19. Il paesaggio - Pical - Università degli Studi Mediterranea
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19. Il paesaggio - Pical - Università degli Studi Mediterranea
19. Il paesaggio di Valerio Morabito* ***, Emilia Geraci**, Raffaella Morizzi**, Enrico Costa*** 1. Introduzione Il paesaggio sintetizza un territorio o una specifica condizione geografica, riconoscibile da particolari caratteristiche morfologiche o da elementi peculiari (fig. 1). Un paesaggio accomuna anche dei fattori riconoscibili all’interno di una evoluzione culturale, che è dunque una costruzione del paesaggio attraverso la conoscenza. Un paesaggio culturale è sempre un progetto e come tale può essere elaborato, cambiato e sostituito, pur mantenendo un linguaggio suo specifico. Perciò, nel momento in cui si decide di trasformare un territorio e si decide di rapportare questa trasformazione al paesaggio, si deve necessariamente ricostruire un tessuto di relazioni e di interessi. Queste relazioni si basano sia su dati certi, oggettivi e catalogabili, sia su dati astratti e non classificabili. Sono elementi concreti di un territorio: infrastrutture, agglomerati urbani, architetture sparse di vario genere, campi agrari e una struttura naturale di base ancora riconoscibile, nella sua identità autoctona, lungo i torrenti. Poi esistono elementi non classificabili, quelli legati alle idee, alla cultura e alla capacità di leggere i vari strati di connessione di un paesaggio. 2. Concezione del paesaggio Il termine paesaggio abbraccia un concetto molto vasto ed estremamente ambiguo. A seconda dell'interesse che vi si presta o del modo in cui lo si considera, il significato del termine cambia. Come concetto astratto, il paesaggio non corrisponde ad una realtà precisa ma diventa concreto solo nel momento in cui viene indicato e riconosciuto. Esso può allora essere inteso come l'aspetto dell'ecosistema, la forma visibile di un territorio. Questa definizione di tipo estetico-sensoriale, identifica un insieme di elementi colti e fissati nell'attimo da un soggetto culturale posto in * Dipartimento di Progettazione per la città, il paesaggio ed il territorio, Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria. Senior Lecturer, PennDesign University of Pennsylvania, USA. ∗∗ Libero professionista ∗∗∗ Cooprogetti, Società cooperativa 511 punto di vista ben preciso. La fase percettiva stabilisce un rapporto fra interno ed esterno che suscita una serie di sensazioni legate ai processi emotivi propri dell'osservatore in quel determinato istante. Il paesaggio può essere naturale o modificato, in entrambi i casi identificarlo vuole dire collegarlo ad una precisa idea di paesaggio, mai statica: col trascorrere del tempo di esso variano i colori, i profumi, i suoni, le forme in un lento o più rapido divenire, come una sorta di calendario perpetuo in cui tutto è connesso secondo la logica audace del certo. L'uomo non è una semplice figura nel paesaggio, bensì un agente che lo plasma. Ci sono paesaggi ottenuti modificando il suolo attraverso l'agricoltura, le discariche, le dighe o le strade, che disegnano e immettono costantemente nuove informazioni nell'ambiente. Ci sono paesaggi di architetture che, lasciate interagire costantemente con il territorio, segnano eventi e condizioni particolari. Architetture di guerra, antiche e moderne, architetture religiose o funerarie, architetture di case e di città, che diventano sistemi integrati con l'ambiente. Tutti questi oggetti poggiati sul suolo, non sempre formano paesaggi, o meglio non sempre vengono riconosciuti come tali; sono diverse le considerazioni che si fanno su di essi e l'idea di paesaggio che li sorregge non è sempre la stessa. Ogni paesaggio ha un suo linguaggio e un suo modo di esprimersi, legato a fattori ambientali o sociali, come in architettura, pittura o in musica. Si possono trovare allora sistemi integrati tra costruito e natura, dove il rapporto tra forma e società è strettissimo, tale da riconoscerli e identificarli a seconda delle zone di appartenenza, come espressione della cultura di un popolo. Queste modifiche che il territorio ha subito nel tempo, rilette, formano paesaggi già fatti. Tutti questi segni artificiali, diventano, nella memoria dello spettatore, componenti fondamentali della facoltà di riconoscimento di un paesaggio, similmente a quanto avviene per le immagini generate dai paesaggi naturali. Il paesaggio è perciò anche l'esito della dinamica di fenomeni culturali ed economici legati all'evoluzione della relazione natura-società: esso può essere vissuto e costruito, oltre che osservato e guardato con meraviglia. Di conseguenza, gli interventi rivolti alla cura ed alla trasformazione del paesaggio devono essere integrati in uno sforzo di tipo produttivo-economico; solo così si può coltivare la speranza di contribuire al riscatto del paesaggio contemporaneo. 3. Il paesaggio dei 44 Comuni 3.1. Analisi paesaggistico-ambientale L'area di applicazione del Piano Integrato per le Aree Rurali (Area Leader Plus “Reggino Versante Tirrenico”) interessa la porzione sud-occidentale 512 della Calabria, per una superficie complessiva di circa 115.000 ettari suddivisa nei 33 comuni del comprensorio della Piana di Gioia Tauro cui si aggiungono le seguenti località: Bagnara Calabra, Calanna, Campo Calabro, Cardeto, Fiumara, Laganadi, San Roberto, Sant'Alessio in Aspromonte, Santo Stefano in Aspromonte, Scilla, Villa S. Giovanni. Il paesaggio dell'area considerata scaturisce dall'alternanza di diversi ecosistemi, naturali ed artificiali, alcuni dei quali peculiari della realtà calabrese. A partire dagli splendidi litorali tirrenici, fatti di coste frastagliate a strapiombo sul mare e grotte, l'ambiente si modifica nell'aspetto procedendo verso l'entroterra; lo spazio è modellato da ampie colline tipicamente terrazzate, conseguenza della forte pendenza e dell'instabilità del terreno alluvionale, cui seguono piccole valli calanchive ed altopiani solcati da ruscelli e fiumare ad elevata biodiversità, che culminano nei massicci granitico-cristallini dell'Aspromonte e delle Serre, habitat naturale di caratteristiche formazioni vegetali ed animali. Il panorama della fascia tirrenica è inconfondibile: i terrazzamenti ospitano in prevalenza l'olivicoltura, in alcune zone legata a piante secolari poco o per nulla produttive, ed in minor misura colture di fruttiferi, agrumi e vite; alcuni terrazzi mantengono inalterata la tipica vegetazione a macchia mediterranea di leccio e arbusti xerofili. Numerosi sono i rimboschimenti di pini mediterranei ed eucalipti. Questi ultimi, assieme ad altre specie esotiche (agave, fico d'india, palme ecc.), sono ormai entrati a far parte del paesaggio mediterraneo più arido. Le colture permanenti raggiungono l'altopiano e fanno a metà della superficie disponibile con seminativi a rotazione, prati stabili e pascoli. Le sorgenti ed i corsi d'acqua torrentizi sono abbondanti (fig. 2); alcuni di questi sono stabilizzati a livello idraulico, allo scopo di arginare i fenomeni di dissesto idrogeologico e di depauperamento della risorsa idrica; altri conservano la loro configurazione floristica tipica a più livelli sovrapposti di ontani, pioppi, salici ed arbusti igrofili. Questi ambienti umidi, assieme ai numerosi laghi artificiali, danno vita, nutrimento e rifugio a diverse comunità faunistiche indigene. I boschi di latifoglie dominano un po’ ovunque: alle quote inferiori prevalgono le querce caducifoglie ed i cedui di castagno; lungo l'alta collina e la montagna il castagno sfuma e cede il passo alle lussureggianti ed intricate faggete, spesso miste ad abete bianco e pino laricio di Calabria. Il sottobosco è ricco di endemismi (orchidee ecc.). La copertura boschiva, oltre ad avere un ruolo fondamentale nel contenimento della perdita di suolo per erosione e nel miglioramento della circolazione dell'acqua nel terreno, costituisce una fonte di reddito connessa allo sfruttamento del materiale legnoso e all'utilizzazione del bosco per finalità turistico-ricreative. 513 Lo scenario che si percepisce deriva pertanto dalla fusione tra evoluzione naturale ed influsso antropico che è anche espressione delle diverse culture che si sono susseguite nel tempo sul territorio (greci, romani, bizantini, arabi ecc.) di cui rimangono ad oggi segni tangibili nel paesaggio. Ne sono testimonianza i vecchi borghi rurali in cui permangono resti delle architetture passate, il folklore e gli antichi mestieri (fig. 3). 3.2. Patrimonio “rurale”: punti di forza e di debolezza Volendo sintetizzare, la struttura del paesaggio tirrenico è assimilabile ad un asse longitudinale, che corrisponde grosso modo alla costa ed alle infrastrutture principali, solcato da una serie di assi trasversali rappresentati da torrenti, valli, colli, viabilità secondaria ecc. Agli incroci tra questi due sistemi si assiste ad una intensificazione degli elementi antropici del territorio, soprattutto urbani. All'interno di questo scenario, greci, normanni ed arabi hanno perseguito una migliore condizione di scambio con il territorio e la natura, e le loro antiche fortificazioni sono diventate Landmark di misura del paesaggio; le “aggiunte al paesaggio contemporaneo” hanno seguito invece una logica più utilitarista e disomogenea, una sorta di accelerazione impressa alla trasformazione del paesaggio, che non ha saputo recepire e dialogare con una serie consistente di nuovi messaggi. I nuovi messaggi non potevano aspettare il paesaggio ed allora si è venuta inevitabilmente a creare una disputa tra quello che rimane di naturale e quello che si è aggiunto e si aggiunge di antropico. Diversi elementi si sono moltiplicati e susseguiti negli anni lungo tutto il versante tirrenico: grossi complessi turistici ed agglomerati urbani costieri, capannoni e fabbricati rurali di aziende poco o per nulla specializzate nei settori dell'allevamento e dell'agricoltura, piccole e medie industrie, infrastrutture inadeguate. I nuovi insediamenti, che nel tempo hanno abbandonato la disposizione difensiva sui crinali per espandersi a valle e verso il mare, spesso mancano di una strutturata urbana. Tutti questi elementi sono rigorosamente connessi dalla A3 Salerno-Reggio Calabria, con i suoi riconosciuti problemi, dalla SS 18 tirrenica e dalla linea ferrata. La mancanza d'identità architettonica è una caratteristica particolarmente evidente e ormai storicizzata, lungo quasi tutto il tracciato calabrese e trova nell’abusivismo edilizio il suo aspetto più triste e più importante da un punto di vista quantitativo, anche più impattante per la trasformazione del territorio, non soltanto nelle sue funzioni ma anche e soprattutto nei suoi aspetti fisici. Ma il paesaggio costruito e ricostruito non è sempre tutto negativo. La linea ferroviaria di più antica realizzazione ha prodotto, ad esempio, importanti opere di un certo interesse estetico. Quando infatti le infrastrutture incontrano 514 i torrenti, spesso si possono osservare ponti di una certa qualità, molto ben proporzionati e con un uso dei materiali di un certo pregio e di una certa qualità. E' il caso dei ponti ferroviari in mattoni, pietra e ghisa, materiali che instaurano straordinari rapporti con il contesto e alcune volte implementano la bellezza del paesaggio naturale. I coltivi agrari poi, spesso disegnano sul suolo “giardini” di grande pregio anche estetico. In molteplici zone, la pratica di delimitare gli appezzamenti agrari con l’uso di cipressi, siepi e muretti, rappresenta uno straordinario equilibrio tra sfruttamento della natura e sua restituzione in termini di immagine. L’intera fascia costiera tirrena risulta caratterizzata dalla presenza di centri urbani e zone turistico-ricettive, sviluppatesi in adiacenza e a valle della linea ferroviaria; l’urbanizzazione diffusa di tipo rurale e la maglia viaria ad essa relativa, occupano le residue aree pianeggianti costiere. Lungo la Piana di Gioia permane il susseguirsi di centri urbani, che hanno subito rilevanti processi di espansione e di trasformazione sotto la spinta degli insediamenti turistici e industriali costieri. La presenza dell'area portuale, inizialmente destinata ad ospitare il quinto centro siderurgico italiano, e dal 1994 terminal per il transhipment di container più grande del Mediterraneo, ha certamente influenzato l’assetto economico-sociale del suo territorio. Le recenti modifiche introdotte nell’ambiente naturale della Piana sono state dunque notevoli; si rileva tuttavia nel complesso una perdurante attrattiva del sistema locale fondato su elementi naturali originali, ancora sostanzialmente integri, ed elementi antropizzati resti delle antiche culture (scavi di Metauros). Dopo la fine dell'Impero Romano, le vessazioni che colpirono la provincia di Reggio Calabria, spinsero la popolazione ad insediarsi nell'entroterra. Dagli anni '50 in poi, la migrazione verso la costa, lascia nelle aree interne, i segni cristallizzati dell'architettura dei vari periodi storici, e testimonianze di una cultura contadina che sul rapporto con la terra aveva costruito la sua economia e modellato i suoi costumi. Ne sono prova i numerosi vecchi mulini che, sfruttando l'energia idraulica, sono serviti per centinaia di anni a produrre olio e farina. Oggi, alcune di queste zone sono state suddivise in parchi, definiti antropici per evidenziare lo stretto legame tra natura ed uomo. Ognuno di detti parchi ha una sua anima ed una sua identità che si avverte immediatamente percorrendo le pieghe dei loro territori. Attraversando il paesaggio dei Parchi del Tirreno, immersi nelle verdi foreste mediterranee e negli argentei “boschi” secolari di ulivo, si ritrovano anche ferite prodotte dagli eventi sismici come quelle dei borghi e castelli di Oppido Vecchio e Seminara, rimasti così come il terremoto del 1783 li ha lasciati, e di gran parte dei fabbricati rurali dell'area. Campo Calabro con i suoi “Forti Umbertini”, le sue distese di vigneti, i reperti archeologici della zona industriale, domina le colline dello stretto. Poco più 515 avanti, presso Villa S. Giovanni e Cannitello, filande ricostruite testimoniano l'attività industriale serica, forse introdotta dagli eremiti basiliani in epoca bizantina, allora alimentata dalla coltivazione del gelso. Villa è poi il polo nevralgico dei collegamenti per la Sicilia e un importante snodo ferroviario. La Costa Viola, la porzione di litorale che da Villa S. Giovanni raggiunge Palmi, rappresenta quasi un mondo a sé, chiuso tra i suoi promontori ricoperti di verde ed i fondali marini ricchi di fascino, con le sue casette costruite sugli scogli e le sue grotte un tempo rifugio dei monaci basiliani. Questi ultimi si sono insediati anche in altre zone della provincia reggina quali: S. Eufemia l'Aspromonte, Villa S. Giovanni, Fiumara, Campo Calabro, Cardato ed a testimonianza del loro passaggio restano diversi ruderi di monasteri. Lungo le colline argillose della Costa Viola sono piantumati viti ed agrumi. Il centro che meglio ritrae il sapore antico di quest'area è Scilla, dove mitologia e storia si fondono da Omero e i flussi commerciali e marittimi ai Normanni e la fortezza dei Ruffo. Quest'ultimo è stato completato e migliorato dal punto di vista estetico nelle successive dinastie, come gran parte delle chiese e degli edifici storici di un certo valore. Bagnara e Palmi annoverano diverse opere artistiche custodite all'interno delle loro chiese, a testimonianza del passato. Lungo il tragitto che dalla Costa Viola arriva fino a Rosarno (l'antica Medma), s'incontrano diversi ruderi delle torri di avvistamento e difesa dalle incursioni Saracene. La particolare lavorazione dell'olio caratterizza l'itinerario tra Gioia Tauro e Polistena, dentro un paesaggio medio-collinare costellato di migliaia di colossali alberi di olivo (fig. 4). I trappeti (frantoi) vere e proprie stratificazioni storiche della “manifattura agricola”, sono posti su strade di comunicazione facilmente raggiungibili e parlano un linguaggio archeologico industriale in cui l'innovazione e la tradizione sono ben amalgamati. Alcuni di questi sono ormai dismessi ma rimangono parte del paesaggio come monumenti che congelano la memoria di un tempo ben definito. Anche la gastronomia dei prodotti tipici, il folklore degli antichi suoni e costumi, e l'artigianato, rappresentano segni tangibili delle radici culturali di un popolo che si tramandano di generazione in generazione. L'artigianato del comprensorio di studio annovera maestri d'eccezione capaci di riprodurre antiche tecniche e disegni, con tanto di riconoscimenti, ma che non sempre sono in grado di far fronte alle crescenti richieste del mercato. Tra le arti più diffuse: la lavorazione del legno per intaglio e costruzione di mobilio e strumenti musicali, la manifattura dei tessuti con gli antichi telai a mano (fig. 5), la lavorazione dell'oro, del ferro battuto, della ceramica e dei vimini. Il patrimonio culturale rurale dell'area di applicazione del PIAR rappresenta una risorsa territoriale che già da tempo, e con diversi mezzi, si sta tentando di 516 valorizzare sotto ogni aspetto. I diversi interventi messi in atto finora hanno incrementato, in maniera molto frammentata, il turismo e l'economia dell'area ma, ancora, non è stata individuata una metodologia di valorizzazione univoca per il territorio del Basso Tirreno Reggino. Scopo del presente contributo è proprio quello di dettare alcune linee guida per un rilancio del patrimonio rurale basato sulla valenza paesaggistica del territorio considerato nel suo insieme. 4. Dal paesaggio dei 44 Comuni al paesaggio dell’area PIAR “Aspromonte Sud” 4.1. Zonizzazione regionale: parametri di scelta e finalità (Rif. Tavole 1-2) L'esigenza di orientare gli indirizzi strategici della politica di sviluppo rurale, definiti dal POR nell'ambito dei fondi strutturali 2000-2006, ha imposto la necessità di eseguire un'apposita territorializzazione dei comprensori regionali. Tenendo conto della disomogeneità dei contesti territoriali indagati, la suddivisione è stata operata in modo da rappresentare adeguatamente la variegata realtà rurale mediante l'individuazione di macro-aree omogenee per caratteri territoriali e produttivi, con una concentrazione di risorse (umane, finanziarie ed economiche) sufficiente a sostenere la strategia di sviluppo locale al fine di una più oculata distribuzione delle risorse stanziate. La zonizzazione regionale operata dal POR Calabria 2000-2006 ha previsto l’attivazione di n. 2 Piani Integrati per le Aree Rurali entro i confini dell’area PIT 20 Aspromonte: il PIAR “Aspromonte Nord” ed il PIAR “Aspromonte Sud”. Entrambe le aree di riferimento PIAR Aspromonte sono state ammesse a finanziamento poiché rispondono ai requisiti sanciti in sede di programmazione POR ovvero rientrano in un'area PIT, raggruppano un minimo di 4 comuni contigui a ruralità medio-alta con o senza emergenze ed una popolazione che va dai 10.000 ai 50.000 abitanti. I suddetti piani integrati sono stati proposti a livello locale da partenariati di natura mista, pubblica e privata, rappresentativi di interessi economici e sociali collettivi (enti locali, associazioni di categorie, organizzazioni sindacali, associazioni professionali, ecc.). Il loro scopo è la valorizzazione e la tutela delle risorse ambientali e paesaggistiche dei comprensori comunali interessati, mediante uno sviluppo di tipo integrato delle risorse disponibili (agricoltura, artigianato, risorse storico-culturali e naturalistiche) che consenta di avviare un processo di rivitalizzazione delle zone rurali e ne scongiuri lo spopolamento. 517 Il PIAR “Aspromonte Sud” comprende i comuni di Taurianova e Terranova Sappo Minulio ed i 9 centri urbani che costituiscono la Comunità Montana “Versante Tirrenico Meridionale”: Cosoleto, Delianuova, Molochio, Oppido Mamertina, Santa Cristina d'Aspromonte, Sant'Eufemia d'Aspromonte, Scido, Sinopoli, Varapodio. 4.2 Analisi paesaggistico-ambientale (Rif. Tavole 3-4) 4.2.1 Il patrimonio “naturale” e antropizzato L'area PIAR “Aspromonte Sud” occupa la porzione centro-meridionale del Basso Tirreno Reggino per una superficie complessiva di circa 33.000 ettari compresa in una fascia altimetrica che va dagli 80 ai 1.900 m.s.l.m.. L'orografia della zona è prevalentemente montuosa; dal punto di vista altimetrico la maggior parte dei Comuni sono localizzati in aree classificate come “montagna litoranea”; le aree pianeggianti fanno capo ai comuni di Taurianova e Terranova Sappo Minulio. La morfologia irregolare della montagna litoranea vede alternarsi, su brevi spazi, terrazzi, pianori e crinali calanchivi la cui formazione si deve parte all'instabilità dei suoli di origine alluvionale e parte all'azione erosiva dei numerosi torrenti che solcano il territorio indagato per confluire nel bacino del fiume Petrace. Tale morfologia influenza le condizioni climatiche che registrano, rispetto ad altri versanti calabresi, una più elevata piovosità (>1200 mm annui) e permanenti condizioni di umidità relativa. Tra Sinopoli ed Oppido si registrano, tra ottobre e marzo, circa 1300 millimetri di pioggia e sui pianori aspromontani si superano i 1600 millimetri. Queste condizioni sono accentuate anche dalla presenza della copertura vegetale. Il clima dell'area è di tipo mediterraneo. Il regime termico è caratterizzato da una temperatura media annua di ~ 18 °C; la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di ~ 10 °C, quella del mese più caldo (luglio) oscilla tra i 27 ed i 30 °C. Le medie estive e l’umidità assoluta dell’aria spesso aumentano sotto l’influsso dei venti di scirocco e libeccio. I venti più freschi che lambiscono la zona sono il ponente ed il maestrale. All’interno dell’area PIAR si colloca la porzione medio-alta della Fiumara Petrace costituita dai rami principali dei torrenti Marro, Calabrò e Duverso che confluiscono a 44 m.s.l.m., dopo aver raccolto le acque provenienti dalla dorsale Appenninica. Le fiumare costituiscono l'elemento più tipico e identificativo del paesaggio calabrese: nel periodo estivo i loro letti bianchi e ghiaiosi, completamente asciutti, emergono nei fondovalle creando delle mulattiere di penetrazione 518 verso la montagna; in quello invernale-primaverile gli alvei, gonfi di pioggia, incidono impetuosi l'orografia aspromontana con frequenti esondazioni nei tratti a valle. Altri habitat umidi peculiari dell'area di studio sono le maestose cascate del Torrente Barvi nei pressi di Molochio. Pedologicamente il terreno è strutturato in ampi terrazzi calcarei quaternari che incontrano, e a tratti si mescolano a formazioni cristalline (graniti, micascisti e gneiss) in prossimità del massiccio aspromontano. Il granito si trova, sotto forma di sabbione, alle origini del Torrente Marro (l'antico Metauro) oppure in blocchi compatti e fessurati sul lato ovest del suo bacino e tra Palmi e la foce del Petrace. Lungo i pendii acclivi la roccia granitica provoca frane e scoscendimenti. I micascisti e gli gneiss, si rinvengono nell’alto bacino dei torrenti Calabrò e Duverso. Le formazioni del terziario sono rappresentate dalle marne, le argille azzurre e le sabbie che riempiono l'area compresa tra la foce del Petrace ed il corso del Calabrò. I terreni del quaternario occupano parte della striscia alluvionale litoranea inglobando Molochio e Oppido Mamertina. I fondovalle ospitano terreni argillo-silicei. Nella zona sono numerose le aree di cava come quelle di quarzite ad Oppido Mamertina, la cava di pietra verde a Delianuova (uno scisto simile al marmo con venature in serpentino), le miniere di ferro presso Sant'Eufemia d'Aspromonte, le cave di marmo presso Piminoro (nel territorio di Oppido), gli affioramenti di micascisti a Santa Cristina d'Aspromonte. Questi ambienti particolari, per lo più dismessi, restano a testimonianza di un'attività estrattiva passata che sta alla base dell'architettura di gran parte dei centri storici dell'Aspromonte. Dal punto di vista fitoclimatico l'area PIAR raggruppa le fasce di vegetazione del Lauretum, Castanetum e Fagetum di Pavari (dal livello del mare fino a 1900 m.s.l.m.). Sui terreni che dai pianori (600-700 m.s.l.m.) degradano rapidamente verso il mare sono visibili fenomeni di dissesto legati al rarefarsi della copertura distrutta dai frequenti incendi o dai disboscamenti di aree da destinare a pascolo. Questi versanti sono spogli o chiazzati di vegetazione pioniera (macchia mediterranea a cisto, corbezzolo, ginepro, erica, ginestra, pini mediterranei e querceti xerofili) e piccoli boschi di leccio e castagno per lo più allo stato ceduo. I versanti meno ripidi attorno ai centri abitati ospitano le colture agrarie tipiche degli ambienti mediterranei (olivo, vite, agrumi, seminativi). Al di sopra dei pianori il manto boschivo a castagno e querce caducifoglie si infittisce preservando il terreno dall’erosione (fig. 6). Le popolazioni arboree che appartengono alla fascia altimetrica immediatamente superiore sono la faggeta, pura o mista ad abete bianco e 519 pino laricio, le pinete e le abetine con sottobosco assente o rado di agrifoglio, pungitopo, calluna e frutti di bosco. Nell'areale di interesse il faggio, come accade anche per il castagno, riesce a vegetare a quote inferiori (500 m) trovando condizioni di esposizione, temperatura ed umidità favorevoli al suo accrescimento. Molti dei boschi dell'Aspromonte sono frutto di rimboschimenti passati. Gli ambienti umidi delle fiumare (fig. 7) sono ricchi di biodiversità: la grande felce preistorica (Woodwardia radicans), i deiversi generi di orchidee spontanee (Orchis spp., Ophrys spp) gli equiseti, i funghi ecc. La vegetazione arboreo-arbustiva di queste aree peculiari è costituita da orniello, salice, pioppo, ontano, frassino ossifillo, sorbo, oleandro e tamerice. Lungo i numerosi percorsi che si inerpicano per le pendici aspromontane si incontrano diversi punti panoramici che offrono coni visivi e visioni d'insieme del paesaggio sottostante nelle sue mutazioni temporali di forma e colore. L'olivicoltura è la protagonista indiscussa del paesaggio agrario dell'area PIAR, l'unica coltivazione che per quantità e qualità è stata in grado di conferire ad un territorio così morfologicamente eterogeneo un aspetto più omogeneo. L'impatto visivo diviene ancora più sorprendente tra ottobre e gennaio grazie all'usanza di sottendere alle piante reti colorate (fig. 8), nonostante l'affermarsi delle moderne tecniche di raccolta finalizzate alla riduzione dei costi a all'ottenimento di prodotti qualitativamente migliori. Alle quote più basse gli uliveti compaiono in colture promiscue con agrumi, seminativi, e residui di vigneto, o come impianti giovani sistemati in filari e sesti geometrici quadrangolari (fig. 9). Alle quote intermedie l'olivo diviene puro regalando uno scenario unico di enorme valore estetico e storico: la “foresta” degli ulivi secolari che raggruppa esemplari dalle dimensioni colossali ed inusuali e dalla disposizione casuale più naturalistica (fig. 10). All'interno di questa zona alcune aree sono state oggi sostituite da impianti giovani più produttivi. Alle quote limite di coltivazione sporadici oliveti si mescolano a leccio e pino laricio in discesa dai boschi aspromontani. Le colture agrarie sono distribuite sul territorio, non tanto in base a fattori climatici, dato che il clima mediterraneo si mantiene mite fino alle alte colline, ma quanto in base ad fattori quali la consistenza e la permeabilità dei suoli o la possibilità di irrigazione. La coltivazione degli agrumi si concentra allora nelle aree pianeggianti limitrofe ai corsi d'acqua o lungo i terrazzamenti litoranei; quella della vite, divenuta ormai marginale, è legata ai territori di Sant'Eufemia, Scido, Oppido Mamertina e Delianuova; cereali ed ortaggi sono coltivati un po' ovunque sui pianori e lungo il reticolo idrografico. 520 Tutte queste coltivazioni agrarie prossime ai centri urbani ed ai pianori, assieme ai manufatti (aziende, capannoni, frantoi, industrie ecc.) ed alle trasformazioni apportate dall’uomo ai fini dello svolgimento dell’attività agricola, costituiscono la parte antropizzata peculiare del paesaggio naturale calabrese. Ruderi e scavi costellano il paesaggio dell'area PIAR a testimonianza delle diverse culture (greci, romani, bizantini, arabi ecc.) che si sono susseguite nel tempo sul territorio (fig. 11). Le memorie del passato hanno influenzato ed influenzano tuttora gli usi ed i costumi locali. 4.2.2 I vincoli ambientali Nell'ambito della pianificazione paesaggistica di un territorio diverse sono le limitazioni imposte, sia a livello nazionale e regionale che comunitario, agli interventi che comportano modifiche dello stato dei luoghi di particolare interesse o a rischio ambientale. Questa forma di tutela si applica ad ambiti spaziali delimitati dove si tenta di mantenere integro il patrimonio paesaggistico opponendosi alle azioni di trasformazione che possono alterarne i caratteri peculiari: estetici, faunistici, floristici, geomorfologici, idrologici ecc. L'istituzione dei vincoli ambientali costituisce un importante riconoscimento al valore del paesaggio. Sull'area oggetto di studio insistono i seguenti vincoli: - PAI e Fasce di rispetto - Parco Nazionale - SIC e ZPS - IBA Il PAI (Piano di assetto idrogeologico) è il piano territoriale di settore mediante il quale sono individuate le aree a rischio idrogeologico, le norme di prevenzione di tale rischio e sono forniti i criteri di pianificazione e programmazione delle azioni finalizzate alla difesa ed alla valorizzazione del suolo. I comuni dell'area PIAR sono tutti coinvolti, a diverso titolo, nel PAI Calabria per: - Rischio idraulico (zone di attenzione) - Rischio frane - Rischio alluvioni Il demanio idraulico è naturale e necessario e ne fanno parte ai sensi dell'art. 822 C. C. e dell'art. 1 del T.U. 1933 n. 1775, i fiumi, i torrenti, i laghi, le acque sorgenti, superficiali e sotterranee, come sono demaniali le relative 521 pertinenze quali le sponde e tutti gli altri beni che la P. A. dichiari tali. Ai sensi dell'art. 142 del D. L. vo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), sono aree tutelate per legge i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal T.U. delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna, in cui vige il divieto di edificare. Solo i 9 comuni della Comunità Montana Versante Tirrenico Meridionale rientrano nel Parco Nazionale d’Aspromonte con i seguenti ettari di superficie: - COSOLETO 1351 Ha - DELIANUOVA 1596 Ha - MOLOCHIO 2022 Ha - OPPIDO MAMERTINA 2090 Ha - SANT'EUFEMIA D'ASPROMONTE 735 Ha - SANTA CRISTINA D'ASPROMONTE 1531 Ha - SCIDO 1212 Ha - SINOPOLI 863 Ha - VARAPODIO 904 Ha Con la realizzazione della Rete Natura 2000 (Direttive CEE 92/437 Habitat e 79/409 Uccelli) viene pianificato, all'interno degli Stati membri, un sistema interconnesso di zone di protezione speciale (ZPS) e di siti di interesse comunitario (SIC) che prevedono azioni di tutela indirizzate agli habitat o alle specie effettivamente da salvaguardare, in modo da superare l’isolamento generato dalle aree protette (cfr. Cap. 11). Le zone di protezione speciale (ZPS) sono zone di protezione scelte lungo le rotte di migrazione dell'avifauna finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione di idonei habitat per la conservazione e gestione delle popolazioni di uccelli selvatici migratori. La loro designazione, in Italia, rientra nelle competenze delle regioni e delle province autonome. I siti di interesse comunitario (SIC) contribuiscono in modo efficace a mantenere o ripristinare un tipo di habitat naturale o una determinata specie (animale o vegetale) per salvaguardare la biodiversità dell'ambito biogeografico indagato. Nella regione Calabria, con il progetto Bioitaly sono stati individuati 179 pSIC (proposte di SIC). La Regione Calabria sta procedendo all'identificazione di aree da proporre come ZPS in base alle IBA che interessano il territorio regionale. Le IBA, Important Bird Areas definite dalla LIPU, rappresentano un termine di passaggio verso la definizione di ambiti territoriali volti alla conservazione di 522 habitat chiave per popolazioni ornitiche appartenenti a specie ritenute di particolare interesse conservazionistico. All'interno dell'area PIAR zone SIC ricadono nei comuni di: - Sant'Eufemia d'Aspromonte (Torrente Portello, Torrente San Giuseppe); - Sinopoli e Cosoleto (Torrente Vasi); - Scido (Monte Fistocchio e Monte Scorda, Torrente Lago); - Delianuova (Valle Moio, Scala-Lemmeni); - Santa Cristina d'Aspromonte (Piani di Zervò, Monte Fistocchio e Monte Scorda, Torrente Lago); - Oppido Mamertina, Varapodio e Molochio (Piano Abbruschiato). L’IBA 151 comprende la parte centrale del massiccio dell’Aspromonte e coincide con la ZPS IT9310069 - Parco Nazionale della Calabria (settore sud). I comuni interessati sono Sinopoli e Cosoleto. Parte della zona IBA 150 Costa Viola rientra nel comune di Sant'Eufemia d'Aspromonte. 5. Le strategie del “progetto di paesaggio” Come in precedenza accennato, il termine paesaggio racchiude in sé molteplici significati. A secondo le esigenze, la parola paesaggio viene utilizzata per evidenziare delle peculiarità territoriali dalle quali scaturiscono strategie di progetto. La Convenzione Europea del Paesaggio lo indica come un territorio così come è percepito dalle popolazioni, e dunque il paesaggio diventa una emanazione diretta del processo evolutivo di una società. In quest'ottica interessa sottolineare il ruolo importante del “progetto di paesaggio”. Il significato del termine muta anche in virtù della diversa tipologia progettuale e del differente approccio metodologico. Un progetto di paesaggio può essere impiegato nella risoluzione di problemi territoriali su grande o piccola scala, ma varia a seconda di quella adottata. Può esistere poi, come nel caso in esame, il progetto del processo del paesaggio, un processo applicabile non solo alla trasformazione diretta del territorio ma, dal momento che il paesaggio è formazione culturale, anche e soprattutto alla trasformazione del paesaggio culturale di una società. Le scale di intervento di un progetto del paesaggio sono sintetizzabili come segue: - processo delle identità del paesaggio; - pianificazione del paesaggio regionale; - pianificazione del paesaggio extraurbano; - pianificazione del paesaggio urbano; - parchi urbani; - trasformazione dello spazio pubblico. 523 Dalla fase di studio dell'area dei 44 Comuni, il paesaggio emerge come parte integrante della pianificazione agraria, delle modifiche territoriali, degli aspetti economici e di difesa del territorio, e può pertanto essere coinvolto in strategie di progettazione in modo differente e, a seconda delle necessità, alle varie scale. 5.1 Il paesaggio come processo di trasformazione culturale Il processo di trasformazione culturale del paesaggio si slega dalla scala fisica per connettersi prevalentemente con quella sociale. La trasformazione della cultura di una società passa attraverso una serie di attività culturali che principalmente o, meglio inizialmente, passano attraverso la scuola. Un progetto di comunicazione del valore del paesaggio e della sua capacità di trasformazione, può divenire allora l’elemento più importante di questo processo. Insegnare a riconoscere il paesaggio, le sue peculiarità e le sue differenze, le sue modificazioni e le sue funzioni, diventa essenziale per costruire il paesaggio del domani. Se, secondo la Convenzione Europea, le popolazioni percepiscono un paesaggio che fa parte della loro cultura, allora la cultura del paesaggio diventa prioritaria all’interno della comunicazione scolastica. Questo è senza dubbio uno degli strumenti della progettazione capace di garantire un’elevata qualità del paesaggio nel futuro. 5.2 Il paesaggio come pianificazione Nel caso della pianificazione il progetto del paesaggio si colloca e si relaziona fortemente all’interno della trasformazione del territorio su grande scala. Questo tipo di trasformazione, ovviamente, implica scelte e necessità diverse, ognuna con peculiarità differenti e particolari, capaci di rendere competitive fra loro azioni integrate all’interno di uno stesso sistema. In questo ambito, il paesaggio segue ogni mutazione, tentando di dettare delle linee guida capaci di preservare, e soprattutto, di far cambiare il paesaggio, senza doverlo necessariamente ingessare. Se anteponiamo il termine paesaggio alla parola agrario, immediatamente diamo al “paesaggio agrario” una funzione estetica, e se astraiamo il concetto e ci immaginiamo un paesaggio agrario, probabilmente lo renderemo coincidente con il paesaggio agrario della Toscana. Distese di coltivazioni con covoni al sole di colore giallo e cipressi dettano le regole dello spazio e dei flussi, mentre casali rurali puntualizzano la forza delle attività antropiche che lo hanno strutturato. 524 Per una nuova e più efficace pianificazione, la domanda da farsi è dunque se gli strumenti fino ad ora utilizzati sono capaci di dar vita o di organizzare questo tipo di processo ed evoluzione. L’uso del suolo, la morfologia, la presenza di infrastrutture, le reti ecologiche, i corsi d’acqua ed altro ancora, caratterizzano un paesaggio, o meglio un territorio, un luogo che, attraverso le sue caratteristiche fisiche, si definisce utilizzando cartografie a varie scale e tipologie. Ma il territorio, e dunque il paesaggio, sono in continua trasformazione e necessitano di un continuo monitoraggio. Per fare questo esistono ormai, in alcuni paesi europei, agenzie specializzate che diventano osservatori sul paesaggio, strumenti di percezione dinamica capaci di catturare quasi simultaneamente le variazioni continue del territorio. Altra domanda, che scaturisce prepotentemente dal processo del paesaggio fin qui esaminato, è legata alla quantità di fiducia riposta nella trasformazione spontanea del paesaggio. Un paesaggio, infatti, spesso si forma nonostante le sue volontà, o meglio nonostante le pianificazioni imposte, determinando della accezioni e delle diversificazioni inattese. Tale processo racchiude in sé solo fattori negativi o può essere letto in chiave dinamica, positiva ed intelligente? In passato, ad esempio, le modifiche imposte ai paesaggi nostrani sotto l’influsso delle crescenti esigenze umane, hanno prodotto notevoli cambiamenti di grande qualità estetica. Ne sono una prova i pendii terrazzati lungo la Costa Viola. Altri cambiamenti, come quelli connessi alla realizzazione del porto di Gioia Tauro, hanno prodotto invece trasformazioni che, ad oggi, devono essere assimilate come processi di paesaggio e posizionate in categorie estetiche estreme come quelle dei paesaggi industriali che in tanti posti del mondo hanno prodotto luoghi apicali di particolare percezione. Prova ne è l’archeologia industriale (fig. 12), categoria culturale capace di trasfigurare un processo negativo in un processo culturale qualitativo, appena la funzione primaria dello stesso ha dismesso la sua necessità. Numerosi sono ancora gli argomenti trattabili interpretando diversamente il paesaggio, ma ciò che adesso preme è individuare prima, e risolvere poi, un processo di pianificazione del paesaggio capace di diventare sintesi interpretativa e sintesi evolutiva del paesaggio stesso. Possono esistere dei modelli moltiplicatori dello spazio e del tempo nella trasformazione di un paesaggio e in modo particolare nella trasformazione di un paesaggio agrario come quello in precedenza descritto. 525 5.3 Il progetto dei parchi urbani Il paesaggio del comprensorio dei 44 Comuni è caratterizzato da una agricoltura legata prevalentemente alla produzione delle olive. Tale caratteristica è ormai riconosciuta come una delle principali qualità estetiche di questo territorio, ma nel contempo è una delle prime problematiche a livello di produzione perché molti degli alberi dell’area sono secolari e perciò producono materie imperfette. L’interesse a mantenere in piedi questo tipo di coltivazione anche dopo l’esaurimento del ciclo produttivo, solo per la sua particolare valenza estetica, potrebbe essere collegata alla facilità di creare parchi urbani ad un costo piuttosto basso. La categoria dei parchi urbani si inserisce all’interno del processo evolutivo delle città all’inizio dell’era industriale, dopo che la crescente urbanizzazione, aveva prodotto una serie di luoghi insalubri e disarmonici. Il parco urbano diventava perciò un luogo di riscatto dello spazio della città dove la capacità di interagire con lo spazio urbano, introduceva un luogo in grado di dare benessere e libertà ad una crescente popolazione. Questi parchi urbani nascevano dalla tradizione dei parchi italiani prima e francesi dopo, spazi preclusi alla popolazione che venivano adesso, per necessità, costruiti ed aperti all’uso della popolazione cittadina. Luoghi dunque di svago e di rifugio, che nel tempo sono diventati luoghi di identità culturale. L’uso di questi parchi all’interno del processo di trasformazione dello spazio del PIAR, diventa una necessità per dare a tutto il territorio una identità fisica e culturale; si pensi banalmente ad uno slogan del tipo: “I parchi del distretto”, eventualmente corredato da un logo unico che accomuni diverse peculiarità territoriali anche fisicamente scollegate. Si può ipotizzare quindi una serie di parchi che divengano una sorta di misura del territorio attraverso una loro precisa collocazione geografica, capace di sottendere un percorso tra il territorio agrario in evoluzione e i borghi rurali ristrutturati a scopo turistico, connessi alle straordinarie qualità morfologiche del territorio. Dunque i parchi urbani, così concepiti, potrebbero essere il vero fenomeno culturale di questo territorio, capace di esportare altrove qualità, interesse e cultura regionali. 5.4 Il progetto dello spazio pubblico Il progetto del paesaggio di uno spazio pubblico è una categoria d’intervento che implica un lavoro di dettaglio all’interno delle città o dei borghi rurali. 526 Per citare un esempio, il processo dello spazio pubblico avviato negli ultimi anni in Spagna, a Barcellona, è stato capace di dare nuovo impulso e creatività ad una città importante e storicamente consolidata. Questo tipo di progettualità mirata costituisce un altro elemento importantissimo nella creazione delle identità territoriali. Dal suo impiego su piccola scala possono scaturire valori esportabili alla grande scala o, viceversa, partendo dalla grande scala possono essere sintetizzati valori utilizzabili alla piccola scala comunque in grado di determinare complessità spaziali omogenee. 6. Un processo evolutivo del paesaggio per gli 11 Comuni Ormai da qualche tempo anche in Italia va emergendo una forte domanda di paesaggio che si estende oltre i recinti delle aree tutelate a vario titolo dagli strumenti delle leggi comunitarie, nazionali e regionali ed investe i paesaggi antropizzati. Questo nuovo interesse rivolto ai paesaggi fatti dall'uomo esprime la crescente attenzione verso il ripristino della qualità dei contesti di vita le cui immagini e forme fisiche, testimoni a vario titolo di culture passate, risultano oggi sempre più snaturate e private del loro valore identitario per via delle più recenti pianificazioni territoriali. L'identità dei nostri ambienti insediativi sta venendo meno soffocata dai mutamenti economici e culturali di una società moderna che non riesce a perseguire il progresso senza intaccare le sue antiche radici. Dopo anni di trasformazione spinta degli spazi rurali, di sviluppo turistico ed insediativo incontrollato, di diffusione di grandi e piccole reti infrastrutturali, sono infatti venuti meno, oltre alla forma ed alla funzionalità ecologica degli ambienti che ci circondano, anche gli equilibri che in passato legavano le società locali alla produzione del loro paesaggio di vita. L'attuale domanda di paesaggio recepisce l'esigenza di ricostruire tali relazioni non solo nell'intento di conservare i luoghi della memoria e le forme sociali e produttive che hanno plasmato le nostre campagne nel passato, ma soprattutto per la necessità di ridare senso ai nostri ambienti mediante la reinterpretazione creativa dell'incontro tra il patrimonio ereditato ed il processo di civilizzazione futuro. La tendenza del paesaggismo contemporaneo, applicato ai paesaggi antropizzati, è dunque rivolta ad una rigenerazione di tali paesaggi commisurata al presente. E' impensabile infatti perseguire la conservazione di un paesaggio complesso come quello rurale, in continua evoluzione, agendo soltanto con strumenti di interdizione e di difesa. Occorre invece mettere in atto una politica comune di 527 conservazione e rigenerazione dei paesaggi esistenti basata su una progettualità di matrice paesaggistica in grado di proporre un diverso uso del territorio e nuove forme di sviluppo sostenibile. “Solo a queste condizioni il paesaggio rappresenta un patrimonio identitario che non è un lascito del passato ma un valore continuamente costruito dalla volontà di chi abita ed usa un territorio” (Clementi, 2000). Questa nuova interpretazione dei paesaggi antropici avvalora l'idea della riconfigurazione del paesaggio rurale dell'area PIAR “Aspromonte Sud” mediante la realizzazione di parchi tematici, connessi tra loro da una serie di itinerari culturali e didattici, capaci di interagire con il territorio e garantirne un valore di identità e di qualità. 6.1 Individuazione dei potenziali parchi rurali (Rif. Tavole 5-10) La scelta delle zone potenzialmente interessate dal progetto dei parchi è scaturita da un'attenta analisi del paesaggio dell'area PIAR. L'individuazione di zone soggette a vincolo e di aree di rispetto, di aree agricole scarsamente collegate alla rete infrastrutturale principale (SS e SP di unione diretta fra i centri abitati principali), della morfologia accidentata dei luoghi e di una serie di elementi a minore presenza paesaggistica, ha permesso di circoscrivere il raggio d'intervento. Dalle analisi effettuate i Comuni più idonei ad accogliere un sistema di parchi integrati con la vocazione agraria del contesto territoriale e con le sue tradizioni sono risultati: Oppido Mamertina, Varapodio e Taurianova. All'interno di tali comuni sono stati poi selezionati i siti di particolare interesse paesaggistico e culturale di facile collegamento con i contesti urbani limitrofi. Nel comune di Oppido Mamertina il paese di Oppido Vecchio, con i suoi ruderi medievali abbandonati dopo il terremoto del settecento, connessi con la struttura geometrica delle coltivazioni di ulivi ormai centenari, rappresenta una sorta di connubio tra “antropizzazione artificiale” e “antropizzazione naturale” meritevole di tutela e valorizzazione (fig. 13). Nella contrada di San Martino di Taurianova i ruderi del castello e dei pregevoli edifici di culto di epoca normanna, immersi in un paesaggio agrario fatto di ulivi secolari ed agrumi ha originato un sito di particolare bellezza, che potrebbe divenire un altro dei parchi del distretto. Il comune di Varapodio, la cui fondazione si suppone sia avvenuta nel 951 d.c., originariamente sorgeva a circa 3 Km dall'attuale sito, in località detta "Il Salvatore", un'altura ad ovest del fiume Marro, di fronte San Martino di Taurianova. La possibilità di recuperare le memorie di questo antico nucleo urbano sorto attorno ad un probabile Convento Basiliano, e di metterle in 528 relazione col paesaggio agrario circostante, costituisce un altro tassello del progetto dei parchi rurali capace di dare identità e immagine a tutto il processo. 7. Obiettivi attesi Il paesaggio rurale è dunque un meccanismo complesso che riunisce in sé tutti gli aspetti ambientali e produttivi finora analizzati, cui si sommano aspetti culturali propri del contesto di appartenenza che ne definiscono la specificità. Esso costituisce un importante elemento di interconnessione tra il sistema naturale e quello antropizzato, in cui la capacità dell’uomo di influire sul territorio si esplica con modalità diverse che devono comunque tendere a situazioni di equilibrio. I valori culturali che identificano un sistema rurale omogeneo sono legati non solo alla diversa tipologia di coltivazione e produzione, ma anche all'artigianato e alla cucina, alle proprie tecniche architettoniche e costruttive e di controllo e gestione ambientale. All'interno di questo articolato sistema, l'obiettivo principale di un processo evolutivo del paesaggio applicato al distretto, potrebbe essere quello di mettere in sinergia l’agricoltura con il paesaggio. Questa sinergia permetterebbe un'interessante evoluzione del paesaggio in senso qualitativo, slegando l’agricoltura dalla sua funzione prettamente quantitativa per affidarle un’immagine più legata alla qualità. Il paesaggio, e in maniera prevalente il paesaggio agrario, diverrebbe perciò una sorta di comune denominatore capace di controllare e gestire le trasformazioni territoriali, garantendo una proficua produzione non solo di beni materiali, ma anche di quelli immateriali universalmente riconosciuti come le identità culturali e le qualificazioni ecologiche. Un primo importante processo da mettere in atto dovrebbe essere il monitoraggio del processo del paesaggio che permetterebbe di definire gli elementi che lo costituiscono ed i suoi cambiamenti in maniera dinamica. Tali elementi principali potrebbero essere messi a regime attraverso l'individuazione di azioni sul territorio quali: - la realizzazione di parchi urbani capaci di interagire con il territorio e garantirne un valore di identità e di qualità; - la ristrutturazione dei manufatti e dei borghi rurali, connessi ad un sistema di processo agrario, finalizzata al turismo didattico; - uno spazio urbano e pubblico capace di creare, nell’ambito delle peculiarità territoriali, un sistema di immagine unitaria del paesaggio del distretto. In questo ordine di idee, il progetto del Parco Urbano diventa lo strumento più adatto alla valorizzazione delle peculiarità rurali dell'intera area PIAR. 529 Un sistema di parchi a tema, di dimensioni diverse secondo necessità e fattibilità, integrati con la vocazione agraria del contesto territoriale e con le sue tradizioni, come: - il parco dell'ulivo; - il parco degli agrumi; - il parco della cultura rurale; - il parco museale della natura; - il parco didattico del paesaggio; - il parco del mare. Questi parchi, possono essere connessi tra loro da una serie di itinerari tematici e messi in rete con quanto di simile è già stato fatto sul territorio (ecomusei, parchi antropici, parchi archeologici ecc.), divenendo contestualmente osservatori dei mutamenti del paesaggio e compositori di conoscenza ed identità del territorio regionale. Quello dei parchi è poi uno strumento abbastanza versatile: sulla base delle reali trasformazioni del territorio, anche la loro finalità può essere variata. I parchi a vocazione agraria potrebbero divenire una sorta di vivaio di piante secolari, ornamentali ecc.; una fonte di materiale legnoso da utilizzare per lavori particolari (ad es. intaglio, piccoli utensili ecc); produttori di materie diverse da impiegare nei settori dell'allevamento, dell'agricoltura (ad es. concime naturale), dell'artigianato locale (ad es. produzione di tinture naturali), dell'industria delle essenze e farmaceutica; dell'industria delle biomasse ecc. Per tutti quei terreni la cui produttività risulta oggi diminuita (es. oliveti secolari) queste reinvenzioni del paesaggio agrario possono rappresentare innovative fonti di guadagno tese ad una futura ripresa economica. Tale processo del paesaggio comprende una serie di attività, principalmente culturali: catalogazione dinamica delle principali risorse e monitoraggio delle loro modificazioni, incontri con le scuole, manifestazioni a tema, mostre fotografiche e pittoriche di artisti locali, spettacoli folkloristici e musicali, presentazione dei prodotti tipici e quanto altro preveda l’incontro con il pubblico ed il project management dell’area del PIAR (es. area grecanica calabrese). Alcune di queste iniziative hanno già visto la luce in diverse zone della regione, ma solo poche sono state trattate in una visione d’insieme. Un ulteriore supporto alla fruizione dei parchi tematici potrebbe venire dallo sviluppo di servizi per il turismo mediante: - specializzazione del sistema portuale del comprensorio distrettuale finalizzata alla crescita del turismo nei siti tematici ipotizzati (crocieristica specializzata ecc.); - crescita del turismo delle “seconde case”, e messa a sistema di quelle già esistenti, all'interno dell'area distrettuale; 530 messa in valore dei borghi rurali; emersione del fenomeno dell'”ospitalità diffusa” all'interno dei parchi a tema; - creazione di una rete di punti informativi, dislocati per il distretto, necessari alla pubblicizzazione delle aree d'interesse; - miglioramento del sistema dei trasporti turistici mediante sistemi di busnavetta tra i punti di arrivo (stazioni, porti, aeroporti, ecc) ed i centri visita dei siti d'interesse; - formazione professionale di operatori del settore per favorire la maggiore integrazione tra l'offerta turistica ed il patrimonio “rurale”; - creazione di Cooperative in grado di creare momenti di incontro e di collettività per gli attori coinvolti nel processo di valorizzazione dell' area PIAR. - 7.1 Il progetto dei parchi (Rif. Tavola 11) All’interno di un tessuto agrario fortemente antropizzato come quello descritto, la scelta di una zona per la formazione di un parco è di per sé un atto legato alla sua progettazione, intesa come momento di produzione di idee tendenti a cambiare la valenza spaziale e funzionale di un luogo. Queste scelte comportano una definizione in termini sia di confini che di relazioni, tali da innescare un processo qualitativo che parta dalla peculiarità stessa del luogo. I parchi possibili in queste particolari condizioni, relazionandosi alla consapevolezza che nel territorio analizzato non sono garantite di per sé continuità e identità, dovrebbero prodursi strettamente congiunti alla tipologia del luogo stesso, modificandone il meno possibile le caratteristiche e le peculiarità. Piccoli servizi di rappresentanza e di ristoro, dovrebbero segnare gli ingressi ai parchi, luoghi di sosta e di partenza per le visite e gli approfondimenti. Zone didattiche e salette audiovisive, garantirebbero una qualità di servizi minimi nel rispetto dei consumi energetici e di suolo. Luoghi per le esposizioni di prodotti o per manifestazioni culturali e didattiche potrebbero completare il programma funzionale. La sentieristica dei parchi poi è di particolare importanza. Ci potranno essere sentieri didattici, sentieri esclusivamente legati alle escursioni o sentieri ludici, in cui una serie di giochi didattici, permettono di interagire con il luogo formando adeguatamente una corrispondente qualità percettiva. Sentieri di paesaggio in cui lo sguardo diventa promotore principale del progetto, identificando e svelando nuovi e ancora non valorizzati paesaggi. 531 Strutture comunque temporanee, leggere ma al contempo rappresentative ed evocative, legate ad un linguaggio contemporaneo, che possano dunque garantire innovazione senza eccesso, appartenenza senza mimesi. 7.2 Scenario futuro Sulla scia delle esperienze condotte in Francia da paesaggisti come Corajoud (Parc du Sausset, Villepinte, Seine-Saint-Denis, Aulnay-sous-Bois, 1981-94) Desvigne & Dalnoky (Parco urbano, Issoudun-Indre, 1994-97) e Catherine Mosbach (giardino botanico della Bastide, Bordeaux, 2005), il processo evolutivo del paesaggio degli 11 comuni (Figura 14) verrà costruito prestando particolare attenzione alle valenze ambientali e architettoniche presenti nei siti d'intervento. Attingendo alla cultura del paesaggio indagato saranno disegnati nuovi tracciati sulla morfologia esistente per creare “nuovi ecosistemi e sistemi produttivi diversificati” senza intaccare l'identità del luogo, pur modificando le tracce e le strutture desuete delle attività mutate. Si ritiene che l'istituzione dei parchi rurali così concepiti possa costituire uno strumento omogeneo di valorizzazione e promozione delle peculiarità del l'area PIAR di facile collegamento alla grande scala ed esportabile altrove come un marchio di identità e qualità territoriale. Pertanto, con riferimento a quanto previsto dall'art. 3 della legge quadro sulle aree protette (394/91) si propone il riconoscimento di tali parchi quali paesaggi protetti. Il tema dei parchi come luoghi di rinascita della memoria e di creazione di paesaggi futuri. 8. Riqualificazione paesaggistica e parco naturalistico a Oppido Vecchia 8.1. Il progetto “... A volte percepivo che nelle fondamenta che penetravano in profondità della terra, nei volumi delle mura e delle volte, la mia anima era una pietra fra le tante, murata nella massa anonima delle altre pietre.” ( D.Pikionis ) Il progetto per Oppido vecchia, ha costituito fin dall’inizio un processo in cui le idee, che sono nate dall’analisi dei fattori storico-paesaggistici e dalle riflessioni sul binomio città-natura, hanno comportato un risultato progettuale che valorizza sia le qualità ambientali, con una serie di percorsi che si “aggrovigliano come una pellicola” ( D.Pikionis ) tra gli alberi di ulivo secolari e le rovine di un borgo dimenticato ( solo il castello si percepisce come forte elemento verticale ), orientando lo sguardo del visitatore; sia 532 l’aspetto storico-archeologico, con il disegno sul terreno di cerchi che evidenziano le “emergenze architettoniche”. Il tutto secondo le precisa volontà di imbastire un racconto fantasioso della meraviglia di un paesaggio vivo e non ridotto a “semplice panorama” e delle vestigia di un borgo medioevale del quale la natura si è riappropriata. “...Il visibile trae origine dall’invisibile dalla rivelazione del significato nascosto delle cose, dalla meraviglia, dalla loro magia.” ( D.Pikionis ) 8.2 Descrizione del progetto Il progetto del parco naturalistico di Oppido Vecchia, che riqualifica il paesaggio e l’area archeologica del borgo medioevale, ha come obiettivi fondamentali: La tutela dei ruderi dell’antica città fortificata e del castello. La Salvaguardia delle colture secolari di Olivo. La progettazione di percorsi didattici e di supporti informativi. La riqualificazione dell’area avviene con un intervento progettuale costituito da tre sistemi fondamentali: - Il sistema dei percorsi: intervento sul percorso principale che attraversa il borgo lungo l’asse Est-Ovest e progettazione sentieri didattici che ne consentono l’esplorazione. - Il sistema delle terrazze sul paesaggio: orientate dalle direttrici del tessuto urbano nei punti panoramicamente più significativi, ortogonali al percorso principale, che ad Ovest hanno come coronamento un belvedere circolare posto all’interno della corte del castello dal quale si ha una suggestiva percezione del paesaggio circostante a 360°. - Il sistema dei cerchi: interventi puntuali di Land-Art che evidenziano i ruderi architettonicamente più significativi ( emergenze architettoniche ) e gli elementi del tessuto urbano che hanno ancora una forte spazialità. 8.2.1 Sistema dei Percorsi Il percorso principale è un mosaico di pietra squadrata che accompagna i visitatori tra le rovine, lungo l’asse di attraversamento dell’antico abitato, culminante in corrispondenza del castello. L’andamento della strada non subisce variazioni dimensionali o altimetriche, secondo il preciso intento dell’intero progetto di rispetto del luogo; i blocchi di pietra squadrata, di dimensioni variabili, si infittiscono in prossimità delle aree di accesso ai punti laterali e si diradano lungo il percorso da un punto 533 all’altro. Lo scopo è quello “di creare quadri suggestivi in grado di suscitare sorprese o visioni che integrino la situazione presente. Ciò che si tende a far scaturire di nuovo dalla terra è la sacralità insita nel luogo, una sacralità che precede l’architettura ed è fatta di vuoti, di silenzi, di assenze, di ritmo, in cui ciascuno può far rivivere a suo modo le rappresentazioni di presenze, di forme e di idee che ancora aleggiano fra le rovine e il paesaggio.” ( A. Ferlenga ). Al materiale lapideo vengono affiancate in corrispondenza degli elementi di contenimento “lingue” di acciaio corten che orientano il visitatore verso i percorsi didattici tra le rovine, strisce rettilinee dello stesso materiale, che rievocano, squarciando la via lapidea con il forte impatto cromatico, la ferita prodotta dal sisma che ha distrutto il borgo. I sentieri didattici all’interno dell’abitato si adattano all’orografia del terreno non modificandola, percorrendoli siamo trasportati attraverso questi spazi archeologici a naturali in cui gli alberi secolari di olivo, dal fusto poderoso alto più di dieci metri, contribuiscono alla rivelazione della meraviglia e della magia del luogo. Si tratta di percorsi in terra battuta bordati lateralmente con dei muretti a secco di varia altezza che, in corrispondenza dei supporti informativi e didattici, diventano sedute rifinite con bordi in legno. 8.2.2 Sistema delle Terrazze “sospese” sul paesaggio “(...) Il mio primo desiderio fu di rispondere a mia volta con una provocazione, contro la nostra incapacità ( o perdita di capacità ) di percepire il paesaggio come un orizzonte storico, e di imbastire racconti fantasiosi, anzichè limitarci ad una contempllzione estetica e della natura ridotta a panorama”. ( P. L. Burgi ) Le terrazze sul paesaggio, orientate secondo gli assi del tracciato urbano, nei punti paesaggisticamente più significativi a livello di percezione della realtà circostante, sono sospesi sul declivio naturale, tra gli alberi. Paesaggi “sospesi”, ossia piattaforme di legno con struttura metallica di sostegno, che scandiscono il percorso dalla porta “Di Sopra” verso il castello. Quelli ad asse rettilineo, ortogonali al percorso principale, sono incastrati nel pendio e consentono, tramite un sistema di rampe la fruizione dei ruderi che parzialmente inglobano. L’ultima terrazza è una piattaforma circolare, anch’essa in legno, in cima alla corte dal castello da cui si gode una vista sorprendente dell’intera Piana di Gioia Tauro. 534 8.2.3 Sistema dei cerchi “ I cerchi non mi appartengono, camminare non mi appartiene, queste cose appartengono a tutti.” ( R. Long ) Sono interventi di land_art, realizzati con pietre, acciao corten e legno, che manifestandosi improvvisamente tra gli alberi e le rovine invitano alla riflessione. Semplici sistemi, per mettere in evidenza le rovine, sono ispirati dalla storia del luogo che viene continuamente rievocata, attraverso una simbologia all’interno della quale i materiali assumono un ruolo essenziale. Ed ecco che il binomio artificio_natura ritorna alla memoria, la natura è rappresentata dalla pietra di fiume, che un tempo era parte integrante della muratura delle case, reperita sul posto, e l’acciaio corten, che rappresenta l’idea di un uomo capace di dominare con le sue capacità costruttive la natura stessa. I cerchi si adattano all’orografia del suolo permettendo, ove è necessario, il superamento dei salti di quota. Alla sequenza delle cerchiature progressive, pietra_corten, segue un tappeto di noccioli d’oliva a stretto contatto con le rovine che, insieme a piccoli elementi in acciaio sollecitati dal vento, ci permettono di riscoprire la poesia del parco. - Riferimenti bibliografici Albanese, G. (2001). Istituzione di paesaggi protetti nel territorio del “Basso Tirreno Reggino” - Costa Viola e Piana degli Ulivi, Laruffa Ed., Reggio Calabria. Bevilacqua F. (1993). Calabria verde. Guida naturalistica ed escursionistica, Abramo, Catanzaro. Brinckerhoff J.J. (1984). 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