Lo sventramento della Firenze antica (2°)
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Lo sventramento della Firenze antica (2°)
Lo sventramento della Firenze antica (2°) Nel numero di gennaio ho illustrato la trasformazione di Firenze nella seconda metà del 1800, adesso vediamo le altre ferite che furono inferte alla città antica. Lo scempio più grave fu il cosiddetto “sventramento” del centro storico, costituito dal Mercato Vecchio e dall’antico Ghetto Ebraico. Il mercato e il ghetto furono demoliti per creare l’attuale piazza della Repubblica, in questo sito si trovava l’antico foro romano centro della città, dove si intersecavano il cardo e il decumano, a questo incrocio si ergeva la colonna dell’Abbondanza, ancora sul luogo. In epoca alto medievale la zona divenne il luogo di mercato più importante della città. Vi erano in esso chiese antichissime, dette Santa Maria in Campidoglio e Sant’Andrea ambedue risalenti prima dell’anno 1000. Verso il 1880 il giornalista Giulio Piccini, che si firmava con lo pseudonimo “Jarro”, denunciò con una serie di articoli, il degrado nel quale vivevano gli umili abitanti del centro storico «Siete voi andato mai in quegli antri, in quelle tane, per que' sotterranei, dove la notte le pareti formicolano d'insetti, dove il soffitto è così basso, che è impossibile a un uomo di giusta statura entrare lì senza incurvarsi, e dove su putridi giacigli si scambiano gli amplessi di ladri e di baldracche, lordure umane, sgorgate in questi orrendi sterquilinii, dopo aver corso, trabalzato, per le fogne del vizio? » « Siete voi andato mai in quegli antri, in quelle tane, per que' sotterranei, dove la notte le pareti formicolano d'insetti, dove il soffitto è così basso, che è impossibile a un uomo di giusta statura entrare lì senza incurvarsi, e dove su putridi giacigli si scambiano gli amplessi di ladri e di baldracche, lordure umane, sgorgate in questi orrendi sterquilinii, dopo aver corso, trabalzato, per le fogne del vizio? » (Jarro, Firenze sotterranea, 1881) Dopo queste denuncie che apparivano di frequente sui giornali, ne nacque un certo scalpore che convinse i più a fare piazza pulita di tutta l’area. L’intervento sarebbe stato compreso nell’intervento del piano Poggi, che aveva eliminato le vecchie mura per creare i viali di circonvallazione e creato i viali dei Colli con la costruzione del piazzale Michelangelo. Nel progetto della distruzione del vecchio centro cittadino, molti storici indicarono il lato speculativo dell’operazione, perché il vero motivo dello sventramento a cui si adduceva pretesti di salute pubblica, di sicurezza e di decoro, queste ne avrebbero costituito solo una copertura falsa che nascondeva i veri interessi economici e speculativi di nuove costruzioni ad uso commerciale e rappresentativo. Nel 1881 il comune formò una commissione per rilevare le condizioni degli abitanti nella zona del mercato e del ghetto, cosa che spianò la strada al convincimento del progetto di ristrutturazione di tutta la zona. Nel 1885 il progetto fu approvato e tutta la popolazione era stata evacuata. I lavori iniziarono nel 1888, demolendo la parte nord della piazza, tra la colonna dell’Abbondanza e il caffè Gilli, a questo punto eliminati i miseri edifici si era riscoperta la piazza cinquecentesca con la loggia del Pesce del Vasari, secondo il parere di Piero Bargellini sarebbe stato auspicabile che i lavori fossero interrotti lì. Ma i grandi interessi economici stavano dietro al progetto fremevano per la continuità dei lavori e quindi si proseguì con lo scempio che si ampliò notevolmente e che comprese l’area tra piazza degli Strozzi, via Vecchietti, via dei Pecori, via Calzaioli, piazza della Signoria e via Portarossa. Molte furono le testimonianze antiche che vennero rase al suolo senza troppa esitazione: chiese antiche, case torri, sedi di arti, anche il vecchio ghetto, con due sinagoghe vennero rase al suolo. E’ restato famoso il commento di un grande pittore macchiaiolo Telemaco Signorini, che assisteva a queste distruzioni che fu avvicinato da un ingegnere che dirigeva i lavori il quale gli disse: ” Telemaco piangi sulle porcherie che vengono giù” e il Signorini rispose “no piango sulle porcherie che vengono su”. Nelle demolizioni andarono perse 20 tra piazze e piazzette, 18 vicoli; furono abbattuti 341 immobili ad uso abitativo, 451 botteghe e vennero allontanate 1778 famiglie. Tra gli edifici di notevole rilevanza storica andarono perduti le torri dei Caponsacchi, la torre degli Amieri, il vecchio monte di pietà dei Pilli. Vi si trovavano le case anticamente abitate dai primi Medici, degli Strozzi, dei Sassetti e di altre importanti famiglie. Molte furono le sedi delle arti perdute per sempre: dei Medici Speziali, degli Albergatori, dei Rigattieri, degli Oliandoli e Pizzicagnoli, ed altri. Numerosi erano i tabernacoli e le chiese, che avevano molte opere d’arte citate dal Vasari, che oggi sono andate perdute. La chiesa di San Tommaso, quella di Sant’Andrea, quella di Santa Maria in Campidoglio, San Miniato, San Pier Buonconsiglio, San Leo e San a Ruffillo. Era questa una delle zone più caratteristiche di edilizia medievale, con stradine strette e con edifici addossati l’uno all’altro. Le architetture sopravvissute, sebbene nessuno si sognò di toccare i capolavori come la chiesa di Orsamichele e palazzo Strozzi, furono il Palazzo Davanzati, la Torre dei Foresi, la Loggia del Porcellino e il Palazzo Orlandini, vennero invece traslocate la Loggia del Pesce del Vasari, ricostruita in piazza dei Ciompi e il Tabernacolo trecentesco di santa Maria delle Trombe, ricostruito all’angolo del Palazzo dell’Arte della Lana e in ultimo fu salvata la Colonna dell’Abbondanza, situata dove si incontravano il cardo e il decumano romani, la colonna era inglobata dagli edifici del Mercato Vecchio, fu liberata da questi, fu smontata e riposta. Rimontata nel 1956, presenta ancora oggi la testimonianza di quello a cui serviva, in alto si vede un anello di ferro che reggeva una campana che suonava per indicare l’apertura e la chiusura del mercato, e un secondo anello in basso al quale si incatenavano alla gogna i commercianti disonesti. “Telemaco (diceva sarcasticamente l’ingegnere comunale) piangi sulle porcherie che vanno giù ?” No (rispose il pittore) piango sulle porcherie che vengono su!” Le porcherie che vengono giù si possono rivedere sulle tavolette dipinte dal Signorini e dai suoi amici Macchiaioli. Le porcherie che sono venute su si possono vedere oggi e formano il quartiere più pacchiano e meno fiorentino di Firenze. Dalla splendida storia di Firenze di Piero Bargellini Romano Valli Telemaco Signorini: Mercato Vecchio