mitologia greca - Il-Cubo

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mitologia greca - Il-Cubo
MITOLOGIA GRECA
Origini e fonti letterarie
Tra VIII e VII secolo a. C., Esiodo, vissuto in Boezia, scrive la Teogonia, dove racconta la
dinastia divina e l’ascesa all’Olimpo. In principio era Caos, poi nasce Gaia (la Terra) che genera il
cielo stellato Urano. Nascono, tra gli altri, Oceano, Rea, Teti, Crono e i Ciclopi. Infine, nascono tre
fratelli cento braccia e dalle cinquanta testa. Urano però nasconde ogni figlio dentro Gaia fino a
quando la madre, addolorata, non produce una falce ed esorta la prole a vendicarsi. Crono evira
allora il padre e dal sangue della ferita che si sparge su Gaia nascono le Erinni e i Giganti (chiamati
Titani). Crono si unisce alla sorella Rea e nascono Era, Demetra, Istie, Ade, Poseidone e Zeus. Ma
ogni figlio viene ingoiato dal padre fino a quando l’ultimogenito, Zeus, non viene sostituito con una
pietra da Rea: Gaia e Urano l’aiutano portandola a partorire a Creta. Crono vomita allora il sasso,
che Zeus pianta a Pito e viene venerato a Delfi, e poi tutti gli altri figli. Liberati i propri fratelli,
Zeus libera anche i fratelli del padre, che gli regalano il tuono, il lampo e il fulmine. Zeus diventa
così re di mortali e immortali.
La Titanomachia è il tentativo di prendere potere dell’Olimpo. Zeus e gli altri dèi sono
aiutati dai Centomani, che rilegano i Titani nel Tartaro. Nell’epoca arcaica in cui Esiodo scrive
l’Olimpo è geograficamente collocato fra Macedonia e Tessaglia.
La descrizione del Tartaro, dove vengono imprigionati i Titani, presenta alcune
incongruenze. Il Tartaro è identificato con il regno di Ade, fratello di Zeus e marito di Persefone,
figlia di Demetra. Custode del regno è il cane Cerbero. Il Tartaro è profondo quanto è alto il cielo:
Esiodo scrive che un’incudine di bronzo lanciata dal cielo impiegherebbe nove giorni e nove notti a
toccare la terra e lo stesso tempo lo impiegherebbe dalla terra al fondo del Tartaro. Un muro di
bronzo lo circonda e tre spire della notte gli si avvolgono intorno. Qui sono imprigionati i Titani,
che non possono scappare perché ci sono porte di bronzo nel muro messe da Poseidone e ci sono i
Centomani di guardia. Al confine del Tartaro c’è un’enorme voragine, la casa della Notte, che è
temuta anche dagli dèi. È la soglia di bronzo da cui passano giorno e notte per darsi il cambio, di
fronte alla quale c’è Atlante che sorregge la volta celeste. La Notte è la sede di due divinità terribili
e sorelle: Sonno e Notte.
Poseidone è fratello di Zeus e Ade. È dio del mare ma ha poteri più estesi, quali quello di
provocare terremoti. In un passo dell’Iliade interviene a favore degli Achei, approfittando del fatto
che Zeus è stato distratto da Era. Zeus però gli intima do allontanarsi e Poseidone, pur dichiarando
di avere gli stessi poteri dei fratelli, decide di non combattere. Espone la divisione di potere che è
stata fatta tra i tre: Zeus ha l’etere e le nuvole, Ade le tenebre e Poseidone il mare. Terra e Olimpo
sono invece dominio comune, in cui nessuno prevale per forza e Zeus può dunque comandare sui
suoi figli, ma non sui suoi fratelli.
Opere e giorni è un poema in cui Esiodo parla delle cinque età dell’uomo, dalla splendente
età dell’oro con Crono alla attuale età del ferro. La terza stirpe è di bronzo, e sembrerebbe inserirsi
nel quadro storico degli invasori ellenici, a cui seguono i micenei (età degli eroi) e i Dori del XII
secolo a. C. (età di ferro). La stirpe d’oro ha creato gli dèi immortali dell’Olimpo, e la stirpe
d’argento ne creò di nuovi, ma peggiori. Poi Zeus ha fatto diventare demoni venerati gli dèi nuovi e
ha dato origine agli uomini di bronzo, violenti e terribili. Sono stati causa della propria morte. E
allora Zeus ha creato gli eroi, i semidèi, migliori degli uomini precedenti ma caduti in parecchi sotto
Tebe. Ora vivono nelle Isole dei Beati. Ora vige la quinta stirpe, quella di ferro, affannata per se
stessa e per gli dèi. Questi uomini si distruggeranno e porranno fine anch’essi alla loro generazione.
Il mito di Prometeo viene ampiamente descritto da Eschilo nel Prometeo incatenato. Egli ha
dato agli uomini l’agricoltura, la medicina, la divinazione, la scrittura, il calcolo matematico e
astronomico. Ma soprattutto, come spiega Esiodo nella Teogonia, ha dato loro il fuoco dimostrando
di essere un dio anomalo. In questa versione è legato ad una colonna e il suo fegato viene mangiato
ogni giorno da un’aquila e ricresce di notte, fino a quando Eracle non la uccide e libera Prometeo.
Esiodo parla di Pandora sia in Opere e giorni che in Teogonia. Pandora viene creata da Zeus
per il male degli uomini, per porli nuovamente in quelle difficoltà da cui Prometeo li aveva liberati.
Nella versione di Esiodo Pandora apre il vaso pieno di mali e li libera nel mondo, mentre un’altra
versione sostiene che nel vaso ci fossero i beni, fuggiti tutti in cielo tranne la Speranza, unica
consolazione rimasta agli uomini. Zeus fa plasmare Pandora ad Efesto con acqua e terra. Ogni dio le
fa un dono (Pandora significa “colei che ha tutti i doni”). Quando la donna apre il vaso riesce a
chiudere dentro la Speranza ma tutti gli altri mali, silenziosi, si aggirano per il mondo com’è volere
di Zeus.
Nelle Metamorfosi Ovidio racconta il mito del diluvio universale trattandolo con il fascino
del fantastico e non più con la percezione che ne avevano gli antichi. Alcuni particolari
dell’episodio vengono tralasciati da Ovidio e ci sono giunti da altri autori: Deucalione e Pirra
costruiscono l’arca perché Prometeo li ha avvertiti del diluvio e, esattamente come Noè, mandano
una colomba in esplorazione delle terre emerse. Nella versione di Ovidio, poeta latino, Zeus è detto
Giove. Il dio uccide col diluvio tutti gli umani tranne l’unico uomo e l’unica donna degni,
Deucalione e la sposa Pirra. Sconsolati per essere gli unici superstiti, vengono aiutati dalla dea
Temi: essa ordina loro di gettarsi alle spalle delle pietre, e ognuna di esse diventa maschio o
femmina a seconda di chi dei due li ha lanciati.
DIVINITÀ
Zeus ed Era
Zeus si trasforma in cuculo per avvicinare Era e violentarla, dal momento che non è riuscita
a sedurla. I due fratelli hanno pochi figli (Ares, Efesto, Ebe e Ilizia), secondo alcuni nati solo da
Era. In un episodio dell’Iliade Era chiede aiuto ad Afrodite, facendo credere alla dea che il fascino
le serva per riappacificare Rea e Crono. In realtà vuole sedurre Zeus e addormentarlo: per questo
chiede aiuto anche a Sonno, che però si rifiuta perché già il dio una volta si era adirato con lui e solo
la mediazione di Notte l’aveva salvato. Alla fine però, sotto le promesse di Era, decide di aiutarla.
Così, mentre Zeus dorme, Era e Poseidone possono aiutare i Greci contro i Troiani.
Il rapimento di Europa è raccontato nel II secolo a. C. dal poeta siracusano Mosco. La
narrazione inizia con un sogno che Afrodite manda alla giovane Europa dove l’Asia e un altro
continente, con le sembianze di due donne, se la contendono. In seguito, quando Zeus vede la
giovane si trasforma in toro: un toro biondo, con un cerchio bianco in mezzo alla fronte, con gli
occhi splendenti. Europa e le sue amiche si avvicinano e quando la ragazza gli sale in groppa, Zeus
la rapisce. Infine la porta a Creta, dove la sposa e la fa madre di molti figli.
Afrodite
Afrodite più che la dea dell’amore è propriamente dea dell’impulso sessuale. Secondo
Esiodo, nella Teogonia, essa è nata dai testicoli di Urano caduti nel mare dopo che Crono (di cui
sarebbe dunque sorella), l’ha evirato; portata dalla spuma, giunge a Cipro. Omero dice che è figlia
di Zeus e Dione. Di fatto, sembra essere una divinità orientale poi ellenizzata nel II millennio a. C..
Nell’Odissea un aedo canta di Afrodite, moglie di Efesto, che si accoppia sul letto nuziale
con Ares generando Eros (l’Amore), Anteros (l’amore corrisposto), Phobos e Deimos (Paura e
Terrore), Armonia. Visti dal Sole, questi racconta tutto a Efesto. Il dio pone allora delle catene
invisibili intorno al letto, così da intrappolare i due amanti. Li coglie in flagrante, sempre con l’aiuto
del Sole che fa la spia, e straziato dal dolore chiama tutti gli dèi, urlando che è stato tradito perché è
zoppo e Afrodite dunque non lo ama. Gli dèi accorsi ridono, le dee non vengono per pudore, e
Poseidone prega Efesto perché liberi Ares, promettendo che verrà punito. Ares scappa in Tracia,
Afrodite a Cipro.
Nelle Metamorfosi Ovidio narra il mito di Mirra e Adone. Cinira è ubriaco e sua moglie non
c’è: la nutrice lo convince ad accoppiarsi con una giovane vergine, che è la sua stessa figlia Mirra.
Lei rimane gravida ma solo dopo varie notti il suo amante vuole guardarla in volto, scoprendo
l’incesto. Cerca allora di ucciderla, ma essa fugge fino alla terra dei Sabei. Per la colpa commessa
chiede che le venga negata la vita e anche la morte, e un dio che la ascolta la trasforma allora in
albero. Le sue lacrime sgorgano dalla corteccia, e sono mirra. La donna partorisce, aiutata dalla dea
del parto Licina, il figlio Adone. Afrodite, punta per sbaglio da una freccia del figlio Eros, si
innamora del bellissimo giovane. Questo amore avrà un esito nefasto: Adone, è destinato a passare
l’anno tripartito tra Afrodite, Persefone e infine libero ma Afrodite lo tiene legato a sé oltre il tempo
previsto e Persefone lo fa allora uccidere da Ares sotto forma di un cinghiale durante la caccia.
Afrodite pregherà perché diventi un fiore: sarà l’anemone.
Nell’inno omerico ad Afrodite (ma non di certa attribuzione) si dice che su tre dee Afrodite
non ha potere: Atena, innamorata di Ares; Estia, dea del focolare vergine per voto; e Artemide, che
è interessata alla caccia.
Apollo
Apollo, il cui culto è il più diffuso in Grecia dopo quello di Zeus, figlio di Zeus e Leto,
fratello di Artemide, è padre di Asclepio. Il suo culto è legato, tra le varie caratteristiche a lui
associate, ai santuari di Delo e di Delfi, dove il dio manifesta i suoi vaticini. L’Inno omerico ad
Apollo è dedicato ad entrambi i luoghi di culto, ma le due parti sembrerebbero composte in due
periodi diversi: Delo nell’VIII-VII secolo e Delfi circa nel IV secolo a. C..
Leto è una dea e ha partorito Apollo a Delo e Artemide in Ortigia: la partoriente ha toccato
molte terre, ma nessuno degli abitanti le ha prestato soccorso. Alla fine quindi è giunta a Delo, e ha
chiesto all’isola di ospitare la nascita del figlio, promettendole che così diventerà famosa. Delo ha
paura, perché sa che nascerà un dio guerrigliero, che potrà farla sprofondare in mare vedendo che è
una terra ostile, ma Leto le giura che non sarà così. Il suo parto però è difficile: Ilizia non può
aiutarla perché Era, ingelosita, la tiene all’oscuro della gravidanza. Solo quando le altre dee
mandano Iride a chiamarla, finalmente accorre in suo soccorso e Apollo nasce. Temi lo nutre con
nettare e ambrosia.
A Delfi sorge il santuario di Apollo, che secondo il mito è costruito da Trofonio e Agamede.
Qui vicino Apollo uccide la dragonessa, a cui Era ha affidato una creatura terribile, flagello degli
uomini, partorita dalla dea da sola: Tifone.
Artemide
Artemide è arciera come Apollo. Vergine, mai sposata, è cacciatrice per eccellenza. Nel III
secolo a. C. Callimaco, di Alessandria d’Egitto, le dedica un inno. Artemide chiede al padre, ancora
bambina, di avere molti nomi come il fratello Apollo. Vuole un seguito d sessanta Oceanine e venti
ninfe. Chiede che le sia dedicata una sola città, ma tutti i monti, perché è lì che vivrà
principalmente. Scenderà in città solo se invocato, in aiuto delle puerpere, perché Leto non soffrì
nel partorirla. Zeus le offre ben trenta città, orgoglioso della figlia. Le regale poi una muta di cani.
Nelle Metamorfosi Ovidio spiega come la dea, vista nuda da Atteone mentre fa il bagno, lo
trasforma in cervo e ne causa la morte. Atteone, nipote di Cadmo, giunge dove Diana nuda si sta
facendo il bagno. Le ninfe la circondano per coprirla, ma lei le sovrasta in altezza e arrossisce di
fronte al giovane. Essendo disarmata, gli tira addosso dell’acqua e lo trasforma in un cervo. Non
potendo tornare alla reggia per la vergogna, e sentendosi perduto però nei boschi, viene trovato
dalla muta dei suoi cani e dai suoi compagni di caccia che lo assaltano: solo la sua morte placa l’ira
di Diana.
Atena
Per Esiodo Atena nasce dalla testa di Zeus, che ha inghiottito Metis (la Saggezza, sua prima
sposa), perché non metta al mondo l’erede che lo spodesterà. Più tardi la tradizione dirà che è stato
Efesto, con un colpo di ascia, a liberare la dea. Nata senza più una madre, ma figlia di Saggezza e
uscita dalla testa, Atena è la dea della sapienza, della prudenza e dell’equilibrio, protettrice della
verginità, con tratti tipicamente maschili per quanto riguarda le attività (studio, lavoro, arti militari e
valore) che solo in seguito si allargano ai lavori di ingegno femminile (ricamo e tessitura);
matrimonio e fecondità sono caratteristiche negate dalla dea (che infatti è tra le dee che non amano
Afrodite). Nell’Inno omerico a lei dedicato si dice che ha gli occhi azzurri e che nacque con
un’armatura d’oro.
Nelle Metamorfosi Ovidio racconta della sfida di ricamo con Aracne, approfittando dei
disegni tessuti sulla tela per raccontare altri miti. Aracne, di umili origini, è diventata famosa per
quanto è bella la sua arte. Essa nega di avere una maestra, di essere allieva di Atena. La dea allora la
sfida, tramutatasi in vecchia, e le consiglia di non disprezzare la dea: la giovane risponde in malo
modo, sfida la divinità che allora si mostra nella sua vera forma. Atena ricama la contesa tra lei e
Poseidone per il possesso di Atene (gli dèì decretano lei vincitrice). Agli angoli della tela ricama
quattro sfide, come monito ad Aracne: Radope ed Emo, due sposi trasformati in monti perché
osarono attribuirsi il culto di Giove e Giunone; Enoe, che non venera Giunone, e viene allora
trasformata in gru e torna dai Pigmei, suo popolo, alla ricerca del figlio, ma viene sempre
allontanata; Antigone, mutata in cicogna da Giunone perché osò sfidarla, dicendo di avere una
chioma più bella di quella della dea. La tela è bordata di rami di ulivo, albero sacro ad Atena.
Aracne ricama invece Europa e il toro; Asteria trasformatasi in quaglia per fuggire a Zeus; Leda col
cigno; Zeus che ingravida di due gemelli Antiope; che ama Alcmone con le sembianze di
Anfitrione; che raggiunge Danae come pioggia d’oro; fiamma con Egina; quando, come pastore,
concepisce con Mnemosyne le nove Muse; e ancora quando prese Persefone come serpente. Oltre
agli amori di Giove rappresenta Nettuno come giovenco, Enipeo, ariete, cavallo, uccello. E ancora
Febo nelle sue varie forme e Libero e Saturno. L’orlo è di fiori di edera intrecciati. Ha vinto, e
Atena è addolorata: colpisce la fronte di Aracne con la spola, e la giovane si impicca. Ma Atena
infine ne ha pietà e vedendola pendere da un ramo la bagna con un filtro di Ecate (dea notturna dei
riti magici) e la trasforma in ragno.
Efesto
Efesto è figlio di Era, buttato giù dall’Olimpo dalla madre perché zoppo. Accolto da
Oceano, il dio si vendica sulla madre incatenandola ad un trono e solo per intercessione di Dioniso è
disposto a liberarla. Lemno è la sede del suo culto, per alcuni sua dimora, per altri invece risiede
nell’isola vulcanica di Lipari. Egli prepara le armi e gli utensili degli dèi. In un episodio dell’Iliade
Teti chiede ad Efesto di preparare armi degne di un dio per il figlio Achille, prossimo alla morte.
Teti si lamenta del destino che Zeus ha deciso per lei: l’ha data in sposa a un umano, che ora è
vecchio, e il suo splendido figlio, grande eroe, ora sta per morire. Per questo è andata da Efesto, che
le è riconoscente perché lo salvò quando era infante. Prepara allora le armi in bronzo, stagno, oro e
argento.
Ermes
Ermes è il dio dell’astuzia e dell’abilità (contrapposti a sapienza e saggezza). Egli è
messaggero degli dei come ambasciatore e diplomatico, conduttore dei morti negli inferi, protettore
del commercio (e del furto) della ginnastica, dei viaggi, dell’oratoria e della tecnica. Di solito si
narra di lui in maniera marginale, solo nel quarto Inno omerico, a lui dedicato, scritto nel V secolo,
è protagonista.
Ermes è figlio di Zeus e della ninfa Maia. Nasce all’aurora, a mezzogiorno suona la cetra e
al tramonto ruba le vacche di Apollo. Appena uscito dalla grotta in cui è nato, incontra una tartaruga
e col suo guscio ne fa una cetra. È il primo a scoprire come si accende il fuoco. Quando Apollo
scopre il furto va da Ermes convinto che sia l’autore del reato. Tra i due nasce una diatriba, portata
avanti con la ragione da uno, con l’inganno dall’altro. Infine si risolvono per far giudicare Zeus, che
capisce che Ermes è un ladro. Ordina allora che conduca Apollo dove ha nascosto le vacche, ma
qui, col suono della sua cetra, intenerisce il derubato. Il canto è così bello che Apollo è estasiato e
mette da parte ogni rancore. Lo proclama messaggero degli dèi e promette fama a lui e alla madre
(esattamente come voleva). Ermes insegna ad Apollo a suonare la cetra, perché sa che il dio impara
ciò che vuole, ma chiede di tenere per sé la fama di suonatore. I due dèi si scambiano vari doni
sancendo così il loro legame.
Demetra e Persefone
L’Inno omerico a Demetra (seconda metà del VII secolo a. C.) racconta del rapimento della
figlia della dea Persefone da parte di Ade. La madre porta il lutto nell’intera natura. Le due dee,
coppia per eccellenza, hanno un culto misterico conosciuto solo dagli iniziati e la discesa di
Persefone negli inferi rappresenta l’inverno, il suo ritorno la primavera.
Persefone viene rapita da Ade mentre gioca con le figlie di Oceano. Quando Demetra ritrova
finalmente la propria figlia, scopre che essa ha mangiato negli inferi e allora una stagione l’anno
essa dovrà tornare giù, risalendo con la primavera fiorente.
Elio e Fetone
Elio, figlio del titano Iperione, è dio dal culto poco diffuso, che guida il carro infuocato
attraverso il cielo. I suoi figli sono Circe, Etea (padre di Medea), Pasifae (padre del Minotauro), le
ninfe Eliadi e Fetonte, protagonista delle Metamorfosi. Il giovane si vanta di essere figlio del Sole,
ma Epafo figlio di Zeus lo accusa di dire bugie. Il giovane riferisce tutto alla madre Climene, che le
giura che è la verità e gli consiglia di andare dove sorge il Sole. Questi conferma la sua paternità e
promette un dono al figlio, che chiede di poter guidare il carro. Il dio vuole dissuaderlo, ma lui non
desiste e, incapace, raffredda le stelle e brucia la terra. Infine muore arso e la storia vuole che il
mondo rimase senza Sole un giorno intero, perché in lutto. Le Eliadi, sorelle di Fetonte, affrante dal
dolore, vengono trasformate in albero.
Dioniso
Dioniso è contrapposto al fratello Apollo, è dio della sfrenatezza e degli istinti più liberi. I
riti donisiaci più vistosi sono quelli delle Baccanti (o Menadi). Dioniso è nato due volte, come
racconta Ovidio nelle Metamorfosi: Semele è incinta di Giove. Giunone, trasformatasi in vecchia,
va dalla donna e la convince a chiedere al dio di accoppiarsi con lo stesso splendore con cui ama la
legittima consorte. La sua potenza è tale da incenerire Semele e il feto che è Dioniso viene accolto
nella coscia di Giove per poter maturare. Una volta nato viene accudito dalla zia materna e poi
cresciuto dalle ninfe Niseidi. L’Inno omerico a Dioniso racconta del tentativo vano dei pirati di
catturarlo. Il dio punisce i marinai che volevano catturarlo per ottenere un riscatto, tranne il
timoniere che gli ha portato rispetto. Un ultimo episodio riguarda Penteo, che vide le Baccanti
preparare il rito e venne ucciso per questo.
Pan e le ninfe
L’Inno omerico del IV secolo a Pan parla dell’antica divinità agreste figlia di Ermes e della
figlia di Driope (in altre tradizioni la madre è invece Penelope, gravida dopo essersi accoppiata con
tutti i Proci). Nelle Metamorfosi Ovidio canta il suo amore per la ninfa Siringa e Eco. Siringa fugge
dai satiri per preservare la propria verginità e Pan, che la insegue nella palude, si ritrova ad
abbracciare delle canne e, col suo sospiro, produce un suono così bello da farne uno strumento
chiamato siringa. Eco è la ninfa che può solo ripetere la fine delle parole per punizione di Giunone
che, distratta dalle sue chiacchiere, si era fatta sfuggire altre ninfe. Il suo amore non corrisposto, che
la consuma, si intreccia alla morte di Narciso: i due muoiono per un amore non corrisposto.
Orfeo
Orfeo è figlio della musa Calliope e del dio-fiume Eagro (in alcune tradizioni un re della
Tracia). Apollonio Rodio narra la sua spedizione con gli Argonauti ma il mito più celebre è quello
che lo lega ad Euridice, esperienza dalla quale ha creato l’amore omosessuale e a causa del quale
venne distrutto dalle donne di Tracia, che ignorò alla festa del dio Bacco. Dopo la morte della sua
amata pianse per sette mesi, commovendo tigri e querce. L’orfismo è il culto mistico a lui legato,
riguardante l’ascetismo e la vita nell’adilà.
EROI
Perseo
Perseo nasce da Zeus, tramutatosi in pioggia d’oro, e Danae. L’eroe uccide Medusa e libera
Andromeda. Fu cacciato con la madre da Argo dal nonno Acrisio. Per l’oracolo, lo uccise
accidentalmente ma lasciò il regno al cugino Megapente, il cui padre era stato cacciato da Acrisio, e
ottenne in cambio Tirinto. Polidette si innamorò di Danae e per allontanare Perseo, ormai uomo, gli
chiese la testa di Medusa. Lui riuscì a tagliargliela guardando il riflesso nello scudo, per non farsi
trasformare in pietra, e dal collo decapitato uscì Pegaso. L’ultimo episodio che lo riguarda è il
salvataggio di Andromeda, che viene sacrificata ad un drago ed egli libera dalle catene e prende in
sposa.
Eracle
Eracle è di natura umana e divina, caratteristica che si riflette nel mito in un’altalena di
fortuna e disgrazia, grandezza e miseria, che rappresentano le contraddizioni dell’uomo. Eracle
nasce da Alcmene e Zeus, che per sedurla si è trasformato in Anfitrione. Sua sorella Ifìcle è più
giovane di una notte. Quando hanno dieci mesi Era manda due serpenti nella loro culla ma il
piccolo li strozza.
La prima fatica di Eracle è l’uccisione di un leone. Prova a colpirlo con due frecce, ma
rimbalzano sulla pelle dura. Il leone si scaglia su Eracle e lui lo colpisce in testa, poi lo strozza.
La seconda fatica è dell’Idra dalle nove teste, che Eracle uccide aiutato da Iolao mozzando le
teste e bruciando i colli, fino a fare a pezzi il suo corpo.
La terza fatica è portare a Micene la cerva di Cerinea, sacra ad Artemide: la insegue per un
anno per farla stancare e prenderla viva.
La quarta fatica è prendere vivo il cinghiale di Erimanto, ma nel cercarlo accidentalmente
muoiono due centauri colpiti dalle frecce di Eracle.
La quinta prova è lavare le stalle di Augias, impresa che compie deviando il corso ai due
fiumi.
La sesta fatica sono gli uccelli Stinfali, cacciati dalla palude in cui si erano rifugiati
abbattendo un colle.
La settima fatica è il toro di Creta, che viene portato da Euristeo ma poi viene liberato in
Attica, dove arreca molti danni.
L’ottava fatica è spostare le cavalle antropofaghe del re tracio Diomede, liberate poi
sull’Olimpo dove vengono divorate dalle fiere.
La nona fatica è portare la cintura della regina delle Amazzoni Ippolita alla figlia di
Euristeno Admete. La regina promette la cintura ma Era esorta le Amazzoni ad attaccare la nave di
Eracle dicendo che vuole rapire Ippolita. Eracle pensa di essere stato ingannato e uccide Ippolita.
Come decima fatica Eracle deve catturare i buoi di Gerione, che aveva il corpo diviso in tre
dai fianchi in su. Si trova su un’isola e i suoi buoi sono curati da un cane a due teste, Ortro. Eracle
uccide molte belve per arrivare all’isola e lì uccide il cane, il mandriano Eurizone e Gerione,
conducendo poi i buoi da Euristeo.
L’undicesima fatica è prendere i pomi d’oro del giardino delle Espeidi: sono un dono di
nozze a Zeus ed Era che Eracle fa cogliere ad Atlante, sostenendo il cielo. Euristeo le regala ad
Eracle, che le dà ad Atena: la dea le rimette a posto perché è giusto così.
L’undicesima fatica è portare via Cerbero dall’Ade: Ade gli consente di condurlo con sé
solo se lo vince senza armi, e cosi è.
Eracle ama Ila, un ragazzo che cresce come un figlio, ma che muore annegato nella
spedizione sulla nave Argo.
Eracle muore per il veleno dell’Idra di cui è intrisa la sua tunica: Deianira, sua moglie,
pensava fosse un filtro d’amore. La tunica si fonde con la sua pelle, e si strappa la carne per poterla
togliere. La moglie scopre il suo errore e si impicca. Eracle chiede al primogenito di sposare Iole, da
lui amata. Alla sua morte sale sull’Olimpo, dove ottiene l’immortalità ed Era gli dà in sposa la figlia
Ebe.
Gli Argonauti
Apollonio Rodio dedica le Argonautiche alle vicende degli Argonauti. Si tratta di una
leggenda antichissima, dove si trovano orrore e magia ed emerge l’amore tragico tra Giasone e
Medea. Giasone parte nella spedizione alla ricerca del vello d’oro per riottenere il trono, usurpato
dallo zio Pelia. Arrivati a terra, Giasone combatte contro gli uomini e i tori protetto da una pozione
datagli da Medea, che l’ha anche istruito e gli ha procurato delle armi. La ragazza sa che l’aiuto
prestato al nemico le costerà caro se rimane in patria: pensa di avvelenarsi, ma Era le consiglia di
partire con gli Argonauti. Lascia un ricciolo alla madre, che abbandona insieme alla sorella
Calciope. Al momento di raccogliere il vello d’oro, Medea incanta il drago con l’aiuto del Sonno.
Fa uccidere suo fratello Apsirto per amore, assassinato da Giasone nel tempio di Artemide. Un’altra
impresa è l’arrivo al giardino delle Esperidi, a cui giungono dopo che Eracle ha colpito il drago,
ormai agonizzante. Gli eroi si rivolgono alle Ninfe, chiedendo una sorgente che possa placare la
loro sete.
Medea
Medea è una maga pluriomicida, che ha ucciso addirittura i suoi figli. Passionale e
vendicativa, malvagia. Viene abbandonata a Corinto dal marito Giasone, che vuole sposare la figlia
del re e la condanna all’esilio. Medea vuole annientarlo e per questo uccide sua moglie e i figli che
lei stessa ha avuto con lui. secondo un’altra tradizione, essa si rifugia ad Atene dove ha il figlio
Medeo con il re Egeo.
Giasone chiede a Medea di farlo invecchiare per donare qualche anno di vita a suo padre
Esone, vicino ormai alla morte. La maga fa l’incantesimo e le figlie di Pelia, convinte di poter fare
lo stesso sortilegio al padre, lo fanno a pezzi sotto consiglio di Medea. In questo modo è vendicato
l’assassinio di Esone.
Cadmo e Armonia
Cadmo è fondatore di Tebe e di molte altre città. Il suo matrimonio potrebbe alludere alla
fusione tra il popolo greco e quello orientale. Fratello di Europa, va a Delfi per chiedere dove sia e
gli viene detto di non curarsene, ma seguire una vacca e fondare una città. Un drago fa la guardia a
una fonte, e uccide gli uomini di Cadmo: allora lui lo uccide e semina i suoi denti, come consiglio
di Atena. Da quei denti nascono gli Sparti, che si uccidono in lotta tra loro, e Cadmo deve servire
Ares per otto anni. Zeus gli dà in sposa la figlia di Ares e Afrodite, Armonia. Nelle Metamorfosi
Ovidio racconta che viene trasformato in serpente, e con lui la sua sposa: strisciano nel bosco, ma
non attaccano l’uomo.
Edipo e i suoi figli
Edipo è discendenti di Cadmo. La sua stirpe rappresenta la saga tebana. Per alcuni Edipo si
acceca e sua madre Giocasta si impicca, per altri entrambi vivono a Tebe. La storia dei Sette a Tebe
è invece più omogenea, e si conclude con l’uccisione reciproca dei due fratelli Eteocle e Polinice.
Laio sposò Giocasta, sapendo che però suo figlio l’avrebbe ucciso e si sarebbe accoppiato
con la propria madre. Per questo fu esposto, e fu allevato a Corinto. Chiamato bastardo dai coetanei,
interrogò l’oracolo di Delfi e scoprì il suo destino: così fuggì, credendo i suoi genitori adottivi suoi
consanguinei. Andando verso Tebe uccise Laio, che lo intimava di farlo passare in una strettoia.
Sconfisse la Sfinge e per questo gli fu dato il regno di Tebe e Giocasta in moglie. Da lei ebbe i figli
Eteocle, Polinice, Ismene e Antigone. Quando si scoprì l’incesto si accecò, la madre si impiccò e lui
venne esiliato, senza che i figli lo aiutarono. Per questo li maledisse e si rifugiò a Colono, presso
Teseo, con la figlia Antigone.
Eteocle e Polinice decidono di dividersi il regno un anno a testa, ma Eteocle alla fine usurpa
il trono. Polinice viene esiliato e arriva ad Argo, dove viene dato in sposo a una figlia del re, che gli
propone di aiutarlo nella ripresa del potere. Ad ognuna delle sette porte di Tebe c’è un guerriero.
Quando i due fratelli si uccidono Antigone seppellisce Polinice, ma poiché facendo questo va
contro un divieto che le era stato fatto, Creonte la fa seppellire viva.
Teseo
L’eroe Teseo è protagonista di molte avventure, tra cui l’uccisione del Minotauro. Alcune di
esse ricalcano le imprese di Eracle, come il vello d’oro, la guerra alle Amazzoni e la discesa agli
Inferi. Uccide il Minotauro alla terza spedizione con cui partono i sette ragazzi e le sette ragazze
inviate da Minosse. Il Minotauro nasce dall’unione di Pasifae, moglie di Minosse, con un toro: il
nome della creatura è Asterio, e viene fatto imprigionare in un labirinto da cui non si può uscire
costruito da Dedalo. Dedalo e il figlio Icaro sono esiliati a Creta, e tentano di scappare con delle ali
legate con la cera: ma il giovane è affascinato dal sole e si alza troppo in volo, la cera si scioglie e
lui cade in mare morendo. Arianna è la figlia di Minosse che si innamora di Teseo, convince Dedalo
a rivelargli l’uscita del labirinto e gli dona un filo per poterne uscire. Teseo giura di amarla, ma poi
l’abbandona a Nasso. Per questo sarà punito: tornerà in patria con le vele nere spiegate, segno di
sconfitta, e il padre Egeo si butterà in mare per la disperazione senza sapere la verità.
La stirpe di Tantalo
Tantalo è un figlio mortale di Zeus, che per mettere alla prova l’onniscienza degli dei dà loro
in pasto il figlio Pelope. Solo Demetra non si accorge dell’inganno, e addenta una spalla che viene
poi sostituita con una d’avorio quando il giovane viene riportato in vita. Ha due figli, Atreo e
Tieste: il primo uccide i figli del secondo ed è padre di Agamennone e Menelao. Agamennone sarà
ucciso dalla moglie Clitennestra e dal suo amante Egisto, figlio di Tieste che vendica i fratelli
uccidendo il cugino. Egisto sarà poi ucciso da Oreste, figlio di Agamennone e Clitennestra.