I disturbi emotivo-comportamentali nel grave traumatizzato cranico

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I disturbi emotivo-comportamentali nel grave traumatizzato cranico
EUR MED PHYS 2008;44(Suppl. 1 to No. 3)
I disturbi emotivo-comportamentali nel grave traumatizzato
cranico sottoposto a craniotomia decompressiva:
uno studio di follow-up ad un anno dal trauma
A. MENICHELLI1, V. PESAVENTO1, A. ZADINI1, L. TACCONI2
Introduzione
I disturbi emotivi e del comportamento sono un esito relativamente comune negli individui che hanno subito un trauma cranico
moderato o severo, e possono essere considerati tanto la conseguenza diretta che indiretta del trauma, frutto della complessa interazione tra variabili cliniche, psicologiche e socio-ambientali.
Mentre i disturbi cognitivi e motori in generale tendono a migliorare negli anni, i disturbi emotivo-comportamentali possono, se non
trattati, persistere o addirittura peggiorare (Thomsen, 1984)1, incidendo in modo significativo sulle possibilità di recupero in ambito
riabilitativo e nella fase di reinserimento familiare e sociale (es., Barrash, Tranel, & Anderson, 20012; Morton & Wehman, 19953; Prigatano, 19924; Sherer, Madison, & Hannay, 20005; Yates, 19966), nonché
riducendo la qualità di vita e il benessere psichico dei componenti il
nucleo familiare del traumatizzato.
Scopo del presente lavoro è indagare le conseguenze a lungo termine sulla sfera emotiva e comportamentale del grave trauma cranico
chiuso trattato con craniotomia decompressiva. In particolare la ricerca
è volta ad: a) esaminare l’incidenza, la tipologia, e la severità dei
disturbi emotivi e del comportamento presentati da un campione di
individui a distanza di un anno dal grave trauma cranico subito; b)
analizzare la relazione di tali disturbi con variabili cliniche (correlati
neuroanatomici, profilo neuropsicologico, gravità e tempo intercorso
dal trauma), demografiche (età al momento del trauma) e con l’outcome funzionale; c) esplorare l’impatto che i disturbi della sfera emotivocomportamentale hanno sullo stress percepito dal caregiver principale.
Materiali e metodi
Procedure.
Sono stati analizzati retrospettivamente 42 casi consecutivi che
hanno subito un intervento di craniotomia decompressiva a seguito
di grave trauma cranico chiuso (punteggio alla Glasgow Coma Scale
[GCS] ≤ 8; perdita di coscienza superiore a 30 minuti) negli ultimi 3
anni presso la S.C. di Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti” di Trieste. I criteri di inclusione nello
studio erano: a) presenza di un singolo evento traumatico occorso
almeno 1 anno prima; b) assenza in anamnesi di patologie neurologiche o psichiatriche precedenti al trauma o evidenza di abuso alcolico o di dipendenza da altre sostanze; c) sufficiente grado di padronanza della lingua italiana precedentemente al trauma; d) livello di
collaborazione sufficiente per partecipare alla valutazione proposta.
Ai pazienti sono state somministrate: a) due scale di outcome
ampiamente utilizzate nella pratica clinica: la Glasgow Outcome ScaVol. 44 - Suppl. 1 to No. 3
2S.C.
1S.C. Medicina Riabilitativa, Trieste;
Neurochirurgia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “
Ospedali Riuniti”, Trieste
le (GOS; Jennett & Bond, 19757) e la Disability Rating Scale (DRS;
Rappaport et al., 19828); b) due strumenti di screening neuropsicologico: il Mini Mental State Examination (MMSE; Folstein et al., 1975
[9]) e la Frontal Assessment Battery (FAB; Dubois et al., 200010). La
presenza di disturbi emotivi e comportamentali è stata valutata attraverso un’intervista strutturata al caregiver principale del paziente
usando l’UCLA Neuropsychiatric Inventory (NPI; Cummings et al.,
199411; Kilmer et al., 200612).
Partecipanti
Dei 42 casi esaminati, 18 pazienti sono morti, uno è in stato
vegetative permanente, 10 non soddisfano i criteri di inclusione nello studio, due non hanno accettato di partecipare. Il campione include perciò e 11 individui, 4 femmine e 7 maschi, tutti destrimani, dei
quali 9 risiedono al proprio domicilio mentre 2 in una struttura protetta. L’età media dei partecipanti è di 53,3±19,7 anni (range: 21-76),
la scolarità media di 10,1±3,6 anni (range: 5-17). Le cause del trauma
cranico sono risultate: caduta accidentale (54,5%), incidente stradale
(36.4 %), infortunio sul lavoro (9,1%).
Il tempo medio intercorso dal trauma è di 20,4 ±7,9 mesi (range:
12-31). Il punteggio medio pre-operatorio alla GCS di 5,1±1,8 (range: 3-8). Il punteggio medio al MMSE è di 21,2±10,05 (range: 5-30),
e alla FAB di 10,6±5,99 (range: 3-18). Due soggetti sono afasici (uno
presenta un’afasia anomica di media entità e uno un’afasia globale
grave che non ha consentito la somministrazione dei test neuropsicologici), mentre due altri individui presentano negligenza spaziale
unilaterale per l’emicampo sinistro di entità grave che interessa tanto
lo spazio personale che extrapersonale). La tabella I riassume le
caratteristiche del campione.
Risultati
Il 63,6% del campione (7/11 soggetti) viene descritto dal caregiver come affetto da almeno un disturbo emotivo o comportamentale
al NPI, nonostante il fatto che il 72,7% (8/11) dei soggetti assuma
una terapia farmacologica specifica per tali problematiche. I sintomi
più frequentemente riportati sono: disturbi del sonno (36,4%), facile
e/o eccessiva irritabilità e labilità dell’umore (27,3%), agitazione e
aggressività (27,3%). Il solo disturbo che risulta assente dal campio-
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Tabella I.
Legenda: R=right side; L=left side; F=frontal lobe; T=temporal lobe; P=parietal lobe; O=occipital lobe.
Figura 1. – Incidenza dei sintomi psichiatrici e dei disturbi del comportamento nel campione di gravi traumatizzati cranici.
ne è l’euforia o l’immotivata esaltazione. 2 individui inoltre presentano sintomi psicotici (deliri e allucinazioni): questi pazienti risultano
essere anche quelli cognitivamente più compromessi (Fig. 1).
Il numero di disturbi comportamentali al NPI non correla con il
punteggio iniziale alla GCS né con l’età del paziente al momento del
trauma, correla invece con i punteggi al MMSE (rho=-0.804, p<0,01),
alla FAB (rho=-0,635, p<0,05) e alla DRS (rho=0,677, p<0,05), ma
non con quello alla GOS (rho=-0,5, p=n.s.). L’incidenza dei deficit
neurocomportamentali è maggiore nei soggetti che hanno subito
danni cerebrali più estesi e in quelli in cui il danno è localizzato nelle aree prefrontali
Frequenza e gravità dei sintomi risultano correlate (rho=0,523,
p<0,01). I sintomi che si manifestano più frequentemente nel corso
della settimana e che sono ritenuti più gravi dai familiari sono:
disturbi del sonno, agitazione/aggressività e disforia, apatia e l’attività motoria aberrante (Fig. 2 e 3).
Frequenza e gravità dei sintomi comportamentali esibiti dal paziente risultano entrambe fortemente correlate al carico emotivo percepito
2
Figura 2. – Frequenza dei vari sintomi nel corso della settimana: numero di
soggetti che esibisce un certo sintomo con una data frequenza (raramente =
meno di una volta alla settimana; talvolta = circa una volta alla settimana;
frequentemente = diverse volte alla settimana ma non tutti i giorni; molto
frequentemente = una o più volte al giorno).
dal familiare (rispettivamente, rho=0,747, p<0,01; e rho=0,901,
p<0,01). I disturbi vissuti dai familiari come emotivamente più stressanti risultano essere l’agitazione e l’aggressività, la disforia e l’apatia.
Conclusioni
Le variabili che risultano influenzare maggiormente gli esiti emotivi e comportamentali del trauma cranico grave sono l’estensione e
la sede del danno cerebrale, nonché la gravità della compromissione
cognitiva generale e/o delle funzioni esecutive.
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Figura 3 – Gravità dei sintomi: numero di soggetti che esibisce un certo sintomo con una dato livello di gravità.
nomiche del trauma (si pensi ad esempio a quanto spesso il caregiver principale deve abbandonare il lavoro per occuparsi stabilmente
del suo congiunto traumatizzato). Risulta allora fondamentale una
presa in carico che si protragga ben oltre la dimissione dalla struttura riabilitativa, ma accompagni tanto il paziente che i suoi familiari
nel lungo cammino verso il maggiore livello possibile di autonomia
e nel difficile processo di reinserimento familiare e sociale.
Bibliografia.
Legenda dei disturbi emotivi e comportamentali.
Questi risultati sembrerebbero indicare che, sebbene i disturbi emotivi e del comportamento possono in alcuni casi costituire una reazione psicologica dis(adattiva) agli esiti cognitivi e funzionali del trauma e
ai cambiamenti nelle dinamiche familiari, all’isolamento sociale e al
drammatico ridimensionamento delle progettualità di vita che il trauma
induce, almeno nel nostro campione di gravi traumatizzati cranici la
presenza di tali disturbi sembrerebbe maggiormente imputabile all’estensione del danno cerebrale e al coinvolgimento delle aree frontolimbiche. La lesione di queste aree può determinare una perdita o una
riduzione delle capacità di controllo, modulazione ed espressione delle
risposte affettive (Goldstein e al., 199113; Warriner & Velikonja, 200614),
nonché una ridotta consapevolezza delle proprie reali capacità fisiche
e cognitive residue (es., Bach & Anthony, 200615; Prigatano, 199116)
che può far percepire al paziente i limiti imposti dall’ambiente come
ingiustificati, intollerabili e persecutori e conseguentemente determinare comportamenti aggressivi ed oppositivi o di converso reazioni emotive depressive e sentimenti di impotenza.
La gravità iniziale del trauma cranico misurata dalla GCS, e l’età
non sono risultati fattori determinanti. L’assenza di una correlazione
tra età al momento del trauma e disturbi emotivi-comportamentali
potrebbe anche essere dovuta alla scarsa numerosità del campione.
La presenza di disturbi emotivi e del comportamento ha un
influenza negativa sull’outcome funzionale a distanza di un anno dal
trauma così come misurato dalla DRS ma non dalla GOS. Questo
risultato confermerebbe precedenti ricerche che hanno messo in
luce come disturbi della sfera cognitiva ed emotivo-comportamentale fossero ancora presenti anche in quei soggetti che evidenziavano
un buon recupero alla GOS (per es., Schalén et al., 199417; Scherer
et al., 2000). La DRS allora sembrerebbe essere una misura di outcome maggiormente sensibile della GOS presumibilmente perché valuta anche le possibilità di reinserimento scolastico e lavorativo. Infine,
il carico emotivo percepito dal familiare è tanto maggiore quanto
più frequenti e severi sono i disturbi manifestati dal paziente.
I disturbi emotivi-comportamentali quindi non solo influenzano
negativamente l’outcome funzionale del individuo traumatizzato, ma
costituiscono anche un’ulteriore fonte di stress emotivo per i familiari già gravati dal carico assistenziale e dalle ripercussioni socio-ecoVol. 44 - Suppl. 1 to No. 3
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