Roma 2020 Le scuole e i campioni della Magna Grecia danno forza

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Roma 2020 Le scuole e i campioni della Magna Grecia danno forza
LA CALABRIA
AI GIOCHI
OLIMPICI
di GIOVANNA BERGANTIN
l protagonismo degli atleti
Crotoniati, unito al forte impegno della città di Kroton a
partecipare e vincere per oltre un secolo gli agoni panellenici, è il punto di partenza per raccontare dell'importante scuola
ginnica nata in quella polis, esempio unico, originale e interessante
che la candida ad occupare un ruolo centrale in quelli che furono i
giochi olimpici nell'Occidente Mediterraneo. Questa idea vive già negli studi e nei temi di ricerca di Michele Di Donato, iniziati negli anni
'60 come assistente di Bruno Zauli e
proseguiti per un quarantennio come docente di Storia dell'educazione fisica e degli sport presso l'ISEF
Statale di Roma. L'appassionato
cultore di studi sulla Magna Graecia in un suo articolo, “Riflessioni
sul rapporto tra pensiero scientifico e agonistico a Crotone dal VI al V
sec. a.C.”, dopo aver delineato i tratti della scuola atletica crotoniate
con i suoi campioni, ipotizza la nascita a Crotone del ginnasio, come
luogo di pratica atletica, già nel VI
sec. a.C.. Questa tesi, cara a tutti i
crotonesi moderni, viene ripresa
in una recente e avvincente ricerca rappresentata nei 60 pannelli
della mostra iconografica “L'Agonistica tra i Greci d'Occidente” e riprodotta in un
catalogo di prossima
I
pubblicazione, curati da Santino
Mariano, coordinatore di educazione motoria, fisica e sportiva di Crotone e da Gianluca Punzo, archeologo, e con il sostegno del Ministero
dell'Istruzione, Università e Ricerca, dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Calabria.
La mostra, attraverso le tappe più
significative del modello agonistico
ellenico ed in particolare dell'Occidente mediterraneo, offre materia
preziosa per approfondire il moderno dibattito in cui sport e cultura costituiscono solide fondamenta alla
crescita delle moderne generazioni
e rappresenta anche un'occasione
per riproporre la lunga storia, spesso sconosciuta, dei valori etici e spirituali contenuti nelle più profonde
radici dello sport, soprattutto quello di fama olimpica.
Questi studi danno nuovo impulso all'argomento e offrono l'occasione a Mario Pescante, vice presidente
CIO e alla guida del comitato promotore di Roma 2020, di puntualizzare
che nella polis di Crotone «nasce la
ginnastica educativa, la scuola di
Pitagora e la scuola medica di Alcmeone e, grazie a ciò, gli atleti della
Grecia d'Occidente, conquistavano
gli allori del successo nelle competizioni previste degli agoni panellenici» e di definire questa ricerca «una
testimonianza oggettiva dei valori
originari dell'olimpismo e dello
sport, il cui recupero, la loro diffusione e il loro rispetto, resta essenziale per affermare il valore dell'Olimpismo e dello sport». Infatti, lo
studio, delimitando la ricerca a
quelle città che diedero i natali ad
atleti olimpionici, contribuisce ad
evidenziare la forza e le caratteristiche della scuola atletica di Kroton
nel circuito delle manifestazioni
sportive del Megàle Hellàs. Così, l'esposizione dei pannelli policromi,
corredati da una serie di tavole, oltre ad un'occasione di confronto
sull'archeologia del sapere di questa regione, mostra le origini remote dello sport, che tanta parte ebbe
nelle olimpiadi antiche, e contribuisce a rafforzare la candidatura di
Roma alle Olimpiadi del 2020, anche con una serie di ulteriori iniziative finalizzate a diffondere nella società di oggi i valori più autentici
dello sport e dello spirito olimpico.
Ma perché la candidatura romana ai giochi olimpici del 2020 passa
anche attraverso la gloriosa storia
delle olimpiadi antiche ed in particolare di quella sportiva di Kroton?
Cosa convalida l'idea di metterle in
così stretta relazione? Se non possiamo affermare che il mondo dell'Hellenikòn abbia inventato lo
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E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Roma 2020
Le scuole e i campioni della Magna Grecia
danno forza alla candidatura della capitale
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Domenica 6 marzo 2011
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Roma 2020
Dai successi
dei Greci d’Occidente
alla scuola di Kroton
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SI
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GIOCA
dute dalla cerimonia di apertura con un
pomposo corteo (hellanodices, delegati delle polis, atleti allenatori) che si ammassava
intorno alla statua di Zeus, dove i sacerdoti
immolavano due buoi. Le competizioni agonistiche olimpiche erano inaugurate dalle
corse dei carri e dei cavalli, seguivano poi il
pentathlon, le gare di corsa, la lotta e il pugilato dei ragazzi. Successivamente si ritornava alle gare degli adulti con stàdion,
dìaulos e dòlichos (i tre tipi di
corsa veloce e di fondo), lotta,
pugilato e pancrazio. L'ultima in programma era l'oplitodromia, la corsa in armi, in
cui gli atleti correvano con elmo, schinieri, scudo e giavellotto. Le Olimpiadi, che si volsero in 292 edizioni dal 776 a.
C. fino al 394 d. C., anno in cui
Teodosio le abolì, ci lasciano una lucida testimonianza di tutte le specialità atletiche
di allora, parte delle quali sono arrivati fino
ad oggi: corsa a piedi, lotta, salto, disco, pugilato. Se la corsa sui carri era, probabilmente, la gara più antica e conosciuta, la
più importante era quella a piedi, con il vincitore iscritto per primo nelle liste olimpioniche.
Nello stadio i giochi iniziavano, allo squillo di tromba come start, con lo stadion, corsa veloce sulla distanza di circa 185 metri,
poi il diaulos, corsa di velocità prolungata,
in cui si percorreva la distanza di due stadi,
in tutto circa 370 metri e quindi il dolichos,
introdotto nell'olimpiade 15 (720 - 719 a. C.)
dove la distanza comprendeva circa 4.440
metri, corrispondente a 24 stadi. Il pentathlon, introdotto nella olimpiade 18 (708 707 a. C.), con le sue cinque gare - salto in
lungo, corsa a piedi di velocità, lancio del disco e del giavellotto, pugilato - era la gara
che univa forza fisica ad agilità. Dopo ogni
specialità solo i migliori potevano accedere
alla prova successiva, cosicché alla fine i
due più forti si trovavano di fronte nella lotta. Nel salto in lungo l'atleta doveva staccarsi da terra e proiettarsi il più lontano possibile. Per aumentare lo slancio e, allo stesso
tempo, bilanciare e coordinare i movimenti
di braccia e gambe, i saltatori si servivano di
manubri metallici che tenevano uno per
mano, formati da un'impugnatura e da
un'estremità a forma di campana piena e pesante. Il lancio del disco probabilmente fu la
competizione più celebre,
particolarmente amata dai
greci. Il disco era una piastra
di metallo dalla forma rotonda e schiacciata, di 15-20 centimetri di diametro, lo si teneva in mano e, facendo perno
su una gamba, si scagliava il
più lontano possibile, bilanciandolo col braccio in un movimento rotatorio dall'alto al basso e in
avanti.
Il giavellotto era un'asta di legno appuntita lunga circa un metro e mezzo con
un'impugnatura costituita da un laccio di
cuoio che serviva all'atleta, dopo una breve
rincorsa, per scagliare l'attrezzo con una
traiettoria stabile e bilanciata. Il pugilato
era un combattimento tra due avversari che
cercavano di colpirsi con i pugni protetti e
rinforzati da strisce di pelle di bue, con cui
fasciavano le mani e gli avambracci, fino ai
gomiti.
Questa rivestitura, detta “cesto”, aumentava la potenza dei colpi, a tal punto che il
combattimento poteva diventare violentissimo; spesso i lottatori finivano per rimanere sfigurati nel volto e nel corpo. Per gareg-
Gli atleti scorretti
puniti
con frusta e multe
Il lancio del disco
la competizione
più amata
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STOP
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GUERRE
Gli autori della mostra e del catalogo
L’educazione fisica
incontra l’archeologia
L
a mostra iconografica ed il catalogo
in corso di pubblicazione, pur supportati da diversi contributi e consensi istituzionali che hanno reso possibile e sostenuto il lavoro di ricerca, sono
opera di due giovani studiosi, appassionati di agonismo ellenico e storia antica
dello sport, uno
archeologo,
l'altro docente di educazione fisica, con alle
spalle diversi scritti
e raccolte di
studi sull'agoni-
Statuina bronzea di
oplitodromo, al momento
della partenza. (Tubingen,
Archaologisches Institut
der Universitat)
Nelle foto in alto,
1. Interno di una Kylix con scena di
pentatleta che si rialza dopo il salto. V
sec. a.C. (Lecce, Museo Provinciale)
2. Anfora panatenaica del
pittore di Kleophrades:
pentatleti in gara, al suono del
doppio flauto, con lanciatore
del disco (Taranto, Museo
Archeologico Nazionale)
3. Anfora panatenaica
con scena di lotta e i giudici
pronti a frustare chi commette
infrazioni; 550 a.C. (Taranto,
Museo Archeologico Nazionale)
4. Anfora panatenaica del
pittore di Kleophrades; i
giudici indicano la distanza
regolamentare ai pugili;
480 a.C. (Taranto, Museo
Archeologico Nazionale)
5. Anfora panatenaica: quadriga in
corsa (Taranto, Museo Archeologico
Nazionale)
6. Anfora panatenaica: atleti in
armi (Taranto, Museo Archeologico
Nazionale)
7. Anfora con la fine di un
combattimento con l’atleta che
si dichiara battuto(Atene, Museo
Archeologico Nazionale)
8. Anfora panatenaica con
scena di lotta. 460 a.C. (Taranto,
Museo Archeologico Nazionale)
9. Anfora panatenaica
del pittore di
Sikelos 550 a.C.
(Napoli,
Museo Nazionale)
stica in Magna Graecia e approfondite ricerche su Krotone città olimpica. Il lungo
curriculum accademico e professionale
dei due studiosi, unitamente alla loro concreta esperienza nei siti archeologici e nei
giochi sportivi studenteschi trova oggi
conferma in questa loro ultima fatica, un
compendio di immagini e testi che consente di viaggiare agevolmente nello
sport antico.
«Ci siamo per caso incontrati nel 2002 ci riferisce Gianluca Punzo - quando collaboravo con la Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Calabria e da allora,
uniti dalla passione per la storia dello
sport antico, abbiamo iniziato un percorso comune di studi e ricerche. L'idea base
ed il filo conduttore del progetto di allestimento della mostra sono stati
quelli di percorrere
con rigorosa ricerca
scientifica le tappe
più significative
del modello aginistico ellenico partendo dalle origini
dello sport per giungere ai Greci d'Occidente, gli abitanti
delle colonie del Mediterraneo, in gran parte
insediati nel sud Italia.
Anche se non si può affermare che il sistema di
pratica sportiva dell'antica Grecia abbia in toto influenzato quello moderno basti pensare alla mancanza
del legame col sacro e al valore che oggi si dà alla semplice partecipazione alle gare e
non alla sola vittoria - la formazione e il sistema di preparazione degli atleti krotoniati
fa pensare ad una vera e propria
“scuola atletica” con un'organizzazione ben istituzionalizzata che
comprova l'elevato livello di civiltà
raggiunto dall'antica Kroton in tempi così
lontani».
«Nato da un progetto in collaborazione
con enti ed Istituzioni, la mostra vuole divenire occasione di confronto nel dibattito tra sport e cultura - ricorda Santino
Mariano - che tanto può nella promozione della crescita dei nostri giovani. E'
stata una grande soddisfazione sapere che molte personalità nel mondo
dello sport ne condividono a pieno la
filosofia e la ritengono lavoro utile
per valorizzare la candidatura alle
Olimpiadi del 2020 a Roma». L'intenzione è abbinare il progetto culturale a eventi sportivi nazionali ed
internazionali, creando momenti
significativi di diffusione e divulgazione della ricerca, presentando la mostra ad un pubblico non solo di giovani.
g.b.
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sport, certamente si deve riconoscere che
l'ha istituzionalizzato nell'ambito della società dell'epoca portandolo a diventare un
appuntamento fisso nel calendario dell'anno, con confronti agonistici, agoni ciclici
ogni due o quattro anni, campionati di diverse specialità atletiche e gare ippiche. Le
quattro competizioni sportive panelleniche, dette panegyrìs, erano
caratterizzate da un'aura sacra perché poste sotto il controllo di una divinità del pantheon ellenico e consentivano
la partecipazione di tutte le
città dell'Ellade. Al riguardo
occorre precisare la differenza sostanziale che corre tra
“giochi” e “agoni”: per i
greci il verbo giocare (paizein) indica
l'attività ludica dei bambini pàis +
zen = bambino + vivere - ancora
oggi nel dialetto napoletano corrente, come fossile linguistico, il
verbo “pazziare” indica il giocare dei bambini - mentre l'agone
(agòn) rappresenta la sofferenza
e lo scontro degli atleti che partecipano alle manifestazioni. Gli
agoni sacri Nemei e Istmici si alternavano ogni due anni, gli
Olimpici e Pitici erano, anch'essi alternati, a cadenza quadriennale, in modo che ogni
anno si svolgeva una manifestazione. La serie di agoni
che aveva luogo nell'arco di
tempo compreso tra due
Olimpiadi era detta perìodos
e gli atleti che riuscivano a vincere la loro gara in ogni agone della perìodos
erano detti periodonikes.
Gli agoni olimpici, fissati secondo un
complicato calcolo in un periodo che coincidesse con il secondo o terzo plenilunio estivo e riservati ad atleti di pura discendenza
greca, si celebravano ad Olimpia sulle rive
del fiume Alfeo in onore di Zeus ed erano le
panegyrìs più importanti. Le Olimpiadi, organizzate da aristocratici della città di Elide, iniziavano con sacrifici e cerimoniali di
giuramento degli atleti, degli allenatori e
degli Hellanodices, giudici di gara scelti tra
i patrizi e si concludevano con l'incoronazione e processione degli atleti vincitori. Nel giuramento
gli atleti garantivano di essersi allenati per almeno
dieci mesi prima di arrivare alla gara e i giudici dichiaravano di far rispettare le regole e di essere
imparziali nei giudizi.
Durante le competizioni
gli arbitri usavano la frusta, come testimoniano le pitture vascolari, per punire l'atleta scorretto e multavano le
eventuali gravi infrazioni alle regole
anche con sanzioni in danaro con il
quale venivano realizzate le zanes, piccole statue di bronzo dal carattere
espiatorio-riparatorio, dedicate a
Zeus, che venivano collocate, a titolo
di ammonimento per gli atleti, lungo la via d'accesso dello stadio. Gli
atleti vincitori di Olimpia venivano
incoronati con olivo selvatico o
edera e ricevevano come premio
vasi di bronzo, scudi e coppe dorate, anfore ricolme di olio. Nell'organizzazione classica- dal
468 a.c. in poi- la durata delle
olimpiadi passò a cinque
giornate di gare prece-
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Roma 2020
Milon, Astylos e Phayllos gli eroi di quei tempi
La statua del terzo dominava l’Acropoli di Atene
L’influenza della scuola di Pitagora
Molti atleti discepoli del filosofo, altri sentirono il suo fascino
Anche grazie a loro si affermò il mito di Olimpia
che, per quanti cambiamenti ci siano stati,
mantiene ancora il suo valore
CAMPIONI
CAMPO
TRE
IN
T
tura ellenica superiore a quella di qualunque altro popolo del Mediterraneo.
Non avrebbe potuto più gareggiare per
la sua pólis natale alla luce della coalizione con i cartaginesi.
PHAYLLOS
Phàyllos di Kroton è l'ultimo rappresentante dell'aristocrazia sportiva della pólis ionica. Vincitore per 3 volte negli Agoni Pitici di Delfi fino al 478 a.C.,
fu ricordato, soprattutto ad Atene, come eroe intervenuto in difesa della madrepatria. La statua di Phàyllos campeggiava sull'Acropoli di Atene, lungo
il percorso della processione panatenaica, insieme a quelle di altri atleti/eroi combattenti per la libertà: l'olimpionico Epicharinos per Platea e il pancraziaste Ermolykos per Micale. Tre
atleti, tre eroi della resistenza degli El-
leni al barbaro invasore, che rappresentano la sintesi perfetta tra le virtù atletiche e quelle militari. Phàyllos incarna dunque il concetto
stesso della kalokagathìa ellenica, l'essere bello e virtuoso, atleta e cittadino.
Phàyllos, infatti, armò a proprie spese una nave da guerra e partecipò alla
battaglia di Salamina contro i persiani
di Serse. Al pari di Astylos non conobbe
Pitagora ma appare chiara la sua appartenenza a quella istituzione nata a
Kroton per impulso del Maestro di Samo. L'atleta rappresentò, infatti, il prototipo di cittadino ellenico fedele al proprio èthnos e partecipe delle sofferenze
del proprio popolo. Un esempio di cittadinanza attiva nel mondo antico!
g.b.
In alto, Statua in bronzo, a grandezza naturale, di un cavallo
al galoppo guidato da un giovane fantino (Atene, Museo Archeologico Nazionale)
In basso, due Alàbastron a figure nere, primo quarto del V secolo a.C.: pentatleti
in allenamento, come testimoniato dalla presenza di un cane in campo;
lanciatore di disco con alle spalle il piccone per segnare il punto d’impatto dell’attrezzo,
davanti a lui un collega attende per lanciare il giavellotto (Collezione Archeologica Banco di Sicilia)
Krotoniati destinati al
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giare nella lotta, gli atleti si ungevano il
corpo con olio, per rendere le membra più
snodabili ed elastiche. Si cospargevano
quindi di polvere, in modo che le mani trovassero la presa senza scivolare. I due
contendenti si prendevano per le braccia
e cercavano di stendere a terra l'avversario, più con mosse improvvise di astuzia
ed agilità che di forza, fino a quando uno
dei due non si dichiarava vinto alzando la
mano. Gli assalti in cui i lottatori si affrontavano erano tre; per ottenere la vittoria si doveva abbattere l'avversario almeno due volte.
Il pancrazio, introdotto nell'olimpiade
33 (648 - 647 a. C.) consisteva in un combattimento misto di lotta e pugilato in cui
erano permessi tutti i colpi ad eccezione
dei morsi e delle dita negli occhi. I pancraziasti, dovendosi afferrare con le mani,
non portavano i cesti. Era un gara molto
simile alla nostra “lotta libera”.
Alcuni mesi prima della festa, gli organizzatori, gli Ellanodici, facevano partire
dalla sede dell'agone i tèoroi, gli ambasciatori che annunciavano, ai quattro angoli del mondo ellenico, l'inizio dei Giochi
e della ekècheiria, la cosiddetta “tregua
sacra”. Considerato, infatti, che le poleis
greche erano sempre in guerra tra loro,
veniva concesso a tutti gli Hellenes per il
tempo degli agoni di giungere dalle loro
città alle sedi delle gare e viceversa, senza
il pericolo di esser fatti prigionieri o subire danno, mediante un salvacondotto, l'ekécheiria appunto.
Alla scuola ginnica crotoniate appartenne una serie impressionante di atleti
vincitori delle olimpiadi. Dal pugile Daippos, ai corridori Glykon, Lykinos, Eratosthenes, ai più famosi Milon, lottatore,
Astylos, corridore, e Phàyllos, pentatleta, anche se siamo certi che il numero degli atleti krotoniati che parteciparono
agli agoni dovette essere molto più elevato. Lo testimoniano gli stessi scrittori antichi: Pausania [VI, 14, 5] ricorda il nome
di Timasitheos, lottatore alle olimpiadi
del 512 a.C., unico ad aver vinto nella lotta
e nel pancrazio; in quella occasione il giovane atleta, giunto in finale, non volle avvicinarsi, per deferenza, al mitico concittadino Milon. Strabone [VI, 12] dà notizia
di una gara dello stàdion a Olimpia in cui i
primi sette arrivati erano tutti krotoniati. Il risultato, che per la serie di vittorie
podio
degli stadiodromi krotoniati può datarsi tra il
588 e il 548 a.C. o tra il
508 e il 488 a.C., lascia intendere la presenza di almeno altri 5 corridori
della città, vincitori in
altri giochi, ma non alle Olimpiadi. L'arrivo
di Pitagora, stabilitosi a Kroton dopo
essere fuggito dalla
sua isola natia, contribuì alla nascita di
un nuovo modus vivendi in città, migliorando la già ben avviata e vincente scuola atletica krotoniate:
già prima del 530-29
a.C., anno della sua venuta, 5 corridori
avevano vinto sei edizioni degli agoni
olimpici e un lottatore (Milon), combattente già da dieci anni, aveva ottenuto tre
successi a Olimpia, tre a Delfi, quattro a
Nemea e sei all'Istmo. Questi risultati diedero alla scuola crotoniate un rilievo ed
una fama eccezionali e leggendari.
Solo una struttura statale, istituzionalizzata, può aver prodotto tanti atleti,
un'organizzazione perfetta che, per proprie scelte politiche, ha avuto, tra l'altro,
l'interesse a speculare sui successi agonistici per ottenere un palcoscenico di tutto
rispetto nell'ambito dell'Hellenikòn. Le
numerose vittorie sono il credito della polis di fronte al proprio ethnikòs e Pitagora
alimentò e diffuse la pratica sportiva con
la creazione di un vero e proprio sistema
educativo-sportivo, in cui l'organizzazione dei ginnasi e la preparazione degli atleti risultava di altissimo livello. Forte di 50
vittorie negli agoni panellenici - 21 alle
Olimpiadi, 10 alle Pitiche, 10 alle Istmiche e 9 alle Nemee - la città di Kroton s'impone sulla scena agonistica greca per la
costanza e la continuità dei successi. Colpisce, infatti, non solo il numero di vittorie e la varietà di specialità atletiche, gare
di velocità - stàdion, dìaulos e lotta , ma soprattutto l'arco di tempo relativamente
ristretto , tra 588 e 478 a.C, in cui sono state ottenute: per 110 anni il nome di Kroton echeggia nelle sedi degli agoni della
perìodos.
Giovanna Bergantin
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
utti di Crotone i tre campioni che
fecero impazzire per anni gli appassionati di sport di duemila e
cinquecento anni fa. Vinsero tutto e
vinse la città che rappresentavano. Eccoli.
MILON
Milon di Kroton, l'atleta il cui nome
raggiunse una fama “planetaria”, deve
essere ricordato come il lottatore più famoso del mondo antico. Nato intorno al
550 a.C. Milon è il giovanissimo atleta
che già nel 540 a.C. gareggia e vince
nella lotta per ragazzi della 60a Olimpiade. La sua fama è legata ad un palmares insuperato (7 Olimpiadi, 7
Pitiche a Delfi, 9 Nemee e 10 Istmiche a Corinto). Sebbene le fonti più tarde, in particolare quelle
che più mostrano l'influsso cristiano, tendano a marchiarlo
come un gigante dalla fame
spropositata, tanto da uccidere e
mangiare il torello che usava caricarsi in spalla per l'allenamento, l'atleta krotoniate divenne, dopo il 529 a.C., un discepolo di Pitagora e fu generale dell'esercito della pólis
nella battaglia contro Sybaris del 510 a.C. Fino al 512
a.C. Milon vince 33 finali in
28 anni di carriera! La sua
fama travalica tempo e spazio tanto che la sua morte, avvenuta per un atto di presunzione nel bosco di Kroton ad opera dei lupi, viene
presa ad esempio fin dal XV secolo attraverso quadri e statue, come quella
scolpita per il Re di Francia Luigi XIV
nel 1682 ed oggi al Louvre di Parigi.
ASTYLOS
Astylos di Kroton, corridore delle specialità di velocità (stádion e díaulos) e
dell'oplitodromia (la corsa in armi),
vincitore di 7 gare nelle edizioni olimpiche del 488, 484 e 480, da sempre, sulla
scorta del ricordo di Pausania, è additato dalla storiografia come il primo atleta traditore della propria pólis, per denaro. Possiamo dar credito a Pausania
quando afferma che divenne amico di
Hieron di Syracusai. Da cittadino aristocratico fedele alle tradizioni e ai costumi ellenici, Astylos decide, nell'edizione olimpica del 484 a.C., di presentarsi ufficialmente come siracusano
per un motivo politico piuttosto importante: Kroton si era alleata con Terillo di Himera, Theron di Akragas e
con Cartagine, il nemico numero uno
degli Elleni d'Occidente. La scelta
dunque non fu dettata dalla ricchezza
della corte di Syracusai bensì dall'onore e dalla coerenza del cittadino
Astylos. Ipotizzando che l'atleta abbia avuto circa 23 anni al momento
della sua prima vittoria nel 488 a.C. ,
si può esser certi che non abbia conosciuto personalmente Pitagora
(andato via da Kroton nel 509 a.C.)
ma appartenendo all'aristocrazia
locale deve essere cresciuto in
quella struttura istituzionale
che fu la Scuola Pitagorica di
Kroton. In tale Istituzione il
giovane atleta era stato educato al rispetto e alla conoscenza ma soprattutto a
riconoscere la cul-