Roma 2020 Le scuole e i campioni della Magna Grecia danno forza
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Roma 2020 Le scuole e i campioni della Magna Grecia danno forza
LA CALABRIA AI GIOCHI OLIMPICI di GIOVANNA BERGANTIN l protagonismo degli atleti Crotoniati, unito al forte impegno della città di Kroton a partecipare e vincere per oltre un secolo gli agoni panellenici, è il punto di partenza per raccontare dell'importante scuola ginnica nata in quella polis, esempio unico, originale e interessante che la candida ad occupare un ruolo centrale in quelli che furono i giochi olimpici nell'Occidente Mediterraneo. Questa idea vive già negli studi e nei temi di ricerca di Michele Di Donato, iniziati negli anni '60 come assistente di Bruno Zauli e proseguiti per un quarantennio come docente di Storia dell'educazione fisica e degli sport presso l'ISEF Statale di Roma. L'appassionato cultore di studi sulla Magna Graecia in un suo articolo, “Riflessioni sul rapporto tra pensiero scientifico e agonistico a Crotone dal VI al V sec. a.C.”, dopo aver delineato i tratti della scuola atletica crotoniate con i suoi campioni, ipotizza la nascita a Crotone del ginnasio, come luogo di pratica atletica, già nel VI sec. a.C.. Questa tesi, cara a tutti i crotonesi moderni, viene ripresa in una recente e avvincente ricerca rappresentata nei 60 pannelli della mostra iconografica “L'Agonistica tra i Greci d'Occidente” e riprodotta in un catalogo di prossima I pubblicazione, curati da Santino Mariano, coordinatore di educazione motoria, fisica e sportiva di Crotone e da Gianluca Punzo, archeologo, e con il sostegno del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria. La mostra, attraverso le tappe più significative del modello agonistico ellenico ed in particolare dell'Occidente mediterraneo, offre materia preziosa per approfondire il moderno dibattito in cui sport e cultura costituiscono solide fondamenta alla crescita delle moderne generazioni e rappresenta anche un'occasione per riproporre la lunga storia, spesso sconosciuta, dei valori etici e spirituali contenuti nelle più profonde radici dello sport, soprattutto quello di fama olimpica. Questi studi danno nuovo impulso all'argomento e offrono l'occasione a Mario Pescante, vice presidente CIO e alla guida del comitato promotore di Roma 2020, di puntualizzare che nella polis di Crotone «nasce la ginnastica educativa, la scuola di Pitagora e la scuola medica di Alcmeone e, grazie a ciò, gli atleti della Grecia d'Occidente, conquistavano gli allori del successo nelle competizioni previste degli agoni panellenici» e di definire questa ricerca «una testimonianza oggettiva dei valori originari dell'olimpismo e dello sport, il cui recupero, la loro diffusione e il loro rispetto, resta essenziale per affermare il valore dell'Olimpismo e dello sport». Infatti, lo studio, delimitando la ricerca a quelle città che diedero i natali ad atleti olimpionici, contribuisce ad evidenziare la forza e le caratteristiche della scuola atletica di Kroton nel circuito delle manifestazioni sportive del Megàle Hellàs. Così, l'esposizione dei pannelli policromi, corredati da una serie di tavole, oltre ad un'occasione di confronto sull'archeologia del sapere di questa regione, mostra le origini remote dello sport, che tanta parte ebbe nelle olimpiadi antiche, e contribuisce a rafforzare la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020, anche con una serie di ulteriori iniziative finalizzate a diffondere nella società di oggi i valori più autentici dello sport e dello spirito olimpico. Ma perché la candidatura romana ai giochi olimpici del 2020 passa anche attraverso la gloriosa storia delle olimpiadi antiche ed in particolare di quella sportiva di Kroton? Cosa convalida l'idea di metterle in così stretta relazione? Se non possiamo affermare che il mondo dell'Hellenikòn abbia inventato lo segue a pagina 16 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Roma 2020 Le scuole e i campioni della Magna Grecia danno forza alla candidatura della capitale 16 Domenica 6 marzo 2011 1 Roma 2020 Dai successi dei Greci d’Occidente alla scuola di Kroton continua da pagina 15 2 SI 4 GIOCA dute dalla cerimonia di apertura con un pomposo corteo (hellanodices, delegati delle polis, atleti allenatori) che si ammassava intorno alla statua di Zeus, dove i sacerdoti immolavano due buoi. Le competizioni agonistiche olimpiche erano inaugurate dalle corse dei carri e dei cavalli, seguivano poi il pentathlon, le gare di corsa, la lotta e il pugilato dei ragazzi. Successivamente si ritornava alle gare degli adulti con stàdion, dìaulos e dòlichos (i tre tipi di corsa veloce e di fondo), lotta, pugilato e pancrazio. L'ultima in programma era l'oplitodromia, la corsa in armi, in cui gli atleti correvano con elmo, schinieri, scudo e giavellotto. Le Olimpiadi, che si volsero in 292 edizioni dal 776 a. C. fino al 394 d. C., anno in cui Teodosio le abolì, ci lasciano una lucida testimonianza di tutte le specialità atletiche di allora, parte delle quali sono arrivati fino ad oggi: corsa a piedi, lotta, salto, disco, pugilato. Se la corsa sui carri era, probabilmente, la gara più antica e conosciuta, la più importante era quella a piedi, con il vincitore iscritto per primo nelle liste olimpioniche. Nello stadio i giochi iniziavano, allo squillo di tromba come start, con lo stadion, corsa veloce sulla distanza di circa 185 metri, poi il diaulos, corsa di velocità prolungata, in cui si percorreva la distanza di due stadi, in tutto circa 370 metri e quindi il dolichos, introdotto nell'olimpiade 15 (720 - 719 a. C.) dove la distanza comprendeva circa 4.440 metri, corrispondente a 24 stadi. Il pentathlon, introdotto nella olimpiade 18 (708 707 a. C.), con le sue cinque gare - salto in lungo, corsa a piedi di velocità, lancio del disco e del giavellotto, pugilato - era la gara che univa forza fisica ad agilità. Dopo ogni specialità solo i migliori potevano accedere alla prova successiva, cosicché alla fine i due più forti si trovavano di fronte nella lotta. Nel salto in lungo l'atleta doveva staccarsi da terra e proiettarsi il più lontano possibile. Per aumentare lo slancio e, allo stesso tempo, bilanciare e coordinare i movimenti di braccia e gambe, i saltatori si servivano di manubri metallici che tenevano uno per mano, formati da un'impugnatura e da un'estremità a forma di campana piena e pesante. Il lancio del disco probabilmente fu la competizione più celebre, particolarmente amata dai greci. Il disco era una piastra di metallo dalla forma rotonda e schiacciata, di 15-20 centimetri di diametro, lo si teneva in mano e, facendo perno su una gamba, si scagliava il più lontano possibile, bilanciandolo col braccio in un movimento rotatorio dall'alto al basso e in avanti. Il giavellotto era un'asta di legno appuntita lunga circa un metro e mezzo con un'impugnatura costituita da un laccio di cuoio che serviva all'atleta, dopo una breve rincorsa, per scagliare l'attrezzo con una traiettoria stabile e bilanciata. Il pugilato era un combattimento tra due avversari che cercavano di colpirsi con i pugni protetti e rinforzati da strisce di pelle di bue, con cui fasciavano le mani e gli avambracci, fino ai gomiti. Questa rivestitura, detta “cesto”, aumentava la potenza dei colpi, a tal punto che il combattimento poteva diventare violentissimo; spesso i lottatori finivano per rimanere sfigurati nel volto e nel corpo. Per gareg- Gli atleti scorretti puniti con frusta e multe Il lancio del disco la competizione più amata segue a pagina 19 5 STOP 6 7 8 9 GUERRE Gli autori della mostra e del catalogo L’educazione fisica incontra l’archeologia L a mostra iconografica ed il catalogo in corso di pubblicazione, pur supportati da diversi contributi e consensi istituzionali che hanno reso possibile e sostenuto il lavoro di ricerca, sono opera di due giovani studiosi, appassionati di agonismo ellenico e storia antica dello sport, uno archeologo, l'altro docente di educazione fisica, con alle spalle diversi scritti e raccolte di studi sull'agoni- Statuina bronzea di oplitodromo, al momento della partenza. (Tubingen, Archaologisches Institut der Universitat) Nelle foto in alto, 1. Interno di una Kylix con scena di pentatleta che si rialza dopo il salto. V sec. a.C. (Lecce, Museo Provinciale) 2. Anfora panatenaica del pittore di Kleophrades: pentatleti in gara, al suono del doppio flauto, con lanciatore del disco (Taranto, Museo Archeologico Nazionale) 3. Anfora panatenaica con scena di lotta e i giudici pronti a frustare chi commette infrazioni; 550 a.C. (Taranto, Museo Archeologico Nazionale) 4. Anfora panatenaica del pittore di Kleophrades; i giudici indicano la distanza regolamentare ai pugili; 480 a.C. (Taranto, Museo Archeologico Nazionale) 5. Anfora panatenaica: quadriga in corsa (Taranto, Museo Archeologico Nazionale) 6. Anfora panatenaica: atleti in armi (Taranto, Museo Archeologico Nazionale) 7. Anfora con la fine di un combattimento con l’atleta che si dichiara battuto(Atene, Museo Archeologico Nazionale) 8. Anfora panatenaica con scena di lotta. 460 a.C. (Taranto, Museo Archeologico Nazionale) 9. Anfora panatenaica del pittore di Sikelos 550 a.C. (Napoli, Museo Nazionale) stica in Magna Graecia e approfondite ricerche su Krotone città olimpica. Il lungo curriculum accademico e professionale dei due studiosi, unitamente alla loro concreta esperienza nei siti archeologici e nei giochi sportivi studenteschi trova oggi conferma in questa loro ultima fatica, un compendio di immagini e testi che consente di viaggiare agevolmente nello sport antico. «Ci siamo per caso incontrati nel 2002 ci riferisce Gianluca Punzo - quando collaboravo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria e da allora, uniti dalla passione per la storia dello sport antico, abbiamo iniziato un percorso comune di studi e ricerche. L'idea base ed il filo conduttore del progetto di allestimento della mostra sono stati quelli di percorrere con rigorosa ricerca scientifica le tappe più significative del modello aginistico ellenico partendo dalle origini dello sport per giungere ai Greci d'Occidente, gli abitanti delle colonie del Mediterraneo, in gran parte insediati nel sud Italia. Anche se non si può affermare che il sistema di pratica sportiva dell'antica Grecia abbia in toto influenzato quello moderno basti pensare alla mancanza del legame col sacro e al valore che oggi si dà alla semplice partecipazione alle gare e non alla sola vittoria - la formazione e il sistema di preparazione degli atleti krotoniati fa pensare ad una vera e propria “scuola atletica” con un'organizzazione ben istituzionalizzata che comprova l'elevato livello di civiltà raggiunto dall'antica Kroton in tempi così lontani». «Nato da un progetto in collaborazione con enti ed Istituzioni, la mostra vuole divenire occasione di confronto nel dibattito tra sport e cultura - ricorda Santino Mariano - che tanto può nella promozione della crescita dei nostri giovani. E' stata una grande soddisfazione sapere che molte personalità nel mondo dello sport ne condividono a pieno la filosofia e la ritengono lavoro utile per valorizzare la candidatura alle Olimpiadi del 2020 a Roma». L'intenzione è abbinare il progetto culturale a eventi sportivi nazionali ed internazionali, creando momenti significativi di diffusione e divulgazione della ricerca, presentando la mostra ad un pubblico non solo di giovani. g.b. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro sport, certamente si deve riconoscere che l'ha istituzionalizzato nell'ambito della società dell'epoca portandolo a diventare un appuntamento fisso nel calendario dell'anno, con confronti agonistici, agoni ciclici ogni due o quattro anni, campionati di diverse specialità atletiche e gare ippiche. Le quattro competizioni sportive panelleniche, dette panegyrìs, erano caratterizzate da un'aura sacra perché poste sotto il controllo di una divinità del pantheon ellenico e consentivano la partecipazione di tutte le città dell'Ellade. Al riguardo occorre precisare la differenza sostanziale che corre tra “giochi” e “agoni”: per i greci il verbo giocare (paizein) indica l'attività ludica dei bambini pàis + zen = bambino + vivere - ancora oggi nel dialetto napoletano corrente, come fossile linguistico, il verbo “pazziare” indica il giocare dei bambini - mentre l'agone (agòn) rappresenta la sofferenza e lo scontro degli atleti che partecipano alle manifestazioni. Gli agoni sacri Nemei e Istmici si alternavano ogni due anni, gli Olimpici e Pitici erano, anch'essi alternati, a cadenza quadriennale, in modo che ogni anno si svolgeva una manifestazione. La serie di agoni che aveva luogo nell'arco di tempo compreso tra due Olimpiadi era detta perìodos e gli atleti che riuscivano a vincere la loro gara in ogni agone della perìodos erano detti periodonikes. Gli agoni olimpici, fissati secondo un complicato calcolo in un periodo che coincidesse con il secondo o terzo plenilunio estivo e riservati ad atleti di pura discendenza greca, si celebravano ad Olimpia sulle rive del fiume Alfeo in onore di Zeus ed erano le panegyrìs più importanti. Le Olimpiadi, organizzate da aristocratici della città di Elide, iniziavano con sacrifici e cerimoniali di giuramento degli atleti, degli allenatori e degli Hellanodices, giudici di gara scelti tra i patrizi e si concludevano con l'incoronazione e processione degli atleti vincitori. Nel giuramento gli atleti garantivano di essersi allenati per almeno dieci mesi prima di arrivare alla gara e i giudici dichiaravano di far rispettare le regole e di essere imparziali nei giudizi. Durante le competizioni gli arbitri usavano la frusta, come testimoniano le pitture vascolari, per punire l'atleta scorretto e multavano le eventuali gravi infrazioni alle regole anche con sanzioni in danaro con il quale venivano realizzate le zanes, piccole statue di bronzo dal carattere espiatorio-riparatorio, dedicate a Zeus, che venivano collocate, a titolo di ammonimento per gli atleti, lungo la via d'accesso dello stadio. Gli atleti vincitori di Olimpia venivano incoronati con olivo selvatico o edera e ricevevano come premio vasi di bronzo, scudi e coppe dorate, anfore ricolme di olio. Nell'organizzazione classica- dal 468 a.c. in poi- la durata delle olimpiadi passò a cinque giornate di gare prece- 3 17 Domenica 6 marzo 2011 18 Domenica 6 marzo 2011 19 Domenica 6 marzo 2011 Roma 2020 Milon, Astylos e Phayllos gli eroi di quei tempi La statua del terzo dominava l’Acropoli di Atene L’influenza della scuola di Pitagora Molti atleti discepoli del filosofo, altri sentirono il suo fascino Anche grazie a loro si affermò il mito di Olimpia che, per quanti cambiamenti ci siano stati, mantiene ancora il suo valore CAMPIONI CAMPO TRE IN T tura ellenica superiore a quella di qualunque altro popolo del Mediterraneo. Non avrebbe potuto più gareggiare per la sua pólis natale alla luce della coalizione con i cartaginesi. PHAYLLOS Phàyllos di Kroton è l'ultimo rappresentante dell'aristocrazia sportiva della pólis ionica. Vincitore per 3 volte negli Agoni Pitici di Delfi fino al 478 a.C., fu ricordato, soprattutto ad Atene, come eroe intervenuto in difesa della madrepatria. La statua di Phàyllos campeggiava sull'Acropoli di Atene, lungo il percorso della processione panatenaica, insieme a quelle di altri atleti/eroi combattenti per la libertà: l'olimpionico Epicharinos per Platea e il pancraziaste Ermolykos per Micale. Tre atleti, tre eroi della resistenza degli El- leni al barbaro invasore, che rappresentano la sintesi perfetta tra le virtù atletiche e quelle militari. Phàyllos incarna dunque il concetto stesso della kalokagathìa ellenica, l'essere bello e virtuoso, atleta e cittadino. Phàyllos, infatti, armò a proprie spese una nave da guerra e partecipò alla battaglia di Salamina contro i persiani di Serse. Al pari di Astylos non conobbe Pitagora ma appare chiara la sua appartenenza a quella istituzione nata a Kroton per impulso del Maestro di Samo. L'atleta rappresentò, infatti, il prototipo di cittadino ellenico fedele al proprio èthnos e partecipe delle sofferenze del proprio popolo. Un esempio di cittadinanza attiva nel mondo antico! g.b. In alto, Statua in bronzo, a grandezza naturale, di un cavallo al galoppo guidato da un giovane fantino (Atene, Museo Archeologico Nazionale) In basso, due Alàbastron a figure nere, primo quarto del V secolo a.C.: pentatleti in allenamento, come testimoniato dalla presenza di un cane in campo; lanciatore di disco con alle spalle il piccone per segnare il punto d’impatto dell’attrezzo, davanti a lui un collega attende per lanciare il giavellotto (Collezione Archeologica Banco di Sicilia) Krotoniati destinati al continua da pagina 16 giare nella lotta, gli atleti si ungevano il corpo con olio, per rendere le membra più snodabili ed elastiche. Si cospargevano quindi di polvere, in modo che le mani trovassero la presa senza scivolare. I due contendenti si prendevano per le braccia e cercavano di stendere a terra l'avversario, più con mosse improvvise di astuzia ed agilità che di forza, fino a quando uno dei due non si dichiarava vinto alzando la mano. Gli assalti in cui i lottatori si affrontavano erano tre; per ottenere la vittoria si doveva abbattere l'avversario almeno due volte. Il pancrazio, introdotto nell'olimpiade 33 (648 - 647 a. C.) consisteva in un combattimento misto di lotta e pugilato in cui erano permessi tutti i colpi ad eccezione dei morsi e delle dita negli occhi. I pancraziasti, dovendosi afferrare con le mani, non portavano i cesti. Era un gara molto simile alla nostra “lotta libera”. Alcuni mesi prima della festa, gli organizzatori, gli Ellanodici, facevano partire dalla sede dell'agone i tèoroi, gli ambasciatori che annunciavano, ai quattro angoli del mondo ellenico, l'inizio dei Giochi e della ekècheiria, la cosiddetta “tregua sacra”. Considerato, infatti, che le poleis greche erano sempre in guerra tra loro, veniva concesso a tutti gli Hellenes per il tempo degli agoni di giungere dalle loro città alle sedi delle gare e viceversa, senza il pericolo di esser fatti prigionieri o subire danno, mediante un salvacondotto, l'ekécheiria appunto. Alla scuola ginnica crotoniate appartenne una serie impressionante di atleti vincitori delle olimpiadi. Dal pugile Daippos, ai corridori Glykon, Lykinos, Eratosthenes, ai più famosi Milon, lottatore, Astylos, corridore, e Phàyllos, pentatleta, anche se siamo certi che il numero degli atleti krotoniati che parteciparono agli agoni dovette essere molto più elevato. Lo testimoniano gli stessi scrittori antichi: Pausania [VI, 14, 5] ricorda il nome di Timasitheos, lottatore alle olimpiadi del 512 a.C., unico ad aver vinto nella lotta e nel pancrazio; in quella occasione il giovane atleta, giunto in finale, non volle avvicinarsi, per deferenza, al mitico concittadino Milon. Strabone [VI, 12] dà notizia di una gara dello stàdion a Olimpia in cui i primi sette arrivati erano tutti krotoniati. Il risultato, che per la serie di vittorie podio degli stadiodromi krotoniati può datarsi tra il 588 e il 548 a.C. o tra il 508 e il 488 a.C., lascia intendere la presenza di almeno altri 5 corridori della città, vincitori in altri giochi, ma non alle Olimpiadi. L'arrivo di Pitagora, stabilitosi a Kroton dopo essere fuggito dalla sua isola natia, contribuì alla nascita di un nuovo modus vivendi in città, migliorando la già ben avviata e vincente scuola atletica krotoniate: già prima del 530-29 a.C., anno della sua venuta, 5 corridori avevano vinto sei edizioni degli agoni olimpici e un lottatore (Milon), combattente già da dieci anni, aveva ottenuto tre successi a Olimpia, tre a Delfi, quattro a Nemea e sei all'Istmo. Questi risultati diedero alla scuola crotoniate un rilievo ed una fama eccezionali e leggendari. Solo una struttura statale, istituzionalizzata, può aver prodotto tanti atleti, un'organizzazione perfetta che, per proprie scelte politiche, ha avuto, tra l'altro, l'interesse a speculare sui successi agonistici per ottenere un palcoscenico di tutto rispetto nell'ambito dell'Hellenikòn. Le numerose vittorie sono il credito della polis di fronte al proprio ethnikòs e Pitagora alimentò e diffuse la pratica sportiva con la creazione di un vero e proprio sistema educativo-sportivo, in cui l'organizzazione dei ginnasi e la preparazione degli atleti risultava di altissimo livello. Forte di 50 vittorie negli agoni panellenici - 21 alle Olimpiadi, 10 alle Pitiche, 10 alle Istmiche e 9 alle Nemee - la città di Kroton s'impone sulla scena agonistica greca per la costanza e la continuità dei successi. Colpisce, infatti, non solo il numero di vittorie e la varietà di specialità atletiche, gare di velocità - stàdion, dìaulos e lotta , ma soprattutto l'arco di tempo relativamente ristretto , tra 588 e 478 a.C, in cui sono state ottenute: per 110 anni il nome di Kroton echeggia nelle sedi degli agoni della perìodos. Giovanna Bergantin E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro utti di Crotone i tre campioni che fecero impazzire per anni gli appassionati di sport di duemila e cinquecento anni fa. Vinsero tutto e vinse la città che rappresentavano. Eccoli. MILON Milon di Kroton, l'atleta il cui nome raggiunse una fama “planetaria”, deve essere ricordato come il lottatore più famoso del mondo antico. Nato intorno al 550 a.C. Milon è il giovanissimo atleta che già nel 540 a.C. gareggia e vince nella lotta per ragazzi della 60a Olimpiade. La sua fama è legata ad un palmares insuperato (7 Olimpiadi, 7 Pitiche a Delfi, 9 Nemee e 10 Istmiche a Corinto). Sebbene le fonti più tarde, in particolare quelle che più mostrano l'influsso cristiano, tendano a marchiarlo come un gigante dalla fame spropositata, tanto da uccidere e mangiare il torello che usava caricarsi in spalla per l'allenamento, l'atleta krotoniate divenne, dopo il 529 a.C., un discepolo di Pitagora e fu generale dell'esercito della pólis nella battaglia contro Sybaris del 510 a.C. Fino al 512 a.C. Milon vince 33 finali in 28 anni di carriera! La sua fama travalica tempo e spazio tanto che la sua morte, avvenuta per un atto di presunzione nel bosco di Kroton ad opera dei lupi, viene presa ad esempio fin dal XV secolo attraverso quadri e statue, come quella scolpita per il Re di Francia Luigi XIV nel 1682 ed oggi al Louvre di Parigi. ASTYLOS Astylos di Kroton, corridore delle specialità di velocità (stádion e díaulos) e dell'oplitodromia (la corsa in armi), vincitore di 7 gare nelle edizioni olimpiche del 488, 484 e 480, da sempre, sulla scorta del ricordo di Pausania, è additato dalla storiografia come il primo atleta traditore della propria pólis, per denaro. Possiamo dar credito a Pausania quando afferma che divenne amico di Hieron di Syracusai. Da cittadino aristocratico fedele alle tradizioni e ai costumi ellenici, Astylos decide, nell'edizione olimpica del 484 a.C., di presentarsi ufficialmente come siracusano per un motivo politico piuttosto importante: Kroton si era alleata con Terillo di Himera, Theron di Akragas e con Cartagine, il nemico numero uno degli Elleni d'Occidente. La scelta dunque non fu dettata dalla ricchezza della corte di Syracusai bensì dall'onore e dalla coerenza del cittadino Astylos. Ipotizzando che l'atleta abbia avuto circa 23 anni al momento della sua prima vittoria nel 488 a.C. , si può esser certi che non abbia conosciuto personalmente Pitagora (andato via da Kroton nel 509 a.C.) ma appartenendo all'aristocrazia locale deve essere cresciuto in quella struttura istituzionale che fu la Scuola Pitagorica di Kroton. In tale Istituzione il giovane atleta era stato educato al rispetto e alla conoscenza ma soprattutto a riconoscere la cul-