il sistema coloniale di corinto. i casi di leucade e di anattorio

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il sistema coloniale di corinto. i casi di leucade e di anattorio
Università di Bologna – Alma Mater Studiorum
a.a. 2011/2012
LM – Filologia, Letteratura e Tradizione Classica
Corso: Storia greca arcaica e classica
Docente: prof. Riccardo Vattuone
Studente: Raffeliana di Girolamo
IL SISTEMA COLONIALE DI CORINTO.
I CASI DI LEUCADE E DI ANATTORIO
Cenni sul sistema coloniale di Corinto
Ad eccezione di Potidea, unica colonia corinzia egea, che si trova in Calcidica, le
che costituiscono il sistema coloniale corinzio sono dislocate tutte nella Grecia nordoccidentale, lungo la costa ionico- basso adriatica. Corinto si attestò in quest’area in due fasi:
prima in epoca bacchiade, poi in età tirannica 1.
Siracusa e Corcira sono considerate colonie di prima generazione; omettendo in
questa sede, per motivi di economia del discorso, i problemi relativi alla cronologia delle
2
, le due fondazioni si possono collocare sommariamente nella II metà del VIII sec.
a. C. Le fonti antiche, assimilando le due fondazioni corinzie nel medesimo schema colpaespiazione rituale, identificano gli ecisti di Siracusa e Corcira rispettivamente in Archia e
Chersicrate, due bacchiadi caduti in disgrazia e allontanati dalla madrepatria. Di Chersicrate
sappiamo semplicemente che fu privato dei diritti civili dai Corinzi3, mentre della vicenda di
Archia la tradizione ha restituito qualche particolare in più. Archia uccise Atteone, nipote di
un argivo di nome Habrone, il quale era riparato a Corinto dopo aver rivelato il complotto di
Fidone di Argo contro la città dell’Istmo; Archia dunque si recò in Sicilia a fondare Siracusa
per espiare l’omicidio commesso e allontanare quindi dalla città l’ira divina4. Mettendo in
relazione la nascita di Siracusa e Corcira con attriti in seno al gruppo dominante a Corinto,
quindi, i testimoni antichi imprimono alle suddette spedizioni coloniali una connotazione in
un certo senso politica. Salmon però rigetta i motivi politici che è sottesa alla tradizione delle
1
Si accetti la cronologia tradizionale che fissa l’avvento di Cipselo nel 657 a. C. ca. a scapito delle proposte di
cronologia “bassa” di Beloch (610 a. C.) e di Will (620 a. C.).
2
Una parte della tradizione, che afferisce a Strab. VI, 269, attesta per le fondazioni di Siracusa e Corcira un
sincronismo da collocare intorno al 734/3 a. C. A Corcira il materiale archeologico relativo alle prime fasi
coloniali sembra favorire la datazione di Eusebio della XVIII olimpiade (708/7- 705/4 a. C.). Tuttavia gli scavi ad
opera dell’equipe di Tony Hackens hanno fatto emergere testimonianze importanti che depongono a favore
della contemporaneità Corcira- Siracusa (cfr. De Fidio 1994, 90; 92).
3
Cfr. Schol. Ap. Rhod. IV, 1216.
4
Cfr. Plut. 772 c- 773b; Diod. Sic. VIII, 10.
2
fondazioni di prima generazione: i Bacchiadi sarebbero stati quindi spinti a fondare Siracusa
e Corcira dal bisogno di terre dove stanziare la popolazione in surplus, al fine di far fronte
all’eccessivo sfruttamento delle risorse in madrepatria e al conseguente crescente
malcontento5. Inoltre Salmon 1984, 74 riduce il fenomeno delle esportazioni delle eccedenze
alimentari, successive alla deduzione delle due proto- colonie, all’iniziativa privata di pochi
esponenti, i più furbi, di quell’aristocrazia, all’insegna della quale erano state inaugurate le
spedizioni coloniali, sottolineando la natura episodica dei primi scambi.
Per colonie di seconda generazione si intendono generalmente Leucade, Ambracia,
Anattorio, distribuite nella regione del Golfo di Ambracia, e Potidea. Le notizie antiche
relative ai natali di queste città rivelano imbarazzanti contraddizioni riguardo la natura mista
o meno delle fondazioni, l’identificazione degli ecisti o la collocazione cronologica che il
presente lavoro non si pone di riportare, né sarebbe in grado di tentare di ricomporre, ma di
cui di seguito verrà offerto un modesto specimen, prendendo in considerazione i casi di
Leucade e di Anattorio6.
Nonostante lo stato confusionale in cui versano i riferimenti antichi, tendenzialmente
si ricava che le suddette fondazioni coloniali vengono promosse dai tiranni di Corinto, quindi
sono cronologicamente collocabili tra la II metà del VII e la I metà del VI sec. a. C., e che
vengono messe in collegamento a figure prossime ai tiranni (gli ecisti, quando indicati, sono
generalmente identificati dalle fonti con i figli dei tiranni7).
Sebbene la cronologia sia incerta, tra le colonie cipselidi si tende ad includere anche
le città di Sollium, Molycrium, Chalcis. Salmon 1984, 277 riconduce alla nascita di queste
colonie il fine puramente strategico di mettere in sicurezza l’area tra l’imboccatura del Golfo
di Ambracia e quella del Golfo di Corinto. La penuria di riferimenti antichi a queste colonie
5
“The western colonizing movement was in general designed to relieve over- population in the
mainland”(Salmon 1984, 63); “Land hunger provides an entirely sufficient explanation for the
colonies.”(Salmon 1984, 65). Cfr. De Fidio 1994, 82 ss.
6
Per le questioni che le fonti antiche sollevano sull’origine delle singole colonie si rinvia a Graham 1964, 30-31,
128- 142; Salmon 1984, 209-215.
7
Cfr. e.g. Strab. VII, 325 per Ambracia; Nic. Dam. Fr Gr Hist 90 fr. 59,1 per Potidea.
3
“minori” impone cautela nella determinazione della loro posizione geografica: di queste tre
solo Chalcis può essere localizzata con sicurezza, alla terminazione occidentale del Golfo di
Corinto; vicino o presso Capo Antirhium sarà da collocare Molycrium, mentre si può solo
ipotizzare che Sollium si trovi di fronte l’isola di Leucade.8
È facile pensare che i Cipselidi ai quali la tradizione attribuisce la nascita delle colonie
fossero anche essi tiranni, quindi che Corinto avesse instaurato nelle città figlie regimi affini
a quello vigente in madrepatria, al fine di saldare anche politicamente i legami con le
fondazioni coloniali. La fine della tirannide in madrepatria probabilmente non scalfì gli
ipotetici regimi in ambiente coloniale; si può dedurre però che da quel momento i rapporti
con la madrepatria si fecero più lassi, almeno fino alla capitolazione dei tiranni anche nelle
colonie9.
Le relazioni tra Corinto e le colonie tornano a rinnovarsi non prima del V secolo, come
evidenzia la documentazione numismatica10, la quale testimonia da parte delle città figlie
l’adozione dei pegasi della città madre. La prima colonia cipselide ad emettere moneta fu
Leucade; il conio di Leucade si differenzia da quello di Corinto solo per l’aggiunta dell’etnico
sul retro. Le monete di Ambracia, che come quelle della città sorella si distinguono dalla
moneta della madrepatria solo per l’aggiunta dell’etnico
, inoltre palesano una dipendenza
dalle miniere corinzie e risalgono al 480 ca. 11
8
Cfr. Graham 1964, 119; Salmon 1984, 277- 278.
9
Cfr. Salmon 1984, 270- 271.
10
Tra VI e V sec. a. C., inoltre, la presenza materiale della moneta di Corinto e delle sue colonie (principalmente
Leucade e Ambracia) in Occidente sconfina in Magna Grecia e Sicilia, attestata dal rinvenimento di monete
tesaurizzate in ripostigli o sporadicamente ritrovate nel corso degli scavi o casualmente nel terreno, oppure
riconiate con tipi di zecche italiote o siceliote. La moneta di Corinto e delle sue colonie funse infatti da modello
alla struttura monetaria delle colonie achee dell’Italia e, probabilmente, anche delle colonie doriche della Sicilia
sud-occidentale (cfr. Stazio 1994, 179-192).
11
“Presumably Ambracia found it necessary or desirable to strike coins for use in connection with her
participation in the campaign against Xerses, and in the emergency asked her metropolis to undertake the
production”(Salmon 1984, 271, 272).
4
È facile scorgere il significato commerciale del fenomeno di adozione del conio di una
città da parte di altre, che nel periodo arcaico ha motivazioni eminentemente pratiche: a
quest’epoca le miniere sono poche, quindi le colonie preferiscono usare il più famoso pegaso
di Corinto, piuttosto che un conio proprio, più difficile da imporre sui nascenti mercanti. Tale
presupposto avrà portato città come Sollium, Chalcis, Molycrium ad astenersi dal battere
moneta, altre a copiare il conio in adozione in madrepatria. 12 Graham, oltre all’aspetto
commerciale, ne adduce anche uno politico: sebbene accetti di vedere il diritto di emettere
moneta come un segno di autonomia, il fatto che le monete in circolazione in ambiente
coloniale fossero identiche a quelle di Corinto sia nella tipologia sia nel sistema ponderale
tradirebbe una dipendenza politica dalla madrepatria.
L’interpretazione di Graham dei dati numismatici è in armonia con la lettura che lo
studioso dà dell’intero sistema coloniale di Corinto, prendendo le distanze dalle letture
precedenti13. Graham14 in primo luogo ha osservato infatti che la sfasatura cronologica nel
processo di colonizzazione corinzia corrisponderebbe ad una differenza qualitativa tra le
colonie: quelle fondate in età pre- tirannica sarebbero nate come insediamenti autonomi
dalla madrepatria, quindi in grado di entrare in competizione con essa; quelle di seconda
generazione invece occuperebbero una posizione di subordinazione e dipendenza rispetto
alla madrepatria. Lo studioso, filtrando l’indagine attraverso tre parametri, cioè
testimonianze antiche di natura politica, evidenze numismatiche, espressioni usate dalle
fonti antiche per descrivere le colonie, approda alla conclusione che attraverso le relazioni
con le colonie di età tirannica Corinto salda insieme un sistema di natura imperialistica. Tra
le fondazioni coloniali di seconda generazione e la madrepatria vigerebbero strette relazioni,
nell’ambito delle quali Corinto occuperebbe una posizione di superiorità che le permette di
12
Cfr. Graham 1964, 122.
13
Kahrstedt sostiene che le colonie fondate da Corinto non erano altro che estensioni materiali della
madrepatria; di conseguenza non esistevano differenze tra cittadini residenti in territorio coloniale e quelli
residenti a Corinto. Hampl, seguito da Gschnitzer, sulla base di alcuni argomenti di Kahrstedt, arriva alla
differente conclusione che le colonie erano
senza territorio: sebbene fossero comunità separate,
quindi politicamente autonome dalla madrepatria, quest’ultima aveva il possesso del suolo coloniale (cfr.
Graham 1964, 119).
14
Cfr. Graham 1964, 148.
5
esercitare un certo controllo15. I rapporti che vincolano le
alla madrepatria
sarebbero di natura personale piuttosto che legale, sulla scorta di quelli di tipo familiare
instaurati ai tempi della fondazione da quelle figure gravitanti nell’orbita dei tiranni di
Corinto; la natura stessa dei legami quindi comporterebbe che le città figlie non occupino la
stessa posizione giuridica nei confronti della città madre16. Tuttavia i vincoli politici alla
madrepatria non implicano nella visione di Graham assenza di autonomia per le colonie: la
gestione della politica estera da parte delle colonie 17, l’esistenza degli etnici e la presenza di
contingenti militari separati in caso di guerra ne sarebbero chiari indizi 18.
Salmon marca la distanza dalla visione di Graham, a partire dall’insistenza con cui
puntualizza che i legami di natura monetaria tra la madrepatria e le colonie non siano di
necessità anche di natura politica 19. Sebbene enumeri diversi elementi che abbiano potuto
fare da possibili obiettivi per la deduzione delle colonie cipselidi (le ambizioni imperialistiche
di Corinto, il controllo delle rotte commerciali, l’approvvigionamento delle miniere
argentifere nell’entroterra epirota, l’eliminazione della pirateria illirica), siccome ritiene ci si
possa pronunciare in modo plausibile sulle finalità della colonizzazione solo sulla base dei siti
delle fondazioni, si sbilancia ad indicare con sicurezza come scopo solo quello d’ordine
pratico: a spingere i coloni a spostarsi sarebbe stata plausibilmente mera ambizione o
15
Cfr. Graham 1964, 139.
16
Cfr. Graham 1964, 140-141. Graham 1962, 246- 252 ridimensiona lo studio di Kahrstedt sulle espressioni con
cui Tucidide indica le colonie essere “of the Corinthians”. Prendendo in analisi Thuc. IV, 49
;
II, 30, 1
; I, 108,5
dove lo storico si riferisce rispettivamente ad
Anattorio, Sollio, Chalcis individua una stringente analogia Hdt. VIII, 108, dove l’espressione
in
riferimento a Stryme indica “very close political control by metropolis over colonies which still formed separate
communities”. Inoltre mettendo a confronto tali espressioni con Thuc. I, 26,2; I, 30,2; I, 56,2; II, 80, 3, dove lo
storico indica rispettivamente Apollonia, Leucade, Potidea e Ambracia con l’espressione consueta impiegata
per descrivere le colonie, arriva alla conclusione che la differente terminologia che Tucidide applica alle colonie
di Corinto è indice di un diverso statuto delle fondazioni nei confronti della madrepatria. “Perhaps the special
control implied by his words is not universally applicable to all the tyrant foundations of Corinth”.
17
Potidea, sebbene colonia di Corinto, era alleata e tributaria di Atene: cfr. Thuc. I, 56,1. Molycreium era
colonia corinzia, ma soggetta ad Atene: cfr. Thuc. III, 102, 2. Nel 426/5 Ambracia firma un trattato e stringe
un’alleanza per cent’anni con Acarnani e Anfilochi: cfr. Thuc. III, 114,3.
18
Cfr. Graham 1964, 139.
19
Cfr. Salmon 1984, 271.
6
necessità di assicurarsi altrove opportunità che mancavano in patria 20. Quindi la capacità di
Corinto di sfruttare in senso politico i rapporti tradizionali con le sue colonie, che avrebbero
innanzitutto natura religioso- rituale21, sarebbe favorita in modo più cogente dalla contiguità
geografica: Corinto infatti vi aveva facile accesso marittimo. Così come la portata
dell’emancipazione di Corcira, cioè la conseguente nascita di tensioni con la madrepatria, a
causa della rivalsa dell’isola nell’esercizio della propria ingerenza in ambito coloniale, va
spiegata con ragioni geografiche piuttosto che cronologiche. “The precise character at any
time of the relationship between metropolis and colony did not depend on links preserved
from the distant past, but on contemporary political condition.” 22
Alle colonie di epoca cipselide vanno aggiunte le colonie Epidamno e Apollonia, lungo
la costa meridionale dell’Illiria. La prima fu dedotta dai Corciresi, i quali però richiesero
l’invio dell’ecista dalla madrepatria, in ossequio a quello che Tucidide definisce
23
, il che implicò la partecipazione dei Corinzi; Epidamno viene quindi considerata una
fondazione sub coloniale mista di elementi corciresi e corinzi 24. Sulla genesi di Apollonia gli
autori antichi sono alquanto discordi: Thuc. I, 26, 2 la definisce fondazione corinzia 25,
sebbene non manchino fonti che la indicano come colonia di matrice corinzio- corcirese26,
oppure solamente corcirese27. Quanto alla datazione delle due fondazioni, la cronologia
eusebiana colloca la nascita di Epidamno nel 627/625 a. C.28, invece quella di Apollonia si
20
Cfr. Salmon 1983, 215-217.
21
Cfr. Salmon, 1986, 387.
22
Cfr. Salmon 1984, 394.
23
Cfr. Coccioli 2006, 149 ss.; Malkin 1987, 132- 134; Mazzarino 1963, 65- 67.
24
Thuc., I, 24, 1.
25
Cfr. Steph. Byz. s. v.
26
Strab. VIII, 316; Ps. Scym. 439-440.
27
Paus. V, 22, 4.
28
Altrimenti Braccesi 1971, 93- 95 è incline a datare la fondazione di Epidamno all’epoca bacchiade, quando
Corcira, in seguito alla presunta vittoria della battaglia navale del 664 a. C., aveva acquistato una libertà di
manovra tale da competere con la metropoli nell’espansione nell’ Adriatico.
7
può elasticamente collocare all’epoca di Periandro. È stato osservato da Braccesi 1971, 9698 come la penetrazione corinzia in Adriatico, che matura in età cipselide, sia pressoché
contemporanea all’inizio della monetazione di Corinto; le due iniziative coloniali sono state
allora messe in relazione con la presenza delle miniere argentifere nell’Illiria meridionale29,
data la mancanza di evidenze che attestino attività corinzia presso i giacimenti d’argento in
area tracica30. Le due colonie quindi avrebbero la funzione di saldare le rotte d’accesso allo
sfruttamento dei giacimenti argentiferi basso illirici a vantaggio della città istmica, con il
beneplacito delle popolazioni locali31.
Con la menzione delle rotte d’accesso alle miniere illiriche si è introdotto anche uno
dei nodi delle tensioni tra la città madre Corinto e Corcira, la figlia snaturata che,
insofferente ai vincoli famigliari, inizia a rivaleggiare con l’autorità materna. I rapporti tra la
metropoli e la sua proto colonia, a differenza di quelli con Siracusa32, furono problematici e
di conseguenza significativi per gli equilibri interni del sistema coloniale corinzio basso
adriatico.
Lo storico di Alicarnasso, quasi si tratti di odio ancestrale, fa risalire la discordia tra
Corinzi e Corciresi ai tempi della colonizzazione dell’isola33. All’ostilità tra Corinto e Corcira
Tucidide attribuisce addirittura il prestigio della prima battaglia navale greca, databile al 664
ca34. Non è comunque ragionevole dedurre che tra Corinto e Corcira ci fosse un odio ab
origine, perché se i normali rapporti tra città madre e città figlia non fossero stati distesi,
pochi anni più tardi la battaglia navale menzionata da Tucidide i Bacchiadi, dopo essere stati
rovesciati a Corinto, non avrebbero riparato proprio a Corcira. Inoltre le fonti antiche
29
Cfr. Beaumont 1936, 182-184.
30
Cfr. Beaumont 1936, 184.
31
Per la convivenza pacifica con le genti illiriche cfr. Bakhuizen 1986, 165- 173; per i rapporti in Epiro cfr.
Beaumont 1956, 63- 64.
32
Cfr. Graham 1964, 142- 145; Salmon 1984, 388- 392.
33
Cfr. Hdt. III, 49,1.
34
Cfr. Thuc. I, 13,4. Beaumont 1936, 183 e Braccesi 1971, 94- 95 sono concordi nell’identificare nella prima
naumachia greca la guerra di indipendenza di Corcira da Corinto. Contro questa lettura è Graham 1964, 146.
8
attestano che all’epoca della tirannide di Periandro la proto colonia corinzia gravitasse, alla
stregua delle altre colonie basso- adriatiche, nel bacino di ingerenza di Corinto 35. Buoni
rapporti infine dovevano essere alla base dell’iniziativa della comune fondazione coloniale di
Epidamno.
Dalle testimonianze di Erodoto36 e Nicolao Damasceno si ricava che lo scatto al
rancore tra le due città debba collocarsi al momento della trasmissione del potere tirannico
di Periandro, tra l’ultimo quarto del VI sec. a. C. e l’inizio del V sec. a. C., ad ogni modo prima
del 48037.
In occasione della spedizione panellenica contro Serse, Corcira adottò un
comportamento sconvenientemente ambiguo 38: dopo aver garantito la sua adesione, al
momento di andare in azione, temporeggiò, lasciando la flotta di sessanta navi ormeggiata
nei pressi di Pilo e del Tenaro. Secondo Salmon 1984, 272, l’atteggiamento sospetto dei
Corciresi, insieme ai timori che Epiroti e Acarnani potessero approfittare della momentanea
assenza di difesa, portò le altre colonie corinzie ad impiegare le proprie risorse militari in
modo parziale39.
Sembra infine indicativo dell’inclinazione all’emancipazione dalla madrepatria il dato
che Corcira adotta la moneta corinzia solo nel IV sec. a. C., impiegando nel periodo
precedente quest’epoca un conio proprio 40, di cui è stato rinvenuto l’uso ad Apollonia ed
Epidamno41.
35
Cfr. Hdt. III, 52, 6; Nic. Dam. Fr Gr Hist 90 fr.59.
36
Hdt. III, 50-53.
37
Non si trascuri che nel 492 le forze corinzie e corciresi unite intervennero in Sicilia, in difesa di Siracusa,
minacciata da Ippocrate di Gela (cfr. Hdt. VII, 154, 3). Si può pensare che la salvaguardia delle comuni relazioni
con Siracusa rappresentasse un motivo di forza maggiore tale da scavalcare i conflitti di interessi tra le due (cfr.
Graham 1964, 143- 144).
38
Cfr. Hdt. VII, 168.
39
Cfr. Hdt. VIII, 45.
40
Già all’inizio del VI sec. a. C. (585 a. C. ca) impiega emissioni di taglio non elevato, con i tipi della testa taurina
di faccia al D/ e quadrato incuso al R/. Nel 525 a. C. ca. ha inizio la sua produzione più tipica e diffusa di
9
Le rivalità tra Corinto e Corcira trovano espressione ben prima dell’episodio di
Epidamno, il quale ha un importante precedente nell’arbitrato di cui fu oggetto Leucade e le
cui dinamiche trovano perspicuo riflesso nel caso contemporaneo di Anattorio.
Leucade
Il nome indica sia l’isola prospiciente la costa acarnana, poco a sud dell’imboccatura
del Golfo di Ambracia, sia la colonia di matrice corinzia.
Non è possibile delineare con esattezza la fondazione, dal momento che le fonti
antiche non forniscono una versione unanime sull’origine della città. Sebbene si rilevi una
generalizzata omogeneità sulla natura corinzia della colonia, non c’è consenso tra gli autori
antichi sull’identificazione dell’ecista.
Nic. Dam. Fr Gr Hist 90 fr. 57,7 (
) connette il processo di colonizzazione promosso da Cipselo con il
suo programma di purgare il tessuto cittadino di Corinto da elementi ostili al fine di creare
un consenso il più unanime possibile: lo storico afferma che il tiranno inviò i suoi nemici
politici a Leucade e Anattorio, stabilendo che i suoi figli illegittimi, Pilade ed Echiade, ne
fossero ecisti. Gli studiosi moderni colgono qui un’ulteriore informazione, cioè la
didrammi e dramme caratterizzati dal tipo della mucca con vitellino al D/ e due rettangoli incusi al R/ (Stazio
1994,181). Stazio 1994, 192 osserva che la struttura della moneta corcirea era pensata in maniera tale da
consentire una facile convertibilità da un lato con la moneta di Corinto, dall’altro con quella delle città calcidesi
dello stretto di Sicilia.
41
Cfr. Graham 1964, 130; 149.
10
specificazione che i due personaggi siano rispettivamente i fondatori delle due colonie, cioè
Pilade di Leucade ed Echiade di Anattorio. Benché la lettura più immediata rimanga quella
vulgata, il testo greco, che qui non esplicita il rapporto di rispettività tra gli ecisti e le
fondazioni, potrebbe lasciare aperta, a mio avviso, anche la possibilità di intendere che
entrambi abbiano fondato prima Leucade, poi Anattorio.
Strab. X, 452 (
), sebbene collochi la deduzione coloniale
nello stesso periodo storico, cioè all’epoca di Cipselo, la attribuirebbe a Gorgo, a capo di un
contingente di Corinzi inviati dal tiranno appunto. Sebbene non contribuisca a chiarire
l’origine di Leucade, mi pare comunque opportuno fare una notazione di carattere testuale e
segnalare, a titolo meramente informativo, che l’ipotetica menzione dell’ecista si trova in un
luogo tormentato della tradizione 42. Bisogna notare che Strabone include nella medesima
spedizione coloniale corinzia anche la fondazione di Anattorio e di Ambracia; la corruttela
della parte di testo che dovrebbe restituirci il nome dell’ecista di Leucade proposto da
Strabone può essere allora plausibilmente sanata mediante un raffronto con Strabo VII, 325,
in cui l’autore definisce Ambracia
. Salmon 1984, 210
sostiene che Ambracia, data la sua estensione durante il periodo classico, la sua posizione
favorevole e le risorse agricole del terreno che la città occupava, fosse il principale obiettivo
coloniale della spedizione guidata da Gorgo, mentre le
di Leucade e di Anattorio
fossero state fondazioni accessorie.
42
Le lezioni dei codici nel passo in questione sono piuttosto oscure: B (Athous Vatop. 655) C (Parisinus gr. 1393)
D (Laurentianus 28, 19) presentano
, mentre n (Etonensis 141) q (Parisinus gr. 1395) x
(Laurentianus 28, 19)
; Ruhnken propone
; l’editore Radt 2004, 180, che pone il testo tra
cruces, non si sbilancia è segnala in apparato
?.
43
Cfr. Ps. Scymn. 453-455.
11
Inoltre il geografo imputa all’arrivo e allo stanziamento dei Corinzi alcune modifiche
morfologiche del territorio in quest’area. Stando alla testimonianza di Strabone, Leucade,
prima della spedizione corinzia, era una penisola della regione dell’Acarnania 44; furono i
Corinzi a renderla un’isola, scavando un canale, quindi eliminando l’istmo che la collegava
alla terraferma45. D’altro canto Tucidide attesta l’esistenza della lingua di terra nel V secolo:
dai riferimenti46 al fatto che navi peloponnesiache venissero trasportate oltre l’istmo di
Leucade, probabilmente con l’impiego di rulli di legno, come avveniva per attraversare
l’istmo di Corinto, si deduce che il passaggio non fosse navigabile. “[…]If a canal was
attributed to Cypselus and Gorgus it is likely that the spit was known once to have been
passable. The canal probably tended to become silted up, so that periodic dredging was
necessary to keep the passage clear”47.
A differenza delle testimonianze finora prese in considerazione, Plut. De sera num.
vind. 552e identifica il fondatore di Leucade (di Apollonia e Anattorio) in Periandro,
posponendo la deduzione coloniale; in questo periodo è piuttosto da collocare
l’introduzione dell’elemento corcirese in quelle colonie, come Leucade, che la tradizione
ricorda come corinzie, ma la cui storia palesa la presenza di contributi corciresi48.
Altre fonti antiche49 relative a Leucade ne riportano semplicemente l’origine corinzia,
sebbene meriti una breve annotazione la testimonianza dello Pseudo Scilace50. Questa fonte
44
Cfr. Strabo I, 59:
45
Strabone aggiunge infine che all’epoca in cui il geografo scrive Leucade è collegata all’Acarnnia con un ponte.
46
Thuc. III, 81, 1; IV, 8, 2.
47
Salmon 1984, 210.
48
Graham 1964, 30- 31.
49
Hdt. VIII, 45 Thuc. I, 30, 2 Ps. Scyl. 34; Ps. Scymn. 465; Plut. Tim. 15,1.
50
Ps. Scyl. 34:
12
attesta per la città di Leucade un originario insediamento di Acarnani. La presenza corinzia
sarebbe qui subentrata a quella più antica, in un momento di vulnerabilità della popolazione
acarnana: durante una stasis interna, infatti, fu accolto un contingente di 1000 coloni corinzi,
i quali, una volta penetrati nella città, fecero strage degli abitanti acarnani e si
impossessarono del territorio. Tale testimonianza può essere considerata utile a gettare una
luce sulla percezione dei contatti e delle contaminazioni ab origine con le popolazioni dei
dintorni.
Nella storia di questa colonia è opportuno soffermarsi sulla controversia scoppiata tra
Corinto e Corcira avente come oggetto i diritti coloniali su Leucade, di cui si ha notizia da
Plut. Them.24, 1 a proposito dell’
temistoclea verso i Corciresi:
. Temistocle infatti riparò a Corcira, dopo il suo soggiorno ad
Argo, dove non si sentì più al sicuro, quando venne a sapere che era stato accusato di
filomedismo dai Lacedemoni presso gli Ateniesi che già lo avevano ostracizzato. Plutarco, a
differenza di altre fonti antiche 51 che si limitano a menzionare la tappa a Corcira dello
stratega ateniese durante la sua fuga, rintraccia il debito di riconoscenza contratto dai
Corciresi con Temistocle in una sentenza arbitrale da lui emessa che li avvantaggiò.
Nell’ambito della contesa sorta appunto tra Corcira e Corinto sul possesso e i diritti di
metropoli su Leucade, l’uomo politico ateniese, scelto come arbitro, ricompose il contrasto
decretando che la colonia in questione venisse governata in comune e infliggendo a Corinto
una multa di sessanta talenti in risarcimento dei danni subita dai Corciresi in stanza a
Leucade. Sulla base di P. Oxy. 1012, fr. 9, col. II, 23- 34, si può desumere che il biografo
tardo- antico avesse attinto in modo diretto o mediato all’opera perduta di Teofrasto
: il papiro attesta infatti per Teofrasto una versione dei fatti identica a quella
51
Cfr. Nep. Them. 8, 3; [Themist.]Epist. 3, 1; 17; 20.
13
plutarchea, in opposizione al silenzio di Tucidide al riguardo. Thuc. I, 136, 1 (
) tace infatti i motivi per cui Temistocle fosse
dei Corciresi; lo scolio
al passo fa però altrimenti. Nello scolio il beneficio di cui si fece promotore Temistocle nei
confronti dei Corciresi si fa risalire all’opposizione che lo stratega ateniese mosse contro il
provvedimento proposto dalle forze elleniche confederate di punire Corcira per la sua
neutralità durante le Guerre Persiane 52 e salvò l’isola. La spiegazione che fornisce lo scoliaste
potrebbe trattarsi di un’estensione analogica al caso di Corcira dell’atteggiamento che
adottò Temistocle di fronte alla misura avanzata dai Lacedemoni di allontanare
dall’Anfizionia delfica Tessali, Argivi e Tebani, i quali non avevano preso parte alle Guerre
Persiane53, per impedire che i Lacedemoni avessero la maggioranza dei voti all’interno della
confederazione.
Se si conviene con Piccirilli 1973, 61- 63, come mi sembra ragionevole fare, l’arbitrato
andrebbe collocato nel 483 a. C. ca., prima della battaglia di Salamina, in un momento in cui
il carattere talassocratico, della politica ateniese, di cui si fece promotore Temistocle, non
doveva destare eccessive preoccupazioni nei Corinzi. Sembrano infatti far difficoltà le altre
datazioni: la collocazione cronologica che propone Bérard, dopo il 480 a. C. e prima
dell’esilio di Temistocle (471/0 a. C.?), non sembra verosimilmente coerente con le antipatie
che i Corinzi manifestarono nei confronti dello stratega ateniese al momento dei preparativi
della spedizione contro Serse54; inaccettabile invece quella avanzata da Sonne, prima del 468
a. C., dal momento che a quell’epoca Temistocle era già in esilio: in primo luogo, infatti è
difficile che in quelle circostanze venisse scelto a moderare l’arbitrato; secondo poi, il fattore
che fosse stato già ostracizzato entra in contrasto con quanto affermano gli autori antichi, i
quali invocano proprio il debito di
, già contratta, a motivazione della scelta
dell’isola come meta.
52
Cfr. Hdt. VII, 168.
53
Cfr. Plut. Them. 20, 3-4.
54
Cfr. Hdt. VIII, 59; 61.
14
Il favoritismo nei confronti di Corcira è stato messo in relazione da Piccirilli 1994, 156
con la propaganda di apertura di Atene verso Occidente, nella fattispecie verso Siri e la
Sibaritide, di cui Temistocle, negli anni ‘80/’70 del V secolo, sarebbe sostenitore55. In
quest’ottica, la decisione arbitrale andrebbe letta come una mossa strategica da parte dello
stratega, volta a minare la posizione di Corinto all’interno del suo sistema coloniale: non
sanzionando Corcira, le si lasciava intenzionalmente piede libero, a scapito della
madrepatria.
Anattorio
La colonia corinzia, a causa probabilmente della contiguità geografica, viene abbinata
dagli autori antichi alla città di Leucade. Infatti, dal momento che le fonti antiche sulla
fondazione di Anattorio sono le stesse relative alla nascita di Leucade, si deve rilevare anche
in questo caso il disagio di non riuscire a delineare in modo chiaro l’origine della città.
La testimonianza di Nic. Dam. F Gr Hist 90 fr. 57,7 inserisce la fondazione di
Anattorio, come quella di Leucade, nell’operazione di epurazione del corpo cittadino di
Corinto di cui Cipselo, una volta preso il potere, si fa promotore. Se, stando alla lettura più
immediata che i moderni comunemente danno di questo brano, il nome di Pilade
corrisponde a quello del fondatore di Leucade, quello di Echiade, altro figlio illegittimo del
tiranno, corrisponderà a quello di Anattorio.
Strab. X, 452 fa confluire invece nella medesima impresa coloniale, guidata da Gorgo,
nome di un ennesimo figlio illegittimo di Cipselo, la fondazione di Ambracia, di Leucade e
quella di Anattorio appunto.
55
Cfr. Raviola 1986 13- 72.
15
Rispetto agli autori antichi presi finora in considerazione, lo Pseudo Scymno56 innova
attestando per la città di Anattorio un’origine etnicamente mista: la colonia sarebbe stata
fondata infatti, all’epoca di Cipselo, da Corinzi e Acarnani insieme.
Si aggiunga infine l’informazione della natura di colonia comune a Corcira e Corinto,
che Thuc. I, 55, 157 fornisce, in un inciso, a giustificazione della presa di Anattorio da parte
dei Corinzi di ritorno dalla battaglia delle Isole Sibota. Si è tentato di conciliare la versione
tucididea della co-fondazione di Anattorio ad opera di Corinzi e Corciresi con la tradizione
che indicherebbe come madrepatria solo Corinto, ipotizzando che l’elemento corcirese di
rinforzo sia stato introdotto al tempo della tirannide di Periandro, quando l’isola di Corcira
sembra fosse sotto il controllo di Corinto o per lo meno non fosse completamente
emancipata dalla madrepatria 58. Il passo di Tucidide, oltre che per l’origine della colonia,
però presenta altri interessanti spunti di riflessione.
Al termine della battaglia delle Isole Sibota, quindi, i Corinzi, facendo vela verso casa,
presero con l’inganno Anattorio e dopo avervi stabilito loro coloni ritornarono in patria.
Sebbene Tucidide lo menzioni in modo rapido e cursorio, a mio avviso, l’episodio non è così
secondario e poco significativo. Gomme59, sulla base dell’esiguo contributo militare della
colonia per la battaglia delle Sibota 60, ipotizza che all’interno della città di Anattorio non ci
fosse allineamento tra le parti politiche sull’adesione alla spedizione di Corinto contro
Corcira, leggendo nel termine
la compiacenza e il coinvolgimento della fazione filo
corinzia nell’azione aggressiva della madrepatria nei confronti della sua colonia. Fermo
restando che la natura irrisoria dell’apporto militare stanziato da Ananttorio potrebbe essere
56
Ps. Scymn. 459-461:
57
58
Cfr. cfr. Hdt. III, 49- 53; Nic. Dam. Fr Gr Hist 90, 59.
59
HCT I, 195 ss.
60
Thuc. I, 46, 1.
16
spiegata anche con le limitate risorse della città, è necessario qui soffermarsi, a mio modesto
avviso, sull’operazione in sé che Corinto compie. Quella che Corinto opera su Anattorio è
una vera e propria azione di riconquista e re-imposizione della città- madre sulla coloniafiglia (
), di cui è possibile mettere in evidenzia il carattere di ricolonizzazione,
visto l’impiego di coloni corinzi (
).
Il fatto che Corinto non ritenga opportuno avere lo stesso comportamento anche con
le altre colonie della regione porta a convenire con Gomme sulle condizioni politiche interne
la città di Anattorio: si può immaginare che una situazione di contrasto tra le parti politiche
da una parte avesse richiesto l’intervento della madrepatria, dall’altra avesse anche
rappresentato il presupposto per il suo buon esito. A tale proposito occorre ricordare che
anche la possibilità per Corinto di bandire la rifondazione di Epidamno 61 era stata in un certo
qual modo favorita da un stato di conflittualità politica interna la città, tra i democratici che
avevano preso il potere e i dynatoi espulsi che premevano per rientrare in città.
La ripresa di Anattorio quindi può forse essere messa in relazione con il bando di
rifondazione che Corinto aveva promosso qualche anno prima (435 a. C.) per Epidamno62.
L’esperienza di ricolonizzazione di Epidamno e l’episodio di Anattorio, sebbene
vengano presentate con modalità differenti, sono, a mio modesto parere, assimilabili nei
moventi: fanno infatti parte del programma di recupero dei territori coloniali da parte di
Corinto nell’area ionico- basso adriatica, indice del tentativo da parte della città dell’Istmo di
riaffermare qui la propria originaria ingerenza, corrosa nel tempo dalla crescita della cittàfiglia Corcira.
È lecito pensare che il consolidamento delle posizioni in Occidente per Corinto fosse
stato incentivato dal Trattato di Pace trentennale (446 a. C.). Dalle argomentazioni dei
corinzi in ambasceria ad Atene, nella sezione tucididea
, Salmon 1984, 275
ricava che Corinto, guardando al Trattato del 446 a. C. come all’ufficiale riconoscimento
dell’area egea come sfera di influenza ateniese, era portata automaticamente ad
61
Coccioli 2006, 145-160.
62
Thuc. I, 27, 1.
17
individuarne una propria e identificarla con la Grecia nord- occidentale. La proiezione di
Corinto in Adriatico non è quindi determinata da una politica talassocratica aggressiva, ma
dai contemporanei equilibri interni al mondo greco metropolitano.
Se attraverso la rifondazione di Epidamno Corinto intende mettere in sicurezza
l’accesso alle vie interne della penisola balcanica63, con la riaffermazione della propria
presenza ad Anattorio, si può desumere che la città dell’Istmo intendesse riattestarsi in una
posizione geografica chiave, quale l’ingresso del Golfo di Ambracia, regione in cui i Corinzi
devono misurarsi con una convivenza non sempre pacifica con gli Acarnani e gli interessi
ateniesi che pericolosamente vi confluiscono64.
Sul finire dell’estate del 425 a. C., secondo il resoconto tucidideo65, Anattorio subì
una spedizione delle forze unite di Ateniesi di Naupatto e Acarnani, che portò
all’occupazione della città da parte di quest’ultimi, con la conseguente espulsione
dell’elemento corinzio. Dalle notizie relative alla sorte della colonia reperibili nelle Storie di
Tucidide, si può ricostruire che la conquista che subì da parte dei vicini Acarnani fosse legata
alla partecipazione della città all’invasione dell’Acarnania del 429, organizzata da Ambracioti
e Caoni per strapparla agli Ateniesi 66, ma il risentimento acarnano nei confronti di Anattorio
si rifletteva già nella clausola del trattato stipulato tra Acarnani e Anfilochi e Ambracioti nel
426/567, che interdiva gli Ambracioti dall’andare in aiuto di Anattorio, proprio perché nemica
degli Acarnani.
63
Cfr. Coccioli 2006, 149.
64
Cfr. Thuc. II, 30, 1; II, 68, 7- 8.
65
Cfr. Thuc. IV, 49.
66
Thuc. II, 80, 5.
67
Dopo la perdita di Olpae e Idomene, gli Ambracioti firmarono con Acarnani e Anfilochi firmarono un trattato
e un’alleanza per cent’anni: le parti contraenti si impegnavano a non combattere né contro Peloponnesiaci, né
contro Ateniesi e si garantivano sostanzialmente aiuto reciproco; secondo Gomme (HTC II, 429), la natura
difensiva di questa coalizione è da ricercarsi nella potenziale minaccia proveniente dai vicini Etoli e Agrei.
18
Conclusioni
La scelta dei casi di Leucade ed Anattorio è stata motivata innanzitutto a dimostrare
come gli attriti tra Corinto e Corcira si riverberino anche in episodi che sembrano più
marginali rispetto a quello che si svolse intorno ad Epidamno, reso celebre da Tucidide come
una delle
che portarono all’escalation della Guerra del Peloponneso. È importante
quindi sottolineare che la contesa nata intorno ad Epidamno nel 435 a. C. non fu né la prima,
né l’unica.
Nel periodo compreso tra la sconfitta di Serse ad opera della coalizione delle forze
panelleniche e lo scoppio della cosiddetta Guerra Archidamica, si può pensare che Corcira
abbia intrapreso una vera e propria attività di corrosione delle posizioni di Corinto in
ambiente coloniale. I contrasti nati dalle rivendicazioni di maternità di entrambe su alcune
fondazioni coloniali, di cui il caso di Leucade è un esempio, rinviano proprio ai tentativi di
Corcira di intaccare e indebolire il controllo di Corinto sulle colonie.
L’episodio di Leucade non è solo esemplificativo delle rivalità tra la città istmica e la
sua proto- colonia, ma illumina in modo retroattivo l’evidenza di discontinuità del caso di
Epidamno. Il ricorso all’arbitrato in occasione della disputa dei diritti coloniali su Leucade
negli anni ’80 del V secolo fa eco infatti alla proposta dei Corciresi in ambasceria a Corinto,
accompagnati da ambasciatori sicionii e spartani, di rimettere le rivendicazioni coloniali su
Epidamno di entrambe al giudizio di città peloponnesiache68, che i Corinzi respinsero. Perché
Corinto a distanza di circa cinquant’anni rifiutò di redimere la questione secondo una prassi
precedentemente adottata, per di più in occasione di un contrasto di natura simile? Cosa era
cambiato?
Negli anni ’30 del V secolo, evidentemente Corinto è costretta ad adottare una linea
più intransigente nei confronti di Corcira dagli scenari internazionali greci, al cambiamento
dei quali, si dovrà convenire con Salmon, aveva contribuito il Trattato di Pace del 446. Negli
anni di tensione con Corcira per via di Epidamno Corinto è impegnata nel tentativo di
68
Cfr. Thuc. I, 28, 1-2; I, 34, 2.
19
riaffermare la propria ingerenza all’interno di quella che era ormai diventata la zona
coloniale corinzio- corcirese69.
Sebbene il diritto di promuovere operazioni di rinforzo della presenza di coloni possa
essere considerato in generale normale70, anche l’episodio di Anattorio deve essere letto in
vista di un generale programma di ridefinizione della sfera di influenza corinzia, in analogia
con l’iniziativa di ricolonizzazione di Epidamno ad opera di Corinto.
La città istmica non può più fermarsi ad un’azione di contenimento della presenza
ingombrante della città figlia, ma deve impegnarsi a recuperare i propri spazi in area ionicobasso adriatica e salvaguardarli non solo dalle pretese di Corcira, ma anche dall’infiltrazione
di pericolose ambizioni ateniesi71, che trovano qui la connivenza degli Acarnani ostili a
Corinto.
Senza cedere alla tentazione di convertire le dinamiche internazionali greche e i
rapporti tra le
in schemi di politica di potenza, suggestionati dal dettato tucidideo,
occorre non trascurare gli aspetti non eminentemente strategici. Il cordone di colonie
corinzie lungo la costa ionico- basso illirica aveva permesso alla città dell’istmo di saldare
importanti rotte commerciali. Le città della fascia costiera a partire dal Golfo di Corinto fino a
Leucade fungevano da scali per i viaggi in Magna Grecia e in Sicilia; Anattorio rappresentava
il porto d’accesso al Golfo d’Ambracia 72; infine le due colonie nell’Illiria meridionale
provvedevano all’accesso alle risorse della regione e ai percorsi commerciali alto adriatici73.
A partire dall’assunto che prospettive occidentali non sembra furono estranee ad Atene né
prima delle spedizioni in Sicilia, né prima della deduzione panellenica di Turi74, suggerirei che
69
Cfr. Bakhuizen 1986, 167.
70
Cfr. Salmon 1984, 387.
71
Thuc. II, 30, 1 per la presa di Sollio e di Astaco da parte di Atene (cfr. Beaumont 1956, 63); Thuc. II, 68, 7-8 per
la spedizione di Formione di dibattuta datazione (cfr. Beaumont 1956, 62-63; Salmon 1984, 422- 423).
72
Cfr. Beaumont 1956, 63.
73
Cfr. Beaumont 1936, 181 ss.; Braccesi 1971, 103.
74
Cfr. Raviola 1986, 13-72.
20
non sia da scartare l’ipotesi che gli interessi ateniesi alla regione in questione scaturiscano
anche da ragioni ab origine economiche: poiché anche Atene stessa era una potenza a
vocazione marittimo- commerciale, sottraendo a Corinto i suoi contatti commerciali ed
automaticamente ereditandoli, avrebbe ricevuto, oltre al vantaggio di depauperare un’entità
greca scomoda, un importante feed back economico.
Ad ogni modo, si può solo affermare con sicurezza che Corinto negli anni ’30 del V
secolo è impegnata in un’attività di riconquista delle posizioni minate dalle conseguenze del
risentimento di Corcira, maturate a partire dall’inizio del V secolo. Quest’operazione di
riaffermazione di Corinto assume all’interno dello scacchiere internazionale greco il valore di
definizione dell’entità della propria sfera di ingerenza, a cui le tensioni con la città figlia
ribelle rappresentavano un pericoloso elemento di disturbo interno.
21
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23