la fisica della città - PhySyCom UniBO
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LA FISICA DELLA CITTÀ Mobilis: un laboratorio virtuale per una mobilità sostenibile Bruno Giorgini e Giuseppina Melchiorre (*) (*) Dipartimento di Fisica e INFN Bologna Italia Bologna aprile 2004 PREMESSA Nell'ambito del gruppo di Fisica dei Sistemi Complessi dell'Università di Bologna, abbiamo cominciato a studiare la fisica della città. In particolare la mobilità urbana e/o metropolitana. Dando luogo a un modello fisico-matematico che si è costituito in sistema virtuale per una mobilità sostenibile: il Mobilis in Mobile. Se si vuole: il primo mattone di un laboratorio di fisica della città. Per descriverne, comprenderne, e eventualmente prevederne l'evoluzione [1]. LA MOBILITÀ Possiamo definire la mobilità come la propensione di ciascun individuo (cittadino) a muoversi in una topologia spazio-temporale che, nel nostro caso, rappresenti una qualunque planimetria urbana. Si tratta quindi di una proprietà del singolo. La mobilità si esercita con diversi mezzi: a piedi, sulle due ruote, tramite trasporto pubblico e autoveicoli privati, eccetera. La diciamo sostenibile quando non solo l'impatto ambientale è a basso tasso di inquinamento, ma soprattutto questi diversi mezzi concorrono, cooperano, a una mobilità fluida, comoda e bella. MOBILITÀ ORIGINE-DESTINAZIONE E MOBILITÀ ZIGZAGANTE Tradizionalmente la mobilità viene partita in due sottoclassi, quella origine destinazione (O-D) e quella zigzagante o asistematica. Per mobilità O-D si intende quella in cui l'origine e la destinazione sono ben collocate, nello spazio e nel tempo. E corrispondono quasi sempre al percorso casa-lavoro. Quando le grandi concentrazioni industriali costituivano i bacini di attrazione per una vasta utenza, questa mobilità era preponderante. Inoltre, era abbastanza regolare e quasi periodica, perciò prevedibile, almeno in linea di principio. Invece, quella asistematica, non presentando regolarità spazio-temporali, è assai più difficilmente codificabile sotto forma di matrici O-D, perché la quantità d'informazione richiesta per scriverle sarebbe enorme. In altri termini la mobilità asistematica è caratterizzata da un alto tasso di incertezza e imprevedibilità intrinseche. Finché la mobilità asistematica è una percentuale piccola dell'intera mobilità la si può trascurare. Ma quando diventa dell'ordine del 50 %, evidentemente gli studi sulla mobilità non possono prescindere da essa. Se per esempio consideriamo l'intera regione Emilia-Romagna, vediamo che il 53% degli spostamenti extracomunali sono di tipo sistematico e a orario vincolato, mentre ben il 47% sono asistematici e a orario libero [2]. Questo dato si accentua in modo significativo per gli spostamenti urbani. Inoltre la popolazione che la pratica non è univocamente definibile, ma piuttosto una mixité di popolazioni. Ci sono i residenti (e perciò censibili, ovvero contabili) a cui si aggiungono popolazioni fluttuanti che arrivano in città, con gli statuti più diversi, per le occasioni più diverse, e restano per i periodi più diversi. Chi viene per fiere o mostre o altri eventi culturali, economici, politici, artistici, spettacolari, chi per un tempo di lavoro, chi per un tempo di studio, chi per un tempo di vacanza, chi per un fine settimana, chi per un mese, eccetera, senza dimenticare i molti, e destinati a crescere, migranti senza lavoro fisso, e spesso senza dimora fissa. Insomma abbiamo tutta una popolazione di girovaghi su grande e piccola scala -in linguaggio sociologico city users- che zigzaga nella città e nell'areametropolitana, rendendo la mobilità assai più complessa di quanto non fosse fino a pochi anni fa. I MODELLI URBANI Il problema di costruire modelli utili per studiare le dinamiche della crescita urbana, le trasformazioni sociali e la mobilità dei cittadini, fu posto a partire dagli anni '60.Questi modelli furono sviluppati sia per tentare di spiegare la struttura complessiva della città, intesa come oggetto intrinsecamente razionale (quindi matematizzabile, almeno per via analogica), sia per aiutare a predire le conseguenze della pianificazione urbana (planning), considerata allora come globale, centralizzata e sottesa da una filosofia illuministica (nei casi migliori). In breve, furono costruiti modelli globali, macroscopici, statici e/o stazionari con differenti approcci. Quelli meccanici (modelli gravitazionali), quelli termodinamici (modelli entropici) o, specialmente negli USA e nel mondo anglosassone, modelli basati sulla teoria dei giochi, o su equazioni del tipo Lotka-Volterra, in specie per descrivere i processi decisionali (con i relativi conflitti) di pianificazione. Scendendo nello specifico dei modelli O-D, vengono definiti due punti, l'origine e la destinazione, e un solo percorso nel caso deterministico, o più percorsi (archi) con una probabilità assegnata a priori, nel caso stocastico. Le due variabili fondamentali sono la capacità delle strade e il volume degli veicoli pubblici e privati, e il parametro critico è il rapporto tra loro. Di solito i valori delle variabili sono scelti a tempi costanti e mediati su un certo numero di questi intervalli temporali per ottenere un comportamento medio. Questi modelli, quindi, descrivono una situazione di equilibrio macroscopico, mentre le proprietà dinamiche del singolo sono trascurate. Ovvero danno risultati affidabili soltanto se il traffico è sufficientemente regolare e non affetto da forti, improvvisi e inaspettati cambiamenti di flusso. Cioè i modelli O-D sono impotenti a studiare i possibili regimi turbolenti e le eventuali transizioni di fase, oltre a essere incapaci di descrivere la mobilità zigzagante. Però per prendere in conto la dinamica propriamente detta, e le possibili evoluzioni lontane dall'equilibrio,insorgevano due difficoltà maggiori. Per un verso era difficile raccogliere serie temporali di dati sufficientemente fitte e lunghe da poter seguire empiricamente l'evoluzionedi una qualche osservabile significativa, per l'altrole equazioni dinamiche che si possono impostare sono quasi sempre non lineari, in genere non risolvibili per via analitica. Il panorama cambia agli inizi degli anni '70,sia perché i modelli su larga scala sono troppo lontani dalla realtà [3], sia perché si comincia a studiare la città come sistema dinamico [4]. Nel contempo abbiamo un grande sviluppo degli studi attinenti i sistemi non lineari e complessi, sia deterministici che stocastici. Sviluppo che va di pari passo con la crescita esponenziale della potenza computazionale delle macchine e l'invenzionedi nuovi linguaggi a oggetti (object oriented) che aprono la possibilità di esperimentare sistemi complessi, usando il calcolatore come laboratorio virtuale. Inoltre nell'ambitourbanistico cambia il concetto di planning. Gli urbanisti scoprono che le azioni del singolo, così come le opinioni e le iniziative di libere, e spesso spontanee, associazioni di cittadini diventano rilevanti ai fini della pianificazione territoriale, dalla strada al quartiere, alla città intera. Infatti la percezione dello spazio-tempo urbano cambia dal singolo fino ai differenti gruppi sociali, di interesse, culturali eccetera. In quest'ottica,il piano regolatore, viene concepito più come strumento in grado di armonizzare queste diversità, che come modo di governo centralizzato e precostituito dall'alto.Se si vuole: la pianificazione diventa un processo che deve essere sensibile alle rapide variazioni sia degli atteggiamenti individuali che dei comportamenti collettivi. Nel linguaggio della fisica si può dire così: non esiste più un osservatore generale privilegiato ma una miriade di osservatori locali, per così dire egualitari, ciascuno con i propri strumenti di misura. Soltanto la loro composizione può dar luogo a una visione comune. Composizione che sarà sempre costituente, ovvero dinamica e mai costituita una volta per tutte, cioè mai statica. IL MOBILIS La domanda scientifica è quindi se, e come, si può modellare la mobilità asistematica. E tentare previsioni nel mondo dell'imprevedibile. Vediamo come. Possiamo distinguere due principali livelli per il nostro modello: 1) una mobilità individuale che mescola aspetti probabilistici e deterministici; 2) una mobilità più complessa in cui il cittadino, oltre alle caratteristiche precedenti, interagisce con oggetti urbani che chiamiamo cronotopi (letteralmente: luoghi del tempo). Il caso 1 può essere studiato, almeno nell'approssimazionedi campo medio, con metodi analitici. Il buon accordo, da noi trovato, garantisce almeno che l'implementazionealgoritmica è esente da patologie e/o inconsistenze interne (Fig.1). Fig.1 Confronto tra le soluzioni di campo medio U(t), percentuale di utenti al tempo t, e A(t), percentuale in attesa, (linee continue) e le simulazioni (rombi) per diverse frequenze dei mezzi pubblici, il cui numero per ogni linea è 5 a sinistra, 7 al centro e 10 a destra. Più precisamente. Lo spazio-tempo urbano viene rappresentato da un reticolo di N N strade a cui sovrapponiamo una griglia di n n linee di trasporto pubblico. Come vedremo questa topologia è facilmente adattabile a qualunque planimetria urbana. I passi temporali sono scanditi dall'orologio del calcolatore, che definisce il normaletempo fisico, newtoniano. Su questo reticolo si muovono a caso (moto browniano) gli individui, (componenti elementari del sistema), di dimensione zero (puntiformi), saltando a ogni passo temporale da un incrocio a uno dei suoi primi vicini. In queste condizioni diremo che si trova nello stato di pedone (p), il quale si muove con velocità v (costante). Quando un pedone arriva a un incrocio che è anche un nodo di interscambio (stazione) con le linee di trasporto pubblico, sale necessariamente su un mezzo e diventa utente (u). In presenza di più mezzi che si muovono in direzioni diverse, sceglie in modo probabilistico. Se il pedone in stazione non trova nessuno mezzo, attende fino al suo arrivo, diventa cioè in attesa (a). Così abbiamo per il nostro cittadino tre stati dinamici possibili (p, u, a). I mezzi pubblici (treni) si muovono in modo deterministico secondo, per esempio, una legge di isocronia, che governa di norma le metropolitane, e con una velocità V v . Assumendo come unitario il tempo impiegato da un pedone per andare da un incrocio all'altro,e da un treno per percorrere la distanza tra due stazioni successive, allora il rapporto tra le due velocità vale n N . Ovviamente questa dinamica dei mezzi pubblici è realistica solo per le metropolitane, mentre per i mezzi di superficie (autobus, tram, filobus) entrano in gioco le possibili perturbazioni dovute al traffico privato (rallentamenti, ingorghi, eccetera), che sono state simulate, per ora, tramite una funzione di viscosità (Fig.2). Fig.2 Sono visibili i mezzi pubblici (barre viola), tre cronotopi e la densità dei cittadini in ogni nodo, che varia secondo la scala cromatica del visibile. In questo schema, e in generale, particolare cura va posta nella definizione delle condizioni al contorno, tenendo conto che la città e la mobilità sono sistemi naturalmente aperti. Prima di introdurre i cronotopi, riflettiamo un momento sul cittadino pedone. Il suo stato di moto può essere descritto da una successione delle 4 direzioni possibili ( alto, basso, sinistra, destra) che, a ogni passo temporale, a partire dall'istante iniziale, definiscono la mossa del pedone. Si costruisce così un codice che individua il movimento dal singolo (una sorta di codice genetico della mobilità individuale del tipo ). Dato il punto di partenza, quello di arrivo si ottiene sommando vettorialmente le varie direzioni, e spostando il pedone secondo il vettore somma. Ovvero tutti i movimenti possibili dopo n passi temporali sono codificati da una parola di lunghezza n, formata da 4 simboli. Si possono introdurre regole grammaticali, per esempio inibendo la presenza di simboli opposti adiacenti oppure di circoli viziosi . Il che equivale a dotare il nostro pedone di memoria, che può essere a breve e/o a lungo termine. Sapendo che quanto più questa memoria è estesa, tanto meno il sistema è statisticamente puro (markoviano). Per quanto ci riguarda abbiamo lasciato agli individui un fondo stocastico, per cui è sempre possibile che il singolo torni sui propri passi o si muova lungo un circolo vizioso. È questo un modo di salvaguardare il libero arbitrio (e l'imprevisto)anche laddove le scelte possono non apparire razionali sotto il profilo dell'efficienzae/o dell'economia, nel nostro caso di tempo (la distanza è temporale, misurata dall'orologio del calcolatore). Per questa parte, se assumiamo i componenti elementari come esseri viventi, al tempo fisico scandito dall'orologiodel calcolatore vanno sovrapposti, almeno in linea di principio, i ritmi circadiani. Passiamo al secondo livello, introducendo i cronotopi. Definiamo cronotopi i luoghi generatori di dinamiche temporali a differenti scale. Più precisamente: il cronotopo è l' agente primigenio dell'attivitàtemporale urbana, ovvero quello che introduce (genera) correlazioni temporali che non ci sarebbero in sua assenza. Nel linguaggio dell'urbanisticachiamiamo cronotopo un'area contrassegnata (individuata) da funzioni calendarizzate. Per esempio la funzione “istruzione superiore” che si concretizza nell'università,aperta supponiamo dalle 8 alle 20, o la funzione “trasmissione della posta” che si concretizza nell'ufficiopostale aperto dalle 8 alle 14. Quindi sul reticolo implementiamo una struttura (carta) cronotopica (centri commerciali, università, scuole, ospedali, eccetera). I cronotopi esercitano una attrazione su differenti categorie di cittadini. Per l'Università,studenti, professori, personale tecnico e amministrativo. Questa attrazione viene modellata con una forza. Non si tratta di una forza newtoniana, nel senso che non produce accelerazione, e non vale il principio di azione e reazione. Matematicamente l'abbiamoscritta come forza elastica. Viceversa il singolo avrà una propensione per l'unoo l'altrodei cronotopi, ovvero una o più “cariche” cronotopiche che vanno a far parte del suo corredo genetico, oltre ad alcune caratteristiche sociologiche, attività, sesso, età, eccetera. Rimane sempre, comunque, una quota di cittadini senza alcuna propensione. Per ora abbiamo distinto le propensioni in forti e deboli, per esempio è forte quella per il luogo di lavoro, debole quella per un luogo di divertimento. Detto in altri termini, il cittadino è munito di un'agendagiornaliera che indica in successione i cronotopi che intende visitare (il dato medio, che viene dagli studi sociologici, è di 2,6 obiettivi per individuo nelle 24 ore). Nel linguaggio della dinamica abbiamo un moto stocastico con deriva. Sottolineamo che, a questo stadio, al tempo fisico e ai ritmi circadiani si sovrappone un altro tempo, che possiamo chiamare sociale, scandito dai cronotopi. O piuttosto una collezione di tempi che concorrono alla formazione del tempo sociale. Questo tempo interagisce col tempo “sociale” dell'individuo(la sua agenda), creando complessità, ovvero produce l'emergenzadi strutture ordinate. Da questo punto di vista possiamo parlare di un sistema critico che si autoorganizza, su base temporale. Inoltre, nel caso di affollamento di un cronotopo tale da non permettere l'accesso,l'individuodopo un certo tempo d'attesa,per ora uguale per tutti, va al cronotopo successivo inscritto nella sua agenda. A questo livello, salvo nel caso di un solo cronotopo che può essere affrontato scrivendo una equazione del tipo FokkerPlanck, non esistono soluzioni analitiche. Quindi il laboratorio virtuale rimane il solo strumento per tentare di descrivere, comprendere, e prevedere. Aggiungiamo infine che il componente elementare sceglie tra diverse strade possibili sulle base di un calcolo delle probabilità, dove la probabilità è quella di Bayes-de Finetti. Possiamo definirla come la misura delle aspettative soggettive in relazione alla possibilità che si verifichi un evento. La scelta è anche pesata da un coefficiente di qualità della strada, che allo stato attuale nasce da tre indicatori (parametri): accessibilità, estetica, sicurezza (Fig.3). Fig.3 Il pedone decide quale strada prendere, sulla base della direzione e del verso della forza cronotopica, delle probabilità p k associate a ciascuna strada possibile e ai coefficienti di qualità w j , propri di ciascuna via. Nella foto è visibile il cronotopo Università di Rimini. Questo permette, per esempio, di prefigurare tramite simulazione percorsi “protetti” per anziani, bambini, donne. LA VALIDAZIONE: L'ESEMPIO DI RIMINI Quando le soluzioni analitiche non sono possibili, bisogna commisurare i risultati del laboratorio virtuale alle osservazioni empiriche sul campo. Quindi abbiamo specificato il modello generico sopra descritto, per il centro storico di Rimini, in inverno. Ovvero con una quantità di presenze dell'ordinedi 10.000 individui, un territorio ben delimitato, una carta cronotopica abbastanza semplice, una preponderante mobilità pedonale, e una mobilità sulle due ruote, biciclette e motocicli. In queste condizioni il modello ha dato buona prova di sé. I flussi simulati dal sistema virtuale (densità di pedoni nel tempo) corrispondono a quelli osservati, con discrepanze che sono dell'ordine di qualche decina di individui (Fig.4). Fig.4 Densità simulata di flusso (numero di cittadini per metro a un certo tempo) nelle strade. L'ordine di grandezza va da alcune migliaia a dodicimila presenze, a seconda delle ore del giorno. Ma ciò che ha stupito noi stessi, per altro assai fiduciosi nel modello, è stato che la sperimentazione virtuale ha evidenziato una fermata (stazione) di autobus, critica per un sovraffollamento di cittadini in attesa. Ebbene, i dati raccolti dal comune di Rimini, mettono in luce che esattamente quella fermata è sovraffollata. E negli stessi intervalli di tempo. Nei casi in cui il cittadino parte da un preciso punto dello spazio-tempo e propende a un solo cronotopo forte, il Mobilis riproduce le traiettorie dei modelli O-D. La sperimentazione su Rimini ci ha spinto poi a introdurre la mobilità autoveicolare privata. Infatti abbiamo osservato che molti individui arrivano nei dintorni del centro storico in automobile, che lasciano in uno dei parcheggi, per recarsi a piedi o in autobus ai cronotopi di interesse. Ovvero la mobilità dall'area metropolitana al centro storico è in molti casi attuata tramite il mezzo privato. Così abbiamo implementato nel modello generico le automobili (Fig.5). Fig.5 Reticolo con quattro quadrivi, semafori e diritti di precedenza, percorso dalle automobili. Con una dinamica dove il singolo (in questo caso: l'auto)osserva e decide sulla base dei primi vicini, e la strada, con le sue regole (codice della strada), costituisce un oggetto. Ancora una volta una dinamica definita da un osservatore locale (microscopica). LA CITTÀ COMPLESSA La filosofia soggiacente il Mobilis assume la città come sistema complesso. La proprietà saliente di un sistema complesso, il cui paradigma sono i biosistemi, siano essi il più semplice batterio oppure un aggregato di esseri sociali e intelligenti, è la presenza di strutture organizzate su più scale spazio-temporali. Inoltre si tratta di sistemi con memoria, capaci di riprodursi e di evolvere in interazione con l'ambienteesterno. Un sistema complesso ha una dinamica tipicamente non lineare, soggetta a fluttuazioni casuali, che possono determinare comportamenti caotici, ma da cui emergono proprietà d'ordine,spesso robuste rispetto alle variazioni dell'ambienteesterno. La città è una sorta di crocevia tra fisica, biologia, organizzazione sociale, e una delle sue proprietà emergenti è l'estetica, mentre la storia è il frutto del suo percorso evolutivo. La fisica della città si avvale essenzialmente della teoria dei sistemi dinamici, e stocastici lontani dall'equilibrio,dello studio delle transizioni di fase e dei parametri di controllo. Soffermiamoci ancora un momento sulle proprietà dei componenti elementari. Per esempio, il codice genetico di mobilità elementare si arricchisce man mano, aggiungendo le propensioni, alcune caratteristiche sociologiche, un repertorio di memoria ma evidentemente è ancora molto lontano dalla complessità di una concreta persona. E sarebbe stolto tentare di mettere tutta la città, e i cittadini, in una o più equazioni. Il nostro punto di vista è un altro. Si rifa alla teoria degli automi cellulari come fu elaborata da Wiener, Turing e Von Neumann. Ovvero ci proponiamo, nella finestra della mobilità, di studiare la termodinamica, e la dinamica microscopica, di un gas d'automi, unità elementari in grado di assumere e elaborare informazione. Cioè dotati di una struttura cognitiva e di memoria, sostanzialmente semplice, per far scelte di mezzi di locomozione e percorso. Per esempio implementando le percezioni spaziali come le categorizzano gli psicologi della percezione: visione planimetrica, movimento strada per strada, e in fine spostamenti da un marcatore (traguardo) all'altro(l'edicola,il bar dove si prende il caffè il parcheggio dove si lascia l'automobile, eccetera). CONCLUSIONI Riassumendo. La mobilità è, per noi, una metrica temporale definita sul tessuto urbano e/o metropolitano, dove le distanze si misurano in ore o secondi. Questa dipende dalla rete stradale, da quella di trasporto pubblico, dai cronotopi coi loro calendari, dagli individui con le loro agende. Questa metrica non è costante, ma varia nel tempo, ora, giorno, settimana, mese. Oltreché variare in presenza di eventi particolari (fiere, manifestazioni, eccetera). Il modello si basa sulla dinamica microscopica di un insieme di agenti (cittadini), caratterizzati da un corredo “genetico”, che si muovono sulle diversi reti, con nodi di interscambio, verso i cronotopi ma facendo continuamente scelte individuali legate alla natura del percorso (per ora accessibilità, bellezza, sicurezza), e a un calcolo probabilistico del tipo Bayes-de Finetti. Due caratteristiche importanti del Mobilis sono: 1) l' integrazione delle diverse reti e mezzi di trasporto, dai piedi, alla bicicletta, all'automobile, all'autobus,eccetera. Mentre in genere abbiamo modelli di trasporto, di traffico, pedonali, separati e non facilmente congiungibili. 2) l' invarianza di scala. Cioè Mobilis può essere applicato a un quartiere, a un centro storico, a una media città, a una grande area metropolitana, fino a un agglomerato come quello che va, praticamente senza soluzioni di continuità, da Piacenza a Rimini lungo la Via Emilia. Ovviamente rimodulando i parametri in gioco. Infine, è diventato persin banale dire che una buona mobilità arricchisce la qualità della vita e i gradi di libertà dell'individuo.Talchè si discute nell'UnioneEuropea di un diritto alla mobilità. Un modello come quello proposto può essere uno strumento, tra gli altri, utile per una progettazione razionale e un governo intelligente della mobilità. Senza dimenticare la valenza conoscitiva e il ruolo che può giocare nell'ambitodi una democrazia partecipata, per produrre soluzioni condivise e consensuali. Da ultimo una domanda, che negli Uccelli di Aristofane, qualcuno fa all'Upupa:“Potresti indicarmi una città, una polis, sulla quale distenderci come fosse di morbida lana?” Il Mobilis, in un certo senso, cerca di pensarla. Chi volesse vedere alcune simulazioni può visitare il sito www.physycom.unibo.it. BIBLIOGRAFIA [1] A. Bazzani, B. Giorgini, G. Servizi, G. Turchetti -A chronotopic model of mobility in urban spaces- Physica A, 325,2003, pag. 517-530; A. Bazzani, M. Capriotti, B. Giorgini, G. Servizi, G. Turchetti, G. Melchiorre, S. Luccardi, M. Zaoli -Un modello per la mobilità asistematica nel Centro Storico di Rimini- T&T, n.4/03, 2004. [2] Rino Rosini et al.-Campagna di rilevazione sui comportamenti e sulle preferenze dei cittadini in materia di mobilità-Regione Emilia-Romagna, 2003. [3] D.B. Lee -Requiem for large scale models- J. Am. Inst. Planners, n. 39, 1973, pag. 163. [4] M. Batty -Modeling cities as dynamic sistems- Nature, n. 231, 1971, pag. 425.