a piedi nudi nei parchi

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a piedi nudi nei parchi
Le aree marine protette
A PIEDI NUDI
NEI PARCHI
Dagli ultimi anni sono sotto tutela alcuni dei più affascinanti tratti di costa
sarda: dalla Maddalena all’Asinara, dalla penisola del Sinis a Capo Carbonara
DI LELLO CARAVANO - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
Cala Sant’Andrea, una
delle più belle e note
dell’isola Asinara, dal
1997 Parco nazionale.
Q
uando si decise che anche la spiaggia rosa
di Budelli sarebbe stata messa sotto chiave per salvarla da un turismo che si faceva di anno in anno più vorace e invadente, sembrò che i malumori – che già montavano man
mano che si procedeva con le misure di salvaguardia
– dovessero trasformarsi in tempesta e seppellire fin
dalla nascita il Parco nazionale dell’Arcipelago di La
Maddalena. Era il 1998. Il primo parco geomarino della Sardegna era stato istituito un anno prima, nel
maggio ’97, proprio quando ripartivano pesantemente, in un clima di accesi contrasti e spesso di minacce,
le proteste contro la riserva sul Gennargentu, incompiuta ambientale da più di quarant’anni.
Accessi limitati, controlli, blocchi all’arrembaggio di
barconi e gommoni: era davvero possibile regolare il
flusso di milioni di presenze nel cuore del triangolo
d’oro delle vacanze isolane? A giudicare da quanto
succede oggi attorno alla spiaggia immortalata da Michelangelo Antonioni in Deserto rosso (era il 1964, primo film a colori del maestro ferrarese), la scommessa
sembra vinta. Attualmente arrivano in migliaia per
ammirarla, scendono sull’isola-perla dell’arcipelago
accompagnati dalle guide che spiegano il fenomeno
di questa caletta dipinta di rosa dagli scheletri di microrganismi come i briozoi e i foraminiferi, rinunciano di buon grado a calpestarla e a tuffarsi in quelle
acque da sogno. Insomma, sanno che questa opera
della natura saccheggiata per decenni (ben pochi resistevano alla tentazione di portarsi via una bottiglia,
un sacchetto riempito con la sabbia più famosa del
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La celeberrima sabbia
rosa di Budelli,
immortalata nel film
Deserto Rosso
Sopra: vele nella rada di Giardinelli a La
Maddalena. Nell’arcipelago, nel 1998, è stato
istituito il primo Parco geomarino d’Italia.
Sotto: Baia Spalmatore, a La Maddalena.
A destra: Punta Tegge. Sono una trentina
le isole e gli isolotti che formano
il Parco dell’arcipelago maddalenino.
Le aree blu proteggono anche la fauna dell’entroterra
Nella foto sopra: scorcio dall’alto di cala
d’Arena, sulla costa occidentale dell’Asinara.
L’isola venne definita “la Caienna italiana”
per il duro penitenziario che ospitò per lungo
tempo, ma oggi è aperta al turismo. Nella foto
sotto: due asinelli bianchi tipici dell’Asinara,
cui probabilmente si deve il nome dell’isola.
Nella pagina seguente in alto e in basso:
gorgonie e madrepore si svelano agli occhi
dei sub; le selvatiche dune di sabbia e il
mare di Baia Trinità all’isola di La Maddalena.
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Corrado Giavara
Quest’anno il parco ha concesso ottomila permessi
per le imbarcazioni per un totale di oltre un milione
di presenze. Come dire che la tutela può convivere
col turismo. Grande il successo delle attività turistiche legate alle immersioni: c’è un consorzio con 17
centri diving che operano in sintonia con l’ente parco.
Tanti gli edifici militari recuperati e restaurati, in testa i 3.000 metri quadrati di Stagnali a Caprera. Dove
trova posto il centro di educazione ambientale, divenuto un’importante realtà, e la foresteria è in fase di
allestimento, mentre è partito il recupero delle fortificazioni e dei fari di Razzoli e Santa Maria; dalla prossima estate saranno ampliati i punti riservati alla sola
balneazione. “Il risultato più importante è che qui
c’era una comunità profondamente divisa sul parco,
mentre oggi il parco in quanto tale non viene più
messo in discussione, e questo per la Sardegna è un
ottimo risultato”, dice il botanico Ignazio Camarda
che nelle scorse settimane ha lasciato il testimone di
presidente del parco nazionale a un avvocato nuorese, Gianfranco Cualbu. Da segnalare la caduta di un
altro tabù, almeno per quanto riguarda la Maddalena:
la caccia nei parchi. Per arginare l’invasione dei cinghiali, introdotti decenni fa, l’ente parco ha autorizzato i prelievi controllati a Caprera e a Spargi, coinvolgendo le compagnie di caccia maddalenine.
Questi parchi marini non solo tutelano la più importante risorsa naturale della Sardegna – il mare, le
coste – ma anche racchiudono pagine importanti di
La tutela della natura marina convive con il turismo
mondo) può rinascere solo se verrà rispettata. Quasi
un monito per tanti altri gioielli delle coste isolane:
proteggerli meglio per garantire loro un futuro. Una
scelta che sta già dando buoni risultati: i parchi marini in Sardegna sono una realtà anche se spesso il
cammino per l’istituzione è lungo e complicato. È stato così anche per l’arcipelago che presto potrebbe essere inserito nella lista del patrimonio dell’umanità
tutelato dall’Unesco: prima le contestazioni dei centri
vicini per la paura di essere esclusi dal paradiso, poi
le pressanti richieste del Comune di La Maddalena,
tuttora sul tappeto, di avere un ruolo e un peso più
consistenti negli organi di gestione dell’area protetta.
Oggi la salvaguardia tocca tutte le isole e gli isolotti
del Comune di La Maddalena, una trentina, inseriti
in un parco geomarino che si estende su una superficie di ben 18 mila ettari (5 mila in terra e 13 mila in
mare) con uno sviluppo costiero di 180 chilometri. Oltre alla tutela integrale della spiaggia Rosa, alle aree
di ripopolamento ittico e alla salvaguardia dei siti di
nidificazione degli uccelli marini, la svolta è stata la
regolamentazione del traffico di barche e gommoni
con l’introduzione di un ticket d’ingresso. Perché nel
paradiso si può entrare, purché in punta di piedi.
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L’incanto della baia di Punta Molentis,
oltre la spiaggia di Simìus e di fronte all’isola
Serpentara poco distante da Capo Carbonara.
Anche questo bellissimo tratto di costa è stato
recentemente istituito in Parco marino.
Antonio Saba
cala Arena e cala Sant’Andrea. Dietro le recenti vicende dell’isola Sinuaria (così la chiamarono i Romani
per la sua forma sinuosa) c’è una lunga battaglia per
sottrarla al destino di terra-bunker, vinta non senza
contrasti, se è vero che alcuni mesi fa il ministero della Giustizia ha espresso il desiderio di riappropriarsi
di un pezzo dell’ex colonia per impiantarvi un carcere leggero. Ma ormai il dicastero non ha più alcuna
competenza sui 52 chilometri quadrati che vanno da
Punta dello Scorno a Barbarossa. Anzi, finalmente sono a buon punto i lavori per offrire assistenza ai visitatori: tre servizi di accoglienza nei tre approdi di Cala Reale, Fornelli e Cala d’Oliva, la ristrutturazione
della stazione sanitaria marittima, delle cappelle co-
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Limitato il traffico
marino, all’isola di
Cavoli torna il silenzio
Corrado Giavara
Omnia labrpor est claqudicpa
storia. L’arcipelago della Maddalena e soprattutto Caprera raccontano di Garibaldi, della sua passione per
il mare e la natura, delle fortificazioni piemontesi, dei
monaci benedettini confinati negli eremi battuti dai
venti, della nascita della Marina italiana. L’isola dell’Asinara, anch’essa tutelata da un parco marino, racchiude le pagine più drammatiche delle vicende italiane della seconda metà del Novecento. I brigatisti, i
mafiosi, i camorristi, i giudici Falcone e Borsellino
che nella foresteria di Cala d’Oliva scrissero l’ordinanza per il rinvio a giudizio del primo maxi processo a Cosa Nostra. Ma è anche l’isola che racconta la
tragedia di migliaia di prigionieri austroungarici
morti di colera o la storia della principessa del Melograno d’oro, figlia del Negus d’Etiopia, che fu rinchiusa nelle galere dell’isola.
L’isola del Diavolo, come viene chiamata l’Asinara, è
parco nazionale dal 1997. Una svolta che è servita a riaprirla dopo 115 anni di segregazione, a farla conoscere
alle migliaia di turisti (in tre anni 85 mila) che si mettono in fila per scoprire una Sardegna di quarant’anni fa
con calette nascoste e integre, tra cui, prima di tutto,
Nella foto a sinistra: lettura dei giornali
sulla spiaggia di Is Aretas, nella penisola del
Sinis. Sopra: una bella panoramica di Punta
Sa Ruxi, che s’incontra lungo i trenta
chilometri della costa di Villasimius, ad est
di Cagliari. Il traffico disordinato e
l’affollamento di natanti tra l’isola di Cavoli
e la Serpentara sono stati finalmente
regolamentati con la creazione dell’area
protetta. A destra: sub tra i pesci dei fondali.
I parchi blu sardi hanno posto fine alla pratica
della pesca indiscriminata.
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struite dai prigionieri della Prima guerra mondiale,
della chiesa, il centro di accoglienza nella diramazione centrale dell’ex carcere, la foresteria che potrà
ospitare i visitatori, in particolare studenti. Tutta l’isola viene sottoposta a un intervento di bonifica e pulizia dopo anni di degrado, e presto saranno pronti
anche i sentieri di visita e i percorsi. “Negli anni passati i visitatori trovavano un’isola suggestiva ma che
aveva perso un po’ l’anima per l’abbandono provocato da un utilizzo secolare, ora grazie ai servizi di accoglienza e ai percorsi i turisti potranno andare alla ricerca dell’anima perduta”, osserva Eugenio Cossu
presidente del comitato di gestione.
Rigorosa la tutela sul mare: nella fascia di mille metri
dalla costa è vietato il traffico delle barche private, tranne quelle convenzionate con l’ente parco (in partenza
da Porto Torres e Stintino) e adibite al trasporto dei visitatori. Un successo, qui come nel parco della Maddalena, si stanno dimostrando le proposte per la pesca-turismo praticata da una decina di pescherecci e per le immersioni, a cui hanno aderito otto centri diving.
L’anno dei parchi marini in Sardegna è stato il
1997, una svolta salutata con soddisfazione dalle as-
sociazioni ambientalistiche. Pur con qualche distinguo. “Con Porto Conte e Tavolara si arriva a sei aree
marine protette, un numero importante. Tuttavia, tenendo conto delle grandi potenzialità di queste
aree, si potrebbe fare di più: penso al turismo culturale e subacqueo e alla possibilità di far vivere i parchi non solo in estate, per non sprecare il valore aggiunto che possono offrire”, dice Vincenzo Tiana,
presidente regionale di Legambiente.
Nel dicembre di cinque anni fa vedeva la luce anche l’area marina protetta Penisola del Sinis-Isola di
Mal di Ventre. Un tratto-gioiello della costa occidentale sarda, compreso per intero nel territorio di Cabras, il paese dell’Oristanese che lega il suo nome in
particolare allo stagno di Mar ’e Pontis e alle altre
paludi regno dei fenicotteri, e alle magnifiche spiagge di Is Aruttas e di Mari Ermi. Ed entro il cui territorio si trova Tharros, la grande città punico-romana
che richiama ogni anno migliaia di visitatori. Tutela
rigorosa, soprattutto del mare, che si spinge fino all’isola di Mal di Ventre (il toponino è frutto di un’errata trascrizione dal sardo, in realtà si riferisce alla
forza del vento, in particolare il maestrale: Malu En-
tu), inserita nella zona A, di salvaguardia totale. Ciò
significa una serie di restrizioni per alcune delle più
belle spiagge: da Turr’e Seu, ex riserva di caccia di
don Efisio Carta poi gestita per alcuni anni dal Wwf,
con le scogliere e le grotte dai mille colori; a Is Caogheddas e Maimoni; alle calette con i granelli di
quarzite, regolarmente depredati dai soliti vandali
in cerca di ricordi; fino alle falesie di Su Tingiosu,
tra il giallo e il bianco, regno dei rapaci. Molti i progetti in partenza: dal recupero delle caratteristiche
capanne di falasco ai percorsi subacquei. In definitiva si tratta di una riserva blu dalle grandi potenzialità ma che da anni vive periodi difficili. Forti le contestazioni da parte delle associazioni di pescatori e
diportisti per i vincoli e le multe salate per chi non
rispetta le ordinanze. E dallo stesso Comune di Cabras (ente gestore del parco marino) si levano voci
di dissenso nei confronti del ministero dell’Ambiente: "Chiediamo una riduzione delle zone di riserva
integrale, ben cinque, eccessive, anche perché è impossibile qualsiasi attività nelle zone a ridosso dei
venti dominanti: significa che non si può esercitare
né la pesca né il turismo nautico ", afferma Alessan-
Il Parco della Maddalena sta per
essere inserito nel patrimonio
mondiale tutelato dall’Unesco
Sopra: una torre d’avvistamento in località San Giovanni
Sinis, nell’Oristanese. Sotto: i fenicotteri rosa che vivono
nello stagno di Cabras. A sinistra: le bianche falesie di Su
Tingiosu, sempre nella zona di Cabras. Attualmente in
Sardegna, ai quattro parchi marini di più lunga data, si sono
aggiunte le aree protette di Porto Conte e dell’isola di
Tavolara. La creazione dei parchi sta ottenendo buoni riscontri.
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Pur tra difficoltà e diffidenze,
la strada dei parchi marini
è ormai un obiettivo raggiunto
Qui sopra: barche attrezzate per la
pesca nelle acque limpide e pescose di
Cala Saline, nei pressi di Cabras.
Nella foto in alto: nel Sinis, la solitaria
spiaggia di San Giovanni. Le rovine
della città fenicia di Tharros si trovano
all’apice del promontorio omonimo.
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dro Murana, l’assessore all’Ambiente di Cabras.
Non ci sono conflitti invece nella perla della costa
sud-orientale. Da circa vent’anni il Comune di Villasimius – 30 chilometri di magnifiche coste, una consolidata tradizione di accoglienza turistica – chiedeva con
insistenza il parco geomarino: l’obiettivo è stato raggiunto nel settembre 1998 con l’istituzione dell’area marina protetta di Capo Carbonara. Una svolta per mettere ordine nel caotico
traffico di panfili e gommoni tra le due isole
(Cavoli e Serpentara), da giugno a settembre
prese d’assalto da migliaia di vacanzieri.
In zona, grande attenzione viene dedicata
all’educazione ambientale con le scuole e
alla ricerca scientifica, dalla biologia marina
alla geologia, dall’archeologia alla botanica
(il faro dell’isola dei Cavoli è stato affidato
all’Università di Cagliari). L’attenzione su
questo gioiello di spiagge e graniti si è poi
ulteriormente accesa per il clamoroso avvistamento di una foca monaca, fotografata
tre anni fa: proprio lì, nelle acque verde-azzurro del parco. Un fatto quasi sensazionale, considerato che ormai il mammifero a cui sono intitolate
decine di grotte lungo le coste isolane è ridotto a
pochi esemplari. Un buon auspicio per la Sardegna
dei parchi blu. E anche la speranza che uno dei più
antichi frequentatori dei mari isolani possa tornare
senza paura di essere cacciato. 73