ruo te s toric he al la v oro

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ruo te s toric he al la v oro
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ruote storiche al lavoro
ruote storiche al lavoro
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ruote storiche al lavoro
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stro Italiano Fiat, organo ufficiale che ha accertato
l’originalità del mezzo.
Abbiamo provato il Fiat 618, con il signor
Bongiovanni nostro test driver per l’occasione, che
lo ha guidato simulando il giro della consegne come
usava fare più di cinquantanni or sono.
E’ stato molto divertente vedere come il nostro test
driver si è destreggiato per l’avviamento, operazione
quanto mai complicata, dato che per avviare il
motore è necessario regolare lo starter, l’anticipo sul
magnete, la posizione della valvola a farfalla, e quindi
mettere in movimento il motorino d’avviamento
mediante i tiranti posti a lato del quadro strumenti.
Dopo qualche borbottio il motore inizia a girare
regolarmente, la lancetta dello strumento che
indica la pressione dell’olio si porta sulla posizione
centrale, indicando un buono stato di salute delle
bronzine.
Lasciamo girare il motore al minimo per qualche
istante, poi con un discreto sforzo, il conducente
pigia il pedale della frizione ed innesta la prima.
La manovra sul pedale della frizione è sempre
impegnativa, non esisono servomeccanismi e
lo sforzo per far staccare il piatto spingidisco è
notevole. Per raggiungere la massima velocità, 80
km/h, si impiega un lasso di tempo lunghissimo, ma
già sui quaranta, cinquanta km/h, si intuisce quanto
sia facile condurre il Fiat 618.
Anche la provincia di Cuneo è stata disseminata
di inutili rotonde alla francese e per percorrere i
pochi chilometri che ci separano da Mondovì, ne
oltrepassiamo diverse, ed è subito chiaro quanto
questo piccolo autocarro sia maneggevole, e quanto
sia facile ruotare il grande volante, grazie alla
demoltiplicazione dello sterzo. I freni, anche se
poco efficaci (i tamburi sono infatti decisamente
sottodimensionati per la massa del veicolo, in
particolare se utilizzato a pieno carico come nel
caso della nostra prova) rispondono prontamente e
danno un impressione sicura.
Avventurandosi nel centro di Mondovì, la strada
autocarro fiat 518 ardita
Fiat 618, arranca non poco.
Ci fermiamo presso un negozio di generi alimentari,
che il signor Bongiovanni ha servito per anni, ed
insceniamo una consegna, tra lo stupore dei curiosi
che quella mattina di Novembre passeggiavano sotto
i portici della bellissima piazza seicentesca.
Per noi provare un veicolo costruito negli anni trenta
è stata un esperienza molto interessante, ma chi si
è divertito veramente è stato il signor Bongiovanni,
non fosse altro che per qualche ora è tornato a fare
ciò che faceva ogni mattina, più di cinquant’anni fa,
sentendosi nuovamente un ragazzino.
L’esemplare del servizio nasce come vettura nel 1933 e
porta il numero di telaio 400 con prima immatricolazione
alla confederazione nazionale sindacati fascisti agricoltura
Torino.
Nel 1940 cambio di categoria a vettura a carro.
Nel 1945 cambio di motore dal n. 000361 al n.
603167 (motore tuttora funzionante).
Nel 1953 immatricolato in provincia di Cuneo con la
targa CN 30192 usato da un’agenzia agricola.
Nel 1980 ritrovato abbandonato in un campo a Sanfront.
Nel 1992 restaurato nell’attuale configurazione.
Proprietà: collezione “Bongioanni” Villanova Mondovì.
MOTORE :
Tipo 118
Sistemazione anteriore
Numero dei cilindri e disposizione 4 in linea
Cilindrata cc. 1758
Alesaggio x corsa mm. 78X92
Rapporto di compressione 6,2: 1
Potenza max 40 CV a 3600 giri/min
Distribuzione valvole laterali
Accensione spinterogeno
Raffreddamento acqua, pompa (circuito: 9,8 litri)
Alimentazione pompa, carburatore Zenith 36 VIF (serbatoio: 45 litri)
Lubrificazione Forzata (coppa: 4 chili)
ruote storiche al lavoro
si inerpica verso il borgo medioevale, ed in salita il
TRASMISSIONE:
Tipo albero - Frizione monodisco
Cambio 4 marce+R.M. (III e IV sincronizzate). Comando a leva centrale
Riduzione finale Coppia conica elicoidale (Rapp. 9/42-9/46)
SOSPENSIONI:
Anteriore Assale rigido, balestre, ammort. idraulici
Posteriore Assale rigido, balestre, ammort. idraulici
RUOTE:
Disco o raggi
Pneumatici 5,25 x 17 - 5,50 X 17
FRENI:
A pedale idraulico, sulle quattro ruote
A mano meccanico, a nastro, sulla trasmissione
STERZO:
Vite senza fine e ruota elicoidale
Diametro di sterzata m. 10,60 - 11,50
IMPIANTO ELETTRICO:
Tensione 12 V. - Dinamo: 118 W. - Batteria: 51 Ah
STRUTTURA:
Telaio acciaio
DIMENSIONI:
Passo m. 2,700 - 3,000
Carreggiate ant. m. 1,390; post. m. 1,410
Lunghezze m. 4,035 - 4,335
Larghezza m. 1,670
Altezze Massima m. 1,670 - 1,680; minima da terra cm. 17- 17,50
PESI:
A vuoto kg. 1185 - 1259
A pieno carico kg. 1585 - 1825
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più unche che rare
Coupè a 3 piazze
s
apete che Annecy è una cittadina francese
di circa 50 mila abitanti, situata nella
regione del Rodano e sede del dipartimento
dell’Alta Savoia? È adagiata su un lago la cui
superficie si estende per 27 km². Sapete che lo
scrittore Joseph Rudyard Kipling, premio Nobel per
la letteratura, morì improvvisamente nel 1936 a
causa di un’emorragia cerebrale? Pochi mesi prima
aveva letto la falsa notizia della sua morte su un
periodico, al quale aveva scritto «Ho appena appreso
dal vostro giornale di essere morto: non dimenticate
di cancellarmi dalla vostra lista di abbonati.»
di Francesco Patti
più unche che rare
Matra Simca Bagheera
Sapete che lo stilista transalpino André Courrèges
ha svolto mansioni di pilota d’aereo durante la
seconda guerra mondiale?
I suoi abiti erano apprezzati persino dall’avvocato
Gianni Agnelli e dalla moglie Marella.
Vi starete probabilmente chiedendo se io non abbia
iniziato a scrivere questo servizio di “Auto & Moto
Storiche” nel corso di un’allegra riunione serale fra
amici condita da caraffe di vino locale.
No, non è così. Tra personaggi e luoghi appena
citati è possibile ravvisare un elemento comune che
conduce ad una singolare automobile.
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più unche che rare
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La Matra (acronimo di Mécanique Avion TRAction)
riuscirà a riscattare Mowgli e permettergli così di
nacque nel 1941 come azienda del settore
vivere liberamente nella giungla insieme al resto del
aeronautico. Negli anni successivi il suo raggio
branco.
d’azione si allargò sino alle telecomunicazioni,
La «Bagheera» in versione di acciaio, plastica
agli armamenti e alla produzione automobilistica.
e pneumatici venne presentata alla stampa
Proprio nell’ambito delle automobili, l’azienda
specializzata presso il lago di Annecy il 14 aprile
francese conobbe grande notorietà negli anni
1973. Alcune settimane più tardi la tre posti
Sessanta giungendo a conquistare il titolo mondiale
francese si lasciò ammirare dal pubblico della 24
del campionato di Formula 1 nel 1969 con Jackie
Ore di Le Mans. La vettura si mostrava compatta,
Stewart al volante. In quel periodo arrise un buon
piacevole ed accattivante oltre che aggressiva nella
favore commerciale alla «M 530», una vetturetta di
misura di quanto prediletto dagli amanti delle auto
piglio spiccatamente sportivo.
sportive. Lunga meno di quattro metri e alta (anzi,
A fissare in modo indelebile la notorietà del nome
bassa…) solo 1,17 metri, la coupé transalpina
Matra fu una coupé concepita all’inizio del decennio
raccordava armoniosamente il padiglione alla coda.
successivo, poco tempo dopo l’acquisizione della
L’andamento convesso proseguiva senza soluzione
Casa francese da parte della connazionale Simca.
di continuità dalla sommità del parabrezza sino
Alla nuova auto venne dato il nome di «Bagheera»,
alla base del grande lunotto interamente di vetro.
lo stesso che Rudyard Kipling scelse per la pantera
Il frontale dell’auto era di altezza contenuta grazie
protagonista della sua famosa opera “Il libro della
all’adozione dei fari a scomparsa, una soluzione
giungla” scritto nel 1893.
evocativa di vetture quali Ferrari e Lamborghini.
Bagheera è un felino dotato di fascino, grande
Inoltre, a marcare la sportività della «Bagheera» e
forza e raffinata saggezza. Grazie alla sua furbizia
il simbolico riallaccio all’olimpo delle supercar,
finestrino posteriore laterale sinistro. Lo specchietto
riportava solamente una cornice in plastica entro
retrovisore aveva forma pressoché conica, di
cui erano racchiuse le luci di posizione, i proiettori
caratterizzazione parecchio sportiva. Per aprire le
per il lampeggio diurno (attivabili anche insieme
portiere bastava agire sul pulsante della serratura. E
agli abbaglianti) e due piccole prese d’aria. L’aria
una volta posato lo sguardo nell’abitacolo…appena
calda in uscita dallo stesso veniva espulsa attraverso
lanciata anche solo una fugace occhiata, l’interno
uno sfogo in prossimità dei cardini del cofano sotto
della «Bagheera» rivelava immediatamente la
il quale era alloggiata la ruota di scorta. Il cofano
peculiarità di maggior rilievo dell’auto, che faceva
stesso recava due feritoie per l’immissione di aria
della piccola francese un’automobile praticamente
nell’abitacolo.
unica. La «Bagheera» aveva infatti tre sedili (uno
C’era poi tutt’un insieme di particolari della
per il guidatore e due per i passeggeri) posizionati
«Bagheera» su cui val la pena soffermare l’attenzione.
su un’unica fila, con quello del conducente solo
I cerchi ruota in lega leggera avevano un riuscito
di poco scostato dagli altri due, inglobati in una
disegno a fori trapezoidali e fissaggio a quattro
panchetta. La leggenda racconta che l’idea dei tre
bulloni. Il paraurti posteriore (quello sì, c’era)
posti affiancati venne in mente all’allora presidente
aveva due piccole appendici laterali. I fanali di
della Chrysler mentre si trovava in viaggio a bordo di
coda comprendevano le luci di retromarcia. L’intera
un furgone Volkswagen insieme agli amministratori
fiancata della «Bagheera» era percorsa da una
delegati di Simca e Matra (il marchio Simca era di
scalfatura posizionata poco sotto la sommità degli
proprietà Chrysler). I tre si dissero che sarebbe stato
archi passaruota. I finestrini anteriori non avevano
davvero bello poter viaggiare alla stessa maniera,
deflettori e il tappo di rifornimento del carburante
seduti l’uno a fianco all’altro, su una vettura sportiva
era ben mimetizzato in quanto “annegato” nel
piuttosto che su un veicolo commerciale.
più unche che rare
era anche l’assenza del paraurti anteriore. Il muso
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La «Bagheera» in versione di acciaio, plastica e pneumatici venne
presentata alla stampa specializzata presso il lago di Annecy il
14 aprile 1973. Alcune settimane più tardi
la tre posti francese
si lasciò ammirare dal
pubblico della 24 Ore
di Le Mans.
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Vero o meno che sia l’episodio, sta di fatto che la
«Bagheera» fondò la sua notorietà anche grazie a
questa esclusiva soluzione che verrà poi ripresa
sull’erede «Murena».
Numerose componenti dell’abitacolo riconducevano
ad un’atmosfera futuristica. Del resto siamo nei
primi anni Settanta, quando Star Trek catalizza
l’attenzione di milioni di telespettatori desiderosi
di proiettarsi in un futuro tecnologicamente
avveniristico, e la parola informatica si affaccia
nel lessico comune insieme alle immagini delle
schermate a caratteri verdi su monitor simili a
mastodontici televisori. E proprio la strumentazione
della «Bagheera», con il suo intenso colore verde,
appare mutuata da un primordiale display. Contagiri
a sinistra e tachimetro a destra; più in basso la linea
per temperatura del liquido di raffreddamento,
voltmetro, manometro olio, livello carburante.
Anche il volante aveva un aspetto da “Spazio 1999”,
con l’andamento circolare che s’interrompeva in
basso in favore di un tratto quasi diritto e il mozzo
vincolato alla corona a mezzo di due razze ravvicinate
e quasi orizzontali che si proiettavano verso il
piantone. Anche la maniglia alzavetri aveva la sua
impronta di modernità, perché più che una maniglia
era un pomello che ruotava in un’area circolare
ricavata sul pannello della portiera. Il comando
del clacson era “alla francese”, cioè sulla levetta del
devioluci. Nel cruscotto, a sinistra, erano allineati
gli interruttori per luci di posizione, tergicristallo
(a due velocità, senza intermittenza), luminosità
quadro strumenti, lampeggio d’emergenza, lunotto
termico, fari di profondità. A destra del piantone
di guida era l’accendisigari. Sul pannello a fianco
era l’alloggiamento verticale per l’autoradio ed i
cursori dell’impianto d’aerazione. La velocità del
ventilatore si regolava in maniera continua, variando
progressivamente allo spostamento della levetta. Fra
gli optional figurava una curiosa lampada di lettura
con braccio flessibile e, più avanti, il tetto apribile
in tela.
Ingegnoso il sistema di apertura dei fari: essi venivano
attivati da un sistema a depressione collegato ai
carburatori! In caso di guasto era comunque possibile
ottenerne la fuoriuscita manuale.
Il pedale dell’acceleratore aveva la base incernierata
al pavimento ed era collegato ad un’articolazione
che metteva in tiro il cavo delle saracinesche dei
carburatori. Sul pavimento, accanto alla pedaliera,
era il pulsante per il lavavetro.
Le alette parasole e la plafoniera risultavano
incassate in una spessa fascia imbottita. Il cielo
dell’abitacolo era decorato a cannelloni, in pieno
stile del tempo. All’estrema destra della plancia
era inserito l’orologio, di facile consultazione per
i passeggeri piuttosto che per il guidatore. Subito
sotto si trovava un cassetto con serratura a chiave.
Il sedile di guida era regolabile nell’inclinazione e
in senso longitudinale, contrariamente al divano
per i passeggeri che non godeva di alcuna possibilità
di movimento. Questi ultimi avevano però a
disposizione un poggiapiedi regolabile fissato al
pavimento. Dietro il sedile del conducente era
ricavata una zona in cui poter sistemare piccoli
bagagli. Il portellone, interamente in vetro, si
sbloccava e sollevava automaticamente tirando una
levetta sulla battuta della portiera lato guida. La
capacità del bagagliaio era di 320 litri, sufficienti
per gli spostamenti di una coppia con un bimbo
al seguito. Tecnicamente la «Bagheera» era dotata
di specificità che la rendevano una vettura fuori
dal comune. Innanzitutto il posizionamento
centrale del motore. Era collocato fra abitacolo e
bagagliaio e vi si accedeva sollevando una botola.
avevano misure differenti fra i due assi: 135 mm
penalizzata, ma le operazioni di cura ordinaria si
davanti (o 145, a seconda della versione), 185
mantenevano complessivamente agevoli. A spingere
dietro. C’è ancora dell’altro: intervenendo con una
la coupé francese badava un quattro cilindri di
comune chiave da 17 su alcuni snodi era possibile
1294 cm³ con 84 CV di potenza, 11 kgm do coppia
variare l’altezza della vettura! La «Bagheera» può
e distribuzione ad aste e bilancieri.
piacere o no, ma di certo è un’automobile in cui si
La carrozzeria della Matra prevedeva una scocca-
concentrano numerose esclusività. Provate però a
telaio in acciaio e l’impiego di materiale plastico per
immaginare quale possa essere il comportamento
tutte le sovrastrutture: cofani, portiere e tetto erano
stradale di un’auto dall’altezza così ridotta, rigida di
in vetroresina con evidenti vantaggi in termini
sospensioni, con la trazione sulle ruote posteriori,
di contenimento del peso. Altra particolarità
il peso contenuto dagli elementi plastici impiegati
era il fondo della vettura completamente piatto,
per la carrozzeria e il motore collocato a ridosso del
similmente a ciò che si sarebbe visto parecchi
baricentro e i servigi di quattro freni a disco.
decenni dopo su alcune Ferrari. Le caratteristiche
La gamma iniziale si concentrò su una meccanica e due
singolari non sono finite qui: la «Bagheera»
livelli di allestimento, base e lusso (rispettivamente
aveva comuni ammortizzatori telescopici ma
denominati “Versione I” e “Versione II”).
non disponeva delle classiche molle. L’attività di
Nell’autunno 1974 la Matra commissionò allo
molleggio era affidata unicamente a silent-block
stilista francese André Courrèges un’edizione
interposti fra motore e telaio e posizionati in alcuni
speciale della «Bagheera». Tenendo fede alla sua
raccordi delle sospensioni. E ancora: i pneumatici
scuola estetica che privilegiava il colore bianco,
più unche che rare
La raggiungibilità degli organi meccanici risultava
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più unche che rare
l’artista transalpino allargò questa tinta non solo
listino alla «Bagheera S», con motore maggiorato a
alla carrozzeria ma persino a calandra, paraurti,
1442 cm³, potenza di 90 CV e coppia di 12,5 kgm.
retrovisori e fodere dei sedili in skai. Soltanto la
Esternamente la «S» si riconosceva per piccole note
plancia e i pannelli delle portiere della «Courrèges»
quali la diversa verniciatura dei cerchi ruota e la
furono realizzati in beige. Nel luglio del ’75 la
“S” stilizzata sul muso della vettura. L’abitacolo era
“Versione I” uscì di produzione e contemporaneamente
più curato, con nuovi accostamenti cromatici fra
vennero apportate piccole modifiche al motore per
pannelli e sedili. Arricchita anche la dotazione di
migliorare la curva di distribuzione della potenza (il
accessori grazie a cinture di sicurezza e vetri elettrici.
fondo scala del tachimetro venne innalzato a 220
Con l’arrivo della «S», la «Courrèges» abbandonò il
km/h). All’unificazione dell’allestimento corrispose
motore da 84 CV in luogo del nuovo 1442 cm³.
uno sdoppiamento della motorizzazione aprendo il
Due anni più tardi la «Bagheera» viene interessata
da un lieve maquillage che ne individua la seconda
anche i gruppi ottici della coda, decisamente più
serie. Via le piccole prese d’aria dal frontale, i fari di
ampi di quelli della «Bagheera» prima serie. Tra i due
fanali viene inserita una vistosa fascia rifrangente
rossa con la scritta “Matra” a grandi caratteri. Il
bocchettone di rifornimento del carburante viene
spostato a seguito dell’eliminazione delle piastre dei
vetri posteriori.
L’interno della seconda serie ha nuovi colori per
i sedili e una strumentazione d’aspetto meno
profondità e le luci di posizione vengono inglobati
in mostrine di colore chiaro. Sotto il magro
paraurti, che si estende sino agli archi passaruota, si
apre una presa d’aria larga quanto tutta la vettura.
Il paracolpi posteriore (più grande del precedente)
assume anch’esso andamento avvolgente e reca una
nicchia per l’alloggiamento per la targa. Rinnovati
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(successivamente rimarranno solo sui paracolpi).
Poco dopo viene posta in vendita la versione speciale
«Jubilè», riconoscibile per la verniciatura bicolore
(che fu proposta anche su alcune «X»).
Nel 1980 la Matra viene assorbita dal gruppo PSA.
Dalle «Bagheera» sparisce la scritta “Matra-Simca” e
compare “Talbot Matra”.
La singolare coupé ricevette cerchi di rinnovato
design e maniglie alle portiere (in luogo del
precedente pulsante di sblocco). Ridisegnato il
cruscotto, con la radio posta orizzontalmente,
comandi più moderni per l’aerazione, levetta al
devioluci per il tergicristallo, nuova disposizione
Grazie alla «Bagheera», che ebbe un seguito nella
degli interruttori, volante diverso. In più è possibile
succedanea «Murena», il suo nome è rimasto scritto
equipaggiare la vettura con accessori di pregio
a grandi caratteri nelle emozioni degli appassionati
come la chiusura centralizzata delle porte e l’aria
d’auto. Alla particolare sportiva francese è dedicato il
condizionata.
sito Internet www.matrabagheera.com che fa capo al
La Matra non produce più automobili. Dopo la
riferimento sulla Rete del Matra Classic Club Italia
costruzione dell’avveniristica Renault «Avantime», è
(www.matraclassicclubitalia.it).
stata assorbita dal gruppo Pininfarina e si dedica alla
inserirsi nel mondo Matra troverà informazioni,
realizzazione di componentistica e design per l’auto.
sostegno e passione.
Chi
più unche che rare
futuristico con indici gialli. Adesso è possibile avere
la spazzola tergicristallo al lunotto.
L’articolazione della gamma non apporta variazioni.
Quindi la nuova «Bagheera» si può scegliere con
motore di 1,2 litri (solo versione base) e 1,4 litri
(«S» e «Courrèges»).
Il 1978 vede l’uscita di produzione della serie
speciale «Courrèges» e l’ingresso della «Bagheera
X» che si propone come versione di punta della
gamma. Il motore è quello da 90 CV. L’esterno si
differenzia per il diverso profilo del cofano anteriore
e per i grintosi filetti adesivi su paraurti e fiancate
desiderasse
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più unche che rare
più unche che rare
La Bagheera del 1976 del Signor Fossaluzza Manuel
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matra simca Bagheera
matra simca Bagheera s
MOTORE :
MOTORE :
4 cilindri in linea
Cilindrata 1294 cm³
Alesaggio 76,7 mm
Corsa 70 mm
Potenza massima 84 CV a 6200 giri/min
Coppia massima 11 kgm a 4000 giri/min
Alimentazione a due carburatori Weber «36 DCNF 17-18»
4 cilindri in linea
Cilindrata 1442 cm³
Alesaggio 76,7 mm
Corsa 78 mm
Potenza massima 90 CV a 5800 giri/min
Coppia massima 12,4 kgm a 3000 giri/min
Alimentazione a due carburatori Weber «36 DCNF 51-52»
Trasmissione:
Trasmissione:
Cambio a 4 rapporti
Frizione monodisco a secco a comando idraulico
Cambio a 4 rapporti
Frizione monodisco a secco a comando idraulico
SOSPENSIONI:
SOSPENSIONI:
Anteriori a ruote indipendenti, barre di torsione longitudinali,
triangoli trasversali, barra antirollio e ammortizzatori idraulici
Posteriori a ruote indipendenti, barre di torsione trasversali,
bracci triangolari, barra antirollio e ammortizzatori idraulici
Anteriori a ruote indipendenti, barre di torsione longitudinali,
triangoli trasversali, barra antirollio e ammortizzatori idraulici
Posteriori a ruote indipendenti, barre di torsione trasversali,
bracci triangolari, barra antirollio e ammortizzatori idraulici
FRENI:
FRENI:
a disco sulle 4 ruote (ant. ø 238 mm, post. ø 234)
a disco sulle 4 ruote (ant. ø 238 mm, post. ø 234)
Pneumatici:
Pneumatici:
Anteriori 155-13 (145 sui primi esemplari del 1974)
Posteriori 185-13
Anteriori 155-13 (145 sui primi esemplari del 1974)
Posteriori 185-13
Dimensioni:
Dimensioni:
Lunghezza 3974 mm
Larghezza 1734 mm
Altezza 1198 mm
Passo 2370 mm
Lunghezza 3974 mm
Larghezza 1734 mm
Altezza 1198 mm
Passo 2370 mm
eventi
il Treno e
l’
Autobus
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di Roberto Giannusso
eventi
45
eventi
d
omenica 11 Marzo 2007 il Comune di
Varallo Sesia, nel quadro degli eventi
commemorativi per i cento anni di
fondazione della Lancia, ha intitolato la nuova
piazza della stazione a Vincenzo Lancia che ebbe i
natali proprio in Valsesia.
Il Valsesia Lancia Story, in collaborazione con gli
enti locali e un gruppo di appassionati di mezzi di
trasporto pubblico, ha organizzato un simpatico
raduno di automobili Lancia e non solo.
Per l’occasione è stato possibile recarsi a Varallo sia
con la propria automobile d’epoca che con un vero
autobus d’epoca, un Lancia Esatau, oppure con un
treno a vapore.
Il treno e l’Autobus
Come Davide contro Golia, con il treno più grande
e imponente, sconfitto dall’autobus più piccolo e
agile, ma questa è poi solo teoria.
Il declino del treno è iniziato nella notte dei tempi
quando molti anni fa i figli del futurismo di Marinetti,
iniziarono a snobbare il treno, e soprattutto la rete
ferroviaria piemontese, solo mezzo secolo fa molto
capillare, ricca di tratte tranviarie quali la linea che
da Brusasco portava a Torino, oppure da Torino a
Vercelli, piuttosto che da Santhià ad Ivrea.
I futuristi ripudiavano il treno lento e poco
moderno, prediligendo l’uso dell’autobus idolo
di modernità e velocità, non tenendo conto che
all’inizio del terzo millennio il treno, a trazione
elettrica, quindi ad emissione zero come si usa dire
oggi, avrebbe surclassato l’autobus a gasolio molto
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inquinante; e che sempre il treno avrebbe avuto il
vantaggio di camminare sulla strada ferrata, non
libero di muoversi come piaceva tanto a Marinetti,
però capace di evitare gli ingorghi delle tangenziali.
All’epoca del grande poeta, il treno era addirittura
a vapore, terribilmente antiquato, e destinato
rapidamente all’alienazione per poi avere la peggio
nel duello con la fiamma ossidrica del rottamaio.
Anche gli autobus invecchiano, e le grandi aziende
di trasporto pubblico, con il passare degli anni,
destinano le vetture ad impieghi sempre meno
gravosi, su tragitti sempre più brevi fino a quando
vengono accantonate in fondo al piazzale in attesa
della demolizione.
Bisogna essere fortunati anche a nascere autobus
o locomotiva a vapore: questo è il caso di una
Lamause con caldaia a fuoco rovesciato del 1908
e di un Lancia Esatau del 1954 che, per volontà
di due gruppi di appassionati (la prima del “Gruppo
eventi
Amici del Treno di Novara” e il secondo per mano
del ”Esaclub” di Verrua Savoia), prima sono stati
salvati dalla demolizione, quindi restaurati e poi
conservati.
Questi bei giocattoloni, pesanti diverse tonnellate
di metallo, hanno rivissuto Domenica 11 Marzo
2007 il loro momento di gloria.
Tutto il merito di questa simpatica domenica è del
Valsesia Lancia Story, associazione di appassionati
possessori di automobili Lancia, che nel quadro dei
festeggiamenti per i cento anni del marchio Lancia,
ha voluto festeggiare l’inagurazione della Piazza
intitolata a Vincenzo Lancia, già Piazza della
Stazione.
Per l’occasione sono stati invitati a Varallo i
sostenitori del marchio torinese i quali hanno
raggiunto la località valsesiana a bordo del
treno, dell’autobus, o con la propria automobile:
l’importante che fosse rigorosamente Lancia.
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eventi
iniziato nella notte dei
Il treno ha coperto la prima
La sfida tra treno ed autobus
parte della tratta, da Torino
non ha avuto un vincitore,
tempi quando molti
a Novara al traino di un
mentre i veri vincitori della
locomotore diesel per seguire
giornata sono stati coloro che
anni fa i figli del futurii rigidi dettami delle FS,
con un piccolo gesto di genesmo
di
Marinetti,
inianche se può far sorridere la
rosità hanno saputo aiutare il
decisione, motivata dai vertici
loro prossimo arrivando coziarono
a
snobbare
il
di Trenitalia, per non dover
munque al momento giusto,
rallentare gli altri convogli,
senza correre troppo veloce:
treno, e soprattutto
anche se forse all’epoca i treni
l’unico rischio che avrebbero
erano meno lenti e più in
corso un tempo, di essere adla rete ferroviaria pieorario di oggi.
ditati come ....antifuturisti !
montese
Raggiunta la stazione di Novara,
In piazza Vincenzo Lancia,
il fuochista ha acceso la caldaia
erano parcheggiate una sete via a tutto vapore verso
tantina di automobili, una
Varallo Sesia, con sosta alla stazione di Romagnano
per serie, di ogni modello prodotto, a rappresentare
Sesia per far salire gli ultimi passeggeri.
quella che è stata la produzione di quasi un secolo:
L’autobus ha invece seguito la tratta storica Torino,
la Lambda VIII serie, modello più evoluto della
Chivasso, Gattinara, Borgosesia, Varallo, con una
prima automobile dotata di motore quattro cilindri
piccola modifica del percorso, la partenza da Corso
a V prodotta in serie, e di serie dotata di impianto
Peschiera, dove aveva sede lo stabilimento Lancia,
elettrico ed avviamento elettrico: la Augusta, piccola
invece che da Via Fiocchetto da dove partiva
autovettura scocca portante, che voleva essere il
realmente la linea.
modello destinato alla motorizzazione di massa,
Niente autostrada, per non intralciare chi ha voglia
risposta Lancia alla contemporanea Fiat Balilla;
di correre e l’Esatau ed i suoi passeggeri al piccolo
la Aprilia, ultimo modello pensato da Vincenzo
trotto hanno raggiunto la località valsesiana per
Lancia, che concentrava il meglio che poteva offrire
incontrarsi con chi è arrivato alla stazione di Varallo
una automobile sul finire degli anni trenta; l’Aurelia,
in treno. Quindi a seguire una grande festa, alla
primo modello progettato nel dopoguerra, già dotato
presenza di autorità del mondo politico e religioso,
di motore sei cilindri a V e trasmissione transnela corso della quale è stata scoperta la targa di
axle, quindi con il gruppo cambio-differenziale
bronzo per intitolare la piazza della stazione di
montato in asse con il ponte posteriore De Dion,
Varallo a Vincenzo Lancia, volendone ricordare
disponibile in versione Coupé e Cabriolet, disegnata
le grandi imprese sportive e le indubbie capacità
dai migliori carrozzieri dell’epoca; la piccola Appia,
imprenditoriali.
che nel dopoguerra ha preso il posto dell’Ardea nel
A testimoniare la veridicità di queste affermazioni
segmento delle utilitarie, ed è stata prodotta fino agli
hanno presenziato la manifestazione, oltre gli eredi
anni sessanta; la Flavia, capolavoro di ingegneria
della famiglia Lancia arrivati in Valsesia a bordo di
dell’automobile, prima automobile italiana a trazione
una Lancia Aprilia del 1945, anche una schiera di
anteriore, dotata di un 4 cilindri boxer inizialmente
appassionati “Lancisti”, arrivati a Varallo da tutto il
da 1,5 litri, poi portato a 1,8; la Fulvia che, grazie
mondo.
alle buone doti corsaiole delle versioni delle versioni
La vettura piu vecchia era una Lancia Lambda VIII
coupé, è ricordata ancora oggi per le tante vittorie
serie, finto cabriolet, carrozzata da Castagna, del
sulle piste e nei rally di tutto il mondo; le Beta e le
1928 mentre la piu recente una Lancia Thesis del
Gamma, vetture di classe degli anni settanta, nelle
2007: si sono visti dunque ottanta anni di storia
diverse versioni berlina, Coupé e Spider; le Delta,
dell’automobile, attraverso tutti i modelli prodotti
che hanno regalato tanti successi rallistici alla casa
dalla Lancia. E’ stata un’occasione di festa, ma
torinese, vincendo per quattro anni consecutivi il
anche un momento di solidarietà, in quanto il
campionato del mondo Rally.
ricavato dell’iniziativa è stato devoluto ad un
C’erano anche le automobili di oggi a fare bella
associazione umanitaria “Un Villaggio per Amico”
mostra di se: più elegante di tutte la Thesis,
per il sostegno del villaggio di Chechelesi in Kenya
raffinata granturismo, parcheggiata accanto alle
e, nello specifico, per la realizzazione di un pozzo
cinquantenarie Aurelia, per ricordarci che la classe
per acqua potabile.
non ha età.
eventi
Il declino del treno è
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