg severity (ossia il limite delle variazioni di inclinazione e di direzione delle condutture), che proprio lui, il figlio di Naustrofo, intuì, ben sei secoli prima della nostra era. A Parigi una mostra dedicata a James Bond Il mito non muore mai mo: la sequenza di apertura, snan in Il domani non muore l’inseguimento, la missione affi- mai, Timothy Dalton che si predata a 007 da M, i congegni cipita giù dalle Alpi dentro la strambi o di alta tecnologia di custodia di un violoncello traQ, i veicoli insoliti. E natural- sformato in slitta per varcare in mente i bolidi, perché si viene tutta fretta la frontiera italo-auaccolti da un lato da una Aston striaca, o ancora la scena d’antoMartin DB10 all’ultimo grido, e logia che apre La spia che mi dall’altro dalla mitica DB5 del amava con Roger Moore — o 1964, immortalata in Goldfinger, piuttosto la sua controfigura, lo che si rincontra, non senza un stuntman Rick Sylvester — che certo piacere, sulle strade salta con gli sci nel vuoto prima della Scozia di Skyfall. Due dell’apertura, qualche centinaia automobili d’eccezione che di metri più in basso, del paraIl successo va ricercato simboleggiano anche l’am- cadute. Se James Bond è diventato bizione di una mostra che nella capacità di rinnovarsi vuole essere popolare, inter- un eroe popolare, esaltato dal cinema, l’arte più democratica e e al tempo stesso generazionale, destinata ai accessibile al grande pubblico, fan dell’eroe dallo smoking di rassicurare lo spettatore non bisogna però dimenticare a un pubblico che il personaggio è nato dalla con una serie di riferimenti inevitabili impeccabile, già conquistato. penna ingegnosa di Ian FleD’altronde è difficile an- ming, autore degli otto primi rocome gli inseguimenti noiarsi vista la grande e di- manzi adattati più o meno feversificata varietà degli og- delmente al grande schermo, i getti. I numerosi pezzi ori- cui esemplari rilegati originali record la cui importanza si ap- ginali recano l’impronta dell’at- vengono presentati nel corso prezza nel corso della mostra tore che li ha utilizzati e per- della mostra. Un percorso gededicata all’agente segreto di mettono al visitatore di toccare nealogico e biografico permette sua maestà, in corso a Parigi, con mano l’universo “spia chic” anche di capire fino a che punto frutto della collaborazione tra il so british di James Bond. Qui, lo scrittore si sia ispirato alla sua Barbican Centre di Londra e la mito e realtà si confondono, al esperienza personale e professioEon Productions, che detiene suono delle partiture di ottoni, nale per forgiare il personaggio con la Mgm i diritti sui film già esistenti e su quelli futuri di James Bond. Se questa retrospettiva non ha la pretesa di offrire al pubblico grandi e forse rischiose analisi geopolitiche e neppure corsi di storia sulle relazioni internazionali dal 1960 ai nostri giorni, presenta comunque, sotto il grande tendone di metallo del Parc de la Villette, una ricchezza senza pari di oggetti, veicoli, abiti, congegni, plastici, story-board e altri pezzi d’eccezione. In breve, tutto ciò che fa James Bond. Una successione di Daniel Craig nei panni di James Bond e la regina Elisabetta II in un video girato per la sale, dall’atmosfera ora cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Londra nel 2012 ovattata ora luminosa, permette a ognuno — ed è forse questo il tratto più importante della mo- legni e violini di John Barry. In di 007: ufficiale del servizio stra — di farsi un’opinione, o di una sala ricostruita di Casino d’informazione della marina confermarla in modo ludico, nel Royale si sfiorano personaggi, britannica durante la seconda grande gioco dei paragoni di cui nella fattispecie manichini rive- guerra mondiale, Fleming diviei fan dell’universo Bond sono stiti degli abiti originali indossa- ne poi corrispondente estero del editoriale Kemsey tanto ghiotti. Del tipo: chi è sta- ti dagli attori. In una stanza do- gruppo to l’interprete migliore della spia ve domina il dorato, ci si im- Newspapers, il che gli permette britannica, chi è la “Bond girl” merge nell’atmosfera inquietante di girare il mondo. Un altro più affascinante, quale è stata del film Goldfinger e lo sguardo punto in comune tra l’eroe e il l’acrobazia più spettacolare o la del visitatore si sofferma inebeti- suo creatore è meno noto: il gupiù onerosa, o ancora, quale cat- to, come quello di James, sul sto per un ritmo di vita freneticorpo interamente tivo è il più cattivo? Ognuno dei seicento pezzi ricoperto d’oro di esposti apporta un elemento di una donna sdraiata L’eroe e il suo creatore Ian Fleming risposta. In una sala, una serie su un letto. I motivi del sucdi schermi diffonde la formula hanno in comune il gusto leggendaria di presentazione del cesso? Quello che i per un ritmo di vita frenetico personaggio, che avviene in ge- diversi registi che si nerale attorno a un tavolo da sono succeduti dieI suoi romanzi venivano terminati gioco. Ognuno si divertirà così tro la telecamera in sole otto settimane a scegliere il migliore My name hanno ben compreCon la certezza del trionfo del bene is Bond, James Bond, tra quelli so è stato il bisodi Sean Connery, Roger Moore, gno di rinnovarsi rassicurando al Daniel Craig e altri. Attori che rappresentano al- tempo stesso lo trettanti modi di incarnare di- spettatore con una serie di riferi- co. È per questo che l’ex spia verse epoche e stili di vita, messi menti inevitabili, come per britannica terminava di scrivere i ottimamente in risalto nelle sale, esempio gli inseguimenti. Una suoi romanzi in sole otto settiognuna delle quali riprende gli “sala di ghiaccio” dedicata alle mane. Con, alla fine, la certezza ingredienti che lo spettatore si scene di alta montagna illustra della vittoria dell’eroe, del trionaspetta di ritrovare quando vede bene questo aspetto: una accan- fo del bene sul male. Il domani un Bond, vecchio o recente, alla to all’altra, vediamo l’ultra-effi- non muore mai, e neanche Jatelevisione o sul grande scher- ciente motoslitta di Pierce Bro- mes Bond. di CHARLES DE PECHPEYROU on oltre mezzo secolo di successo, da Dr. No nel 1962 a Spectre nel 2015, la saga dei film di James Bond può vantarsi del titolo di franchising cinematografico più duraturo e redditizio della storia della settima arte. Un C L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 27 aprile 2016 pagina 5 La fusione delle culture diede vita alla grande civiltà medievale con le sue università la sua filosofia e la sua arte La nuova Europa era unita da una fede comune Sergey Ponomarev, Lesbo 16 novembre 2015 («The New York Times») Le migrazioni dei popoli Segno dei tempi di PROSPER GRECH* i miei tempi si parlava di “invasione dei barbari” per descrivere quel fenomeno storico del primo medioevo europeo. Oggi, si chiama con il termine, più politically correct, “la migrazione dei popoli”. Fin dal termine del terzo secolo varie genti cominciarono a erodere le frontiere settentrionali e orientali dell’impero romano. Era naturale che il miraggio di una città prospera e potente attraesse l’attenzione e la A Sarebbe offensivo chiamare un’invasione il movimento verso l’Europa di gente dal Medio oriente e dall’Africa Yannis Behrakis, Idomeni, 10 settembre 2015 (Reuters) cupidigia di quei popoli vicini che non avevano raggiunto un tale grado di civiltà e di benessere. Nonostante lo sforzo di Diocleziano di riconquistare le terre perdute, il processo segnava l’inizio del declino di Roma, dovuto a diversi fattori: sociali, politici, economici, morali e demografici. Inoltre, quando Costantino stabilì la sua sede a Bisanzio, l’Occidente divenne preda dei popoli circostanti i quali approfittavano delle crepe dell’impero per estendere il proprio potere. Il culmine fu raggiunto quando Alarico conquistò e saccheggiò Roma nel 410. Da allora unni, ostrogo- Gli Esercizi spirituali salvati dagli acidi Gli inchiostri acidi avevano corroso le carte perforando molti fogli e mettendo a rischio la conservazione del documento: il più antico manoscritto degli Esercizi spirituali di sant’Ignazio, con numerose note autografe del santo di Loyola, oggi è stato restaurato. L’intervento sarà illustrato il prossimo 29 aprile, in una conferenza presso la Pontificia Università Gregoriana a cui parteciperanno, tra gli altri, padre Ignacio Echarte, segretario della Compagnia di Gesù, e la restauratrice Melania Zanetti (Università Cattolica del Sacro Cuore). L’opera è conservata presso l’Archivum Romanum Societatis Iesu nella Curia Generalizia della Compagnia di Gesù che ha proposto l’intervento di recupero finanziato dalla Fundación Gondra-Barandiarán di Guecho in Biscaglia, provincia della comunità autonoma dei Paesi Baschi. Il restauro è stato progettato da Carlo Federici (università Ca’ Foscari di Venezia e Scuola Vaticana di Biblioteconomia); per la deacidificazione dei fogli è stata usata una sospensione di nanocomposti messa a punto da un gruppo di chimici dell’università di Firenze. Qualche riga del più antico manoscritto degli «Esercizi spirituali» di sant’Ignazio di Loyola ti, visigoti, alemanni e altri continuarono a devastare l’impero. È ovvio che tale fenomeno non si manifestò solamente nell’impero romano. Era un fatto ricorrente in ogni parte del mondo lungo la storia delle diverse civiltà orientali e occidentali. Può accadere per cercare terre più fertili, o semplicemente per scopi espansionistici. Noi ci soffermiamo sulla storia romana perché questa ha qualcosa da dire alla nostra generazione. I vari popoli che si impossessarono dei territori romani avevano anch’essi i loro costumi, religioni e culture. Era da prevedere che la cultura più forte e più antica dei romani prevalesse su quelle più deboli e meno consolidate. Però era inevitabile che questi vari popoli lasciassero anch’essi la loro impronta sui popoli di più antica civiltà. Accadde dunque una fusione con prevalenza romana che, dopo un lungo periodo di assestamento, diede vita alla grande civiltà medievale, con le sue università, cattedrali, letterature, filosofia e arte. Quale altra era sorgerà dopo la fusione di tutte le razze e culture dell’Europa odierna? Gli invasori di allora trovarono sì un impero in declino con molte debolezze, ma incontrarono anche un popolo ancora giovane con uno spirito forte e credenze ben definite, con risposte credibili ai problemi dell’esistenza umana: i cristiani. Questi avevano permeato l’impero da secoli e avevano infuso una nuova anima nel pensiero e nella cultura delle genti che popolavano i territori dell’impero. La nuova Europa dunque, era unita non soltanto da una lingua comune, ma da una fede comune e da una cultura erede del pensiero greco e romano nonché della giurisprudenza romana. Ciò nonostante perdurarono i nazionalismi, in bene o in male. C’erano delle guerre sì, ma l’eredità greco-romanacristiana fiorì nelle grandi letterature di ciascuna nazione per mezzo di uomini come Dante e Shakespeare. Ciò che abbiamo detto finora lo conosce ogni scolaro. Lo abbiamo riferito perché può servirci per interpretare il fenomeno analogo del movimento costante verso l’Europa di masse di gente dal Medio Oriente e dall’Africa. Sarebbe falso e offensivo chiamare questo fenomeno un’invasione da cui dobbiamo difenderci. Sarebbe come se chiamassimo invasione l’emigrazione di centinaia di migliaia d’italiani in Germania, in Belgio e negli Stati Uniti, dove si sono amalgamati con gli abitanti, anche se con non poca difficoltà. È soltanto un altro caso di tali avvenimenti ricorrenti nella storia di ogni continente. L’analogia, però, ha i suoi limiti. Abbiamo detto che gli immigranti o gli invasori dell’antichità avevano trovato una Chiesa giovane, ancora nel pieno del suo sviluppo che ha potuto assorbirli nella sua fede. Gli immigranti di oggi sono in prevalenza musulmani. Sono uniti con la lingua araba, e per loro l’islam è una religione e un marchio d’identità. Quale fede incontrano in un’Europa in crisi, affetta da un continuo processo di laicizzazione e spesso an- ticristiana? Possiamo ben chiederci se nell’imminenza dell’invasione dei babisaremo noi cristiani a trasmettere agli lonesi non parla anche a noi che siamo immigranti i valori evangelici ovvero a continuamente minacciati dal terrorisconcertarli con la confusione dei nostri smo? In fine, la lunga lista dei vizi dei mores e con il relativismo intellettuale pagani nel primo capitolo della Lettera corrente. Certamente una tale massa di ai Romani non descrive ancora certi gente che arriva in continuazione crea, mores odierni di cui ci vantiamo come nelle diverse nazioni, non pochi proble- “conquiste culturali”? È compito della Chiesa, unica autorimi sociali, economici e logistici di difficile soluzione. D’altra parte non ne tà morale in un mondo di valori caotipossiamo fare a meno a causa del calo ci, interpretare, per i fedeli e per tutti, i generale demografico, particolarmente segni dei tempi. In un anno santo dein Italia. A parte ogni considerazione dicato alla misericordia, il grido profetiutilitaristica però, non possiamo tirarci co della Chiesa perché apriamo gli ocindietro, in una situazione che ci sfida chi alla dimensione storico salvifica dea fare uso di tutte le risorse ereditate dalla nostra tradizione umanistiIl fenomeno migratorio ca e cristiana; altrimenti i “barbari” saremmo noi! ci sfida a fare uso A parte queste considi tutte le risorse derazioni morali, dobbiamo chiederci se tutto ereditate dalla nostra tradizione questo sconvolgimento umanistica e cristiana nel Medio Oriente non sia anche un “segno dei tempi” che bisogna leggere alla luce della Sacra Scrittura. Dio gli avvenimenti attuali, come fece Agoci vuole dire qualcosa? La caduta di stino nel De civitate Dei, sarebbe il più “Babilonia” di cui parla l’Apocalisse, grande dono che Dio, nella sua misericioè la rovina di un sistema economico cordia, può elargire a tutti gli uomini e politico che costituisce un peccato di buona volontà. strutturale ricorrente nella storia, può essere letta in chiave contemporanea. I * Cardinale frequenti richiami alla conversione ri- diacono di Santa Maria Goretti volti a Gerusalemme da Geremia Che cos’è un Manrico Dopo il buon successo di critica e pubblico del suo primo lungometraggio a soggetto, Il venditore di medicine (2013), il regista Antonio Morabito vede tornare alla luce del grande schermo un suo lavoro precedente, Che cos’è un Manrico (2012), documentario su un ragazzo distrofico, Manrico Zedda. La videocamera del regista italiano segue il protagonista durante alcune giornate trascorse per le strade di Roma assieme a un operatore sanitario che però è diventato anche un amico. Ciò che colpisce immediatamente di Manrico, oltre alla disinvoltura con cui appare davanti all’obiettivo, è l’attrito evidente fra la sua spiccata vitalità, espressa in maniera spesso divertita e colorita, e viceversa gli ostacoli che il suo corpo gli impone. Ma soprattutto il modo, umanamente straordinario, con cui riesce ad accettare le difficoltà, anche se non mancano parole di sconforto, nonché di polemica rispetto al buonismo con cui gli handicappati vengono trattati dagli altri. All’inizio del film lo vediamo giocare a hockey. Alla fine lo ritroviamo con i suoi ex compagni, senza già più la possibilità di giocare, ma con la prospettiva di diventare allenatore. Il suo esempio, e la sensibilità con cui l’obiettivo di Morabito lo registra, rendono questo documentario una visione necessaria. (emilio ranzato) L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 mercoledì 27 aprile 2016 Campagna della Chiesa in Sud Africa ABIDJAN, 26. «Il nostro progetto di scuola elementare può realizzare corsi di alfabetizzazione e di recupero, da tenere in un luogo attrezzato e sicuro nel quale gli alunni potranno crescere e sentirsi amati. Tutto ciò per contrastare il degrado diffuso, causato dal conflitto sociale in cui è precipitato il Paese da alcuni anni, che ha portato e tuttora porta a condizioni limite di vivibilità»: suor Rosaria Giacone, della congregazione della Sacra Famiglia di Spoleto, spiega così al Sir il progetto «Il piccolo baobab», dal nome della scuola materna ed elementare che sorgerà nel quartiere di Abobo Baoulé, alla periferia di Abidjan, capitale governativa della Costa d’Avorio, dove le religiose svolgono la loro missione. Presentata nei giorni scorsi dall’arcivescovo di Abidjan, cardinale Jean-Pierre Kutwa, l’iniziativa è una micro-realizzazione giubilare che si inserisce nella campagna «Il diritto di rimanere nella propria terra» che, per tutto l’Anno della misericordia, vede impegnate Missio, Caritas Italiana e Focsiv (Federazione organismi cristiani di servizio internazionale volontario). Il progetto è nato dopo un attento studio della realtà locale, reso possibile dall’approfondita conoscenza del luogo che la missione ha conseguito nella sua permanenza in Costa d’Avorio. Nella periferia a nord della capitale, il quartiere di Abobo Baoulé è stato spesso teatro di violenze. In questo contesto così fragile, le suore della Sacra Famiglia si dedicano all’assistenza degli orfani, degli ammalati, dei disabili e degli emarginati. Obiettivo della campagna «Il diritto di rimanere nella propria terra» è promuovere e garantire a ciascuno il diritto di restare nel proprio Paese vivendo in modo dignitoso. Di fron- Un taxi contro la tratta Nella periferia di Abidjan A scuola per sfuggire al degrado te al dramma dei migranti che continuano a perdere la vita lungo le diverse rotte della disperazione, il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana ha approvato nel dicembre scorso un vademecum con una serie di indicazioni pratiche per le diocesi italiane circa l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in Italia e per la solidarietà con i Paesi di provenienza dei migranti, alle prese spesso con guerre, fame, disastri ambientali, persecuzioni politiche e religiose. Missio, Caritas e Focsiv hanno quindi proposto alle Chiese in Italia di sostenere, nel corso del Giubileo della misericordia, mille “microrealizzazio- ni giubilari”, proprio con l’intento di tutelare il diritto fondamentale di ciascuno a vivere nella propria terra. Tali microrealizzazioni vengono proposte periodicamente a gruppi e sono prioritariamente localizzate nei Paesi di origine dei migranti e finalizzate a rafforzare o a rilanciare il lavoro di promozione umana delle Chiese, delle organizzazioni non governative e dei missionari presenti sul posto. In Costa d’Avorio, oltre alla scuola materna ed elementare «Il piccolo baobab» di Abidjan, sono in corso di realizzazione altri microprogetti. Nella diocesi di Abengourou la missione cattolica Saint Maurice, attra- verso un’ong di Bergamo, prevede la costruzione e la messa in opera di un allevamento avicolo nel quale coinvolgere studenti delle scuole del territorio, per intraprendere un percorso di avviamento lavorativo; l’obiettivo è di creare nuovi posti di lavoro per i giovani, contribuendo alla diminuzione dell’abbandono dei villaggi rurali. Nell’arcidiocesi di Abidjan, sempre le suore della Sacra Famiglia di Spoleto prevedono la costituzione e il sostegno di una cooperativa di donne nel villaggio di Becedi-Brignan; lo scopo è far acquisire maggiori competenze nella coltivazione di manioca, banane e pomodori. Appello dei presuli dello Zambia Iniziativa dei vescovi C’è molto da fare contro la xenofobia Preghiera per la pace in Mozambico LUSAKA, 26. L’invito a seguire l’esempio di Papa Francesco nella costruzione di una cultura dell’incontro, assieme alla ferma condanna delle violenze xenofobe e al forte appello alla pace: così la Conferenza episcopale in Zambia interviene sugli scontri, prevalentemente a base razziale, avvenuti negli ultimi giorni nella capitale, Lusaka, dove oltre sessanta negozi di proprietà di cittadini rwandesi sono stati saccheggiati durante feroci tumulti che hanno riguardato nove quartieri tra i più poveri della città. I disordini erano iniziati tempo fa, quando tra la popolazione locale si era sparsa la voce che dei rwandesi erano tra i responsabili di alcuni atroci crimini rituali avvenuti in città. Nelle ultime settimane, infatti, almeno sette persone sono state uccise e i loro corpi sono stati orribilmente mutilati, per essere addirittura trasformati in “amuleti porta-fortuna”. La polizia locale ha arrestato oltre 250 persone ma il clima è rimasto teso. «Condanniamo ogni forma di violenza — ha dichiarato all’agenzia cattolica Canaa, padre Cleophas Lungu, segretario generale della Conferenza episcopale — sia essa omicidio, saccheggio o distruzione di proprietà altrui. Chiediamo sforzi congiunti per promuovere una cultura della pace». La Chiesa — ha sottolineato il religioso — «sarà sempre pronta a compiere atti di misericordia e di carità, come avvenuto già dopo il genocidio del Rwanda del 1994, quando la Chiesa in Zambia ha accolto numerosi seminaristi rwandesi che non avevano potuto completare la loro formazione in patria». Pertanto, ha continuato padre Lungu, «esortiamo la popolazione a imitare Papa Francesco nell’abbattere i muri dell’odio che portano alla violenza, evitando la cultura dell’indifferenza e accogliendo gli stranieri nella società, nelle famiglie e nelle comunità cristiane». D’altra parte, l’episcopato dello Zambia ha sottolineato anche che «non si può ignorare l’impatto che gli alti livelli di povertà, disoccupazione e costo delle materie prime» hanno sul popolo. Tutto questo, naturalmente, «non giustifica comportamenti violenti» ma richiama la necessità di «trovare soluzioni sostenibili per le attuali sfide sociali ed economiche». Un richiamo che trova un ulteriore punto di concretezza nella prospettiva del giubileo della misericordia. In questo senso, il segretario generale dell’episcopato ha ricordato anche l’accoglienza offerta dalla Chiesa zambiana agli stranieri: «Una parrocchia, per esempio, ha ospitato cinquanta persone vittime della xenofobia e numerosi fedeli e persone di buona volontà hanno offerto loro pasti caldi e indumenti». Ma anche le autorità civili devono fare la loro parte, soprattutto nel diffondere una cultura più aperta e tollerante. MAPUTO, 26. Una speciale giornata di preghiera per la pace è stata indetta dalla Conferenza episcopale del Mozambico per domenica 22 maggio, solennità della Santissima Trinità. La decisione dei presuli è stata resa nota al termine dei lavori dell’assemblea plenaria, svoltasi in questi giorni. Nel comunicato finale i vescovi chiedono anche che le collette raccolte durante le messe del 22 maggio siano devolute alla Caritas per il sostegno alle opere di aiuto alla popolazione. Un’iniziativa, quella dei vescovi, che trova ragione nella delicata situazione che ormai da tempo si trova a vivere l’ex colonia portoghese, con una grave crisi politica che vede contrapposti il Frelimo, l’attuale partito al potere, e la Renamo, ovvero l’ex movimento di guerriglia divenuto il principale partito d’opposizione. A causa dei combattimenti tra i due schieramenti, diverse migliaia di abitanti del Mozambico si sono rifugiati nel confinante Malawi. «Rinnoviamo la nostra solidarietà a tutte le persone del Mozambico che continuano a soffrire a causa di questo clima di guerra. Come Chiesa — scrivono i vescovi nella loro nota — non siamo legati ad alcun partito politico, ma siamo in favore delle persone, specialmente di quelle più povere, le più colpite da questa guerra assurda». † La Segreteria di Stato comunica che è piamente deceduto il Cav. DARIO DUCA già Applicato di Prima Classe presso la Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. I Superiori e gli Officiali della Segreteria di Stato assicurano la loro preghiera di suffragio e invocano dal Signore conforto per lui e per i suoi familiari. JOHANNESBURG, 26. Anche un taxi, o meglio la vigile collaborazione del suo conducente, può essere utile ad arginare la piaga, tanto diffusa in Sud Africa, del traffico degli esseri umani. Ne è convinta la Chiesa cattolica locale che in questi giorni ha lanciato un’originale campagna intitolata appunto «Taxi contro il traffico di esseri umani». L’iniziativa è stata presentata nel corso di una conferenza promossa dall’Ufficio contro la tratta degli esseri umani (Counter Trafficking in Persons Office - Ctip) della South African Catholic Bishops’ Conference (Sacbc), in collaborazione con i superiori delle congregazioni religiose. L’obiettivo è quello di richiamare l’attenzione su un fenomeno particolarmente inquietante e diffuso nel Paese — alcune stime riferiscono di circa 30.000 minori coinvolti ogni anno nel turpe business dello sfruttamento sessuale a cui si aggiunge l’impiego, non statisticamente calcolabile, di manodopera in condizioni vicine alla schiavitù — e, soprattutto, di innescare una forma di collaborazione, o meglio una positiva sinergia con quanti sono quotidianamente a stretto contatto con il territorio e sono, dunque, in grado di segnalare e denunciare presenze e spostamenti inequivocabilmente sospetti. «Il traffico di esseri umani, specialmente quello di bambini, è molto diffuso in Sud Africa», ha spiegato, pre- sentando l’iniziativa, la coordinatrice del Ctip, madre Melanie O’ Connor, per la quale «non solo esiste il problema del traffico all’interno del Paese ma la maggior parte del traffico di giovani tra i 14 e i 23 anni avviene attraverso i nostri confini da parte di singoli individui e gruppi criminali organizzati». Di qui la necessità, appunto, di segnalare con tempestività arrivi, partenze o comunque presenze e spostamenti anomali. Perché, come ha aggiunto la religiosa, «insieme possiamo fare la differenza». L’iniziativa — riferisce il sito in rete dell’episcopato cattolico sudafricano — è stata accolta con entusiasmo dagli stessi tassisti che numerosi nei giorni scorsi si sono radunati presso l’Harties Taxi Rank a Hartbeespoort nel comune di Madibeng, nella North West Province, per dare il via all’operazione. Nel corso di una breve cerimonia padre Barney McAcleer, per conto della Sacbc, ha spiegato il senso dell’iniziativa sottolineando l’importanza che anche i conducenti di auto pubbliche possono avere nel combattere un fenomeno tanto ignobile e diffuso. Non è comunque la prima volta che la Chiesa cattolica in Sud Africa si mobilita contro la tratta degli esseri umani. Tra le prime e più importanti campagne si ricorderà quella promossa già nel 2010 in occasione dei campionati mondiali di calcio. L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 27 aprile 2016 pagina 7 Comunicato della Sala stampa della Santa Sede di REINHARD MARX* «Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» (Amoris laetitia, n. 325). È con queste parole che si conclude il testo della esortazione apostolica. Le parole iniziali di un documento pontificio vengono citate spesso e sono largamente conosciute, non fosse altro perché le prime due ne formano anche il titolo e quindi vengono sempre scelte con cura. Ma vale la pena guardare anche alle ultime parole. L’incoraggiamento a non perdere la speranza a causa dei propri limiti è posto alla fine di un lungo documento, nel quale Papa Francesco definisce un compito molto esigente che ci è affidato nella cura pastorale della Chiesa. Si tratta di una cura pastorale che prende sul serio la necessità di rispondere davvero in modo concreto alla storia e alla situazione di vita individuale, che le persone portano con sé quando si rivolgono a noi. E soprattutto: di non predicare dall’alto un ideale, ma di incoraggiare a vivere il Vangelo nelle rispettive situazioni di vita e a scoprirlo come fonte dell’amore. Proprio nella sfera vitale della sessualità, della relazione, del rapporto di coppia, del matrimonio, della genitorialità e della famiglia, per ogni persona che ci si pone di fronte abbiamo a che fare — in realtà da sempre, ma oggi con più forza e inevitabilmente — con una storia propria, con aspettative, impronte, desideri e anche ferite proprie. E solo in rarissimi casi è possibile classificare e valutare meramente in base a categorie esterne quali aspetti e motivazioni sono collegati a tale storia. In questa situazione, che, senza esagerare, talvolta è possibile definire confusa e complicata, va testimoniato il Vangelo di Gesù Cristo, il messaggio dell’amore di Dio che rende felici. È un compito davvero impegnativo per la cura pastorale, poiché senza un processo di dialogo personale, e talora anche più intenso, tutto ciò non sarà possibile. La triade «accompagnare, discernere e integrare» descritta da Papa Francesco, diventerà il cantus firmus della In merito al contratto con la società di revisione PricewaterhouseCoopers (PwC), un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede — diffuso nella mattina di martedì 26 aprile — rende note alcune precisazioni. La sospensione delle attività di revisione non è dovuta a considerazioni circa l’integrità o la qualità del lavoro avviato dalla PwC, tanto meno alla volontà di uno o più enti della Santa Sede di bloccare le riforme in corso. Sono emersi, però, elementi che riguardano il significato e la portata di alcune clausole del contratto e le sue modalità di esecuzione. Tali elementi verranno sottoposti ai necessari approfondimenti. La decisione di procedere in questo modo è stata presa dopo appropriate consultazioni tra le istanze competenti e con esperti in materia. Si auspica che tale fase di riflessione e di studio possa svolgersi in un clima di serenità e di collaborazione. L’impegno di una adeguata attività di revisione economico-finanziaria per la Santa Sede e per lo Stato della Città del Vaticano rimane prioritario. L’incoraggiamento della «Amoris laetitia» Anche nelle situazioni difficili pastorale se essa vuole davvero raggiungere l’uomo e dischiudere quel cammino che Dio stesso percorre con queste persone. Ciò non mancherà di avere ripercussioni sulla formazione e sul profilo dei nostri sacerdoti, come anche delle nostre collaboratrici e dei nostri collaboratori nella pastorale. Dovremo dedicare ancor più attenzione al dialogo e all’accompagnamento pastorale, ma ciò farà bene al profilo pastorale. Si tratta, di fatto, di rinnovare — proprio nell’ambito del matrimonio e della famiglia — una cura pastorale esigente, che poi può portare anche ai sacramenti del matrimonio, della riconciliazione e dell’eucaristia, i quali esprimono in modo particolare la communio con Cristo e la Chiesa. Dinanzi alla vastità e alla complessità delle esigenze poste da Amoris laetitia, un aspetto decisamente positivo del documento è che Papa Francesco non ha bisogno di modificare la grande dogmatica e non introduce nuovi orientamenti, dei quali occorrerebbe tener conto. Anzi, egli riconduce questa dogmatica sempre al suo nucleo e anche al suo linguaggio, che deriva dal Vangelo, sicché molte cose vengono riscoperte. Anche l’indicazione che gli insegnamenti e le norme della Chiesa hanno bisogno di un adattamento nella prassi pastorale non è un’innovazione introdotta da Papa Francesco. I numerosi riferimenti non solo ai suoi predecessori, ma, nella questione dell’adattamento, anche a san Tommaso d’Aquino, fanno vedere chiaramente che si tratta di importanti beni rinvenuti nel tesoro della tradizione della Chiesa. Una dimostrazione concreta è, per esempio, il riferimento a una riflessione di san Tommaso d’Aquino (Summa theologiae, I-II, 94,4) che Papa Francesco cita al n. 304 di Amoris laetitia. Riguarda il fatto che le norme e le regole generali, quando vengono applicate a situazioni concrete, specifiche, non sempre sono del tutto adeguate. Non sempre tutti possono comprendere il significato esatto, e a volte la situazione non può Messaggio per il cinquantenario della Conferenza episcopale spagnola Al servizio della Chiesa MADRID, 26. «Al servizio della Chiesa e del nostro popolo»: s’intitola così il messaggio con il quale i vescovi spagnoli hanno voluto celebrare il cinquantesimo anniversario della Conferenza episcopale (Cee). A conclusione dell’assemblea plenaria, i presuli hanno anche manifestato la loro vicinanza al popolo ecuadoregno colpito dal terremoto e hanno aderito alla colletta per l’Ucraina, indetta da Papa Francesco. Nel discorso inaugurale dell’assise, il presidente dell’episcopato, il cardinale Ricardo Blázquez Pérez, arcivescovo di Valladolid, ha infatti ricordato le vittime del terremoto che ha colpito il Paese latinoamericano. «Chiediamo al Signore — ha detto il porporato — l’eterno riposo per le centinaia di per- sone decedute, supplichiamo per la pronta guarigione dei feriti e per le famiglie e per le persone colpite da questa catastrofe». Nelle riflessioni dei presuli ha trovato posto anche la situazione dell’Ucraina, in risposta all’appello di Papa Francesco di realizzare una colletta in tutte le Chiese cattoliche dell’Europa a beneficio della popolazione di questa nazione. Al riguardo l’episcopato spagnolo ha annunciato un contributo di trecentomila euro. In questa iniziativa sono coinvolte tutte le diocesi della Spagna, insieme alle organizzazioni caritatevoli e assistenziali della Chiesa. Riguardo alla Spagna, il messaggio dei vescovi ricorda che, nell’arco di 50 anni di storia, il Paese ha conosciuto avve- nimenti epocali: un cambiamento di regime politico, con l’instaurazione di un sistema democratico costituzionale, lo sviluppo del pluralismo, un maggiore risalto della diversità delle comunità autonome e l’irruzione di correnti di pensiero e di modelli di vita differenti fra loro, alcuni lontani dalla tradizione cristiana. Davanti a queste sfide, i presuli affermano che con «un permanente spirito di servizio essi hanno potuto discernere nella condizione morale della nazione e delle sue istituzioni per mantenere una costante presenza della Chiesa in una società in continua trasformazione». I vescovi hanno ribadito la libertà della Chiesa ad agire nella società secondo la propria identità, «stimolando la presenza dei cattolici nella vita pubblica, la carità politica e la dimensione sociale della fede con l’obiettivo di difendere la giustizia, la vita umana, l’uguaglianza di tutti, il vero matrimonio, la famiglia e il diritto dei genitori nell’educazione dei propri figli». Tra le iniziative per celebrare questo anniversario, l’episcopato ha annunciato la presentazione degli ultimi due volumi della collana dedicata ai documenti della Conferenza episcopale. Infine, si sta lavorando alla realizzazione di due congressi: uno avrà come tema il ruolo storico fondamentale delle conferenze episcopali, mentre l’altro sarà un omaggio alla figura di Paolo VI e al suo rapporto con la Spagna. essere davvero racchiusa pienamente in una regola. Allora serve la saggezza umana per trarre il meglio da ogni situazione, rispettando la regola solo in parte o non rispettandola affatto, perché altrimenti non si otterrebbe nulla di sensato. Papa Francesco rende questa sobria teoria d’azione feconda per la Chiesa, poiché da essa emerge chiaramente: agire saggiamente non è «parlare in modo incomprensibile» o «lassismo», bensì imprescindibile se si vogliono raggiungere obiettivi ragionevoli. Perciò quanti hanno in cura le anime devono agire con saggezza, e questo nel senso dell’insegnamento della Chiesa e al tempo stesso alla luce della misericordia, che per principio deve caratterizzare l’azione della Chiesa. Salus animarium suprema lex! Su questo sfondo si comprende anche perché Amoris laetitia pone particolare enfasi su alcuni aspetti. Tra questi vi sono, accanto all’attenzione da parte dei pastori, anche il rispetto della coscienza individuale, che occorre formare, ma non sostituire (cfr. n. 37), e la necessità di trovare nelle Chiese particolari soluzioni più inculturate, «attente alle tradizioni e alle sfide locali» (n. 3). Il compito che ne deriva per la pastorale è di andare incontro individualmente alle persone, alla luce della misericordia e dell’amore di Dio, offrendo loro accompagnamento e comunione, a prescindere dalla situazione di vita nella quale si trovano e dal fatto che questa corrisponda o meno in ogni aspetto all’insegnamento della Chiesa. Tale compito è tanto indispensabile quanto profondamente cattolico ed esigente. E non riguarda solo il matrimonio e la famiglia, ma tutte le situazioni della vita. A partire dalle riflessioni sinodali, Papa Francesco afferma: «Le realtà che ci preoccupano sono sfide. Non cadiamo nella trappola di esaurirci in lamenti autodifensivi, invece di suscitare una creatività missionaria. In tutte le situazioni “la Chiesa avverte la necessità di dire una parola di verità e di speranza. […] I grandi valori del matrimonio e della famiglia cristiana corrispondono alla ricerca che attraversa l’esistenza umana” (Relatio synodi 2014, 11)» (n. 57). In un certo senso si può affermare che Papa Francesco stesso ci precede su questo cammino, avendo redatto l’esortazione postsinodale in modo tale da rappresentare una vasta proposta di orientamenti, che va incontro a tante situazioni di vita comuni, che non condanna, ma invita. Con molta probabilità, ogni lettrice o lettore interessato da questo testo, e certamente tutti coloro che sono impegnati nella pastorale, vi troveranno qualcosa da poter portare con sé, meditare e realizzare nella vita. Lasciamoci quindi contagiare dall’impeto pastorale del testo e seguiamo l’esortazione di Papa Francesco a «cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» (n. 325). *Cardinale arcivescovo di München und Freising, presidente della Conferenza episcopale tedesca Nomine episcopali Le nomine di oggi riguardano la Chiesa a Cuba, in Messico, negli Stati Uniti d’America, in Spagna e in Malawi. Juan de la Caridad García Rodríguez arcivescovo di San Cristóbal de La Habana (Cuba) Nato in Camagüey l’11 luglio 1948, ha compiuto gli studi filosofici e teologici nel seminario di San Basilio de El Cobre e nel seminario maggiore San Carlos y San Ambrosio dell’Avana. Ordinato sacerdote il 25 gennaio 1972, ha esercitato il ministero nelle parrocchie di Morón e di Ciego de Avila. È stato quindi parroco di Jatibonico e di Morón e vicario per la pastorale dell’allora vicaria di Ciego-Morón. Nel 1989 è divenuto parroco di Florida. È stato anche fondatore e direttore della scuola per missionari della diocesi di Camagüey. Nominato vescovo titolare di Gummi di Proconsolare e ausiliare di Camagüey il 15 marzo 1997, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 7 giugno successivo. Il 10 giugno 2002 è stato promosso arcivescovo di Camagüey. Ruy Rendón Leal arcivescovo di Hermosillo (Messico) Nato a Ciudad de Cadereyta de Jiménez, arcidiocesi di Monterrey, il 27 ottobre 1953, ha compiuto gli studi ecclesiastici nel seminario di Monterrey ed è stato ordinato sacerdote l’8 settembre 1979. Ha conseguito la licenza in teologia biblica alla Pontificia università Gregoriana e ha svolto il ministero in diversi campi di apostolato. Nominato vescovo prelato di El Salto il 28 settembre 2005, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 30 novembre successivo. E il 16 luglio 2011 è stato trasferito alla sede residenziale di Matamoros. Edward M. Rice vescovo di Springfield Cape Girardeau (Stati Uniti d’America) Nato a Saint Louis, Missouri, il 28 luglio 1960, ha svolto gli studi ecclesiastici presso Cardinal Glennon College e il Kenrick-Glennon Seminary a Saint Louis. Ordinato sacerdote il 3 gennaio 1987 per il clero dell’arcidiocesi locale, ha svolto gli incarichi di vicario parrocchiale di Our Lady of Presentation a Overland (1987-1991) e di Saint Mary Magdalen a Saint Louis (1991-1994); di insegnante alla Saint Mary High School a Saint Louis (1991-1994); di assistente direttore (1994) e poi direttore (1995-2000) del Cardinal Glennon College; di parroco di Saint John the Baptist a Saint Louis (2000-2008); di vicario foraneo della South City Deanery (2005-2008); di direttore delle vocazioni sacerdotali (2008-2010) e di direttore ad interim dell’ufficio per la vita consacrata (2009-2010). Nominato vescovo titolare di Sufes e ausiliare di Saint Louis il 1° dicembre 2010, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 13 gennaio 2011. Manuel Herrero Fernández vescovo di Palencia (Spagna) Nato il 17 gennaio 1947 a Serdio Val de San Vicente, provincia di Cantabria, diocesi di Santander, è entrato nel seminario minore San Agustín a Palencia per gli studi medi. Poi ha compiuto i corsi di filosofia e i primi di teologia nel monastero agostiniano di Santa María de la Vid, a Vid (Burgos). Ha completato gli studi di teologia dapprima presso l’Estudio teológico Agustiniano di Valladolid e in seguito nel monastero di San Lorenzo de El Escorial a Madrid. Ha conseguito il baccalaureato in teologia alla Universidad Pontificia Comillas, sempre nella capitale spagnola, e la licenza in teologia pastorale alla Pontificia università di Salamanca, sede di Madrid (1972-1974). Emessi i voti solenni negli agostiniani il 25 ottobre 1967, è stato ordinato sacerdote il 12 luglio 1970 e ha ricoperto i seguenti incarichi: formatore nel collegio-seminario del suo ordine a Palencia; direttore spirituale nel Colegio Nuestra Señora del Buen Consejo, Madrid; parroco di Nuestra Señora de la Esperanza y Santa Ana, Madrid; delegato del vicario per le religiose, Vicaria III, Madrid (1976-1984). Rientrato nella diocesi di Santander nel 1985, è stato Delegato episcopale per la Caritas, professore del seminario di Monte Corbán e delegato episcopale per la vita consacrata. Nel 1995 è tornato a Madrid come consigliere provinciale per la pastorale delle vocazioni e coordinatore della commissione provinciale per la pastorale e le vocazioni, professore di pastorale nei Centri teologici agostiniani di El Escorial e di Los Negrales. Ritornato nel 1999 a Santander, è stato vicario generale per la pastorale e dal 2002 vicario generale della diocesi e moderatore della curia fino a oggi. Dal 22 dicembre 2014 al 30 maggio 2015 è stato amministratore diocesano di Santander. John Alphonsus Ryan vescovo di Mzuzu (Malawi) Nato il 27 febbraio 1952 a Tipperary, arcidiocesi di Cashel and Emly, in Irlanda, dopo gli studi primari e secondari è entrato nella società di Saint Patrick – Kiltegan. Nel 1971, dopo un anno di spiritualità a County Wicklow, ha iniziato gli studi filosofici presso l’University of Cork, Douglas e nel 1974 quelli di teologia presso l’Istituto di Kiltegan a County Wicklow. Ordinato sacerdote il 18 giugno 1978, è partito missionario in Malawi, nella diocesi di Mzuzu, svolgendo fino al 2005 il ministero nelle parrocchie di Saint Paul a Mzimba, Saint Stephan a Kapuro, Saint Mathias a Misuku (essendo nel contempo docente nella locale scuola secondaria Community Day), e come docente nel seminario minore di Saint Patrick a Rumphi. Negli stessi anni ha compiuto studi in matematica coronati con il dottorato in Irlanda. È stato poi cappellano delle Sisters of the Holy Rosary a Katete (20052011) e dal 2000 era cappellano e docente di matematica dell’Università cattolica di Mzuzu, assistente nella parrocchia Saint Augustine e associate outstations; membro del collegio dei consultori della diocesi. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 mercoledì 27 aprile 2016 Giovani durante la messa celebrata da Francesco con le comunità indigene del Chiapas (15 febbraio 2016) Nella vita dei popoli latinoamericani È l’ora dei laici Ma sembra che l’orologio si sia fermato Nella vita dei popoli latinoamericani «è l’ora dei laici», ma «sembra che l’orologio si sia fermato»: lo scrive Papa Francesco al cardinale Marc Ouellet in una lettera che raccoglie e approfondisce le riflessioni scaturite dall’assemblea plenaria della Pontificia commissione per l’America latina, presieduta dal porporato e convocata lo scorso marzo sul tema dell’«impegno dei laici nella vita pubblica». A Sua Eminenza il Cardinale MARC ARMAND OUELLET, P.S.S. Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina Eminenza, Al termine dell’incontro della Commissione per l’America Latina e i Caraibi ho avuto l’opportunità d’incontrare tutti i partecipanti dell’assemblea, nella quale si sono scambiati idee e impressioni sulla partecipazione pubblica del laicato alla vita dei nostri popoli. Vorrei riportare quanto è stato condiviso in quell’incontro e proseguire qui la riflessione vissuta in quei giorni, affinché lo spirito di discernimento e di riflessione “non cada nel vuoto”; affinché ci aiuti e continui a spronare a servire meglio il Santo Popolo fedele di Dio. È proprio da questa immagine che mi piacerebbe partire per la nostra riflessione sull’attività pubblica dei laici nel nostro contesto latinoamericano. Evocare il Santo Popolo fedele di Dio è evocare l’orizzonte al quale siamo invitati a guardare e dal quale riflettere. È al Santo Popolo fedele di Dio che come pastori siamo continuamente invitati a guardare, proteggere, accompagnare, sostenere e servire. Un padre non concepisce se stesso senza i suoi figli. Può essere un ottimo lavoratore, professionista, marito, amico, ma ciò che lo fa padre ha un volto: sono i suoi figli. Lo stesso succede a noi, siamo pastori. Un pastore non si concepisce senza un gregge, che è chiamato a servire. Il pastore è pastore di un popolo, e il popolo lo si serve dal di dentro. Molte volte si va avanti aprendo la strada, altre si torna sui propri passi perché nessuno rimanga indietro, e non poche volte si sta nel mezzo per sentire bene il palpitare della gente. Guardare al Santo Popolo fedele di Dio e sentirci parte integrale dello stesso ci posiziona nella vita, e pertanto nei temi che trattiamo, in maniera diversa. Questo ci aiuta a non cadere in riflessioni che possono, di per sé, esser molto buone, ma che finiscono con l’omologare la vita della nostra gente o con il teorizzare a tal punto che la speculazione finisce coll’uccidere l’azione. Guardare continuamente al Popolo di Dio ci salva da certi nominalismi dichiarazionisti (slogan) che sono belle frasi ma che non riescono a sostenere la vita delle nostre comunità. Per esempio, ricordo ora la famosa frase: “è l’ora dei laici” ma sembra che l’orologio si sia fermato. Guardare al Popolo di Dio è ricordare che tutti facciamo il nostro ingresso nella Chiesa come laici. Il primo sacramento, quello che sugella per sempre la nostra identità, e di cui dovremmo essere sempre orgogliosi, è il battesimo. Attraverso di esso e con l’unzione dello Spirito Santo, (i fedeli) «vengono consacrati per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo» (Lumen gentium, n. 10). La nostra prima e fondamentale consacrazione affonda le sue radici nel nostro battesimo. Nessuno è stato battezzato prete né vescovo. Ci hanno battezzati laici ed è il segno indelebile che nessuno potrà mai cancellare. Ci fa bene ricordare che la Chiesa non è una élite dei sacerdoti, dei consacrati, dei vescovi, ma che tutti formiano il Santo Popolo fedele di Dio. Dimenticarci di ciò comporta vari rischi e deformazioni nella nostra stessa esperienza, sia personale sia comunitaria, del ministero che la Chiesa ci ha affidato. Siamo, come sottolinea bene il concilio Vaticano II, il Popolo di Dio, la cui identità è «la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come in un tempio» (Lumen gentium, n. 9). Il Santo Popolo fedele di Dio è unto con la grazia dello Spirito Santo, e perciò, al momento di riflettere, pensare, valutare, discernere, dobbiamo essere molto attenti a questa unzione. Devo al contempo aggiungere un altro elemento che considero frutto di un modo sbagliato di vivere l’ecclesiologia proposta dal Vaticano II. Non possiamo riflettere sul tema del laicato ignorando una delle deformazioni più grandi che l’America Latina deve affrontare — e a cui vi chiedo di rivolgere un’attenzione particolare —, il clericalismo. Questo atteggiamento non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente. Il clericalismo porta a una omologazio- usa un’espressione che ritengo fondamentale, la fede del nostro popolo, i suoi orientamenti, ricerche, desideri, aneliti, quando si riescono ad ascoltare e a orientare, finiscono col manifestarci una genuina presenza dello Spirito. Confidiamo nel nostro Popolo, nella sua memoria e nel suo “olfatto”, confidiamo che lo Spirito Santo agisce in e con esso, e che questo Spirito non è solo “proprietà” della gerarchia ecclesiale. Ho preso questo esempio della pastorale popolare come chiave ermeneutica che ci può aiutare a capire meglio l’azione che si genera quando il Santo Popolo fedele di Dio prega e agisce. Un’azione che non resta legata alla sfera intima della persona ma che, al contrario, si trasforma in cultura; «una cultura popolare evangelizzata contiene valori di fede e di solidarietà che possono provocare lo sviluppo di una società più giusta e credente, e possiede una sapienza peculiare che bisogna saper riconoscere con uno sguardo colmo di gratitudine» (Evangelii gaudium, n. 68). Allora, da qui possiamo domandarci: che cosa significa il fatto che i VI Maximino Cerezo Barredo, «Un popolo che cammina» (1984, chiesa rurale di Coclecito, Panamá) ne del laicato; trattandolo come “mandatario” limita le diverse iniziative e sforzi e, oserei dire, le audacie necessarie per poter portare la Buona Novella del Vangelo a tutti gli ambiti dell’attività sociale e soprattutto politica. Il clericalismo, lungi dal dare impulso ai diversi contributi e proposte, va spegnendo poco a poco il fuoco profetico di cui l’intera Chiesa è chiamata a rendere testimonianza nel cuore dei suoi popoli. Il clericalismo dimentica che la visibilità e la sacramentalità della Chiesa appartengono a tutto il popolo di Dio (cfr. Lumen gentium, nn. 9-14), e non solo a pochi eletti e illuminati. C’è un fenomeno molto interessante che si è prodotto nella nostra America Latina e che desidero citare qui: credo che sia uno dei pochi spazi in cui il Popolo di Dio è stato libero dall’influenza del clericalismo: mi riferisco alla pastorale popolare. È stato uno dei pochi spazi in cui il popolo (includendo i suoi pastori) e lo Spirito Santo si sono potuti incontrare senza il clericalismo che cerca di controllare e di frenare l’unzione di Dio sui suoi. Sappiamo che la pastorale popolare, come ha ben scritto Paolo VI nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, «ha certamente i suoi limiti. È frequentemente aperta alla penetrazione di molte deformazioni della religione», ma prosegue, «se è ben orientata, soprattutto mediante una pedagogia di evangelizzazione, è ricca di valori. Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede; comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione. A motivo di questi aspetti, Noi la chiamiamo volentieri “pietà popolare”, cioè religione del popolo, piuttosto che religiosità... Ben orientata, questa religiosità popolare può essere sempre più, per le nostre masse popolari, un vero incontro con Dio in Gesù Cristo» (n. 48). Papa Paolo laici stiano lavorando nella vita pubblica? Oggigiorno molte nostre città sono diventate veri luoghi di sopravvivenza. Luoghi in cui sembra essersi insediata la cultura dello scarto, che lascia poco spazio alla speranza. Lì troviamo i nostri fratelli, immersi in queste lotte, con le loro famiglie, che cercano non solo di sopravvivere, ma che, tra contraddizioni e ingiustizie, cercano il Signore e desiderano rendergli testimonianza. Che cosa significa per noi pastori il fatto che i laici stiano lavorando nella vita pubblica? Significa cercare il modo per poter incoraggiare, accompagnare e stimolare tutti i tentativi e gli sforzi che oggi già si fanno per mantenere viva la speranza e la fede in un mondo pieno di contraddizioni, specialmente per i più poveri, specialmente con i più poveri. Significa, come pastori, impegnarci in mezzo al nostro popolo e, con il nostro popolo, sostenere la fede e la sua speranza. Aprendo porte, lavorando con lui, sognando con lui, riflettendo e soprattutto pregando con lui. «Abbiamo bisogno di riconoscere la città» — e pertanto tutti gli spazi dove si svolge la vita della nostra gente — «a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze... Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia. Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero» (Evangelii gaudium, n. 71). Non è mai il pastore a dover dire al laico quello che deve fare e dire, lui lo sa tanto e meglio di noi. Non è il pastore a dover stabilire quello che i fedeli devono dire nei diversi ambiti. Come pastori, uniti al nostro popolo, ci fa bene domandarci come stiamo stimolando e promuovendo la carità e la fraternità, il desiderio del bene, della verità e della giustizia. Come facciamo a far sì che la corruzione non si annidi nei nostri cuori. Molte volte siamo caduti nella tentazione di pensare che il laico impegnato sia colui che lavora nelle opere della Chiesa e/o nelle cose della parrocchia o della diocesi, e abbiamo riflettuto poco su come accompagnare un battezzato nella sua vita pubblica e quotidiana; su come, nella sua attività quotidiana, con le responsabilità che ha, s’impegna co- me cristiano nella vita pubblica. Senza rendercene conto, abbiamo generato una élite laicale credendo che sono laici impegnati solo quelli che lavorano in cose “dei preti”, e abbiamo dimenticato, trascurandolo, il credente che molte volte brucia la sua speranza nella lotta quotidiana per vivere la fede. Sono queste le situazioni che il clericalismo non può vedere, perché è più preoccupato a dominare spazi che a generare processi. Dobbiamo pertanto riconoscere che il laico per la sua realtà, per la sua identità, perché immerso nel cuore della vita sociale, pubblica e politica, perché partecipe di forme culturali che si generano costantemente, ha bisogno di nuove forme di organizzazione e di celebrazione della fede. I ritmi attuali sono tanto diversi (non dico migliori o peggiori) di quelli che si vivevano trent’anni fa! «Ciò richiede di immaginare spazi di preghiera e di comunione con caratteristiche innovative, più attraenti e significative per le popolazioni urbane» (Evangelii gaudium, n. 73). È illogico, e persino impossibile, pensare che noi come pastori dovremmo avere il monopolio delle soluzioni per le molteplici sfide che la vita contemporanea ci presenta. Al contrario, dobbiamo stare dalla parte della nostra gente, accompagnandola nelle sue ricerche e stimolando quell’immaginazione capace di rispondere alla problematica attuale. E questo discernendo con la nostra gente e mai per la nostra gente o senza la nostra gente. Come direbbe sant’Ignazio, «secondo le necessità di luoghi, tempi e persone». Ossia non uniformando. Non si possono dare direttive generali per organizzare il popolo di Dio all’interno della sua vita pubblica. L’inculturazione è un processo che noi pastori siamo chiamati a stimolare, incoraggiando la gente a vivere la propria fede dove sta e con chi sta. L’inculturazione è imparare a scoprire come una determinata porzione del popolo di oggi, nel qui e ora della storia, vive, celebra e annuncia la propria fede. Con un’identità particolare e in base ai problemi che deve affrontare, co- me pure con tutti i motivi che ha per rallegrarsi. L’inculturazione è un lavoro artigianale e non una fabbrica per la produzione in serie di processi che si dedicherebbero a «fabbricare mondi o spazi cristiani». Nel nostro popolo ci viene chiesto di custodire due memorie. La memoria di Gesù Cristo e la memoria dei nostri antenati. La fede, l’abbiamo ricevuta, è stato un dono che ci è giunto in molti casi dalle mani delle nostre madri, delle nostre nonne. Loro sono state la memoria viva di Gesù Cristo all’interno delle nostre case. È stato nel silenzio della vita familiare che la maggior parte di noi ha imparato a pregare, ad amare, a vivere la fede. È stato all’interno di una vita familiare, che ha poi assunto la forma di parrocchia, di scuola e di comunità, che la fede è giunta alla nostra vita e si è fatta carne. È stata questa fede semplice ad accompagnarci molte volte nelle diverse vicissitudini del cammino. Perdere la memoria è sradicarci dal luogo da cui veniamo e quindi non sapere neanche dove andiamo. Questo è fondamentale, quando sradichiamo un laico dalla sua fede, da quella delle sue origini; quando lo sradichiamo dal Santo Popolo fedele di Dio, lo sradichiamo dalla sua identità battesimale e così lo priviamo della grazia dello Spirito Santo. Lo stesso succede a noi quando ci sradichiamo come pastori dal nostro popolo, ci perdiamo. Il nostro ruolo, la nostra gioia, la gioia del pastore, sta proprio nell’aiutare e nello stimolare, come hanno fatto molti prima di noi, madri, nonne e padri, i veri protagonisti della storia. Non per una nostra concessione di buona volontà, ma per diritto e statuto proprio. I laici sono parte del Santo Popolo fedele di Dio e pertanto sono i protagonisti della Chiesa e del mondo; noi siamo chiamati a servirli, non a servirci di loro. Nel mio recente viaggio in terra messicana ho avuto l’opportunità di stare da solo con la Madre, lasciandomi guardare da lei. In quello spazio di preghiera, le ho potuto presentare anche il mio cuore di figlio. In quel momento c’eravate anche voi con le vostre comunità. In quel momento di preghiera, ho chiesto a Maria di non smettere di sostenere, come ha fatto con la prima comunità, la fede del nostro popolo. Che la Vergine Santa interceda per voi, vi custodisca e vi accompagni sempre! Dal Vaticano, 19 marzo 2016 Nel dvd sul vangelo di Luca distribuito ai partecipanti al giubileo dei ragazzi Gesù in quindici lingue Vedere Gesù nel suo ambiente di Galilea, osservarlo nello scorrere della vita quotidiana nella casa di Nazaret. Guardarlo mentre insegna e chiama i discepoli a seguirlo, mentre guarisce gli infermi e compie i miracoli. Soprattutto, riconoscerlo come Salvatore, colui che annuncia la misericordia del Padre. È la possibilità offerta dal dvd Jesus. The Gospel according to St. Luke (“Gesù secondo il Vangelo di Luca”), distribuito in 120.000 copie ai partecipanti al giubileo dei ragazzi celebrato domenica 24 aprile in piazza San Pietro. Il dvd, che contiene un vero e proprio film su Gesù ispirato al racconto di Luca, ha richiesto un notevole sforzo editoriale se si considera che il video è doppiato in ben 15 lingue: arabo, armeno, cantonese, cebuano, inglese, francese, tedesco, indonesiano, italiano, mandarino, polacco, portoghese, spagnolo, tagalog e ucraino. A promuovere l’iniziativa sono state le fondazioni Ramón Pané, con il suo presidente, l’argentino Ricardo Grzona, e Jesus film project, con Erick Schenkel, direttore esecutivo, coadiuvato da Antonio Cabrera, e il sito internet www.cristonautas.com in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Nell’introduzione il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga si rivolge ai giovani e li invita a puntare l’attenzione soprattutto sull’episodio Il segreto di un successo Diretto dal britannico John Krish e dall’australiano Peter Sykes, entrambi provenienti dal cinema di genere, Jesus (The Jesus Film) è un film del 1979 tratto dal Vangelo di san Luca. Senza aver riscosso un particolare successo al momento della sua uscita nelle sale, negli anni ha avuto una graduale ma complessivamente grande diffusione, tanto da essere doppiato in molte lingue. Malgrado non sia esente da alcuni limiti evidenti; anzi, paradossalmente, proprio grazie ad alcuni di questi limiti. La produzione americana, benché abbastanza povera, assicura una confezione tecnicamente solida e professionale. Ciò che manca al film, piuttosto, è una vera costruzione drammaturgica. Ma probabilmente è proprio questo il segreto dell’insospettabile successo. La parola evangelica, infatti, arriva allo spettatore senza mediazioni, senza sovrastrutture artistiche, in modo da sostenere l’intento dichiaratamente divulgativo e didattico dell’opera, che non a caso si apre con l’insolita scritta: «Un documentario tratto dal vangelo di Luca». Caratteristiche, quelle sopracitate, di solito particolarmente apprezzate dall’ampio pubblico del piccolo schermo, contesto decisamente appropriato per un film come questo, e soprattutto ideale per garantirne la giusta diffusione. Tutto ciò, fra l’altro, non toglie che le interpretazioni degli attori siano convincenti e sentite, a partire da quella del Messia offerta dal britannico Brian Deacon. (emilio ranzato) in cui, durante la sua adolescenza, Gesù «viene trovato mentre parlava con i sacerdoti riguardo a Dio e tutti erano stupiti di quello che diceva (Luca 2, 47). Sicuramente, anche la vostra vita ha delle belle cose che possono stupire il mondo intero e anche Dio». Il video, come spiega nella presentazione l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del dicastero per la nuova evangelizzazione, «mira a portare la storia di Gesù ai giovani assetati di Dio. Attraverso le sue immagini incontreranno Cristo, il volto misericordioso del Padre». Per andare incontro alle nuove generazioni, è stata anche preparata una app gratuita: Jesusfilmedia che permette di accedere al video e vederlo nelle 1.400 lingue in cui finora è stato tradotto, che fanno di questo film il più tradotto (e probabilmente il più visto) della storia. Il progetto di girare un film sul Vangelo di Luca risale alla fine degli anni Settanta. L’obiettivo era di far parlare Gesù nella lingua dello spettatore, di renderlo familiare, raggiungendo così un pubblico più vasto possibile. Il film è stato distribuito in migliaia di parrocchie, istituzioni culturali e caritative, ed è stato visto da un numero incalcolabile di persone. In questo sforzo di diffusione si è distinta la Fondazione Ramón Pané, che da venti anni è impegnata nel supporto all’evangelizzazione e alla missione, attraverso congressi, laboratori, ritiri, conferenze, corsi online, software e applicazioni per pc, smarthphone, e tablet. La fondazione Pané offre un servizio gratuito ogni settimana agli utenti della rete attraverso i due siti internet (www.fundacionpane.com e www.cristonautas.com), fornendo materiale di studio e di approfondimento per la riflessione e la preghiera personale per adulti, giovani e bambini. (nicola gori)