La condizione femminile nel mondo
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La condizione femminile nel mondo
Liceo Scientifico Cavour LA FIGURA FEMMINILE Lavoro interdisciplinare classe IIIB anno 2011-2012 relatrici Prof.ssa Donato Prof.ssa Longo Indice 1. La condizione femminile pag.3-33 2. La donna nell’Arte pag.34-53 3. La donna nel Mondo pag.54-81 2 LA CONDIZIONE FEMMINILE a cura di Tosatti Ginevra Urciuolo Angelica Sordi Alain Cammuso Giulia Colzi Giacomo 3 La condizione femminile si riferisce al complesso di norme, costumi e visioni del mondo che riguardano il ruolo della donna nella società. Numerose e diverse culture hanno riconosciuto alla donna capacità e ruoli limitati alla procreazione e alla cura della prole e della famiglia. L'emancipazione femminile ha rappresentato, negli ultimi secoli, la ricerca di una uguaglianza formale e sostanziale tra la donna e l'uomo . NB:All’interno di questo capitolo è stato inserito successivamente un approfondimento sulla donna etrusca. Per motivi logistici si trova dopo la donna romana e di questo mi assumo io la responsabilità perché va ricordato che gli etruschi si studiano a cavallo tra i greci e i romani. Preistoria: Nella preistoria di Homo sapiens la situazione è stata sicuramente variata e diversificata a seconda delle culture, epoche e luoghi geografici. Partendo da 200 000 anni fa, la società ha presentato variabili modelli, dal cacciatore di piccole prede e raccoglitore del paleolitico medio organizzato in piccole unità sociali, attraverso le più numerose società dedite alla caccia dei grossi mammiferi come mammut e ungulati, fino alle culture stanziali dedite ad agricoltura ed allevamento dell'età del rame. Attraverso le varie epoche si sono potuti ipotizzare vari schemi sociali, e secondo alcune teorie anche matriarcato o società con parità di genere come nel caso delle sei nazioni, formate da popoli ascrivibili al neolitico, ma in nord America giunte alla nostra cultura in epoca storica, in popolazioni melanesiane, ed altre ancora. Nell'immaginario, sicuramente supportato da diverse prove, ma non esauriente tutte le situazioni, mentre l'uomo si dedicava alla caccia le donne si specializzarono nella raccolta di bacche commestibili, radici e frutti. Si ritiene, in alcune situazioni, che fossero impegnate per gran parte della loro vita da gravidanze, allattamento e cura della prole, fossero meno mobili e si dedicassero alla raccolta dei vegetali commestibili e dei piccoli animali. Alla fine del paleolitico superiore si ritiene che la donna avesse come compito primario quello di procreare, come si dedurrebbe dal fatto che in alcune sculture (di epoca magdaleniana), vengono evidenziati gli organi connessi alla riproduzione: a scapito delle altre parti del corpo, il ventre e i fianchi sono decisamente prominenti, il seno voluminoso. In altri reperti invece, sempre afferenti alle veneri paleolitiche si evidenziano fatture longilinee. In alcuni periodi in cui parte dell'umanità viveva allo stato nomade, si suppone che esse fossero sottomesse al maschio. Secondo altre teorie, almeno alcune società primitive erano invece matriarcali e, solo in un secondo momento, si sviluppò la supremazia maschile. Non ci sono sufficienti dati archeologici per convalidare o confutare completamente le teorie. Età antica: In un primo momento nella civiltà egizia ed in quelle mesopotamiche (Persia, Assiria, Babilonia) la donna aveva una posizione molto elevata all'interno della società. In questi luoghi è stato presente anche il matriarcato ma poi, con l'ascesa delle monarchie militari, persero di prestigio e si iniziarono a formare i ginecei, dai quali le donne non potevano uscire e dove non potevano vedere nessun uomo ad eccezione degli eunuchi e del proprio marito. Grecia arcaica: Nella Grecia omerica la donna veniva rispettata ma esistevano anche numerose contraddizioni: nell'età di Pericle la donna ricca era tenuta in casa, mentre le donne povere erano costrette a lavorare e quindi avevano una certa libertà. Le donne non avevano diritti politici (non potevano quindi votare o essere elette membri dell'assemblea, durante l'età 4 delle poleis) e non erano oggetto di legislazione giuridica (una donna non era colpevole, ad esempio del reato di adulterio, a differenza dell'uomo, perché ritenuta "oggetto del reato"). La donna passava molto tempo a contatto con la madre del marito, nel gineceo, e quest'ultima aveva un ruolo primario sulla sua educazione. Nella società greca alle donne era vietato assistere a qualsiasi manifestazione pubblica, oltre che praticare qualsiasi attività sportiva (ad Atene), mentre a Sparta potevano dedicarsi a sport di tipo esclusivamente ginnico (danza, corsa, ecc). In occasione dei Giochi olimpici alle donne non era nemmeno permesso di avvicinarsi al perimetro esterno del santuario, pena la morte. Secondo un'antica tradizione si diceva addirittura che, se mai una donna avesse praticato una qualche attività sportiva, grandi sventure sarebbero arrivate in seguito a tutto il genere femminile. Ciò conferma la condizione di inferiorità a cui era soggetta la donna nella società greca, molto diversa, ad esempio, dalla condizione di relativa emancipazione di cui godeva la donna nel mondo romano. In Grecia esistevano le γυναῖκες (mogli) che si dedicavano esclusivamente all'educazione dei figli legittimi, le παλλακαὶ (concubine) che avevano rapporti sessuali stabili con l'uomo e l'ἑταίρα (compagna), per il piacere. Esisteva inoltre la πορνή (prostituta), che svolgeva il suo lavoro nelle strade o nelle case di tolleranza e alla quale spettava l'ultimo "gradino" nella scala sociale. Il tragediografo Euripide fa dire a Medea, nella sua omonima tragedia: « ... l’uomo, quando si è stufato di vivere con quelli di casa, se ne va fuori e pone fine alla nausea che ha in cuore, recandosi da un amico o da un coetaneo. Noi invece siamo obbligate a guardare a un’unica persona. Dicono che noi trascorriamo la vita senza rischi in casa, mentre loro combattono con la lancia, ma si sbagliano: vorrei essere schierata in battaglia tre volte, piuttosto che partorire una sola volta! » Aristotele affermava inoltre che la donna era inferiore all'uomo in quanto aveva cervello più piccolo e che la donna era un maschio mutilato. Roma antica: A Roma la donna era considerata quasi pari all'uomo: entrambi i genitori avevano pari obblighi nei confronti dei figli e la donna poteva accompagnare il marito ad una festa, a patto che mangiasse seduta e non sdraiata come era norma per gli uomini. Non mancarono tuttavia le limitazioni poste dal diritto romano alla capacità giuridica delle donne: esse non avevano lo ius suffragii e lo ius honorum, ciò che impediva loro di accedere alle magistrature pubbliche. Nel campo del diritto privato era inoltre negata alle donne la patria potestas, prerogativa esclusiva del pater, e conseguentemente la capacità di adottare. Il principio è espresso per il diritto classico dal giurista romano Gaio nelle sue Istituzioni: Feminae vero nullo modo adoptare possunt, quia ne quidem naturales liberos in potestate habent ("Le donne non possono affatto adottare, perché non hanno potestà neanche sui figli naturali"). Sempre da Gaio apprendiamo che alle donne, con l'eccezione delle Vestali, non era consentito in epoca arcaica di poter fare testamento. Tale ultima limitazione venne però abrogata già in epoca repubblicana. 5 APPROFONDIMENTi La condizione femminile nella Roma arcaica La donna ha sempre occupato nella società romana una condizione di netta inferiorità. A differenza dell’antico Egitto, nella Roma arcaica una figlia, ancora giovanissima (puella, che è diminutivo di puera, ragazza), poteva essere promessa in sposa o fidanzata (sponsalia) a un giovane, ovviamente scelto dal pater familias; anche contro la propria volontà questo rito era giuridicamente valido; consisteva in un vero e proprio impegno, perseguibile in caso di inadempimento, che vincolava la donna ad una sorta di fedeltà prematrimoniale nei confronti del futuro sposo. Il matrimonio si perfezionava con il trasferimento della donna dalla famiglia paterna a quella del marito. All’età di dodici anni la donna era riconosciuta come viripotens, cioè in grado di sposarsi. La forma più completa del matrimonio è quella detta confarreatio, dal panis farreus, un pane preparato con l’antico cereale, il farro, che viene mangiato dagli sposi, appena entrati nella nuova casa. Accanto a questo rito di matrimonio, sempre seguito dal patriziato, si hanno altre due forme meno solenni: la coemptio, una vendita simbolica con la quale il padre cede la figlia allo sposo mediante un compenso pecuniario, e l’usus, una specie di sanatoria di una condizione di fatto, per cui diventa moglie la donna che abbia abitato con un uomo per un anno intero senza interruzione di tre notti consecutive. Con questi due ultimi modi si raggiungono le iustae nuptiae, dando al marito quel diritto di protezione e di tutela. Risulta evidente che la donna fosse considerata quasi alla stregua di un oggetto. Entrambi i genitori avevano, però, pari obblighi nei confronti dei figli e la donna poteva accompagnare il marito ad una festa, a patto che mangiasse seduta e non sdraiata come era norma per gli uomini. Non mancarono tuttavia le limitazioni poste dal diritto romano alla capacità giuridica delle donne: esse non avevano lo ius suffragii e lo ius honorum, ciò che impediva loro di accedere alle magistrature pubbliche. Nel campo del diritto privato era inoltre negata alle donne la patria potestas, prerogativa esclusiva del pater, e conseguentemente la capacità di adottare. Il principio è espresso per il diritto classico dal giurista romano Gaio nelle sue Istituzioni: Feminae vero nullo modo adoptare possunt, quia ne quidem naturales liberos in potestate habent ("Le donne non possono affatto adottare, perché non hanno potestà neanche sui figli naturali"). Sempre da Gaio apprendiamo che alle donne, con l'eccezione delle Vestali, non era consentito in epoca arcaica di poter fare testamento. Tale ultima limitazione venne però abrogata già in epoca repubblicana. In Grecia esistevano le γυναῖκες (mogli) che si dedicavano esclusivamente all'educazione dei figli legittimi, le παλλακαὶ (concubine) che avevano rapporti sessuali stabili con l'uomo e l'ἑταίρα (compagna), per il piacere. Esisteva inoltre la πορνή (prostituta), che svolgeva il suo lavoro nelle strade o nelle case di tolleranza e alla quale spettava l'ultimo "gradino" nella scala sociale. Terenzio, autore notevolmente famoso del II secolo a.C., rivoluziona la visione della prostituta in una sua opera: l’Hecyra. L'interesse dell'Hecyra è legato soprattutto alla presenza di due maschere femminili decisamente controcorrente: la suocera e la cortigiana. Il primo profilo anticonformista è quello della madre di Panfilo, Sostrata: la donna, a differenza delle altre suocere della Commedia Nuova e della palliata latina, caratterizzate da una forte rigidità e dall'egoistica tendenza a intromettersi nella vita dei figli, si dimostra invece capace di rinunciare ai suoi affetti più cari, pur di favorire la felicità della giovane coppia. Ormai giunta ad un'età in cui la malinconia può trovare un qualche conforto nel riconoscimento delle virtù di tutta una vita, rinuncia perfino a difendersi dalle false accuse che le vengono rivolte, in nome dell'amore che porta al figlio e alla nuora. Ancora più 6 innovativo è, appunto, il personaggio della cortigiana Bacchide, la quale si contrappone allo stereotipo della cortigiana, agendo addirittura contro i propri interessi, perché sinceramente affezionata a Pànfilo e desiderosa della sua felicità. Altro autore di particolare rilievo che fa un ritratto di donna è Catullo. Catullo chiama Clodia (la sua amata) con lo pseudonimo "Lesbia", il quale contiene una evidente allusione alla poetessa Saffo e al suo mondo. L'amore per Lesbia assorbì e condizionò l'esistenza del poeta, passando per varie fasi: dalla beatitudine estatica dei primi tempi al disprezzo e alla disperazione più profonda, attraverso separazioni e riconciliazioni molteplici; queste vicende rendono la poesia di Catullo ancora più drammatica e sofferente, nonché profondamente personale. La profonda disapprovazione della società nei confronti di tale rapporto non è dato tanto dal fatto che Clodia sia già sposata, anche se ciò andava contro le leggi dello Stato, quanto dalla considerevole differenza di età tra i due. Catullo pone al centro dell'esistenza l'amore, una passione fondata sul rispetto reciproco del foedus, patto sacro ed inviolabile basato sulla fides (fedeltà) e garantito dalla protezione degli dei. Solo in questo reciproco impegno amoroso possono essere conciliate due forme d'amore tradizionalmente separate dalla società romana: la passionalità erotica (amare), caratteristica delle relazioni extraconiugali occasionali, ed il tenero affetto (bene velle), sentimento serio e più duraturo tipico degli affetti familiari. Solo questo patto garantisce secondo il poeta la completezza psicologica e affettiva. Catullo non rinnega, ma trasporta nell'eros i valori più sacri della tradizione etico-religiosa romana: la pietas, cioè la virtù di chi adempie scrupolosamente ai propri doveri, e la fides, il vincolo morale che impone il rispetto dei patti; quindi la concezione di Catullo diverge totalmente da quella greca che considerava l'amore come una forza della natura (physis) che si sottrae alla legge degli uomini (nòmos). Presto però, nel suo rapporto con Clodia, il poeta si rende conto dell'irrimediabile fallimento del suo progetto: l'amata non è disposta a rispettare il foedus e la sua indegna condotta, i suoi tradimenti, portano alla distruzione del bene velle, del puro affetto, rinforzando però il desiderio sensuale (amare). Come l'amore, anche l'amicizia è foedus ed esige la stessa intensità affettiva; Catullo arriva a scagliare pesanti invettive contro chi non rispetta tale patto, esattamente come contro Lesbia. L'angoscia per la mancata osservanza del foedus nel poeta è data anche dalla coscienza del fatto che egli lo ha sempre rispettato nei confronti degli altri. 7 La donna nell'antica Roma Nella Roma antica, la donna aveva poco rilievo nella società, nonostante svolgesse un ruolo attivo nell'ambito domestico. Col passare dei secoli ottenne sempre maggior emancipazione. La posizione di netta inferiorità nei suoi riguardi fu per secoli imposta prima dal pater familias e poi, una volta sposata, dal marito. Era proprio il pater familias che riconosceva la figlia dall'età di dodici anni in poi, come virpotens, cioè in grado di sposarsi. Il matrimonio dunque conocrdato dalla famiglia veniva inteso come un vincolo contrattuale della famiglia. Su poco se non nulla, influiva il parere della famiglia, fatto sta che lascelta di non sposarsi era ritenuta a quell'epoca, poco dignitosa. La formula ufficiale del matrimonio romano sottolineava la finalità sociale: "Liberum quaesundum causa" ossia "Per avere figli". Dopo la celebraione del fidanzamento, sponsalia, avveniva il matrimonio vero e proprio. Tre erano le modalità cerimoniali: conferreatio che prevedeva la la dextearum incutio e la consumazione di un dolce; coemptio che consisteva in un simbolico acquisto di un bene, proprio come comprare la sposa; e usus, secondo la concezione della donna vista come un bene dell'uomo che "tenuto" da almeno più di un anno diveniva proprietà legittima dell'uomo. Da queste tre modalità di celebrazione matrimoniale risulta evidente che la donna venisse appunto considerata quasi alla stregua di un oggetto. A completare quelli che erano i divieti per la donna, anche l'esclusione dai dirittti politici e l'impossibilità di ricorrere al divortium o al ripudio, decisione riservata solo al marito. L'uomo inoltre aveva il diritto di punire la propria moglie per vari comportamenti illeciti: come l'adulterio, scontato con la pena di morte per inedia nel carcere domestico; o bere vino, che equivaleva a far entrare in sè un principio estraneo, proprio come ea l'adulterio appunto. Uno dei valori attribuiti alla fertilità femminile consisteva nella concessione del ventre, per cui l'uomo cedeva in prestito la propria moglie ad amici, e la nascita di un figlio serviva a risaldare l'amicizia tra i due uomini. Il mos maiorum dunque definisce la donna ideale come lanifica, casta, virtuosa, pia, univira, proba e fedele. Epigrafi funenarie, testi letterari, manifatti delle arti figurative offrono ampie testimonianze sul ruolo sociale della donna, in particolare della moglie nella civiltà latina. Tra le prime testimonianze abbiamo passi della commedia arcaica. Nell' Hecyra di Terenzio abbiamo due figure esemplari di mogli, che quasi careggiano fra loro: la giovane Filùmena, discreta e sottomessa, che sa sopportare i torti del marito e salvaguardarne l'onore; mentre Sòstrata, oggetto di incomprensione da parte del marito, non deflette dalla sua linea di comportamento onorevole veso tutti i familiari. Terenzio ricerca il realismo psicologico e per ottenerlo è necessario mettere in scena persone comuni che si esprimono in un contesto verosimile, c'è quindi un abbandono degli stereopati in modo tale che, anche la figura della prostituta, diverrà un personaggio spicologicamente complesso. Bacchide nell'Hecyra, è forse il pesonaggio più rappresentativo del crocivia terenziano di tradizione e innovazione. Come si conviene a una cortigiana, Bacchide è bella e desiderabile, mentre la sua nobiltù d'animo è una dote del tutto eccezionale in una "meretrix". La Bacchide terenziana ha orizzonti più vasti del gretto utilitarismo: è capace di sentimenti, di credere in valori importanti come l'amicizia, l'affezione e la riconoscenza. Con Catullo invece si torna alla più comune visione della donna colta e bellissima ma al contempo spregiudicata, dunque dimenticata dalla tradizione di pudicizia imposta dal mos maiorum. Lesbia, pseudonimo di Clodia, scelto da Catullo per rendere omaggio alla poetessa Saffo, di fatto nonostante fosse sposata, intratteneva una relazione per nulla platonica con Catullo. Da una parte Lesbia viene descritta come la donna ideale, protagonista di un amore intenso sia mentalmente che fisicamente, dall'altra parte nei momenti di crisi, ove Lesbia assumeva una posizione di predominanza assoluta, viene descritta dal poeta in modo disincantato, con gli occhi dell'amante deluso. Catullo è l'emblema dell'uomo che entra nella verticosa spirale di un amore difficile, per di più con una donna come Lesbia, per la quale egli prova una sorta di attrazione fatale. Duplice difesa assunse Cicerone con l'orazione "pro Caelio", a 8 difesa di Celio Rufo. Cicerone accusò Clodia in quanto amante di Rufo e di Catullo e prima ancora in quanto sorella di Clodio, colpevole del suo esilio. Cicerone prospetta di lei un'immagine a tinte fosche da rendere inoffensive le peggiori invettive di Catullo. La definiva col nome di "Clitemnestra", sinonimo di assassina. (Clitemnestra aveva ucciso il marito Agamennone per vendicarsi del sacrificio della figlia Ifigenia). Ancor più ora designata come una donna di poco valore, da quanttro soldi, una quadrantaria. Clodia si comportava, si vestiva e parlava come una prostituta. Era indiscutibile come Clodia di fosse allontanata molto dal modello femminile che gli esempi antichi continuavano a propagandare, fatto già pe sè di gran colpa. Su queste accuse solo un buon oratore come Cicerone seppe difendere fino alla dovuta assoluzione dal processo. 9 La donna nella società etrusca La donna nella società etrusca, diversamente dalla donna greca e in parte anche dalla donna romana, non si occupava solo delle attività domestiche. La rilevanza sociale della donna etrusca trova significative conferme nella documentazione archeologica e nelle storiografia latina e greca. Nelle iscrizioni, la donna etrusca, al pari dell'uomo, appare fornita di formula onomastica bimembre - nome individuale o prenome + nome di famiglia o gentilizio - a partire dal VII secolo a.C. (ad esempio su di un'olla di bucchero da Montalto di Castro, della fine del VII secolo a.C. si legge "mi ramunthas kansinaia" = "io (sono) di Ramuntha Kansinai", mentre su un vaso da Capua del V secolo a.C. si trova scritto "mi culixna v(e)lthura(s) venelus" = "io (sono) il vaso di Velthura Venel"). Come noto le donne romane erano invece individuate col solo nome gentilizio. Nell'epigrafia etrusca, inoltre, relativamente ai figli, si registra accanto alla menzione del patronimico, anche quella del matronimico (ad esempio a Tarquinia sul sarcofago della Tomba dei Partunu, datata al III secolo a.C., si legge "Velthur, Larisal clan, Cucinial Thanxvilus, lupu aviils XXV" = "Velthur, di Laris figlio, (e) di Cuclnei Thanchvil, morto di anni 25"). Questa tradizione viene mantenuta in terra d'Etruria anche durante la prima età imperiale, come attestato da numerose iscrizioni latine (prevalentemente a Chiusi, Perugia e Volsinii). La donna, inoltre, continuava a portare il proprio patronimico o il proprio nome anche da sposata (ad es. su di un sarcofago da Tarquinia del V-I secolo a.C. si legge "Larthi Spantui, figlia di Larc Spantu, moglie di Arnth Partunu"). Per quanto si desume dalle iscrizioni di possesso su oggetti (vasi anche da simposio, statuette, fibule, ex voto) la donna, fin dal periodo orientalizzante, risulta, al pari dell'uomo, titolare di diritti reali: in qualche caso la donna risulta destinataria del dono (su un vaso del VI secolo a.C. si legge "mi(ni) aranth ramuthasi vestiricinala muluvanice" = "mi donò Aranth a Ramutha Vestiricinai"), in altri è la donna stessa a disporre di un proprio bene (ad es. su una fibula d'oro del 650 a.C. si legge "mi velarunas atia" = "io (sono) della madre di Velaruna"). Le iscrizioni di possesso femminile su oggetti d'uso, sotto un diverso profilo, dimostrano come la donna, nei ceti alfabetizzati (aristocratici, ma anche scribi e vasai), sapeva leggere e scrivere. La donna etrusca risulta titolare di tombe, sarcofagi e urne, così come mostrato dalle relative iscrizioni femminili o da coperchi di sarcofagi e urne con rappresentazione di recumbenti femminili. Si segnala inoltre il rinvenimento, in non pochi casi, di corredi pertinenti a deposizioni femminili di particolare rilevanza quantitativa e qualitativa (ad es. i corredi di "Culni" della Tomba dei Vasi Greci di Caere databile alla fine del VI secolo o all'inizio del V secolo a.C. e di "Larthia" della Tomba Regolini Galassi di Caere del 650 a.C.): l'importanza del corredo attesta chiaramente il prestigio sociale e la ricchezza della defunta. Si ritiene che la donna fosse anche titolare di attività economiche: alcune iscrizioni arcaiche ("Kusnailise" su ceramica e "Mi cusul puiunal" su tegola di prima fase) ed ellenistiche (dei bolli volsiniesi con l'iscrizione "Vel numnal") sono da interpretare come firma della proprietaria della bottega. Dall'attribuzione da parte di Tito Livio (Storie, I, 34 e 39) a Tanaquilla (moglie del re etrusco di Roma Tarquinio Prisco) di capacità divinatorie («esperta qual era, come lo sono di solito gli etruschi, nell'interpretazione dei celesti prodigi») si desume che anche le donne dell'aristocrazia potevano interpretare i segni degli dèi. La possibile esistenza di classi di sacerdotesse in Etruria è stata sostenuta da Massimo Pallottino (Studi Etruschi 3, 1929, p. 532) con riferimento al termine "hatrencu" (ad es. "Murai Sethra hatrencu" = "Sethra Murai, la sacerdotessa" su parete della Tomba delle Iscrizioni di Vulci del III-I secolo a.C.) e da Mauro Cristofani (Studi Etruschi 35, 1980 p. 681) con riferimento a "tameru". Che la donna potesse avere un ruolo anche in certe pratiche religiose è possibile ipotizzarlo attraverso l'analisi di alcuni sarcofagi, come quello di Londra al British Museum con defunta sdraiata e cerbiatto che si abbevera (Tarquinia - IV secolo a.C.). Il Trono della tomba 89/1972 a Verucchio, in provincia di Rimini, mostra, nella parte bassa, un uomo e una donna di altissimo rango trasportati in corteo, su carri imponenti, verso un luogo recintato e all'aperto dove si svolge un rito, forse un 10 sacrificio, gestito da due sacerdotesse alla presenza di guerrieri armati di elmo e lancia, e nella parte alta numerose donne intente a varie attività, tra cui quella del lavoro su alti e complessi telai. Viene riferita un'epigrafe (su sepolcro da Tarquinia del IV-III secolo a.C.) che attesterebbe addirittura una donna magistrato: “il giudice Ramtha è stata moglie di Larth Spitus, è morta a 72 anni, ha generato 3 figli” (Arnaldo d'Aversa, La Donna Etrusca, p. 57; Paolo Giulierini in Archeologia Viva - luglio-agosto 2007 p. 58 - Le (discusse) donne d'Etruria). Aristotele (IV secolo a.C.) afferma che «gli Etruschi banchettano con le loro mogli, sdraiati sotto la stessa coperta» (Fragm. 607 Rose). L'iconografia etrusca (cfr., ad es., il Sarcofago cd. degli Sposi da Caere del VI secolo a.C., esposto al Museo di Villa Giulia in Roma; le pitture della Tomba dei Leopardi del V secolo a.C. e della Tomba della Caccia e della Pesca del VI secolo a.C. di Tarquinia; l'Urna cd. degli Sposi Anziani del II-I secolo a.C., esposta al Museo Guarnacci in Volterra) in effetti dimostra che le donne dell'aristocrazia partecipavano ai banchetti, sdraiate accanto agli uomini o sedute su un trono a fianco del letto, e tale partecipazione ne denota il ruolo nella società. Per converso deve essere ricordato che in Grecia le uniche donne ammesse ai banchetti erano le etere (prostitute). La partecipazione delle donne ai banchetti con gli uomini fu oggetto di pesante censura in termini di immoralità da parte degli autori greci (in particolare Teopompo, scrittore della metà del IV secolo a.C.); tale opinione fu in parte determinata da un atteggiamento di incomprensione, dovuto al ben diverso ruolo sociale attribuito alla donna greca specialmente nel periodo classico, ed in parte all'ostilità verso un popolo nemico che in passato aveva a lungo contrastato i greci. Il ritrovamento in deposizioni femminili (per quanto è dato desumere dai relativi corredi) di coppie di morsi di cavallo (a Bologna, Veio) e di carri (a Veio, Marsiliana, Vetulonia...) sottolinea il prestigio ed al tempo stesso la libertà di movimento delle donne dell'aristocrazia etrusca. La partecipazione della donna etrusca a manifestazioni pubbliche è testimoniata dalle pitture della tomba Tarquinese delle Bighe (fine VI secolo - primi V secolo a.C.). In un fregio che corre su tutte e quattro le pareti della camera funeraria sono raffigurate varie gare sportive: lotta, pugilato, salto, lancio del disco, lancio del giavellotto, corsa di bighe. Il pubblico, seduto su quattro tribune (poste agli angoli delle parete di fondo con quelle laterali), è rappresentato da uomini e donne (matrone con velo e giovinette con tutulus). Nella tribuna raffigurata sulla parete destra, in particolare, una matrona con velo (forse una sacerdotessa) è rappresentata in prima fila e due giovinette, più arretrate, assistono ai giochi tra degli uomini. La matrona con un gesto solenne sembra dare inizio alla gara delle bighe. Il commediografo latino Plauto (III-II secolo a.C.) allude, attraverso le parole dello schiavo Lampadione, all'uso diffuso tra le donne etrusche di prostituirsi per procurarsi la dote (Cistellaria 296-302): "Io ti chiamo per ricondurti tra le ricchezze, e sistemarti in una doviziosa famiglia, dove avrai da tuo padre ventimila talenti per dote. Perché la dote non la debba fare qui da te, seguendo la moda etrusca, prostituendo vergognosamente il tuo corpo!". Anche per il riferimento alla prostituzione che sarebbe stata praticata dalle donne etrusche valgono le considerazioni già svolte a proposito della partecipazione femminile ai banchetti a proposito degli autori greci. Sappiamo semmai da fonti storiche (Gaio Lucilio - II secolo a.C.) fa riferimento a "le cortigiane di Pyrgos": apud Servio, Ad Aeneid., R, 164), ed in parte anche archeologiche, che in Etruria la prostituzione veniva praticata nella sua forma più "nobile": la prostituzione sacra (diffusa in Siria, Fenicia, Cipro, Corinto, Cartagine, Erice). Il santuario del porto di Pyrgi (odierna Santa Severa) era costituito da due templi principali, uno greco e uno tuscanico più recente, racchiusi da un recinto sacro che lungo un lato presentavano tante piccole cellette che forse servivano appunto per la prostituzione sacra. Come noto, le prostitute sacre offrivano se stesse ai pellegrini e ai viaggiatori per sostenere le spese del tempio ed incrementarne le ricchezze. 11 La Donna Etrusca La struttura della famiglia etrusca non era dissimile da quella delle società greca e romana. Era, in altre parole, composta dalla coppia maritale, padre e madre, spesso conviventi con i figli ed i nipoti, tale struttura è riflessa dalla dislocazione dei letti e delle camere nella maggior parte delle tombe. Merita però attenzione la condizione sociale della donna che, a differenza del mondo latino e greco, godeva di una maggiore considerazione e libertà, sia nell’ambito religioso sia in quello politicoculturale. Questo era però scandaloso per i Romani, che non esitarono a bollare quest’eguaglianza come indice di licenziosità e scarsa moralità da parte delle donne etrusche. Per loro, dire "etrusca" ad una donna, era sinonimo di "prostituta". Ma la condizione sociale della donna nella civiltà etrusca era veramente unica nel panorama del mondo mediterraneo, e forse ciò derivava dalla diversa stirpe dei popoli: pre-indoeuropei gli etruschi, indoeuropei latini a greci. 12 La Donna nella Vita Politica-Culturale A differenza delle donne greche, che vivevano sottomesse al marito e passavano la maggior parte della loro vita chiuse in casa, le donne etrusche avevano il diritto di partecipare a tutti gli eventi pubblici, ai banchetti sedevano in compagnia dei loro uomini su letti conviviali, brindavano assieme agli ospiti, potevano vestire in modo spregiudicato, erano tenute in gran considerazione dal marito e, cosa molto importante, venivano istruite. I mariti romani al massimo, quando lo facevano, scrivevano sulle tombe della loro sposa "domum servavit", che, in poche parole, voleva dire: é stata una "buona servetta della mia casa". Inoltre il nome delle donne era preceduto dal cognome, mentre una donna romana, per quanto illustre, era sempre soltanto una Claudia, una Cornelia e, anche se imperatrice, una Livia. Le donne etrusche, invece, erano individuate con un cognome che assicurava loro una personalità all'interno della famiglia. Inoltre, mentre la forma latina menziona solamente il cognome del padre, l'epigrafia etrusca vi aggiungeva anche il nome della madre. Queste usanze, nella loro singolarità e persistenza, ci offrono un indizio della particolare posizione della donna nella famiglia e nella società etrusca. Diremmo, oggi, una donna emancipata, in altre parole autonoma ed indipendente. La donna etrusca invece "esce" molto, ha un'importanza a livello politico e anche amministrativo, vive cioè pienamente la vita della famiglia e della società. Esse non godono soltanto di una grandissima libertà a confronto delle donne romane, ma all'interno della società civile adempiono anche una funzione addirittura preponderante. A testimonianza non vi sono solo esempi storici di donne particolarmente in vista nelle vicende politiche, ma anche esempi archeologici che ci mostrano l'importanza che la donna ha nelle tombe etrusche: prima di tutto nella posizione e poi anche nella scelta dell'arredamento. In conclusione, la donna etrusca viveva tutta l'attività della sua società, occupando un ruolo di vero 13 privilegio, investita quasi da un'autorità sovrana: é lei l'artista, la donna colta, curiosa delle preziosità dell'ellenismo e promuove la civiltà e la cultura del proprio paese, ed infine é venerata nella tomba come fosse una dea. Fatto curioso è che nei ritratti dei coperchi delle urne, sono rappresentate in un realismo straordinario: non evitano di mostrare crudamente i segni della vecchiaia, la riproduzione accurata dei difetti fisici, o la bruttezza del proprio viso. Si fanno ritrarre fedelmente; ci tengono a rimanere se stesse; indubbio segno di un forte carattere. La Donna nella Vita Religiosa Nella storia della nostra penisola la civiltà etrusca fu l’ultima che permise alle donne l’accesso al mondo della religione e del culto, conferendo loro anche la massima autorità spirituale nella gerarchia riposta al culto. Nel mondo etrusco il principio femminile fu venerato nelle figure di molteplici dee. La principale dea etrusca fu probabilmente UNI, dalla quale derivò la romana IUNO, Giunone. Per gli etruschi Uni fu la Grande Madre, la generatrice universale, la protettrice delle partorienti, la dispensatrice del potere materno e nutritivo destinato alle creature viventi per la loro prosperità e crescita. Uni corrisponde all’archetipo della madre, la donna quale creatrice e origine del creato. Con l’avvento di Roma e della sua civiltà patriarcale, le donne furono via via estromesse da ogni carica e diritto superiore, fino a che il Cristianesimo arrivò a negare la loro possibilità di avere un’anima, confinandole al ruolo marginale di creature inferiori. L‘Abbigliamento L'abbigliamento degli Etruschi richiama dal VI secolo a.C. quello dei Greci. Gli uomini indossavano tipicamente una tunica corta o un giubbetto, con un mantello gettato sopra le spalle. Le donne e gli anziani usavano una tunica lunga fino ai piedi. Tra l'abbigliamento femminile troviamo anche gonne, casacche, corpetti. Le calzature più comuni erano sandali, stivaletti alti e una caratteristica scarpa con la parte anteriore 14 a punta e rivolta verso l'alto. Il copricapo più diffuso era una calotta di lana, ma ne esistevano di molte fogge: a punta, conici, a cappuccio, a falde larghe; spesso identificavano l'appartenenza di coloro che li portavano ad una precisa classe sociale. Dal V secolo gli uomini, che precedentemente usavano portare la barba, incominciarono a radersi il volto e tenere i capelli corti. Le donne ricorrevano alle più svariate acconciature, e amavano schiarirsi i capelli. Di notevole fattura i di bronzo, argento, oro, che rivelano l'alto livello raggiunto dalla metallurgia presso gli Etruschi. 15 Medioevo: Con l'arrivo dei barbari Franchi e Longobardi in Italia, la condizione della donna peggiora. Essa è infatti un oggetto nelle mani del padre, finché questi non decida di venderla ad un uomo. Il Cristianesimo medioevale impose la sottomissione della donna all'uomo, ma la considerò importante in quanto doveva crescere spiritualmente i figli. Con l'inquisizione alcune donne vennero ritenute rappresentanti del Diavolo sulla Terra (le streghe), capaci di trarre in inganno l'uomo spingendolo al peccato in qualsiasi modo. Tuttavia, dopo il 1000, con l'avvento del dolce stil novo, la donna venne angelicata e considerata un tramite tra Dio e l'uomo. La storia delle donne e degli uomini dei secoli successivi al medioevo rappresenta la culla della modernità. Nel periodo immediatamente successivo al Medioevo si assiste ad un progressivo miglioramento della condizione femminile che porterà nel corso dei secoli ad una lenta evoluzione in senso liberale, che culmina nella rivoluzione francese, i cui ideali sono alla base dell'attuale situazione, in campo sociale, della donna. La cultura umanistica diede infatti alla donna la possibilità di aggirare alcuni limiti che il contesto sociale imponeva. Elemento vitale della cultura umanistico-rinascimentale fu l'affermazione della "hominis dignitate" (la dignità dell' uomo). Sotto l'influenza intensa ed estesa delle idee umaniste furono molti gli intellettuali laici che cominciarono a propugnare l'idea della pari dignità tra uomo e donna. Inoltre la vita religiosa diviene un tramite di espressione fondamentale per le donne della prima età moderna. Infatti se le donne con l'età moderna perdono in status, potere e visibilità rispetto al Medioevo, acquistano però carisma religioso, fino a che non arrivano più rigorosi controlli ecclesiastici tesi a colpire quando una donna <<pretende essa stessa di farsi tramite fra Dio e gli uomini e financo Dio e i preti>> Età contemporanea Rivoluzione francese: Nelle insurrezioni le donne lottano a fianco degli uomini. Sono presenti il 14 luglio 1789 (presa della Bastiglia) e il 10 agosto del 1792 (assalto alle Tuileries). Nell' ottobre 1789 sono le prime a mobilitarsi e a marciare su Versailles, seguite nel pomeriggio dalla guardia nazionale. Quando la guerra porta gli uomini al fronte sono loro a sostituirli nelle fabbriche e nei laboratori con un salario minimo e inferiore a quello dei maschi. Non possono votare né essere elette, sono totalmente escluse dalla vita politica e dalle assemblee. Ma le donne non si arrendono e chiedono di essere arruolate nell'esercito per difendere la propria patria. L'assemblea legislativa, a cui si sono rivolte, gli ride in faccia, segno che, naturalmente,fa capire che non possono. Ma centinaia e centinaia di donne riescono a partire e a marciare verso il fronte. Nel 1793 le repubblicane di Parigi chiedono che a tutte le donne sia fatto obbligo di portare la coccarda simbolo della rivoluzione e diritto alla cittadinanza. La convenzione approva, ma gli uomini hanno paura che poi chiedano anche il berretto frigio e le armi. Inoltre gli uomini trovano insopportabile che gli stessi diritti possono essere estesi anche alle donne e pensano che debbano ritornare alle faccende domestiche e non immischiarsi nella guerra. Epoca vittoriana: La condizione delle donne nell'era Vittoriana è spesso vista come l'emblema della discrepanza notevole fra il potere e le ricchezze nazionali dell'Inghilterra e l'arretrata 16 condizione sociale. Durante il regno della regina Vittoria, la vita delle donne divenne sempre più difficile a causa della diffusione dell'ideale della "donna angelo", condiviso dalla maggior parte della società. I diritti legali delle donne sposate erano simili a quelli dei figli: esse non potevano votare, citare qualcuno in giudizio né possedere alcuna proprietà. Inoltre, le donne erano viste come esseri puri e puliti. A causa di questa visione, i loro corpi erano visti come templi che non dovevano essere adornati con gioielli né essere utilizzati per sforzi fisici o nella pratica sessuale. Il ruolo delle donne si riduceva a procreare ed occuparsi della casa. Non potevano esercitare una professione, a meno che non fosse quella di insegnante o di domestica, né era loro riconosciuto il diritto di avere propri conti correnti o libretti di risparmio. A dispetto della loro condizione di "angeli del focolare", venerate come sante, la loro condizione giuridica era spaventosamente misera. Prima guerra mondiale: Il primo traguardo importante è il conseguimento del diritto di voto per il quale si batterono le suffragette. In seguito ai conflitti mondiali le donne, che avevano rimpiazzato i molti uomini mandati al fronte sul lavoro, ottennero maggiori ruoli in società e possibilità lavorative fuori dalla famiglia. 17 La condizione femminile nel mondo Paesi occidentali industrializzati: Le donne si sono battute per sostenere cambiamenti nel campo del diritto, dal voto all'IVG, dal divorzio alle leggi in materia di violenza sessuale. Le conquiste femminili nel mondo occidentale si sono tradotti in maggiori diritti e in un divario meno ampio tra i sessi. Malgrado questo, nemmeno nel mondo occidentale è stata raggiunta un'effettiva parità. La violenza sulle donne è una piaga presente tutt'oggi anche nei paesi occidentali. In base ad un'indagine dell'Unicef, tra il 10 e il 20% delle donne in Europa ha subìto violenza. Paesi in via di sviluppo: In alcune zone dell'Africa orientale è particolarmente diffusa la cruenta pratica dell'infibulazione che viene inflitta alle bambine. In molte zone rurali dell'Asia avviene tuttora la soppressione dei neonati di sesso femminile e anche l'aborto dei feti femminili. Situazione in Italia: La condizione femminile in Italia comincia a migliorare verso la metà del XX secolo, quando, secondo alcune fonti, il movimento delle suffragette ottenne il suffragio femminile. Quest'ultimo venne infatti riconosciuto solo nel 1945 con un decreto di Umberto di Savoia, ultimo re d'Italia. Nel dopoguerra, all'Assemblea Costituente vennero elette 21 donne. La spinta femminile per l’emancipazione diminuì con il raggiungimento del diritto al voto, nel 1946 per poi rafforzarsi a partire dagli anni '60. Si rafforza il movimento femminista che rivendicò gli stessi diritti degli uomini nella famiglia, nel lavoro e nella società. Grazie a questi movimenti,oggi, gli uomini e le donne italiane godono degli stessi diritti. In Italia, a livello giuridico, le donne hanno pari dignità sociale e uguali diritti rispetto al genere maschile. Tali principi sono garantiti dall’articolo tre della Costituzione. La scolarizzazione femminile, nel primo decennio del XXI secolo, ha raggiunto livelli molto elevati. In particolare nelle nuove generazioni (dai 15 ai 40 anni) le persone di sesso femminile che dispongono di un titolo di studio superiore o uguale all'esame di maturità sono il 53%, contro il 45% di quelle di sesso maschile. Le donne rappresentano inoltre il 65% dei laureati. Attualmente le donne hanno maggiore accesso, e agevolazioni nel mondo del lavoro alla fine del percorso di studi (laurea). Inoltre, le giovani donne che decidono di essere single raggiungono posizioni dirigenziali in percentuale pari ai colleghi uomini nelle medesime condizioni. 18 Il tasso di disoccupazione femminile in Italia è più elevato (circa 4% Istat, 2005) di quello maschile. Il tasso di occupazione femminile è nettamente inferiore a quello maschile, risultando occupate nel 2010 solo circa 46 donne su 100, contro una percentuale del 67% degli uomini. Nel Mezzogiorno le differenze sono più accentuate e l'occupazione delle donne arriva a appena a superare il 30%. Il tasso di inattività è, di contro, molto alto, arrivando a sfiorare la metà di tutta la popolazione femminile in età lavorativa. Tra le principali cause di questo fenomeno va citata l'indisponibilità per motivi familiari, motivazione che è quasi inesistente per la popolazione maschile. Ad esempio il 15% delle donne dichiara di aver abbandonato il posto di lavoro a causa della nascita di un figlio. Spesso si tratta di una scelta imposta, infatti in oltre la metà dei casi sono state licenziate o messe in condizione di lasciare il lavoro perché in gravidanza. Dal punto di vista universitario e del mondo del lavoro le giovani italiane sono ormai più istruite degli uomini, anche se scelgono spesso percorsi di studio meno remunerativi nel mercato del lavoro: scelgono infatti non tanto materie scientifiche e ingegneristiche quanti percorsi letterari e umanistici. Tutta questa inattività non si traduce però in un maggiore tempo libero per le donne. Al contrario, il tempo delle donne italiane è impiegato nel sopportare in maniera preponderante i carichi di lavoro familiari, molto più che in tutto il resto d'Europa. Gli uomini italiani risultano i meno attivi del continente nel lavoro familiare, dedicando a tali attività appena 1 h 35 min della propria giornata. Per lavoro familiare si intende sia le attività domestiche (cucinare, pulire la casa, fare il bucato etc.), sia le attività di cura dei bambini e degli adulti conviventi. Nella pubblica amministrazione italiana le lavoratrici donne sono poco più della metà del totale, grazie alla preponderanza femminile tra gli insegnanti soprattutto nella scuola di base. In tale settore si nota tuttavia una netta prevalenza maschile nelle qualifiche più elevate: ogni 100 dirigenti generali si contano solo 11 donne. Le retribuzioni degli uomini in Italia sono superiori mediamente a quelle delle donne: nel 2004 ad esempio il monte salari maschile (reddito complessivamente percepito dagli uomini italiani) era superiore di circa il 7% rispetto a quello femminile, mentre nel 2010 questo divario è arrivato al 20%. Questo si verifica perché l'occupazione femminile è concentrata su lavori a più bassa retribuzione e perché a parità di mansioni gli stipendi maschili sono, seppur leggermente (del 2%), superiori. Le donne inoltre hanno minori possibilità di beneficiare delle voci salariali accessorie, quali gli incentivi o lo straordinario. La speranza di vita alla nascita femminile è di 5,6 anni superiore a quella maschile. Sempre in materia di diritto di famiglia si registra che il 71% delle richieste di divorzio è presentata dal genere femminile. Inoltre, in caso di divorzio, l'assegnazione della casa dove la famiglia viveva (in assenza di figli ed indipendentemente della proprietà della stessa) è attribuita alle donne nel 57% dei casi e solo nel 21% ai loro ex-mariti. Nonostante il dibattito in corso relativo alla rappresentanza politica delle donne, queste ultime sono ancora poco attive nella vita politica del paese, non tanto per forme di pregiudizi nei loro confronti, quanto per un interesse poco spiccato delle donne stesse verso questo ambito sociale. Sul totale delle persone che hanno svolto attività gratuita per un partito politico nel corso del 2005, circa un quarto sono donne. Il numero di parlamentari donne in Italia è coerente con tale tasso di partecipazione alla vita politica. 19 Nel Parlamento italiano le donne rappresentano meno del 20% del totale (18,69% al Senato e 21,43% alla Camera nella XVI Legislatura) con un risultato peggiore rispetto ad esempio alla composizione del Parlamento europeo, nel quale le donne rappresentano circa il 35%. 20 Premi Nobel non assegnati alle donne Se ancora oggi le scienziate hanno difficoltà ad imporsi in un mondo in cui lo studioso è di norma un uomo, un secolo fa le cose andavano anche peggio e non sono state poche le “donne di scienza” che, grazie ai risultati delle loro ricerche avrebbero meritato gli opportuni riconoscimenti ma non li hanno avuti. Sono figure di scienziate che la storia ufficiale ha ignorato anche negando loro la consacrazione di un Nobel. Dal 1901, anno dell'istituzione del premio della prestigiosa accademia svedese, sono state solo 11, su oltre 500 premi assegnati nel corso del XX secolo, le scienziate alla quali è stato conferito il riconoscimento per una disciplina scientifica nei settori della fisica, chimica e medicina. • In questo contesto è emblematica la storia Rosalind Franklin (1920-1958) colei che fornì le prove sperimentali della struttura del Dna. Per questa scoperta il Nobel lo ricevettero però i suoi colleghi Wilkins, Watson e Crick che realizzarono il modello a doppia elica grazie alle fotografie della diffrazione ai raggi X del Dna scattate proprio dalla Franklin, sottratte dal suo laboratorio da Wilkins. Rosalind Franklin,nata da una ricca famiglia ebrea, era una brillante ricercatrice in cristallografia e fu una delle pochissime donne ammesse a Cambridge. Agli inizi degli anni ’50 la Franklin era ricercatrice al King’s College di Londra e lavorava col collega Maurice Wilkins alla rifrazione ai raggi x. Pare che fra i due la rivalità fosse forte e l’antipatia reciproca sarebbe poi sfociata nel furto, da parte di Wilkins, di uno dei documenti della collega. Si trattava della famosa radiografia passata alla storia come la “fotografia 51” del Dna. Quell’immagine, insieme a qualche altro documento sottrattole in seguito, fu determinante per la scoperta di Wilkins, Watson e Crick. Una scorrettezza che appare ancora più grave di fronte al fatto che, quando nel 1962 i tre vennero insigniti del premio Nobel, nessuno degli scienziati riconobbe il merito di Rosalind Franklin morta di cancro nel 1958, a soli 37 anni. Fu Watson, nel suo libro La doppia elica pubblicato nel 1968, a dare un seppur tardivo riconoscimento ufficiale ai meriti della collega ma si dovette aspettare fino al1998, a 30 anni dalla sua morte, perché la foto della Franklin venisse collocata accanto a quella dei colleghi vincitori del Nobel alla National Portrait Gallery di Londra. Nel 2000, inoltre il King’s College ne ha ricordato l’opera intitolando una sua nuova ala come “FranklinWilkins Building”. (Fotografia 51) Non sono tante le donne che hanno avuto un ruolo rivoluzionario nella modificazione del nostro pianeta: una di queste è stata Marie Curie (1867-1934), di cui sono ben note la vita e la storia scientifica: la scoperta della radioattività naturale riconosciuta con l'assegnazione di due premi Nobel. Un'altra, meno nota, ma altrettanto importante, è: 21 • Lise Meitner (Vienna, 7 novembre 1878- Cambridge, 27 ottobre 1968), fisica austriaca. Fu la prima donna ad ottenere la cattedra di fisica presso una università tedesca. A Lise Meitner,va attribuita la vera scoperta della fissione nucleare. La grande svolta che avrebbe cambiato la visione del mondo e della natura, il mondo dell'energia disponibile agli esseri umani e gli stessi equilibri militari delle grandi potenze. Per quelle ingiustizie che così spesso colpiscono le donne, il premio Nobel per la chimica, per la scoperta della fissione nucleare, fu attribuito nel 1944 soltanto ad Otto Hahn (suo collega di lavoro) e la Meitner non ebbe mai quel riconoscimento che le sarebbe ben spettato. "Lise Meitner: a life in physics". Esso offre, attraverso la vita di questa donna, uno spaccato della storia dell'Europa contemporanea, dalle grandi scoperte scientifiche, alla violenza nazista, alle persecuzioni razziali, alle discriminazioni maschili verso un genio femminile. • Jocelyn Bell-Burnell, nata nell’Irlanda del Nord nel 1943, prese una laurea in Fisica all‘università di Glasgow nel 1965. Più tardi nello stesso anno, cominciò il dottorato di ricerca presso l'Università di Cambridge. Fu durante quel periodo di studi che la giovane studentessa ascoltando il rumore di fondo della registrazione compiuta sul cielo scoprì un segnale che pulsava regolarmente. All'inizio la sorgente venne chiamata "LGM" (Little Green Men, piccoli omini verdi in inglese) poichè si pensava potesse essere un segnale proveniente da esseri extraterrestri. In seguito Jocelyn Bell capì che si trattava di una nuova classe di stelle, denominata pulsar. Nonostante ciò il Nobel per la scoperta fu assegnato al relatore della sua tesi, il professor Anthony Ewish, e la giovane donna non fu neppure menzionata durante la cerimonia di premiazione. Jocelyn Bell ottenne il dottorato in radioastronomia all'Università di Cambridge nel 1968. Si sposò e cambiò il suo nome in Burnell. Oggi è a capo del Dipartimento di Fisica della Open University, in Inghilterra. Ha ricevuto molte medaglie, onori e riconoscimenti per il suo lavoro nel campo dell'astronomia. Dopo più di trent'anni dalla sua scoperta Jocelyn Bell Burnell è un'astrofisica notissima e per tutti la vera e unica scopritrice delle pulsar. 22 Donne che hanno fatto la storia nelle varie discipline In Era Classica ricordiamo.. Elena è una figura della mitologia greca assunta, nell'immaginario europeo, a icona dell'eterno femminino. Proprio questa sua caratteristica archetipica fa sì che, nell'immensa letteratura nata attorno alla sua figura, Elena non venga mai considerata responsabile dei danni e lutti provocati dalle contese nate per appropriarsi della sua bellezza. La guerra di Troia Per vendicare il rapimento di Elena da parte del principe troiano Paride (al quale Afrodite aveva promesso la più bella delle donne), Menelao e suo fratello Agamennone organizzarono una spedizione contro Troia chiedendo aiuto a tutti i partecipanti al patto di Tindaro. Nell'Iliade, Elena è un personaggio tragico, obbligata ad essere la moglie di Paride dalla dea Afrodite. Nessuna colpa le può essere rinfacciata, data la sua incolpevole bellezza, anche se le si dà la colpa della guerra che insanguina Troia. Non è una donna felice, disprezza Paride ed è invisa a molti troiani: solo Ettore si mostra gentile con lei, e in occasione della morte dell'eroe Elena proverà un sincero dolore. Alla morte di Paride, Elena è costretta a sposare il fratello Deìfobo. Durante la notte della caduta di Troia nasconde le armi del marito e apre la porta a Menelao e Ulisse. I tre fanno irruzione nella camera da letto trovando Deifobo addormentato e ubriaco. Colgono l’occasione e lo uccidono. Nel secondo libro dell'Eneide, durante l'incendio di Troia, Enea vede da lontano Elena ed è preso dall'impulso di ucciderla, ma ne viene dissuaso dalla madre Venere, che lo esorta a fuggire dalla città coi familiari. Ifigenia è un nome greco che si riferisce alla figura mitologica della figlia di Agamennone e Clitennestra, la cui storia ha ispirato artisti di ogni campo e astronomi che hanno usato nomi dell'ambito mitologico per classificare oggetti celesti. Ricordiamo la donna per il suo coraggioso atto: il sacrificio umano. Agamennone uccise un animale molto sacro alla dea Artemide. La dea pretese, allora, il sacrificio della figlia in cambio di poter partire senza problemi per la battaglia di troia. Agamennone, con la scusa di darla in sposa ad Achille, fece richiamare Ifigenia. Ella scoprì l’inganno poco dopo. Scoperto l’inganno si inginocchiò ai piedi del padre supplicandolo di risparmiarla. Alla fine, fu proprio Ifigenia a volersi sacrificare per ilbene del padre. Sarò proprio Agamennone a bruciare viva sua figlia. 23 In ambito letterario ricordiamo.. • Per chi ama la poesia e l'amore, il nome di Saffo rappresenta ormai un mito senza tempo. Ma la sua voce, così straordinariamente limpida ed intensa, ci giunge dalle remote lontananze della Grecia arcaica, un mondo legato a peculiari tradizioni etiche e di costume. Saffo nacque infatti nell'isola di Lesbo intorno al 650 a.C. e trascorse gran parte della sua esistenza nella ristretta cerchia di un tiaso, una specie di associazione in cui le fanciulle di nobili famiglie si formavano all'esperienza della vita collettiva nella pratica rituale del canto e della danza. La sua poesia scaturì dalle emozioni vissute all'interno del raffinato sodalizio femminile da lei diretto, e l'incanto dei suoi versi sta nell'assoluta naturalezza con cui si esprimono le vibrazioni sottili e tormentose dei sentimenti. Saffo cantò l'amore come malattia e turbamento dell'essere. L'amore è quindi causa di turbamenti, ma anche di accensione del desiderio. In una delle sue poche poesie giunte a noi complete, viene descritto questo sentimento: "Mi sembra pari agli dei quell'uomo che siede di fronte a te e vicino ascolta te che dolcemente parli e ridi con un viso che suscita desiderio. Questa visione veramente mi ha turbato il cuore nel petto: appena ti guardo un breve istante, nulla mi è più possibile dire, ma la lingua mi si spezza e subito un fuoco sottile mi corre sotto la pelle e con gli occhi nulla vedo e rombano le orecchie e su me sudore si spande e un tremito mi afferra tutta e sono più verde dell'erba e poco lontana da morte sembro a me stessa". In questi versi Saffo parla in prima persona del suo "guardare", e sembra vittima dei sintomi e delle cause di una malattia che altro non è che il desiderio non appagato di possedere un qualcosa che colpisca visivamente. Non bisogna poi dimenticare che Saffo, seppure sposata e con una figlia, ebbe esperienze omosessuali: "Infatti anche se fugge, presto verrà dietro e se non accetta doni, doni li offrirà e se non ama, ella presto amerà anche contro il suo volere". Tutto il contesto, la ragazza che fugge, l'attesa dei doni, il verbo amare utilizzato prima al presente e successivamente al futuro, induce a pensare che ciò di cui parla Saffo vada oltre una semplice amicizia. Il suo è quindi un amore fatto anche di turbamenti, paure, insicurezze simili a quelle di una fanciulla ancora vergine. Ed è al tema della verginità che Saffo dedica una lirica, nella quale paragona una ragazza vergine ad una mela posta sul ramo più alto di un albero: "Come quel dolce pomo rosseggia in cima al ramo, alto, sul ramo più alto, e se ne scordano i coglitori di mele: anzi, non se ne scordano, ma non riescono a raggiungerlo". • Elsa Morante (Roma, 18 agosto 1912 – Roma, 25 novembre 1985) è stata una scrittrice, saggista, poetessa e traduttrice italiana. È considerata da alcuni critici una tra le più importanti autrici di romanzi del dopoguerra. • Maria Grazia Cosima Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936) è stata una scrittrice e traduttrice italiana, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1926. La narrativa della Deledda si basa su forti vicende d'amore, di dolore e di morte sulle quali aleggia il senso del peccato, della colpa, e la coscienza di una inevitabile fatalità. È stata ipotizzata una somiglianza con il verismo di Giovanni Verga ma, a volte, anche con il 24 decadentismo di Gabriele D'Annunzio, oltre alla scrittura di Lev Nikolaevič Tolstoj e di Honoré de Balzac di cui tra l'altro la Deledda tradusse in italiano l'Eugenia Grandet. Tuttavia la Deledda esprime una scrittura personale che affonda le sue radici nella conoscenza della cultura e della tradizione sarda, in particolare della Barbagia • Giannina Milli (Teramo, 24 maggio 1825 – Firenze, 8 ottobre 1888) è stata una scrittrice, poetessa estemporanea ed educatrice italiana. Le sue “serate”, durante le quali declamava versi composti all’istante su temi proposti dal pubblico presente in sala, avevano soprattutto lo scopo di accendere gli animi a sentimenti patriottici. George Eliot, pseudonimo di Mary Anne (Marion) Evans (Arbury, 22 novembre 1819 – Londra, 22 dicembre 1880), è stata una scrittrice britannica, una delle più importanti dell'epoca vittoriana. I suoi romanzi sono ambientati prevalentemente nella provincia inglese e sono famosi per il loro stile realista e la loro perspicacia psicologica. Mary Anne usa uno pseudonimo a partire dalla sua prima opera narrativa, "Scenes of Clerical Life"; a differenza di altre scrittrici a lei contemporanee o precedenti (per esempio, le sorelle Bronte), la Evans utilizza un pen-name non tanto per ragioni sociali, quanto per vezzo. Sebbene all'epoca le donne scrittrici non fossero ben viste, Mary Anne Evans proveniva da un rango sociale elevato, era la compagna dell'editore e intellettuale George Henry Lewes e la sua formazione ed esperienza era già ben nota al pubblico e tanto apprezzata da non aver alcun bisogno di nascondersi dietro a un falso nome. • Simone-Lucie-Ernestine-Marie Bertrand de Beauvoir, o più semplicemente Simone de Beauvoir (Parigi, 9 gennaio 1908 – Parigi, 14 aprile 1986), è stata un'insegnante, scrittrice, saggista, filosofa e femminista francese. A partire dal 1958, si dedica alla sua autobiografia, uscita in quattro volumi: Memorie di una ragazza perbene (1958), L'età forte (1960), La forza delle cose (1963), A conti fatti (1972). È un'opera particolarmente preziosa perché offre, oltre alla storia personale della scrittrice, la diretta testimonianza sull'atmosfera e sul grande dibattito culturale svoltosi in Francia dagli anni trenta fino alla fine degli anni sessanta. • Annelies Marie Frank, detta Anne, nome italianizzato in Anna Frank, (Francoforte sul Meno, 12 giugno 1929 – Bergen-Belsen, marzo 1945), è stata una ragazza ebrea tedesca, divenuta un simbolo della Shoah per il suo diario scritto nel periodo in cui la sua famiglia si nascondeva dai nazisti e per la sua tragica morte nel campo di concentramento di BergenBelsen. Visse parte della sua vita ad Amsterdam nei Paesi Bassi, dove la famiglia si era rifugiata dopo l'ascesa al potere dei nazisti in Germania. Fu privata della cittadinanza tedesca nel 1941, divenendo così apolide. 25 • Oriana Fallaci (Firenze, 29 giugno 1929 – Firenze, 15 settembre 2006) è stata una scrittrice e giornalista italiana. Fu la prima donna in Italia ad andare al fronte in qualità di inviata speciale. Come scrittrice, con i suoi dodici libri ha venduto venti milioni di copie in tutto il mondo. • Adeline Virginia Woolf, nata Stephen (Londra, 25 gennaio 1882 – Rodmell, 28 marzo 1941), è stata una scrittrice, saggista e attivista britannica. Considerata come uno dei principali letterati del XX secolo, attivamente impegnata nella lotta per la parità di diritti tra i due sessi; fu, assieme al marito, militante del fabianesimo[1], nel periodo fra le due guerre fu membro del Bloomsbury Group e figura di rilievo nell'ambiente letterario londinese. Le sue più famose opere comprendono i romanzi La signora Dalloway (1925), Gita al faro (1927) e Orlando (1928). Tra le opere di saggistica emergono Il lettore comune (1925) e Una stanza tutta per sé (1929); nella quale ultima opera compare il famoso detto "una donna deve avere denaro, cibo adeguato e una stanza tutta per sé se vuole scrivere romanzi". • Lou von Salomé, anche nota come Lou Andreas-Salomé (San Pietroburgo, 12 febbraio 1861 – Gottinga, 5 febbraio 1937), è stata una scrittrice e psicoanalista tedesca di origine russa. Fu la giovane e affascinante russa, che Friedrich Nietzsche conobbe nel 1882 e che probabilmente lo ispirò a creare le prime due parti della sua opera più importante: Così parlò Zarathustra. • Gertrude Stein (Allegheny, 3 febbraio 1874 - Neuilly-sur-Seine, 27 luglio 1946) è stata una scrittrice e poetessa statunitense. Con la sua attività e la sua opera diede un impulso rilevante allo sviluppo dell'arte moderna e della letteratura modernista. Trascorse la maggior parte della sua vita in Francia. Apertamente lesbica, la sua relazione praticamente "matrimoniale" con Alice Toklas è una delle più celebri della storia LGBT. Celebre è il Ritratto di Gertrude Stein del 1906 che le fece Picasso, conosciuto nel 1905 grazie al collezionista d'arte Henri-Pierre Roché. Il quadro, riconosciuto dagli storici dell'arte come il primo passo embrionale verso lo stile cubista, è attualmente al Metropolitan Museum of Art di New York. 26 L'importanza di Gertrude Stein nella letteratura del Novecento supera la sua seppur ragguardevole produzione dato il ruolo che ella assunse «per la letteratura degli «espatriati», fulcro e centro di tutta la più attiva produzione letteraria americana contemporanea». In ambito filosofico ricordiamo.. Maria Montessori (Chiaravalle, 31 agosto 1870 – Noordwijk aan Zee, 6 maggio 1952) è stata una pedagogista, filosofa, medico, scienziata, educatrice e volontaria italiana, nota per il metodo che prende il suo nome, usato in migliaia di scuole in tutto il mondo. Sin dai primi anni di studio, manifestò particolare interesse pe le materei scientifiche, particolarmente matematica e biologia.Si iscrisse alla facoltà di Roma la Sapienza, ove frequentò medicina, scelta che la porterà a essere una delle prime donne a laurerarsi in medicina, nel 1896, dopo l'unità d'Italia. Oltre che agli studi in laboratorio, si dedicò anche a pediatria e per le sue strabilianti capacità vinse anche un premio di mille lire dalla Fondazione Rolli per un lavoro in patologia generrale. Entro nella Società Lancisiana, riservata a dottori e professori degli ospedali di Roma con un curriculm che risultò eccellente in igene, psichiatria e pediatria, materie che saranno alla base del suo futuro. È nelle lezioni di didattica date in Roma nella Scuola Magistrale Ortofrenica, sopra ricordate, che Montessori rivela come la questione dei bambini anormali sia contemporaneamente sia medica sia pedagogica. La Montessori sosteneva l'importanza del maestro nell'educazione e gli riconosceva un alto grado di responsabilità nella formazione del bambino e a tale scopo riteneva fondamentale che il maestro conoscesse la psicologia, la psichiatria e la pedagogia. Il merito della studiosa è quindi specialmente quello di aver per prima intuito che la deficienza del bambino è un fatto sociale e la sua educazione è possibile con ambienti e materiali adeguati. Dopo l'esperienza alla Scuola Magistrale Ortofrenica, Montessori decise di iscriversi alla Facoltà di Filosofia dell'Università di Roma e venne immatricolata il 16 luglio 1903 al terzo anno di Filosofia. Sappiamo che frequentò le lezioni - senza però sostenerne gli esami - di Filosofia teoretica, Storia della filosofia e Filosofia morale. E in particolare seguì l'insegnamento di Filosofia teoretica col professor Antonio Labriola, il quale - con Regio Decreto 7 luglio 1902 - fu trasferito dalla cattedra di Filosofia morale e Pedagogia a quella di Filosofia teoretica dell'Università di Roma a partire dal 1 novembre 1902. Da lì a poco decide di decidarsi alla fondazione di una "Scuola pedagogica", di cui era relatore il professor Credaro e che fu costruita sul modello del Museo di istruzione ed educazione fondato da Antonio Labriola. Metodo educativo che ebbe notevole successo in tutto il mondo. E grazie a Maria Montassorri e al suo lavoro dedico ai bambini specialmente quelli affetti da deficit che si tenne il primo Congresso Pedagocigo Nazionale. Il metodo montessoriano parte dallo studio dei bambini con problemi psichici, espandendosi allo studio dell'educazione per tutti i bambini. La Montessori stessa sosteneva che il metodo applicato su persone subnormali aveva effetti stimolanti anche se applicato all'educazione di bambini normali. Il suo pensiero identifica il bambino come essere completo, capace di sviluppare energie creative e possessore di disposizioni morali (come l'amore), che l'adulto ha ormai compresso dentro di sé rendendole inattive. Il principio fondamentale deve essere la libertà dell'allievo, poiché solo la libertà favorisce la creatività del bambino già presente nella sua natura. Dalla libertà deve emergere la disciplina. Un individuo disciplinato è capace di regolarsi da solo quando sarà necessario seguire delle regole di vita. Il periodo infantile è un periodo di enorme creatività, è una fase della vita in cui la mente del bambino assorbe le caratteristiche dell'ambiente circostante facendole proprie, crescendo per mezzo di esse, in modo naturale e spontaneo, senza dover compiere alcuno sforzo cognitivo. Con la Montessori molte regole dell'educazione consolidate nei primi anni del secolo cambiarono.. I bambini dovevano imparare a prendersi cura di se stessi e venivano incoraggiati a prendere decisioni autonome. Il pensiero pedagogico montessoriano riparte dalla pedagogia scientifica. Infatti l'introduzione della scienza nel campo dell'educazione è il primo passo fondamentale per poter costruire un'osservazione obiettiva 27 dell'oggetto. L'oggetto dell'osservazione non è il bambino in sé, ma la scoperta del bambino nella sua spontaneità ed autenticità. Infine, della scuola tradizionale infantile Maria Montessori critica il fatto che, in essa, tutto l'ambiente sia pensato a misura di adulto. In un ambiente così concepito, il bambino non si trova a suo agio e quindi nelle condizioni per poter agire spontaneamente. La Montessori definisce il bambino come un embrione spirituale nel quale lo sviluppo psichico si associa allo sviluppo biologico. Nello sviluppo psichico sono presenti dei periodi sensitivi, definiti nebule, cioè periodi specifici in cui si sviluppano particolari capacità. Immagine: una scuola • Montessori in Olanda. Margherita Isnardi Parente (Catanzaro, 4 ottobre 1928 – Roma, 16 novembre 2008) è stata una filosofa e storica italiana, studiosa del pensiero greco antico. Dopo essersi laureata presso l’università di Pisa come allieva del filosofo Guido Calogero,con una tesi su Polibio, indirizzò le sue prime ricerche all'Accademia platonica, tema che attraversa tutta la sua vita di studiosa. Successivamente si è dedicata a studi sul Rinascimento, culminati nell'edizione dei Sei libri dello stato di Jean Bodin, e sulle Epistole di Platone (specialmente la Settima). I suoi interessi si sono rivolti quindi ad Epicuro ed agli Stoici (curando anche in questo caso l'edizione di testi). Con il tempo quindi le sue ricerche si sono compattate intorno ai suoi interessi privilegiati: Platone, la sua scuola e i neoplatonici. In seguito si è interessata anche al pensiero moderno, attendendo fra l'altro all'edizione critica delle opere oltre che di Jean Bodin anche di Erasmo da Rotterdam. Si ricorda, inoltre, che curò una parte di antichistica e la parte relativa all'ellenismo e alla fine del mondo antico del manuale di storia della filosofia, a cura di Sergio Moravia, edito da Le Monnier. In ambito pittorico ricordiamo.. Rosalba Carriera (Venezia, 12 gennaio 1673 – Venezia, 15 aprile 1757) è stata una pittrice e ritrattista italiana. Cominciò la sua carriera artistica dipingendo le tabacchiere con quelle figure di damine graziose che divennero poi la sua fortuna trasposte nelle miniature su avorio. Fu la prima che utilizzò l'avorio nelle miniature dandogli quella lucentezza caratteristica delle sue opere. Fu inoltre la prima a non seguire le regole accademiche che volevano la miniatura dover essere 28 realizzata con tratti e punti brevi e ben amalgamati: lei invece vi trasportò il tratto veloce caratteristico della pittura veneziana. Immagine: Rosalba Carriera, Autoritratto con il ritratto della sorella, 1715, Firenze, Galleria degli Uffizi. • Artemisia Gentileschi (Roma, 8 luglio 1593 – Napoli, 1653) è stata una pittrice italiana di scuola caravaggesca.Vissuta durante la prima metà del XVII secolo, riprese dal padre Orazio il limpido rigore disegnativo, innestandovi una forte accentuazione drammatica ripresa dalle opere del Caravaggio, caricata di effetti teatrali; stilema che contribuì alla diffusione del caravaggismo a Napoli, città in cui si era trasferita dal 1630. Dal punto di vista politico troviamo.. Giovanna d’Arco (Domrémy, 6 gennaio 1412 – Rouen, 30 maggio 1431) è un'eroina nazionale francese, oggi conosciuta anche come la Pulzella d'Orléans. Riunì al proprio Paese parte del territorio caduto in mano inglese, contribuendo a risollevarne le sorti durante la guerra dei cent'anni, guidando vittoriosamente le armate francesi contro quelle inglesi. Catturata dai Borgognoni davanti a Compiègne, Giovanna fu venduta agli inglesi che la sottoposero a un processo per eresia, al termine del quale, il 30 maggio 1431, fu condannata al rogo e arsa viva. Nel 1456 papa Callisto III, al termine di una seconda inchiesta, dichiarò la nullità di tale processo. Beatificata nel 1909 da Pio X e canonizzata nel 1920 da Benedetto XV, Giovanna fu proclamata patrona di Francia. Rita Levi-Montalcini (Torino, 22 aprile 1909) è una neurologa e senatrice a vita italiana, Premio Nobel per la medicina nel 1986. Negli anni cinquanta le sue ricerche la portarono alla scoperta e all'identificazione del fattore di accrescimento della fibra nervosa o NGF, scoperta per la quale è stata insignita nel 1986 del premio Nobel per la medicina. Insignita anche di altri premi, è stata la prima donna a essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze. Il 1º agosto 2001 è stata nominata senatrice a vita "per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale". È socia nazionale dell'Accademia dei Lincei per la classe delle scienze fisiche ed è tra i soci fondatori della Fondazione Idis-Città della Scienza. 29 • Rosa Luxemburg pseudonimo di Rozalia Luksenburg (Zamość, 5 marzo 1870 o 1871 – Berlino, 15 gennaio 1919), è stata una politica, teorica socialista e rivoluzionaria tedesca di origini polacche ed ebraiche. Era l'ultima di cinque figli di una famiglia ebrea poverissima. A 15 anni aderì al movimento rivoluzionario polacco; non ancora diciottenne dovette espatriare clandestinamente per sfuggire all'arresto. A Zurigo intraprese gli studi di scienze naturali, per poi passare a quelli di scienze politiche. Si laureò con lode presentando una tesi di storia economica, poi pubblicata, sullo sviluppo della Polonia. Dopo la laurea contrasse un matrimonio fittizio (si separò dopo qualche anno) allo scopo di acquistare la cittadinanza tedesca e poter così lavorare nel Partito socialdemocratico. La giovane diventò presto uno degli agitatori più popolari del movimento operaio tedesco. Nel 1904 subì la prima detenzione, di tre mesi, per lesa maestà; tornò in carcere per qualche mese l'anno successivo, quando si recò a Varsavia in occasione della prima rivoluzione russa. In carcere studiò e scrisse; La prima opera di Rosa Luxemburg fu L’accumulazione del Capitale, pubblicata a Berlino nel 1913. Con tale opera Ampliò lo schema marxiano in due sensi. Da un lato, considerò i paesi non capitalisti (nuovi mercati di sbocco che rendono possibile l'espansione capitalista, data l'insufficienza degli investimenti interni); dall'altro, esaminò l'influsso dello stato sulla produzione (tramite le spese belliche, finanziate con il prelievo fiscale). Fornì così un'analisi teorica dell'imperialismo. Malgrado la sua importanza, L'accumulazione del capitale fu accolto con ostilità dai marxisti contemporanei. Le esigenze della propaganda e della lotta politica contingente prevalevano su ogni considerazione scientifica, tanto più su un tema allora scottante quale la possibilità di evoluzione e crollo del capitalismo. In discipline artistiche hanno abbastanza rilevanza.. Sofia Loren nome d'arte di Sofia Villani Scicolone (Pozzuoli, 20 settembre 1934), è un'attrice cinematografica italiana. Entra a far parte della settima arte giovanissima e si impone ben presto, agli inizi degli anni cinquanta, come sex symbol grazie alla sua innata sensualità e un corpo da maggiorata. Da Vittorio De Sica sarà diretta in film come Ieri, oggi, domani, famoso lo spogliarello finale, e Matrimonio all'italiana, per il quale riceverà una seconda nomination all'oscar; entrambi a fianco di Marcello Mastroianni, compagno di lavoro in quattordici film dal 1954 in Peccato che sia una canaglia al 1994 in Prêt-à-Porter, formando una delle migliori coppie della storia del cinema. Inoltre, durante la sua lunga carriera Sophia Loren è divenuta il simbolo della bellezza e del buon gusto dell'Italia nel mondo. Nel 1991 riceve da Gregory Peck l'Oscar alla carriera. 30 Mata Hari pseudonimo di Margaretha Geertruida Zelle (Leeuwarden, 7 agosto 1876 – Vincennes, 15 ottobre 1917), è stata una danzatrice e agente segreto olandese, condannata alla pena capitale per la sua attività di spionaggio durante la prima guerra mondiale. Era figlia di Adam Zelle (1840-1910) e di Antje van der Meulen (1842-1891), ed ebbe tre fratelli, il maggiore, Johannes (1878), e due fratelli gemelli, Arie Anne e Cornelius (1881-1956). Il padre aveva un negozio di cappelli, era proprietario di un mulino e di una fattoria. La sua famiglia poteva permettersi di vivere molto agiatamente in un antico e bel palazzo di Groote Kerkstraat, nel centro della città. • Olga Maria Elisabeth Friederike Schwarzkopf (Jarocin, 9 dicembre 1915 – Schruns, 3 agosto 2006) è stata un soprano tedesco naturalizzata inglese. Nel 1934 comincia a studiare da mezzosoprano a Berlino, alla Hochschule für Musik, ma su consiglio del baritono Karl Schmitt-Walter passò al registro di soprano, continuando gli studi sotto la guida del celebre soprano lirico-leggero Maria Ivogün e del marito di lei, il pianista Michael Raucheisen. La Schwarzkopf debuttò come professionista all'Opera di Berlino il 15 aprile 1938 nel ruolo del Secondo Fiore nel Parsifal di Wagner. Cantò a Berlino nei quattro anni successivi, aderendo nel frattempo al partito nazista, decisione che le impedì per molti anni di esibirsi negli Stati Uniti.Nel 1942 esordì alla Staatsoper di Vienna dove cantò nel Ratto dal serraglio di Mozart (Costanza), Musetta e Mimì nella Bohème di Puccini e Violetta nella Traviata di Verdi. Nel 1945 la Schwarzkopf ottenne la cittadinanza austriaca per poter cantare stabilmente a Vienna. Tra i reali si evidenziano.. Maria Antonia Giuseppa Giovanna d'Asburgo-Lorena, nota semplicemente come Maria Antonietta (Vienna, 2 novembre 1755 – Parigi, 16 ottobre 1793), fu regina consorte di Francia e di Navarra dal 10 maggio 1774 al 21 settembre 1792 come sposa di Luigi XVI. Figlia di Maria Teresa d'Austria e di Francesco Stefano di Lorena, alla nascita era stata insignita del titolo di arciduchessa d'Austria. Per suggellare l'alleanza tra l'Austria e la Francia contro la Prussia e l'Inghilterra, venne data in sposa, quattordicenne, al delfino di Francia, il futuro Luigi XVI. Trasferitasi a corte, nella reggia di Versailles, per sopperire alla solitudine, alla noia e a un matrimonio deludente e tormentato cominciò a vivere nelle frivolezze, dedicandosi a costosi diversivi. La sua prodigalità, la leggerezza di atteggiamenti, i favoritismi e soprattutto l'incauto invischiarsi negli intrighi di corte, le procurarono numerosi nemici, assai prima che nel popolo, nelle grandi famiglie aristocratiche, che contribuirono a diffondere pettegolezzi e dicerie contro di lei, soprannominata con sprezzo l'Austriaca. Anche negli anni della maturità, nei quali avrebbe mostrato più senso di responsabilità e di riflessione, non sarebbe riuscita a cancellare di fronte all'opinione pubblica l'immagine di donna frivola, irresponsabile, assetata di lusso e dissipatrice. Durante la Rivoluzione francese, ostile ad ogni compromesso con le idee liberali e accesa sostenitrice del diritto divino dei re, cercò di salvare 31 la monarchia assoluta anche attraverso i continui contatti con gli aristocratici emigrati e sfruttando alcuni moderati come Mirabeau e Barnave. In seguito alla crescente ostilità popolare, dovuta anche al fallito tentativo di fuga, fu messa in stato di arresto insieme alla famiglia reale. Durante il periodo di prigionia, dopo la caduta della monarchia, dimostrò di essere una madre e una moglie esemplare. Processata sommariamente e giudicata colpevole di alto tradimento dal Tribunale rivoluzionario, seppur senza prove tangibili, morì con dignità sulla ghigliottina: la sua morte segnò la reale fine dell'Ancien régime. Diana Spencer, conosciuta anche come Lady Diana (Sandringham, 1º luglio 1961 – Parigi, 31 agosto 1997), modello per le successive first lady, fu dal 1981 al 1996 consorte di Carlo, principe di Galles, erede al trono del Regno Unito. Dopo il divorzio dal coniuge mantenne il titolo di Principessa di Galles, ma senza il trattamento di Altezza Reale. Rimanendo però membro ufficiale della famiglia reale, in virtù di madre del futuro Re del reame, e quindi una principessa reale del Regno Unito. Prima volta nella storia dei reali britannici. Maria Giuseppa Rosa de Tascher de la Pagerie, meglio nota come Giuseppina di Beauharnais (Les Trois-Îlets, 23 giugno 1763 – Parigi, 29 maggio 1814), fu la prima moglie di Napoleone Bonaparte. • Jeanne Antoinette Poisson, marchesa di Pompadour, meglio nota come Madame de Pompadour (Parigi, 29 dicembre 1721 – Versailles, 15 aprile 1764), è stata una celebre amante del re di Francia Luigi XV e la donna francese più potente del XVIII secolo. Caterina Maria Romula di Lorenzo de' Medici, meglio nota come Caterina de' Medici (Firenze, 13 aprile 1519 – Castello di Blois, 5 gennaio 1589), fu regina consorte di Francia dal 1547 al 1559 come sposa di Enrico II di Francia. Figlia di Lorenzo II de' Medici, duca d'Urbino, e di Madeleine de la Tour d'Auvergne, nelle sue vene scorreva sangue francese e italiano. Il suo bisnonno paterno era Lorenzo il Magnifico e il papa Leone X, quindi, era suo prozio. Nel 1533, all'età di quattordici anni, Caterina sposò Enrico, figlio secondogenito del re Francesco I e della regina Claudia di Francia.Dopo molti anni di sterilità, mise al mondo dieci figli. Fu madre di tre sovrani francesi: Francesco II, Carlo IX ed Enrico III; e di due regine: Elisabetta, regina di Spagna e Margherita, regina di Navarra e di Francia. Divenuta regina nel 1547 venne esclusa subito dagli affari di Stato, mentre il re era ampiamente 32 influenzato dalla favorita Diana di Poitiers. Morto il marito, Caterina entrò in politica come madre del fragile quindicenne Francesco II. Quando anch'egli morì, nel 1560, Caterina fu nominata reggente per conto di suo figlio Carlo IX, di soli dieci anni, ottenendo ampi poteri. Successivamente alla morte di Carlo, avvenuta nel 1574, Caterina svolse un ruolo chiave nel regno del suo terzo figlio, Enrico III, che si discostò dai suoi consigli solo negli ultimi mesi di vita. Ed infine, si trovano donne di rilievo anche nella chimica.. Maria Skłodowska, meglio nota come Marie Curie (Varsavia, 7 novembre 1867 – Passy, 4 luglio 1934), è stata una chimica e fisica polacca naturalizzata russa e in seguito francese. Nel 1903 fu insignita del premio Nobel per la fisica (assieme al marito Pierre Curie e ad Antoine Henri Becquerel) e, nel 1911, del premio Nobel per la chimica per i suoi lavori sul radio. Marie Curie è stata l'unica donna tra i quattro vincitori di più di un Nobel e, insieme a Linus Pauling, l'unica ad averlo vinto in due aree distinte. Irène Joliot-Curie (Parigi, 12 settembre 1897 – Parigi, 17 marzo 1956) è stata una chimica francese. Figlia primogenita di Pierre e Marie Curie, sorella di Eve Denise Curie. Irène sposò il 9 ottobre 1926 il fisico Frédéric Joliot dal quale ebbe due figli, divenuti anche loro scienziati, Hélène Langevin-Joliot (1927), fisico nucleare, e il biochimico Pierre Joliot (1932).[1] Entrambi i coniugi vennero insigniti nel 1935 del Premio Nobel per la Chimica per la scoperta della radioattività artificiale. Immagine: Irène Curie e Frèderic Joliot. 33 LA DONNA NELL'ARTE a cura di Consiglio Giovanni Iafrate Anthea Somma Federica 34 La donna nell’arte Il termine deriva dal latino "domina"= padrona; i romani ricchi intesero con questo significato "padrona della casa" e la cosa riguardava solo le donne gentilizie. Tutte le altre erano in una condizione di sottomissione all'uomo. Si tratta di dati prevalentemente culturali, anzi occorre precisare che tutta la questione che è al centro del dibattito e della rivendicazione femminista e che gira attorno al dualismo uomo/ donna, privato/ pubblico, natura/ cultura, puro/ impuro, casa/ lavoro è tipico della cultura occidentale. Altrove non è un modello di pensiero. Sembra addirittura che la donna avesse avuto un ruolo predominante simile a quello maschile odierno proprio nell'area del Mediterraneo protoneolitico secondo la teoria della Grande Dea dispensatrice di vita. Con la sua diversità biologica ella era percepita come dominante in quanto creatrice di vita, organizzatrice della stessa per tutti gli esseri venuti al mondo. La paura di tale enorme potere potrebbe essere motivo della discriminazione in base alla forza fisica e non alla creatività a cui il maschio avrebbe dovuto ricorrere. Successivamente è stato facile gioco per la società polarizzare le differenze sulla fisiologia attribuendo comportamenti di lotta al maschio e di socialità (danze, giochi collettivi) alla femmina. Ecco perché alla donna, e non all'uomo, vanno attribuite le origini del linguaggio, massima espressione di comunicazione. Non è sicuramente un caso se molti dei temi che percorrono trasversalmente la storia dell’arte sono legati all’universo femminile, da sempre fonte di ispirazione e punto di riferimento per gli artisti. Più di ventimila anni separano le “veneri” paleolitiche dalle performance di Vanessa Beecoft e tuttavia, protagonista indiscusso nell’uno come nell’altro caso è lo stesso soggetto, il corpo femminile. Sin dagli arbori della stagione figurativa le donne costituiscono una presenza continua nell’opera d’arte, che le ha rappresentate in una miriade di situazioni diverse. Dee, donne immaginarie e reali, madri, mogli, amanti, sante, peccatrici, creature angeliche e diaboliche, il repertorio di figure immagini muliebri è sterminato, cosi come infinite appaiono le declinazioni della femminilità. A questa vengono in ogni caso attribuiti significati diversi, spesso contrastanti, che variano a seconda del periodo storico, a riprova di quanto il processo di differenziazione sessuale dipende dai fattori culturali. Esplorando le modalità della rappresentazione ci si addentra nel concetto stesso di identità femminile; l’analisi iconografica ci permette infatti di individuare i temi, gli spazi, i ruoli e i valori associati al sesso femminile nel corso del tempo. L’opera d’arte ci parla quindi non solo delle donne, della loro condizione, ma anche come gli uomini le abbiano percepite e immaginate, di come in definitiva, il rapporto fra i due sessi si sia storicamente articolato. Certo, il punto di vista maschile non può che apparire dominante, in quanto la creatività artistica è a lungo rimasta appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. VIRTU’ FEMMINILI Ripercorrendo le biografie delle sante e le vicende delle altre figure di origine biblica, mitologica o storica che in passato sono state riproposte come esempi da imitare, è possibile identificare un modello di femminilità fondato sull’esercizio di alcune ricorrenti virtù: verginità castità e umiltà, una triade che sicuramente ha a lungo caratterizzato la donna ideale. Al di là di questi principi di 35 valore quasi universale, occorre indagare sui modelli di comportamento che si sono tramandati di generazione in generazione, in quanto espressioni di femminilità integra e virtuosa. In linea generale, alla donna viene richiesto un atteggiamento sobrio, non soltanto fuori di casa ma anche all’interno delle mura domestiche, nel rapporto con il marito e con i figli, nel modo in cui si veste e si muove. L’immagine della moglie e madre esemplare più ricorrente nella storia dell’arte corrisponde a questo modello, in quanto ci mette di fronte a donne sì diligenti e amorevoli, ma anche discrete e riservate, leali compagne di vita e sostegno dei figli. In famiglia o all’estero, la donna è spesso raffigurata mentre si prende cura di chi le sta vicino o di chi ha più bisogno, secondo uno schema che identifica nel sesso femminile una predisposizione al servizio che deriva dalla sua natura passionale. Sin dal Medioevo si pensa che la donna sia infatti più sensibile alla sofferenza e al dolore, e che questa sua congenita emotività la spinga verso l’esercizio della carità e l’assistenza dei malati. Non meno importante,la natura femminile si vuole anche più mite, incline alla mediazione nelle situazioni di conflitto e quindi portatrice di pace: concetto, questo, che verrà spesso raffigurato per l’appunto, sotto forma di donna. Secondo la leggenda, la vedova Irene sarebbe andata a recuperare il corpo del martire per dargli degna sepoltura. Accorgendosi che san Sebastiano era ancora vivo, si prese cura di lui e tolse le frecce dal suo corpo. Offrire sollievo a chi soffre è un’altra virtù ritenuta tipicamente femminile. Davanti alla straordinaria scoperta di Irene, le tre donne sullo sfondo reagiscono in maniera diversa, con il pianto, la preghiera e la compassione. Caratteristica comune a tutte e tre è la commozione davanti alla sofferenza umana, un sentimento a cui le donne sarebbero più inclini in virtù della loro natura passionale. La tela si sofferma sul momento in cui Irene controlla il polso di san Sebastiano, soldato romano condannato al martirio. Geogres de la Tour, san Sebastiano accudito da Irene, 1649, Parigi, Louvre 36 VIZI FEMMINILI I vizi tradizionalmente considerati tipici del sesso femminile sono sicuramente numerosi: dalla lussuria alla curiosità irrefrenabile, dalla vanagloria all’amore per il pettegolezzo, l’elenco comprende mille e uno peccati più o meno gravi in cui condensano concetti e pregiudizi misogini elaborati lungo molti secoli di storia, a cominciare dalla presunta natura lasciva della donna e della sua congenita inclinazione ai piaceri della carne. Elaborata da Aristotele e Galeno nell’antichità in relazione alla funzione riproduttiva del corpo femminile, questa teoria viene sposata n piene dagli autori cristiani che la ritengono conseguenza non più di una esigenza fisiologica ma dalla natura diabolica e perfida del sesso femminile, responsabile secondo il racconto di Genesi, della condanna al peccato e alla morte dell’intera umanità. La nudità del corpo femminile, senza bisogno di ulteriori attributi, diventa così l’immagine viva della lussuria, in un’equazione destinata a resistere a lungo. la superbia e la vanagloria sono altri dei vizi a cui vengono spesso attribuite sembianze dichiaratamente femminili, come squisitamente femminili sono anche alcuni degli oggetti che li caratterizzano, primo fra tutti lo specchio. Condannato con la forza dei moralisti e dei predicatori, lo specchio viene percepito come una vera e proprio arma di seduzione in quanto permette alla donna di ornarsi e di truccarsi per rendere il proprio aspetto ancora più attraente, anche quando la bellezza fisica e la giovinezza iniziano a declinare. Bugie, inganno e meschinità… vizio femminile per eccellenza è anche l’incapacità di tenere la propria lingua a bada; chiacchierona e pettegola la donna non può fare ameno di immischiarsi negli affari altrui, come del resto la stessa Eva non riuscì a tacere di fronte alle subdole domande del serpente. D’accordo con una consolidata convenzione iconografica, la Superbia è rappresentata da una donna che si guarda allo specchio, simbolo della vanità a cui il genere femminile si considerava incline per natura. Dietro alla Superbia come agli altri peccati capitali, c’è il maligno, qui rappresentato dal diavolo che regge lo specchio. Bosch ha voluto fargli indossare una cuffia da domestica, come a voler sottolineare la capacità di infiltrarsi nella realtà quotidiana sotto vesti insospettabili. Per terra è raffigurato un cofanetto con i gioielli, un altro simbolo dell’amore smisurato delle donne per gli ornamenti e in generale per l’aspetto esterno, contro cui gli uomini di Chiesa e gli autori del periodo puntano spesso il dito. Hieronymus Bosch, i Sette peccati capitali, 1475-1480, Madrid, Prado. 37 IDEALE DI BELLEZZA Abituati alle forme stilizzate e longilinee delle moderne top model, si capisce perché i visitatori dei musei si domandino stupiti come i carnosi nudi di Rubens abbiamo mai potuto meritare l’etichetta di “ belli” ; simili reazioni suscitano anche i ventri sporgenti nelle Veneri del Rinascimento nordico o i volti pallidi e quasi malaticci di alcune eroine ottocentesche. Come l’attuale canone di bellezze femminile riflette il gusto e la cultura del nostro tempo cosi anche in passato le donne sono state ritenute più o meno belle a seconda del periodo storico e dell’area geografica. Al di là delle specifiche caratteristiche dei canoni di bellezza che si sono susseguiti nel tempo, occorre interrogarsi sui criteri che hanno spinto verso questo o quel modello, nel tentativo di arrivare al significato del concetto stesso di bellezza femminile. Fattore determinante nella scelta dei modelli è sempre stato la psiche maschile, che nell’immagine della donna ideale proietta i propri desideri, le aspettative nei confronti dell’altro sesso. Nella mitologia greca questo processo è bene illustrato dal mito del Giudizio di Paride: a decidere a chi è la più bella tra Giunone ( potere ), Minerva ( scienza e arte ) e Venere ( amore ) sarà proprio lui, Paride, solo dopo aver saputo quali doni avrebbero offerto come compenso le tre dee in caso di vittoria. La scelta ricade su Venere che gli promette di realizzare i suoi sogni amorosi dandogli in moglie la mortale più bella sulla terra, la fatale Elena Di Troia. Sin dagli inizi, quindi, l’idea di bellezza femminile assume una dimensione spiccatamente fisica e sensuale che percorre l’intera storia occidentale. Raffaello, le tre Grazie, 1504-1505, Chantilly, Musée de Condé. 38 Dalla metà del Quattrocento la veduta di profilo si impone in Italia come modello per eccellenza. Si tratta di una tipologia che sottolinea la bidimensionalità della rappresentazione più attenta all’aspetto simbolico che non alla resa naturalistica personagli Il sontuoso abito,della i gioielli, ritratta. oggetti nella nicchia hanno il compito di trasformare l’immagine della donna in un’icona di perfezione, esaltandone la bellezza sia esteriore che interiore. I tratti del volto appaiono fortemente idealizzati, così come le forme del corpo. L’artista mira non tanto a registrare fedelmente le fattezze della donna, quanto a ricordarla come esempio di bellezza e virtù femminile, secondo gli ideali rinascimentali. Domenico il Ghirlandaio, Giovanna Tornabuoni, 1488, Madrid, Mueso Thyssen-Bornemisza. 39 CORPO FEMMINILE Per la tradizione cristiana il corpo femminile è a un tempo custode del bene più prezioso che la donna possieda, la verginità, fragile tesoro da salvaguardare, ed emblema del peccato della carne, insidioso nemico da combattere. Da una parte la donna è quindi invitata a preservare integro il proprio corpo nell’esercizio della virtù, dall’altra viene educata nel rifiuto della dimensione fisica anche attraverso il digiuno e la penitenza corporale. Bene da tutelare e male da reprimere; a queste due visioni si corrispondono due modelli iconografici molto diffusi durante la prima età moderna che vedono rispettivamente Maria come il giardino chiuso e fortificato che funge da metafora della sua verginità immacolata, e il corpo punito e martoriato della Maddalena penitente come simbolo ella liberazione del peccato. Tra la perfezione mariana e le esperienze estreme della peccatrice pentita, la realtà vissuta dalla maggior parte delle donne conduce a un rapporto più equilibrato con il proprio corpo non esente tuttavia da contraddizioni, come ben illustra la questione dell’ornamentazione e dell’abbellimento del proprio aspetto. Benché praticata sin dalla notte dei tempi, costituisce un argomento controverso, talvolta combattuto con forza poiché ritenuto moralmente e socialmente pericoloso. Intrigante e minaccioso, il corpo femminile affascina e fa paura, attrae e respinge, suscita infinite reazioni, che possono esser anche di segno opposto ma mai indifferenza, come Paul Cézanne sembra voler suggerire nella sua personale visione dell’eterno femminino. Il giardino del Paradiso è raffigurato come hortus conclusus. Chiuso e protetto dall’esterno da una mura fortificante, il giardino si conferma una metafora della verginità intatta di Maria, che sin dalla metà del VI secolo è riconosciuta dalla Chiesa come verginità dogmatica. Come il corpo di Maria, anche il giardino del Paradiso rimane estraneo al peccato. I simboli del male che vi appaiono sono ridotti a meri aneddoti, non rappresentando alcun pericolo. Così il diavoletto scimmia ai piedi di San Michele incrocia le mani, come se avesse capito l’inutilità di una qualsiasi azione. Maestro del Giardino del Paradiso, il Giardino del Paradiso, 1410,Francoforte, Staldelsches Kunstinstitut. 40 NUDO Sei il nudo muliebre inizia a essere raffigurato nel Neolitico in quanto simbolo del potere rigeneratore del sesso femminile, nella Grecia antica questo tema assume nuove valenze estetiche riprese con forza nella prima età moderna in poi, dopo che nel medioevo il nudo femminile è stato circoscritto alla rappresentazione del peccato attraverso la figura di Eva, delle condannate all’inferno e delle personificazione dei vizi capitali. Sarà il Rinascimento e la sua passione per il mondo classico a determinare il definitivo ripristino del nudo antico, sia dal punto di vista iconografico sia dal punto di vista concettuale. Sottoposto a un accurato processo di idealizzazione, il corpo della donna nuda viene soggetto per eccellenza dell’arte elevate, protagonista persino della formazione accademica a condizione che sia inserito in un contesto mitologico o storico nobilitante e che sia estraneo a connotazioni di natura esplicitamente erotica: le Veneri, le Diane, le Susanne, le Betsabee possono continuare ad esibirsi nude e seducenti in quanto appartengono a una dimensione sovrannaturale che le esime dalle rigide regole del decoro. La donna in carne ossa tanto umana da avere un nome e un cognome, potrà mostrare i suoi incanti più nascosti solo dalla metà dell’Ottocento in poi, non senza suscitare grande scandalo. Soggetto molto popolare del Rinascimento, il Giudizio di Paride permette all’artista di approfondire il tema del nudo femminile in rapporto al concetto di bellezza, questione su cui l’eroe greco è chiamato a esprimersi. In questo caso l mito di Paride offre il pretesto per rappresentare il nudo femminile in tre diversi punti di vista: frontale, di profilo e da tergo. Lucas Cranach il Vecchio, il giudizio di Paride, 1528, New York, Metropolitan Museum. MUSA E MODELLA L’ispirazione è sin dall’antichità immaginata in veste femminile nelle figure delle muse, ritenute dai classici le depositarie della saggezza e quindi le protettrici delle arti. Uno sguardo veloce alle biografie e alle opere degli artisti del passato suggerisce che in non pochi csi il mito della dona ispiratrice è diventato realtà. Rubens, Rembrandt, Boucher, Rossetti, Dalì, non sembra certo un caso che in molti dei maestri che più si sono appassionati all’universo femminile abbiano avuto al loro fianco compagne pronte a posare per interminabili ore, capaci anche di dare preziosi suggerimenti o di sollevare critiche sostanziali. Musa e modella è spesso la moglie, l’amante, ma anche la sorella, la madre, donne con cui l’artista ha un legame affettivo o familiare; altre volte è il turno della donna che posa per i soldi, prima negli atelier privati e successivamente nelle accademie, Già dalla fine del 41 Settecento il nudo femminile comincia a essere studiato anche dal vivo, grazie al crescente impiego di modelle. Nasce cosi la figura della modella professionale, un ruolo oggetto di pesantissimi pregiudizi sociali legati allo stereotipo della modella di facili costumi dell’artista donnaiolo, ma che tuttavia attira molte ragazze provenienti dalla campagna o dai quartieri urbani più popolari, in un periodo in cui le possibilità di guadagno per una donna erano assai limitate. Non meno importante, l’attività di modella permette a queste giovani di osservare da vicino il lavoro dell’artista e magari anche di imparare le tecniche, aprendo in questo modo la strada a una carriera artistica propria. Gustave Courbet, L’atelier del pittore, 1855, Parigi, Mesée d’Orsay. George Romney, Lady Hamilon come Circe, 1782, Londra, Tate. ICONE DI MODERNITA’ La comparsa dei nuovi mezzi come il cinema e la televisione comporta un mutamento radicale del mondo della comunicazione visiva. Nel caso specifico delle donne, si viene a completare un processo iniziato negli anni trenta e quaranta dell’Ottocento con la proliferazione delle riviste per signore, ossia la nascita di un pubblico specificante femminile. Veicolo per eccellenza delle illimitate declinazione della femminilità sono le celebrities, attrici, donne di spettacolo, signore dell’alta società riproposte fino all’infinito dalle riviste patinate come vere e proprie icone di 42 bellezza, di eleganza o di sessualità. Anche questo fenomeno ha radici più lontane di quanto si possa immaginare, si pensi alla crescente popolarità, dalla metà del XIX secolo in poi, di alcuni personaggi del mondo del teatro e della danza, come Sarah Berndhardt ed Eleonora Duse. Conquistata la fama sui palcoscenici, queste donne entrano nella categoria del mito con il prezioso glamour. Più tardi sarà il turno dell’industria cinematografiche e delle bellezze hollywoodiane, da Greta Garbo a Marlene Dietrich, Marilyn Monroe a Liz Taylor. Belle, misteriose e maledette, queste icone del Novecento racchiudono i tratti salienti degli archetipi femminili per eccellenza, dalla seduttrice alla femme fatale, a riprova della resistenza di un modello che è rimasto sostanzialmente invariato. Quello che è del tutto nuovo è il modo in cui viene ora consumato dal grande pubblico, compresi gli artisti della pop art che più volte si serviranno delle immagini di queste icone per riflettere appunto sul fenomeno della comunicazione di massa. L’immagine dell’attrice è la stessa che si ripete in tutta la serie delle Marilyn, con l’unica variazione del colore. L’obiettivo è quello di contestare il concetto di genialità individuale. Conseguenza della ripetizione ossessiva è anche la perdita di significato del soggetto, in questo caso l’icona Marylin. Amante degli effetti cromatici, Warhol concentra l’attenzione sul rossetto delle labbra, il trucco degli occhi, e i capelli biondi. Tuttavia le macchie di coloro non corrispondono perfettamente ai contorni, a causa dell’impiego del procedimento della quadricromia. Il risultato sembra quasi voglia suggerire che il volto di Marylin non è che un’illusione costruita. Andy Warhol, Blue Marylin, 1964, University Art Museum. 43 Perché la donna è più oggetto che soggetto d'arte? Forse perché è meno alienata dell'uomo? Forse perché in lei vive più forte un passato che l'uomo col suo presente vuole tenacemente e irrazionalmente superare? La donna non ama relegare all'arte la necessità di una comunicazione che deve invece essere diretta, immediata, tra due persone vicine, vive, non divise da una tela, da una rappresentazione simbolica, astratta.... (Galarico) Posto che si possa parlare di oggetto in senso rappresentativo, nell'iconografia antica, la donna risulta essere prevalentemente associata all'idea della fecondità, della bellezza e della natura: anche quando la mostrano nuda, le sculture mesopotamiche sanno evidenziare aspetti della sensualità che sono strettamente connessi ad una funzione religiosa. In tale senso ella è protagonista della vita, mediatrice tra la dimensione profana e quella spirituale, poiché sacralizza persino la prostituzione come esperienza 'unica' a vantaggio della collettività, così come Erodoto tramanda. Ogni donna di quel paese deve sedere nel tempio di Afrodite una volta nella sua vita e fare l'amore con uno straniero. Molte, sentendosi superiori per la loro ricchezza, sdegnano di mescolarsi con le altre e si fanno trasportare sopra un carro coperto fino al tempio e lì si fermano, con un gran seguito di servitù. La maggior parte invece si comporta come segue: nel recinto sacro di Afrodite siedono in molte con una corona di corda intorno alla testa, alcune arrivano, altre se ne vanno; con delle funi tese fra le donne si ottengono dei corridoi rivolti in tutte le direzioni: gli stranieri passano attraverso di essi e fanno la loro scelta. Una donna che si sia lì seduta non se ne torna a casa se prima uno straniero qualsiasi non le ha gettato in grembo del denaro e non ha fatto l'amore con lei all'interno del tempio; gettando il denaro deve pronunciare una formula: «Invoco la dea Militta». Con il nome di Militta gli Assiri chiamano Afrodite. L'ammontare pecuniario è quello che è e non sarà rifiutato: non è lecito perché tale denaro diventa sacro. La donna segue il primo che glielo getti e non respinge nessuno. Dopo aver fatto l'amore, e aver soddisfatto così la dea, fa ritorno a casa e da questo momento non le si potrà offrire tanto da poterla possedere. Le donne avvenenti e di alta statura se ne vanno rapidamente, ma quelle brutte rimangono lì molto tempo senza poter Raffigurazione di Ištar, Parigi, Louvre. Terracotta sollievo, II ° millennio aC. Da Eshnunna. 44 adempiere l'usanza; e alcune rimangono ad aspettare persino per tre o quattro anni. Una usanza assai simile esiste anche in qualche parte dell'isola di Cipro. (Trad. Fulvio Barberis) Quanto all'alienazione, credo si sia soliti alludere ad un disagio identificato e codificato come tale soltanto in età moderna, allorché la presenza delle donne artiste, nel panorama culturale, è assai meglio documentata, rispetto all'arte classica. Non so proprio se, ai nostri giorni, l'alienazione possa essere infatti qualificata in base a descrittori declinati secondo parametri maschili o femminili. Per addentrarmi in un discorso relativo al legame con il passato più radicato nella donna e ricusato "tenacemente e irrazionalmente dall'uomo" dovrei possedere conoscenze di psicanalisi che i miei studi, un po' settoriali, hanno fino ad oggi trascurato. L'inconscio è così rigoroso nella distinzione maschio/femmina? Ammetto candidamente di non saperlo: spesso mi sorge il dubbio che molti uomini dialoghino interiormente con un altro da sé che possiede sensi e passioni molto in contatto con pulsioni degne di una donna; peraltro credo che anche in molte femmine interferiscano spinte aggressive e creative degne di un uomo. In ultima analisi, per me, è molto difficile dire una parola definitiva sul modo di comunicare delle altre donne, soprattutto se si tratta di artiste. Posso solo affermare che, in una pinacoteca, riesco a distinguere il pennello femminile da quello maschile soltanto se riconosco la mano dell'artefice, diversamente non sarei in grado di operare identificazioni sessuali sulla base della combinazione del colore, delle linee, della luce e soprattutto dei sentimenti espressi sulla tela. Nell’arte una delle figure più suggestive è la donna; questa creatura è raffigurata e riprodotto sin dall’origini e la sua essenza cambia e si modifica di pari passo con l’emancipazione storica del gentil sesso nella storia dell’Occidente. Con il passare del tempo, dalla preistoria all’età attuale, il modo di rappresentarla è mutato radicalmente più volte, e così anche le simbologie collegate con essa. 45 PREISTORIA circa 23.000 ac. Aurignaciano Museo di Storia Naturale di Vienna h. 11cm in roccia calcarea ricoperta d'ocra rossa. Venere Neolitica, terracotta, Cecoslovacchia. Data non definita. Le prime immagini femminili risalgono a circa 30.000 anni fa. L’artista vedeva nella donna l’immagine della fertilità attraverso cui era possibile accrescere il gruppo, avere più braccia per lavorare nei campi e per la caccia e garantiva la sopravvivenza degli stessi uomini preistorici. La donna aveva il compito di procreare e di dedicarsi all’agricoltura, mentre gli uomini si dedicavano alla caccia e alla difesa della tribù. L’attività agricola probabilmente fu una “invenzione” della donna, si è pensato che abbia imparato a riconoscere le erbe commestibili osservando gli animali mangiare, il ritorno dello stesso animale nello stesso posto per nutrirsi nuovamente rassicurava la donna sulla bontà della pianta. E proprio durante la preparazione dei cibi raccolti dal terreno che alcuni semi caduti a terra avrebbero dato vita a nuove pianticelle. 46 Con il ripetersi del miracolo più volte non fu difficile alla donna comprendere l’importanza e farlo accadere di nuovo. La farina nell’età neolitica veniva prodotta dalle donne sfregando una pietra piatta su un’altra appoggiata per terra. Sin dall’arte preistorica la donna compare nell’immaginario collettivo della società umana come una figura dalla duplice entità: • ineffabile, angelica, creatrice e nobilitante per l’Uomo • deviante, distruttrice, degradante, malvagia, demoniaca / diabolica e dannosa per l’Uomo In Occidente la donna acquisisce una sorte unica e contraddittoria, dovuta alla mistione delle due entità attribuitegli. L’arte delle bande di cacciatori e raccoglitori del Pleistocene riserva alla donna una posizione di spicco e di dominio sul mondo; le statuette femminili dai corpi “voluminosi” con seni, glutei e fianchi prominenti sono il riflesso di questa visione di sommo valore e di funzione creatrice, “riproduttiva” e civilizzatrice per la Terra e in particolare per l’Umanità. Queste sculture sono dette Veneri per l’indiscussa caratteristica sessuale e la forte accentuazione dell’aspetto fisico della donna come sesso adibito alla procreazione e al perpetuarsi della rinascita e della vita; per questo sono avvicinate a Venere, la dea dell’Amore, della fertilità, sessualità e della bellezza. Sono oggetti legati al culto sciamanico della fertilità e della fecondità esclusivamente femminile. Vengono definite dagli storico-religiosi la riproduzione delle Dee- Madri o Madre-Terra , Signora della Vegetazione e degli Animali; non esiste una certezza sull’interpretazione di un culto di un unico grande Spirito(Essere divino/Dea)femminile o di più Spiriti della realtà fenomenica femminili legati alla vita. I riti rivolti a questi culti femminili spesso sono stati connessi a sciamani donna o travestiti da donna per la comunione con il sacro e un contatto con il divino come si può ravvisare nelle attuali bande etnologiche; si tratta di un comparatismo antropologico non totalmente confermabile dalla mancanza delle evidenze archeologiche al riguardo. Restano Veneri sparse negli insediamenti umani e pitture o graffiti che raffigurano animali o scene di caccia. Le comunità di agricoltori e allevatori dell’Olocene esaltano nell’arte l’importanza della donna come una forza divina che, “essendo al di sopra delle vicende umane”, agisce senza curarsi del mondo a favore del ciclo della natura e della fertilità. Questa energia è identificata da queste civiltà come un essere soprannaturale femminile; si conservano Veneri, realizzate con forme allungate filiformi e geometrizzate. 47 Potnia Theron – Dea madre dei Serpenti, Dea dei Serpenti Egeo, Creta 1600 a.C. PROTOSTORIA Nell’Eneolitico il processo di astrazione si sviluppa maggiormente con dee della Terra geometrizzate e non più “naturalistiche”; subentra l’elemento maschile e spesso compaiono sculture femminili che lo “celano” • nella forma che si crea girandole sottosopra • nella forma triangolare • nella sagoma fallica. La sessualità, come fecondità e come strumento della creazione, è uno degli elementi più ancestrali che legano l’arte alla donna. La donna, come gli animali nella tradizione arcaica dell’umanità, è un essere vivente che più di ogni altra cosa ,per via della sua fecondità, maternità e bellezza, è vicino al divino e alla perfezione. Può comunicare con gli spiriti, dare la vita e creare una famiglia; è la compagna perfetta dell’essere più strano e curioso del cosmo: l’Uomo. Il mito della donna è nel periodo più antico dell’umanità legato alla Natura e alla ricerca delle cause fenomeniche della realtà. Le rappresentazioni fino all’Eneolitico sembrerebbero rimandare ad una supremazia culturale e religiosa sull’Uomo. Lo sviluppo di società patriarcali e “maschili” con l’arrivo degli Indoeuropei nell’Era dei Metalli capovolge l’immaginario della donna che non è più sola e indiscussa dea della fertilità e della sessualità, ma prima viene affiancata da esseri maschili e successivamente emarginata sul piano sacrale. Gli Indoeuropei con le loro figure (antropomorfe, di divinità,di Eroi e di Uomini) modificano la concezione filosofica e cultura delle società con la progressiva restrizione degli attributi divini e della posizione sociale della donna; l’arte di questo frangente storico, prima della Scrittura in Occidente presenta: • l’oggettualizzazione del corpo femminile con dee dell’Amore, nate per il piacere delle divinità maschili e sottomesso ad altri fattori soprannaturali • la desacralizzazione del corpo femminile • l’istituzione della prostituzione sacra 48 • la canalizzazione del retaggio matriarcale e matrilineare nella formazione di culti misterici(culti e riti contemplanti:cosmologia, legge del caos, cosmogonia, magia, stregoneria e retaggio di culti femminili della Terra delle Veneri), esoterici e femminili che esasperano determinati preconcetti, tabù, pregiudizi e oppressione della donna nella società arcaica. Le immagini dell’età Protostorica(età dei Metalli) sono un’espressione di una svalutazione delle potenzialità “magiche” della donna si trovano ancora esempi di divinità realizzate in vari materiali legati alla sacralità della donna signora della natura e madre della Terra. La donna protostorica è: • Dea dell’Amore • Dea dei fenomeni catastrofici come la Tempesta(Dea Llilith) • Dea della natura animale(Dea dei Serpenti) • Eroina del mito • Fata, Maga o Strega • Personificazione o Allegoria(Nikè, Thukè, Provincia, Città ecc) • Prostituta • Demonessa o Diavolessa. ANTICHITA’ Bisogna fare una distinzione tra le donne di Atene e di Sparta. Le ateniesi non godevano di diritti propri come gli schiavi. Le fanciulle non potevano uscire dagli appartamenti loro riservati detti ginecei. Uscivano solo per le feste religiose. Il marito veniva scelto dal padre all'interno del gruppo parentale. Anche nel matrimonio le donne continuavano la loro vita da recluse e dovevano rimanere appartate nei banchetti. Paradossalmente quelle delle classi più umili, lavorando fuori casa, andando nei campi o nei mercati, godevano di più libertà di movimento. A Sparta una buona madre doveva essere sana, robusta e vigorosa, tutte le cose che avrebbe trasmesso poi ai nascituri. Per questo motivo venivano indirizzate all' attività sportiva ed erano soggette ad un minor controllo sociale delle ateniesi. Solo quelle delle classi inferiori si dedicavano ai lavori domestici. La donna romana era più libera della donna greca in quanto poteva partecipare ai banchetti, andare a teatro o al circo. Il suo ruolo era all'interno della casa, nella famiglia. Era considerata per tutta la vita allo stesso livello di un figlio minorenne. Non sempre il matrimonio coincideva con l'amore. Il motivo del matrimonio (termine che non a caso deriva da MATER = MADRE) andava invece ricercato nei figli. Ci si sposava innanzitutto per avere dei figli legittimi, cioè riconosciuti dalla legge. L'istruzione dei figli era compito della madre nei primi anni. Successivamente i maschi venivano affidati a un maestro. L'istruzione delle ragazze terminava a 12 anni. Le civiltà classiche, Greca e Romana, hanno realizzato numerose sculture, pitture e ritratti di donne;sin dal periodo Arcaico entrambe hanno mostrato la metamorfosi delle civiltà protostoriche, conferendo una condizione inferiore sul piano umano per i Greci, una condizione quasi paritaria per i Romani, che hanno subito il fascino della cultura Etrusca che vede la donna raffigurata al pari dell’Uomo, posta sul medesimo livello, anche se alcune restrizioni giuridiche. 49 Il culto del corpo nel mondo antico, Greco- Romano, è un elemento essenziale della rappresentazione del corpo femminile. Mentre sia nel periodo Arcaico greco che in quello Romano c’è lo stereotipo della ragazza o della signora (Kore) sempre con movimento bloccato e la convenzione di “spezza/scomponi- copia e incolla” delle parti anatomiche con formule schematiche, stilizzate e tipizzate, rigorosamente vestita con abiti “coprenti”. Nel periodo classico la donna Greca e quella Romana subiscono una piacevole trasformazione; dal V secolo a.C. compaiono nudi femminili con i canoni di Fidia e Policleto nel contesto del banchetto e del mondo delle Etere. Il mondo Romano rimane più aggrappato rispetto a quello Greco alle loriche e alle toghe come sostiene Plinio (Nat. hist., XXXIV, 18), riconoscendo che:” Graeca res nihil velare, at contra Romana ac militaris thoraces addere”. Si parla soprattutto di ritratti. Il ritratto femminile Romano riporta le fattezze di: • Imperatrici • Matrone (senatrici) • Alto borghesi in ascesa politica • Schiave con abiti corti e “poco acconci” • Liberte La nudità eroica femminile, che gioca un ruolo sacrale e fondante in Grecia, diviene esibizione spettacolare del Bello e del mondo del teatro. La dimensione mitiche per la donna Romana è solo un escamotage che traspone in una sfera temporale altra da quella storica valori etici e moniti della tradizione. Il mondo classico concilia in maniera straordinaria il retaggio precedente sulla donna con la nuova condizione di questa creatura nella società classica.(Es. la dea Cibele) La nudità femminile è una espressione dell’oggettualizzazione della donna come oggetto del piacere fisico maschile e di procreazione. Le civiltà Orientali antiche mostrano una situazione simile a quella classica; si alternano culture con immagini di donne che dominano o distruggono il creato( le immagini di kali donna) o di figure femminili complementari all’opposto genere maschile( numerosi pantheon con le coppie). Madonna col Bambino, tavola di scuola bizantina della metà del XIII secolo. 50 MEDIOEVO Per questo secolo si usa spesso l'aggettivo "oscurantista" intendendo un periodo buio, capace di produrre solo superstizione, pregiudizio, un rigetto per il nuovo in quanto tale, una società chiusa, i cui luoghi di riferimento erano il feudo e il castello o il monastero. La vita quotidiana era in gran parte dedicata alla lotta contro le calamità naturali, le invasioni, la fame, le malattie. Perciò il sentimento prevalente era la paura che la chiesa stessa contribuiva ad alimentare facendo leva sulla figura di Satana e sui concetti di Inferno Pena Punizione. Nelle predicazioni si dava per imminente la fine del mondo. In un simile contesto la donna fece da capro espiatorio per ogni male presunto o reale che fosse, essendo ritenuta un essere debole, quindi facile preda del peccato e del demonio. Anzi si riteneva che con quest'ultimo potesse impossesarsi del suo corpo per contagiare chiunque col suomalsano potere. Da qui il ricorso agli esorcismi, quando non si trattava addirittura del rogo. Il secolo del grande scontro tra Europa cattolica ed Europa protestante (all'incirca dal 1550 e 1650) produsse un fenomeno caratterizzato dall'esplodere dell'intolleranza detto "caccia alle streghe". Essa fu praticata indifferentemente da cattolici e protestanti e servì come pretesto per eliminare molti di coloro che non volevano convertirsi all'una o all'altra fede. Soprattutto nelle campagne molti erano i sospettati di effettuare pratiche magiche di origine pagana. Nei secoli precedenti erano stati accesi molti roghi, ma la stragrande maggioranza delle vittime era costituita da eretici. Così pure Giovanna D'Arco fu considerata più eretica che "strega". Anzi le donne condannate nel Medioevo per stregoneria furono un'esigua minoranza rispetto a quelle gettate nelle fiamme nel '500-'600. Di esse si occupava l'Inquisitore che prevedeva le domande da porre, le torture da usare, la pena finale, pretendendo di spiegare perché "il commercio col diavolo" allignasse sopratutto tra le donne. La donna era il simbolo del male, della tentazione secondo radicate reminiscenze bibliche. Quindi divenivano facile capro espiatorio in ogni periodo di grandi crisi e tensioni. Le vecchie, le vedove, le erboriste erano prese di mira. Dopo terribili torture la condanna a morte era inevitabile. Erano in genere accusate di volare a cavallo delle scope, attraverso i muri, scatenare catastrofi naturali, gettare il malocchio. Il medioevo segna una totale mancanza di corporeità della donna che si fa madonna, santa o angelo; però si trovano pure raffigurazioni della seconda entità della donna, distruttrice e peccaminosa attraverso le gerarchie maligne di demonesse e diavolesse. La tridimensionalità e il “naturalismo” sono negati nelle figure medioevali; le demoni sono rese prendendo in prestito l’iconografia delle divinità e delle figure semidivine pagane. Questo è il contesto della nascita di alcune icone: • Madonne che copiano le fattezze delle dee pagane • Strega con i capelli rossi e il gatto nero • Sirene coda di pesce e busto superiore femminile versione femminile dei Tritoni pagani, esseri semidivini del seguito dei tiasi marini di Poseidone/Nettuno –Afrodite/ Venere • Sante e Martiri donna • Demonesse e Diavolesse dell’entourage di Satana divinità femminili orrorifiche o potenti del pantheon. La chiave di lettura di queste immagini risiede nel dualismo Bene-Male del Cristianesimo che non ha mezze misure; si hanno quindi due tipi di donna: • Angelo • Demone che ammalia l’uomo, spingendolo all’oblio. 51 ETA’ MODERNA Fu un secolo di rinascita civile fondato sul nuovo modo di considerare l'esistenza rispetto al medioevo. Si riscoprì la cultura classica e si esaltarono le capacità dell'uomo nei vari campi, alla ricerca dell'armonia e della bellezza. Fu un fiorire di corti, fulcro dei legami tra signori e uomini di cultura, politici, ambasciatori, pittori, letterati, scultori che si mettevano al loro servizio. La donna non rimase in disparte anzi valente protagonista della vita di corte fu la donna aristocratica che, al pari del consorte, e forse in maggior misura, doveva sapere intrattenere, essere lei stessa istruita, spesso danzare, cantare, poetare in prima persona, conoscere a perfezione il Galateo, organizzare ricevimenti; in sintesi partecipare attivamente alla vita di palazzo. Al contrario la vita della donna del popolo era assai misera e non era migliore rispetto al secolo precedente. Nell' XI secolo la donna di alto rango iniziò una risalita sociale mentre nulla di rilevante accadde per la donna di umile condizione. Il mutamento si ebbe dal momento in cui migliaia di feudatari e cavalieri partirono per le crociate e lasciarono i castelli in quasi totale abbandono per anni. La responsabile assoluta del feudo divenne così la castellana. E' la dama che terrà il governo della corte, comanderà i massari, riscuoterà i canoni, controllerà i raccolti, la macellazione del bestiame, riceverà i visitatori, ammasserà le provviste per gli anni di carestia. Resteranno naturalmente anche i lavori femminili tradizionali come il ricamo, taglio, il cucito. Come novità sul piano spirituale la castellana sarà la prima a raccogliere il messaggio d'amore insito del vangelo e potenzierà un ruolo prima trascurato: la carità verso i poveri e i pellegrini. Lei inoltre esercitò la medicina nel feudo, conoscendo le proprietà terapeutiche delle erbe. La dama e la sua corte di paggi e ancelle dedicava molte ore alla lettura e, nelle sale del castello, si leggevano le Sacre Scritture e Storie d'avventure e d'amore; si faceva anche buona musica, si danzava, si componevano poesie. Questa nuova cultura crebbe proprio nel mondo delle donne. A partire dal 1400 l’Umanesimo prima, nel Rinascimento l’arte trova una nuova linfa; la donna diviene lo strumento della rappresentazione del recupero della bellezza e della perfezione stilistica delle forme degli antichi. Si trovano in parallelo: • Venere Maria • Personificazioni Sante • Vittorie Angeli • Grazie Virtù • Eros (Amore) Tanathos(Morte) • Stagioni Liturgia Cristiana • Erotini/Amorini/Nipotini/Cubitini ecc Putti e Angeli. Si aggiungono a queste iconografie i ritratti delle aristocratiche del 400 e del 500 con ilo recupero del ritratto Romano. Dominano nella scena dal 500 al 700 di donne al potere: • imperatrici • regine 52 • amanti del Re • meretrici • nobili ETA’ CONTEMPORANEA La rottura con il mondo accademico segna una svolta dovuta al Pensiero Romantico, Decadentista e antiaccademica porta la donna ad avere una posizione ulteriormente sottolineata dalla stimolazione degli studiosi dell’epoca di una questione detta proprio questione femminile che nasce in seno al verismo e al naturalismo /realismo come denuncia sociale della condizione dei lavoratori e delle donne. La donna inoltre si fa strumento mediatico di comunicazione dello spirito ipocrita e perbenista della società ottocentesca; alcuni nudi femminili come la Maya denuda, la donna de “La Petit De jeuner sur l’erbe “, le “Tahitiane “, “Le bagnanti” ecc .mostrano una donna che combatte i pregiudizi della sua società, che cerca intimità anche in contesti pubblici e che vuole creare una nuova società per Gauguin(le tahitiane) con il ritorno allo stato “primitivo” come lo hanno enunciato gli esponenti dell’Arte Naif o Primitiva.( come le divinità femminili ancestrali delle origini) Dallo spirito Romantico con i sentimenti e le sensazioni di Goya(Maya) si arriva ad una denuncia sociale della possibilità dell’emancipazione femminile e che arriva sino ad una esplorazione unica poliedrica e che presenta tutte le caratteristiche del pensiero tra 800 e 900 arricchita da una scelta personale optata da Klimt. Pier Leonardo Pallari, chaos 1, olio su t 53 LE DONNE NEL MONDO 54 AFRICA a cura di Bandelli Davitti Mercado 55 ARTE AFRICANA Gli aspetti caratteristici dell'arte africana sono da considerare fondamentalmente quattro. Il primo è legato allo sviluppo dell'arte copta, etiopica ed a quella forse più nota che fa capo all'evoluzione e all'influenza che svilupparono le espressioni dell'arte e della cultura egizia. Più in generale, inoltre, sono notevoli le espressioni dell'arte islamica, interpretata in gran parte delle località della fascia settentrionale del continente africano. Vi è poi un aspetto legato all'arte rupestre (graffiti e pitture incentrati sulla rappresentazione della fauna o di grandi figure umane incise con notevole realismo). . Un terzo elemento è costituito dai reperti archeologici. Nella zona centrale e meridionale dell'Africa sono state scoperte ampie tracce di reperti archeologici: ne sono un esempio le imponenti rovine rhodesiane di Zimbabwe e Mapungubwe e quelle di recente scoperta di Gebel Uri, a est del Ciad. Le espressioni più importanti del periodo archeologico si sono sviluppate dal secolo IV al VII d.C. nelle regioni comprese tra il Golfo di Guinea e il Sahara meridionale. Notevole, infine, è l'arte che si è sviluppata nell'Africa Nera e che può essere definita "etnica", con quattro principali aree stilistiche: la prima è rappresentata dai Bambara, dai Dogon e dai Senufo (grandi maschere e statuaria di piccole dimensioni). La seconda è costituita da popoli discendenti in 56 vario modo dalle culture di Ife e Benin: Ashanti, Baulé, Ibibo, Guro e Yoruba, popoli stanziati nella fascia costiera tra il Senegal e il Camerun. Una terza area si può rilevare presso le etnie nilocamitiche: le espressioni artistiche di questi popoli si identificano con la tessitura e l'intreccio. L'ultima area stilistica è costituita dalle produzioni dei popoli Bantu (Congo, Angola, Tanzania, Camerun): tipiche realizzazioni sono quelle plastiche dei Mayumbe, dei Luba, dei Teké e dei Songe (maschere di legno e di avorio, ceramica, tessuti) Nella società pre-coloniale l'intero sistema produttivo ruotava essenzialmente attorno allo scambio di bestiame, ed il matrimonio era uno dei principali strumenti per acquisirlo. La fitta rete di legami intorno all'unione tra uomo e donna era il fulcro del processo produttivo di questa società. Tale processo era regolato dal controllo dell'uomo sulle capacità produttive e riproduttive della donna e veniva sancito dallo scambio donna-bestiamme. La buona riuscita del matrimonio era condizionata dal livello di obbedienza e dal grado di fertilità che costituiva il principale strumento per crare ricchezza. Era la donna a svolgere il lavoro agricolo necessaria alla sussitenza dell'unità famigliare e ad essere al centro del meccanismo di acquisizione del bestiame, di conseguenza risultava essere l'elemento economico centrale della società e per tanto godeva di un considerevole rispetto e disponeva di un certo potere sociale. La situazione peggiora quando nell'800 arrivano i colonialista. L'African Customary Law ha riconosciuto, esaltata e distorto i caratteri patriarcali della società tradizionale, privando la donna africana di qualsiasi autorità e autonomia. L'accentuarsi della divisione del lavor che identificava gli uomini con la sfera pubblica e le donne con quella domestica finì per regalare a quest'ultima una posizione sempre più marginale. Esse furono private delle premesse che in precedenza permettevano loro di piegare le regole a proprio vantaggio, ma nello stesso tempo non erano ancora sotto la protezione dell'ordine giuridico formale. Esse divennero delle vere e proprie "fuorilegge". Lo svilupparsi dell'attività mineraria ed il crescente livello di profondità delle miniere fece aumentare rapidamente il bisogno di manodopera maschile a basso costo. Per rispodere a tale esigenza il governo coloniale sviluppò il MIGRANT RURAL SYSTEM. Le donne restavano generalmente vincolate al mondo rurale e divennero, l'effettive responsabili dell'unità famigliare. Costrette a fronteggiare in solitudine lo sgretolarsi della sfera sociale del mondo tradizionale, le donne africane si trovarono contemporaneamente escluse dal processo produttivo industriale e quindi dalla possibilità di accedere alle aree industrializzate. Gli effetti del MIGRANT LABOUR SYSTEM hanno provocato la tendenza al disfacimento del mondo matrimoniale. La donna, spesso sola di fronte ai gravosi compiti di gestione della famiglia, divenne sempre meno disposta a sottomettersi alle autorità dem marito che era prevalentemente lontana da casa. Emersero così forme si struttura famigliare incentrate sulla figura femminile. Con il venire 57 meno dei tradizionali legami uomo-donna si ebbe un forto incremento dell'adulterio, del divorzio, dell'abbandono da parte di uno dei 2 coniugi e delle gravidanze pre-matrimoniali. La rottura dei codici di comportamento tradizionali comportò inoltre l'inasprimento delle tensioni uomo-donna che determinò a sua volta un forte incremento della violenza nei confronti delle donne, ed un ulteriore sviluppo dell'AIDS. DA un lato lo sgretolarsi della famiglia patriarcale dava alla ddonnaa una maggiore autonomia, dall'altro però la privava di sicurezza sociele e materiale.La donna del mondo rurale veniva condizionata dalle lunghe assenze del marito così spinta dal bisogno di difesa dell'unità famigliare, infrangendo i costumi tradizionali, raggiunse il proprio uomo nelle città. La produzione di alcolici era storicamente riservata alle donne della cultura tradizionale africana. A partire dalla città di Durban, nel 1908, si sviluppò il beerhall system, una forma di controllo governativo degli alcolici che andò a colpire la popolazione femminile. Benchè punita da parte delle autorità le donne organizzarono la gevistione delle sheebeen: qui si sviluppò la cultura marabi, fatta di danza, musica, convivenza tra le diverse etnie e solidarietà. La seconda principale forma di guadagno delle donne in città era quella di andare a servizio presso le famiglie dei bianche. La donna nera era costretta a subire svariate forme di oppressione: salari bassi, orari impossibili, molestie sessuali. Il sistema sociale patriarcale e le leggi dell'apartheid hanno fatto si che l'identità sociale della donna nera fosse mediata dal rapporto con l'uomo e in particolare dal matrimonio. Le donne africane si sono sempre coinvolte nelle grandi imprese e nelle lotte delle loro società. E invece i media occidentali tendono a trasmettere di loro solo l’immagine di vittime: dell’ignoranza, della miseria, della mancanza di cure… mostrare solo questo aspetto significa relegare nell’ombra un gran numero di donne d’azione, protagoniste, per esempio, in quasi tutti i campi dell’economia, dall’agricoltura al commercio passando per settori di punta come la ricerca o la finanza". Le donne africane lottano per i propri diritti ma anche per la giustizia nelle loro società. Combattono per i loro figli e insieme per tutti i figli d'Africa. Rivendicano il proprio ruolo sociale, ma senza buttare a mare tutto ciò che fa parte della tradizione, e che le ha rese ciò che sono. Visto con occhi da europea sembrerebbe una sfortuna nascere donna in Uganda,infatti chi deve sopportare forti dolori, fatiche e, come sembra, sottomissioni,pare sia dotato di qualità che in qualche modo pareggiano la mancanza di una vita meno provata dalla fatica. Il primo impatto con le persone avviene nella comunità del Boom Women’s Group. Si entra nell’universo Africa al femminile dove, nonostante le donne non sono considerate che merce di scambio, di riproduzione e di lavoro a 360 gradi, sono quelle che reggono la comunità e la micro economia. Ci stupisce che una donna senza prole non è considerata una donna, che il suo ruolo servile e sottomesso è il ruolo più giusto. Non sono giudizi ma sensazioni: queste bambine nascono con uno scopo ben preciso, la continuazione della specie e a questo dedicano l’intera vita. Questo comporta sottomissione, tanto lavoro e nessuna considerazione: ebbene queste creature sono assolutamente forti, potenti, pronte alla vita. Non è facile accettare di fare tanti figli perché la mortalità infantile, in Nord Uganda, è alta e il proprio futuro di anziano è in mano ai figli 58 Ellen Johnson Sirleaf Ellen Johnson Sirleaf è nata a Monrovia nel 1938. Ha studiato economia al College of West Africa poi negli Stati Uniti, dove si era trasferita nel 1955 dopo la fine del suo matrimonio e dove ha conseguito un master in amministrazione pubblica alla Harvard John F. Kennedy School of Government. Nel 1972 tornò nel suo paese di origine per lavorare come assistente al ministero della Finanza con il governo dell’allora presidente William Tolbert. Dopo il colpo di Stato del 1980, fu catturata e detenuta per alcuni mesi. Una volta libera, lasciò di nuovo la Liberia per evitare le persecuzioni del nuovo regime. Con il colpo di Stato prese il potere il sergente maggiore Samuel Kanyon Doe, che introdusse di fatto una dittatura di stampo militare. Nel 1989 scoppiò la guerra civile e Doe fu ucciso dalle forze del Fronte Indipendente Patriottico per la Liberia. Dai sanguinosi conflitti etnici che seguirono per anni emerse la leadership di Charles Taylor, uno dei signori della guerra più potenti del paese, che divenne presidente nel 1997, battendo proprio Ellen Johnson Sirleaf, che nel frattempo era tornata in patria. La feroce dittatura di Taylor diede inizio a una nuova guerra civile, che si concluse solo nel 2003 con gli accordi di Accra e il suo esilio in Nigeria. Al termine della guerra erano morte più di duecentomila persone. Nel 2005 Ellen Johnson Sirleaf si candidò per la seconda volta alle presidenziali e le vinse al ballottaggio contro George Weah, ex calciatore di Paris Saint Germain e Milan. La sua attività si concentrò da subito sulla ricostruzione economica del paese devastato da anni di guerra civile e sui diritti delle donne, che erano stati al centro della sua agenda politica fin da quando, giovanissima, si era separata dal marito che aveva sposato a soli 17 anni. Nelle ultime settimane alcuni dei suoi oppositori avevano chiesto alla Corte Suprema della Liberia che dichiarasse illegittima la sua candidatura, sulla base di un articolo della Costituzione che stabilisce che i candidati debbano avere avuto la residenza in Liberia per almeno dieci anni consecutivi. Ieri la Corte Ha respinto la richiesta dicendo che la condizione non può evidentemente valere considerate quali erano le condizioni politiche della Liberia fino a pochi anni fa. Lunedì Sirleaf affronterà altri sei candidati, tra cui di nuovo l’ex calciatore George Weah e l’ex signore della guerra Prince Johnson. Ellen Johnson è la prima donna nera nel mondo presidente di uno stato (Liberia) e anche la prima donna eletta come capo di stato in Africa; Wangari Maathai ha ottenuto nel 2004 Il premio Nobel per la pace; Nadine Gordimer si è vista attribuire il Nobel per la letteratura nel 1991; Miriam Makeba è diventata una cantante di successo a livello internazionale per il suo impegno politico contro il regime dell’apartheid e per essere stata delegato alle Nazioni Unite ed ancora Animata Traoré, ministro della cultura del Mali e ideatrice del Forum sociale africano, è diventata famosa per le sue denunce radicali del neoliberismo e contro l’oppressione dell’Africa. 59 Zanele Muholi L’attivista sudafricana che ricompone i “frammenti di una nuova storia” Nonostante le poche informazioni a noi provenutoci dato l’assoluto stato di omertà che riguarda le popolazioni africane e le loro situazione sappiamo che cè una donna che cerca di sovvertire queste istituzioni infatti..Zanele Muholi è una donna sudafricana che racconta attraverso le immagini la realtà della comunità nera di lesbiche, gay, transessuali e trasgender, contrastando una lettura e una scrittura maschile e maschilista della storia. Fotografa conosciuta a livello mondiale si definisce anzitutto un’“attivista visuale”. Nata a Umlazi nel 1972, Zanele Muholi ha trascorso diversi anni a documentare i crimini omofobi e razzisti compiuti nel Sudafrica post-apartheid: omicidi e “stupri correttivi” praticati come “cura” dell’omosessualità, tacitamente accettati dalla maggior parte della popolazione e giustificati ai fini di una rieducazione alla norma(lità). Queste violenze sono una realtà molto diffusa in Sudafrica tanto che nella sola Città del Capo l’organizzazione locale Luleki Sizwe denuncia una media di dieci “stupri correttivi” a settimana contro le lesbiche nere, soprattutto quelle appartenenti alle fasce più povere della popolazione. “I always say to people that I’m an activist before I’m an artist. To me, you take a particular photo in order for other people to take action. So you become an agent for change in a way. I say that I am a visual activist because it’s important to me to go beyond just being a photographer. Because you know, that sounds so sexy and it’s a ‘profession’. I think to myself what’s the point of just taking a picture? What happens after that? I’m doing what I’m doing to make a statement and also to say to people: This is possible.” Zanele Muholi ha iniziato il suo percorso fotografico con il desiderio di commemorare le persone a cui non è dato spazio tra le pagine dei libri e che, anche nella quotidianità, si tenta di eliminare, sia concettualmente che fisicamente. È nato così il progetto Faces and Phases che ritrae i volti delle lesbiche nere incontrate in Sudafrica, Canada, Europa e in altri Stati africani. Dai loro sguardi, che grazie alle sue opere possiamo incrociare in un delicato e profondo faccia a faccia, emergono la determinazione, le scelte, la dignità, le lotte, la complicità, la fierezza e la rivendicazione del “diritto ad essere pienamente sé stesse e a poter amare liberamente”. 60 Le immagini raccolte da Zanele sono un prezioso documento storico e un intenso archivio emozionale sulla sessualità e sulla questione di genere nel continente africano. Nonostante i numerosi riconoscimenti internazionali (tra gli altri, il premio Casa Africa alla Biennale di Bamako del 2009), la fotografia resta per lei lo strumento che permette di raccontare i sentimenti e le storie d’amore delle persone che incontra, i cosiddetti “frammenti di una nuova storia”. A fine 2011 è stato reso pubblico il report delle Nazioni Unite che illustra la situazione della comunità LGBT a livello mondiale, monitorando le discriminazioni contro le persone con un diverso orientamento sessuale. Ancora una volta parlare di diverso (orientamento sessuale) presuppone una norma dalla quale una presunta diversità si allontanerebbe. E se, invece, considerassimo come norma la complessità e la singolarità degli individui e come diversità le infinite sfumature tra questi? 61 ASIA a cura di Messina Alessia Palloni Lorenzo Stefanelli Tiberio 62 In molto paesi asiatici c'è una varia differenza tra donna e uomo, tutto questo è influenzato anche sull'equilibrio demografico. Le ragioni sono insieme politiche, economiche,sociali,culturali e religiose. Molti uomini cinesi non possono sposarci per mancanza di donne, per esempio in molti villaggi dello stato indiano, gli uomini si vanno a cercare una sposa in altri stati del paese. La condizione femminile in Asia è una delle peggiori al mondo nonostante i passi da gigante fatti nell'economia. Il tasso di scolarizzazione delle bambine inferiore a quello dei maschi e il divario nella partecipazione delle donne nei parlamenti nazionali. Per una donna Europea è molto difficile immaginare che cosa significhi essere donna in Asia. Le donne Pakistane Hanno subito nella storia e subiscono tuttora discriminazioni di genere; vengano stuprate e violentate. Un fenomeno molto diffuso è la violenza domestica, non è considerato un crimine quanto piuttosto un affare privato di famiglia. In Pakistan si registra una media di oltre 4 casi locali ogni settimana di donne bruciate vive, 3 su 4 con conseguente morte. Ci sono loti delitti d'onore, rapimenti, torture. Le donne in Afghanistan In Afghanistan, i diritti delle donne sono molto rigide grazie alle severe regole date dall'esercito talebano. I talebani sono abituati a violentare le donne e i ragazzi per soddisfare la loro lussuria criminale. Le condizioni di vita delle donne in Afghanistan: le donne non fanno parte della società, le donne del paese sono delle zombi, non è permesso farsi curare, istruirsi o divertirsi. Vengano legate per strada a causa delle più strane ragione e le loro mani vengono tagliate se rubano un pezzo di pane. Il luogo delle donne è solo quello di soddisfare i bisogni sessuali dell'uomo, di procurare e fare le faccende domestiche, non hanno il diritto di lavorare e non possono lasciare la case se non con un maschio che le scorti (di solito un parente stretto). Nessuna donna può essere curare ad operare da un medico di sesso maschile; sono costrette a indossare i Burqa, senza forma, per nascondere completamente i loro corpi, non possono mostrare neppure le caviglie o i polsi, non possono mettere trucco,tacchi che fanno rumore, ne cantare. Queste restrizioni sono imposte a causa del fatto che le donne sono viste come tentatrici dell'uomo per distogliere dai suoi doveri verso Dio. Ad esempio le finestre delle case sono state dipinte in modo che nessuna donna possa essere vista dall'esterno. Alle donne non è permesso farsi fotografare o stampare sui giornali. Per le donne c'è una grande differenza nelle condizioni di vita prima o dopo i talebani. La donna in Cina La Cina è un paese dove le discriminazioni verso le donne sono più acute, anche le donne al potere è strutturalmente sfavorevoli. La politica del figlio unico promessa da Pechino ha causato la soppressione di feti femminili e l'uccisione di bambine appena nate; questo massacro silenzioso, avallato dalle autorità, ha determinato un profondo disequilibrio di genere in Cina, secondo le stime delle Nazioni Unite. Oggi nel paese del dragone vi sono 118,1 maschi ogni 100 femmine, la media mondiale si attesa sui 105 ragazzi ogni 100 ragazze. La globalizzazione, le maggiori possibilità di comunicazione e informazione, le migrazioni,stanno però cambiando la considerazione femminile anche qui. Ancora oggi avere una figlia in Cina è una disgrazia. Il 14 gennaio 2011 a Taiwan hanno visto per la prima volta una candidata donna tsai Ingwen per le lezioni per il nuovo presidente. Le donne Cinesi sono costrette al silenzio da secoli di obbedienza e paura. In altri paesi dell'Asia come in Giappone; le donne sono libere, le condizioni delle donne è diminuito. Le donne hanno partecipato in fabbrica, lavorano nei campi, sono alla pari degli uomini e hanno avuto il diritto di voto nel 1946. Mirabai 1498-1565 Nato da una famiglia privilegiata indù, Mirabai ha rotto con le convenzioni della società a vivere la vita di un mistico e devoto di Krishna. Per il suo stile di vita anticonformista la sua famiglia ha cercato di ucciderla. 63 Jiang Qing La moglie del presidente Mao. Ella ha acquisito un enorme potere durante le repressioni della rivoluzione culturale. Ha abusato della sua posizione per perseguire i nemici politici e target qualcosa di intellettuale o artistico dopo la morte di Mao fu processato e condannato. Indira Gandhi Prima donna, primo ministro dell'india. Lei era al poter tra 1966.1977 e dal 1980.1984. Accusata di tendenze autoritarie che solo per poco evitato un golpe militare, decidendo di tenere le elezioni alla fine del periodo di emergenza del 1977. Fu assassinata nel 1984 dalle sue guardie del corpo Sikh. Nel 1999 è stata votata la donna più grande degli ultimi 1000 anni in un sondaggio effettuato dalla BBC news. E’ stata una politica indiana. Fu l'unica figlia di Kamla e Jawaharlal Nehru, il Primo Ministro dell'India. Prese il nome dal marito Feroze Gandhi, il quale non era in alcun modo imparentato con il Mahatma Gandhi, fu madre di Rajiv Gandhi suo successore. Fu nominata Primo Ministro dell'India il 19 gennaio 1966. Nel 1967, per la prima volta, il Partito del Congresso subì un forte calo di consensi dovuto alla forte presenza di correnti di estrema sinistra in alcuni governi regionali. Il partito si divise in due tronconi, unoconservatore e l'altro progressista. In questa situazione di incertezza Indira Gandhi agì in maniera apparentemente non coerente: dapprima usò la forza per abbattere i governi di sinistra dell'Uttar Pradesh e del Bengala Occidentale; successivamente, dopo la vittoria della destra nelle consultazioni elettorali del 1968-69, sembrò assumere posizioni più vicine alle sinistre poiché, nel giro di pochi giorni, procedette alla nazionalizzazione di una decina di banche d'affari al fine di assicurarsi il consenso di socialisti e comunisti in vista delle elezioni presidenziali che si sarebbero tenute nel 1969. Nel 1975, un tribunale la ritenne colpevole di brogli elettorali e la condannò all'interdizione dai pubblici uffici per sei anni. Nello stesso anno il paese fu attraversato da spinte secessioniste, che portarono la Gandhi a proclamare lo stato d'emergenza nazionale e a prendere misure severe contro le opposizioni. Quando il paese tornò alle urne nel 1977, il suo partito venne sconfitto e Indira, un anno dopo, fu addirittura incarcerata per alcuni giorni. Ma si riorganizzò e in pochi mesi fondò un nuovo partito, il Congresso nazionale indiano (Indian National Congress), che vinse le elezioni del gennaio 1980 e le consentì di ritornare alla guida del governo. Il suo secondo mandato iniziò il 14 gennaio di quell'anno. All'inizio degli anni '80 si sviluppa in India un movimento estremista sikh che vuole 64 l'indipendenza del Punjab indiano. Durante la sommossa, gli irriducibili del gruppo estremista si rifugiano nel Tempio d'oro d'Amritsar. Indira Gandhi decide d'intervenire con l'esercito, ed espugna il Tempio sacro dei sikh con un bombardamento e una sanguinosa occupazione. Benazir Bhutto 1953-2007 E’ stata la prima donna primo ministro di un paese musulmano. Ha con tribuito a spostare il Pakistan dalla dittatura alle democrazia nel 1977. Lei ha cercato di attuare le riforme sciali, in particolare aiutare le donne e i poveri. È stata costretta fuori sede con l'accusa di corruzione, accuse che continuano a negare. È stata nominata uno dei sette vincitori del Primio delle Nazioni Unite nel campo dei diritti umani. Aung San Suu Kyi Donna politica bimana attiva da molti anni nella difesa dei diritti umani. Ebbe il premio nobel per la pace. In tutto il mondo Aung San Suu Kyi è diventata un'icona della non-violenza e pace, tanto che numerosi cantanti e gruppi musicali, tra cui Damien Rice, gli U2, i R.E.M. e i Coldplay le hanno dedicato brani musicali per sostenere la sua causa; nel 2003 le fu assegnato l'European Mtv Music Award. In particolar modo, gli U2 le dedicano un brano intitolato Walk On ("Vai avanti"). Per questo motivo è illegale importare, detenere o ascoltare in Birmania l'album della band irlandese All That You Can't Leave Behind, in cui è contenuto tale brano. La sanzione prevista è la reclusione da tre a vent'anni.Nel 1997 il sassofonista Wayne Shorter e il pianista. Herbie Hancockincisero sull'album "1+1" un tema intitolato "Aung San Suu Kyi" che vinse il Grammy Award come Migliore composizione jazz. Nel 2011 il popolare regista francese Luc Besson ha diretto il film "The Lady" incentrato sulla vita del premio Nobel birmano. Figlia del generale Aung San (capo della fazione nazionalista del Partito Comunista della Birmania, di cui fu segretario dal '39 al '41) e di Khin Kyi, la vita di Aung San Suu Kyi è stata travagliata fino dai primi anni. Suo padre, uno dei principali esponenti politici birmani, dopo aver negoziato l'indipendenza della nazione dal Regno Unito nel 1947, fu infatti ucciso da alcuni avversari politici nello stesso anno, lasciando la bambina di appena due anni, oltre che la moglie, Khin Kyi, e altri due figli, uno dei quali sarebbe morto in un incidente. Dopo la morte del marito, Khin Kyi, la madre di Aung San Suu Kyi, divenne una delle figure politiche di maggior rilievo in Birmania, tanto da diventare ambasciatrice in India nel 1960. Aung San Suu Kyi fu sempre presente al fianco della madre, la seguì ovunque, ed ebbe la possibilità di frequentare le migliori scuole indiane e successivamente inglesi, tanto che nel 1967, presso il St Hugh's College di Oxford, conseguì la prestigiosa laurea in Filosofia, Scienze Politiche ed Economia. Continuò poi i suoi studi a New York e nel 1972 cominciò a lavorare per le Nazioni Unite, e in quel periodo conobbe anche uno studioso di cultura tibetana, Micheal Aris, che l'anno successivo sarebbe diventato suo marito, e padre dei suoi due figli, Alexander e Kim. Ritornò in Birmania nel 1988, per accudire la madre gravemente malata, e proprio in quegli anni il generale Saw Maung prese il potere e instaurò il regime militare che tuttora comanda in Myanmar. Fortemente influenzata dagli insegnamenti del Mahatma Gandhi, Aung San Suu Kyi sposò la causa del suo paese in maniera non-violenta e fondò la Lega Nazionale per la Democrazia, il 27 settembre 1988. Neanche un anno dopo le furono comminati gli arresti domiciliari, con la concessione che se avesse voluto abbandonare il paese, lo avrebbe potuto fare; Aung San Suu Kyi rifiutò la proposta del regime. Nel 1990 il regime militare decise di chiamare il popolo alle elezioni, e il risultato fu 65 una schiacciante vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia di Aung San Suu Kyi, che sarebbe quindi diventata Primo Ministro, tuttavia i militari rigettarono il voto, e presero il potere con la forza, annullando il voto popolare. L'anno successivo Aung San Suu Kyi vinse il premio Nobel per la Pace, ed usò i soldi del premio per costituire un sistema sanitario e di istruzione, a favore del popolo birmano. Gli arresti domiciliari le furono revocati nel 1995, ma rimaneva comunque in uno stato di semi libertà, non poté mai lasciare il paese, perché in tal caso le sarebbe stato negato il ritorno in Myanmar, e anche ai suoi familiari non fu mai permesso di visitarla, neanche quando al marito Michael fu diagnosticato il cancro, che di lì a due anni, nel 1999, lo avrebbe ucciso, lasciandola vedova. Nel 2002, a seguito di forti pressioni delle Nazioni Unite, ad Aung San Suu Kyi fu riconosciuta una maggiore libertà d'azione in Myanmar, ma il 30 maggio 2003, mentre era a bordo di un convoglio con numerosi sostenitori, un gruppo di militari aprì il fuoco e massacrò molte persone, e solo grazie alla prontezza di riflessi del suo autista, Ko Kyaw Soe Lin, riuscì a salvarsi, ma fu di nuovo messa agli arresti domiciliari. Da quel momento, la salute di Aung San Suu Kyi è andata progressivamente peggiorando, tanto da richiedere un intervento e vari ricoveri. Il "caso" Aung San Suu Kyi ha incominciato ad essere un argomento internazionale, tanto che gli Stati Uniti d'America e l'Unione Europea hanno fatto grosse pressioni sul governo del Myanmar per la sua liberazione, ma gli arresti domiciliari furono rinnovati per un anno nel 2005 e ulteriormente rinnovati nel 2006 e nel 2007. Per quanto sta facendo per la causa del popolo birmano, alcune prestigiose Università in Europa e in America vogliono assegnarle delle lauree Honoris Causa, per il suo grande impegno civile, e per la difesa dei diritti umani e della pace. Il 9 novembre 2007, Aung San Suu Kyi ha lasciato la sua abitazione dove era confinata agli arresti domiciliari e ha incontrato il ministro nominato ad hoc dalla giunta militare al potere per il dialogo con l'opposizione, il ministro dei trasporti Aung Kyi. Un dirigente della Lega nazionale per la democrazia ha detto che Suu Kyi ha anche incontrato tre esponenti del suo partito, che non incontrava da tre anni. Per il suo impegno a favore dei diritti umani il 6 maggio 2008 il Congresso degli Stati Uniti le ha conferito la sua massima onorificenza: la Medaglia d'Onore. Il 3 maggio 2009 un mormone statunitense, John William Yethaw, ha raggiunto a nuoto la casa in cui è costretta agli arresti domiciliari attraversando il lago Inya. Il 14 maggio la giunta militare ha arrestato, e il 18 successivo ha processato, Aung San Suu Kyi per violazione degli arresti domiciliari. Il termine dei domiciliari e la liberazione dell'attivista birmana dall'ultimo arresto sarebbero scaduti il 21 maggio. Secondo buona parte della stampa internazionale e la stessa Lega nazionale per la democrazia, l'impresa di Yethaw è stato il pretesto fornito alla giunta militare per mettere fuori gioco Aung San Suu Kyi prima di sottoporre il popolo birmano alla votazione di un referendum per l'approvazione di un testo costituzionale che, di fatto, sancisce la continuazione del potere dei militari sotto forme civili, escludendo del tutto la Lega nazionale per la democrazia. L'11 giugno Aung San Suu Kyi è stata nuovamente condannata, questa volta a tre anni di lavori forzati per violazione della normativa della sicurezza che sono stati commutati poi, dalla Giunta militare, in 18 mesi di arresti domiciliari. Il 13 novembre2010 Aung San Suu Kyi è stata liberata. Il 1º aprile 2012 ha ottenuto un seggio al parlamento birmano. Nonostante ciò la Birmania non è ancora libera e il passato dittatoriale grava ancora sulla nazione. 66 Sonia Gandhi E’ una politica indiana, di origine italiana. Presidente del Partito del Congresso Indiano, attualmente al governo; vedova di Rajiv Gandhi, già primo ministro. Il suo nome è stato fatto per una possibile candidatura alla carica di primo ministro dopo la vittoria a sorpresa del suo partito nelle elezioni del 13 maggio 2004 per il rinnovo della Lok Sabha, quando è stata votata all'unanimità per condurre un governo di coalizione composto da diciannove partiti. Pochi giorni dopo l'esito elettorale, la Gandhi ha declinato la sua candidatura in considerazione dell'ostracismo mostrato verso di lei da gran parte della classe politica indiana, specie dall'opposizione, in quanto non nativa dell'India. Al suo posto, la stessa Sonia ha proposto Manmohan Singh, ex ministro del governo di Narasimha Rao, che è stato accettato dalla sua coalizione, divenendo il nuovo primo ministro il 19 maggio 2004. A novembre 2010 la rivista americana Forbes ha posizionato Sonia Gandhi al nono posto nella classifica delle personalità più potenti del pianeta. Candidata premier nelle elezioni generali dell'aprile-maggio 2004, rinunciò alla carica di primo ministro, subito dopo la vittoria della sua coalizione, in favore del compagno di partito e ministro delle finanze uscente, Manmohan Singh. Nella stessa consultazione, venne eletto al parlamento indiano anche il figlio Rahul Gandhi di cui la sorella Priyanka aveva curato la campagna elettorale. Il 28 maggio 2005 Sonia Gandhi fu eletta presidente del Partito del Congresso Indiano (Indian National Congress), suo partito di elezione e prima forza politica del paese. Alle elezioni generali dell'aprile-maggio 2009, l'UPA (United Progressive Alliance), la coalizione guidata dal partito di Sonia Gandhi, ottiene una nuova vittoria elettorale e il mandato per formare un nuovo governo sotto la guida del primo ministro uscente e candidato premier alle elezioni, Manmohan Singh. Il 3 settembre 2010 Sonia Maino Gandhi fu rieletta per la quarta volta all'unanimità Presidente dell'Indian National Congress. Madre Teresa di Calcutta E’ stata una religiosa albanese di fede cattolica, fondatrice della congregazione religiosa delle Missionarie della Carità. Il suo lavoro tra le vittime della povertà di Calcutta l'ha resa una delle persone più famose al mondo. Ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 1979, e il 19 ottobre 2003 è stata proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II. Nacque il 26 agosto 1910 a Skopje in una benestante famiglia di genitori albanesi originari del Kosovo: la madre, Drane, era nata a Gjakova e il padre, Kolë, a Prizren. All'età di otto anni rimase orfana di padre e la sua famiglia si trovò in gravi difficoltà economiche. A partire dall'età di dieci - quattordici anni partecipò alle attività della 67 parrocchia del Sacro Cuore di Skopje, in particolare quelle del coro, del teatro e dell'aiuto alle persone povere. In quel periodo cominciò a conoscere l'India tramite le lettere di missionari gesuiti attivi nel Bengala. Nel 1928, a diciotto anni, decise di prendere i voti entrando come aspirante nelle Suore di Loreto, un ramo dell'Istituto della Beata Vergine Maria che svolgeva attività missionaria in India. Dopo un primo colloquio a Parigi, venne inizialmente inviata a Dublino, in Irlanda, dove si fermò sei settimane per imparare le prime nozioni di inglese e ricevere il velo di postulante. Nel gennaio 1929 raggiunse l'India dove, dopo una breve sosta a Calcutta, venne inviata nel Darjeeling, alle pendici dell'Himalaya, per completare la sua preparazione. Qui si fermò due anni, studiando le lingue inglese e bengali e insegnando nella scuola annessa al convento. Svolse anche un'attività come aiutoinfermiera che la mise in contatto con la realtà dei malati. Il 24 maggio 1931, prese i voti temporanei, assumendo il nome di Maria Teresa, ispirandosi a Santa Teresa di Lisieux. Nel 1950, Madre Teresa fondò la congregazione delle Missionarie della carità, la cui missione era quella di prendersi cura dei "più poveri dei poveri" e "di tutte quelle persone che si sentono non volute, non amate, non curate dalla società, tutte quelle persone che sono diventate un peso per la società e che sono fuggite da tutti". Le prime aderenti furono dodici ragazze, tra cui alcune sue ex allieve alla Saint Mary. Stabilì come divisa un semplice saribianco a strisce azzurre, che pare fu scelto da Madre Teresa perché era il più economico fra quelli in vendita in un piccolo negozio. Il numero di persone che desideravano seguire l'esempio di Madre Teresa crebbe rapidamente, tanto che le stanze messe inizialmente a disposizione da Gomes si rivelarono presto inadeguate. Nel febbraio 1953 le suore poterono quindi spostarsi in una nuova sede a54A Lower Circular Road, messa a loro disposizione dall'arcidiocesi di Calcutta, che ospita tuttora la casa madre delle Missionarie della Carità. Lo stile di vita voluto da Madre Teresa, ispirato in parte a san Francesco, prevedeva un'austerità rigorosa, in linea con la condizione di vita dei poveri e con la necessità di preservare gli ideali del nuovo ordine. Madre Teresa decise di dedicarsi anche alla piaga della lebbra, a quel tempo ancora largamente diffusa. Nel 1957, con l'aiuto di un medico, cominciò ad accogliere e assistere alcuni lebbrosi. Poco dopo realizzò delle cliniche mobili per contenere i focolai di infezione, seguendo un modello precedentemente messo a punto da un medico belga a Madras per curare i malati a domicilio. Nel 1958 Madre Teresa aprì un centro per i malati di lebbra a Tigarah, in una zona degradata nella periferia di Calcutta. Ricordando l'impegno di Gandhi per i lebbrosi, la suora volle dedicare alla sua memoria la struttura, che venne quindi chiamata Gandhiji's Prem Niwas ("Dono d'amore di Gandhi"). Pochi anni dopo, nel 1961, il Governatore del Bengala decise di affidare alle Missionarie della Carità un terreno a circa 300 chilometri da Calcutta, presso il confine con il Bihar: qui Madre Teresa realizzò il villaggio di Shanti Nagar ("Città della pace"), dove i malati di lebbra potevano vivere e lavorare, coltivando i campi, allevando animali e svolgendo attività di artigianato. La presenza di volontari sani favoriva il recupero sociale dei malati, evitando forme di emarginazione. Sul suo impegno verso i lebbrosi, Madre Teresa spesso ripeteva: "Non ci sono lebbrosi, solo la lebbra, e si può curare. Per dieci anni Madre Teresa operò solo nel territorio di Calcutta: nel 1959 aprì infine una nuova struttura a Ranchi, nello stato indiano dello Jharkhand Il Premio Nobel Nel 1979 ottenne il riconoscimento più prestigioso: il Premio Nobel per la Pace. Tra le motivazioni, venne indicato il suo impegno per i più poveri tra i poveri e il suo rispetto per il valore e la dignità di ogni singola persona. Madre Teresa rifiutò il convenzionale banchetto cerimoniale per i vincitori, 68 e chiese che i 6000 dollari di fondi fossero destinati ai poveri di Calcutta, che avrebbero potuto essere sfamati per un anno intero: "le ricompense terrene sono importanti solo se utilizzate per aiutare i bisognosi del mondo". Gli ultimi anni di vita e la morte A partire dalla fine degli anni ottanta, le sue condizioni peggiorarono: dopo un primo ricovero nel 1983, nel 1989 in seguito a un infarto le fu applicato un pacemaker. Si dimise da superiora dell'Ordine ma in seguito a un ballottaggio fu rieletta praticamente all'unanimità, contando solo qualche voto astenuto. Accettò il risultato e rimase alla guida della congregazione. Nel 1991 si ammalò di polmonite, nel 1992 ebbe nuovi problemi cardiaci e l'anno successivo contrasse la malaria. Nell'aprile del 1996 Madre Teresa cadde e si ruppe una clavicola. Il 13 marzo 1997 lasciò definitivamente la guida delle Missionarie della Carità, alla cui guida subentrò suor Nirmala Joshi. A marzo incontrò papa Giovanni Paolo II per l'ultima volta, prima di rientrare a Calcutta dove morì il 5 settembre, all'età di ottantasette anni. La sua scomparsa suscitò grande commozione nel mondo intero: l'India le riservò solenni funerali di stato, che videro un'enorme partecipazione popolare e la presenza di importanti autorità del mondo intero. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Javier Pérez de Cuéllar, arrivò persino a dichiarare: "Lei è le Nazioni Unite. Lei è la pace nel mondo." Nawaz Sharif,Primo Ministro del Pakistan, disse inoltre che Madre Teresa era "un raro e unico individuo che ha vissuto a lungo per più alti scopi. La sua lunga vita di devozione alla cura dei poveri, dei malati e degli svantaggiati è stata uno dei più grandi esempi di servizio alla nostra umanità." Il processo di beatificazione, primo passo verso la canonizzazione o santità, richiede la documentazione di un miracolo avvenuto per intercessione di Madre Teresa. Le segnalazioni ricevute sono migliaia, ma solo pochissime vengono ritenute rilevanti dalla Chiesa cattolica ai fini del processo di canonizzazione e passate quindi a un vaglio più approfondito. Per essere considerata miracolosa dalla Chiesa, una guarigione deve infatti essere da malattia grave, istantanea e senza alcuna spiegazione medica plausibile 69 NORD AMERICA a cura di Cellammare Jacopo 70 La figura della donna nella storia dell'arte del Nord America Nell’arte una delle figure più suggestive è la donna, che è raffigurata sin dalla preistoria, e la sua essenza cambia man mano che si va affermando nella storia la sua emancipazione. Con il passare del tempo, dalla preistoria all’età attuale, il modo di rappresentarla è mutato radicalmente più volte, e così anche le simbologie collegate ad essa. La donna compare nell’immaginario collettivo della società umana come una figura,e tale viene raffigurata, dalla duplice entità: • angelica e creatrice . • demoniaca e distruttrice . Già nella preistoria troviamo statuette femminili dal corpo voluminoso a sottolineare la funzione creatrice e “riproduttiva” della donna; queste sculture sono dette Veneri per la forte accentuazione dell’aspetto fisico della donna concepita come mezzo di procreazione , di rinascita e di vita. A questo stereotipo non sfugge la rappresentazione figurativa della donna nell'arte nord-americana. Essa infatti viene presentata come madre datrice di vita circondata da numerosi figli, in una visione positiva che giunge fino alla raffigurazione eroica nelle pitture dell'epopea della conquista del “West” ; ma anche come figura malvagia e demoniaca nelle numerose raffigurazioni delle streghe. In seguito però alle lotte per l'emancipazione delle donne si affacciano nel mondo dell'arte e della scienza molti personaggi femminili che propongono una immagine della donna più coerente ai tempi moderni, più libera e portatrice di nuove idee sia nella società che nelle manifestazioni artistiche, entrando in tutti i campi dell'arte, dalla pittura all'architettura, alla scultura e a tutte le scienze. Nonostante che negli Stati Uniti e in Canada il livello di rispetto dei diritti umani delle donne e la loro possibilità di partecipare attivamente alla vita sociale, economica e politica del paese sono fra i più avanzati del mondo, tuttavia troviamo pochissime artiste citate nei libri di storia dell'arte. Infatti i più rilevanti libri di storia dell'arte occidentale danno notizia di un numero poco significativo di artiste donne, sebbene l'eccellenza e virtuosismo delle loro opere sia indiscutibile. A partire dagli anni sessanta molti studiosi soprattutto americani hanno svolto indagini approfondite sull'arte delle donne nord-americane, tanto che si è giunti alla creazione negli Stati Uniti d'America del “Museo della donne artiste” a Washington. Nelle sue sale si possono ammirare tele e sculture di famose artiste statunitensi come: Sarah Miriam Peale, Giorgia O'Keeffe, Mary Cassatt, Frida Khalo, Elisabeth Lebrun ed altre. Espressione dell'arte Statunitense : Mary Cassatt Nata ad Allegheny City (Pittsburgh, Allegheny County, Pennsylvania, Stati Uniti). Morta nel 1926 a Le Mesnil-Théribus (Oise, Picardie, Francia). Conosciuta anche come Mary Stevenson Cassatt. Contemporanea e amica degli Impressionisti, Mary Cassatt si distinse per lo stile complesso e strutturato e per una lucida introspezione pittorica. Figlia di un ricco uomo d’affari, discendente degli Ugonotti francesi scappati in America a metà del Seicento, Mary Cassatt mostra, sin da giovanissima, la sua predisposizione per il disegno. Nel 1861, si iscrive ad un corso di pittura, presso la Pennsylvania Academy of Fine Arts di Philadelphia, che la introduce alle basi del disegno e della pittura. 71 Terminati gli studi, spinta dall’esigenza di esplorare altrove l’universo artistico, si trasferisce a Parigi, fulcro del dibattito artistico europeo. Qui, nel 1877, Mary incontra il pittore Edgar Degas che la introduce nei circoli culturali e artistici del tempo, dove conosce il gruppo degli Impressionisti, ai quali si unisce. Mary si rivela, da subito, una collaboratrice decisamente preziosa per il gruppo, fornendo un valido supporto per la promozione delle opere impressioniste negli Stati Uniti. Grazie alle sue doti imprenditoriali, la pittrice arricchisce il mercato statunitense con opere di Manet, Monet,Renoir, Degas e Pissarro. Dagli Impressionisti Mary assimila l’interesse per la pittura che riproduce aspetti della vita quotidiana, invece che episodi ispirati al sentimentalismo tardo romantico, all’epoca tanto in voga. Ma al tema del paesaggio, molto amato dai suoi colleghi, Mary preferisce dedicare i suoi soggetti iconografici al tema materno della cura filiale. Non troppo tempo dopo il suo trionfo con gli impressionisti, Mary fu costretta a vendere alcuni suoi dipinti per curare la madre e la sorella che si erano ammalate dopo essersi trasferite a Parigi. La sorella morì nel 1882, ma la madre guarì e Mary poté riprendere a dipingere dalla metà del 1880. Intanto lo stile di Mary si evolve, cominciando a distanziarsi dall'Impressionismo e dalla relativa esuberanza caratteristica del movimento, approdando ad uno stile più semplice e più diretto. Dopo la sua ultima mostra con gli impressionisti nel 1886, Mary non si identificò più con alcun movimento o scuola particolare, sperimentando da sola una notevole varietà di tecniche, dimostrando una versatilità presente in pochi dei suoi colleghi contemporanei. Negli ultimi anni della sua vita, in America, la sua figura riceve consacrazione ufficiale, assurgendo al titolo di artista americana "più eminente". Nel 1915, il diabete cominciò poco a poco a consumarle la vista e Mary dovette passare gli 11 anni restanti della sua vita nella cecità quasi totale, cosa che la lasciò amareggiata e insoddisfatta della crudeltà del destino che le aveva tolto la sua fonte più grande di piacere. “Madre” di Mary Cassatt 72 “Igloo” di Annie Pootoogook. L'arte al femminile in Canada Altre ricerche su artiste donne in ambito nordamericano hanno portato alla sorprendente scoperta dell' arte canadese e in particolare l’arte grafica detta “inuit”che ha preso vita nell’isola di Baffin, nel territorio canadese del Nunavut, per svilupparsi a partire dagli anni Sessanta e imporsi con una personalità per lo più al femminile. Sono infatti principalmente donne - artiste a produrre questo tipo di arte, come testimonia la mostra “Women in charge. Artiste inuit contemporanee” svoltasi a Roma proprio a febbraio del 2012, che ha presentato opere delle quattro maggiori artiste: Annie Pootoogook , Shuvinai Ashoona, Ningeokuluk Teevee e Siassie Kenneally riconosciute e affermate nei circuiti internazionali dell’arte. Queste artiste, tutte formatesi nei Kinngait Studios di Cape Dorset (Nunavut), creano opere che, richiamandosi alle memorie del proprio retaggio, restituiscono il senso di una decisa vocazione alla sperimentazione e di una sorprendente creatività innovativa. 73 Donne artiste in Messico Nell'arte messicana moderna possiamo trovare pochissime artiste femminili, tra esse un posto importante occupa la pittrice Frida Kahlo, che è entrata a far parte del gruppo di artiste più conosciute del Nord America. Nata nel 1907 nella Casa Azul de Coyoacán, un sobborgo di città del Messico, Frida Kahlo rimase a lungo sconosciuta al grande pubblico, seminascosta dall’ombra del suo celebre marito, il pittore muralista Diego Rivera. Il riconoscimento che fin da subito le venne attribuito da artisti di fama internazionale non fu infatti sufficiente a far conoscere le sue opere, che si cominciarono ad affermare solo negli anni ’90. Tra i primi ammiratori di Frida Kahlo va ricordato Rivera stesso che, dichiarò necessaria la rottura della coppia poiché a suo parere Frida era un’artista ormai completa che non aveva più bisogno del suo maestro-marito (il quale, con orgoglio, era solito mostrare una lettera in cui Picasso esprimeva la sua personale ammirazione per la pittrice e rivolgendosi a Rivera scriveva di lei: “Né tu, né io siamo capaci di dipingere una testa come quelle di Frida Kahlo”. L’arte di Frida, con la sua carica di femminilità, di sensualità ed per il suo carattere fortemente personale, ha avvicinato soprattutto il pubblico femminile che più facilmente può ritrovarsi nelle sensazioni che l’artista ha tanto abilmente racchiuso nella tela. Per una donna, stare di fronte ad un’opera di Frida Kahlo equivale a ritrovarsi in intimità con se stessa, immersa nell’essenza più vera della femminilità. La sua vita fu un susseguirsi di sofferenze che ebbero inizio, se non con la poliomielite avuta all’età di sei anni, quanto meno con il tragico incidente del 1925: lo scontro tra un tram e l’autobus su cui Frida viaggiava, che oltre a romperle la spina dorsale in tre punti, creò una cesura nella sua esistenza. Fu durante la lunga e dolorosa convalescenza, peraltro mai conclusa poiché le lesioni procuratesi nell’incidente le causarono gravi problemi per tutta la vita, che Frida iniziò a dipingere, trovando uno sfogo alla sua personale sensibilità. La sofferenza ed il dolore sono elementi sempre presenti nella sua arte, ma sono affrontati con grandissimo coraggio ed associati ad una incontenibile “alegría”, creando una contraddizione che diventa punto di forza del fascino della Kahlo. Ma se Frida, grazie alle sue ali dell’immaginazione (e ad una energia smisurata) riuscì a volare oltre i limiti del dolore fisico, si abbandonò invece in maniera totalizzante ed esasperatamente femminile al “mal d’amore”. Nei suoi dipinti infatti, la figura dell’amato Rivera, protagonista insieme a lei di una complicata storia d’amore e tradimenti, fa spesso la sua comparsa. È in occasione di uno dei reiterati tradimenti di Diego che Frida, dipingendo “autoritratto con i capelli tagliati” (1940) ci mostra la complessità e la varietà del suo essere donna: da moglie attenta nel compiacere il marito, proponendosi a lui al massimo della sua femminilità, a donna che si proclama indipendente, che pur liberandosi dei simboli codificati del femminile ci fissa dalla tela con uno sguardo seducente invitandoci a guardarla come donna. 74 L’artista tratta spesso il tema della sessualità e non è raro imbattersi in nature morte in cui fiori e frutta assumono forme inequivocabili, permettendole di tornare a cercare nella pittura un sollievo alla sua sofferenza per l’incapacità di avere un figlio, moltiplicando sulla tela immagini di concepimento e di indagare un tema denso di tabù, che Frida riesce comunque ad affrontare con serenità e grande modernità. Oltre all’autobiografismo e alla forza emozionale dei suoi quadri, anche il suo tentativo di equilibrio come donna in bilico tra due immaginari opposti, ha fortemente contribuito a miticizzare questa artista, rendendola negli anni ’90 una vera e propria icona. Il fascino personale di “Frida-donna” non deve però nascondere il suo effettivo valore artistico: infatti, pur utilizzando uno stile diretto e coinvolgente, era senza ombra di dubbio molto meno ingenua e molto più preparata di come l’ha talvolta dipinta certa critica. La forza d’animo che l’ha sempre spinta a lottare contro il dolore e la morte ci dona una speranza assoluta fissata nell’eternità dell’arte. Autoritratto di Frida Khalo Ogni sua tela è un invito rivolto a tutti noi a reagire alle avversità della vita, con il fiero coraggio che ha contraddistinto questa grande artista, questa grande donna. 75 Come nella ricerca di donne artiste è stato difficile trovare delle personalità molto conosciute al grande pubblico, perchè i loro lavori erano poco considerati in quanto opere femminili, anche per ricercatrici e scienziate è stato difficile affermarsi ed ottenere i giusti riconoscimenti. I Nobel negati alle donne di scienza Il rapporto tra donne e scienza e il difficile riconoscimento di questo ruolo da parte della società, è una questione divenuta uno dei nodi centrali di Istituzioni nazionali e internazionali nell’ambito delle politiche della ricerca, del lavoro e della formazione. Le cause e le possibili misure per affrontare il fenomeno alimentano da tempo un ampio dibattito tra esperti e opinione pubblica che puntano il dito sulla persistente difficoltà per le donne a raggiungere posizioni di rilievo nel mondo della ricerca e dell’innovazione. Nell’ambito della manifestazione "I giardini di marzo – Percorsi e proposte per le pari opportunità", futuro@lfemminile ha deciso di dare visibilità a un progetto che parla di uno dei premi più conosciuti al mondo, il Nobel, per sottolineare il contributo dato dalle donne alla scienza senza ottenere questo meritato riconoscimento. Dal 1901, anno dell’istituzione del premio Nobel, sono state solo 11 le scienziate alla quali è stato attribuito questo riconoscimento per una disciplina scientifica nei settori della fisica, chimica e medicina (il Nobel per la matematica e la biologia non è previsto). La polacca Marie CurieSklodowska, grazie ai suoi studi sulla fisica e la chimica è stata l’unica scienziata ad ottenerne due. In totale sono quindi 11 i Nobel riconosciuti alla scienza femminile su oltre 500 premi assegnati nel corso del XX secolo, una scelta che ha sicuramente discriminato e penalizzato altre ricercatrici che non l'hanno ricevuto pur avendo contribuito in modo determinante ai progetti scientifici premiati. Intendiamo ricordare con questo progetto i "Nobel negati" a scienziate di rilievo come la biologa molecolare Rosalind Franklin, l'astronoma Jocelyn Bell-Burnell, le fisiche Lise Meitner e ChienShiung Wu, Annie Jump Cannon, Nettie Maria Stevens di cui alcune videro premiati per le stesse ricerche soltanto i loro colleghi maschi. Le vincitrici del Nobel sono invece state: Marie Sklodowska-Curie, sua figlia Irène Curie-Joliot, Gerty Radnitz-Cori, Maria Goeppert-Mayer, Dorothy Crowfoot-Hodgkin, Rosalyn Sussman-Yalow, Barbara Mc Clintock, Rita Levi-Montalcini, Gertrude Elion e Christiane Nüsslein-Volhard, Linda Buck. Le ricercatrici statunitensi a cui è stato negato il Nobel Annie Jump Cannon (1863 - 1941) Prima donna eletta Direttore della American Astronomical Society, all'osservatorio dell'Università Harvard di Cambridge, Massachusetts, scoprì 300 stelle variabili, cinque novae e una "nova nana" (SS Cygni). E' ricordata soprattutto per la lunga ricerca, finanziata da Ruth Draper, durante la quale analizzò e catalogò circa 500 mila spettri stellari. Ne teorizzò le differenze, gettando cosi le basi dello studio dell'evoluzione delle stelle. Il suo metodo per classificarle é tuttora in uso. Nettie Maria Stevens (1861-1912) Fu una delle prime scienziate a farsi un nome nel campo della biologia. Nel 1905 ricevette il premio "Ellen Richards" e nello stesso anno pubblicò una ricerca che rivoluzionerà le conoscenze biologiche sulla determinazione ereditaria del sesso attraverso i cromosomi, ponendo le basi teoriche e metodologiche su cui si fonderà nel 1910 il famoso laboratorio delle mosche drosofile, diretto da T. H. Morgan (premio Nobel di genetica nel 1933). 76 SUD AMERICA a cura di Marcellini Matteo 77 Isabel Allende Isabel Allende Liona nasce a Lima il 2 agosto 1942. E' una scrittrice cilena. È una delle autrici latinoamericane di maggior successo al mondo, con libri come “La casa degli spiriti”, “La città delle bestie” o “D'amore e ombra”. Ha scritto romanzi basati sulle sue esperienze di vita, ma ha anche parlato delle vite di altre donne, unendo insieme mito e realismo. Ha partecipato a molti tour mondiali per promuovere i suoi libri ed ha anche insegnato letteratura in vari college statunitensi. Attualmente vive in California con suo marito, avendo ottenuto la cittadinanza americana nel 2003. Biografia: A tre anni dalla sua nascita, in Perù, nel 1945 il padre, Tomas Allende, divorzia e abbandona la famiglia; la madre decide di tornare in Cile con i tre figli e andare a vivere nella casa del nonno a Santiago. Grazie all'aiuto del cugino del padre Salvador Allende, futuro presidente del Cile, poi morto nel colpo di stato del 1973, a Isabel e ai suoi fratelli non mancherà la possibilità di studiare e di vivere senza problemi economici. La casa del nonno sarà poi evocata nel primo romanzo, La casa degli spiriti, che nel 1982 le darà la notorietà e che trae spunto dalle vicende della famiglia Allende. Nel 1956 la madre si risposa con un diplomatico e a causa del suo lavoro la famiglia farà dei soggiorni all'estero, prima in Bolivia, poi in Europa e in Libano, soggiorni che le permetteranno di conoscere un mondo diverso da quello da lei fino ad allora conosciuto nella casa del nonno. Tornata in Cile, nel 1962 si sposa con Michael Frias, da cui avrà due figli, Paula e Nicolàs. Da questo momento si dedicherà al giornalismo, mestiere che sarà da lei sempre molto apprezzato. Dopo il colpo di stato di Pinochet dell'11 settembre 1973, lascia il Cile nel 1975 trasferendosi a Caracas, in Venezuela, dove rimane fino al 1988. A quell'anno risalgono il divorzio da Frias ed il successivo matrimonio con William Gordon, con conseguente trasferimento in California, dove risiede tuttora, a San Rafael. Ne “Il mio paese inventato” Isabel rivela che “Il piano infinito”parla della vita di suo marito William. Nel 1991 improvvisamente la figlia Paula, a ventotto anni, si ammala di una malattia rara e gravissima, la porfiria, che la trascina in un lungo coma. La madre Isabel non abbandona la figlia per tutto il tempo e rimane al suo capezzale; durante tutto questo tempo comincia a scrivere, raccontando i ricordi della loro vita insieme in una commovente autobiografia. Un anno dopo la scomparsa della figlia, avvenuta nel 1992, la Allende pubblica gli scritti nel libro “Paula” del 1995. Tre anni dopo, nel 1997, raccoglie alcune delle lettere di solidarietà e affetto ricevute da tutto il mondo nel libro “Per Paula”. Come molte altre personalità, nel 2000 ha partecipato alla vasta campagna di sensibilizzazione mondiale "Respect" promossa dall'Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni unite: sulle note dell'omonima canzone di Aretha Franklin, diversi personaggi noti (fra cui, oltre alla stessa Allende, anche il segretario di stato Madelein Albright e il premio Nobel Rigoberta Menchu Tum) hanno cantato e ballato. La campagna ha celebrato allo stesso tempo i primi cinquant'anni di attività dell'agenzia e i 50 milioni di rifugiati che sono riusciti a ricostruirsi una vita nella nuova terra d'adozione. In tempi più recenti Allende si è dedicata alla stesura di una trilogia per ragazzi dedicata ai nipoti: i primi volumi sono stati “La città delle bestie”e “IL regno del drago d'oro”poi ha seguito l'ultimo volume “La foresta dei pigmei”. Il 10 febbrai 2006 ha partecipato alla Cerimonia di apertura dei XX Giochi olimpici invernali di Torino 2006 portando, insieme ad altre sette donne famose, la bandiera olimpica. Nel maggio 2007 è stata insignita a Trento della laurea honoris causa in lingue e letterature moderne euroamericane. È cugina del deputato cileno Isabel Allende Bussi. Nel 2009 pubblica “L'isola sotto il mare”. L'ultimo suo libro è intitolato "Il quaderno di Maya” ed è uscito nelle librerie nel 2011. Nel settembre 2010 è stata insignita con il Premio Nazionale Cileno per la Letteratura. 78 Marcela Serrano Marcela serrano è una scrittrice cilena. Nasce a Santiago del Cile nel 1951. È figlia di due scrittori, la romanziera Elisa Pérez Walker e il saggista Horacio Serrano, ed è la quarta di cinque sorelle, con due delle quali trascorre un anno a Parigi per studiare alla Maison des Ameriques. Nel 1973, a causa del golpe militare, deve lasciare il Cile e si trasferisce a Roma, in Italia.Nel 1977 rientra definitivamente in Cile. Si iscrive alla facoltà di Belle Arti della Pontificia Università Cattolica del Cile, nel 1976, ottenendo il diploma in incisione nel 1983. In seguito lavora in diversi ambiti delle arti visive, vincendo anche un premio del Museo delle Belle Arti, per un lavoro sulle donne del sud del Cile, ma presto abbandona queste attività. Sebbene cominci a scrivere molto presto, pubblica il suo primo romanzo, “Noi che ci vogliamo così bene”, nel 1991.Il romanzo è la rivelazione dell'anno e vince nel 1994 il Premio Sor Juana Inés de la Cruz e il Premio Feria del Libro de Guadalajara e nel 1996 il premio della casa editrice francese Coté des Femmes, come miglior romanzo ispanoamericano scritto da una donna. Nel 1993 pubblica “Para que no me olvides”, che ottiene il Premio Muncipal de Literatura , a Santiago. Nel 1995 scrive in Guatemala “ Antigua, Vita Mia”, e nel 1997 “L'albergo delle donne tristi”. Dopo molte riedizioni dei precedenti romanzi, pubblica il romanzo giallo “Nostra Signora della Solitudine” del 1999, i racconti “Un mundo raro” del 2000, “Quel che c'è nel mio cuore” del 2001, finalista del Premio Planeta 2001 a Barcellona e Arrivederci piccole donne del 2004. Marcela Serrano è una delle figure più rinomate e significative della nuova narrativa del suo paese e dell'America Latina. Ha vissuto in Messico col marito, Luis Maira Aguirre, e le loro due figlie, Elisa e Margarita, poiché il marito è stato ambasciatore del Cile in Messico e Belize fino al 2003; dall'agosto del 2004 è ambasciatore in Argentina. Marcela Serrano. 79 Rigoberta Menchu Tum Rigoberta Menchú Tum nata a Uspàntan il 9 gennaio 1959 è una pacifista guatemalteca, che ha ricevuto nel 1992 il Premio Nobel per la Pace, dato a lei "in riconoscimento dei suoi sforzi per la giustizia sociale e la riconciliazione etno-culturale basata sul rispetto per i diritti delle popolazioni indigene".Il Premio Nobel le è stato conferito in parte per la sua biografia del 1987, “Mi chiamo Rigoberta Menchu”, curata dall'antropologa Elisabeth Burgos. La Menchú sostiene di aver iniziato a lavorare come bracciante agricola migrante all'età di 5 anni, in condizioni che causarono la morte dei suoi fratelli e dei suoi amici. Da adulta, si unì a membri della sua famiglia in azioni contro i militari per i loro abusi dei diritti umani. La violenza la costrinse all'esilio nel 1981. Nel 1991 prese parte alla stesura da parte delle Nazioni Unite di una dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni. Dopo un po' di tempo Rigoberta Menchú è ritornata in Guatemala per lavorare al cambiamento del suo paese. Ella ha inoltre cercato, nel 1999, di far processare in un tribunale spagnolo l'ex dittatore militare Efrain Rios Montt, per crimini commessi contro cittadini spagnoli; tali tentativi sono stati comunque senza esito. In aggiunta alla morte di cittadini spagnoli, le accuse più gravi comprendono il genocidio contro la popolazione Maya del Guatemala. Nel 2002 Rigoberta Menchu è stata insignata della cittadinanza onoraria di Caorle Venezia. Nel 2007, in occasione delle elezioni presidenziali del 9 settembre, si è candidata a capo della sinistra, ricevendo appena il 3% dei voti. Rigoberta Menchu Tum. * Nota negativa: Maria Eva Duarte de Perón è stata un personaggio storico ma anche un personaggio politico di peso negativo nei confronti della popolazione argentina. 80 Maria Eva Duarte de Perón Conosciuta anche con il nome di Evita Perón, nasce a Los Toldos il 7 maggio 1919. Evita è stata una politica argentina. Fu la moglie di Juan Domingo Perón, militare e presidente dell'Argentina dal 1946 al 1955 e dal 1973 al 1974. Di origini benestanti, Evita era l'ultima di cinque figli naturali di un piccolo proprietario terriero, Juan Duarte, e della sua cuoca Juana Ibarguren. Nel 1926, alla morte del padre, per la famiglia iniziò un periodo di ristrettezze economiche che migliorò solo quando Evita conobbe un esponente del partito radicale argentino. La famiglia si trasferì nella cittadina di Junin. All'età di quindici anni Evita se ne andò dalla provincia e si stabilì nella vicina Buenos Aires , dove divenne attrice di radio e cinema, anche grazie all'aiuto del cantante di tango Agustin Magaldi. Eva Duarte de Perón divenne una celebrità dopo il matrimonio con il futuro presidente argentino Perón, sposalizio celebrato il 9 dicembre 1945. Eva lo aveva conosciuto mentre lavorava a Radio El Mundo nel 1944, probabilmente durante una raccolta fondi per le vittime di un terremoto. Juan Domingo Peron era allora agli inizi della sua carriera, ed era rientrato in Argentina dopo un soggiorno di due anni in Italia, dal 1938 al 1940, dove aveva seguito un programma di aggiornamento militare presso il comando delle truppe di montagna a Trento. In questo periodo si dichiarò ammiratore del fascismo e del suo leader, Benito Mussolini, ma non ottenne mai il permesso di trasferirsi a Roma, decidendo anche per questo di ritornare in patria. La loro relazione sentimentale divenne poi anche politica quando Evita, il 17 ottobre 1945 guidò la manifestazione per la liberazione del generale Perón, arrestato per le sue attività contrarie agli interessi militari. Figura politica: Il 17 ottobre 1945 è considerata la data di nascita del peronismo. Fu coniato il termine descamisados (scamiciati) per descrivere i lavoratori che, accampati davanti al palazzo presidenziale in attesa del rientro dal confino del loro leader, Peròn, per il troppo caldo si erano tolti giacca e camicia, contravvenendo alla norma di indossare sempre la giacca in strada. Evita, paladina dei descamisados anche a causa delle proprie umili origini, aiutò e difese sempre il marito facendogli ottenere l'appoggio dei lavoratori e delle donne nelle elezioni del 1946 ed assicurandogli la rielezione nel 1951. Anche se il suo matrimonio non fu sempre sereno, la sua collaborazione al potere presidenziale fu evidente per il suo impegno e alla sua influenza nel programma del governo; la sua attenzione ai problemi sociali si rese manifesta grazie alla Fondazione Eva Peron che era attiva nella promozione della costruzione di strutture come scuole od ospedali. La donna organizzò poi il ramo femminile del Partito Giustizialista che la condusse ad ottenere il suffragio universale nel 1951, entrando nella storia del paese sudamericano come fondatrice dell'Argentina moderna. Gli oppositori di Peron sostennero che Eva avesse incontrato in Svizzera alcuni banchieri per discutere dei propri conti bancari aperti in quel Paese e, in Germania, dei gerarchi nazisti. Non mancarono contestazioni anche dure: in Svizzera, l'automobile scoperta sulla quale Eva Peron viaggiava fu bersagliata da un lancio di pomodori. Il viaggio di ritorno in Argentina si svolse in nave, annullando all'ultimo momento il volo aereo per timore di attentati. Al ritorno in patria, nonostante le ombre proiettate sul viaggio in Europa, fu accolta trionfalmente come la paladina della nuova Argentina nel mondo. Eva Peron tentò di accedere alla vicepresidenza nel secondo mandato del marito con l'aiuto del sindacato Confederación General del Trabajo, ma l'opposizione militare la fece desistere e le fece pronunciare il celebre renunciamiento davanti alla folla: “Renuncio a los honores pero no a la lucha”. In numerosi paesi europei la sua figura venne presa dall'area antagonista definita "destra radicale" come modello di lotta sociale per i diritti delle classi più deboli (in Italia Terza posizione). 81 Morte: Evita Perón morì il 26 luglio 1952, ad appena trentatré anni, dopo una lunga battaglia contro un cancro al collo dell'utero. Le trasmissioni alla radio vennero interrotte con un comunicato: "La Segreteria di Stampa della Presidenza della Nazione compie il penosissimo dovere di informare il popolo della Repubblica che alle ore 20:25 è deceduta la signora Eva Perón, Leader Spirituale della Nazione. I resti della Signora Eva Perón saranno portati domani al Ministero del Lavoro, dove verrà allestita la camera ardente...". Al suo funerale partecipò una moltitudine di persone, ed il suo corpo imbalsamato fu esposto fino al 1955, quando un golpe militare fece espellere il marito dal potere. Il corpo, dopo alterne vicende e segreti passaggi di mano, fu trasportato e interrato in incognito nel 1957 al Cimitero Maggiore (Musocco) di Milano nel campo 86 , dove tutt'oggi al posto dove vi era la tomba, vi e' una lapide commemorativa, col nome fittizio di Maria Maggi de Magistris per poi, nel 1971, essere traslato in Spagna, sede dell'esilio di Perón, che intanto si era risposato con Isabel Martinez Quarta. Qui, dopo averne verificato le non eccelse condizioni (frutto del degrado, della cattiva conservazione e del rocambolesco recente passato), le spoglie furono accuratamente restaurate. Con la reintegrazione del Generale alla presidenza argentina anche il corpo della defunta moglie fu ritrasportato in Sudamerica ed esposto nuovamente. Evita fu sepolta definitivamente nella cappella della famiglia Duarte nel cimetero della Recoleta a Buenos Aires. Influenza culturale: La figura di Evita Peron e la sua vicenda umana, che hanno commosso la fantasia popolare di tutto il mondo nell'immediato dopoguerra, ha ispirato, oltre che numerosi scrittori, anche il mondo della musica e del cinema. La sua immagine divenne di culto nel suo paese tanto che le furono dedicate città, una provincia e la sua autobiografia La razón de mi vida (La ragione della mia vita) divenne testo obbligatorio nel sistema educativo argentino. Evita fa parte anche dell'immaginario politico come emblema della sinistra peronista argentina, invisa alle classi elevate anglofile. Evita Peròn. 1943. 82