La condizione femminile nel mondo

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La condizione femminile nel mondo
Liceo Scientifico Cavour
LA FIGURA FEMMINILE
Lavoro interdisciplinare
classe IIIB
anno 2011-2012
relatrici
Prof.ssa Donato
Prof.ssa Longo
Indice
1. La condizione femminile pag.3-33
2. La donna nell’Arte
pag.34-53
3. La donna nel Mondo
pag.54-81
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LA CONDIZIONE FEMMINILE
a cura di
Tosatti Ginevra
Urciuolo Angelica
Sordi Alain
Cammuso Giulia
Colzi Giacomo
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La condizione femminile si riferisce al complesso di norme, costumi e visioni del mondo che
riguardano il ruolo della donna nella società.
Numerose e diverse culture hanno riconosciuto alla donna capacità e ruoli limitati alla procreazione
e alla cura della prole e della famiglia. L'emancipazione femminile ha rappresentato, negli ultimi
secoli, la ricerca di una uguaglianza formale e sostanziale tra la donna e l'uomo .
NB:All’interno di questo capitolo è stato inserito successivamente un approfondimento sulla donna
etrusca. Per motivi logistici si trova dopo la donna romana e di questo mi assumo io la
responsabilità perché va ricordato che gli etruschi si studiano a cavallo tra i greci e i romani.
Preistoria: Nella preistoria di Homo sapiens la situazione è stata sicuramente variata e
diversificata a seconda delle culture, epoche e luoghi geografici. Partendo da 200 000 anni fa, la
società ha presentato variabili modelli, dal cacciatore di piccole prede e raccoglitore del paleolitico
medio organizzato in piccole unità sociali, attraverso le più numerose società dedite alla caccia dei
grossi mammiferi come mammut e ungulati, fino alle culture stanziali dedite ad agricoltura ed
allevamento dell'età del rame. Attraverso le varie epoche si sono potuti ipotizzare vari schemi
sociali, e secondo alcune teorie anche matriarcato o società con parità di genere come nel caso delle
sei nazioni, formate da popoli ascrivibili al neolitico, ma in nord America giunte alla nostra cultura
in epoca storica, in popolazioni melanesiane, ed altre ancora.
Nell'immaginario, sicuramente supportato da diverse prove, ma non esauriente tutte le situazioni,
mentre l'uomo si dedicava alla caccia le donne si specializzarono nella raccolta di bacche
commestibili, radici e frutti. Si ritiene, in alcune situazioni, che fossero impegnate per gran parte
della loro vita da gravidanze, allattamento e cura della prole, fossero meno mobili e si dedicassero
alla raccolta dei vegetali commestibili e dei piccoli animali.
Alla fine del paleolitico superiore si ritiene che la donna avesse come compito primario quello di
procreare, come si dedurrebbe dal fatto che in alcune sculture (di epoca magdaleniana), vengono
evidenziati gli organi connessi alla riproduzione: a scapito delle altre parti del corpo, il ventre e i
fianchi sono decisamente prominenti, il seno voluminoso. In altri reperti invece, sempre afferenti
alle
veneri
paleolitiche
si
evidenziano
fatture
longilinee.
In alcuni periodi in cui parte dell'umanità viveva allo stato nomade, si suppone che esse fossero
sottomesse al maschio. Secondo altre teorie, almeno alcune società primitive erano invece
matriarcali e, solo in un secondo momento, si sviluppò la supremazia maschile. Non ci sono
sufficienti dati archeologici per convalidare o confutare completamente le teorie.
Età antica: In un primo momento nella civiltà egizia ed in quelle mesopotamiche (Persia,
Assiria, Babilonia) la donna aveva una posizione molto elevata all'interno della società.
In questi luoghi è stato presente anche il matriarcato ma poi, con l'ascesa delle
monarchie militari, persero di prestigio e si iniziarono a formare i ginecei, dai quali le
donne non potevano uscire e dove non potevano vedere nessun uomo ad eccezione degli
eunuchi e del proprio marito.
Grecia arcaica: Nella Grecia omerica la donna veniva rispettata ma esistevano anche numerose
contraddizioni: nell'età di Pericle la donna ricca era tenuta in casa, mentre le donne povere
erano costrette a lavorare e quindi avevano una certa libertà. Le donne non avevano diritti
politici (non potevano quindi votare o essere elette membri dell'assemblea, durante l'età
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delle poleis) e non erano oggetto di legislazione giuridica (una donna non era colpevole, ad
esempio del reato di adulterio, a differenza dell'uomo, perché ritenuta "oggetto del reato").
La donna passava molto tempo a contatto con la madre del marito, nel gineceo, e
quest'ultima aveva un ruolo primario sulla sua educazione.
Nella società greca alle donne era vietato assistere a qualsiasi manifestazione pubblica, oltre che
praticare qualsiasi attività sportiva (ad Atene), mentre a Sparta potevano dedicarsi a sport di tipo
esclusivamente ginnico (danza, corsa, ecc). In occasione dei Giochi olimpici alle donne non era
nemmeno permesso di avvicinarsi al perimetro esterno del santuario, pena la morte. Secondo
un'antica tradizione si diceva addirittura che, se mai una donna avesse praticato una qualche attività
sportiva, grandi sventure sarebbero arrivate in seguito a tutto il genere femminile. Ciò conferma la
condizione di inferiorità a cui era soggetta la donna nella società greca, molto diversa, ad esempio,
dalla condizione di relativa emancipazione di cui godeva la donna nel mondo romano.
In Grecia esistevano le γυναῖκες (mogli) che si dedicavano esclusivamente all'educazione dei figli
legittimi, le παλλακαὶ (concubine) che avevano rapporti sessuali stabili con l'uomo e l'ἑταίρα
(compagna), per il piacere. Esisteva inoltre la πορνή (prostituta), che svolgeva il suo lavoro nelle
strade o nelle case di tolleranza e alla quale spettava l'ultimo "gradino" nella scala sociale. Il
tragediografo Euripide fa dire a Medea, nella sua omonima tragedia:
« ... l’uomo, quando si è stufato di vivere con quelli di casa, se ne va fuori e pone fine alla nausea
che ha in cuore, recandosi da un amico o da un coetaneo. Noi invece siamo obbligate a guardare a
un’unica persona. Dicono che noi trascorriamo la vita senza rischi in casa, mentre loro combattono
con la lancia, ma si sbagliano: vorrei essere schierata in battaglia tre volte, piuttosto che partorire una
sola volta! »
Aristotele affermava inoltre che la donna era inferiore all'uomo in quanto aveva cervello più piccolo
e che la donna era un maschio mutilato.
Roma antica: A Roma la donna era considerata quasi pari all'uomo: entrambi i genitori avevano
pari obblighi nei confronti dei figli e la donna poteva accompagnare il marito ad una festa,
a patto che mangiasse seduta e non sdraiata come era norma per gli uomini.
Non mancarono tuttavia le limitazioni poste dal diritto romano alla capacità giuridica delle donne:
esse non avevano lo ius suffragii e lo ius honorum, ciò che impediva loro di accedere alle
magistrature pubbliche. Nel campo del diritto privato era inoltre negata alle donne la patria potestas,
prerogativa esclusiva del pater, e conseguentemente la capacità di adottare. Il principio è espresso
per il diritto classico dal giurista romano Gaio nelle sue Istituzioni: Feminae vero nullo modo
adoptare possunt, quia ne quidem naturales liberos in potestate habent ("Le donne non possono
affatto adottare, perché non hanno potestà neanche sui figli naturali"). Sempre da Gaio apprendiamo
che alle donne, con l'eccezione delle Vestali, non era consentito in epoca arcaica di poter fare
testamento. Tale ultima limitazione venne però abrogata già in epoca repubblicana.
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APPROFONDIMENTi
La condizione femminile nella Roma arcaica
La donna ha sempre occupato nella società romana una condizione di netta inferiorità.
A differenza dell’antico Egitto, nella Roma arcaica una figlia, ancora giovanissima (puella,
che è diminutivo di puera, ragazza), poteva essere promessa in sposa o fidanzata
(sponsalia) a un giovane, ovviamente scelto dal pater familias; anche contro la propria
volontà questo rito era giuridicamente valido; consisteva in un vero e proprio impegno,
perseguibile in caso di inadempimento, che vincolava la donna ad una sorta di fedeltà prematrimoniale nei confronti del futuro sposo. Il matrimonio si perfezionava con il
trasferimento della donna dalla famiglia paterna a quella del marito. All’età di dodici anni la
donna era riconosciuta come viripotens, cioè in grado di sposarsi.
La forma più completa del matrimonio è quella detta confarreatio, dal panis farreus, un
pane preparato con l’antico cereale, il farro, che viene mangiato dagli sposi, appena entrati
nella nuova casa. Accanto a questo rito di matrimonio, sempre seguito dal patriziato, si
hanno altre due forme meno solenni: la coemptio, una vendita simbolica con la quale il
padre cede la figlia allo sposo mediante un compenso pecuniario, e l’usus, una specie di
sanatoria di una condizione di fatto, per cui diventa moglie la donna che abbia abitato con
un uomo per un anno intero senza interruzione di tre notti consecutive. Con questi due
ultimi modi si raggiungono le iustae nuptiae, dando al marito quel diritto di protezione e di
tutela. Risulta evidente che la donna fosse considerata quasi alla stregua di un oggetto.
Entrambi i genitori avevano, però, pari obblighi nei confronti dei figli e la donna poteva
accompagnare il marito ad una festa, a patto che mangiasse seduta e non sdraiata come
era norma per gli uomini.
Non mancarono tuttavia le limitazioni poste dal diritto romano alla capacità giuridica delle
donne: esse non avevano lo ius suffragii e lo ius honorum, ciò che impediva loro di
accedere alle magistrature pubbliche.
Nel campo del diritto privato era inoltre negata alle donne la patria potestas, prerogativa
esclusiva del pater, e conseguentemente la capacità di adottare.
Il principio è espresso per il diritto classico dal giurista romano Gaio nelle sue Istituzioni:
Feminae vero nullo modo adoptare possunt, quia ne quidem naturales liberos in potestate
habent ("Le donne non possono affatto adottare, perché non hanno potestà neanche sui
figli naturali"). Sempre da Gaio apprendiamo che alle donne, con l'eccezione delle Vestali,
non era consentito in epoca arcaica di poter fare testamento.
Tale ultima limitazione venne però abrogata già in epoca repubblicana.
In Grecia esistevano le γυναῖκες (mogli) che si dedicavano esclusivamente all'educazione
dei figli legittimi, le παλλακαὶ (concubine) che avevano rapporti sessuali stabili con l'uomo
e l'ἑταίρα (compagna), per il piacere. Esisteva inoltre la πορνή (prostituta), che svolgeva il
suo lavoro nelle strade o nelle case di tolleranza e alla quale spettava l'ultimo "gradino"
nella scala sociale.
Terenzio, autore notevolmente famoso del II secolo a.C., rivoluziona la visione della
prostituta in una sua opera: l’Hecyra.
L'interesse dell'Hecyra è legato soprattutto alla presenza di due maschere femminili
decisamente controcorrente: la suocera e la cortigiana.
Il primo profilo anticonformista è quello della madre di Panfilo, Sostrata: la donna, a
differenza delle altre suocere della Commedia Nuova e della palliata latina, caratterizzate
da una forte rigidità e dall'egoistica tendenza a intromettersi nella vita dei figli, si dimostra
invece capace di rinunciare ai suoi affetti più cari, pur di favorire la felicità della giovane
coppia. Ormai giunta ad un'età in cui la malinconia può trovare un qualche conforto nel
riconoscimento delle virtù di tutta una vita, rinuncia perfino a difendersi dalle false accuse
che le vengono rivolte, in nome dell'amore che porta al figlio e alla nuora. Ancora più
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innovativo è, appunto, il personaggio della cortigiana Bacchide, la quale si contrappone
allo stereotipo della cortigiana, agendo addirittura contro i propri interessi, perché
sinceramente affezionata a Pànfilo e desiderosa della sua felicità.
Altro autore di particolare rilievo che fa un ritratto di donna è Catullo.
Catullo chiama Clodia (la sua amata) con lo pseudonimo "Lesbia", il quale contiene una
evidente allusione alla poetessa Saffo e al suo mondo.
L'amore per Lesbia assorbì e condizionò l'esistenza del poeta, passando per varie fasi:
dalla beatitudine estatica dei primi tempi al disprezzo e alla disperazione più profonda,
attraverso separazioni e riconciliazioni molteplici; queste vicende rendono la poesia di
Catullo ancora più drammatica e sofferente, nonché profondamente personale.
La profonda disapprovazione della società nei confronti di tale rapporto non è dato tanto
dal fatto che Clodia sia già sposata, anche se ciò andava contro le leggi dello Stato,
quanto dalla considerevole differenza di età tra i due.
Catullo pone al centro dell'esistenza l'amore, una passione fondata sul rispetto reciproco
del foedus, patto sacro ed inviolabile basato sulla fides (fedeltà) e garantito dalla
protezione degli dei.
Solo in questo reciproco impegno amoroso possono essere conciliate due forme d'amore
tradizionalmente separate dalla società romana: la passionalità erotica (amare),
caratteristica delle relazioni extraconiugali occasionali, ed il tenero affetto (bene velle),
sentimento serio e più duraturo tipico degli affetti familiari.
Solo questo patto garantisce secondo il poeta la completezza psicologica e affettiva.
Catullo non rinnega, ma trasporta nell'eros i valori più sacri della tradizione etico-religiosa
romana: la pietas, cioè la virtù di chi adempie scrupolosamente ai propri doveri, e la fides,
il vincolo morale che impone il rispetto dei patti; quindi la concezione di Catullo diverge
totalmente da quella greca che considerava l'amore come una forza della natura (physis)
che si sottrae alla legge degli uomini (nòmos).
Presto però, nel suo rapporto con Clodia, il poeta si rende conto dell'irrimediabile
fallimento del suo progetto: l'amata non è disposta a rispettare il foedus e la sua indegna
condotta, i suoi tradimenti, portano alla distruzione del bene velle, del puro affetto,
rinforzando però il desiderio sensuale (amare).
Come l'amore, anche l'amicizia è foedus ed esige la stessa intensità affettiva; Catullo
arriva a scagliare pesanti invettive contro chi non rispetta tale patto, esattamente come
contro Lesbia.
L'angoscia per la mancata osservanza del foedus nel poeta è data anche dalla coscienza
del fatto che egli lo ha sempre rispettato nei confronti degli altri.
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La donna nell'antica Roma
Nella Roma antica, la donna aveva poco rilievo nella società, nonostante svolgesse un ruolo attivo
nell'ambito domestico. Col passare dei secoli ottenne sempre maggior emancipazione. La
posizione di netta inferiorità nei suoi riguardi fu per secoli imposta prima dal pater familias e poi,
una volta sposata, dal marito. Era proprio il pater familias che riconosceva la figlia dall'età di dodici
anni in poi, come virpotens, cioè in grado di sposarsi. Il matrimonio dunque conocrdato dalla
famiglia veniva inteso come un vincolo contrattuale della famiglia. Su poco se non nulla, influiva il
parere della famiglia, fatto sta che lascelta di non sposarsi era ritenuta a quell'epoca, poco
dignitosa. La formula ufficiale del matrimonio romano sottolineava la finalità sociale: "Liberum
quaesundum causa" ossia "Per avere figli". Dopo la celebraione del fidanzamento, sponsalia,
avveniva il matrimonio vero e proprio. Tre erano le modalità cerimoniali: conferreatio che
prevedeva la la dextearum incutio e la consumazione di un dolce; coemptio che consisteva in un
simbolico acquisto di un bene, proprio come comprare la sposa; e usus, secondo la concezione
della donna vista come un bene dell'uomo che "tenuto" da almeno più di un anno diveniva
proprietà legittima dell'uomo. Da queste tre modalità di celebrazione matrimoniale risulta evidente
che la donna venisse appunto considerata quasi alla stregua di un oggetto. A completare quelli
che erano i divieti per la donna, anche l'esclusione dai dirittti politici e l'impossibilità di ricorrere al
divortium o al ripudio, decisione riservata solo al marito. L'uomo inoltre aveva il diritto di punire la
propria moglie per vari comportamenti illeciti: come l'adulterio, scontato con la pena di morte per
inedia nel carcere domestico; o bere vino, che equivaleva a far entrare in sè un principio estraneo,
proprio come ea l'adulterio appunto. Uno dei valori attribuiti alla fertilità femminile consisteva nella
concessione del ventre, per cui l'uomo cedeva in prestito la propria moglie ad amici, e la nascita di
un figlio serviva a risaldare l'amicizia tra i due uomini. Il mos maiorum dunque definisce la donna
ideale come lanifica, casta, virtuosa, pia, univira, proba e fedele. Epigrafi funenarie, testi letterari,
manifatti delle arti figurative offrono ampie testimonianze sul ruolo sociale della donna, in
particolare della moglie nella civiltà latina. Tra le prime testimonianze abbiamo passi della
commedia arcaica. Nell' Hecyra di Terenzio abbiamo due figure esemplari di mogli, che quasi
careggiano fra loro: la giovane Filùmena, discreta e sottomessa, che sa sopportare i torti del marito
e salvaguardarne l'onore; mentre Sòstrata, oggetto di incomprensione da parte del marito, non
deflette dalla sua linea di comportamento onorevole veso tutti i familiari. Terenzio ricerca il
realismo psicologico e per ottenerlo è necessario mettere in scena persone comuni che si
esprimono in un contesto verosimile, c'è quindi un abbandono degli stereopati in modo tale che,
anche la figura della prostituta, diverrà un personaggio spicologicamente complesso. Bacchide
nell'Hecyra, è forse il pesonaggio più rappresentativo del crocivia terenziano di tradizione e
innovazione. Come si conviene a una cortigiana, Bacchide è bella e desiderabile, mentre la sua
nobiltù d'animo è una dote del tutto eccezionale in una "meretrix". La Bacchide terenziana ha
orizzonti più vasti del gretto utilitarismo: è capace di sentimenti, di credere in valori importanti come
l'amicizia, l'affezione e la riconoscenza. Con Catullo invece si torna alla più comune visione della
donna colta e bellissima ma al contempo spregiudicata, dunque dimenticata dalla tradizione di
pudicizia imposta dal mos maiorum. Lesbia, pseudonimo di Clodia, scelto da Catullo per rendere
omaggio alla poetessa Saffo, di fatto nonostante fosse sposata, intratteneva una relazione per
nulla platonica con Catullo. Da una parte Lesbia viene descritta come la donna ideale, protagonista
di un amore intenso sia mentalmente che fisicamente, dall'altra parte nei momenti di crisi, ove
Lesbia assumeva una posizione di predominanza assoluta, viene descritta dal poeta in modo
disincantato, con gli occhi dell'amante deluso. Catullo è l'emblema dell'uomo che entra nella
verticosa spirale di un amore difficile, per di più con una donna come Lesbia, per la quale egli
prova una sorta di attrazione fatale. Duplice difesa assunse Cicerone con l'orazione "pro Caelio", a
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difesa di Celio Rufo. Cicerone accusò Clodia in quanto amante di Rufo e di Catullo e prima ancora
in quanto sorella di Clodio, colpevole del suo esilio. Cicerone prospetta di lei un'immagine a tinte
fosche da rendere inoffensive le peggiori invettive di Catullo. La definiva col nome di
"Clitemnestra", sinonimo di assassina. (Clitemnestra aveva ucciso il marito Agamennone per
vendicarsi del sacrificio della figlia Ifigenia). Ancor più ora designata come una donna di poco
valore, da quanttro soldi, una quadrantaria. Clodia si comportava, si vestiva e parlava come una
prostituta. Era indiscutibile come Clodia di fosse allontanata molto dal modello femminile che gli
esempi antichi continuavano a propagandare, fatto già pe sè di gran colpa. Su queste accuse solo
un buon oratore come Cicerone seppe difendere fino alla dovuta assoluzione dal processo.
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La donna nella società etrusca
La donna nella società etrusca, diversamente dalla donna greca e in parte anche dalla donna romana,
non si occupava solo delle attività domestiche.
La rilevanza sociale della donna etrusca trova significative conferme nella documentazione
archeologica e nelle storiografia latina e greca.
Nelle iscrizioni, la donna etrusca, al pari dell'uomo, appare fornita di formula onomastica bimembre
- nome individuale o prenome + nome di famiglia o gentilizio - a partire dal VII secolo a.C. (ad
esempio su di un'olla di bucchero da Montalto di Castro, della fine del VII secolo a.C. si legge "mi
ramunthas kansinaia" = "io (sono) di Ramuntha Kansinai", mentre su un vaso da Capua del V
secolo a.C. si trova scritto "mi culixna v(e)lthura(s) venelus" = "io (sono) il vaso di Velthura
Venel"). Come noto le donne romane erano invece individuate col solo nome gentilizio.
Nell'epigrafia etrusca, inoltre, relativamente ai figli, si registra accanto alla menzione del
patronimico, anche quella del matronimico (ad esempio a Tarquinia sul sarcofago della Tomba dei
Partunu, datata al III secolo a.C., si legge "Velthur, Larisal clan, Cucinial Thanxvilus, lupu aviils
XXV" = "Velthur, di Laris figlio, (e) di Cuclnei Thanchvil, morto di anni 25"). Questa tradizione
viene mantenuta in terra d'Etruria anche durante la prima età imperiale, come attestato da numerose
iscrizioni latine (prevalentemente a Chiusi, Perugia e Volsinii).
La donna, inoltre, continuava a portare il proprio patronimico o il proprio nome anche da sposata
(ad es. su di un sarcofago da Tarquinia del V-I secolo a.C. si legge "Larthi Spantui, figlia di Larc
Spantu, moglie di Arnth Partunu"). Per quanto si desume dalle iscrizioni di possesso su oggetti (vasi
anche da simposio, statuette, fibule, ex voto) la donna, fin dal periodo orientalizzante, risulta, al pari
dell'uomo, titolare di diritti reali: in qualche caso la donna risulta destinataria del dono (su un vaso
del VI secolo a.C. si legge "mi(ni) aranth ramuthasi vestiricinala muluvanice" = "mi donò Aranth a
Ramutha Vestiricinai"), in altri è la donna stessa a disporre di un proprio bene (ad es. su una fibula
d'oro del 650 a.C. si legge "mi velarunas atia" = "io (sono) della madre di Velaruna").
Le iscrizioni di possesso femminile su oggetti d'uso, sotto un diverso profilo, dimostrano come la
donna, nei ceti alfabetizzati (aristocratici, ma anche scribi e vasai), sapeva leggere e scrivere. La
donna etrusca risulta titolare di tombe, sarcofagi e urne, così come mostrato dalle relative iscrizioni
femminili o da coperchi di sarcofagi e urne con rappresentazione di recumbenti femminili. Si
segnala inoltre il rinvenimento, in non pochi casi, di corredi pertinenti a deposizioni femminili di
particolare rilevanza quantitativa e qualitativa (ad es. i corredi di "Culni" della Tomba dei Vasi
Greci di Caere databile alla fine del VI secolo o all'inizio del V secolo a.C. e di "Larthia" della
Tomba Regolini Galassi di Caere del 650 a.C.): l'importanza del corredo attesta chiaramente il
prestigio sociale e la ricchezza della defunta.
Si ritiene che la donna fosse anche titolare di attività economiche: alcune iscrizioni arcaiche
("Kusnailise" su ceramica e "Mi cusul puiunal" su tegola di prima fase) ed ellenistiche (dei bolli
volsiniesi con l'iscrizione "Vel numnal") sono da interpretare come firma della proprietaria della
bottega. Dall'attribuzione da parte di Tito Livio (Storie, I, 34 e 39) a Tanaquilla (moglie del re
etrusco di Roma Tarquinio Prisco) di capacità divinatorie («esperta qual era, come lo sono di solito
gli etruschi, nell'interpretazione dei celesti prodigi») si desume che anche le donne dell'aristocrazia
potevano interpretare i segni degli dèi.
La possibile esistenza di classi di sacerdotesse in Etruria è stata sostenuta da Massimo Pallottino
(Studi Etruschi 3, 1929, p. 532) con riferimento al termine "hatrencu" (ad es. "Murai Sethra
hatrencu" = "Sethra Murai, la sacerdotessa" su parete della Tomba delle Iscrizioni di Vulci del III-I
secolo a.C.) e da Mauro Cristofani (Studi Etruschi 35, 1980 p. 681) con riferimento a "tameru". Che
la donna potesse avere un ruolo anche in certe pratiche religiose è possibile ipotizzarlo attraverso
l'analisi di alcuni sarcofagi, come quello di Londra al British Museum con defunta sdraiata e
cerbiatto che si abbevera (Tarquinia - IV secolo a.C.). Il Trono della tomba 89/1972 a Verucchio, in
provincia di Rimini, mostra, nella parte bassa, un uomo e una donna di altissimo rango trasportati in
corteo, su carri imponenti, verso un luogo recintato e all'aperto dove si svolge un rito, forse un
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sacrificio, gestito da due sacerdotesse alla presenza di guerrieri armati di elmo e lancia, e nella parte
alta numerose donne intente a varie attività, tra cui quella del lavoro su alti e complessi telai.
Viene riferita un'epigrafe (su sepolcro da Tarquinia del IV-III secolo a.C.) che attesterebbe
addirittura una donna magistrato: “il giudice Ramtha è stata moglie di Larth Spitus, è morta a 72
anni, ha generato 3 figli” (Arnaldo d'Aversa, La Donna Etrusca, p. 57; Paolo Giulierini in
Archeologia Viva - luglio-agosto 2007 p. 58 - Le (discusse) donne d'Etruria).
Aristotele (IV secolo a.C.) afferma che «gli Etruschi banchettano con le loro mogli, sdraiati sotto la
stessa coperta» (Fragm. 607 Rose). L'iconografia etrusca (cfr., ad es., il Sarcofago cd. degli Sposi
da Caere del VI secolo a.C., esposto al Museo di Villa Giulia in Roma; le pitture della Tomba dei
Leopardi del V secolo a.C. e della Tomba della Caccia e della Pesca del VI secolo a.C. di Tarquinia;
l'Urna cd. degli Sposi Anziani del II-I secolo a.C., esposta al Museo Guarnacci in Volterra) in effetti
dimostra che le donne dell'aristocrazia partecipavano ai banchetti, sdraiate accanto agli uomini o
sedute su un trono a fianco del letto, e tale partecipazione ne denota il ruolo nella società. Per
converso deve essere ricordato che in Grecia le uniche donne ammesse ai banchetti erano le etere
(prostitute). La partecipazione delle donne ai banchetti con gli uomini fu oggetto di pesante censura
in termini di immoralità da parte degli autori greci (in particolare Teopompo, scrittore della metà
del IV secolo a.C.); tale opinione fu in parte determinata da un atteggiamento di incomprensione,
dovuto al ben diverso ruolo sociale attribuito alla donna greca specialmente nel periodo classico, ed
in parte all'ostilità verso un popolo nemico che in passato aveva a lungo contrastato i greci.
Il ritrovamento in deposizioni femminili (per quanto è dato desumere dai relativi corredi) di coppie
di morsi di cavallo (a Bologna, Veio) e di carri (a Veio, Marsiliana, Vetulonia...) sottolinea il
prestigio ed al tempo stesso la libertà di movimento delle donne dell'aristocrazia etrusca. La
partecipazione della donna etrusca a manifestazioni pubbliche è testimoniata dalle pitture della
tomba Tarquinese delle Bighe (fine VI secolo - primi V secolo a.C.). In un fregio che corre su tutte
e quattro le pareti della camera funeraria sono raffigurate varie gare sportive: lotta, pugilato, salto,
lancio del disco, lancio del giavellotto, corsa di bighe. Il pubblico, seduto su quattro tribune (poste
agli angoli delle parete di fondo con quelle laterali), è rappresentato da uomini e donne (matrone
con velo e giovinette con tutulus). Nella tribuna raffigurata sulla parete destra, in particolare, una
matrona con velo (forse una sacerdotessa) è rappresentata in prima fila e due giovinette, più
arretrate, assistono ai giochi tra degli uomini. La matrona con un gesto solenne sembra dare inizio
alla gara delle bighe.
Il commediografo latino Plauto (III-II secolo a.C.) allude, attraverso le parole dello schiavo
Lampadione, all'uso diffuso tra le donne etrusche di prostituirsi per procurarsi la dote (Cistellaria
296-302): "Io ti chiamo per ricondurti tra le ricchezze, e sistemarti in una doviziosa famiglia, dove
avrai da tuo padre ventimila talenti per dote. Perché la dote non la debba fare qui da te, seguendo la
moda etrusca, prostituendo vergognosamente il tuo corpo!". Anche per il riferimento alla
prostituzione che sarebbe stata praticata dalle donne etrusche valgono le considerazioni già svolte a
proposito della partecipazione femminile ai banchetti a proposito degli autori greci. Sappiamo
semmai da fonti storiche (Gaio Lucilio - II secolo a.C.) fa riferimento a "le cortigiane di Pyrgos":
apud Servio, Ad Aeneid., R, 164), ed in parte anche archeologiche, che in Etruria la prostituzione
veniva praticata nella sua forma più "nobile": la prostituzione sacra (diffusa in Siria, Fenicia, Cipro,
Corinto, Cartagine, Erice). Il santuario del porto di Pyrgi (odierna Santa Severa) era costituito da
due templi principali, uno greco e uno tuscanico più recente, racchiusi da un recinto sacro che lungo
un lato presentavano tante piccole cellette che forse servivano appunto per la prostituzione sacra.
Come noto, le prostitute sacre offrivano se stesse ai pellegrini e ai viaggiatori per sostenere le spese
del tempio ed incrementarne le ricchezze.
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La Donna Etrusca
La struttura della famiglia etrusca non era dissimile da quella delle società greca e romana. Era, in
altre parole, composta dalla coppia maritale, padre e madre, spesso conviventi con i figli ed i nipoti,
tale struttura è riflessa dalla dislocazione dei letti e delle camere nella maggior parte delle tombe.
Merita però attenzione la condizione sociale della donna che, a differenza del mondo latino e greco,
godeva di una maggiore considerazione e libertà, sia nell’ambito religioso sia in quello politicoculturale. Questo era però scandaloso per i Romani, che non esitarono a bollare quest’eguaglianza
come indice di licenziosità e scarsa moralità da parte delle donne etrusche. Per loro, dire "etrusca"
ad una donna, era sinonimo di "prostituta".
Ma la condizione sociale della donna nella civiltà etrusca era veramente unica nel panorama del
mondo mediterraneo, e forse ciò derivava dalla diversa stirpe dei popoli: pre-indoeuropei gli
etruschi, indoeuropei latini a greci.
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La Donna nella Vita Politica-Culturale
A differenza delle donne greche, che vivevano sottomesse al marito e passavano la maggior parte
della loro vita chiuse in casa, le donne etrusche avevano il diritto di partecipare a tutti gli eventi
pubblici, ai banchetti sedevano in compagnia dei loro uomini su letti conviviali, brindavano assieme
agli ospiti, potevano vestire in modo spregiudicato, erano tenute in gran considerazione dal marito
e, cosa molto importante, venivano istruite.
I mariti romani al massimo, quando lo facevano, scrivevano sulle tombe della loro sposa "domum
servavit", che, in poche parole, voleva dire: é stata una "buona servetta della mia casa".
Inoltre il nome delle donne era preceduto dal cognome, mentre una donna romana, per quanto
illustre, era sempre soltanto una Claudia, una Cornelia e, anche se imperatrice, una Livia. Le donne
etrusche, invece, erano individuate con un cognome che assicurava loro una personalità all'interno
della famiglia. Inoltre, mentre la forma latina menziona solamente il cognome del padre, l'epigrafia
etrusca vi aggiungeva anche il nome della madre.
Queste usanze, nella loro singolarità e persistenza, ci offrono un indizio della particolare posizione
della donna nella famiglia e nella società etrusca. Diremmo, oggi, una donna emancipata, in altre
parole autonoma ed indipendente.
La donna etrusca invece "esce" molto, ha un'importanza a livello politico e anche amministrativo,
vive cioè pienamente la vita della famiglia e della società. Esse non godono soltanto di una
grandissima libertà a confronto delle donne romane, ma all'interno della società civile adempiono
anche una funzione addirittura preponderante. A testimonianza non vi sono solo esempi storici di
donne particolarmente in vista nelle vicende politiche, ma anche esempi archeologici che ci
mostrano l'importanza che la donna ha nelle tombe etrusche: prima di tutto nella posizione e poi
anche nella scelta dell'arredamento.
In conclusione, la donna etrusca viveva tutta l'attività della sua società, occupando un ruolo di vero
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privilegio, investita quasi da un'autorità sovrana: é lei l'artista, la donna colta, curiosa delle
preziosità dell'ellenismo e promuove la civiltà e la cultura del proprio paese, ed infine é venerata
nella tomba come fosse una dea. Fatto curioso è che nei ritratti dei coperchi delle urne, sono
rappresentate in un realismo straordinario: non evitano di mostrare crudamente i segni della
vecchiaia, la riproduzione accurata dei difetti fisici, o la bruttezza del proprio viso. Si fanno ritrarre
fedelmente; ci tengono a rimanere se stesse; indubbio segno di un forte carattere.
La Donna nella Vita Religiosa
Nella storia della nostra penisola la civiltà etrusca fu l’ultima che permise alle donne l’accesso al
mondo della religione e del culto, conferendo loro anche la massima autorità spirituale nella
gerarchia riposta al culto.
Nel mondo etrusco il principio femminile fu venerato nelle figure di molteplici dee. La principale
dea etrusca fu probabilmente UNI, dalla quale derivò la romana IUNO, Giunone. Per gli etruschi
Uni fu la Grande Madre, la generatrice universale, la protettrice delle partorienti, la dispensatrice
del potere materno e nutritivo destinato alle creature viventi per la loro prosperità e crescita. Uni
corrisponde all’archetipo della madre, la donna quale creatrice e origine del creato.
Con l’avvento di Roma e della sua civiltà patriarcale, le donne furono via via estromesse da ogni
carica e diritto superiore, fino a che il Cristianesimo arrivò a negare la loro possibilità di avere
un’anima, confinandole al ruolo marginale di creature inferiori.
L‘Abbigliamento
L'abbigliamento degli Etruschi richiama dal VI secolo a.C. quello dei Greci. Gli uomini
indossavano tipicamente una tunica corta o un giubbetto, con un mantello gettato sopra le spalle.
Le donne e gli anziani usavano una tunica lunga fino ai piedi. Tra l'abbigliamento femminile
troviamo anche gonne, casacche, corpetti.
Le calzature più comuni erano sandali, stivaletti alti e una caratteristica scarpa con la parte anteriore
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a punta e rivolta verso l'alto.
Il copricapo più diffuso era una calotta di lana, ma ne esistevano di molte fogge: a punta, conici, a
cappuccio, a falde larghe; spesso identificavano l'appartenenza di coloro che li portavano ad una
precisa classe sociale.
Dal V secolo gli uomini, che precedentemente usavano portare la barba, incominciarono a radersi il
volto e tenere i capelli corti.
Le donne ricorrevano alle più svariate acconciature, e amavano schiarirsi i capelli. Di notevole
fattura i di bronzo, argento, oro, che rivelano l'alto livello raggiunto dalla metallurgia presso gli
Etruschi.
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Medioevo: Con l'arrivo dei barbari Franchi e Longobardi in Italia, la condizione della donna
peggiora. Essa è infatti un oggetto nelle mani del padre, finché questi non decida di venderla ad un
uomo. Il Cristianesimo medioevale impose la sottomissione della donna all'uomo, ma la
considerò importante in quanto doveva crescere spiritualmente i figli. Con l'inquisizione alcune
donne vennero ritenute rappresentanti del Diavolo sulla Terra (le streghe), capaci di trarre in
inganno l'uomo spingendolo al peccato in qualsiasi modo. Tuttavia, dopo il 1000, con l'avvento del
dolce stil novo, la donna venne angelicata e considerata un tramite tra Dio e l'uomo.
La storia delle donne e degli uomini dei secoli successivi al medioevo rappresenta la culla della modernità.
Nel periodo immediatamente successivo al Medioevo si assiste ad un progressivo miglioramento della
condizione femminile che porterà nel corso dei secoli ad una lenta evoluzione in senso liberale, che culmina
nella rivoluzione francese, i cui ideali sono alla base dell'attuale situazione, in campo sociale, della donna. La
cultura umanistica diede infatti alla donna la possibilità di aggirare alcuni limiti che il contesto sociale
imponeva.
Elemento vitale della cultura umanistico-rinascimentale fu l'affermazione della "hominis dignitate" (la
dignità dell' uomo). Sotto l'influenza intensa ed estesa delle idee umaniste furono molti gli intellettuali laici
che cominciarono a propugnare l'idea della pari dignità tra uomo e donna.
Inoltre la vita religiosa diviene un tramite di espressione fondamentale per le donne della prima età
moderna. Infatti se le donne con l'età moderna perdono in status, potere e visibilità rispetto al Medioevo,
acquistano però carisma religioso, fino a che non arrivano più rigorosi controlli ecclesiastici tesi a colpire
quando una donna <<pretende essa stessa di farsi tramite fra Dio e gli uomini e financo Dio e i preti>>
Età contemporanea
Rivoluzione francese: Nelle insurrezioni le donne lottano a fianco degli uomini. Sono presenti
il 14 luglio 1789 (presa della Bastiglia) e il 10 agosto del 1792 (assalto alle Tuileries).
Nell' ottobre 1789 sono le prime a mobilitarsi e a marciare su Versailles, seguite nel
pomeriggio dalla guardia nazionale. Quando la guerra porta gli uomini al fronte sono loro
a sostituirli nelle fabbriche e nei laboratori con un salario minimo e inferiore a quello dei
maschi. Non possono votare né essere elette, sono totalmente escluse dalla vita politica e
dalle assemblee. Ma le donne non si arrendono e chiedono di essere arruolate nell'esercito
per difendere la propria patria. L'assemblea legislativa, a cui si sono rivolte, gli ride in
faccia, segno che, naturalmente,fa capire che non possono. Ma centinaia e centinaia di
donne riescono a partire e a marciare verso il fronte.
Nel 1793 le repubblicane di Parigi chiedono che a tutte le donne sia fatto obbligo di portare la
coccarda simbolo della rivoluzione e diritto alla cittadinanza. La convenzione approva, ma gli
uomini hanno paura che poi chiedano anche il berretto frigio e le armi. Inoltre gli uomini trovano
insopportabile che gli stessi diritti possono essere estesi anche alle donne e pensano che debbano
ritornare alle faccende domestiche e non immischiarsi nella guerra.
Epoca vittoriana: La condizione delle donne nell'era Vittoriana è spesso vista come l'emblema
della discrepanza notevole fra il potere e le ricchezze nazionali dell'Inghilterra e l'arretrata
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condizione sociale. Durante il regno della regina Vittoria, la vita delle donne divenne
sempre più
difficile a causa della diffusione dell'ideale della "donna angelo", condiviso dalla maggior parte
della società. I diritti legali delle donne sposate erano simili a quelli dei figli: esse non
potevano votare, citare qualcuno in giudizio né possedere alcuna proprietà.
Inoltre, le donne erano viste come esseri puri e puliti. A causa di questa visione, i loro corpi erano
visti come templi che non dovevano essere adornati con gioielli né essere utilizzati per sforzi fisici o
nella pratica sessuale. Il ruolo delle donne si riduceva a procreare ed occuparsi della casa. Non
potevano esercitare una professione, a meno che non fosse quella di insegnante o di domestica, né
era loro riconosciuto il diritto di avere propri conti correnti o libretti di risparmio. A dispetto della
loro condizione di "angeli del focolare", venerate come sante, la loro condizione giuridica era
spaventosamente misera.
Prima guerra mondiale:
Il primo traguardo importante è il conseguimento del diritto di voto per il quale si batterono le
suffragette. In seguito ai conflitti mondiali le donne, che avevano rimpiazzato i molti
uomini mandati al fronte sul lavoro, ottennero maggiori ruoli in società e possibilità
lavorative fuori dalla famiglia.
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La condizione femminile nel mondo
Paesi occidentali industrializzati:
Le donne si sono battute per sostenere cambiamenti nel campo del diritto, dal voto all'IVG, dal
divorzio alle leggi in materia di violenza sessuale. Le conquiste femminili nel mondo occidentale si
sono tradotti in maggiori diritti e in un divario meno ampio tra i sessi. Malgrado questo, nemmeno
nel mondo occidentale è stata raggiunta un'effettiva parità.
La violenza sulle donne è una piaga presente tutt'oggi anche nei paesi occidentali.
In base ad un'indagine dell'Unicef, tra il 10 e il 20% delle donne in Europa ha subìto violenza.
Paesi in via di sviluppo:
In alcune zone dell'Africa orientale è particolarmente diffusa la cruenta pratica dell'infibulazione
che viene inflitta alle bambine.
In molte zone rurali dell'Asia avviene tuttora la soppressione dei neonati di sesso femminile e anche
l'aborto dei feti femminili.
Situazione in Italia:
La condizione femminile in Italia comincia a migliorare verso la metà del XX secolo, quando,
secondo alcune fonti, il movimento delle suffragette ottenne il suffragio femminile.
Quest'ultimo venne infatti riconosciuto solo nel 1945 con un decreto di Umberto di Savoia, ultimo
re d'Italia. Nel dopoguerra, all'Assemblea Costituente vennero elette 21 donne. La spinta femminile
per l’emancipazione diminuì con il raggiungimento del diritto al voto, nel 1946 per poi rafforzarsi a
partire dagli anni '60.
Si rafforza il movimento femminista che rivendicò gli stessi diritti degli uomini nella famiglia, nel
lavoro e nella società. Grazie a questi movimenti,oggi, gli uomini e le donne italiane godono degli
stessi diritti.
In Italia, a livello giuridico, le donne hanno pari dignità sociale e uguali diritti rispetto al genere
maschile. Tali principi sono garantiti dall’articolo tre della Costituzione.
La scolarizzazione femminile, nel primo decennio del XXI secolo, ha raggiunto livelli molto
elevati. In particolare nelle nuove generazioni (dai 15 ai 40 anni) le persone di sesso femminile che
dispongono di un titolo di studio superiore o uguale all'esame di maturità sono il 53%, contro il
45% di quelle di sesso maschile.
Le donne rappresentano inoltre il 65% dei laureati. Attualmente le donne hanno maggiore accesso, e
agevolazioni nel mondo del lavoro alla fine del percorso di studi (laurea). Inoltre, le giovani donne
che decidono di essere single raggiungono posizioni dirigenziali in percentuale pari ai colleghi
uomini nelle medesime condizioni.
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Il tasso di disoccupazione femminile in Italia è più elevato (circa 4% Istat, 2005) di quello maschile.
Il tasso di occupazione femminile è nettamente inferiore a quello maschile, risultando occupate nel
2010 solo circa 46 donne su 100, contro una percentuale del 67% degli uomini. Nel Mezzogiorno le
differenze sono più accentuate e l'occupazione delle donne arriva a appena a superare il 30%. Il
tasso di inattività è, di contro, molto alto, arrivando a sfiorare la metà di tutta la popolazione
femminile in età lavorativa. Tra le principali cause di questo fenomeno va citata l'indisponibilità per
motivi familiari, motivazione che è quasi inesistente per la popolazione maschile. Ad esempio il
15% delle donne dichiara di aver abbandonato il posto di lavoro a causa della nascita di un figlio.
Spesso si tratta di una scelta imposta, infatti in oltre la metà dei casi sono state licenziate o messe in
condizione di lasciare il lavoro perché in gravidanza.
Dal punto di vista universitario e del mondo del lavoro le giovani italiane sono ormai più istruite
degli uomini, anche se scelgono spesso percorsi di studio meno remunerativi nel mercato del
lavoro: scelgono infatti non tanto materie scientifiche e ingegneristiche quanti percorsi letterari e
umanistici.
Tutta questa inattività non si traduce però in un maggiore tempo libero per le donne. Al contrario, il
tempo delle donne italiane è impiegato nel sopportare in maniera preponderante i carichi di lavoro
familiari, molto più che in tutto il resto d'Europa. Gli uomini italiani risultano i meno attivi del
continente nel lavoro familiare, dedicando a tali attività appena 1 h 35 min della propria giornata.
Per lavoro familiare si intende sia le attività domestiche (cucinare, pulire la casa, fare il bucato etc.),
sia le attività di cura dei bambini e degli adulti conviventi.
Nella pubblica amministrazione italiana le lavoratrici donne sono poco più della metà del totale,
grazie alla preponderanza femminile tra gli insegnanti soprattutto nella scuola di base. In tale settore
si nota tuttavia una netta prevalenza maschile nelle qualifiche più elevate: ogni 100 dirigenti
generali si contano solo 11 donne.
Le retribuzioni degli uomini in Italia sono superiori mediamente a quelle delle donne: nel 2004 ad
esempio il monte salari maschile (reddito complessivamente percepito dagli uomini italiani) era
superiore di circa il 7% rispetto a quello femminile, mentre nel 2010 questo divario è arrivato al
20%. Questo si verifica perché l'occupazione femminile è concentrata su lavori a più bassa
retribuzione e perché a parità di mansioni gli stipendi maschili sono, seppur leggermente (del 2%),
superiori. Le donne inoltre hanno minori possibilità di beneficiare delle voci salariali accessorie,
quali gli incentivi o lo straordinario.
La speranza di vita alla nascita femminile è di 5,6 anni superiore a quella maschile.
Sempre in materia di diritto di famiglia si registra che il 71% delle richieste di divorzio è presentata
dal genere femminile. Inoltre, in caso di divorzio, l'assegnazione della casa dove la famiglia viveva
(in assenza di figli ed indipendentemente della proprietà della stessa) è attribuita alle donne nel 57%
dei casi e solo nel 21% ai loro ex-mariti.
Nonostante il dibattito in corso relativo alla rappresentanza politica delle donne, queste ultime sono
ancora poco attive nella vita politica del paese, non tanto per forme di pregiudizi nei loro confronti,
quanto per un interesse poco spiccato delle donne stesse verso questo ambito sociale.
Sul totale delle persone che hanno svolto attività gratuita per un partito politico nel corso del 2005,
circa un quarto sono donne. Il numero di parlamentari donne in Italia è coerente con tale tasso di
partecipazione alla vita politica.
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Nel Parlamento italiano le donne rappresentano meno del 20% del totale (18,69% al Senato e
21,43% alla Camera nella XVI Legislatura) con un risultato peggiore rispetto ad esempio alla
composizione del Parlamento europeo, nel quale le donne rappresentano circa il 35%.
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Premi Nobel non assegnati alle donne
Se ancora oggi le scienziate hanno difficoltà ad imporsi in un mondo in cui lo studioso è di norma
un uomo, un secolo fa le cose andavano anche peggio e non sono state poche le “donne di scienza”
che, grazie ai risultati delle loro ricerche avrebbero meritato gli opportuni riconoscimenti ma non li
hanno avuti. Sono figure di scienziate che la storia ufficiale ha ignorato anche negando loro la
consacrazione di un Nobel. Dal 1901, anno dell'istituzione del premio della prestigiosa accademia
svedese, sono state solo 11, su oltre 500 premi assegnati nel corso del XX secolo, le scienziate alla
quali è stato conferito il riconoscimento per una disciplina scientifica nei settori della fisica, chimica
e medicina.
• In questo contesto è emblematica la storia Rosalind Franklin (1920-1958)
colei che fornì le prove sperimentali della struttura del Dna.
Per questa scoperta il Nobel lo ricevettero però i suoi colleghi
Wilkins, Watson e Crick che realizzarono il modello a doppia
elica grazie alle fotografie della diffrazione ai raggi X del Dna
scattate proprio dalla Franklin, sottratte dal suo laboratorio da
Wilkins.
Rosalind Franklin,nata da una ricca famiglia ebrea, era una
brillante ricercatrice in cristallografia e fu una delle pochissime
donne ammesse a Cambridge. Agli inizi degli anni ’50 la
Franklin era ricercatrice al King’s College di Londra e
lavorava col collega Maurice Wilkins alla rifrazione ai raggi x.
Pare che fra i due la rivalità fosse forte e l’antipatia reciproca
sarebbe poi sfociata nel furto, da parte di Wilkins, di uno dei
documenti della collega. Si trattava della famosa radiografia
passata alla storia come la “fotografia 51” del Dna. Quell’immagine, insieme a qualche altro
documento sottrattole in seguito, fu determinante per la scoperta di Wilkins, Watson e Crick.
Una scorrettezza che appare ancora più grave di fronte al fatto che, quando nel 1962 i tre
vennero insigniti del premio Nobel, nessuno degli scienziati riconobbe il merito di Rosalind
Franklin morta di cancro nel 1958, a soli 37 anni.
Fu Watson, nel suo libro La doppia elica pubblicato nel 1968, a dare un
seppur tardivo riconoscimento ufficiale ai meriti della collega ma si dovette
aspettare fino al1998, a 30 anni dalla sua morte, perché la foto della
Franklin venisse collocata accanto a quella dei colleghi vincitori del Nobel
alla National Portrait Gallery di Londra. Nel 2000, inoltre il King’s College
ne ha ricordato l’opera intitolando una sua nuova ala come “FranklinWilkins Building”.
(Fotografia 51)
Non sono tante le donne che hanno avuto un ruolo rivoluzionario nella modificazione del nostro
pianeta: una di queste è stata Marie Curie (1867-1934), di cui sono ben note la vita e la storia
scientifica: la scoperta della radioattività naturale riconosciuta con l'assegnazione di due premi
Nobel. Un'altra, meno nota, ma altrettanto importante, è:
21
•
Lise Meitner (Vienna, 7 novembre 1878- Cambridge, 27
ottobre 1968), fisica austriaca. Fu la prima donna ad ottenere la
cattedra di fisica presso una università tedesca. A Lise Meitner,va
attribuita la vera scoperta della fissione nucleare. La grande
svolta che avrebbe cambiato la visione del mondo e della natura,
il mondo dell'energia disponibile agli esseri umani e gli stessi
equilibri militari delle grandi potenze. Per quelle ingiustizie che
così spesso colpiscono le donne, il premio Nobel per la chimica,
per la scoperta della fissione nucleare, fu attribuito nel 1944
soltanto ad Otto Hahn (suo collega di lavoro) e la Meitner non
ebbe mai quel riconoscimento che le sarebbe ben spettato.
"Lise Meitner: a life in physics". Esso offre, attraverso la vita di
questa donna, uno spaccato della storia dell'Europa contemporanea, dalle
grandi scoperte scientifiche, alla violenza nazista, alle persecuzioni
razziali, alle discriminazioni maschili verso un genio femminile.
•
Jocelyn Bell-Burnell, nata nell’Irlanda del Nord nel 1943, prese una laurea in Fisica
all‘università di Glasgow nel 1965. Più tardi nello stesso anno, cominciò il dottorato di
ricerca presso l'Università di Cambridge. Fu durante quel periodo
di studi che la giovane studentessa ascoltando il rumore di fondo
della registrazione compiuta sul cielo scoprì un segnale che
pulsava regolarmente. All'inizio la sorgente venne chiamata
"LGM" (Little Green Men, piccoli omini verdi in inglese) poichè
si pensava potesse essere un segnale proveniente da esseri
extraterrestri. In seguito Jocelyn Bell capì che si trattava di una
nuova classe di stelle, denominata pulsar.
Nonostante ciò il Nobel per la scoperta fu assegnato al relatore della sua
tesi, il professor Anthony Ewish, e la giovane donna non fu neppure
menzionata durante la cerimonia di premiazione. Jocelyn Bell ottenne il
dottorato in radioastronomia all'Università di Cambridge nel 1968. Si
sposò e cambiò il suo nome in Burnell. Oggi è a capo del Dipartimento
di Fisica della Open University, in Inghilterra. Ha ricevuto molte medaglie, onori e riconoscimenti
per il suo lavoro nel campo dell'astronomia. Dopo più di trent'anni dalla sua scoperta Jocelyn Bell
Burnell è un'astrofisica notissima e per tutti la vera e unica scopritrice delle pulsar.
22
Donne che hanno fatto la storia nelle varie discipline
In Era Classica ricordiamo..
Elena è una figura della mitologia greca assunta, nell'immaginario
europeo, a icona dell'eterno femminino. Proprio questa sua caratteristica
archetipica fa sì che, nell'immensa letteratura nata attorno alla sua
figura, Elena non venga mai considerata responsabile dei danni e lutti
provocati dalle contese nate per appropriarsi della sua bellezza.
La guerra di Troia
Per vendicare il rapimento di Elena da parte del principe troiano Paride
(al quale Afrodite aveva promesso la più bella delle donne), Menelao e
suo fratello Agamennone organizzarono una spedizione contro Troia
chiedendo aiuto a tutti i partecipanti al patto di Tindaro.
Nell'Iliade, Elena è un personaggio tragico, obbligata ad essere la
moglie di Paride dalla dea Afrodite. Nessuna colpa le può essere
rinfacciata, data la sua incolpevole bellezza, anche se le si dà la colpa
della guerra che insanguina Troia. Non è una donna felice, disprezza
Paride ed è invisa a molti troiani: solo Ettore si mostra gentile con lei, e in occasione della morte
dell'eroe Elena proverà un sincero dolore.
Alla morte di Paride, Elena è costretta a sposare il fratello Deìfobo. Durante la notte della caduta di
Troia nasconde le armi del marito e apre la porta a Menelao e Ulisse. I tre fanno irruzione nella
camera da letto trovando Deifobo addormentato e ubriaco. Colgono l’occasione e lo uccidono.
Nel secondo libro dell'Eneide, durante l'incendio di Troia, Enea vede da lontano Elena ed è preso
dall'impulso di ucciderla, ma ne viene dissuaso dalla madre Venere, che lo esorta a fuggire dalla
città coi familiari.
Ifigenia è un nome greco che si riferisce alla figura mitologica della
figlia di Agamennone e Clitennestra, la cui storia ha ispirato artisti di ogni
campo e astronomi che hanno usato nomi dell'ambito mitologico per
classificare oggetti celesti.
Ricordiamo la donna per il suo coraggioso atto: il sacrificio umano.
Agamennone uccise un animale molto sacro alla dea Artemide. La dea
pretese, allora, il sacrificio della figlia in cambio di poter partire senza
problemi per la battaglia di troia. Agamennone, con la scusa di darla in
sposa ad Achille, fece richiamare Ifigenia. Ella scoprì l’inganno poco
dopo. Scoperto l’inganno si inginocchiò ai piedi del padre supplicandolo
di risparmiarla. Alla fine, fu proprio Ifigenia a volersi sacrificare per
ilbene del padre. Sarò proprio Agamennone a bruciare viva sua figlia.
23
In ambito letterario ricordiamo..
•
Per chi ama la poesia e l'amore, il nome di Saffo rappresenta ormai un mito senza tempo.
Ma la sua voce, così straordinariamente limpida ed intensa, ci giunge dalle remote
lontananze della Grecia arcaica, un mondo legato a peculiari tradizioni etiche e di costume.
Saffo nacque infatti nell'isola di Lesbo intorno al 650 a.C. e
trascorse gran parte della sua esistenza nella ristretta cerchia di
un tiaso, una specie di associazione in cui le fanciulle di nobili
famiglie si formavano all'esperienza della vita collettiva nella
pratica
rituale
del
canto
e
della
danza.
La sua poesia scaturì dalle emozioni vissute all'interno del
raffinato sodalizio femminile da lei diretto, e l'incanto dei suoi
versi sta nell'assoluta naturalezza con cui si esprimono le
vibrazioni
sottili
e
tormentose
dei
sentimenti.
Saffo cantò l'amore come malattia e turbamento dell'essere.
L'amore è quindi causa di turbamenti, ma anche di accensione del desiderio. In una delle sue
poche poesie giunte a noi complete, viene descritto questo sentimento:
"Mi sembra pari agli dei quell'uomo che siede di fronte a te e vicino ascolta te che
dolcemente parli e ridi con un viso che suscita desiderio. Questa visione veramente mi ha
turbato il cuore nel petto: appena ti guardo un breve istante, nulla mi è più possibile dire, ma
la lingua mi si spezza e subito un fuoco sottile mi corre sotto la pelle e con gli occhi nulla
vedo e rombano le orecchie e su me sudore si spande e un tremito mi afferra tutta e sono più
verde
dell'erba
e
poco
lontana
da
morte
sembro
a
me
stessa".
In questi versi Saffo parla in prima persona del suo "guardare", e sembra vittima dei sintomi
e delle cause di una malattia che altro non è che il desiderio non appagato di possedere un
qualcosa
che
colpisca
visivamente.
Non bisogna poi dimenticare che Saffo, seppure sposata e con una figlia, ebbe esperienze
omosessuali: "Infatti anche se fugge, presto verrà dietro e se non accetta doni, doni li offrirà
e se non ama, ella presto amerà anche contro il suo volere".
Tutto il contesto, la ragazza che fugge, l'attesa dei doni, il verbo amare utilizzato prima al
presente e successivamente al futuro, induce a pensare che ciò di cui parla Saffo vada oltre
una semplice amicizia. Il suo è quindi un amore fatto anche di turbamenti, paure, insicurezze
simili a quelle di una fanciulla ancora vergine. Ed è al tema della verginità che Saffo dedica
una lirica, nella quale paragona una ragazza vergine ad una mela posta sul ramo più alto di
un
albero:
"Come quel dolce pomo rosseggia in cima al ramo, alto, sul ramo più alto, e se ne scordano i
coglitori di mele: anzi, non se ne scordano, ma non riescono a raggiungerlo".
•
Elsa Morante (Roma, 18 agosto 1912 – Roma, 25 novembre 1985) è stata una scrittrice,
saggista, poetessa e traduttrice italiana. È considerata da alcuni critici una tra le più
importanti autrici di romanzi del dopoguerra.
•
Maria Grazia Cosima Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936) è
stata una scrittrice e traduttrice italiana, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel
1926. La narrativa della Deledda si basa su forti vicende d'amore, di dolore e di morte sulle
quali aleggia il senso del peccato, della colpa, e la coscienza di una inevitabile fatalità. È
stata ipotizzata una somiglianza con il verismo di Giovanni Verga ma, a volte, anche con il
24
decadentismo di Gabriele D'Annunzio, oltre alla scrittura di Lev Nikolaevič Tolstoj e di
Honoré de Balzac di cui tra l'altro la Deledda tradusse in italiano l'Eugenia Grandet. Tuttavia
la Deledda esprime una scrittura personale che affonda le sue radici nella conoscenza della
cultura e della tradizione sarda, in particolare della Barbagia
•
Giannina Milli (Teramo, 24 maggio 1825 – Firenze, 8 ottobre 1888) è stata una scrittrice,
poetessa estemporanea ed educatrice italiana.
Le sue “serate”, durante le quali declamava versi composti all’istante su temi
proposti dal
pubblico presente in sala, avevano soprattutto lo scopo di accendere gli animi a sentimenti
patriottici.
George Eliot, pseudonimo di Mary Anne (Marion) Evans (Arbury, 22 novembre 1819 –
Londra, 22 dicembre 1880), è stata una scrittrice britannica, una delle più importanti dell'epoca
vittoriana. I suoi romanzi sono ambientati prevalentemente nella
provincia inglese e sono famosi per il loro stile realista e la loro
perspicacia psicologica.
Mary Anne usa uno pseudonimo a partire dalla sua prima opera
narrativa, "Scenes of Clerical Life"; a differenza di altre scrittrici a lei
contemporanee o precedenti (per esempio, le sorelle Bronte), la Evans
utilizza un pen-name non tanto per ragioni sociali, quanto per vezzo.
Sebbene all'epoca le donne scrittrici non fossero ben viste, Mary Anne
Evans proveniva da un rango sociale elevato, era la compagna
dell'editore e intellettuale George Henry Lewes e la sua formazione ed
esperienza era già ben nota al pubblico e tanto apprezzata da non aver
alcun bisogno di nascondersi dietro a un falso nome.
•
Simone-Lucie-Ernestine-Marie Bertrand de Beauvoir, o più semplicemente Simone de
Beauvoir (Parigi, 9 gennaio 1908 – Parigi, 14 aprile 1986), è stata un'insegnante, scrittrice,
saggista, filosofa e femminista francese. A partire dal 1958, si dedica alla sua autobiografia,
uscita in quattro volumi: Memorie di una ragazza perbene (1958), L'età forte (1960), La
forza delle cose (1963), A conti fatti (1972). È un'opera particolarmente preziosa perché
offre, oltre alla storia personale della scrittrice, la diretta testimonianza sull'atmosfera e sul
grande dibattito culturale svoltosi in Francia dagli anni trenta fino alla fine degli anni
sessanta.
•
Annelies Marie Frank, detta Anne, nome italianizzato in Anna Frank, (Francoforte sul
Meno, 12 giugno 1929 – Bergen-Belsen, marzo 1945), è stata una ragazza ebrea tedesca,
divenuta un simbolo della Shoah per il suo diario scritto nel periodo in cui la sua famiglia si
nascondeva dai nazisti e per la sua tragica morte nel campo di concentramento di BergenBelsen. Visse parte della sua vita ad Amsterdam nei Paesi Bassi, dove la famiglia si era
rifugiata dopo l'ascesa al potere dei nazisti in Germania. Fu privata della cittadinanza
tedesca nel 1941, divenendo così apolide.
25
•
Oriana Fallaci (Firenze, 29 giugno 1929 – Firenze, 15 settembre
2006) è stata una scrittrice e giornalista italiana. Fu la prima donna in
Italia ad andare al fronte in qualità di inviata speciale. Come scrittrice,
con i suoi dodici libri ha venduto venti milioni di copie in tutto il
mondo.
•
Adeline Virginia Woolf, nata Stephen (Londra, 25 gennaio 1882 – Rodmell, 28 marzo
1941), è stata una scrittrice, saggista e attivista britannica.
Considerata come uno dei principali letterati del XX secolo,
attivamente impegnata nella lotta per la parità di diritti tra i
due sessi; fu, assieme al marito, militante del
fabianesimo[1], nel periodo fra le due guerre fu membro del
Bloomsbury Group e figura di rilievo nell'ambiente
letterario londinese. Le sue più famose opere comprendono
i romanzi La signora Dalloway (1925), Gita al faro (1927) e
Orlando (1928). Tra le opere di saggistica emergono Il
lettore comune (1925) e Una stanza tutta per sé (1929);
nella quale ultima opera compare il famoso detto "una
donna deve avere denaro, cibo adeguato e una stanza tutta per sé se vuole scrivere romanzi".
•
Lou von Salomé, anche nota come Lou Andreas-Salomé (San Pietroburgo, 12 febbraio
1861 – Gottinga, 5 febbraio 1937), è stata una scrittrice e psicoanalista tedesca di origine
russa. Fu la giovane e affascinante russa, che Friedrich Nietzsche conobbe nel 1882 e che
probabilmente lo ispirò a creare le prime due parti della sua opera più importante: Così parlò
Zarathustra.
•
Gertrude Stein
(Allegheny, 3 febbraio 1874 - Neuilly-sur-Seine, 27 luglio 1946) è stata una
scrittrice e poetessa statunitense.
Con la sua attività e la sua opera diede un impulso rilevante allo sviluppo dell'arte moderna e della
letteratura modernista. Trascorse la maggior parte della sua vita in
Francia. Apertamente lesbica, la sua relazione praticamente
"matrimoniale" con Alice Toklas è una delle più celebri della storia
LGBT.
Celebre è il Ritratto di Gertrude Stein del 1906 che le fece Picasso,
conosciuto nel 1905 grazie al collezionista d'arte Henri-Pierre Roché. Il
quadro, riconosciuto dagli storici dell'arte come il primo passo
embrionale verso lo stile cubista, è attualmente al Metropolitan Museum
of Art di New York.
26
L'importanza di Gertrude Stein nella letteratura del Novecento supera la sua seppur ragguardevole
produzione dato il ruolo che ella assunse «per la letteratura degli «espatriati», fulcro e centro di tutta
la più attiva produzione letteraria americana contemporanea».
In ambito filosofico ricordiamo..
Maria Montessori (Chiaravalle, 31 agosto 1870 – Noordwijk aan Zee, 6 maggio 1952) è stata
una pedagogista, filosofa, medico, scienziata, educatrice e volontaria
italiana, nota per il metodo che prende il suo nome, usato in migliaia di
scuole in tutto il mondo. Sin dai primi anni di studio, manifestò particolare
interesse pe le materei scientifiche, particolarmente matematica e biologia.Si
iscrisse alla facoltà di Roma la Sapienza, ove frequentò medicina, scelta che la
porterà a essere una delle prime donne a laurerarsi in medicina, nel 1896, dopo
l'unità d'Italia. Oltre che agli studi in laboratorio, si dedicò anche a pediatria e
per le sue strabilianti capacità vinse anche un premio di mille lire dalla
Fondazione Rolli per un lavoro in patologia generrale. Entro nella Società
Lancisiana, riservata a dottori e professori degli ospedali di Roma con un
curriculm che risultò eccellente in igene, psichiatria e pediatria, materie che
saranno alla base del suo futuro. È nelle lezioni di didattica date in Roma nella
Scuola Magistrale Ortofrenica, sopra ricordate, che Montessori rivela come la
questione dei bambini anormali sia contemporaneamente sia medica sia
pedagogica. La Montessori sosteneva l'importanza del maestro nell'educazione e gli riconosceva un alto
grado di responsabilità nella formazione del bambino e a tale scopo riteneva fondamentale che il maestro
conoscesse la psicologia, la psichiatria e la pedagogia. Il merito della studiosa è quindi specialmente quello
di aver per prima intuito che la deficienza del bambino è un fatto sociale e la sua educazione è possibile con
ambienti e materiali adeguati. Dopo l'esperienza alla Scuola Magistrale Ortofrenica, Montessori decise di
iscriversi alla Facoltà di Filosofia dell'Università di Roma e venne immatricolata il 16 luglio 1903 al terzo
anno di Filosofia. Sappiamo che frequentò le lezioni - senza però sostenerne gli esami - di Filosofia teoretica,
Storia della filosofia e Filosofia morale. E in particolare seguì l'insegnamento di Filosofia teoretica col
professor Antonio Labriola, il quale - con Regio Decreto 7 luglio 1902 - fu trasferito dalla cattedra di
Filosofia morale e Pedagogia a quella di Filosofia teoretica dell'Università di Roma a partire dal 1 novembre
1902. Da lì a poco decide di decidarsi alla fondazione di una "Scuola pedagogica", di cui era relatore il
professor Credaro e che fu costruita sul modello del Museo di istruzione ed educazione fondato da Antonio
Labriola. Metodo educativo che ebbe notevole successo in tutto il mondo. E grazie a Maria Montassorri e al
suo lavoro dedico ai bambini specialmente quelli affetti da deficit che si tenne il primo Congresso
Pedagocigo Nazionale. Il metodo montessoriano parte dallo studio dei bambini con problemi psichici,
espandendosi allo studio dell'educazione per tutti i bambini. La Montessori stessa sosteneva che il
metodo applicato su persone subnormali aveva effetti stimolanti anche se applicato all'educazione
di bambini normali. Il suo pensiero identifica il bambino come essere completo, capace di
sviluppare energie creative e possessore di disposizioni morali (come l'amore), che l'adulto ha
ormai compresso dentro di sé rendendole inattive. Il principio fondamentale deve essere la libertà
dell'allievo, poiché solo la libertà favorisce la creatività del bambino già presente nella sua natura.
Dalla libertà deve emergere la disciplina. Un individuo disciplinato è capace di regolarsi da solo
quando sarà necessario seguire delle regole di vita. Il periodo infantile è un periodo di enorme
creatività, è una fase della vita in cui la mente del bambino assorbe le caratteristiche dell'ambiente
circostante facendole proprie, crescendo per mezzo di esse, in modo naturale e spontaneo, senza
dover compiere alcuno sforzo cognitivo. Con la Montessori molte regole dell'educazione
consolidate nei primi anni del secolo cambiarono.. I bambini dovevano imparare a prendersi cura di
se stessi e venivano incoraggiati a prendere decisioni autonome. Il pensiero pedagogico
montessoriano riparte dalla pedagogia scientifica. Infatti l'introduzione della scienza nel campo
dell'educazione è il primo passo fondamentale per poter costruire un'osservazione obiettiva
27
dell'oggetto. L'oggetto dell'osservazione non è il bambino in sé, ma la scoperta del bambino nella
sua spontaneità ed autenticità. Infine, della scuola tradizionale infantile Maria Montessori critica il
fatto che, in essa, tutto l'ambiente sia pensato a misura di adulto. In un ambiente così concepito, il
bambino non si trova a suo agio e quindi nelle condizioni per poter agire spontaneamente. La
Montessori definisce il bambino come un embrione spirituale nel quale lo sviluppo psichico si
associa allo sviluppo biologico. Nello sviluppo psichico sono presenti dei periodi sensitivi, definiti
nebule, cioè periodi specifici in cui si sviluppano particolari capacità.
Immagine: una scuola
•
Montessori in Olanda.
Margherita Isnardi Parente (Catanzaro, 4 ottobre 1928 – Roma, 16 novembre 2008) è
stata una filosofa e storica italiana, studiosa del pensiero greco antico. Dopo essersi laureata
presso l’università di Pisa come allieva del filosofo Guido Calogero,con una tesi su Polibio,
indirizzò le sue prime ricerche all'Accademia platonica, tema che attraversa tutta la sua vita
di studiosa. Successivamente si è dedicata a studi sul Rinascimento, culminati nell'edizione
dei Sei libri dello stato di Jean Bodin, e sulle Epistole di Platone (specialmente la Settima). I
suoi interessi si sono rivolti quindi ad Epicuro ed agli Stoici (curando anche in questo caso
l'edizione di testi). Con il tempo quindi le sue ricerche si sono compattate intorno ai suoi
interessi privilegiati: Platone, la sua scuola e i neoplatonici. In seguito si è interessata anche
al pensiero moderno, attendendo fra l'altro all'edizione critica delle opere oltre che di Jean
Bodin anche di Erasmo da Rotterdam. Si ricorda, inoltre, che curò una parte di antichistica e
la parte relativa all'ellenismo e alla fine del mondo antico del manuale di storia della
filosofia, a cura di Sergio Moravia, edito da Le Monnier.
In ambito pittorico ricordiamo..
Rosalba Carriera (Venezia, 12 gennaio 1673 – Venezia, 15
aprile 1757) è stata una pittrice e ritrattista italiana. Cominciò
la sua carriera artistica dipingendo le tabacchiere con quelle
figure di damine graziose che divennero poi la sua fortuna
trasposte nelle miniature su avorio. Fu la prima che utilizzò
l'avorio nelle miniature dandogli quella lucentezza
caratteristica delle sue opere. Fu inoltre la prima a non seguire
le regole accademiche che volevano la miniatura dover essere
28
realizzata con tratti e punti brevi e ben amalgamati: lei invece vi trasportò il tratto veloce
caratteristico della pittura veneziana.
Immagine: Rosalba Carriera, Autoritratto con il ritratto della sorella, 1715, Firenze, Galleria degli Uffizi.
•
Artemisia Gentileschi (Roma, 8 luglio 1593 – Napoli, 1653) è
stata una pittrice italiana di scuola caravaggesca.Vissuta durante la
prima metà del XVII secolo, riprese dal padre Orazio il limpido rigore
disegnativo, innestandovi una forte accentuazione drammatica ripresa
dalle opere del Caravaggio, caricata di effetti teatrali; stilema che
contribuì alla diffusione del caravaggismo a Napoli, città in cui si era
trasferita dal 1630.
Dal punto di vista politico troviamo..
Giovanna d’Arco (Domrémy, 6 gennaio 1412 – Rouen, 30 maggio 1431) è un'eroina nazionale
francese, oggi conosciuta anche come la Pulzella d'Orléans.
Riunì al proprio Paese parte del territorio caduto in mano inglese,
contribuendo a risollevarne le sorti durante la guerra dei cent'anni,
guidando vittoriosamente le armate francesi contro quelle inglesi.
Catturata dai Borgognoni davanti a Compiègne, Giovanna fu venduta
agli inglesi che la sottoposero a un processo per eresia, al termine del
quale, il 30 maggio 1431, fu condannata al rogo e arsa viva.
Nel 1456 papa Callisto III, al termine di una seconda inchiesta,
dichiarò la nullità di tale processo. Beatificata nel 1909 da Pio X e
canonizzata nel 1920 da Benedetto XV, Giovanna fu proclamata
patrona di Francia.
Rita Levi-Montalcini (Torino, 22 aprile 1909) è una neurologa e
senatrice a vita italiana, Premio Nobel per la medicina nel 1986.
Negli anni cinquanta le sue ricerche la portarono alla scoperta e
all'identificazione del fattore di accrescimento della fibra nervosa o NGF,
scoperta per la quale è stata insignita nel 1986 del premio Nobel per la
medicina. Insignita anche di altri premi, è stata la prima donna a essere
ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze. Il 1º agosto 2001 è stata
nominata senatrice a vita "per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel
campo scientifico e sociale". È socia nazionale dell'Accademia dei Lincei per la
classe delle scienze fisiche ed è tra i soci fondatori della Fondazione Idis-Città
della Scienza.
29
•
Rosa Luxemburg pseudonimo di Rozalia Luksenburg (Zamość, 5 marzo 1870 o 1871 –
Berlino, 15 gennaio 1919), è stata una politica, teorica socialista e rivoluzionaria tedesca di
origini polacche ed ebraiche. Era l'ultima di cinque figli di una famiglia ebrea poverissima.
A 15 anni aderì al movimento rivoluzionario polacco; non ancora diciottenne dovette
espatriare clandestinamente per sfuggire all'arresto. A Zurigo intraprese gli studi di scienze
naturali, per poi passare a quelli di scienze politiche. Si laureò con lode presentando una tesi
di storia economica, poi pubblicata, sullo sviluppo della Polonia. Dopo la laurea contrasse
un matrimonio fittizio (si separò dopo qualche anno) allo scopo di acquistare la cittadinanza
tedesca e poter così lavorare nel Partito socialdemocratico. La giovane diventò presto uno
degli
agitatori
più
popolari
del
movimento
operaio
tedesco.
Nel 1904 subì la prima detenzione, di tre mesi, per lesa maestà; tornò in carcere per qualche
mese l'anno successivo, quando si recò a Varsavia in occasione della prima rivoluzione
russa. In carcere studiò e scrisse; La prima opera di Rosa Luxemburg fu L’accumulazione
del Capitale, pubblicata a Berlino nel 1913. Con tale opera Ampliò lo schema marxiano in
due sensi. Da un lato, considerò i paesi non capitalisti (nuovi mercati di sbocco che rendono
possibile l'espansione capitalista, data l'insufficienza degli investimenti interni); dall'altro,
esaminò l'influsso dello stato sulla produzione (tramite le spese belliche, finanziate con il
prelievo fiscale). Fornì così un'analisi teorica dell'imperialismo. Malgrado la sua importanza,
L'accumulazione del capitale fu accolto con ostilità dai marxisti contemporanei. Le esigenze
della propaganda e della lotta politica contingente prevalevano su ogni considerazione
scientifica, tanto più su un tema allora scottante quale la possibilità di evoluzione e crollo
del capitalismo.
In discipline artistiche hanno abbastanza rilevanza..
Sofia Loren nome d'arte di Sofia Villani Scicolone (Pozzuoli,
20 settembre 1934), è un'attrice cinematografica italiana.
Entra a far parte della settima arte giovanissima e si impone ben
presto, agli inizi degli anni cinquanta, come sex symbol grazie alla
sua innata sensualità e un corpo da maggiorata. Da Vittorio De
Sica sarà diretta in film come Ieri, oggi, domani, famoso lo
spogliarello finale, e Matrimonio all'italiana, per il quale riceverà
una seconda nomination all'oscar; entrambi a fianco di Marcello
Mastroianni, compagno di lavoro in quattordici film dal 1954 in
Peccato che sia una canaglia al 1994 in Prêt-à-Porter, formando
una delle migliori coppie della storia del cinema.
Inoltre, durante la sua lunga carriera Sophia Loren è divenuta il
simbolo della bellezza e del buon gusto dell'Italia nel mondo.
Nel 1991 riceve da Gregory Peck l'Oscar alla carriera.
30
Mata Hari pseudonimo di Margaretha Geertruida Zelle (Leeuwarden, 7 agosto 1876 –
Vincennes, 15 ottobre 1917), è stata una danzatrice e agente segreto olandese, condannata alla pena
capitale per la sua attività di spionaggio durante la prima guerra mondiale. Era figlia di Adam Zelle
(1840-1910) e di Antje van der Meulen (1842-1891), ed ebbe tre fratelli, il maggiore, Johannes
(1878), e due fratelli gemelli, Arie Anne e Cornelius (1881-1956). Il padre aveva un negozio di
cappelli, era proprietario di un mulino e di una fattoria. La sua famiglia poteva permettersi di vivere
molto agiatamente in un antico e bel palazzo di Groote Kerkstraat, nel centro della città.
•
Olga Maria Elisabeth Friederike Schwarzkopf (Jarocin, 9 dicembre 1915 – Schruns,
3 agosto 2006) è stata un soprano tedesco naturalizzata inglese. Nel 1934 comincia a
studiare da mezzosoprano a Berlino, alla Hochschule für Musik, ma su consiglio del
baritono Karl Schmitt-Walter passò al registro di soprano, continuando gli studi sotto la
guida del celebre soprano lirico-leggero Maria Ivogün e del marito di lei, il pianista Michael
Raucheisen. La Schwarzkopf debuttò come professionista all'Opera di Berlino il 15 aprile
1938 nel ruolo del Secondo Fiore nel Parsifal di Wagner. Cantò a Berlino nei quattro anni
successivi, aderendo nel frattempo al partito nazista, decisione che le impedì per molti anni
di esibirsi negli Stati Uniti.Nel 1942 esordì alla Staatsoper di Vienna dove cantò nel Ratto
dal serraglio di Mozart (Costanza), Musetta e Mimì nella Bohème di Puccini e Violetta nella
Traviata di Verdi. Nel 1945 la Schwarzkopf ottenne la cittadinanza austriaca per poter
cantare stabilmente a Vienna.
Tra i reali si evidenziano..
Maria Antonia Giuseppa Giovanna d'Asburgo-Lorena, nota semplicemente come Maria
Antonietta (Vienna, 2 novembre 1755 – Parigi, 16 ottobre 1793), fu regina consorte di Francia e
di Navarra dal 10 maggio 1774 al 21 settembre 1792 come sposa di Luigi XVI.
Figlia di Maria Teresa d'Austria e di Francesco Stefano di
Lorena, alla nascita era stata insignita del titolo di
arciduchessa d'Austria. Per suggellare l'alleanza tra l'Austria
e la Francia contro la Prussia e l'Inghilterra, venne data in
sposa, quattordicenne, al delfino di Francia, il futuro Luigi
XVI. Trasferitasi a corte, nella reggia di Versailles, per
sopperire alla solitudine, alla noia e a un matrimonio
deludente e tormentato cominciò a vivere nelle frivolezze,
dedicandosi a costosi diversivi. La sua prodigalità, la
leggerezza di atteggiamenti, i favoritismi e soprattutto
l'incauto invischiarsi negli intrighi di corte, le procurarono
numerosi nemici, assai prima che nel popolo, nelle grandi
famiglie aristocratiche, che contribuirono a diffondere
pettegolezzi e dicerie contro di lei, soprannominata con
sprezzo l'Austriaca. Anche negli anni della maturità, nei
quali avrebbe mostrato più senso di responsabilità e di
riflessione, non sarebbe riuscita a cancellare di fronte all'opinione pubblica l'immagine di donna
frivola, irresponsabile, assetata di lusso e dissipatrice. Durante la Rivoluzione francese, ostile ad
ogni compromesso con le idee liberali e accesa sostenitrice del diritto divino dei re, cercò di salvare
31
la monarchia assoluta anche attraverso i continui contatti con gli aristocratici emigrati e sfruttando
alcuni moderati come Mirabeau e Barnave. In seguito alla crescente ostilità popolare, dovuta anche
al fallito tentativo di fuga, fu messa in stato di arresto insieme alla famiglia reale. Durante il periodo
di prigionia, dopo la caduta della monarchia, dimostrò di essere una madre e una moglie esemplare.
Processata sommariamente e giudicata colpevole di alto tradimento dal Tribunale rivoluzionario,
seppur senza prove tangibili, morì con dignità sulla ghigliottina: la sua morte segnò la reale fine
dell'Ancien régime.
Diana Spencer, conosciuta anche come Lady Diana (Sandringham, 1º luglio
1961 – Parigi, 31 agosto 1997), modello per le successive first lady, fu dal
1981 al 1996 consorte di Carlo, principe di Galles, erede al trono del Regno
Unito. Dopo il divorzio dal coniuge mantenne il titolo di Principessa di Galles,
ma senza il trattamento di Altezza Reale. Rimanendo però membro ufficiale
della famiglia reale, in virtù di madre del futuro Re del reame, e quindi una
principessa reale del Regno Unito. Prima volta nella storia dei reali britannici.
Maria Giuseppa Rosa de Tascher de la Pagerie, meglio nota come Giuseppina di
Beauharnais (Les Trois-Îlets, 23 giugno 1763 – Parigi, 29 maggio 1814), fu la prima moglie
di Napoleone Bonaparte.
•
Jeanne Antoinette Poisson, marchesa di Pompadour, meglio nota come Madame de
Pompadour (Parigi, 29 dicembre 1721 – Versailles, 15 aprile 1764), è stata una celebre
amante del re di Francia Luigi XV e la donna francese più potente del XVIII secolo.
Caterina Maria Romula di Lorenzo de' Medici, meglio nota come Caterina de' Medici
(Firenze, 13 aprile 1519 – Castello di Blois, 5 gennaio 1589), fu
regina consorte di Francia dal 1547 al 1559 come sposa di Enrico II
di Francia.
Figlia di Lorenzo II de' Medici, duca d'Urbino, e di Madeleine de la
Tour d'Auvergne, nelle sue vene scorreva sangue francese e italiano.
Il suo bisnonno paterno era Lorenzo il Magnifico e il papa Leone X,
quindi, era suo prozio. Nel 1533, all'età di quattordici anni, Caterina
sposò Enrico, figlio secondogenito del re Francesco I e della regina
Claudia di Francia.Dopo molti anni di sterilità, mise al mondo dieci
figli. Fu madre di tre sovrani francesi: Francesco II, Carlo IX ed
Enrico III; e di due regine: Elisabetta, regina di Spagna e Margherita,
regina di Navarra e di Francia.
Divenuta regina nel 1547 venne esclusa subito dagli affari di Stato, mentre il re era ampiamente
32
influenzato dalla favorita Diana di Poitiers. Morto il marito, Caterina entrò in politica come madre
del fragile quindicenne Francesco II. Quando anch'egli morì, nel 1560, Caterina fu nominata
reggente per conto di suo figlio Carlo IX, di soli dieci anni, ottenendo ampi poteri. Successivamente
alla morte di Carlo, avvenuta nel 1574, Caterina svolse un ruolo chiave nel regno del suo terzo
figlio, Enrico III, che si discostò dai suoi consigli solo negli ultimi mesi di vita.
Ed infine, si trovano donne di rilievo anche nella chimica..
Maria Skłodowska, meglio nota come Marie Curie (Varsavia, 7 novembre 1867 – Passy, 4 luglio
1934), è stata una chimica e fisica polacca naturalizzata russa e in seguito francese.
Nel 1903 fu insignita del premio Nobel per la fisica (assieme al marito Pierre Curie e ad Antoine
Henri Becquerel) e, nel 1911, del premio Nobel per la chimica per i suoi lavori sul radio. Marie
Curie è stata l'unica donna tra i quattro vincitori di più di un Nobel e, insieme a Linus Pauling,
l'unica ad averlo vinto in due aree distinte.
Irène Joliot-Curie (Parigi, 12 settembre 1897 – Parigi, 17 marzo
1956) è stata una chimica francese.
Figlia primogenita di Pierre e Marie Curie, sorella di Eve Denise
Curie. Irène sposò il 9 ottobre 1926 il fisico Frédéric Joliot dal
quale ebbe due figli, divenuti anche loro scienziati, Hélène
Langevin-Joliot (1927), fisico nucleare, e il biochimico Pierre
Joliot (1932).[1] Entrambi i coniugi vennero insigniti nel 1935 del
Premio Nobel per la Chimica per la scoperta della radioattività
artificiale.
Immagine: Irène Curie e Frèderic Joliot.
33
LA DONNA NELL'ARTE
a cura di
Consiglio Giovanni
Iafrate Anthea
Somma Federica
34
La donna nell’arte
Il termine deriva dal latino "domina"= padrona; i romani ricchi intesero con questo
significato "padrona della casa" e la cosa riguardava solo le donne gentilizie. Tutte le
altre erano in una condizione di sottomissione all'uomo. Si tratta di dati
prevalentemente culturali, anzi occorre precisare che tutta la questione che è al centro
del dibattito e della rivendicazione femminista e che gira attorno al dualismo uomo/
donna, privato/ pubblico, natura/ cultura, puro/ impuro, casa/ lavoro è tipico della
cultura occidentale. Altrove non è un modello di pensiero. Sembra addirittura che la
donna avesse avuto un ruolo predominante simile a quello maschile odierno proprio
nell'area del Mediterraneo protoneolitico secondo la teoria della Grande Dea
dispensatrice di vita. Con la sua diversità biologica ella era percepita come dominante
in quanto creatrice di vita, organizzatrice della stessa per tutti gli esseri venuti al
mondo. La paura di tale enorme potere potrebbe essere motivo della discriminazione
in base alla forza fisica e non alla creatività a cui il maschio avrebbe dovuto ricorrere.
Successivamente è stato facile gioco per la società polarizzare le differenze sulla
fisiologia attribuendo comportamenti di lotta al maschio e di socialità (danze, giochi
collettivi) alla femmina. Ecco perché alla donna, e non all'uomo, vanno attribuite le
origini del linguaggio, massima espressione di comunicazione.
Non è sicuramente un caso se molti dei temi che percorrono trasversalmente la storia dell’arte sono
legati all’universo femminile, da sempre fonte di ispirazione e punto di riferimento per gli artisti.
Più di ventimila anni separano le “veneri” paleolitiche dalle performance di Vanessa Beecoft e
tuttavia, protagonista indiscusso nell’uno come nell’altro caso è lo stesso soggetto, il corpo
femminile. Sin dagli arbori della stagione figurativa le donne costituiscono una presenza continua
nell’opera d’arte, che le ha rappresentate in una miriade di situazioni diverse. Dee, donne
immaginarie e reali, madri, mogli, amanti, sante, peccatrici, creature angeliche e diaboliche, il
repertorio di figure immagini muliebri è sterminato, cosi come infinite appaiono le declinazioni
della femminilità. A questa vengono in ogni caso attribuiti significati diversi, spesso contrastanti,
che variano a seconda del periodo storico, a riprova di quanto il processo di differenziazione
sessuale dipende dai fattori culturali. Esplorando le modalità della rappresentazione ci si addentra
nel concetto stesso di identità femminile; l’analisi iconografica ci permette infatti di individuare i
temi, gli spazi, i ruoli e i valori associati al sesso femminile nel corso del tempo. L’opera d’arte ci
parla quindi non solo delle donne, della loro condizione, ma anche come gli uomini le abbiano
percepite e immaginate, di come in definitiva, il rapporto fra i due sessi si sia storicamente
articolato. Certo, il punto di vista maschile non può che apparire dominante, in quanto la creatività
artistica è a lungo rimasta appannaggio pressoché esclusivo degli uomini.
VIRTU’ FEMMINILI
Ripercorrendo le biografie delle sante e le vicende delle altre figure di origine biblica, mitologica o
storica che in passato sono state riproposte come esempi da imitare, è possibile identificare un
modello di femminilità fondato sull’esercizio di alcune ricorrenti virtù: verginità castità e umiltà,
una triade che sicuramente ha a lungo caratterizzato la donna ideale. Al di là di questi principi di
35
valore quasi universale, occorre indagare sui modelli di comportamento che si sono tramandati di
generazione in generazione, in quanto espressioni di femminilità integra e virtuosa. In linea
generale, alla donna viene richiesto un atteggiamento sobrio, non soltanto fuori di casa ma anche
all’interno delle mura domestiche, nel rapporto con il marito e con i figli, nel modo in cui si veste e
si muove. L’immagine della moglie e madre esemplare più ricorrente nella storia dell’arte
corrisponde a questo modello, in quanto ci mette di fronte a donne sì diligenti e amorevoli, ma
anche discrete e riservate, leali compagne di vita e sostegno dei figli. In famiglia o all’estero, la
donna è spesso raffigurata mentre si prende cura di chi le sta vicino o di chi ha più bisogno, secondo
uno schema che identifica nel sesso femminile una predisposizione al servizio che deriva dalla sua
natura passionale. Sin dal Medioevo si pensa che la donna sia infatti più sensibile alla sofferenza e
al dolore, e che questa sua congenita emotività la spinga verso l’esercizio della carità e l’assistenza
dei malati. Non meno importante,la natura femminile si vuole anche più mite, incline alla
mediazione nelle situazioni di conflitto e quindi portatrice di pace: concetto, questo, che verrà
spesso raffigurato per l’appunto, sotto forma di donna.
Secondo la leggenda, la vedova Irene
sarebbe andata a recuperare il corpo del
martire per dargli degna sepoltura.
Accorgendosi che san Sebastiano era ancora
vivo, si prese cura di lui e tolse le frecce dal
suo corpo. Offrire sollievo a chi soffre è
un’altra
virtù
ritenuta
tipicamente
femminile.
Davanti alla straordinaria scoperta di Irene,
le tre donne sullo sfondo reagiscono in
maniera diversa, con il pianto, la preghiera e
la compassione. Caratteristica comune a tutte
e tre è la commozione davanti alla sofferenza
umana, un sentimento a cui le donne
sarebbero più inclini in virtù della loro natura
passionale.
La tela si sofferma sul momento in cui
Irene controlla il polso di san Sebastiano,
soldato romano condannato al martirio.
Geogres de la Tour, san Sebastiano accudito da Irene, 1649, Parigi, Louvre
36
VIZI FEMMINILI
I vizi tradizionalmente considerati tipici del sesso femminile sono sicuramente numerosi: dalla
lussuria alla curiosità irrefrenabile, dalla vanagloria all’amore per il pettegolezzo, l’elenco
comprende mille e uno peccati più o meno gravi in cui condensano concetti e pregiudizi misogini
elaborati lungo molti secoli di storia, a cominciare dalla presunta natura lasciva della donna e della
sua congenita inclinazione ai piaceri della carne. Elaborata da Aristotele e Galeno nell’antichità in
relazione alla funzione riproduttiva del corpo femminile, questa teoria viene sposata n piene dagli
autori cristiani che la ritengono conseguenza non più di una esigenza fisiologica ma dalla natura
diabolica e perfida del sesso femminile, responsabile secondo il racconto di Genesi, della condanna
al peccato e alla morte dell’intera umanità. La nudità del corpo femminile, senza bisogno di ulteriori
attributi, diventa così l’immagine viva della lussuria, in un’equazione destinata a resistere a lungo.
la superbia e la vanagloria sono altri dei vizi a cui vengono spesso attribuite sembianze
dichiaratamente femminili, come squisitamente femminili sono anche alcuni degli oggetti che li
caratterizzano, primo fra tutti lo specchio. Condannato con la forza dei moralisti e dei predicatori, lo
specchio viene percepito come una vera e proprio arma di seduzione in quanto permette alla donna
di ornarsi e di truccarsi per rendere il proprio aspetto ancora più attraente, anche quando la bellezza
fisica e la giovinezza iniziano a declinare. Bugie, inganno e meschinità… vizio femminile per
eccellenza è anche l’incapacità di tenere la propria lingua a bada; chiacchierona e pettegola la donna
non può fare ameno di immischiarsi negli affari altrui, come del resto la stessa Eva non riuscì a
tacere di fronte alle subdole domande del serpente.
D’accordo con una consolidata convenzione
iconografica, la Superbia è rappresentata da
una donna che si guarda allo specchio, simbolo
della vanità a cui il genere femminile si
considerava incline per natura.
Dietro alla Superbia come agli altri peccati
capitali, c’è il maligno, qui rappresentato dal
diavolo che regge lo specchio. Bosch ha
voluto fargli indossare una cuffia da
domestica, come a voler sottolineare la
capacità di infiltrarsi nella realtà quotidiana
sotto vesti insospettabili.
Per terra è raffigurato un cofanetto con i gioielli,
un altro simbolo dell’amore smisurato delle
donne per gli ornamenti e in generale per
l’aspetto esterno, contro cui gli uomini di Chiesa
e gli autori del periodo puntano spesso il dito.
Hieronymus Bosch, i Sette peccati capitali, 1475-1480, Madrid, Prado.
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IDEALE DI BELLEZZA
Abituati alle forme stilizzate e longilinee delle moderne top model, si capisce perché i visitatori dei
musei si domandino stupiti come i carnosi nudi di Rubens abbiamo mai potuto meritare l’etichetta
di “ belli” ; simili reazioni suscitano anche i ventri sporgenti nelle Veneri del Rinascimento nordico
o i volti pallidi e quasi malaticci di alcune eroine ottocentesche. Come l’attuale canone di bellezze
femminile riflette il gusto e la cultura del nostro tempo cosi anche in passato le donne sono state
ritenute più o meno belle a seconda del periodo storico e dell’area geografica. Al di là delle
specifiche caratteristiche dei canoni di bellezza che si sono susseguiti nel tempo, occorre
interrogarsi sui criteri che hanno spinto verso questo o quel modello, nel tentativo di arrivare al
significato del concetto stesso di bellezza femminile. Fattore determinante nella scelta dei modelli è
sempre stato la psiche maschile, che nell’immagine della donna ideale proietta i propri desideri, le
aspettative nei confronti dell’altro sesso. Nella mitologia greca questo processo è bene illustrato dal
mito del Giudizio di Paride: a decidere a chi è la più bella tra Giunone ( potere ), Minerva ( scienza
e arte ) e Venere ( amore ) sarà proprio lui, Paride, solo dopo aver saputo quali doni avrebbero
offerto come compenso le tre dee in caso di vittoria. La scelta ricade su Venere che gli promette di
realizzare i suoi sogni amorosi dandogli in moglie la mortale più bella sulla terra, la fatale Elena Di
Troia. Sin dagli inizi, quindi, l’idea di bellezza femminile assume una dimensione spiccatamente
fisica e sensuale che percorre l’intera storia occidentale.
Raffaello, le tre Grazie, 1504-1505, Chantilly, Musée de Condé.
38
Dalla metà del Quattrocento la
veduta di profilo si impone in
Italia
come
modello
per
eccellenza. Si tratta di una
tipologia che sottolinea la
bidimensionalità
della
rappresentazione
più
attenta
all’aspetto simbolico che non alla
resa
naturalistica
personagli
Il sontuoso
abito,della
i gioielli,
ritratta.
oggetti nella nicchia hanno il
compito di trasformare l’immagine
della donna in un’icona di
perfezione, esaltandone la bellezza
sia esteriore che interiore.
I tratti del volto appaiono
fortemente idealizzati, così come le
forme del corpo. L’artista mira non
tanto a registrare fedelmente le
fattezze della donna, quanto a
ricordarla come esempio di
bellezza e virtù femminile,
secondo gli ideali rinascimentali.
Domenico il Ghirlandaio, Giovanna Tornabuoni, 1488, Madrid, Mueso Thyssen-Bornemisza.
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CORPO FEMMINILE
Per la tradizione cristiana il corpo femminile è a un tempo custode del bene più prezioso che la
donna possieda, la verginità, fragile tesoro da salvaguardare, ed emblema del peccato della carne,
insidioso nemico da combattere. Da una parte la donna è quindi invitata a preservare integro il
proprio corpo nell’esercizio della virtù, dall’altra viene educata nel rifiuto della dimensione fisica
anche attraverso il digiuno e la penitenza corporale. Bene da tutelare e male da reprimere; a queste
due visioni si corrispondono due modelli iconografici molto diffusi durante la prima età moderna
che vedono rispettivamente Maria come il giardino chiuso e fortificato che funge da metafora della
sua verginità immacolata, e il corpo punito e martoriato della Maddalena penitente come simbolo
ella liberazione del peccato. Tra la perfezione mariana e le esperienze estreme della peccatrice
pentita, la realtà vissuta dalla maggior parte delle donne conduce a un rapporto più equilibrato con il
proprio corpo non esente tuttavia da contraddizioni, come ben illustra la questione
dell’ornamentazione e dell’abbellimento del proprio aspetto. Benché praticata sin dalla notte dei
tempi, costituisce un argomento controverso, talvolta combattuto con forza poiché ritenuto
moralmente e socialmente pericoloso. Intrigante e minaccioso, il corpo femminile affascina e fa
paura, attrae e respinge, suscita infinite reazioni, che possono esser anche di segno opposto ma mai
indifferenza, come Paul Cézanne sembra voler suggerire nella sua personale visione dell’eterno
femminino.
Il giardino del Paradiso è raffigurato come hortus
conclusus. Chiuso e protetto dall’esterno da una mura
fortificante, il giardino si conferma una metafora della
verginità intatta di Maria, che sin dalla metà del VI
secolo è riconosciuta dalla Chiesa come verginità
dogmatica.
Come il corpo di Maria, anche il giardino del
Paradiso rimane estraneo al peccato. I simboli del
male che vi appaiono sono ridotti a meri aneddoti,
non rappresentando alcun pericolo. Così il
diavoletto scimmia ai piedi di San Michele
incrocia le mani, come se avesse capito l’inutilità
di una qualsiasi azione.
Maestro del Giardino del Paradiso, il Giardino del Paradiso, 1410,Francoforte, Staldelsches
Kunstinstitut.
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NUDO
Sei il nudo muliebre inizia a essere raffigurato nel Neolitico in quanto simbolo del potere
rigeneratore del sesso femminile, nella Grecia antica questo tema assume nuove valenze estetiche
riprese con forza nella prima età moderna in poi, dopo che nel medioevo il nudo femminile è stato
circoscritto alla rappresentazione del peccato attraverso la figura di Eva, delle condannate
all’inferno e delle personificazione dei vizi capitali. Sarà il Rinascimento e la sua passione per il
mondo classico a determinare il definitivo ripristino del nudo antico, sia dal punto di vista
iconografico sia dal punto di vista concettuale. Sottoposto a un accurato processo di idealizzazione,
il corpo della donna nuda viene soggetto per eccellenza dell’arte elevate, protagonista persino della
formazione accademica a condizione che sia inserito in un contesto mitologico o storico nobilitante
e che sia estraneo a connotazioni di natura esplicitamente erotica: le Veneri, le Diane, le Susanne, le
Betsabee possono continuare ad esibirsi nude e seducenti in quanto appartengono a una dimensione
sovrannaturale che le esime dalle rigide regole del decoro. La donna in carne ossa tanto umana da
avere un nome e un cognome, potrà mostrare i suoi incanti più nascosti solo dalla metà
dell’Ottocento in poi, non senza suscitare grande scandalo.
Soggetto molto popolare del Rinascimento, il
Giudizio di Paride permette all’artista di
approfondire il tema del nudo femminile in
rapporto al concetto di bellezza, questione su
cui l’eroe greco è chiamato a esprimersi.
In questo caso l
mito di Paride
offre il pretesto per
rappresentare
il
nudo femminile in
tre diversi punti di
vista: frontale, di
profilo e da tergo.
Lucas Cranach il Vecchio, il giudizio di Paride, 1528, New York, Metropolitan Museum.
MUSA E MODELLA
L’ispirazione è sin dall’antichità immaginata in veste femminile nelle figure delle muse, ritenute dai
classici le depositarie della saggezza e quindi le protettrici delle arti. Uno sguardo veloce alle
biografie e alle opere degli artisti del passato suggerisce che in non pochi csi il mito della dona
ispiratrice è diventato realtà. Rubens, Rembrandt, Boucher, Rossetti, Dalì, non sembra certo un caso
che in molti dei maestri che più si sono appassionati all’universo femminile abbiano avuto al loro
fianco compagne pronte a posare per interminabili ore, capaci anche di dare preziosi suggerimenti o
di sollevare critiche sostanziali. Musa e modella è spesso la moglie, l’amante, ma anche la sorella,
la madre, donne con cui l’artista ha un legame affettivo o familiare; altre volte è il turno della donna
che posa per i soldi, prima negli atelier privati e successivamente nelle accademie, Già dalla fine del
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Settecento il nudo femminile comincia a essere studiato anche dal vivo, grazie al crescente impiego
di modelle. Nasce cosi la figura della modella professionale, un ruolo oggetto di pesantissimi
pregiudizi sociali legati allo stereotipo della modella di facili costumi dell’artista donnaiolo, ma che
tuttavia attira molte ragazze provenienti dalla campagna o dai quartieri urbani più popolari, in un
periodo in cui le possibilità di guadagno per una donna erano assai limitate. Non meno importante,
l’attività di modella permette a queste giovani di osservare da vicino il lavoro dell’artista e magari
anche di imparare le tecniche, aprendo in questo modo la strada a una carriera artistica propria.
Gustave Courbet, L’atelier del pittore, 1855, Parigi, Mesée d’Orsay.
George Romney, Lady Hamilon come Circe, 1782, Londra, Tate.
ICONE DI MODERNITA’
La comparsa dei nuovi mezzi come il cinema e la televisione comporta un mutamento radicale del
mondo della comunicazione visiva. Nel caso specifico delle donne, si viene a completare un
processo iniziato negli anni trenta e quaranta dell’Ottocento con la proliferazione delle riviste per
signore, ossia la nascita di un pubblico specificante femminile. Veicolo per eccellenza delle
illimitate declinazione della femminilità sono le celebrities, attrici, donne di spettacolo, signore
dell’alta società riproposte fino all’infinito dalle riviste patinate come vere e proprie icone di
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bellezza, di eleganza o di sessualità. Anche questo fenomeno ha radici più lontane di quanto si
possa immaginare, si pensi alla crescente popolarità, dalla metà del XIX secolo in poi, di alcuni
personaggi del mondo del teatro e della danza, come Sarah Berndhardt ed Eleonora Duse.
Conquistata la fama sui palcoscenici, queste donne entrano nella categoria del mito con il prezioso
glamour. Più tardi sarà il turno dell’industria cinematografiche e delle bellezze hollywoodiane, da
Greta Garbo a Marlene Dietrich, Marilyn Monroe a Liz Taylor. Belle, misteriose e maledette,
queste icone del Novecento racchiudono i tratti salienti degli archetipi femminili per eccellenza,
dalla seduttrice alla femme fatale, a riprova della resistenza di un modello che è rimasto
sostanzialmente invariato. Quello che è del tutto nuovo è il modo in cui viene ora consumato dal
grande pubblico, compresi gli artisti della pop art che più volte si serviranno delle immagini di
queste icone per riflettere appunto sul fenomeno della comunicazione di massa.
L’immagine dell’attrice è la stessa che si
ripete in tutta la serie delle Marilyn, con
l’unica variazione del colore. L’obiettivo è
quello di contestare il concetto di genialità
individuale. Conseguenza della ripetizione
ossessiva è anche la perdita di significato del
soggetto, in questo caso l’icona Marylin.
Amante degli effetti cromatici, Warhol concentra
l’attenzione sul rossetto delle labbra, il trucco
degli occhi, e i capelli biondi. Tuttavia le
macchie
di coloro non corrispondono
perfettamente ai contorni, a causa dell’impiego
del procedimento della quadricromia. Il risultato
sembra quasi voglia suggerire che il volto di
Marylin non è che un’illusione costruita.
Andy Warhol, Blue Marylin, 1964, University Art Museum.
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Perché la donna è più oggetto che soggetto d'arte? Forse perché è meno alienata
dell'uomo? Forse perché in lei vive più forte un passato che l'uomo col suo presente
vuole
tenacemente
e
irrazionalmente
superare?
La donna non ama relegare all'arte la necessità di una comunicazione che deve invece
essere diretta, immediata, tra due persone vicine, vive, non divise da una tela, da una
rappresentazione simbolica, astratta.... (Galarico)
Posto che si possa parlare di oggetto in senso rappresentativo, nell'iconografia antica, la donna
risulta essere prevalentemente associata all'idea della fecondità, della bellezza e della natura: anche
quando la mostrano nuda, le sculture mesopotamiche sanno evidenziare aspetti della sensualità che
sono strettamente connessi ad una funzione religiosa. In tale senso ella è protagonista della vita,
mediatrice tra la dimensione profana e quella spirituale, poiché sacralizza persino la prostituzione
come esperienza 'unica' a vantaggio della collettività, così come Erodoto tramanda.
Ogni donna di quel paese deve sedere nel
tempio di Afrodite una volta nella sua vita e
fare l'amore con uno straniero. Molte,
sentendosi superiori per la loro ricchezza,
sdegnano di mescolarsi con le altre e si fanno
trasportare sopra un carro coperto fino al
tempio e lì si fermano, con un gran seguito di
servitù.
La maggior parte invece si comporta come
segue: nel recinto sacro di Afrodite siedono in
molte con una corona di corda intorno alla
testa, alcune arrivano, altre se ne vanno; con
delle funi tese fra le donne si ottengono dei
corridoi rivolti in tutte le direzioni: gli stranieri
passano attraverso di essi e fanno la loro scelta.
Una donna che si sia lì seduta non se ne torna a
casa se prima uno straniero qualsiasi non le ha
gettato in grembo del denaro e non ha fatto
l'amore con lei all'interno del tempio; gettando
il denaro deve pronunciare una formula:
«Invoco la dea Militta». Con il nome di Militta
gli Assiri chiamano Afrodite. L'ammontare
pecuniario è quello che è e non sarà rifiutato:
non è lecito perché tale denaro diventa sacro.
La donna segue il primo che glielo getti e non
respinge nessuno. Dopo aver fatto l'amore, e
aver soddisfatto così la dea, fa ritorno a casa e
da questo momento non le si potrà offrire tanto
da
poterla
possedere.
Le donne avvenenti e di alta statura se ne
vanno rapidamente, ma quelle brutte
rimangono lì molto tempo senza poter
Raffigurazione di Ištar, Parigi, Louvre.
Terracotta sollievo, II ° millennio aC. Da
Eshnunna.
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adempiere l'usanza; e alcune rimangono ad
aspettare persino per tre o quattro anni. Una
usanza assai simile esiste anche in qualche
parte dell'isola di Cipro. (Trad. Fulvio
Barberis)
Quanto all'alienazione, credo si sia soliti alludere ad un disagio identificato e codificato come tale
soltanto in età moderna, allorché la presenza delle donne artiste, nel panorama culturale, è assai
meglio documentata, rispetto all'arte classica. Non so proprio se, ai nostri giorni, l'alienazione possa
essere infatti qualificata in base a descrittori declinati secondo parametri maschili o femminili.
Per addentrarmi in un discorso relativo al legame con il passato più radicato nella donna e ricusato
"tenacemente e irrazionalmente dall'uomo" dovrei possedere conoscenze di psicanalisi che i miei
studi,
un
po'
settoriali,
hanno
fino
ad
oggi
trascurato.
L'inconscio è così rigoroso nella distinzione maschio/femmina? Ammetto candidamente di non
saperlo: spesso mi sorge il dubbio che molti uomini dialoghino interiormente con un altro da sé che
possiede sensi e passioni molto in contatto con pulsioni degne di una donna; peraltro credo che
anche in molte femmine interferiscano spinte aggressive e creative degne di un uomo.
In ultima analisi, per me, è molto difficile dire una parola definitiva sul modo di comunicare delle
altre donne, soprattutto se si tratta di artiste. Posso solo affermare che, in una pinacoteca, riesco a
distinguere il pennello femminile da quello maschile soltanto se riconosco la mano dell'artefice,
diversamente non sarei in grado di operare identificazioni sessuali sulla base della combinazione del
colore, delle linee, della luce e soprattutto dei sentimenti espressi sulla tela.
Nell’arte una delle figure più suggestive è la donna; questa creatura è raffigurata e riprodotto sin
dall’origini e la sua essenza cambia e si modifica di pari passo con l’emancipazione storica del
gentil sesso nella storia dell’Occidente. Con il passare del tempo, dalla preistoria all’età attuale, il
modo di rappresentarla è mutato radicalmente più volte, e così anche le simbologie collegate con
essa.
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PREISTORIA
circa 23.000 ac. Aurignaciano
Museo di Storia Naturale di Vienna
h. 11cm in roccia calcarea ricoperta d'ocra rossa.
Venere Neolitica, terracotta,
Cecoslovacchia. Data non definita.
Le prime immagini femminili risalgono a circa 30.000 anni fa.
L’artista vedeva nella donna l’immagine della fertilità attraverso cui era possibile accrescere il
gruppo, avere più braccia per lavorare nei campi e per la caccia e garantiva la sopravvivenza degli
stessi uomini preistorici.
La donna aveva il compito di procreare e di dedicarsi all’agricoltura, mentre gli uomini si
dedicavano alla caccia e alla difesa della tribù.
L’attività agricola probabilmente fu una “invenzione” della donna, si è pensato che abbia imparato a
riconoscere le erbe commestibili osservando gli animali mangiare, il ritorno dello stesso animale
nello stesso posto per nutrirsi nuovamente rassicurava la donna sulla bontà della pianta.
E proprio durante la preparazione dei cibi raccolti dal terreno che alcuni semi caduti a terra
avrebbero dato vita a nuove pianticelle.
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Con il ripetersi del miracolo più volte non fu difficile alla donna comprendere l’importanza e farlo
accadere di nuovo.
La farina nell’età neolitica veniva prodotta dalle donne sfregando una pietra piatta su un’altra
appoggiata per terra.
Sin dall’arte preistorica la donna compare nell’immaginario collettivo della società umana come
una figura dalla duplice entità:
• ineffabile, angelica, creatrice e nobilitante per l’Uomo
•
deviante, distruttrice, degradante, malvagia, demoniaca / diabolica e dannosa per l’Uomo
In Occidente la donna acquisisce una sorte unica e contraddittoria, dovuta alla mistione delle due
entità attribuitegli.
L’arte delle bande di cacciatori e raccoglitori del Pleistocene riserva alla donna una posizione di
spicco e di dominio sul mondo; le statuette femminili dai corpi “voluminosi” con seni, glutei e
fianchi prominenti sono il riflesso di questa visione di sommo valore e di funzione creatrice,
“riproduttiva” e civilizzatrice per la Terra e in particolare per l’Umanità. Queste sculture sono dette
Veneri per l’indiscussa caratteristica sessuale e la forte accentuazione dell’aspetto fisico della donna
come sesso adibito alla procreazione e al perpetuarsi della rinascita e della vita; per questo sono
avvicinate a Venere, la dea dell’Amore, della fertilità, sessualità e della bellezza.
Sono oggetti legati al culto sciamanico della fertilità e della fecondità esclusivamente femminile.
Vengono definite dagli storico-religiosi la riproduzione delle Dee- Madri o Madre-Terra , Signora
della Vegetazione e degli Animali; non esiste una certezza sull’interpretazione di un culto di un
unico grande Spirito(Essere divino/Dea)femminile o di più Spiriti della realtà fenomenica femminili
legati alla vita. I riti rivolti a questi culti femminili spesso sono stati connessi a sciamani donna o
travestiti da donna per la comunione con il sacro e un contatto con il divino come si può ravvisare
nelle attuali bande etnologiche; si tratta di un comparatismo antropologico non totalmente
confermabile dalla mancanza delle evidenze archeologiche al riguardo. Restano Veneri sparse negli
insediamenti umani e pitture o graffiti che raffigurano animali o scene di caccia.
Le comunità di agricoltori e allevatori dell’Olocene esaltano nell’arte l’importanza della donna
come una forza divina che, “essendo al di sopra delle vicende umane”, agisce senza curarsi del
mondo a favore del ciclo della natura e della fertilità. Questa energia è identificata da queste civiltà
come un essere soprannaturale femminile; si conservano Veneri, realizzate con forme allungate
filiformi e geometrizzate.
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Potnia Theron – Dea madre dei Serpenti, Dea dei Serpenti
Egeo, Creta 1600 a.C.
PROTOSTORIA
Nell’Eneolitico il processo di astrazione si sviluppa maggiormente con dee della Terra
geometrizzate e non più “naturalistiche”; subentra l’elemento maschile e spesso compaiono sculture
femminili che lo “celano”
• nella forma che si crea girandole sottosopra
•
nella forma triangolare
•
nella sagoma fallica.
La sessualità, come fecondità e come strumento della creazione, è uno degli elementi più ancestrali
che legano l’arte alla donna. La donna, come gli animali nella tradizione arcaica dell’umanità, è un
essere vivente che più di ogni altra cosa ,per via della sua fecondità, maternità e bellezza, è vicino al
divino e alla perfezione. Può comunicare con gli spiriti, dare la vita e creare una famiglia; è la
compagna perfetta dell’essere più strano e curioso del cosmo: l’Uomo.
Il mito della donna è nel periodo più antico dell’umanità legato alla Natura e alla ricerca delle cause
fenomeniche della realtà. Le rappresentazioni fino all’Eneolitico sembrerebbero rimandare ad una
supremazia culturale e religiosa sull’Uomo. Lo sviluppo di società patriarcali e “maschili” con
l’arrivo degli Indoeuropei nell’Era dei Metalli capovolge l’immaginario della donna che non è più
sola e indiscussa dea della fertilità e della sessualità, ma prima viene affiancata da esseri maschili e
successivamente emarginata sul piano sacrale.
Gli Indoeuropei con le loro figure (antropomorfe, di divinità,di Eroi e di Uomini) modificano la
concezione filosofica e cultura delle società con la progressiva restrizione degli attributi divini e
della posizione sociale della donna; l’arte di questo frangente storico, prima della Scrittura in
Occidente presenta:
• l’oggettualizzazione del corpo femminile con dee dell’Amore, nate per il piacere delle
divinità maschili e sottomesso ad altri fattori soprannaturali
•
la desacralizzazione del corpo femminile
•
l’istituzione della prostituzione sacra
48
•
la canalizzazione del retaggio matriarcale e matrilineare nella formazione di culti
misterici(culti e riti contemplanti:cosmologia, legge del caos, cosmogonia, magia,
stregoneria e retaggio di culti femminili della Terra delle Veneri), esoterici e femminili che
esasperano determinati preconcetti, tabù, pregiudizi e oppressione della donna nella società
arcaica.
Le immagini dell’età Protostorica(età dei Metalli) sono un’espressione di una svalutazione delle
potenzialità “magiche” della donna si trovano ancora esempi di divinità realizzate in vari materiali
legati alla sacralità della donna signora della natura e madre della Terra.
La donna protostorica è:
• Dea dell’Amore
•
Dea dei fenomeni catastrofici come la Tempesta(Dea Llilith)
•
Dea della natura animale(Dea dei Serpenti)
•
Eroina del mito
•
Fata, Maga o Strega
•
Personificazione o Allegoria(Nikè, Thukè, Provincia, Città ecc)
•
Prostituta
•
Demonessa o Diavolessa.
ANTICHITA’
Bisogna fare una distinzione tra le donne di Atene e di Sparta. Le ateniesi non godevano di diritti
propri come gli schiavi. Le fanciulle non potevano uscire dagli appartamenti loro riservati detti
ginecei. Uscivano solo per le feste religiose. Il marito veniva scelto dal padre all'interno del gruppo
parentale. Anche nel matrimonio le donne continuavano la loro vita da recluse e dovevano rimanere
appartate nei banchetti. Paradossalmente quelle delle classi più umili, lavorando fuori casa, andando
nei campi o nei mercati, godevano di più libertà di movimento. A Sparta una buona madre doveva
essere sana, robusta e vigorosa, tutte le cose che avrebbe trasmesso poi ai nascituri. Per questo
motivo venivano indirizzate all' attività sportiva ed erano soggette ad un minor controllo sociale
delle ateniesi. Solo quelle delle classi inferiori si dedicavano ai lavori domestici. La donna romana
era più libera della donna greca in quanto poteva partecipare ai banchetti, andare a teatro o al circo.
Il suo ruolo era all'interno della casa, nella famiglia. Era considerata per tutta la vita allo stesso
livello di un figlio minorenne. Non sempre il matrimonio coincideva con l'amore. Il motivo del
matrimonio (termine che non a caso deriva da MATER = MADRE) andava invece ricercato nei
figli. Ci si sposava innanzitutto per avere dei figli legittimi, cioè riconosciuti dalla legge.
L'istruzione dei figli era compito della madre nei primi anni. Successivamente i maschi venivano
affidati a un maestro. L'istruzione delle ragazze terminava a 12 anni.
Le civiltà classiche, Greca e Romana, hanno realizzato numerose sculture, pitture e ritratti di
donne;sin dal periodo Arcaico entrambe hanno mostrato la metamorfosi delle civiltà protostoriche,
conferendo una condizione inferiore sul piano umano per i Greci, una condizione quasi paritaria per
i Romani, che hanno subito il fascino della cultura Etrusca che vede la donna raffigurata al pari
dell’Uomo, posta sul medesimo livello, anche se alcune restrizioni giuridiche.
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Il culto del corpo nel mondo antico, Greco- Romano, è un elemento essenziale della
rappresentazione del corpo femminile. Mentre sia nel periodo Arcaico greco che in quello Romano
c’è lo stereotipo della ragazza o della signora (Kore) sempre con movimento bloccato e la
convenzione di “spezza/scomponi- copia e incolla” delle parti anatomiche con formule schematiche,
stilizzate e tipizzate, rigorosamente vestita con abiti “coprenti”.
Nel periodo classico la donna Greca e quella Romana subiscono una piacevole trasformazione; dal
V secolo a.C. compaiono nudi femminili con i canoni di Fidia e Policleto nel contesto del banchetto
e del mondo delle Etere. Il mondo Romano rimane più aggrappato rispetto a quello Greco alle
loriche e alle toghe come sostiene Plinio (Nat. hist., XXXIV, 18), riconoscendo che:” Graeca res
nihil velare, at contra Romana ac militaris thoraces addere”. Si parla soprattutto di ritratti.
Il ritratto femminile Romano riporta le fattezze di:
• Imperatrici
•
Matrone (senatrici)
•
Alto borghesi in ascesa politica
•
Schiave con abiti corti e “poco acconci”
•
Liberte
La nudità eroica femminile, che gioca un ruolo sacrale e fondante in Grecia, diviene esibizione
spettacolare del Bello e del mondo del teatro. La dimensione mitiche per la donna Romana è solo un
escamotage che traspone in una sfera temporale altra da quella storica valori etici e moniti della
tradizione. Il mondo classico concilia in maniera straordinaria il retaggio precedente sulla donna
con la nuova condizione di questa creatura nella società classica.(Es. la dea Cibele)
La nudità femminile è una espressione dell’oggettualizzazione della donna come oggetto del piacere
fisico maschile e di procreazione. Le civiltà Orientali antiche mostrano una situazione simile a
quella classica; si alternano culture con immagini di donne che dominano o distruggono il creato( le
immagini di kali donna) o di figure femminili complementari all’opposto genere maschile(
numerosi pantheon con le coppie).
Madonna col Bambino, tavola di scuola bizantina della metà del XIII secolo.
50
MEDIOEVO
Per questo secolo si usa spesso l'aggettivo "oscurantista" intendendo un periodo buio, capace di
produrre solo superstizione, pregiudizio, un rigetto per il nuovo in quanto tale, una società chiusa, i
cui luoghi di riferimento erano il feudo e il castello o il monastero. La vita quotidiana era in gran
parte dedicata alla lotta contro le calamità naturali, le invasioni, la fame, le malattie. Perciò il
sentimento prevalente era la paura che la chiesa stessa contribuiva ad alimentare facendo leva sulla
figura di Satana e sui concetti di Inferno Pena Punizione. Nelle predicazioni si dava per imminente
la fine del mondo. In un simile contesto la donna fece da capro espiatorio per ogni male presunto o
reale che fosse, essendo ritenuta un essere debole, quindi facile preda del peccato e del demonio.
Anzi si riteneva che con quest'ultimo potesse impossesarsi del suo corpo per contagiare chiunque
col suomalsano potere. Da qui il ricorso agli esorcismi, quando non si trattava addirittura del rogo.
Il secolo del grande scontro tra Europa cattolica ed Europa protestante (all'incirca dal 1550 e 1650)
produsse un fenomeno caratterizzato dall'esplodere dell'intolleranza detto "caccia alle streghe". Essa
fu praticata indifferentemente da cattolici e protestanti e servì come pretesto per eliminare molti di
coloro che non volevano convertirsi all'una o all'altra fede. Soprattutto nelle campagne molti erano i
sospettati di effettuare pratiche magiche di origine pagana. Nei secoli precedenti erano stati accesi
molti roghi, ma la stragrande maggioranza delle vittime era costituita da eretici. Così pure Giovanna
D'Arco fu considerata più eretica che "strega". Anzi le donne condannate nel Medioevo per
stregoneria furono un'esigua minoranza rispetto a quelle gettate nelle fiamme nel '500-'600. Di esse
si occupava l'Inquisitore che prevedeva le domande da porre, le torture da usare, la pena finale,
pretendendo di spiegare perché "il commercio col diavolo" allignasse sopratutto tra le donne. La
donna era il simbolo del male, della tentazione secondo radicate reminiscenze bibliche. Quindi
divenivano facile capro espiatorio in ogni periodo di grandi crisi e tensioni. Le vecchie, le vedove,
le erboriste erano prese di mira. Dopo terribili torture la condanna a morte era inevitabile. Erano in
genere accusate di volare a cavallo delle scope, attraverso i muri, scatenare catastrofi naturali,
gettare il malocchio.
Il medioevo segna una totale mancanza di corporeità della donna che si fa madonna, santa o angelo;
però si trovano pure raffigurazioni della seconda entità della donna, distruttrice e peccaminosa
attraverso le gerarchie maligne di demonesse e diavolesse.
La tridimensionalità e il “naturalismo” sono negati nelle figure medioevali; le demoni sono rese
prendendo in prestito l’iconografia delle divinità e delle figure semidivine pagane.
Questo è il contesto della nascita di alcune icone:
• Madonne che copiano le fattezze delle dee pagane
•
Strega con i capelli rossi e il gatto nero
•
Sirene coda di pesce e busto superiore femminile versione femminile dei Tritoni pagani,
esseri semidivini del seguito dei tiasi marini di Poseidone/Nettuno –Afrodite/ Venere
•
Sante e Martiri donna
•
Demonesse e Diavolesse dell’entourage di Satana divinità femminili orrorifiche o potenti
del pantheon.
La chiave di lettura di queste immagini risiede nel dualismo Bene-Male del Cristianesimo che non
ha mezze misure; si hanno quindi due tipi di donna:
• Angelo
•
Demone che ammalia l’uomo, spingendolo all’oblio.
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ETA’ MODERNA
Fu un secolo di rinascita civile fondato sul nuovo modo di considerare l'esistenza rispetto al
medioevo. Si riscoprì la cultura classica e si esaltarono le capacità dell'uomo nei vari campi, alla
ricerca dell'armonia e della bellezza. Fu un fiorire di corti, fulcro dei legami tra signori e uomini di
cultura, politici, ambasciatori, pittori, letterati, scultori che si mettevano al loro servizio. La donna
non rimase in disparte anzi valente protagonista della vita di corte fu la donna aristocratica che, al
pari del consorte, e forse in maggior misura, doveva sapere intrattenere, essere lei stessa istruita,
spesso danzare, cantare, poetare in prima persona, conoscere a perfezione il Galateo, organizzare
ricevimenti; in sintesi partecipare attivamente alla vita di palazzo. Al contrario la vita della donna
del popolo era assai misera e non era migliore rispetto al secolo precedente. Nell' XI secolo la
donna di alto rango iniziò una risalita sociale mentre nulla di rilevante accadde per la donna di
umile condizione. Il mutamento si ebbe dal momento in cui migliaia di feudatari e cavalieri
partirono per le crociate e lasciarono i castelli in quasi totale abbandono per anni. La responsabile
assoluta del feudo divenne così la castellana. E' la dama che terrà il governo della corte, comanderà
i massari, riscuoterà i canoni, controllerà i raccolti, la macellazione del bestiame, riceverà i
visitatori, ammasserà le provviste per gli anni di carestia. Resteranno naturalmente anche i lavori
femminili tradizionali come il ricamo, taglio, il cucito. Come novità sul piano spirituale la
castellana sarà la prima a raccogliere il messaggio d'amore insito del vangelo e potenzierà un ruolo
prima trascurato: la carità verso i poveri e i pellegrini. Lei inoltre esercitò la medicina nel feudo,
conoscendo le proprietà terapeutiche delle erbe. La dama e la sua corte di paggi e ancelle dedicava
molte ore alla lettura e, nelle sale del castello, si leggevano le Sacre Scritture e Storie d'avventure e
d'amore; si faceva anche buona musica, si danzava, si componevano poesie. Questa nuova cultura
crebbe proprio nel mondo delle donne.
A partire dal 1400 l’Umanesimo prima, nel Rinascimento l’arte trova una nuova linfa; la donna
diviene lo strumento della rappresentazione del recupero della bellezza e della perfezione stilistica
delle forme degli antichi.
Si trovano in parallelo:
• Venere Maria
•
Personificazioni Sante
•
Vittorie Angeli
•
Grazie Virtù
•
Eros (Amore) Tanathos(Morte)
•
Stagioni Liturgia Cristiana
•
Erotini/Amorini/Nipotini/Cubitini ecc Putti e Angeli.
Si aggiungono a queste iconografie i ritratti delle aristocratiche del 400 e del 500 con ilo recupero
del ritratto Romano.
Dominano nella scena dal 500 al 700 di donne al potere:
• imperatrici
•
regine
52
•
amanti del Re
•
meretrici
•
nobili
ETA’ CONTEMPORANEA
La rottura con il mondo accademico segna una svolta dovuta al Pensiero Romantico, Decadentista e
antiaccademica porta la donna ad avere una posizione ulteriormente sottolineata dalla stimolazione
degli studiosi dell’epoca di una questione detta proprio questione femminile che nasce in seno al
verismo e al naturalismo /realismo come denuncia sociale della condizione dei lavoratori e delle
donne.
La donna inoltre si fa strumento mediatico di comunicazione dello spirito ipocrita e perbenista della
società ottocentesca; alcuni nudi femminili come la Maya denuda, la donna de “La Petit De jeuner
sur l’erbe “, le “Tahitiane “, “Le bagnanti” ecc .mostrano una donna che combatte i pregiudizi della
sua società, che cerca intimità anche in contesti pubblici e che vuole creare una nuova società per
Gauguin(le tahitiane) con il ritorno allo stato “primitivo” come lo hanno enunciato gli esponenti
dell’Arte Naif o Primitiva.( come le divinità femminili ancestrali delle origini)
Dallo spirito Romantico con i sentimenti e le sensazioni di Goya(Maya) si arriva ad una denuncia
sociale della possibilità dell’emancipazione femminile e che arriva sino ad una esplorazione unica
poliedrica e che presenta tutte le caratteristiche del pensiero tra 800 e 900 arricchita da una scelta
personale optata da Klimt.
Pier Leonardo Pallari, chaos 1, olio su t
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LE DONNE NEL MONDO
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AFRICA
a cura di
Bandelli
Davitti
Mercado
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ARTE AFRICANA Gli aspetti caratteristici dell'arte africana sono da considerare fondamentalmente quattro. Il primo è
legato allo sviluppo dell'arte copta, etiopica ed a quella forse più nota che fa capo all'evoluzione e
all'influenza che svilupparono le espressioni dell'arte e della cultura egizia. Più in generale, inoltre,
sono notevoli le espressioni dell'arte islamica, interpretata in gran parte delle località della fascia
settentrionale del continente africano.
Vi è poi un aspetto legato all'arte rupestre (graffiti e pitture incentrati sulla rappresentazione della
fauna o di grandi figure umane incise con notevole realismo).
.
Un terzo elemento è costituito dai reperti archeologici. Nella zona centrale e meridionale dell'Africa
sono state scoperte ampie tracce di reperti archeologici: ne sono un esempio le imponenti rovine
rhodesiane di Zimbabwe e Mapungubwe e quelle di recente scoperta di Gebel Uri, a est del Ciad.
Le espressioni più importanti del periodo archeologico si sono sviluppate dal secolo IV al VII d.C.
nelle regioni comprese tra il Golfo di Guinea e il Sahara meridionale.
Notevole, infine, è l'arte che si è sviluppata nell'Africa Nera e che può essere definita "etnica", con
quattro principali aree stilistiche: la prima è rappresentata dai Bambara, dai Dogon e dai Senufo
(grandi maschere e statuaria di piccole dimensioni). La seconda è costituita da popoli discendenti in
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vario modo dalle culture di Ife e Benin: Ashanti, Baulé, Ibibo, Guro e Yoruba, popoli stanziati nella
fascia costiera tra il Senegal e il Camerun. Una terza area si può rilevare presso le etnie nilocamitiche: le espressioni artistiche di questi popoli si identificano con la tessitura e l'intreccio.
L'ultima area stilistica è costituita dalle produzioni dei popoli Bantu (Congo, Angola, Tanzania,
Camerun): tipiche realizzazioni sono quelle plastiche dei Mayumbe, dei Luba, dei Teké e dei Songe
(maschere di legno e di avorio, ceramica, tessuti)
Nella società pre-coloniale l'intero sistema produttivo ruotava essenzialmente attorno allo scambio
di bestiame, ed il matrimonio era uno dei principali strumenti per acquisirlo. La fitta rete di legami
intorno all'unione tra uomo e donna era il fulcro del processo produttivo di questa società. Tale
processo era regolato dal controllo dell'uomo sulle capacità produttive e riproduttive della donna e
veniva sancito dallo scambio donna-bestiamme. La buona riuscita del matrimonio era condizionata
dal livello di obbedienza e dal grado di fertilità che costituiva il principale strumento per crare
ricchezza. Era la donna a svolgere il lavoro agricolo necessaria alla sussitenza dell'unità famigliare e
ad essere al centro del meccanismo di acquisizione del bestiame, di conseguenza risultava essere
l'elemento economico centrale della società e per tanto godeva di un considerevole rispetto e
disponeva di un certo potere sociale. La situazione peggiora quando nell'800 arrivano i colonialista.
L'African Customary Law ha riconosciuto, esaltata e distorto i caratteri patriarcali della società
tradizionale, privando la donna africana di qualsiasi autorità e autonomia. L'accentuarsi della
divisione del lavor che identificava gli uomini con la sfera pubblica e le donne con quella domestica
finì per regalare a quest'ultima una posizione sempre più marginale. Esse furono private delle
premesse che in precedenza permettevano loro di piegare le regole a proprio vantaggio, ma nello
stesso tempo non erano ancora sotto la protezione dell'ordine giuridico formale. Esse divennero
delle vere e proprie "fuorilegge". Lo svilupparsi dell'attività mineraria ed il crescente livello di
profondità delle miniere fece aumentare rapidamente il bisogno di manodopera maschile a basso
costo. Per rispodere a tale esigenza il governo coloniale sviluppò il MIGRANT RURAL SYSTEM.
Le donne restavano generalmente vincolate al mondo rurale e divennero, l'effettive responsabili
dell'unità famigliare. Costrette a fronteggiare in solitudine lo sgretolarsi della sfera sociale del
mondo tradizionale, le donne africane si trovarono contemporaneamente escluse dal processo
produttivo industriale e quindi dalla possibilità di accedere alle aree industrializzate. Gli effetti del
MIGRANT LABOUR SYSTEM hanno provocato la tendenza al disfacimento del mondo
matrimoniale. La donna, spesso sola di fronte ai gravosi compiti di gestione della famiglia, divenne
sempre meno disposta a sottomettersi alle autorità dem marito che era prevalentemente lontana da
casa. Emersero così forme si struttura famigliare incentrate sulla figura femminile. Con il venire
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meno dei tradizionali legami uomo-donna si ebbe un forto incremento dell'adulterio, del divorzio,
dell'abbandono da parte di uno dei 2 coniugi e delle gravidanze pre-matrimoniali. La rottura dei
codici di comportamento tradizionali comportò inoltre l'inasprimento delle tensioni uomo-donna
che determinò a sua volta un forte incremento della violenza nei confronti delle donne, ed un
ulteriore sviluppo dell'AIDS. DA un lato lo sgretolarsi della famiglia patriarcale dava alla ddonnaa
una maggiore autonomia, dall'altro però la privava di sicurezza sociele e materiale.La donna del
mondo rurale veniva condizionata dalle lunghe assenze del marito così spinta dal bisogno di difesa
dell'unità famigliare, infrangendo i costumi tradizionali, raggiunse il proprio uomo nelle città. La
produzione di alcolici era storicamente riservata alle donne della cultura tradizionale africana. A
partire dalla città di Durban, nel 1908, si sviluppò il beerhall system, una forma di controllo
governativo degli alcolici che andò a colpire la popolazione femminile. Benchè punita da parte delle
autorità le donne organizzarono la gevistione delle sheebeen: qui si sviluppò la cultura marabi, fatta
di danza, musica, convivenza tra le diverse etnie e solidarietà. La seconda principale forma di
guadagno delle donne in città era quella di andare a servizio presso le famiglie dei bianche. La
donna nera era costretta a subire svariate forme di oppressione: salari bassi, orari impossibili,
molestie sessuali. Il sistema sociale patriarcale e le leggi dell'apartheid hanno fatto si che l'identità
sociale della donna nera fosse mediata dal rapporto con l'uomo e in particolare dal matrimonio.
Le donne africane si sono sempre coinvolte nelle grandi imprese e nelle lotte delle loro società. E
invece i media occidentali tendono a trasmettere di loro solo l’immagine di vittime: dell’ignoranza,
della miseria, della mancanza di cure… mostrare solo questo aspetto significa relegare nell’ombra
un gran numero di donne d’azione, protagoniste, per esempio, in quasi tutti i campi dell’economia,
dall’agricoltura al commercio passando per settori di punta come la ricerca o la finanza".
Le donne africane lottano per i propri diritti ma anche per la giustizia nelle loro società.
Combattono per i loro figli e insieme per tutti i figli d'Africa. Rivendicano il proprio ruolo sociale,
ma senza buttare a mare tutto ciò che fa parte della tradizione, e che le ha rese ciò che sono.
Visto con occhi da europea sembrerebbe una sfortuna nascere donna in Uganda,infatti chi deve
sopportare forti dolori, fatiche e, come sembra, sottomissioni,pare sia dotato di qualità che in
qualche modo pareggiano la mancanza di una vita meno provata dalla fatica.
Il primo impatto con le persone avviene nella comunità del Boom Women’s Group.
Si entra nell’universo Africa al femminile dove, nonostante le donne non sono considerate che
merce di scambio, di riproduzione e di lavoro a 360 gradi, sono quelle che reggono la comunità e la
micro
economia.
Ci stupisce che una donna senza prole non è considerata una donna, che il suo ruolo servile e
sottomesso
è
il
ruolo
più
giusto.
Non sono giudizi ma sensazioni: queste bambine nascono con uno scopo ben preciso, la
continuazione della specie e a questo dedicano l’intera vita. Questo comporta sottomissione, tanto
lavoro e nessuna considerazione: ebbene queste creature sono assolutamente forti, potenti, pronte
alla vita. Non è facile accettare di fare tanti figli perché la mortalità infantile, in Nord Uganda, è alta
e il proprio futuro di anziano è in mano ai figli
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Ellen Johnson Sirleaf
Ellen Johnson Sirleaf è nata a Monrovia nel 1938. Ha studiato economia al College of West Africa
poi negli Stati Uniti, dove si era trasferita nel 1955 dopo la fine del suo matrimonio e dove ha
conseguito un master in amministrazione pubblica alla Harvard John F. Kennedy School of
Government. Nel 1972 tornò nel suo paese di origine per lavorare come assistente al ministero della
Finanza con il governo dell’allora presidente William Tolbert. Dopo il colpo di Stato del 1980, fu
catturata e detenuta per alcuni mesi. Una volta libera, lasciò di nuovo la Liberia per evitare le
persecuzioni del nuovo regime.
Con il colpo di Stato prese il potere il sergente maggiore Samuel Kanyon Doe, che introdusse di
fatto una dittatura di stampo militare. Nel 1989 scoppiò la guerra civile e Doe fu ucciso dalle forze
del Fronte Indipendente Patriottico per la Liberia. Dai sanguinosi conflitti etnici che seguirono per
anni emerse la leadership di Charles Taylor, uno dei signori della guerra più potenti del paese, che
divenne presidente nel 1997, battendo proprio Ellen Johnson Sirleaf, che nel frattempo era tornata
in patria. La feroce dittatura di Taylor diede inizio a una nuova guerra civile, che si concluse solo
nel 2003 con gli accordi di Accra e il suo esilio in Nigeria. Al termine della guerra erano morte più
di duecentomila persone.
Nel 2005 Ellen Johnson Sirleaf si candidò per la seconda volta alle presidenziali e le vinse al
ballottaggio contro George Weah, ex calciatore di Paris Saint Germain e Milan. La sua attività si
concentrò da subito sulla ricostruzione economica del paese devastato da anni di guerra civile e sui
diritti delle donne, che erano stati al centro della sua agenda politica fin da quando, giovanissima, si
era separata dal marito che aveva sposato a soli 17 anni.
Nelle ultime settimane alcuni dei suoi oppositori avevano chiesto alla Corte Suprema della Liberia
che dichiarasse illegittima la sua candidatura, sulla base di un articolo della Costituzione che
stabilisce che i candidati debbano avere avuto la residenza in Liberia per almeno dieci anni
consecutivi. Ieri la Corte Ha respinto la richiesta dicendo che la condizione non può evidentemente
valere considerate quali erano le condizioni politiche della Liberia fino a pochi anni fa. Lunedì
Sirleaf affronterà altri sei candidati, tra cui di nuovo l’ex calciatore George Weah e l’ex signore
della guerra Prince Johnson.
Ellen Johnson è la prima donna nera nel mondo presidente di uno stato (Liberia) e anche la prima
donna eletta come capo di stato in Africa; Wangari Maathai ha ottenuto nel 2004 Il premio Nobel
per la pace; Nadine Gordimer si è vista attribuire il Nobel per la letteratura nel 1991; Miriam
Makeba è diventata una cantante di successo a livello internazionale per il suo impegno politico
contro il regime dell’apartheid e per essere stata delegato alle Nazioni Unite ed ancora Animata
Traoré, ministro della cultura del Mali e ideatrice del Forum sociale africano, è diventata famosa
per le sue denunce radicali del neoliberismo e contro l’oppressione dell’Africa.
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Zanele Muholi
L’attivista sudafricana che ricompone i “frammenti di una
nuova storia”
Nonostante le poche informazioni a noi provenutoci dato l’assoluto stato di omertà che
riguarda le popolazioni africane e le loro situazione sappiamo che cè una donna che cerca di
sovvertire queste istituzioni infatti..Zanele Muholi è una donna sudafricana che racconta
attraverso le immagini la realtà della comunità nera di lesbiche, gay, transessuali e trasgender,
contrastando una lettura e una scrittura maschile e maschilista della storia.
Fotografa conosciuta a livello mondiale si definisce anzitutto un’“attivista visuale”. Nata a
Umlazi nel 1972, Zanele Muholi ha trascorso diversi anni a documentare i crimini omofobi e
razzisti compiuti nel Sudafrica post-apartheid: omicidi e “stupri correttivi” praticati come “cura”
dell’omosessualità, tacitamente accettati dalla maggior parte della popolazione e giustificati ai fini
di una rieducazione alla norma(lità).
Queste violenze sono una realtà molto diffusa in Sudafrica tanto che nella sola Città del Capo
l’organizzazione locale Luleki Sizwe denuncia una media di dieci “stupri correttivi” a settimana
contro le lesbiche nere, soprattutto quelle appartenenti alle fasce più povere della popolazione.
“I always say to people that I’m an activist before I’m an artist. To me, you take a particular photo
in order for other people to take action. So you become an agent for change in a way. I say that I
am a visual activist because it’s important to me to go beyond just being a photographer. Because
you know, that sounds so sexy and it’s a ‘profession’. I think to myself what’s the point of just
taking a picture? What happens after that? I’m doing what I’m doing to make a statement and
also to say to people: This is possible.”
Zanele Muholi ha iniziato il suo percorso fotografico con il desiderio di commemorare le persone
a cui non è dato spazio tra le pagine dei libri e che, anche nella quotidianità, si tenta di eliminare,
sia concettualmente che fisicamente. È nato così il progetto Faces and Phases che ritrae i volti delle
lesbiche nere incontrate in Sudafrica, Canada, Europa e in altri Stati africani. Dai loro sguardi, che
grazie alle sue opere possiamo incrociare in un delicato e profondo faccia a faccia, emergono la
determinazione, le scelte, la dignità, le lotte, la complicità, la fierezza e la rivendicazione del
“diritto ad essere pienamente sé stesse e a poter amare liberamente”.
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Le immagini raccolte da Zanele sono un prezioso documento storico e un intenso archivio
emozionale sulla sessualità e sulla questione di genere nel continente africano. Nonostante i
numerosi riconoscimenti internazionali (tra gli altri, il premio Casa Africa alla Biennale di Bamako
del 2009), la fotografia resta per lei lo strumento che permette di raccontare i sentimenti e le
storie d’amore delle persone che incontra, i cosiddetti “frammenti di una nuova storia”.
A fine 2011 è stato reso pubblico il report delle Nazioni Unite che illustra la situazione della
comunità LGBT a livello mondiale, monitorando le discriminazioni contro le persone con un
diverso orientamento sessuale.
Ancora una volta parlare di diverso (orientamento sessuale) presuppone una norma dalla quale una
presunta diversità si allontanerebbe. E se, invece, considerassimo come norma la complessità e la
singolarità degli individui e come diversità le infinite sfumature tra questi?
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ASIA
a cura di
Messina Alessia
Palloni Lorenzo
Stefanelli Tiberio
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In molto paesi asiatici c'è una varia differenza tra donna e uomo, tutto questo è influenzato anche
sull'equilibrio demografico. Le ragioni sono insieme politiche, economiche,sociali,culturali e
religiose. Molti uomini cinesi non possono sposarci per mancanza di donne, per esempio in molti
villaggi dello stato indiano, gli uomini si vanno a cercare una sposa in altri stati del paese. La
condizione femminile in Asia è una delle peggiori al mondo nonostante i passi da gigante fatti
nell'economia. Il tasso di scolarizzazione delle bambine inferiore a quello dei maschi e il divario
nella partecipazione delle donne nei parlamenti nazionali. Per una donna Europea è molto difficile
immaginare che cosa significhi essere donna in Asia.
Le donne Pakistane
Hanno subito nella storia e subiscono tuttora discriminazioni di genere; vengano stuprate e
violentate. Un fenomeno molto diffuso è la violenza domestica, non è considerato un crimine
quanto piuttosto un affare privato di famiglia. In Pakistan si registra una media di oltre 4 casi locali
ogni settimana di donne bruciate vive, 3 su 4 con conseguente morte. Ci sono loti delitti d'onore,
rapimenti, torture.
Le donne in Afghanistan
In Afghanistan, i diritti delle donne sono molto rigide grazie alle severe regole date dall'esercito
talebano. I talebani sono abituati a violentare le donne e i ragazzi per soddisfare la loro lussuria
criminale. Le condizioni di vita delle donne in Afghanistan: le donne non fanno parte della società,
le donne del paese sono delle zombi, non è permesso farsi curare, istruirsi o divertirsi. Vengano
legate per strada a causa delle più strane ragione e le loro mani vengono tagliate se rubano un pezzo
di pane. Il luogo delle donne è solo quello di soddisfare i bisogni sessuali dell'uomo, di procurare e
fare le faccende domestiche, non hanno il diritto di lavorare e non possono lasciare la case se non
con un maschio che le scorti (di solito un parente stretto). Nessuna donna può essere curare ad
operare da un medico di sesso maschile; sono costrette a indossare i Burqa, senza forma, per
nascondere completamente i loro corpi, non possono mostrare neppure le caviglie o i polsi, non
possono mettere trucco,tacchi che fanno rumore, ne cantare. Queste restrizioni sono imposte a causa
del fatto che le donne sono viste come tentatrici dell'uomo per distogliere dai suoi doveri verso Dio.
Ad esempio le finestre delle case sono state dipinte in modo che nessuna donna possa essere vista
dall'esterno. Alle donne non è permesso farsi fotografare o stampare sui giornali. Per le donne c'è
una grande differenza nelle condizioni di vita prima o dopo i talebani.
La donna in Cina
La Cina è un paese dove le discriminazioni verso le donne sono più acute, anche le donne al potere
è strutturalmente sfavorevoli. La politica del figlio unico promessa da Pechino ha causato la
soppressione di feti femminili e l'uccisione di bambine appena nate; questo massacro silenzioso,
avallato dalle autorità, ha determinato un profondo disequilibrio di genere in Cina, secondo le stime
delle Nazioni Unite. Oggi nel paese del dragone vi sono 118,1 maschi ogni 100 femmine, la media
mondiale si attesa sui 105 ragazzi ogni 100 ragazze. La globalizzazione, le maggiori possibilità di
comunicazione e informazione, le migrazioni,stanno però cambiando la considerazione femminile
anche qui. Ancora oggi avere una figlia in Cina è una disgrazia. Il 14 gennaio 2011 a Taiwan hanno
visto per la prima volta una candidata donna tsai Ingwen per le lezioni per il nuovo presidente. Le
donne Cinesi sono costrette al silenzio da secoli di obbedienza e paura. In altri paesi dell'Asia come
in Giappone; le donne sono libere, le condizioni delle donne è diminuito. Le donne hanno
partecipato in fabbrica, lavorano nei campi, sono alla pari degli uomini e hanno avuto il diritto di
voto nel 1946.
Mirabai 1498-1565
Nato da una famiglia privilegiata indù, Mirabai ha rotto con le convenzioni della società a vivere la
vita di un mistico e devoto di Krishna. Per il suo stile di vita anticonformista la sua famiglia ha
cercato di ucciderla.
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Jiang Qing
La moglie del presidente Mao. Ella ha acquisito
un enorme potere durante le repressioni della
rivoluzione culturale. Ha abusato della sua
posizione per perseguire i nemici politici e
target qualcosa di intellettuale o artistico dopo la
morte di Mao fu processato e condannato.
Indira Gandhi
Prima donna, primo ministro dell'india. Lei era al poter tra 1966.1977 e dal 1980.1984. Accusata di
tendenze autoritarie che solo per poco evitato un golpe militare, decidendo di tenere le elezioni alla
fine del periodo di emergenza del 1977. Fu assassinata nel 1984 dalle sue guardie del corpo Sikh.
Nel 1999 è stata votata la donna più grande degli ultimi 1000 anni in un sondaggio effettuato dalla
BBC news. E’ stata una politica indiana. Fu l'unica figlia di Kamla e Jawaharlal Nehru, il Primo
Ministro dell'India. Prese il nome dal marito Feroze Gandhi, il quale non era in alcun modo
imparentato con il Mahatma Gandhi, fu madre di Rajiv Gandhi suo successore. Fu nominata Primo
Ministro dell'India il 19 gennaio 1966. Nel 1967, per la prima volta, il Partito del Congresso subì un
forte calo di consensi dovuto alla forte presenza di correnti di estrema sinistra in alcuni governi
regionali. Il partito si divise in due tronconi, unoconservatore e l'altro progressista. In questa
situazione di incertezza Indira Gandhi agì in maniera apparentemente non coerente: dapprima usò la
forza per abbattere i governi di sinistra dell'Uttar Pradesh e del Bengala Occidentale;
successivamente, dopo la vittoria della destra nelle consultazioni elettorali del 1968-69, sembrò
assumere posizioni più vicine alle sinistre poiché, nel giro di pochi giorni, procedette alla
nazionalizzazione di una decina di banche d'affari al fine di assicurarsi il consenso di socialisti e
comunisti in vista delle elezioni presidenziali che si sarebbero tenute nel 1969. Nel 1975, un
tribunale la ritenne colpevole di brogli elettorali e la condannò all'interdizione dai pubblici uffici per
sei anni. Nello stesso anno il paese fu attraversato da spinte secessioniste, che portarono la Gandhi a
proclamare lo stato d'emergenza nazionale e a prendere misure severe contro le opposizioni.
Quando il paese tornò alle urne nel 1977, il suo partito venne sconfitto e Indira, un anno dopo, fu
addirittura incarcerata per alcuni giorni. Ma si riorganizzò e in pochi mesi fondò un nuovo partito, il
Congresso nazionale indiano (Indian National Congress), che vinse le elezioni del gennaio 1980 e le
consentì di ritornare alla guida del governo. Il suo secondo mandato iniziò il 14 gennaio di
quell'anno. All'inizio degli anni '80 si sviluppa in India un movimento estremista sikh che vuole
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l'indipendenza del Punjab indiano. Durante la
sommossa, gli irriducibili del gruppo estremista si
rifugiano nel Tempio d'oro d'Amritsar. Indira
Gandhi decide d'intervenire con l'esercito, ed
espugna il Tempio sacro dei sikh con un
bombardamento e una sanguinosa occupazione.
Benazir Bhutto 1953-2007
E’ stata la prima donna primo ministro di un paese
musulmano. Ha con tribuito a spostare il Pakistan
dalla dittatura alle democrazia nel 1977. Lei ha
cercato di attuare le riforme sciali, in particolare
aiutare le donne e i poveri. È stata costretta fuori
sede con l'accusa di corruzione, accuse che
continuano a negare. È stata nominata uno dei sette
vincitori del Primio delle Nazioni Unite nel campo dei diritti umani.
Aung San Suu Kyi
Donna politica bimana attiva da molti anni nella difesa dei diritti umani. Ebbe il premio nobel per la
pace. In tutto il mondo Aung San Suu Kyi è diventata un'icona della non-violenza e pace, tanto che
numerosi cantanti e gruppi musicali, tra cui Damien Rice, gli U2, i R.E.M. e i Coldplay le hanno
dedicato brani musicali per sostenere la sua causa; nel 2003 le fu assegnato l'European Mtv Music
Award. In particolar modo, gli U2 le dedicano un brano intitolato Walk On ("Vai avanti"). Per
questo motivo è illegale importare, detenere o ascoltare in Birmania l'album della band irlandese All
That You Can't Leave Behind, in cui è contenuto tale brano. La sanzione prevista è la reclusione da
tre a vent'anni.Nel 1997 il sassofonista Wayne Shorter e il pianista. Herbie Hancockincisero
sull'album "1+1" un tema intitolato "Aung San Suu Kyi" che vinse il Grammy Award come
Migliore composizione jazz. Nel 2011 il popolare regista francese Luc Besson ha diretto il film
"The Lady" incentrato sulla vita del premio Nobel birmano. Figlia del generale Aung San (capo
della fazione nazionalista del Partito Comunista della Birmania, di cui fu segretario dal '39 al '41) e
di Khin Kyi, la vita di Aung San Suu Kyi è stata travagliata fino dai primi anni. Suo padre, uno dei
principali esponenti politici birmani, dopo aver negoziato l'indipendenza della nazione dal Regno
Unito nel 1947, fu infatti ucciso da alcuni avversari politici nello stesso anno, lasciando la bambina
di appena due anni, oltre che la moglie, Khin Kyi, e altri due figli, uno dei quali sarebbe morto in un
incidente. Dopo la morte del marito, Khin Kyi, la madre di Aung San Suu Kyi, divenne una delle
figure politiche di maggior rilievo in Birmania, tanto da diventare ambasciatrice in India nel 1960.
Aung San Suu Kyi fu sempre presente al fianco della madre, la seguì ovunque, ed ebbe la
possibilità di frequentare le migliori scuole indiane e successivamente inglesi, tanto che nel 1967,
presso il St Hugh's College di Oxford, conseguì la prestigiosa laurea in Filosofia, Scienze Politiche
ed Economia. Continuò poi i suoi studi a New York e nel 1972 cominciò a lavorare per le Nazioni
Unite, e in quel periodo conobbe anche uno studioso di cultura tibetana, Micheal Aris, che l'anno
successivo sarebbe diventato suo marito, e padre dei suoi due figli, Alexander e Kim. Ritornò in
Birmania nel 1988, per accudire la madre gravemente malata, e proprio in quegli anni il generale
Saw Maung prese il potere e instaurò il regime militare che tuttora comanda in Myanmar.
Fortemente influenzata dagli insegnamenti del Mahatma Gandhi, Aung San Suu Kyi sposò la causa
del suo paese in maniera non-violenta e fondò la Lega Nazionale per la Democrazia, il 27 settembre
1988. Neanche un anno dopo le furono comminati gli arresti domiciliari, con la concessione che se
avesse voluto abbandonare il paese, lo avrebbe potuto fare; Aung San Suu Kyi rifiutò la proposta
del regime. Nel 1990 il regime militare decise di chiamare il popolo alle elezioni, e il risultato fu
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una schiacciante vittoria della Lega Nazionale per la
Democrazia di Aung San Suu Kyi, che sarebbe quindi
diventata Primo Ministro, tuttavia i militari rigettarono il
voto, e presero il potere con la forza, annullando il voto
popolare. L'anno successivo Aung San Suu Kyi vinse il
premio Nobel per la Pace, ed usò i soldi del premio per
costituire un sistema sanitario e di istruzione, a favore del
popolo birmano. Gli arresti domiciliari le furono revocati nel
1995, ma rimaneva comunque in uno stato di semi libertà,
non poté mai lasciare il paese, perché in tal caso le sarebbe
stato negato il ritorno in Myanmar, e anche ai suoi familiari
non fu mai permesso di visitarla, neanche quando al marito
Michael fu diagnosticato il cancro, che di lì a due anni, nel
1999, lo avrebbe ucciso, lasciandola vedova. Nel 2002, a
seguito di forti pressioni delle Nazioni Unite, ad Aung San
Suu Kyi fu riconosciuta una maggiore libertà d'azione in
Myanmar, ma il 30 maggio 2003, mentre era a bordo di un
convoglio con numerosi sostenitori, un gruppo di militari aprì
il fuoco e massacrò molte persone, e solo grazie alla prontezza di riflessi del suo autista, Ko Kyaw
Soe Lin, riuscì a salvarsi, ma fu di nuovo messa agli arresti domiciliari. Da quel momento, la salute
di Aung San Suu Kyi è andata progressivamente peggiorando, tanto da richiedere un intervento e
vari ricoveri. Il "caso" Aung San Suu Kyi ha incominciato ad essere un argomento internazionale,
tanto che gli Stati Uniti d'America e l'Unione Europea hanno fatto grosse pressioni sul governo del
Myanmar per la sua liberazione, ma gli arresti domiciliari furono rinnovati per un anno nel 2005 e
ulteriormente rinnovati nel 2006 e nel 2007. Per quanto sta facendo per la causa del popolo
birmano, alcune prestigiose Università in Europa e in America vogliono assegnarle delle lauree
Honoris Causa, per il suo grande impegno civile, e per la difesa dei diritti umani e della pace. Il 9
novembre 2007, Aung San Suu Kyi ha lasciato la sua abitazione dove era confinata agli arresti
domiciliari e ha incontrato il ministro nominato ad hoc dalla giunta militare al potere per il dialogo
con l'opposizione, il ministro dei trasporti Aung Kyi. Un dirigente della Lega nazionale per la
democrazia ha detto che Suu Kyi ha anche incontrato tre esponenti del suo partito, che non
incontrava da tre anni. Per il suo impegno a favore dei diritti umani il 6 maggio 2008 il Congresso
degli Stati Uniti le ha conferito la sua massima onorificenza: la Medaglia d'Onore. Il 3 maggio 2009
un mormone statunitense, John William Yethaw, ha raggiunto a nuoto la casa in cui è costretta agli
arresti domiciliari attraversando il lago Inya. Il 14 maggio la giunta militare ha arrestato, e il 18
successivo ha processato, Aung San Suu Kyi per violazione degli arresti domiciliari. Il termine dei
domiciliari e la liberazione dell'attivista birmana dall'ultimo arresto sarebbero scaduti il 21 maggio.
Secondo buona parte della stampa internazionale e la stessa Lega nazionale per la democrazia,
l'impresa di Yethaw è stato il pretesto fornito alla giunta militare per mettere fuori gioco Aung San
Suu Kyi prima di sottoporre il popolo birmano alla votazione di un referendum per l'approvazione
di un testo costituzionale che, di fatto, sancisce la continuazione del potere dei militari sotto forme
civili, escludendo del tutto la Lega nazionale per la democrazia. L'11 giugno Aung San Suu Kyi è
stata nuovamente condannata, questa volta a tre anni di lavori forzati per violazione della normativa
della sicurezza che sono stati commutati poi, dalla Giunta militare, in 18 mesi di arresti domiciliari.
Il 13 novembre2010 Aung San Suu Kyi è stata liberata. Il 1º aprile 2012 ha ottenuto un seggio al
parlamento birmano. Nonostante ciò la Birmania non è ancora libera e il passato dittatoriale grava
ancora sulla nazione.
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Sonia Gandhi
E’ una politica indiana, di origine italiana. Presidente del Partito del Congresso Indiano, attualmente
al governo; vedova di Rajiv Gandhi, già primo ministro. Il suo nome è stato fatto per una possibile
candidatura alla carica di primo ministro dopo la vittoria a sorpresa del suo partito nelle elezioni del
13 maggio 2004 per il rinnovo della Lok Sabha, quando è stata votata all'unanimità per condurre un
governo di coalizione composto da diciannove partiti. Pochi giorni dopo l'esito elettorale, la Gandhi
ha declinato la sua candidatura in considerazione dell'ostracismo mostrato verso di lei da gran parte
della classe politica indiana, specie dall'opposizione, in quanto non nativa dell'India. Al suo posto,
la stessa Sonia ha proposto Manmohan Singh, ex ministro del governo di Narasimha Rao, che è
stato accettato dalla sua coalizione, divenendo il nuovo primo ministro il 19 maggio 2004. A
novembre 2010 la rivista americana Forbes ha posizionato Sonia Gandhi al nono posto nella
classifica delle personalità più potenti del pianeta. Candidata premier nelle elezioni generali
dell'aprile-maggio 2004, rinunciò alla carica di primo ministro, subito dopo la vittoria della sua
coalizione, in favore del compagno di partito e ministro delle finanze uscente, Manmohan Singh.
Nella stessa consultazione, venne eletto al parlamento indiano anche il figlio Rahul Gandhi di cui la
sorella Priyanka aveva curato la campagna elettorale. Il 28 maggio 2005 Sonia Gandhi fu eletta
presidente del Partito del Congresso Indiano (Indian National Congress), suo partito di elezione e
prima forza politica del paese. Alle elezioni generali dell'aprile-maggio 2009, l'UPA (United
Progressive Alliance), la coalizione guidata dal partito di Sonia Gandhi, ottiene una nuova vittoria
elettorale e il mandato per formare un nuovo governo sotto la guida del primo ministro uscente e
candidato premier alle elezioni, Manmohan Singh. Il 3 settembre 2010 Sonia Maino Gandhi fu
rieletta per la quarta volta all'unanimità Presidente dell'Indian National Congress.
Madre Teresa di Calcutta
E’ stata una religiosa albanese di fede cattolica, fondatrice della congregazione religiosa delle
Missionarie della Carità. Il suo lavoro tra le vittime della povertà di Calcutta l'ha resa una delle
persone più famose al mondo. Ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 1979, e il 19 ottobre
2003 è stata proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II. Nacque il 26 agosto 1910 a Skopje in una
benestante famiglia di genitori albanesi originari del Kosovo: la madre, Drane, era nata a Gjakova e
il padre, Kolë, a Prizren. All'età di otto anni rimase orfana di padre e la sua famiglia si trovò in gravi
difficoltà economiche. A partire dall'età di dieci - quattordici anni partecipò alle attività della
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parrocchia del Sacro Cuore di Skopje, in particolare
quelle del coro, del teatro e dell'aiuto alle persone
povere. In quel periodo cominciò a conoscere l'India
tramite le lettere di missionari gesuiti attivi nel Bengala.
Nel 1928, a diciotto anni, decise di prendere i voti
entrando come aspirante nelle Suore di Loreto, un ramo
dell'Istituto della Beata Vergine Maria che svolgeva
attività missionaria in India. Dopo un primo colloquio a
Parigi, venne inizialmente inviata a Dublino, in Irlanda,
dove si fermò sei settimane per imparare le prime
nozioni di inglese e ricevere il velo di postulante. Nel
gennaio 1929 raggiunse l'India dove, dopo una breve
sosta a Calcutta, venne inviata nel Darjeeling, alle
pendici dell'Himalaya, per completare la sua
preparazione. Qui si fermò due anni, studiando le lingue
inglese e bengali e insegnando nella scuola annessa al
convento. Svolse anche un'attività come aiutoinfermiera che la mise in contatto con la realtà dei
malati. Il 24 maggio 1931, prese i voti temporanei, assumendo il nome di Maria Teresa, ispirandosi
a Santa Teresa di Lisieux. Nel 1950, Madre Teresa fondò la congregazione delle Missionarie della
carità, la cui missione era quella di prendersi cura dei "più poveri dei poveri" e "di tutte quelle
persone che si sentono non volute, non amate, non curate dalla società, tutte quelle persone che
sono diventate un peso per la società e che sono fuggite da tutti". Le prime aderenti furono dodici
ragazze, tra cui alcune sue ex allieve alla Saint Mary. Stabilì come divisa un semplice saribianco a
strisce azzurre, che pare fu scelto da Madre Teresa perché era il più economico fra quelli in vendita
in un piccolo negozio. Il numero di persone che desideravano seguire l'esempio di Madre Teresa
crebbe rapidamente, tanto che le stanze messe inizialmente a disposizione da Gomes si rivelarono
presto inadeguate. Nel febbraio 1953 le suore poterono quindi spostarsi in una nuova sede a54A
Lower Circular Road, messa a loro disposizione dall'arcidiocesi di Calcutta, che ospita tuttora la
casa madre delle Missionarie della Carità. Lo stile di vita voluto da Madre Teresa, ispirato in parte a
san Francesco, prevedeva un'austerità rigorosa, in linea con la condizione di vita dei poveri e con la
necessità di preservare gli ideali del nuovo ordine. Madre Teresa decise di dedicarsi anche alla
piaga della lebbra, a quel tempo ancora largamente diffusa. Nel 1957, con l'aiuto di un medico,
cominciò ad accogliere e assistere alcuni lebbrosi. Poco dopo realizzò delle cliniche mobili per
contenere i focolai di infezione, seguendo un modello precedentemente messo a punto da un medico
belga a Madras per curare i malati a domicilio. Nel 1958 Madre Teresa aprì un centro per i malati di
lebbra a Tigarah, in una zona degradata nella periferia di Calcutta. Ricordando l'impegno di Gandhi
per i lebbrosi, la suora volle dedicare alla sua memoria la struttura, che venne quindi chiamata
Gandhiji's Prem Niwas ("Dono d'amore di Gandhi"). Pochi anni dopo, nel 1961, il Governatore del
Bengala decise di affidare alle Missionarie della Carità un terreno a circa 300 chilometri da
Calcutta, presso il confine con il Bihar: qui Madre Teresa realizzò il villaggio di Shanti Nagar
("Città della pace"), dove i malati di lebbra potevano vivere e lavorare, coltivando i campi,
allevando animali e svolgendo attività di artigianato. La presenza di volontari sani favoriva il
recupero sociale dei malati, evitando forme di emarginazione. Sul suo impegno verso i lebbrosi,
Madre Teresa spesso ripeteva: "Non ci sono lebbrosi, solo la lebbra, e si può curare. Per dieci anni
Madre Teresa operò solo nel territorio di Calcutta: nel 1959 aprì infine una nuova struttura a
Ranchi, nello stato indiano dello Jharkhand
Il Premio Nobel
Nel 1979 ottenne il riconoscimento più prestigioso: il Premio Nobel per la Pace. Tra le motivazioni,
venne indicato il suo impegno per i più poveri tra i poveri e il suo rispetto per il valore e la dignità
di ogni singola persona. Madre Teresa rifiutò il convenzionale banchetto cerimoniale per i vincitori,
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e chiese che i 6000 dollari di fondi fossero destinati ai poveri di Calcutta, che avrebbero potuto
essere sfamati per un anno intero: "le ricompense terrene sono importanti solo se utilizzate per
aiutare i bisognosi del mondo".
Gli ultimi anni di vita e la morte
A partire dalla fine degli anni ottanta, le sue condizioni peggiorarono: dopo un primo ricovero nel
1983, nel 1989 in seguito a un infarto le fu applicato un pacemaker. Si dimise da superiora
dell'Ordine ma in seguito a un ballottaggio fu rieletta praticamente all'unanimità, contando solo
qualche voto astenuto. Accettò il risultato e rimase alla guida della congregazione. Nel 1991 si
ammalò di polmonite, nel 1992 ebbe nuovi problemi cardiaci e l'anno successivo contrasse la
malaria. Nell'aprile del 1996 Madre Teresa cadde e si ruppe una clavicola. Il 13 marzo 1997 lasciò
definitivamente la guida delle Missionarie della Carità, alla cui guida subentrò suor Nirmala Joshi.
A marzo incontrò papa Giovanni Paolo II per l'ultima volta, prima di rientrare a Calcutta dove morì
il 5 settembre, all'età di ottantasette anni. La sua scomparsa suscitò grande commozione nel mondo
intero: l'India le riservò solenni funerali di stato, che videro un'enorme partecipazione popolare e la
presenza di importanti autorità del mondo intero. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Javier
Pérez de Cuéllar, arrivò persino a dichiarare: "Lei è le Nazioni Unite. Lei è la pace nel mondo."
Nawaz Sharif,Primo Ministro del Pakistan, disse inoltre che Madre Teresa era "un raro e unico
individuo che ha vissuto a lungo per più alti scopi. La sua lunga vita di devozione alla cura dei
poveri, dei malati e degli svantaggiati è stata uno dei più grandi esempi di servizio alla nostra
umanità." Il processo di beatificazione, primo passo verso la canonizzazione o santità, richiede la
documentazione di un miracolo avvenuto per intercessione di Madre Teresa. Le segnalazioni
ricevute sono migliaia, ma solo pochissime vengono ritenute rilevanti dalla Chiesa cattolica ai fini
del processo di canonizzazione e passate quindi a un vaglio più approfondito. Per essere considerata
miracolosa dalla Chiesa, una guarigione deve infatti essere da malattia grave, istantanea e senza
alcuna spiegazione medica plausibile
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NORD AMERICA
a cura di
Cellammare Jacopo
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La figura della donna nella storia dell'arte del Nord America
Nell’arte una delle figure più suggestive è la donna, che è raffigurata sin dalla preistoria, e la sua
essenza cambia man mano che si va affermando nella storia la sua emancipazione. Con il passare
del tempo, dalla preistoria all’età attuale, il modo di rappresentarla è mutato radicalmente più volte,
e così anche le simbologie collegate ad essa.
La donna compare nell’immaginario collettivo della società umana come una figura,e tale viene
raffigurata, dalla duplice entità:
• angelica e creatrice .
• demoniaca e distruttrice .
Già nella preistoria troviamo statuette femminili dal corpo voluminoso a sottolineare la funzione
creatrice e “riproduttiva” della donna; queste sculture sono dette Veneri per la forte accentuazione
dell’aspetto fisico della donna concepita come mezzo di procreazione , di rinascita e di vita.
A questo stereotipo non sfugge la rappresentazione figurativa della donna nell'arte nord-americana.
Essa infatti viene presentata come madre datrice di vita circondata da numerosi figli, in una visione
positiva che giunge fino alla raffigurazione eroica nelle pitture dell'epopea della conquista del
“West” ; ma anche come figura malvagia e demoniaca nelle numerose raffigurazioni delle streghe.
In seguito però alle lotte per l'emancipazione delle donne si affacciano nel mondo dell'arte e della
scienza molti personaggi femminili che propongono una immagine della donna più coerente ai
tempi moderni, più libera e portatrice di nuove idee sia nella società che nelle manifestazioni
artistiche, entrando in tutti i campi dell'arte, dalla pittura all'architettura, alla scultura e a tutte le
scienze. Nonostante che negli Stati Uniti e in Canada il livello di rispetto dei diritti umani delle
donne e la loro possibilità di partecipare attivamente alla vita sociale, economica e politica del paese
sono fra i più avanzati del mondo, tuttavia troviamo pochissime artiste citate nei libri di storia
dell'arte.
Infatti i più rilevanti libri di storia dell'arte occidentale danno notizia di un numero poco
significativo di artiste donne, sebbene l'eccellenza e virtuosismo delle loro opere sia indiscutibile. A
partire dagli anni sessanta molti studiosi soprattutto americani hanno svolto indagini approfondite
sull'arte delle donne nord-americane, tanto che si è giunti alla creazione negli Stati Uniti d'America
del “Museo della donne artiste” a Washington.
Nelle sue sale si possono ammirare tele e sculture di famose artiste statunitensi come: Sarah Miriam
Peale, Giorgia O'Keeffe, Mary Cassatt, Frida Khalo, Elisabeth Lebrun ed altre.
Espressione dell'arte Statunitense : Mary Cassatt
Nata ad Allegheny City (Pittsburgh, Allegheny County, Pennsylvania, Stati Uniti).
Morta
nel
1926
a
Le
Mesnil-Théribus
(Oise,
Picardie,
Francia).
Conosciuta
anche
come
Mary
Stevenson
Cassatt.
Contemporanea e amica degli Impressionisti, Mary Cassatt si distinse per lo stile complesso e
strutturato
e
per
una
lucida
introspezione
pittorica.
Figlia di un ricco uomo d’affari, discendente degli Ugonotti francesi scappati in America a metà del
Seicento, Mary Cassatt mostra, sin da giovanissima, la sua predisposizione per il disegno.
Nel 1861, si iscrive ad un corso di pittura, presso la Pennsylvania Academy of Fine Arts di
Philadelphia, che la introduce alle basi del disegno e della pittura.
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Terminati gli studi, spinta dall’esigenza di esplorare altrove l’universo artistico, si trasferisce a
Parigi, fulcro del dibattito artistico europeo.
Qui, nel 1877, Mary incontra il pittore Edgar Degas che la introduce nei circoli culturali e artistici
del tempo, dove conosce il gruppo degli Impressionisti, ai quali si unisce.
Mary si rivela, da subito, una collaboratrice decisamente preziosa per il gruppo, fornendo un valido
supporto
per
la
promozione
delle
opere
impressioniste
negli
Stati
Uniti.
Grazie alle sue doti imprenditoriali, la pittrice arricchisce il mercato statunitense con opere di
Manet,
Monet,Renoir,
Degas
e
Pissarro.
Dagli Impressionisti Mary assimila l’interesse per la pittura che riproduce aspetti della vita
quotidiana, invece che episodi ispirati al sentimentalismo tardo romantico, all’epoca tanto in voga.
Ma al tema del paesaggio, molto amato dai suoi colleghi, Mary preferisce dedicare i suoi soggetti
iconografici al tema materno della cura filiale.
Non troppo tempo dopo il suo trionfo con gli impressionisti, Mary fu costretta a vendere alcuni suoi
dipinti per curare la madre e la sorella che si erano ammalate dopo essersi trasferite a Parigi.
La sorella morì nel 1882, ma la madre guarì e Mary poté riprendere a dipingere dalla metà del 1880.
Intanto lo stile di Mary si evolve, cominciando a distanziarsi dall'Impressionismo e dalla relativa
esuberanza caratteristica del movimento, approdando ad uno stile più semplice e più diretto.
Dopo la sua ultima mostra con gli impressionisti nel 1886, Mary non si identificò più con alcun
movimento o scuola particolare, sperimentando da sola una notevole varietà di tecniche,
dimostrando una versatilità presente in pochi dei suoi colleghi contemporanei.
Negli ultimi anni della sua vita, in America, la sua figura riceve consacrazione ufficiale, assurgendo
al
titolo
di
artista
americana
"più
eminente".
Nel 1915, il diabete cominciò poco a poco a consumarle la vista e Mary dovette passare gli 11 anni
restanti della sua vita nella cecità quasi totale, cosa che la lasciò amareggiata e insoddisfatta della
crudeltà del destino che le aveva tolto la sua fonte più grande di piacere.
“Madre” di Mary Cassatt
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“Igloo” di Annie Pootoogook.
L'arte al femminile in Canada
Altre ricerche su artiste donne in ambito nordamericano hanno portato alla sorprendente scoperta
dell' arte canadese e in particolare l’arte grafica detta “inuit”che ha preso vita nell’isola di Baffin,
nel territorio canadese del Nunavut, per svilupparsi a partire dagli anni Sessanta e imporsi con una
personalità per lo più al femminile. Sono infatti principalmente donne - artiste a produrre questo
tipo di arte, come testimonia la mostra “Women in charge. Artiste inuit contemporanee” svoltasi a
Roma proprio a febbraio del 2012, che ha presentato opere delle quattro maggiori artiste: Annie
Pootoogook , Shuvinai Ashoona, Ningeokuluk Teevee e Siassie Kenneally riconosciute e affermate
nei circuiti internazionali dell’arte.
Queste artiste, tutte formatesi nei Kinngait Studios di Cape Dorset (Nunavut), creano opere che,
richiamandosi alle memorie del proprio retaggio, restituiscono il senso di una decisa vocazione alla
sperimentazione e di una sorprendente creatività innovativa.
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Donne artiste in Messico
Nell'arte messicana moderna possiamo trovare pochissime artiste femminili, tra esse un posto
importante occupa la pittrice Frida Kahlo, che è entrata a far parte del gruppo di artiste più
conosciute del Nord America.
Nata nel 1907 nella Casa Azul de Coyoacán, un sobborgo di città del Messico, Frida Kahlo rimase a
lungo sconosciuta al grande pubblico, seminascosta dall’ombra del suo celebre marito, il pittore
muralista Diego Rivera. Il riconoscimento che fin da subito le venne attribuito da artisti di fama
internazionale non fu infatti sufficiente a far conoscere le sue opere, che si cominciarono ad
affermare
solo
negli
anni
’90.
Tra i primi ammiratori di Frida Kahlo va ricordato Rivera stesso che, dichiarò necessaria la rottura
della coppia poiché a suo parere Frida era un’artista ormai completa che non aveva più bisogno del
suo maestro-marito (il quale, con orgoglio, era solito mostrare una lettera in cui Picasso esprimeva
la sua personale ammirazione per la pittrice e rivolgendosi a Rivera scriveva di lei: “Né tu, né io
siamo capaci di dipingere una testa come quelle di Frida Kahlo”.
L’arte di Frida, con la sua carica di femminilità, di sensualità ed per il suo carattere fortemente
personale, ha avvicinato soprattutto il pubblico femminile che più facilmente può ritrovarsi nelle
sensazioni che l’artista ha tanto abilmente racchiuso nella tela. Per una donna, stare di fronte ad
un’opera di Frida Kahlo equivale a ritrovarsi in intimità con se stessa, immersa nell’essenza più
vera della femminilità.
La sua vita fu un susseguirsi di sofferenze che ebbero inizio, se non con la poliomielite avuta all’età
di sei anni, quanto meno con il tragico incidente del 1925: lo scontro tra un tram e l’autobus su cui
Frida viaggiava, che oltre a romperle la spina dorsale in tre punti, creò una cesura nella sua
esistenza. Fu durante la lunga e dolorosa convalescenza, peraltro mai conclusa poiché le lesioni
procuratesi nell’incidente le causarono gravi problemi per tutta la vita, che Frida iniziò a dipingere,
trovando uno sfogo alla sua personale sensibilità.
La sofferenza ed il dolore sono elementi sempre presenti nella sua arte, ma sono affrontati con
grandissimo coraggio ed associati ad una incontenibile “alegría”, creando una contraddizione che
diventa
punto
di
forza
del
fascino
della
Kahlo.
Ma se Frida, grazie alle sue ali dell’immaginazione (e ad una energia smisurata) riuscì a volare oltre
i limiti del dolore fisico, si abbandonò invece in maniera totalizzante ed esasperatamente femminile
al “mal d’amore”. Nei suoi dipinti infatti, la figura dell’amato Rivera, protagonista insieme a lei di
una complicata storia d’amore e tradimenti, fa spesso la sua comparsa.
È in occasione di uno dei reiterati tradimenti di Diego che Frida, dipingendo “autoritratto con i
capelli tagliati” (1940) ci mostra la complessità e la varietà del suo essere donna: da moglie attenta
nel compiacere il marito, proponendosi a lui al massimo della sua femminilità, a donna che si
proclama indipendente, che pur liberandosi dei simboli codificati del femminile ci fissa dalla tela
con uno sguardo seducente invitandoci a guardarla come donna.
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L’artista tratta spesso il tema della sessualità e non è raro imbattersi in nature morte in cui fiori e
frutta assumono forme inequivocabili, permettendole di tornare a cercare nella pittura un sollievo
alla sua sofferenza per l’incapacità di avere un figlio, moltiplicando sulla tela immagini di
concepimento e di indagare un tema denso di tabù, che Frida riesce comunque ad affrontare con
serenità e grande modernità.
Oltre all’autobiografismo e alla forza emozionale dei suoi quadri, anche il suo tentativo di equilibrio
come donna in bilico tra due immaginari opposti, ha fortemente contribuito a miticizzare questa
artista, rendendola negli anni ’90 una vera e propria icona.
Il fascino personale di “Frida-donna” non deve però nascondere il suo effettivo valore artistico:
infatti, pur utilizzando uno stile diretto e coinvolgente, era senza ombra di dubbio molto meno
ingenua e molto più preparata di come l’ha talvolta dipinta certa critica.
La forza d’animo che l’ha sempre spinta a lottare contro il dolore e la morte ci dona una speranza
assoluta
fissata
nell’eternità
dell’arte.
Autoritratto di Frida Khalo
Ogni sua tela è un invito rivolto a tutti noi a reagire alle avversità della vita, con il fiero coraggio
che ha contraddistinto questa grande artista, questa grande donna.
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Come nella ricerca di donne artiste è stato difficile trovare delle personalità molto conosciute al
grande pubblico, perchè i loro lavori erano poco considerati in quanto opere femminili, anche per
ricercatrici e scienziate è stato difficile affermarsi ed ottenere i giusti riconoscimenti.
I Nobel negati alle donne di scienza
Il rapporto tra donne e scienza e il difficile riconoscimento di questo ruolo da parte della società, è
una questione divenuta uno dei nodi centrali di Istituzioni nazionali e internazionali nell’ambito
delle
politiche
della
ricerca,
del
lavoro
e
della
formazione.
Le cause e le possibili misure per affrontare il fenomeno alimentano da tempo un ampio dibattito tra
esperti e opinione pubblica che puntano il dito sulla persistente difficoltà per le donne a raggiungere
posizioni
di
rilievo
nel
mondo
della
ricerca
e
dell’innovazione.
Nell’ambito della manifestazione "I giardini di marzo – Percorsi e proposte per le pari opportunità",
futuro@lfemminile ha deciso di dare visibilità a un progetto che parla di uno dei premi più
conosciuti al mondo, il Nobel, per sottolineare il contributo dato dalle donne alla scienza senza
ottenere
questo
meritato
riconoscimento.
Dal 1901, anno dell’istituzione del premio Nobel, sono state solo 11 le scienziate alla quali è stato
attribuito questo riconoscimento per una disciplina scientifica nei settori della fisica, chimica e
medicina (il Nobel per la matematica e la biologia non è previsto). La polacca Marie CurieSklodowska, grazie ai suoi studi sulla fisica e la chimica è stata l’unica scienziata ad ottenerne due.
In totale sono quindi 11 i Nobel riconosciuti alla scienza femminile su oltre 500 premi assegnati nel
corso del XX secolo, una scelta che ha sicuramente discriminato e penalizzato altre ricercatrici che
non l'hanno ricevuto pur avendo contribuito in modo determinante ai progetti scientifici premiati.
Intendiamo ricordare con questo progetto i "Nobel negati" a scienziate di rilievo come la biologa
molecolare Rosalind Franklin, l'astronoma Jocelyn Bell-Burnell, le fisiche Lise Meitner e ChienShiung Wu, Annie Jump Cannon, Nettie Maria Stevens di cui alcune videro premiati per le stesse
ricerche
soltanto
i
loro
colleghi
maschi.
Le vincitrici del Nobel sono invece state: Marie Sklodowska-Curie, sua figlia Irène Curie-Joliot,
Gerty Radnitz-Cori, Maria Goeppert-Mayer, Dorothy Crowfoot-Hodgkin, Rosalyn Sussman-Yalow,
Barbara Mc Clintock, Rita Levi-Montalcini, Gertrude Elion e Christiane Nüsslein-Volhard, Linda
Buck.
Le ricercatrici statunitensi a cui è stato negato il Nobel
Annie Jump Cannon (1863 - 1941)
Prima donna eletta Direttore della American Astronomical Society, all'osservatorio dell'Università
Harvard di Cambridge, Massachusetts, scoprì 300 stelle variabili, cinque novae e una "nova nana"
(SS Cygni). E' ricordata soprattutto per la lunga ricerca, finanziata da Ruth Draper, durante la quale
analizzò e catalogò circa 500 mila spettri stellari. Ne teorizzò le differenze, gettando cosi le basi
dello studio dell'evoluzione delle stelle. Il suo metodo per classificarle é tuttora in uso.
Nettie Maria Stevens (1861-1912)
Fu una delle prime scienziate a farsi un nome nel campo della biologia. Nel 1905 ricevette il premio
"Ellen Richards" e nello stesso anno pubblicò una ricerca che rivoluzionerà le conoscenze
biologiche sulla determinazione ereditaria del sesso attraverso i cromosomi, ponendo le basi
teoriche e metodologiche su cui si fonderà nel 1910 il famoso laboratorio delle mosche drosofile,
diretto da T. H. Morgan (premio Nobel di genetica nel 1933).
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SUD AMERICA
a cura di
Marcellini Matteo
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Isabel Allende
Isabel Allende Liona nasce a Lima il 2 agosto 1942. E' una scrittrice cilena.
È una delle autrici latinoamericane di maggior successo al mondo, con libri
come “La casa degli spiriti”, “La città delle bestie” o “D'amore e ombra”.
Ha scritto romanzi basati sulle sue esperienze di vita, ma ha anche parlato
delle vite di altre donne, unendo insieme mito e realismo. Ha partecipato a
molti tour mondiali per promuovere i suoi libri ed ha anche insegnato
letteratura in vari college statunitensi. Attualmente vive in California con suo
marito, avendo ottenuto la cittadinanza americana nel 2003.
Biografia:
A tre anni dalla sua nascita, in Perù, nel 1945 il padre, Tomas Allende, divorzia e abbandona la
famiglia; la madre decide di tornare in Cile con i tre figli e andare a vivere nella casa del nonno a
Santiago. Grazie all'aiuto del cugino del padre Salvador Allende, futuro presidente del Cile, poi
morto nel colpo di stato del 1973, a Isabel e ai suoi fratelli non mancherà la possibilità di studiare e
di vivere senza problemi economici. La casa del nonno sarà poi evocata nel primo romanzo, La casa
degli spiriti, che nel 1982 le darà la notorietà e che trae spunto dalle vicende della famiglia Allende.
Nel 1956 la madre si risposa con un diplomatico e a causa del suo lavoro la famiglia farà dei
soggiorni all'estero, prima in Bolivia, poi in Europa e in Libano, soggiorni che le permetteranno di
conoscere un mondo diverso da quello da lei fino ad allora conosciuto nella casa del nonno. Tornata
in Cile, nel 1962 si sposa con Michael Frias, da cui avrà due figli, Paula e Nicolàs. Da questo
momento si dedicherà al giornalismo, mestiere che sarà da lei sempre molto apprezzato. Dopo il
colpo di stato di Pinochet dell'11 settembre 1973, lascia il Cile nel 1975 trasferendosi a Caracas, in
Venezuela, dove rimane fino al 1988. A quell'anno risalgono il divorzio da Frias ed il successivo
matrimonio con William Gordon, con conseguente trasferimento in California, dove risiede tuttora,
a San Rafael. Ne “Il mio paese inventato” Isabel rivela che “Il piano infinito”parla della vita di suo
marito William. Nel 1991 improvvisamente la figlia Paula, a ventotto anni, si ammala di una
malattia rara e gravissima, la porfiria, che la trascina in un lungo coma. La madre Isabel non
abbandona la figlia per tutto il tempo e rimane al suo capezzale; durante tutto questo tempo
comincia a scrivere, raccontando i ricordi della loro vita insieme in una commovente autobiografia.
Un anno dopo la scomparsa della figlia, avvenuta nel 1992, la Allende pubblica gli scritti nel libro
“Paula” del 1995. Tre anni dopo, nel 1997, raccoglie alcune delle lettere di solidarietà e affetto
ricevute da tutto il mondo nel libro “Per Paula”. Come molte altre personalità, nel 2000 ha
partecipato alla vasta campagna di sensibilizzazione mondiale "Respect" promossa dall'Alto
Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni unite: sulle note dell'omonima canzone di Aretha
Franklin, diversi personaggi noti (fra cui, oltre alla stessa Allende, anche il segretario di stato
Madelein Albright e il premio Nobel Rigoberta Menchu Tum) hanno cantato e ballato. La
campagna ha celebrato allo stesso tempo i primi cinquant'anni di attività dell'agenzia e i 50 milioni
di rifugiati che sono riusciti a ricostruirsi una vita nella nuova terra d'adozione. In tempi più recenti
Allende si è dedicata alla stesura di una trilogia per ragazzi dedicata ai nipoti: i primi volumi sono
stati “La città delle bestie”e “IL regno del drago d'oro”poi ha seguito l'ultimo volume “La foresta
dei pigmei”. Il 10 febbrai 2006 ha partecipato alla Cerimonia di apertura dei XX Giochi olimpici
invernali di Torino 2006 portando, insieme ad altre sette donne famose, la bandiera olimpica. Nel
maggio 2007 è stata insignita a Trento della laurea honoris causa in lingue e letterature moderne
euroamericane. È cugina del deputato cileno Isabel Allende Bussi. Nel 2009 pubblica “L'isola sotto
il mare”. L'ultimo suo libro è intitolato "Il quaderno di Maya” ed è uscito nelle librerie nel 2011.
Nel settembre 2010 è stata insignita con il Premio Nazionale Cileno per la Letteratura.
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Marcela Serrano
Marcela serrano è una scrittrice cilena. Nasce a Santiago del Cile nel 1951. È figlia di due scrittori,
la romanziera Elisa Pérez Walker e il saggista Horacio Serrano, ed è la quarta di cinque sorelle, con
due delle quali trascorre un anno a Parigi per studiare alla Maison des Ameriques. Nel 1973, a causa
del golpe militare, deve lasciare il Cile e si trasferisce a Roma, in Italia.Nel 1977 rientra
definitivamente in Cile. Si iscrive alla facoltà di Belle Arti della Pontificia Università Cattolica del
Cile, nel 1976, ottenendo il diploma in incisione nel 1983. In seguito lavora in diversi ambiti delle
arti visive, vincendo anche un premio del Museo delle Belle Arti, per un lavoro sulle donne del sud
del Cile, ma presto abbandona queste attività. Sebbene cominci a scrivere molto presto, pubblica il
suo primo romanzo, “Noi che ci vogliamo così bene”, nel 1991.Il romanzo è la rivelazione dell'anno
e vince nel 1994 il Premio Sor Juana Inés de la Cruz e il Premio Feria del Libro de Guadalajara e
nel 1996 il premio della casa editrice francese Coté des Femmes, come miglior romanzo
ispanoamericano scritto da una donna. Nel 1993 pubblica “Para que no me olvides”, che ottiene il
Premio Muncipal de Literatura , a Santiago. Nel 1995 scrive in Guatemala “ Antigua, Vita Mia”, e
nel 1997 “L'albergo delle donne tristi”. Dopo molte riedizioni dei precedenti romanzi, pubblica il
romanzo giallo “Nostra Signora della Solitudine” del 1999, i racconti “Un mundo raro” del 2000,
“Quel che c'è nel mio cuore” del 2001, finalista del Premio Planeta 2001 a Barcellona e
Arrivederci piccole donne del 2004. Marcela Serrano è una delle figure più rinomate e significative
della nuova narrativa del suo paese e dell'America Latina. Ha vissuto in Messico col marito, Luis
Maira Aguirre, e le loro due figlie, Elisa e Margarita, poiché il marito è stato ambasciatore del Cile
in Messico e Belize fino al 2003; dall'agosto del 2004 è ambasciatore in Argentina.
Marcela Serrano.
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Rigoberta Menchu Tum
Rigoberta Menchú Tum nata a Uspàntan il 9 gennaio 1959 è una pacifista guatemalteca, che ha
ricevuto nel 1992 il Premio Nobel per la Pace, dato a lei "in riconoscimento dei suoi sforzi per la
giustizia sociale e la riconciliazione etno-culturale basata sul rispetto per i diritti delle popolazioni
indigene".Il Premio Nobel le è stato conferito in parte per la sua biografia del 1987, “Mi chiamo
Rigoberta Menchu”, curata dall'antropologa Elisabeth Burgos. La Menchú sostiene di aver iniziato
a lavorare come bracciante agricola migrante all'età di 5 anni, in condizioni che causarono la morte
dei suoi fratelli e dei suoi amici. Da adulta, si unì a membri della sua famiglia in azioni contro i
militari per i loro abusi dei diritti umani. La violenza la costrinse all'esilio nel 1981. Nel 1991 prese
parte alla stesura da parte delle Nazioni Unite di una dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni.
Dopo un po' di tempo Rigoberta Menchú è ritornata in Guatemala per lavorare al cambiamento del
suo paese. Ella ha inoltre cercato, nel 1999, di far processare in un tribunale spagnolo l'ex dittatore
militare Efrain Rios Montt, per crimini commessi contro cittadini spagnoli; tali tentativi sono stati
comunque senza esito. In aggiunta alla morte di cittadini spagnoli, le accuse più gravi comprendono
il genocidio contro la popolazione Maya del Guatemala. Nel 2002 Rigoberta Menchu è stata
insignata della cittadinanza onoraria di Caorle Venezia. Nel 2007, in occasione delle elezioni
presidenziali del 9 settembre, si è candidata a capo della sinistra, ricevendo appena il 3% dei voti.
Rigoberta Menchu Tum.
* Nota negativa: Maria Eva Duarte de Perón è stata un personaggio storico ma anche un personaggio politico
di peso negativo nei confronti della popolazione argentina.
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Maria Eva Duarte de Perón
Conosciuta anche con il nome di Evita Perón, nasce a Los Toldos il 7 maggio 1919. Evita è stata
una politica argentina. Fu la moglie di Juan Domingo Perón, militare e presidente dell'Argentina dal
1946 al 1955 e dal 1973 al 1974. Di origini benestanti, Evita era l'ultima di cinque figli naturali di
un piccolo proprietario terriero, Juan Duarte, e della sua cuoca Juana Ibarguren. Nel 1926, alla
morte del padre, per la famiglia iniziò un periodo di ristrettezze economiche che migliorò solo
quando Evita conobbe un esponente del partito radicale argentino. La famiglia si trasferì nella
cittadina di Junin. All'età di quindici anni Evita se ne andò dalla provincia e si stabilì nella vicina
Buenos Aires , dove divenne attrice di radio e cinema, anche grazie all'aiuto del cantante di tango
Agustin Magaldi. Eva Duarte de Perón divenne una celebrità dopo il matrimonio con il futuro
presidente argentino Perón, sposalizio celebrato il 9 dicembre 1945. Eva lo aveva conosciuto
mentre lavorava a Radio El Mundo nel 1944, probabilmente durante una raccolta fondi per le
vittime di un terremoto. Juan Domingo Peron era allora agli inizi della sua carriera, ed era rientrato
in Argentina dopo un soggiorno di due anni in Italia, dal 1938 al 1940, dove aveva seguito un
programma di aggiornamento militare presso il comando delle truppe di montagna a Trento. In
questo periodo si dichiarò ammiratore del fascismo e del suo leader, Benito Mussolini, ma non
ottenne mai il permesso di trasferirsi a Roma, decidendo anche per questo di ritornare in patria. La
loro relazione sentimentale divenne poi anche politica quando Evita, il 17 ottobre 1945 guidò la
manifestazione per la liberazione del generale Perón, arrestato per le sue attività contrarie agli
interessi militari.
Figura politica:
Il 17 ottobre 1945 è considerata la data di nascita del peronismo. Fu coniato il termine
descamisados (scamiciati) per descrivere i lavoratori che, accampati davanti al palazzo
presidenziale in attesa del rientro dal confino del loro leader, Peròn, per il troppo caldo si erano tolti
giacca e camicia, contravvenendo alla norma di indossare sempre la giacca in strada. Evita, paladina
dei descamisados anche a causa delle proprie umili origini, aiutò e difese sempre il marito
facendogli ottenere l'appoggio dei lavoratori e delle donne nelle elezioni del 1946 ed assicurandogli
la rielezione nel 1951. Anche se il suo matrimonio non fu sempre sereno, la sua collaborazione al
potere presidenziale fu evidente per il suo impegno e alla sua influenza nel programma del governo;
la sua attenzione ai problemi sociali si rese manifesta grazie alla Fondazione Eva Peron che era
attiva nella promozione della costruzione di strutture come scuole od ospedali. La donna organizzò
poi il ramo femminile del Partito Giustizialista che la condusse ad ottenere il suffragio universale
nel 1951, entrando nella storia del paese sudamericano come fondatrice dell'Argentina moderna. Gli
oppositori di Peron sostennero che Eva avesse incontrato in Svizzera alcuni banchieri per discutere
dei propri conti bancari aperti in quel Paese e, in Germania, dei gerarchi nazisti. Non mancarono
contestazioni anche dure: in Svizzera, l'automobile scoperta sulla quale Eva Peron viaggiava fu
bersagliata da un lancio di pomodori. Il viaggio di ritorno in Argentina si svolse in nave, annullando
all'ultimo momento il volo aereo per timore di attentati. Al ritorno in patria, nonostante le ombre
proiettate sul viaggio in Europa, fu accolta trionfalmente come la paladina della nuova Argentina
nel mondo. Eva Peron tentò di accedere alla vicepresidenza nel secondo mandato del marito con
l'aiuto del sindacato Confederación General del Trabajo, ma l'opposizione militare la fece desistere
e le fece pronunciare il celebre renunciamiento davanti alla folla: “Renuncio a los honores pero no a
la lucha”. In numerosi paesi europei la sua figura venne presa dall'area antagonista definita "destra
radicale" come modello di lotta sociale per i diritti delle classi più deboli (in Italia Terza posizione).
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Morte:
Evita Perón morì il 26 luglio 1952, ad appena trentatré anni, dopo una lunga battaglia contro un
cancro al collo dell'utero. Le trasmissioni alla radio vennero interrotte con un comunicato: "La
Segreteria di Stampa della Presidenza della Nazione compie il penosissimo dovere di informare il
popolo della Repubblica che alle ore 20:25 è deceduta la signora Eva Perón, Leader Spirituale della
Nazione. I resti della Signora Eva Perón saranno portati domani al Ministero del Lavoro, dove verrà
allestita la camera ardente...". Al suo funerale partecipò una moltitudine di persone, ed il suo corpo
imbalsamato fu esposto fino al 1955, quando un golpe militare fece espellere il marito dal potere. Il
corpo, dopo alterne vicende e segreti passaggi di mano, fu trasportato e interrato in incognito nel
1957 al Cimitero Maggiore (Musocco) di Milano nel campo 86 , dove tutt'oggi al posto dove vi era
la tomba, vi e' una lapide commemorativa, col nome fittizio di Maria Maggi de Magistris per poi,
nel 1971, essere traslato in Spagna, sede dell'esilio di Perón, che intanto si era risposato con Isabel
Martinez Quarta. Qui, dopo averne verificato le non eccelse condizioni (frutto del degrado, della
cattiva conservazione e del rocambolesco recente passato), le spoglie furono accuratamente
restaurate. Con la reintegrazione del Generale alla presidenza argentina anche il corpo della defunta
moglie fu ritrasportato in Sudamerica ed esposto nuovamente. Evita fu sepolta definitivamente nella
cappella della famiglia Duarte nel cimetero della Recoleta a Buenos Aires.
Influenza culturale:
La figura di Evita Peron e la sua vicenda umana, che hanno commosso la fantasia popolare di tutto
il mondo nell'immediato dopoguerra, ha ispirato, oltre che numerosi scrittori, anche il mondo della
musica e del cinema. La sua immagine divenne di culto nel suo paese tanto che le furono dedicate
città, una provincia e la sua autobiografia La razón de mi vida (La ragione della mia vita) divenne
testo obbligatorio nel sistema educativo argentino. Evita fa parte anche dell'immaginario politico
come emblema della sinistra peronista argentina, invisa alle classi elevate anglofile.
Evita Peròn. 1943.
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