Gender La Grande Bugia - Diocesi Isernia – Venafro
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Gender La Grande Bugia - Diocesi Isernia – Venafro
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 ISBN: 9788890843389 (PDF) ISBN: 9788890843396 (EPUB) direttore responsabile Marco Tarquinio Avvenire Nuova Editoriale Italiana S.p.A. Piazza Carbonari, 3 – 20125 Milano MI www.avvenire.it Copyright © 2014 by Avvenire Prima edizione digitale 2014 Realizzato da Avvenire Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’editore. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941. a cura di Luciano Moia Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 INTRODUZIONE w UNA BUONA BATTAGLIA DALLA PARTE DELLA FAMIGLIA di Marco Tarquinio IL PROBLEMA w MASCHIO, FEMMINA E…CINQUE PUNTI PER FARE CHIAREZZA w IDEOLOGIA LGBTQ, SCUOLA ASSEDIATA di Paolo Ferrario LE ANALISI / GLI INTERVENTI w GENDER, DERIVA CULTURALE CHE VUOLE NEGARE LA REALTÀ di Vittorio Possenti w MASCHILE E FEMMINILE, NON NEGARE L’EVIDENZA di Luciano Moia w ALLE RADICI DELLA SOCIETÀ, CIVILTÀ UMANA AL BIVIO di Tony Anatrella w MASCHIO E FEMMINA, MA NON PER FACEBOOK di Nicoletta Martinelli w SESSUALITÀ, PERCHÈ LA FAMIGLIA DEVE ALLEARSI CON LA SCUOLA di Luciano Moia w GAY, RISPETTO OLTRE L’IDEOLOGIA. VICINANZA, NON CONFUSIONE di Luciano Moia w SCUOLE CHIAMATE A FARE RETE. MA IL GENDER E’ UNA PRIORITÀ? di Paolo Ferrario w RESTA LA VERITÀ DEL MATRIMONIO di Francesco D’Agostino w OMOSESSUALITÀ, RISPETTO E CHIAREZZA di Francesco D’Agostino w QUEI PREZIOSI METODI DELLA NATURA di Luciano Moia Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 w L’ECLISSE DEL PADRE, MALE D’OCCIDENTE di Giorgio Campanini w NO AL PENSIERO UNICO, SI’ A RISPETTO E UMANITÀ di Luciano Moia w LA SFIDA COMPRESA di Gianfranco Marcelli w LE DIFFERENZE NECESSARIE di Paola Sindoni Ricci w SE LA BUGIA GENDER SPEGNE LE RELAZIONI di Luciano Moia w LA DIFFERENZA SESSUALE RICONCILIA TUTTA LA SOCIETÀ di Philippe Bordeyne w «BASTO A ME STESSO» ARROGANTE POSTMODERNITA’ di Yves Semen w «LGBT, QUELLE SOFFERENZE DA NON BANALIZZARE MAI» di Susy Zanardo w «EDUCARE ALLA DIVERSITÀ PER RISPETTARE I PIÙ PICCOLI» di Tonino Cantelmi w «È LA FAMIGLIA IL GREMBO DEL NUOVO UMANESIMO» di don Paolo Gentili, Tommaso e Giulia Cioncolini IDEE / IL DIRETTORE RISPONDE di Marco Tarquinio w PERCHÈ UN TG IMPORTANTE DISTORCE I TERMINI DEL CASO UNAR? w GLI IDOLI EGOISTI DEL “PENSIERO UNICO” CADONO SE IMPARIAMO A VEDERE w IL GENDER E LA ROSA NEL CAMPO DI TULIPANI (SIAMO UOMINI E DONNE, ED È TANTO) w IL PENSIERO «DOMINANTE» SANZIONA MA NON SI ARRETRA, NÈ SI VA ALLA RISSA w A PROPOSITO DI OMOSESSUALITÀ, SANZIONI, LIBERTÀ (ANCHE DELLA SCIENZA) E... STILE w QUEL CLIMA D’INTIDIMAZIONE AL QUALE NON POSSIAMO RASSEGNARCI Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 LE INTERVISTE w «LASCIATE IN PACE I BAMBINI, IL GENDER È IDEOLOGIA VIOLENTA» Intervista a Stefano Zecchi di Lucia Bellaspiga w «LOBBY GAY MANOVRATE DA POLITICA E FINANZA» Intervista a Mario Binasco di Luciano Moia w «SCONVOLGERE L’IDENTITÀ SESSUALE È PREMESSA PER IDEOLOGIE TOTALITARIE» Intervista a Tony Anatrella di Luciano Moia w MASCHILE E FEMMINILE LE RADICI DELLA SOCIETÀ Intervista a Philippe Bordeyne di Luciano Moia LA CRONACA w GENDER IN CLASSE: MONDO CAPOVOLTO di Lucia Bellaspiga w IL KIT PRO-GENDER IN CLASSE, SCONFESSATO IL GRANDE BLUFF di Lucia Bellaspiga w GENDER, COME DIRE NO. ISTRUZIONE AI GENITORI di Lucia Bellaspiga w STRATEGIA LGBT NELLE SCUOLE, DAL GOVERNO NESSUNO ALTOLA’ di Paolo Ferrario w «BASTA INIZIATIVE CONTRO I NOSTRI FIGLI» di Paolo Ferrario w «STUDENTI A CASA CONTRO IL GENDER» di Lucia Bellaspiga w GENDER, LA SCUOLA STOPPA di Paolo Ferrario w STRATEGIE LGBT. L’AGE RIBADISCE: DIRITTO DI EDUCARE di Paolo Ferrario w BASTA GENDER A SCUOLA «NUOVE LINEE GUIDA» di Paolo Ferrario Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 w «CONTRO IL GENDER, MA NON È UNA GUERRA» di Paolo Viana w BAGNASCO: NO ALLA DITTATURA DEL GENDER di Mimmo Muolo w IL PAPA: LE TEORIE DEL GENDER? UNA COLONIZZAZIONE IDEOLOGICA di Mimmo Muolo w GENDER DISSENSO DOPO MILANO C’È PERUGIA di Luciano Moia w ORA IL FAMILY DAY E’ 3.0. 60MILA FIRME ANTIGENDER di Luca Liverani w «LA POLITICA ASCOLTI I BISOGNI REALI» di Mimmo Muolo w ECCO LE BUONE PRATICHE PER DIRE NO AL GENDER di Mimmo Muolo Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 INTRODUZIONE INTRODUZIONE Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 UNA BUONA BATTAGLIA DALLA PARTE DELLA FAMIGLIA UNA BUONA BATTAGLIA DALLA PARTE DELLA FAMIGLIA I n questo testo digitale è raccolto il cuore di un lungo lavoro di approfondimento sulle cosiddette “teorie del gender” sviluppato dai giornalisti e dai commentatori di “Avvenire” nell’arco di quasi un anno e mezzo. Un piccolo grande patrimonio di documentazione, di analisi, di riflessione e di proposta che aiuta ad affrontare il dibattito pubblico sulla pretesa di abolire la nozione stessa di maschile e di femminile nel nome di una ideologia che sostiene la libertà personale di ognuno di decidere il proprio orientamento sessuale, cambiandolo anche più volte, secondo l’ispirazione del momento, e ignorando quindi la realtà del dato biologico. In questi mesi abbiamo collezionato sui nostri media – “Avvenire” e il suo supplemento mensile “Noi Genitori&Figli” – alcune centinaia di uscite. Articoli di cronaca, interviste, commenti con cui abbiamo cercato di far emergere forza suggestiva e pericolosità di una visione che non pretende solo di influire sul modo di vivere le relazioni tra le persone, ma punta a condizionare anche i programmi scolastici (la vicenda dei “libretti Unar”) e la stessa libertà di pensiero e di espressione (legge Scalfarotto) regimentando il modo di pensare (l’accusa di “omofobia” come strumento di repressione nei confronti di chi si oppone all’antropologia liquida immaginata dai propagandisti del “gender”). Una visione che tende sempre più scopertamente a modificare d’autorità persino il lessico e di imporre un tale stravolgimento a partire dai più semplici e inevitabili atti amministrativi (si pensi solo agli ormai continui tentativi di cancellare le parole “padre” e “madre” dalla modulistica di enti pubblici e istituti scolastici) e che, nonostante questo, gode di un tenace e incredibilmente ampio sostegno tra coloro che si reputano paladini della libertà d’espressione. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Ecco perché abbiamo ritenuto opportuno riproporre in questo e-book un’ampia e ragionata selezione di quanto fin qui pubblicato sull’argomento “gender”. Una buona battaglia, rispettosa di tutti – ma proprio di tutti – perché rispettosa della bellezza, della fragilità, della forza e della verità della condizione umana. Una buona battaglia condotta in nome della ragione, dalla parte della famiglia costituzionalmente definita, “società naturale” (come recita l’articolo 29 della Carta fondamentale della Repubblica italiana) fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Una buona battaglia affrontata con laici argomenti e cristiana passione. Per tener caro l’essenziale della nostra vita di uomini e di donne e per poter guardare avanti senza confondere lo sguardo. Il confronto promette di essere molto intenso e assai lungo. Noi ci siamo, e ci saremo. Marco Tarquinio direttore di Avvenire Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 IL PROBLEMA IL PROBLEMA Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 IL PROBLEMA MASCHIO, FEMMINA E… CINQUE PUNTI PER FARE CHIAREZZA MASCHIO, FEMMINA E…CINQUE PUNTI PER FARE CHIAREZZA C osa dice la scienza? Cosa dice l’antropologia cristiana? Cosa dicono le associazioni Lgbtq? Il nostro contributo alla verità su una questione che rischia di deflagrare in una battaglia ideologica e rendere la convivenza sociale peggiore per tutti. A cominciare dall’impegno educativo delle famiglie Noi genitori & figli n.194, febbrario 2015 1) GENDER, COS’E’? Un insieme di teorie fatte proprie dall’attivismo gay e femminista radicale per cui il sesso sarebbe solo una costruzione sociale. Vivere “da maschio” o “da femmina” non corrisponderebbe più a un dato biologico ma ad usa costrizione culturale. L’identità sessuata, cioè essere uomini e donne, viene sostituita dall’identità di genere (“sentirsi” tali, a prescindere dal dato biologico). E si può variare a piacimento, anche mantenendo immutato il dato biologico 2) GENERI SECONDO IL GENDER? 7, O FORSE 56… Non più solo maschile e femminile. Ai generi (non corrispondenti ai sessi) esistenti in natura, andrebbero aggiunti quelli previsti dall’acronimo Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 LGBTQ (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e queer, cioè chi rifiuta un orientamento sessuale definito e si ritiene libero di variare a suo piacimento o di rimanere “indefinibile”). Ma il governo australiano ne ha riconosciuti ufficialmente 23. E Facebook USA permette di scegliere il proprio “genere” tra 56 diverse opzioni. Sembra comico ma è tragico. 3) COSA DICE LA SCIENZA? La scienza ci dice che la differenza tra maschile e il femminile caratterizzano ogni singola cellula, fin dal concepimento con i cromosomi XX per le femmine e XY per i maschi. Queste differenze si esprimono in differenze peculiari fisiche, cerebrali, ormonali e relazionali prima di qualsiasi influenza sociale o ambientale. La “varietà” pretesa dalle associazioni LGBTQ non ha alcun fondamento scientifico e anzi confonde patologie (i cosiddetti stati intersessuali) con la fisiologia (normalità). 4) COS’E’ L’OMOFOBIA? Un neologismo inventato dai media per definire gli atti di violenza, fisica o verbale, contro gli omosessuali – che vanno sempre e comunque condannati, come ogni altra violenza - e contro chi, come le associazioni LGBTQ, promuove la teoria del gender. Oggi l’accusa di omofobia è diventata però un vero e proprio strumento di repressione nei confronti di chi sostiene un’antropologia diversa rispetto a quella del gender. 5) PERCHE’ IL GENDER E’ PERICOLOSO? Perché pretende non solo di influire sul modo di pensare, di educare, mediante scelte politiche ma anche di vincolare sotto il profilo penale chi non si adegua (decreto legge Scalfarotto); impone atti amministrativi (alcuni Comuni e alcuni enti hanno sostituito i termini “padre” e “madre” con “genitore 1” e “genitore 2”); educativi (la cosiddetta “strategia nazionale” di cui parliamo a pagina XX per introdurre nelle scuole testi Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 e programmi “aperti” alla ricezione della teoria del gender e cioè l’eliminazione del maschile e del femminile, quindi dei modelli familiari normali): è un vero e proprio attentato alla libertà di pensiero e di educazione da parte di una minoranza (gendercrazia). Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 IDEOLOGIA LGBTQ SCUOLA ASSEDIATA Paolo Ferrario Noi genitori & figli n.194 – Febbraio 2015 IDEOLOGIA LGBTQ, SCUOLA ASSEDIATA C lima sempre più teso e preoccupato nelle classi italiane. Negli ultimi due anni, dopo la pubblicazione della Strategia nazionale anti-discriminazioni dell’Unar, si sono moltiplicati i tentativi - anche veri e propri blitz all’insaputa dei genitori - di imporre l’ideologia Lgbtq nei programmi scolastici. Ma, dopo il primo momento di disorientamento, le famiglie hanno preso consapevolezza del pericolo e in più occasioni hanno espresso la propria ferma opposizione: «Rispetto per tutti, ma nessuna egemonia culturale a senso unico». Petizioni, proteste, assemblee infuocate, lettere di autotutela ai presidi. Da una paio d’anni a questa parte, la scuola italiana si è trasformata in un vero e proprio campo di battaglia intorno a un tema che è ormai diventato pura ideologia: il gender. Tra fughe in avanti, blitz nelle classi di esponenti Lgbtq, opuscoli pro omosessualità distribuiti ai ragazzi, il caos è massimo e le famiglie sono sempre più sconcertate di fronte a quello che, a ragione, molti genitori definiscono un attacco al diritto-dovere di educare i figli. Che la situazione sia esplosiva lo dimostra anche la petizione lanciata su Internet dalle associazioni genitoriali Age e Agesc, con il supporto del Movimento per la vita, dei Giuristi per la vita e dell’associazione Pro vita, che, in poche settimane, ha superato le 60mila firme. Una sorta di Family day 3.0 che si pone a tutela della libertà di espressione e di educazione. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 All’origine dell’assalto delle lobby Lgbt alla scuola pubblica c’è la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)” redatta dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in collaborazione con 29 associazioni Lgbt. Evidente la volontà di arrivare alla formulazione di una Strategia a senso unico, per promuovere un preciso punto di vista: quello dell’ideologia del gender. Per quanto riguarda la scuola, la Strategia individua subito i problemi da affrontare: il bullismo omofobico e transfobico e i loro «devastanti effetti». Ma da che cosa sono prodotti questi fenomeni di intolleranza e violenza? La risposta poche righe più sotto: «Dietro gli episodi di bullismo omofobico e transfobico vi sono altri problemi, quali quelli legati a una cultura che prevede soltanto una visione eteronormativa e modelli di sessualità a norme di genere. Le tematiche Lgbt trovano spazi marginali nelle aule scolastiche, o sono relegate a momenti extra curricolari; gli insegnanti ed educatori sono a loro volta disinformati e impreparati ad affrontare questi temi. In questa prospettiva è di particolare importanza il ruolo della scuola e degli insegnanti nel cambiare e modificare attitudini e comportamenti specifici». E, per farlo, «è necessario elaborare strategie e progetti formativi strutturali all’interno dell’attività didattica», cominciando «dagli asili nido e dalle scuole dell’infanzia». I primi effetti di tali disposizioni non si sono fatti attendere. In vista delle iscrizioni all’anno scolastico 2013-2014, il Comune di Milano ha predisposto moduli con le diciture “genitore 1” e “genitore 2”, neutralizzando così l’identità sessuale di padri e madri e introducendo una sorta di “graduatoria” genitoriale, questa sì fortemente discriminatoria e lesiva della parità sancita dalla stessa Costituzione. La “novità” non è però passata inosservata, tanto che una madre coraggiosa ha postato sul proprio profilo Facebook la foto del modulo corretto. Al posto di “genitore 1”, cancellato con un tratto di penna, ha scritto “mamma”. Rivendicando un ruolo e Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 una funzione che, da secoli, si identifica con quel sostantivo, riconosciuto e utilizzato a tutte le latitudini e da tutte le culture. Il “frutto” più eclatante e controverso della Strategia sono senz’altro i tre libretti divulgativi dal titolo “Educare alla diversità a scuola”, che sono apparsi in Internet verso la fine del 2013. Commissionati dall’Unar all’Istituto A.T. Beck di Roma, gli opuscoli sono composti da tre distinti fascicoli, uno per ciascun ordine scolastico: scuola primaria, scuola secondaria di primo grado e scuola secondaria di secondo grado. Fin dall’introduzione è chiara la finalità di questi sussidi: incoraggiare la diversità, evitando che i bambini «trascorrano gli anni della scuola elementare senza accenni positivi alle persone Lgbt». Invece, si legge negli opuscoli, «gli anni delle elementari offrono una meravigliosa e importante opportunità di instillare e/o nutrire atteggiamenti positivi e rispettosi delle differenze individuali». Superando gli “stereotipi” tipici della società occidentale, che «dà per scontato che l’orientamento sessuale sia eterosessuale. La famiglia, la scuola, le principali istituzioni della società, gli amici – si legge nei libretti – si aspettano, incoraggiano e facilitano in mille modi, diretti e indiretti, un orientamento eterosessuale. A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa e, se è femmina, di un principe. Non sono permesse fiabe con identificazioni diverse». Per non perpetuare visioni “stereotipate” dell’identità sessuale, gli autori degli opuscoli si premurano di fornire agli insegnanti «le conoscenze necessarie» ad affrontare questi temi in classe. «L’insegnante – scrivono – dovrebbe cercare di scegliere libri (o suggerire film o serie televisive) in cui ci sono uomini e donne, così come famiglie, diversi dallo stereotipo da pubblicità». Basta, dunque, fiabe come Cenerentola che sposa il principe e altre simili, perché fanno «riferimento a una prospettiva etero normativa». Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Molto preoccupante è anche ciò che gli autori scrivono poche pagine più avanti, analizzando i comportamenti che possono favorire «l’odio omofobico». Termine, tra l’altro, con cui viene catalogata qualsiasi critica verso la teoria del gender. «Tratti caratteriali – si legge a pagina 11 – sociali e culturali, come l’età avanzata, la tendenza all’autoritarismo, il grado di religiosità, di ideologia conservatrice, di rigidità mentale, costituiscono fattori importanti da tenere in considerazione nel delineare il ritratto di un individuo omofobo. Come appare evidente – proseguono gli autori – maggiore risulta il grado di ignoranza, di conservatorismo politico e sociale, di cieca credenza nei precetti religiosi, maggiore sarà la probabilità che un individuo abbia un’attitudine omofoba». Se gli opuscoli dell’Istituto A.T. Beck catalizzano l’attenzione di stampa e opinione pubblica, sul territorio si moltiplicano, nel silenzio generale, le iniziative pro-gender nelle scuole. Soltanto a titolo di esempio ne ricordiamo alcune. A Venezia, l’assessorato alle Politiche educative e per la famiglia, propone, per l’anno scolastico 2013-2014, un Piano di formazione per le educatrici e le insegnanti dei servizi per la prima infanzia (asili nido e scuola dell’infanzia) sul tema dell’educazione di genere. «Il corso – si legge nella presentazione – ha l’obiettivo di aumentare le informazioni relative alle nuove tipologie di famiglia in Italia». Che, con buona pace dell’amministrazione lagunare, per la Costituzione ha una composizione ben definita, non suscettibile di modifiche a piacimento. Nelle scuole di alcune località dell’Umbria, ai bambini è distribuito il libretto “Qual è il segreto di papà?”, che parla di due uomini omosessuali che raccontano la loro relazione ai piccoli. Immediate le proteste delle famiglie, sostenute dal Forum regionale delle associazioni familiari. A Cagliari, il Comune destinata 10mila euro per corsi di educazione ai “cinque generi”, mentre a Torino circolano schede che stravolgono a tal punto il messaggio delle Sacre Scritture, arrivando alla conclusione che anche san Paolo fosse omofobo. Forte polemica ha suscitato anche l’iniziativa de Consiglio d’Istituto del Liceo classico “Muratori” di Modena, che per parlare di differenza sessuale ha invitato Vladimiro Guadagno, Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 transessuale ed ex-parlamentare di Rifondazione Comunista, meglio conosciuto alle cronache come Luxuria. Passato un primo momento di sconcerto e smarrimento, le famiglie sono passate al contrattacco per difendere il proprio diritto di educazione. L’iniziativa più dirompente, che ha fatto molto scalpore anche nell’opinione pubblica, è stata quella proposta dall’Age, l’Associazione dei genitori. Riprendendola dalla Francia, l’associazione ha proposto il ritiro dei figli da scuola un giorno al mese. Un segnale forte per manifestare, anche sul registro delle presenze, la propria contrarietà. A disposizione dei genitori, dal Forum delle associazioni familiari dell’Umbria arriva così il “dodecalogo”, cioè “Dodici strumenti di autodifesa dalla teoria del gender per genitori con figli da 0 a 18 anni”. Suddiviso in capitoletti, è uno strumento di agile consultazione che spiega che cosa fare prima di iscrivere i propri figli a scuola, come comportarsi durante l’anno e come reagire ad eventuali proposte di iniziative non in sintonia con i propri valori. A novembre 2014, infine, il Forum nazionale delle associazioni familiari ha pubblicato un documento in cui ripercorre le ultime vicende legate alla diffusione nelle scuole di iniziative legate all’ideologia gender, riaffermando l’irrinunciabile rafforzamento dell’alleanza educativa tra famiglia e scuola. Un patto che, non va negato, il susseguirsi di veri e propri blitz di associazioni Lgbt nelle classi, con il consenso dei dirigenti ma, in molti casi, all’insaputa dei genitori, ha finito con il minare alla radice. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 LE ANALISI GLI INTERVENTI LE ANALISI / GLI INTERVENTI Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 GENDER, DERIVA CULTURALE CHE VUOLE NEGARE LA REALTÀ Vittorio Possenti 5 marzo 2014 GENDER, DERIVA CULTURALE CHE VUOLE NEGARE LA REALTÀ I l tentativo di inserire un nuovo ostacolo tra scuola e famiglia con l’iniziativa dell’Unar di diffondere nelle scuole opuscoli all’insegna dell’ideologia del gender (Lgbt) è una prova ulteriore del terremoto antropologico in atto che cerca di indirizzare l’insegnamento secondo nuove ideologie, e dei rischi per il compito educativo primario che spetta alla famiglia. La rivoluzione in corso scalza tradizioni millenarie e attraverso i grandi media mondiali propaganda una “nuova antropologia secolare”. Questa rifiuta l’idea di una natura umana comune a tutti, e ritiene che l’essere umano sia una mera costruzione sociale in cui emergono la storicità delle culture, la decostruzione e la relatività delle norme morali, la centralità inappellabile delle scelte individuali. Nel caso della famiglia e della procreazione ciò implica che maternità e paternità siano realtà costruite socialmente, che possono essere liberamente ridefinite. Non vi sarebbe alcuna definizione stabile dei relativi ruoli, ma tutto risulterebbe sfuggente e malleabile. Si vuole insegnare che la famiglia padre-madre-figlio è una forma come un’altra di convivenza. Lo tsunami antropologico si appella alla tecnica, alla libertà insindacabile dell’individuo, alla manipolazione del linguaggio, nel chiaro intento di formare una nuova comprensione dell’essere umano. La nuova antropologia secolare in grande spolvero non solo espone una versione dell’esistenza umana lontana dall’antropologia della tradizione, ma riesce ad influenzare i programmi e le politiche di molte Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 organizzazioni internazionali, e ad essere presente in modo massiccio sui media mondiali. È divenuta l’antropologia di tante scienze sociali, ed un’ispirazione per la giurisprudenza. Ne segue una seria difficoltà a far circolare una visione antropologica diversa, poiché quella “secolare” è considerata ovvia, autoevidente e scarsamente bisognosa di argomenti avvaloranti. Si avverte ad ogni livello, compreso quello del gender, il tentativo di cambiare la realtà attraverso alterazioni del linguaggio. L’operazione linguistica è facile da scoprire: basta escludere i termini naturali e venerabili di padre e di madre, di uomo e di donna, ed adottare quelli neutri di genitore A e di genitore B per manipolare la realtà. Quest’ultima rimane quella che è e che è sempre stata, ma nel contempo attraverso operazioni nominalistiche si cerca di trasformare la testa delle persone mediante un cambiamento di linguaggio. Si dice: maschi e femmine si nasce, uomini e donne di diventa; hai 14 anni e sei maschio, ma se vuoi puoi diventare donna. In certo modo il gender ha reso obsoleto il primo femminismo, quello della competizione fra uomo e donna secondo cui la donna, per essere se stessa, si deve costituire quale antagonista dell’uomo. Nella questione del gender la base biologica è pienamente disponibile per il soggetto: la differenza corporea, chiamata sesso, viene minimizzata, mentre la dimensione strettamente culturale, chiamata genere, è ritenuta primaria. La differenza sessuale non si fonderebbe su una realtà biologica: anzi i confini tra uomo e donna non sarebbero naturali ma mobili e culturali, e l’identità sessuale diventa una scelta libera, mutabile anche più volte nella vita di una persona. In tal modo la teoria del gender può essere impiegata per favorire il punto di vista di determinate categorie. E ciò può diventare un’agenda politica per il futuro, in modo da contrattare continuamente il confine tra il culturale-modificabile e il naturale-immodificabile. In breve l’essere umano non avrebbe più alcuna natura o essenza ma sarebbe solo un prodotto sociale, l’esito esclusivo della costruzione della propria identità. Ma chi propugna l’ideologia del gender ha mai osservato un bambino od una bambina che giocano, e che nel gioco esprimono intensamente Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 la loro differenza? All’origine di tale ideologia stanno le culture della piena liberazione sessuale degli anni 60 (W. Reich), della cancellazione delle differenze, della psicanalisi trionfante, l’incrocio tra antropologia americana e strutturalismo francese. Era la società repressiva che occorreva assolutamente abbattere: «Fate all’amore, non fate la guerra», come se il fare all’amore tolga di per sé la quota di violenza insita in noi. Salvo poi ad accorgersi che né il desiderio era saziato, né la violenza esorcizzata. Se sostiamo ancora un momento sul piano antropologico, si coglie che nella questione del gender, ed in quella connessa dell’unione omosessuale cui si vuole attribuire il nome e lo status di matrimonio, si manifesta in sommo grado il rifiuto del principio di realtà, del common sense e uno scatenato nominalismo, secondo cui basterebbe cambiare i nomi per cambiare le cose. Chiamare matrimonio e famiglia l’unione omosessuale che è intrinsecamente infeconda, significa appunto non voler fare i conti con la realtà e dare rilievo ai nomi invece che alle cose. E questo non è un buon biglietto da visita per una civiltà che può continuare a fiorire se non “delira”, ossia se non esce dai solchi del reale. Secondo la mia opinione i tribunali ed i parlamenti che istituiscono la “famiglia omosessuale” oltrepassano quanto a loro è consentito e diventano espressione di un positivismo giuridico illimitato, in cui niente vale di per sé e tutto è contrattabile. Cancellando le differenze tutto diventa una melassa indistinta dove A vale B, anche se A e B sono diversi. L’obiettivo primario rimane quello di dissolvere l’identità maschile e quella femminile, che rimanendo distinte formano la realtà dell’umano. Al principio dell’umano non sta infatti l’uniformità ma la differenza. Naturalmente i sostenitori del gender si appellano alla non discriminazione. Ma dal fatto ovvio e condivisibile che è doveroso respingere ogni discriminazione in ambito civile, sociale, lavorativo e offrire pari opportunità non segue affatto l’esistenza di un diritto a tutto: anzi trattare diversamente cose diverse è un necessario atto di giustizia, di ragionevolezza e di chiarezza. Dire che Anna è donna e madre, e Paolo uomo e padre è la pura verità, e sarebbe follia negarlo. Quindi stiamo attentissimi a non impiegare indiscriminatamente il pur importante criterio di non-discriminazione, perché alla fine Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 ne sortiranno mortali assurdità. Per egualizzare tutto e neutralizzare tutto possiamo chiamare mele le pere in modo da cancellare ogni differenza tra i frutti? In altre parole, al di sopra del criterio valido di non discriminare ingiustamente negli ambiti civili e lavorativi sta il principio di realtà che esige che soggetti e situazioni che sono e rimangono diversi non siano confusi ma accostati e trattati diversamente. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 MASCHILE E FEMMINILE NON NEGARE L’EVIDENZA La differenza sessuale è ricchezza e non prevaricazione. Risorsa di crescita e non bieco tradizionalismo. Radice e futuro di tutti. Chi predica il contrario è vittima di pregiudizi e ha per obiettivo la manipolazione ideologica. Dissentire si può e si deve Luciano Moia “Noi genitori & figli”. n.185 – maggio 2014 MASCHILE E FEMMINILE, NON NEGARE L’EVIDENZA M aschio e femmina. Il fondamento della vita, della biologia e dell’antropologia, della civiltà umana e del nostro sentire più profondo. Scontato, verrebbe da dire. Eppure, di fronte a una certa cultura che pretende di capovolgere in nome di ansie libertarie e di supposte volontà anti-discriminatorie i fondamenti del diritto naturale e del comune buonsenso, occorre tornare a ripetere perché la differenza sessuale è ricchezza e non prevaricazione. Risorsa di crescita e non bieco tradizionalismo. Radice e futuro di tutti, senza distinzione alcuna, e non preoccupazione confessionale. Mettere in luce il valore irrinunciabile della reciprocità maschile e femminile non vuol dire in alcun modo operare una discriminazione nei confronti di chi fatica a riconoscersi in un’identità ben definita e che merita tutta la comprensione, ma ammettere che in quel rapporto c’è una fecondità di relazione che va oltre il dato biologico per innestarsi sul tessuto impalpabile dell’essere, della consapevolezza profonda di ciascuno. Il credente vi coglie qualcosa che va oltre l’umano, il sapore di una verità che lo supera, l’essenza di un principio divino che in qualche modo racchiude e compenetra i due volti dell’umano, le “due metà del cielo”, e le fonde in un percorso che costruisce, completa Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 e continua la creazione. Ma anche il laico pensoso, che non rinuncia a porsi le domande decisive e non vuole fermarsi alle soglie del mistero, si immerge nel significato della relazione maschile e femminile con la creatività dell’ingegno e la ricchezza della fantasia. Alcuni millenni di storia filosofica, artistica e letteraria sono lì a raccontare quali vertici di bellezza e quali pennellate di sublime l’umanità, a tutte le latitudini e in tutte le culture, abbia saputo collezionare nello sforzo di raccontare le mille sfaccettature di un mosaico dove l’amore tra uomo e donna è sempre stato al centro dei pensieri, della riflessioni, delle ansie, delle gioie, delle delusioni e delle sofferenze. Questo patrimonio straordinario – unito all’esempio che ciascuno di noi ha ricevuto dalla testimonianza silenziosa ma eloquente dei genitori – ha educato generazioni e ha tracciato percorsi di civiltà, senza il bisogno di esplicitare, rimotivare, spiegare. Oggi però questo complesso e meraviglioso paradigma che sembrava acquisito per sempre, rischia sfaldarsi sotto i fendenti di chi, con un’operazione sbilenca e irresponsabile, pretende di separare dato biologico e identità personale. In questa chiave la sessualità diventa un’opzione da lasciare al gusto e all’inclinazione del momento. Viene sradicata dalla natura e dal sacrario della coscienza e del sentire più riposto di ciascuno, per entrare nel novero delle possibilità sociali, a totale e arbitraria disposizione dell’individuo. Quasi una scelta da operare in assoluta libertà sullo scaffale coloratissimo e invitante di un ipotetico centro commerciale in cui gli orientamenti sessuali sono offerti e “acquistati” secondo il trend del momento, secondo un arbitrio che sa di moda se non di capriccio. Su queste pagine e su quelle di “Avvenire” abbiamo già dato conto di come la logica bizzarra dell’offerta commerciale applicata all’antro- pologia delle preferenze abbia messo in fila, almeno secondo quanto “racconta” Facebook, oltre cinquanta variazioni sul tema. Classificazione che potrebbe essere carica di ironia se qualcuno non la prendesse davvero sul serio e non finisse per attribuirle valore esemplificativo a cui conformare purtroppo le scelte e i comportamenti più intimi. Più volte, in questi mesi, è stato messo in luce come alla radice di questo soggettivismo che malauguratamente sembra guidare sempre più spesso le “preferenze” Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 sessuali, ci sia un magma pseudo culturale di varia ispirazione, spesso sintetizzato per brevità con l’espressione “teoria del gender”. Ma si tratta di un’altra deformazione mediatica che non risponde completamente alla realtà dei fatti. Esistono infatti molti approcci ai cosiddetti studi di genere – avviati fin dagli anni Cinquanta negli Stati Uniti e poi ripresi in Europa – e sarebbe banale bollare tutta questa corposa analisi sociopedagogica come negativa o dannosa tout court per la riflessione sulla coppia e sulla famiglia. Perché rifiutare aprioristicamente quegli studi che si propongono, senza altre finalità ideologiche, di superare gli stereotipi che ostacolano le relazioni familiari? Nessuno può negare quanta influenza negativa abbiano avuto mode e pubblicità che hanno alimentato, da una parte un certo machismo di risulta, e all’opposto le immagini di starlette e veline di varie connotazioni. Solo esempi macroscopici per ribadire che le stratificazioni dei luoghi comuni sui delicati ingranaggi dei rapporti di coppia possono davvero rendere lo scambio reciproco una fatica insostenibile. E quindi ogni serio e documentato spunto di riflessione, che aiuti a depurare le dinamiche maschile-femminile, va guardato con attenzione. Diverso, naturalmente, è il caso di quel “gender” utilizzato come clava per snaturare la verità delle relazioni e per introdurre, spesso come violenza ideologica, pretese concettuali che offendono natura e buon senso. Il caso del liceo “Giulio Cesare” di Roma è solo il più eclatante dei tristi esempi di imposizione e non-dialogo di questi ultimi mesi. Un altro dei pregiudizi che offusca la bellezza della relazione e propone scelte sulla cui legittimità educativa si può e si deve dissentire con fermezza. Per costruire futuro non servono né pregiudizi né manipolazioni né pensiero unico, ma lo sguardo sereno di chi mette da parte gli approcci ideologici per interrogarsi seriamente sul bene comune. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 ALLE RADICI DELLA SOCIETÀ CIVILTÀ UMANA AL BIVIO Tony Anatrella “Noi genitori & figli” n.185 – maggio 2014 ALLE RADICI DELLA SOCIETÀ, CIVILTÀ UMANA AL BIVIO D istruggere il senso profondo della relazione uomo-donna, mettendo sullo stesso piano altri tipi di unione, non significa solo intaccare la famiglia ma minare alla base la convivenza civile. Calpestare il dato di realtà del maschile e del femminile in nome del falso concetto dell’orientamento sessuale, vuol dire aprire la strada a una società dell’immaginario, a una società perversa perché nega la verità dell’umano e quindi apre la strada alla disgregazione sociale. In modo incalzante e con grande lucidità padre Tony Anatrella, psicanalista e sacerdote francese, mette in guardia da una minaccia sempre più incombente e di cui si fingono di ignorare le conseguenze. Ormai da alcuni decenni il divorzio ha largamente destabilizzato la famiglia, impoverito i suoi membri e reso più fragile la fiducia tra le persone. Ma oggi la famiglia è sottoposta a nuove forme di aggressione culturale, che hanno l’obiettivo di deprivarla delle caratteristiche più preziose che la definiscono per attribuire le stesse a situazioni affettive che nulla hanno a che fare con il senso della coppia, del matrimonio e della famiglia stessa. Questa tentativo di confondere i ruoli viene fatto principalmente a partire dall’omosessualità, cioè in funzione di un orientamento sessuale, come se questo fosse il principio per definire le coppie e le famiglia. la cancellazione della differenza sessuale. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Partiamo da questa domanda. La realtà della famiglia è forse diventata incerta? Tutti abbiamo la sensazione che la famiglia sia diventata più fragile, si sia quasi segmentata, parcellizzata. Eppure non è così. Non è incerta la famiglia, ma è la coppia che a causa di instabilità affettive, immaturità e incomprensioni che spesso sfociano in separazioni e divorzi, ha finito per rendere più fragile la famiglia. E questa situazione accresce il senso di solitudine dentro e fuori la famiglia. Talvolta assistiamo a mosaici relazionali che divergono in modo evidente dal senso autentico della famiglia, quella costituita da un uomo e da una donna impegnati nella vita matrimoniale e nell’educazione dei figli. Di fronte a questa perdita di senso è giusto esercitare la virtù del discernimento. E’ un desiderio di fare chiarezza che investe anche tante famiglie e tanti giovani. In Francia, in questi ultimi anni, si sono formati movimenti (come Manif pour tous) che hanno combattuto la pretesa di mettere sullo stesso piano matrimonio eterosessuale e nozze gay . Questo impegno mostra, soprattutto tra le giovani generazioni, una nuova determinazione: quella di non snaturare il senso stesso della famiglia, contrastando una deriva culturale che altrimenti apparirebbe irreversibile. Nella società attuale sono tanti infatti le unioni affettive che vengono sbrigativamente definite “famiglia”. E questo genera confusione e disorientamento. Siamo ancora sicuri di sapere di che cosa parliamo? Come è possibile applicare il concetto di famiglia a situazioni che si scostano in modo evidente dai fondamenti e dai principi familiari? Eppure sono tanti i sociologi che arrivano a qualificare questi mosaici relazionali come “famiglie”. Ma noi dobbiamo dirlo con chiarezza. E’ ingiusto e inadeguato applicare questo termine a situazioni così diverse. E’ una forma di relativismo la pretesa di designare con questo unico vocabolo realtà che devono essere analizzate in modo differenziato. Le manipolazioni semantiche del linguaggio nascondono la volontà di rendere inintelligibili situazioni che in realtà non si vogliono prendere in considerazione, perché il peso del conformismo - specialmente da parte di alcuni sociologi - impedisce di pensare. E tutto ciò è tanto più evidente quando si pretende di ridefinire la coppia, il matrimonio e la famiglia a partire dall’omosessualità. Una consapevole manipolazione Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 che non fa altro che aggiungere confusione nella già caotica concezione attuale di famiglia. Perché l’implicita conclusione di questo ragionamento è evidente: se a tutte le situazioni affettive può essere attribuito il termini di famiglia, questo vuol dire che la famiglia non esiste. Questa sconfitta del pensiero spinge addirittura alcuni sociologi a creare formule oscure, come “fare famiglia”, per cercare di spiegare la molteplicità delle famiglie, lasciando credere per esempio che sia il bambino a “fare la famiglia”. Questo vuol dire imporre ai bambini un peso simbolico che non possono avere. I figli infatti si iscrivono nella relazione scelta dagli adulti e sarà la qualità di questa relazione - fondata o meno sul matrimonio - a determinare la realtà della famiglia e della vita coniugale. Sono gli adulti che decidono con il matrimonio di dare un’identità alla famiglia, non i bambini. In altre parole non ci sono “famiglie” di conviventi, “famiglie” omosessuali o altri tipi di “famiglia”, ma la famiglia è solo quella fondata sull’impegno nella vita coniugale di un uomo e di una donna che decidono di sposarsi. Quella relazione matrimoniale è la matrice della famiglia e il nido nel quale i bambini saranno poi chiamati alla vita. Quindi pensare che la famiglia arrivi soltanto con la nascita dei bambini è sbagliato. C’è invece una relazione matrimoniale che, da un latro fonda il legame coniugale, e dall’altro è relazione familiare in divenire. Non può quindi essere stabilito un paragone tra famiglia e altre situazioni parcellizzate che famiglia non sono. Anche quando si ricorre alla definizione di famiglia classica o tradizionale, ci si mette su una strada sbagliata, perché si finisce per ammettere, magari involontariamente, che esisterebbero nuovi tipi di famiglia. E invece non c’è niente di nuovo, queste situazioni sono sempre esistite. La novità è volerne fare dei modelli di riferimento, come se ciò che è accidentale potesse essere messo sullo stesso piano di ciò che è essenziale. Intendiamoci bene. Non si tratta di denigrare questo o quel tipo di unione affettiva. Ogni situazione individuale va rispettata e guardata con misericordia. Qui stiamo cercando di riflettere sui legami affettivi che stanno alla base della società. Quindi, in altre parole, a partire da quale forma di sessualità la società si organizza. La società attuale vuole compensare la perdita del senso del bene comune con una Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 volontà consensuale che, invece di frenare la disgregazione sociale, la accentua, pretendendo che alcune situazioni particolari si trasformino in norme condivise di comportamento. L’organizzazione sociale non può che trarre solo vantaggi dall’ essere chiara e coerente, fissando condizioni di base che assicurano la sua struttura portante. Quando la società non rispetta il dato simbolico sul quale si fonda, come nel caso della differenza sessuale, tutta la realtà della relazione tra uomo e donna non regge più. Quando si abbandona il dato simbolico, anche la realtà degli elementi rappresentati crolla. E questo spiega in parte perché sono molti i giovani angosciati dalla prospettiva di sposarsi. Questo sfaldamento è spesso favorito da pratiche perverse, per esempio quando si preferisce mettere da parte l’elaborazione per passare alla concretizzazione della pulsione, ossia il passaggio all’atto. Questo succede per esempio quando si pretende di formare una coppia molto rapidamente, senza neppure essere sposati. Sono tante le forme di confusione relazionale, per esempio la mono genitorialità pretesa per soddisfare un bisogno personale. Sono sempre di più le donne che desiderano un bambino da sole. E dal punto di vista psicanalitico questo vuol dire che la donna vuole un figlio dal suo stesso padre. Altra forma di confusione relazione è l’adagiarsi nell’omosessualità per “giocare” a fare il papà e la mamma, assicurandosi così un criterio di finta normalità. Qual è il risultato di tutto ciò ? Ci avviamo progressivamente verso una società “perversa”, in un crescendo di confusione semantica e concettuale. Tornando infatti alla parola famiglia, vediamo come sempre più frequentemente questo termine non possa e non debba essere applicato a tutte le situazioni affettive. E quindi si pretenda di inventare un nuovo linguaggio, un linguaggio più potente della realtà. E qui ci troviamo sul versante dell’immaginario piuttosto che su quello del sociale obiettivo. In questo immaginario, terribilmente reale, non siamo già dentro una confusione di sentimenti e di relazioni che sfociano molto spesso in for- Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 me di poliandria e di poligamia? L’immaginario collettivo è diventato padrone della società. Questa è la ragione per cui si creano movimenti sociali che chiedono “realismo” nel legiferare sulla relazione tra uomo e donna, ignorando tutto il complesso portato psicologia della relazione. Ora nei movimenti ideologici attuali come quello del “gender” si separa il corpo, la materialità dell’esistenza umana, dalla costruzione mentale. Siamo in un nuovo, pericoloso idealismo. Nella dottrina del “gender” il corpo si ferma all’altezza della testa, il resto non esiste. Ossia ciò che esiste è ciò che noi abbiamo immaginato. Si cerca così di violare la realtà, si cerca di aggredire la realtà con delle costruzioni immaginarie che però fanno ammalare la persona e la società. Da più di 40 anni sono psicoterapeuta e, dopo aver lavorato per molto tempo negli ospedali psichiatrici, ora svolgo privatamente la mia professione. Vedo che le psicopatologie sono cambiate, le personalità sono più destrutturate, non c’è più trasmissione del sapere. Troppe persone si lasciano guidare da queste leggi immaginarie che, dissolvendo l’umano, dissolvono la differenza sessuale. La situazione è estremamente grave. Questo pensiero perverso sorto nei Paesi occidentali sta contaminando anche l’Africa e l’Asia. Abbiamo accennato a nuove forme di poliandria e di poligamia determinate dalla successione delle separazioni e dei divorzi, dalle relazioni di convivenza, dall’aumento di coppie delle stesso sesso. Però non possiamo fermarci alla semplice constatazione sociologica che ci spingerebbe a ratificare l’esistente. Dobbiamo rifiutare la negligenza intellettuale e tentare una vera e propria analisi per definire le sfide. Sapere ciò che è fattibile e ciò che non lo è. Chi pensa che tutte queste nuove forme di relazione affettiva rappresentino il futuro sbaglia di grosso. Non sono altro che modelli storicamente già conosciuti, prima che la Chiesa stabilisse che il matrimonio è fondato Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 sull’amore e sulla responsabilità tra uomo e donna. Nella visione cristiana la vita erotica si concentra sul legame coniugale in un’unità che ricompone il tutto. Mentre nel pensiero pagano il piacere sessuale era separato dalla relazione matrimoniale. Oggi ci sono dei movimenti intellettuali che leggono nella relazione tra uomo e donna una sfida di potere, una concorrenza tra pari che annulla differenza e reciprocità. Saltando la differenza sessuale in nome della parità e trascurando la coniugalità, ossia il fatto di sapere coniugare i due sessi, la deriva è quasi scontata. Assistiamo così alla cancellazione della differenza sessuale sotto l’influenza da una parte di ciò che resta del femminismo autoritario, dall’altra dell’applicazione fuorviante di certa teoria del “gender”. dalla differenza dei sessi alla differenza delle sessualità. L’ideologia del gender, promossa anche per interessi politici, ci dice che la differenza dei sessi dovrebbe essere sostituita dalla differenza delle sessualità. La sessualità insomma deve abbandonare il dato biologico per essere letta in chiave di orientamento sessuale, secondo quanto appunto sostiene la teoria del gender che è oggi alla base di tante leggi nazionali e internazionali a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso e a favore dell’adozione dei bambini in un contesto omosessuale. Sarebbe quindi discriminatorio - in questa prospettiva - non tener conto degli orientamenti sessuali e delle identità di genere. Le convenzioni nazionali e internazionali cercano di includere questi concetti, allargando in modo sempre più indifferenziato la possibilità di contrarre matrimonio. Alcuni Paesi, come il Canada e la Spagna, hanno cancellato dal loro codice civile le nozioni di uomo e di donna, di padre e di madre e le hanno sostituite con il termine partner; tutto questo per favorire il matrimonio civile e la genitorialità omosessuale. Quindi il matrimonio non sarebbe più riservato all’impegno di un uomo e di una donna, ma sarebbe disponibile anche per tutti coloro che vogliono unirsi in nome di un orientamento sessuale. Questo vuol dire che qualsiasi “caso affettivo” può essere non solo preso Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 in considerazione ma anche legittimato. A questo punto è lecito chiedersi: per quanto tempo una visione così idealista, cioè così ignara della realtà oggettiva della differenza sessuale, potrà resistere? Quanto si potrà andare avanti con questo imbroglio? Nessun principio basato sull’orientamento sessuale - cioè sulle pulsioni elementari che sono le stesse vissute dal bambino nelle cosiddette fasi orale e anale - può costituire un’autentica identità sessuale. Magari fanno tendenza, magari rappresentano un desiderio. Ma non costruiscono la persona. Oggi abbiamo sostituito la nozione di desiderio con la nozione di orientamento sessuale, come se volessimo farne una struttura ontologica. Abbiamo però dimenticato che un desiderio è qualcosa di estremamente variabile, perché è la conseguenza più o meno immaginaria di pulsioni parziali che sono alla base dei primi movimenti. All’inizio il bambino è “cannibale”, nella fase orale sarebbe pronto a divorare la mamma, ma poi progressivamente questa prima pulsione si elabora. L’adulto guarda all’altro non più per prenderne possesso, ma per imparare a comunicare con lui, per essere in comunione. La comunione ha sostituito il fatto di divorare. Chi pretende di riorganizzare la relazione uomo-donna a partire dall’omosessualità, cioè dalle pulsioni e dal desiderio compie, da un punto di vista psicanalitico, qualcosa di estremamente pericoloso: è come se dovessimo restare sempre bambini, come se il fine della sessualità umana fosse la pulsione primaria e non - come dice Freud nella teoria della sessualità - la relazione con l’oggetto, ossia la relazione con l’altro. Una pretesa abbastanza strana se non fosse fuorviante e destabilizzante. Ma vorrei aggiungere un altro punto. Il bambino, maschio o femmina che sia - in natura non esiste altro - deve integrare progressivamente la sua identità sessuale, perché è solo grazie al nucleo rappresentato dall’identità sessuale che tutte le pulsioni primarie potranno essere integrate e poi trasformate in funzioni superiori. Come nel caso per esempio del cosiddetto “voyeurismo del bambino”, che si trasformerà nel piacere di vedere delle belle cose, nel piacere di incontrare l’essere amato. Il voyeuriFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 smo pornografico su internet che fa si che adottiamo un comportamento infantile basato sul voyeurismo sessuale non ci spinge all’incontro, alla relazione, ma semplicemente prendere possesso della sessualità dell’altro. Quindi è abbastanza strano sostenere che la coppia e la famiglia non devono più dipendere dalla differenza sessuale, mentre questa differenza sessuale sarebbe necessaria nella vita professionale sociale e politica, in nome di una parità solo formale, uno vale uno. Si tratta di una contabilità un po’ infantile, rimasta allo stadio della pubertà. I giovani adolescenti vivono spesso questa giustizia numerica contabile: tu hai questa cosa e anche io devo averla. Si tratta di una visione estremamente ingenua delle cose, bel lontana dal senso profondo della reciprocità. Anche in questo caso stiamo rovesciando il senso della realtà. Avendo la stessa competenza un uomo e una donna possono chiaramente esercitare lo stesso mestiere o avere le stesse responsabilità sociali e politiche; è inutile fare appello qui alla differenza sessuale, mentre quest’ultima è fondamentale nella definizione della coppia e della famiglia. Pensare che tutto tra uomo e donna debba essere impostato secondo una volontà egualitaria, rischia di portare a un’impasse e di aprire la strada ai conflitti. Allo stesso modo è fuorviante pensare a norme impostate sull’identità di genere capaci di regolare la vita di coppia e di famiglia. Qual è il problema? L’identità di genere è un concetto che deriva dalla teoria del gender. Di cosa si tratta? Il genere descrive le differenze tra uomini e donne che sarebbero individui costruiti unicamente su un piano sociale. Ognuno si costruisce socialmente imparando quali sono i comportamenti, le attitudini, le attività considerate come appropriate al fatto di essere donna o uomo. Una costruzione soltanto culturale che fonda anche la nostra relazione con gli altri. Questo comportamento, totalmente costruito, costituisce l’identità del genere e determina il ruolo dei diversi generi e le relazioni tra di loro. E questo può cambiare chiaramente da un’epoca all’altra, da una società all’altra. Ci sono fattori come l’età, la razza, la Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 religione la classe sociale e l’istruzione che influenzano il ruolo del genere. Il genere, il ruolo di genere, sono i fattori principali per la definizione e la determinazione dell’accesso al potere. In altre parole il maschile e il femminile - secondo questa teoria - sono realtà puramente culturali che si definiscono spesso in termini di potere, di rivalità e di concorrenza. In una società democratica quindi, basata sull’uguaglianza, il potere dev’essere esercitato in modo paritario tra i generi. Le pari opportunità implicano che uomo e donna devono avere lo stesso statuto, gli stessi diritti e le stesse responsabilità. Apparentemente possiamo solo essere d’accordo sull’uguaglianza tra l’uomo e la donna che trova la sua origine nel racconto biblico della creazione (Genesi 1,27). Ma se esaminiamo da più vicino i diversi concetti della teoria del genere, quello dell’uguaglianza dev’essere messo in discussione quando viene confuso con la similitudine. La donna - in questa prospettiva - deve fare tutto quello che fa l’uomo e viceversa. La nozione di genere, lungi dall’essere evidente quando si dissocia l’identità sessuale del soggetto, dal suo corpo sessuato, privilegia un’identità di genere che è unicamente una costruzione sociale. Il maschile e il femminile non sarebbero quindi costitutivi di ogni persona, ma dipenderebbero unicamente da ruoli sociali attribuiti agli uni e agli altri. La confusione tra ruoli sociali che possono effettivamente variare e la personalità maschile o femminile arriva al suo estremo e porta alla migrazione della dimensione personale del soggetto. Pretendere quindi che esista un’identità di genere vuol dire confondere la personalità personale e il ruolo sociale di questa personalità. Siamo di fronte a una questione epistemologica che si scontra con la realtà. Analizzando meglio questo concetto si afferma anche la presenza di un genere neutro del quale farebbero parte tutti gli “stati intersessuati” che si basano sugli orientamenti sessuali, come l’omosessualità, il transessualismo, il travestitismo, e perché no la pederastia, l’esibizionismo, il voyeurismo ecc. ecc. Perché tutti questi sono parte della categoria degli orientamenti sessuali e quindi sarebbero tutti legittimi. Questa visione Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 paritaria è falsamente egualitaria, è un approccio pericoloso e fuorviante delle relazioni tra uomini e donne. Distrugge tutta la simbolica della differenza sessuale e di conseguenza la relazione tra gli uomini e le donne. Distrugge anche la simbolica genitoriale del padre e della madre. Ecco perché tale idealismo non può durare a lungo. E’ in gioco la nostra stessa civiltà. è possibile costruire la propria identità? Nella mente di coloro che hanno creato l’ideologia di genere come ideologia evolutiva dovremmo fare un passo in più, dovremmo abolire la differenza sessuale a beneficio dell’idea di una indeterminazione sessuale che favorita dal movimento “quir” movimento, attivo all’interno dei concetti di genere. Questa determinazione sessuale permetterebbe ad ognuno di costruire la propria identità secondo i suoi desideri. Se un giorno vogliamo essere uomini, perché no? Se invece un altro giorno vogliamo essere donne, perché no? Ognuno può scegliere secondo i suoi desideri. Ma l’identità non è evidentemente una realtà che si può costruire, l’identità sessuale dell’uomo e della donna è una realtà che si riceve e che si integra nella vita psicologica della personalità che si svilupperà. In altre parole, l’identità sessuale è un dato di base col quale noi dobbiamo convivere. Si tratta di osservare per esempio la curiosità sessuale del bambino o dell’adolescente che dovrà poi integrare, dovrà accettare la “stranezza” del suo corpo per coincidere pienamente con se stesso. Quindi il bambino, e poi l’adolescente, devono prendere possesso del loro corpo, esserne i proprietari e integrarlo nella propria vita psicologica. Il problema del transessuale è quello di proiettare sul suo corpo una visione immaginaria ¬- un uomo e pensa di essere una donna - e vuole vivere come una donna. Ma questa visione è immaginaria. E’ evidente che siamo di fronte a una persona che ha vissuto profonde difficoltà di in- Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 tegrazione con il suo corpo, e questo spesso per ragioni inconsce, perché talvolta ha vissuto una identificazione molto forte con sua madre o per altre ragioni che non possiamo qui approfondire. Non dobbiamo dimenticare - ed è una verità per noi tutti - che nelle prime fasi della crescita, il bambino immagina che ci sia un sesso unico, ed è quello della madre, perché tutti, uomini o donne, ci identifichiamo con la madre. Poi, grazie alla sua presenza, il padre ci rivela la nostra identità sessuale. E’ questa presenza che sosterrà il ragazzo nella sua mascolinità e, allo stesso modo, rivelerà la sua femminilità della bambina. Ecco perché il ruolo del padre è determinante, è lui che fa uscire il bambino dal sesso unico e dalla indeterminazione sessuale. Ed ecco perché, in una società che diviene sempre più femminilizzata, vediamo apparire movimenti sociali che rivendicano l’omosessualità. Perché, a livello psicanalitico, vogliamo identificarci in modo infantile con il sesso unico, con il sesso della madre, che rimanda ognuno di noi al narcisismo primario e fornisce l’illusione che ognuno sia autosufficiente. “Dato che la donna della vita è mia madre, perché cercare un’altra donna?”. Questo è, in estrema sintesi, il ragionamento inconscio degli omosessuali maschili. E, allo stesso modo, dato che c’è una mancanza paterna, allora le lesbiche cercano di esercitare questo ruolo maschile nei confronti della propria madre, per proteggerla. Quindi, se dobbiamo porci delle domande, dobbiamo farlo più sul significato dell’identità sessuale, che sull’omosessualità. Dobbiamo sgomberare il campo da tanti luoghi comuni: l’omosessualità non ha nessuna origine genetica, biologica o neurologica. Ha prima di tutto un origine psicologica. Sono stati fatti molti esperimenti in questo senso, per esempio per vedere se ci fosse un origine ormonale Oggi sono numerose purtroppo le false ricerche sul tema. Si vanno per esempio ad indagare questioni di ordine biologico per dimostrare che l’omosessualità è naturale. Da un lato si dice che la differenza sessuale non è naturale, che l’uomo e la donna non sono realtà naturali, mentre Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 l’omosessualità è naturale. E quindi è giusto appellarsi alla nozione di natura. E’ evidente che ci troviamo in piena contraddizione, con gravi problemi epistemologici che si sviluppano a questo riguardo e generano profonda confusione tra maschile e femminile. il ruolo del padre e della madre Il bambino ha bisogno di una famiglia composta da un uomo e una donna. Il bambino ha bisogno dei suoi genitori. Il bambino non può diventare un soggetto e svilupparsi affettivamente se non confronta personalmente la differenza dei sessi nella vita familiare. Ha bisogno di esempi che esprimano la differenza sessuale. Questo è il principio della differenza sessuale. Per strutturare il suo desiderio, il bambino ha bisogno di ritrovarsi in questa differenza. Non è mai facile integrare la propria mascolinità o femminilità, ma sarà ancora più complicato questo processo se il bambino vive in un contesto omosessuale, con due persone dello stesso sesso divisi artificialmente in genitori biologico, genitore sociale e genitore educativo. Questa divisione falsa crea a lungo termine una confusione nella psicologia del bambino e rende sfocate le sue rappresentazioni genitoriali. Ho visitato molti bambini che vivevano la bisessualità dei loro genitori e che, di conseguenza, avevano molti problemi. L’omosessualità si basa su una forma di sessualità che è estranea alla concezione e alla trasmissione della vita. Nell’omosessualità non si trasmette niente, non c’è alterità sessuale. Si tratta si una sessualità narcisista, di una sessualità allo specchio. In questa situazione, come potrebbe il bambino essere riconosciuto e accettato per se stesso, come un altro soggetto? Rischia semplicemente di essere cercato come un sostegno per valorizzare e per rendere “normali” due adulti dello stesso sesso. Dopo aver dissociato il sesso dalla procreazione con la contraccezione e poi con l’inseminazione artificiale e altro ancora, ora si vuole separare il concepimento sessuale del bambino dalla differenza dei sessi. Presto arriveremo alla “macchina” per fare i bambi- Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 ni, per liberare il corpo della donna dall’arcaica schiavitù della gestazione. Stiamo rendendo disumana la procreazione perché stiamo rendendo disumana la sessualità, a partire dal momento in cui neghiamo la differenza sessuale. Il desiderio di un bambino concepito senza espressione sessuale, così come spesso viene rivendicato in contesti omosessuali, è una fantasia che si basa su un’altra fantasia che di fatto è una grave psicosi. Il desiderio asessuato del bambino che rimanda proprio alla problematica psichica dell’omosessualità. È solo nelle fiabe che i bambini sono concepiti senza l’intervento di un’espressione sessuale. “Si sposarono ed ebbero tanti bambini”, ma non si sa come questi bambini nascano. Il rifiuto del sesso nel concepimento è il sintomo di una società che si lascia vincere dall’indifferenziazione sessuale. solo l’uomo e la donna, grazie alla loro identità, sono chiamati all’ alleanza Il libro della Genesi e il Vangelo si aprono con la storia di un uomo e di una donna. Adamo ed Eva, Maria e Giuseppe. L’uomo e la donna esistono. Li abbiamo incontrati, non solo attraverso i nostri genitori ma anche attraverso l’evidenza dei due sessi come un fatto di realtà. Si tratta di dati oggettivi, reali, e anche se la psicologia dell’uno e dell’altro hanno un approccio talvolta ambiguo e incerto per accettare e integrare la differenza sessuale. Allo stesso tempo la loro relazione è arricchente, perché si offrono ciò che non trovano nelle loro reciproche solitudini. Ognuno forma un mondo, ed è proprio per il fatto che uomo e donna sono diversi che possono incontrarsi, associarsi e unirsi per accettare, nel legame matrimoniale, le tristezze e le felicità della vita. In altre parole, il legale coniugale, il matrimonio, è un legame fondamentale che struttura la società e le persone. La constatazione della realtà dell’esistenza dell’uomo e della donna ha già un senso in sé. Non ha bisogno di essere giustificata dal pensiero religioso perché si tratta di un fatto accessibile alla religione. Ma prende un’altra dimensione nella fede cristiana quando leggiamo nelle Scritture “all’inizio Dio crea l’uomo e la donna maschio e femmina li Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 creò”. Li creò a sua immagine, non solo sono rispettivamente l’immagine di Dio, ma loro relazione è a immagine di Dio. Nel pensiero ebraico l’essere umano diventa veramente intero solo nella relazione, nello sguardo dell’altro. Il desiderio di conoscere Dio passa quindi attraverso la relazione tra l’uomo e donna. Si tratta della capacità di trovare una alterità. Nel Vangelo troviamo incontri forti tra Gesù e le donne, perché questa relazione appare con la complementarietà dell’uno e dell’altro Gesù rivela il mistero della donna e la donna valorizza l’umanità del verbo di Dio, la parola fatta carne. Si tratta per esempio del dialogo tra Gesù e la samaritana. Adamo chiama Eva e la loro relazione passa dall’essere una relazione di oggetti, che potrebbe essere strumentalizzata, all’essere una relazione da soggetto a soggetto. Questa soggettivazione della relazione tra i sessi è un’operazione sottile della vita psichica e spirituale dell’adolescenza, quando la sessualità accede alla dimensione simbolica. Questo è il senso dell’altro e il desiderio di raggiungerlo sessualmente per esistere insieme nel godimento, per essere pienamente l’uno per l’altro. Magnifico mistero della comunione sessuale che Giovanni Paolo II chiamava il sacramento dello scambio dei corpi. C’è una parte divina in una relazione amorosa. Non si tratta né di una relazione di seduzione, né di dipendenza, né di appagamento. Ma di una relazione fondata su un’alleanza che produce frutti. L’amore autentico è alleanza forte, irreversibile. Noi alimentiamo il nostro amore con la caritas, l’amore che viene da Dio. L’eros della coppia si alimenta della caritas per diventare agape, ossia comunione, come riferisce Papa Benedetto XVI nella sua enciclica “Caritas in veritate”. L’unione sessuale tra gli sposi nutre e conforta il patto coniugale per farli esiste e per mettere in evidenza che sono stati uniti da Dio per la vita e non per la morte. Unendosi sessualmente, uomo e donna danno la vita l’uno all’altro, creando un corpo coniugale che non è la somma dei loro corpi sessuati, ma lo sviluppo di una dimensione nuova che si supera attraverso un corpo comune. Così disposti possono chiamare un altro alla vita perché si amano. E’ in questo modo che dobbiamo intendere l’affermazione “saranno Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 una sola carne”, perché questo esprime da un lato il loro corpo comune, la carne che viene dal corpo coniugale. Il bambino ha bisogno di quell’unità per costruire la propria unità psicologica e spirituale. L’amore coniugale è anche alleanza dei sessi, quindi non solo fertile ma anche fecondo. L’amore è una alleanza che modella la coniugalità. L’unione dei sessi ci pone nel cuore dell’alterità sessuale. L’amore di alleanza è anche generativo, perché fa esistere l’altro per se stesso e non per ottenere una rassicurazione, come nel caso dell’omosessualità. In una prospettiva biblica il godimento sessuale è fedeltà all’altro, per onorarlo e farlo essere. Ti amo significa: non voglio che tu muoia. Amore vuol dire essere senza morte. E possiamo dirlo davvero, pienamente e autenticamente solo tra uomo e donna, solo una volta nella vita. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 MASCHIO E FEMMINA, MA NON PER FACEBOOK Nicoletta Martinelli 5 luglio 2014 MASCHIO E FEMMINA, MA NON PER FACEBOOK L e possibilità sono già tante – cinquantotto – ma se ancora non bastassero ogni nuova definizione è ben accetta: ciascuno può scegliere il suo genere oppure inventarselo. Facebook va oltre la dicotomia uomo-donna, che considera sterile piuttosto che feconda, offrendo ai suoi utenti infinite possibilità di definirsi quando aprono un profilo. «Per troppo tempo avete dovuto identificarvi in “maschi” e “femmine” spiega entusiasta il social network alla sua comunità e invece ora potete scegliere». E neppure in modo definitivo: perché essendo il genere opera della volontà e non della natura (!) chi lo dice che chi oggi si sente transgender domani non si preferisca pangender? E il giorno dopo intersessuale? E la settimana successiva androgino, oppure fluido, cisgender o queer? Basterà segnarselo in agenda, giusto per non sbagliare guardaroba. L’Arcigay –che ha giocato un ruolo fondamentale nell’identificazione delle categorie di genere – esulta nel vedere finalmente «sgretolata la dicotomia uomo-donna», gioisce perché «le persone disporranno finalmente anche in Italia della possibilità di evadere dalla gabbia del binarismo sessuale». Evadere da una gabbia, sì, per finire nella prigione di un determinismo arido e ripiegato su se stesso, dove il corpo risulta alieno all’identità personale, un limite che impedisce i movimenti, da superare, da trasformare piegandolo al desiderio soggettivo. Da inventare alla bisogna, secondo il capriccio del momento, convinti che non conti iò che si è ma ciò che si decide di essere. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 I confini del corpo, nella nostra società sempre più fragile e vacillante, si squagliano e si fluidificano, l’identità sessuale si fa incerta e confusa. Diventa flessibile, elastica, mai definitiva. Ma nell’universo virtuale di Facebook e nelle infinite possibilità di descriversi si finisce per perdere se stessi, per frammentare la propria identità illudendosi di esercitare una libertà che –in questo caso non ci è data. Perché se in altri ambiti la capacità di cambiare e di trasformarsi evolvendo è risorsa e vantaggio, nella sfera sessuale è unicamente caos e incertezza, mancanza di solidità, perdita di baricentro. Per l’Arcigay «scorrere una lista che comprende termini come cisgender e transgender vuol dire fare cultura». Termine che deriva dal latino “colere”, coltivare: ma quali frutti darà un’ideologia come quella del gender che nega la verità originaria dell’essere persona? Maschio e femmina, li creò. Tertium non datur. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 SESSUALITÀ, PERCHÈ LA FAMIGLIA DEVE ALLEARSI CON LA SCUOLA Luciano Moia 13 novembre 2014 SESSUALITÀ, PERCHÈ LA FAMIGLIA DEVE ALLEARSI CON LA SCUOLA Q ualcuno forse si era illuso che l’emergenza educativa fosse solo una formula mediatica per mettere in luce un problema tutto sommato marginale. Come se, parlando di difficoltà educativa, ci si riferisse a qualche caso isolato, episodico, comunque ininfluente sui meccanismi delicati di quel grande e complesso processo che riguarda la trasmissione dei valori da una generazione all’altra. Ora anche gli ottimisti ad oltranza, quelli comunque convinti che “noi non siamo coinvolti”, si stanno accorgendo che non è così, che nessuno può chiamarsi fuori, che convinzioni tanto assodate da risultare implicite e scontate, sono già state sconvolte, spazzate via, disperse dal vento perfido e infido in cui si mescolano le correnti di quei tanti “ismi” più volte evocati (nichilismo, relativismo, egoismo, individualismo e tanto altro ancora). E che quando queste correnti investono la galassia dell’educazione e mettono in discussione gli stessi fondamenti antropologici della nostra civiltà – come sta avvenendo ormai da alcuni decenni e in modo addirittura vorticoso in questi ultimi anni – tutto dev’essere riesaminato, rispiegato, rimotivato. E, per farlo, occorre ripartire dalle fondamenta, dagli assi portanti di quelle convinzioni profonde che costituiscono la trama stessa dell’esistenza. Nella grande galassia dell’emergenza educativa, parlare di affettività e di sessualità significa andare al cuore di un problema che investe il senso della vita, i progetti più importanti, le dinamiche relazionali, le dimensioni Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 dell’etica e della speranza. Ecco perché il Forum delle associazioni familiari ha avvertito l’esigenza di concentrare i punti chiave della questione in un breve documento “Persona, sessualità, affettività: per una nuova alleanza educativa tra famiglia e scuola” (si può leggere integralmente sul nostro sito, www.avvenire.it) che ha il merito di ribadire con chiarezza la verità della questione. Nella bufera ideologica in cui siamo immersi, nutrita di tanti luoghi comuni e di pesanti condizionamenti mediatici e culturali, parlare di affettività e di sessualità come “confronto relazionale” tra uomo e donna significa innanzi tutto compiere una scelta coraggiosa. Ma tacere sarebbe stato grave. Innanzi tutto ci sono le richieste dei giovani.Nella banalizzante sessuomania in cui sembra che non ci sia più nulla da scoprire e da chiarire, i giovani hanno invece fame di parole chiare, capaci di orientare e di motivare. Non bastano le informazioni tecniche, scientifiche, specialistiche offerte loro anche da alcune iniziative scolastiche, spesso a senso unico. E non basta neppure, all’opposto, l’elenco dei divieti e delle regole. «Urge scrivono gli esperti del Forum -–l’adozione di una prospettiva educativa: passare dal dare informazioni all’educare all’affettività e alla sessualità». Ma a questo punto nascono i problemi. Come trovare le parole giuste? Come modulare la proposta capace da un lato di riportare equilibrio nella confusa e spesso ambigua overdose mediatica senza d’altro canto risultare bacchettoni o imbarazzati? Molti genitori vorrebbero farsi carico di questo compito, ma spesso, fa notare il Forum, «si fa fatica ad intercettare l’interezza della domanda di significato che la sessualità umana custodisce ed esprime, e di cui i giovani sono portatori». Del tutto inopportuno però affidarsi totalmente alla scuola perché la cosiddetta “Strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, varata dal governo Monti nel febbraio 2013, continua ancora a spandere i suoi effetti deleteri. Abbiamo a lungo documentato sul nostro quotidiano come alla base Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 della “Strategia” ci sia un documento concordato con 29 associazioni Lgbqt, senza il minimo coinvolgimento delle associazioni dei genitori, la cui ispirazione culturale sono le teorie del gender. Il grande imbroglio di questa vulgata è noto: non si nasce uomini e donne, ma ciascuno è stato costretto a modellare la propria identità a causa di una serie di stereotipi culturali imposti fin dalla più tenera età. Ribellandosi a questa “condanna biologica” e decidendo liberamente se essere uomini o donne - e la scelta può tranquillamente cambiare anche varie volte nella vita - si entrerebbe in una dimensione di libertà autentica. Si nega in questo modo l’evidenza biologica, cioè il dato di realtà, per entrare in un mondo irreale e pericolosissimo, fondato su desideri senza fondamento. Teorie pericolose che sono però alla base di numerosi documenti dell’Oms e dell’Unione europea. Anche nelle scuole italiane libri, strumenti didattici, giochi ispirati al progetto “Educare alle diversità” non si contano più. Percorsi, si legge nel documento del Forum, «tanto ambigui quanto lesivi del fondamentale diritto dei genitori ad educare i propri figli che la nostra Costituzione tutela chiaramente». Ecco perché è urgente prendere consapevolezza di questa situazione, scoprire gli obiettivi che la originano e adottare tutti gli antidoti necessari per annullarne gli effetti. Non è in gioco solo una questione culturale, qui il rischio, enorme e devastante, riguarda il futuro dei nostri giovani e quindi di tutta la società. «Corporeità e sessualità sono dimensioni fondamentali della persona umana¿ Essi non sono importanti solo sul piano affettivo, ma su di essi si fonda l’essere e il fare famiglia, quindi il matrimonio, la paternità e la maternità». Proprio ieri l’Istat ha diffuso i dati 2013 sul numero dei matrimoni in Italia. Il quadro è desolante. Per la prima volta si scende sotto quota duecentomila. Le ragioni di questa flessione sono molteplici ma accanto a tante cause strutturali (la contrazione delle nascite) ed economiche (la mancanza di lavoro, di case a prezzi accessibili, di politiche familiari favorevoli Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 alle giovani coppie), bisognerà cominciare a chiedersi quanto contino la confusione culturale, il vuoto educativo, l’incapacità di orientarsi tra una molteplicità di stimoli in cui la scelta del “persempre” risulta sempre meno contemplata. Ecco perché è importante da un lato combattere le teorie del gender, dall’altro «incontrare, amare, valorizzare la sessualità umana e la differenza sessuale» come premessa per costruire relazioni stabili in grado di assumersi responsabilità definitive, preziose per il futuro di tutti. In questa prospettiva il Forum incoraggia le associazioni dei genitori a rinnovare la corresponsabilità educativa con la scuola. «In Italia esiste un autentico tesoro di piccole e grandi buone prassi, portate avanti da associazioni e movimenti, da gruppi di genitori, o di docenti, università, centri di ricerca. È possibile attingere a tali proposte per tessere la rete -–conclude il documento -–tra famiglie desiderose di custodire e coltivare la bellezza della loro esperienza». Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 GAY, RISPETTO OLTRE L’IDEOLOGIA VICINANZA, NON CONFUSIONE Luciano Moia 19 ottobre 2014 GAY, RISPETTO OLTRE L’IDEOLOGIA. VICINANZA, NON CONFUSIONE S ì all’accoglienza, sì alla vicinanza, sì alla comprensione «con rispetto e delicatezza». No alla discriminazione, no all’omofobia, no al giudizio denigratorio. Ma no anche alla confusione, alle posizioni ideologiche e alla banalizzazione. È lo stesso sguardo di misericordia e di simpatia rivolto a tutte le persone che combattono contro le difficoltà, le sofferenze e le ingiustizie quello con cui la Chiesa si rivolge alle persone omosessuali. Mentre si china con l’obiettivo di comprendere «le persone nel loro concreto stato di vita» e rifiuta qualsiasi «irrigidimento ostile», la Chiesa sono parole pronunciate da Francesco nel discorso conclusivo del Sinodo rifiuta anche «il buonismo distruttivo che a nome di una misericordia ingannatrice, fascia le ferite senza prima curarle e medicarle» e si guarda sia dalla «tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente», sia di trasformare «il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati, cioè di trasformarlo in “fardelli insopportabili”». Un richiamo all’equilibrio e alla misura nella verità che, applicata alla situazione delle persone omosessuali, impone una serie di domande nello sforzo di entrare nel cuore di una situazione di cui troppo spesso si parla per slogan, in bilico tra demagogia e propaganda. La scuola, purtroppo, sembra diventata palestra per il peggior indottrinamento ideologico. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Dalla vicenda dell’insegnante di religione di Moncalieri accusata di omofobia che in una lettera al nostro giornale ha svelato la strumentalizzazione mediatica di cui è rimasta vittima – alla storia del professore di Perugia preso di mira per il suo accanimento omofobo contro un ragazzo considerato dapprima gay, poi presunto tale e infine rivelatosi eterosessuale. Se intolleranza c’è stata insomma, si sarebbe trattato di violenza gratuita - comunque inaccettabile -–ma senza nessuna coloritura di discriminazione sessuale. Due fraintendimenti tra i tanti, più o meno orchestrati, che offrono lo spunto per tornare su un argomento comunque controverso, comunque fonte talvolta di disagio e di sofferenza, comunque al centro di un dibattito scientifico che non ha offerto finora parole definitive. Occorre dire innanzi tutto che la riflessione sull’omosessualità, sia a livello pastorale, sia psicologico e filosofico, sconta un ritardo che è figlio da un lato di una propaganda martellante, dall’altro di uno sguardo talvolta troppo normativo. Posizioni che, in entrambi i casi, hanno impedito valutazioni più distaccate. Al recente Sinodo, al di là del breve ma esplicito riferimento nella “Relazione finale”, il tema è stato ampiamente affrontato sia nel dibattito in Aula, sia nei “Circoli minori” con uno schema abbastanza uniforme in cui, accanto alla necessità di lasciare le porte aperte a tutte le persone e al dovere di «accogliere con rispetto, compassione e nel riconoscimento della dignità di ciascuno», non si è mai mancato di precisare che «accompagnare pastoralmente una persona non significa dare validità né a una forma di sessualità, né a una forma di vita» (circolo francese A, moderatore il cardinale Roberto Sarah, relatore l’arcivescovo Francois-Xavier Dumortier). Nel circolo italiano A (moderatore il cardinale Fernando Filoni, relatore l’arcivescovo Edoardo Menichelli), è stato ribadito che, mentre è giusto valorizzare «i doni, la buona volontà e il cammino sincero di ciascuno», le unioni tra persone dello stesso sesso «non possono essere equiparate al matrimonio tra uomo e donna, esprimendo anche la preoccupazione di salvaguardare i diritti dei figli che devono crescere armonicamente con la tenerezza del padre e della madre». Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 L’approfondimento “politico” forse più esplicito è arrivato dal Circolo italiano B (moderatore il cardinale Angelo Bagnasco, relatore l’arcivescovo Rino Fisichella), dove è stato messo in luce il pesante clima di condizionamento in cui «sembra si abbia timore di esprimere un giudizio su diverse questioni che sono divenute espressioni culturali dominanti. Questo non appare coerente con la missione profetica che la Chiesa possiede... Ciò diventa evidente soprattutto dinanzi a situazioni che sono assunte come una forma di de-istituzionalizzazione del matrimonio e della famiglia in forza di pretesi diritti individuali». In sintesi, se ogni situazione personale va rispettata, accolta, compresa, accompagnata e guardata con misericordia, appare invece infondata la pretesa di trasformare una scelta di vita individuale in modello politico e culturale valido per tutti e verso cui, pena addirittura il rischio di sanzioni (legge sull’omofobia in discussione in Parlamento), si dovrebbe evitare di esprimere dissenso. Non si tratta di denigrare le unioni affettive omosessuali ma di affermare con chiarezza che il tentativo di attribuire ad alcune situazioni particolari una valenza sociale allargata apre la strada a un pesante sfaldamento valoriale e simbolico. Calpestare il dato di realtà del maschile e del femminile in nome del concetto opinabile dell’orientamento sessuale -–secondo le teorie del gender - significa aprire la strada a una società dell’immaginario che nega la verità dell’umano. Monsignor Tony Anatrella, sacerdote e psicanalista francese, presente al Sinodo in qualità di esperto, ha spiegato con chiarezza la contraddizione secondo cui, mentre si nega la realtà affermando che le differenze tra uomini e donne sarebbero quasi esclusivamente costruzioni sociali e quindi “non naturali”, per quando riguarda l’omosessualità -– che secondo alcuni esperti avrebbe origini del tutto naturali - «è giusto appellarsi alla nozione di natura». Anatrella, che come psichiatra ha visitato migliaia di bambini che vivevano la bisessualità dei loro genitori e ne ha constatato le conseguenze problematiche, sostiene esattamente il contrario: «Dobbiamo sgomberare il camFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 po da tanti luoghi comuni: l’omosessualità -– ha affermato recentemente alla Settimana estiva dell’Ufficio nazionale Cei di pastorale familiare - non ha alcuna origine genetica, biologica o neurologica. Ha prima di tutto origine psicologica. Oggi sono numerose le false ricerche sul tema e sono stati fatti, senza successo, molti esperimenti per vedere se ci fosse un’origine ormonale». Non una posizione dogmatica quindi, ma scientifica - anche se sostenuta da una robusta base di esperienza diretta - e verso la quale è lecito esprimere considerazioni diverse. Così come è lecito avanzare perplessità nei confronti delle varie terapie riparative che vorrebbero aiutare gli omosessuali a guardare con più serenità dentro se stessi. Anche in questo caso siamo nel campo dell’opinabile. Parlare di queste proposte terapeutiche fa però scattare un riflesso condizionato nel mondo delle lobby gay. Una sorta di demonizzazione preventiva che trasforma quella che è comunque una proposta di assistenza psicologica in pratica simil-stregonesca, comunque omofoba e in ogni caso da ostacolare con tutti i mezzi. Come se fosse vietato agli omosessuali, che vivono con disagio e sofferenza la propria condizione, chiedere un aiuto specialistico. Anzi, secondo una certa visione irenistica dell’omosessualità, queste persone incerte sulla propria identità sessuale non esisterebbero o comunque sarebbero vittime della propaganda oscurantista. Invece non è così. Più volte su queste pagine abbiamo raccolto la testimonianza sofferta di giovani che, in cerca di una parola di conforto e di chiarezza, si sono visti chiudere le porte in faccia da decine di psicologi. Ormai, non solo in Italia, l’ipotesi di “curare l’omosessualità”, anche se fonte di malessere interiore, equivale a un’offesa intollerante e blasfema. Una tirannia del pensiero unico che non serve a nessuno, non fa avanzare di un passo la riflessione su un tema complesso e delicato, e non contribuisce a creare quel clima di accoglienza e di comprensione che sarebbe indispensabile per spogliare finalmente da qualsiasi condizionamento ideologico la ricerca sull’omosessualità. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 SCUOLE CHIAMATE A FARE RETE MA IL GENDER E’ UNA PRIORITÀ? Paolo Ferrario 14 dicembre 2014 SCUOLE CHIAMATE A FARE RETE. MA IL GENDER E’ UNA PRIORITÀ? È successo di nuovo e adesso nessuno potrà dire di non sapere, nessuno potrà chiamarsi fuori. A partire dal ministero dell’Istruzione, che quando scoppiò il caso degli opuscoli “Educare alla diversità a scuola” -–testi apertamente ispirati all’ideologia gender - dichiarò di essere all’oscuro di tutto scaricando la responsabilità sull’Unar. Adesso, accanto al logo dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, c’è anche quello del Miur, che, nonostante i gravi imbarazzi e le tante polemiche procurate dalla precedente esperienza, ha comunque deciso di mantenere la collaborazione con l’Unar, con cui ha recentemente promosso la Settimana nazionale contro la violenza e la discriminazione. Evento che, ancor prima del suo inizio, ha provocato la reazione preoccupata delle famiglie, molte delle quali si sono attrezzate per tempo, inviando ai dirigenti scolastici richieste di chiarimenti circa le iniziative nelle classi, annunciando l’intenzione di non farvi partecipare i figli se non gradite. Una possibilità negata al tempo dei libretti, visto che tutto è stato fatto tenendo all’oscuro i genitori. All’interno della Settimana, Miur e Unar hanno emanato un Avviso pubblico per pubblicizzare un concorso rivolto a tutte le scuole di ogni ordine e grado, chiamate a realizzare «iniziative progettuali di sensibilizzazione, informazione e formazione sulla prevenzione di ogni forma di violenza e discriminazione». In palio ci sono 425mila euro, destinati alle scuole, o reti di scuole, che, entro il 30 dicembre, presenteranno il progetto migliore. Quello cioè, si legge nell’Avviso pubblico, capace di «creare governance territoriali» attraverso il coinvolgimento attivo «di Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 associazioni ed enti locali». Tra i riferimenti normativi dell’Avviso ci sono anche la Direttiva generale per il contrasto alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e «l’inclusione sociale delle persone Lgbt», firmata nel 2013 dall’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero e la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, forse per brevità indicata semplicemente nel bando come “Strategia nazionale Lgbt”. Una contrazione rivelatrice della vera natura di quel documento, redatto dall’Unar con il coinvolgimento esclusivo di 29 associazioni Lgbt e senza ascoltare alcuna voce diversa. Una strategia a senso unico, quindi, su cui, ancora una volta, il Miur fonda un intervento da realizzare nelle scuole di tutti. Chiamate a «fare rete» intorno a un progetto a cui sarà data «grande visibilità», anche a livello internazionale. «Di fronte ad una crisi strutturale del sistema scolastico e con la disoccupazione giovanile quasi il cinquanta per cento - – commenta il presidente del Giuristi per la vita, Gianfranco Amato - forse la preoccupazione principale della politica dovrebbe essere quella di investire nel collegamento tra scuola e lavoro. Alla luce di queste considerazioni ci permettiamo sommessamente di chiedere: ma davvero il gender rappresenta una priorità per l’istruzione del nostro Paese?». Appunto. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 RESTA LA VERITÀ DEL MATRIMONIO Francesco D’Agostino 28 agosto 2014 RESTA LA VERITÀ DEL MATRIMONIO S i moltiplicano a dismisura, nei mass-media, le attestazioni di simpatia, se non di vera e propria promozione, nei confronti dei movimenti omosessuali, bisessuali, transgender, quelli insomma che amano essere ricompresi sotto l’etichetta Lgbt, ormai ben conosciuta da (quasi) tutti. Citiamo alcune attestazioni tra le più recenti (e più indicative): la decisione del segretariato generale dell’Onu di riconoscere lo statuto di coniugi ai propri dipendenti omosessuali che lo richiedano e che vivano vita di coppia e l’annuncio da parte di una notissima catena di ristorazione (perché citarne il nome? non ha certo bisogno di ulteriore pubblicità) di commercializzare un panino “arcobaleno”, che dovrebbe avere un particolare successo presso tutti coloro che utilizzano appunto i colori dell’arcobaleno come emblema della loro polimorfa identità sessuale. Ho citato intenzionalmente due esempi molto distanti tra loro e di diversissimo rilievo sociale, per mostrare quanto sia dilagante nel mondo occidentale la perdita di spessore del matrimonio uomo-donna e della famiglia che su questo matrimonio (e su di esso soltanto) si fonda. Non possiamo certo restare indifferenti di fronte a questo fenomeno. Ma come fronteggiarlo? Adottando le stesse metodologie dei movimenti Lgbt (manifestazioni di piazza, boicottaggi commerciali, pressioni mediatiche)? Possiamo anche farlo, a condizione però di non considerare queste e altre simili iniziative come prioritarie o risolutive. I compiti dav- Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 vero urgenti che ci aspettano e di cui dobbiamo farci carico sono altri e li sintetizzerei in tre punti. Punto primo (il più difficile!). Dobbiamo assumere adeguata consapevolezza di quali siano le cause del recente e inaspettato successo dei movimenti Lgbt. Sono cause ben più complesse di quanto non si creda comunemente. Per capirle tutti devono abbandonare atteggiamenti emotivi e cognitivamente sterili: l’ostilità, il disprezzo, il sarcasmo, il disgusto non aiutano e anzi possono indurre a cedere a estremismi ideologici ingiustificabili (si è letto perfino che dietro questi movimenti ci sarebbe l’azione di gruppi satanisti!). Solo quando avremo capito che il problema degli omosessuali, bisessuali, transgender, ecc. è solo apparentemente sessuale, mentre è in realtà un serissimo problema identitario e generazionale, riusciremo a entrare in possesso dei necessari strumenti cognitivi adeguati per fronteggiare questo nuovo “paradigma” e mostrarne l’inconsistenza. Secondo punto. Va evitata la confessionalizzazione della questione, non perché essa non abbia un rilievo religioso, ma perché la difesa del matrimonio e della famiglia eterosessuale è un problema in prima battuta antropologico, che coinvolge allo stesso titolo credenti e non credenti, uomini di tutte le culture e di tutte le tradizioni. Terzo punto (che concerne in particolare il nostro Paese). Va depoliticizzato il dibattito sul gender e vanno smentiti coloro che in nome di un malinteso progressismo ideologico si ritengono obbligati a battersi per la legalizzazione del matrimonio omosessuale. La posta in gioco non concerne pretese nuove frontiere di diritti civili, ma l’individuazione nel matrimonio eterosessuale e generativo dell’unica istituzione giuridico-sociale in grado di garantire un corretto rapporto intergenerazionale. È molto faticoso riportare le riflessioni su questi tre punti cruciali, in una società come la nostra, caratterizzata da impressionanti fragilità teoretiche e dall’emergenza di emotivismi di ogni tipo. Ma bisogna riuscire a farlo, perché le buone ragioni non si fanno strada gridando più forte di Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 colui che non la pensa come noi, ma invitandolo a pensare assieme a noi sulla verità delle cose, con onestà e apertura mentale. E la verità delle cose, rispetto all’ideologia, ha questo vantaggio: è resistente e non può, nemmeno alla lunga, essere falsificata. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 OMOSESSUALITÀ RISPETTO E CHIAREZZA Francesco D’Agostino 14 ottobre 2014 OMOSESSUALITÀ, RISPETTO E CHIAREZZA P rofonde, dense e intelligenti le parole sui temi dibattuti al Sinodo sulla famiglia che il cardinale Angelo Scola ha affidato a un’intervista concessa a Repubblica domenica 12 ottobre. Qui ci si limiterà a far riferimento al tema dell’omosessualità, che l’arcivescovo di Milano affronta da par suo, da tre diversi punti di vista. In primo luogo, egli riconosce con parole pacate, ma pesanti, che «siamo stati lenti ad assumere uno sguardo pienamente rispettoso della dignità e dell’eguaglianza delle persone omosessuali». L’osservazione non concerne chiaramente il magistero della Chiesa in senso stretto, che sulla necessità di elaborare una nuova percezione della condizione omosessuale come «disordine oggettivo» si è espresso in modo molto preciso da quasi quarant’anni, e precisamente dal 1976, nella «Dichiarazione circa alcune questioni di etica sessuale» emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede. Essa concerne piuttosto il sentimento comune nei confronti di una condizione umana verso la quale si sono moltiplicate nei secoli irrisioni, discriminazioni e purtroppo non di rado vere e proprie violenze; un sentimento (cristiano e non cristiano) radicato in quel vero e proprio enigma che è la sessualità da un punto di vista antropologico, aperta come è a innumerevoli forme di “perversione”, cioè di alterazione e di disordine (che coinvolgono ovviamente anche le stesse pratiche eterosessuali). Questo sentimento comune (possiamo anche chiamarlo, come oggi va di moda e senza alcun timore, “omofobia”) Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 va combattuto fermamente e rimosso radicalmente, ma nello stesso tempo non è lecito rifiutare di studiarne le cause profonde (o addirittura negarle!), come oggi purtroppo avviene con l’infantile banalizzazione della sessualità, che consegue ad alcune teorie del “gender”. In secondo luogo, Scola non si mostra affatto scandalizzato dalla possibilità di procedere a un riconoscimento delle coppie omosessuali: l’essenziale, ed è un ragionamento che i lettori di questo giornale conoscono bene, – è non attivare l’illusione che le unioni omosessuali siano analogabili al matrimonio e che da esse possano nascere “famiglie”. Come «unione aggregativa» quella omosessuale possiede un’identità che la distingue radicalmente da quell’«unione generativa», alla quale tutte le culture, in tutti i tempi, hanno riservato la denominazione di «matrimonio». E poiché – sostiene con precisione l’arcivescovo di Milano «le parole indicano le cose», non è corretto ricorrere da parte del legislatore a forzature linguistiche, forzature che su questo punto non si dovrà mai cessare di insistere non solo alterano la realtà, ma la alterano male: insistere ad esempio nel dire che le unioni gay vanno riconosciute, perché l’amore ha i suoi diritti, significa solo favorire uno dei più colossali fraintendimenti del mondo di oggi, quello per cui al matrimonio si chiede di garantire i sentimenti (cosa che il diritto è del tutto incapace di fare) e non piuttosto la concorde volontà dei coniugi di fondare responsabilmente una famiglia, aperta al futuro delle generazioni. Ultimo punto toccato dal cardinale di Milano con rapidità, ma anche con assoluta precisione, è quello dei rapporti di filiazione e delle diverse forme di manipolazione a cui li stiamo sottoponendo, non solo biologicamente, ma anche e soprattutto legalmente: dalla procreazione artificiale, soprattutto eterologa, alla pretesa dell’adozione da parte di coppie omosessuali. «Si rischia di mettere al mondo figli orfani di genitori viventi», ricorda non a caso Scola; figli che oltre tutto sempre più spesso, conosciuta la verità sulla propria origine, non si rassegnano a ignorarla, perché la verità e il desiderio di verità sono incomprimibili. Stiamo costruendo istituti giuridici fondati, nel caso della procreazione eterologa, su di un’intenzionale e arrogante rimozione della genitorialità naturale e, nel caso della cosiddetta stepchild adoption, sull’imposizione Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 di una genitorialità adottiva, basata però non sull’interesse del bambino, ma sul mero accoglimento da parte del giudice del desiderio di un genitore biologico di poter vedere attribuito un ruolo genitoriale al proprio nuovo partner (etero od omosessuale). Il confronto con la rivoluzione sessuale è una sfida non inferiore a quella lanciata alla Chiesa dal marxismo; è una sfida nei confronti della quale non basta una risposta intellettuale, ma si impone «una rigenerazione dal basso del popolo di Dio». Auguriamoci tutti che gli sguardi concentrati sul Sinodo intensamente, e non sempre benevolmente, sappiano percepire le urgenze di un presente che non ha bisogno di condanne e anatemi, ma di comprensione attivata nello stesso tempo dalla mente e dal cuore. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 QUEI PREZIOSI METODI DELLA NATURA Luciano Moia 19 ottobre 2014 QUEI PREZIOSI METODI DELLA NATURA «L a Chiesa è coerente con se stessa sia quando ritiene lecito il ricorso ai periodi infecondi, sia quando condanna come sempre illecito l’uso dei mezzi direttamente contrari alla fecondazione». Quando 46 anni fa Paolo VI scrisse questa frase dell’enciclica Humanae Vitae (n.16, “Liceità del ricorso ai periodi infecondi”) non sapeva che la sua decisione avrebbe prodotto due risultati di cui vediamo ancora oggi gli effetti. Il primo, del tutto positivo, anzi profetico, perché esplicitamente desiderato dal Papa, ha aperto la strada all’approfondimento scientifico sui metodi naturali per la regolazione della fertilità. Il secondo, più ambivalente perché non voluto, ha determinato l’annessione d’ufficio dei “metodi” alle scelte che certo laicismo becero continua a bollare come “confessionali”, quindi - secondo questa visione umanamente grette e scientificamente superate. Quanto questo approccio sia frutto di un pregiudizio quasi incoercibile e non tenga conto di tutta una serie di evidenze scientifiche che in questi decenni sono andati affermandosi in modo nettissimo e trasversale, lo dimostra il documento firmato da undici primari delle cattedre di Ginecologia e Ostetricia di tutte le Università romane. Al termine di un convegno sull’attualità della Humanae Vitae, in occasione della beatificazione di papa Montini, i docenti hanno avvertito la necessità di riconoscere «come i metodi naturali per la conoscenza della fertilità della donna riservano un particolare interesse e abbiano un loro oggettivo spazio nell’attività diagnostica e clinica». Ma non solo. Si impegnano a diffondere la conoscenza dei metodi naturali dal punto di vista didattico Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 e ad avviare ricerche finalizzate a «comprendere gli intimi meccanismi biologici coinvolti per lo studio del complesso processo della fertilità». Pronunciamento autorevole e significativo, anche per la ricorrenza in cui è stato espresso, ma che non sorprende chi – come gli esperti impegnati nella Confederazione italiana dei Centri per la regolazione naturale della fertilità – hanno in questi anni dedicato tempo e fatiche alla diffusione e allo studio dei “metodi”. Proprio alla luce di questa mole imponente di approfondimenti, condotti in tutto il mondo, anche e soprattutto in ambienti laici, oggi nessuno tra gli esperti mette in dubbio il rigore scientifico dei “metodi”. Sottolineatura importante ma parziale, molto parziale, di fronte alla ricchezza di un approccio di conoscenza che è soprattutto antropologica, relazionale e umana. La biologia, pur importante, arriva solo dopo. I “metodi” non sono un’alternativa naturale alla contraccezione, ma sono uno stile di vita per vivere in pienezza la verità dell’amore coniugale. Tanto è vero che in questi giorni al Sinodo, nello sforzo di approfondire la portata autentica della sessualità nella coppia, i metodi naturali sono stati indicati come scelta di equilibrio in alternativa all’erotismo malato che ormai troppo spesso inquina le relazioni sentimentali, dentro e fuori il matrimonio. Inoltre, la promozione dei metodi naturali, permette di chiarire senza equivoci la verità del maschile e del femminile alla luce di un’evidenza naturale che non ammette interpretazioni ideologiche. La ciclicità della fisiologia femminile si integra con la linearità maschile in un dialogo profondo che si nutre di tenerezza e delicatezza, e dimostra come la reciproca valorizzazione rispetto ad altri tipi di relazioni non solo è premessa di fertilità, ma aprendosi alla prospettiva del dono delinea la grandezza dell’essere umano e fonda un principio di civiltà. Negare la radice culturale,biologica e antropologica della differenza tra maschile e femminile sostituendola con la falsificante idea dell’orientamento sessuale come vorrebbero le teorie del “gender” non solo è pretesa Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 scientificamente insostenibile, ma rischia di minare alla base i fondamenti su cui si regge il nostro patto sociale. Ecco perché salvaguardare la natura autentica dell’amore secondo la prospettiva dei “metodi”, quale espressione piena della natura umana, è scelta di libertà e di benessere integrale. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 L’ECLISSE DEL PADRE MALE D’OCCIDENTE Giorgio Campanini 26 Ottobre 2014 L’ECLISSE DEL PADRE, MALE D’OCCIDENTE I circa 120 anni della storia dell’Occidente che stanno alle nostre spalle sono caratterizzati da un ricorrente attacco frontale della figura paterna. Il “nuovo corso” è stato aperto dalla psicoanalisi di Sigmund Freud, nel momento in cui attraverso il cosiddetto “complesso di Edipo” – ha interpretato prevalentemente in negativo la figura paterna, in quanto detentrice di un potere supposto assoluto e tale da dar luogo a una sorta di “castrazione” a danno di tutti coloro che volessero in qualche modo emanciparsi da essa (di qui il “complesso di Edipo”, come mescolanza di amore e di odio verso questa figura, cui, significativamente, non è mai corrisposto un parallelo giudizio negativo nei confronti nella figura materna). Con varie modalità Freud e la sua scuola hanno ipotizzato anche un possibile rapporto non conflittuale tra padre e figlio ma, nel suo insieme, la teoria freudiana va appunto nella direzione della “distruzione”, o almeno della rimozione, della figura paterna. Nella stagione che ha seguito la prima fase della psicoanalisi, importanti correttivi – per opera dei freudiani “non ortodossi” e di altre correnti della psicologia – sono intervenuti nel senso di rivedere questo aspetto della teoria, soprattutto mostrando la positività e dunque le potenzialità innovative del conflitto, segnale di una contrapposizione fra generazioni non necessariamente e sempre gestita in modo conflittuale e dunque aperta alla ricomposizione e alla conciliazione. È per altro intervenuta,a partire dagli anni 40 del Novecento, una ripresa della teoria, in particolare con la Scuola di Francoforte e poi con le teorizzazioni di Alexander Mitscherlich, autore Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 di un libro che fu una sorta di livre de chevet dei “barricadieri” sessantottini, Verso una società senza padre (1963). L’idea o il sogno di una società liberata dalla pesante e opprimente figura paterna la vaterlosen Gesellschaft, appunto – e finalmente capace di reinventarsi di continuo, di proporre nuovi stili di vita, di fare piazza pulita del passato; una società in cui avrebbero potuto esplicarsi pienamente le potenzialità sino ad allora soffocate dal principio di autorità, simbolizzato dalla figura paterna. Mitscherlich, meno dogmatico dei supini seguaci della Scuola di Francoforte, rilevava non poche inquietudini per una società liberata dalla figura paterna, ma queste ombre non turbavano il quadro un poco idillico delle magnifiche sorti che, dopo l’eclisse del padre, si intendeva che attendessero l’Occidente (occorre pur chiarire che quanto veniva proposto come “universale” a proposito della figura paterna altro non era che una sorta di auto-riflesso della società borghese dell’Occidente). Esauritasi questa seconda ondata, ne è sopraggiunta una terza, per certi aspetti più sinuosa e perfino più suadente: quella che porta, ancora una volta, alla fine della figura paterna per la morbida strada dell’eutanasia. È la complessa “teoria del gender”, che non rimuove formalmente la figura paterna, ma annulla le differenze: ogni uomo e ogni donna sono contemporaneamente «padre» e «madre». In apparenza si tratta di un allargamento della paternità, ma in realtà si è di fronte alla pura e semplice eclisse della paternità,in una grigia notte in cui per riprendere un antico aforisma tutte le vacche sono nere. Avere più padri (e più madri) equivale a negare o comunque a smarrire l’originalità tanto dell’una quanto dell’altra figura, rifiutando quell’antica dialettica fra il «maschile» e il «femminile» che sta alla base della civiltà. Se “tutti” si è padri e madri, alla fine nessuno lo è. L’osservatore superficiale potrebbe ritenere che si sia di fronte a vaneggiamenti che nessun radicamento hanno nella natura profonda dell’uomo. La storia, tuttavia, insegna che a questi “vaneggiamenti” a più riprese anche le civiltà più evolute sono state ricorrentemente assoggettate. Viene dunque da domandarsi a chi giovi la rimozione del padre: forse al futuro di quella «società liquida» descritta dalla sociologia nella quale gli individui sono «casuali», le relazioni fluttuanti, le identità deboli. Ma è proprio questa la Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 via che l’Occidente intende percorrere? Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 NO AL PENSIERO UNICO SI’ A RISPETTO E UMANITÀ Luciano Moia Noi genitori & figli n.194, febbraio 2015 NO AL PENSIERO UNICO, SI’ A RISPETTO E UMANITÀ C’ è un pericoloso corto-circuito che si sta innescando a proposito della nostra contrarietà alle teorie del “gender” e – in correlazione ambivalente – del nostro atteggiamento nei confronti delle persone omosessuali. Quasi che un “no” fermo e motivato, più volte ribadito a proposito delle idee che nell’ambito della sessualità pretendono di sostituire il dato di realtà con l’arbitrio culturale, fosse da collegare a un atteggiamento di automatica e pregiudiziale ostilità verso le persone omosessuali. Vogliamo affermarlo ancora una volta e senza fraintendimenti: non è così. Esprimere valutazioni problematiche e anche critiche esplicite alle convinzioni fondate sulle teorie del “gender” non significa in alcun modo manifestare avversità verso le persone con orientamento omosessuale, né coltivare pensieri, pronunciare parole, giustificare azioni anche solo lontanamente contigue alla cosiddetta omofobia. Qualsiasi forma di intolleranza, qualsiasi atteggiamento finalizzato a negare il rispetto e la dignità delle persone – di tutte le persone, in qualunque fase e condizione della loro vita, dal concepimento alla fine naturale – troverà sempre la nostra più ferma condanna. Se così non fosse, dovremmo vergognarci fino al termine dei nostri giorni per aver tradito la verità del Vangelo e quindi quei valori di umanità, fraternità, accoglienza, carità, solidarietà che costituiscono la trama dell’antropologia familiare cristianamente ispirata a cui fanno riferimento, con tutti i limiti umani, questa rivista e tutti gli altri mezzi di informazione del Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 “Sistena Avvenire”. Ma proprio perché l’obiettivo è quello di muoverci, con trasparente fedeltà, in questa prospettiva culturale, non potremo mai dirci d’accordo con teorie, come quelle del “gender”, che pretendono di sovvertire uno dei fondamenti della nostra convivenza umana, negando la verità fondante del maschile e del femminile. Affermare che la visione ispirata dal “gender”, tra tanti altri effetti devastanti, rende più complicato e scivoloso l’impegno educativo delle famiglie, non vuol dire formulare condanne preventive. Il rispetto per la dignità umana è fuori discussione, e non può essere messo in forse da un dibattito culturale, talvolta aspro, ma giusto e doveroso. Nell’ampia intervista che pubblichiamo nelle pagine seguenti al professor Mario Binasco, si chiariscono bene i termini storico-politici del problema. Oggi, nel mondo occidentale, il “gender” si è trasformato – e l’esperto lo spiega bene – da teoria socio-psicologica a proposta politica. I suoi sostenitori riescono a infiltrare programmi scolastici e iniziative legislative. Si sta insomma riproducendo, sotto l’involucro del “gender”, quel tentativo di formare una “coscienza di classe” che è tipico di tutte le ideologie politiche. Il passo successivo, di cui già avvertiamo le conseguenze, è la pretesa dell’omologazione, la dittatura del pensiero unico, in questo caso la “gendercrazia”. La Chiesa ha subito compreso il pericolo derivante da questo clima di intolleranza culturale mascherata da buonismo paritario. Nel corso del viaggio nelle Filippine dello scorso gennaio, papa Francesco ha invitato a rifiutare la "colonizzazione culturale" che rischia di minare dalle fondamenta la vita delle famiglie. Il presidente della Cei, Bagnasco, e il segretario generale Galantino, hanno a loro volta preso le distanze da una "visione antropologica distorta" che non fa bene a nessuno. Neppure, probabilmente, alle persone omosessuali, che rischiano di diventare strumenti nelle mani di lobby preoccupate unicamente di avanzare rivendicazioni politiche e sociali, senza alcuna autentica attenzione al vissuto reale delle persone. Anzi, come abbiamo più volte documentato, “quel” Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 pensiero unico vieta addirittura, a chi ne avverte il bisogno, di prendersi cura del disagio derivante da un orientamento sessuale non accettato. Si nega il diritto di alleviare il malessere interiore possibile in ogni persona – etero od omosessuale che sia – in nome di una pretesa ideologica. Proprio per offrire un approccio umano, non segnato da alcun pregiudizio, la Chiesa ha deciso di aprire le braccia in modo ancora più esplicito e trasparente alle persone omosessuali, sollecitando progetti pastorali “organizzati” che sappiano coniugare verità, competenza e umanità. L’obiettivo, di cui già si è parlato al Sinodo straordinario della famiglia,compare anche nel questionario diffuso in tutte le diocesi del mondo che servirà per costruire l’Instrumentum laboris dell’assemblea ordinaria dei vescovi nel prossimo ottobre. Nel frattempo la nostra pastorale familiare è stata sollecitata ad attrezzarsi per non risultare impreparata di fronte a un tema delicato e complesso. Nelle nostre comunità non mancano percorsi di preghiera e di condivisione pensati per questo obiettivo. Ora questi progetti dovranno diventare strutturali e allargarsi a ogni diocesi. Non sappiamo se e come questi propositi diventeranno davvero prassi ordinaria. Sappiamo con certezza che in questa volontà di bene non c’è nulla di omofobico, di intollerante e di pregiudizialmente ostile. Sembra che qualcuno se ne dispiaccia, ma dovrà farsene una ragione. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 LA SFIDA COMPRESA Gianfranco Marcelli 26 marzo 2014 LA SFIDA COMPRESA S e si pretende che perfino l’essere uomo o donna non sia più un dato di natura, ma soltanto il frutto, per giunta mutevole e reversibile a piacere, di una scelta assolutamente personale e insindacabile, quali ruoli sociali e quali connesse responsabilità pubbliche o private possono essere richiesti, in nome del superiore bene comune, al cittadino di una qualsivoglia comunità civile? L’interrogativo chiude e giustifica l’appello che i vertici dell’Associazione italiana genitori hanno lanciato ieri agli insegnanti di ogni ordine e grado, per richiamare l’attenzione sul “rischio gender” che, come questo giornale continua a documentare, incombe sul nostro sistema educativo, oltre che nel mondo dell’informazione e nella sfera della libertà di manifestazione del pensiero. Un’iniziativa che segue di appena 24 ore l’allarme a piena voce del cardinale Angelo Bagnasco, nei confronti di una deriva ideologica di cui gli stessi fautori non sembrano a volte in grado di valutare le conseguenze. Va detto che in queste ultime settimane il livello di consapevolezza della posta in gioco, nonostante la strategia dell’oscuramento mediatico accutamente perseguita (quasi a voler dare al nuovo approccio culturale un’aura di acquisita normalità), sta salendo rapidamente, sia tra gli organismi che operano in campo educativo sia fra le famiglie e la gente comune. Si può quindi immaginare che nei prossimi giorni l’attenzione sulla sfida lanciata dalla lobby politica lesbo-gay-bisex-trans (Lgbt) resterà alta, come è giusto che sia. E non solo per gli attacchi e le reiterate accuse di omofobia nei confronti di chi difende il diritto dei genitori di verificare e autorizzare i contenuti formativi proposti ai loro figli. Accu- Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 se, sia detto per inciso, che offrono la dimostrazione più efficace dei veri obiettivi perseguiti a livello legislativo con provvedimenti come il ddl Scalfarotto: intimidire e ridurre al silenzio chi prova ad opporsi al “nuovo verbo”.È appena il caso di ribadire che, da parte del mondo cattolico, non c’è la benché minima volontà di impedire la sacrosanta lotta a ogni forma di discriminazione, o peggio ancora di bullismo e di violenza, nei confronti delle persone omosessuali. Già un troppo dimenticato documento del Concilio Vaticano II, il decreto “Gravissimum educationis” dell’ottobre 1965, indicava come scopo della missione formativa di fanciulli e giovani l’acquisizione di «un più maturo senso di responsabilità», ricevendo anche gradualmente «una positiva e prudente educazione sessuale», in modo da «essere avviati alla vita sociale» pienamente «disponibili al dialogo con gli altri» e contribuendo «di buon grado all’incremento del bene comune» (GE, n. 1).Tutto questo, però, senza mai perdere di vista il principio di fondo, in base al quale «i genitori, poiché hanno trasmesso la vita ai figli», devono essere «considerati come i primi e i principali educatori di essa» (n. 3). In questa missione la società civile e lo Stato hanno una funzione sussidiaria e integrativa, ma sempre «escludendo ogni forma di monopolio scolastico» (n. 6). Ecco quindi il punto decisivo che l’appello Age sottolinea a più riprese: a risultare intollerabile è proprio la pretesa di indottrinamento imposto dall’alto agli operatori scolastici e inflitto alle famiglie senza che esse possano far sentire la propria voce. Di fronte a un simile sopruso, mascherato da incentivo alla tolleranza, si giustifica anche il ventilato ricorso a forme di protesta clamorosa come la “giornata di ritiro” dalle lezioni, nel rispetto del calendario di assenze programmate.Parafrasando Von Clausewitz, verrebbe quasi da dire che l’indifferentismo sessuale, propugnato dai teorici del gender, in ultima analisi non è nulla più che la continuazione con altri mezzi dell’iperindividualismo. Ma così come la guerra ha prodotto nella storia una quantità di vittime incomparabilmente superiore a quelle dei dibattiti politici, anche la devaFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 stazione antropologica implicita nella teoria del gender rischia di causare danni irreparabili e nuove dolorose schiavitù per quella stessa umanità che si afferma di voler liberare. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 femminismo e ideologia gender LE DIFFERENZE NECESSARIE Paola Sindoni Ricci 5 marzo 2015 LE DIFFERENZE NECESSARIE P er molte femministe radicali il prossimo 8 marzo segnerà la fine del secolare movimento di emancipazione della donna. È infatti in questi giorni che verrà presentata ufficialmente all’Onu la richiesta che il movimento femminista venga inglobato, insieme alle associazioni Lgbtq, nel quadro teorico e pratico del “sistema gender”. Costoro si dicono infatti convinte che solo mediante l’annullamento “ideologico” del corpo sessuato si potrà giungere all’uguaglianza con l’uomo e, dunque, alla fine dell’intollerabile supremazia del maschio.Il loro argomentare sembra, a una prima rapida occhiata, del tutto legittimo: è giusto procedere allo sviluppo della propria realizzazione personale e sociale, senza che questa venga bloccata in nome dell’identità sessuale. Che alla presidenza della Rai o della Camera ci sia una donna o un uomo è irrilevante, l’essenziale è che sia all’altezza del compito, al di là e oltre la sua fisionomia biologica. Tanto vale non tenere conto più di questa desueta distinzione; la differenza sessuale, insomma, è ormai solo una definizione naturalistica che non contiene più uno spessore culturale; eliminiamola perciò per non ricadere in vecchi stereotipi. Questa idea sembra persuasiva, se è vero che molte femministe, anche di area cattolica, la guardano con interesse, non accorgendosi però che siamo in tal modo già dentro il progetto teorico del “gender”, che di certo ha nel cassetto ben altri obiettivi...Vale la pena, a questo punto, chiarire il tragico malinteso: Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 un conto è la richiesta di parità nei diritti e nei doveri sancita dalla nostra Carta costituzionale e da altre importanti Leggi fondamentali e Dichiarazioni (purtroppo ancora deficitaria in molte zone del pianeta), un conto è pretendere una uguaglianza tra i sessi, che è improponibile sia sul piano teorico sia su quello pratico. Le teorie del “gender”, confondendo i due diversi registri, finiscono per irretire le femministe, facendo il gioco di quanti costruiscono in modo fittizio nuovi modelli culturali, improntati sull’eliminazione della differenza e sulla proclamazione del “pensiero unico”, quello che appiattisce l’umano alla sola – tragica – dimensione dell’essere vivente in continua evoluzione.Ben venga perciò l’iniziativa di varie associazioni cattoliche del mondo, che – in risposta a questa manovra ideologica – hanno predisposto una Dichiarazione – Statement of the Women of the World – che oggi, 5 marzo, verrà presentata al Comitato sulla condizione della donna dell’Onu. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 SE LA BUGIA GENDER SPEGNE LE RELAZIONI Luciano Moia “Noi genitori & figli” 26 aprile 2015 SE LA BUGIA GENDER SPEGNE LE RELAZIONI L’ inganno delle nuove ideologie sta contagiando il cuore dei nostri ragazzi. Rischia di rendere più fragili e insicuri i loro propositi sentimentali, minaccia di trasformare la gioia delle loro relazioni in un magma fluttuante, dominato dall’incertezza e dal dubbio, in cui se tutto è permesso, nulla sembra avere più valore autentico. La menzogna ideologica si muove su un duplice binario. Il più evidente è quello di presentare come verità inconfutabili, una serie di concetti che con la realtà hanno solo un tenue collegamento. Il più subdolo parte da un’esigenza reale per estendere riferimenti, effetti e conseguenze a situazioni concettualmente lontanissime, che non hanno alcun rapporto con il punto di partenza. Era vero per le ideologie storiche, quelle che battendosi per l’azzeramento delle classi sociali e promettendo società rigenerate dalle fondamenta, hanno prodotto i disastri che sappiamo. È vero, purtroppo, per le ideologie postmoderne, quelle che si agitano nel campo delicatissimo dell’etica relazionale, e che sembrano tutte contrassegnate da un deliberato livore antifamiliare. Come se la famiglia non fosse la più naturale delle società, ma un baluardo ostile, inventato per chiudere la strada alla conquista di ogni altra libertà. Anche quella di liberarsi dal senso morale, o anche solo dal buon senso. È un procedimento che ben conoscono, per esempio, i fautori delle “teorie del gender”. Ma anche coloro che sostengono l’ideologia omosessualista - quella che pretende di mettere sullo stesso piano, adozioni comprese, nozze gay e matrimonio eterosessuale – e che in queste settimane tentano di condizionare pesantemente le scelte del Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 nostro Parlamento. E il contagio ideologico riguarda, forse in modo più sfumato, anche chi si ostina a dare letture unilaterali a leggi che rappresentano senza alcun dubbio un traguardo di civiltà. È il caso della norma che, esattamente un anno fa, ha assegnato uguali diritti ai figli nati all’interno del matrimonio e a quelli naturali. Ma se questa legge, come è capitato qualche giorno fa, viene presentata come una vittoria sulla cultura della “matrimonialità”, allora siamo di fronte a una lettura capziosa, ingiusta e rivelatrice. Si pretende di teorizzare il benessere psicofisico dei figli, sganciandolo completamente dal contesto familiare in cui quei figli nascono e vengono educati. E quindi minimizzando il fatto che ogni famiglia è tenuta insieme dall’amore e dalla responsabilità di una donna e di un uomo, diventati madre e padre. La confusione è alimentata dal fatto che tutti questi percorsi, pesantemente contrassegnati dall’ideologia, muovono da un’emergenza concreta. Nel caso del gender, per esempio, un obiettivo condivisibile, quello di combattere discriminazioni, soprusi, comportamenti aggressivi di vario tipo, dagli episodi di bullismo contro i “diversi”(non solo omosessuali) alla violenza contro le donne. Ma poi si estende la sacrosanta necessità di riconoscere tutele e pari dignità a tutti, alla pretesa di negare ogni differenza, compresa quella sessuale. Non esisterebbe più il maschile e il femminile, ma una sessualità variabile, in cui tutte le combinazioni sono possibili e ritrattabili, secondo le paradossali variazioni previste da questa ideologia che papa Francesco ha ipotizzato essere anche «espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa». E così la qualità delle nostre relazioni, per citare ancora il Papa, rischia «di fare un passo indietro». Allo stesso modo, seguendo questa spirale negativa, il diritto all’uguaglianza rischia di diventare egualitarismo. Il diritto alla libertà può trasformarsi in libertarismo, e poi in arbitrio. S i tratta dello stesso percorso seguito dall’ideologia omosessualista. Partire da un punto condiviso per poi allargare le richieste ad ambiti diversi. Chi oserebbe negare che ogni persona merita rispetto e che una società deve adoperarsi per tutelare in ogni modo la libertà dei suoi cittadini? Il ragionamento viziato dall’ideologia potrebFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 be essere questo: in quella libertà da preservare c’è anche il diritto ad amare? Certamente sì, e quindi soltanto una persona gretta e insensibile potrebbe immaginare di vietare a due persone omosessuali non solo di amarsi ma anche – ed ecco il salto logico – di veder riconosciuto con una legge dello Stato il proprio amore. Alla fine dell’insostenibile sillogismo c’è quindi la promozione del matrimonio gay, con una confusione che non si sa quanto voluta e quanto strumentale. Perché si finge di ignorare che lo Stato non tutela il matrimonio per ragioni affettive, ma in quanto alleanza tra due persone che garantiscono il futuro della società, perché mettono al mondo dei figli e, con l’educazione, provvedono a farne i cittadini di domani. Ancora una volta la strategia è palese: ignorare il dato di realtà per confondere con lo strumento dell’ideologia in pillole e con l’arma degli “affetti” chi non riesce a guardare al di là della mistificazione. Perché non ci stanchiamo di denunciare gli obiettivi di queste ideologie anti-familiari? Perché se queste teorie non venissero contrastate, gli effetti sarebbero deleteri e finiremmo per avere una società più ingiusta e meno vivibile. E anche perché, tra tante altre conseguenze negative, il loro predominio innescherebbe un domino confusionale di cui le prime vittime sarebbero i giovani. Anzi, forse lo sono già. Non stiamo riflettendo abbastanza per esempio sull’instabilità delle relazioni che non solo ha determinato, nell’ultimo ventennio, il dimezzamento del numero dei matrimoni (civili e religiosi), ma sta rendendo più rarefatte perfino le convivenze. Come se alla paura del “per sempre” si fosse aggiunta quella di avviare perfino un rapporto “di prova”. Un virus silenzioso e deleterio, segnato da un relativismo “anti-relazionale”, che spinge tanti giovani a privilegiare rapporti mordi e fuggi, emozioni destinate a svanire in una sera, “storie” che si intrecciano con la solidità di un sms. Perché anche un dialogo franco, viso a viso, sembra una fatica che troppi ragazzi non sanno più come affrontare e come gestire. Ma se le relazioni evaporano, se i rapporti affettivi faticano a consolidarsi, se la decisione di stare insieme con gioia e responsabilità riguarda un numero sempre più esiguo di ragazzi, c’è da essere seriamente preoccupati. Dobbiamo cominciare a chiederci se le conseguenze di quelle ideologie per cui l’amore ha volti Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 sempre più ambigui e indefinibili, sfuggenti e intercambiabili – e quindi meno attraenti perché meno certi – non abbiano già contagiato il cuore di tanti nostri figli e non stiano producendo macerie etiche non meno gravi di quelle determinate dalle ideologie storiche. C’è da intensificare gli sforzi per proporre e, se necessario, inventare a ogni livello, nelle scuole, nelle comunità, ma anche nell’intimità delle nostre case, nuove strategie educative positive destinate a ridare speranze di futuro a tutti. Al di là delle macchinazioni di coloro che vorrebbero pianificare lo svuotamento e il depauperamento della famiglia. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 LA DIFFERENZA SESSUALE RICONCILIA TUTTA LA SOCIETÀ di Philippe Bordeyne rettore dell’Istituto Cattolico di Parigi “Noi genitori & figli” 31 maggio 2015 LA DIFFERENZA SESSUALE RICONCILIA TUTTA LA SOCIETÀ L a capacità della famiglia di educare a vivere la differenza sessuale non riguarda soltanto il fatto che i coniugi siano di sesso diverso, come se l’eterosessualità avesse di sua natura effetti quasi magici positivi. È l’amore all’interno della differenza sessuale, su cui su un piano morale si fonda il matrimonio, che contiene virtù educative. Sono necessari quindi entrambi gli aspetti: la differenza sessuale e l’amore che i coniugi s’impegnano a costruire giorno dopo giorno sulla base della promessa matrimoniale e della grazia del sacramento. È l’amore in quanto categoria morale che permette alla differenza sessuale di costruire una famiglia. Solo l’amore oblativo, che cerca di mettere l’altro, differente, prima di se stesso, ha il merito di costruire la differenza sessuale. Ecco perché l’insieme delle caratteristiche morali del matrimonio contribuiscono allo sviluppo positivo della differenza sessuale all’interno della famiglia: l’impegno senza ritorno che permette la durata, la disponibilità al rispetto e all’amore reciproco che aiuta per superare le crisi, il rispetto per la proibizione dell’incesto, che mantiene la differenza sessuale entro i limiti della morale. Da un punto di vista pastorale, aggiungo che, di fronte a situazioni familiari che si discostano dalla morale del matrimonio, il dovere delle comunità cristiane nei confronti dei bambini è quello di agevolare il più possibile testimonianze generose riguardo alla differenza sessuale vissuta in un nucleo familiare eterosessuale stabile. Così, quando il sacramento del battesimo è dato a un bambino che cresce nel Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 contesto di una libera unione, di un patto di solidarietà civile (Pacs) o di un’unione omosessuale, si presterà particolare cura per garantire che padrini e madrine siano battezzati e vivano coerentemente il sacramento del matrimonio. Ponendo questa esigenza, la comunità cristiana aiuta a dotare i bambini, nel cerchio affettivo più immediato, di riferimenti antropologici e morali che lo aiuteranno, nonostante le carenze del suo ambiente familiare, a crescere in un clima di impegno morale che gli permetterà di scoprire il significato più profondo della differenza sessuale (…). Il progetto di accogliere un bambino, e poi la gioia della sua nascita, così come i primi passi nell’impegno di accudirlo, sono passi cruciali per l’elaborazione familiare della differenza sessuale. Già prima della nascita, questa differenza che caratterizza i coniugi e li unisce, rende possibile la procreazione; non appena il sesso del bambino è noto, ciò viene immediatamente accolto come un elemento che definisce la sua identità, e questo riguarda tutta la famiglia, comprese le generazioni precedenti. In seguito, le differenze tra mascolinità e femminilità si manifesteranno in tutte le interazioni legate all’educazione. In effetti, l’esperienza della maternità “femminilizza” e quella della paternità “masconilizza”. Reciprocamente i bambini si rafforzano nella loro identità sessuale attraverso le relazioni differenti che intrattengono con il padre e con la madre. all’altro (…). Da un punto di vista pastorale, non si può trascurare il fatto che il matrimonio spesso oggi viene deciso - quando ha luogo - subito dopo la nascita dei figli. In Francia, il 57% delle nascite avviene fuori del matrimonio (24% in Italia). Dato che la maternità e la paternità fanno progredire l’assimilazione della differenza sessuale, si tratta di esperienze che, in un numero significativo di casi, rendono possibile il matrimonio. Non dimentichiamo che i bambini di coppie divorziate hanno spesso una cattiva immagine della paternità e/o la maternità che altera il modo con cui rappresentano le loro capacità di diventare a loro volta genitori. Pertanto, il fatto di scoprire in se stessi e nel proprio partner una serie di capacità educative partner, può diventare un’opportunità per rimuovere alcuni ostacoli al matrimonio. Se, come proposto nella relazione finale del Sinodo del 2014, la Chiesa ha la missione di accogliere i “piccoli passi” offerFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 ti dalla grazia divina, ha ora bisogno di sviluppare una pedagogia del matrimonio a partire dall’esperienza vissuta nella responsabilità genitoriale. Non dimentichiamo che la differenza sessuale fa paura. C’è, in generale, l’angoscia esistenziale dell’alterità: l’umanità è divisa in due sessi, e non in uno soltanto, in modo che nessuno abbia accesso da solo alla totalità dell’umano. C’è, in modo più concreto nella coppia coniugale, la paura della differenza dell’altro, che può in alcune occasioni, apparire sotto le spoglie di un estraneo, tanto più sconcertante perché l’altro, nello stesso tempo, è diventato tanto vicino nell’intimità quotidiana. All’interno della coppia, le differenze raramente tendono a svanire, ma piuttosto ad ampliarsi nonostante l’approfondimento delle relazioni reciproche. Questa prova di alterità richiede si coltivino le virtù della pazienza, del rispetto e della comprensione reciproca. Quello che ci salva dalla paura del diverso come si presenta a noi soprattutto nella differenza sessuale, è l’amore che ci prepara alla gioia di una comunione senza confusione. Solo l’amore, che viene da Dio e conduce a Dio, ci mette nella prospettiva del disegno creatore. Come rivela il libro della Genesi, Dio crea separando: il buio e la luce, la terra e il cielo, gli animali e gli esseri umani, l’uomo e la donna. La differenza sessuale è buona, come buona è l’opera continua della creazione, la Bibbia presenta come un patto tra Dio e il mondo creato avventura. L’essere umano, uomo e donna, è ad immagine e somiglianza di Dio proprio nella differenza sessuale, a cui è collegata la promessa di una comunione da costruire con l’aiuto della grazia. In famiglia si scopre la differenza sessuale come un tesoro destinato all’amore e alla gioia di una comunità di vita, senza cancellare la mancanza inscritta all’interno dell’essere umano. “Mi manchi così tanto che, se non ci fossi, non sarei davvero me stesso”. Crescendo con i loro genitori, i bambini vengono introdotti a quel mistero di amore che sceglie l’altro con un atto di responsabilità e una promessa di fedeltà fino alla morte. Ma loro stessi non hanno scelto né la madre né il padre, né i propri fratelli. L’amore filiale e quello fraterno introducono a un altro aspetto della differenza sessuale: si tratta di un amore profondamente sessuato e colmo d’affetto, ma nella giusta distanza (...). Emerge quindi da alcune tracce, come si Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 legge nei Lineamenta del Sinodo, una «pedagogia umana in armonia con la pedagogia divina», in grado di offrire un percorso di “maturazione” per le coppie che non hanno ancora deciso di scegliere il matrimonio. Per molti giovani, infatti, i fallimenti coniugali dei genitori o dei parenti pesano moltissimo e accrescono la paura di entrare in un quadro istituzionale in cui temono di soffocare in caso di difficoltà insormontabili. Oppure, quando vivono insieme e hanno figli, si chiedono che cosa il matrimonio potrebbe loro offrire in più. In questo contesto, è importante aiutarli ad approfondire i desideri che li animano: desiderio di una famiglia unita, di durare e persino invecchiare insieme, di offrire stabilità ai loro figli e garanzie ai nipoti che verranno in seguito. Questi sono i punti di appoggio, preparati dalla grazia divina, che possono condurre le persone, attraverso un accompagnamento pastorale, a fare un ulteriore passo avanti nell’amore. Ma non si dovrebbero nascondere le paure che abitano queste prospettive: la fragilità delle unioni coniugali costringe i giovani a riflettere. Ecco perché il nostro tempo ha un disperato bisogno di testimoni in grado di dare conto delle gioie vissute da tutti coloro che, giorno dopo giorno, rivelano la sfida di un amore fedele costruito nella differenza sessuale. Perché, nonostante sia messo in discussione, il matrimonio cristiano continua ad esercitare una forte attrazione tra i nostri contemporanei perché incarna “l’aspirazione per un amore più completo” (…)., L‘unione matrimoniale, nella differenza sessuale, rimanda alla vocazione dell’uomo a lavorare per la riconciliazione con l’altro diverso: il matrimonio unisce due persone di cui Dio non ha voluto la solitudine ; mette insieme due persone di sesso opposto chiamate a servire, con la loro intima comunione, la promessa di riconciliazione tra uomini e donne, tra le generazioni e tra classi sociali (cfr Ef 5: 1-6, 9); riunisce generazioni che “si aiutano a vicenda” (GS 52, 2) per rendere la famiglia conforme alla sua vocazione sociale. In tal modo, si capisce il motivo per cui la Chiesa cattolica oggi difende la natura eterosessuale del matrimonio. La famiglia incarna, cioè esprime nel corpo e nella carne di due persone diverse che si impegnano a costruire la comunione, la vocazione di tutta la società per portare la pace e la riconciliazione tra gli uomini. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 «BASTO A ME STESSO» ARROGANTE POSTMODERNITA’ di Yves Semen presidente dell’Istituto di teologia del corpo di Lione “Noi genitori & figli” 31 maggio 2015 «BASTO A ME STESSO» ARROGANTE POSTMODERNITA’ E vitando di racchiudere il significato della differenza sessuale in un naturalismo riduttivo e diseguale, ma allo stesso tempo in stereotipi culturali, i “gender studies” hanno mostrato che l’identità sessuale è anche il frutto di una storia personale e sociale, d’una costruzione psicoaffettiva. La differenza tra sesso e genere analizzata dagli studi di genere sostiene che qualsiasi sessualità personale è il risultato di un’elaborazione (…). Ma la costruzione psichica richiede un lavoro di integrazione del proprio sesso corporeo e di interiorizzazione della propria identità sessuale. Questo sviluppo significa infatti tener conto della storicità del soggetto, del suo dinamismo e della sua libertà. Nel quadro di una lotta legittima per una reale uguaglianza di diritti tra i sessi, dobbiamo anche riconoscere che gli studi di genere hanno contribuito a mettere in evidenza il dominio maschile, indiscutibile nella storia e nella cultura, un dominio che lo stesso Giovanni Paolo II ha denunciato nella Mulieris dignitatem (…). Tuttavia, se gli studi di genere portano a privilegiare l’orientamento sessuale o pratiche sessuali decise arbitrariamente, senza alcun riferimento al dato concreto del sesso corporeo (abitualmente evidente), la posizione diventa discutibile E se cercano di imporre queste visioni sul piano culturale o politico, escono dal loro campo epistemologico legittimo - le scienze sociali - per imboccare una deriva ideologica. Questo è evidente nella “teoria queer”. Ora il corpo non è una realtà esteriore alla persona, semplice oggetto manipolabile senza rischi: è una Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 realtà da leggere, che esprime significati personali. “Il corpo rivela l’uomo” non esita a dire Giovanni Paolo II e parla una lingua che dovrebbe essere “letta nella verità“. Secondo la “teoria queer”, l’uomo e la donna non sono persone radicate nell’alterità, disposte per loro natura a donarsi reciprocamente in un’alleanza destinata a fondare una famiglia e a trasmettere la vita, soddisfatte di dare compimento alla propria umanità. Sono, al contrario, individui autonomi che possono cambiare sesso a loro piacimento e scegliere un qualsiasi numero di partner sessuali indeterminati. Nel rapporto tra l’uomo e la donna, l’ideologia queer ha spezzato il legame tra il matrimonio, la procreazione e la sessualità: la sessualità è solo una funzione psicologica al servizio di edonismo individuale. Appare chiaro che rifiutarsi di accogliere l’alterità dei sessi, equivale a rifiutare di entrare nel dinamismo di un‘antropologia del dono. Combattere contro il dominio maschile e il sessismo, è una cosa; distruggere l’ordine delle differenze di genere in nome della denuncia di un presunto diktat culturale eterosessista, è altro. Negare l’alterità dei sessi significa programmare la distruzione a titolo definitivo del matrimonio, della famiglia, della generazione e, in definitiva, della persona stessa. E significa anche mettere in discussione il fondamento del legame sociale. Se gli studi di genere hanno contribuito a mettere in evidenza i limiti di un’antropologia troppo “fissista”, talvolta ignara di fronte alla richiesta moderna di libertà personale e di storicizzazione del soggetto sessuato, la “teoria queer” degenera in delirio - la negazione di un dato – pretendendo di abolire l’alterità dei sessi. In tal modo si intende scollegare l’umano da qualsiasi base di realtà e soprattutto dal dato di un corpo sessuato. Questo rifiuto dell’essere umano reale a favore dell’essere umano decretato è caratteristico di uno spirito ideologico. Questo perché l’uomo e la donna sono consapevoli di non essere in grado di realizzarsi pienamente da soli, visto che sono portati a donarsi l’un l’altra nella prospettiva di una fertilità comune. La persona si completa nella relazione con l’altro, alterità cui il sesso è il segno più profondo. Non si tratta di un eterosessismo, ma di una legge di vita personale inscritta nella carne. Nelle parole di Maurice Zundel il sesso “è un altruismo sigillato nella nostra carne”. L’alterità, e in particolare l’alterità Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 dei sessi, rappresenta la donazione reciproca ed esclusiva di sé. Quando si approfondiscono le questioni relative all’ideologia queer , non si può fare a meno di chiedersi: come mai una teoria così distante dalle preoccupazione della stragrande maggioranza degli uomini e delle donne, è riuscita progressivamente a imporsi, al punto da pesare con tanta autorità nelle principali istanze internazionali? Infatti, dopo tutto, è ancora chiaro ed evidente che è la differenza tra uomo e donna, ciò che si manifesta subito nella sua evidenza più semplice. È ciò che si vede in primo luogo, quello che salta all‘occhio. Tuttavia dobbiamo riconoscere che la differenza non può essere ridotta solo alla sola anatomia tra il corpo maschile e il corpo femminile, né alla differenza tra ruoli maschili e femminili ruoli nella società. Il divario tra l’uomo e la donna fa riferimento a una differenza più fondamentale, ontologica una “asimmetria irriducibile”, Costituisce senza dubbio uno dei più difficili enigmi umani da decifrare. Perché se “il fatto” della differenza s’impone, dobbiamo riconoscere che non è così facile descrivere la differenza, definire il femminile in sé e il maschile in sé. Quindi chiediamoci: “Qual è il senso profondo e ultimo della differenza tra uomini e donne?”. Una domanda difficile. Per due ragioni: 1) La differenza rientra nella situazione di conflitto tra donne e uomini in tutto il mondo, una situazione spesso fatta di rivalità, ferite e lotte per il potere, di battaglia dei sessi 2) In questa situazione siamo profondamente impegnati personalmente, come uomini e come donne: non possiamo agire come se non fossimo uomini o donne. E ritroviamo qui una delle caratteristiche del mistero posto in evidenza dal filosofo Gabriel Marcel, che proprio distingue il mistero dal problema: in un mistero siamo personalmente coinvolti, mentre il problema rimane al di fuori di noi stessi. Pertanto, davanti a questo mistero, che cosa fare? Come uscire da questa aporia: Sono i sessi uguali o rivali? Non siamo di fronte una domanda simile a quella posta dai Farisei al tempo di Cristo e che li ha portava ad interrogarsi sulla questione del ripudio delle donne (cfr Mt 19, 3-9)? E se avessimo la possibilità - come loro – di porre la questione a Cristo, non ci rivolgerebbe stessa risposta? “Non avete letto che il Creatore da principio ha fatto l’uomo e la donna?” (...). Questa “teologia del corpo“, Giovanni Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Paolo II l’ha qualificata lui stesso una “teologia dei sessi” o piuttosto – ha precisato – teologia della mascolinità e della femminilità”. Quindi siamo proprio nel cuore del soggetto. Le prospettive evocate da Giovanni Paolo II nel suo ampio e profondo commento alla Genesi, con cui inizia la sua catechesi sulla teologia del corpo, anche se si riferiscono al contenuto della Rivelazione, sono suscettibili di raggiungere le profondità del cuore di ogni uomo e ogni donna, a prescindere delle sue opzioni religiose. Perché? Perché hanno a che fare con le “origini”, dove si possono trovare le tracce indelebili inscritti nel profondo del suo essere. A una condizione: che l’uomo non sia un prigioniero di pregiudizi ideologici. In conclusione nell’ideologia del gender c’è fondamentalmente la rivendicazione da parte dell’uomo del potere di auto-definirsi, di fare riferimento solo a se stesso e quindi c’è la pretesa dell’autosufficienza. Negare l’ancoraggio biologico della sessualità è negare la finitezza umana, è optare per una potenza demiurgica, come se l’uomo fosse origine di se stesso. La denigrazione della differenza sessuale e la volontà di potenza vanno di pari passo. È in gioco il fantasma di un’umanità autosufficiente, che non fa riferimento a nient’altro che a se stessa. Accogliere qualcosa al di là di se stessi, fosse anche la natura, sembra diventato insopportabile alla coscienza contemporanea. Il rifiuto dell’alterità sessuale fa eco al rifiuto dell’autorità divina. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 «LGBT, QUELLE SOFFERENZE DA NON BANALIZZARE MAI» di Susy Zanardo docente di filosofia morale all’Università Europea di Roma “Noi genitori & figli” 31 maggio 2015 «LGBT, QUELLE SOFFERENZE DA NON BANALIZZARE MAI» I l gender può essere assunto come una metafora del nostro tempo, nel senso che la parola non ha un contenuto stabile né rinvia a un dato di realtà autoevidente. Di fatto, “gender” è l’espressione di una complessità che non si intende sciogliere o ordinare. Occorre perciò capire di che cosa si sta “realmente” parlando ogni volta in cui viene adoperata la categoria di genere, la cui ampiezza e sovrapposizione di significati può essere all’origine di vistose e laceranti incomprensioni. Il termine “gender”, come noto, è introdotto nella seconda metà del Novecento in ambito medico con un intento di nominazione: si lamenta una mancanza di parole di fronte ai casi di identità sessuale non corrispondente al sesso assegnato alla nascita (transessualità) e di fronte alla difficoltà di assegnare un sesso anagrafico nei casi di intersessualità. In questo contesto, “sesso” sta per corpo (con le sue strutture cromosomiche, gonadiche, ormonali e fenotipiche), mentre genere viene riferito alla percezione di sé in quanto maschio, femmina o ambivalente. La categoria di gender viene mutuata dalla psicoanalisi americana, dalle scienze sociali e dalla riflessione femminista, diventando molto presto uno strumento interpretativo (una chiave di lettura per la comprensione dei rapporti sociali) e trasformativo dell’assetto sociale e istituzionale. Il genere è un costrutto teorico complesso che descrive almeno due aspetti interconnessi: l’identità di genere o percezione di sé (come ci si sente) e il ruolo di genere ovvero la manifestazione di sé nello spazio pubblico (ciò che si fa), per indicare ad Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 altri o a sé il grado in cui è maschio, femmina o ambivalente. Un capitolo a parte è costituito dall’orientamento sessuale, non necessariamente legato all’identità di genere. In un primo momento di elaborazione teorica, il genere è compreso come la parte costruita del sesso, ovvero l’insieme di rappresentazioni, pratiche, istituzioni che, in una data società, lavorano “la grezza materia biologica dei corpi e della riproduzione” (Gayle Rubin) in un prodotto sociale rifinito, funzionale alla riproduzione della specie (contratto sessuale) e alla divisione del lavoro tra uomini e donne. Si propongono modelli alternativi di organizzazione familiare (monogamia seriale, contratti a tempo, relazioni allargate) e di gestione della sessualità (collegati anche al diffondersi della contraccezione e dell’aborto come diritto delle donne). Alla profondità dell’analisi - mossa da una domanda di giustizia sociale e simbolica – non pare corrispondere però una adeguata proposta culturale, nella misura in cui ci si limita alla soppressione della differenza come luogo di disuguaglianza e della famiglia naturale come luogo di rapporti di potere ai danni di donne e minoranze. L’idea centrale che circola in questo primo momento di elaborazione teorica del “gender” è che il sistema di genere, nella maggior parte delle società conosciute, esprime un ordine normativo che struttura “la percezione e l’organizzazione concreta e simbolica di tutta la vita sociale”. Negli anni 80, si entra in una seconda fase di elaborazione: le teoriche del femminismo si avvedono che l’opposizione sesso/genere o natura/cultura non fa che rafforzare le differenze naturali. Dire infatti che il genere è la parte costruita (sociale, culturale) del dato corporeo, implica che esista una parte pre-sociale distinta e anteriore alla cultura. Ma allora, ci sarebbe un dato di natura (un corpo maschile e femminile) su cui interviene la costruzione sociale? Nulla pare scontato. Per riparare a questo scacco teorico, si riaggiusta il concetto di genere e si riformula il rapporto fra sesso e genere. Viene allora rovesciato l’ordine, affermando che non è il sesso il contenitore immobile, passibile di svariate interpretazioni culturali; al contrario, è il genere a precedere e guidare la comprensione del sesso. Ciò significa che la cultura assorbe interamente il dato di natura, che perciò smette di essere tale, cioè di essere una autoevidenza. Si dice allora che il Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 sesso e il corpo sono già da sempre genere, nel senso che necessitano di un linguaggio e di un quadro concettuale capaci di mediare la loro rappresentazione fino a costruire i sessi nella loro materialità Negli anni ‘90, si entra in una terza fase di produzione del concetto, portando a maturazione due decenni almeno di ricerca. Si lavora intorno all’idea che, se il regime di genere è un rapporto di potere all’origine di discriminazioni e ingiustizie sociali, allora esso va decostruito. Come è possibile decostruire il genere? La teorica più avveduta è probabilmente Judith Butler: il genere – lei avverte – è messa in scena, «artificio», finzione culturale; ciò significa che non va concepito «come nome, cosa sostanziale o marcatore culturale statico». Non è un termine cui corrisponde un referente reale, chiaro e distinto; quindi non ha consistenza. Come potrebbe averne una, se la “datità” è un mito tramontato? E se non è reale o sostantivo, che cos’è il genere? Oppure, se di essere non si può parlare, perché il genere è così resistente (stante la sua mancanza di consistenza)? Viene coniata l’idea di performativo: allora il genere è una «azione incessante e ripetuta di qualche tipo», una costruzione «istituita e iscritta sulla superficie dei corpi» attraverso un rinforzo e rimodellamento – di atti, gesti, pratiche, rappresentazioni, desideri, sostenuti «tramite segni corporei», in una circolarità che si autorinforza. Il genere non è perciò dell’ordine dell’essere, ma del fare. A questo punto ci troviamo di fronte al problema decisivo: se non vi è nulla di dato, chi sancisce la direzione dei significati? Chi stabilisce i criteri di sessuazione? Chi configura l’assetto istituzionale? Chi rimaneggia l’ordine dei sessi e della generazione? Se il genere è un rapporto di potere, allora chi detiene il potere può veicolare la prospettiva di genere che più gli corrisponde; a questo scopo il diritto è investito del compito di interprete e costruttore di un ordine simbolico e sociale attraverso l’emanazione di un set di regole che modificano le strutture della convivenza (matrimonio same-sex) e possono anche interrompere la linea della generazione (monogenitorialità, omogenitorialità). Le teorie del genere mettono così di fronte a un dilemma: o i significati entrano nei rapporti di potere, e allora viene ingaggiata una lotta politica nell’arena pubblica per modificare le istituzioni, oppure si sottraggono a ogni forma Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 istituzionale, consegnandosi a un consumo privato e anarchico di opzioni di genere. Vediamo brevemente le due posizioni. 1. Bulter pone un problema reale: “tutti abbiamo bisogno di norme perché il mondo possa funzionare, il problema è capire quali convengono di più”. Si tratta allora di modificare l’assetto istituzionale in direzione di una maggiore giustizia, in termini di distribuzione di diritti, benefici e riconoscimento simbolico ai generi penalizzati e oggetto di discriminazione: donne, minoranze sessuali, transidentità. Per ottenere questo risultato, occorre disfare quelle regole di genere che impediscono ad alcune persone di condurre un’esistenza vivibile, condannandole o a una «vita intollerabile», incomprensibile, o a «una morte sociale o effettiva». Se è auspicabile la presa in carico delle soggettività più vulnerabili, meno comprensibile è voler ignorare gli effetti dello sconvolgimento dell’ordine dei sessi e della generazioni, il cui prezzo è fatto pagare alle creature piccole. In fondo, nei rapporti di potere, qualcuno vince e qualcuno perde. Ma è da questa parte che entra la giustizia? Se manca il riferimento all’essere sostanziale della persona, la stessa idea di giustizia è dettata dai rapporti di forza. 2. L’altra strada conduce dal “gender” al postgender o transgender o queer o post queer: termini ombrello che si impongono dagli anni ‘90. In particolare, il prefisso trans (in transgender) colloca oltre ogni identità di genere, nel punto in cui si travalicano le frontiere e si ibridano i confini. Allo stesso modo, il termine queer allude alla proliferazione di identità provvisorie come diritto a definire se stessi, pur respingendo ogni assegnazione identitaria, e come sito di contestazione politica. Da una parte (in quanto lotta politica), il queer resiste ai rapporti di potere, cioè sfida l’ordine simbolico e l’assetto istituzionale introducendo matrici rivali e disorganizzanti per ottenere un effetto trasformativo (rottura del legame sociale oltre che dell’ordine naturale). Dall’altra parte, l’idea di identità è disciolta nel processo di multiple identificazioni, cioè di prove ed esperimenti che si succedono senza fine (termine e orientamento di senso). Il queer è l’apertura di una domanda condannata volutamente a restare senza risposta: è la comunità di chi dice non potercene essere una, l’identità di chi combatte l’identità o sogna una trans-identità, una identità in tranFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 sito permanente. Si retrocede non solo rispetto all’ordine delle cose, ma anche alla stabilità dei significati del linguaggio. Così il queer è ritenuto come “un errore necessario”, una contraddizione in termini, per far scoppiare il sistema creando campi di tensione generativi di un nuovo ordine. Mi pare questa una rivoluzione triste, sintomo di una età malinconica, dove regna il disincanto e l’orizzonte è penosamente vuoto. Sarebbe sbagliato però pensare che questi esperimenti siano trionfalistici o semplicemente ludici; sono piuttosto un grido esibito e senza parole, una dolorosa e interminabile lotta contro di sé alla ricerca di un sé privo di determinazioni: il corpo, svuotato della dimensione simbolica e possibilmente alterato o potenziato ed esteso con protesi tecnologiche, diventa il corpo-icona, immagine marcata alla superficie, ultima frontiera dell’identità, in funzione di supplenza. Qual è l’aspetto che più seduce di questa configurazione epocale? Essa intercetta una tendenza fondamentale del nostro tempo: l’insicurezza, la sfiducia, la disillusione, la provvisorietà, il fatto che il tessuto sociale sembra non reggere più. Di fronte a questo disincanto, essa non promette nessun approdo certo e avverte che nulla è come appare. Non mi soffermo sulle criticità di queste teorie, ma preferisco presentare la sfida che da esse ricavo: questi studi, nelle loro espressioni migliori (e non nell’uso semplificato, disinvolto, consumistico e acritico che ne fa la cultura di massa, che va a costruire dei banali contro-stereotipi), ci mostrano la complessità e la sofferenza di vite al margine, avvertono che non si può stigmatizzare, censurare o escludere chi non entra nel binarismo sessuale (che una parola detta anche distrattamente o solo per superficialità può ferire seriamente). Ci chiedono di comprendere la sofferenza di chi sta in un ruolo impossibile, illeggibile, irreale, inintelligibile. Tuttavia, altro è riconoscere la sofferenza e la vulnerabilità di chi è più fragile, altro è elevare l’idea di una molteplicità dispersa e conflittuale a orizzonte normativo. Soprattutto non si può far credere che tutto è possibile, tutto è equivalente, tutto è indifferente e senza costi. È vero anche che questa cultura mostra come gli stereotipi sessuali possano essere fonte di sofferenza per gli esseri umani. Ciò non significa, tuttavia, che si debba dissolvere l’evidenza che siamo uomini e donne o porre Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 l’ambiguità come ideale di vita. Che cosa fare allora? Non si tratta né di adattarsi né semplicemente opporsi; non dovremmo farci inglobare nella logica amico-nemico, nel modo di pensare per contrapposizione; da questa logica si esce se si è inventivi. Nulla è più radicale di una critica che non demonizza l’avversario, che non gli toglie dignità: se si lotta contro qualcuno si occupa lo spazio mentale con recriminazioni che esauriscono le forze ideative. Mi pare che dobbiamo addestrarci a tenere insieme l’ideale (normativo) e le inevitabili fragilità di tutti noi: se restiamo all’ideale, rischiamo di svuotarlo di senso e di praticabilità, rendendolo irrealistico e mitico. Forse si tratta di far capire che anche nel singolo frammento o scampolo di bene sta il senso del tutto. Se, però, per tener conto delle fragilità congediamo l’ideale, allora avremo situazioni di sofferenza, abbandono, consumo dell’altro, impotenza. Come rispondere? Partendo da una riflessione antropologica che permetta di tenere insieme la delicatezza e la serietà, la misericordia e la norma ideale, senza abbandonare l’ideale né indurirci nella semplice disapprovazione. Non vale né l’ostracismo sociale né la banalizzazione di situazioni dure. A me pare che misericordia e idealità normativa siano come i due capi di una corda: se cediamo l’uno, cade anche l’altro; il filo non tiene più. Ma noi siamo sul filo e non è facile starci, perché basta distrarci o cedere alla tristezza o trascendere in emotività e il filo rischia di spezzarsi. È un lavoro di delicatezza, umiltà e intelligenza. E non sempre ne siamo capaci, ma è l’unico modo per mantenere aperto il futuro. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 «EDUCARE ALLA DIVERSITÀ PER RISPETTARE I PIÙ PICCOLI» di Tonino Cantelmi psichiatra, docente all’Istituto di psicologia dell’ Università Gregoriana “Noi genitori & figli” 31 maggio 2015 «EDUCARE ALLA DIVERSITÀ PER RISPETTARE I PIÙ PICCOLI» I n ambito educativo la questione del “gender” sta avendo pesanti risvolti: se la cultura ha pesato nella costruzione di ruoli sbilanciati oggi le si chiede di minimizzare la differenza tra sessi e in un certo senso eclissarsi per permettere all’individuo di autodeterminarsi. Riconoscere le differenze equivarrebbe a discriminare ancora, perpetuare modelli obsoleti di cui invece bisogna liberarsi. Le agenzie educative dovrebbero rispettare – si sostiene – questo presunto progresso nel non condizionare la crescita dei bambini secondo stereotipi di parte. Lo diciamo chiaramente: è un falso clamoroso che l’assenza e il vuoto creino libertà. Una certa “timidezza” educativa è una delle piaghe di questa stagione storica e sociale. Se i genitori smettessero di allevare i figli secondo un’educazione al maschile o al femminile il risultato non sarebbe la scelta del bambino di come comportarsi una volta che ne avesse la capacità (che poi quando arriverebbe questa capacità? E nel frattempo?), ma una dannosa confusione che lo priverebbe di coordinate di riferimento. Voler contrastare il condizionamento sociale che in passato aveva provocato non poche discriminazioni è un conto, manipolare i dati di realtà, negando quello che la scienza oggi è in grado di attestare, è un altro. Eppure non sono mancati curiosi esperimenti proprio in ambito educativo dove l’istituzione scolastica – la prima agenzia dopo la famiglia incaricata di formare l’individuo – ha proposto, e spesso ancora propone, modelli “neutrali” – si Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 conviene che la neutralità è un paradigma ampiamente superato? – di crescita dei bambini, in modo da non inculcare loro vecchi e ormai sorpassati stereotipi. Sono aboliti i pronomi personali, sono banditi i messaggi che tendano a caratterizzare le differenze tra sessi, perché questo favorirebbe il perpetuarsi di discriminazioni e atteggiamenti intolleranti, sono evitati, da parte dei docenti messaggi che possano impantanare il bambino in un modello di genere . Dunque togliendo i giocattoli “di parte” l’essere umano crescerebbe più aperto al dialogo col prossimo diverso da sé. È chiaro: lo diciamo con voluta ironia che però non è poi molto lontana dalla realtà se in Svezia “la più grande catena di negozi per giocattoli è stata obbligata dalla legge ad applicare la neutralità di genere ai propri prodotti, realizzando un catalogo natalizio le cui illustrazioni mostrano delle bambine che impugnano dei fucili ad acqua e dei bambini che giocano con le bambole” . La neuropsichiatra Louann Brizendine racconta, invece, di come la figlia di una sua paziente dell’età di tre anni e mezzo, che aveva ricevuto in regalo un camion rosso fuoco al posto della consueta bambola, viene ritrovata a coccolare il camion avvolto in una coperta e cullato con parole di conforto. Il condizionamento sociale non può esser sufficiente a spiegare il perché di questo e di molte altre caratteristiche tipiche del maschio e della femmina – lo abbiamo accennato nel precedente paragrafo – che genitori ed insegnanti possono agevolmente constatare osservando i bambini sia nello spazio ludico che in quello scolastico. Il loro sviluppo evolutivo avviene secondo ritmi diversi, notoriamente i maschietti hanno un processo di crescita più lento, specie in alcune fasce di età (7-16); la capacità di concentrazione, le modalità e le tempistiche di apprendimento sono differenti ; l’approccio alla lettura è differente; la propensione verso certe modalità di gioco, come il modo di vivere il rischio è differente, nei maschi si manifesta una propensione verso i giochi competitivi e le azioni rischiose, nelle femmine verso quelli cooperativi e meno verso ciò che percepiscono come imprudente. Questi dati sono alla base del grande apprezzamento che soprattutto i paesi anglosassoni stanno mostrando nei confronti delle scuole omogenee, dove cioè le classi sono distinte per maschi e femmine, che pure Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 negli Stati Uniti sono una realtà già consolidata . Le scuole omogenee cercano di tener conto delle caratteristiche dei maschi e delle femmine, aspetto difficile da realizzare nelle nostre istituzioni scolastiche, per adeguare il sistema educativo alle tendenze specifiche connaturate, con ottimi risultati rispetto a voti e punteggi nelle performance scolastiche di ambo i sessi, nonché alla stima di sé, ai rapporti sociali e alla leadership . Dati confermati fra l’altro anche dalla Commissione Europea Eacea la quale sostiene che questo tipo di istruzione, paradossalmente, offre a ragazzi e ragazze maggiore libertà di scegliere materie non associate stereotipicamente al loro sesso e ribadisce le maggiori opportunità di aumentare la propria autostima . Cogliere, comprendere e valorizzare il proprium di ciascun sesso non può significare favorire la distanza reciproca o peggio ancora disincentivare il senso di tolleranza e la capacità di dialogo. Questi aspetti, che indiscutibilmente devono far parte della formazione della persona, non sono certo compromessi dal riconoscimento di una diversa struttura biologica. Anzi, ascolto, rispetto, accoglienza hanno un senso solo dove ci siano interlocutori diversi, dove le due entità che si confrontano non siano fuse o sbiadite ma chiaramente distinte. La volontà di non rendere omogenee le linee di crescita di maschi e femmine non equivale a incastrarli in binari a priori, significa, al contrario, un grande rispetto per le loro peculiarità, rispetto di quelle caratteristiche naturali, che, se non considerate con la dovuta attenzione dai genitori e dal corpo insegnante, comportano una grande frustrazione per il bambino e una possibile compromissione di una crescita serena e fiduciosa. Genitori ed insegnanti efficaci saranno in grado di sostenere i bambini ed i ragazzi ad apprendere il modo percepire se stessi e di entrare in relazione con gli altri secondo le modalità tipiche del sesso di appartenenza, senza timore con ciò di sembrare reazionari e fuori tempo. Viceversa il non essere capiti e aiutati secondo ciò che si è, facilmente conduce a giudizi mal posti “Roberto è troppo vivace, dovrebbe stare più fermo”, “non ha fantasia, usa così pochi colori”, “non è interessato alla lettura”…che rischiano di demotivare l’interesse del bambino verso un miglioramento di sé, vissuto come troppo inetto ed incapace di combinare qualcosa di buoFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 no. Imparare ad accompagnare maschi e femmine rispettandone le caratteristiche naturali e insieme proponendo stimoli per superare i limiti naturali favorirà lo sviluppo di adulti, futuri sposi, futuri genitori responsabili e rispettosi della specificità di figli e ragazzi loro affidati. Spesso invece, purtroppo, l’infanzia è strumentalizzata per campagne ideologiche che riguardano in realtà solo gli adulti . È curioso come la voglia di essere riconosciuti nelle proprie peculiarità, e i tanti slogan che sono diffusi sulla diversità da accogliere, portino proprio a ciò che si vuol combattere: ad un’uniformità indotta. Anche la non conformità e la fluidità di tutto diventano una sorta di conformità forzata. Il postmoderno con la sua rottura dell’uno, impone singole soggettività e impedisce che la riflessione possa cercare dei cardini di riferimento all’interno dei quali muoversi. Dalle diversità statiche accentuate perciò si è passati a identità temporanee, contestualizzate (sono vere qui ma non lì, oggi ma non domani) e confuse. Rispettare le diversità riconosciute, a partire dalle differenze biologiche dell’essere uomo, e l’essere donna, insomma, non vuol dire tornare indietro, incentivare antiche e superate narrazioni sessiste. Conoscere e riconoscere il proprium maschile e femminile ha l’unico scopo di valorizzare lo specifico di ciascun sesso e favorirne l’incontro, lo scambio e l’arricchimento. Omologare non aiuta né l’uomo né la donna ad esprimere le proprie qualità neurobiologicamente date e questo lo sottolineiamo soprattutto in ambito educativo. Non ci sono graduatorie, non ci sono rigide categorizzazioni, non ci sono rivendicazioni di parte. Siamo d’accordo che sia necessario un nuovo linguaggio che permetta l’espressione di sé uomo e di sé donna in un’epoca in cui dominano nuove modalità dell’essere. Tuttavia questo non può andare a discapito di confini naturali, non più intesi, va da sé, come occasione di marginalizzazione del femminile, come se naturale equivalesse a “meno dotato”, ma come rispetto del principio di realtà. Lo scetticismo dilagante non può abbattere i muri portanti dell’umanità rendendo leciti, se non auspicabili, forme create dal bisogno frenetico dell’uomo di novità e stupore continuo. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 «È LA FAMIGLIA IL GREMBO DEL NUOVO UMANESIMO» di don Paolo Gentili, Tommaso e Giulia Cioncolini “Noi genitori & figli” 31 maggio 2015 «È LA FAMIGLIA IL GREMBO DEL NUOVO UMANESIMO» A bbiamo percepito con chiarezza la “bontà della differenza sessuale” (Lumen Fidei 52) di coloro che del proprio corpo sanno meravigliarsi e meravigliare anche nei momenti della prova, come ci hanno raccontato Enrico e Camilla Mattei. Neppure la sofferenza può impedire di far percepire questa meraviglia, perché all’interno del consumarsi del corpo sorge già il corpo glorioso della resurrezione. Poi abbiamo ascoltato con estremo piacere Susy Zanardo. Grazie al suo contributo siamo entrati tra i presupposti della cosiddetta gender theory, e il suo stravolgimento del reale. Così per il gender la realtà è “un magma”. Si giunge a questo processo di decostruzione della realtà attraverso la risignificazione dei termini. Così il linguaggio diventa l’anticamera per sradicare la sessualità dal corpo sessuato. Il linguaggio è più potente degli organi sessuali. Così la cultura, o meglio, un prodotto culturale, grazie a una teoria ambisce a conquistare il primato sulla natura, decretandone l’inconsistenza. Siamo tutti convinti che il corpo sia profezia. La domanda da porci è se quando il corpo è strumentalizzato e deturpato, sia ancora profezia o questa profezia viene cancellata? Il fatto è che, in quel caso, l’essere umano non è più custode del giardino, e questo per rispondere di fatto a una sofferenza, a un non sentirsi pienamente sé, in questa ricerca inappagata, continua della propria identità. Certamente la sfida è grande. Ci diceva Tonino Cantelmi che la parola d’ordine è fluidità: lo scorrere dell’identità. Come se non ci fosse più una chiara identità. Non si comprende più cos’è l’uomo nel suo essere maschio e femmina. C’è una do- Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 manda di identità che si infrange sulla confusione. Ecco perché la famiglia è chiamata a riappropriarsi del proprio originale compito educativo, imparando l’arte dell’accompagnamento per decodificare i falsi messaggi, Diceva papa Benedetto che la crisi educativa non è tanto dei giovani quanto degli adulti. E anche da qui nasce la speranza di un nuovo modo di rapportarsi con le famiglie, proprio quello che sta spalancando il Papa. Padre Bordeyne ha spiegato che la differenza sessuale è un dono che va costruito, non un dato assoluto, ma qualcosa che va accompagnato. La speranza è accettare la differenza per costruire la comunione. Jacques Maritain, che ha partecipato al Concilio Vaticano, aveva come motto: “distinguere per unire”. Quello che ci aiuta ad accompagnare la differenza non è confusione. Il 15 aprile scorso, nell’Udienza del mercoledì, Papa Francesco ha detto che il gender è una possibile risposta alla paura di confrontarsi con la differenza. Quindi abbiamo uomini sempre meno virili e donne sempre meno femminili. Da sempre siamo affascinato da san Francesco. Otto secoli fa un uomo da Assisi andò a Roma per chiedere l’approvazione della Regola. È accaduto invece che, dopo ottocento anni, un uomo vestito di bianco sia andato a chiedere a san Francesco la nuova Regola della Chiesa. E qual è la Regola? Potremmo ricordare l’episodio del lupo di Gubbio, l’addomesticare l’aggressività; il vero miracolo di Gubbio è il cambiamento di una intera civiltà: tutto il paese si impegna a nutrire per sempre il lupo, la cui voracità è segno di profonda solitudine e abbandono. Allora occorre restituire dignità al maschile e al femminile. L’unione sponsale cristiana è sempre generativa. La generatività necessariamente produce futuro. Il dono che gli sposi si consegnano è anche il dono del loro futuro. Per far sì che l’incanto possa resistere alle fluttuazioni dei sentimenti è opportuno che ci sia un ancoraggio forte. Il rischio maggiore di fallimento di un matrimonio è rendere quell’esperienza di pienezza e totalità un’esperienza di chimica. Il matrimonio non è solo un fattore biologico, spalanca un nuovo e vasto orizzonte, osando dare forma all’infinito: l’amore di due persone unite in matrimonio che diviene infinito. Forse questo è il tempo in cui siamo chiamati a portare il cuore che pulsa di un amore sponsale, necessariamente generativo, in quelle Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 periferie dove regnano amarezza e tristezza. È anche il tempo di capire che un cammino educativo non può essere solo iniziato, ma ha bisogno di essere accompagnato, soprattutto sulla durata. In questo tornante della storia, umanizzare è il primo grande compito della famiglia. Lo è sempre stato, ma in questa porzione di tempo umanizzare assume il significato ulteriore di portare umanità, che vuol dire riportare il maschile e il femminile laddove queste dimensioni costitutive sembra vogliano essere estirpate. Il progetto del Creatore fin dal principio è chiaro, illuminante, veritativo e immutabile, ci ha detto il cardinale Edoardo Menichelli. Chiaro significa nitido, senza ombre. Illuminante significa che c’è un dinamismo che reca luce dove c’è ombra. Veritativo non significa veritiero, ma che oltre essere vero è anche fondante: quella verità sancisce l’origine. Immutabile significa che questa immutevolezza è la radice più profonda su cui si fonda la speranza dell’umanità. Ancora il cardinale Menichelli ci ha detto che la misericordia è la gemella della verità: questo è un punto decisivo. Lungo la profezia di questo pontificato è lo scoglio più grande da far percepire. La misericordia, abbiamo detto, è “il cuore tra i poveri”. Ma c’è un tentativo di voler allontanare la misericordia e la verità. Per farlo geometricamente si disegna una retta ai cui vertici si trovano misericordia e verità, che sembrano diventare rivali. Ma in realtà si tratta di una circolarità fondativa: l’una non ha senso senza l’altra. A volte corriamo il rischio di assecondare questa sorta di deriva che è la frattura più pericolosa che si possa creare, perché qui sta la profezia, nel far sì che questa tensione, certamente dinamica, che recepisce il grido della storia, è un binomio che non può essere dissociato e tanto meno allontanato. Siamo allora chiamati a far sì che misericordia e verità siano sempre reciprocamente unite. Siamo poi stati arricchiti dalla relazione di Yves Semen, il quale ci diceva che il corpo non è né esterno né estraneo alla persona. Un corpo non manipolato per cui occorre anche una riconciliazione con esso, riscoprendolo come dono. Il corpo ci dice la nostra origine, che non ci siamo dati da soli, ma dice anche il futuro, il destino, che siamo chiamati a entrare in questa circolarità del dono proprio nella differenza. Affermiamo questo oggi, quando l’ideologia del gender ha Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 spezzato il legame tra matrimonio, sessualità e procreazione. Occorre riscoprire la bellezza della sessualità coniugata all’amore. Qui ci troviamo in imbarazzo, perché percepeciamo che come Chiesa abbiamo ridotto la portata profetica dell’enciclica Humanae Vitae a un cartello stradale con tanti divieti. Occorre rileggere Humanae Vitae di Paolo VI ai tempi di Evangelii Gaudium. Questo sarà il Sinodo! La Chiesa, esperta in umanità, offre una lezione di umanità da portare al mondo. Qui si gioca il futuro dell’umanità. Il Sinodo vede in gioco il futuro dell’umano, ed è necessario dare un segnale forte a Dio e agli uomini per dire che amiamo la famiglia e la sua bellezza nel silenzio della preghiera. Non possiamo lasciarci rubare la speranza, ed è vero che, se le tenebre resistono, è perché i figli della luce mancano di vigore e di energia. L’Anno della Misericordia sarà l’occasione di fare mea culpa, perché spesso nelle nostre parrocchie non si vede la bellezza della luce delle famiglie: sono parrocchie molto funzionali, di ruolo, che non valorizzano il sacramento di cui la famiglia è portatrice. Poi don Giancarlo Grandis ci ha rimesso nella giusta dimensione, cioè tornare nell’abbraccio della Trinità: la comunione nello spazio della differenza senza confusione. Questo bellissimo rapporto tra Padre, Figlio e Spirito, ognuno unico eppure in relazione: è l’altro che ti dice chi sei, è il tu che ti fa dire io per costruire il noi. E questo avviene nella famiglia in modo fortissimo. Già il sorriso della mamma fa riaccendere il sorriso del figlio. E quando anche il padre entra in questo gioco, nella carne si ripete l’abbraccio della Trinità. E quando forse arriverà un altro bimbo, magari di colore diverso, vorrà dire aprirsi al mondo, a una palestra sociale. Ecco perché la famiglia è grembo del nuovo umanesimo per una civiltà dell’amore. Ciò significa che di fatto papa Francesco ha dato la sua stessa carne alla Gaudium et Spes, perché sta mostrando un nuovo rapporto tra Chiesa e mondo attraverso la famiglia, l’intera famiglia umana (sono le prime parole di Gaudium et Spes). Rapporto tra Dio e l’intera famiglia umana: questa è la Chiesa. Allora comprendiamo, come diceva Claudio Gentili, che nella Gaudium et Spes il processo è il risultato, un risultato che già esiste. La domanda allora è se si stia guardando a quanto accade come figlio fedele o come figlio prodiFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 go. La mia paura infatti è che il figlio fedele non si sia accorto di tale cambiamento. È una domanda fondamentale per portare la bellezza della differenza. Spesso racconto di una bimba di otto anni la quale mi diceva che secondo lei la parabola del figliol prodigo non ha un finale. L’ho immaginato io: il figlio minore esce fuori, abbraccia il figlio maggiore e gli dice: vieni anche tu alla festa, non sarebbe festa senza te. In questo abbraccio allora entra anche il mondo ferito degli affetti, l’uomo e la donna confusi, smarriti, traditi; ci sono anche le lacrime che abbiamo raccolto di una persona transessuale che ormai sentiamo come un fratello. Se il postmoderno ha suggerito di fare a meno della Trinità, noi siamo questa simpatia di Dio per il mondo, e la Chiesa guarda il mondo con simpatia, ne percepisce i rischi, illumina l’orizzonte con l’escatologia. È vero che il postmoderno vuole fare a meno della verità, ma è ancora più vera la percezione che ricaviamo da questo convegno. Ci tornano in mente le parole del filosofo Gabriel Marcel, quando diceva che “amare qualcuno è dirgli: tu non morirai!”. È bello tornare a casa e pensare che nel ti amo dell’uomo e della donna uniti in matrimonio ci siano proprio i tratti dell’infinito. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 IDEE IL DIRETTORE RISPONDE di Marco Tarquinio IDEE / IL DIRETTORE RISPONDE Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 PERCHÈ UN TG IMPORTANTE DISTORCE I TERMINI DEL CASO UNAR? 28 marzo 2014 PERCHÈ UN TG IMPORTANTE DISTORCE I TERMINI DEL CASO UNAR? Gentile direttore, vorrei metterla a parte della lettera che ho scritto alla direzione del Tg3 che seguo quasi sempre nell’edizione delle 19.00 perché è un telegiornale di cui non condivido sempre le idee, ma che effettivamente informa sulla politica. Mi è spiaciuto mercoledì sera, 26 marzo, seguire il servizio sui “libretti” Unar che si intendeva distribuire nelle scuole e che il Tg3 ha presentato come una iniziativa «del governo». 1) Questo non è vero, visto che si tratta dell’iniziativa di un ufficio legato al Ministero delle Pari opportunità che ha invaso il campo del Ministero dell’Istruzione senza neanche avvertire il suddetto Ministero (e dalla quale anche il viceministro all’epoca delegato, Maria Cecilia Guerra del Pd, ha preso le distanze). 2) Non è stato menzionato che questi strumenti erano destinati anche alle scuole materne: e questa dimenticanza è grave perché da cronisti al Tg3 sanno benissimo che tanti genitori si stanno opponendo a questa cosa. 3) Il capolavoro del servizio del Tg3 è il finale in cui si è accusato il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, di “aver affossato” lui il tutto. In realtà, la Chiesa ha sempre ribadito la sua posizione: rispetto per tutte Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 le persone, ma anche per la Costituzione in cui la famiglia è fondata sul matrimonio e il matrimonio è tra uomo e donna. Agli amici del Tg3 vorrei dire che un conto è il rispetto per gli omosessuali, un conto è questa ideologia “gender” che anche loro mi sembra sposino in quel servizio. Insomma, ho rispetto per il lavoro dei giornalisti, ma anche per la verità. Scrivo anche a lei, che è direttore di Avvenire, perché il Tg3 è parte del “servizio pubblico” della Rai ed è giusto che simili comportamenti vengano discussi pubblicamente. Vittorino Bocchi Ho verificato di persona che il servizio del Tg3 di cui lei parla, gentile signor Bocchi, è totalmente “a tesi”. Tesi encomiastica sugli opuscoli firmati dall’Unar (un ufficio governativo che, come dice la sua sigla, dovrebbe occuparsi di discriminazioni razziali) che sono ispirati alla “teoria del gender” (cioè all’articolata visione di coloro che affermano che l’identità sessuale delle persone non ha fondamenti di natura femminile-maschile, ma piuttosto e solo una base culturale e perciò mutevole nel tempo), che risultano liquidatori nei confronti della famiglia madre-padre presentata come «stereotipo» da superare e che contengono affermazioni duramente polemiche con le fedi religiose indicate come visioni «omofobe» da estirpare. Capisco perciò perché lei abbia chiesto spiegazioni alla direzione di quella testata del servizio pubblico radiotelevisivo. Il “pezzo” di cui lei si duole è, per di più, sostanzialmente lo stesso andato in onda anche alle 14.30 dello stesso 26 marzo (ce lo aveva subito segnalato un altro lettore, il signor Berardo, e proprio ieri ho pubblicato la sua lettera). La reiterazione dell’intervento dimostra che si è trattato di una libera e precisa scelta informativa. E il fatto che il testo sia stato impostato col passo dell’editoriale più che con quello della cronaca completa il quadro. Anche a mio parere, argomentazioni, sottolineature e censure distorcono sensibilmente e direi deliberatamente i termini del caso, presentato come una pura e ovviamente condivisibile proposta di «educazione alla Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 diversità», alla «civile convivenza» contro il «bullismo». Ma purtroppo c’è dell’altro: i servizi del Tg3 hanno, infatti, proposto ripetutamente e in modo inusitatamente duro, qualificandolo come un riuscito diktat al governo, l’appassionato appello che il presidente della Cei, cardinale Bagnasco, aveva rivolto lunedì scorso alle famiglie italiane chiamandole a un protagonismo positivo anche su così cruciale fronte educativo. A questo punto, gentile amico lettore, devo anche dirle che mi ha molto colpito che la questione degli opuscoli Unar sollevata da “Avvenire” nel gennaio scorso sia stata “scoperta” solo ora dal Tg3. Eppure in quei giorni la nostra denuncia giornalistica della forzatura ideologica in atto portò a severe prese di posizione di esponenti del Governo Letta e del Parlamento e al blocco di fatto dell’incresciosa iniziativa che, si noti, era stata concordata dall’attuale direttore dell’Unar con diverse sigle della galassia politica gay e nessuna – dico nessuna – associazione familiare, tantomeno quella che le riunisce quasi tutte (il Fonags) e che è accreditata presso il ministero dell’Istruzione. Mi colpisce altrettanto anche un ulteriore particolare, e cioè che la “scoperta” del Tg3 sia per i toni usati sia per le chiavi di lettura minimizzanti, edulcoranti e improprie che propone – ricalchi sorprendentemente la titolazione (più ancora che il testo) dell’articolo di un altro quotidiano pubblicato proprio la mattina del 26 marzo. Solo singolari coincidenze? Forse. O, forse, la “scoperta” tardiva e distorta da parte del Tg3 del caso Unar (che ha anche un secondo aspetto, riguardante una quasi incredibile vicenda di “linee guida” da Minculpop per il lessico giornalistico a proposito di famiglia, matrimonio, maternità, paternità e omosessualità) è anche dovuta al fatto che ormai da alcuni mesi l’edicola serale del Tg3, tradizionalmente assai completa, ha preso a ignorare quasi sempre la (scomoda?) prima pagina di “Avvenire”. Anche questa è una libera (ma eloquente) scelta. Che, francamente, non credo dipenda dai bravi colleghi – alcuni dei quali conosco e stimo da tempo – che lavorano in quell’edizione dell’importante telegiornale della Rai. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 GLI IDOLI EGOISTI DEL “PENSIERO UNICO” CADONO SE IMPARIAMO A VEDERE 13 aprile 2014 GLI IDOLI EGOISTI DEL “PENSIERO UNICO” CADONO SE IMPARIAMO A VEDERE Caro direttore, è confortante per tanti, davvero per tanti, l’omelia di papa Francesco in Santa Marta sulla dittatura del pensiero unico. Ed è coraggiosa perché, al di là dei contenuti, oggi è sempre più difficile denunciare quella dittatura. Lo sanno tutti che in Italia e in Europa si accede e si fa carriera nel mondo della cultura, dell’arte e della comunicazione solo o comunque soprattutto se si è integrati nel pensiero dominante del cosiddetto “politicamente corretto”. Che è espressione indicante pieno relativismo e assoluta evanescenza. Infatti, cosa è – in astratto – la “correttezza” se non è rapportata a valori morali o etici, culturali o sociali? Eppure questa cultura, mai ben esplicitata e ambigua, è il collettore degli egoismi individualistici che si nobilitano al rango di diritti, e pretendono di essere legalizzati. E disgraziatamente questa cultura d’impronta individualistica, che sgretola il tessuto sociale, trova orecchi attenti in una parte della magistratura. Al punto che ci troviamo di fatto una componente della magistratura che si autoproclama paladina di minoranze ma agisce secondo il pensiero dominante, sostituendosi al Parlamento. In questi giorni abbiamo avuto le sentenze sulle madri in affitto e sulla registrazione di un matrimonio gay all’estero, entrando a gamba tesa Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 nel campo che compete al Parlamento. E in più la pronuncia della Corte costituzionale che ha aperto la porta alla fecondazione eterologa. Il “politicamente corretto” è decaduto a “politicamente corrotto”, sia nel merito che nel metodo, esattamente come accadeva al dottor Jekyll che diventava mister Hyde. GianCarlo Salvoldi, Roma già deputato dei Verdi Ha ragione, caro professor Salvoldi. Quella che Papa Francesco lo scorso 10 aprile ha definito l’«idolatria del pensiero unico» si manifesta ormai con grande ostentazione, con irridente sicurezza e persino con veemenza accusatrice nei confronti degli “infedeli”. Che poi sarebbero tutti coloro che pensano e credono diversamente. I profeti di questa «idolatria» che ha permeato di sé l’economia, la cultura e la “mondanità” soprattutto (ma ormai non più solo) occidentale si riempiono spesso la bocca di una massima attribuita a Voltaire anche se, in realtà, frutto del genio (femminile) di una sua biografa inglese, Evelyn Beatrice Hall (in arte Stephen G. Tallentyre). Una massima molto bella, eretta a sintesi dell’idea stessa di tolleranza attiva e declinata in concordanti e generosi modi: «Non condivido il tuo pensiero, ma darei la vita perché tu lo possa esprimere», «Non approvo le tue scelte, ma sono serie e dentro la legge e io difendo il tuo diritto di compierle», «I tuoi valori non sono i miei, ma li rispetto»... Peccato che le “minoranze” alle quali ci si appassiona sotto questa bandiera di tolleranza siano, da tempo, sempre e solo quelle che accettano di far parte della “maggioranza” (vera o presunta) che si allinea al «pensiero dominante» e alle sue pratiche. Se ci sono minoranze che resistono alla corrente, non contano. E se ad andare controcorrente sono addirittura delle maggioranze, devono tacere e cambiare registro con le buone o con le cattive. Lei torna su esempi di lancinante attualità (le sentenze “creative” di alcuni magistrati di cui abbiamo ragionato qui anche ieri), io vorrei citare il caso dei medici che non intendono esercitare le Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 pratiche abortive che, ormai da molti anni, sono depenalizzate anche nel nostro Paese. L’aspetto che mi continua a colpire di più del “culto” che si vorrebbe imporre a tutti nel nome di una “laicità” stravolta e resa più dogmatica di tante fedi religiose è infatti l’attacco a un fondamentale diritto di libertà come quello che su questioni specifiche e di grande rilevanza morale come l’aborto (cioè la soppressione di una vita) riconosce la possibilità dell’obiezione di coscienza. Trovo che sia la paradossale dimostrazione della illiberale carica di certo autoproclamato pensiero di libertà. È un male vero e forte. Ma questo non può indurci a rassegnazione. Né a risposte furiose. Il male si vince con il bene. Sta scritto. E Papa Francesco ce lo ricorda praticamente ogni giorno. Ci invita a dire dei “sì” non-idolatrici, a Dio e ai fratelli in umanità. Ci rammenta che possiamo riuscire a farlo con tutta la chiarezza e tutta l’amore che servono. Le “dittature” ideologiche si possono sconfiggere di vera libertà e di autentica responsabilità, con la coerenza disarmata della vita buona e delle testimonianze pubbliche e private, egualmente senza paura, che essa genera. Abbiamo visto, nell’ultima parte del Novecento, anche «rivoluzioni di velluto» smontare dittature che sembravano d’acciaio. Possiamo e dobbiamo lavorare perché una «rivoluzione della tenerezza» ci aiuti a cambiare presto lo sguardo, svelando il vero volto degli idoli egoisti del «pensiero unico». Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 IL GENDER E LA ROSA NEL CAMPO DI TULIPANI (SIAMO UOMINI E DONNE, ED È TANTO) 16 luglio 2014 IL GENDER E LA ROSA NEL CAMPO DI TULIPANI (SIAMO UOMINI E DONNE, ED È TANTO) Gentile direttore, leggendo l’Instrumentum laboris del prossimo Sinodo sulla famiglia risulta ben chiara la linea della Chiesa cattolica che, se non erro, accoglie sempre la persona e cerca di dispensare vicinanza e aiuto, spesso fondamentali, perché essa si risollevi dalle innumerevoli cadute che accompagnano il cammino di tutti noi verso l’Eternità. Così sembra che cerchi di fare anche con le nuove realtà “gender” che improvvisamente hanno preso a crescere, alimentate da chissà quale dilagante energia. Non capisco comunque a chi giovi il voler confondere un Istituto -– stavo per scrivere un “Ministero” -– così chiaro come il matrimonio, sia pur praticato in sola forma civile, al punto di voler rivedere la sua stessa definizione. E allora ho pensato a questo quesito: “Se noi piantiamo un seme di rosa in un campo di tulipani, quando quella rosa crescerà e fiorirà avremo forse un altro tulipano diverso solo nelle sembianze, che andrà colto, confezionato e venduto come tutti gli altri tulipani?”. Improvvisamente la risposta mi è sembrata chiara: lamentavamo da tempo scarsezza di tulipani nei bei campi della nostra amata terra italiana e ci siamo inventati un modo per ovviare al problema. Probabilmente sarà così anche per altre cose in questo periodo di crisi. Lei cosa ne pensa? Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Esmeralda Rispetto la sua dissimulata identità, gentile signora, augurandomi che lei si senta ancora una signora quando leggerà questa mia risposta e, dunque, la «dilagante energia» di quelle che chiama «nuove realtà gender» non l’abbia indotta a cambiare avviso... Me lo auguro perché penso che gli avvisi possano cambiare quanto si vuole, ma il nostro essere uomini o donne no. E questa dualità, mi creda, ha in sé già tanto, tutta la vita possibile e ogni “impossibile” sogno. Per questo nessuna energia -– dilagante o meno -– riesce a modificare la realtà di un’umanità al maschile e al femminile. Mi fa, perciò, piacere constatare che lei considera il matrimonio un istituto che non sopporta confusioni: è e resta l’unione solenne davanti alla comunità d’appartenenza di una donna e di un uomo, è e resta il fondamento della famiglia, «società naturale» che si può solo riconoscere e non manipolare a piacimento (la nostra Costituzione dice proprio questo, e lo fa con assoluta chiarezza e con bella e ancora troppo disattesa forza programmatica). Parto da questa essenziale premessa per dirle che mi fa meno piacere, perché mi sembra piuttosto confuso, il ragionamento che lei sviluppa con la metafora/quesito su rose e tulipani. Una rosa resta una rosa, anche se viene piantata in un campo di tulipani, così come un uomo resta un uomo o una donna resta una donna, qualunque cosa faccia di sé, qualunque cosa gli venga fatta, in qualunque luogo e situazione si ritrovi. La sua dignità personale è insopprimibile, la sua statura irriducibile, la sua natura innegabile. E le sue relazioni sono importanti, ma non tutte uguali e non tutti i rapporti sono matrimoniali o matrimonializzabili. Certo non quelli tra persone dello stesso sesso (che possono, se vogliono, stabilirli sul piano patrimoniale). Quanto alle “carestie” che sperimentiamo in Italia, a cominciare dalla crisi demografica -– cioè dalla «scarsezza» di figli -– che mi pare lei evochi sempre attraverso la metafora dei tulipani e della rosa “tulipanizzata”, non c’è Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 soluzione senza un riconoscimento che non può essere confuso o confusionario e senza un sostegno effettivo di quella «società naturale» tra un uomo e una donna che costituisce il “grembo” delle nuove vite e del futuro di ogni comunità civile. Pensare che al di fuori di questa semplice differenza e della necessità di un fertile incontro tra una madre e un padre ci sia l’«invenzione» vitale che risolve tutto è un’illusione e una menzogna. Lontano dal dato naturale e dalla gratuità (a volte, lo so bene, anche complicata e persino tradita) della relazione generativa uomo-donna ci sono inesorabilmente il laboratorio e il mercato, con i loro banconi, con le provette o i cataloghi delle coltivate presunzioni, con i cartellini dei prezzi dei figli a ogni costo. E ci sarà, se si continueranno certi errori e alcuni orrori, un’angosciosa ricerca delle radici di persone derubate della madre o del padre naturali, e persino di entrambi. Ecco che cosa penso, gentile signora, e sono convinto che gli uomini e le donne di questo e di ogni altro tempo – finché avranno coscienza e cuore, finché useranno la ragione – non potranno che pensarlo a loro volta. Qualunque sia il modo di vivere di cui sono protagonisti e responsabili. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 IL «PENSIERO DOMINANTE» SANZIONA MA NON SI ARRETRA, NÉ SI VA ALLA RISSA 21 gennaio 2015 IL PENSIERO «DOMINANTE» SANZIONA MA NON SI ARRETRA, NÈ SI VA ALLA RISSA Caro direttore, tutta la mia solidarietà al professor Paolo Zucconi. L’Ordine degli psicologi lombardi, a quanto pare, ha un ordine di scuderia: o fai come diciamo noi, o taci e, tanto per cominciare, per tre mesi non lavori più. Come ben evidenziato da “Avvenire” con l’articolo di Luciano Moia del 15 gennaio scorso, di questo passo una persona non potrà più rivolgersi allo specialista per proporre e affrontare la propria situazione, nel caso si tratti di orientamento sessuale vissuto con profondo disagio (non mi esprimo da esperto, naturalmente). Oppure lo dovrà fare di nascosto. Proprio oggi, a scuola, commentavo con degli studenti liceali il caso Dreyfus, condannato con una sentenza “già scritta” per un insieme di perverse complicità e solo tardivamente riabilitato. A mio parere di cittadino, mutatis mutandis, quella vicenda si ripropone ora per iniziativa dell’Ordine lombardo degli psicologi. In favore di Dreyfus, Émile Zola lanciò il suo celebre “J’accuse”; nessuno dei membri del moderno sinedrio degli psicologi lombardi intende sottrarsi a un’analoga veemente protesta? Gianluca Segre Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Caro direttore, uno psicologo è dunque sulla graticola per avere affermato che dall’omosessualità chi vuole può uscire e può essere aiutato. Apriti cielo! L’Ordine professionale lo ha messo sotto indagine. Fortunato il professionista che rischia “solo” tre mesi di sospensione dall’attività. Esistono “pensieri unici” che, a fronte di equipollenti asserzioni “blasfeme”, prevedono ben altre punizioni. Andrea Picco Il caso della “censura” contro uno psicologo di lungo e valoroso corso, il professor Zucconi, ha davvero dell’incredibile, cari amici. Lascio da parte ogni altra considerazione, rimandando all’ottimo articolo del collega Moia (“Avvenire” del 15 gennaio scorso), e qui mi chiedo soltanto -– da profano quale anch’io sono, ma non da disattento e da sprovveduto -– dove siano finiti i paladini della libertà della scienza, e persino gli assertori della più totale autodeterminazione dell’individuo. Che sarebbe libero di fare, tentare, disegnare e dire pressoché di tutto, ma non di rivolgersi a uno specialista per capire se l’omosessualità che eventualmente sperimenta con disagio è o non è la sua condizione. Questa è la dittatura del “pensiero dominante”, e c’è poco da scherzare. Per fortuna non sono ancora legge, in questo nostro Paese, certe incredibili punizioni che si vorrebbe irrogare a chi non si inchina ai “colonialisti” del gay-pensiero, delle teorie del gender, del matrimonio (figli compresi) come diritto anche per coppie di persone dello stesso sesso (che figli naturalmente non possono averne). Ma tra sospensioni dal lavoro in Lombardia (il caso del professor Zucconi di cui stiamo ragionando), inquietanti “bavagli” giudiziari a senso unico in Umbria (il caso dell’avvocato Pillon che abbiamo illustrato ieri), ciclici episodi di intolleranza verso iniziative civili e pacifiche come quelle delle “sentinelle in piedi”, il clima si va facendo pesante. Anche per chi, come noi, rispetta serenamente ogni persona, comunque la pensi e qualunque condizione umana viva. Proprio per questo non ci si può lasciare intimidire, non si può tacere, non si può rinunciare Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 all’impegno. Proprio per questo, però, non ci si deve neanche accodare agli organizzatori delle risse liberticide, dello scontro per lo scontro che si punta a monetizzare in termini elettorali o, comunque, di fazioncina cultural-politica. Personaggi di questo tipo, purtroppo, non mancano e lavorano in maniera stridente (eppure a questo fine convergente) su diversi fronti. Penso anche a certi difensori (interessati e, spesso, di maniera) della “famiglia tradizionale”. Le buone ragioni non hanno bisogno di scimitarre, ma di testimoni tenaci e sobri. C’è bisogno di coraggio: quello di metterci la faccia senza maschere e senza bandiere di comodo, quello di affrontare le offese continuando a non offendere, quello di dire la verità senza paura e senza presunzione, con tutta la carità e la forza necessarie. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 A PROPOSITO DI OMOSESSUALITÀ, SANZIONI, LIBERTÀ (ANCHE DELLA SCIENZA) E... STILE 29 gennaio 2015 A PROPOSITO DI OMOSESSUALITÀ, SANZIONI, LIBERTÀ (ANCHE DELLA SCIENZA) E... STILE Copio e incollo dall’articolo che ho letto sul sito internet di “Avvenire” e che lo scorso 15 gennaio intitolato «Risponde su gay e terapie, psicologo condannato». Avete dunque scritto: «La “terapia riparativa” non intende affatto “riparare” l’omosessualità, come fingono di credere gli oltranzisti della sessualità gaia e felice. Ma occuparsi invece di “riparare” la ferita originaria nella relazione con il padre che, secondo alcuni studiosi, sarebbe all’origine dei disturbi dell’identità sessuale». L’omosessualità non è un «disturbo dell’identità sessuale» (semmai lo è il transessualismo), ma uno dei due possibili orientamenti sessuali che può caratterizzare la persona. Delle due, una: 1) o non sapete la differenza tra identità di genere e orientamento sessuale, e allora siete degli ignoranti che non possono permettersi di scrivere sull’argomento; 2) o deliberatamente e strumentalmente fate un’informazione scientificamente scorretta, faziosa e omofoba (non sarebbe la prima volta). Faccio inoltre notare che il termine “condannato” è improprio, visto che le condanne sono di esclusivo appannaggio di un giudice; in questo caso si tratta semmai di un sacrosanto provvedimento disciplinare. Prima di scrivere gli articoli, fatevi un ripassino di cultura generale: ne avete davvero bisogno. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Distinti saluti dottor Andrea Puglia Non ho cestinato questa lettera sentenziosa e sgarbata sino alla villania solo perché l’argomento e le sane e fondamentali libertà della persona e della scienza poste dall’ingiustizia subita dal professor Zucconi stanno molto a cuore a noi di “Avvenire” (non a caso, oltre che in sede di cronaca, il 21 gennaio scorso me ne sono occupato anch’io in questo spazio di confronto coi lettori). E proprio una lettera di questo tipo e tono aiuta a capire che cosa c’è in ballo. Affido il cuore della risposta all’ottimo collega Luciano Moia, autore dei documentati articoli su quel vergognoso caso di censura liberticida che vede tristemente protagonista l’Ordine lombardo degli psicologi, ma non senza aver prima sottolineato che il signore che ci scrive, e che si firma col suo titolo accademico, può avere diplomi di laurea e di master, e però non conosce neanche lontanamente le regole del dialogo, figuriamoci quelle dell’educazione... Spero per lui che le apprenda. Non da me, certo. Probabilmente da Moia. E sicuramente da più d’uno di coloro che nutrono opinioni simili o comunque vicine alle sue. Come diceva un grande educatore del passato: «Non è mai troppo tardi». Anche per imparare a stare al mondo. Gentile dottor Puglia lei ci accusa di ignoranza, informazioni scientificamente scorrette e, addirittura, di omofobia. Mi sfugge il motivo di tutto questo livore, che forse offusca il suo giudizio. Ma la prendo sul serio. Ho -– abbiamo -– ben presente la differenza tra identità di genere e orientamento sessuale. E lei sa benissimo che quanto più l’identità è fragile tanto più l’orientamento risulta vago e disturbato. Non lo afferma “Avvenire”, ma l’Oms che nel manuale diagnostico - sotto il codice F66 – ICD-10 -–parla di «persistente e marcato disagio per il proprio orientamento sessuale» e Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 specifica che se l’individuo desidera un diverso orientamento a causa di disturbi psicologi o comportamentali associativi può farsi curare. Ma questi passaggi, tuttora presenti nel cosiddetto IDC 10 dell’Oms -–ripeto: lei sa benissimo a cosa mi riferisco -–in polemiche di questo tipo non vengono mai ricordati. Si preferisce continuare a raccontare che l’Oms ha cancellato nel 1987 la categoria diagnostica di «omosessualità ego-distonica». Cosa che è vera. Ma se non si specifica tutto il resto, se lo si rimuove, allora sì che c’è un’opera di informazione parziale e ideologica. Per quanto riguarda, poi, la differenza tra “condanna” e “provvedimento disciplinare” lei ha ovviamente ragione, in termini giuridici. Ma il senso politico della sanzione decisa dall’Ordine degli psicologi è chiaramente di condanna. E vorrei sapere chi se la sente di negare che la scelta di disporre che un collega non possa lavorare per tre mesi di fatto rappresenti una “condanna” a fare la fame? Detto questo, chiunque legga “Avvenire” -–cosa che lei evidentemente, e liberamente, non fa se non saltuariamente –- sa bene che su questo giornale non escono articoli “contro” le persone omosessuali e che l’accusa di omofobia ci indigna perché profondamente e velenosamente ingiusta. Ma è anche rivelatrice, quell’accusa peregrina e violenta: rappresenta la prova degli obiettivi omologanti e liberticidi dei lobbisti che premono per una legge in quella materia. Nelle nostre cronache per gli omosessuali e per i problemi che essi vivono e pongono all’opinione pubblica c’è tutta l’attenzione, l’accoglienza e il rispetto che merita ogni essere umano. Ciascun uomo e ciascuna donna - per le persone civili e tanto più per i cristiani -–valgono a prescindere dal proprio orientamento sessuale. Ricambiamo i suoi distinti saluti. Luciano Moia Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 QUEL CLIMA D’INTIDIMAZIONE AL QUALE NON POSSIAMO RASSEGNARCI 31 gennaio 2015 QUEL CLIMA D’INTIDIMAZIONE AL QUALE NON POSSIAMO RASSEGNARCI Caro direttore, ho letto i servizi di Avvenire e le risposte che avete dato a una lettera di aspra contestazione ai servizi di cronaca e ai commenti con cui avete accompagnato il caso del professor Zucconi, lo psicologo sospeso tre mesi dalla sua professione per decisione dell’Ordine lombardo per aver osato parlare delle terapie che possono essere attuate con persone che vivono con disagio una condizione vera o presunta di omosessualità. Vorrei portarle la mia esperienza, ma, per motivi di privacy, le chiedo di non firmarmi col mio cognome. Spero capirà, altrimenti cestini pure questa lettera. A quindici anni ho subito delle molestie, da parte di un medico. Ho rimosso. Una rimozione da manuale. Verso i diciotto anni ho ricordato tutto: una lettura che avevo fatto la sera di quel fatto e poi mai ripreso in mano, di tutt’altro argomento, mi ha fatto ricordare. Anni di disagio verso gli uomini, verso il sesso. La convinzione che forse... una donna fosse meglio. Il disagio. E poi, finalmente, la terapia. Non abbiamo mai parlato di omosessualità, ma superare le molestie mi ha restituito la femminilità e la voglia di fidarmi di un uomo. Senza terapia... chissà. Forse non avrei mai avuto il coraggio di provare con un uomo. E non sarei mai stata serena o appagata perché la mia natura mi portava a questo. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Grazie per l’attenzione e per i valori che portate avanti. Anna Gentile direttore, approfitto della lettera del dottor Puglia che ha reiterato l’argomento per porre la questione seguente: perché i nomi delle persone soggette a provvedimento disciplinare sono sbandierati, come nel caso del professor Zucconi, mentre si omette di rendere noti sia il nome del denunciate sia i nomi di chi ha comminato la sanzione? Invece io, che non sono tra quelli immediatamente sanzionabili perché non esercito, mentre mi capita che mi vengano richieste referenze da parte di possibili pazienti, vorrei tanto conoscere questi nomi, per esercitare la mia libertà di scegliere con cognizione di causa, sapendo in anticipo chi è “ammaestrato” dalla lobby Lgbt... Mi accontenta se le chiedo di non firmare con il nome per esteso? Patrizia Caro direttore, mi associo a lei e all’ottimo Luciano Moia nel respingere fermamente le accuse infondate e arroganti del dottor Andrea Puglia, evidentemente occasionale visitatore del sito internet del nostro Avvenire. Credo che l’ingiusta sanzione comminata al professor Zucconi sia frutto di quel turbine ideologico che tuttora impera sui massmedia e che coinvolge purtroppo anche varie associazioni e qualche magistrato. Senza entrare in discorsi strettamente di fede cristiana, credo che ogni persona portatrice di un disagio esistenziale di qualsiasi natura (compresa quella sessuale) abbia il diritto di chiedere a uno psicoterapeuta di sua fiducia un trattamento adeguato per trovare sollievo nella sua quotidiana esistenza. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Credo altresì che nessuna società veramente aperta ai diritti dell’uomo debba coercitivamente intervenire per sanzionare il medico che cerca di aiutare chi si trova nel bisogno. Giovanni Martinetti, Ghemme (No) Caro direttore, ho letto con sgomento la pesante missiva del signor Puglia e condivido il vostro giudizio in merito. Come stona il titolo di “dottore” (che da sempre nell’immaginario collettivo evoca sapienza e saggezza...) con quelle parole che trasudano di arroganza ! Un’arroganza che sembra palesarsi soprattutto nel momento in cui si da per assodato che (cito) «L’omosessualità non è un “disturbo dell’identità sessuale” (semmai lo è il transessualismo), ma uno dei due possibili orientamenti sessuali che può caratterizzare la persona». Ma è proprio così sicuro quel signore che per la comunità scientifica sia così evidente che l’omosessualità stia sullo stesso piano del rapporto uomo donna? Ovviamente senza giudicare chi vive una situazione piuttosto che l’altra. Non sono un medico, ma quello che sembra decisamente evidente è che l’omosessualità spesso rappresenta un problema per chi la vive ed è raro accorgersi che ci sia qualcuno che prenda seriamente a cuore il cammino di queste persone: non lo fa certo chi le strumentalizza in modo ideologico. Certamente la Chiesa, anche se non lo si dice mai (e pure il signor Puglia sembra ignorarlo), è in prima linea nel seguire queste delicate vicende, sia da un punto di vista umano, sia sul piano spirituale. Perché, come lei ha ribadito, caro direttore, prima di tutto sono persone. Luca Cattaneo, Varese Caro direttore, Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 ho letto la lettera del dottor Puglia e la pacata e puntale risposta che tu e il bravissimo Luciano Moia avete dato. Mi sembra banale, ma anche doveroso, dirvi che avete tutta la mia solidarietà. Sono totalmente d’accordo con voi nel merito e nel metodo, e penso che la difesa della responsabile libertà di parola davvero non riguardi solo “Charlie Hebdo”, ma stia diventando un vero e proprio scoglio anche in questo nostro mondo occidentale. Viene messa in discussione la libertà di esprimersi di chi dimostra di non voler sottostare al pensiero unico, che si vuole far passare come dominante e illuminato, ma che proprio per questo tenta di cancellare e di delegittimare chi non lo condivide – a ragione o a torto, non è qui il punto – e chiede solo di poter dire ciò che pensa. Liberamente, con rispetto, nel dialogo e nell’ascolto, ma anche con il diritto dovere di affermare con chiarezza i propri valori e le proprie scelte. Come Avvenire fa sempre e da sempre. Coraggio, quindi. E un grazie per il lavoro personale di Moia e di tutto il giornale. Francesco Belletti Presidente del Forum delle Associazioni familiari Grazie per queste vostre lettere, care amiche e cari amici. Sono indirizzate a noi, ma nella sostanza sono rivolte anche e soprattutto allo psicoterapeuta professor Zucconi, al quale confermiamo così, ancora una volta, stima e solidarietà. Sono ricche di contenuto, e perciò capaci da sole di suscitare diverse pertinenti riflessioni. Mi colpiscono, tuttavia, la richiesta di due lettrici di non firmare per esteso la loro rispettiva lettera. Trovo assolutamente logico il desiderio di riservatezza della signora Anna, alla quale va un grazie speciale per aver condiviso con noi, con sobria efficacia, la sua dura vicenda. Considero, invece, un ulteriore campanello d’allarme la ritrosia della signora Patrizia, una persona coraggiosa e attenta che chiede vera trasparenza in processi che così trasparenti non considera. In realtà, vorrei ricordare che in quella storia tutto è chiaro: Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 l’Ordine degli psicologi lombardi è piuttosto trasparente visto che attraverso il sito internet rende possibile reperire molte informazioni e dato che l’identità del «denunciante», come abbiamo scritto, è nota (si tratta di uno psicologo napoletano). Eppure il problema posto dagli eccessi di prudenza (che, sia chiaro, comprendo) sono un serio campanello d’allarme e confermano ciò che è stato ben colto da tanti nostri lettori. Si punta a instaurare all’insegna di peregrine accuse di «omofobia» e di un battage vittimistico-aggressivo «filo gender» un clima intimidatorio e liberticida, si vorrebbero impedire parola e attività a chi non si allinea al pensiero dominante o presunto tale. Ovviamente noi di Avvenire non ci rassegniamo a questa dieta di «polpette avvelenate», per usare l’immagine a cui ha fatto ricorso ieri il segretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino. E neppure siamo disponibili a condirle con invettive: lo faccia chi vuole, e si guardi allo specchio se vuole la rissa. Del resto, è noto un po’ a tutti che con pacifica determinazione continueremo a resistere a quella che papa Francesco ha definito una vera e propria «colonizzazione culturale». E, grazie a Dio e a voi tutti, sappiamo di non essere i soli. Chiudo con un altro grazie speciale: a Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni familiari, deciso come noi a coniugare chiarezza e dialogo, allergia alle confusioni e totale rispetto per le persone. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 LE INTERVISTE LE INTERVISTE Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 «LASCIATE IN PACE I BAMBINI IL GENDER È IDEOLOGIA VIOLENTA» Il filosofo Stefano Zecchi: occorre reagire, là dove è possibile bisogna creare argini di confronto pacifico Lucia Bellaspiga 28 marzo 2014 «LASCIATE IN PACE I BAMBINI, IL GENDER È IDEOLOGIA VIOLENTA» S i dice «d’accordissimo» che l’educazione comprenda anche il tema dell’omosessualità e che nessuna discriminazione sia accettabile, soprattutto a scuola, «ma il trasformare questa convinzione in una battaglia politica è mistificatorio è violento nei confronti dei bambini. Occorre reagire, là dove è possibile bisogna creare argini di confronto pacifico». Tra i genitori sconcertati dalle linee guida dell’Unar (i tre ormai famigerati volumi dedicati alle scuole elementari, medie e superiori, poi ritirati dal web) e dall’ideologia del gender imposta come indottrinamento fin dalla tenera età, c’è Stefano Zecchi, ordinario di Filosofia alla Statale di Milano e scrittore, ma anche padre di un bimbo di 10 anni. Fiabe gay alle materne, problemini di aritmetica con personaggi omosessuali alle elementari, narrativa e film transgender alle superiori, la parole padre e madre cancellate dai moduli... Come si arriva a questo? A chi giova? Ci sono due livelli di ragionamento. Il primo è culturale filosofico, il secondo più pedagogico. Oggi in politica c’è una forte difficoltà a dare un senso culturale alle proprie differenziazioni, così il laicismo proprio della sinistra ha trasportato il suo armamentario ideologico nel tema dell’abolizione dei generi. Dire che i generi non sono più maschio e femmina Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 ma addirittura 56 tipi diversi diventa la battaglia per un’identità politica. Come prima credevano sinceramente che il comunismo salvasse il genere umano e si riconoscevano nella moralità ineccepibile, così oggi sostengono che il gender salva dall’abbrutimento. Ma così la politica diventa biologismo, selezione della specie, darwinismo deteriore. Basta leggere i loro testi. E sul piano pedagogico? La scuola è particolarmente nel mirino di queste folli ideologie. È giusto che l’educazione comprenda anche l’omosessualità e soprattutto il rispetto delle differenze, ma senza portare il tema sotto le bandiere mistificatorie che vedo oggi. Una cosa è il dato biologico, altro è la sovrastruttura culturale: un giorno arriveremo a difendere il pedofilo, in fondo è un uomo che persegue una sua preferenza sessuale, e addirittura l’incesto... La libertà di educazione per i propri figli è un principio costituzionale. Eppure oggi è minato da una “educazione di Stato” che gli ideologi del gender vorrebbero imporre. È chiaro che più si sa e meglio è, è persino banale dirlo, ma chi deve sapere? I docenti. Devono essere formati bene per prevenire ogni forma di bullismo, che crea vere tragedie personali, e fare mediazione tra le sensibilità della classe. Ma lasciate in pace i bambini: su di loro si sta esercitando un’ideologia violenta che non dovrebbe nemmeno lambirli. D’altra parte è tipico dei regimi, che come prima cosa si appropriano delle scuole: questo sta diventando un regime e infatti tutti hanno paura di reagire, anche solo dire che il padre è un uomo e la madre una donna è diventato un atto di “coraggio”. Siamo al grottesco. Eppure alcune scuole si adeguano subito: via le fiabe perché il principe ama la principessa, via anche la festa del papà (chissà perché della mamma no)... È il frutto di una demolizione della figura del padre che arriva da lonta- Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 no, dagli anni ‘70, quando si è cominciato a distruggere la famiglia dal “capo”. Sfasciata la famiglia è chiaro che dopo puoi sfasciare anche i due diversi ruoli di padre e madre, e che oggi sia a pezzi lo dice la facilità con cui si sciolgono i matrimoni: quando si accetta una visione così “allegra” di famiglia, aperta, senza legami, tutto diventa possibile. Annientare la madre è più difficile perché è la figura biologica, anche se affitti un utero è ancora femminile, finché almeno la tecnologia non riuscirà in cose mostruose, e allora saremo di nuovo al nazismo. Ma io non credo si arriverà a tanto. Lei è ottimista? La storia insegna che nei regimi si cade senza avvedersene. Ormai la nostra società ha consolidato un forte individualismo, la teoria del gender non diventerà un fenomeno di massa, lascerà il tempo che trova: io non sono terrorizzato, sono disgustato, che è diverso. Tuttavia bisogna avere delle attenzioni, attrezzarsi perché i nostri figli possano crescere in una dimensione -– religiosa o laica che sia -– di libertà. Mia madre era maestra e per una vita ha insegnato nella scuola statale, io ho studiato e insegnato sempre nello Stato, lo stesso fa mia moglie... ma mio figlio studia in una scuola paritaria: lì ho la garanzia che cresca libero dall’arroganza degli “inappuntabili moralmente”. Lo ripeto, non voglio crociate, dobbiamo creare argini di confronto pacifico e informare i docenti, ma non fare violenza sui piccoli. Chi ha autorità morale -–oltre alla Chiesa anche la politica -–si faccia sentire, la buona sinistra parli, dica la sua, ne abbiamo bisogno. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 «LOBBY GAY MANOVRATE DA POLITICA E FINANZA» di Luciano Moia “Noi genitori & figli” febbraio 2015 «LOBBY GAY MANOVRATE DA POLITICA E FINANZA» E cco a chi conviene lo stravolgimento antropologico in atto. Destrutturare i fondamenti della sessualità umana, annullare il maschile e il femminile per introdurre l’irrealtà di un godimento usa e getta, senza radici, senza legami e senza etica, risponde a una precisa idea di consumo mascherato da progetto ideologico. Lo spiega il professor Mario Binasco, psicanalista e docente all’Istituto “Giovanni Paolo II” di Roma. Gender, se lo conosci lo eviti. O almeno ci provi. Ma per addentrarci con un minimo di profondità in un arcipelago culturale tanto insidioso, è necessario chiarire, almeno sinteticamente, le origini e le caratteristiche di questa teoria. E tentare di comprendere come la struttura sociale, il modo di pensare, il mercato, la nostra stessa realtà politica sembri strutturata per favorire l’espansione di un’idea tanto pericolosa e devastante. Perché, pretendendo di decomporre la famiglia dal suo interno, spostando i fondamenti antropologici dal piano della natura a quelli dell’arbitrio culturale, rischia di minare la nostra stessa idea di civiltà. Conoscere i rischi del gender significa anche dotarsi delle armi culturali per dire no all’avanzata di questo gravissimo pericolo nella scuola e nell’università. Un’invasione già in atto, purtroppo, di cui prendere consapevolezza. Perché se il gender diventerà – come purtroppo sta diventando – prassi educativa e quindi comune modo di pensare, allora il rischio di una destabilizzazione globale dei nostri valori, della nostra cultura dei riferimento, del nostro immaginario collettivo sarà drammaticamente pre- Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 sente. Infatti, come diceva Marx, ogni ideologia serve a non vedere e a far tacere qualche aspetto della realtà umana: e quindi a far tacere e a sopprimere quelli che dicono che questa realtà esiste. Se non siamo all’utopia del male assoluto, poco di manca. Per questa operazione-verità abbiamo chiesto aiuto al professor Mario Binasco, psicanalista, docente di patologie familiari al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, presso l’Università Lateranense di Roma, da anni studioso del gender a livello internazionale Quali sono le origini storiche-culturali del gender? Queste teorie non sono un sapere nuovo sulla sessualità umana. Come dice la parola stessa, la gender theory è una teoria o un insieme di teorie. Di una teoria bisognerebbe sempre chiedersi sia di che cosa è la teoria, sia di chi è questa teoria. Nel caso di teorie scientifiche, la seconda domanda passa in secondo piano: una teoria scientifica deve spiegare certi fenomeni di un ambito di realtà, deve produrre un sapere da verificare, ma autosufficiente, e chi sia la persona o le persone che la sostengono o che la formulano, e quali siano i loro moventi è del tutto secondario ed estrinseco alla teoria, al sapere stesso. Una legge fisica è quello che è indipendentemente da chi la formula. Non è così quando si tratta di una teoria politica, specialmente del tipo che si è affermato a partire dalla rivoluzione francese e dalle elaborazioni degli idéologues, e che è si è imposto come modello canonico di azione politica nei secoli successivi fino ad oggi; in questo caso la teoria non vuole descrivere o spiegare una realtà, ma è uno strumento di chi vuole realizzare la teoria stessa, tramite l’azione politica, e fare accadere le condizioni sociali di cui questa parla: marxisticamente si diceva «inverare la teoria». Infatti il modello di questo genere di teorie dell’azione politica ha trovato il suo paradigma nel discorso marxista rivoluzionario, secondo la famosa frase di Marx: «Finora i filosofi hanno interpretato il mondo, si tratta invece di trasformarlo»; ed è questa logica di origine marxiana che caratterizza tutti i movimenti politico ideologici militanti fino a quelli attuali, passando per i movimenti del ’68. E per l’ideologia è più importante negare e distrugFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 gere, che costruire. Quindi i sostenitori della teoria del gender pretendono di “trasformare il mondo” a partire da un’idea che non ha alcun rapporto con la realtà? Più che una teoria un’ideologia? Certo: almeno anni fa i marxisti distinguevano tra sovrastrutture ideologiche e struttura reale: oggi invece questa distinzione tra struttura e sovrastruttura sembra completamente cancellata, specialmente nei discorsi sul gender – ed è questo che a mio parere li confina nel recinto dell’ideologia. Ne risulta che la polemica contro la “natura” umana sia di fatto una polemica contro l’esistenza di una struttura umana, e dunque una lotta antiscientifica contro il reale. Trattandosi di una teoria sulla realtà umana (la storia e l’economia, per Marx; la sessualità per il gender), il suo oggetto coincide almeno in parte con l’esperienza delle persone che la sostengono, e il chi è che la sostiene non è solo qualcuno convinto della sua verità, ma qualcuno che contemporaneamente si fa oggetto e parte della realtà militante che la teoria descrive, ed al quale la teoria dà un metodo di azione. Questo metodo, di impronta marxiana e leninista, consiste anzitutto nell’individuare un gruppo, una classe che si possa considerare oppressa o alienata per qualche aspetto; poi nel fare crescere la “coscienza di classe” della sua oppressione o alienazione, in modo da mobilitarla nell’azione politica rivoluzionaria per sovvertire l’ordine sociale esistente. Un metodo che dal ’68 in poi è diventato quello fisso di ogni agitazione. L’obiettivo delle lobby gay è quello di creare una “coscienza di classe” non di aiutare le persone omosessuali? Per voler aiutare la persona bisognerebbe pensare che la persona esiste realmente e indipendentemente dal tuo progetto politico di dominio. Quella del gender è solo l’ultima forma assunta da questa prospettiva ideologica, che porta avanti discorsi iniziati nel ’68. Ai tempi del ’68 – movimento politico supportato da fattori meno economici che identitari, coscienza di classe legata ad una condizione, quella giovanile, e all’idea Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 di repressione, a un certo momento si usava la distinzione tra “personale” e “politico”: due “campi” che erano però strettamente uniti, perché nell’azione politica di movimento le persone cercavano anche di provare nuovi modi di vivere insieme agli altri le dimensioni della vita personale relazioni di gruppo, di amicizia, amorose, sessuali. Senza approfondire troppo criticamente questa distinzione, possiamo riprenderla per orientarci nel fenomeno del gender. Nell’arcipelago gender pesa di più l’impegno “politico” o quello che pretende di presentare una nuova visione del mondo? Possiamo distinguere due versanti nell’insieme del fenomeno gender: un livello o versante politico, dove il gender funziona come ideologia politica che supporta azioni rivendicative, di infiltrazione sociale, mediatica e amministrativa: è il versante della “lotta”, delle manifestazioni, degli attacchi, della “presenza” sociale, del coming out, ecc. E poi c’è un versante di elaborazione “teorica”, di elaborazione dei discorsi sulla sessualità umana, che entrano nel merito delle esperienze soggettive delle “minoranze sessuali”, delle “narrazioni” che dicono il loro modo di fare esperienza dell’essere sessuati, anche se queste esperienze non sono mai considerate separatamente dal rapporto dei soggetti che le fanno con la norma eterosessuale che “domina” almeno secondo loro, nella società: anche quando ci sono autori che sostengono la “pacifica” “normalità” dell’omosessualità come variante della sessualità umana, il discorso su di essa, su come si sviluppa, si evolve, ecc. è sempre svolto in riferimento alla condizione politica di minoranza esclusa e non legittima. Perché le lobby gay sono così sollecite ad accusare di omofobia chi mostra di dissentire dalle loro tesi? Tutti i fattori di tensione, di discordanza nel vissuto personale, di divisione soggettiva, sono considerati solo come effetti del mancato riconoscimento sociale che sta all’origine, e mai come legati alla struttura della persona. Per questo il termine di omofobia è così importante, chiave, per il movimento gay: perché è l’assioma principale. Ad esso è sospeso, apFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 peso tutto il discorso; l’omofobia funge da chiave che tiene insieme i due versanti, quello “personale” e quello “politico”, perché questa “fobia” da parte degli “altri”, assimilata a una forma di razzismo viene considerata sia come un habitus patologico in senso psicologico ma soprattutto sociale e politico. Questa “nozione” è talmente importante che anche se la cosiddetta omofobia non esistesse come fenomeno reale, la “cultura gay” dovrebbe inventarla per far tenere il suo discorso: infatti si vede che gli unici autorizzati a parlarne in termini “scientifici” sono gli appartenenti alla cultura gay, mentre se qualcuno di non appartenente anche solo tenta di metterci lingua e pensiero si scatenano le reazioni linciatorie: come qualche decennio fa i gruppi femministi non ammettevano che degli uomini parlassero dei temi femminili, da un lato negando la loro competenza in quanto non situati nell’esperienza femminile, e dall’altro lato rifiutandoli come esponenti della classe avversa, maschilista e patriarcale: incompetenza personale e inimicizia politica, tanto per riusare queste due categorie. Eppure l’omofobia è la parola chiave anche di provvedimenti legislativi che rischiano di essere più repressivi di ciò che dicono di voler reprimere… Sarebbero tanti gli esempi di leggi penali contro l’omofobia proposte o approvate in vari Paesi: in Italia questa proposta di legge (quella firmata da Scalfarotto ndr) è fatta esplicitamente per criminalizzare affermazioni, pensieri, posizioni culturali che la minoranza “protetta” possa sentire, a suo esclusivo giudizio, come offensive. Chiediamoci: la non discriminazione viene chiesta per sciogliere la comunità dei discriminati LGBT nel più vasto insieme ora risanato della società? oppure per permettere alla comunità degli ex-discriminati di passare dall’altra parte e costituire un gruppo di potere che criminalizza chiunque? È un bel problema logico: se l’essere discriminati è la ragione sociale di partenza che tiene insieme il gruppo, un fattore identitario a cui si tiene, non manterrà sempre necessariamente una logica razzista che rilancerà la criminalizzazione degli altri? Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Quali sono i rischi educativi del gender? Quando si parla di gender sono sconcertanti i discorsi sull’“educazione” propugnati dai sostenitori dei movimenti LGBT: l’educazione sempre, necessariamente, è esistita per attrezzare il soggetto ad affrontare l’incontro/scontro col reale, rendendo cosciente il soggetto di un criterio col quale può guidarsi, fosse pure, questo criterio, il piacere, come era per gli edonisti e gli epicurei antichi. Ma se propongo – e impongo – al soggetto il criterio del godimento comunque a portata di mano, che non hai quasi neanche bisogno di desiderare, per il quale il reale deve essere – e quindi è – friendly per definizione, è evidente che rendo inutile e insensata qualunque idea di “educazione”. O meglio, in fondo trasformo l’educazione che dovrebbe attrezzare il soggetto ad affrontare l’impossibile dell’esistenza, in una predicazione per dis-armare, dis-orientare e inibire il soggetto davanti al reale, anche al reale di se stesso, che poi è quello più difficile perché è impossibile sfuggirgli. Come mai le idee propugnate dal gender trovano tanta accoglienza? La proposta del gender prospera nella nostra società proprio perché le corrisponde e la asseconda: se non si vivesse questo esproprio dell’esperienza e questo distacco dal reale su scala sociale, molto difficilmente passerebbe un’ideologia che afferma che la realtà sessuale è solo produzione della “cultura”, e quindi si riduce a convenzione, gioco di società, parvenza, che non ha legami e radici reali col soggetto, che si può “disfare” senza toccare profondamente il rapporto del soggetto col reale. Ma non è pericoloso pretendere di proporre un’idea esistenziale sganciata dalla realtà? Di fatto l’ideologia del gender consiste nel proporre di vivere come se il sesso fosse solo il prodotto di convenzioni culturali: convenzioni anche violente, rudemente concrete, ma convenzioni in fondo “verbali” e “simboliche”, che riguardano immagini ideali o maschere. Se questa ideologia si diffonde e penetra, deve essere anche perché qualcuno la trova verosimile e sente in qualche modo interpretata almeno una parte della Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 propria esperienza; e per non sentire smentita dalla realtà questa esperienza, per sentirla corrispondente alla realtà, bisogna che questo “come se” sia sostenuto da discorsi sociali, perché nessuna esperienza, tanto più se “come se”, può sussistere da sola senza conferme sociali: ruolo che oggi è sempre più svolto dal sistema dei media, quella che mi piace chiamare ipnosfera. Proporre di vivere come se il proprio fantasma fosse solo una fiction culturale, incoraggiando a variarlo, non è fare un buon servizio alla gente: non sostenere le persone nel prendersi cura dei rapporti di dipendenza dal reale che esse hanno è come lasciarle nell’illusione che possono segare il ramo su cui stanno sedute indifferentemente da entrambi i lati. Ci sono anche segmenti dell’economia che guardano con favore a queste teorie? La teoria gender e la prassi politica che la supporta è in realtà la teoria e la costruzione del perfetto consumatore adeguata al mercato bio-politico della pulsione e del godimento (che esclude la soddisfazione del soggetto), adeguata al mercato pervasivo dell’erotismo scomposto nei suoi fattori o nella molteplicità delle figure che possono catturare o suscitare il desiderio: sicché ogni tanto viene da pensare che dietro la montata di questa costruzione del consumatore erotico potrebbe esserci la strategia di qualche grande azienda pubblicitaria e di marketing. Se non fosse, però, che l’affermazione di questa costruzione non avviene solo per un moto gioiosamente spontaneo dei desideri incoraggiati da una pubblicità, ma anche per l’organizzazione ferrea e militante – per non dire “militare” – di un potere capace di imporsi a livello mondiale: anche se questo potere a volte assomiglia più alla rete di un’infezione epidemica, che ad un “Grande fratello”. In questa chiave il gender non rischia di trasformarsi in una sorta di dipendenza psicologica? Il modello più espressivo di tutto ciò è proprio quello della droga: un “qualcosa” (immaginata come una sostanza) che realizza e condensa in Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 sé un modo di godimento, la cui conseguenza – ma anche la cui funzione – è quella di isolare il soggetto da un reale di rapporti insopportabili addormentando o anestetizzando le sue angosce. Il discorso capitalistico è stato assunto come forma attuale del Super-Io: e il Super-Io, come ha osservato Lacan, oggi non è più il Super-Io vittoriano, che inibiva e proibiva il godimento nel nome (usurpato) del bene comune: oggi il Super-Io vieta e inibisce la proibizione, e dunque istiga e spinge al godimento, che è posto come il nuovo “bene comune” secondo il più puro ideale capitalistico. Ora, una caratteristica certa del Super-Io, da Freud in poi, è che col Super-Io non si discute né si negozia, è appunto un imperativo che comanda l’impossibile, comanda una contraddizione. Il godimento fatto oggetto contemporaneamente di aspirazione e di comando imperativo forse spiega anche il mix di illusione “buonista” e di prepotenza intollerante e sorda ad ogni ragione, tenuti insieme in una perfetta “buona coscienza”, che si incontra spesso in chi sostiene il gender. A questi sostenitori del gender dunque, che cosa rimprovera di più? Ci sarebbero tanti aspetti da criticare. Anche molto gravi e preoccupanti. Ma voglio limitarmi a un’angolatura solo apparentemente marginale. Non rimprovero le intenzioni soggettive di nessuno, perché non le conosco: ma è certo che di fatto la “macchina ideologica” del gender assassina l’umorismo e al suo posto installa una forma di paranoia collettiva: le rimprovero di bandire ed impedire il sense of humour e la leggerezza che sono necessari per avere rapporti umani e sociali vivibili e civili. Personalmente, sono uno che resiste difficilmente alla tentazione di fare una battuta e, quando penso alla “vita buona” di cui parla, tra gli altri, l’arcivescovo di Milano, credo che questa è impossibile senza rapporti in cui l’umorismo sia il veicolo della verità che ci sorprende ridendo, e che richiede alla base un’intesa umana per essere detta e comunicarsi. Ma oggi siamo in un tempo in cui è un giudice penale a decidere se tu hai pronunciato un motto di spirito o un insulto illecito. Il rimprovero è di uccidere il motto di spirito. E non lo dice anche il Vangelo che il peccato contro lo spirito è imperdonabile? Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 «SCONVOLGERE L’IDENTITÀ SESSUALE È PREMESSA PER IDEOLOGIE TOTALITARIE» Lo psicanalista Anatrella: le pulsioni non possono diventare legge Luciano Moia 28 febbraio 2015 «SCONVOLGERE L’IDENTITÀ SESSUALE È PREMESSA PER IDEOLOGIE TOTALITARIE» «U na deriva culturale, sostenuta da una lobby intellettuale e politica potentissima, che rischia di minare alle radici le basi stesse della civiltà occidentale. Opporsi e reagire dovrebbe essere compito di tutte le persone di buona volontà». Lo sostiene monsignor Tony Anatrella, sacerdote e psicanalista francese, tra i massimi studiosi mondiali del “rischio gender”, autore di numerosi saggi sul tema. Ieri sera, al Centro culturale di Milano, ne ha presentati due, gli ultimi tradotti in italiano, “La teoria del gender e l’origine dell’omosessualità” e Il regno di Narciso”, entrambi pubblicati dalla San Paolo. Più volte lei ha sostenuto che all’origine del “gender” c’è una grande bugia: pretendere cioè che l’identità sessuale si possa cambiare a piacimento, secondo una prospettiva immaginaria che non tiene conto del dato biologico. Perché è pericoloso incoraggiare questa convinzione? Perché si rischia di creare le condizioni per un’immaturità diffusa della società. E se la società si “infantilizza”, va incontro ad un inevitabile ar- Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 retramento e si disgrega. Quindi la convivenza sociale diventerebbe più difficile per tutti. Ci si illude di costruire libertà e invece si apre la strada al totalitarismo. Un quadro a tinte fosche. Il “gender” potrebbe davvero innescare questo imbarbarimento collettivo? Senz’altro. Perché se noi pretendiamo di costruire la società sulla base delle pulsioni più elementari, senza tenere conto della differenza sessuale maschile-femminile, noi costruiamo un’ideologia completamente sganciata dalla realtà. E i danni causati dalle ideologie nella storia dell’uomo sono ben noti. Lei ha spiegato che questo pensiero perverso, sorto nei Paesi occidentali, sta contaminando anche l’Asia e l’Africa. Ma quali sono concretamente i problemi che potrebbero derivare dalla diffusione di queste teorie? Il “gender” è l’arma più efficace per destabilizzare le famiglie perché, sulla base di un falso egualitarismo, frutto di un femminismo malinteso, pretendere di escludere l’uomo da qualsiasi decisione in merito alla maternità. Il “gender” è il preludio per far passare autentici attentati sociali, come la cosiddetta “pianificazione familiare”, cioè la cultura dell’aborto come mezzo di controllo delle nascite, imposta con la forza economica dei grandi organismi internazionali. Eppure le teorie del “gender” sono riuscite a fare breccia nelle legislazioni di numerosi Stati occidentali. È davvero così potente la lobby culturale che le sostiene? Potentissima. Il concetto di “gender” nasce negli anni Cinquanta, negli Stati Uniti, sulla scia dei movimenti femministi e delle organizzazioni omosessuali. Ma è a partire dagli anni Settanta, nel clima di libertarismo che pretendeva di annullare ogni differenza in nome di una società più giusta e con diritti uguali per tutti, che si espande, diventa arma politica, arriva ad influire sulle legislazioni nazionali. E da spinta verso nuove Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 libertà diventa strumento oppressivo. Perché quando si arriva a cancellare dal codice civile i nomi di “padre” e di “madre”, come successo per esempio in Spagna o in Canada, si calpesta la realtà e si compie una grave ingiustizia. Tanto più intollerabile perché arriva direttamente dallo Stato. Nella sua attività di psicoterapeuta lei ha incontrato tanti ragazzi vissuti con genitori omosessuali. Ha riscontrato particolari fragilità in questi giovani? Purtroppo sì. Il dato è inconfutabile, al di là delle statistiche di parte. I ragazzi che hanno avuto come modello genitoriale due persone dello stesso sesso rischiano di crescere con un’identità confusa e presentano un diffuso disagio psicologico. È come se la loro psiche fosse di fronte a un’antinomia difficilmente componibile. E la mia non è una posizione ideologica. L’ho costruita sulla base dell’osservazione diretta, in tanti anni di consulenza psicanalitica. Per chi si trova disagio con il proprio orientamento sessuale è immaginabile pensare a interventi di accompagnamento terapeutico? La premessa doverosa è che nessuno pretende di infliggere terapie a chi non lo desidera. Ora, se una persona si sente a disagio nel proprio orientamento e, liberamente, chiede di essere aiutato, l’accompagnamento psicanalitico può risultare molto utile. Nella mia esperienza quarantennale ho seguito decine di casi. Non si può generalizzare. Esistono diverse forme di omosessualità e ogni individuo presenta situazioni e storie specifiche. Che tipo di accoglienza pastorale si può immaginare per una persona omosessuale che vive in modo non conflittuale il suo orientamento? È dovere della Chiesa accompagnare tutte le persone alla scoperta della Parola di Dio. Certo, la pastorale indirizzata alle persone omosessuali, è particolarmente difficile e impegnativa. Richiede preti esperti, accoglienti, con alle spalle studi specifici. Amore e verità vanno coniugati senza semplificazioni. Misericordia non può vuol dire giustificare abitudini sessuali in contrasto con la dottrina morale della Chiesa. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 MASCHILE E FEMMINILE LE RADICI DELLA SOCIETÀ «La grandezza dell’essere umano consiste nel riconoscere le differenze per farne un’occasione di incontro e di rispetto. Se si nasconde la differenza tra i sessi, non si potrà più combattere contro le violenze fisiche o psicologiche subite dalle donne che rimangono una terribile realtà in tutti i Paesi e tutte le classi sociali». Lo sostiene monsignor Philippe Bordeyne, rettore dell’Istituto Cattolico di Parigi Luciano Moia MASCHILE E FEMMINILE LE RADICI DELLA SOCIETÀ Quali rischi culturali, ma anche sociali e politici, sono prevedibili per la nostra società se si perde il valore della differenza sessuale? Il paradosso dell’epoca attuale è che, da un lato, ciascuno rivendica la propria differenza, talvolta per reclamare diritti specifici, e, d’altra parte, le differenze strutturali dell’umanità tendono ad essere trascurate. Eppure queste differenze costituiscono la base su cui poggiano i doveri di base. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo afferma che gli esseri umani sono uguali in dignità, anche se sono diversi per sesso, età, nazionalità, condizione fisica, risorse economiche. Pertanto, queste differenze sono oggetto di obblighi morali a carattere universale. I bambini devono essere nutriti, educati, protetti; essi non possono essere selezionati come partner sessuali da parte degli adulti. Gli stranieri hanno diritto al rispetto, ancora di più se sono immigrati o rifugiati politici. Abbiamo il dovere di assistere i malati e gli anziani, e coloro che soffrono la fame e la povertà. Tutti questi elementi sono il cuore della dottrina sociale della Chiesa. In un tempo che minimizza la differenza tra i sessi, è particolarmente importante ricordare che è questa la differenza per eccellenza, Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 quella che segna il nostro corpo, ma anche l’intero patrimonio biologico ed affettivo. Questa differenza ci ricorda che la grandezza dell’essere umano consiste nel riconoscere le differenze per farne un’occasione di incontro e di rispetto, in modo tale che non siano occasione di disprezzo e di esclusione. Se si nasconde la differenza tra i sessi, non si potrà più combattere contro le violenze fisiche o psicologiche subite dalle donne che rimangono, ahimè, una terribile realtà in tutti i Paesi e tutte le classi sociali. Perché soltanto in famiglia esistono le condizioni più opportune per educare alla differenza sessuale? Non dimentichiamo che la differenza sessuale fa paura. C’è la paura dell’incontro con l’altro, ma anche la paura di ciò che ci manca: l’umanità è divisa in due sessi, e io non ne possiedo che uno, in modo tale che nessuno può comprendere da solo la totalità dell’umano. Ciò che ci salva dalla paura della differenza sessuale, è l’amore. Solo l’amore, che viene da Dio e conduce a Dio, ci rimette nella prospettiva del disegno creatore: la differenza sessuale è buona, ed è in questa differenza che l’essere umano è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. In famiglia si scoprono le differenze sessuali come un tesoro destinato all’amore e alla gioia di una comunanza di vita, senza che si cancellino le mancanze iscritte all’interno dell’essere umano. Tu mi manchi così tanto che se non ci fossi, non sarei davvero me stesso. Crescendo con i loro genitori, i bambini vengono introdotti al mistero di quell’amore che sceglie l’altro con un atto di responsabilità e una promessa di fedeltà fino alla morte. Ma essi stessi non hanno scelto né la madre né il padre, né i fratelli e le sorelle. L’amore filiale e fraterno introduce a un altro aspetto della differenza sessuale: si tratta di un amore profondamente sessuato e carico di significati affettivi, ma a quella giusta distanza che garantisce la proibizione dell’incesto. Allo stesso tempo, la vicinanza crea scontri, conflitti, odio a volte. In famiglia impariamo il perdono, che è il volto di un amore genuino ed autentico. Questo è il motivo per cui imparare il perdono tra coniugi, tra genitori e figli, tra fratelli, è così importante. La differenza Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 sessuale è buona, anche se ferita dal peccato ed ha bisogno del perdono reciproco per sviluppare il suo pieno potenziale. Perché le teorie del gender puntano all’eliminazione della differenza sessuale? La teoria del gender è una deviazione che parte da un’osservazione corretta, che però ha il torto di assolutizzare. Ciò che è vero, è che la differenza sessuale si sviluppa nel tempo. Come dice la Genesi, l’uomo fu creato maschio e femmina (Genesi 1, 27), ed è nell’incontro d’amore che Adamo ed Eva diventano pienamente uomo e donna (Gen 2, 23). La società partecipa allo sviluppo armonioso della differenza sessuale. Ecco perché la legge naturale e la dottrina sociale della Chiesa sottolineano l’importanza dell’educazione in generale, e dell’educazione affettiva e sessuale in particolare. Prima dell’incontro d’amore, occorre garantire le conoscenze fondamentali che permettono un rapporto sano con l’altro sesso. Si tratta di un insieme di divieti e di obblighi, ma anche di atteggiamenti corporali e verbali che garantiscono il rispetto reciproco. I nostri contemporanei si sono resi conto che la rappresentanza dei sessi è in parte modellata attraverso pratiche sociali su cui occorre interrogarsi, perché alcune modalità non comportano il rispetto, ma il disprezzo. Ciò che è sbagliato è concludere che la differenza sessuale è una mera costruzione sociale, o che parlare di differenza tra i sessi porta già i germi dell’oppressione. O ancora che le unioni omosessuali sono equivalenti al matrimonio eterosessuale. In tal modo, la teoria di genere ignora il carattere fondatore della differenza sessuale, che precede le società e le sottomette. Come mai le idee annunciate dai sostenitori delle teorie del gender trovano una così vasta accoglienza? La teoria del genere è tanto più dannosa in quanto comporta una parte di verità morale, e cioè che abbiamo il dovere di lottare contro i comportamenti sociali legati alla sessualità o contro i comportamenti marginali. Ma è particolarmente insidiosa perché si basa sulla pari dignità di tutti gli esseri umani per negare la relazione costitutiva tra le determinazioni bioFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 logiche della sessualità umana e le loro finalità interpersonali e sociali. In tal modo, la teoria del genere semina la confusione. Da questo punto di vista, l’atteggiamento di Gesù è esemplare: egli accoglie benevolmente i peccatori, frequenta persone la cui vita affettiva o matrimoniale è disordinata, ed è coraggioso nello sfidare la riprovazione sociale condividendo la loro tavola. Ciò non gli impedisce di chiamare queste persone alla conversione. Difende anche il matrimonio in modo inequivocabile e ne giustifica il carattere indissolubile con il disegno divino della creazione dell’essere umano nella differenza sessuale. Il Vangelo ci insegna a seguire Gesù in questo duplice atteggiamento di misericordia e verità senza compromessi. Le teorie del gender sono riuscite a fare breccia nelle legislazioni di numerosi Paesi, non solo in Europa. E’ davvero così potente la lobby culturale che sostiene queste teorie? Non bisognerebbe ignorare infatti il ruolo dei gruppi di pressione che hanno acquisito un peso considerevole nella vita politica, con il rischio di privare la democrazia e gli organismi internazionali dei fondamenti filosofici che hanno ispirato la loro nascita. Inoltre, nella società digitale, la diffusione potente e istantanea di messaggi semplicistici non favorisce la possibilità di fare un passo indietro rispetto a questioni sociali sempre più complesse. Questi gruppi di pressione puntano sulla tendenza culturale ad accentuare il carattere emozionale della compassione a svantaggio di una riflessione sull’educazione alla giustizia. La sessione straordinaria del Sinodo sulla famiglia giustamente parla di un “individualismo esasperato che distorce i legami familiari e che finisce per considerare ogni membro della famiglia come un’isola, facendo prevalere, in alcuni casi, l’idea di un soggetto costruito secondo i propri desideri elevati al rango d’assoluto” (n ° 5). Il rischio allora è che le singole situazioni affettive siano elevate a modelli generali, e questo porta alla confusione circa la vocazione sociale della persona. Con forza e intuizione, il Concilio Vaticano II ricorda che l’essere umano è un “essere sociale” e impara particolarmente a vivere la “comunione delle persone” nel contatto con la Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 “società degli uomini e delle donne” ( Gaudium et Spes, 12). Da numerosi vescovi, ma anche dal Sinodo sulla famiglia, sono arrivate indicazioni negative sul rischio rappresentato dalle teorie del gender. Non crede che, accanto a queste critiche, sarebbe necessario mettere in luce allo stesso tempo il positivo rappresentato dall’antropologia cristiana sulla sessualità? Sì, è precisamente questo il cammino del Sinodo. Senza ignorare le difficoltà legate al contesto culturale, ma anche economico, la Relatio Synodi adotta un atteggiamento decisamente positivo. Invece di lasciarsi affascinare dal contesto culturale, secondo un approccio che sarebbe potuto sembrare troppo astratto, i Padri sinodali partono dalle famiglie concrete, rivolgendo a queste famiglie uno sguardo di fede. Qualunque siano le loro fragilità, la Chiesa crede che esse sono visitate da Cristo Salvatore che viene loro incontro, in tutti i Paesi e in tutti i ceti sociali, con un amore speciale per i poveri. Questo significa che la “pedagogia divina”, cioè della grazia di Dio, opera oggi nella vita degli individui e delle famiglie per condurli sulla via di un amore sempre più autentico. In tal modo fissando lo sguardo su Gesù e sull’azione della grazia divina, la Chiesa fa dell’antropologia cristiana una pedagogia autentica, senza accontentarsi di un insegnamento semplicemente dottrinale. Credere nella creazione è infatti credere che la relazione tra il Creatore e le sue creature, in virtù dell’azione della grazia, è permanente. Allo stesso modo, la differenza sessuale non è solo un fatto antropologico. È il luogo per eccellenza dove il Creatore viene a “lavorare” la sua creatura, affinare il suo desiderio di vita familiare e sociale, per chiamare ad una una vita più bella e più responsabile. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 LA CRONACA LA CRONACA Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 GENDER IN CLASSE: MONDO CAPOVOLTO Negli opuscoli diffusi nelle scuole dal Dipartimento pari opportunità, proposte che disorientano e confondono Lucia Bellaspiga 14 febbraio 2014 GENDER IN CLASSE: MONDO CAPOVOLTO T utta colpa delle fiabe. «A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa, se è femmina di un principe. Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse». Così si legge nell’introduzione al volume Educare alla diversità rivolto ai bambini delle elementari. In effetti è vero: sono millenni che gli dei si innamorano delle dee, che i cavalieri combattono per le donzelle, che Cenerentola balla col principe e Biancaneve si risveglia al bacio di un uomo... Siamo tutti cresciuti con queste certezze, e tutto sommato non siamo venuti su male (o non per questo, comunque). Eppure a leggere l’introduzione alle linee guida per “insegnanti rispettosi delle differenze”, nonché le schede di lavoro da svolgere con i bambini, tanta omofobia causa confusione mentale tra i piccoli. «Questi sono gli anni in cui i bambini di solito cominciano a formarsi un’idea di se stessi e delle persone che li circondano», dunque occorre «incoraggiare la diversità»: spesso i genitori e la scuola sono legati agli «stereotipi» della famiglia formata da un padre uomo e una mamma donna e «come risultato molti bambini trascorrono gli anni della scuola elementare senza accenni positivi alle persone LGBT» (lesbiche, gay, bisessuali e transgender). Ma c’è di peggio, avverte il testo: «Nella nostra società si dà per scontato Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 che l’orientamento sessuale sia eterosessuale e la famiglia, la scuola, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano un orientamento eterosessuale»... Errori magari compiuti in buona fede, ma proprio per questo ecco pronte le linee guida che rieducano prima gli insegnanti con una serie di esercizi, per poi crescere i bambini nella consapevolezza che i due generi maschio e femmina sono roba vecchia, così come il concetto di famiglia (al singolare), di madre e padre e via andare. E I DUE RE VISSERO FELICI E CONTENTI Ecco allora le linee guida per i maestri: attraverso la letteratura, il cinema o invitando ospiti gay o trans, dimostrare ai bambini che ci sono «uomini e donne, così come famiglie, diversi» da quello che viene liquidato non come «stereotipo da pubblicità» (a questo è ridotta la famiglia!). Al bando quindi tutta la letteratura per bambini, dalle fiabe a Pinocchio, ma anche Bambi o gli Aristogatti (materiale chiaramente omofobo)? E ancora: «Non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa», cioè che sottintenda anche involontariamente «che l’eterosessualità sia l’orientamento normale»: insomma, vietato insinuare ad esempio che il re torna a casa dalla regina: «Tale punto di vista può tradursi infatti nell’assunzione che un bambino da grande si innamorerà di una donna e la sposerà» (gravissimo periglio). Guai poi all’insegnante che si aspetti che gli studenti di sesso maschile siano ad esempio più interessati «alla Formula 1»: la parola d’ordine è appiaTtire le differenze, uniformare, negare l’evidenza, incoraggiare le femmine a tirare di pallone e i maschi a parlare intanto «di cucina o di shopping». Il maestro è invitato a combattere l’omofobia in modo interdisciplinare, anche nei problemini di aritmetica: «Rosa e i suoi due papà comprano due lattine, se ogni lattina costa 2 euro quanto hanno speso?». Difficile credere che tutto questo non sia uno scherzo. Incredibili poi le domande-tipo: «Un pregiudizio diffuso nei paesi di natura fortemente religiosa è che Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 il sesso vada fatto solo per avere bambini»... Poiché invece la cosa che conta è il rispetto del partner coinvolto nell’atto sessuale (lo ricordiamo, siamo elle elementari!) «potremmo ribaltare la domanda chiedendoci: i rapporti sessuali eterosessuali sono naturali?». Gradatamente il mondo è capovolto. Non è chiaro che fine potrebbero fare a questo punto l’Odissea, con Penelope instancabilmente donna, moglie e madre, o I Promessi Sposi, biecamente tradizionali (con l’aggravante della fede, visto che il testo colpisce spesso la religiosità come causa di atteggiamenti chiusi e retrogradi). «Visione di film e documentari a tematica omosessuale» completano il quadro, mentre «cartoncini, pastelli, matite colorate» non servono più agli antichi lavoretti di un tempo (ricordate?) ma per cartelloni del tipo «che cosa fa una famiglia quando ci sono due mamme o due papà?».Per obiettività occorre dire che i passaggi contro il bullismo sono assolutamente condivisibili, ma non si capisce perché solo in tema di omosessualità: e i bimbi presi di mira perché credenti? Derisi perché vanno a Messa e fanno pure il chierichetto? O quelli disabili? Il ministero della Pari opportunità non pensa a delle Linee guida per loro? O non siamo tutti uguali e con pari diritti? ETERO CIOÈ NON NORMALE Passando alle scuole medie e alle superiori, «coloro che durante questo periodo di sviluppo si accorgono di essere gay, lesbiche o bisessuali» si trovano a sostenere sfide «peculiari del loro orientamento», dunque i loro insegnanti devono attrezzarsi perché non basta «essere gay-friendly», è necessario «essere gay-informed». E su questo modulare l’insegnamento scolastico. La metodica è sempre quella prevista per le elementari: non proporre mai situazioni in cui si presume che un uomo ami una donna, due genitori siano maschio e femmina, il libro o il film presentino come «normale» un rapporto etero anziché come «solo uno dei possibili orientamenti sessuali». E se di nuovo sono ovvie e condivisibili tutte le Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 raccomandazioni contro violenza e bullismo (e ci mancherebbe pure), il resto è un groviglio di attività e concetti del tutto slegati dalla vita reale e da quella scolastica. Gli autori dimenticano che qualsiasi problematica di un alunno – etero o omosessuale che sia – da che mondo è mondo richiede tutta l’esperienza e la capacità introspettiva del docente, mentre qui sembra che esista esclusivamente la sensibilità del ragazzo omosessuale: gli altri possono tranquillamente crescere e maturare imparando che i due sessi sono un’astrazione, così come la famiglia e tutto ciò che ne consegue (i figli, il matrimonio), che tutto è relativo.Le attività con i ragazzini delle medie (11-14 anni) vanno da “Famiglie in tv” (oggi c’è solo l’imbarazzo della scelta, comunque «l’insegnante consiglia Giudice Amy; Modern family; Tutto in famiglia... »); a “Il gioco delle associazioni di parole” («Cosa vi viene in mente quando dico le parole gay, lesbica, bisessuale, trans?», chiede il prof); al “Gioco dei fatti e delle opinioni”: «Uno studente può dire che due uomini che fanno l’amore sono disgustosi – queste le istruzioni –. A quel punto l’insegnante fa notare che questa è un’opinione, un giudizio personale, derivata dal fatto che siamo poco abituati a questo dal cinema e dalla televisione»: «È un fenomeno che per noi non è stato reso normale», nulla più. Va da sé che «milioni di bambini crescono con genitori omosessuali» e sono beatissimi, (se ne desume che nozze gay e adozione di figli sarebbero sacrosanti): «L’impossibilità di sposarsi può avere un impatto sul benessere dei genitori e conseguentemente dei figli», altrimenti felicissimi di avere due papà o due mamme.Per le superiori il tutto si ripete pressoché identico, e questa sì è un’astrazione, che non tiene conto di quanto un 12enne sia diverso da un 18enne: stessi giochi, stesse attività, persino stessi film proposti. Ad esempio “Kràmpack” (regia di Cesc Gay, e non è un gioco di parole): «Nico e Dani sono due ragazzi 16enni che si apprestano a trascorrere le vacanze insieme. È l’estate della perdita della verginità. I due in passato avevano condiviso giochi di masturbazione reciproca...». Se questa è scuola. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 IL KIT PRO-GENDER IN CLASSE SCONFESSATO IL GRANDE BLUFF Il ministero prende le distanze: «Mai saputo» Lucia Bellaspiga 15 febbraio 2015 IL KIT PRO-GENDER IN CLASSE, SCONFESSATO IL GRANDE BLUFF L e “pari opportunità” secondo gli autori dei tre volumetti intitolati “Educare alla diversità a scuola” consisterebbero nell’insegnare a tutti gli alunni, dalle elementari alle superiori, che la famiglia padre-madre-figli è solo uno «stereotipo da pubblicità», che i due generi maschio e femmina sono un’astrazione, che leggere romanzi in cui i protagonisti sono eterosessuali è una violenza, che la religiosità un disvalore... Ma a sconfessare l’operazione (vedi Avvenire di ieri) è proprio il Dipartimento per le Pari Opportunità, per bocca di Maria Cecilia Guerra, il viceministro che ne ha la delega: «Di questa ricerca ignoravo addirittura l’esistenza». Gravissimo, visto che i tre volumi erano spacciati proprio sotto l’egida altisonante della “Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità”. Di seguito, i nomi degli autori: Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) e Istituto Beck. Ora dal Dipartimento delle Pari opportunità arriva «una nota formale di demerito al direttore dell’Unar, Marco De Giorgi», per la diffusione nelle scuole di materiale mai approvato, e addirittura mai conosciuto da chi di dovere. Se non bastasse, sconosciuto anche al Miur, il ministero dell’Istruzione: «L’Istituto Beck – ricostruisce Guerra – sulla base di un contratto con l’Unar che risale al 2012, ben prima che io esercitassi la delega alle Pari opportunità nel luglio 2013, ha prodotto il kit per insegnanti. L’Unar ha Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 poi autorizzato la diffusione di questo materiale con il logo della Presidenza del Consiglio - Pari Opportunità senza che il direttore me ne desse alcuna informazione...». Non è una questione formale, vista la gravità degli argomenti: «Una materia così sensibile – spiega il viceministro – richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio. Questa attenzione, quando si parla a nome delle istituzioni, ricade nella responsabilità delle autorità politiche, che devono però essere messe nella condizione di esercitarla!».Incredibile anche l’esclusione del Miur, soprattutto in considerazione del violento impatto su bambini e adolescenti: «Non è accettabile – conclude Guerra – che materiale didattico su questi argomenti sia diffuso tra gli insegnanti da un ufficio del Dipartimento Pari opportunità senza alcun confronto con il Miur». Proprio come notavamo ieri su queste pagine, non è che l’argomento bullismo non sia urgente e attuale, anzi, ma l’imposizione di punti di vista quanto meno discutibili e il capovolgimento di valori e tradizioni millenarie non sono certo la chiave: «Sono convinta che l’educazione alle diversità sia cruciale», ma «la finalità non deve mai essere quella di imporre una visione unilaterale del mondo, quanto di sollecitare nei giovani senso critico, rispetto di ogni specificità e identità, a partire da quelle che coinvolgono l’ambito affettivo e valoriale». Secca anche la presa di distanza del ministero dell’Istruzione: «L’Unar non dipende dal Miur – sottolinea Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione –. Mi sembra ci sia molta confusione: il ministero dell’Istruzione non sa niente di quanto viene deciso dall’Unar, che invece produce materiale per le scuole. Tra l’altro con un’impronta culturale a senso unico». Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 GENDER, COME DIRE NO ISTRUZIONE AI GENITORI Lettera dell’Age ai presidi d’Istituto - «Legittimo spiegare le vostre perplessità» Lucia Bellaspiga 9 marzo 2104 GENDER, COME DIRE NO. ISTRUZIONE AI GENITORI «R osa e i suoi due papà vanno al bar. Se ognuno dei papà di Rosa compra una lattina da due euro, quanto pagheranno i genitori di Rosa in totale?». Questo il problemino di aritmetica che va proposto ai bambini della scuola primaria secondo le indicazioni contenute nei manuali ideati di recente dall’Unar, dando così attuazione alla “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere 2013-2015”, documento partorito dal Dipartimento per le Pari Opportunità. Per non parlare delle fiabe, i cui messaggi non devono più incoraggiare i bambini a innamorarsi e magari pure sposarsi da grandi con persone dell’altro sesso, ma presentare loro un lieto fine diverso, del tipo che il principe si innamora dello scudiero e vissero felici e contenti... L’obiettivo in teoria sarebbe “contrastare il bullismo nelle scuole, con particolare riferimento al carattere omofobico e transfobico...” -– spiega la “Strategia nazionale” -– e “contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, superando il pregiudizio legato all’orientamento affettivo dei genitori...”. C’è di che allarmarsi. E infatti l’Age Lombardia (Associazione Italiana Genitori) si rivolge ai presidenti dei Consigli di Istituto, rimarcando le tante violazioni contenute in questa strategia e quindi gli strumenti legali per difendere le scuole. «Come genitori siamo favorevoli ad azioni formative per la Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 prevenzione di qualsiasi forma di discriminazione – premettono –, ivi incluse quelle relative agli orientamenti sessuali. Purtroppo però dietro a questi obiettivi si affacciano anche scopi ben diversi...». Una cosa è combattere il bullismo, di qualsiasi origine, e altro è proporre assurde forzature come quelle sopra citate: «Non possiamo accettare che la modalità affettiva dei genitori, comunemente conosciuta come base per la famiglia e la procreazione, sia considerata un “pregiudizio” o sia messa alla pari con altre “modalità”, pur legittime a livello personale». Se insomma la “Strategia Nazionale”, nascondendosi dietro l’alibi della lotta la bullismo, in realtà «introduce nelle scuole l’ideologia “gender” e le tematiche Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), con esemplificazioni fin troppo concrete e dettagliate», l’Age si rivolge ai presidenti dei Consigli d’istituto di tutte le scuole lombarde per fornire gli strumenti legislativi e dar voce alle perplessità delle famiglie. Nessun valore di legge: non tutti sanno che il documento della “Strategia Nazionale” non ha alcun valore di legge. Non è quindi obbligatorio per le scuole adottarlo. Anzi, contenendo numerose mancanze e violazioni di diritti, è oggetto di diffida da parte dei “Giuristi per la vita”. Un testo anticostituzionale: manca qualsiasi riferimento alla responsabilità dei genitori, il cui ruolo nell’educazione, specie su un tema così delicato, è riconosciuto dalla Costituzione e da tutte le leggi sulla scuola, comprese le direttive europee. Consigli d’istituto: qualsiasi corso tenuto a scuola da esterni deve per legge essere approvato dal Consiglio d’istituto (legge dei Decreti delegati). «Se sapete che incontri su questi temi sono tenuti senza approvazione di collegio docenti, consiglio di classe e dei genitori, segnalatecelo subito». Sotto il titolo niente: i genitori devono conoscere in anticipo i contenuti degli incontri. E avere facoltà di chiedere che il loro figlio non vi partecipi. Le attività di educazione affettiva non sono infatti curricolari ma aggiuntive. E, come abbiamo visto, dietro un titolo positivo si possono nascondere ideologie diverse. Opuscoli: poiché è prevista la distribuzione gratuita di opuscoli su questi temi, dobbiamo esigere che sia osservata la disposizione che prevede il consenso preventivo dei rappresentanti dei Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 genitori e l’approvazione del Consiglio d’istituto. Vigilare: «Invitiamo tutti i presidenti dei Consigli di classe e d’istituto a porgere la massima attenzione: è in gioco il diritto dei genitori, garantito dalla Costituzione, di educare i propri figli (art. 29). «L’Age è a disposizione di scuole e famiglie per assistenza e informazioni, siamo anche disponibili a venire nella vostra scuola...» (www.agelombardia.it [email protected]) Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 STRATEGIA LGBT NELLE SCUOLE, DAL GOVERNO NESSUNO ALTOLA’ Completamente ignorate le gravi preoccupazioni dei genitori Paolo Ferrario 15 marzo 2014 STRATEGIA LGBT NELLE SCUOLE, DAL GOVERNO NESSUNO ALTOLA’ L a preoccupazione delle famiglie, che assistono impotenti all’avanzare nelle scuole di iniziative tendenti a diffondere tra gli studenti l’ideologia gender e Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), non sembra smuovere il governo. L’esecutivo pare, anzi, intenzionato a proseguire nella strada indicata dalla Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere – predisposta dall’Unar (Ufficio anti discriminazioni razziali) con il coinvolgimento di 29 associazioni Lgbt e senza nemmeno consultare le rappresentanze delle associazioni familiari – ignorando quindi l’invito a un ripensamento complessivo della Strategia rivolto dalle rappresentanze dei genitori. La conferma di questa impostazione è arrivata ieri direttamente dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Sesa Amici. Rispondendo a un’interpellanza urgente del deputato di Per l’Italia, Gian Luigi Gigli (sottoscritta anche da Lorenzo Dellai, Paola Binetti e Mario Sberna di Per l’Italia e da Vanna Iori e Edoardo Patriarca del Partito democratico), l’esponente dell’esecutivo ha ricostruito i passaggi istituzionali che hanno prodotto la Strategia, sostenendo, in definitiva, che questa è soltanto il risultato dell’attuazione della Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Direttiva europea 2000/43/Ce per la «parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica». L’estensione della mission dell’Unar anche alla «promozione e inclusione sociale delle persone Lgbt», sarebbe poi conseguente all’adesione dell’Italia al programma “Combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere», promosso dal Consiglio d’Europa. Insomma: a qualcuno (molti, per la verità), potrà anche non stare bene, ma: ce lo chiede l’Europa. Nella sua interpellanza, Gigli chiedeva anche di conoscere quali iniziative il governo avesse intenzione di prendere nei confronti del direttore dell’Unar, Marco De Giorgi, destinatario di una formale nota di demerito da parte dell’allora viceministro con delega alle Pari opportunità, Maria Cecilia Guerra, a seguito della diffusione nelle scuole, non autorizzata, degli opuscoli pro gender realizzati dall’Istituto Beck su richiesta dello stesso Unar. Anche in questo caso, il sottosegretario Amici ha rimandato la questione a non meglio identificati «uffici competenti». Insomma: non se ne farà nulla. Nella sua risposta, comunque, la stessa rappresentante di Palazzo Chigi ha rivelato che gli accessi al sito dell’Istituto Beck (da parte di insegnanti e dirigenti scolastici) per scaricare gli opuscoli, previa acquisizione di una password rilasciata dallo stesso Istituto, sono stati complessivamente 40. Considerato che, per questa consulenza, l’Unar ha corrisposto all’Istituto Beck 24.200 euro, ogni accesso è costato 605 euro. Più di quanto uno studente di prima media spende per il corredo scolastico di un intero anno. Nella sua replica, Gigli si è detto «per nulla tranquillizzato» dalla risposta, che, invece, ha confermato come tutto ciò faccia parte di «una strategia del governo». «Credo -– ha aggiunto il deputato centrista -–che qui si stia cercando di portare avanti, anche attraverso la scuola, il progetto di rieducare un intero Paese a una visione del matrimonio e della verità antropologica sulla natura dei sessi e ad una visione della religione come principale istigatore della omofobia e, quindi, dei credenti tutti Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 come possibili omofobi». Un progetto molto pericoloso, soprattutto nel caso passasse la proposta di legge sull’omofobia, che prevede pene severe per chi, in futuro, dovesse affermare che, per esempio, famiglia è solo quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e i loro figli. Come, facciamo sommessamente osservare, dice persino la nostra Costituzione. «Se l’azione di questo governo dovesse continuare su questa strada -– conclude Gigli –- sarebbe per me un motivo serio per ripensare il sostegno che, lealmente e convintamente, sto dando nell’azione parlamentare. Preferirei che l’esecutivo Renzi si impegnasse di più nel sostegno alla famiglia con figli e non tentasse, invece, attraverso questa Strategia, di stravolgere la tenuta stessa del tessuto familiare. Con questo autentico lavaggio del cervello propagandato dalle associazioni Lgbt non vogliamo avere niente a che fare. E mi auguro davvero che il governo voglia ripensare questa linea» Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 «BASTA INIZIATIVE CONTRO I NOSTRI FIGLI» Il Forum denuncia la strategia dell’Unar Paolo Ferrario 22 marzo 2014 «BASTA INIZIATIVE CONTRO I NOSTRI FIGLI» «M ai più senza di noi, mai più contro i nostri figli». Un documento per dire, forte e chiaro: «Adesso basta!». Lo ha diffuso ieri il Forum nazionale delle associazioni familiari, chiedendo di fermare lo stillicidio di iniziative avviate nelle scuole sulle tematiche del gender ed Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali). Soprattutto nelle ultime settimane, questi interventi si sono moltiplicati e sono stati sempre presentati come attuazione della “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, realizzata lo scorso aprile dall’Unar (l’Ufficio anti discriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio), con la “consulenza” di 29 realtà dell’associazionismo Lgbt e senza nemmeno consultare il Forum. E proprio questa mancanza di confronto preventivo, tanto a livello nazionale quanto nella dimensione locale delle singole scuole che hanno promosso le iniziative, è al centro della denuncia del Forum. Che ricorda anche come la Strategia in questione «non ha alcun valore normativo, non è mai stato approvato da nessuna istituzione di rappresentanza dei cittadini sia a livello politico che sociale e non può quindi essere presentata come una disposizione obbligatoria per le scuole». «Non è pensabile che si tenti di introdurre valori, contenuti e stili di vita riferiti all’ideologia del gender senza alcun contraddittorio, e soprattutto senza alcuna richiesta o informazione preventiva ai genitori - sottolinea il presidente Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 del Forum, Francesco Belletti - –. La scuola non può muoversi, specie nei campi sensibili, senza o contro la famiglia. E la famiglia deve esercitare un controllo affinché ciò non avvenga». Con l’obiettivo di «rilanciare l’alleanza educativa tra scuola e famiglia», il Forum ha indicato anche «spazi e possibilità di azione» a disposizione dei genitori. I primi sono il Pof e i Pei. Che non sono «sigle oscure» ma stanno ad indicare il Piano dell’offerta formativa e i Progetti educativi individuali di cui le scuole si devono dotare. Sono documenti «preziosi» che i genitori devono «vagliare con attenzione all’atto dell’iscrizione». E lo stesso vale per i siti web delle scuole, spazi informativi da «seguire stabilmente». L’informazione, dunque, come primo strumento di conoscenza per poter prontamente intervenire in caso di iniziative su temi sensibili, organizzate per di più secondo una «visione unilaterale dell’ideologia del gender», come troppo spesso accaduto in queste settimane. «Spetta ai genitori - –conclude Belletti -–il diritto-dovere di una pronta azione di responsabilità attiva nei confronti dell’offerta formativa ed educativa indirizzata ai propri figli». Escluderli non fa certo il bene dei ragazzi e della scuola. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 «STUDENTI A CASA CONTRO IL GENDER» I genitori si appellano ai docenti: «Proteggiamo insieme la libertà» Lucia Bellaspiga 28 marzo 2014 «STUDENTI A CASA CONTRO IL GENDER» «U n giorno al mese tenete i figli a casa da scuola». Un gesto forte proposto dall’Age (Associazione italiana genitori) per svegliare dal torpore insegnanti, presidi e genitori e far comprendere loro il pericolo dell’ideologia del gender, che «subdolamente, senza incontrare una vera opposizione», si sta diffondendo nelle scuole dei nostri figli. Tra l’altro «mettendo a repentaglio il diritto dei genitori di scegliere liberamente l’educazione dei propri figli (riconosciuto dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo) e la libertà d’insegnamento dei docenti, ma anche la laicità dello Stato». In Francia, dove i tempi di comprensione dei fenomeni e quelli di reazione sono decisamente più rapidi, la società ha già reagito: 18mila studenti francesi restano a casa un giorno al mese e questo è bastato perché il governo facesse un passo indietro. Il problema è che da noi il tarlo dell’ideologia gender scava gallerie mentre ancora la gran parte non sa di che cosa si tratti, da qui l’appello del presidente nazionale dell’Age, Fabrizio Azzolini: «Insegnanti e presidi, state uniti a noi genitori, facciamo sentire insieme la nostra voce, anche attraverso le nostre associazioni e rappresentanze sindacali. Informiamo gli altri docenti e genitori, facciamo conoscere i contenuti della teoria del gender, il tipo di società che vuole costruire». Ed è Azzolini a riassumere allora tale teoria: «Afferma che la differenza tra i due sessi è solo un pregiudizio, che il maschile e il femminile sono Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 costruzioni sociali e storiche da abbattere. Si insinua l’utopia sottile e pervasiva dell’indifferenziazione sessuale e la presunta uguaglianza tra individui tutti asessuati, cioè astratti...». Non si nasce maschi e femmine, ma «individui che rimandano la propria identità a future scelte». Il tutto tra l’altro con l’alibi di eliminare discriminazioni e bullismo (l’assurda “Strategia nazionale 2013-2015” che teorizza il gender ha come sottotitolo “per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale...”). Se maschio e femmina non esistono e tutti noi possiamo “scegliere” cosa vogliamo essere, ne deriva che anche le figure di padre e madre non hanno più alcun senso, i ruoli naturali e tradizionali decadono, tutti gli individui sono disumanizzati e indifferenziati. Sembra un film di fantascienza, ma di fantasia qui c’è ben poco, dato che ogni giorno queste teorie sono davvero accolte da qualche Comune o scuola: «Da mesi insieme ad altre associazioni familiari denunciamo il rischio di rieducazione al gender attraverso la formazione dei docenti e i progetti didattici per gli studenti, attivati dal ministero dell’Istruzione, dall’Unar (presidenza del Consiglio dei ministri) e da alcuni Comuni, Province, Regioni. Come docenti e genitori dobbiamo proteggere il nostro mestiere di educatori –- prosegue il presidente dell’Age - . L’impressione è che lo Stato cerchi di separarci, nonostante nella scuola italiana la legge ci unisca nel patto di corresponsabilità educativa: ai genitori nasconde l’obiettivo delle strategie, agli insegnanti lo impone». Basti pensare ai famigerati tre volumetti partoriti dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni) e diretti alle scuole primarie e secondarie, di nuovo con un obiettivo ingannevole (“Linee-guida per un insegnamento più accogliente e rispettoso delle differenze”), in realtà espliciti nel definire “uno stereotipo da pubblicità” la famiglia in cui il padre sia un uomo e la madre una donna. Tre libri pagati con i soldi dei contribuenti. «I sostenitori del gender -– sottolinea Azzolini –- non si limitano a proporre un’opinione, ma conducono a una nuova educazione, orientano il governo in Italia, in Europa, in Occidente». Quell’Occidente che, come ha scritto nella sua prolusione al Consiglio permanente della Cei il cardinale Angelo Bagnasco (vedi Avvenire di ieri) si sta allontanando dall’Umanesimo e dai suoi Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 valori di civiltà, cedendo a ideologie che credevamo sepolte con il secolo scorso. «Esprimiamo gratitudine al cardinale Bagnasco - scrivono anche i genitori dell’Agesc, Associazione genitori scuole cattoliche - e accogliamo il suo invito a non farci intimidire, a non lasciarci esautorare nel diritto di educare i nostri figli. In vista dell’incontro con il Papa del 10 maggio, i genitori dell’Agesc sentono la responsabilità di riaffermare, secondo le parole del presidente della Cei, “l’urgenza del compito educativo, la sacrosanta libertà nell’educare i figli, il dovere della società di non corrompere i giovani con idee ed esempi che nessun padre e madre vorrebbero per i propri ragazzi...». D’altra parte, come rileva l’Age, «non occorre essere cristiani» per comprendere che la differenza tra i due sessi è una realtà ontologica: «Lo scriveva anche Marx... Una presunta uguaglianza tra individui asessuati e astratti apre la strada a una società che non può sopravvivere». Ma soprattutto che è grigia e disperata come nel peggior film di fantascienza. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 GENDER, LA SCUOLA STOPPA Il Miur blocca gli opuscoli Unar. Che si scusa Paolo Ferrario 5 aprile 2014 GENDER, LA SCUOLA STOPPA U na circolare del Ministero dell’Istruzione ha bloccato la diffusione nelle classi degli opuscoli “Educare alla diversità a scuola”, realizzati dall’Istituto A. T. Beck su mandato dell’Unar. Lo ha comunicato ufficialmente ieri mattina il direttore generale del Dipartimento per l’Istruzione del Miur, Giovanna Boda, incontrando il Fonags, il Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola. Lo stesso dirigente ha anche dato conto di una lettera ufficiale di scuse inviata al Miur dall’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, per aver portato avanti il progetto senza condividerlo con il Ministero, come denunciato tempo fa dal sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi. La diffusione degli opuscoli aveva provocato la forte reazione delle associazioni dei genitori, a causa dei contenuti fortemente orientati verso l’ideologia gender e Lgbt (lesbiche gay, bisessuali e transessuali). E non poteva essere altrimenti, visto che, come ha ammesso alla Camera il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Sesa Amici, in risposta a un’interpellanza del deputato di Per l’Italia, Gian Luigi Gigli, la diffusione degli opuscoli si collocava «nell’ambito» delle azioni previste dalla Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, concordata dallo stesso Unar unicamente con 29 associazioni Lgbt e senza il coinvolgimento del Forum nazionale delle associazioni familiari, che pure rappresenta oltre tre milioni di famiglie italiane. «Siamo soddisfatti del Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 risultato ottenuto ma non ci fermiamo qui», commenta il coordinatore del Fonags, Roberto Gontero, che si prepara ad incontrare il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, il prossimo 23 aprile. «In quell’occasione -– aggiunge - chiederemo al ministro di emanare una circolare che renda obbligatorio, per le scuole, ottenere il consenso scritto dei genitori circa la partecipazione dei propri figli a iniziative su temi sensibili come la sessualità, l’omosessualità e la lotta alla discriminazione». Un incontro «urgente e inderogabile» al ministro Giannini è stato chiesto ieri anche da sei associazioni Lgbt, firmatarie di un durissimo comunicato in cui, tra l’altro, si attaccano il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco e Avvenire, “colpevoli” di avere evidenziato l’inopportunità di diffondere tra gli studenti (anche delle elementari), testi che – è bene ricordare – definiscono «stereotipo da pubblicità» il modello di famiglia composto da un uomo, una donna e i loro figli. Quello cioè previsto non solo dal diritto naturale, ma anche dalla nostra Costituzione. Questo incontro non sarà però tra le priorità dell’agenda del ministro. Nelle prossime settimane, confermano da viale Trastevere, il «confronto prioritario sarà innanzitutto con il forum degli studenti e dei genitori», con cui sono già stati fissati appuntamenti, come quello del 23 aprile con il Fonags. «Più avanti», ma non si sa ancora quando, saranno anche ricevuti i rappresentanti Lgbt. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 STRATEGIE LGBT. L’AGE RIBADISCE: DIRITTO DI EDUCARE L’associazione genitori attacca: «Fuorilegge le azioni nelle scuole» Paolo Ferrario 27 aprile 2014 STRATEGIE LGBT. L’AGE RIBADISCE: DIRITTO DI EDUCARE I nformarsi, mobilitarsi, sensibilizzare. In prima linea per contrastare la diffusione nelle scuole della “cultura del gender”, l’Associazione italiana genitori (Age), ha voluto dedicare alla questione un corposo dossier, che sarà pubblicato sul numero in uscita di Agestampa, il bimestrale inviato a tutti i soci. «Vogliamo dare alle famiglie un’informazione a 360 gradi su una problematica che ci sta molto a cuore e che tocca da vicino il diritto-dovere dei genitori di essere i primi educatori dei propri figli», commenta il presidente dell’Age, Fabrizio Azzolini, presentando l’iniziativa di informazione. Nei mesi scorsi, come forma di protesta contro il dilagare nelle scuole di iniziative pro-gender, l’Age ha proposto il “ritiro” dei figli per un giorno al mese. Non un giorno di vacanza extra, ma un «gesto forte» per ribadire il diritto di educare troppo spesso calpestato. In sedici pagine, il dossier ripercorre gli ultimi mesi di accese polemiche (nelle scuole ma anche nelle aule parlamentari), avviate sul finire dello scorso anno quando cominciarono a circolare, prima su Internet e poi nelle classi, gli ormai “famosi” opuscoli dell’Istituto A.T. Beck “Educare alla diversità a scuola”, commissionati (e pagati con 24.200 euro) dall’Unar, l’Ufficio anti-discriminazioni razziali della Presidenza del Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Consiglio dei ministri. Da qui e dalla pretesa di «instillare» (così è scritto negli opuscoli), l’ideologia del gender nelle menti degli studenti, prende le mosse lo speciale di Agestampa, significativamente intitolato “Libertà di rieducazione”. Un preoccupato gioco di parole per rappresentare la distanza tra la Costituzione e la Strategia Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) messa in campo dall’Unar e che per l’Age è «fuorilegge». «L’articolo 30 della Costituzione –- ricorda il presidente Azzolini -– afferma il dovere e diritto dei genitori a mantenere, istruire ed educare i figli. Noi partiamo da qui per dire che, con la Strategia e le azioni che ne sono seguite, questo diritto è stato calpestato e che, dietro il giusto obiettivo di contrastare ogni forma di discriminazione nelle scuole, si è fatto entrare nelle classi ciò che con questa finalità non c’entra nulla». Nello speciale, l’Age denuncia anche il fatto che «la strategia Lgbt si sta imponendo in Italia e in Europa in un modo sempre più subdolo, mascherandosi dietro la difesa e la tutela di una minoranza, per rieducare i cittadini all’ideologia del gender a scuola, sui mass media, nelle scelte di amministrazioni nazionali e locali, italiane ed europee, muovendo ingenti risorse pubbliche». E tutto questo, ricorda l’Associazione dei genitori, «ignorando i risultati delle ricerche scientifiche, la riflessione filosofica, i dati sociologici, le opinioni diverse presenti anche tra le persone omosessuali». Tutti omologati, insomma, dietro il “pensiero unico” propagandato dalle potenti e rumorose lobby Lgbt, che sono riuscite persino, denunciano i genitori dell’Age, a «scavalcare il diritto nazionale e internazionale». Un accerchiamento (delle famiglie, delle scuole, degli studenti e degli insegnanti), che «arriva a creare un nuovo linguaggio e a vietare quello che non si uniforma al nuovo vocabolario. Con attacchi diretti anche alla libertà di religione, tacendo strumentalmente lo stile evangelico dell’accoglienza di molte diocesi, movimenti, gruppi, parrocchie».A questo punto, si legge in una nota dell’associazione, «restare indifferenti non è possibile». È necessario, invece, «informarsi per capire che è in corso una rivoluzione antropologia, dove la posta in gioco è la negazione dell’umanità da parte dell’uomo». Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 BASTA GENDER A SCUOLA «NUOVE LINEE GUIDA» L’annuncio del ministro Giannini – Soddisfatte le associazioni di genitori Paolo Ferrario 5 giugno 2014 BASTA GENDER A SCUOLA «NUOVE LINEE GUIDA» M ai più casi come quello del Liceo classico “Giulio Cesare” di Roma (dove ai ginnasiali di 15 anni è stato fatto leggere un romanzo i cui contenuti sono stati giudicati «inopportuni» e «sconvenienti» dalla Presidenza del Senato, che ha impedito fossero inseriti stralci del testo in un’interrogazione) o come quello del Liceo ginnasio “Muratori” di Modena, dove è stata organizzata una conferenza del transessuale Luxuria, senza prevedere il contraddittorio e, soprattutto, senza avvertire i genitori degli studenti, che infatti hanno molto protestato. Proprio per evitare il ripetersi di situazioni simili, conseguenza dell’applicazione, nelle scuole, della “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, predisposta dall’Unar (Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali) in collaborazione con 29 associazioni Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), entro settembre il Ministero dell’Istruzione emanerà delle nuove Linee guida (che aggiorneranno quelle a suo tempo predisposte dal ministro Fioroni) a cui le istituzioni scolastiche dovranno attenersi nella programmazione di iniziative per il contrasto del bullismo e del cyberbullismo. L’annuncio è stato dato dal ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, rispondendo, ieri pomeriggio alla Camera, a un question time del deputato di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 Confermando la «totale estraneità» del Miur alla redazione e diffusione nelle scuole degli opuscoli dell’Unar “Educare alla diversità a scuola”, commissionati all’Istituto A.T. Beck, (l’intera Strategia è costata 300mila euro), Giannini ha ribadito che «il Ministero proseguirà i progetti contro ogni forma di discriminazione nelle scuole», sottolineando che, nella predisposizione delle iniziative, sarà prioritario il coinvolgimento delle associazioni dei genitori. Anche i contenuti delle nuove Linee guida in vigore da settembre, saranno stabiliti attraverso il confronto diretto e costante con i genitori. Che, invece, erano stati completamente esclusi dalla Strategia dell’Unar. «Il tavolo naturale del confronto dovrebbe essere quello del Fonags», dice Roberto Gontero, presidente dell’Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche) e coordinatore del Forum delle associazioni dei genitori della scuola. «Proprio nell’incontro che abbiamo avuto a maggio - – ricorda Gontero –- avevamo chiesto al Ministro di riscrivere le Linee guida, perché riteniamo irrealistico che entrino nelle classi dei nostri figli contenuti che non hanno ricevuto il preventivo consenso dei genitori. Il Ministro ha recepito queste nostre preoccupazioni e di questo siamo certamente soddisfatti». Un plauso all’iniziativa di Giannini arriva anche dal presidente dell’Age (Associazione genitori), Fabrizio Azzolini, che chiede l’introduzione di specifici «protocolli per l’affettività» studiati attraverso «l’ascolto diretto delle famiglie». Per protestare contro la diffusione nelle scuole di iniziative tese a propagandare l’ideologia del gender, l’Associazione aveva lanciato ai genitori la proposta di una Giornata di ritiro dei figli dalla scuola. Un giorno al mese per ribadire che «i genitori sono i primi educatori dei figli». «Quella del Ministro -– conclude Azzolini -– mi sembra una proposta di buon senso che fa definitivamente cadere tutte le azioni di chi, senza nemmeno coinvolgere i genitori, voleva contrabbandare nelle scuole ciò che nulla aveva a che fare con il doveroso contrasto a ogni forma di discriminazione». Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 «CONTRO IL GENDER, MA NON È UNA GUERRA» Paolo Viana 5 ottobre 2014 «CONTRO IL GENDER, MA NON È UNA GUERRA» N on ci sono incertezze né equivoci: i Focolarini rifiutano la teoria del gender senza se e senza ma. Questo, tuttavia, non significa voltare le spalle all’umanità sofferente. Anzi, ai dilemmi delle persone che si trovano a fare i conti con l’omosessualità piuttosto che con il transgender, LoppianoLab, il meeting annuale del movimento, ha dedicato ieri uno dei suoi workshop più affollati. Gestito con la maieutica del focolare, che consente al papà di un quarantenne omosessuale di raccontare la propria “frantumazione” interiore e quell’amore che non si scoraggia neanche quando i parenti ti voltano le spalle. Non una confessione, neppure una richiesta d’aiuto: la pura e semplice condivisione di un’esperienza di dolore e di fede. Poco dopo, una nonna, invece, chiederà aiuto, lei sì, perché non sa più cosa fare da quando ha scoperto che all’asilo insegnano alla nipotina che maschietti e femminucce sono proprio uguali e che esistono persino delle vie di mezzo... A qualcuno potrebbe sembrare psicoterapia di gruppo ed invece a Loppiano ieri è andata in scena l’Italia postmoderna, come l’ha descritta Jesus Moran, il nuovo copresidente del movimento di Chiara Lubich: «Il pensiero moderno ha messo l’io al centro dell’universo, facendoci perdere di vista la realtà che ci circonda nell’illusione di poter interpretare tutto alla luce dell’io, mentre quello postmoderno ci ha insegnato a decostruire la tradizione, a superare i modelli del passato - ha spiegato -–. La teoria del gender prende la parte più problematica delle due tendenze filosofiche, perché partendo dalla decostruzione del modello tradizionale di famiglia patriarcale, un camFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 biamento necessario, approda a teorizzare un’uguaglianza che perde di vista la differenza sessuale e la realtà del corpo: esso ha un logos, un suo significato che lo vogliamo o no. Praticata questa decostruzione, chi teorizza il gender torna indietro, al pensiero moderno, postulando una realtà che non esiste in sé e non mi interroga, ma che rappresento io come voglio e che posso cambiare ogni giorno».Al di là della speculazione filosofica che lo conduce a guardare con interesse alle correnti neorealiste – «la realtà è resistente, cioè resiste alle rappresentazioni che ne faccio, due uomini o due donne non possono avere figli senza manipolazioni», per Moran questa attenzione per gli svarioni della teoria del gender è soprattutto pastorale. Soffre umanamente per l’infelicità che promana da queste forme di incertezza sessuale. Ieri ha cercato di spiegare ai suoi, e soprattutto a quelli che vorrebbero un’azione di contrasto più decisa contro la propaganda del gender, che «i suoi sostenitori sono bellicosi ma questa non è una guerra». A quanti rimproverano invece una certa mollezza dei cristiani rispetto alla deriva relativistica e alle devianze che ne derivano, ha ricordato che «Gesù non partiva dalle regole ma dagli uomini, i Vangeli raccontano un approccio che non è fatto di dettami e sanzioni ma che parlava al cuore, con tutta la radicalità del suo amore e senza prescindere dalla realtà in cui ci si trovava». Il problema, evidentemente, interpella il teologo: «la Tradizione va difesa ma anche aggiornata e il Magistero ha questa funzione», il quale però guarda con fiducia al Sinodo della famiglia: «Non aspettiamoci sconvolgimenti dottrinali, il Sinodo cercherà di discernere, partendo dal vissuto, come le famiglie di oggi possano vivere il messaggio della Rivelazione. Del resto, è sempre stato così e la Chiesa ha sempre trovato formule nuove, perché lei stessa è una realtà escatologica e storica allo stesso tempo». Mentre sulla stessa collina del Valdarno si discuteva di sistemi elettorali e slot mob, Moran concludeva indicando questo spartiacque: «Quella del Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 gender è una teoria bellicosa con un disegno che contrasta con l’antropologia cristiana, ma l’omosessuale è un fratello, spesso sofferente». Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 BAGNASCO: NO ALLA DITTATURA DEL GENDER Nel dibattuto sinodale il presidente della Cei ha messo in luce la necessità di un’educazione affettiva alla riscoperta dell’amore come dono Mimmo Muolo 18 ottobre 2014 BAGNASCO: NO ALLA DITTATURA DEL GENDER I l Sinodo è la dimostrazione della «grande passione» con cui la Chiesa tutta guarda al tema della famiglia. Parola del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, che in una intervista alla Radio Vaticana afferma di aver sottolineato, durante i lavori, il tema dell’educazione affettiva, denuncia la «dittatura» del pensiero unico dominante e rinnova la preoccupazione dei vescovi per il diffondersi (anche nelle scuole) dell’ideologia del gender.L’assemblea sinodale, ricorda Bagnasco, è «un momento di grazia per la Chiesa, perché - insieme al Santo Padre - tutti noi, padri sinodali, gli osservatori, gli uditori e i vari invitati, abbiamo aperto lo sguardo e il cuore con grande chiarezza, con grande semplicità e con grande passione di pastori, sul tema della famiglia, che è la realtà fondamentale della società e della Chiesa. Ho ricordato -– prosegue il porporato - in modo particolare la necessità dell’educazione affettiva, perché l’amore non è soltanto sentimento, ma è quello che la cultura presente non dice: l’amore è dono, è dono di se stesso ed è decidere di donarsi ad una altra persona per sempre, per tutta la vita. Questo grandissimo e splendido ideale, che oggi sembra impossibile nel mondo occidentale perlomeno, è possibile se si fa appello alla grazia di Dio». Il Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 cardinale fa poi riferimento alle forti correnti di pensiero che tendono a indebolire la famiglia. «Il “pensiero unico” – dice – è ormai una dittatura, che si vuole imporre dall’Occidente a tutte le altre parti del mondo. Ma l’Occidente, e in particolare l’Europa, non è più assolutamente il centro del mondo: quindi l’arroganza della cultura europea dovrebbe fare i conti con questa realtà. Purtroppo gli organismi internazionali, che sono tanto importanti – pur essendo rappresentativi di tutti i Paesi del mondo – ragionano con una cultura, con una antropologia sostanzialmente occidentalista, che ormai ruota attorno alla cosiddetta teoria del genere». Di qui il rinnovato allarme del presidente della Cei, soprattutto di fronte al diffondersi di questa teoria a scuola. «È un’offesa gravissima sottolinea Bagnasco , che le istituzioni tentano di fare, al diritto sacrosanto, al diritto naturale dei genitori di offrire ai propri figli la visione culturale - una visione antropologica e valoriale - in cui loro credano e che sia la migliore per sé e per i propri figli. Questo diritto non può essere assolutamente scavalcato da alcuna autorità». Quindi, prosegue il cardinale, «questi tentativi di immettere, in modo quasi nascosto, questo tipo di visione che nasce dal genere, sotto la scusa di fare educazione affettiva o educazione sessuale, è un grave errore e non soltanto: è una grave violenza autoritaria rispetto ai genitori. I genitori devono essere non solamente informati su un progetto o su una intenzione delle autorità dello Stato o scolastiche che siano, ma devono dare -– i genitori -– l’autorizzazione esplicita e concorde perché queste cose vengano rappresentate ai propri figli».Il presidente della Cei si dice poi convinto che anche in Italia vi sia il rischio di andare nella stessa direzione di altri Paesi europei «Lo abbiamo già visto l’anno scorso attraverso la diffusione di alcuni libretti, che poi sono stati – dicono – ritirati dalle scuole dopo un intervento dei vescovi che ha richiamato l’attenzione sul fatto. Non è un’ingerenza. È un dato, è una registrazione di un fatto, di cui però nessuno parlava. Già mi dicono altri che ancora circolano in qualche scuola». Perciò Bagnasco raccomanda ai genitori di stare «molto attenti: si tratta del bene fondamentale dei loro figli, perché vedere l’affettività, vedere la sessualità in genere, vedere la persona umana e la famiglia in un certo modo o in un altro, questo camFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015 bia radicalmente». La Chiesa, conclude, non lascia solo il genitore. «Ma si affianca senza sostituirsi alla famiglia» anche in questo campo. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 IL PAPA: LE TEORIE DEL GENDER? UNA COLONIZZAZIONE IDEOLOGICA Mimmo Muolo 20 gennaio 2015 Inviato sul volo papale IL PAPA: LE TEORIE DEL GENDER? UNA COLONIZZAZIONE IDEOLOGICA I l tentativo di introdurre nelle scuole la teoria del gender «è una colonizzazione ideologica». E per quanto riguarda la libertà di espressione del pensiero, essa «deve essere accompagnata dalla prudenza», la virtù umana che regola la convivenza civile. Di ritorno da Manila, il Papa si concede nuovamente alle domande dei giornalisti al seguito e, tra i numerosi argomenti toccati in più di un’ora di conferenza stampa, spiega alcune espressioni che nei giorni scorsi avevano suscitato ampi dibattiti. A partire dall’esempio del pugno in reazione a un ipotetico insulto alla madre che -– nella analoga conferenza stampa di quattro giorni fa, mentre da Colombo si spostava nelle Filippine -– aveva usato per parlare della vicenda di Charlie Hebdo.Sorridente, a tratti ancora commosso per l’accoglienza ricevuta, a suo agio anche quando usa espressioni colorite (dare «un calcio là dove non batte il sole»: la sua tentazione di fronte a un tentativo di corruzione subito quando era a Buenos Aires; «essere buoni cattolici non significa fare come i conigli», a proposito dell’Humanae Vitae e della «paternità responsabile»), Francesco non appare neanche particolarmente affaticato, nonostante l’intensità del viaggio. Fa un bilancio della visita da cui dice di aver imparato molto, definisce Paolo VI «un profeta» per essersi opposto all’avanzata del neomalthusianesimo, Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 cioè al controllo delle nascite attraverso la contraccezione di massa, e a tal proposito accenna per due volte, e non senza preoccupazione, all’inverno demografico dell’Italia. Annuncia inoltre «il progetto in bozza dei prossimi viaggi» (America Latina, Usa, Africa, come riferiamo a parte) e quanto ai rapporti con il governo della Cina (Paese nuovamente sorvolato ieri) parla in pratica di una politica dei piccoli passi. Un Papa a tutto campo, insomma, che anche in questa occasione dimostra la sua particolare sensibilità e l’apprezzamento per il lavoro dei giornalisti. Regala infatti una torta con tanto di candelina a Valentina Alazraki, la giornalista televisiva messicana che ha fatto quasi tutti i voli papali con tre pontefici e che ieri compiva gli anni. «Quanti sono non glielo chiedo, perché lei è una donna», scherza pure Bergoglio. la libertà di espressione Ed è proprio Alazraki che gli chiede di chiarire che cosa intendesse dire con l’esempio del pugno. «In teoria -–risponde il Papa -– siamo tutti d’accordo nel dire che una reazione violenta davanti a un’offesa, a una provocazione, non è una cosa buona, non si deve fare. In teoria diciamo con il Vangelo che bisogna porgere l’altra guancia e che è importante che vi sia la libertà di esprimersi. Ma siamo umani – prosegue Francesco – e c’è la prudenza che è una virtù della convivenza umana. Io non posso insultare, provocare continuamente una persona, perché rischio di farla arrabbiare e di ricevere una reazione non giusta -– lo sottolineo - non giusta. Per questo dico che la libertà di espressione deve tener conto della realtà umana e dunque deve essere prudente. Educata. Questo volevo dire: in teoria siamo tutti d’accordo che c’è la libertà di espressione, che una reazione violenta è sempre cattiva, ma nella pratica fermiamoci un po’ perché siamo umani e rischiamo di provocare gli altri. La libertà deve essere accompagnata dalla prudenza».L Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 la colonizzazione ideologica Gli chiedono anche un’altra chiarificazione. A che cosa si riferisse, durante l’incontro con le famiglie di Manila, con l’espressione «colonizzazione ideologica». E Francesco risponde narrando di un ministro della pubblica istruzione (una donna, probabilmente argentina, anche se il Papa non lo dice espressamente) che avendo bisogno di reperire fondi per costruire scuole per i poveri, chiese un prestito. La risposta fu un prestito condizionato all’adozione di un libro di testo che parlava della teoria del gender. La ministro prese i soldi e il testo, ma «furbescamente» ne introdusse anche un altro “normale”. «Questa è la colonizzazione ideologica –- denuncia -. Entrano in un popolo con un’idea che niente ha da fare con quel popolo, per cambiare una mentalità o una struttura. Durante il Sinodo, anche i vescovi africani si lamentavano di questo. Che i prestiti per lo sviluppo venivano concessi a certe condizioni». Il Papa fa il parallelo con le dittature del secolo scorso. «Pensate ai balilla, pensate alla gioventù hitleriana, hanno colonizzato il popolo attraverso i bambini, ma quanta sofferenza. I popoli non devono perdere la libertà, ogni popolo ha la sua cultura e la sua storia. Ma certe condizioni imposte dagli imperi colonizzatori cercano di far perdere ai popoli la loro identità». È la «globalizzazione della sfera, tutti i punti equidistanti dal centro», mentre serve «la globalizzazione del poliedro, ogni faccia con la sua identità». «Leggete un libro scritto all’inizio del ‘900 da Robert Hugh Benson, Il padrone del mondo, e capirete iò che voglio dire con colonizzazione ideologica». paolo VI e il controllo delle nascite. Affine è il tema della permanente validità dell’Humanae vitae, che ritorna in due domande. «L’apertura alla vita è condizione di validità del sacramento del matrimonio», ricorda il Papa. Ma in quell’enciclica c’è di più della considerazione dei problemi quotidiani delle coppie, per i quali aveva raccomandato ai confessori di essere «comprensivi e misericor- Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 diosi». Paolo VI «non era antiquato, era un profeta e ha messo in guardia dal neomalthusianesimo universale in arrivo», un fenomeno che «mira al controllo dell’umanità» e che ha portato a conseguenze come «il meno dell’un per cento di nascite in Italia e in Spagna». E all’Italia Francesco fanuovamente riferimento, quando più tardi nota che «secondo alcune notizie, non so se sia vero, nel 2024 non ci saranno più soldi per le pensioni», dato che «secondo i tecnici il livello per mantenere l’equilibrio del sistema è di tre figli a coppia». «Questo non significa che il cristiano deve fare figli in serie», precisa però una prima volta. E poco più tardi aggiunge: «Alcuni credono -– scusatemi la parola –- che per essere buoni cattolici dobbiamo essere come i conigli. Io ho rimproverato una donna, alcuni mesi fa in una parrocchia, perché era incinta dell’ottavo figlio e aveva fatto sette cesarei. ‘Ma lei vuole lasciare orfani i sette? - le ho detto -. Questo è tentare Dio, è una irresponsabilità’. Infatti si parla di paternità responsabile». Una regola che va applicata anche nei Paesi in via di sviluppo, anche se - ricorda il Pontefice, in risposta a una specifica domanda - «per i poveri i figli sono una ricchezza e Dio sa come aiutarli». Ciò non toglie che anche in questi casi occorre prudenza. «Come si può fare? Con il dialogo. Ogni coppia può farlo con l’aiuto del proprio pastore» Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 GENDER DISSENSO DOPO MILANO C’È PERUGIA Denuncia opuscoli pro gay scuola. Indagato Luciano Moia 20 gennaio 2015 GENDER DISSENSO DOPO MILANO C’È PERUGIA A nche sul fronte del gender la dittatura del pensiero unico passa attraverso la disinformazione e il ricorso a toni e gesti che definiremmo esagerati, per non ricorrere ad altri aggettivi che servirebbero solo a inasprire una situazione già abbastanza sgradevole. È successo a Milano, dove un convegno sulla famiglia prima è stato trasformato in forum antigay, poi è diventato terreno di scontro politico con toni, polemiche e vandalismi ai danni di due redazioni, quella del settimanale “Tempi” e del quotidiano “La Croce”, di cui è stata colpita l’insegna. Sta succedendo a Perugia, qui purtroppo con il contributo di uno zelante magistrato, che ha ordinato il sequestro preventivo di un video. L’accusa? Fare dell’«ironia sferzante». Ma la battuta aveva come oggetto le attività di un’associazione che si occupa di gay e lesbiche. Così l’avvocato Simone Pillone, membro del direttivo nazionale del Forum delle associazioni familiari, è finito sotto accusa e la procura di Perugia ha ordinato di rimuovere dal sito del Forum regionale dell’Umbria il video relativo a un convegno sul gender tenutosi nel giugno scorso. Nel corso del suo intervento a quell’incontro Pillon aveva denunciato le attività dell’associazione Omphalos. Cos’era successo? Nel corso di un’assemblea studentesca avvenuta il 18 aprile 2012 al liceo Alessi di Perugia, gli attivisti del coordinamento inter-associativo Arcigay e Arcilesbica della Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 città, avevano “messo a disposizione” dei liceali minorenni tre volantini. Uno degli opuscoli descriveva con disegni e spiegazioni approfondite, le modalità migliori per avere rapporti intimi con il proprio partner omosessuale. Nel pieghevole, per limitarci ai suggerimenti riferibili su queste pagine - e scusandoci fin d’ora se qualcuno si sentirà offeso da questi dettagli - si leggono frasi come: «Puoi aumentare l’eccitazione della tua partner usando lubrificanti rigorosamente a base di acqua», ma si consiglia anche di usare il «preservativo maschile con i sex toys o come dental dam provvisorio», per rendere sicuro cioè il rapporto oro-genitale. Ora, è vero che oggi, alla scuola del web, i giovani possono apprendere i rudimenti della peggior pornografia senza bisogno di aspettare i volantini di Omphalos. Ma è altrettanto vero che forse spiegazioni tanto esplicite avranno forse urtato la sensibilità di qualche ragazzo. Anche perché la distribuzione è avvenuta a scuola, in un ambito educativo dove non ci si attenderebbe una simile apologia della cultura omosessuale. E in questo modo l’hanno intesa quei genitori – all’oscuro di tutto e non preventivamente informati – che hanno pensato bene di dirottare i volantini raccolti dai loro figli a scuola all’ufficio regionale del Forum. Anche il preside del liceo avrebbe ammesso che il materiale è stato offerto senza la sua approvazione preventiva e che, in ogni caso, quei contenuti sono da ritenersi inaccettabili. Sul caso Carlo Giovanardi (Ndc) ha presentato un’interpellanza indirizzata al ministro della Giustizia e dell’Istruzione. E la magistratura? Nessun problema per il fatto che ragazzi sedicenni siano stati bombardati a scuola da informazioni ai limiti della pornografia. Mentre la denuncia dell’avvocato Pillon ha avuto dal giudice l’accoglienza che abbiamo detto. Forse, quando si parla di gender, il rischio dello strabismo è sempre presente. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 ORA IL FAMILY DAY E’ 3.0 60MILA FIRME ANTIGENDER «Disapplicare la Strategia nazionale Unar» Luca Liverani 22 gennaio 2015 ORA IL FAMILY DAY E’ 3.0. 60MILA FIRME ANTIGENDER S i scrive “lotta alla discriminazione”. Ma si legge “propaganda ideologica della teoria del gender”. Spuntano sempre più spesso nelle scuole italiane progetti spacciati per lotta alla discriminazione e al bullismo. Sostenuti dalla Strategia nazionale dell’Unar, l’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, in collaborazione con le associazioni Lgbt, senza mai interpellare quelle dei genitori. Né chiedere il consenso delle famiglie degli studenti di ogni ordine e grado, dagli asili nido alle superiori. È «una vera e propria emergenza educativa» quella che spinge Age, Agesc, Giuristi per la vita, Pro Vita onlus e Movimento per la vita a presentare in Senato una petizione per chiedere al capo del governo Matteo Renzi, al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini e al futuro presidente della Repubblica di «disapplicare la Strategia nazionale dell’Unar». L’appello in poche settimane ha già raccolto online oltre 60 mila firme. «Un vero Family Day 3.0 -– affermano i promotori - rilanciato anche su Facebook e Twitter con l’hashtag #nogender. In molti casi l’educazione sessuale a scuola è priva di riferimenti morali, discrimina la famiglia, mira a una sessualizzazione precoce dei ragazzi. La libertà di espressione è un diritto per tutti». Alla conferenza stampa sono intervenuti Carlo Casini (MpV), Gianfranco Amato (GpV), Toni Brandi (ProVita), Emanuela Micucci (Age) e Ernesto Mainardi (Agesc). Tra i politici presenti, Mau- Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 rizio Gasparri, Carlo Giovanardi, Gianluigi Gigli, Lucio Malan e Roberto Formigoni. Aderisce anche Olimpia Tarzia. «La non-discriminazione -– si legge nella petizione - serve a nascondere la negazione della naturale differenza sessuale», riducendola a «fenomeno culturale obsoleto»; propaganda «la libertà di identificarsi in qualsiasi “genere” indipendentemente dal proprio sesso biologico» e la «normalizzazione di quasi ogni comportamento sessuale». L’esperienza dei Paesi in cui sono state già applicate queste “strategie educative” dovrebbe insegnare qualcosa: in Inghilterra e Australia -– ricordano i promotori –- ci si confronta con una sessualizzazione precoce dei ragazzi, che ha portato a un aumento degli abusi sessuali e della pedofilia, alla dipendenza dalla pornografia, all’aumento di gravidanze e aborti nella prima adolescenza. «Ogni “strategia” educativa dovrebbe rispettare il diritto fondamentale dei genitori all’educazione dei figli evitando il contrasto con le convinzioni religiose e filosofiche dei figli», afferma Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita. «Progetti di legge - avverte Ernesto Mainardi dell’Agesc - – vogliono introdurre l’ideologia del genere come materia didattica con formazione obbligatoria per gli insegnanti». Come il ddl Fedeli, che vorrebbe stanziare 200 milioni per i corsi sul gender, «quando le scuole cascano a pezzi e manca la carta igienica», dice Toni Brandi, presidente di Pro Vita onlus. «La scuola -–dice Emanuela Micucci dell’Age - deve chiedere preventivamente alle famiglie il consenso informato sulla partecipazione degli studenti a questi progetti extracurriculari». Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, chiede che «i programmi rispettino il ruolo della famiglia nell’educazione sessuale» così come «il valore e la bellezza della differenza sessuale. È paradossale dover difendere realtà così ovvie. Ma è una sfida epocale». Si può aderire alla petizione su www.citizengo.org/it e sui siti delle associazioni. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 «LA POLITICA ASCOLTI I BISOGNI REALI» Galantino: è necessario sintonizzarsi con il fuso orario della gente Il gender? Polpetta avvelenata, così si capovolge l’alfabeto umano Mimmo Muolo 31 gennaio 2015 «LA POLITICA ASCOLTI I BISOGNI REALI» U na politica che non divaghi. Che, al contrario, si sintonizzi «con il fuso orario dei bisogni della gente» e che non ricorra al vecchio trucco del panem et circenses «per non guardare alle buche per strada». È questa la politica che invocano i vescovi italiani. I quali guardano anche all’elezione del presidente della Repubblica «sperando e pregando» che, al di là del suo essere cattolico («non è di per sé una garanzia») sia «un uomo capace di aiutare i governanti a poggiare l’orecchio» proprio su quei bisogni. È monsignor Nunzio Galantino a riferire ai giornalisti l’eco dei lavori del Consiglio permanente di questa settimana. E con la consueta schiettezza si sofferma sui diversi temi affrontati dai membri del parlamentino della Cei, sulla scia della prolusione del cardinale presidente, Angelo Bagnasco. gender e unioni civili Al primo posto, afferma il segretario generale, «la colonizzazione ideologica del gender che vuole capovolgere l’alfabeto dell’umano». Galantino ricorda che la tentata introduzione di queste teorie nella scuola «è stata presentata come un fatto educativo: aiutare i bambini alla tolleranza della diversità». Ma «sotto il titolo di quei libri si è messa invece una polpetta Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 avvelenata perché si vuole capovolgere il dato antropologico e per fare questo si è usata una violenza». Una cosa è ricevere un trans, come ha fatto il Papa, per testimoniare l’accoglienza che si deve a tutti, aggiunge poi parlando a Radio vaticana, un altro propagandare nelle scuole la teoria del gender. «E comunque è scorretto mettere in contrasto (come hanno fatto alcune testate) quell’incontro con quanto ha detto il cardinale Bagnasco nella prolusione, tra l’altro citando proprio il Papa». Il segretario della Cei prosegue: «Abbiamo l’impressione che i politici si diano un gran da fare, ma non su quello di cui la gente ha bisogno». L’esempio è quanto ha fatto il sindaco Marino, a Roma. «Una volta, proprio a Roma si parlava di panem et circenses. Oggi il pane le persone lo vanno a prendere alla Caritas, e i circenses nelle aule consiliari». Fuor di metafora, spiega Galantino, «le unioni civili mi sembrano un diversivo per chi non è sintonizzato sul fuso orario della gente. Per fare la cerimonia in Campidoglio bastano due ore. A me sembra che per non guardare le buche per le strade, si offrano diversivi». Il vescovo si rivolge quindi anche ai giornalisti, ricordando come il 18 ottobre scorso, quando Marino con tanto di fascia tricolore aveva recepito le “nozze” gay di due omosessuali “sposati” all’estero (cosa che la legge italiana espressamente vieta, ndr), aveva anche posato con un bambino che, arrotolati i certificati, li usava come cannocchiale. «Qualcuno ha scritto: “Così guarda lontano”. Ma di che cosa stiamo parlando?». Questo, però, senza nulla togliere ai diritti individuali, che «sono sacrosanti». Ma «l’errore sta nel ritenere che quei diritti siano la via per il bene comune». la famiglia Il segretario della Cei chiede a nome dei vescovi più attenzione alla famiglia, «oggi al centro di chiare aggressioni da parte delle lobbies». «Che fine ha fatto il quoziente familiare? Nei lavori parlamentare se ne sono perse le tracce». Eppure la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna è «una realtà garantita dalla Costituzione. «E allora chiunque fa Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 passi che vanno contro questa realtà, cercando di scardinarla dall’interno, a mio parere realizza una sorta di “bullismo costituzionale”». banche popolari e immigrati A una domanda sulla riforma delle banche popolari, il vescovo risponde. «Non è un attacco alla finanza cattolica, ma non mi pare che nelle premesse di questa riforma ci sia una più equa distribuzione della ricchezza». E sempre in tema di problemi reali, Galantino aggiunge: «Non si può ipocritamente continuare a meravigliarci che arrivino ancora nuovi immigrati. A fronte degli sbarchi, prefetti e sindaci prima ci telefonano per sapere se c’è posto, ma dopo che accogliamo le persone spariscono. Salvo contestarci poi che violiamo le leggi europee che prescrivono uno spazio di almeno 2,5 metri quadri per ognuno». la Croce e Avvenire C’è spazio anche per la domanda sulla nascita del nuovo quotidiano La Croce. Pensa che sia in alternativa ad Avvenire?, gli chiedono. «Pensarlo sarebbe un’affermazione di bassa lega», risponde il segretario della Cei, che ammette però di non aver ancora visto da vicino il neonato giornale. «Quando esce un nuovo organo di informazione è sempre positivo, non foss’altro che per il fatto che si creano posti di lavoro. Speriamo che li paghino», aggiunge. E comunque «una voce in più è un bene, anche la Chiesa può beneficiare dell’esistenza di più giornali. Il pensiero unico non va mai bene a nessuno». Avvenire, assicura tuttavia Galantino, «è in una situazione bella e florida. Aumenta e sta aumentando tiratura e lettori, mentre altri giornali registrano cali rilevanti». revisione delle diocesi e Sinodo Nessuna novità, invece, sulla revisione del numero delle diocesi. La Cei già dal 2011 ha indicato alla Congregazione dei vescovi alcuni criteri per Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 procedere. «Ma non è vero che il Papa abbia affidato a me questo incarico. Non è un lavoro per una sola persona. E comunque -– sottolinea Galantino - non si possono fare tagli orizzontali». Risposte al questionario per il Sinodo dei vescovi: «Nelle diocesi -– ha concluso il vescovo - – è in atto una fase di creativo laboratorio». Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 ECCO LE BUONE PRATICHE PER DIRE NO AL GENDER Luciano Moia 28 febbraio 2015 ECCO LE BUONE PRATICHE PER DIRE NO AL GENDER «R ete anti-gender»? No, nessuna contrapposizione ideologica. Lodovica Carli, responsabile del Forum delle famiglie in Puglia, suggerisce la dizione di “educatori del cuore dell’uomo”, perché anche un po’ di poesia non guasta per qualificare la nuova trama che si sta tessendo tra tutti coloro –genitori, insegnanti, associazioni, centri di ricerca, uffici diocesani – decisi a rifiutare l’ormai opprimente egemonia culturale dell’educazione secondo il “gender”. Sembrava impossibile che una maggioranza silenziosa e impegnata di genitori, educatori e insegnanti, consapevole del valore decisivo dell’educazione, potesse soccombere di fronte a un’esigua minoranza ispirata all’ideologia Lgbtq e sostenuta dalla strategia nazionale Unar, con ondivago ma purtroppo pervicace appoggio istituzionale. E infatti, dopo aver masticato amaro per mesi, dopo aver atteso – invano – che qualcosa si muovesse a livello di dirigenze scolastiche e osservatori culturali, la maggioranza ha deciso di alzare la voce. Da una parte l’azione “politica”, con la grande petizione sostenuta da Age, Agesc, Movimento per la vita, Giuristi per la vita e Pro vita onlus. Dall’altra -–meno palese ma altrettanto penetrante - la rete che punta a combattere il presunto progetto educativo del “gender” sul piano dei contenuti, mostrando con un crescente ventaglio di buone prassi, come un’idea che pretende di guardare alla sessualità prescindendo completamente dal dato naturale, non possa regalare ai ragazzi né serenità né certezze. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 L’idea di fare rete contro il “gender”, con idee, progetti, iniziative concrete, era stata lanciata nel novembre scorso dal presidente del Forum, Francesco Belletti. A gennaio, di fronte al successo dell’iniziativa, è nata anche una pagina web di collegamento, “Il filo e la rete”, coordinato dalla stessa Lodovica Carli, ginecologa ed esperta di metodi naturali: «Dobbiamo riuscire a risvegliare nei genitori, negli educatori, in tutti coloro che si occupano di giovani e ragazzi -–spiega l’esperta -–la coscienza della propria responsabilità educativa, ma soprattutto la consapevolezza che, al di là di luoghi comuni di stampo moralistico, è nell’antropologia cristiana che si può scoprire il valore e lo spessore del proprio essere al mondo, accompagnando così i ragazzi alla scoperta del significato della propria vita». Il progetto al momento meglio radicato è nato proprio in Puglia, si chiama Eros (Educazione, ricerca, orizzonte, sessualità), ed è stato realizzato con il sostegno dell’Ufficio scolastico regionale e la collaborazione della “Bottega dell’orefice”, associazione che -–con evidente richiamo al magistero sul corpo di Giovanni Paolo II - si occupa di educazione alla sessualità e di metodi maturali. La ricerca, curata da Angela Mongelli, docente di sociologia della formazione all’Università di Bari, ha coinvolto 4.820 studenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado della Puglia, oltre a 800 docenti. I risultati? Una conferma, supportata dai dati statistici, della necessità di aiutare la comprensione delle valanghe di informazioni in possesso dei ragazzi a proposito della sessualità -–Internet la fonte privilegiata -–con una formazione che, spiega Mongelli, «possa accompagnarli alla scoperta delle bellezza e della grandezza dell’amore, grazie alla sessualità, preziosa energia di relazione che permette di trasformare il corpo in dono». L’obiettivo di proporre ai giovani un alfabeto della corporeità senza le tante ambiguità che arrivano dall’arcipelago mediatico ma anche dalla cultura pervasiva del pansessualismo senza etica, ha mosso anche l’Ufficio per la pastorale familiare della diocesi di Fidenza. Enrico e Camilla Mattei, insegnanti e sensibilizzatori del metodo Billings, responsabili diocesani dell’ufficio con don Adriano Contestabili, hanno messo a punto due percorsi educativi. Il primo, “Il corpo racconta”, è rivolto alle ragazze preadolescenti che Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 sono invitate a seguire gli incontri insieme alle loro mamme. Attraverso una traccia ludica ma scientificamente ineccepibile si valorizza il linguaggio del corpo nella sua dimensione filiale (“tutti abbiamo ricevuto la vita in dono), sponsale (“la bellezzadella differenza sessuale come accoglienza reciproca”) e generativa (“siamo chiamati a restituire il dono ricevuto”). Le esperte non dimenticano di ricordare una virtù come il senso del pudore, controcorrente di fronte all’ostentazione sfacciata del corpo che oggi appare prevalente, ma che le adolescenti mostrano di comprendere perfettamente perché verità e libertà dell’amore, nel loro significato autentico, sono iscritte nel cuore di ogni persona. Ma occorre parlarne, raccontarlo -– anche grazie all’aiuto dei padri - con parole comprensibili. Un obiettivo che anche la direzione didattica di zona, dopo l’approvazione da parte del collegio docenti, ha riconosciuto come fondamentale autorizzandone la trasformazione in progetto scolastico. Dal Forum delle associazioni familiari dell’Umbria arriva poi “Rispettiamoci”, progetto interdisciplinare in quattro differenti versioni con il coinvolgimento di genitori e insegnanti: scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e di secondo grado. Realizzato da una psicologa dell’educazione, Leonida Carnevali; da una pedagogista dell’età evolutiva, Barbara Baffetti; da una sessuologa, Maria Tecla Cataldi, con la supervisione dello psicologo Ivan De Marco, che è anche docente di sessuologia alla Scuola superiore Rebaudengo di Torino della Pontificia università Salesiana, il progetto intende sviluppare nei bambini e nei ragazzi la consapevolezza della dimensione affettiva, la coscienza della propria identità e della relazione esistente tra sentimenti e desideri. Obiettivo: la scoperta dell’alterità maschile e femminile e la valorizzazione della reciprocità tra i sessi. Un punto fermo questo, indispensabile per ribadire l’errore delle teorie del “gender” che, proprio ignorando il dato di realtà rappresentato dal maschile e dal femminile, vorrebbe trasformare il desiderio in diritto ma finisce invece per generare infinite solitudini. Una logica confusa e Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015 antropologicamente destabilizzante che si propone di contrastare anche Saverio Sgroi, educatore e giornalista palermitano, da tempo impegnato a proporre nelle scuole “Cogito et volo”, blog rivolto agli adolescenti su sogni, amicizia, amore e sessualità. Il ciclo di incontri, che prevede anche il coinvolgimento dei genitori e si intitola “Una storia unica”, punta a sviluppare le capacità di vivere responsabilmente le relazioni affettive, gestire le proprie emozioni e stimolare la riflessione sul concetto di identità sessuale. Tra le altre opportunità, un organico programma di educazione alla sessualità su scala internazionale -– ma presente anche in Italia grazie alla collaborazione del Centro di Ateneo su matrimonio e famiglia dell’Università Cattolica - è TeenStar, “Per amare ed essere amato”, che da quasi trent’anni, grazie all’intuizione di due ginecologi americani, Hanna Klaus e Pilar Vigil, diffonde i fondamenti dell’antropologia cristiana su sessualità e fertilità. Su un versante espressivo, ma non meno interessante, è il progetto “Io Tarzan, tu Jane” inventato da Marco Scarmagnani, formatore e mediatore familiare, che sfrutta alcune delle più note sequenze cinematografiche, per spiegare che le differenze sessuale non sono invenzioni confessionali, ma verità che accompagnano da sempre anche la storia del cinema e della letteratura. E che non sarà una pretesa ideologica come il “gender” ad affossare ciò che è parte costitutiva del nostro sapere, della nostra civiltà, della nostra vita. Era indispensabile che qualcuno - come stanno facendo con impegno i sostenitori del “Filo e la rete” –- si decidesse a dirlo con forza e convinzione. Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015