Ottobre 08 - Auditorium

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Ottobre 08 - Auditorium
Tecnologie
da vivere
Jass, non jazz
Seduti in Auditorium alla mercè di Buddy Bolden, John Bowers
e di un ragazzo che costruiva diffusori
In collaborazione con Racconto Immagini B
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rescia, piazzetta Paganora.
Qualche anno fa...
In una casa pressoché adiacente al teatro Grande di Brescia, riconosciuto come monumento nazionale con atto di vincolo
del 22 marzo 1912, un ragazzo, crescendo, ascoltava di frequente i
virtuosi gorgheggi di famosi tenori, l’accordarsi degli strumenti di
prestigiose orchestre sinfoniche, le aree, i duetti e i cori delle opere
più note. Così facendo imparava ad ascoltare i suoni e a comprendere quei meccanismi universali che servono per codificare una
qualsiasi vibrazione che, propagata nell’aria, raggiunge l’orecchio
e diventa sensazione uditiva.
Frequenza, intensità, timbro, onda, ampiezza, divennero
così termini e temi da approfondire, capire, fare propri, per
soddisfare in primis un’autentica, vera passione.
R O B E R T O A G N E L L I , AUDITORIUM
ELENA SIRACUSA
arc h i v io A udiogamma
SI RINGRAZIA PER LA GENTILE CONCESSIONE
Il ragazzo, crescendo, diciassette anni fa costruiva parti
e assemblava componenti per autoprodursi diffusori che ancora
oggi, gli amici di allora, vorrebbero per se stessi.
Quel ragazzo, proprio oggi, mi ha fatto accomodare di
fronte a un generoso impianto di diffusione marchio McIntosh,
e ha schiacciato play.
Prima un gruppo di musicisti certamente di New Orleans e certamente figli di Buddy Bolden, hanno suonato un
vecchio gracchiante jass (non si chiamava ancora jazz), dopo
pochi minuti Nat King Cole ha cantato “Unforgettable”.
Potrei giurarlo, tenendo chiusi gli occhi pareva fossero di
fronte a me... loro su un palco immaginario, ed io lì seduta
nello spazio destinato sin dai tempi del teatro greco al pubblico, l’auditorium.
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Potenza di strabilianti diffusori e di un gioco di parole mai tanto appropriato (siamo da Auditorium, Brescia),
la percezione di quei suoni, apparentemente percepiti come
realtà, altro non è che una miracolosa (e ingannevole) riproduzione del reale.
Esattamente come i fiamminghi nel ‘400 resero la pittura ad olio più adatta alle sfumature, riuscendo a fissare sulla tela
dettagli più piccoli della punta di un pennello, così gli storici
produttori di diffusori sonori sono stati in grado di trasformare
il segnale elettrico proveniente da un amplificatore acustico in
suono, restituendoci per intero quella gamma di sfumature uditive che profumano di alta fedeltà.
Ci risiamo. L’uomo gioca a fare Dio e per passione, per
diletto, per curiosità, si imbatte in una qualche sfida. Succede ad esempio che John Bowers nel 1966 fonda la Bowers &
Wilkins. Allora c’erano i Beatles con Sergeant Pepper, c’erano i
Beach Boys con Pet Sounds e c’era una gran voglia di sperimentare e di essere rivoluzionari. L’ambizione di Bowers, così pura,
quella di creare un sistema di altoparlanti che nulla togliesse né
aggiungesse alla musica. A tutti gli effetti, il diffusore perfetto.
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Se ancora oggi i mitici Abbey Road Studios di Londra, sale di incisione tra le più note al mondo, utilizzano diffusori B&W per le esecuzioni di U2, Coldplay, Michael Nyman, significa che il lungo cammino intrapreso da B&W per arrivare all’unico obiettivo prefissato, cioè quello di ricreare nell’ascoltatore la stessa identica
percezione del tempo e del luogo dell’esecuzione originale, è davvero giunto a buon punto.
Le pagine di Elixìr, concepite come luogo ideale per presentare eccellenze in fatto di tecnologia e design per
la casa, vi stanno raccontando di un ragazzo, Roberto Agnelli, che costruiva diffusori. Quel ragazzo, per chi avesse
voglia di addentrarsi nell’universo dell’high fidelity (così nominato dal 1936, anno in cui la RCA, detentrice del
brevetto sul tetrodo a fascio, realizzò la mitica valvola 6L6 che ancora oggi equipaggia numerosi apparati audio), vi
aspetta pronto a schiacciare ancora una volta il tasto play per riascoltare quel pezzo jass assieme a voi.
E saprà certamente indirizzarvi verso un diffusore degno del sogno di John Bowers per riprodurre, perché
no, quei vecchi vinili che oramai è tempo di rispolverare.
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VM1, XT, serie 600, 700, Nautilus... lupi travestiti da agnelli, forme pulite, rassicuranti, gradevoli, rivestite in pregiati legni, marmi, Kevlar, pronte a svelare e sfogare l’autentica anima vigorosa, calda, avvolgente.
Non disperino i seguaci di Steve Jobs, griffati Apple! B&W ha pensato anche ai loro i-pod, col
sistema di amplificazione Zeppelin, piccolo, compatto, dal design indubbiamente accattivante, potente e
versatile nelle prestazioni.
Incredibile cosa riesca a recuperare da quegli striminziti mp3... non ce ne voglia il cofondatore di
Apple e Pixar, ma dare troppo credito a files il cui acronimo MP3 (letteralmente Motion Picture Expert
Group-1/2 Audio Layer 3), ci mette di fronte a un glaciale algoritmo di compressione audio, beh..., un po’
ci sconforta. Specialmente se avalliamo la massima di Roberto per cui la musica, così come l’arte, alloggia
nei cuori, non nei numeri.
Fine