INVERSO 15 - Copia - Francesco Manna e la rivista
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INVERSO 15 - Copia - Francesco Manna e la rivista
INVERSO Quadrimestrale di poesia N . 15 – Dicembre 2006 3 REDAZIONE: Raffaello Conti, Francesco Manna Beppe Mosconi, Roberto Segala Negrini INVERSO: c/o Francesco Manna Via Eulero, 11 35143 Padova Pagamento in conto corrente postale: E-mail: Siti inverso: Blog: Numeri arretrati: c.c.p.n° 12260311 intestato a Manna Francesco Via Eulero, 11 35143 Padova [email protected] http: // utenti.lycos.it/inverso www.culturalibera.com http: // inversopoesia.blog.supereva.it €6,50 Illustrazioni, disegni e grafica (eccetto ove indicato): Francesco Manna (Dik) I testi inviati, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. Stampato presso Centro Copie San Francesco 140 e-mail: centrocopie.sanfrancesco@ tin.it 4 SOMMARIO EDITORIALI Speciale per i dieci anni di Inverso 7 AUTORI Antonella Anaclerio Rosseggia 14 Flor Aristimuno Condor 16 Marco Bolla La fine 17 Ferruccio Brugnaro Non riesco, non riesco 19 Alessandro Cabianca Mario Luzi (dialoghi e silenzi) 21 Luisa Contarello Yaku Soku 22 Raffaello Conti Il muro dell’89 23 Carmine Fortinelli Charlie 24 Donatella Galli Misteri 25 Nicola Licciardello Nella valle della luna 26 Renzo Lucchiari Epitaffio 28 Antonio G. Malafarina Ferrari 29 Maccrino Trovar parole... 30 Francesco Manna Piano solo 31 Beppe Mosconi Loosing 33 Maria T. Mosconi Brezza d’ottobre 34 Duccio Novelli Alessia 35 5 Giuliana Piovesan Andantino grazioso 37 Cristiana Pisani La storia 38 Alfonso Politti Sulla consapevole inedia 39 Maurizia Rossella Verso dopo verso 40 Cesare Ruffato Les merinides 41 Andrea Sangati Colori selvaggi 42 Michela Sartorato Amicizia 45 Roberto Segala Negrini Peso e pensiero 46 Carla Stella Tutto esaurito per notte 48 Maria A. Tognato 3, 5 49 Luciano Troisio Stargate 50 Toni Zamengo Monti 51 Paolo Zorat Un nuovo riff 52 SCHEDA 53 6 SPECIALE PER I DIECI ANNI DI INVERSO Raffaello Conti 10 anni di poesie 10 anni di storia Ci siamo riusciti, cari amici e compagni di viaggio, a mantenere l’impegno che nel lontano dicembre del 1996 ci eravamo assunti di mantenere “viva” l’esperienza del P.I.P (pronto intervento poetico) recuperando la voglia di continuare con la “Poesia” a dar voce, espressione, continuità ai numerosi poeti, della nostra città, del Veneto ed anche di molte altre regioni d’Italia, attraverso il mezzo della Rivista “Inverso” ad un tempo “laboratorio” creativo e punto di approdo per i tanti naviganti della nobile arte della creazione poetica. Questi dieci anni sono stati un’occasione formidabile di crescita personale ed intellettuale dove ancora una volta dal confronto redazionale con il “gruppo storico” della rivista (Beppe, Francesco, Roberto ed Io) e dalla lettura di migliaia di poesie, racconti, lettere, confessioni, inviate alla nostra redazione, abbiamo “imparato” di nuovo che cos’è vivere, leggere, ascoltare, comporre poesia. Sono stati anche gli anni della riflessione, del tormento, della rabbia, per un mondo ed una vita in cui quasi tutto è cambiato, dove abbiamo voluto e dovuto confrontarci, anche con la Rivista, con ben quattro guerre che hanno attraversato le nostre esistenze e questo mondo (guerra dell’ex Iugoslavia, guerra del Kossovo e della Serbia, guerra dell’Afghanistan, guerra dell’Iraq) e che per molto tempo segneranno anche il nostro futuro. Ci saranno ancora altri momenti, altri incontri, altre belle poesie da scrivere e ascoltare, insieme a tutti voi amici e poeti, per continuare a vivere, migliorare e…con speranza amare. 7 Francesco Manna Piccola storia della rivista Era la fine dell’estate del ’96, quando in una pausa di riflessione, dopo un periodo contrassegnato dalle nostre esperienze nel P.I.P (pronto intervento poetico, un insieme di artisti e poeti che “intervenivano” sui temi che l’attualità poneva anche all’arte e alla poesia) ci eravamo ritrovati, noi quattro, un po’ spaesati in un locale messicano, il Puerto escondido, un posto dove attraccare la propria imbarcazione dopo un lungo periodo passato in mare, e ci domandammo “e adesso?”. Il problema nel P.I.P era stato spesso quello di dire che l’organizzazione doveva cominciare ad essere la priorità, dopo vari anni in cui poeti e artisti avevano lavorato insieme, alcune volte anche piuttosto bene; ma c’era sempre chi affermava che organizzarsi significava imbrigliare la creatività, salvo poi arrabbiarsi quando nelle nostre iniziative i microfoni non c’erano o non funzionavano. Ad un certo punto quella sera qualcuno di noi disse che una rivista di poesia poteva essere il conseguente approdo del gruppo e delle esperienze condivise. L’idea sembrava buona, anche se già sapevamo che sarebbe stato un bell’impegno e il dover affrontare una serie di difficoltà oggettive, ma eravamo pronti a fare il salto. Quale nome dunque dare a questa nuova rivista? Non c’era bisogno di sforzarsi tanto, un nome già c’era stato agli inizi degli Anni ottanta, e tra l’altro non male, Inverso, una serie di fogli più o meno fotocopiati che avevano “invaso” la nostra città e facevano bella mostra alla libreria Feltrinelli. Ricordo che avevo comprato un paio di numeri di quella rivista, ma non mi ero azzardato ad inviare i miei lavori, perché allora pensavo che la mia poesia fosse solo un atto privato, uno sfogo e non valesse la pena di mettermi in gioco, anche se erano già molti anni che scrivevo. Poi sparì improvvisamente e non si seppe più nulla della rivista, ma qualche anno dopo arrivò Beppe, che a quel tempo vedevo ancora come il professor Mosconi, ad una mia performance di poesia e musica, voce e sax più mostra di quadri “I volti del jazz”, alla libreria Calusca (punto di riferimento del P.I.P, dopo l’esperienza del locale “Intimo” dell’indimenticato artista e amico Petrucci, e anche sede dove fu presentato il numero 0 di Inverso nuova serie) allora ci scambiammo i nostri libri e cominciò una collaborazione che ci ha portato fino ad oggi. Il gioco era fatto, un impegno preso, lavorare con un “comitato” di redazione ristretto, per ovvi motivi d’organizzazione, in una gestione collettiva della testata. Il primo numero era naturalmente fatto solo delle nostre poesie, un po’ povero per la verità, sia nel contenuto, sia nella grafica, ma il suo compito era quello di agganciare autori e lettori per partire su una nuova nave per un viaggio che allora non sapevamo potesse portarci fin qua. Dieci anni sono passati dopo il “delirio” mai veramente iniziato o durato pochissimo (fino al numero 1) della mancanza di una cosiddetta linea editoriale poetica e che 8 ci chiarimmo subito: il criterio che ci avrebbe mosso era di non attuare una scelta di campo per l’avanguardia o la tradizione, ma quello della qualità (naturalmente per come la intendiamo noi) e dell’offrire a voci che hanno qualcosa da dire e altrimenti perse un’opportunità per farsi sentire. La nostra rivista negli anni è cresciuta moltissimo; ha pubblicato più di 120 autori, per la maggior parte nuovi o nuovissimi; è presente in internet con una sua casella e-mail, un blog, un sito, e in alcuni link di riviste italiane e straniere con cui siamo in contatto. Abbiamo ancora varie difficoltà economiche, che potrebbero essere risolte se accettassimo la pubblicità o sponsor vari, o solo dicessimo agli autori che per pubblicare sulla rivista devono pagare un contributo spese (come fanno quasi tutti oggi in Italia), ma preferiamo andare in pari, con tirature magari modeste, non riuscendo a guadagnarci niente economicamente, continuando nella scommessa, lavorando con entusiasmo esclusivamente in favore della poesia. Il nostro discorso, in ogni caso, continua e di ciò non possiamo che essere soddisfatti, anche se c’è ancora molto da fare per migliorarci. 9 Beppe Mosconi Le parole dai cassetti Quando tiravamo fuori le parole dai cassetti, attorno al tavolo in polvere ed ombra, erano gesti mai visti, mai saputi, e nessuno avrebbe sospettato. E invece era scendere di nuovo in strada, con gli stessi movimenti scomposti ed esterrefatti, con la stessa voglia di stupire e disturbare. E quel canto sporco e rotto non sarebbe mai finito, perché era sempre la prima volta. Così si è visto che non eravamo pochi, che le parole spuntavano e si incrociavano sui tavoli, come sui ciottoli, o sotto gli archi, la sera. Ci potevamo stare davvero, essere, nonostante il frenetico movimento dei tacchi, gli occhi assenti, le borse piene, i neon dei magazzini, i cappelli di paglia, i polsini... cadevano pietre, o foglie secche, ma nei tramonti la città saliva, anche se pochi se ne accorgevano. Poi il tempo che passa, gli anni tolgono la voglia; i gesti si ripetono, e poi tacciono, i volti non si vedono, qualcuno cinge corone, come fosse finito il tempo di provare. Perché allora non un foglio, un nome come per la prima volta, un nuovo incontro, tentativi. Forzare i limiti senza restare soli, incontrando continuare ad incontrare, nelle parole di ognuno trovando un suono, un volto, una strada, degni d’ascolto. Oppure no, ma questo spazio è nostro. Poi gli anni, dieci lunghi anni, sapendo che il tempo comunque passava, anche se non eravamo sulla cima degli alberi, al mattino. Nuovi segnali, parole incontrate ad ogni uscita. Eppure una goccia in un mare di rumori, e non era quella di prima, dentro un riflesso nuovo, visto appena. Adesso, dopo 10 anni, possiamo guardare tutte queste voci, messe insieme per stupore, messe in giro, senza regole, senza pretese, ma non a caso; senza nessun altro fine che farle ascoltare, perché ci sia una possibilità in più, un’emozione inaspettata, un gesto imprevisto, una sottile incrinatura. Così a ogni numero un piccolo viaggio, una corda tagliata, un campo di erbe varie, e un po’ d’aria sottile. Una volta si è pensato: un piccolo scrigno. Ma ora che tanti, mai visti, scrivono, mandano pezzi, che si viaggia in un secondo via mail, che i numeri escono regolari, due volte l’anno, che si fanno sempre le presentazioni, dichiarandole sempre diverse, il pericolo della ritualità, del ripetersi, della coazione, magari travestita da maggiore professionalità; anche della stanchezza. Perché anche la poesia si consuma, come tutto il resto, o serve da piedestallo, da specchio, da scambio o da calda tana. Ma si può restare con i piedi dentro i versi, senza distrazioni o rappresentazioni sacre, lasciare l’onda andare alla deriva, fermarsi dove cambia la corrente, capire dove un giorno è nato dentro un altro, restare nello scambio. Allora questo tempo è passato molto in fretta, e molto ne deve ancora passare. 10 Roberto Segala Negrini Il mio quarto di editoriale Dopo tutti questi anni che sto ben dentro ad Inverso posso dire tutte le brutte cose che non mi vanno di questo tipo di Inverso; che sono: Che si fa fatica a farlo, siccome andavamo spesso in rosso e ci vedevamo spesso con in mano dei soldi da metterci e non da prendere e portarci via. Ma ciò in quanto siamo ancora tutti mezzi scemi a non volere la pubblicità e gli sponsor. E non c'entra niente, ma c'è anche il fatto che non siamo una rivista che fa la critica, siamo come una vetrina di un negozio dell'Unicef o del mercato equosolidale, dove chi vuole ci mettiamo il prodotto fatto con le nostre mani; siamo anche come un'expo e non mettiamo praticamente quasi mai il becco (o il naso) nelle cose degli altri, tranne quando la merce non la mettiamo in vetrina, che è un tacito gesto forse di dissenso o di dubbio o è perché malauguratamente ce la siamo dimenticata o la teniamo in custodia per un prossimo numero. Non mi piace davvero sorreggere gli errori degli altri e neanche i miei e allora questa rivista poetica invece dovrebbe ficcare il naso (o il becco) negli affari espressivi altrui e anche nei miei e però non lo fa credendo di fare un piacere a qualcuno e anche a me: ma è sbagliato, perché dovrebbe selezionare di più e infine autocensurarsi, se serve; e anche, anzi, non pubblicare quasi niente! Oserei dire e affermare che essa dovrebbe avere il coraggio di essere la prima rivista poetica completamente in bianco!! Vorrei quanto meno che fosse d’élite, che ascoltasse solamente le due-tre voci maggiori al mondo, al massimo, per numero: così acquisterebbe in qualità (pur perdendo qualcosina in quantità)! A me di questa non piacerebbe neanche il prezzo di copertina (che fra l'altro infilerei più indietro in mezzo alle pagine), infatti si potrebbe pagarla molto di più o molto di meno, a seconda; ma quella precisa cifra mi fa venire il girocollo e secondo me non va bene e è ingiusta e errata. E poi preferirei che uscisse come la Gazzetta dello sport, tuttavia non esageriamo: anche ogni quattro-sei mesi mi ha stancato! Quanto alla diffusione, sarei un timido, un introverso e un raccolto in me stesso e quindi mi dà un po' fastidio e mi imbarazza abbastanza che se ne esca quaggiù in città e si venga a saperlo e venga messa da Feltrinelli, quando e laddove sarebbe meglio che stesse più nell’ombra, in un angolo o cantuccio, a casa di uno. E sempre per il carattere che mi ritrovo, odierei le presentazioni dei nuovi numeri, di qua e di là, a volte sul tardi, con qualunque tempo (p.e. con la neve), il traffico paralizzato, talvolta con le scale da fare (raramente da pulire), incontri troppo oceanici, la probabilmente troppo eccessiva invadenza giovanile, col suo pesantissimo fardello di speranze... Non sopporto più, tra l'altro, di non avere un'identità precisa, come rivista (e non solo): ma comunque, di che genere è? qualcuno me lo sa dire?! Che tendenza ha? (è trendly?) qualcuno, per piacere, mi risponde, su questo punto?! Quale scuola di pen11 siero frequenta?! Non ho ancora capito chi e cosa pubblichiamo! E il non aver da rendere conto a nessuno alla lunga mi spiazza, mi sento sempre più in balia degli eventi, avverto e percepisco un vuoto preoccupante di potere, mi manca un padre-padrone (ladrone), desidererei che qualcuno, anche qualcuno dei presenti, mi desse un minimo di certezze: un laccino, un guinzaglietto, una catenella... Oltre a questo, non me l'aspettavo, dieci anni fa, di andare in internet, io che detestavo il cellulare, se non altro perché i primi esemplari facevano molto status symbol (ed erano anche tanto grossi!) o per una finta questione di libertà individuale e indipendenza. Ma adesso ci siamo dentro e non saprei come fare: non siamo cambiati noi, è il mondo che è cambiato! Mi chiedo, inoltre, perché dovrei continuare a pubblicare tutte le volte anch’io qualcosa di mio e non fare al contrario il redattore puro, come gli effettivi editori puri che c'erano una volta: è perché sono un poeta tra i poeti (e per fortuna ci sono anche le poetesse!); e, se avete preso nota, nonostante l'evidente narcisismo della persona, da un po' mi metto anch'io in ordine alfabetico e niente più; cosa dovrei fare? a me mi piace così, mettermi in mostra, approfittarne, usare la mia doppia veste: l’importante è non fare del male a qualcuno! Anticipo subito che la qualità dei testi di Inverso non può che migliorare, nel corso del XXI secolo e il lento processo è già in atto (o in corso): prevedo per ora altri dieci anni di regolari, costanti, indiscussi miglioramenti. Tornando alle mie lamentele: c'è dell’altro che non mi va, di Inverso? Mi dà sui nervi, per citarne una, che noi quattro della redazione siamo proprio tutti e quattro dei maschi (una spiacevole coincidenza); e che siamo così diversi tra noi eppure non litighiamo quasi mai: è stressante, ci credo! convivere per dieci anni (un intero decennio) con altri tre galletti senza mai darsi una buona volta una sonora beccata sul muso e essere così distanti come poeti e non trovare mai niente da ridire e tutto da ridere: come si fa, mi chiedo, a non calpestarsi a vicenda così tanto, a non sfregiarsi, a non sfigurarsi nemmeno un cincin? E la nostra soggettiva e totale idiozia? E la nostra completa e spontanea incapacità?! Io me lo chiedo da un decennio (scadenza: dicembre 2006) e non ho ancora trovato una risposta. Riandando, infine, per l'ultima volta, al mio carattere (lo voglio ricordare: piuttosto schivo), mi fa circa schifo, mi sta ormai diventando insopportabile che ci scrivano da Tuttitalia, mandandoci case (volevo dire: cose), io che da bambino sognavo di potermene restare nella mia piccola padova a scribacchiare in pace con gli amici e al massimo farmi accettare nel delta del Po (mi sarebbe piaciuto anche l'Oltrepò pavese, come immagine!). Questo, sinceramente, è quello che ho pensato, l'espressione del mio pensiero, per così dire, nell’anno delle celebrazioni inversiane. 12 AUTORI 13 Antonella Anaclerio ROSSEGGIA Rosseggia il raggio spezzato nello stagno del cuore di creta increspato da cerchi concentrici che vantano ondosi la mia nostalgia 14 (Tapatio “Panorama spagnolo”, foto dal web) 15 Flor Aristimuno CONDOR Fiore negro nascosto dentro di noi Vola … va insieme al condor è meglio Becca il collo della repressione Dall’alto socchiudi con rami tenere foglie piccoli fiori il nostro essere Rimarrà così la natura di tutte le cose A metà strada 16 Marco Bolla LA FINE Cavare sercare tacare catare e no capire… Rassare sigare scavare spacare e no sentire… On bissinèlo de foje desgrópa la note carga de stele, e no resta che mòte de tera e on grumo de veci sentà su na piera che speta la fine de la guera. LA FINE (traduzione) Togliere attaccare cercare trovare e non capire… Raschiare scavare gridare spaccare e non sentire… Un vortice di foglie scioglie il nodo della notte carica di stelle, e non restano che cumuli di terra e un mucchio di vecchi seduti su una pietra che aspettano la fine della guerra. 17 Tapatio “Pesca d’altura” Spagna (foto dal web) 18 Ferruccio Brugnaro NON RIESCO, NON RIESCO Basta, Brugnaro, basta con i reparti i fumi le intossicazioni basta con i malati i morti basta basta. Brugnaro, basta con l’emarginazione le fabbriche lo sfruttamento i disoccupati i drogati, le carceri i migranti basta basta. Una grande voce dal vuoto mi riempie di gelo. Non riesco credetemi non riesco a schiacciare questa vista a chiudere queste orbite a buttare via queste orecchie anime gentili non riesco a vendere questo cuore non riesco a vendere queste mani non riesco proprio a sputare su questo nostro sangue. 19 Bestie indefinibili mostruose dentiere questa roba spaccata che mi porto dentro che ci portiamo dentro che vuole fiorire non sarà eliminabile fino al giorno del fiore fino il principio e il tempo del fiore. 20 Alessandro Cabianca MARIO LUZI (dialoghi e silenzi) I dialoghi che legano i vivi ai morti, quelli che hanno lasciato qualche traccia e quelli che sono passati inosservati, rondini o nuvole o calamari giganti, a volte si interrompono, a volte si infittiscono: dipende forse dai rumori di fondo e dai silenzi, quando si è in molti a guardare verso un punto di cielo per una attesa, per una preghiera. Anche per chi non prega è questo il senso: togliersi dal rumore, scegliere il firmamento o il più remoto angolo del frutteto per gustare il chicco rosso dell’ultimo melograno quando l’autunno dà un fremito alle foglie, in attesa del gelo. Ma chi nella confusione dei mercati si affanna a vendere e a comprare, a scambiare merci, cose, dovrà a lungo vagare, senza fermarsi mai e manderà cupe maledizioni sulle terre che aveva calpestato. Sono i silenzi di chi, vivo, non ha corrisposto gli altri vivi e gli è passata invano la stagione del riso, la stagione del pianto: di chi non immagina, non sogna. I sogni possono regalarti il riso degli amanti o le maschere degli assassini: tu di che sogno sei, di che spavento 21 Luisa Contarello 22 Raffaello Conti IL MURO DELL’89 Felici !… Quel Muro Mondialmente caduto, nello schermo globale l’affresco del crollo ! Lampi di “ gioia” in milioni di sguardi… Dalla Falla possente un torrente impetuoso, sovrastare l’ ”Arsura” , d’innumerevoli raccolti colmare il futuro. E feste e danze… e baci e banchetti… L’Uomo Nuovo sorge Oltrecortina. Creata fu così l’Impresa, la canzone della “liberazione”. Ma ora siamo qui a disperare, per quello che vediamo e non si può guardare… e schiavitù e miseria… e morte e corruzione. Felicità cantava… la canzone della “liberazione”. 23 Carmine Fortinelli CHARLIE La sera accanto al fuoco Charlie canta avvolto nell’eskimo azzurro le storie dei Sioux mettendo in fila soldatini di piombo. Sin tardi ha rivoltato col freddo della zappa la calda zolla della madre terra cercando la prima e la seconda ignota verità. Infinitamente la squarcia senza sentimento rivoltando continuamente vermi appartenuti a corpi blu e rossi dimenticati. Pianta in essa con forza ferro e cemento dissetandola col sudore della fronte senza saggezza e memoria. 24 Donatella Galli MISTERI Tu sei la mia luna e la finestra aperta tra lettere d’amore e ricordi di luce. Tu sei la pagina bianca e non c’è chiasso, solo misericordia. Tu sei la mia giara di vino e il miracolo della musica. 25 Nicola Licciardello NELLA VALLE DELLA LUNA Oro e ancora oro orovecchio tramont’ in gola a mare nell’ imbuto di lun’ orecchio, vulva lunare innumeri petr-animal sognando vite archetipali caprigne ventoresistenti ccà-vernan vessilli maestral slabbri ‘n fumo, o peggio – acidi già d’abbagliùn rodèo tam tam, o chan chan pulvis sis, atque in pulverem redebis, sic sacca y bastoncin siempre ‘nfra i pìe (sed non videbis) <e mòviti> ringhia ‘l biondin-rimmel como simia non sentir que mi maracas vuelan y como vuelan ! hay que sacarme la jaqueta <hay que tocar cerca los otros – al fuego !> me dicen, mientras que un macho pareando lo sfavilla, y muchos machos solos bailando – ma in dove son le dee d’un tempo ? (e ‘n dove Maya-Kali con suo fiero giogolar ?) Dispare ‘ntanto la jaqueta, e ’l cor dispera – cche c’era ‘n tasca, cche c’era ? malditos los bandidos. Ma justo, normal – è la gran Fiesta la luna piena d’agosto – c’era solo il cellular… No: ecco ‘n buia polver di sabbia ‘l strazzeto C’è ! caramba all’onestà degli scoppiati (<e mòviti !>) e muòvomi, paseando sovra spalti ‘n fra due mari accaponati e ‘n cima un alto vecchio in grotta che saluto – ma l’è un giovin che sorride m’invita, m’asside, mi da’ a bere la sangría mi presenta Lara e narra la storia della valle – Layak il cêco, scultor ciclope – Antoine l’altro già coi nipoti, per turisti Scendiamo dico, torniamo a volare <Una, una sola, ma’ fai provare …?> prega un tonto Dopo, continuo a dir, dopo – eppoi si fa con due Solo mi crotali fan levare urla di piacere danzar più in alto, ‘ntrecciar tambores Non po’ treguar ‘l respiro nostro, non po’ star iguale, tiene que variar sempre 26 sua escritura – con la penna nel taschino della camicia di seta azzurra, l’orecchio e la sinistra mano al dondolìo del ventre a destra l’eco, sutíl milesín tessendo e ricantando – “Maestro”, “tivogliobene” “ti prego continua”, ahora me dicen los danzantes M’abbraccian donne uomini e oltre i sessi ridendo l’unica energia, di generazione in generazione, la forza della vita elementare in ogni tribù umana. E all’alba ci ri-conosciamo. (Maya dorme nella cenere, e non risponde) Una dea senza nome mi saluta da lontano. Porto via due sacchi di immondizia per il mondo. 27 Renzo Lucchiari EPITAFFIO Si ritorna alla polvere ma non disperatevi: tutto non finisce con i campi di lacrime. Quante volte il grido dell’araldo risuonò più forte del temporale? Quante volte la candela accesa annusò la pagina scritta? Nostro mare non siano gli insulti degli anni. Che le api nutrano i nostri sogni: che non siano turbati né da grandine né da avvoltoi. Possa il nostro ramo sempre rifiorire. 28 Antonio Giuseppe Malafarina FERRARI Un rombo fra le orecchie e il cuore e un colpo d’occhio sulle ruote ed i cerchioni e sul colore rosso e quel motore. In testa quei bulloni il collettore le bielle coi pistoni gli scarichi cromati il vecchio cambio a selettore ed un ardore un ardire ed aggredire la strada per arrestare il tempo sul millesimo finale nella corsa lungi dal trapassare e dal morire. 29 Maccrino Trovar parole a definir benessere Cantarle al vento che avvolga il mondo con una ipotesi di pace La voce mi esce modulata, ... a volte nelle mie incertezze trovo una direzione Dove sono le muse che così tanto desidero? 30 Francesco Manna PIANO SOLO A Paul Bley Note di piano e silenzi nella stanza musica bianca e nera all’alba ancora addormentata spazza via la notte ultima e dolce dell’addio la malinconia s’addensa in angoli segnati da passi lenti e ondulati la testa colma di tempo nella giravolta infinita delle assonanze che salgono e scendono le scale armoniche di blues, jazz, tango e bolero lievemente assorbite dall’onda che si spezza nella risacca e poi si ritira nel grande mare nero di quest’isola conficcata nella mia carne che palpita senza posa sospeso tra la gioia e il rimorso nel giorno caldo e gelido di amore e morte dietro il tuo viso che se ne andava accompagnando la testa, il busto, le braccia, le gambe e i piedi sparendo tra le pieghe del passato. (Santiago, Cuba, 11-12/07/06) 31 Stefano Giraldi Kindertotenlieder A Gustav Mahler (per gentile concessione dell’artista) 32 Beppe Mosconi LOOSING 17/6/06 se nel caldo covo cado d’ora in ora col sorriso del pesco, stalla d’inverno, coltre di terra e lana, nel ventre tepido, culla, sogno del canto calda carne che sale, il capo riposato, gli occhi al verde dei piani al bianco in nubi mare. sarai mia mano se sale questa soglia unico nucleo luce nella culla degli occhi che smarrisci. brace che palpita la notte all’acqua il vento alla terra il battito che cresce, il corpo perso, mio posato a braccia per i vuoti spesi 33 Maria Teresa Mosconi BREZZA D’OTTOBRE Puntuale frenesia d’aria fresca muove quei fili d’erba ancora caldi d’un settembre dorato. Esiste la stagione e il cielo schiara o scurisce i giorni… Se nulla può mutare in leggi di natura strani cupi fenomeni le offuscano sovvertono le regole e i pensieri. Meditare non basta più giova costruire... 34 Duccio Novelli ALESSIA Avvolti nelle proprie parole: facile attaccare, facile sparare. La vita, analfabeta, se ne curasse, lei passa. Canti Rivoluzione? Come i più mangi merda. Eterno in ogni pensier d’amore? Mai visto. Ohi! poeta, piano, con le parole: troppi ne son morti e non scordar che v’è chi si ingrassa; deforme, velenosa rana, tra gialle alghe putride. Ma, librarsi, libero rondone, su campi dorati, a divorar zanzare e farabutti d’ogni che; a vomitar lor’odio, ribellione. Arma mai spuntata, famosa pietra scagliata nell’infinito; come di te abusare? Miglior strumento d’amor anarchia comunismo: o, quel ch’è in noi; I non del tutto sbagliati. Farne meno? E la mia personale ansia? Sopirla? Come tentar, miseria umana lenire? Fabrizio canta da un’altra stanza, di fiori che non ha, sento carezza, soffio. Quasi magia: brivido alla base del cranio, sollievo. Anche odo la Piena Voce, che fe’ tremar anche l’acciaio, e m’empie e rugge: scagliata freccia al sistema operativo. Pur sento mormorare, a difesa dall’ignoto profondo, l’antica siepe. Nemmeno una randa? Ne godo. 35 anni: parole al vento bisbigliate, urlate, biascicate: ma al di qua del vetro, lascio la vita mi uccida, giorno per giorno. 35 Ho trovato l’amore, toccherà lasciar Poesia ai poeti. Ora sono intero, ricomincio sul serio: riguardatevi, io vado a lottar per vivere felice e contento: io e il mio dio, la mia Donna: son suo. 36 Giuliana Piovesan ANDANTINO GRAZIOSO Se ne stava quel chiaro spartito incollato alla vetrina del liutaio con il suo si e la bella chiave di violino, presi nel rigo della prima battuta (Dal suono sciolte bende liberano mani ferite) All’olivo santo della pietrosa piccole anime beghine cerimoniose vanno al minuetto di pigolanti passi Le mani tendono al tuo approdo e avide il tuo nome afferrano con l’unico riconosciuto fiore questo mio votivo trastullo di carta. 37 Cristiana Pisani LA STORIA Da poco tempo ho una storia da raccontare posso convincere senza alzare la voce Una svolta m’ha deportato nello strato più antico ora mi agisco chirurgicamente Nel lento umido pomeriggio il mio gatto procede alle abluzioni Essendoci poco di lieve nei miei giorni questo mi commuove. Non ricordo bene forse v’era liturgìa nella parola ogni cosa al proprio posto senza prodigi tremendi ma solo con la voglia matta di essere normale La mia controfigura s’allontana in un rosso molto rotto e in fondo c’è Cesare che urla è mio è mio, l’impero è mio! 38 Alfonso Politti SULLA CONSAPEVOLE INEDIA A quale costellazione affidasti la notte pensando che il giro perso ti lasciasse solo banali guasti e rimedi certi che il cielo terso avrebbe sopito nascosto tra i vasti silenti necrofori. Ma l’inverno trama quando l’abilitazione affonda il pensiero senza l’azione 39 Maurizia Rossella VERSO DOPO VERSO Lei nel ricordo diceva pensami quando guardi la luna con la stella o in giornate di sole come questa. Verso dopo verso il metro si sfalda. La sicurezza viene meno insieme alla lucidità, vacilla il modo di estrapolare dal limbo l'idea per dirla e nel comunicarla perde lo smalto, l'aura della doratura si fa opaca l'aureola del non detto in odor di perfezione e santità di puro spirito, puro pensiero. A volte le parole non bastano l'idea resta, si arena in mezzo agli occhi tra l'arco di sopracciglia corrusche. Lei nel ricordo diceva pensami quando guardi la luna con la stella o in giornate di sole come questa. Lei non lo sa che la penso anche adesso e la penserò dopo nel futuro mentre da lassù lei guarda la luna e i pianeti e le stelle ad una ad una. 40 Cesare Ruffato LES MERINIDES di notte meno si avverte lo stame erba omasata in noduli feticci grumi delirio tremens par avion cartoline bruciano le tappe cari amici veniate omissioni così sospeso pure le dune che lente togano imprevedibili aride conquiste occhi margarina dalla padella alla brace persino edentulo il cobra del veleno in un buco ognuno il cuore bruca vacuamente non paga le tasse mangia frustoli suoi cotidiemente lacinia particola alle ventuno si arresta anche la lancetta si cerca per donare almeno l’ombra più in ombra a nulla serve dolce casa conto in banca ventata ridondante se lasci il sole filtrare fitta fissa lana cono mistico sofista è tenue matassa tappeto floreale reale volubilis mattino volatile pardon bambù agavi cactus orrore di polpe colpe polpe di tamburo voglia di seni cacao dissipati favorite impluvi 41 Andrea Sangati COLORI SELVAGGI Un mare di strani colori si sente girare sfiorando un anonimo sguardo, un dubbio tremendo sconvolge la mente che par la paura in un gioco d’azzardo. Da dove proviene quest’anima in pena? ché senza saperlo non prende alcun nome ma solo di strani colori ripiena perché questa vive non sa e non sa come. E poi questo anonimo sguardo sì vago è forse lo stesso che scuote la mente che come la cima appuntita di un ago rivolto su di essa si mostra pungente? E quello che sembra che cosa ha di vero? In questo fluttuare selvaggio e veloce esiste un colore soave e sincero la cui fioca luce alla quiete non nuoce? E se in tutto questo non c’è una ragione, se questo universo si muove per caso, che cosa sarebbe l’umana opinione se non verde foglia di un albero raso? Sì dolce, sì bella nei suoi movimenti e nel suo sviluppo lucente e sottile ma non più che insieme di vaghi ornamenti che adornano il nulla diversi per stile? E allora che cosa dei bei sentimenti sarebbe se non una falsa illusione, dei dolci e felici e più puri momenti se non una breve illusoria visione? E tutte le cose di questa esistenza se verso una falsa illusione esse vanno, non sono per questo mancanti di essenza, 42 giacché solo il nulla ricerca l’inganno? Un mare di strani colori infiammati qui bruciano il palpito lieve del cuore e gocce di sangue da vasi straziati dipingono il tutto di atroce dolore, colori selvaggi che girano in tondo, che inducono al dubbio soltanto a pensare, che cambiano il volto a ogni cosa del mondo e portano all’incubo il dolce sognare. Quest’anima in cerca nel buio di un lume che avanza tremando dal dubbio impaurita, che sogna la luce di un fioco barlume; brevissimo e tenue sospiro di vita, quest’anima in pena che lenta sussurra, che da un mondo in forse ed ignoto è venuta, vibrando nel vuoto invisibile e azzurra tra abbagli di tenebre gravita muta. (15 Novembre 1991) 43 Alla finestra, matita su carta, Dik 2001 44 Michela Sartorato AMICIZIA A laila Com’è bella plumpago! La mia migliore amica Toglimi l’aria Neruda, toglimi il pane Neruda ma non togliermi la mia migliore amica! Una bolla di sapone azzurra e lieve una nenia soave un batuffolo di panna Com’è bella plumpago Quando ride Quando ti dona il cuore Com’è bella plumpago che s’innamora 45 Roberto Segala Negrini Vorrà dire che tutto pensa e tutto pesa, ma fuori di me, e dentro di me mi affido a quel pensiero e a quel peso, perché sono illogico e leggero. Sono sempre stato aperto, pronto e vuoto, a questo, non è una novità di adesso; ho avuto sempre molta fiducia nei pesi e nei pensieri delle cose, le trovavo così. Quando qualcosa di pensante e di pesante mi tiene fermo a sé, fuori di me, sembra che possa accorgermene ogni volta, e darmi da fare; posso riflettere e sollevare, spostare, immaginare, tutto allora mi tocca, e mi può aiutare: posso considerare e anche portare. Vorrà dire che ho un carattere buono, che mi basta poco, i pensieri e i pesi esterni come me li trovo davanti, e non sbaglio mai di portarmeli dentro, stanno bene fuori: non ci credo proprio, che io potrei essere pensante oppure pesante, sono illogico e leggero, capace di tenermi ciò che sono, senza peso né pensiero. Tutto avrà un suo peso e un suo pensiero, ma non importa che sia io, l’allegria non mi manca senza pesare e pensare: non ho mai visto ridere 46 le cose che pensano e pesano là fuori, e sì che pensano e pesano da tantissimo tempo; e non gli voglio togliere questa loro pensosità e pesantezza, per non farmene niente e, ancora peggio, perdermi il sorriso. Sarà tutto un ridere stolto, sarà, non ci posso fare niente, non ho mai sentito in me pensiero o peso, ma solo fuori di me, nelle cose, e non da adesso: anche quando non mi si pensava ancora né pesava, ed ero meno che non pesante e non pensante, e non era male, perché non era niente, e io non ero. Vorrà dire che tutto pesa e tutto pensa, ma fuori di me, e dentro di me mi affido a quel peso e a quel pensiero, perché sono illogico e leggero. 47 Carla Stella Tutto esaurito per notte Prima di quella dopo Nella parte di strada un po’ fuori c’è da stare nel viaggio senza cintura senza È scritto ipermetrope che non c’è più fortuna e passa che passa se passa la via stretta o larga che sia la via da noi a noi a secondi oberati Si deve pur senz’arte da parte sentire l’una del 7 mese d’Aprile Mi par di capire 1/4/97 48 Maria Alessandra Tognato 3- La mossa è netta in noi che postuliamo Eleusi questo sidro abboccato postuliamo nell'antimateria che sfonda inezie attributive Io alla tua alma mi appendo 5- Il lume Trascinoso Della sete Prende corpo Accanto Nel pallore Ora acceso In attesa Dell'inverno Inferno Il trascinoso Lume a Tette ritte 49 Luciano Troisio STARGATE Accumulati sufficienti cigolii registrate porte lontane cancelletti metallici di orti muschiati deserti collezioni ormai solo mentali poco alienabili titoli stabili garantiti alla foce. Alla bimba taccio il responso lo fornisco addobbato in silenzioso decoro infine deciso a saltare oltre la soglia stellare. 50 Toni Zamengo MONTI “Erano giganti enormi. Scorrendo per i loro dorsi mi pareva di non finire. Giocavo a sbruffi sotto le loro ascelle. Ma quando il sole insisteva sui crani buttavano passi a tonfo. ‘Hanno fiutato la frescura del mare. vedrai la temporalata di schizzi!’ Quando ormai più nessuno Si muoveva, una montagna ancora Girava in cerca del suo compagno. “Quale pazzia t’infisse qui? Ridiamo di questi morti! O se vuoi andiamo silenziosi a tenerci vivi in un’isola e mi stringi alta sopra i gorghi della traversata. Non ascolti. Lo sento dal freddo Che mi dai addosso. Vengono i ghiacci, muoviti, la fronte pesa anche a me! Ti chiamo finché mi resta un soffio di respiro. Le guance mi diventano crostose. Se un dì ti svegli mi troverai che non rispondo.” 51 Paolo Zorat UN NUOVO RIFF Storpiava parole ma forse storpiava se stesso si ridusse a qualcosa d’informe - la memoria è crudele tutti capirono che ci fu un momento, un solo momento in grado di salvarlo Ma il momento ormai era perso, annegato in fondo al fiume, e con esso ogni slancio ogni scommessa sul futuro Accennò a qualche lacrima nervosa, anche l’oggi non poteva che soffocarlo, forse addirittura stritolarlo, ma alla fine si aggrappò [dimenandosi] ad un pugno di note… Battito e respiro si assestarono - l’adrenalina era comunque a mille Tutti applaudirono e lui – grato – decise che valeva la pena, yeah!, con una smorfia decise che valeva la pena di attaccare un nuovo riff… 52 SCHEDA (da allegare ai testi, non più di cinque, in quadruplice copia) NOME E COGNOME________________________________________________ NATO/A A ____________________ IL__________________ RESIDENTE A______________________________________ PROFESSIONE______________________________________ EVENTUALI PUBBLICAZIONI: __________________________________ __________________________________ __________________________________ __________________________________ __________________________________ __________________________________ AUTORI PREFERITI________________________________ ________________________________ ________________________________ ________________________________ ________________________________ ________________________________ SUGGERIMENTI O COMMENTI SULLA RIVISTA ___________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ FIRMA___________________________ INDIRIZZO __________________________________________________________ TELEFONO_________________________________ 53