Cercate la verità in fondo agli occhi della gente
Transcript
Cercate la verità in fondo agli occhi della gente
la scuola L E TA P P E APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO 1700 I CINQUE SECOLI DI STORIA 1600 l Secolo dell’Illuminismo e della nascita del giornalismo ha fame di immagini. Diderot per la sua “Encyclopedie” utilizza le litografie. Schultze scopre che gesso, acido nitrico e soluzione d’argento possono “trattenere” l’immagine. Il monaco Johann Zahn realizza la prima camera oscura “portatile” e “reflex” (con uno specchio che raddrizza l’immagine). Ma il principio della camera oscura è noto e utilizzato dai pittori ormai da secoli. IL MESE SCORSO vi abbiamo detto di aprire gli occhi per scoprire il mondo. Oggi vi diciamo qualcosa di più: aprire gli occhi, a volte, non basta. Per chi deve andare, vedere, riferire ricordate, è il mestiere del cronista? gli occhi non sono sufficienti, ci vuole qualcosa che fissi in immagini quanto si scopre. Se il reporter vuole riportare, necessita di un mezzo atto allo scopo. Nelle pagine del Giornale in Classe ve ne faremo conoscere tre: la fotografia, l’illustrazione, i video. Ogni giorno tuttinoi,studentidai6ai106anni,con sumiamo una quantità spropositata di foto, illustrazioni e video: talmente spropositata che non sempre vi fac ciamo caso. Siamo assuefatti alle im Forse non ci avete mai pensato, ma il primo passo per conoscere la fotografia l’avete già fatto andando al mare o in montagna. Pensateci bene: quando tornate a casa abbronzati dopo una vacanza sotto il sole in spiaggia o sulla neve cosa vi è rimasta sulla pelle? L’abbronzatura, che è il segno che la luce solare ha lasciato sul vostro corpo. E là dove la pelle era coperta (dal costume da bagno o dalla maschera per sciare) il sole non ha “scritto” niente e la pelle è rimasta bianca. Questo semplice gioco vi spiegherà meglio. 2 3 1900 La prima immagine fotografica di Nièpce (1827), il dagherrotipo di Daguerre, il negativo di Talbot, le “foto-tessera” di Disdéri, i ritratti e le vedute aeree di Nadar. Sono i geni degli albori di un secolo d’oro. Con la tascabile Leica il fotografo arriva dovunque, con la Polaroid la foto è subito sviluppata. Riviste come “Life” si fondano sulle immagini. Con le grandi guerre nasce il fotoreporter. Capa, Cartier-Bresson, Adams i maestri. Per fermare l’attimo fuggente non basta sapere come si fa Bisogna pensare a quello che si sta facendo. E usare un po’ di cuore SCUOLE PRIMARIE 1 1800 avete tra le mani), alla pubblicità sul piccolo schermo (di che prodotto tes sevalelodil’ultimospotcheavetevisto ieri sera in tv?), centinaia di immagini, disegnate o fotografate, statiche o in movimento, passano davanti agli occhi di ciascuno di noi senza fissarsi. A pen sarci, invece di aprirli, talvolta ver 1 Prendete un pezzetto di nastro adesivo trasparente. Con una penna nera disegnateci sopra quello che preferite (ad esempio una stella o una mela) Le foto sono tratte dal sito www.internetcamera.it L’avvento del digitale, il tramonto della pellicola. L’immagine è codificata e salvata come un file su un microchip. Si può trasmetterla via Internet, scaricarla sul computer, realizzarla e spedirla col proprio cellulare. spiegheremocomenasconofotografia, illustrazioni e video. Faremo parlare persone esperte. Vi daremo consigli tecnici e suggerimenti di approfondi mento. E poi vi proporremo esercizi e trucchi,divisiperlivelloscolastico,che potrete replicare in classe con inse gnanti e compagni, ma anche a casa con l’aiuto di un adulto. Partiamo con la prima puntata sulla fotografia. Qui sopra è riassunta in cinque tappe la storia di quest’antico sogno dell’uomo diventatorealtàsolonell’800.Inbasso, Silvia Ambrosi racconta cosa vuol dire essere fotografa. Qui sotto i primi tre passi in questo mondo affascinante. Aprite gli occhi, scoprite il mondo. n a cura di ALBERTO RIGONI SCUOLE SECONDARIE SUPERIORI Alla base di una macchina fotografica c’è il meccanismo della “camera oscura”, che, come abbiamo detto, è noto fin dall’antichità. Si tratta di una scatola buia, su un lato della quale si pratica un piccolissimo foro rotondo. Sulla parete interna opposta al foro viene proiettata (capovolta) l’immagine che il foro sta “inquadrando”, ovvero sta mirando (ad esempio, un paesaggio o un viso). Se su quel lato è sistemata una pellicola adatta, si può ottenere una vera e propria fotografia. Come? Quante volte avete fatto una fotografia “mossa”? E quante volte avete notato ombre nere ai lati o al centro della foto? Alla base di una buona fotografia c’è una corretta impugnatura della fotocamera, sia essa a pellicola o digitale. Eppure, è sovente uno degli aspetti più trascurati e uno dei motivi principali per vedere rovinate le proprie foto. La macchina fotografica deve essere un tutt’uno col corpo, una sorta di occhio meccanico. È dunque fondamentale saperla tenere nel modo giusto. Vediamo come. 1 FELTRINO FELTRINO 2 3 solo apparentemente banale: quanto più c’è consapevolezza nella realizza zione, tanto meglio verrà l’immagine. Non basta scarabocchiare, fare clic o schiacciare il tastino rosso dov’è scritto “record”. Per far bene ci vuole un po’ di cuore e un po’ di cervello. Per questo, settimana dopo settimana, vi 2000 SCUOLE SECONDARIE INFERIORI Tornate dopo un mese, e togliete il vostro nastro adesivo dalla mela. Vedrete che la buccia si è “abbronzata” dappertutto, ma non sotto il vostro disegno. Avrete una mela con una stella o una mela “impressionate” sulla buccia. Naturalmente vi potrete sbizzarrire a scrivere con la luce quel che volete sulla mela, anche il vostro nome. L'importante è saper aspettare che il sole faccia la sua parte rebbe quasi voglia di chiuderli, gli occhi, non è così? Per questo, per ve dere e non guardare soltanto, Il Gior nale in Classe vi porterà in viaggio die tro le quinte delle immagini. La volta scorsa vi abbiamo detto di mandarci immagini (foto, disegni, video) pro dotte da voi. Oggi vi diciamo una cosa Prendete una scatola cubica (spigolo 10 cm) di cartone spesso e nero, e una simile ma leggermente più piccola, in modo che possa scorrere all’interno. Col nastro adesivo nero (tipo isolante) coprite bene gli spigoli, la luce non deve entrare Cercate un albero di mele, ovvero un melo. Aspettate che spuntino le prime mele acerbe, con la buccia ancora verde chiaro. Applicate il nastro col vostro disegno su una di queste mele 33 Viaggio nell’universo delle immagini Prima puntata: i segreti della fotografia Cosa c’è prima del clic magini a tal punto che molte non ri mangono che pochi secondi nella no stra memoria. Dalle illustrazioni a cor redo dei libri di testo (quante ne ricordate esattamente tra quelle che avete visto stamattina?), alle foto sui giornali (descrivete con precisione la foto diprimapaginasulSecoloXIXche MARTEDÌ 15 GENNAIO 2008 Nella parte anteriore della scatola piccola, fate un foro largo 1 cm. Prendete un foglio di domopack, ritagliate un quadratino (di lato 2 cm) e al centro praticate un foro rotondo con uno spillo. Mettete il quadratino di alluminio sopra il foro della scatola: è il vostro “obiettivo”. Coprite il foro con un quadratino di cartone nero, che sarà il vostro “otturatore” L’indice della mano destra deve essere posato delicatamente sul pulsante, pronto a cogliere il momento giusto. La mano sinistra deve reggere la macchina o l’obiettivo nel caso di una reflex in modo da poter far scorrere con due sole dita le ghiere dello zoom e della messa a fuoco (se è manuale). 2 3 Andate da un fotografo con la vostra camera oscura. Fatevi incollare sul lato interno opposto al foro una pellicola piana 6x9 da 100 ISO. In una bella giornata, col sole alle spalle, scegliete un soggetto: appoggiatevi bene e sollevate per un secondo solo l’otturatore. Riportate la vostra macchina dal fotografo e fate sviluppare la pellicola. Che cosa avete ottenuto? I gomiti, contrariamente al solito, non devono mai essere abbandonati in orizzontale, ma sempre aderenti al corpo. Nel caso soprattutto di tempi lunghi è bene trattenere il fiato durante lo scatto in modo da ridurre ulteriormente le vibrazioni del respiro e del tremolio della mano. Quando capita di usare tempi molto lunghi e non avete un treppiede, conviene trovare un appoggio anche improvvisato (ad esempio, un muretto o il tetto di un’automobile). Le foto sono tratte dal sito www.simonepatrucco.it Le immagini sono tratte dal sito www.internetcamera.it IL TESTIMONE SILVIA AMBROSI FOTOGRAFARE significa scrivere con la luce. La tecnica, negata o asse condata, serve per raggiungere il fine, che è quello di creare un’immagine. La fotografia è comunicazione, diverti mento, racconto, condivisione e molte altre cose ancora. Serve a raccontare la magia delle persone, dei luoghi, delle situazioni. Serve a trasmettere il do lore, l’allegria,la verità che sta negli occhi della gente. Serve a mostrare le ingiustizie, i diritti negati, ma anche la dignità, i gesti coraggiosi e solidali. E poi insegna a guardare senza fermarsi alle apparenze, senza dare niente per scontato. E anche a cercare, perché mostra verità inattese, regala bellezze improvvise e inaspettate che tolgono il fiatocomequandosigiraapiediincittà Cercate la verità in fondo agli occhi della gente e l’incanto si rivela nelle luci e nelle ombre che la disegnano, mutevoli come le nuvole e il vento che le gover nano. La fotografia: nessuna certezza, ognigiornocomeilprimoelanecessità di raccontare. E allora la mano scatta con la paura di non tenere dietro alle emozioni, di non fermare l’attimo de cisivo o di non cogliere la sintesi dei fatti belli o brutti che siano. All’in terno di una vicenda è determinante la scelta di un’inquadratura simbolica, che sia capace di raccontare tutto. Non è una scelta non facile. Da questo di penderà la qualità dell’informazione, la capacità di offrire emozioni, di av vincereeinteressare.Saperraccontare Il Giornale in classe 2007/2008 è realizzato con Iscritta all’Ordine dei giornalisti della Liguria dal 1986, Silvia Ambrosi è fotografa professionista per avvenimenti di cronaca e di attualità prima per l'edizione genovese del Giornale e, dal 1988, per Il Secolo XIX. Collabora con testate periodiche e con l'Università di Genova. Nel 1999 ha realizzato il libro ''Genova In-visibile''. Autrice di numerose mostre in Italia e all'estero, ha vinto nel 2001 il Premio Lyceum. E' nonna di tre bellissimi nipotini è dote del bravo giornalista. Ma c’è una differenza: chi scrive può farsi riferire l’accaduto, o può ricostruirlo attra verso letestimonianze;ilfotografo,no. Deve essere presente, deve essere te stimone per riuscire a raccontare. Questo è il lavoro del fotografogiorna lista. Accetta tempi stretti per costru irelestorie.Letecnichecambianoase conda dei fatti e del luogo in cui i fatti si svolgono.Èimportante,anzièobbliga torio lavorare in punta di piedi e con concentrazione. Niente gesti inutili. Non si deve essere importuni, non ci si deve avvicinare troppo perché i prota gonisti non devono sentirsi “indagati”. Bisogna sempre chiedersi: se fossi io al Con il patrocinio di loro posto? La risposta è che si può rac contare tutto rispettando la dignità e i sentimenti degli altri, soprattutto nei momenti di dolore e di fragilità. Per questo l’introduzione del colore nei quotidiani non sempre costituisce ar ricchimento. Per certi fatti il bianco e nero è più realistico, più drammatico maanchepiùdelicato.Cos’èlafotogra fia per me? Un filo che mi lega alla fidu ciadellagente.L’obbligochemiportaa essere i loro occhi. La complicità che mi fa stare dalla parte di chi non è lì, ma vuole vedere e capire. Una bella foto non è solo rispetto di canoni estetici, armonia di luci e ombre, di pieni e vuoti. Più di tutto è testimonianza e amore,unprivilegiocheognigiornomi insegna e m’incanta, mentre inseguo qualcosa degno di essere condiviso con gli altri. e la collaborazione di la scuola APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO L E TA P P E FILMARE GLI EVENTI 1895 Viaggio nell’universo delle immagini Terza puntata: le figure in movimento Il 21 luglio Neil Armstrong è il primo uomo a sbarcare sulla Luna. La televisione, nata solo qualche decennio prima, trasmette in diretta via satellite lo storico avvenimento. Le riprese viaggiano nello spazio. 2005 1963 Con una piccola macchina da presa a Nasce YouTube, il portale internet su cui si condividono i video realizzati in proprio. La carta stampata e la televisione inseguono. Con l’era del digitale e della Rete, il reportage televisivo lo fai “tu”. Anche con un telefonino. 2 3 L’animazione è nata ancora prima del cinema. Guardando tutti i giorni i vostri cartoni animati preferiti, vi siete mai fermati a pensare come si fa a far muovere i disegni? Alla base, c’è una tecnica neanche troppo complessa, che adesso vi faremo conoscere. Attraverso questo semplice esercizio, con cui costruirete quello che in gergo si chiama “flip book”, imparerete a dare movimento ai disegni e potrete vedere il risultato coi vostri occhi. 1 Procuratevi un bloc notes di piccole dimensioni o, meglio ancora, un blocchetto di post-it, i foglietti gialli che si possono appiccicare dappertutto. Quelli quadrati di lato cm. 7,5 vanno benissimo. Prendete una matita nera e pensate, come “fotogramma” di partenza, a un disegno semplice: a esempio un’ape che sta per posarsi su un fiore o un omino che sta per tuffarsi dal trampolino. Immaginate come finirà l’azione (l’ape che ferma sul fiore, l’omino sparito nell’acqua). Andate all’ultima pagina del blocchetto e disegnate il “fotogramma” di partenza. Poi andate alla penultima e, immaginando l’azione, disegnate il “fotogramma” successivo: l’ape un po’ più vicina al fiore, l’uomo che si butta dal trampolino. Cercate di disegnare nella stessa posizione ciò che non si muove (il fiore o il trampolino) aiutandovi con quello che si vede dal foglio sottostante. Non abbiate paura di sbagliare. Dopo una decina di “fotogrammi” dovreste essere arrivati a quello che avevate pensato come finale dell’azione. A questo punto avete una serie di disegni consecutivi uno sopra all’altro. Fateli scorrere come nell’immagine, dal primo all’ultimo. Se tutto è andato per il verso giusto, dovreste poter vedere un piccolissimo filmino d’animazione. SECONDARIE SUPERIORI Immagini: copyright 1999, 2007 by Robert Truscio, www.curbly.com QUESTIONE DI PUNTI DI VISTA Come in tutte le cose, il punto di vista è un dato fondamentale di cui tenere conto. Sapere da che punto di vista si sta dicendo o pensando qualcosa è importantissimo per comprendere il vero significato che va oltre le parole. Nel cinema e in generale in tutte le riprese di immagini animate c’è sempre un punto di vista importante, quello del regista, che si manifesta in molti modi, dalla luce con cui è illuminata la scena al ritmo con cui le sequenze sono montate. Oggi parliamo di angolature. Nel film della vita SECONDARIE INFERIORI SCUOLE PRIMARIE colori, il sarto Abraham Zapruder filma casualmente a Dallas l’assassinio del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. Si apre un’era. Con le portatili chiunque può diventare reporter. IL TUO PRIMO DISEGNO ANIMATO NE CONSUMIAMO una quantità smisurata. E c’è anche chi ne realizza parecchie, magari per gioco. Sono le immagini in movimento. Pensate per un istante quante ne vedete tutti i giorni in televisione, al cinema, sul computer, nei videogiochi, in inter net, nei telefonini. Dall’animazione del vostro cellulare quando si ac cende, al disegno animato che vostro fratello continua a guardare in tv, dal film al cinema alla clip cliccata su YouTube, provate a calcolare quante ore ogni giorno i vostri occhi sono concentrati su immagini che si muo vono. Spesso si sente dire che viviamo nella “società dell’immagine“, ma a farbeneicontisipuòdirecheviviamo nella “società dell’immagine in movi mento”, nella quale nessuno si stupi sce più di vedere fotogrammi che si muovono. Anzi, spesso non li no tiamo nemmeno più. E pensare che nonmoltidecennifalatelevisioneera un privilegio solo per pochi e che nel giorno in cui nacque, il 25 dicembre 1895, il cinema seminò stupore, scan daloepersinopaura:trachiosservava le “immagini in movimento” (che poi èquellocheingrecosignificalaparola cinematografo) del primo film dei Fratelli Lumière, intitolato “L’arrivo del treno alla stazione”, qualcuno si spaventò vedendo la locomotiva cor rere verso il pubblico e, temendo di esserne travolto, scappò a gambe le vate. Poteva il giornalismo ignorare un mezzo così potente per raccontare la realtà? No di certo: pochi anni dopo l’invenzione del cinema vennero rea lizzati i primi cinegiornali, notiziari proiettati in sala prima dei film, poi arricchiti dall’avvento del sonoro e del colore. Con la televisione il noti ziario, con le sue regole, i suoi servizi, le sue interviste, le sue inchieste, si trasferisce nell’etere. E oggi le notizie filmate viaggiano sulle fibre ottiche di Internet. Come spieghiamo nella gra fica qui sopra, anche i mezzi per fis sare le immagini in movimento tratte dalla realtà sono diventati accessibili a un numero sempre maggiore di per sone. Oggi, molti di voi possono ri prendere quello che succede grazie allapiccolavideocamerainstallatasul telefonino. Questo non vuol dire che chiunque abbia un telefonino o una videocamera sia un giornalista televi sivo. Come per l’illustrazione e per la fotografia, di cui abbiamo parlato nelle precedenti settimane, anche la ripresa video ha i suoi segreti, e anche questa volta, vi proponiamo alcuni semplici esercizi che vi aiuteranno a capire come funzionano le immagini in movimento, suggerendovi accorgi menti per usare meglio la videoca mera. n a cura di ALBERTO RIGONI 2 La ripresa video è una specie di linguaggio e, come tutti i linguaggi, ha le sue regole grammaticali. Conoscerle è il primo passo che dobbiamo compiere. Con questo semplicissimo esercizio capiremo l’importanza del “campo”, una parola che serve a definire quante cose e quanta porzione di realtà devono entrare nel piccolo rettangolo della nostra inquadratura. La celebre famiglia Simpson, che tutti voi conoscerete, ci darà una mano. Ecco i Simpson al completo nel salotto di casa, mentre guardano la tv. Sul divano ci sono Homer e Marge, con la piccola Maggie, Bart e Lisa. Questo tipo di inquadratura si chiama “campo lungo”, perché ripreso da una lunga distanza. Dentro l’immagine rientrano parecchie cose, in particolare tutti i membri della famiglia e molti elementi di arredamento. Si capisce dove ci troviamo. Provate a scrivere ciò che Homer potrebbe pensare in questo momento, una semplice frase come ad esempio: “C’è qualcosa che non va”. La macchina da presa si è avvicinata, restringendo il proprio interesse su tre personaggi, Homer, Marge e Maggie, ed escludendone due, Bart e Lisa. Non si capirebbe bene dove ci troviamo, se non sapessimo che è il salotto di casa Simpson. L’interesse è centrato su tre persone e non più sull’ambiente. Questa inquadratura si chiama “campo medio”. La frase che avete scritto prima per Homer ha tutto un altro significato, vero? 3 Anche un semplice “C’è qualcosa che non va” cambia di importanza a seconda del tipo di inquadratura. Più la camera si avvicina ai personaggi e più le loro battute, i loro pensieri, le loro espressioni facciali aumentano di importanza. Questo è un “primo piano”. Qui c’è Homer e basta, solo con se stesso e con i suoi pensieri. Non sappiamo dov’è, se è seduto o in piedi, se ha vicino qualcuno. Che effetto vi fa ora la vostra frase? Provate a ripetere l’esercizio con un’altra frase, facendo anche il percorso inverso, dal “primo piano” fino al “campo lungo”. Immagini: Fox /www.animationmeat.com 2 I fotogrammi qui riprodotti sono tratti dal film “Quarto Potere”, di Orson Welles, considerato da molti come uno dei migliori film di tutti i tempi. Esso narra la vita di Kane (che è anche editore di quotidiani), un personaggio davvero affascinante. Welles utilizza con grande attenzione la macchina da presa, ben consapevole di come l’angolatura abbia un’importanza fondamentale nel linguaggio delle immagini. Questa è un’inquadratura frontale, la camera è alla stessa altezza dell’attore (lo stesso Orson Welles). UN PENSIERO PER HOMER 1 Dai Lumière ai videofonini la realtà sotto i nostri occhi 1 37 1969 1938 Leni Riefensthal filma l’Olimpiade di Berlino. Un film capolavoro che Il 25 dicembre i fratelli Lumière presen- immortala le gesta di Jesse Owens tano al Grand Café di Parigi “L’arrivo di fronte a un impietrito Adolf di un treno alla stazione della Ciotat”, Hitler. Nasce la propaganda filmata. della durata di un minuto. È la nascita I cinegiornali del cinematografo, ma è anche la nascita portano nelle della ripresa filmata di un avvenimento. sale le notizie in immagine. Col sonoro. MERCOLEDÌ 30 GENNAIO 2008 3 Se la macchina da presa è posta in un punto più basso, abbiamo una ripresa dal basso. Il personaggio, ripreso dal sotto in su, sembra più alto sia come statura sia come importanza. Il fotogramma qui a lato ne è un bell’esempio. Il protagonista ne risulta ingrandito. Nell’immagine che segue, invece, la macchina riprende Orson Welles da un punto posto più alto rispetto al suo viso, col risultato di rimpicciolirlo all’occhio dello spettatore. Per verificare l’importanza dell’angolatura, un esercizio che potete fare anche voi con il vostro cellulare o con una macchina da presa digitale è il seguente: scrivete una frase banale (esempio: «Sarà una bellissima serata») e fatela “recitare” a un vostro compagno, riprendendolo la prima volta frontalmente, poi dal basso, poi dall’alto. Noterete come l’impatto delle stesse parole cambia a seconda dell’angolatura. E pensate come l’effetto può essere maggiore se l’attore recita davvero (esempio, la frase precedente detta in tono minaccioso e ripresa dal basso potreste trovarla in qualsiasi film dell’orrore). IL TESTIMONE FRANCESCO FILIPPI «Quel dipinto parla, e quel disegno prende vita! È opera del demonio, o di Dio?» Pensate allo stupore e al timore che avrebbe un ragazzo del Rinasci mento, se potesse vedere la tv. Oggi ri prendere gli amici col telefonino sem bra ovvio, ma fino a cinque anni fa non lo era. Trent’anni fa c’erano le cine prese in Superotto per chi se ne poteva permettere una. Ai tempi di mia nonna, ci si metteva l’abito bello per farsi fotografare, evento che accadeva poche volte nella vita. Oggi abbiamo potenzialità straordinarie, ma non è un fatto banale. Fare una ripresa video è come catturare per sempre uno spic chio di vita; struggente come un fil mino di quando eravamo bambini, op pure lacerante come la ripresa di un di Le sincere bugie che amiamo tanto raccontarci sastro. Con un video possiamo inca strare un criminale, o scagionare un innocente, rendere eterno un gesto di vittoria, oppure un piccolo grande bacio. Il video è il testimone più forte della nostra vita, ma anche il più grande bugiardo. Non sono forse ama bili frottole i film di finzione? E i car toon? Sono chiaratamente finti. Per ché allora li adoriamo (da bambini e non solo)? Ci piace perdere tempo con le frottole? Certamente. Un film è una storiaintuttiisuoisignificati:èStoria testimonianza ma anche storia nar razione o bugia. Con un film possiamo raccontare cose finte, di fantasia e ve rità umane. Le storie parlano di noi, di Il Giornale in classe 2007/2008 è realizzato con Bolognese, nato nel 1975, Francesco Filippi è docente e regista di cinema e animazione. Laureato in Scienze dell’Educazione, ha studiato sceneggiatura, fotografia, regia, recitazione e produzione, sia in Italia che all’estero. Ha lavorato come story editor per la celeberrima serie tv Winx Club 2, realizzato corti e spot in 3D con la scuola Noetica e ha vinto due volte il concorso nazionale progetti a “Cartoons on the Bay”, il festival che si tiene ogni anno a Positano. Come giornalista ha pubblicato un centinaio di articoli sull’animazione e scritto il libro Vite Animate: i manga e gli anime come esperienza di vita (Edizioni King Comics). Ha tenuto percorsi didattici, lezioni e conferenze in numerose scuole, fiere e festival di settore. Attualmente lavora come sceneggiatore per diversi studi di animazione. Il sito del suo studio è www.studiomistral.com. quello che siamo e di quello che vor remmo essere. Pensate a Wile E. Coyote che, nel cacciare Bip Bip, fini sce sempre per precipitare nel baratro per poi rialzarsi. Perché ci piace e ci fa ridereognivolta?Perchéanchenoi ca diamo puntualmente nei “burroni” della vita. Ed è bello sapere che, per quante volte possiamo precipitare, sempre ci rialzeremo. Oppure pen siamo a Nuovo Cinema Paradiso: per ché è così esaltante e commovente? In fondoèunabugia(unfilm),cheparladi come alla gente piacciano le bugie (i film). E racconta di come i pezzi più belli di quelle bugie venissero tagliati perché ritenuti pericolosi. Ebbene, Con il patrocinio di proprio quelle bugie nelle bugie alla fine ci fanno irresistibilmente pian gere di gioia. Le bugie delle bugie di cono qualcosa di vero che ci tocca il cuore. In esse riconosciamo i segreti più belli della nostra vita. I film la con tengono, la raccontano e spesso la mi gliorano. Che filmiate i vostri amici o documentiatelavitadiuncamerierein Cina, avete davanti a voi un momento unico, irripetibile e prezioso. Se inqua drate un volto non è come se inqua drate un oggetto. Proprio perché do vete scegliere cosa filmare (sarà quella la vostra storia), guarderete e indaghe rete il vostro soggetto in un modo nuovo, speciale e più attento. Il film chefarete,parleràanchedivoiedelvo stro sguardo con cui guardate il mondo. E sarà comunque uno sguardo vero. e la collaborazione di la scuola L’INSEGNANTE Deve essere preparato. Ma più che l’iscrizione all’albo dei fotografi, più che uno sconfinato curriculum di studi, deve amare e praticare la fotografia, non essere un semplice teorico. E con un occhio all’etica del fotografare. È necessario che sia disponibile per gli allievi. Gli strumenti, anche se ingombranti, sono essenziali: fotocamere, obiettivi, una postazione pc per il fotoritocco con software aggiornati e un set di luci per le prove. luto comunicare. Ai primi semplici esercizi di qualche settimana fa, ne aggiungiamo altri tre: con questi vi in vitiamo a guardare in modo diverso una foto in bianco e nero, l’interno di unafotocamerael’inquadraturadiun soggetto qualsiasi. La fotografia è un mondo sconfinato e per chi vuole ap Fate un disegno a mano libera, scegliendo il soggetto che preferite. Potete disegnare il vostro compagno di banco, la vostra famiglia, il vostro animale domestico, oppure un paesaggio come abbiamo scelto noi in questa immagine. Tracciate solo i contorni, per adesso non colorate, e fate una fotocopia del vostro disegno. Adesso avete due disegni uguali. Uno coloratelo a piacere, usando tutti i colori che vi servono e che vi piacciono, magari facendovi aiutare dall’insegnante. Una volta colorato il primo, colorate anche il secondo usando però soltanto la vostra matita nera. Sempre con l’aiuto dell’insegnante, provate a rendere con zone più “nere” i colori più scuri, tenendovi invece leggeri con la mano per replicare in bianco e nero i colori più chiari. 3 I CONTATTI LA PRATICA Quelli più utili vanno forniti durante il corso. Dai siti internet alle agenzie specializzate, l’insegnante deve suggerire agli allievi come continuare ad approfondire. L’ideale è l’accesso a uno stage in uno studio professionale. Non se ne può fare a meno. La teoria è fondamentale, ma poter sperimentare quello che si è appreso, in uno studio o all’esterno, è importantissimo per sviluppare estro, manualità e occhio. Per crescere ancora. In una foto non c’è soltanto quello che appare a prima vista L’osservatore deve cercar di capire cosa voleva dire l’autore Le immagini a colori sono più belle e vivaci, non è così? Molti di voi le preferiscono di sicuro a quelle in bianco e nero, che a prima vista suggeriscono qualcosa di vecchio e triste. Eppure pensate che le prime fotografie furono in bianco e nero e i più bravi fotografi amano molto il bianco e nero. A noi oggi un’immagine in bianco e nero sembra la fotocopia di una colori, ma non è così. Vogliamo fare una prova? 2 Non devono essere troppi, comunque mai più di dieci. L’insegnante deve aver modo di seguirli personalmente e riuscire al contempo a coinvolgere gli altri. E ognuno deve avere la sua fotocamera, anche vecchia va bene. Impara a guardare I MILLE COLORI DEL BIANCO E NERO 1 GLI ALLIEVI Ora avete due disegni fatti a mano, uno a colori e uno in bianco e nero. Adesso fate una fotocopia in bianco e nero del disegno completato a colori. Confrontate la fotocopia che è uscita con il disegno che avete colorato a mano in bianco e nero. Che differenze notate? Poi pensate alla fatica che avete fatto per “colorare” in bianco e nero: pensate ancora che sia una semplice fotocopia di un’immagine a colori? profondire non bastano i piccoli truc chi dei nostri appuntamenti settima nali: gli esercizi rappresentano un in vito ad andare oltre e, magari, quella scintilla che farà accendere la pas sione per la fotografia in qualcuno tra voi. Il passo successivo, per i più grandi, potrebbe essere iscriversi a un corso pomeridiano di fotografia. Ce ne sono a bizzeffe, oggi: come distri carsitralemoltepossibilitàchetrove rete? Qui sopra abbiamo sintetizzato le cinque principali caratteristiche cheunbuoncorsodovrebbeavere.In nanzitutto, l’insegnante deve essere preparato, anche e soprattutto a li ANALOGICO O DIGITALE? Sono due termini che oggi sentiamo rimbalzare da ogni parte. “Analogico” e “digitale” stanno a indicare due differenti sistemi tecnici di immagazzinare, codificare o trasmettere le informazioni. Spesso sono definizioni che sentiamo applicate alla trasmissione televisiva, ma qui ci dobbiamo concentrare sulle macchine fotografiche. Anch’esse possono essere di una o dell’altra specie. Per proseguire nello studio della tecnica, impariamo a conoscerle dall’interno. 1 In fotografia, viene detta “analogica” la cara vecchia macchina a rullino, ovvero quella che necessita dell’inserimento manuale di una pellicola da impressionare. Fino a pochi anni fa, tutte le macchine fotografiche funzionavano così. È importantissimo non aprire la macchina a rullino aperto: le vostre foto andrebbero perdute. 2 3 2008 33 Viaggio nell’universo delle immagini I segreti della fotografia, seconda puntata vello pratico: è meglio se si tratta di un fotografo professionista, vi spiegherà anche l’etica del mestiere. In secondo luogo,videvonoesseremesseadispo sizione fotocamere funzionanti e strumentazione aggiornata, e non do vrebbe mancare un pc per imparare il fotoritocco e un set di luci per interni. SECONDARIE SUPERIORI SCUOLE PRIMARIE INTORNO A NOI c’è un mondo di immaginidascoprire,ognunaciporta un messaggio o una notizia. All’inizio del viaggio vi abbiamo detto di aprire gli occhi per scoprire questo mondo, in cui siamo immersi, ma di cui pochi conoscono segreti e linguaggio. Nelle ultime due settimane poi abbiamo mosso i primi passi nell’universo delle illustrazioni e del video. Oggi torniamo alla fotografia, dalla quale siamo partiti il 15 gennaio. Conoscere il funzionamento di tale tecnica può aiutarci a capire non soltanto i signifi cati più superficiali di una riprodu zione, ma anche a sapervi leggere il senso più profondo, quello che il foto grafo, con la sua conoscenza ci ha vo L’ATTREZZATURA SECONDARIE INFERIORI IL CORSO IDEALE APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO MERCOLEDÌ 6 FEBBRAIO LA REGOLA DEI TERZI Comporre una fotografia è un’abilità che si può affinare. A mano a mano che si fa pratica le nostre foto, anche quelle che narrano gli eventi della vita di tutti i giorni, saranno sempre più efficaci: fare molti tentativi è il segreto principale. Ma ci sono anche trucchi – o meglio, regole – che ci possono aiutare a realizzare un’immagine attraente ed evitarne una banale. Le regole non sono tutto, ma ci offrono consigli preziosi. Questa volta parliamo della cosiddetta “regola dei terzi”. 1 Le macchine analogiche sono ancora molto amate dai professionisti, che le considerano migliori qualitativamente. La maggior parte delle macchine usa e getta funziona ancora a rullino, tuttavia da alcuni anni il mercato è dominato dalle fotocamere digitali. Al posto della pellicola, l’immagine ripresa viene codificata in pixel e memorizzata su una cartuccia estraibile. 2 Se esteriormente sono simili a quelle analogiche, le macchine digitali hanno molte qualità in più. Su un apposito schermo si possono vedere subito gli scatti effettuati ed eventualmente eliminare subito quelli mal riusciti, mentre le funzioni sono gestibili da un menu come quello del computer. E potete scaricare le foto sul computer senza doverle sviluppare. E voi, che macchina avete in casa? 3 Tutti gli allievi dovranno avere una propria macchina per iniziare a speri mentare. La classe non dev’essere troppo numerosa, altrimenti sarà esi guo il tempo che l’insegnante potrà dedicarvi. La pratica è poi una parte vitale. Al termine del corso, dovranno esservi fornite indicazioni per prose guire: i testi (reperibili anche su inter net) sono utili, ma è più utile il con tattoconunostudioprofessionaleper un corso più avanzato o – sarebbe l’ideale – per uno stage. Insomma, partiti da un piccolo esperimento con il Giornale in Classe, potreste sco prire la vostra professione di domani. Mica male, no? Dipende da voi. n a cura di ALBERTO RIGONI La “regola dei terzi” è uno dei principali riferimenti compositivi per orientare la disposizione di un’immagine. Consiste nel dividere il mirino (o lo schermo a cristalli liquidi, nel caso di una fotocamera) in nove immaginari rettangoli (come si vede in questa immagine) e inserire l’oggetto principale in uno dei punti di intersezione (o in più punti se gli oggetti sono più di uno). Questo serve a rendere più interessante e dinamica la foto senza correre il rischio di porre l’oggetto al centro dell’inquadratura e avere così un’immagine scontata e “immobile”. Allo stesso modo è sempre meglio dividere le foto di paesaggi facendo sì che un elemento occupi un terzo dell’inquadratura e l’altro elemento i due terzi restanti. Attenzione, però: non bisogna neppure rischiare di prendere troppo alla lettera il gioco delle proporzioni applicandole in maniera matematica e troppo rigida: un pizzico di decentramento o di ispirazione al di fuori delle regole non guasta mai. Non rinunciate alla vostra fantasia e fate molti tentativi. L’INSEGNANTE I primi clic? Fateli con il pensiero PER APPREZZARE veramente la fotografia, bisogna innanzitutto cam biare mentalità. Proprio così. Perché la fotografia non è solo una tecnica o un’arte. È anche un modo di vivere, di guardarsi dentro, di sapere che cosa scegliere e che cosa chiedere alla mac china fotografica e, ancor più, a ciò che ci circonda nella vita di tutti i giorni.Questoconcettoèespressoan cora meglio da Michele Vacchiano, (www.michelevacchiano.com) foto grafo torinese con lunga esperienza nel campo della docenza e della con sulenza: «Come potete pretendere di fotografare se prima non imparate a osservare e soprattutto a godere di ciò che osservate? Non esistono mac chine professionali, la professionalità sta in chi le adopera». Un bravo foto grafo è chi sa che cosa chiedere alla propria fotocamera e, dunque, a se stesso. Certo, ci vuole oltre a ciò una solida conoscenza tecnica e specifica di regole e tecnologie. Bisogna pas sare ore sui libri, facendo pratica e magari frequentando corsi. Ma è al trettanto importante imparare a os servare ciò che ci circonda. Lasciamo dunque a casa la fotocamera e impa riamo a guardare, a stabilire un rap porto con ciò che si vuole fotografare. La prima regola è entrare in contatto con l’ambiente, con le persone, stabi lire empatia con il proprio soggetto. Altrimenti questo resterà sempre un Il Giornale in classe 2007/2008 è realizzato con qualcosadidistaccato,difreddo,diin definito. Il fotografo si appropria di ciòchevede,stabilisceuncontatto,un proprio modo di concepire quello che vuole fotografare; in altri termini si sforza ogni volta di trovare un proprio stile in quello che vuole fotografare. Illuminanti in questo senso sono an coraleparolediVacchiano:«Fotogra LA FRASE SIMONE PATRUCCO fare non significa riprodurre la realtà, ma interpretarla. Significa tradurre il mondo filtrandolo attraverso la pro pria esperienza, la propria capacità di elaborare i dati sensoriali, la propria fantasia. A volte fotografare significa saper prescindere dal soggetto per rappresentare un sogno. Non lo si può fare se si è smesso di sognare. E non lo Una grande fotografia è la piena espressione di ciò che l’autore sente del soggetto che sta fotografando nel senso più profondo; per questo è la vera espressione di ciò che il fotografo sente sulla vita nella propria complessità. Ansel Adams, fotografo (1902-1984) si può fare quando il proprio mondo interiore è inesorabilmente e insop portabilmente vuoto». Un esempio: possiamo limitarci a fotografare Tra falgar Square; o il volto di nostra cu gina;ounavallebellissima:otterremo sicuramente foto belle, le cosiddette cartoline. Chi chiede qualcosa alla fo tografia cercherà di andare oltre. Si chiederà che cosa c’è di interessante a Trafalgar Square? Perché è il simbolo diLondra?Oancora:perchévogliofo tografare mia cugina? Che cosa mi trasmette il suo viso? Come la ricordo io? Che cos’è che la valorizza così tanto? Un libro, un’espressione, un suo atteggiamento? E ancora: perché Con il patrocinio di mi ha colpito quel paesaggio in mon tagna? Quale elemento non può man care e attira l’attenzione al di là dello scenario da cartolina? Queste sono le domande ogni volta che vogliamo comporre e scattare una foto, per non renderla banale, per non cadere in quel senso di già visto, per trovare una nostra visione e un nostro stile. Que ste le domande per dare valore a ciò che fotografiamo, che ci colpisce. Non è facile, e forse il fascino profondo sta proprio nella ricerca continua di un senso, di un porsi domande sempre diverse, nel trovare risposte che ci rendano soddisfatti della ricerca, anche momentanea, dentro noi stessi. SIMONE PATRUCCO, docente di Lettere al liceo linguistico europeo Santa Marta di Chiavari, tiene corsi di tecnica fotografica. e la collaborazione di MERCOLEDÌ 13 FEBBRAIO 2008 la scuola ORAZIO DANTE VOLTAIRE DARIO FO L’autore dell’Iliade e dell’Odissea è forse il primo ad adottare la satira, nel poema Margite. Ma è Aristofane l’apprezzatissimo critico dei costumi politici dell’Antica Grecia. Nel III sec. a. C. nasce la vera satira latina: Ennio è considerato il precursore. Dal 35 a.C. pubblica le Satire, in cui mette alla berlina i vizi umani, rifacendosi allo stesso Ennio e a Marrone, ma elevando il linguaggio. Per Quintiliano la satira è “castigare ridendo mores”. Petronio scrive il Satyricon. Nella Commedia, specie nell’Inferno, feroci sono gli attacchi satirici ai suoi nemici politici, in particolare a papa Bonifacio VIII. Anche Boccaccio ne fa ampio uso nel Decameron, mescolandola ad altri più nobili registri. A inizio Cinquecento Ludovico Ariosto scrive le Satire, a metà Settecento Giuseppe Parini scrive Il Mattino. Ma anche all’estero non manca chi sferza i costumi: Voltaire in Francia usa la ragione per criticare i vizi del tempo. Premiato con il Nobel nel 1997, Mistero buffo è il suo capolavoro. Dagli spunti anticlericali alle mordenti accuse ai politici, contribuisce a spostare la satira dai libri al teatro e alla televisione. I fratelli Guzzanti, Beppe Grillo e Daniele Luttazzi sono storia di oggi. Sulla prima pagina del Secolo XIX di oggi, proprio quello che tenete in mano, c’è un disegno con una battuta. È una vignetta satirica del nostro Stefano Rolli. Ogni giorno, con la sua ironia e la sua capacità illustrativa, Rolli ci regala un sorriso: molto spesso è un sorriso amaro, quasi sempre è una riflessione sull’attualità, sulla politica, sul costume. Se risaliamo indietro nel tempo, scopriamo che i lontanissimi antenati della satira (in particolare di quella letteraria o comunque scritta) sono nomi celeberrimi che molti di voi avranno certamente sentito nominare: Omero, Orazio, Ariosto, Voltaire. Non ditelo a Rolli che è un lontano pronipote di questi maestri, altrimenti si monta SCUOLE PRIMARIE Viaggio nell’universo delle immagini Mini-corso sull’illustrazione nella carta stampata OMERO Una risata sugli scandali La vignetta, figlia della satira letteraria, fa riflettere sull’attualità E’ un’ancora di salvataggio e una valvola di sfogo per il lettore la testa, eppure questo albero genealogico di tutto rispetto ci fa capire come la satira sia stata (e sia) un importante genere letterario. In passato, le prime “vignette” vere e proprie possono risalire al Medio Evo, al potere dissacrante e simbolico di certe feste (come quella dell’Asino), per arrivare alle prime gazzette stampate e alla Rivoluzione Francese. Oggi, la satira è affidata GLI OCCHI (E LA BOCCA) SPECCHIO DELL’ANIMO Un elemento importantissimo per realizzare una buona vignetta è riuscire a catturare il carattere dei personaggi, cercando di spiegare in punta di matita il loro stato d’animo. Se ci riuscirete, i vostri personaggi “reciteranno” e renderanno più credibile la battuta che poi inventeremo, interpretando meglio il loro “ruolo”. Ma siete sicuri di sapere come si disegna un personaggio felice o un personaggio arrabbiato? Provate con questo semplice esercizio. 1 2 3 Disegnate qualche semplice “faccetta” come quelle qui a fianco. Basta un piccolo cerchio, gli occhi e la bocca. Provate, con pochi tratti, a dare loro una vita, come se volessero esprimere un sentimento. Come vedrete, basta pochissimo per animare un atteggiamento. Gli elementi più importanti sono gli occhi (che alcuni chiamano infatti lo “specchio dell’anima”) e la bocca. Adesso cercate di mescolare occhi, bocche e tratti diversi per trovare nuove espressioni, come nell’esempio qui a lato. Fate i vostri esperimenti e dite per ciascuna faccetta disegnata che sensazione vi trasmette. Ora viene il difficile. Scegliete due faccette diverse e mettetele una vicino a un’altra. Immaginate una battuta che i vostri due “personaggi” potrebbero scambiarsi e scrivetela sopra la faccetta che la pronuncia. Potete anche ideare la risposta dell’altra faccetta, ma non più di una battuta per personaggio. Fate attenzione: la battuta deve essere legata al disegno: in questo caso, se una delle due faccette è arrabbiata, una delle due battute deve fare riferimento a questa rabbia. in gran parte a personaggi come il nostro Stefano Rolli, che uniscono la battuta fulminea ad un disegno spesso caricaturale. La vignetta, se proprio vogliamo trovarle una parentela, è figlia sia della satira letteraria sia della rappresentazione illustrata dei fatti. Chi ha seguito il viaggio che il Giornale in Classe ha intrapreso in queste settimane, sa tutto dell’illustrazione. Ma forse non SECONDARIE INFERIORI LA SATIRA NEI SECOLI APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO tutti sanno che la vignetta fa parte a pieno diritto di quel settore, quella tipologia di immagini che riportano, accompagnano, commentano un fatto di cronaca. Pochissimi, poi, sapranno quali sono i segreti che bisogna conoscere per realizzare una buona vignetta. Nessuno infine immagina che l’ironia è veramente una dote innata, ma che un certo spirito satirico si può esercitare. La TUTTE LE RISORSE DI UN VOLTO CELEBRE Imparate a individuare gli elementi salienti di un personaggio famoso. Vi accorgerete come ognuno ha delle parti che lo contraddistinguono e che ogni figura può essere accentuata comicamente esaltandone alcune caratteristiche fondamentali. Nella vignetta non è necessario usare la caricatura, ma se lo fate, dovete cercare di sintetizzare nella maniera più veloce possibile il personaggio che dovete rappresentare. Partendo da un paio di volti conosciuti andiamo a scoprire come fare. 1 2 3 Procuratevi la foto di un personaggio famoso e provate a ridurne il volto in forme geometriche. Più un personaggio è conosciuto, meglio è per l’esercitazione. Ad esempio, prendiamo Silvio Berlusconi, qui a fianco. Osservando bene, la parte alta della testa può essere racchiusa in un cerchio, la parte medio-bassa del volto in un quadrato e il naso un cerchietto. Isolate questi elementi e lavorateci sopra con la vostra fantasia, senza stravolgerli. Riducete le spigolosità e accentuate le parti che sono più caratteristiche del personaggio: in questo caso la pettinatura e il naso. Aggiungete gli occhi e un’espressione caratteristica o che vi è utile per la battuta. Fate lo stesso con un altro personaggio proveniente dallo stesso mondo del primo (in questo caso, un altro politico) e provate a pensare a una battuta. Provate poi a fare la stessa cosa con gli amici e le persone che conoscete Il volto del personaggio è fondamentale. Per rendervene conto potete partire sempre dalla foto di un personaggio celebre (questo è Claudio Bisio). Tagliatela in tre parti (fronte-occhi, naso, bocca) e incollate i pezzi su un foglio di carta lasciando dello spazio tra loro. Unite le parti con un pennarello o un matita colorata del colore adatto alla parte (ad esempio il rosa-marroncino per la pelle). Guardate cosa può uscirne fuori e confrontatevi in classe. Ricordate: se volete far riconoscere la persona non intervenite nella parte degli occhi, o modificatela poco. satira, infatti, non è esclusiva dei vecchi geni letterari, o di premi Nobel come il grande Dario Fo o dei più acuti comici della televisione di oggi, come ad esempio Daniele Luttazzi. La satira è un patrimonio di tutti noi, che ci aiuta a sorridere anche di un grosso scandalo o di un radicato malcostume dei politici: è un’ancora di salvataggio, una valvola di sfogo che sta a meraviglia sulle prime SECONDARIE SUPERIORI 36 pagine dei maggiori quotidiani italiani (perché non c’è mica solo Rolli, sapete?). Come ogni settimana, anche oggi vi proponiamo tre esercizi, differenti a seconda della vostra età, ma accessibili comunque a tutti, in classe con l’aiuto dell’insegnante o anche a casa da soli. Non garantiamo che diventerete vignettisti da prima pagina, ma siamo sicuri che scoprirete un mezzo nuovo per riferire una notizia. In basso, lo stesso eroe della giornata ci scrive una storia semiseria della vignetta: a voi giudicare se è più divertente con la matita o con la penna. A CURA DI ALBERTO RIGONI (hanno collaborato agli esercizi Stefano Rolli e Patrizia Canepa, docente del liceo artistico Klee-Barabino di Genova) DALLA NOTIZIA ALLA BATTUTA Che cos’è, in fondo, una vignetta? Il sunto satirico di una notizia. In teoria, quasi ogni notizia può essere oggetto di satira. Il testo, o la minisceneggiatura se si preferisce, è fondamentale. Approfondire la notizia, anche leggendone le interpretazioni proposte da diversi organi di informazione, è senz’altro utile, ma non bisogna dimenticare che la battuta satirica che ne scaturirà dovrà essere il più sintetica possibile, per aumentarne efficacia e rapidità di lettura, né dovrà essere troppo “didascalica”, ovvero troppo aderente alla realtà. Non dimenticate l’importanza del surreale. 1 2 ] b b S ` ] BSa \b] S S [ W Z U ] AQW S1O[S` RSZZ W] ` O b W ` ] W ;OUU 3 Scegliete un articolo di giornale, leggetelo cercando di ricordare il senso generale della notizia. Rileggetelo, questa volta sottolineando quelle che vi sembrano essere le parole chiave della notizia e anche quelle terminologie specifiche che possono offrirvi qualche spunto per giochi di parole o associazioni di idee (ad esempio, “tesoretto”, “scioglimento delle camere”, “maggioritario”) Scrivete le parole che avete sottolineato su un foglio bianco. Consideratele una per una e accostandole tra loro e provate a individuare le associazioni di idee che si vengono a formare nella vostra mente. Mettete tutta la vostra cultura generale a disposizione di questi accostamenti. Vi accorgerete che ne nascono correlazioni nuove. Tra queste, isolate quelle che vi permettono di trarne uno spunto umoristico. Provate, magari dando prima un’occhiata agli altri esercizi proposti in questa pagina, ad inventare la vostra vignetta. Non curatevi troppo della resa stilistica del disegno, ma dell’efficacia del legame tra immagine e battuta. E ricordate: la “verve” umoristica può essere tenuta in esercizio, ma è in gran parte frutto di un’inclinazione naturale. L’ironia non si può apprendere. Siate irriverenti, non siate offensivi. L’AUTORE QUAL È il ruolo del vignettista oggi? Più precisamente: chi è il vignettista? Da dove viene? Dove va? E soprattutto, perché dovrebbe importarcene? Per rispondere a queste domande siamo ricorsi alle più avanzate ipotesi scientifiche e storiche. Secondo il biologo inglese Jonathan Bagsmaker, i vignettisti si sarebbero sviluppati contemporaneamente ai lamellibranchi, durante il Paleozoico. La loro semplice struttura molecolare ne spiegherebbe la tenace sopravvivenza durante le successive ere. Alcuni fossili di vignettisti scoperti in una discarica di Torre del Greco hanno fornito dettagli più precisi: si è visto che i vignettisti del Paleozoico Chi è il vignettista? Un parassita delle redazioni erano bivalvi e popolavano i fondali sabbiosi. L’antropologo australiano Philip Platipus si spinge più in là e attribuisce ai vignettisti straordinarie capacità di mutazione: questo avrebbe permesso loro di spacciarsi per esseri umani, intrufolandosi nelle caverne degli uomini sapiens all’ora di cena dicendo cose senza senso, tipo “avete visto il gol di Ibrahimovic?”. Recenti scavi in Egitto, hanno portato alla luce una ventina di mummie di vignettisti in perfetto stato di conservazione. Alcuni Stefano Rolli è nato nel 1966. Dopo tormentati studi classici si iscrive a Scienze politiche, ma si arrende al primo esame. Frequenta la “Scuola chiavarese del fumetto”, quindi è preso a bottega da Luciano Bottaro e Giorgio Rebuffi, maestri del fumetto comico italiano. Con Bottaro contribuisce alla realizzazione di alcune storie per la Disney Italia. Dal 1990 collabora con il Secolo XIX con articoli, grafici e vignette. Dal luglio del 2002 le sue vignette satiriche sono in prima pagina. Iscritto all’Ordine dei giornalisti della Liguria, vive e lavora a Chiavari. stringevano ancora in mano matita e foglio, tutti presentavano i segni di una ferita al capo, inferta con una mazza. Nell’antica Roma i vignettisti venivano dati in pasto alle belve feroci tra l’ilarità della folla, mentre sotto il regno di Carlo Martello erano protagonisti di simpatiche feste durante le quali i villici li cospargevano di catrame e piume, per poi annegarli nello stagno più vicino. Oggi il vignettista ha sviluppato comportamenti parassitari: si incrosta nelle redazioni e aderisce con le zampette adesive a scrivanie e scaffalature, dalle quali è possibile staccarlo con l’aiuto di un potente solvente. Si nutre di carta, contendendola ai pesciolini d’argento (Lepisma saccharina). Non è nocumentoso, ma può avvenire che un redattore lo calpesti inavvertitamente. Il vignettista emette un ripugnante gorgoglio e comincia a lamentarsi del clima di intolleranza che serpeggia nel mondo dell’informazione. Gli esperti ritengono che l’atteggiamento migliore, qualora ci si imbatta in un vignettista, sia l’indifferenza: l’ideale è fischiettare e guardare altrove. Si sconsiglia l’uso di insetticidi: il vignettista è un antagonista naturale dei pappataci. STEFANO ROLLI 40 MERCOLEDÌ 5 MARZO 2008 la scuola 1952 1975 1992 2003 L’URI si trasforma in EIAR, nasce l’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche. Il quotidiano non è più l’unica fonte delle notizie. I fatti iniziano ad essere trasmesse via etere. È il mezzo di propaganda preferito dal regime fascista. La sera del 10 settembre viene trasmesso il primo telegiornale italiano. Il primo direttore è Vittorio Veltroni. Ma gli esperimenti per una vera e propria trasmissione delle immagini erano già iniziati nel 1929. Nel 1961 nasce il Secondo Canale, ma il vero TG2 nasce solo nel 1975. Nell’emittenza pubblica, a fianco dei Giornali Radio, fioriranno poi il TG3 e il TG Regione. I conduttori diventano star. Alle 20 del 13 gennaio va in onda la prima edizione del TG5, condotta dal direttore, Enrico Mentana. È il notiziario della più importante rete commerciale, ma il primo tg privato era stato “Contatto” di Maurizio Costanzo nel 1980, per la tv della Rizzoli. Dopo anni di successi dell’americana CNN, nasce SkyTG24, la rete satellitare italiana che trasmette solo notizie. Le edizioni del telegiornale (diretto da Emilio Carelli) sono 39, una ogni mezz’ora. L’immagine in movimento Oggi il video ha una indubbia efficacia, forse maggiore di testo e foto Eppure i servizi dei tg sono notizie con accompagnamento visivo telegiornale è da molti preferito al radiogiornale perché più comprensibile. E infatti, il video è impareggiabilmente più efficace in certi casi (l’intervista a un personaggio famoso, la ripresa vera e propria di un fatto, il reportage sulle conseguenze di una catastrofe naturale e così via), quando pochi secondi di GLI OGGETTI SI MUOVONO DA SOLI Qualche settimana fa abbiamo imparato il meccanismo che si nasconde dietro al disegno animato. Ma “animazione” non è soltanto scorrere velocemente una serie di disegni (ovvero il cosiddetto “disegno animato”). Si può fare un piccolissimo film d’animazione anche muovendo un oggetto di tutti i giorni, come dimostra questo semplice esercizio. Vi servirà una macchina fotografica digitale e l’aiuto dell’insegnante. Siete pronti? 1 Proviamo a dar vita agli oggetti più semplici. Ad esempio prendiamo una sedia. Per questo esercizio sono necessari l’aiuto dell’insegnante e una macchina fotografica digitale con uno schermo per poter rivedere immediatamente le immagini scattate. Ma non spaventatevi: il gioco è piuttosto semplice e vi aiuterà a capire uno dei meccanismi fondamentali dell’animazione. 2 Chiedete all’insegnante di posizionare la macchina fotografica su un cavalletto, mentre voi mettete la sedia davanti alla macchina, in modo che l’insegnante la possa inquadrare nell’obiettivo. È importante che la macchina sia ben ferma. Una volta che la sedia (abbiamo usato la sedia, ma qualsiasi altro oggetto va bene: un libro, un tavolo, un pallone) è inquadrata, andate a scattare la foto. 3 Una volta fatto clic, tornate dalla sedia e spostatela in avanti di pochi centimetri. L’insegnante dovrà aver cura che, senza spostare la macchina fotografia, la sedia sia ancora inquadrata, anche se in una posizione diversa. Ancora una volta, andare a scattare la foto. Poi tornate e spostate la sedia in avanti di un’altra manciata di centimetri. Ripetete l’operazione finche la sedia rimane nel mirino della macchina. 4 Facendovi aiutare dall’insegnante, andate sullo schermo alla prima foto scattata. Ora più velocemente possibile scorrete le immagini successive. Se l’esperimento è andato a buon fine, dovreste vedere la sedia che sembra muoversi per conto suo. È un modo rudimentale per creare un film d’animazione “a passo uno”: ad ogni fotogramma corrisponde uno spostamento dell’oggetto. Ed è quello che ha fatto anche il maestro dell’animazione Norman McLaren in “Chairy Tale”, dove una sedia, passo dopo passo, compie le più impensabili acrobazie. filmato spiegano meglio di mille parole. Eppure, se ci fate caso, molti dei servizi che compaiono in un tg altro non sono che notizie con un accompagnamento visivo: in pratica, il testo cambierebbe di poco se fosse scritto su un quotidiano o letto in un giornale radio. Il telegiornale, come spieghiamo nella grafica qua sopra, è pur sempre l’evoluzione del radiogiornale, il quale ancora oggi, lungi dall’esser finito nel dimenticatoio, gode di ottima salute sulle nostre stazioni radiofoniche. Conoscere i segreti dell’immagine in movimento ci potrebbe aiutare a comprendere meglio se un telegiornale è stato realizzato bene, se i PERCHE’ LE GAG FANNO RIDERE? «Ci sono un inglese, un francese e un italiano…»: questo è l’inizio di moltissime barzellette. Ma vi siete mai chiesti perché quei personaggi sono sempre in tre e non in quattro o cinque? Perché c’è una regola d’oro della risata, il cosiddetto “tempo comico”, che garantisce il risultato finale. Anche molte gag cinematografiche funzionano così, lo sapevate? Andiamo a scoprirne il meccanismo. 1 Ogni gag che si rispetti, come abbiamo detto, necessita di tre momenti, che corrispondono all’Inglese, al Francese e all’Italiano delle barzellette. Il primo tempo introduce il problema (l’Inglese che non riesce a fare una certa cosa), il secondo tempo conferma il problema (ci prova il Francese ma fallisce anche lui) e un terzo tempo in cui la situazione è comicamente ribaltata in modo inatteso (l’Italiano che se la cava furbescamente). 2 Nel cinema, molti film comici si basano su questo principio: un personaggio magari sta elogiando le gambe di un altro personaggio non inquadrato, prosegue nei suoi elogi in crescendo, finché la macchina da presa non lascia vedere che in realtà si stava rivolgendo al poster del suo calciatore preferito! In queste immagini, riportiamo una sequenza del film comico “Top Secret!”, in cui il protagonista (Val Kilmer) deve infiltrarsi in un campo nazista. 3 4 La tensione è creata ad arte, il personaggio si inoltra strisciando in territorio nemico facendo attenzione a non essere scoperto. Avanza passando sotto il filo spinato con gran cautela ma, improvvisamente, si trova davanti ad un paio di minacciosi stivaletti da soldato. Cosa ci suggerisce questa immagine? Che il nostro eroe è in trappola. E invece, l’inquadratura si allarga e ci mostra l’impensabile: dentro gli stivaletti non c’è nessun soldato. Provate voi adesso a immaginare una situazione in tre tempi (introduzione, conferma, ribaltamento), prendendo spunto dall’esempio del poster o da “Top Secret!”. Che ne dite di partire cercando, col vostro telefonino, di filmare una barzelletta? Partendo magari da “Ci sono un Inglese, un Francese e un Italiano…” filmati che ci ha proposto sono davvero indispensabili oppure se, per conoscere quelle notizie, ci sarebbe potuto bastare la lettura di un quotidiano come il Secolo XIX o l’ascolto di un notiziario radiofonico come quelli di Radio 19. Perciò, in questa nuova tappa di “Aprite gli occhi, scoprite il mondo”, il viaggio SECONDARIE SUPERIORI Anche un filmato, un’illustrazione, una fotografia possono essere nostre “penne”. La notizia, come abbiamo visto le settimane precedenti, si può “scrivere” in tanti modi, non solo prendendo appunti su un taccuino o componendo un articolo alla tastiera del computer. Dopo essere andati e aver visto possiamo scegliere con quale strumento “riferire”, ovvero “riportare” il fatto. L’immagine filmata ha oggi un’indubbia efficacia, forse maggiore di foto e disegni o delle semplici parole scritte, complice il fatto che intorno a noi è abbondantissima l’offerta di immagini in movimento. Così, un SCUOLE PRIMARIE Viaggio nell’universo delle immagini Corso di video, seconda puntata 1927 SECONDARIE INFERIORI LA STORIA DEI TG APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO nell’universo delle immagini intrapreso qualche settimana fa, proseguiamo nei meccanismi su cui si basa il linguaggio del video: qui sotto il Giornale in Classe vi dà altri spunti di riflessione, con esercizi semplici realizzabili con l’aiuto dell’insegnante. Sapersi districare nella giungla delle immagini in movimento è oggi vitale, specie su Internet, che sta diventando il principale magazzino di filmati. In basso, Fabrizio Casalino ci racconta come l’avvento di YouTube ha cambiato la sua indole di metallaro. Alberto Rigoni (ha collaborato agli esercizi Francesco Filippi. Si ringrazia Gianluca Aicardi) «LUCE, MAESTRO!» In una ripresa filmata, uno degli aspetti più importanti è l’illuminazione. Essa può essere naturale (con la luce offerta dal sole in quel momento) oppure artificiale (con l’utilizzo di fonti diverse, come lampade o riflettori). È fondamentale sapere che vari tipi di luce e differenti colorazioni trasmettono sensazioni diverse a chi guarda. I grandi direttori della fotografia nel cinema conoscono tutti questi segreti e il loro lavoro può contribuire alla riuscita (o all’insuccesso) di un film. Intanto, apprendiamo le basi. 1 La luce può essere in primo luogo “diretta”. Il fascio luminoso esce dalla lampada e colpisce direttamente il soggetto inquadrato, sia esso un personaggio intervistato o un attrice famosa. Le ombre sono molto nette. Questa illuminazione contribuisce a drammatizzare la situazione e aggiungere tensione. È infatti la tipica illuminazione dei film più crudi, come ad esempio “Alien”. 2 Il contrario della diretta è la luce “soffusa”. Essa arriva di rimbalzo sul soggetto, ovvero dopo esser stata puntata su una parete o su uno schermo. Le ombre sono meno nitide, quasi inesistenti. È molto utilizzata per illuminare gli interni, specie nelle scene di gruppo in cui più attori devono essere visibili, come nelle scene di ballo di “Shakespeare in love”. 3 Se analizziamo il colore della luce, scopriamo che anch’esso ha il suo significato. Mettendo un vetro colorato (“gelatina”) davanti al riflettore cambia la tinta e cambia anche il significato, sia se si sta riprendendo in esterno o in interno. I toni caldi, come ad esempio quelli delle più famose scene di “Titanic”, suggeriscono l’idea di “amore” e “romanticismo”. 4 Invece, colori lividi come l’azzurrino o il bianco possono dare l’idea di “freddezza” sia atmosferica sia sentimentale. Una scena notturna o un paesaggio invernale, meglio se innevato (come in questa immagine tratta da “L’attimo fuggente”), possono suggerire disagio, distacco, scarso coinvolgimento emotivo o magari dolore silenzioso. l’autore Amo i computer. Li amo perché li trovo zelanti ed affidabili, perché so che – nei loro limiti – faranno tutto ciò che possono per assecondare la mia volontà. Differentemente dalle persone, essi non mi deludono né mi feriscono. Amo i computer come certe donne amano i cani: non per un sincero amore verso i cani, ma per risentimento verso gli uomini. A dodici anni avevo lo Spectrum, un computer scarafaggio che molti adolescenti degli anni ’80 ricordano. Per mio padre ero il depositario di un sapere a lui inaccessibile. Questa immagine del figlio che dispone a vent’anni di un sapere precluso a suo padre rappresenta per me la “modernità”: una conoscenza che la generazione precedente rifiuta. Posso dire con orgoglio che il passaggio dalle radio a transistor con custodia in pelle al world wide web Perché amo il computer e gli Iron Maiden è avvenuto interamente sotto i miei occhi. Ora, a 37 anni, il vecchietto sono io. Il mio cellulare sta diventando troppo complesso, e gli attuali dodicenni mi scandalizzano. Provo una atroce malinconia quando vedo che per loro tutto questo è scontato. So che è naturale. Anch’io da piccolo davo per scontato che in casa ci fosse l’acqua corrente. Ma lasciatemelo dire: ogni volta che cliccano e trovano la risposta alla loro domanda io ci patisco. Soffermatevi un attimo a contemplare la smarginata libertà di cui vi è fatto dono! Prendiamo ad esempio YouTube. Chiunque al mondo può mettere in rete filmati di qua- Fabrizio Casalino (www.fabriziocasalino.it) è nato a Genova nel 1970. Miglior artista esordiente Premio Tenco nel 1994, e secondo classificato al “Disco per l’estate” nel 1997 con “Come un angelo”, ha suonato in Argentina, Uruguay, Venezuela e negli Stati Uniti. Ha scoperto la sua vena comica in tour coi Cavalli Marci. Ha creato il personaggio di “Giginho”, il malinconico cantautore brasiliano approdato in tv anche a “Bulldozer” (Rai Due) e a “Colorado Café” (Italia 1), di cui è oggi il veterano. Assieme agli amici Ceccon e Balbontin ha tenuto esilaranti “corsi di savonese”. Ama molto la torta di riso. lunque genere. Questa constatazione merita un posto nella Dichiarazione dei Diritti Umani. Vi piace un artista? Digitate il suo nome e troverete i suoi video, i video dei suoi fans, i video di musicisti che spiegano come suonare quella canzone che vi piace. Quando avevo sedici anni andavamo pazzi per gli Iron Maiden. Avevamo solo le copertine dei dischi (di vinile). I videoclip non esistevano, e se esistevano non arrivavano sino a noi. Un giorno un amico tornò da Londra con una videocassetta. Ci riunimmo e guardammo quel concerto come fosse una apparizione divina. Ricordo ancora la gioia di vedere finalmente gli Iron Maiden: cinque capelloni metallari d’oltremanica. Ma noi li amavamo. Anche grazie a quella distanza. Per questo come ogni vecchietto levo il mio indice e vi ammonisco. Ciò che avete davanti è un mare di possibilità. E nei mari ci si perde. E per quanto mi sforzi di essere lucido e moderno, devo ammettere che forse la distanza dalla musica che amavo mi ha stimolato a suonare la chitarra. Così ho imparato a suonare: anche grazie a ciò che mi veniva negato. Se una cosa è raggiungibile con facilità, può diventare meno intrigante e preziosa, e la vostra libertà può diventare pigrizia. Non lasciate che questo accada. Io intanto ringrazio il progresso: digitando “iron maiden” su YouTube appaiono 50000 filmati. Metallari si nasce! Fabrizio Casalino 36 la scuola MERCOLEDÌ 19 MARZO 2008 APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO Un buon reporter, prima di partire, deve documentarsi ovunque su usi, costumi, tradizioni e cultura del luogo di destinazione. È l’unico modo per ritrarre i problemi e le condizioni sociali di quel posto. Esercizi, consigli e trucchi utili suggeriti dal “National Geographic” per capire cosa c’è dietro le quinte di un servizio fotografico corso avrete forse imparato quanta fatica, quanto lavoro e quanta sensibilità si nascondono dietro alle foto più riuscite, quelle che spiccano dalla massa delle immagini di tutti i giorni e colpiscono la nostra attenzione. Siamo partiti dal tentativo di capire come la luce può “scrivere” su una superficie, poi abbiamo costruito la nostra camera oscura, abbiamo Per imparare ad usare meglio una macchina fotografica è necessario saper guardare. Lo abbiamo detto fin dalla prima puntata di questo nostro mini-corso: riuscire a vedere con attenzione quello che ci circonda è il primo passo di chi vuol diventare reporter. Questa regola vale ancora di più per chi tra di voi vuole capire come con una fotocamera anche semplice si può “riportare” un fatto o una sensazione. Questa volta andiamo alla scoperta della geometria che si nasconde attorno a noi. La natura ci aiuterà. 2 3 Deve esser discreto e gentile: non deve puntare subito l’obiettivo subito verso le persone, ma approcciarle parlando normalmente di qualsiasi argomento. Solo una volta stabilito un rapporto di tranquillità, può chiedere di scattare. Se le circostanze sono pericolose, però, meglio scattare di nascosto. Non deve vestire o comportarsi in modo troppo diverso dalla popolazione locale. Il buon reporter non deve dare nell’occhio, bensì confondersi il più possibile tra la folla, per poter aspettare indisturbato il momento propizio o l’occasione importante. Come diventare fotoreporter UN AIUTO DALLA NATURA 1 Deve portare con sé materiale più che sufficiente. Sono fondamentali le scorte di schede di memoria o rullini, ricambi di obiettivi, flash e pile, e una fotocamera di riserva. Non bisogna scordare di procurarsi guide, mappe, quaderni e penne per prendere appunti, un buon dizionario. anche appreso come tenere una macchina fotografica e conosciuto la fatidica “regola dei terzi”. In questo percorso, che è stato anche un percorso attraverso la storia della fotografia, oggi aggiungiamo una manciata di preziosi consigli: sono quelli che il “National Geographic”, la più prestigiosa rivista del mondo (celebre proprio per i reportage SECONDARIE INFERIORI SCUOLE PRIMARIE Andare a vedere di persona, scattare un’immagine e riferire al lettore sono le azioni richieste al fotoreporter. Maestri come Robert Capa hanno saputo trasformare in arte queste apparentemente semplici azioni. Grazie ai grandi, la fotografia ha raccontato e racconta ancora oggi quello che succede nel mondo, con un tocco che nessun altra arte ha, una magia che le è propria, una capacità di restare negli occhi di chi guarda ben più a lungo di un banale sguardo. Durante queste settimane, il Giornale in classe vi ha proposto esercizi, consigli e trucchi utili per capire meglio cosa sta dietro le quinte di una fotografia. Col nostro mini- Una volta sul posto, deve visionare cartoline e depliant per non creare immagini già esistenti e soprattutto per conoscere bene zone e dettagli di un luogo: lo potrà visitare con più sicurezza e non trascurerà gli angoli più importanti. COSI’ VICINO, COSI’ LONTANO Quante volte, magari scattando col vostro cellulare una foto ad un compagno di classe, vi sarete imbattuti nel problema della distanza. Se l’obiettivo è troppo vicino, l’amico o l’amica non riesce ad entrare nell’inquadratura, se è troppo lontano non si vedranno bene il viso o i dettagli. È una questione di scelta. Ad ogni distanza corrisponde un significato e, quando riprendete una persona, ogni tipo di inquadratura ha un nome proprio. E si tratta di nomi che avete già sentito sicuro. Nell’ambiente in cui viviamo ogni giorno ci sono nascoste linee, forme e sagome. Noi non le vediamo, o meglio: non le vediamo più. Ci siamo ormai abituati ai rettangoli delle finestre sui palazzi o alle curve della strada che facciamo quando andiamo a scuola. Fermiamoci per un istante a guardare ad esempio le linee di una ringhiera o di un sentiero montano. Quante forme si nascondono? 1 2 Con un po’ di attenzione e di curiosità, ne troverete tantissime, anche in luoghi che già conoscete. Ad esempio, in un bosco i tronchi che avete di fronte sembrano le solite linee verticali, ma provate a guardare questi stessi alberi da un altro punto di vista. Alzate gli occhi al cielo e osservate: le linee verticali si sono trasformate in diagonali. Anche archi e colonne possono a volte “incorniciare” naturalmente quel che si vede dietro. Direte: che cosa ce ne facciamo di queste linee, una volta che le abbiamo trovate? Beh, queste vi saranno di enorme aiuto quando scatterete la vostra prossima fotografia. In una foto una linea o una cornice danno più armonia ed eleganza all’immagine. È un vecchio trucco dei fotografi. Provate! 4 Immagini tratte da: www.simonepatrucco.it fotografici), dà ai propri fotoreporter quando girano il mondo per realizzare un servizio. Sono regole di buona fotografia, ma prima di tutto sono regole di buon senso e di buona educazione, a conferma che per essere bravi fotografi bisogna anche sapersi confrontare con correttezza con gli altri. Il nostro mini-corso ha voluto essere una parte integrante 3 della vostra formazione, che si fa principalmente sui banchi di scuola, ma passa attraverso ogni attività extrascolastica che intraprendete. Imparare è sempre un momento di crescita, anche imparare a scattare una bella fotografia. È quanto testimonia anche l’intervento in fondo alla pagina, il racconto di un professore di italiano che nel proprio liceo SECONDARIE SUPERIORI IL BUON REPORTER SECONDO IL “NATIONAL GEOGRAPHIC” Viaggio nell’universo delle immagini Corso di fotografia A cura di Alberto Rigoni (ha collaborato agli esercizi Simone Patrucco) IL SOGGETTO CHE NON C’E’ Abbiamo visto in queste settimane come sia importante conoscere le regole e i trucchi che utilizzano i grandi fotografi. In particolare, è importante sapere come posizionare quello che vogliamo riprendere. Saper disporre il soggetto nell’inquadratura è una delle capacità che possono far la differenza tra una fotografia banale e una fotografia riuscita. Ma attenzione: lo spazio attorno al soggetto è altrettanto fondamentale, anche se non contiene nulla. Vediamo perché. 1 Il linguaggio di tutti i giorni, anche quello di giornali e televisione, ha adottato termini come “mezzo busto”, “primo piano”, “dettaglio”, adottandoli nelle situazioni più disparate. Qui vi presentiamo i principali. Questa immagine, ad esempio, è una “figura intera”: il soggetto entra infatti per intero nell’inquadratura, si vedono sia la testa sia i piedi e rimane ancora un po’ di spazio sopra e sotto. 2 In una foto, può essere un errore “grammaticale” tagliare i piedi di una figura intera. Le giunture (gomiti, ginocchia) vanno sempre incluse o escluse, mai tagliate esattamente a metà. Eppure ci sono anche inquadrature più ravvicinate, che si focalizzano su una parte precisa del corpo. Questo è ad esempio un “primo piano”, in cui la persona è ripresa a “mezzo busto”, dalla vita in su. Quando abbiamo parlato della “regola dei terzi” abbiamo imparato a non disporre il soggetto al centro dell’immagine: troppo banale. Se estremizziamo questo concetto, si possono ottenere immagini ancor più significative. Ad esempio, in un ritratto in primo piano, se dispongo il viso su un bordo e lascio molto spazio allo sfondo, il viso – in tutto quel vuoto – risalterà ancor di più. È il meccanismo dello “spazio in negativo”: il soggetto non occupa la maggior parte dello spazio, ma solo una porzione minore. Il resto è occupato dal vuoto o dallo sfondo. L’occhio che affronta questo tipo di immagine andrà subito alla ricerca del vero soggetto: il bravo fotografo è riuscito a far muovere gli occhi dello spettatore anche con un soggetto apparentemente banale, come ad esempio un albero. 3 Più l’obiettivo si avvicina al soggetto, più si concentra sui particolari. Così il primo piano diventa “primissimo” quando è ripreso solo il volto. Questo invece è un “dettaglio” del viso: gli occhi sono uno dei dettagli più fotografati e a volte, se la foto è riuscita, un dettaglio può rivelare molto di più di una figura intera. Uno sguardo trasognato ad esempio, può indicare che nonostante l’obiettivo sia così vicino, il soggetto invece è lontanissimo col pensiero… 4 Immagini tratte da: www.simonepatrucco.it ha indossato i panni dell’insegnante di fotografia e ha organizzato una serie di lezioni di tecnica fotografica. Ne è nata una bella mostra (di cui proponiamo qualche immagine in basso) e probabilmente uno sguardo degli alunni verso il loro “prof” e viceversa. Qui sotto, come di consueto, proponiamo anche questa settimana esercizi e consigli, divisi per difficoltà e fasce d’età, che potranno aiutarvi ad aprire gli occhi e scoprire che il mondo in cui vivete può essere visto da angolature sempre nuove. La scoperte sono come gli esami: non finiscono mai. Dopo un po’ di esperimenti per conto vostro (sono la base dell’apprendimento), imparerete anche ad avere dimestichezza con la luce. Ad esempio, un soggetto si può “nascondere” anche fotografando in controluce. Di quello che volevamo riprendere restano solo i contorni e lo spettatore si focalizza sia sulla fonte di luce sia sulle sagome scure: l’effetto è notevole. Immagini tratte da: www.simonepatrucco.it il docente I m e z z i m u lt i m e d i a l i sono da tempo parte dell’immaginario e dell’uso dei giovani studenti ma sono spesso più un passatempo o un’attività alternativa al di fuori dell’impegno scolastico. Durante quest’anno scolastico, all’Istituto Santa Marta di Chiavari, ho invece avuto la possibilità di tenere un corso di Teoria e Tecnica della Fotografia. Vi hanno preso parte alcuni a l u n n i d e l L i c e o L i n g u i st i c o Europeo e la novità, come metodo educativo al di fuori dei consueti schemi e discipline, ha suscitato interesse anche nella relativa scuola Media Inferiore ed Elementare. Il corso di Teoria e Tecnica della Fotografia In una società ormai satura di immagini in cui tutti vogliono esprimere di tutto e in breve tempo, era importante abituare gli studenti a ragionare sul messaggio che si vuole affidare al mezzo fotografico e insegnare loro a non banalizzare un’arte oggi alla portata di tutti, partendo dalle regole di base fino ad aiutarli a sviluppare un proprio gusto e un proprio senso artistico. L’obiettivo principale delle lezioni era insegnare agli studenti Ecco alcune delle realizzazioni di fine corso prodotte dai partecipanti del Liceo Linguistico Europeo S. Marta di Chiavari: Giada Crino, Deborah De Filippi, Marco De Luca, Irene Delle Pere, Daria Pranzetti, Michela Garibaldi, Romina Mazzino, Mara Meloni, Marta Olezza, Angela Denise Peri. Tutte le loro opere sono visibili all’interno dell’Istituto scolastico e sul sito www.simonepatrucco.it/varie. ad osservare oggetti e particolari che ci circondano nella vita di tutti i giorni, recuperare il senso di appartenenza alla natura e alla società di oggi, capire quanto un piccolo dettaglio migliori una fotografia e come ciò sia vero anche per la nostra vita. Per la parte teorica, ho messo a d i s p o s i z i o n e i m i e i st u d i e esperienze personali, e insieme agli allievi ci siamo serviti anche delle guide del “National Geographic”, assai preziose e ricche di splendidi esempi pratici, e di dispense e riviste specializzate come “La Biblioteca del Fotografo” e “Zoom”. Col mini-corso “Aprite gli occhi, scoprite il mondo” pubblicato sul Secolo XIX si è poi sviluppato un simpatico gioco di scambi: alcuni esercizi pubblicati sulle pagine del quotidiano sono stati utilizzati in classe, viceversa alcuni accorgimenti esaminati a lezione sono poi finiti su queste colonne: una bella sinergia! E alla fine del corso, abbiamo anche realizzato una mostra fotografica nell’atrio della scuola, un’esposizione che ha riscosso complimenti inaspettati. Simone Patrucco docente la scuola APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO I GRANDI DELLA CARICATURA secondo Reginaldo Leonardo da Vinci Honoré Daumier Il genio rinascimentale è tra i primi celebri autori di caricature, conservate nei musei più importanti del mondo. Alcune si trovano anche tra i suoi studi sul corpo umano o tra i bozzetti preparatori per grandi dipinti. Ma vi è traccia di proto-caricature anche tra le pitture di Pompei 2 3 Albert Einstein Porta la caricatura al grande pubblico, lavorando per alcuni tra i principali quotidiani italiani, tra cui La Stampa e La Gazzetta dello Sport. È uno dei nostri più apprezzati e premiati caricaturisti. Celebri le sue copertine per L’Espresso e Panorama Stan Lauren e Oliver Hardy Re La striscia umoristica è qualcosa di più del solito disegno che fate per raffigurare un paesaggio, una persona, un animale. È in pratica un racconto. Molto breve, ma pur sempre un racconto. Serve a rappresentare in pochi quadri una situazione che si svolge nel tempo. Per rappresentare con la matita una storia, avrete bisogno di disegnare almeno l’inizio, il seguito e la fine della vicenda: bene, se ci mettete anche un po’ di umorismo, questa è una striscia. La vostra storia deve stare tutta su un foglio, lo stesso su cui avete sempre fatto i vostri disegni. Fate un bel rettangolo, più largo possibile. Poi dividetelo in tre parti uguali, tracciando con la matita due linee verticali. Nei tre spazi risultanti inserirete tre momenti del vostro racconto, iniziando da quello a sinistra. Se nella storia che state disegnando volete mettere dei personaggi che parlano, dovrete lasciare lo spazio anche per le parole che diranno. È sempre meglio metterle in alto, racchiudendole in un fumetto. Anche il testo dovrà essere suddiviso nei vari quadri, come il disegno. Meglio evitare dialoghi molto lunghi, altrimenti non saprete dove disegnare! Stabilito cosa scrivere e cosa disegnare nei vari quadri, viene il momento di farlo davvero. Se c’è un personaggio che appare in tutti e tre i quadri, vedete di fare in modo che sembri effettivamente lo stesso disegnandolo il più possibile sempre uguale, magari caratterizzandolo con baffi e occhiali! In collaborazione con segreti del disegno dal vero della notizia (di cui fu maestro Achille Beltrame con le sue copertine della “Domenica del Corriere”) e della vignetta satirica (con gli esercizi e trucchi suggeriti dal vignettista del Secolo XIX Stefano Rolli). Oggi affrontiamo quella che sui quotidiani americani si chiama “strip”, ovvero la striscia. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, proprio sui giornali degli Stati Uniti, si affacciarono le prime avventure disegnate autoconclusive: il primo personaggio da “strip” da quotidiano fu The Yellow Kid, il “bambino giallo” creato da Richard Felton Outcault, le cui avventure vennero seguite per anni dalle migliaia di lettori del New York World. La striscia è una miscela di idee, sintesi, talento nel disegnare, spirito umoristico. Non LA FANTASIA SALE IN CATTEDRA 1 2 3 è dunque per nulla facile realizzare una “strip” riuscita. Abbiamo perciò chiesto aiuto al nostro Origone, creatore per Il Secolo XIX delle avventure di Nilus. Gli esercizi che trovate sotto sono i primi consigli che lui vi dà per iniziare: provate a seguirli, ricordandovi di attingere molto dalle vostre esperienze e dalla vostra fantasia. Vedere la realtà e saperla interpretare con un disegno è SECONDARIE SUPERIORI fotografia, i periodici si sono serviti di immagini disegnate per accompagnare (o talvolta sostituire) la notizia scritta. Già dopo pochi anni dalla nascita della carta stampata, l’illustrazione si è caratterizzata in due filoni principali: l’illustrazione di cronaca e l’illustrazione umoristica. Nelle puntate precedenti del nostro corso di illustrazione, abbiamo analizzato la tecnica e i 33 Le strisce solitamente narrano episodi che riguardano sempre gli stessi personaggi, collocati in un particolare momento storico. È importante quindi cominciare con uno studio dell’ambiente in cui si vogliono rappresentare le storie e una certa caratterizzazione delle figure che in esso si muovono. La striscia di Nilus, ad esempio, è ambientata nell’Antico Egitto. E l’ambiente, i costumi, le situazioni sono adattate a quei tempi. Con molte licenze artistiche, ovviamente. Altrimenti dove sarebbe l’umorismo? Per prima cosa bisogna scegliere in quale ambiente collocare le vostre storie. Può essere un determinato ambiente storico, come il Far West, l’Antica Roma o, se volete, sulla Luna o su Marte! Magari con i marziani che osservano i terrestri con un telescopio e commentano i loro comportamenti. O più semplicemente, potete rappresentare la vostra classe e i vostri compagni di scuola. Insomma, sta a voi trovare dove sia più congeniale far vivere le vostre creazioni, seguendo i vostri gusti e le vostre inclinazioni. Una volta stabilito l’ambiente, ad esempio la Luna, dedicatevi ai personaggi. Cominciate da quello più ricorrente, che di solito è il protagonista delle varie avventure, quello che fa le battute umoristiche e che è sempre presente nelle situazioni più divertenti. Cercate di caratterizzarlo il più possibile, in modo che si distingua bene da eventuali personaggi di contorno e sia riconoscibile a prima vista da chi leggerà le vostre storie. Definiti ambiente e personaggi, viene il bello, anzi, il difficile: dovete inventare delle gag, cioè delle piccole avventure divertenti. Per chi è alle prime armi può essere utile leggere e guardare ciò che è stato fatto da autori già affermati, cercando di analizzare come questi hanno “costruito” le loro strisce. Potete prendere spunto da loro, evitando però di rifare esattamente le stesse battute: ce ne sono già troppi che copiano! Franco Bruna In Italia è tra i più conosciuti, grazie anche ai suoi ritratti di personaggi del mondo dello sport. Disegna per il Processo del Lunedì e il Guerin Sportivo e realizza le caricature dei calciatori per l’album delle figurine pubblicato dalla Panini Romano Prodi Le illustrazioni in punta di matita conservano ancora oggi il loro fascino L’immagine disegnata, di cronaca o umoristica, rimane sempre attuale UNA STORIA IN TRE DISEGNI 1 Achille Superbi David Levine Erede della tradizione di Daumier, è uno dei più grandi caricaturisti viventi, conosciuto per i suoi disegni sul New York Review of Books e anche su Playboy. In America la caricatura sfonda nei primi del Novecento grazie alla diffusione dei quotidiani ed è ancora oggi molto amata 2008 Viaggio nell’universo delle immagini Corso di illustrazione, terza puntata Una notizia raccontata a mano SECONDARIE INFERIORI SCUOLE PRIMARIE CERTI AMORI non finiscono mai. L’amore per l’immagine disegnata, sbocciato nell’uomo fin da quando era vestito di pelli d’animali e viveva nelle caverne, non è ancora tramontato. Ormai la ripresa dal vero la fa da padrona grazie a fotografia e video, mentre con l’avvento del personal computer si è diffusa la grafica bidimensionale e tridimensionale. Eppure, ancora oggi, in anni ad alto tasso di tecnologia, la storia o la notizia raccontate a mano, in punta di matita, conservano il loro fascino e rimangono insostituibili. Questo è vero anche nel mondo del giornalismo. Fin da subito, ancor prima dell’invenzione della Con lui la caricatura entra nei manuali di storia dell’arte. Nella Francia dell’Ottocento è uno dei più arguti critici del potere. Un irriverente ritratto del re Luigi Filippo gli costa alcuni mesi di prigione. Tra le sue “vittime” molti famosi personaggi del suo tempo MERCOLEDÌ 2 APRILE una pratica semplice e al contempo un’arte tra le più complesse. Basti pensare alla caricatura: in un semplice ritratto in punta di matita si ritrovano i pregi e i difetti fisici ma anche interiori di un personaggio. Reginaldo, caricaturista del nostro quotidiano e grande esperto della materia, ha scelto per voi i cinque capisaldi della caricatura, da Leonardo ai giorni nostri. Vedere dunque non basta, bisogna anche pensare: a fondo pagina Patrizia Canepa ci racconta come questo motto ha influenzato la sua vita di artista, madre e docente. A CURA DI ALBERTO RIGONI (hanno collaborato Origone, Reginaldo, Patrizia Canepa) UN LAVORO DA PROFESSIONISTI 1 2 3 Creare una striscia umoristica non è certamente una cosa semplice, anche se una buona striscia deve apparire… semplice. La semplicità è una caratteristica fondamentale della striscia, che contiene gli stessi elementi di una storia illustrata di maggior respiro (un’idea iniziale, una sceneggiatura, una rappresentazione grafica), il tutto però espresso in estrema sintesi, sfruttando e ottimizzando al meglio il poco spazio a disposizione. In più deve essere originale e divertente. “Una bella impresa!”, direte. Eppure qualche consiglio può aiutare. Se avete già stabilito quali personaggi raffigurare e in quale ambiente farli agire, ora dovete ideare delle avventure divertenti. Perché è questo che dovete fare, prima ancora che disegnare: parte sempre tutto dall’idea. Poi viene la sceneggiatura (la suddivisione dei dialoghi nei vari quadri) e solo alla fine il disegno. Iniziate elencando su un foglio tutti gli spunti che vi sembrano divertenti, senza preoccuparvi, al momento, della realizzazione grafica. Una volta trovata un’idea divertente, dovrete trovare la maniera più adatta per rappresentarla. Di solito il primo disegno e - se c’è - il primo dialogo introducono l’argomento. A questo spesso segue una parte interlocutoria, rappresentata con uno o due disegni di mezzo, consequenziali al primo: servono per introdurre il finale, per “porgere” cioè la battuta dell’ultimo quadro, che poi è lo scopo e la degna conclusione della vostra striscia. Siate essenziali in tutto, sia nel disegno che nel testo. Meno parole riuscite ad usare e più efficace sarà il risultato. Quando scrivete nei fumetti (i cosiddetti balloons) usate uno stampatello chiaro e uniforme. Il tratto del disegno non deve mai essere troppo sottile, altrimenti, riducendo le dimensioni dei quadri (magari per stamparli), questo potrebbe addirittura scomparire! E poi, se volete, potete colorarlo. Ma sull’uso del colore (o degli spazi neri) ci vorrebbe un’altra puntata. Nell’attesa, provate da soli. In collaborazione con In collaborazione con IL CONSIGLIO È STUPENDO invecchiare, non certo per la decadenza fisica, che indiscutibilmente non è gradevole. Mi riferisco alla capacità che il nostro cervello dimostra nel compensare ciò che il fisico non ci dà più come un tempo. Ti accorgi che non è più indispensabile poter guardare a fondo per vedere benissimo; ne divieni consapevole quando ciò che disegni costituisce la sintesi tra ciò che vedi e la tua esperienza e la tua conoscenza, per continuare a crescere e a capire. «Si deve pensare – scrisse Paul Cézanne – l’occhio non basta, bisogna anche pensare». Margherita, mia figlia, non gattona, sta sempre seduta sul telo dove la mettiamo, seduta con mille giochi at- Bisogna pensare. Parola di Cézanne torno. Ci guarda, nulla sfugge alla sua attenzione. Il nostro pediatra dice che i bimbi che non gattonano soddisfano le loro curiosità con la vista, sviluppando così ulteriormente la capacità di vedere. Non so se sia stato per questo motivo, ma Margherita ha passato tutta la sua infanzia a giocare… disegnando. Non erano i risultati grafici di nostra figlia a stupirci – a dire il vero non tutti i disegni erano ... come dire… riusciti – ma era la sua capacità di osservazione, concentrazione, attenzione, e l’evasione e la gioia, che il Paul Cézanne, I giocatori di carte Patrizia Canepa Meret Oppenheim, La tazza di pelliccia Un disegno di Margherita disegnare le regalava. Oggi, adulta, le è rimasto il metodo: ha capacità di osservazione e di elaborazione. «Si deve pensare – scrisse Cézanne – l’occhio non basta, bisogna anche pensare». È abituata, poi, a concretizzare, a rendere tangibile il suo pensiero (il disegno, la foto, il progetto) per comunicare. Margherita è “fattiva”. «Si deve pensare – scrisse Cézanne – l’occhio non basta, bisogna anche pensare». Il braccio del giocatore di carte, la casa nel paesaggio, le mele rosse: è evidente che si tratta di ri- flessioni fatte su elementi visivi colti da un soggetto capace di guardare, elaborare, disegnare. L’insegnante aiuta lo studente a risalire questo flusso, quindi a ripercorrerne il processo conoscitivo. Anche i corpi contorti di Egon Schiele sono pensieri, le macchie di Jackson Pollock, i volti pelosi di Frida Kahlo, le ferraglie di Jean Tinguely, l’orinatoio di Marcel Duchamp, la profondità spaziale di Giotto, il sangue di Jenny Holzer, la tazzina di pelliccia di Meret Oppenheim. Guardare. Pensare. Disegnare. Non necessariamente in quest’ordine... PATRIZIA CANEPA docente di discipline pittoriche al Liceo artistico Paul Klee–Nicolò Barabino di Genova la scuola GIOVEDÌ 24 APRILE 2008 APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO Tv7 1963-1977 Il primo magazine giornalistico della televisione italiana. In seconda serata propone approfondimenti sui problemi dell’Italia degli Anni Sessanta e Settanta e trasmette reportage dal mondo. Celebri quelli dal Vietnam. Tra le firme, Furio Colombo. SCUOLE PRIMARIE “Aprite gli occhi, scoprite il mondo” è stato ed è il principio ispiratore di molti reporter, oggi. Da quando qualche mese fa abbiamo iniziato questo viaggio attraverso le tecniche del giornalismo per immagini, abbiamo scoperto come anche una fotografia, una vignetta o un filmato possono descrivere un avvenimento o fornire il commento ad una notizia. E a volte ci riescono meglio di mille parole. Pensate alla celebre sequenza del ragazzo di Pechino davanti alla colonna di carri armati diretti verso piazza Tien an Men. In quei pochi fotogrammi c’era tutta la rivolta studentesca del 1989, una protesta nata sponta- 1 2 3 Il Processo del Lunedì 1980-1993 I temi della domenica calcistica dibattuti con veemenza. L’istrionico Aldo Biscardi inventa il format che avrà fortuna anche su La7 e Italia7. I principali giornalisti sportivi sfilano tra i banchi dell’accusa e della difesa. Maurizio Costanzo Show 1982-2005 Per oltre vent’anni «dal Teatro Parioli in Roma» Maurizio Costanzo intervista personaggi famosi (o che lo diventeranno presto), accompagnato al piano dal maestro Bracardi. Nato sulla falsariga dei talk show americani, da poco ha ripreso la programmazione. Samarcanda 1987-1992 Negli anni della fine della “Prima Repubblica” Michele Santoro inaugura la serie dei suoi talk show politici (oggi conduce Anno Zero). Aspre polemiche con esponenti di destra e di sinistra, giornalismo di denuncia, dibattiti infuocati, molte sospensioni dal palinsesto. Porta a Porta dal 1996 Il salotto televisivo oggi più seguito. Bruno Vespa propone la politica in seconda serata e la sua ribalta diventa ambitissima da tutti i partiti. Ma i temi si diversificano: celebri le puntate sul delitto di Cogne e la diretta per la morte di papa Wojtila. Quando l’immagine è notizia Continua il nostro viaggio attraverso le tecniche del giornalismo: segreti, regole e trucchi che stanno dietro a una fotografia neamente da ragazzi poco più grandi di voi, che volevano libertà e democrazia, e di lì a poche ore soffocata nel sangue e nel silenzio internazionale. Studenti soli, coraggiosi ma impotenti e destinati alla sconfitta contro la forza bruta delle armi – tutto in un brevissimo filmato. Ogni linguaggio ha la sua tecnica, lo abbiamo detto all’inizio del GAMBE IN SPALLA! Nelle precedenti puntate abbiamo imparato i primi segreti dell’animazione, ovvero di come si può creare l’illusione del movimento manipolando disegni o oggetti. Abbiamo imparato a creare il nostro primo disegno animato, mentre nella puntata precedente – con l’aiuto dell’insegnante e di una macchina fotografica – avete dato vita ad un oggetto. Oggi completiamo il nostro viaggio andando a scoprire quali sono le caratteristiche di un avvenimento semplice eppure difficilissimo da riprodurre artificialmente: la camminata di un essere umano. Partiamo? Quante volte avete sentito l’espressione “gambe in spalla”, vero? È un modo di dire fantasioso: nessun uomo, per quanto veloce possa correre, riesce a portarsi mentre scappa le gambe fin sulle spalle. La camminata degli esseri umani è stata da tempo studiata e scomposta per poter essere riprodotta, ad esempio in film che animano i pupazzi o anche nei più conosciuti disegni animati. A ben vedere da queste immagini, il corpo umano durante la camminata dondola dall’alto in basso continuamente. Durante la camminata, si parte da una posizione media (in nero) in cui entrambi i piedi sono a contatto col suolo, uno in avanti e l’altro indietro, per poi scendere (in blu) per prendere slancio per il cambio di appoggio, un momento cruciale in cui senza accorgerci siamo in equilibrio su una gamba sola (in rosso). Giusto un attimo prima di cadere in avanti, ci appoggiamo sull’altro piede (in verde nel riquadro seguente) fino a ritornare nella posizione media (di nuovo in nero), con i piedi invertiti di posizione. Quando abbiamo imparato a camminare abbiamo memorizzato questi movimenti e oggi riscoprirne la difficoltà può coglierci di sorpresa. Provate assieme all’insegnante a far camminare un pupazzo. Vi suggeriamo di creare un vostro pupazzo di plastilina colorata o di pongo, più facile da ancorare al piano durante le fasi rossa e verde. Anche stavolta servirà una fotocamera digitale ben fissata al pavimento, con la quale scattare foto nelle cinque posizioni del pupazzo, immagini che – riviste velocemente una dietro l’altra – vi daranno l’illusione che il pupazzo, seppur incerto, abbia mosso un passo da solo. Un bel risultato, non trovate? nostro corso, e subito ci siamo addentrati nei segreti, nelle regole e nei trucchi che stanno dietro a fotografia, illustrazione e video. Noi abbiamo solo accennato ai primi rudimenti: se volete saperne di più, la parola passa ai vostri insegnanti, che sapranno di sicuro indirizzarvi verso i giusti approfondimenti. Il nostro viaggio, infatti, termina qui. SECONDARIE INFERIORI LE PIETRE MILIARI DEL TELEGIORNALISMO Viaggio nell’universo delle immagini Corso di video, terza puntata E anche in questa ultima settimana, vi proponiamo qui sotto consigli ed esercizi divisi per livello scolastico, che seguono e completano quelli delle settimane precedenti. Più in basso, riportiamo la bella testimonianza di uno studente della vostra età. Nella grafica qui sopra abbiamo selezionato alcuni dei principali appuntamenti del giornalismo te- L’INTERVISTA? UN VERO DUELLO Il giornalista, sia della carta stampata sia televisivo, si trova quasi quotidianamente di fronte ad un momento particolare: un confronto con un’altra persona su un tema, uno scambio serrato e talvolta aspro di domande e di risposte. In una parola, un’intervista. È più di un banale questionario, più di un semplice elenco di domande seguito da una serie di risposte. Per molti giornalisti è un’arte, con domande argute e documentate con una lunga preparazione, o l’occasione di approfondire al meglio un argomento o per descrivere un personaggio con le sue stesse parole. Per tutti, specie per le interviste televisive, un vero e proprio duello. 1 2 3 Il duello è una pratica antichissima: dai tempi di Ettore e Achille dell’Iliade fino a pochi decenni fa, guerrieri e soldati si sono sfidati a colpi di spada, di sciabola, di pistola. Come da sempre la letteratura (pensiamo ai Tre Moschettieri di Alexandre Dumas), oggi anche il cinema ci ripropone spesso, sotto varie forme, il momento del duello (avete presente le scene finali di Karate Kid o Matrix?). Ma i duelli più famosi del grande schermo sono senza dubbio quelli del cinema western, in cui, nel momento cruciale della vicenda, il buono e il cattivo, il bandito e lo sceriffo, si trovano l’uno di fronte all’altro. Nell’intervista non c’è un “buono” ed un “cattivo”, né intervistato né intervistatore devono prevalere sull’altro annientandolo – questo almeno se l’intervista è onesta ed equilibrata. Eppure, curiosamente, le interviste televisive riprendono il linguaggio cinematografico del duello western. La telecamera spesso inquadra l’intervistatore (ad esempio, un primo piano di tre quarti) e lo alterna con un’inquadratura uguale e contraria dell’intervi-stato (anch’egli in primo piano e di tre quarti, ma dal profilo opposto). È la tecnica del “campo e controcampo”. La regola grammaticale da non infrangere mai è non invertire le posizioni dei “duellanti”, cambiando la posizione della telecamere e il profilo del soggetto: se l’intervistatore è a sinistra, deve restarci per tutta l’intervista. I duelli televisivi non sfuggono a questa regola, che evita di generare confusione nello spettatore. Se infatti la ripresa si allarga, comprendendo nello stesso quadro sia intervistato che intervistatore, entrambi i “duellanti” devono stare nelle posizioni che il regista ci ha suggerito col “campo e controcampo”. levisivo in Italia, dagli Anni Sessanta ad oggi. Questi programmi sono chiamati “settimanali” (per via della cadenza), più spesso “approfondimenti” (perché dedicati a tutti gli aspetti di un singolo argomento) o “talk show” (in cui protagonista è il dibattito tra gli ospiti in studio). Dalle prestigiose firme di “Tv7”, ai tempi del canale unico, al mitico “Processo del lunedì”, dal vario- SECONDARIE SUPERIORI 38 1 2 3 pinto “Maurizio Costanzo Show” a “Samarcanda” e “Porta a Porta”, che trattano di politica e società, in tutti la notizia, l’intervista o il commento sono protagonisti e il conduttore o l’intervistatore è un vero “showman”, amato (o odiato) dai telespettatori. Sono pulpiti potenti e palchi ambiti, che spesso hanno forte impatto sull’opinione pubblica: farne buon uso, di questo come di tutti i mezzi di comunicazione, sta – come sempre – alla coscienza di ogni giornalista. A cura di Alberto Rigoni (hanno collaborato Francesco Filippi e Gianluca Aicardi. Grazie a Marco Giacobbe) UN LAVORO DA PROFESSIONISTI Molti studiosi hanno individuato nel montaggio la peculiarità che contraddistingue il cinema e la ripresa video dagli altri media: c’è chi ha addirittura affermato che «il cinema è il montaggio». Ma che cos’è il montaggio? È una tecnica piuttosto complessa che consiste nel mettere più pezzi di pellicola o di “girato” uno di seguito all’altro, in un ordine prestabilito. Ogni brano video che vedete quotidianamente – film, episodi di serie tv, spot pubblicitari, filmati su YouTube, video musicali, servizi di telegiornale, disegni animati, documentari e così via – tutti, nessuno escluso, sono composti tramite in “sala montaggio”. Vediamo come. Montare un filmato è come realizzare una compilation di canzoni preferite. Da vari cd che ho in casa scelgo le canzoni migliori che ritengo possano stare bene una dopo l’altra e le “rimonto” in una sequenza nuova e originale. Lo stesso vale per il montatore, che si trova davanti magari ore e ore di immagini girate da cui deve trarre un paio d’ore di film o un paio di minuti di servizio telegiornalistico. Il regista (o l’autore del servizio) indicano la giusta sequenza, il momento in cui tagliare le varie inquadrature e quelle da incollarci subito dopo. Infiniti sono i significati che possiamo suggerire tramite il montaggio. Un volto sorridente che segue l’inquadratura di un vecchietto che cammina può suggerire “affetto o rispetto per l’età avanzata” e così via. Anche la libertà di azione è infinita: nella stessa sequenza posso montare insieme scene riprese in epoche e luoghi lontanissimi tra loro. Come nel caso di queste immagini (dal film “Top Secret!”): il protagonista scava a fatica un tunnel per la fuga e mentre noi ci aspettiamo un corridoio buio ci troviamo invece una galleria enorme e ben illuminata. Lo stesso “campo e controcampo” di cui diciamo qui a fianco è il montaggio di diversi primi piani. Ci sono anche eccezioni che permettono di saltare il montaggio inteso come momento successivo alla ripresa: ad esempio, il “piano sequenza” è la ripresa continuata senza stacchi, mentre col “montaggio in camera” il cameraman ferma e riavvia la ripresa e tenendo per buoni gli stacchi e gli attacchi senza prevedere tagli successivi, realizzando in pratica il montaggio direttamente sul nastro (o sulla memoria). Immagini tratte dal film “Il buono il brutto il cattivo” Immagini tratte dal film “Top Secret!” la testimonianza “Amo il cinema, amo fare film, perché mi permettono di astrarmi per mesi e mesi in un’utopia fantastica, dove parlo solo con uomini e donne bellissime, dove non esistono guerre e tumori, dove gli unici problemi che devo affrontare sono le inquadrature, le musiche, le luci oppure il montaggio, la sceneggiatura, la recitazione” Woody Allen rispose così quando gli chiesero perché da giovane decise di intraprendere la carriera cinematografica. Un utopia reale, quella descritta da Allen, ma mai un ossimoro fu così poco contraddittorio; infatti quello che trasforma una buona idea in un film di valore è proprio la capacità non comune del regista di imme- «Con il cinema all’interno di un’utopia fantastica» desimarsi totalmente nel film, di farsi trasportare da esso, e in questo modo rendere credibile e realistica una produzione che per definizione è un imitazione della realtà. Majakovskij disse “il cinema è diffusione di idee”, ed è questa la caratteristica più accattivante dell’arte cinematografica: posso descrivere i miei pensieri, le mie emozioni, i miei sentimenti assolutamente a tutto tondo; paragonandolo al bel composto berniniano, nel quale scultura, pittura e architettura si uniscono e Il Giornale in classe 2007/2008 è realizzato con si compensano armoniosamente, così da permettere all’artista di esprimersi con totale completezza, il cinema compendia svariate forme artistiche: la fotografia, la scrittura, la recitazione, la musica. Poche settimane fa ho avuto la meravigliosa opportunità di relazionarmi con altri appassionati, estimatori, operatori del settore nell’ambito del festival internazionale “youngabout” a Bologna; pur provenendo da diverse città europee, l’alfabeto universale del cinema ci ha fatto parlare a tutti la stessa lingua. Mi accorgo che da quando è nata in me la passione per la settima arte nella mia mente traduco quotidianamente le situazioni, le immagini, le sensazioni in questo linguaggio. Ormai la mia immaginazione vola: sogno il ciak iniziale del mio primo lungometraggio; i valori che preferirei raccontare sono quelli che traggo da vite fiabesche, come quella di Angelo D’Arrigo (appassionato di deltaplano che volava tra gli stormi di uccelli, accettato come uno di loro) oppure da sportivi esemplari, la cui umanità e forza d’animo non sarà mai dimenticata, come nel caso di Alphonso Ford, giocatore di basket scomparso a 33 anni: prima di morire di leucemia disse: “sono contento di avervi fatto divertire”. Questo è il cinema che adoro, quello che fa capire come si possa vivere in maniera estremamente semplice provando emozioni straordinarie. Nicolò Metti - Liceo D’Oria (1o premio Concorso REGIONALE “I giovani ricordano la shoah” - 1o premio concorso nazionale per il bicentenario di Garibaldi) Con il patrocinio di Nicolò Metti e la collaborazione di