gianmaria testa il capostazione che osservava

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gianmaria testa il capostazione che osservava
GIANMARIA TESTA IL CAPOSTAZIONE CHE OSSERVAVA PICCOLE COSE E PENSAVA POESIE
"Da una canzone voglio gratuità generosa come da una poesia, ... e non me ne importa nulla del merca
Germania sud-occidentale e..... "Da una canzone voglio gratuità generosa come da una poesia,
... e non me ne importa nulla del mercato... chi vuol tentare di rendere fruibile una canzone
commette sacrilegio" Conosco musica e parole di Gianmaria Testa, l'orafo che cesella poesie in
musica come filigrane, da tempo, tanto tempo, quando in Italia i suoi concerti in penombra, solo
con chitarra, un calice di vino e racconti di vita erano perle rarissime e la eco era lontana. Lo
conosco sin dagli anni tedeschi, io migrante privilegiata, quando la "Vitamia" era un vivere sul
confine, un confine mobile fra la Germania sud-occidentale e.....
la Francia delle colline di Alsazia e Lorena, per certi versi molto simili alle colline della terra del
Barolo a lui molto care. Due nazioni che lasciavo o raggiungevo (secondo i punti di vista) a piedi
tra vini, formaggi francesi, sigarette (che in Francia allora costavano meno) e lattine di birra e
profumatissimi pezzi di pane integrale tedesco. E quando ripenso a Gianmaria capostazione e
poeta, non so perché mi vengono in mente anche le immagini – sempre di quegli anni - di un
giovane Sergio Rubini, anche lui capostazione e figlio di ferroviere, in un suo meraviglioso film.
Quanto devono aver pensato di notte i capistazione! Quante semplici e piccole storie, belle e
brutte, avranno vissuto e condiviso raccontandole, quanti sogni, quante immaginazioni, quanti
desideri, quante delusioni, quante attese!
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GIANMARIA TESTA IL CAPOSTAZIONE CHE OSSERVAVA PICCOLE COSE E PENSAVA POESIE
Gianmaria allora (parlo della fine del finire degli anni '90) era già noto oltralpe, viaggiava in
treno il ferroviere poeta, il Piemonte era a due passi dalla Francia e i francesi amavano le sue
poesie lievi come "Mongolfiéres". Sempre al bivio lui, tra strada ferrata e musica, sempre al
crocevia, migrante fra fumi di rotaia e ricordi d'infanzia musicali che rimetteva in nuove parole e
nuova musica.
Farà tardi la sua scelta il ferroviere, la fa a 38 anni pur continuando il suo lavoro fino al 2007,
scoperto - durante un concorso musicale a Recanati - da una manager francese che produrrà
quelle sue "mongolfiéres" e altri suoi due lavori.
L'ho poi riascoltato qui a Calimera, il paese griku in cui vivo, in un Cine-Teatro pienissimo e in
religioso silenzio. Pochissima luce, solo un fascio a illuminare una sedia, un uomo e una
chitarra che ci regalava un canarino canterino per le nostre notti scure, un aeroplano a vela,
tasche di un qualunque mattino e valzer che duravano un giorno. Da allora quasi dieci anni
sono volati via, lo riascolto spesso come ascolto spesso Faber, Georges, Jacques, Leonard,
Giorgio e lui rimane sempre persona semplice, sensibile, ironica al punto giusto, lontano da
compromessi e da strizzate d'occhio al mercato. Rimane quel "bravo ragazzo", come lo
apostrofa in un'intervista la signora Renza, proprietaria di un'osteria non lontana da casa sua,
che guarda alle sconfinate distese di Barolo, quella terra dove natura e cultura giocano
armonicamente l'una con l'altra a volte interrotte dagli stridori e dalle miserie di quel progresso
che ci toglie tempo e spazio dalla mente e dal cuore.
Un signore dai tratti delicati Gianmaria, un signore in grigio come i suoi capelli, con quei baffi
che mi ricordano Groucho Marx e che ben mimetizzano i suoi diversissimi stati d'animo. Un
voce, la sua, rauca e morbida, lui conservatore e rivoluzionario al tempo stesso...perché canta
le miserie d'ogni giorno ma anche le lucciole d'agosto e le vedute aeree; lui mai dimentico delle
radici, eppure sempre con lo sguardo dritto al futuro da realizzare, da realizzare non solo per
Nicola, il figlio più piccolo, ma anche per tutti i ragazzi del mondo. Un futuro da vivere senza
confini, senza muri, senza scogli dove andare a morire, senza limiti imposti...ma consapevoli
dei propri come degli altrui limiti. Non aspettatevi un cantautore superman, come quello cantato
da Bennato, non aspettatevi verità rivelate dall'alto, aspettatevi piuttosto piccole e semplici
cose: un disoccupato che protesta su un tetto, una migrante che preferisce riprendersi la vita
con la morte, il ricordo del suo amico migrante e poeta Jean Claude Izzo, le malinconie di amori
che vanno e che vengono come le donne nelle stazioni, gli entusiasmi di amori che nascono
come doni e a cui tutto si vorrebbe donare, e tante, tante altre storie.
Gianmaria Testa non sarà mai (per fortuna!!!) cantautore da concerti di massa, da ola con
candele che ondeggiano. Si prende tempo lui, tutto il tempo per limare, scarnire, forgiare le sue
storie, si prende il tempo di vita, della sua vita per condividerlo attraverso le sue canzoni che
oscillano tra desiderio e realtà.
È teatro-canzone il suo, nel senso che a queste parole congiunte da un trattino dava Giorgio
Gaber, lancia domande Gianmaria, lancia tracce di polvere di gesso ma non cerca risposte
definitive...perchè la vita è continua ricerca di senso e di possibilità, di nuove domande e di
sempre nuove risposte. Ecco perché questo signore grigio, dai capelli grigi, si lascia
accompagnare sempre da un calice di bianco...perché quel calice rappresenta anche la gioia di
vivere in condivisione con gli altri, e anche in contraddizione, perché no? Per poi ripartire
sempre e comunque alla ricerca di quelle piccole cose che siano un Tu, un Noi, l'Altro. Ed è
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questo è il vero impegno, la vera politica...! E ora sento il fischietto..e il treno può partire...
Luciana Petroni
Marsala C'è – 18 agosto 2012
3/3