Diapositiva 1 - Facolta di Ingegneria

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Diapositiva 1 - Facolta di Ingegneria
Meccanica della frattura
• B. Atzori - Appunti di Costruzione di Macchine – Ed.
Cortina Padova
• L. Vergani – Meccanica dei Materiali – McGraw-Hill
• Davoli,Bernasconi,Filippini,Foletti – Comportamento
meccanico dei materiali – McGraw-Hill
•
Bason and Rolfe - Fracture and Fatigue control in
Structures – ASTM
Strategia di progettazione a fatica
Infinite-life design
Rappresenta un valido criterio di progettazione nelle situazioni in cui un componente è soggetto ad un numero di cicli
molto grande ad ampiezza di sollecitazione costante. Consiste nel contenere
la sollecitazione al di sotto di una frazione del limite di fatica del materiale di cui
è fatto il componente.
Vita finita
Vita infinita
Storia di carico
Safe-life design. Questo approccio è basato sull’assunzione che il
componente inizialmente è privo di difetti che, al contrario, si sviluppano durante la sollecitazione di fatica. Questo criterio risente molto
della dispersione statistica della vita ad una data ampiezza di sollecitazione. Nelle costruzioni aeronautiche, secondo le norme FAA, strutture di questo tipo vengono calcolate con Cs=4 rispetto alla durata.
Fail-safe design
Secondo questo criterio la cricca di fatica non giungerà mai al termine prima della sua individuazione e riparazione. Questo criterio
ispira strutture che possono reggere un certo grado di difettosità, in
quanto prevede architetture con presenza di irrigidimenti multipli di
arresto alla propagazione della cricca e di un rigido programma di
ispezione e di individuazione della cricca. Nel campo delle costruzioni aeronautiche, secondo le stesse norme FAA il Cs è ridotto a 2
rispetto alla durata.
Damage tolerant design
E’ un’estensione del criterio precedente. Secondo questo criterio si
assume che il difetto già è presente nel componente quando viene
messo in uso. Ha bisogno delle tecniche della meccanica della frattura per determinare se i difetti cresceranno abbastanza da causare
la rottura prima che siano individuati durante periodiche ispezioni. Il
successo di questa strategia dipende dall’uso di materiali ad alta tenacità alla frattura e da un programma di valutazioni non distruttive
che permettano di identificare le aree critiche al danneggiamento.
Meccanica della frattura
L’introduzione alla strategia di progettazione tollerando il difetto nel
componente (meccanica della frattura) richiede un approfondimento in
presenza di gradienti di tensione:
Finora si è dimensionata la sezione resistente di un componente in
base alla ricerca del punto più pericoloso nella sezione più sollecitata,
vale a dire del punto la cui sollecitazione è più grande in assoluto
rispetto agli altri (criterio di picco) .
Il calcolo di questa sollecitazione in presenza di intaglio viene effettuato mediante il fattore di forma, e nel caso di materiali fragili (campo elastico), il calcolo della sezione resistente è basato sulla relazione
σmax = σn. Ktn ≤ σL = f(σR)
Nel caso di materiali duttili per i quali è prevista una ridistribuzione
del carico dopo lo snervamento, la relazione di confronto con le caratteristiche meccaniche del materiale è semplicemente
σmax = σn ≤ σamm
Il fattore di forma cresce con il diminuire del raggio di fondo, ed in presenza
di intagli con raggio di gola tendente a
zero (cricche) il fattore teorico di forma
cresce infinitamente e pertanto il criterio
di picco perde di significato.
In tal caso nella sezione più sollecitata
non si fa più riferimento al punto più sollecitato, ma all’intero campo di tensione
nell’intorno del punto criterio di campo.
E’ possibile dimostrare che il campo di
tensione cresce all’aumentare della forza applicata restando sempre simile a
sé stesso e caratterizzato da un nuovo
parametro chiamato fattore di intensificazione degli sforzi rappresentato con
KI, KII, KIII.
Tale fattore (SCF) rappresenta il nuovo parametro da limitare rispetto alle caratteristiche del materiale perchè la sezione possa
tollerare il difetto che genera il gradiente di tensione.
Esso è affetto da indici diversi, secondo il modo di apertura della
cricca sotto carico e sostituisce la σ locale.
Pertanto seguendo l’approccio tensionale la relazione da
confrontare diventa Ki < Klim dove il Ki fotografa la situazione di
servizio mentre il Klim è caratteristico del materiale.
Seguendo l’approccio energetico la relazione da confrontare diventa G < Gc in funzione della forza applicata e della dimensione
del difetto.
Quando il parametro K o G di servizio raggiunge il corrispondente
parametro limite caratteristico del materiale, la rottura del componente avviene istantanea con velocità di propagazione molto alta
(frattura instabile).
Modi di frattura
2a
Modo I: quando le superfici di frattura tendono ad allontanarsi simmetricamente dal piano iniziale comune.
Modo II: quando le superfici di frattura tendono a scorrere l’una rispetto all’altra in direzione parallela all’asse della frattura
Modo III: quando le superfici di frattura tendono a scorrere in
direzione normale all’asse della frattura.
Approccio energetico
La prima indagine su questo
problema fu eseguita da Ing.
Griffith su un materiale fragile, il vetro, secondo un approccio di tipo energetico e
non tensionale.
Fragile
ideale
Fragile reale
Si supponga di bloccarsi nello
istante immediatamente precedente alla propagazione della
cricca.
In tale istante si immagini di isolare il sistema (componente
criccato – forze esterne). La for2a za non cresce più, ma il sistema
ha acquisito l’energia sufficiente
alla propagazione della cricca,
senza essere in equilibrio dal
momento che quest’ultimo comporta un abbassamento dell’energia in gioco per il principio di
minima energia potenziale.
Fragile quasi-duttile
Una cricca può dunque formarsi o crescere solo se tale
processo genera una diminuzione della energia o rimane costante. In tal modo
la condizione critica per la
frattura può definirsi quella
per la quale la cricca cresce
in condizioni di equilibrio,
senza nessuna variazione di
energia totale.
Quest’ultima deve essere co
munque superiore a quella
necessaria per generare superfici nel materiale.
2a
= Gc (σc,a) = R
= σ√a
Una cricca propagherà
quando il decremento di
energia elastica di deformazione è almeno uguale
all’energia richiesta per
creare una nuova superficie di frattura
2a
Pertanto la condizione da rispettare per evitare la frattura
fragile è
G=
πaσ 2
E'
≤ 2Γ = Gc
con
In caso di uguaglianza σ diventa critica per quella dimensione di a
E’ = E
In condizioni di tensione piana
ed
σ
E’ = E/(1-ν2)
σc =
In condizioni di deform. piana
Gc esprime il limite per il quale
si estende la cricca in un
materiale fragile (resistenza alla
propagazione della cricca)
EGc
πa
σc
ao
Condizione limite per materiali duttili (secondo Orowan)
 2 E (Γs + Γp ) 
σc = 

πa


'
a
1/ 2
Γs ≤ Γp
Esercizio n. 1
Una cilindro di vetro di 600 mm di diametro, dello spessore di 3 mm è
soggetto ad una pressione interna di 0,7 MN/m2. Trovare la lunghezza
massima ammissibile per una cricca sapendo che E= 6·104 MN/m2 e
γs= 6 J/ m2
Trattazione di Irwin
2a
In un sistema isolato, per il principio di conservazione dell’energia, qualora le forze
agenti producano uno spostamento δ, l’energia potenziale totale disponibile al sistema si può scrivere
Π = U + L + W = cos t
dΠ
=0
da
d
(U + L + W ) = 0
da
Un incremento infinitesimo di cricca dunque
di da dovrà avvenire a variazione nulla di
energia totale rispetto all’esterno, ma a variazione di quella generata dalla forza P.
Considerando l’energia disponibile U=Pδ/2,
una sua variazione, introducendo la cedevolezza,
1
δ =P
k
P=
δ
(1 / k )
consisterà in
1
1
1
dδ (1 / k ) − δd (1 / k )
)=
dU = d ( Pδ ) = ( Pdδ + δdP ) = ( Pdδ + δ
2
2
2
2
(1 / k )
1
1 δdδ
P2
δ2
= Pdδ +
−
d (1 / k ) = Pdδ −
d (1 / k )
2
2
2 (1 / k ) 2(1 / k )
2
P2
dU − dL = −
d (1 / k ) = dg = dW
2
dg rappresenta la variazione di energia potenziale necessaria
per un incremento infinitesimo della superficie della cricca per
un materiale duttile [strain energy release rate]
oppure
2
P
d (1 / k ) Pdδ
dividendo per la lunghezza B e da G =
=
2 B ⋅ da
2 Bda
rappresenta la forza elementare per generare l’unità di
lunghezza della cricca [crack extension force or crack driving force ]
In altro modo, se a parità di forza
(controllo di forza) il difetto avanza
di una quantità da, la lastra diventa
più cedevole e il sistema cede energia, per cui si potrà scrivere che
dL = P1 (δ 2 − δ 1 )
1
P1 (δ 2 − δ 1 )
2
1
dU − dL = − P1 (δ 2 − δ 1 ) = − dU = dW
2
dU dW
−
=
e quindi, passando alle forze
da
da
unitarie
1 dU
1 dW
P  dδ 
=G=
 =

Quando
G= Gc=dWf/Bda = R −
2 B  da  P B da
B da
con R = resistenza alla propagazione della cricca allora si verifica
la frattura instabile
dU =
Curva R
Rappresentazione grafica del criterio energetico per una lastra con difetto
centrale passante
Per evidenziare il raggiungimento della condizione limite alla
propagazione della cricca è conveniente riferirsi alla curva di
resistenza alla propagazione della cricca chiamata curva R.
πaσ2/E=G
Gc=R per a=a0
Nel caso di materiali fragili la curva si
presenta piatta in quanto la rottura avviene per clivaggio che è una proprietà
invariante per il materiale raggiungibile
linearmente e a cui corrisponde una
zona plastica all’apice della cricca trascurabile o inesistente rispetto alla dimensione degli oggetti criccati.
Pertanto per uno sforzo σ1, la driving
force anche se cresce è sempre più
bassa di R e la cricca si mantiene stabile anche se la sua dimensione è >a0,
mentre propaga instabilmente quando
raggiunge lo sforzo raggiunge σ2 sin
dalla dimensione a0
La propagazione avviene quindi per
G (ai ) ≥ R(ai )
Quando la tensione è σ1 la cricca
non cresce. Quando la tensione è
σ2 la propagazione è stabile in
quanto la driving force cresce con
velocità più bassa della resistenza. Per σ3 la crescita è stabile e
solo quando σ4 è tangente alla cur
va R si ha la propagazione instabile in quanto la crescita della
driving force eccede la pendenza
della curva R. Pertanto la propagazione avviene quando
Per i materiali duttili per i quali la
non linearità del comportamento
plastico non può essere trascurata, la curva R si presenta non piatta, ma ad andamento crescente, in
quanto la resistenza non è invariante per il materiale. Infatti la zona plastica all’apice della cricca
aumenta all’aumentare della dimensione della cricca e la driving
force deve crescere al crescere
della zona plastica ed essere superiore alla resistenza alla propagazione della cricca per poter far
propagare la cricca.
G (ai ) = R(ai )
 dR 
 dG 
>




 da  ai  da  ai
Approccio tensionale
Definizione
Stress concentrated
factor (SCF)
r =1/10c
σ < 0,6 σsn
KI = σ√π.c
E’ valida solo in prossimità dell’apice della cricca, vale a dire nella zona dominata dalla singolarità 1/√r
Mano a mano che ci si
allontana dalla cricca, la
remota σy genera una σ
costante.
Prende il nome di tenacità, la
capacità del materiale a resistere alla rottura fragile o alla
propagazione della cricca
G=
πσ 2 a
E
K = σ πa
K2
G=
E
Alcuni valori di tenacità
materiali duttili Kic = 100÷200 MPa√m
materiali fragili Kic = 20÷100 MPa√m
materiali ceramici Kic = 5÷6 MPa√m
materiali polimerici Kic = 1÷5 MPa√m
Esercizio n. 2
Un recipiente in pressione di acciaio basso legato ha le seguenti
caratteristiche e condizioni di servizio:
KIc = 92.5 MPa.m1/2
σsn = 450 MPa
d = 800 mm
p = 200 bar [kg/cm2]
Coeff. Sicurezza = 2
La cricca è superficiale, semi-ellittica e orientata con il piano maggiore perpendicolare alla pressione circonferenziale uniforme.
Si vuole determinare la dimensione critica della cricca che causerà
la rottura del recipiente.
Per questo tipo di geometria
e carico.
1.21aπσ 2
2
KI =
Q
Q = Φ 2 − 0.212(σ σ sn ) 2
e ϕ è un integrale ellittico del
second’ordine.
Q è rilevabile dall’abaco seguente
Utilizzando il criterio della tensione tangenziale max (Guest-Tresca)
determiniamo il minimo spessore che sopporta staticamente la pres
sione del recipiente
σ sn
σ eq = σ max − σ min ≤
2
σ r = σ min = −20MPa
La tensione assiale è la metà di quella
circonferenziale
σ sn
pd
− (− p) =
2t
2
pd
20 ⋅ 800
t=
≥ 39mm
=
pd 20 ⋅ 800
σ sn
2 ⋅ (225 − 20)
σ
=
=
= 205MPa
circ
2(
− p)
2t
2 ⋅ 39
2
La determinazione di Q è funzione di a e c per cui è necessario
analizzare la condizione critica con alcuni tentativi distinguendo fra
una propagazione longitudinale senza perforazione e quella di perforazione della parete.
Ipotizzando un rapporto a/2c = 0,5 con un rapporto σcirc./σsn=0, 45
2
1.21aπσ circ
2
KI =
Q
2
K Ic2 Q = 1.21aπσ circ
Per a/2c = 0.5
Q =2.35 acr= 0.125 m
Per a/2c = 0,25 Q =1.35 acr= 0.071 m
Per a/2c = 0.05 Q =1
acr= 0.053 m
1.21π / Q = 3.80 / Q
 3.80
 =
a cr
Q

 K Ic2  Q
a cr =  2  ⋅
= 0.053Q
 σ circ  3.8
 K Ic2
 2
 σ circ
In tutti i casi con acr > t la rottura fragile
si verificherebbe dopo che la perforazione della parete del recipiente provovocando semplicemente perdite di fluido, che tuttavia possono essere rilevate mediante misure di pressione
Se acr < t la frattura fragile sarebbe potuta evolvere lungo la
parete del cilindro generando danni che sono ritenuti maggiori.
Pertanto le scelte di materiale e pressione interna potrebbero
anche essere fatte per favorire la perforazione del mantello del
cilindro.
Esercizio n. 3
Sapendo che sperimentalmente il carico che produce
la rottura instabile è 800 kN
Rappresenta il più alto valore di intensificazione
degli sforzi che può essere sopportato da una
qualunque struttura criccata fabbricata con quel
materiale
■■■
Esercizio n. 4
In una lastra realizzata in lega di alluminio è
presente un difetto centrale, passante, di
dimensioni 2a. Calcolare la dimensione del
difetto ac per cui si ha la propagazione instabile, noti:
W = 100 mm
B = 5 mm
P = 50 kN
ssn = 415 MPa
Kcd = 24 MPa m1/2
Definizione della zona con singolarità dominante
dove r è sufficientemente piccolo perché lo stato di sforzo sia
controllato dalle equazioni di Westergaard e quindi dal fattore K
-
la zona dell’intaglio plasticizza
la zona plasticizzata aumenta con la sollecitazione
la dimensione della zona plastica controlla l’innesco e la
propagazione della cricca
- la presenza della zona plastica ridistribuisce le tensioni
all’apice della cricca per i materiali duttili.
Sorge il problema di capire quanto la zona plastica influenza
la zona con singolarità dominante per verificare la validità dell’uso del fattore K ricavato secondo ipotesi di comportamento
perfettamente elastico
Modello di
Irwin
A
σy =
B C
2πr
1 K I2
ry =
⋅ 2
2π σ y
A’
O B’
KI
C’
OA’BB’ = B’BCC’ = σyry
ry
∫
KI
=
KI
0
2πr
dr =
KI
2π
2 ry =
ry
dr =
KI
K I ry =
2
∫r
−1 / 2
0
2
π
2π
2σ y ry = OA ' BB ' + A ' AB
2π
π
[2r
]
−1 / 2 +1 ry
0
=
σ y 2πry ry =
Per giustificare le sue conclusioni, Irwin ha definito una lunghezza effettiva
della cricca allungandola della quantità pari al raggio plastico
Entrambi vanno
moltiplicati con il
fattore di forma
(α)
Modello di Dudgale
Il fattore di intensità dovuto alla chiusura può essere stimato considerando la normale
forza P applicata al crack a
una distanza x dalla mezzeria
del crack. Tenendo conto dei
contributi di entrambe le estremità del crack, passante per
uno spessore unitario della
piastra
KI = 0
σ π (c + ρ )
Kρ
Nelle condizioni di chiusura del crack, sostituendo
all’apertura c quella c+ρ prodotta dalla stessa forza di
snervamento e sommando i contributi descritti prima
K=
=
=−
c+ ρ
− σ sn
π (c + ρ )
− σ sn
π (c + ρ )
c+ ρ
∫
c
2σ sn (c + ρ )
π (c + ρ )
∫
c
 c+ρ +x
c+ρ −x 


 c + ρ − x + c + ρ + x dx =


 c+ρ + x+c+ρ −x 

dx =
 c+ρ −x c+ρ +x


c+ ρ
∫
c
dx
(c + ρ ) − x
2
2
c+ ρ
=−
2σ sn (c + ρ )
π (c + ρ )
P = −σ sn dx
c+ ρ
∫
c
D
x
(c + ρ )
 x 

1 − 
c+ ρ 
2
=
2σ sn c + ρ 
x 
2σ sn c + ρ
c
=−
−
arccos
=
(
−
arccos
) = Kρ


c
ρ
+
π

c
c+ρ
π
σ π (c + ρ ) + K ρ = 0
Ricordando che
σ π (c + ρ ) =
2σ sn c + ρ
πσ = 2σ sn (arccos
cos
π
c
)
c+ρ
(arccos
Sviluppiamo in serie di Fourier
poichè per σ
σsn
c
)
c+ρ
πσ
c
=
2σ sn c + ρ
2
∞
ρ
4
6
1  πσ  1  πσ  1  πσ 
c
 + 
 − 
 + .......
= 1 − 
2!  2σ sn  4!  2σ sn  6!  2σ sn 
c+ρ
2
c
1  πσ  8σ sn2 − π 2σ 2
 =
= 1 − 
c+ρ
2!  2σ sn 
8σ sn2
8cσ sn2 = (c + ρ )(8σ sn2 − π 2σ 2 )
ρ (8σ sn2 − π 2σ 2 ) + c(8σ sn2 − π 2σ 2 ) = 8cσ sn2
per σ << σsn
8cσ − c(8σ − π σ ) cπ σ
π  KI 

≅
= 
ρ=
2
2
2
(8σ sn − π σ )
8σ sn
8  σ sn 
2
sn
2
sn
2
2
2
2
2
2
Il confronto fra i modelli descritti non stima
significative differenze per quanto riguarda
la dimensione delle zone plastiche, in quanto 1/π = 0.318 mentre π/8= 0.392.
Tuttavia il modello di Dudgale tende a
sovrastimare il Keff: infatti aeff è qualcosa
meno di a+ρ dato che tutta la zona plastica
è calcolata caricandola con la tensione di
snervamento.
Diagrammando infatti i rispettivi Keff adimensionalizzati si può notare come le differenze
non sono significative fra i valori corretti e
quelli della MFLE entro un rapporto di
ascissa pari a 0.5. Oltre σ/σsn=0.6 le differenze diventano significative e Dudgale
aumenta vistosamente
Burdekin e Stone poi hanno corretto la
relazione ottenendo un valore più realistico
attraverso la relazione
Se si tien conto del
raggio plastico ρ, si
ottiene
 πσ
K effDudgale = σ πc sec
 2σ sn
K eff = σ sn
 8
 πσ
πc  2 ln sec
 2σ sn
π






1/ 2
Fattori che influenzano il Kc - tenacità alla frattura
Materiale
Temperatura
Spessore
Tensione piana
Deformazione piana
Stato di tensione tridimesionale - spessore
1
ε z = (σ z − υ (σ x + σ y ) ) = 0
E
perθ = 0
σx =σy
σ y − 0,66σ y = σ sn
σ y = 3σ sn
Determinazione sperimentale del KIc
alla linearità del comportamento
Curva tipo A
mostra deviazione dalla
linearità prima di raggiungere il carico max
Curva tipo B
mostra un pop-in prima
di deviare del 5% rispetto alla linearità
Curva tipo C
mostra rottura prima di
raggiungere il 5% dalla
linearità
Si ipotizza un valore di tenacità a frattura che diventa
la tenacità del materiale se rispetta le condizioni
0,45 ≤ a/w ≤ 0,55
B,a ≥ 2,5(KQ/σsn)2
Limitazione alla Meccanica della Frattura Lineare Elastica
Quando il fattore K raggiunge il
valore critico significa che gli
sforzi all’apice della cricca raggiungono valori non più sopportabili dal materiale e il difetto
propaga instabilmente.
All’apice della cricca comunque
esiste una zona plastica nella
quale la singolarità non è dominante, anche se è in essa che
ha inizio la propagazione.
Ma se è trascurabile rispetto alla dimensione del ligament, al suo
confine valgono ancora le espressioni del Westergaard, si può
dire che la frattura è governata dalle leggi della MFLE indipendentemente dalle reali dimensioni dei pezzi considerati e dalle
proprietà del materiale.
All’interno della zona definita da Irwin o Dudgale
si possono distinguere due zone: (fig a) quella
più vicina all’apice della cricca (zona scura) nella
quale si hanno grandi deformazioni non controllabili da nessuna legge, ed una più esterna
nella quale gli sforzi sono rappresentabili con la
MF elasto-plastica governata dalla singolarità
HRR attraverso altri due parametri (CTOD e J),
oltre che da K per approssimazione.
Se la zona scura si estende troppo, la MFLE non
può essere più applicata, ma rimane il controllo
approssimato mediante il parametro J (fig. b), se
la zona plasticizzata non è più trascurabile rispetto al ligament (fig. c), la propagazione della
cricca non è più governabile da alcuna legge e
la propagazione avviene lentamente e a strappo.
Crack (tip) opening displacement – COD (δ)
Crack (tip) opening displacement -- COD(δ)
=
4⋅G
πσ s
Generalmente la definizione del COD considera il modello di
Dudgale. In questo caso si ha
K I2 σ s K I2
CTOD = δ =
= 2
σsE σs E
K I2
δ
= 2
εs σs
Relazione che ha un senso anche in campo
lineare elastico. Perciò le condizioni critiche
possono essere dedotte indifferentemente da misure di KIC o
CTOD critico (δc).
1  σ s  K Ic2
1  εs  δc
=
ac =
=


 
2
2
π  σ  σs π  ε  εs
πσ
2
K Ic2
a c = cos t ⋅
K Ic2
σ
δ
a c = cos t ⋅ c
εs
2
s
2
1 δc

ac =
2πΦ  ε s
δc
Φ=
2πε s a c
Nel caso di rottura postsnervamento tali relazioni perdono di validità

 Burdekin ha cercato di determi nare la costante, secondo un approccio semi-empirico introducendo la quantità ϕ in funzione del
rapporto ε/εs
Fissata una lunghezza utile a
cavallo della cricca yo, il rapporto
ε/εs è stato ricavato per diversi
valori di allungamento
1 δc

ac =

2πΦ  ε s
δc
Φ=
2πε s a c



L’Integrale J
Rice dimostrò che J, calcolato su un
percorso intorno all’apice della cricca è equivalente alla variazione di
energia disponibile per la propagazione della cricca anche per i materiali con comportamento elastico non
lineare, da cui l’estensione al regime
plastico
∂u
J = ∫ W (ε mn )dy − Ti
ε mn
Γ
W (ε mn ) = ∫ σ ij dε ij
0
i
∂x
ds
Energia di
deformazione
σij è il tensore degli sforzi
εij è il tensore delle deformazioni
Ti = σij nj vettore delle forze unitarie
ui componente vettore spostamento
ds elemento infinitesimo di percorso
In pratica J ha lo stesso
significato di G nella MFLE
ed è uguale a G nel campo
elastico lineare
y
E’ stato anche dimostrato che J gode di due
proprietà:
a) E’ indipendente dal percorso di integrazione nel caso elastico bi-dimensionale senza
deformazioni iniziali
Definito su un percorso chiuso è sempre
uguale a zero
E’ basato sulla conservazione dell’energia.
Infatti Uenergia di defor. – Llavoro forze est. = 0 dal momento che i termini
della definizione di J rappresentano rispettivamente energia di deformazione e lavoro delle forze esterne. In realtà la dimostrazione si
basa sul PLV applicato all’area contenuta all’interno di Γ , per poi risalire al contorno mediante il teorema di Green.
Scrivendo l’integrale J sugli spezzoni di percorso, la somma dei contributi è zero dato che il percorso è chiuso.
∫
ABC
+
∫
CD
+
∫
DEF
+
∫
FA
=0
x
Si può anche scrivere che
∫CD = FA∫ = 0
in quanto dy=0 essendo le
facce del difetto combacianti e il carico Ti
su di esse nullo
Rimane dunque
+
=0
e i contributi di Γ1 e Γ2 sono Γ1
Γ2
uguali e opposti in quanto i
contorni di integrazione sono
=−
percorsi in senso opposto; Γ1
Γ2
saranno uguali se considerati percorsi nello stesso senso. b) E’ equivalente a J definito energeticamente
∫
∫
∫
∫
J =−
dΠ
dA
Π =U − L
1  dU ∗ 

J = 
B  da  P
Π = U − Pδ = U ∗
P
P

1 ∂
1  ∂δ 
J =  ∫ δdP  = ∫   dP
B  ∂a 0
 P B 0  δa  P
P
U = ∫ δdP
∗
0
In realtà U e U* differiscono
di 1/2dPdδ infinitesimo di
ordine superiore
y
x
Dal momento che l’integrale J è indipendente dal percorso di integrazione si può
considerare di calcolarlo mediante un cerchio di raggio r con il centro sull’apice della
cricca. Staccato un elementino ds = rdθ individuato a distanza angolare θ dall’asse delle
x, si può scrivere
 ε

du 


J = ∫  ∫ σdε  cos θ − T rdθ
dx 
−π 

 0
π
π
J=
∫ {σεα1 cosθ − σεα 2 (θ )}rdθ
−π
π
J = σεr ∫ { f (θ )dθ } = σεr f (θ ) −π = σεrQ
π
−π
Se quindi fissiamo un riferimento per
il punto y=0 ed x=r avremo J = σ ε r Q
r r
y = rsenθ
dy = r cos θdθ
ε
∫ σ dε = α σε
1
0
T = C1σ
du
= C 2ε
dx
du
T
= C1C 2σε = α 2σε
dx
dove C1 C2 α1 α2 sono
funzioni
adimensionali di θ
Utilizzando l’equazione costitutiva di Ramberg-Osgood
σ 
m
ε =

H
 
σ r 
m
J = σ r   rQ
H 
 JH m
σ r = 
 rQ




1 / m +1
Per un comportamento lineare elastico
m=1 e H=E
EJ
K
σr =
σ
=
ma anche
r
rQ
2πr
K = EJ
K2
e quindi J =
E
Valida anche in condizioni critiche.
La determinazione sperimentale del
Jc è ottenuta con lo stesso tipo di
provino che per il Kic, ma la dimensione dello spessore è inferiore.
da cui
Q = 2π
Meccanica della frattura e fatica - legge di Paris
da
= C∆K m
dN
K max = Qσ max πa
K min = Qσ min πa
∆K = K max − K min = Q (σ max − σ min ) πa
I zona – velocità di prpagazione molto basse. La curva tende ad un asintoto
verticale verso ∆Kth fattore di intensificazione degli sforzi di soglia al
di sotto del quale non si ha propagazione apprezzabile del difetto;
II zona – legge di Paris rappresenta il legame fra velocità di propagazione e
fattore di intensificazione degli sforzi; C ed m sono costanti del
materiale;
III zona – la curva diventa molto ripida a causa di una crescita del difetto molto rapida. Per plasticizzazioni ridotte la curva tende al valore di KIc
La conoscenza di soglia è importante in quanto si possono
stabilire le condizioni di carico per cui non si ha propagazione di
cricca, ma i dati sperimentali al riguardo sono molto scarsi e
quelli disponibili sono dispersi, per cui non esistono dati
consolidati.
Nel tratto lineare in
diagramma doppio
log, N può essere
calcolato
Il procedimento per analizzare la crescita della cricca in un componente di acciaio saldato o meno sollecitato a fatica, secondo i
concetti della meccanica della frattura, è il seguente:
-
-
Stimare la dimensione iniziale del difetto (anche equivalente)
ed il KI associato ad esso;
Conoscendo il Kc o il KIc e la sollecitazione nominale massima del ciclo di fatica, calcolare la dimensione critica del difetto acr che causerebbe la frattura fragile;
Ottenere una espressione del da/dN in funzione del ΔK;
Determinare il ΔK;
Integrare l’espressione della crescita della cricca fra i limiti a0
e acr per ottenere la vita della struttura prima della rottura;
Attenzione al valore da attribuire al Q che può non essere
costante fra i limiti iniziale e finale della cricca.
Esercizio
Un recipiente a parete sottile è
soggetto a dei cicli di pressurizzazione secondo il seguente ordine:
50000 cicli con pressione variabile
da 0 a 100 bar
8000 cicli con pressione variabile
da 0 a 120 bar.
Supponendo che una ispezione
preventiva abbia evidenziato la
presenza di una cricca longitudinale di 10 mm di lunghezza, verificare se il componente può portare
a termine i cicli previsti senza giungere a rottura.
K I = σ circ πc
Dati:
Spessore recip.
s=5 mm
Diametro recip. d =100 mm
KIc = 100 MPa m 1/2
m=3
C= 4,5 10-11 per dimensioni
in [m] e [MPa]
Le sollecitazioni circonferenziali che nascono per effetto delle diverse ampiezze di pressioni sono
p1 ⋅ d 10 ⋅ 100
=
= 100 MPa
2s
2⋅5
p ⋅ d 10 ⋅ 120
= 2
=
= 120 MPa
2s
2⋅5
σ 1circ =
σ 2circ
mentre le condizioni critiche sono
2
ccr1
1  K
= ⋅  Ic
π  σ 1circ

1 100 
 = 
 = 0,318m
100
π



ccr 2
1  K Ic
= ⋅ 
π  σ 2circ

1 100 
 = 
 = 0,221m
120
π



2
2
2
Applicando dunque la legge di Paris già integrata, rispetto ai primi
50000 cicli, risulta con Q=1, costante per l’intera propagazione
∆N =
1
CQ ∆σ π
m
m
m/2
⋅
c 1f− m / 2 − ci1− m / 2
1− m / 2
=
1
0,318 −1 / 2 − 0,01−1 / 2
=
⋅
= 65669
−11
3
3/ 2
− 1/ 2
4,5 ⋅ 10 ⋅ 100 ⋅ π
cicli
E pertanto la prima serie di cicli può essere sopportata dal
materiale in quanto il ΔN è superiore a 50000 cicli.
Per quanto riguarda la seconda serie di cicli, possiamo usare la
stessa formula integrata correggendo la lunghezza iniziale della
cricca.
c 1f− m / 2 = ∆N ⋅ CQ m ∆σ mπ m / 2 (1 − m / 2) + ci1− m / 2 =
= 5 ⋅ 10 4 ⋅ 4,5 ⋅ 10 −11 ⋅ 10 6 ⋅ π 3 / 2 (−1 / 2) + 0,01−1 / 2 = −6,260 + 10 = 3,74
cui corrisponde un’allungamento di cricca pari a 0,0718 m
∆N =
1
CQ ∆σ π
m
m
m/2
⋅
c 1f− m / 2 − ci1− m / 2
1− m / 2
=
1
0,221−1 / 2 − 0,072 −1 / 2
=
⋅
= 7391
−11
3
3/ 2
− 1/ 2
4,5 ⋅ 10 ⋅ 120 ⋅ π
Pertanto la seconda serie di cicli non può essere sopportata in quanto il numero di cicli richiesto è superiore
a quello corrispondente alla rottura instabile del recipiente.