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TRA FORME E COLORI
Immagini dai quattro vènti
Mostra fotografica di Massimiliano Troiani alla Corte dei Farnese
di Sandra Di Vito
assimiliano Troiani, fotografo di prestigio, coniuga
il “viaggiare” al suo lavoro in giro per il mondo,
riportando volti, paesaggi, mondi che si aprono ai nostri
occhi e si imprimono indelebili nell’animo di ognuno spiega Monica Passerini - Presidente della International
Inner Wheel Viterbo Ciminia, che ha promosso insieme al
Rotary Club Viterbo Ciminia, la mostra fotografica Immagini
dai quattro vènti di Massimiliano Troiani.
La mostra, svoltasi dal 23 Marzo al 7 Aprile scorso al
Palazzo Farnese di Caprarola (VT), è il risultato di grandi
sinergie e unità di intenti nel coniugare l’arte delle immagini
con l’impegno nel sostenere progetti umanitari in Africa.
Abbiamo voluto presentare questa iniziativa di alto profilo
culturale attraverso la voce dei protagonisti, mettendo in
luce la grande professionalità dell’artista, la profonda
sensibilità che traspare dalle sue immagini e il lodevole
impegno nella solidarietà di Monica Passerini, ferma
sostenitrice anche del progetto Valore Mamma.
M
Signor Troiani, nei suoi viaggi intorno al mondo, ha incontrato innumerevoli volti di madri. Cosa ha voluto cogliere di
quei volti nelle sue immagini. Che cosa Le è rimasto di
quegli incontri?
In genere non sono io che cerco di cogliere qualcosa nei volti,
ma sono loro, i volti, che si fanno avanti, con i loro sguardi e
le loro espressioni, le storie che narrano. Cerco di non essere descrittivo ma lascio che sia il ritratto a "descriversi" da
solo. A volte, forse la maggior parte delle volte, non è detto
che ci sia per forza qualcosa da dire in una foto: può essere
un gioco di ombre e luci, un lavoro sulla forma, le
armonie o disarmonie, ecc. A proposito degli incontri con
le madri incontrate nei luoghi più diversi mi è rimasto tutto,
potrei dire che mi ricordo di tutte quante loro. Quello che più
mi è rimasto e che mi ha colpito è che loro, soprattutto
quando sono nel tempo in cui hanno cuccioli da proteggere
ed allevare, hanno un coefficiente comune di tenerezza e
forza che si ritrova in tutte le diverse culture, nei loro sguardi
e nella luce che trasmettono a chi fotografa.
Quale messaggio ha voluto trasmettere attraverso la mostra?
Non ho messaggi da comunicare, cerco di essere un
testimone il più possibile neutrale, non a caso la parte della
macchina fotografica che cattura le immagini si chiama
"obiettivo"... Ma questa presunta obiettività non è quasi mai
possibile: un'immagine, per quanto neutra voglia essere,
porta sempre dentro di sé un significato. Ma io solo
raramente scatto foto con intenzione, per scelta razionale.
Io cerco di mostrare, è come se raccontassi: "Ecco, il mondo
è questo, è andato in questa direzione ma non è detto che
fosse l'unica strada possibile". Il mondo occidentale adesso
sente scricchiolare le proprie certezze, ma sono secoli che
la maggior parte degli abitanti del pianeta vive una vita
fragile, mai garantita, sempre esposta a ingiustizie sociali o
- materialmente - a malattie e povertà. 30
TRA FORME E COLORI
La tematica della maternità emerge con forza nella mostra,
anche attraverso pensieri e parole di autori illustri.
Vuole citare una frase e il motivo per cui l’ ha scelta?
Ho dedicato un'intera sezione della mostra alle madri e alla
donna. Mi ha sempre affascinato il mito della Grande Madre
che nell'antichità fu un’idea mitologica fondativa di quasi
tutte le civiltà. In fondo nel mio lavoro vado a cercare una
quota di "antichità", tracce di situazioni archetipiche che
covano sotto la nostra stanca civiltà; segni che in altre
culture, la povertà ha invece preservato. Le frasi che ho
usato sono tutte necessarie, sono degli amuleti che porto
con me nella vita e nel lavoro. Restando nell'ambito delle
madri/donne direi che la citazione che ho proposto di
Simone Weil è sconcertante per la sua poetica e la sua
profondità: "Le parole materia, madre, mare, Maria, si
somigliano al punto di essere quasi identiche". Poi ho dedicato una stanza alla Bellezza, che da noi
ormai è sinonimo di fitness, benessere, scongiuro verso
l'invecchiamento, mentre altrove la vecchiaia propone forme
intense di bellezza che per un fotografo, un artista, rivelano
delle armonie di cui la gente, oggi in Occidente, non vuol più
sentir parlare.
Perché il bianco e il nero?
Il bianco e nero significa soprattutto lavorare sui "grigi".
Un'immagine in bianco e nero è una danza di queste componenti. Il bianco e nero è potente, porta l'immagine alle
sue strutture essenziali, è più vicino al disegno che alla pittura. Noi, il più delle volte, sogniamo in bianco e nero, a
volte amiamo in bianco e nero, alcuni autori (per esempio
Kafka...) per me sono in bianco e nero. Però scatto anche
a colori, perché a volte si parla, si pensa e si ama a colori.
Ma io preferisco fare tutte queste cose in bianco e nero!
su un suo viaggio in Africa centrale da cui è nato il
documentario “Uganda: le ombre sulla Perla”, che ha
stimolato un vivace dibattito sulle problematiche inerenti
i paesi sottosviluppati. Già in quella occasione l’autore ed
io parlammo della possibilità di progettare una mostra
fotografica di più ampio respiro, finalizzata a raccogliere fondi
per un progetto umanitario del nostro Club.
Raccontaci del progetto di beneficenza legato alla mostra.
Ci è sembrato naturale, come Associazione internazionale,
da sempre dedicata al sostegno di iniziative umanitarie,
scegliere come destinatario della raccolta fondi della
mostra-evento, l’Ospedale San Camillo di Nanoro in Burkina
Faso, poiché da molti anni è diretto da Don Pietro Ruzzi, un
sacerdote originario proprio di Caprarola, sede della mostra.
L’Ospedale è stato fondato nel 2003 e rappresenta il punto
di convergenza di pazienti sempre più numerosi provenienti
dalle zone più remote dell’Africa centrale.
La mostra è stata allestita al Palazzo Farnese di Caprarola.
C’è un motivo particolare che ha portato a questa scelta?
Partendo dal fatto che il Palazzo Farnese di Caprarola è
rinomato in tutto il mondo e meta di migliaia di visitatori
ogni anno, abbiamo ottenuto con la collaborazione del
Comune di Caprarola e la Pro Loco, l’opportunità di
sfruttare come sede della mostra proprio alcuni locali del
monumento.
Come immagina le foto che ancora non ha scattato?
Non le devo immaginare...Perché so bene come sono,
e sono là, le ho viste e so che mi aspettano; ma - come
me - sanno bene che ormai non le potrò più scattare: mi
sono passate davanti per un attimo, immagini che non ho
potuto fissare, né su un fotogramma di pellicola né su un file
digitale, e dunque esistono solo in un'altra dimensione.
Aspetteranno invano che io vada a ri-scattarle.
Monica, come è nata questa vostra collaborazione e l’idea
della mostra fotografica?
Ho conosciuto Massimiliano Troiani circa 2 anni fa durante
una conferenza-lezione presso la Biblioteca del Comune
della scuola dove insegno a Mazzano Romano.
La signora Patrizia Peron, bibliotecaria, aveva organizzato
questo incontro nel quale Massimiliano mostrava le sue foto
ai ragazzi, contestualizzandole e raccontando per ognuna la
sua storia. Io rimasi come ipnotizzata dai volti di donne e
bambini che sembravano vivere in quelle foto, la cui intensità
si fissava nel profondo dell’animo dell’osservatore.
Poi assistemmo alla visione del video “I rigettati di K.” che
coinvolse molto sia i ragazzi che gli insegnanti presenti.
Successivamente abbiamo organizzato una serata per
l’ International Inner Wheel di cui sono Presidente, centrata
Massimiliano Troiani e Monica Passerini
il giorno dell’inaugurazione della mostra
Massimiliano Troiani realizza da anni documentari e servizi
fotografici nel mondo. Alla selezione della 62a Mostra di
Venezia ha presentato I rigettati di K.(e altre ballate).
Con le ceneri di Gandhi e Shiva Yatra partecipa all’Asiaticafilmediale e con la voce dei deserti al Desert Nights
Festival. La mostra di fotografie By the rivers of Babylon è
stata esposta al Palazzo dell’O.N.U di New York, alla FAO e
al World Trade Organization di Roma.
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TRA FORME E COLORI
Il Sogno nel Cassetto
L’arte dei confetti
di Sandra Di Vito
a nostra vita è costellata da simboli,
che racchiudono il percorso unico fatto di
momenti indimenticabili dell’esistenza di
ognuno di noi. Un oggetto, come un gioiello
regalatoci, ci ricorda la luce degli occhi di chi
con amore ha voluto farci un dono; una
maglietta che indossavamo quando abbiamo
conosciuto per la prima volta una persona
speciale, possiede ancora il calore di quell’ abbraccio impresso nel nostro intimo; un
biglietto di auguri può assumere un significato
profondo, perché ha la grafia indelebile di chi
non si è dimenticato di noi. Anche la bomboniera
ha un valore simbolico: la scelta di un sacchetto di confetti
con forma e tessuto particolari, abbinato ad un oggetto
raffinato o grazioso, rappresenta un momento carico di
emozioni e sentimenti da trasmettere alle persone care che
vivranno insieme a noi un giorno speciale della nostra vita.
Guardando e conservando quell’oggetto rivivremo ricordi
intensi, gioie, obiettivi raggiunti, relazioni affettive senza le quali
quel giorno particolare non avrebbe avuto lo stesso significato.
La realizzazione di un sogno è il significato simbolico
che Cristina Tomarelli, con la sua attività artigianale
di ideazione e creazione di bomboniere vuole offrire a tutte
le persone che si apprestano a vivere un momento
indimenticabile per la loro vita. Per lei, l’avvio di questa
attività lavorativa e artistica è stato la realizzazione di un
Sogno nel Cassetto, in un giorno particolare della sua vita.
Cerchiamo di capire perché.
L
Cristina, come e quando è nata questa Sua attività
artigianale così creativa?
Il tutto nasce all’inizio del 2013, in un giorno molto
particolare della la mia vita e della mia famiglia, il 2 febbraio.
Ho scelto di chiamarla “Il Sogno nel Cassetto” per evidenziare
quel sogno, con la “S” maiuscola, che fin dall’adolescenza ho
desiderato e che finalmente è diventato realtà.
Quale lavoro c’è dietro la creazione di una
bomboniera?
Oltre alla pazienza e alla creatività, c’è un’estrema
ricerca di materiali pregiati e di articoli di qualità e
raffinatezza che grazie allo studio dell’abbinamento del colore del tessuto, della decorazione e
del nastro mi permettono di creare delle linee per
ogni occasione.
Che tipo di rapporto instaura con i Suoi clienti
nella scelta delle bomboniere?
In questo genere di lavoro, è molto importante
cercare di capire come il cliente vuole sigillare
quel momento unico e indimenticabile, il mio compito è
quello di trasformare queste emozioni in una bomboniera.
Come si è evoluta nel tempo la bomboniera, esistono
innovazioni in questo campo?
L’uso della bomboniera, dal francese bonbonnière, contenitore
di bonbon (piccoli dolci), ebbe inizio già nel XVIII secolo come
usanza di regalare degli oggetti preziosi beneauguranti
contenenti confetti, simbolo di felicità e abbondanza.
Al giorno d’oggi le bomboniere non sono più necessariamente
degli oggetti preziosi, si opta per articoli utili e facili da riutilizzare,
di produzione artigianale o personalizzati, che ricordano
l’unicità del sentimento.
Cosa si sente di consigliare a chi vuole iniziare la sua stessa
attività?
Di avere pazienza, di coltivare con costanza le passioni
e di non perdere la speranza di realizzare quel sogno chiuso
nel cassetto.
Cristina Tomarelli
www.ilsognonelcassetto.eu
[email protected]