Gender La Grande Bugia - Diocesi Isernia – Venafro

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Gender La Grande Bugia - Diocesi Isernia – Venafro
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
ISBN: 9788890843389 (PDF)
ISBN: 9788890843396 (EPUB)
direttore responsabile Marco Tarquinio
Avvenire Nuova Editoriale Italiana S.p.A.
Piazza Carbonari, 3 – 20125 Milano MI
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previsto dalla legge 633/1941.
a cura di Luciano Moia
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
INTRODUZIONE
w
UNA BUONA BATTAGLIA DALLA PARTE DELLA FAMIGLIA di Marco Tarquinio
IL PROBLEMA
w
MASCHIO, FEMMINA E…CINQUE PUNTI PER FARE CHIAREZZA
w
IDEOLOGIA LGBTQ, SCUOLA ASSEDIATA di Paolo Ferrario
LE ANALISI / GLI INTERVENTI
w GENDER, DERIVA CULTURALE
CHE VUOLE NEGARE LA REALTÀ di Vittorio Possenti
w
MASCHILE E FEMMINILE, NON NEGARE L’EVIDENZA di Luciano Moia
w
ALLE RADICI DELLA SOCIETÀ, CIVILTÀ UMANA AL BIVIO di Tony Anatrella
w
MASCHIO E FEMMINA, MA NON PER FACEBOOK di Nicoletta Martinelli
w SESSUALITÀ, PERCHÈ LA FAMIGLIA
DEVE ALLEARSI CON LA SCUOLA di Luciano Moia
w GAY, RISPETTO OLTRE L’IDEOLOGIA. VICINANZA,
NON CONFUSIONE di Luciano Moia
w SCUOLE CHIAMATE A FARE RETE.
MA IL GENDER E’ UNA PRIORITÀ? di Paolo Ferrario
w
RESTA LA VERITÀ DEL MATRIMONIO di Francesco D’Agostino
w
OMOSESSUALITÀ, RISPETTO E CHIAREZZA di Francesco D’Agostino
w
QUEI PREZIOSI METODI DELLA NATURA di Luciano Moia
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w
L’ECLISSE DEL PADRE, MALE D’OCCIDENTE di Giorgio Campanini
w
NO AL PENSIERO UNICO, SI’ A RISPETTO E UMANITÀ di Luciano Moia
w
LA SFIDA COMPRESA di Gianfranco Marcelli
w
LE DIFFERENZE NECESSARIE di Paola Sindoni Ricci
w
SE LA BUGIA GENDER SPEGNE LE RELAZIONI di Luciano Moia
w
LA DIFFERENZA SESSUALE RICONCILIA TUTTA LA SOCIETÀ di Philippe Bordeyne
w
«BASTO A ME STESSO» ARROGANTE POSTMODERNITA’ di Yves Semen
w
«LGBT, QUELLE SOFFERENZE DA NON BANALIZZARE MAI» di Susy Zanardo
w
«EDUCARE ALLA DIVERSITÀ PER RISPETTARE I PIÙ PICCOLI» di Tonino Cantelmi
w
«È LA FAMIGLIA IL GREMBO DEL NUOVO UMANESIMO» di don Paolo Gentili, Tommaso e Giulia Cioncolini
IDEE / IL DIRETTORE RISPONDE di Marco Tarquinio
w
PERCHÈ UN TG IMPORTANTE DISTORCE I TERMINI DEL CASO UNAR?
w
GLI IDOLI EGOISTI DEL “PENSIERO UNICO” CADONO SE IMPARIAMO A VEDERE
w IL GENDER E LA ROSA NEL CAMPO DI TULIPANI
(SIAMO UOMINI E DONNE, ED È TANTO)
w IL PENSIERO «DOMINANTE» SANZIONA MA NON SI ARRETRA,
NÈ SI VA ALLA RISSA
w A PROPOSITO DI OMOSESSUALITÀ, SANZIONI,
LIBERTÀ (ANCHE DELLA SCIENZA) E... STILE
w
QUEL CLIMA D’INTIDIMAZIONE AL QUALE NON POSSIAMO RASSEGNARCI
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LE INTERVISTE
w
«LASCIATE IN PACE I BAMBINI, IL GENDER È IDEOLOGIA VIOLENTA»
Intervista a Stefano Zecchi di Lucia Bellaspiga
w
«LOBBY GAY MANOVRATE DA POLITICA E FINANZA»
Intervista a Mario Binasco di Luciano Moia
w «SCONVOLGERE L’IDENTITÀ SESSUALE È PREMESSA
PER IDEOLOGIE TOTALITARIE»
Intervista a Tony Anatrella di Luciano Moia
w
MASCHILE E FEMMINILE LE RADICI DELLA SOCIETÀ
Intervista a Philippe Bordeyne di Luciano Moia
LA CRONACA
w
GENDER IN CLASSE: MONDO CAPOVOLTO di Lucia Bellaspiga
w IL KIT PRO-GENDER IN CLASSE,
SCONFESSATO IL GRANDE BLUFF di Lucia Bellaspiga
w
GENDER, COME DIRE NO. ISTRUZIONE AI GENITORI di Lucia Bellaspiga
w STRATEGIA LGBT NELLE SCUOLE,
DAL GOVERNO NESSUNO ALTOLA’ di Paolo Ferrario
w
«BASTA INIZIATIVE CONTRO I NOSTRI FIGLI» di Paolo Ferrario
w
«STUDENTI A CASA CONTRO IL GENDER» di Lucia Bellaspiga
w
GENDER, LA SCUOLA STOPPA di Paolo Ferrario
w
STRATEGIE LGBT. L’AGE RIBADISCE: DIRITTO DI EDUCARE di Paolo Ferrario
w
BASTA GENDER A SCUOLA «NUOVE LINEE GUIDA» di Paolo Ferrario
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w
«CONTRO IL GENDER, MA NON È UNA GUERRA» di Paolo Viana
w
BAGNASCO: NO ALLA DITTATURA DEL GENDER di Mimmo Muolo
w IL PAPA: LE TEORIE DEL GENDER?
UNA COLONIZZAZIONE IDEOLOGICA di Mimmo Muolo
w
GENDER DISSENSO DOPO MILANO C’È PERUGIA di Luciano Moia
w
ORA IL FAMILY DAY E’ 3.0. 60MILA FIRME ANTIGENDER di Luca Liverani
w
«LA POLITICA ASCOLTI I BISOGNI REALI» di Mimmo Muolo
w
ECCO LE BUONE PRATICHE PER DIRE NO AL GENDER di Mimmo Muolo
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INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
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UNA BUONA BATTAGLIA
DALLA PARTE DELLA FAMIGLIA
UNA BUONA BATTAGLIA DALLA PARTE DELLA FAMIGLIA
I
n questo testo digitale è raccolto il cuore di un lungo lavoro di approfondimento sulle cosiddette “teorie del gender” sviluppato dai giornalisti e dai commentatori di “Avvenire” nell’arco di quasi un anno e
mezzo. Un piccolo grande patrimonio di documentazione, di analisi, di
riflessione e di proposta che aiuta ad affrontare il dibattito pubblico sulla
pretesa di abolire la nozione stessa di maschile e di femminile nel nome
di una ideologia che sostiene la libertà personale di ognuno di decidere
il proprio orientamento sessuale, cambiandolo anche più volte, secondo
l’ispirazione del momento, e ignorando quindi la realtà del dato biologico. In questi mesi abbiamo collezionato sui nostri media – “Avvenire” e
il suo supplemento mensile “Noi Genitori&Figli” – alcune centinaia di
uscite. Articoli di cronaca, interviste, commenti con cui abbiamo cercato
di far emergere forza suggestiva e pericolosità di una visione che non
pretende solo di influire sul modo di vivere le relazioni tra le persone,
ma punta a condizionare anche i programmi scolastici (la vicenda dei
“libretti Unar”) e la stessa libertà di pensiero e di espressione (legge Scalfarotto) regimentando il modo di pensare (l’accusa di “omofobia” come
strumento di repressione nei confronti di chi si oppone all’antropologia
liquida immaginata dai propagandisti del “gender”). Una visione che tende sempre più scopertamente a modificare d’autorità persino il lessico e
di imporre un tale stravolgimento a partire dai più semplici e inevitabili
atti amministrativi (si pensi solo agli ormai continui tentativi di cancellare le parole “padre” e “madre” dalla modulistica di enti pubblici e istituti
scolastici) e che, nonostante questo, gode di un tenace e incredibilmente
ampio sostegno tra coloro che si reputano paladini della libertà d’espressione.
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Ecco perché abbiamo ritenuto opportuno riproporre in questo e-book
un’ampia e ragionata selezione di quanto fin qui pubblicato sull’argomento “gender”. Una buona battaglia, rispettosa di tutti – ma proprio di
tutti – perché rispettosa della bellezza, della fragilità, della forza e della
verità della condizione umana. Una buona battaglia condotta in nome
della ragione, dalla parte della famiglia costituzionalmente definita, “società naturale” (come recita l’articolo 29 della Carta fondamentale della
Repubblica italiana) fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.
Una buona battaglia affrontata con laici argomenti e cristiana passione.
Per tener caro l’essenziale della nostra vita di uomini e di donne e per
poter guardare avanti senza confondere lo sguardo. Il confronto promette
di essere molto intenso e assai lungo. Noi ci siamo, e ci saremo.
Marco Tarquinio
direttore di Avvenire
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IL PROBLEMA
IL PROBLEMA
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IL PROBLEMA
MASCHIO, FEMMINA E…
CINQUE PUNTI
PER FARE CHIAREZZA
MASCHIO, FEMMINA E…CINQUE PUNTI PER FARE CHIAREZZA
C
osa dice la scienza? Cosa dice l’antropologia cristiana? Cosa dicono le associazioni Lgbtq? Il nostro contributo alla verità su una
questione che rischia di deflagrare in una battaglia ideologica e rendere
la convivenza sociale peggiore per tutti. A cominciare dall’impegno educativo delle famiglie
Noi genitori & figli n.194, febbrario 2015
1) GENDER, COS’E’?
Un insieme di teorie fatte proprie dall’attivismo gay e femminista radicale per cui il sesso sarebbe solo una costruzione sociale. Vivere “da
maschio” o “da femmina” non corrisponderebbe più a un dato biologico
ma ad usa costrizione culturale. L’identità sessuata, cioè essere uomini e
donne, viene sostituita dall’identità di genere (“sentirsi” tali, a prescindere dal dato biologico). E si può variare a piacimento, anche mantenendo immutato il dato biologico
2) GENERI SECONDO IL GENDER? 7, O FORSE 56…
Non più solo maschile e femminile. Ai generi (non corrispondenti ai sessi) esistenti in natura, andrebbero aggiunti quelli previsti dall’acronimo
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LGBTQ (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e queer, cioè chi rifiuta
un orientamento sessuale definito e si ritiene libero di variare a suo piacimento o di rimanere “indefinibile”). Ma il governo australiano ne ha
riconosciuti ufficialmente 23. E Facebook USA permette di scegliere il
proprio “genere” tra 56 diverse opzioni. Sembra comico ma è tragico.
3) COSA DICE LA SCIENZA?
La scienza ci dice che la differenza tra maschile e il femminile caratterizzano ogni singola cellula, fin dal concepimento con i cromosomi XX per
le femmine e XY per i maschi. Queste differenze si esprimono in differenze peculiari fisiche, cerebrali, ormonali e relazionali prima di qualsiasi influenza sociale o ambientale. La “varietà” pretesa dalle associazioni
LGBTQ non ha alcun fondamento scientifico e anzi confonde patologie
(i cosiddetti stati intersessuali) con la fisiologia (normalità).
4) COS’E’ L’OMOFOBIA?
Un neologismo inventato dai media per definire gli atti di violenza, fisica
o verbale, contro gli omosessuali – che vanno sempre e comunque condannati, come ogni altra violenza - e contro chi, come le associazioni
LGBTQ, promuove la teoria del gender. Oggi l’accusa di omofobia è
diventata però un vero e proprio strumento di repressione nei confronti di
chi sostiene un’antropologia diversa rispetto a quella del gender.
5) PERCHE’ IL GENDER E’ PERICOLOSO?
Perché pretende non solo di influire sul modo di pensare, di educare,
mediante scelte politiche ma anche di vincolare sotto il profilo penale
chi non si adegua (decreto legge Scalfarotto); impone atti amministrativi
(alcuni Comuni e alcuni enti hanno sostituito i termini “padre” e “madre” con “genitore 1” e “genitore 2”); educativi (la cosiddetta “strategia
nazionale” di cui parliamo a pagina XX per introdurre nelle scuole testi
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e programmi “aperti” alla ricezione della teoria del gender e cioè l’eliminazione del maschile e del femminile, quindi dei modelli familiari normali): è un vero e proprio attentato alla libertà di pensiero e di educazione
da parte di una minoranza (gendercrazia).
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IDEOLOGIA LGBTQ
SCUOLA ASSEDIATA
Paolo Ferrario
Noi genitori & figli n.194 – Febbraio 2015
IDEOLOGIA LGBTQ, SCUOLA ASSEDIATA
C
lima sempre più teso e preoccupato nelle classi italiane. Negli ultimi
due anni, dopo la pubblicazione della Strategia nazionale anti-discriminazioni dell’Unar, si sono moltiplicati i tentativi - anche veri e
propri blitz all’insaputa dei genitori - di imporre l’ideologia Lgbtq nei
programmi scolastici. Ma, dopo il primo momento di disorientamento, le
famiglie hanno preso consapevolezza del pericolo e in più occasioni hanno espresso la propria ferma opposizione: «Rispetto per tutti, ma nessuna
egemonia culturale a senso unico».
Petizioni, proteste, assemblee infuocate, lettere di autotutela ai presidi.
Da una paio d’anni a questa parte, la scuola italiana si è trasformata in
un vero e proprio campo di battaglia intorno a un tema che è ormai diventato pura ideologia: il gender. Tra fughe in avanti, blitz nelle classi di
esponenti Lgbtq, opuscoli pro omosessualità distribuiti ai ragazzi, il caos
è massimo e le famiglie sono sempre più sconcertate di fronte a quello
che, a ragione, molti genitori definiscono un attacco al diritto-dovere di
educare i figli. Che la situazione sia esplosiva lo dimostra anche la petizione lanciata su Internet dalle associazioni genitoriali Age e Agesc, con
il supporto del Movimento per la vita, dei Giuristi per la vita e dell’associazione Pro vita, che, in poche settimane, ha superato le 60mila firme.
Una sorta di Family day 3.0 che si pone a tutela della libertà di espressione e di educazione.
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All’origine dell’assalto delle lobby Lgbt alla scuola pubblica c’è la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni
basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)”
redatta dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in collaborazione con 29 associazioni Lgbt. Evidente la volontà di
arrivare alla formulazione di una Strategia a senso unico, per promuovere
un preciso punto di vista: quello dell’ideologia del gender.
Per quanto riguarda la scuola, la Strategia individua subito i problemi
da affrontare: il bullismo omofobico e transfobico e i loro «devastanti
effetti». Ma da che cosa sono prodotti questi fenomeni di intolleranza e
violenza? La risposta poche righe più sotto: «Dietro gli episodi di bullismo omofobico e transfobico vi sono altri problemi, quali quelli legati a
una cultura che prevede soltanto una visione eteronormativa e modelli di
sessualità a norme di genere. Le tematiche Lgbt trovano spazi marginali
nelle aule scolastiche, o sono relegate a momenti extra curricolari; gli
insegnanti ed educatori sono a loro volta disinformati e impreparati ad
affrontare questi temi. In questa prospettiva è di particolare importanza il
ruolo della scuola e degli insegnanti nel cambiare e modificare attitudini
e comportamenti specifici». E, per farlo, «è necessario elaborare strategie
e progetti formativi strutturali all’interno dell’attività didattica», cominciando «dagli asili nido e dalle scuole dell’infanzia».
I primi effetti di tali disposizioni non si sono fatti attendere. In vista delle
iscrizioni all’anno scolastico 2013-2014, il Comune di Milano ha predisposto moduli con le diciture “genitore 1” e “genitore 2”, neutralizzando
così l’identità sessuale di padri e madri e introducendo una sorta di “graduatoria” genitoriale, questa sì fortemente discriminatoria e lesiva della
parità sancita dalla stessa Costituzione. La “novità” non è però passata
inosservata, tanto che una madre coraggiosa ha postato sul proprio profilo Facebook la foto del modulo corretto. Al posto di “genitore 1”, cancellato con un tratto di penna, ha scritto “mamma”. Rivendicando un ruolo e
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una funzione che, da secoli, si identifica con quel sostantivo, riconosciuto
e utilizzato a tutte le latitudini e da tutte le culture.
Il “frutto” più eclatante e controverso della Strategia sono senz’altro i
tre libretti divulgativi dal titolo “Educare alla diversità a scuola”, che
sono apparsi in Internet verso la fine del 2013. Commissionati dall’Unar
all’Istituto A.T. Beck di Roma, gli opuscoli sono composti da tre distinti
fascicoli, uno per ciascun ordine scolastico: scuola primaria, scuola secondaria di primo grado e scuola secondaria di secondo grado.
Fin dall’introduzione è chiara la finalità di questi sussidi: incoraggiare
la diversità, evitando che i bambini «trascorrano gli anni della scuola
elementare senza accenni positivi alle persone Lgbt». Invece, si legge
negli opuscoli, «gli anni delle elementari offrono una meravigliosa e
importante opportunità di instillare e/o nutrire atteggiamenti positivi e
rispettosi delle differenze individuali». Superando gli “stereotipi” tipici
della società occidentale, che «dà per scontato che l’orientamento sessuale sia eterosessuale. La famiglia, la scuola, le principali istituzioni della
società, gli amici – si legge nei libretti – si aspettano, incoraggiano e
facilitano in mille modi, diretti e indiretti, un orientamento eterosessuale.
A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di
una principessa e, se è femmina, di un principe. Non sono permesse fiabe
con identificazioni diverse».
Per non perpetuare visioni “stereotipate” dell’identità sessuale, gli autori degli opuscoli si premurano di fornire agli insegnanti «le conoscenze
necessarie» ad affrontare questi temi in classe. «L’insegnante – scrivono
– dovrebbe cercare di scegliere libri (o suggerire film o serie televisive)
in cui ci sono uomini e donne, così come famiglie, diversi dallo stereotipo da pubblicità». Basta, dunque, fiabe come Cenerentola che sposa il
principe e altre simili, perché fanno «riferimento a una prospettiva etero
normativa».
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Molto preoccupante è anche ciò che gli autori scrivono poche pagine
più avanti, analizzando i comportamenti che possono favorire «l’odio
omofobico». Termine, tra l’altro, con cui viene catalogata qualsiasi critica verso la teoria del gender. «Tratti caratteriali – si legge a pagina 11
– sociali e culturali, come l’età avanzata, la tendenza all’autoritarismo,
il grado di religiosità, di ideologia conservatrice, di rigidità mentale, costituiscono fattori importanti da tenere in considerazione nel delineare il
ritratto di un individuo omofobo. Come appare evidente – proseguono
gli autori – maggiore risulta il grado di ignoranza, di conservatorismo
politico e sociale, di cieca credenza nei precetti religiosi, maggiore sarà
la probabilità che un individuo abbia un’attitudine omofoba».
Se gli opuscoli dell’Istituto A.T. Beck catalizzano l’attenzione di stampa
e opinione pubblica, sul territorio si moltiplicano, nel silenzio generale, le iniziative pro-gender nelle scuole. Soltanto a titolo di esempio ne
ricordiamo alcune. A Venezia, l’assessorato alle Politiche educative e
per la famiglia, propone, per l’anno scolastico 2013-2014, un Piano di
formazione per le educatrici e le insegnanti dei servizi per la prima infanzia (asili nido e scuola dell’infanzia) sul tema dell’educazione di genere.
«Il corso – si legge nella presentazione – ha l’obiettivo di aumentare le
informazioni relative alle nuove tipologie di famiglia in Italia». Che, con
buona pace dell’amministrazione lagunare, per la Costituzione ha una
composizione ben definita, non suscettibile di modifiche a piacimento.
Nelle scuole di alcune località dell’Umbria, ai bambini è distribuito il
libretto “Qual è il segreto di papà?”, che parla di due uomini omosessuali
che raccontano la loro relazione ai piccoli. Immediate le proteste delle famiglie, sostenute dal Forum regionale delle associazioni familiari.
A Cagliari, il Comune destinata 10mila euro per corsi di educazione ai
“cinque generi”, mentre a Torino circolano schede che stravolgono a tal
punto il messaggio delle Sacre Scritture, arrivando alla conclusione che
anche san Paolo fosse omofobo. Forte polemica ha suscitato anche l’iniziativa de Consiglio d’Istituto del Liceo classico “Muratori” di Modena,
che per parlare di differenza sessuale ha invitato Vladimiro Guadagno,
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transessuale ed ex-parlamentare di Rifondazione Comunista, meglio conosciuto alle cronache come Luxuria.
Passato un primo momento di sconcerto e smarrimento, le famiglie sono
passate al contrattacco per difendere il proprio diritto di educazione. L’iniziativa più dirompente, che ha fatto molto scalpore anche nell’opinione
pubblica, è stata quella proposta dall’Age, l’Associazione dei genitori.
Riprendendola dalla Francia, l’associazione ha proposto il ritiro dei figli
da scuola un giorno al mese. Un segnale forte per manifestare, anche sul
registro delle presenze, la propria contrarietà. A disposizione dei genitori,
dal Forum delle associazioni familiari dell’Umbria arriva così il “dodecalogo”, cioè “Dodici strumenti di autodifesa dalla teoria del gender per genitori con figli da 0 a 18 anni”. Suddiviso in capitoletti, è uno strumento
di agile consultazione che spiega che cosa fare prima di iscrivere i propri
figli a scuola, come comportarsi durante l’anno e come reagire ad eventuali proposte di iniziative non in sintonia con i propri valori.
A novembre 2014, infine, il Forum nazionale delle associazioni familiari
ha pubblicato un documento in cui ripercorre le ultime vicende legate
alla diffusione nelle scuole di iniziative legate all’ideologia gender, riaffermando l’irrinunciabile rafforzamento dell’alleanza educativa tra famiglia e scuola. Un patto che, non va negato, il susseguirsi di veri e propri
blitz di associazioni Lgbt nelle classi, con il consenso dei dirigenti ma,
in molti casi, all’insaputa dei genitori, ha finito con il minare alla radice.
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LE ANALISI
GLI INTERVENTI
LE ANALISI / GLI INTERVENTI
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GENDER, DERIVA CULTURALE
CHE VUOLE NEGARE LA REALTÀ
Vittorio Possenti
5 marzo 2014
GENDER, DERIVA CULTURALE CHE VUOLE NEGARE LA REALTÀ
I
l tentativo di inserire un nuovo ostacolo tra scuola e famiglia con l’iniziativa dell’Unar di diffondere nelle scuole opuscoli all’insegna dell’ideologia del gender (Lgbt) è una prova ulteriore del terremoto antropologico in atto che cerca di indirizzare l’insegnamento secondo nuove
ideologie, e dei rischi per il compito educativo primario che spetta alla
famiglia. La rivoluzione in corso scalza tradizioni millenarie e attraverso
i grandi media mondiali propaganda una “nuova antropologia secolare”.
Questa rifiuta l’idea di una natura umana comune a tutti, e ritiene che
l’essere umano sia una mera costruzione sociale in cui emergono la storicità delle culture, la decostruzione e la relatività delle norme morali, la
centralità inappellabile delle scelte individuali. Nel caso della famiglia
e della procreazione ciò implica che maternità e paternità siano realtà
costruite socialmente, che possono essere liberamente ridefinite. Non vi
sarebbe alcuna definizione stabile dei relativi ruoli, ma tutto risulterebbe
sfuggente e malleabile.
Si vuole insegnare che la famiglia padre-madre-figlio è una forma come
un’altra di convivenza. Lo tsunami antropologico si appella alla tecnica,
alla libertà insindacabile dell’individuo, alla manipolazione del linguaggio, nel chiaro intento di formare una nuova comprensione dell’essere
umano. La nuova antropologia secolare in grande spolvero non solo
espone una versione dell’esistenza umana lontana dall’antropologia della
tradizione, ma riesce ad influenzare i programmi e le politiche di molte
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organizzazioni internazionali, e ad essere presente in modo massiccio
sui media mondiali. È divenuta l’antropologia di tante scienze sociali,
ed un’ispirazione per la giurisprudenza. Ne segue una seria difficoltà a
far circolare una visione antropologica diversa, poiché quella “secolare”
è considerata ovvia, autoevidente e scarsamente bisognosa di argomenti
avvaloranti. Si avverte ad ogni livello, compreso quello del gender, il tentativo di cambiare la realtà attraverso alterazioni del linguaggio. L’operazione linguistica è facile da scoprire: basta escludere i termini naturali
e venerabili di padre e di madre, di uomo e di donna, ed adottare quelli
neutri di genitore A e di genitore B per manipolare la realtà. Quest’ultima
rimane quella che è e che è sempre stata, ma nel contempo attraverso
operazioni nominalistiche si cerca di trasformare la testa delle persone
mediante un cambiamento di linguaggio. Si dice: maschi e femmine si
nasce, uomini e donne di diventa; hai 14 anni e sei maschio, ma se vuoi
puoi diventare donna.
In certo modo il gender ha reso obsoleto il primo femminismo, quello
della competizione fra uomo e donna secondo cui la donna, per essere
se stessa, si deve costituire quale antagonista dell’uomo. Nella questione
del gender la base biologica è pienamente disponibile per il soggetto:
la differenza corporea, chiamata sesso, viene minimizzata, mentre la dimensione strettamente culturale, chiamata genere, è ritenuta primaria. La
differenza sessuale non si fonderebbe su una realtà biologica: anzi i confini tra uomo e donna non sarebbero naturali ma mobili e culturali, e l’identità sessuale diventa una scelta libera, mutabile anche più volte nella
vita di una persona. In tal modo la teoria del gender può essere impiegata
per favorire il punto di vista di determinate categorie. E ciò può diventare
un’agenda politica per il futuro, in modo da contrattare continuamente il
confine tra il culturale-modificabile e il naturale-immodificabile. In breve
l’essere umano non avrebbe più alcuna natura o essenza ma sarebbe solo
un prodotto sociale, l’esito esclusivo della costruzione della propria identità. Ma chi propugna l’ideologia del gender ha mai osservato un bambino od una bambina che giocano, e che nel gioco esprimono intensamente
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la loro differenza? All’origine di tale ideologia stanno le culture della
piena liberazione sessuale degli anni 60 (W. Reich), della cancellazione
delle differenze, della psicanalisi trionfante, l’incrocio tra antropologia
americana e strutturalismo francese. Era la società repressiva che occorreva assolutamente abbattere: «Fate all’amore, non fate la guerra», come
se il fare all’amore tolga di per sé la quota di violenza insita in noi. Salvo
poi ad accorgersi che né il desiderio era saziato, né la violenza esorcizzata. Se sostiamo ancora un momento sul piano antropologico, si coglie che
nella questione del gender, ed in quella connessa dell’unione omosessuale cui si vuole attribuire il nome e lo status di matrimonio, si manifesta
in sommo grado il rifiuto del principio di realtà, del common sense e
uno scatenato nominalismo, secondo cui basterebbe cambiare i nomi per
cambiare le cose. Chiamare matrimonio e famiglia l’unione omosessuale
che è intrinsecamente infeconda, significa appunto non voler fare i conti
con la realtà e dare rilievo ai nomi invece che alle cose. E questo non è
un buon biglietto da visita per una civiltà che può continuare a fiorire
se non “delira”, ossia se non esce dai solchi del reale. Secondo la mia
opinione i tribunali ed i parlamenti che istituiscono la “famiglia omosessuale” oltrepassano quanto a loro è consentito e diventano espressione di
un positivismo giuridico illimitato, in cui niente vale di per sé e tutto è
contrattabile. Cancellando le differenze tutto diventa una melassa indistinta dove A vale B, anche se A e B sono diversi. L’obiettivo primario
rimane quello di dissolvere l’identità maschile e quella femminile, che
rimanendo distinte formano la realtà dell’umano. Al principio dell’umano non sta infatti l’uniformità ma la differenza. Naturalmente i sostenitori
del gender si appellano alla non discriminazione. Ma dal fatto ovvio e
condivisibile che è doveroso respingere ogni discriminazione in ambito civile, sociale, lavorativo e offrire pari opportunità non segue affatto
l’esistenza di un diritto a tutto: anzi trattare diversamente cose diverse è
un necessario atto di giustizia, di ragionevolezza e di chiarezza. Dire che
Anna è donna e madre, e Paolo uomo e padre è la pura verità, e sarebbe
follia negarlo. Quindi stiamo attentissimi a non impiegare indiscriminatamente il pur importante criterio di non-discriminazione, perché alla fine
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ne sortiranno mortali assurdità. Per egualizzare tutto e neutralizzare tutto
possiamo chiamare mele le pere in modo da cancellare ogni differenza tra
i frutti? In altre parole, al di sopra del criterio valido di non discriminare
ingiustamente negli ambiti civili e lavorativi sta il principio di realtà che
esige che soggetti e situazioni che sono e rimangono diversi non siano
confusi ma accostati e trattati diversamente.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
MASCHILE E FEMMINILE
NON NEGARE L’EVIDENZA
La differenza sessuale è ricchezza e non prevaricazione. Risorsa di crescita e non bieco tradizionalismo. Radice e futuro di tutti. Chi predica
il contrario è vittima di pregiudizi e ha per obiettivo la manipolazione
ideologica. Dissentire si può e si deve
Luciano Moia
“Noi genitori & figli”. n.185 – maggio 2014
MASCHILE E FEMMINILE, NON NEGARE L’EVIDENZA
M
aschio e femmina. Il fondamento della vita, della biologia e
dell’antropologia, della civiltà umana e del nostro sentire più profondo. Scontato, verrebbe da dire. Eppure, di fronte a una certa cultura
che pretende di capovolgere in nome di ansie libertarie e di supposte
volontà anti-discriminatorie i fondamenti del diritto naturale e del comune buonsenso, occorre tornare a ripetere perché la differenza sessuale
è ricchezza e non prevaricazione. Risorsa di crescita e non bieco tradizionalismo. Radice e futuro di tutti, senza distinzione alcuna, e non preoccupazione confessionale. Mettere in luce il valore irrinunciabile della
reciprocità maschile e femminile non vuol dire in alcun modo operare
una discriminazione nei confronti di chi fatica a riconoscersi in un’identità ben definita e che merita tutta la comprensione, ma ammettere che in
quel rapporto c’è una fecondità di relazione che va oltre il dato biologico
per innestarsi sul tessuto impalpabile dell’essere, della consapevolezza
profonda di ciascuno. Il credente vi coglie qualcosa che va oltre l’umano, il sapore di una verità che lo supera, l’essenza di un principio divino
che in qualche modo racchiude e compenetra i due volti dell’umano, le
“due metà del cielo”, e le fonde in un percorso che costruisce, completa
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e continua la creazione. Ma anche il laico pensoso, che non rinuncia a
porsi le domande decisive e non vuole fermarsi alle soglie del mistero,
si immerge nel significato della relazione maschile e femminile con la
creatività dell’ingegno e la ricchezza della fantasia. Alcuni millenni di
storia filosofica, artistica e letteraria sono lì a raccontare quali vertici di
bellezza e quali pennellate di sublime l’umanità, a tutte le latitudini e in
tutte le culture, abbia saputo collezionare nello sforzo di raccontare le
mille sfaccettature di un mosaico dove l’amore tra uomo e donna è sempre stato al centro dei pensieri, della riflessioni, delle ansie, delle gioie,
delle delusioni e delle sofferenze. Questo patrimonio straordinario – unito all’esempio che ciascuno di noi ha ricevuto dalla testimonianza silenziosa ma eloquente dei genitori – ha educato generazioni e ha tracciato
percorsi di civiltà, senza il bisogno di esplicitare, rimotivare, spiegare.
Oggi però questo complesso e meraviglioso paradigma che sembrava acquisito per sempre, rischia sfaldarsi sotto i fendenti di chi, con un’operazione sbilenca e irresponsabile, pretende di separare dato biologico e
identità personale. In questa chiave la sessualità diventa un’opzione da
lasciare al gusto e all’inclinazione del momento. Viene sradicata dalla
natura e dal sacrario della coscienza e del sentire più riposto di ciascuno,
per entrare nel novero delle possibilità sociali, a totale e arbitraria disposizione dell’individuo. Quasi una scelta da operare in assoluta libertà sullo scaffale coloratissimo e invitante di un ipotetico centro commerciale
in cui gli orientamenti sessuali sono offerti e “acquistati” secondo il trend
del momento, secondo un arbitrio che sa di moda se non di capriccio. Su
queste pagine e su quelle di “Avvenire” abbiamo già dato conto di come
la logica bizzarra dell’offerta commerciale applicata all’antro- pologia
delle preferenze abbia messo in fila, almeno secondo quanto “racconta”
Facebook, oltre cinquanta variazioni sul tema. Classificazione che potrebbe essere carica di ironia se qualcuno non la prendesse davvero sul
serio e non finisse per attribuirle valore esemplificativo a cui conformare
purtroppo le scelte e i comportamenti più intimi. Più volte, in questi
mesi, è stato messo in luce come alla radice di questo soggettivismo che
malauguratamente sembra guidare sempre più spesso le “preferenze”
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
sessuali, ci sia un magma pseudo culturale di varia ispirazione, spesso
sintetizzato per brevità con l’espressione “teoria del gender”. Ma si tratta di un’altra deformazione mediatica che non risponde completamente
alla realtà dei fatti. Esistono infatti molti approcci ai cosiddetti studi di
genere – avviati fin dagli anni Cinquanta negli Stati Uniti e poi ripresi in
Europa – e sarebbe banale bollare tutta questa corposa analisi sociopedagogica come negativa o dannosa tout court per la riflessione sulla coppia e sulla famiglia. Perché rifiutare aprioristicamente quegli studi che si
propongono, senza altre finalità ideologiche, di superare gli stereotipi che
ostacolano le relazioni familiari? Nessuno può negare quanta influenza
negativa abbiano avuto mode e pubblicità che hanno alimentato, da una
parte un certo machismo di risulta, e all’opposto le immagini di starlette
e veline di varie connotazioni. Solo esempi macroscopici per ribadire che
le stratificazioni dei luoghi comuni sui delicati ingranaggi dei rapporti di
coppia possono davvero rendere lo scambio reciproco una fatica insostenibile. E quindi ogni serio e documentato spunto di riflessione, che aiuti
a depurare le dinamiche maschile-femminile, va guardato con attenzione.
Diverso, naturalmente, è il caso di quel “gender” utilizzato come clava
per snaturare la verità delle relazioni e per introdurre, spesso come violenza ideologica, pretese concettuali che offendono natura e buon senso.
Il caso del liceo “Giulio Cesare” di Roma è solo il più eclatante dei tristi
esempi di imposizione e non-dialogo di questi ultimi mesi. Un altro dei
pregiudizi che offusca la bellezza della relazione e propone scelte sulla
cui legittimità educativa si può e si deve dissentire con fermezza. Per
costruire futuro non servono né pregiudizi né manipolazioni né pensiero
unico, ma lo sguardo sereno di chi mette da parte gli approcci ideologici
per interrogarsi seriamente sul bene comune.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
ALLE RADICI DELLA SOCIETÀ
CIVILTÀ UMANA AL BIVIO
Tony Anatrella
“Noi genitori & figli” n.185 – maggio 2014
ALLE RADICI DELLA SOCIETÀ, CIVILTÀ UMANA AL BIVIO
D
istruggere il senso profondo della relazione uomo-donna, mettendo
sullo stesso piano altri tipi di unione, non significa solo intaccare
la famiglia ma minare alla base la convivenza civile. Calpestare il dato
di realtà del maschile e del femminile in nome del falso concetto dell’orientamento sessuale, vuol dire aprire la strada a una società dell’immaginario, a una società perversa perché nega la verità dell’umano e quindi
apre la strada alla disgregazione sociale. In modo incalzante e con grande
lucidità padre Tony Anatrella, psicanalista e sacerdote francese, mette in
guardia da una minaccia sempre più incombente e di cui si fingono di
ignorare le conseguenze.
Ormai da alcuni decenni il divorzio ha largamente destabilizzato la famiglia, impoverito i suoi membri e reso più fragile la fiducia tra le persone.
Ma oggi la famiglia è sottoposta a nuove forme di aggressione culturale,
che hanno l’obiettivo di deprivarla delle caratteristiche più preziose che
la definiscono per attribuire le stesse a situazioni affettive che nulla hanno a che fare con il senso della coppia, del matrimonio e della famiglia
stessa. Questa tentativo di confondere i ruoli viene fatto principalmente a
partire dall’omosessualità, cioè in funzione di un orientamento sessuale,
come se questo fosse il principio per definire le coppie e le famiglia.
la cancellazione della differenza sessuale.
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Partiamo da questa domanda. La realtà della famiglia è forse diventata
incerta? Tutti abbiamo la sensazione che la famiglia sia diventata più
fragile, si sia quasi segmentata, parcellizzata. Eppure non è così. Non è
incerta la famiglia, ma è la coppia che a causa di instabilità affettive, immaturità e incomprensioni che spesso sfociano in separazioni e divorzi,
ha finito per rendere più fragile la famiglia. E questa situazione accresce
il senso di solitudine dentro e fuori la famiglia. Talvolta assistiamo a mosaici relazionali che divergono in modo evidente dal senso autentico della famiglia, quella costituita da un uomo e da una donna impegnati nella
vita matrimoniale e nell’educazione dei figli. Di fronte a questa perdita
di senso è giusto esercitare la virtù del discernimento. E’ un desiderio di
fare chiarezza che investe anche tante famiglie e tanti giovani. In Francia,
in questi ultimi anni, si sono formati movimenti (come Manif pour tous)
che hanno combattuto la pretesa di mettere sullo stesso piano matrimonio eterosessuale e nozze gay . Questo impegno mostra, soprattutto tra le
giovani generazioni, una nuova determinazione: quella di non snaturare
il senso stesso della famiglia, contrastando una deriva culturale che altrimenti apparirebbe irreversibile. Nella società attuale sono tanti infatti le
unioni affettive che vengono sbrigativamente definite “famiglia”. E questo genera confusione e disorientamento. Siamo ancora sicuri di sapere di
che cosa parliamo? Come è possibile applicare il concetto di famiglia a
situazioni che si scostano in modo evidente dai fondamenti e dai principi
familiari? Eppure sono tanti i sociologi che arrivano a qualificare questi
mosaici relazionali come “famiglie”. Ma noi dobbiamo dirlo con chiarezza. E’ ingiusto e inadeguato applicare questo termine a situazioni così
diverse. E’ una forma di relativismo la pretesa di designare con questo
unico vocabolo realtà che devono essere analizzate in modo differenziato. Le manipolazioni semantiche del linguaggio nascondono la volontà
di rendere inintelligibili situazioni che in realtà non si vogliono prendere in considerazione, perché il peso del conformismo - specialmente da
parte di alcuni sociologi - impedisce di pensare. E tutto ciò è tanto più
evidente quando si pretende di ridefinire la coppia, il matrimonio e la
famiglia a partire dall’omosessualità. Una consapevole manipolazione
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che non fa altro che aggiungere confusione nella già caotica concezione attuale di famiglia. Perché l’implicita conclusione di questo ragionamento è evidente: se a tutte le situazioni affettive può essere attribuito il
termini di famiglia, questo vuol dire che la famiglia non esiste. Questa
sconfitta del pensiero spinge addirittura alcuni sociologi a creare formule oscure, come “fare famiglia”, per cercare di spiegare la molteplicità
delle famiglie, lasciando credere per esempio che sia il bambino a “fare
la famiglia”. Questo vuol dire imporre ai bambini un peso simbolico che
non possono avere. I figli infatti si iscrivono nella relazione scelta dagli
adulti e sarà la qualità di questa relazione - fondata o meno sul matrimonio - a determinare la realtà della famiglia e della vita coniugale. Sono gli
adulti che decidono con il matrimonio di dare un’identità alla famiglia,
non i bambini. In altre parole non ci sono “famiglie” di conviventi, “famiglie” omosessuali o altri tipi di “famiglia”, ma la famiglia è solo quella fondata sull’impegno nella vita coniugale di un uomo e di una donna
che decidono di sposarsi. Quella relazione matrimoniale è la matrice
della famiglia e il nido nel quale i bambini saranno poi chiamati alla vita.
Quindi pensare che la famiglia arrivi soltanto con la nascita dei bambini è
sbagliato. C’è invece una relazione matrimoniale che, da un latro fonda il
legame coniugale, e dall’altro è relazione familiare in divenire. Non può
quindi essere stabilito un paragone tra famiglia e altre situazioni parcellizzate che famiglia non sono. Anche quando si ricorre alla definizione di
famiglia classica o tradizionale, ci si mette su una strada sbagliata, perché si finisce per ammettere, magari involontariamente, che esisterebbero
nuovi tipi di famiglia. E invece non c’è niente di nuovo, queste situazioni
sono sempre esistite. La novità è volerne fare dei modelli di riferimento,
come se ciò che è accidentale potesse essere messo sullo stesso piano di
ciò che è essenziale. Intendiamoci bene. Non si tratta di denigrare questo
o quel tipo di unione affettiva. Ogni situazione individuale va rispettata
e guardata con misericordia. Qui stiamo cercando di riflettere sui legami affettivi che stanno alla base della società. Quindi, in altre parole,
a partire da quale forma di sessualità la società si organizza. La società
attuale vuole compensare la perdita del senso del bene comune con una
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volontà consensuale che, invece di frenare la disgregazione sociale, la
accentua, pretendendo che alcune situazioni particolari si trasformino in
norme condivise di comportamento.
L’organizzazione sociale non può che trarre solo vantaggi dall’ essere
chiara e coerente, fissando condizioni di base che assicurano la sua struttura portante. Quando la società non rispetta il dato simbolico sul quale
si fonda, come nel caso della differenza sessuale, tutta la realtà della
relazione tra uomo e donna non regge più. Quando si abbandona il dato
simbolico, anche la realtà degli elementi rappresentati crolla. E questo
spiega in parte perché sono molti i giovani angosciati dalla prospettiva di
sposarsi. Questo sfaldamento è spesso favorito da pratiche perverse, per
esempio quando si preferisce mettere da parte l’elaborazione per passare
alla concretizzazione della pulsione, ossia il passaggio all’atto. Questo
succede per esempio quando si pretende di formare una coppia molto
rapidamente, senza neppure essere sposati. Sono tante le forme di confusione relazionale, per esempio la mono genitorialità pretesa per soddisfare un bisogno personale. Sono sempre di più le donne che desiderano un
bambino da sole. E dal punto di vista psicanalitico questo vuol dire che
la donna vuole un figlio dal suo stesso padre. Altra forma di confusione
relazione è l’adagiarsi nell’omosessualità per “giocare” a fare il papà e
la mamma, assicurandosi così un criterio di finta normalità. Qual è il
risultato di tutto ciò ? Ci avviamo progressivamente verso una società
“perversa”, in un crescendo di confusione semantica e concettuale.
Tornando infatti alla parola famiglia, vediamo come sempre più frequentemente questo termine non possa e non debba essere applicato a tutte le
situazioni affettive. E quindi si pretenda di inventare un nuovo linguaggio, un linguaggio più potente della realtà. E qui ci troviamo sul versante
dell’immaginario piuttosto che su quello del sociale obiettivo.
In questo immaginario, terribilmente reale, non siamo già dentro una
confusione di sentimenti e di relazioni che sfociano molto spesso in for-
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
me di poliandria e di poligamia? L’immaginario collettivo è diventato
padrone della società. Questa è la ragione per cui si creano movimenti
sociali che chiedono “realismo” nel legiferare sulla relazione tra uomo e
donna, ignorando tutto il complesso portato psicologia della relazione.
Ora nei movimenti ideologici attuali come quello del “gender” si separa
il corpo, la materialità dell’esistenza umana, dalla costruzione mentale.
Siamo in un nuovo, pericoloso idealismo. Nella dottrina del “gender” il
corpo si ferma all’altezza della testa, il resto non esiste. Ossia ciò che
esiste è ciò che noi abbiamo immaginato. Si cerca così di violare la realtà,
si cerca di aggredire la realtà con delle costruzioni immaginarie che però
fanno ammalare la persona e la società.
Da più di 40 anni sono psicoterapeuta e, dopo aver lavorato per molto
tempo negli ospedali psichiatrici, ora svolgo privatamente la mia professione. Vedo che le psicopatologie sono cambiate, le personalità sono
più destrutturate, non c’è più trasmissione del sapere. Troppe persone si
lasciano guidare da queste leggi immaginarie che, dissolvendo l’umano,
dissolvono la differenza sessuale.
La situazione è estremamente grave. Questo pensiero perverso sorto nei
Paesi occidentali sta contaminando anche l’Africa e l’Asia.
Abbiamo accennato a nuove forme di poliandria e di poligamia determinate dalla successione delle separazioni e dei divorzi, dalle relazioni di
convivenza, dall’aumento di coppie delle stesso sesso. Però non possiamo fermarci alla semplice constatazione sociologica che ci spingerebbe
a ratificare l’esistente. Dobbiamo rifiutare la negligenza intellettuale e
tentare una vera e propria analisi per definire le sfide. Sapere ciò che è
fattibile e ciò che non lo è.
Chi pensa che tutte queste nuove forme di relazione affettiva rappresentino il futuro sbaglia di grosso. Non sono altro che modelli storicamente
già conosciuti, prima che la Chiesa stabilisse che il matrimonio è fondato
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sull’amore e sulla responsabilità tra uomo e donna. Nella visione cristiana la vita erotica si concentra sul legame coniugale in un’unità che
ricompone il tutto. Mentre nel pensiero pagano il piacere sessuale era
separato dalla relazione matrimoniale. Oggi ci sono dei movimenti intellettuali che leggono nella relazione tra uomo e donna una sfida di potere,
una concorrenza tra pari che annulla differenza e reciprocità. Saltando
la differenza sessuale in nome della parità e trascurando la coniugalità,
ossia il fatto di sapere coniugare i due sessi, la deriva è quasi scontata.
Assistiamo così alla cancellazione della differenza sessuale sotto l’influenza da una parte di ciò che resta del femminismo autoritario, dall’altra dell’applicazione fuorviante di certa teoria del “gender”.
dalla differenza dei sessi alla differenza delle sessualità.
L’ideologia del gender, promossa anche per interessi politici, ci dice che
la differenza dei sessi dovrebbe essere sostituita dalla differenza delle
sessualità. La sessualità insomma deve abbandonare il dato biologico per
essere letta in chiave di orientamento sessuale, secondo quanto appunto
sostiene la teoria del gender che è oggi alla base di tante leggi nazionali
e internazionali a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso e
a favore dell’adozione dei bambini in un contesto omosessuale. Sarebbe quindi discriminatorio - in questa prospettiva - non tener conto degli
orientamenti sessuali e delle identità di genere. Le convenzioni nazionali
e internazionali cercano di includere questi concetti, allargando in modo
sempre più indifferenziato la possibilità di contrarre matrimonio. Alcuni
Paesi, come il Canada e la Spagna, hanno cancellato dal loro codice civile le nozioni di uomo e di donna, di padre e di madre e le hanno sostituite
con il termine partner; tutto questo per favorire il matrimonio civile e la
genitorialità omosessuale. Quindi il matrimonio non sarebbe più riservato all’impegno di un uomo e di una donna, ma sarebbe disponibile anche
per tutti coloro che vogliono unirsi in nome di un orientamento sessuale.
Questo vuol dire che qualsiasi “caso affettivo” può essere non solo preso
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in considerazione ma anche legittimato. A questo punto è lecito chiedersi: per quanto tempo una visione così idealista, cioè così ignara della
realtà oggettiva della differenza sessuale, potrà resistere? Quanto si potrà andare avanti con questo imbroglio? Nessun principio basato sull’orientamento sessuale - cioè sulle pulsioni elementari che sono le stesse
vissute dal bambino nelle cosiddette fasi orale e anale - può costituire
un’autentica identità sessuale. Magari fanno tendenza, magari rappresentano un desiderio. Ma non costruiscono la persona. Oggi abbiamo
sostituito la nozione di desiderio con la nozione di orientamento sessuale,
come se volessimo farne una struttura ontologica. Abbiamo però dimenticato che un desiderio è qualcosa di estremamente variabile, perché è
la conseguenza più o meno immaginaria di pulsioni parziali che sono
alla base dei primi movimenti. All’inizio il bambino è “cannibale”, nella
fase orale sarebbe pronto a divorare la mamma, ma poi progressivamente
questa prima pulsione si elabora. L’adulto guarda all’altro non più per
prenderne possesso, ma per imparare a comunicare con lui, per essere in
comunione. La comunione ha sostituito il fatto di divorare.
Chi pretende di riorganizzare la relazione uomo-donna a partire dall’omosessualità, cioè dalle pulsioni e dal desiderio compie, da un punto
di vista psicanalitico, qualcosa di estremamente pericoloso: è come se
dovessimo restare sempre bambini, come se il fine della sessualità umana fosse la pulsione primaria e non - come dice Freud nella teoria della
sessualità - la relazione con l’oggetto, ossia la relazione con l’altro. Una
pretesa abbastanza strana se non fosse fuorviante e destabilizzante.
Ma vorrei aggiungere un altro punto. Il bambino, maschio o femmina che
sia - in natura non esiste altro - deve integrare progressivamente la sua
identità sessuale, perché è solo grazie al nucleo rappresentato dall’identità sessuale che tutte le pulsioni primarie potranno essere integrate e poi
trasformate in funzioni superiori. Come nel caso per esempio del cosiddetto “voyeurismo del bambino”, che si trasformerà nel piacere di vedere delle belle cose, nel piacere di incontrare l’essere amato. Il voyeuriFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
smo pornografico su internet che fa si che adottiamo un comportamento
infantile basato sul voyeurismo sessuale non ci spinge all’incontro, alla
relazione, ma semplicemente prendere possesso della sessualità dell’altro. Quindi è abbastanza strano sostenere che la coppia e la famiglia non
devono più dipendere dalla differenza sessuale, mentre questa differenza
sessuale sarebbe necessaria nella vita professionale sociale e politica, in
nome di una parità solo formale, uno vale uno.
Si tratta di una contabilità un po’ infantile, rimasta allo stadio della pubertà. I giovani adolescenti vivono spesso questa giustizia numerica
contabile: tu hai questa cosa e anche io devo averla. Si tratta di una
visione estremamente ingenua delle cose, bel lontana dal senso profondo della reciprocità. Anche in questo caso stiamo rovesciando il senso
della realtà. Avendo la stessa competenza un uomo e una donna possono
chiaramente esercitare lo stesso mestiere o avere le stesse responsabilità sociali e politiche; è inutile fare appello qui alla differenza sessuale,
mentre quest’ultima è fondamentale nella definizione della coppia e della
famiglia. Pensare che tutto tra uomo e donna debba essere impostato secondo una volontà egualitaria, rischia di portare a un’impasse e di aprire
la strada ai conflitti.
Allo stesso modo è fuorviante pensare a norme impostate sull’identità
di genere capaci di regolare la vita di coppia e di famiglia. Qual è il
problema? L’identità di genere è un concetto che deriva dalla teoria del
gender. Di cosa si tratta? Il genere descrive le differenze tra uomini e
donne che sarebbero individui costruiti unicamente su un piano sociale.
Ognuno si costruisce socialmente imparando quali sono i comportamenti, le attitudini, le attività considerate come appropriate al fatto di essere
donna o uomo. Una costruzione soltanto culturale che fonda anche la nostra relazione con gli altri. Questo comportamento, totalmente costruito,
costituisce l’identità del genere e determina il ruolo dei diversi generi e
le relazioni tra di loro. E questo può cambiare chiaramente da un’epoca
all’altra, da una società all’altra. Ci sono fattori come l’età, la razza, la
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religione la classe sociale e l’istruzione che influenzano il ruolo del genere. Il genere, il ruolo di genere, sono i fattori principali per la definizione
e la determinazione dell’accesso al potere. In altre parole il maschile e il
femminile - secondo questa teoria - sono realtà puramente culturali che si
definiscono spesso in termini di potere, di rivalità e di concorrenza.
In una società democratica quindi, basata sull’uguaglianza, il potere
dev’essere esercitato in modo paritario tra i generi. Le pari opportunità
implicano che uomo e donna devono avere lo stesso statuto, gli stessi
diritti e le stesse responsabilità. Apparentemente possiamo solo essere
d’accordo sull’uguaglianza tra l’uomo e la donna che trova la sua origine
nel racconto biblico della creazione (Genesi 1,27). Ma se esaminiamo
da più vicino i diversi concetti della teoria del genere, quello dell’uguaglianza dev’essere messo in discussione quando viene confuso con la
similitudine. La donna - in questa prospettiva - deve fare tutto quello che
fa l’uomo e viceversa. La nozione di genere, lungi dall’essere evidente
quando si dissocia l’identità sessuale del soggetto, dal suo corpo sessuato, privilegia un’identità di genere che è unicamente una costruzione sociale. Il maschile e il femminile non sarebbero quindi costitutivi di ogni
persona, ma dipenderebbero unicamente da ruoli sociali attribuiti agli
uni e agli altri. La confusione tra ruoli sociali che possono effettivamente
variare e la personalità maschile o femminile arriva al suo estremo e porta alla migrazione della dimensione personale del soggetto. Pretendere
quindi che esista un’identità di genere vuol dire confondere la personalità
personale e il ruolo sociale di questa personalità. Siamo di fronte a una
questione epistemologica che si scontra con la realtà.
Analizzando meglio questo concetto si afferma anche la presenza di un
genere neutro del quale farebbero parte tutti gli “stati intersessuati” che
si basano sugli orientamenti sessuali, come l’omosessualità, il transessualismo, il travestitismo, e perché no la pederastia, l’esibizionismo, il
voyeurismo ecc. ecc. Perché tutti questi sono parte della categoria degli
orientamenti sessuali e quindi sarebbero tutti legittimi. Questa visione
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
paritaria è falsamente egualitaria, è un approccio pericoloso e fuorviante
delle relazioni tra uomini e donne. Distrugge tutta la simbolica della differenza sessuale e di conseguenza la relazione tra gli uomini e le donne.
Distrugge anche la simbolica genitoriale del padre e della madre. Ecco
perché tale idealismo non può durare a lungo. E’ in gioco la nostra stessa
civiltà.
è possibile costruire la propria identità?
Nella mente di coloro che hanno creato l’ideologia di genere come ideologia evolutiva dovremmo fare un passo in più, dovremmo abolire la
differenza sessuale a beneficio dell’idea di una indeterminazione sessuale che favorita dal movimento “quir” movimento, attivo all’interno dei
concetti di genere.
Questa determinazione sessuale permetterebbe ad ognuno di costruire la
propria identità secondo i suoi desideri. Se un giorno vogliamo essere
uomini, perché no? Se invece un altro giorno vogliamo essere donne,
perché no? Ognuno può scegliere secondo i suoi desideri.
Ma l’identità non è evidentemente una realtà che si può costruire, l’identità sessuale dell’uomo e della donna è una realtà che si riceve e che
si integra nella vita psicologica della personalità che si svilupperà. In
altre parole, l’identità sessuale è un dato di base col quale noi dobbiamo convivere. Si tratta di osservare per esempio la curiosità sessuale
del bambino o dell’adolescente che dovrà poi integrare, dovrà accettare
la “stranezza” del suo corpo per coincidere pienamente con se stesso.
Quindi il bambino, e poi l’adolescente, devono prendere possesso del
loro corpo, esserne i proprietari e integrarlo nella propria vita psicologica. Il problema del transessuale è quello di proiettare sul suo corpo una
visione immaginaria ¬- un uomo e pensa di essere una donna - e vuole
vivere come una donna. Ma questa visione è immaginaria. E’ evidente
che siamo di fronte a una persona che ha vissuto profonde difficoltà di in-
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tegrazione con il suo corpo, e questo spesso per ragioni inconsce, perché
talvolta ha vissuto una identificazione molto forte con sua madre o per
altre ragioni che non possiamo qui approfondire. Non dobbiamo dimenticare - ed è una verità per noi tutti - che nelle prime fasi della crescita,
il bambino immagina che ci sia un sesso unico, ed è quello della madre,
perché tutti, uomini o donne, ci identifichiamo con la madre. Poi, grazie
alla sua presenza, il padre ci rivela la nostra identità sessuale. E’ questa
presenza che sosterrà il ragazzo nella sua mascolinità e, allo stesso modo,
rivelerà la sua femminilità della bambina. Ecco perché il ruolo del padre
è determinante, è lui che fa uscire il bambino dal sesso unico e dalla indeterminazione sessuale. Ed ecco perché, in una società che diviene sempre
più femminilizzata, vediamo apparire movimenti sociali che rivendicano
l’omosessualità. Perché, a livello psicanalitico, vogliamo identificarci in
modo infantile con il sesso unico, con il sesso della madre, che rimanda
ognuno di noi al narcisismo primario e fornisce l’illusione che ognuno
sia autosufficiente. “Dato che la donna della vita è mia madre, perché
cercare un’altra donna?”. Questo è, in estrema sintesi, il ragionamento
inconscio degli omosessuali maschili. E, allo stesso modo, dato che c’è
una mancanza paterna, allora le lesbiche cercano di esercitare questo ruolo maschile nei confronti della propria madre, per proteggerla.
Quindi, se dobbiamo porci delle domande, dobbiamo farlo più sul significato dell’identità sessuale, che sull’omosessualità.
Dobbiamo sgomberare il campo da tanti luoghi comuni: l’omosessualità
non ha nessuna origine genetica, biologica o neurologica. Ha prima di
tutto un origine psicologica. Sono stati fatti molti esperimenti in questo
senso, per esempio per vedere se ci fosse un origine ormonale
Oggi sono numerose purtroppo le false ricerche sul tema. Si vanno per
esempio ad indagare questioni di ordine biologico per dimostrare che
l’omosessualità è naturale. Da un lato si dice che la differenza sessuale
non è naturale, che l’uomo e la donna non sono realtà naturali, mentre
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
l’omosessualità è naturale. E quindi è giusto appellarsi alla nozione di
natura. E’ evidente che ci troviamo in piena contraddizione, con gravi
problemi epistemologici che si sviluppano a questo riguardo e generano
profonda confusione tra maschile e femminile.
il ruolo del padre e della madre
Il bambino ha bisogno di una famiglia composta da un uomo e una donna.
Il bambino ha bisogno dei suoi genitori. Il bambino non può diventare un
soggetto e svilupparsi affettivamente se non confronta personalmente la
differenza dei sessi nella vita familiare. Ha bisogno di esempi che esprimano la differenza sessuale. Questo è il principio della differenza sessuale. Per strutturare il suo desiderio, il bambino ha bisogno di ritrovarsi
in questa differenza. Non è mai facile integrare la propria mascolinità o
femminilità, ma sarà ancora più complicato questo processo se il bambino vive in un contesto omosessuale, con due persone dello stesso sesso divisi artificialmente in genitori biologico, genitore sociale e genitore
educativo. Questa divisione falsa crea a lungo termine una confusione
nella psicologia del bambino e rende sfocate le sue rappresentazioni genitoriali. Ho visitato molti bambini che vivevano la bisessualità dei loro
genitori e che, di conseguenza, avevano molti problemi. L’omosessualità
si basa su una forma di sessualità che è estranea alla concezione e alla
trasmissione della vita. Nell’omosessualità non si trasmette niente, non
c’è alterità sessuale. Si tratta si una sessualità narcisista, di una sessualità
allo specchio.
In questa situazione, come potrebbe il bambino essere riconosciuto e
accettato per se stesso, come un altro soggetto? Rischia semplicemente di
essere cercato come un sostegno per valorizzare e per rendere “normali”
due adulti dello stesso sesso. Dopo aver dissociato il sesso dalla procreazione con la contraccezione e poi con l’inseminazione artificiale e altro
ancora, ora si vuole separare il concepimento sessuale del bambino dalla
differenza dei sessi. Presto arriveremo alla “macchina” per fare i bambi-
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
ni, per liberare il corpo della donna dall’arcaica schiavitù della gestazione. Stiamo rendendo disumana la procreazione perché stiamo rendendo
disumana la sessualità, a partire dal momento in cui neghiamo la differenza sessuale. Il desiderio di un bambino concepito senza espressione
sessuale, così come spesso viene rivendicato in contesti omosessuali, è
una fantasia che si basa su un’altra fantasia che di fatto è una grave psicosi. Il desiderio asessuato del bambino che rimanda proprio alla problematica psichica dell’omosessualità. È solo nelle fiabe che i bambini sono
concepiti senza l’intervento di un’espressione sessuale. “Si sposarono
ed ebbero tanti bambini”, ma non si sa come questi bambini nascano. Il
rifiuto del sesso nel concepimento è il sintomo di una società che si lascia
vincere dall’indifferenziazione sessuale.
solo l’uomo e la donna, grazie alla loro identità, sono chiamati
all’ alleanza
Il libro della Genesi e il Vangelo si aprono con la storia di un uomo e di
una donna. Adamo ed Eva, Maria e Giuseppe. L’uomo e la donna esistono. Li abbiamo incontrati, non solo attraverso i nostri genitori ma anche
attraverso l’evidenza dei due sessi come un fatto di realtà. Si tratta di
dati oggettivi, reali, e anche se la psicologia dell’uno e dell’altro hanno
un approccio talvolta ambiguo e incerto per accettare e integrare la differenza sessuale. Allo stesso tempo la loro relazione è arricchente, perché
si offrono ciò che non trovano nelle loro reciproche solitudini. Ognuno
forma un mondo, ed è proprio per il fatto che uomo e donna sono diversi che possono incontrarsi, associarsi e unirsi per accettare, nel legame
matrimoniale, le tristezze e le felicità della vita. In altre parole, il legale
coniugale, il matrimonio, è un legame fondamentale che struttura la società e le persone. La constatazione della realtà dell’esistenza dell’uomo
e della donna ha già un senso in sé. Non ha bisogno di essere giustificata
dal pensiero religioso perché si tratta di un fatto accessibile alla religione.
Ma prende un’altra dimensione nella fede cristiana quando leggiamo nelle Scritture “all’inizio Dio crea l’uomo e la donna maschio e femmina li
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creò”. Li creò a sua immagine, non solo sono rispettivamente l’immagine
di Dio, ma loro relazione è a immagine di Dio. Nel pensiero ebraico l’essere umano diventa veramente intero solo nella relazione, nello sguardo
dell’altro. Il desiderio di conoscere Dio passa quindi attraverso la relazione tra l’uomo e donna. Si tratta della capacità di trovare una alterità.
Nel Vangelo troviamo incontri forti tra Gesù e le donne, perché questa
relazione appare con la complementarietà dell’uno e dell’altro Gesù rivela il mistero della donna e la donna valorizza l’umanità del verbo di
Dio, la parola fatta carne. Si tratta per esempio del dialogo tra Gesù e la
samaritana. Adamo chiama Eva e la loro relazione passa dall’essere una
relazione di oggetti, che potrebbe essere strumentalizzata, all’essere una
relazione da soggetto a soggetto. Questa soggettivazione della relazione
tra i sessi è un’operazione sottile della vita psichica e spirituale dell’adolescenza, quando la sessualità accede alla dimensione simbolica. Questo è il senso dell’altro e il desiderio di raggiungerlo sessualmente per
esistere insieme nel godimento, per essere pienamente l’uno per l’altro.
Magnifico mistero della comunione sessuale che Giovanni Paolo II chiamava il sacramento dello scambio dei corpi.
C’è una parte divina in una relazione amorosa. Non si tratta né di una
relazione di seduzione, né di dipendenza, né di appagamento. Ma di una
relazione fondata su un’alleanza che produce frutti. L’amore autentico
è alleanza forte, irreversibile. Noi alimentiamo il nostro amore con la
caritas, l’amore che viene da Dio. L’eros della coppia si alimenta della
caritas per diventare agape, ossia comunione, come riferisce Papa Benedetto XVI nella sua enciclica “Caritas in veritate”. L’unione sessuale tra
gli sposi nutre e conforta il patto coniugale per farli esiste e per mettere
in evidenza che sono stati uniti da Dio per la vita e non per la morte.
Unendosi sessualmente, uomo e donna danno la vita l’uno all’altro, creando un corpo coniugale che non è la somma dei loro corpi sessuati, ma
lo sviluppo di una dimensione nuova che si supera attraverso un corpo
comune. Così disposti possono chiamare un altro alla vita perché si amano. E’ in questo modo che dobbiamo intendere l’affermazione “saranno
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una sola carne”, perché questo esprime da un lato il loro corpo comune, la carne che viene dal corpo coniugale. Il bambino ha bisogno di
quell’unità per costruire la propria unità psicologica e spirituale. L’amore
coniugale è anche alleanza dei sessi, quindi non solo fertile ma anche fecondo. L’amore è una alleanza che modella la coniugalità. L’unione dei
sessi ci pone nel cuore dell’alterità sessuale. L’amore di alleanza è anche
generativo, perché fa esistere l’altro per se stesso e non per ottenere una
rassicurazione, come nel caso dell’omosessualità.
In una prospettiva biblica il godimento sessuale è fedeltà all’altro, per
onorarlo e farlo essere. Ti amo significa: non voglio che tu muoia. Amore
vuol dire essere senza morte. E possiamo dirlo davvero, pienamente e
autenticamente solo tra uomo e donna, solo una volta nella vita.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
MASCHIO E FEMMINA,
MA NON PER FACEBOOK
Nicoletta Martinelli
5 luglio 2014
MASCHIO E FEMMINA, MA NON PER FACEBOOK
L
e possibilità sono già tante – cinquantotto – ma se ancora non bastassero ogni nuova definizione è ben accetta: ciascuno può scegliere
il suo genere oppure inventarselo. Facebook va oltre la dicotomia uomo-donna, che considera sterile piuttosto che feconda, offrendo ai suoi
utenti infinite possibilità di definirsi quando aprono un profilo. «Per troppo tempo avete dovuto identificarvi in “maschi” e “femmine” spiega entusiasta il social network alla sua comunità e invece ora potete scegliere».
E neppure in modo definitivo: perché essendo il genere opera della volontà e non della natura (!) chi lo dice che chi oggi si sente transgender
domani non si preferisca pangender? E il giorno dopo intersessuale? E
la settimana successiva androgino, oppure fluido, cisgender o queer? Basterà segnarselo in agenda, giusto per non sbagliare guardaroba.
L’Arcigay –che ha giocato un ruolo fondamentale nell’identificazione
delle categorie di genere – esulta nel vedere finalmente «sgretolata la
dicotomia uomo-donna», gioisce perché «le persone disporranno finalmente anche in Italia della possibilità di evadere dalla gabbia del binarismo sessuale». Evadere da una gabbia, sì, per finire nella prigione di un
determinismo arido e ripiegato su se stesso, dove il corpo risulta alieno
all’identità personale, un limite che impedisce i movimenti, da superare,
da trasformare piegandolo al desiderio soggettivo. Da inventare alla bisogna, secondo il capriccio del momento, convinti che non conti iò che si
è ma ciò che si decide di essere.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
I confini del corpo, nella nostra società sempre più fragile e vacillante,
si squagliano e si fluidificano, l’identità sessuale si fa incerta e confusa.
Diventa flessibile, elastica, mai definitiva. Ma nell’universo virtuale di
Facebook e nelle infinite possibilità di descriversi si finisce per perdere se stessi, per frammentare la propria identità illudendosi di esercitare
una libertà che –in questo caso non ci è data. Perché se in altri ambiti la
capacità di cambiare e di trasformarsi evolvendo è risorsa e vantaggio,
nella sfera sessuale è unicamente caos e incertezza, mancanza di solidità,
perdita di baricentro. Per l’Arcigay «scorrere una lista che comprende
termini come cisgender e transgender vuol dire fare cultura». Termine
che deriva dal latino “colere”, coltivare: ma quali frutti darà un’ideologia
come quella del gender che nega la verità originaria dell’essere persona?
Maschio e femmina, li creò. Tertium non datur.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
SESSUALITÀ, PERCHÈ
LA FAMIGLIA
DEVE ALLEARSI CON LA SCUOLA
Luciano Moia
13 novembre 2014
SESSUALITÀ, PERCHÈ LA FAMIGLIA DEVE ALLEARSI CON LA SCUOLA
Q
ualcuno forse si era illuso che l’emergenza educativa fosse solo una
formula mediatica per mettere in luce un problema tutto sommato marginale. Come se, parlando di difficoltà educativa, ci si riferisse a
qualche caso isolato, episodico, comunque ininfluente sui meccanismi
delicati di quel grande e complesso processo che riguarda la trasmissione
dei valori da una generazione all’altra. Ora anche gli ottimisti ad oltranza, quelli comunque convinti che “noi non siamo coinvolti”, si stanno
accorgendo che non è così, che nessuno può chiamarsi fuori, che convinzioni tanto assodate da risultare implicite e scontate, sono già state sconvolte, spazzate via, disperse dal vento perfido e infido in cui si mescolano
le correnti di quei tanti “ismi” più volte evocati (nichilismo, relativismo,
egoismo, individualismo e tanto altro ancora). E che quando queste correnti investono la galassia dell’educazione e mettono in discussione gli
stessi fondamenti antropologici della nostra civiltà – come sta avvenendo
ormai da alcuni decenni e in modo addirittura vorticoso in questi ultimi
anni – tutto dev’essere riesaminato, rispiegato, rimotivato. E, per farlo,
occorre ripartire dalle fondamenta, dagli assi portanti di quelle convinzioni profonde che costituiscono la trama stessa dell’esistenza. Nella
grande galassia dell’emergenza educativa, parlare di affettività e di sessualità significa andare al cuore di un problema che investe il senso della vita, i progetti più importanti, le dinamiche relazionali, le dimensioni
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dell’etica e della speranza. Ecco perché il Forum delle associazioni familiari ha avvertito l’esigenza di concentrare i punti chiave della questione
in un breve documento “Persona, sessualità, affettività: per una nuova
alleanza educativa tra famiglia
e scuola” (si può leggere integralmente sul nostro sito, www.avvenire.it)
che ha il merito di ribadire con chiarezza la verità della questione. Nella
bufera ideologica in cui siamo immersi, nutrita di tanti luoghi comuni e
di pesanti condizionamenti mediatici e culturali, parlare di affettività e
di sessualità come “confronto relazionale” tra uomo e donna significa
innanzi tutto compiere una scelta coraggiosa. Ma tacere sarebbe stato
grave. Innanzi tutto ci sono le richieste dei giovani.Nella banalizzante
sessuomania in cui sembra che non ci sia più nulla da scoprire e da chiarire, i giovani hanno invece fame di parole chiare, capaci di orientare e
di motivare.
Non bastano le informazioni tecniche, scientifiche, specialistiche offerte
loro anche da alcune iniziative scolastiche, spesso a senso unico. E non
basta neppure, all’opposto, l’elenco dei divieti e delle regole. «Urge scrivono gli esperti del Forum -–l’adozione di una prospettiva educativa:
passare dal dare informazioni all’educare all’affettività e alla sessualità».
Ma a questo punto nascono i problemi. Come trovare le parole giuste?
Come modulare la proposta capace da un lato di riportare equilibrio nella
confusa e spesso ambigua overdose mediatica senza d’altro canto risultare bacchettoni o imbarazzati? Molti genitori vorrebbero farsi carico di
questo compito, ma spesso, fa notare il Forum, «si fa fatica ad intercettare l’interezza della domanda di significato che la sessualità umana custodisce ed esprime, e di cui i giovani sono portatori». Del tutto inopportuno però affidarsi totalmente alla scuola perché la cosiddetta “Strategia
nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate
sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, varata dal governo
Monti nel febbraio 2013, continua ancora a spandere i suoi effetti deleteri. Abbiamo a lungo documentato sul nostro quotidiano come alla base
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
della “Strategia” ci sia un documento concordato con 29 associazioni
Lgbqt, senza il minimo coinvolgimento delle associazioni dei genitori, la
cui ispirazione culturale sono le teorie del gender. Il grande imbroglio di
questa vulgata è noto: non si nasce uomini e donne, ma ciascuno è stato
costretto a modellare la propria identità a causa di una serie di stereotipi
culturali imposti fin dalla più tenera età. Ribellandosi a questa “condanna
biologica” e decidendo liberamente se essere uomini o donne - e la scelta
può tranquillamente cambiare anche varie volte nella vita - si entrerebbe
in una dimensione di libertà autentica. Si nega in questo modo l’evidenza
biologica, cioè il dato di realtà, per entrare in un mondo irreale e pericolosissimo, fondato su desideri senza fondamento. Teorie pericolose che
sono però alla base di numerosi documenti dell’Oms e dell’Unione europea. Anche nelle scuole italiane libri, strumenti didattici, giochi ispirati
al progetto “Educare alle diversità” non si contano più. Percorsi, si legge
nel documento del Forum, «tanto ambigui quanto lesivi del fondamentale diritto dei genitori ad educare i propri figli che la nostra Costituzione
tutela chiaramente». Ecco perché è urgente prendere consapevolezza di
questa situazione, scoprire gli obiettivi che
la originano e adottare tutti gli antidoti necessari per annullarne gli effetti.
Non è in gioco solo una questione culturale, qui il rischio, enorme e devastante, riguarda il futuro dei nostri giovani e quindi di tutta la società.
«Corporeità e sessualità sono dimensioni fondamentali della persona
umana¿ Essi non sono importanti solo sul piano affettivo, ma su di essi
si fonda l’essere e il fare famiglia, quindi il matrimonio, la paternità e la
maternità». Proprio ieri l’Istat ha diffuso i dati 2013 sul numero dei matrimoni in Italia. Il quadro è desolante. Per la prima volta si scende sotto
quota duecentomila.
Le ragioni di questa flessione sono molteplici ma accanto a tante cause
strutturali (la contrazione delle nascite) ed economiche (la mancanza
di lavoro, di case a prezzi accessibili, di politiche familiari favorevoli
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
alle giovani coppie), bisognerà cominciare a chiedersi quanto contino
la confusione culturale, il vuoto educativo, l’incapacità di orientarsi tra
una molteplicità di stimoli in cui la scelta del “persempre” risulta sempre
meno contemplata. Ecco perché è importante da un lato combattere le
teorie del gender, dall’altro «incontrare, amare, valorizzare la sessualità
umana e la differenza sessuale» come premessa per costruire relazioni
stabili in grado di assumersi responsabilità definitive, preziose per il futuro di tutti. In questa prospettiva il Forum incoraggia le associazioni dei
genitori a rinnovare la corresponsabilità educativa con la scuola.
«In Italia esiste un autentico tesoro di piccole e grandi buone prassi, portate avanti da associazioni e movimenti, da gruppi di genitori, o di docenti, università, centri di ricerca. È possibile attingere a tali proposte
per tessere la rete -–conclude il documento -–tra famiglie desiderose di
custodire e coltivare la bellezza della loro esperienza».
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
GAY, RISPETTO OLTRE
L’IDEOLOGIA
VICINANZA, NON CONFUSIONE
Luciano Moia
19 ottobre 2014
GAY, RISPETTO OLTRE L’IDEOLOGIA. VICINANZA, NON CONFUSIONE
S
ì all’accoglienza, sì alla vicinanza, sì alla comprensione «con rispetto
e delicatezza». No alla discriminazione, no all’omofobia, no al giudizio denigratorio. Ma no anche alla confusione, alle posizioni ideologiche
e alla banalizzazione. È lo stesso sguardo di misericordia e di simpatia
rivolto a tutte le persone che combattono contro le difficoltà, le sofferenze e le ingiustizie quello con cui la Chiesa si rivolge alle persone omosessuali. Mentre si china con l’obiettivo di comprendere «le persone nel
loro concreto stato di vita» e rifiuta qualsiasi «irrigidimento ostile», la
Chiesa sono parole pronunciate da Francesco nel discorso conclusivo del
Sinodo rifiuta anche «il buonismo distruttivo che a nome di una misericordia ingannatrice, fascia le ferite senza prima curarle e medicarle» e si
guarda sia dalla «tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere
un digiuno lungo, pesante e dolente», sia di trasformare «il pane in pietra
e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati, cioè di trasformarlo in
“fardelli insopportabili”».
Un richiamo all’equilibrio e alla misura nella verità che, applicata alla
situazione delle persone omosessuali, impone una serie di domande nello
sforzo di entrare nel cuore di una situazione di cui troppo spesso si parla
per slogan, in bilico tra demagogia e propaganda. La scuola, purtroppo,
sembra diventata palestra per il peggior indottrinamento ideologico.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
Dalla vicenda dell’insegnante di religione di Moncalieri accusata di omofobia che in una lettera al nostro giornale ha svelato la strumentalizzazione mediatica di cui è rimasta vittima – alla storia del professore di
Perugia preso di mira per il suo accanimento omofobo contro un ragazzo
considerato dapprima gay, poi presunto tale e infine rivelatosi eterosessuale. Se intolleranza c’è stata insomma, si sarebbe trattato di violenza
gratuita - comunque inaccettabile -–ma senza nessuna coloritura di discriminazione sessuale.
Due fraintendimenti tra i tanti, più o meno orchestrati, che offrono lo
spunto per tornare su un argomento comunque controverso, comunque
fonte talvolta di disagio e di sofferenza, comunque al centro di un dibattito scientifico che non ha offerto finora parole definitive. Occorre dire
innanzi tutto che la riflessione sull’omosessualità, sia a livello pastorale, sia psicologico e filosofico, sconta un ritardo che è figlio da un lato
di una propaganda martellante, dall’altro di uno sguardo talvolta troppo
normativo. Posizioni che, in entrambi i casi, hanno impedito valutazioni
più distaccate. Al recente Sinodo, al di là del breve ma esplicito riferimento nella “Relazione finale”, il tema è stato ampiamente affrontato
sia nel dibattito in Aula, sia nei “Circoli minori” con uno schema abbastanza uniforme in cui, accanto alla necessità di lasciare le porte aperte
a tutte le persone e al dovere di «accogliere con rispetto, compassione e
nel riconoscimento della dignità di ciascuno», non si è mai mancato di
precisare che «accompagnare pastoralmente una persona non significa
dare validità né a una forma di sessualità, né a una forma di vita» (circolo
francese A, moderatore il cardinale Roberto Sarah, relatore l’arcivescovo
Francois-Xavier Dumortier). Nel circolo italiano A (moderatore il cardinale Fernando Filoni, relatore l’arcivescovo Edoardo Menichelli), è stato
ribadito che, mentre è giusto valorizzare «i doni, la buona volontà e il
cammino sincero di ciascuno», le unioni tra persone dello stesso sesso
«non possono essere equiparate al matrimonio tra uomo e donna, esprimendo anche la preoccupazione di salvaguardare i diritti dei figli che devono crescere armonicamente con la tenerezza del padre e della madre».
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
L’approfondimento “politico” forse più esplicito è arrivato dal Circolo
italiano B (moderatore il cardinale Angelo Bagnasco, relatore l’arcivescovo Rino Fisichella), dove è stato messo in luce il pesante clima di
condizionamento in cui «sembra si abbia timore di esprimere un giudizio
su diverse questioni che sono divenute espressioni culturali dominanti.
Questo non appare coerente con la missione profetica che la Chiesa possiede... Ciò diventa evidente soprattutto dinanzi a situazioni che sono assunte come una forma di de-istituzionalizzazione del matrimonio e della
famiglia in forza di pretesi diritti individuali».
In sintesi, se ogni situazione personale va rispettata, accolta, compresa,
accompagnata e guardata con misericordia, appare invece infondata la
pretesa di trasformare una scelta di vita individuale in modello politico e
culturale valido per tutti e
verso cui, pena addirittura il rischio di sanzioni (legge sull’omofobia in
discussione in Parlamento), si dovrebbe evitare di esprimere dissenso.
Non si tratta di denigrare le unioni affettive omosessuali ma di affermare
con chiarezza che il tentativo di attribuire ad alcune situazioni particolari
una valenza sociale allargata apre la strada a un pesante sfaldamento valoriale e simbolico. Calpestare il dato di realtà del maschile e del femminile in nome del concetto opinabile dell’orientamento sessuale -–secondo
le teorie del gender - significa aprire la strada a una società dell’immaginario che nega la verità dell’umano. Monsignor Tony Anatrella, sacerdote e psicanalista francese, presente al Sinodo in qualità di esperto, ha
spiegato con chiarezza la contraddizione secondo cui, mentre si nega la
realtà affermando che le differenze tra uomini e donne sarebbero quasi
esclusivamente costruzioni sociali e quindi “non naturali”, per quando
riguarda l’omosessualità -– che secondo alcuni esperti avrebbe origini
del tutto naturali - «è giusto appellarsi alla nozione di natura». Anatrella, che come psichiatra ha visitato migliaia di bambini che vivevano la
bisessualità dei loro genitori e ne ha constatato le conseguenze problematiche, sostiene esattamente il contrario: «Dobbiamo sgomberare il camFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
po da tanti luoghi comuni: l’omosessualità -– ha affermato recentemente
alla Settimana estiva dell’Ufficio nazionale Cei di pastorale familiare
- non ha alcuna origine genetica, biologica o neurologica. Ha prima di
tutto origine psicologica. Oggi sono numerose le false ricerche sul tema
e sono stati fatti, senza successo, molti esperimenti per vedere se ci fosse
un’origine ormonale».
Non una posizione dogmatica quindi, ma scientifica - anche se sostenuta
da una robusta base di esperienza diretta - e verso la quale è lecito esprimere considerazioni diverse. Così come è lecito avanzare perplessità nei
confronti delle varie terapie riparative che vorrebbero aiutare gli omosessuali a guardare con più serenità dentro se stessi. Anche in questo caso
siamo nel campo dell’opinabile. Parlare di queste proposte terapeutiche
fa però scattare un riflesso condizionato nel mondo delle lobby gay. Una
sorta di demonizzazione preventiva che trasforma quella che è comunque una proposta di assistenza psicologica in pratica simil-stregonesca,
comunque omofoba e in ogni caso da ostacolare con tutti i mezzi. Come
se fosse vietato agli omosessuali, che vivono con disagio e sofferenza la
propria condizione, chiedere un aiuto specialistico. Anzi, secondo una
certa visione irenistica dell’omosessualità, queste persone incerte sulla
propria identità sessuale non esisterebbero o comunque sarebbero vittime della propaganda oscurantista. Invece non è così. Più volte su queste
pagine abbiamo raccolto la testimonianza sofferta di giovani che, in cerca
di una parola di conforto e di chiarezza, si sono visti chiudere le porte
in faccia da decine di psicologi. Ormai, non solo in Italia, l’ipotesi di
“curare l’omosessualità”, anche se fonte di malessere interiore, equivale
a un’offesa intollerante e blasfema. Una tirannia del pensiero unico che
non serve a nessuno, non fa avanzare di un passo la riflessione su un tema
complesso e delicato, e non contribuisce a creare quel clima di accoglienza e di comprensione che sarebbe indispensabile per spogliare finalmente
da qualsiasi condizionamento ideologico la ricerca sull’omosessualità.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
SCUOLE CHIAMATE A FARE RETE
MA IL GENDER E’ UNA PRIORITÀ?
Paolo Ferrario
14 dicembre 2014
SCUOLE CHIAMATE A FARE RETE. MA IL GENDER E’ UNA PRIORITÀ?
È
successo di nuovo e adesso nessuno potrà dire di non sapere, nessuno potrà chiamarsi fuori. A partire dal ministero dell’Istruzione, che
quando scoppiò il caso degli opuscoli “Educare alla diversità a scuola”
-–testi apertamente ispirati all’ideologia gender - dichiarò di essere all’oscuro di tutto scaricando la responsabilità sull’Unar. Adesso, accanto al
logo dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, c’è anche quello
del Miur, che, nonostante i gravi imbarazzi e le tante polemiche procurate
dalla precedente esperienza, ha comunque deciso di mantenere la collaborazione con l’Unar, con cui ha recentemente promosso la Settimana
nazionale contro la violenza e la discriminazione. Evento che, ancor prima del suo inizio, ha provocato la reazione preoccupata delle famiglie,
molte delle quali si sono attrezzate per tempo, inviando ai dirigenti scolastici richieste di chiarimenti circa le iniziative nelle classi, annunciando
l’intenzione di non farvi partecipare i figli se non gradite. Una possibilità
negata al tempo dei libretti, visto che tutto è stato fatto tenendo all’oscuro
i genitori. All’interno della Settimana, Miur e Unar hanno emanato un
Avviso pubblico per pubblicizzare un concorso rivolto a tutte le scuole di
ogni ordine e grado, chiamate a realizzare «iniziative progettuali di sensibilizzazione, informazione e formazione sulla prevenzione di ogni forma
di violenza e discriminazione». In palio ci sono 425mila euro, destinati
alle scuole, o reti di scuole, che, entro il 30 dicembre, presenteranno il
progetto migliore. Quello cioè, si legge nell’Avviso pubblico, capace di
«creare governance territoriali» attraverso il coinvolgimento attivo «di
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
associazioni ed enti locali». Tra i riferimenti normativi dell’Avviso ci
sono anche la Direttiva generale per il contrasto alle discriminazioni
basate sull’orientamento sessuale e «l’inclusione sociale delle persone
Lgbt», firmata nel 2013 dall’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero e
la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, forse
per brevità indicata semplicemente nel bando come “Strategia nazionale
Lgbt”.
Una contrazione rivelatrice della vera natura di quel documento, redatto dall’Unar con il coinvolgimento esclusivo di 29 associazioni Lgbt e
senza ascoltare alcuna voce diversa. Una strategia a senso unico, quindi,
su cui, ancora una volta, il Miur fonda un intervento da realizzare nelle
scuole di tutti. Chiamate a «fare rete» intorno a un progetto a cui sarà data
«grande visibilità», anche a livello internazionale.
«Di fronte ad una crisi strutturale del sistema scolastico e con la disoccupazione giovanile quasi il cinquanta per cento - – commenta il presidente
del Giuristi per la vita, Gianfranco Amato - forse la preoccupazione principale della politica dovrebbe essere quella di investire nel collegamento
tra scuola e lavoro. Alla luce di queste considerazioni ci permettiamo
sommessamente di chiedere: ma davvero il gender rappresenta una priorità per l’istruzione del nostro Paese?». Appunto.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
RESTA LA VERITÀ
DEL MATRIMONIO
Francesco D’Agostino
28 agosto 2014
RESTA LA VERITÀ DEL MATRIMONIO
S
i moltiplicano a dismisura, nei mass-media, le attestazioni di simpatia, se non di vera e propria promozione, nei confronti dei movimenti
omosessuali, bisessuali, transgender, quelli insomma che amano essere
ricompresi sotto l’etichetta Lgbt, ormai ben conosciuta da (quasi) tutti. Citiamo alcune attestazioni tra le più recenti (e più indicative): la
decisione del segretariato generale dell’Onu di riconoscere lo statuto di
coniugi ai propri dipendenti omosessuali che lo richiedano e che vivano
vita di coppia e l’annuncio da parte di una notissima catena di ristorazione (perché citarne il nome? non ha certo bisogno di ulteriore pubblicità) di commercializzare un panino “arcobaleno”, che dovrebbe avere un
particolare successo presso tutti coloro che utilizzano appunto i colori
dell’arcobaleno come emblema della loro polimorfa identità sessuale.
Ho citato intenzionalmente due esempi molto distanti tra loro e di diversissimo rilievo sociale, per mostrare quanto sia dilagante nel mondo
occidentale la perdita di spessore del matrimonio uomo-donna e della
famiglia che su questo matrimonio (e su di esso soltanto) si fonda. Non
possiamo certo restare indifferenti di fronte a questo fenomeno.
Ma come fronteggiarlo? Adottando le stesse metodologie dei movimenti
Lgbt (manifestazioni di piazza, boicottaggi commerciali, pressioni mediatiche)? Possiamo anche farlo, a condizione però di non considerare
queste e altre simili iniziative come prioritarie o risolutive. I compiti dav-
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
vero urgenti che ci aspettano e di cui dobbiamo farci carico sono altri e
li sintetizzerei in tre punti.
Punto primo (il più difficile!). Dobbiamo assumere adeguata consapevolezza di quali siano le cause del recente e inaspettato successo dei movimenti Lgbt. Sono cause ben più complesse di quanto non si creda comunemente. Per capirle tutti devono abbandonare atteggiamenti emotivi e
cognitivamente sterili: l’ostilità, il disprezzo, il sarcasmo, il disgusto non
aiutano e anzi possono indurre a cedere a estremismi ideologici ingiustificabili (si è letto perfino che dietro questi movimenti ci sarebbe l’azione
di gruppi satanisti!). Solo quando avremo capito che il problema degli
omosessuali, bisessuali, transgender, ecc. è solo apparentemente sessuale, mentre è in realtà un serissimo problema identitario e generazionale,
riusciremo a entrare in possesso dei necessari strumenti cognitivi adeguati per fronteggiare questo nuovo “paradigma” e mostrarne l’inconsistenza. Secondo punto. Va evitata la confessionalizzazione della questione,
non perché essa non abbia un rilievo religioso, ma perché la difesa del
matrimonio e della famiglia eterosessuale è un problema in prima battuta
antropologico, che coinvolge allo stesso titolo credenti e non credenti,
uomini di tutte le culture e di tutte le tradizioni.
Terzo punto (che concerne in particolare il nostro Paese). Va depoliticizzato il dibattito sul gender e vanno smentiti coloro che in nome di un
malinteso progressismo ideologico si ritengono obbligati a battersi per la
legalizzazione del matrimonio omosessuale. La posta in gioco non concerne pretese nuove frontiere di diritti civili, ma l’individuazione nel matrimonio eterosessuale e generativo dell’unica istituzione giuridico-sociale in grado di garantire un corretto rapporto intergenerazionale.
È molto faticoso riportare le riflessioni su questi tre punti cruciali, in una
società come la nostra, caratterizzata da impressionanti fragilità teoretiche e dall’emergenza di emotivismi di ogni tipo. Ma bisogna riuscire a
farlo, perché le buone ragioni non si fanno strada gridando più forte di
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
colui che non la pensa come noi, ma invitandolo a pensare assieme a noi
sulla verità delle cose, con onestà e apertura mentale. E la verità delle
cose, rispetto all’ideologia, ha questo vantaggio: è resistente e non può,
nemmeno alla lunga, essere falsificata.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
OMOSESSUALITÀ
RISPETTO E CHIAREZZA
Francesco D’Agostino
14 ottobre 2014
OMOSESSUALITÀ, RISPETTO E CHIAREZZA
P
rofonde, dense e intelligenti le parole sui temi dibattuti al Sinodo
sulla famiglia che il cardinale Angelo Scola ha affidato a un’intervista concessa a Repubblica domenica 12 ottobre. Qui ci si limiterà a
far riferimento al tema dell’omosessualità, che l’arcivescovo di Milano
affronta da par suo, da tre diversi punti di vista. In primo luogo, egli riconosce con parole pacate, ma pesanti, che «siamo stati lenti ad assumere
uno sguardo pienamente rispettoso della dignità e dell’eguaglianza delle
persone omosessuali».
L’osservazione non concerne chiaramente il magistero della Chiesa in
senso stretto, che sulla necessità di elaborare una nuova percezione della condizione omosessuale come «disordine oggettivo» si è espresso in
modo molto preciso da quasi quarant’anni, e precisamente dal 1976, nella «Dichiarazione circa alcune questioni di etica sessuale» emanata dalla
Congregazione per la dottrina della fede. Essa concerne piuttosto il sentimento comune nei confronti di una condizione umana verso la quale si
sono moltiplicate nei secoli irrisioni, discriminazioni e purtroppo non di
rado vere e proprie violenze; un sentimento (cristiano e non cristiano) radicato in quel vero e proprio enigma che è la sessualità da un punto di vista antropologico, aperta come è a innumerevoli forme di “perversione”,
cioè di alterazione e di disordine (che coinvolgono ovviamente anche le
stesse pratiche eterosessuali). Questo sentimento comune (possiamo anche chiamarlo, come oggi va di moda e senza alcun timore, “omofobia”)
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
va combattuto fermamente e rimosso radicalmente, ma nello stesso tempo non è lecito rifiutare di studiarne le cause profonde (o addirittura negarle!), come oggi purtroppo avviene con l’infantile banalizzazione della
sessualità, che consegue ad alcune teorie del “gender”. In secondo luogo,
Scola non si mostra affatto scandalizzato dalla possibilità di procedere a
un riconoscimento delle coppie omosessuali: l’essenziale, ed è un ragionamento che i lettori di questo giornale conoscono bene, – è non attivare l’illusione che le unioni omosessuali siano analogabili al matrimonio
e che da esse possano nascere “famiglie”. Come «unione aggregativa»
quella omosessuale possiede un’identità che la distingue radicalmente
da quell’«unione generativa», alla quale tutte le culture, in tutti i tempi,
hanno riservato la denominazione di «matrimonio». E poiché – sostiene
con precisione l’arcivescovo di Milano «le parole indicano le cose», non
è corretto ricorrere da parte del legislatore a forzature linguistiche, forzature che su questo punto non si dovrà mai cessare di insistere non solo
alterano la realtà, ma la alterano male: insistere ad esempio nel dire che le
unioni gay vanno riconosciute, perché l’amore ha i suoi diritti, significa
solo favorire uno dei più colossali fraintendimenti del mondo di oggi,
quello per cui al matrimonio si chiede di garantire i sentimenti (cosa che
il diritto è del tutto incapace di fare) e non piuttosto la concorde volontà
dei coniugi di fondare responsabilmente una famiglia, aperta al futuro
delle generazioni. Ultimo punto toccato dal cardinale di Milano con rapidità, ma anche con assoluta precisione, è quello dei rapporti di filiazione
e delle diverse forme di manipolazione a cui li stiamo sottoponendo, non
solo biologicamente, ma anche e soprattutto legalmente: dalla procreazione artificiale, soprattutto eterologa, alla pretesa dell’adozione da parte
di coppie omosessuali. «Si rischia di mettere al mondo figli orfani di
genitori viventi», ricorda non a caso Scola; figli che oltre tutto sempre
più spesso, conosciuta la verità sulla propria origine, non si rassegnano
a ignorarla, perché la verità e il desiderio di verità sono incomprimibili.
Stiamo costruendo istituti giuridici fondati, nel caso della procreazione
eterologa, su di un’intenzionale e arrogante rimozione della genitorialità
naturale e, nel caso della cosiddetta stepchild adoption, sull’imposizione
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di una genitorialità adottiva, basata però non sull’interesse del bambino,
ma sul mero accoglimento da parte del giudice del desiderio di un genitore biologico di poter vedere attribuito un ruolo genitoriale al proprio
nuovo partner (etero od omosessuale). Il confronto con la rivoluzione
sessuale è una sfida non inferiore a quella lanciata alla Chiesa dal marxismo; è una sfida nei confronti della quale non basta una risposta intellettuale, ma si impone «una rigenerazione dal basso del popolo di Dio».
Auguriamoci tutti che gli sguardi concentrati sul Sinodo intensamente, e
non sempre benevolmente, sappiano percepire le urgenze di un presente
che non ha bisogno di condanne e anatemi, ma di comprensione attivata
nello stesso tempo dalla mente e dal cuore.
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QUEI PREZIOSI METODI
DELLA NATURA
Luciano Moia
19 ottobre 2014
QUEI PREZIOSI METODI DELLA NATURA
«L
a Chiesa è coerente con se stessa sia quando ritiene lecito il ricorso ai periodi infecondi, sia quando condanna come sempre illecito l’uso dei mezzi direttamente contrari alla fecondazione». Quando 46
anni fa Paolo VI scrisse questa frase dell’enciclica Humanae Vitae (n.16,
“Liceità del ricorso ai periodi infecondi”) non sapeva che la sua decisione avrebbe prodotto due risultati di cui vediamo ancora oggi gli effetti. Il
primo, del tutto positivo, anzi profetico, perché esplicitamente desiderato
dal Papa, ha aperto la strada all’approfondimento scientifico sui metodi
naturali per la regolazione della fertilità. Il secondo, più ambivalente perché non voluto, ha determinato l’annessione d’ufficio dei “metodi” alle
scelte che certo laicismo becero continua a bollare come “confessionali”,
quindi - secondo questa visione umanamente grette e scientificamente
superate. Quanto questo approccio sia frutto di un pregiudizio quasi incoercibile e non tenga conto di tutta una serie di evidenze scientifiche
che in questi decenni sono andati affermandosi in modo nettissimo e trasversale, lo dimostra il documento firmato da undici primari delle cattedre di Ginecologia e Ostetricia di tutte le Università romane. Al termine
di un convegno sull’attualità della Humanae Vitae, in occasione della
beatificazione di papa Montini, i docenti hanno avvertito la necessità di
riconoscere «come i metodi naturali per la conoscenza della fertilità della donna riservano un particolare interesse e abbiano un loro oggettivo
spazio nell’attività diagnostica e clinica». Ma non solo. Si impegnano a
diffondere la conoscenza dei metodi naturali dal punto di vista didattico
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
e ad avviare ricerche finalizzate a «comprendere gli intimi meccanismi
biologici coinvolti per lo studio del complesso processo della fertilità».
Pronunciamento autorevole e significativo, anche per la ricorrenza in cui
è stato espresso, ma che non sorprende chi – come gli esperti impegnati
nella Confederazione italiana dei Centri per la regolazione naturale della
fertilità – hanno in questi anni dedicato tempo e fatiche alla diffusione e
allo studio dei “metodi”.
Proprio alla luce di questa mole imponente di approfondimenti, condotti
in tutto il mondo, anche e soprattutto in ambienti laici, oggi nessuno tra
gli esperti mette in dubbio il rigore scientifico dei “metodi”. Sottolineatura importante ma parziale, molto parziale, di fronte alla ricchezza di
un approccio di conoscenza che è soprattutto antropologica, relazionale
e umana. La biologia, pur importante, arriva solo dopo. I “metodi” non
sono un’alternativa naturale alla contraccezione, ma sono uno stile di vita
per vivere in pienezza la verità dell’amore coniugale. Tanto è vero che in
questi giorni al Sinodo, nello sforzo di approfondire la portata autentica
della sessualità nella coppia, i metodi naturali sono stati indicati come
scelta di equilibrio in alternativa all’erotismo malato che ormai troppo
spesso inquina le relazioni sentimentali, dentro e fuori il matrimonio.
Inoltre, la promozione dei metodi naturali, permette di chiarire senza
equivoci la verità del maschile e del femminile alla luce di un’evidenza
naturale che non ammette interpretazioni ideologiche. La ciclicità della
fisiologia femminile si integra con la linearità maschile in un dialogo
profondo che si nutre di tenerezza e delicatezza, e dimostra come la reciproca valorizzazione rispetto ad altri tipi di relazioni non solo è premessa
di fertilità, ma aprendosi alla prospettiva del dono delinea la grandezza
dell’essere umano e fonda un principio di civiltà.
Negare la radice culturale,biologica e antropologica della differenza tra
maschile e femminile sostituendola con la falsificante idea dell’orientamento sessuale come vorrebbero le teorie del “gender” non solo è pretesa
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
scientificamente insostenibile, ma rischia di minare alla base i fondamenti su cui si regge il nostro patto sociale. Ecco perché salvaguardare la
natura autentica dell’amore secondo la prospettiva dei “metodi”, quale
espressione piena della natura umana, è scelta di libertà e di benessere
integrale.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
L’ECLISSE DEL PADRE MALE
D’OCCIDENTE
Giorgio Campanini
26 Ottobre 2014
L’ECLISSE DEL PADRE, MALE D’OCCIDENTE
I
circa 120 anni della storia dell’Occidente che stanno alle nostre spalle
sono caratterizzati da un ricorrente attacco frontale della figura paterna. Il “nuovo corso” è stato aperto dalla psicoanalisi di Sigmund Freud,
nel momento in cui attraverso il cosiddetto “complesso di Edipo” – ha
interpretato prevalentemente in negativo la figura paterna, in quanto detentrice di un potere supposto assoluto e tale da dar luogo a una sorta
di “castrazione” a danno di tutti coloro che volessero in qualche modo
emanciparsi da essa (di qui il “complesso di Edipo”, come mescolanza
di amore e di odio verso questa figura, cui, significativamente, non è mai
corrisposto un parallelo giudizio negativo nei confronti nella figura materna). Con varie modalità Freud e la sua scuola hanno ipotizzato anche
un possibile rapporto non conflittuale tra padre e figlio ma, nel suo insieme, la teoria freudiana va appunto nella direzione della “distruzione”,
o almeno della rimozione, della figura paterna. Nella stagione che ha
seguito la prima fase della psicoanalisi, importanti correttivi – per opera
dei freudiani “non ortodossi” e di altre correnti della psicologia – sono
intervenuti nel senso di rivedere questo aspetto della teoria, soprattutto
mostrando la positività e dunque le potenzialità innovative del conflitto,
segnale di una contrapposizione fra generazioni non necessariamente e
sempre gestita in modo conflittuale e dunque aperta alla ricomposizione e alla conciliazione. È per altro intervenuta,a partire dagli anni 40
del Novecento, una ripresa della teoria, in particolare con la Scuola di
Francoforte e poi con le teorizzazioni di Alexander Mitscherlich, autore
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
di un libro che fu una sorta di livre de chevet dei “barricadieri” sessantottini, Verso una società senza padre (1963). L’idea o il sogno di una
società liberata dalla pesante e opprimente figura paterna la vaterlosen
Gesellschaft, appunto – e finalmente capace di reinventarsi di continuo,
di proporre nuovi stili di vita, di fare piazza pulita del passato; una società
in cui avrebbero potuto esplicarsi pienamente le potenzialità sino ad allora soffocate dal principio di autorità, simbolizzato dalla figura paterna.
Mitscherlich, meno dogmatico dei supini seguaci della Scuola di Francoforte, rilevava non poche inquietudini per una società liberata dalla figura
paterna, ma queste ombre non turbavano il quadro un poco idillico delle
magnifiche sorti che, dopo l’eclisse del padre, si intendeva che attendessero l’Occidente (occorre pur chiarire che quanto veniva proposto come
“universale” a proposito della figura paterna altro non era che una sorta di
auto-riflesso della società borghese dell’Occidente). Esauritasi questa seconda ondata, ne è sopraggiunta una terza, per certi aspetti più sinuosa e
perfino più suadente: quella che porta, ancora una volta, alla fine della figura paterna per la morbida strada dell’eutanasia. È la complessa “teoria
del gender”, che non rimuove formalmente la figura paterna, ma annulla
le differenze: ogni uomo e ogni donna sono contemporaneamente «padre» e «madre». In apparenza si tratta di un allargamento della paternità,
ma in realtà si è di fronte alla pura e semplice eclisse della paternità,in
una grigia notte in cui per riprendere un antico aforisma tutte le vacche
sono nere. Avere più padri (e più madri) equivale a negare o comunque
a smarrire l’originalità tanto dell’una quanto dell’altra figura, rifiutando
quell’antica dialettica fra il «maschile» e il «femminile» che sta alla base
della civiltà. Se “tutti” si è padri e madri, alla fine nessuno lo è. L’osservatore superficiale potrebbe ritenere che si sia di fronte a vaneggiamenti
che nessun radicamento hanno nella natura profonda dell’uomo. La storia, tuttavia, insegna che a questi “vaneggiamenti” a più riprese anche le
civiltà più evolute sono state ricorrentemente assoggettate. Viene dunque
da domandarsi a chi giovi la rimozione del padre: forse al futuro di quella
«società liquida» descritta dalla sociologia nella quale gli individui sono
«casuali», le relazioni fluttuanti, le identità deboli. Ma è proprio questa la
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
via che l’Occidente intende percorrere?
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
NO AL PENSIERO UNICO
SI’ A RISPETTO E UMANITÀ
Luciano Moia
Noi genitori & figli n.194, febbraio 2015
NO AL PENSIERO UNICO, SI’ A RISPETTO E UMANITÀ
C’
è un pericoloso corto-circuito che si sta innescando a proposito
della nostra contrarietà alle teorie del “gender” e – in correlazione
ambivalente – del nostro atteggiamento nei confronti delle persone omosessuali. Quasi che un “no” fermo e motivato, più volte ribadito a proposito delle idee che nell’ambito della sessualità pretendono di sostituire
il dato di realtà con l’arbitrio culturale, fosse da collegare a un atteggiamento di automatica e pregiudiziale ostilità verso le persone omosessuali. Vogliamo affermarlo ancora una volta e senza fraintendimenti: non è
così. Esprimere valutazioni problematiche e anche critiche esplicite alle
convinzioni fondate sulle teorie del “gender” non significa in alcun modo
manifestare avversità verso le persone con orientamento omosessuale, né
coltivare pensieri, pronunciare parole, giustificare azioni anche solo lontanamente contigue alla cosiddetta omofobia. Qualsiasi forma di intolleranza, qualsiasi atteggiamento finalizzato a negare il rispetto e la dignità
delle persone – di tutte le persone, in qualunque fase e condizione della
loro vita, dal concepimento alla fine naturale – troverà sempre la nostra
più ferma condanna.
Se così non fosse, dovremmo vergognarci fino al termine dei nostri giorni
per aver tradito la verità del Vangelo e quindi quei valori di umanità, fraternità, accoglienza, carità, solidarietà che costituiscono la trama dell’antropologia familiare cristianamente ispirata a cui fanno riferimento, con
tutti i limiti umani, questa rivista e tutti gli altri mezzi di informazione del
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
“Sistena Avvenire”. Ma proprio perché l’obiettivo è quello di muoverci,
con trasparente fedeltà, in questa prospettiva culturale, non potremo mai
dirci d’accordo con teorie, come quelle del “gender”, che pretendono di
sovvertire uno dei fondamenti della nostra convivenza umana, negando
la verità fondante del maschile e del femminile. Affermare che la visione
ispirata dal “gender”, tra tanti altri effetti devastanti, rende più complicato
e scivoloso l’impegno educativo delle famiglie, non vuol dire formulare
condanne preventive. Il rispetto per la dignità umana è fuori discussione,
e non può essere messo in forse da un dibattito culturale, talvolta aspro,
ma giusto e doveroso.
Nell’ampia intervista che pubblichiamo nelle pagine seguenti al professor Mario Binasco, si chiariscono bene i termini storico-politici del problema. Oggi, nel mondo occidentale, il “gender” si è trasformato – e
l’esperto lo spiega bene – da teoria socio-psicologica a proposta politica.
I suoi sostenitori riescono a infiltrare programmi scolastici e iniziative
legislative. Si sta insomma riproducendo, sotto l’involucro del “gender”,
quel tentativo di formare una “coscienza di classe” che è tipico di tutte le
ideologie politiche. Il passo successivo, di cui già avvertiamo le conseguenze, è la pretesa dell’omologazione, la dittatura del pensiero unico, in
questo caso la “gendercrazia”.
La Chiesa ha subito compreso il pericolo derivante da questo clima di
intolleranza culturale mascherata da buonismo paritario. Nel corso del
viaggio nelle Filippine dello scorso gennaio, papa Francesco ha invitato a rifiutare la "colonizzazione culturale" che rischia di minare dalle
fondamenta la vita delle famiglie. Il presidente della Cei, Bagnasco, e il
segretario generale Galantino, hanno a loro volta preso le distanze da
una "visione antropologica distorta" che non fa bene a nessuno. Neppure, probabilmente, alle persone omosessuali, che rischiano di diventare
strumenti nelle mani di lobby preoccupate unicamente di avanzare rivendicazioni politiche e sociali, senza alcuna autentica attenzione al vissuto
reale delle persone. Anzi, come abbiamo più volte documentato, “quel”
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
pensiero unico vieta addirittura, a chi ne avverte il bisogno, di prendersi
cura del disagio derivante da un orientamento sessuale non accettato. Si
nega il diritto di alleviare il malessere interiore possibile in ogni persona
– etero od omosessuale che sia – in nome di una pretesa ideologica.
Proprio per offrire un approccio umano, non segnato da alcun pregiudizio, la Chiesa ha deciso di aprire le braccia in modo ancora più esplicito e
trasparente alle persone omosessuali, sollecitando progetti pastorali “organizzati” che sappiano coniugare verità, competenza e umanità. L’obiettivo, di cui già si è parlato al Sinodo straordinario della famiglia,compare
anche nel questionario diffuso in tutte le diocesi del mondo che servirà
per costruire l’Instrumentum laboris dell’assemblea ordinaria dei vescovi
nel prossimo ottobre. Nel frattempo la nostra pastorale familiare è stata
sollecitata ad attrezzarsi per non risultare impreparata di fronte a un tema
delicato e complesso. Nelle nostre comunità non mancano percorsi di
preghiera e di condivisione pensati per questo obiettivo. Ora questi progetti dovranno diventare strutturali e allargarsi a ogni diocesi.
Non sappiamo se e come questi propositi diventeranno davvero prassi
ordinaria. Sappiamo con certezza che in questa volontà di bene non c’è
nulla di omofobico, di intollerante e di pregiudizialmente ostile. Sembra
che qualcuno se ne dispiaccia, ma dovrà farsene una ragione.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
LA SFIDA COMPRESA
Gianfranco Marcelli
26 marzo 2014
LA SFIDA COMPRESA
S
e si pretende che perfino l’essere uomo o donna non sia più un dato
di natura, ma soltanto il frutto, per giunta mutevole e reversibile a
piacere, di una scelta assolutamente personale e insindacabile, quali ruoli
sociali e quali connesse responsabilità pubbliche o private possono essere
richiesti, in nome del superiore bene comune, al cittadino di una qualsivoglia comunità civile? L’interrogativo chiude e giustifica l’appello che
i vertici dell’Associazione italiana genitori hanno lanciato ieri agli insegnanti di ogni ordine e grado, per richiamare l’attenzione sul “rischio
gender” che, come questo giornale continua a documentare, incombe sul
nostro sistema educativo, oltre che nel mondo dell’informazione e nella
sfera della libertà di manifestazione del pensiero. Un’iniziativa che segue
di appena 24 ore l’allarme a piena voce del cardinale Angelo Bagnasco,
nei confronti di una deriva ideologica di cui gli stessi fautori non sembrano a volte in grado di valutare le conseguenze.
Va detto che in queste ultime settimane il livello di consapevolezza della
posta in gioco, nonostante la strategia dell’oscuramento mediatico accutamente perseguita (quasi a voler dare al nuovo approccio culturale
un’aura di acquisita normalità), sta salendo rapidamente, sia tra gli organismi che operano in campo educativo sia fra le famiglie e la gente
comune. Si può quindi immaginare che nei prossimi giorni l’attenzione
sulla sfida lanciata dalla lobby politica lesbo-gay-bisex-trans (Lgbt) resterà alta, come è giusto che sia. E non solo per gli attacchi e le reiterate
accuse di omofobia nei confronti di chi difende il diritto dei genitori di
verificare e autorizzare i contenuti formativi proposti ai loro figli. Accu-
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
se, sia detto per inciso, che offrono la dimostrazione più efficace dei veri
obiettivi perseguiti a livello legislativo con provvedimenti come il ddl
Scalfarotto: intimidire e ridurre al silenzio chi prova ad opporsi al “nuovo verbo”.È appena il caso di ribadire che, da parte del mondo cattolico,
non c’è la benché minima volontà di impedire la sacrosanta lotta a ogni
forma di discriminazione, o peggio ancora di bullismo e di violenza, nei
confronti delle persone omosessuali.
Già un troppo dimenticato documento del Concilio Vaticano II, il decreto “Gravissimum educationis” dell’ottobre 1965, indicava come scopo
della missione formativa di fanciulli e giovani l’acquisizione di «un più
maturo senso di responsabilità», ricevendo anche gradualmente «una positiva e prudente educazione sessuale», in modo da «essere avviati alla
vita sociale» pienamente «disponibili al dialogo con gli altri» e contribuendo «di buon grado all’incremento del bene comune» (GE, n. 1).Tutto questo, però, senza mai perdere di vista il principio di fondo, in base al
quale «i genitori, poiché hanno trasmesso la vita ai figli», devono essere
«considerati come i primi e i principali educatori di essa» (n. 3). In questa missione la società civile e lo Stato hanno una funzione sussidiaria e
integrativa, ma sempre «escludendo ogni forma di monopolio scolastico»
(n. 6). Ecco quindi il punto decisivo che l’appello Age sottolinea a più
riprese: a risultare intollerabile è proprio la pretesa di indottrinamento
imposto dall’alto agli operatori scolastici e inflitto alle famiglie senza che
esse possano far sentire la propria voce. Di fronte a un simile sopruso,
mascherato da incentivo alla tolleranza, si giustifica anche il ventilato
ricorso a forme di protesta clamorosa come la “giornata di ritiro” dalle
lezioni, nel rispetto del calendario di assenze programmate.Parafrasando
Von Clausewitz, verrebbe quasi da dire che l’indifferentismo sessuale,
propugnato dai teorici del gender, in ultima analisi non è nulla più che la
continuazione con altri mezzi dell’iperindividualismo.
Ma così come la guerra ha prodotto nella storia una quantità di vittime
incomparabilmente superiore a quelle dei dibattiti politici, anche la devaFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
stazione antropologica implicita nella teoria del gender rischia di causare
danni irreparabili e nuove dolorose schiavitù per quella stessa umanità
che si afferma di voler liberare.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
femminismo e ideologia gender
LE DIFFERENZE NECESSARIE
Paola Sindoni Ricci
5 marzo 2015
LE DIFFERENZE NECESSARIE
P
er molte femministe radicali il prossimo 8 marzo segnerà la fine del
secolare movimento di emancipazione della donna. È infatti in questi
giorni che verrà presentata ufficialmente all’Onu la richiesta che il movimento femminista venga inglobato, insieme alle associazioni Lgbtq, nel
quadro teorico e pratico del “sistema gender”. Costoro si dicono infatti
convinte che solo mediante l’annullamento “ideologico” del corpo sessuato si potrà giungere all’uguaglianza con l’uomo e, dunque, alla fine
dell’intollerabile supremazia del maschio.Il loro argomentare sembra, a
una prima rapida occhiata, del tutto legittimo: è giusto procedere allo
sviluppo della propria realizzazione personale e sociale, senza che questa
venga bloccata in nome dell’identità sessuale.
Che alla presidenza della Rai o della Camera ci sia una donna o un uomo
è irrilevante, l’essenziale è che sia all’altezza del compito, al di là e oltre
la sua fisionomia biologica. Tanto vale non tenere conto più di questa
desueta distinzione; la differenza sessuale, insomma, è ormai solo una
definizione naturalistica che non contiene più uno spessore culturale; eliminiamola perciò per non ricadere in vecchi stereotipi. Questa idea sembra persuasiva, se è vero che molte femministe, anche di area cattolica, la
guardano con interesse, non accorgendosi però che siamo in tal modo già
dentro il progetto teorico del “gender”, che di certo ha nel cassetto ben
altri obiettivi...Vale la pena, a questo punto, chiarire il tragico malinteso:
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
un conto è la richiesta di parità nei diritti e nei doveri sancita dalla nostra
Carta costituzionale e da altre importanti Leggi fondamentali e Dichiarazioni (purtroppo ancora deficitaria in molte zone del pianeta), un conto è
pretendere una uguaglianza tra i sessi, che è improponibile sia sul piano
teorico sia su quello pratico. Le teorie del “gender”, confondendo i due
diversi registri, finiscono per irretire le femministe, facendo il gioco di
quanti costruiscono in modo fittizio nuovi modelli culturali, improntati
sull’eliminazione della differenza e sulla proclamazione del “pensiero
unico”, quello che appiattisce l’umano alla sola – tragica – dimensione
dell’essere vivente in continua evoluzione.Ben venga perciò l’iniziativa
di varie associazioni cattoliche del mondo, che – in risposta a questa
manovra ideologica – hanno predisposto una Dichiarazione – Statement
of the Women of the World – che oggi, 5 marzo, verrà presentata al Comitato sulla condizione della donna dell’Onu.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
SE LA BUGIA GENDER SPEGNE
LE RELAZIONI
Luciano Moia
“Noi genitori & figli” 26 aprile 2015
SE LA BUGIA GENDER SPEGNE LE RELAZIONI
L’
inganno delle nuove ideologie sta contagiando il cuore dei nostri
ragazzi. Rischia di rendere più fragili e insicuri i loro propositi
sentimentali, minaccia di trasformare la gioia delle loro relazioni in un
magma fluttuante, dominato dall’incertezza e dal dubbio, in cui se tutto è
permesso, nulla sembra avere più valore autentico. La menzogna ideologica si muove su un duplice binario. Il più evidente è quello di presentare
come verità inconfutabili, una serie di concetti che con la realtà hanno
solo un tenue collegamento. Il più subdolo parte da un’esigenza reale per
estendere riferimenti, effetti e conseguenze a situazioni concettualmente
lontanissime, che non hanno alcun rapporto con il punto di partenza. Era
vero per le ideologie storiche, quelle che battendosi per l’azzeramento
delle classi sociali e promettendo società rigenerate dalle fondamenta,
hanno prodotto i disastri che sappiamo. È vero, purtroppo, per le ideologie postmoderne, quelle che si agitano nel campo delicatissimo dell’etica
relazionale, e che sembrano tutte contrassegnate da un deliberato livore
antifamiliare. Come se la famiglia non fosse la più naturale delle società,
ma un baluardo ostile, inventato per chiudere la strada alla conquista di
ogni altra libertà. Anche quella di liberarsi dal senso morale, o anche
solo dal buon senso. È un procedimento che ben conoscono, per esempio, i fautori delle “teorie del gender”. Ma anche coloro che sostengono
l’ideologia omosessualista - quella che pretende di mettere sullo stesso
piano, adozioni comprese, nozze gay e matrimonio eterosessuale – e che
in queste settimane tentano di condizionare pesantemente le scelte del
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
nostro Parlamento. E il contagio ideologico riguarda, forse in modo più
sfumato, anche chi si ostina a dare letture unilaterali a leggi che rappresentano senza alcun dubbio un traguardo di civiltà. È il caso della
norma che, esattamente un anno fa, ha assegnato uguali diritti ai figli
nati all’interno del matrimonio e a quelli naturali. Ma se questa legge,
come è capitato qualche giorno fa, viene presentata come una vittoria
sulla cultura della “matrimonialità”, allora siamo di fronte a una lettura capziosa, ingiusta e rivelatrice. Si pretende di teorizzare il benessere
psicofisico dei figli, sganciandolo completamente dal contesto familiare
in cui quei figli nascono e vengono educati. E quindi minimizzando il
fatto che ogni famiglia è tenuta insieme dall’amore e dalla responsabilità
di una donna e di un uomo, diventati madre e padre. La confusione è
alimentata dal fatto che tutti questi percorsi, pesantemente contrassegnati
dall’ideologia, muovono da un’emergenza concreta. Nel caso del gender,
per esempio, un obiettivo condivisibile, quello di combattere discriminazioni, soprusi, comportamenti aggressivi di vario tipo, dagli episodi di
bullismo contro i “diversi”(non solo omosessuali) alla violenza contro le
donne. Ma poi si estende la sacrosanta necessità di riconoscere tutele e
pari dignità a tutti, alla pretesa di negare ogni differenza, compresa quella
sessuale. Non esisterebbe più il maschile e il femminile, ma una sessualità variabile, in cui tutte le combinazioni sono possibili e ritrattabili,
secondo le paradossali variazioni previste da questa ideologia che papa
Francesco ha ipotizzato essere anche «espressione di una frustrazione e
di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché
non sa più confrontarsi con essa». E così la qualità delle nostre relazioni,
per citare ancora il Papa, rischia «di fare un passo indietro». Allo stesso
modo, seguendo questa spirale negativa, il diritto all’uguaglianza rischia
di diventare egualitarismo. Il diritto alla libertà può trasformarsi in libertarismo, e poi in arbitrio. S i tratta dello stesso percorso seguito dall’ideologia omosessualista. Partire da un punto condiviso per poi allargare le
richieste ad ambiti diversi. Chi oserebbe negare che ogni persona merita
rispetto e che una società deve adoperarsi per tutelare in ogni modo la
libertà dei suoi cittadini? Il ragionamento viziato dall’ideologia potrebFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
be essere questo: in quella libertà da preservare c’è anche il diritto ad
amare? Certamente sì, e quindi soltanto una persona gretta e insensibile
potrebbe immaginare di vietare a due persone omosessuali non solo di
amarsi ma anche – ed ecco il salto logico – di veder riconosciuto con una
legge dello Stato il proprio amore. Alla fine dell’insostenibile sillogismo
c’è quindi la promozione del matrimonio gay, con una confusione che
non si sa quanto voluta e quanto strumentale. Perché si finge di ignorare
che lo Stato non tutela il matrimonio per ragioni affettive, ma in quanto
alleanza tra due persone che garantiscono il futuro della società, perché
mettono al mondo dei figli e, con l’educazione, provvedono a farne i cittadini di domani. Ancora una volta la strategia è palese: ignorare il dato
di realtà per confondere con lo strumento dell’ideologia in pillole e con
l’arma degli “affetti” chi non riesce a guardare al di là della mistificazione. Perché non ci stanchiamo di denunciare gli obiettivi di queste ideologie anti-familiari? Perché se queste teorie non venissero contrastate, gli
effetti sarebbero deleteri e finiremmo per avere una società più ingiusta
e meno vivibile. E anche perché, tra tante altre conseguenze negative, il
loro predominio innescherebbe un domino confusionale di cui le prime
vittime sarebbero i giovani. Anzi, forse lo sono già. Non stiamo riflettendo abbastanza per esempio sull’instabilità delle relazioni che non solo
ha determinato, nell’ultimo ventennio, il dimezzamento del numero dei
matrimoni (civili e religiosi), ma sta rendendo più rarefatte perfino le
convivenze. Come se alla paura del “per sempre” si fosse aggiunta quella
di avviare perfino un rapporto “di prova”. Un virus silenzioso e deleterio,
segnato da un relativismo “anti-relazionale”, che spinge tanti giovani a
privilegiare rapporti mordi e fuggi, emozioni destinate a svanire in una
sera, “storie” che si intrecciano con la solidità di un sms. Perché anche
un dialogo franco, viso a viso, sembra una fatica che troppi ragazzi non
sanno più come affrontare e come gestire. Ma se le relazioni evaporano,
se i rapporti affettivi faticano a consolidarsi, se la decisione di stare insieme con gioia e responsabilità riguarda un numero sempre più esiguo
di ragazzi, c’è da essere seriamente preoccupati. Dobbiamo cominciare
a chiederci se le conseguenze di quelle ideologie per cui l’amore ha volti
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
sempre più ambigui e indefinibili, sfuggenti e intercambiabili – e quindi
meno attraenti perché meno certi – non abbiano già contagiato il cuore
di tanti nostri figli e non stiano producendo macerie etiche non meno gravi di quelle determinate dalle ideologie storiche. C’è da intensificare gli
sforzi per proporre e, se necessario, inventare a ogni livello, nelle scuole,
nelle comunità, ma anche nell’intimità delle nostre case, nuove strategie
educative positive destinate a ridare speranze di futuro a tutti. Al di là
delle macchinazioni di coloro che vorrebbero pianificare lo svuotamento
e il depauperamento della famiglia.
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LA DIFFERENZA SESSUALE
RICONCILIA TUTTA LA SOCIETÀ
di Philippe Bordeyne
rettore dell’Istituto Cattolico di Parigi
“Noi genitori & figli” 31 maggio 2015
LA DIFFERENZA SESSUALE RICONCILIA TUTTA LA SOCIETÀ
L
a capacità della famiglia di educare a vivere la differenza sessuale
non riguarda soltanto il fatto che i coniugi siano di sesso diverso,
come se l’eterosessualità avesse di sua natura effetti quasi magici positivi. È l’amore all’interno della differenza sessuale, su cui su un piano
morale si fonda il matrimonio, che contiene virtù educative. Sono necessari quindi entrambi gli aspetti: la differenza sessuale e l’amore che i
coniugi s’impegnano a costruire giorno dopo giorno sulla base della promessa matrimoniale e della grazia del sacramento. È l’amore in quanto
categoria morale che permette alla differenza sessuale di costruire una
famiglia. Solo l’amore oblativo, che cerca di mettere l’altro, differente,
prima di se stesso, ha il merito di costruire la differenza sessuale. Ecco
perché l’insieme delle caratteristiche morali del matrimonio contribuiscono allo sviluppo positivo della differenza sessuale all’interno della
famiglia: l’impegno senza ritorno che permette la durata, la disponibilità
al rispetto e all’amore reciproco che aiuta per superare le crisi, il rispetto
per la proibizione dell’incesto, che mantiene la differenza sessuale entro
i limiti della morale. Da un punto di vista pastorale, aggiungo che, di
fronte a situazioni familiari che si discostano dalla morale del matrimonio, il dovere delle comunità cristiane nei confronti dei bambini è quello
di agevolare il più possibile testimonianze generose riguardo alla differenza sessuale vissuta in un nucleo familiare eterosessuale stabile. Così,
quando il sacramento del battesimo è dato a un bambino che cresce nel
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contesto di una libera unione, di un patto di solidarietà civile (Pacs) o di
un’unione omosessuale, si presterà particolare cura per garantire che padrini e madrine siano battezzati e vivano coerentemente il sacramento del
matrimonio. Ponendo questa esigenza, la comunità cristiana aiuta a dotare i bambini, nel cerchio affettivo più immediato, di riferimenti antropologici e morali che lo aiuteranno, nonostante le carenze del suo ambiente
familiare, a crescere in un clima di impegno morale che gli permetterà di
scoprire il significato più profondo della differenza sessuale (…). Il progetto di accogliere un bambino, e poi la gioia della sua nascita, così come
i primi passi nell’impegno di accudirlo, sono passi cruciali per l’elaborazione familiare della differenza sessuale. Già prima della nascita, questa
differenza che caratterizza i coniugi e li unisce, rende possibile la procreazione; non appena il sesso del bambino è noto, ciò viene immediatamente accolto come un elemento che definisce la sua identità, e questo riguarda tutta la famiglia, comprese le generazioni precedenti. In seguito, le
differenze tra mascolinità e femminilità si manifesteranno in tutte le interazioni legate all’educazione. In effetti, l’esperienza della maternità
“femminilizza” e quella della paternità “masconilizza”. Reciprocamente
i bambini si rafforzano nella loro identità sessuale attraverso le relazioni
differenti che intrattengono con il padre e con la madre. all’altro (…). Da
un punto di vista pastorale, non si può trascurare il fatto che il matrimonio spesso oggi viene deciso - quando ha luogo - subito dopo la nascita
dei figli. In Francia, il 57% delle nascite avviene fuori del matrimonio
(24% in Italia). Dato che la maternità e la paternità fanno progredire l’assimilazione della differenza sessuale, si tratta di esperienze che, in un
numero significativo di casi, rendono possibile il matrimonio. Non dimentichiamo che i bambini di coppie divorziate hanno spesso una cattiva
immagine della paternità e/o la maternità che altera il modo con cui rappresentano le loro capacità di diventare a loro volta genitori. Pertanto, il
fatto di scoprire in se stessi e nel proprio partner una serie di capacità
educative partner, può diventare un’opportunità per rimuovere alcuni
ostacoli al matrimonio. Se, come proposto nella relazione finale del Sinodo del 2014, la Chiesa ha la missione di accogliere i “piccoli passi” offerFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
ti dalla grazia divina, ha ora bisogno di sviluppare una pedagogia del
matrimonio a partire dall’esperienza vissuta nella responsabilità genitoriale. Non dimentichiamo che la differenza sessuale fa paura. C’è, in generale, l’angoscia esistenziale dell’alterità: l’umanità è divisa in due sessi, e non in uno soltanto, in modo che nessuno abbia accesso da solo alla
totalità dell’umano. C’è, in modo più concreto nella coppia coniugale, la
paura della differenza dell’altro, che può in alcune occasioni, apparire
sotto le spoglie di un estraneo, tanto più sconcertante perché l’altro, nello
stesso tempo, è diventato tanto vicino nell’intimità quotidiana. All’interno della coppia, le differenze raramente tendono a svanire, ma piuttosto
ad ampliarsi nonostante l’approfondimento delle relazioni reciproche.
Questa prova di alterità richiede si coltivino le virtù della pazienza, del
rispetto e della comprensione reciproca. Quello che ci salva dalla paura
del diverso come si presenta a noi soprattutto nella differenza sessuale, è
l’amore che ci prepara alla gioia di una comunione senza confusione.
Solo l’amore, che viene da Dio e conduce a Dio, ci mette nella prospettiva del disegno creatore. Come rivela il libro della Genesi, Dio crea separando: il buio e la luce, la terra e il cielo, gli animali e gli esseri umani,
l’uomo e la donna. La differenza sessuale è buona, come buona è l’opera
continua della creazione, la Bibbia presenta come un patto tra Dio e il
mondo creato avventura. L’essere umano, uomo e donna, è ad immagine
e somiglianza di Dio proprio nella differenza sessuale, a cui è collegata la
promessa di una comunione da costruire con l’aiuto della grazia. In famiglia si scopre la differenza sessuale come un tesoro destinato all’amore e
alla gioia di una comunità di vita, senza cancellare la mancanza inscritta
all’interno dell’essere umano. “Mi manchi così tanto che, se non ci fossi,
non sarei davvero me stesso”. Crescendo con i loro genitori, i bambini
vengono introdotti a quel mistero di amore che sceglie l’altro con un atto
di responsabilità e una promessa di fedeltà fino alla morte. Ma loro stessi
non hanno scelto né la madre né il padre, né i propri fratelli. L’amore
filiale e quello fraterno introducono a un altro aspetto della differenza
sessuale: si tratta di un amore profondamente sessuato e colmo d’affetto,
ma nella giusta distanza (...). Emerge quindi da alcune tracce, come si
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
legge nei Lineamenta del Sinodo, una «pedagogia umana in armonia con
la pedagogia divina», in grado di offrire un percorso di “maturazione”
per le coppie che non hanno ancora deciso di scegliere il matrimonio. Per
molti giovani, infatti, i fallimenti coniugali dei genitori o dei parenti pesano moltissimo e accrescono la paura di entrare in un quadro istituzionale in cui temono di soffocare in caso di difficoltà insormontabili. Oppure, quando vivono insieme e hanno figli, si chiedono che cosa il
matrimonio potrebbe loro offrire in più. In questo contesto, è importante
aiutarli ad approfondire i desideri che li animano: desiderio di una famiglia unita, di durare e persino invecchiare insieme, di offrire stabilità ai
loro figli e garanzie ai nipoti che verranno in seguito. Questi sono i punti
di appoggio, preparati dalla grazia divina, che possono condurre le persone, attraverso un accompagnamento pastorale, a fare un ulteriore passo
avanti nell’amore. Ma non si dovrebbero nascondere le paure che abitano
queste prospettive: la fragilità delle unioni coniugali costringe i giovani a
riflettere. Ecco perché il nostro tempo ha un disperato bisogno di testimoni in grado di dare conto delle gioie vissute da tutti coloro che, giorno
dopo giorno, rivelano la sfida di un amore fedele costruito nella differenza sessuale. Perché, nonostante sia messo in discussione, il matrimonio
cristiano continua ad esercitare una forte attrazione tra i nostri contemporanei perché incarna “l’aspirazione per un amore più completo” (…).,
L‘unione matrimoniale, nella differenza sessuale, rimanda alla vocazione
dell’uomo a lavorare per la riconciliazione con l’altro diverso: il matrimonio unisce due persone di cui Dio non ha voluto la solitudine ; mette
insieme due persone di sesso opposto chiamate a servire, con la loro intima comunione, la promessa di riconciliazione tra uomini e donne, tra le
generazioni e tra classi sociali (cfr Ef 5: 1-6, 9); riunisce generazioni che
“si aiutano a vicenda” (GS 52, 2) per rendere la famiglia conforme alla
sua vocazione sociale. In tal modo, si capisce il motivo per cui la Chiesa
cattolica oggi difende la natura eterosessuale del matrimonio. La famiglia incarna, cioè esprime nel corpo e nella carne di due persone diverse
che si impegnano a costruire la comunione, la vocazione di tutta la società per portare la pace e la riconciliazione tra gli uomini.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
«BASTO A ME STESSO»
ARROGANTE POSTMODERNITA’
di Yves Semen
presidente dell’Istituto di teologia del corpo di Lione
“Noi genitori & figli” 31 maggio 2015
«BASTO A ME STESSO» ARROGANTE POSTMODERNITA’
E
vitando di racchiudere il significato della differenza sessuale in un
naturalismo riduttivo e diseguale, ma allo stesso tempo in stereotipi
culturali, i “gender studies” hanno mostrato che l’identità sessuale è anche il frutto di una storia personale e sociale, d’una costruzione psicoaffettiva. La differenza tra sesso e genere analizzata dagli studi di genere
sostiene che qualsiasi sessualità personale è il risultato di un’elaborazione (…). Ma la costruzione psichica richiede un lavoro di integrazione
del proprio sesso corporeo e di interiorizzazione della propria identità
sessuale. Questo sviluppo significa infatti tener conto della storicità del
soggetto, del suo dinamismo e della sua libertà. Nel quadro di una lotta
legittima per una reale uguaglianza di diritti tra i sessi, dobbiamo anche
riconoscere che gli studi di genere hanno contribuito a mettere in evidenza il dominio maschile, indiscutibile nella storia e nella cultura, un
dominio che lo stesso Giovanni Paolo II ha denunciato nella Mulieris
dignitatem (…). Tuttavia, se gli studi di genere portano a privilegiare
l’orientamento sessuale o pratiche sessuali decise arbitrariamente, senza
alcun riferimento al dato concreto del sesso corporeo (abitualmente evidente), la posizione diventa discutibile E se cercano di imporre queste
visioni sul piano culturale o politico, escono dal loro campo epistemologico legittimo - le scienze sociali - per imboccare una deriva ideologica.
Questo è evidente nella “teoria queer”. Ora il corpo non è una realtà
esteriore alla persona, semplice oggetto manipolabile senza rischi: è una
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realtà da leggere, che esprime significati personali. “Il corpo rivela l’uomo” non esita a dire Giovanni Paolo II e parla una lingua che dovrebbe
essere “letta nella verità“. Secondo la “teoria queer”, l’uomo e la donna
non sono persone radicate nell’alterità, disposte per loro natura a donarsi
reciprocamente in un’alleanza destinata a fondare una famiglia e a trasmettere la vita, soddisfatte di dare compimento alla propria umanità.
Sono, al contrario, individui autonomi che possono cambiare sesso a loro
piacimento e scegliere un qualsiasi numero di partner sessuali indeterminati. Nel rapporto tra l’uomo e la donna, l’ideologia queer ha spezzato il
legame tra il matrimonio, la procreazione e la sessualità: la sessualità è
solo una funzione psicologica al servizio di edonismo individuale. Appare chiaro che rifiutarsi di accogliere l’alterità dei sessi, equivale a rifiutare
di entrare nel dinamismo di un‘antropologia del dono. Combattere contro
il dominio maschile e il sessismo, è una cosa; distruggere l’ordine delle
differenze di genere in nome della denuncia di un presunto diktat culturale eterosessista, è altro. Negare l’alterità dei sessi significa programmare
la distruzione a titolo definitivo del matrimonio, della famiglia, della generazione e, in definitiva, della persona stessa. E significa anche mettere
in discussione il fondamento del legame sociale. Se gli studi di genere
hanno contribuito a mettere in evidenza i limiti di un’antropologia troppo
“fissista”, talvolta ignara di fronte alla richiesta moderna di libertà personale e di storicizzazione del soggetto sessuato, la “teoria queer” degenera
in delirio - la negazione di un dato – pretendendo di abolire l’alterità dei
sessi. In tal modo si intende scollegare l’umano da qualsiasi base di realtà
e soprattutto dal dato di un corpo sessuato. Questo rifiuto dell’essere umano reale a favore dell’essere umano decretato è caratteristico di uno spirito ideologico. Questo perché l’uomo e la donna sono consapevoli di non
essere in grado di realizzarsi pienamente da soli, visto che sono portati a
donarsi l’un l’altra nella prospettiva di una fertilità comune. La persona
si completa nella relazione con l’altro, alterità cui il sesso è il segno più
profondo. Non si tratta di un eterosessismo, ma di una legge di vita personale inscritta nella carne. Nelle parole di Maurice Zundel il sesso “è un
altruismo sigillato nella nostra carne”. L’alterità, e in particolare l’alterità
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
dei sessi, rappresenta la donazione reciproca ed esclusiva di sé. Quando si
approfondiscono le questioni relative all’ideologia queer , non si può fare
a meno di chiedersi: come mai una teoria così distante dalle preoccupazione della stragrande maggioranza degli uomini e delle donne, è riuscita
progressivamente a imporsi, al punto da pesare con tanta autorità nelle
principali istanze internazionali? Infatti, dopo tutto, è ancora chiaro ed
evidente che è la differenza tra uomo e donna, ciò che si manifesta subito
nella sua evidenza più semplice. È ciò che si vede in primo luogo, quello
che salta all‘occhio. Tuttavia dobbiamo riconoscere che la differenza non
può essere ridotta solo alla sola anatomia tra il corpo maschile e il corpo
femminile, né alla differenza tra ruoli maschili e femminili ruoli nella
società. Il divario tra l’uomo e la donna fa riferimento a una differenza
più fondamentale, ontologica una “asimmetria irriducibile”, Costituisce
senza dubbio uno dei più difficili enigmi umani da decifrare. Perché se
“il fatto” della differenza s’impone, dobbiamo riconoscere che non è così
facile descrivere la differenza, definire il femminile in sé e il maschile in
sé. Quindi chiediamoci: “Qual è il senso profondo e ultimo della differenza tra uomini e donne?”. Una domanda difficile. Per due ragioni: 1)
La differenza rientra nella situazione di conflitto tra donne e uomini in
tutto il mondo, una situazione spesso fatta di rivalità, ferite e lotte per il
potere, di battaglia dei sessi 2) In questa situazione siamo profondamente impegnati personalmente, come uomini e come donne: non possiamo
agire come se non fossimo uomini o donne. E ritroviamo qui una delle
caratteristiche del mistero posto in evidenza dal filosofo Gabriel Marcel,
che proprio distingue il mistero dal problema: in un mistero siamo personalmente coinvolti, mentre il problema rimane al di fuori di noi stessi.
Pertanto, davanti a questo mistero, che cosa fare? Come uscire da questa
aporia: Sono i sessi uguali o rivali? Non siamo di fronte una domanda
simile a quella posta dai Farisei al tempo di Cristo e che li ha portava ad
interrogarsi sulla questione del ripudio delle donne (cfr Mt 19, 3-9)? E se
avessimo la possibilità - come loro – di porre la questione a Cristo, non ci
rivolgerebbe stessa risposta? “Non avete letto che il Creatore da principio
ha fatto l’uomo e la donna?” (...). Questa “teologia del corpo“, Giovanni
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
Paolo II l’ha qualificata lui stesso una “teologia dei sessi” o piuttosto – ha
precisato – teologia della mascolinità e della femminilità”. Quindi siamo
proprio nel cuore del soggetto. Le prospettive evocate da Giovanni Paolo
II nel suo ampio e profondo commento alla Genesi, con cui inizia la sua
catechesi sulla teologia del corpo, anche se si riferiscono al contenuto
della Rivelazione, sono suscettibili di raggiungere le profondità del cuore
di ogni uomo e ogni donna, a prescindere delle sue opzioni religiose. Perché? Perché hanno a che fare con le “origini”, dove si possono trovare le
tracce indelebili inscritti nel profondo del suo essere. A una condizione:
che l’uomo non sia un prigioniero di pregiudizi ideologici. In conclusione nell’ideologia del gender c’è fondamentalmente la rivendicazione
da parte dell’uomo del potere di auto-definirsi, di fare riferimento solo a
se stesso e quindi c’è la pretesa dell’autosufficienza. Negare l’ancoraggio biologico della sessualità è negare la finitezza umana, è optare per
una potenza demiurgica, come se l’uomo fosse origine di se stesso. La
denigrazione della differenza sessuale e la volontà di potenza vanno di
pari passo. È in gioco il fantasma di un’umanità autosufficiente, che non
fa riferimento a nient’altro che a se stessa. Accogliere qualcosa al di là
di se stessi, fosse anche la natura, sembra diventato insopportabile alla
coscienza contemporanea. Il rifiuto dell’alterità sessuale fa eco al rifiuto
dell’autorità divina.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
«LGBT, QUELLE SOFFERENZE
DA NON BANALIZZARE MAI»
di Susy Zanardo
docente di filosofia morale all’Università Europea di Roma
“Noi genitori & figli” 31 maggio 2015
«LGBT, QUELLE SOFFERENZE DA NON BANALIZZARE MAI»
I
l gender può essere assunto come una metafora del nostro tempo, nel
senso che la parola non ha un contenuto stabile né rinvia a un dato di
realtà autoevidente. Di fatto, “gender” è l’espressione di una complessità
che non si intende sciogliere o ordinare. Occorre perciò capire di che
cosa si sta “realmente” parlando ogni volta in cui viene adoperata la categoria di genere, la cui ampiezza e sovrapposizione di significati può
essere all’origine di vistose e laceranti incomprensioni. Il termine “gender”, come noto, è introdotto nella seconda metà del Novecento in ambito medico con un intento di nominazione: si lamenta una mancanza di
parole di fronte ai casi di identità sessuale non corrispondente al sesso
assegnato alla nascita (transessualità) e di fronte alla difficoltà di assegnare un sesso anagrafico nei casi di intersessualità. In questo contesto,
“sesso” sta per corpo (con le sue strutture cromosomiche, gonadiche, ormonali e fenotipiche), mentre genere viene riferito alla percezione di sé
in quanto maschio, femmina o ambivalente. La categoria di gender viene
mutuata dalla psicoanalisi americana, dalle scienze sociali e dalla riflessione femminista, diventando molto presto uno strumento interpretativo
(una chiave di lettura per la comprensione dei rapporti sociali) e trasformativo dell’assetto sociale e istituzionale. Il genere è un costrutto teorico
complesso che descrive almeno due aspetti interconnessi: l’identità di
genere o percezione di sé (come ci si sente) e il ruolo di genere ovvero la
manifestazione di sé nello spazio pubblico (ciò che si fa), per indicare ad
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altri o a sé il grado in cui è maschio, femmina o ambivalente. Un capitolo
a parte è costituito dall’orientamento sessuale, non necessariamente legato all’identità di genere. In un primo momento di elaborazione teorica, il
genere è compreso come la parte costruita del sesso, ovvero l’insieme di
rappresentazioni, pratiche, istituzioni che, in una data società, lavorano
“la grezza materia biologica dei corpi e della riproduzione” (Gayle Rubin) in un prodotto sociale rifinito, funzionale alla riproduzione della specie (contratto sessuale) e alla divisione del lavoro tra uomini e donne. Si
propongono modelli alternativi di organizzazione familiare (monogamia
seriale, contratti a tempo, relazioni allargate) e di gestione della sessualità (collegati anche al diffondersi della contraccezione e dell’aborto come
diritto delle donne). Alla profondità dell’analisi - mossa da una domanda
di giustizia sociale e simbolica – non pare corrispondere però una adeguata proposta culturale, nella misura in cui ci si limita alla soppressione
della differenza come luogo di disuguaglianza e della famiglia naturale
come luogo di rapporti di potere ai danni di donne e minoranze. L’idea
centrale che circola in questo primo momento di elaborazione teorica del
“gender” è che il sistema di genere, nella maggior parte delle società conosciute, esprime un ordine normativo che struttura “la percezione e l’organizzazione concreta e simbolica di tutta la vita sociale”. Negli anni 80,
si entra in una seconda fase di elaborazione: le teoriche del femminismo
si avvedono che l’opposizione sesso/genere o natura/cultura non fa che
rafforzare le differenze naturali. Dire infatti che il genere è la parte costruita (sociale, culturale) del dato corporeo, implica che esista una parte
pre-sociale distinta e anteriore alla cultura. Ma allora, ci sarebbe un dato
di natura (un corpo maschile e femminile) su cui interviene la costruzione sociale? Nulla pare scontato. Per riparare a questo scacco teorico, si
riaggiusta il concetto di genere e si riformula il rapporto fra sesso e genere. Viene allora rovesciato l’ordine, affermando che non è il sesso il contenitore immobile, passibile di svariate interpretazioni culturali; al contrario, è il genere a precedere e guidare la comprensione del sesso. Ciò
significa che la cultura assorbe interamente il dato di natura, che perciò
smette di essere tale, cioè di essere una autoevidenza. Si dice allora che il
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
sesso e il corpo sono già da sempre genere, nel senso che necessitano di
un linguaggio e di un quadro concettuale capaci di mediare la loro rappresentazione fino a costruire i sessi nella loro materialità Negli anni ‘90,
si entra in una terza fase di produzione del concetto, portando a maturazione due decenni almeno di ricerca. Si lavora intorno all’idea che, se il
regime di genere è un rapporto di potere all’origine di discriminazioni e
ingiustizie sociali, allora esso va decostruito. Come è possibile decostruire il genere? La teorica più avveduta è probabilmente Judith Butler: il
genere – lei avverte – è messa in scena, «artificio», finzione culturale; ciò
significa che non va concepito «come nome, cosa sostanziale o marcatore culturale statico». Non è un termine cui corrisponde un referente reale,
chiaro e distinto; quindi non ha consistenza. Come potrebbe averne una,
se la “datità” è un mito tramontato? E se non è reale o sostantivo, che
cos’è il genere? Oppure, se di essere non si può parlare, perché il genere
è così resistente (stante la sua mancanza di consistenza)? Viene coniata
l’idea di performativo: allora il genere è una «azione incessante e ripetuta di qualche tipo», una costruzione «istituita e iscritta sulla superficie dei
corpi» attraverso un rinforzo e rimodellamento – di atti, gesti, pratiche,
rappresentazioni, desideri, sostenuti «tramite segni corporei», in una circolarità che si autorinforza. Il genere non è perciò dell’ordine dell’essere,
ma del fare. A questo punto ci troviamo di fronte al problema decisivo: se
non vi è nulla di dato, chi sancisce la direzione dei significati? Chi stabilisce i criteri di sessuazione? Chi configura l’assetto istituzionale? Chi
rimaneggia l’ordine dei sessi e della generazione? Se il genere è un rapporto di potere, allora chi detiene il potere può veicolare la prospettiva di
genere che più gli corrisponde; a questo scopo il diritto è investito del
compito di interprete e costruttore di un ordine simbolico e sociale attraverso l’emanazione di un set di regole che modificano le strutture della
convivenza (matrimonio same-sex) e possono anche interrompere la linea della generazione (monogenitorialità, omogenitorialità). Le teorie
del genere mettono così di fronte a un dilemma: o i significati entrano nei
rapporti di potere, e allora viene ingaggiata una lotta politica nell’arena
pubblica per modificare le istituzioni, oppure si sottraggono a ogni forma
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
istituzionale, consegnandosi a un consumo privato e anarchico di opzioni
di genere. Vediamo brevemente le due posizioni. 1. Bulter pone un problema reale: “tutti abbiamo bisogno di norme perché il mondo possa funzionare, il problema è capire quali convengono di più”. Si tratta allora di
modificare l’assetto istituzionale in direzione di una maggiore giustizia,
in termini di distribuzione di diritti, benefici e riconoscimento simbolico
ai generi penalizzati e oggetto di discriminazione: donne, minoranze sessuali, transidentità. Per ottenere questo risultato, occorre disfare quelle
regole di genere che impediscono ad alcune persone di condurre un’esistenza vivibile, condannandole o a una «vita intollerabile», incomprensibile, o a «una morte sociale o effettiva». Se è auspicabile la presa in carico delle soggettività più vulnerabili, meno comprensibile è voler
ignorare gli effetti dello sconvolgimento dell’ordine dei sessi e della generazioni, il cui prezzo è fatto pagare alle creature piccole. In fondo, nei
rapporti di potere, qualcuno vince e qualcuno perde. Ma è da questa parte che entra la giustizia? Se manca il riferimento all’essere sostanziale
della persona, la stessa idea di giustizia è dettata dai rapporti di forza. 2.
L’altra strada conduce dal “gender” al postgender o transgender o queer
o post queer: termini ombrello che si impongono dagli anni ‘90. In particolare, il prefisso trans (in transgender) colloca oltre ogni identità di genere, nel punto in cui si travalicano le frontiere e si ibridano i confini.
Allo stesso modo, il termine queer allude alla proliferazione di identità
provvisorie come diritto a definire se stessi, pur respingendo ogni assegnazione identitaria, e come sito di contestazione politica. Da una parte
(in quanto lotta politica), il queer resiste ai rapporti di potere, cioè sfida
l’ordine simbolico e l’assetto istituzionale introducendo matrici rivali e
disorganizzanti per ottenere un effetto trasformativo (rottura del legame
sociale oltre che dell’ordine naturale). Dall’altra parte, l’idea di identità è
disciolta nel processo di multiple identificazioni, cioè di prove ed esperimenti che si succedono senza fine (termine e orientamento di senso). Il
queer è l’apertura di una domanda condannata volutamente a restare senza risposta: è la comunità di chi dice non potercene essere una, l’identità
di chi combatte l’identità o sogna una trans-identità, una identità in tranFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
sito permanente. Si retrocede non solo rispetto all’ordine delle cose, ma
anche alla stabilità dei significati del linguaggio. Così il queer è ritenuto
come “un errore necessario”, una contraddizione in termini, per far scoppiare il sistema creando campi di tensione generativi di un nuovo ordine.
Mi pare questa una rivoluzione triste, sintomo di una età malinconica,
dove regna il disincanto e l’orizzonte è penosamente vuoto. Sarebbe sbagliato però pensare che questi esperimenti siano trionfalistici o semplicemente ludici; sono piuttosto un grido esibito e senza parole, una dolorosa
e interminabile lotta contro di sé alla ricerca di un sé privo di determinazioni: il corpo, svuotato della dimensione simbolica e possibilmente alterato o potenziato ed esteso con protesi tecnologiche, diventa il corpo-icona, immagine marcata alla superficie, ultima frontiera dell’identità, in
funzione di supplenza. Qual è l’aspetto che più seduce di questa configurazione epocale? Essa intercetta una tendenza fondamentale del nostro
tempo: l’insicurezza, la sfiducia, la disillusione, la provvisorietà, il fatto
che il tessuto sociale sembra non reggere più. Di fronte a questo disincanto, essa non promette nessun approdo certo e avverte che nulla è come
appare. Non mi soffermo sulle criticità di queste teorie, ma preferisco
presentare la sfida che da esse ricavo: questi studi, nelle loro espressioni
migliori (e non nell’uso semplificato, disinvolto, consumistico e acritico
che ne fa la cultura di massa, che va a costruire dei banali contro-stereotipi), ci mostrano la complessità e la sofferenza di vite al margine, avvertono che non si può stigmatizzare, censurare o escludere chi non entra nel
binarismo sessuale (che una parola detta anche distrattamente o solo per
superficialità può ferire seriamente). Ci chiedono di comprendere la sofferenza di chi sta in un ruolo impossibile, illeggibile, irreale, inintelligibile. Tuttavia, altro è riconoscere la sofferenza e la vulnerabilità di chi è
più fragile, altro è elevare l’idea di una molteplicità dispersa e conflittuale a orizzonte normativo. Soprattutto non si può far credere che tutto è
possibile, tutto è equivalente, tutto è indifferente e senza costi. È vero
anche che questa cultura mostra come gli stereotipi sessuali possano essere fonte di sofferenza per gli esseri umani. Ciò non significa, tuttavia,
che si debba dissolvere l’evidenza che siamo uomini e donne o porre
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l’ambiguità come ideale di vita. Che cosa fare allora? Non si tratta né di
adattarsi né semplicemente opporsi; non dovremmo farci inglobare nella
logica amico-nemico, nel modo di pensare per contrapposizione; da questa logica si esce se si è inventivi. Nulla è più radicale di una critica che
non demonizza l’avversario, che non gli toglie dignità: se si lotta contro
qualcuno si occupa lo spazio mentale con recriminazioni che esauriscono
le forze ideative. Mi pare che dobbiamo addestrarci a tenere insieme l’ideale (normativo) e le inevitabili fragilità di tutti noi: se restiamo all’ideale, rischiamo di svuotarlo di senso e di praticabilità, rendendolo irrealistico e mitico. Forse si tratta di far capire che anche nel singolo
frammento o scampolo di bene sta il senso del tutto. Se, però, per tener
conto delle fragilità congediamo l’ideale, allora avremo situazioni di sofferenza, abbandono, consumo dell’altro, impotenza. Come rispondere?
Partendo da una riflessione antropologica che permetta di tenere insieme
la delicatezza e la serietà, la misericordia e la norma ideale, senza abbandonare l’ideale né indurirci nella semplice disapprovazione. Non vale né
l’ostracismo sociale né la banalizzazione di situazioni dure. A me pare
che misericordia e idealità normativa siano come i due capi di una corda:
se cediamo l’uno, cade anche l’altro; il filo non tiene più. Ma noi siamo
sul filo e non è facile starci, perché basta distrarci o cedere alla tristezza
o trascendere in emotività e il filo rischia di spezzarsi. È un lavoro di
delicatezza, umiltà e intelligenza. E non sempre ne siamo capaci, ma è
l’unico modo per mantenere aperto il futuro.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
«EDUCARE ALLA DIVERSITÀ
PER RISPETTARE I PIÙ PICCOLI»
di Tonino Cantelmi
psichiatra, docente all’Istituto di psicologia
dell’ Università Gregoriana
“Noi genitori & figli” 31 maggio 2015
«EDUCARE ALLA DIVERSITÀ PER RISPETTARE I PIÙ PICCOLI»
I
n ambito educativo la questione del “gender” sta avendo pesanti risvolti: se la cultura ha pesato nella costruzione di ruoli sbilanciati oggi le si
chiede di minimizzare la differenza tra sessi e in un certo senso eclissarsi
per permettere all’individuo di autodeterminarsi. Riconoscere le differenze equivarrebbe a discriminare ancora, perpetuare modelli obsoleti di
cui invece bisogna liberarsi. Le agenzie educative dovrebbero rispettare
– si sostiene – questo presunto progresso nel non condizionare la crescita
dei bambini secondo stereotipi di parte. Lo diciamo chiaramente: è un
falso clamoroso che l’assenza e il vuoto creino libertà. Una certa “timidezza” educativa è una delle piaghe di questa stagione storica e sociale.
Se i genitori smettessero di allevare i figli secondo un’educazione al maschile o al femminile il risultato non sarebbe la scelta del bambino di
come comportarsi una volta che ne avesse la capacità (che poi quando
arriverebbe questa capacità? E nel frattempo?), ma una dannosa confusione che lo priverebbe di coordinate di riferimento. Voler contrastare il
condizionamento sociale che in passato aveva provocato non poche discriminazioni è un conto, manipolare i dati di realtà, negando quello che
la scienza oggi è in grado di attestare, è un altro. Eppure non sono mancati curiosi esperimenti proprio in ambito educativo dove l’istituzione
scolastica – la prima agenzia dopo la famiglia incaricata di formare l’individuo – ha proposto, e spesso ancora propone, modelli “neutrali” – si
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
conviene che la neutralità è un paradigma ampiamente superato? – di
crescita dei bambini, in modo da non inculcare loro vecchi e ormai sorpassati stereotipi. Sono aboliti i pronomi personali, sono banditi i messaggi che tendano a caratterizzare le differenze tra sessi, perché questo
favorirebbe il perpetuarsi di discriminazioni e atteggiamenti intolleranti,
sono evitati, da parte dei docenti messaggi che possano impantanare il
bambino in un modello di genere . Dunque togliendo i giocattoli “di parte” l’essere umano crescerebbe più aperto al dialogo col prossimo diverso da sé. È chiaro: lo diciamo con voluta ironia che però non è poi molto
lontana dalla realtà se in Svezia “la più grande catena di negozi per giocattoli è stata obbligata dalla legge ad applicare la neutralità di genere ai
propri prodotti, realizzando un catalogo natalizio le cui illustrazioni mostrano delle bambine che impugnano dei fucili ad acqua e dei bambini
che giocano con le bambole” . La neuropsichiatra Louann Brizendine
racconta, invece, di come la figlia di una sua paziente dell’età di tre anni
e mezzo, che aveva ricevuto in regalo un camion rosso fuoco al posto
della consueta bambola, viene ritrovata a coccolare il camion avvolto in
una coperta e cullato con parole di conforto. Il condizionamento sociale
non può esser sufficiente a spiegare il perché di questo e di molte altre
caratteristiche tipiche del maschio e della femmina – lo abbiamo accennato nel precedente paragrafo – che genitori ed insegnanti possono agevolmente constatare osservando i bambini sia nello spazio ludico che in
quello scolastico. Il loro sviluppo evolutivo avviene secondo ritmi diversi, notoriamente i maschietti hanno un processo di crescita più lento, specie in alcune fasce di età (7-16); la capacità di concentrazione, le modalità e le tempistiche di apprendimento sono differenti ; l’approccio alla
lettura è differente; la propensione verso certe modalità di gioco, come il
modo di vivere il rischio è differente, nei maschi si manifesta una propensione verso i giochi competitivi e le azioni rischiose, nelle femmine verso
quelli cooperativi e meno verso ciò che percepiscono come imprudente.
Questi dati sono alla base del grande apprezzamento che soprattutto i
paesi anglosassoni stanno mostrando nei confronti delle scuole omogenee, dove cioè le classi sono distinte per maschi e femmine, che pure
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
negli Stati Uniti sono una realtà già consolidata . Le scuole omogenee
cercano di tener conto delle caratteristiche dei maschi e delle femmine,
aspetto difficile da realizzare nelle nostre istituzioni scolastiche, per adeguare il sistema educativo alle tendenze specifiche connaturate, con ottimi risultati rispetto a voti e punteggi nelle performance scolastiche di
ambo i sessi, nonché alla stima di sé, ai rapporti sociali e alla leadership
. Dati confermati fra l’altro anche dalla Commissione Europea Eacea la
quale sostiene che questo tipo di istruzione, paradossalmente, offre a ragazzi e ragazze maggiore libertà di scegliere materie non associate stereotipicamente al loro sesso e ribadisce le maggiori opportunità di aumentare la propria autostima . Cogliere, comprendere e valorizzare il
proprium di ciascun sesso non può significare favorire la distanza reciproca o peggio ancora disincentivare il senso di tolleranza e la capacità di
dialogo. Questi aspetti, che indiscutibilmente devono far parte della formazione della persona, non sono certo compromessi dal riconoscimento
di una diversa struttura biologica. Anzi, ascolto, rispetto, accoglienza
hanno un senso solo dove ci siano interlocutori diversi, dove le due entità che si confrontano non siano fuse o sbiadite ma chiaramente distinte.
La volontà di non rendere omogenee le linee di crescita di maschi e femmine non equivale a incastrarli in binari a priori, significa, al contrario,
un grande rispetto per le loro peculiarità, rispetto di quelle caratteristiche
naturali, che, se non considerate con la dovuta attenzione dai genitori e
dal corpo insegnante, comportano una grande frustrazione per il bambino
e una possibile compromissione di una crescita serena e fiduciosa. Genitori ed insegnanti efficaci saranno in grado di sostenere i bambini ed i
ragazzi ad apprendere il modo percepire se stessi e di entrare in relazione
con gli altri secondo le modalità tipiche del sesso di appartenenza, senza
timore con ciò di sembrare reazionari e fuori tempo. Viceversa il non
essere capiti e aiutati secondo ciò che si è, facilmente conduce a giudizi
mal posti “Roberto è troppo vivace, dovrebbe stare più fermo”, “non ha
fantasia, usa così pochi colori”, “non è interessato alla lettura”…che rischiano di demotivare l’interesse del bambino verso un miglioramento di
sé, vissuto come troppo inetto ed incapace di combinare qualcosa di buoFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
no. Imparare ad accompagnare maschi e femmine rispettandone le caratteristiche naturali e insieme proponendo stimoli per superare i limiti naturali favorirà lo sviluppo di adulti, futuri sposi, futuri genitori
responsabili e rispettosi della specificità di figli e ragazzi loro affidati.
Spesso invece, purtroppo, l’infanzia è strumentalizzata per campagne
ideologiche che riguardano in realtà solo gli adulti . È curioso come la
voglia di essere riconosciuti nelle proprie peculiarità, e i tanti slogan che
sono diffusi sulla diversità da accogliere, portino proprio a ciò che si vuol
combattere: ad un’uniformità indotta. Anche la non conformità e la fluidità di tutto diventano una sorta di conformità forzata. Il postmoderno
con la sua rottura dell’uno, impone singole soggettività e impedisce che
la riflessione possa cercare dei cardini di riferimento all’interno dei quali
muoversi. Dalle diversità statiche accentuate perciò si è passati a identità
temporanee, contestualizzate (sono vere qui ma non lì, oggi ma non domani) e confuse. Rispettare le diversità riconosciute, a partire dalle differenze biologiche dell’essere uomo, e l’essere donna, insomma, non vuol
dire tornare indietro, incentivare antiche e superate narrazioni sessiste.
Conoscere e riconoscere il proprium maschile e femminile ha l’unico
scopo di valorizzare lo specifico di ciascun sesso e favorirne l’incontro,
lo scambio e l’arricchimento. Omologare non aiuta né l’uomo né la donna ad esprimere le proprie qualità neurobiologicamente date e questo lo
sottolineiamo soprattutto in ambito educativo. Non ci sono graduatorie,
non ci sono rigide categorizzazioni, non ci sono rivendicazioni di parte.
Siamo d’accordo che sia necessario un nuovo linguaggio che permetta
l’espressione di sé uomo e di sé donna in un’epoca in cui dominano nuove modalità dell’essere. Tuttavia questo non può andare a discapito di
confini naturali, non più intesi, va da sé, come occasione di marginalizzazione del femminile, come se naturale equivalesse a “meno dotato”, ma
come rispetto del principio di realtà. Lo scetticismo dilagante non può
abbattere i muri portanti dell’umanità rendendo leciti, se non auspicabili,
forme create dal bisogno frenetico dell’uomo di novità e stupore continuo.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
«È LA FAMIGLIA IL GREMBO
DEL NUOVO UMANESIMO»
di don Paolo Gentili, Tommaso e Giulia Cioncolini
“Noi genitori & figli” 31 maggio 2015
«È LA FAMIGLIA IL GREMBO DEL NUOVO UMANESIMO»
A
bbiamo percepito con chiarezza la “bontà della differenza sessuale”
(Lumen Fidei 52) di coloro che del proprio corpo sanno meravigliarsi e meravigliare anche nei momenti della prova, come ci hanno raccontato Enrico e Camilla Mattei. Neppure la sofferenza può impedire di
far percepire questa meraviglia, perché all’interno del consumarsi del
corpo sorge già il corpo glorioso della resurrezione. Poi abbiamo ascoltato con estremo piacere Susy Zanardo. Grazie al suo contributo siamo
entrati tra i presupposti della cosiddetta gender theory, e il suo stravolgimento del reale. Così per il gender la realtà è “un magma”. Si giunge a
questo processo di decostruzione della realtà attraverso la risignificazione dei termini. Così il linguaggio diventa l’anticamera per sradicare la
sessualità dal corpo sessuato. Il linguaggio è più potente degli organi
sessuali. Così la cultura, o meglio, un prodotto culturale, grazie a una
teoria ambisce a conquistare il primato sulla natura, decretandone l’inconsistenza. Siamo tutti convinti che il corpo sia profezia. La domanda
da porci è se quando il corpo è strumentalizzato e deturpato, sia ancora
profezia o questa profezia viene cancellata? Il fatto è che, in quel caso,
l’essere umano non è più custode del giardino, e questo per rispondere di
fatto a una sofferenza, a un non sentirsi pienamente sé, in questa ricerca
inappagata, continua della propria identità. Certamente la sfida è grande.
Ci diceva Tonino Cantelmi che la parola d’ordine è fluidità: lo scorrere
dell’identità. Come se non ci fosse più una chiara identità. Non si comprende più cos’è l’uomo nel suo essere maschio e femmina. C’è una do-
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
manda di identità che si infrange sulla confusione. Ecco perché la famiglia è chiamata a riappropriarsi del proprio originale compito educativo,
imparando l’arte dell’accompagnamento per decodificare i falsi messaggi, Diceva papa Benedetto che la crisi educativa non è tanto dei giovani
quanto degli adulti. E anche da qui nasce la speranza di un nuovo modo
di rapportarsi con le famiglie, proprio quello che sta spalancando il Papa.
Padre Bordeyne ha spiegato che la differenza sessuale è un dono che va
costruito, non un dato assoluto, ma qualcosa che va accompagnato. La
speranza è accettare la differenza per costruire la comunione. Jacques
Maritain, che ha partecipato al Concilio Vaticano, aveva come motto:
“distinguere per unire”. Quello che ci aiuta ad accompagnare la differenza non è confusione. Il 15 aprile scorso, nell’Udienza del mercoledì, Papa
Francesco ha detto che il gender è una possibile risposta alla paura di
confrontarsi con la differenza. Quindi abbiamo uomini sempre meno virili e donne sempre meno femminili. Da sempre siamo affascinato da san
Francesco. Otto secoli fa un uomo da Assisi andò a Roma per chiedere
l’approvazione della Regola. È accaduto invece che, dopo ottocento anni,
un uomo vestito di bianco sia andato a chiedere a san Francesco la nuova
Regola della Chiesa. E qual è la Regola? Potremmo ricordare l’episodio
del lupo di Gubbio, l’addomesticare l’aggressività; il vero miracolo di
Gubbio è il cambiamento di una intera civiltà: tutto il paese si impegna a
nutrire per sempre il lupo, la cui voracità è segno di profonda solitudine
e abbandono. Allora occorre restituire dignità al maschile e al femminile.
L’unione sponsale cristiana è sempre generativa. La generatività necessariamente produce futuro. Il dono che gli sposi si consegnano è anche il
dono del loro futuro. Per far sì che l’incanto possa resistere alle fluttuazioni dei sentimenti è opportuno che ci sia un ancoraggio forte. Il rischio
maggiore di fallimento di un matrimonio è rendere quell’esperienza di
pienezza e totalità un’esperienza di chimica. Il matrimonio non è solo un
fattore biologico, spalanca un nuovo e vasto orizzonte, osando dare forma all’infinito: l’amore di due persone unite in matrimonio che diviene
infinito. Forse questo è il tempo in cui siamo chiamati a portare il cuore
che pulsa di un amore sponsale, necessariamente generativo, in quelle
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
periferie dove regnano amarezza e tristezza. È anche il tempo di capire
che un cammino educativo non può essere solo iniziato, ma ha bisogno di
essere accompagnato, soprattutto sulla durata. In questo tornante della
storia, umanizzare è il primo grande compito della famiglia. Lo è sempre
stato, ma in questa porzione di tempo umanizzare assume il significato
ulteriore di portare umanità, che vuol dire riportare il maschile e il femminile laddove queste dimensioni costitutive sembra vogliano essere
estirpate. Il progetto del Creatore fin dal principio è chiaro, illuminante,
veritativo e immutabile, ci ha detto il cardinale Edoardo Menichelli.
Chiaro significa nitido, senza ombre. Illuminante significa che c’è un dinamismo che reca luce dove c’è ombra. Veritativo non significa veritiero,
ma che oltre essere vero è anche fondante: quella verità sancisce l’origine. Immutabile significa che questa immutevolezza è la radice più profonda su cui si fonda la speranza dell’umanità. Ancora il cardinale Menichelli ci ha detto che la misericordia è la gemella della verità: questo è
un punto decisivo. Lungo la profezia di questo pontificato è lo scoglio più
grande da far percepire. La misericordia, abbiamo detto, è “il cuore tra i
poveri”. Ma c’è un tentativo di voler allontanare la misericordia e la verità. Per farlo geometricamente si disegna una retta ai cui vertici si trovano misericordia e verità, che sembrano diventare rivali. Ma in realtà si
tratta di una circolarità fondativa: l’una non ha senso senza l’altra. A
volte corriamo il rischio di assecondare questa sorta di deriva che è la
frattura più pericolosa che si possa creare, perché qui sta la profezia, nel
far sì che questa tensione, certamente dinamica, che recepisce il grido
della storia, è un binomio che non può essere dissociato e tanto meno
allontanato. Siamo allora chiamati a far sì che misericordia e verità siano
sempre reciprocamente unite. Siamo poi stati arricchiti dalla relazione di
Yves Semen, il quale ci diceva che il corpo non è né esterno né estraneo
alla persona. Un corpo non manipolato per cui occorre anche una riconciliazione con esso, riscoprendolo come dono. Il corpo ci dice la nostra
origine, che non ci siamo dati da soli, ma dice anche il futuro, il destino,
che siamo chiamati a entrare in questa circolarità del dono proprio nella
differenza. Affermiamo questo oggi, quando l’ideologia del gender ha
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
spezzato il legame tra matrimonio, sessualità e procreazione. Occorre riscoprire la bellezza della sessualità coniugata all’amore. Qui ci troviamo
in imbarazzo, perché percepeciamo che come Chiesa abbiamo ridotto la
portata profetica dell’enciclica Humanae Vitae a un cartello stradale con
tanti divieti. Occorre rileggere Humanae Vitae di Paolo VI ai tempi di
Evangelii Gaudium. Questo sarà il Sinodo! La Chiesa, esperta in umanità, offre una lezione di umanità da portare al mondo. Qui si gioca il futuro dell’umanità. Il Sinodo vede in gioco il futuro dell’umano, ed è necessario dare un segnale forte a Dio e agli uomini per dire che amiamo la
famiglia e la sua bellezza nel silenzio della preghiera. Non possiamo lasciarci rubare la speranza, ed è vero che, se le tenebre resistono, è perché
i figli della luce mancano di vigore e di energia. L’Anno della Misericordia sarà l’occasione di fare mea culpa, perché spesso nelle nostre parrocchie non si vede la bellezza della luce delle famiglie: sono parrocchie
molto funzionali, di ruolo, che non valorizzano il sacramento di cui la
famiglia è portatrice. Poi don Giancarlo Grandis ci ha rimesso nella giusta dimensione, cioè tornare nell’abbraccio della Trinità: la comunione
nello spazio della differenza senza confusione. Questo bellissimo rapporto tra Padre, Figlio e Spirito, ognuno unico eppure in relazione: è l’altro
che ti dice chi sei, è il tu che ti fa dire io per costruire il noi. E questo
avviene nella famiglia in modo fortissimo. Già il sorriso della mamma fa
riaccendere il sorriso del figlio. E quando anche il padre entra in questo
gioco, nella carne si ripete l’abbraccio della Trinità. E quando forse arriverà un altro bimbo, magari di colore diverso, vorrà dire aprirsi al mondo, a una palestra sociale. Ecco perché la famiglia è grembo del nuovo
umanesimo per una civiltà dell’amore. Ciò significa che di fatto papa
Francesco ha dato la sua stessa carne alla Gaudium et Spes, perché sta
mostrando un nuovo rapporto tra Chiesa e mondo attraverso la famiglia,
l’intera famiglia umana (sono le prime parole di Gaudium et Spes). Rapporto tra Dio e l’intera famiglia umana: questa è la Chiesa. Allora comprendiamo, come diceva Claudio Gentili, che nella Gaudium et Spes il
processo è il risultato, un risultato che già esiste. La domanda allora è se
si stia guardando a quanto accade come figlio fedele o come figlio prodiFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
go. La mia paura infatti è che il figlio fedele non si sia accorto di tale
cambiamento. È una domanda fondamentale per portare la bellezza della
differenza. Spesso racconto di una bimba di otto anni la quale mi diceva
che secondo lei la parabola del figliol prodigo non ha un finale. L’ho immaginato io: il figlio minore esce fuori, abbraccia il figlio maggiore e gli
dice: vieni anche tu alla festa, non sarebbe festa senza te. In questo abbraccio allora entra anche il mondo ferito degli affetti, l’uomo e la donna
confusi, smarriti, traditi; ci sono anche le lacrime che abbiamo raccolto di
una persona transessuale che ormai sentiamo come un fratello. Se il
postmoderno ha suggerito di fare a meno della Trinità, noi siamo questa
simpatia di Dio per il mondo, e la Chiesa guarda il mondo con simpatia,
ne percepisce i rischi, illumina l’orizzonte con l’escatologia. È vero che
il postmoderno vuole fare a meno della verità, ma è ancora più vera la
percezione che ricaviamo da questo convegno. Ci tornano in mente le
parole del filosofo Gabriel Marcel, quando diceva che “amare qualcuno è
dirgli: tu non morirai!”. È bello tornare a casa e pensare che nel ti amo
dell’uomo e della donna uniti in matrimonio ci siano proprio i tratti
dell’infinito.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
IDEE
IL DIRETTORE
RISPONDE
di Marco Tarquinio
IDEE / IL DIRETTORE RISPONDE
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
PERCHÈ UN TG IMPORTANTE
DISTORCE I TERMINI
DEL CASO UNAR?
28 marzo 2014
PERCHÈ UN TG IMPORTANTE DISTORCE I TERMINI DEL CASO UNAR?
Gentile direttore,
vorrei metterla a parte della lettera che ho scritto alla direzione del Tg3
che seguo quasi sempre nell’edizione delle 19.00 perché è un telegiornale di cui non condivido sempre le idee, ma che effettivamente informa
sulla politica. Mi è spiaciuto mercoledì sera, 26 marzo, seguire il servizio
sui “libretti” Unar che si intendeva distribuire nelle scuole e che il Tg3
ha presentato come una iniziativa «del governo».
1) Questo non è vero, visto che si tratta dell’iniziativa di un ufficio legato
al Ministero delle Pari opportunità che ha invaso il campo del Ministero dell’Istruzione senza neanche avvertire il suddetto Ministero (e dalla
quale anche il viceministro all’epoca delegato, Maria Cecilia Guerra del
Pd, ha preso le distanze).
2) Non è stato menzionato che questi strumenti erano destinati anche alle
scuole materne: e questa dimenticanza è grave perché da cronisti al Tg3
sanno benissimo che tanti genitori si stanno opponendo a questa cosa.
3) Il capolavoro del servizio del Tg3 è il finale in cui si è accusato il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, di “aver affossato” lui il tutto. In
realtà, la Chiesa ha sempre ribadito la sua posizione: rispetto per tutte
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
le persone, ma anche per la Costituzione in cui la famiglia è fondata sul
matrimonio e il matrimonio è tra uomo e donna. Agli amici del Tg3 vorrei dire che un conto è il rispetto per gli omosessuali, un conto è questa
ideologia “gender” che anche loro mi sembra sposino in quel servizio.
Insomma, ho rispetto per il lavoro dei giornalisti, ma anche per la verità.
Scrivo anche a lei, che è direttore di Avvenire, perché il Tg3 è parte del
“servizio pubblico” della Rai ed è giusto che simili comportamenti vengano discussi pubblicamente.
Vittorino Bocchi
Ho verificato di persona che il servizio del Tg3 di cui lei parla, gentile
signor Bocchi, è totalmente “a tesi”. Tesi encomiastica sugli opuscoli
firmati dall’Unar (un ufficio governativo che, come dice la sua sigla, dovrebbe occuparsi di discriminazioni razziali) che sono ispirati alla “teoria del gender” (cioè all’articolata visione di coloro che affermano che
l’identità sessuale delle persone non ha fondamenti di natura femminile-maschile, ma piuttosto e solo una base culturale e perciò mutevole nel
tempo), che risultano liquidatori nei confronti della famiglia madre-padre
presentata come «stereotipo» da superare e che contengono affermazioni
duramente polemiche con le fedi religiose indicate come visioni «omofobe» da estirpare. Capisco perciò perché lei abbia chiesto spiegazioni alla
direzione di quella testata del servizio pubblico radiotelevisivo. Il “pezzo” di cui lei si duole è, per di più, sostanzialmente lo stesso andato in
onda anche alle 14.30 dello stesso 26 marzo (ce lo aveva subito segnalato
un altro lettore, il signor Berardo, e proprio ieri ho pubblicato la sua lettera). La reiterazione dell’intervento dimostra che si è trattato di una libera
e precisa scelta informativa. E il fatto che il testo sia stato impostato col
passo dell’editoriale più che con quello della cronaca completa il quadro.
Anche a mio parere, argomentazioni, sottolineature e censure distorcono sensibilmente e direi deliberatamente i termini del caso, presentato
come una pura e ovviamente condivisibile proposta di «educazione alla
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
diversità», alla «civile convivenza» contro il «bullismo». Ma purtroppo
c’è dell’altro: i servizi del Tg3 hanno, infatti, proposto ripetutamente e
in modo inusitatamente duro, qualificandolo come un riuscito diktat al
governo, l’appassionato appello che il presidente della Cei, cardinale Bagnasco, aveva rivolto lunedì scorso alle famiglie italiane chiamandole
a un protagonismo positivo anche su così cruciale fronte educativo. A
questo punto, gentile amico lettore, devo anche dirle che mi ha molto
colpito che la questione degli opuscoli Unar sollevata da “Avvenire”
nel gennaio scorso sia stata “scoperta” solo ora dal Tg3. Eppure in quei
giorni la nostra denuncia giornalistica della forzatura ideologica in atto
portò a severe prese di posizione di esponenti del Governo Letta e del
Parlamento e al blocco di fatto dell’incresciosa iniziativa che, si noti, era
stata concordata dall’attuale direttore dell’Unar con diverse sigle della
galassia politica gay e nessuna – dico nessuna – associazione familiare,
tantomeno quella che le riunisce quasi tutte (il Fonags) e che è accreditata presso il ministero dell’Istruzione. Mi colpisce altrettanto anche un
ulteriore particolare, e cioè che la “scoperta” del Tg3 sia per i toni usati
sia per le chiavi di lettura minimizzanti, edulcoranti e improprie che propone – ricalchi sorprendentemente la titolazione (più ancora che il testo)
dell’articolo di un altro quotidiano pubblicato proprio la mattina del 26
marzo. Solo singolari coincidenze? Forse. O, forse, la “scoperta” tardiva
e distorta da parte del Tg3 del caso Unar (che ha anche un secondo aspetto, riguardante una quasi incredibile vicenda di “linee guida” da Minculpop per il lessico giornalistico a proposito di famiglia, matrimonio,
maternità, paternità e omosessualità) è anche dovuta al fatto che ormai da
alcuni mesi l’edicola serale del Tg3, tradizionalmente assai completa, ha
preso a ignorare quasi sempre la (scomoda?) prima pagina di “Avvenire”.
Anche questa è una libera (ma eloquente) scelta. Che, francamente, non
credo dipenda dai bravi colleghi – alcuni dei quali conosco e stimo da
tempo – che lavorano in quell’edizione dell’importante telegiornale della
Rai.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
GLI IDOLI EGOISTI
DEL “PENSIERO UNICO”
CADONO SE IMPARIAMO
A VEDERE
13 aprile 2014
GLI IDOLI EGOISTI DEL “PENSIERO UNICO” CADONO SE IMPARIAMO A
VEDERE
Caro direttore,
è confortante per tanti, davvero per tanti, l’omelia di papa Francesco in
Santa Marta sulla dittatura del pensiero unico. Ed è coraggiosa perché,
al di là dei contenuti, oggi è sempre più difficile denunciare quella dittatura. Lo sanno tutti che in Italia e in Europa si accede e si fa carriera
nel mondo della cultura, dell’arte e della comunicazione solo o comunque soprattutto se si è integrati nel pensiero dominante del cosiddetto
“politicamente corretto”. Che è espressione indicante pieno relativismo
e assoluta evanescenza. Infatti, cosa è – in astratto – la “correttezza”
se non è rapportata a valori morali o etici, culturali o sociali? Eppure
questa cultura, mai ben esplicitata e ambigua, è il collettore degli egoismi individualistici che si nobilitano al rango di diritti, e pretendono di
essere legalizzati. E disgraziatamente questa cultura d’impronta individualistica, che sgretola il tessuto sociale, trova orecchi attenti in una
parte della magistratura. Al punto che ci troviamo di fatto una componente della magistratura che si autoproclama paladina di minoranze
ma agisce secondo il pensiero dominante, sostituendosi al Parlamento.
In questi giorni abbiamo avuto le sentenze sulle madri in affitto e sulla
registrazione di un matrimonio gay all’estero, entrando a gamba tesa
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
nel campo che compete al Parlamento. E in più la pronuncia della Corte
costituzionale che ha aperto la porta alla fecondazione eterologa. Il
“politicamente corretto” è decaduto a “politicamente corrotto”, sia nel
merito che nel metodo, esattamente come accadeva al dottor Jekyll che
diventava mister Hyde.
GianCarlo Salvoldi, Roma
già deputato dei Verdi
Ha ragione, caro professor Salvoldi. Quella che Papa Francesco lo scorso
10 aprile ha definito l’«idolatria del pensiero unico» si manifesta ormai
con grande ostentazione, con irridente sicurezza e persino con veemenza
accusatrice nei confronti degli “infedeli”. Che poi sarebbero tutti coloro
che pensano e credono diversamente. I profeti di questa «idolatria» che
ha permeato di sé l’economia, la cultura e la “mondanità” soprattutto
(ma ormai non più solo) occidentale si riempiono spesso la bocca di una
massima attribuita a Voltaire anche se, in realtà, frutto del genio (femminile) di una sua biografa inglese, Evelyn Beatrice Hall (in arte Stephen
G. Tallentyre). Una massima molto bella, eretta a sintesi dell’idea stessa
di tolleranza attiva e declinata in concordanti e generosi modi: «Non
condivido il tuo pensiero, ma darei la vita perché tu lo possa esprimere»,
«Non approvo le tue scelte, ma sono serie e dentro la legge e io difendo
il tuo diritto di compierle», «I tuoi valori non sono i miei, ma li rispetto»... Peccato che le “minoranze” alle quali ci si appassiona sotto questa
bandiera di tolleranza siano, da tempo, sempre e solo quelle che accettano di far parte della “maggioranza” (vera o presunta) che si allinea
al «pensiero dominante» e alle sue pratiche. Se ci sono minoranze che
resistono alla corrente, non contano. E se ad andare controcorrente sono
addirittura delle maggioranze, devono tacere e cambiare registro con le
buone o con le cattive. Lei torna su esempi di lancinante attualità (le sentenze “creative” di alcuni magistrati di cui abbiamo ragionato qui anche
ieri), io vorrei citare il caso dei medici che non intendono esercitare le
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
pratiche abortive che, ormai da molti anni, sono depenalizzate anche nel
nostro Paese. L’aspetto che mi continua a colpire di più del “culto” che
si vorrebbe imporre a tutti nel nome di una “laicità” stravolta e resa più
dogmatica di tante fedi religiose è infatti l’attacco a un fondamentale
diritto di libertà come quello che su questioni specifiche e di grande rilevanza morale come l’aborto (cioè la soppressione di una vita) riconosce
la possibilità dell’obiezione di coscienza. Trovo che sia la paradossale
dimostrazione della illiberale carica di certo autoproclamato pensiero di
libertà. È un male vero e forte. Ma questo non può indurci a rassegnazione. Né a risposte furiose. Il male si vince con il bene. Sta scritto. E
Papa Francesco ce lo ricorda praticamente ogni giorno. Ci invita a dire
dei “sì” non-idolatrici, a Dio e ai fratelli in umanità. Ci rammenta che
possiamo riuscire a farlo con tutta la chiarezza e tutta l’amore che servono. Le “dittature” ideologiche si possono sconfiggere di vera libertà
e di autentica responsabilità, con la coerenza disarmata della vita buona e delle testimonianze pubbliche e private, egualmente senza paura,
che essa genera. Abbiamo visto, nell’ultima parte del Novecento, anche
«rivoluzioni di velluto» smontare dittature che sembravano d’acciaio.
Possiamo e dobbiamo lavorare perché una «rivoluzione della tenerezza»
ci aiuti a cambiare presto lo sguardo, svelando il vero volto degli idoli
egoisti del «pensiero unico».
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
IL GENDER E LA ROSA
NEL CAMPO DI TULIPANI
(SIAMO UOMINI E DONNE,
ED È TANTO)
16 luglio 2014
IL GENDER E LA ROSA NEL CAMPO DI TULIPANI (SIAMO UOMINI E DONNE, ED È TANTO)
Gentile direttore,
leggendo l’Instrumentum laboris del prossimo Sinodo sulla famiglia risulta ben chiara la linea della Chiesa cattolica che, se non erro, accoglie sempre la persona e cerca di dispensare vicinanza e aiuto, spesso
fondamentali, perché essa si risollevi dalle innumerevoli cadute che accompagnano il cammino di tutti noi verso l’Eternità. Così sembra che
cerchi di fare anche con le nuove realtà “gender” che improvvisamente
hanno preso a crescere, alimentate da chissà quale dilagante energia.
Non capisco comunque a chi giovi il voler confondere un Istituto -– stavo per scrivere un “Ministero” -– così chiaro come il matrimonio, sia
pur praticato in sola forma civile, al punto di voler rivedere la sua stessa
definizione. E allora ho pensato a questo quesito: “Se noi piantiamo
un seme di rosa in un campo di tulipani, quando quella rosa crescerà e
fiorirà avremo forse un altro tulipano diverso solo nelle sembianze, che
andrà colto, confezionato e venduto come tutti gli altri tulipani?”. Improvvisamente la risposta mi è sembrata chiara: lamentavamo da tempo
scarsezza di tulipani nei bei campi della nostra amata terra italiana e ci
siamo inventati un modo per ovviare al problema. Probabilmente sarà
così anche per altre cose in questo periodo di crisi. Lei cosa ne pensa?
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
Esmeralda
Rispetto la sua dissimulata identità, gentile signora, augurandomi che lei
si senta ancora una signora quando leggerà questa mia risposta e, dunque,
la «dilagante energia» di quelle che chiama «nuove realtà gender» non
l’abbia indotta a cambiare avviso... Me lo auguro perché penso che gli
avvisi possano cambiare quanto si vuole, ma il nostro essere uomini o
donne no. E questa dualità, mi creda, ha in sé già tanto, tutta la vita possibile e ogni “impossibile” sogno. Per questo nessuna energia -– dilagante
o meno -– riesce a modificare la realtà di un’umanità al maschile e al
femminile. Mi fa, perciò, piacere constatare che lei considera il matrimonio un istituto che non sopporta confusioni: è e resta l’unione solenne
davanti alla comunità d’appartenenza di una donna e di un uomo, è e
resta il fondamento della famiglia, «società naturale» che si può solo
riconoscere e non manipolare a piacimento (la nostra Costituzione dice
proprio questo, e lo fa con assoluta chiarezza e con bella e ancora troppo disattesa forza programmatica). Parto da questa essenziale premessa
per dirle che mi fa meno piacere, perché mi sembra piuttosto confuso, il
ragionamento che lei sviluppa con la metafora/quesito su rose e tulipani.
Una rosa resta una rosa, anche se viene piantata in un campo di tulipani,
così come un uomo resta un uomo o una donna resta una donna, qualunque cosa faccia di sé, qualunque cosa gli venga fatta, in qualunque
luogo e situazione si ritrovi. La sua dignità personale è insopprimibile, la
sua statura irriducibile, la sua natura innegabile. E le sue relazioni sono
importanti, ma non tutte uguali e non tutti i rapporti sono matrimoniali
o matrimonializzabili. Certo non quelli tra persone dello stesso sesso
(che possono, se vogliono, stabilirli sul piano patrimoniale). Quanto alle
“carestie” che sperimentiamo in Italia, a cominciare dalla crisi demografica -– cioè dalla «scarsezza» di figli -– che mi pare lei evochi sempre
attraverso la metafora dei tulipani e della rosa “tulipanizzata”, non c’è
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
soluzione senza un riconoscimento che non può essere confuso o confusionario e senza un sostegno effettivo di quella «società naturale» tra
un uomo e una donna che costituisce il “grembo” delle nuove vite e del
futuro di ogni comunità civile. Pensare che al di fuori di questa semplice
differenza e della necessità di un fertile incontro tra una madre e un padre
ci sia l’«invenzione» vitale che risolve tutto è un’illusione e una menzogna. Lontano dal dato naturale e dalla gratuità (a volte, lo so bene, anche
complicata e persino tradita) della relazione generativa uomo-donna ci
sono inesorabilmente il laboratorio e il mercato, con i loro banconi, con
le provette o i cataloghi delle coltivate presunzioni, con i cartellini dei
prezzi dei figli a ogni costo. E ci sarà, se si continueranno certi errori e
alcuni orrori, un’angosciosa ricerca delle radici di persone derubate della
madre o del padre naturali, e persino di entrambi. Ecco che cosa penso,
gentile signora, e sono convinto che gli uomini e le donne di questo e di
ogni altro tempo – finché avranno coscienza e cuore, finché useranno la
ragione – non potranno che pensarlo a loro volta. Qualunque sia il modo
di vivere di cui sono protagonisti e responsabili.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
IL «PENSIERO DOMINANTE»
SANZIONA
MA NON SI ARRETRA,
NÉ SI VA ALLA RISSA
21 gennaio 2015
IL PENSIERO «DOMINANTE» SANZIONA MA NON SI ARRETRA, NÈ SI VA
ALLA RISSA
Caro direttore,
tutta la mia solidarietà al professor Paolo Zucconi. L’Ordine degli psicologi lombardi, a quanto pare, ha un ordine di scuderia: o fai come
diciamo noi, o taci e, tanto per cominciare, per tre mesi non lavori più.
Come ben evidenziato da “Avvenire” con l’articolo di Luciano Moia del
15 gennaio scorso, di questo passo una persona non potrà più rivolgersi
allo specialista per proporre e affrontare la propria situazione, nel caso
si tratti di orientamento sessuale vissuto con profondo disagio (non mi
esprimo da esperto, naturalmente). Oppure lo dovrà fare di nascosto.
Proprio oggi, a scuola, commentavo con degli studenti liceali il caso
Dreyfus, condannato con una sentenza “già scritta” per un insieme di
perverse complicità e solo tardivamente riabilitato. A mio parere di cittadino, mutatis mutandis, quella vicenda si ripropone ora per iniziativa
dell’Ordine lombardo degli psicologi. In favore di Dreyfus, Émile Zola
lanciò il suo celebre “J’accuse”; nessuno dei membri del moderno sinedrio degli psicologi lombardi intende sottrarsi a un’analoga veemente
protesta?
Gianluca Segre
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
Caro direttore, uno psicologo è dunque sulla graticola per avere affermato che dall’omosessualità chi vuole può uscire e può essere aiutato.
Apriti cielo! L’Ordine professionale lo ha messo sotto indagine. Fortunato il professionista che rischia “solo” tre mesi di sospensione dall’attività. Esistono “pensieri unici” che, a fronte di equipollenti asserzioni
“blasfeme”, prevedono ben altre punizioni.
Andrea Picco
Il caso della “censura” contro uno psicologo di lungo e valoroso corso,
il professor Zucconi, ha davvero dell’incredibile, cari amici. Lascio da
parte ogni altra considerazione, rimandando all’ottimo articolo del collega Moia (“Avvenire” del 15 gennaio scorso), e qui mi chiedo soltanto
-– da profano quale anch’io sono, ma non da disattento e da sprovveduto
-– dove siano finiti i paladini della libertà della scienza, e persino gli assertori della più totale autodeterminazione dell’individuo. Che sarebbe
libero di fare, tentare, disegnare e dire pressoché di tutto, ma non di rivolgersi a uno specialista per capire se l’omosessualità che eventualmente
sperimenta con disagio è o non è la sua condizione. Questa è la dittatura
del “pensiero dominante”, e c’è poco da scherzare. Per fortuna non sono
ancora legge, in questo nostro Paese, certe incredibili punizioni che si
vorrebbe irrogare a chi non si inchina ai “colonialisti” del gay-pensiero,
delle teorie del gender, del matrimonio (figli compresi) come diritto anche per coppie di persone dello stesso sesso (che figli naturalmente non
possono averne). Ma tra sospensioni dal lavoro in Lombardia (il caso
del professor Zucconi di cui stiamo ragionando), inquietanti “bavagli”
giudiziari a senso unico in Umbria (il caso dell’avvocato Pillon che abbiamo illustrato ieri), ciclici episodi di intolleranza verso iniziative civili
e pacifiche come quelle delle “sentinelle in piedi”, il clima si va facendo
pesante. Anche per chi, come noi, rispetta serenamente ogni persona, comunque la pensi e qualunque condizione umana viva. Proprio per questo
non ci si può lasciare intimidire, non si può tacere, non si può rinunciare
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
all’impegno. Proprio per questo, però, non ci si deve neanche accodare
agli organizzatori delle risse liberticide, dello scontro per lo scontro che
si punta a monetizzare in termini elettorali o, comunque, di fazioncina
cultural-politica. Personaggi di questo tipo, purtroppo, non mancano e
lavorano in maniera stridente (eppure a questo fine convergente) su diversi fronti. Penso anche a certi difensori (interessati e, spesso, di maniera) della “famiglia tradizionale”. Le buone ragioni non hanno bisogno
di scimitarre, ma di testimoni tenaci e sobri. C’è bisogno di coraggio:
quello di metterci la faccia senza maschere e senza bandiere di comodo,
quello di affrontare le offese continuando a non offendere, quello di dire
la verità senza paura e senza presunzione, con tutta la carità e la forza
necessarie.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
A PROPOSITO
DI OMOSESSUALITÀ,
SANZIONI, LIBERTÀ (ANCHE
DELLA SCIENZA) E... STILE
29 gennaio 2015
A PROPOSITO DI OMOSESSUALITÀ, SANZIONI, LIBERTÀ (ANCHE DELLA
SCIENZA) E... STILE
Copio e incollo dall’articolo che ho letto sul sito internet di “Avvenire”
e che lo scorso 15 gennaio intitolato «Risponde su gay e terapie, psicologo condannato». Avete dunque scritto: «La “terapia riparativa” non
intende affatto “riparare” l’omosessualità, come fingono di credere gli
oltranzisti della sessualità gaia e felice. Ma occuparsi invece di “riparare” la ferita originaria nella relazione con il padre che, secondo
alcuni studiosi, sarebbe all’origine dei disturbi dell’identità sessuale».
L’omosessualità non è un «disturbo dell’identità sessuale» (semmai lo è
il transessualismo), ma uno dei due possibili orientamenti sessuali che
può caratterizzare la persona. Delle due, una: 1) o non sapete la differenza tra identità di genere e orientamento sessuale, e allora siete degli
ignoranti che non possono permettersi di scrivere sull’argomento; 2)
o deliberatamente e strumentalmente fate un’informazione scientificamente scorretta, faziosa e omofoba (non sarebbe la prima volta). Faccio
inoltre notare che il termine “condannato” è improprio, visto che le
condanne sono di esclusivo appannaggio di un giudice; in questo caso
si tratta semmai di un sacrosanto provvedimento disciplinare. Prima di
scrivere gli articoli, fatevi un ripassino di cultura generale: ne avete
davvero bisogno.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
Distinti saluti
dottor Andrea Puglia
Non ho cestinato questa lettera sentenziosa e sgarbata sino alla villania
solo perché l’argomento e le sane e fondamentali libertà della persona e
della scienza poste dall’ingiustizia subita dal professor Zucconi stanno
molto a cuore a noi di “Avvenire” (non a caso, oltre che in sede di cronaca, il 21 gennaio scorso me ne sono occupato anch’io in questo spazio di
confronto coi lettori). E proprio una lettera di questo tipo e tono aiuta a
capire che cosa c’è in ballo. Affido il cuore della risposta all’ottimo collega Luciano Moia, autore dei documentati articoli su quel vergognoso
caso di censura liberticida che vede tristemente protagonista l’Ordine
lombardo degli psicologi, ma non senza aver prima sottolineato che il
signore che ci scrive, e che si firma col suo titolo accademico, può avere
diplomi di laurea e di master, e però non conosce neanche lontanamente
le regole del dialogo, figuriamoci quelle dell’educazione... Spero per lui
che le apprenda. Non da me, certo. Probabilmente da Moia. E sicuramente da più d’uno di coloro che nutrono opinioni simili o comunque
vicine alle sue. Come diceva un grande educatore del passato: «Non è
mai troppo tardi». Anche per imparare a stare al mondo.
Gentile dottor Puglia
lei ci accusa di ignoranza, informazioni scientificamente scorrette e, addirittura, di omofobia. Mi sfugge il motivo di tutto questo livore, che
forse offusca il suo giudizio. Ma la prendo sul serio. Ho -– abbiamo -–
ben presente la differenza tra identità di genere e orientamento sessuale.
E lei sa benissimo che quanto più l’identità è fragile tanto più l’orientamento risulta vago e disturbato. Non lo afferma “Avvenire”, ma l’Oms
che nel manuale diagnostico - sotto il codice F66 – ICD-10 -–parla di
«persistente e marcato disagio per il proprio orientamento sessuale» e
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
specifica che se l’individuo desidera un diverso orientamento a causa
di disturbi psicologi o comportamentali associativi può farsi curare. Ma
questi passaggi, tuttora presenti nel cosiddetto IDC 10 dell’Oms -–ripeto: lei sa benissimo a cosa mi riferisco -–in polemiche di questo tipo
non vengono mai ricordati. Si preferisce continuare a raccontare che
l’Oms ha cancellato nel 1987 la categoria diagnostica di «omosessualità
ego-distonica». Cosa che è vera. Ma se non si specifica tutto il resto, se
lo si rimuove, allora sì che c’è un’opera di informazione parziale e ideologica. Per quanto riguarda, poi, la differenza tra “condanna” e “provvedimento disciplinare” lei ha ovviamente ragione, in termini giuridici.
Ma il senso politico della sanzione decisa dall’Ordine degli psicologi è
chiaramente di condanna. E vorrei sapere chi se la sente di negare che
la scelta di disporre che un collega non possa lavorare per tre mesi di
fatto rappresenti una “condanna” a fare la fame? Detto questo, chiunque
legga “Avvenire” -–cosa che lei evidentemente, e liberamente, non fa se
non saltuariamente –- sa bene che su questo giornale non escono articoli
“contro” le persone omosessuali e che l’accusa di omofobia ci indigna
perché profondamente e velenosamente ingiusta. Ma è anche rivelatrice,
quell’accusa peregrina e violenta: rappresenta la prova degli obiettivi
omologanti e liberticidi dei lobbisti che premono per una legge in quella materia. Nelle nostre cronache per gli omosessuali e per i problemi
che essi vivono e pongono all’opinione pubblica c’è tutta l’attenzione,
l’accoglienza e il rispetto che merita ogni essere umano. Ciascun uomo
e ciascuna donna - per le persone civili e tanto più per i cristiani -–valgono a prescindere dal proprio orientamento sessuale. Ricambiamo i
suoi distinti saluti.
Luciano Moia
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
QUEL CLIMA D’INTIDIMAZIONE
AL QUALE
NON POSSIAMO RASSEGNARCI
31 gennaio 2015
QUEL CLIMA D’INTIDIMAZIONE AL QUALE NON POSSIAMO RASSEGNARCI
Caro direttore,
ho letto i servizi di Avvenire e le risposte che avete dato a una lettera
di aspra contestazione ai servizi di cronaca e ai commenti con cui avete accompagnato il caso del professor Zucconi, lo psicologo sospeso
tre mesi dalla sua professione per decisione dell’Ordine lombardo per
aver osato parlare delle terapie che possono essere attuate con persone
che vivono con disagio una condizione vera o presunta di omosessualità.
Vorrei portarle la mia esperienza, ma, per motivi di privacy, le chiedo
di non firmarmi col mio cognome. Spero capirà, altrimenti cestini pure
questa lettera. A quindici anni ho subito delle molestie, da parte di un
medico. Ho rimosso. Una rimozione da manuale. Verso i diciotto anni ho
ricordato tutto: una lettura che avevo fatto la sera di quel fatto e poi mai
ripreso in mano, di tutt’altro argomento, mi ha fatto ricordare. Anni di
disagio verso gli uomini, verso il sesso. La convinzione che forse... una
donna fosse meglio. Il disagio. E poi, finalmente, la terapia. Non abbiamo mai parlato di omosessualità, ma superare le molestie mi ha restituito
la femminilità e la voglia di fidarmi di un uomo. Senza terapia... chissà.
Forse non avrei mai avuto il coraggio di provare con un uomo. E non
sarei mai stata serena o appagata perché la mia natura mi portava a
questo.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
Grazie per l’attenzione e per i valori che portate avanti.
Anna
Gentile direttore,
approfitto della lettera del dottor Puglia che ha reiterato l’argomento
per porre la questione seguente: perché i nomi delle persone soggette a
provvedimento disciplinare sono sbandierati, come nel caso del professor Zucconi, mentre si omette di rendere noti sia il nome del denunciate
sia i nomi di chi ha comminato la sanzione? Invece io, che non sono
tra quelli immediatamente sanzionabili perché non esercito, mentre mi
capita che mi vengano richieste referenze da parte di possibili pazienti,
vorrei tanto conoscere questi nomi, per esercitare la mia libertà di scegliere con cognizione di causa, sapendo in anticipo chi è “ammaestrato” dalla lobby Lgbt... Mi accontenta se le chiedo di non firmare con il
nome per esteso?
Patrizia
Caro direttore,
mi associo a lei e all’ottimo Luciano Moia nel respingere fermamente
le accuse infondate e arroganti del dottor Andrea Puglia, evidentemente
occasionale visitatore del sito internet del nostro Avvenire. Credo che
l’ingiusta sanzione comminata al professor Zucconi sia frutto di quel turbine ideologico che tuttora impera sui massmedia e che coinvolge purtroppo anche varie associazioni e qualche magistrato. Senza entrare in
discorsi strettamente di fede cristiana, credo che ogni persona portatrice
di un disagio esistenziale di qualsiasi natura (compresa quella sessuale)
abbia il diritto di chiedere a uno psicoterapeuta di sua fiducia un trattamento adeguato per trovare sollievo nella sua quotidiana esistenza.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
Credo altresì che nessuna società veramente aperta ai diritti dell’uomo
debba coercitivamente intervenire per sanzionare il medico che cerca di
aiutare chi si trova nel bisogno.
Giovanni Martinetti, Ghemme (No)
Caro direttore,
ho letto con sgomento la pesante missiva del signor Puglia e condivido
il vostro giudizio in merito. Come stona il titolo di “dottore” (che da
sempre nell’immaginario collettivo evoca sapienza e saggezza...) con
quelle parole che trasudano di arroganza ! Un’arroganza che sembra
palesarsi soprattutto nel momento in cui si da per assodato che (cito)
«L’omosessualità non è un “disturbo dell’identità sessuale” (semmai lo
è il transessualismo), ma uno dei due possibili orientamenti sessuali che
può caratterizzare la persona». Ma è proprio così sicuro quel signore
che per la comunità scientifica sia così evidente che l’omosessualità stia
sullo stesso piano del rapporto uomo donna? Ovviamente senza giudicare chi vive una situazione piuttosto che l’altra. Non sono un medico, ma
quello che sembra decisamente evidente è che l’omosessualità spesso
rappresenta un problema per chi la vive ed è raro accorgersi che ci sia
qualcuno che prenda seriamente a cuore il cammino di queste persone:
non lo fa certo chi le strumentalizza in modo ideologico. Certamente
la Chiesa, anche se non lo si dice mai (e pure il signor Puglia sembra
ignorarlo), è in prima linea nel seguire queste delicate vicende, sia da
un punto di vista umano, sia sul piano spirituale. Perché, come lei ha
ribadito, caro direttore, prima di tutto sono persone. Luca
Cattaneo, Varese
Caro direttore,
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
ho letto la lettera del dottor Puglia e la pacata e puntale risposta che
tu e il bravissimo Luciano Moia avete dato. Mi sembra banale, ma anche doveroso, dirvi che avete tutta la mia solidarietà. Sono totalmente
d’accordo con voi nel merito e nel metodo, e penso che la difesa della
responsabile libertà di parola davvero non riguardi solo “Charlie Hebdo”, ma stia diventando un vero e proprio scoglio anche in questo nostro
mondo occidentale. Viene messa in discussione la libertà di esprimersi
di chi dimostra di non voler sottostare al pensiero unico, che si vuole
far passare come dominante e illuminato, ma che proprio per questo
tenta di cancellare e di delegittimare chi non lo condivide – a ragione
o a torto, non è qui il punto – e chiede solo di poter dire ciò che pensa.
Liberamente, con rispetto, nel dialogo e nell’ascolto, ma anche con il diritto dovere di affermare con chiarezza i propri valori e le proprie scelte.
Come Avvenire fa sempre e da sempre. Coraggio, quindi.
E un grazie per il lavoro personale di Moia e di tutto il giornale.
Francesco Belletti
Presidente del Forum delle Associazioni familiari
Grazie per queste vostre lettere, care amiche e cari amici. Sono indirizzate a noi, ma nella sostanza sono rivolte anche e soprattutto allo psicoterapeuta professor Zucconi, al quale confermiamo così, ancora una volta,
stima e solidarietà. Sono ricche di contenuto, e perciò capaci da sole di
suscitare diverse pertinenti riflessioni. Mi colpiscono, tuttavia, la richiesta di due lettrici di non firmare per esteso la loro rispettiva lettera. Trovo assolutamente logico il desiderio di riservatezza della signora Anna,
alla quale va un grazie speciale per aver condiviso con noi, con sobria
efficacia, la sua dura vicenda. Considero, invece, un ulteriore campanello d’allarme la ritrosia della signora Patrizia, una persona coraggiosa e
attenta che chiede vera trasparenza in processi che così trasparenti non
considera. In realtà, vorrei ricordare che in quella storia tutto è chiaro:
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
l’Ordine degli psicologi lombardi è piuttosto trasparente visto che attraverso il sito internet rende possibile reperire molte informazioni e dato
che l’identità del «denunciante», come abbiamo scritto, è nota (si tratta
di uno psicologo napoletano). Eppure il problema posto dagli eccessi di
prudenza (che, sia chiaro, comprendo) sono un serio campanello d’allarme e confermano ciò che è stato ben colto da tanti nostri lettori. Si
punta a instaurare all’insegna di peregrine accuse di «omofobia» e di un
battage vittimistico-aggressivo «filo gender» un clima intimidatorio e
liberticida, si vorrebbero impedire parola e attività a chi non si allinea al
pensiero dominante o presunto tale. Ovviamente noi di Avvenire non ci
rassegniamo a questa dieta di «polpette avvelenate», per usare l’immagine a cui ha fatto ricorso ieri il segretario generale della Cei, il vescovo
Nunzio Galantino. E neppure siamo disponibili a condirle con invettive:
lo faccia chi vuole, e si guardi allo specchio se vuole la rissa. Del resto,
è noto un po’ a tutti che con pacifica determinazione continueremo a
resistere a quella che papa Francesco ha definito una vera e propria «colonizzazione culturale». E, grazie a Dio e a voi tutti, sappiamo di non
essere i soli. Chiudo con un altro grazie speciale: a Francesco Belletti,
presidente del Forum delle Associazioni familiari, deciso come noi a
coniugare chiarezza e dialogo, allergia alle confusioni e totale rispetto
per le persone.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
LE INTERVISTE
LE INTERVISTE
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
«LASCIATE IN PACE I BAMBINI
IL GENDER
È IDEOLOGIA VIOLENTA»
Il filosofo Stefano Zecchi: occorre reagire, là dove è possibile bisogna
creare argini di confronto pacifico
Lucia Bellaspiga 28 marzo 2014
«LASCIATE IN PACE I BAMBINI, IL GENDER È IDEOLOGIA VIOLENTA»
S
i dice «d’accordissimo» che l’educazione comprenda anche il tema
dell’omosessualità e che nessuna discriminazione sia accettabile, soprattutto a scuola, «ma il trasformare questa convinzione in una battaglia
politica è mistificatorio è violento nei confronti dei bambini. Occorre reagire, là dove è possibile bisogna creare argini di confronto pacifico». Tra
i genitori sconcertati dalle linee guida dell’Unar (i tre ormai famigerati
volumi dedicati alle scuole elementari, medie e superiori, poi ritirati dal
web) e dall’ideologia del gender imposta come indottrinamento fin dalla
tenera età, c’è Stefano Zecchi, ordinario di Filosofia alla Statale di Milano e scrittore, ma anche padre di un bimbo di 10 anni.
Fiabe gay alle materne, problemini di aritmetica con personaggi
omosessuali alle elementari, narrativa e film transgender alle superiori, la parole padre e madre cancellate dai moduli... Come si arriva
a questo? A chi giova?
Ci sono due livelli di ragionamento. Il primo è culturale filosofico, il secondo più pedagogico. Oggi in politica c’è una forte difficoltà a dare un
senso culturale alle proprie differenziazioni, così il laicismo proprio della
sinistra ha trasportato il suo armamentario ideologico nel tema dell’abolizione dei generi. Dire che i generi non sono più maschio e femmina
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
ma addirittura 56 tipi diversi diventa la battaglia per un’identità politica. Come prima credevano sinceramente che il comunismo salvasse il
genere umano e si riconoscevano nella moralità ineccepibile, così oggi
sostengono che il gender salva dall’abbrutimento. Ma così la politica
diventa biologismo, selezione della specie, darwinismo deteriore. Basta
leggere i loro testi.
E sul piano pedagogico? La scuola è particolarmente nel mirino di
queste folli ideologie.
È giusto che l’educazione comprenda anche l’omosessualità e soprattutto il rispetto delle differenze, ma senza portare il tema sotto le bandiere
mistificatorie che vedo oggi. Una cosa è il dato biologico, altro è la
sovrastruttura culturale: un giorno arriveremo a difendere il pedofilo, in
fondo è un uomo che persegue una sua preferenza sessuale, e addirittura
l’incesto... La libertà di educazione per i propri figli è un principio costituzionale. Eppure oggi è minato da una “educazione di Stato” che gli
ideologi del gender vorrebbero imporre.
È chiaro che più si sa e meglio è, è persino banale dirlo, ma chi deve
sapere?
I docenti. Devono essere formati bene per prevenire ogni forma di bullismo, che crea vere tragedie personali, e fare mediazione tra le sensibilità
della classe. Ma lasciate in pace i bambini: su di loro si sta esercitando
un’ideologia violenta che non dovrebbe nemmeno lambirli. D’altra parte
è tipico dei regimi, che come prima cosa si appropriano delle scuole: questo sta diventando un regime e infatti tutti hanno paura di reagire, anche
solo dire che il padre è un uomo e la madre una donna è diventato un atto
di “coraggio”. Siamo al grottesco.
Eppure alcune scuole si adeguano subito: via le fiabe perché il principe ama la principessa, via anche la festa del papà (chissà perché
della mamma no)...
È il frutto di una demolizione della figura del padre che arriva da lonta-
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
no, dagli anni ‘70, quando si è cominciato a distruggere la famiglia dal
“capo”. Sfasciata la famiglia è chiaro che dopo puoi sfasciare anche i due
diversi ruoli di padre e madre, e che oggi sia a pezzi lo dice la facilità con
cui si sciolgono i matrimoni: quando si accetta una visione così “allegra”
di famiglia, aperta, senza legami, tutto diventa possibile. Annientare la
madre è più difficile perché è la figura biologica, anche se affitti un utero
è ancora femminile, finché almeno la tecnologia non riuscirà in cose mostruose, e allora saremo di nuovo al nazismo. Ma io non credo si arriverà
a tanto.
Lei è ottimista? La storia insegna che nei regimi si cade senza avvedersene.
Ormai la nostra società ha consolidato un forte individualismo, la teoria
del gender non diventerà un fenomeno di massa, lascerà il tempo che
trova: io non sono terrorizzato, sono disgustato, che è diverso. Tuttavia
bisogna avere delle attenzioni, attrezzarsi perché i nostri figli possano
crescere in una dimensione -– religiosa o laica che sia -– di libertà. Mia
madre era maestra e per una vita ha insegnato nella scuola statale, io ho
studiato e insegnato sempre nello Stato, lo stesso fa mia moglie... ma mio
figlio studia in una scuola paritaria: lì ho la garanzia che cresca libero
dall’arroganza degli “inappuntabili moralmente”. Lo ripeto, non voglio
crociate, dobbiamo creare argini di confronto pacifico e informare i docenti, ma non fare violenza sui piccoli. Chi ha autorità morale -–oltre alla
Chiesa anche la politica -–si faccia sentire, la buona sinistra parli, dica la
sua, ne abbiamo bisogno.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
«LOBBY GAY MANOVRATE
DA POLITICA E FINANZA»
di Luciano Moia
“Noi genitori & figli” febbraio 2015
«LOBBY GAY MANOVRATE DA POLITICA E FINANZA»
E
cco a chi conviene lo stravolgimento antropologico in atto. Destrutturare i fondamenti della sessualità umana, annullare il maschile e
il femminile per introdurre l’irrealtà di un godimento usa e getta, senza
radici, senza legami e senza etica, risponde a una precisa idea di consumo
mascherato da progetto ideologico. Lo spiega il professor Mario Binasco,
psicanalista e docente all’Istituto “Giovanni Paolo II” di Roma.
Gender, se lo conosci lo eviti. O almeno ci provi. Ma per addentrarci con
un minimo di profondità in un arcipelago culturale tanto insidioso, è necessario chiarire, almeno sinteticamente, le origini e le caratteristiche di
questa teoria. E tentare di comprendere come la struttura sociale, il modo
di pensare, il mercato, la nostra stessa realtà politica sembri strutturata
per favorire l’espansione di un’idea tanto pericolosa e devastante. Perché, pretendendo di decomporre la famiglia dal suo interno, spostando
i fondamenti antropologici dal piano della natura a quelli dell’arbitrio
culturale, rischia di minare la nostra stessa idea di civiltà. Conoscere i
rischi del gender significa anche dotarsi delle armi culturali per dire no
all’avanzata di questo gravissimo pericolo nella scuola e nell’università. Un’invasione già in atto, purtroppo, di cui prendere consapevolezza.
Perché se il gender diventerà – come purtroppo sta diventando – prassi educativa e quindi comune modo di pensare, allora il rischio di una
destabilizzazione globale dei nostri valori, della nostra cultura dei riferimento, del nostro immaginario collettivo sarà drammaticamente pre-
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
sente. Infatti, come diceva Marx, ogni ideologia serve a non vedere e
a far tacere qualche aspetto della realtà umana: e quindi a far tacere e
a sopprimere quelli che dicono che questa realtà esiste. Se non siamo
all’utopia del male assoluto, poco di manca. Per questa operazione-verità
abbiamo chiesto aiuto al professor Mario Binasco, psicanalista, docente
di patologie familiari al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su
matrimonio e famiglia, presso l’Università Lateranense di Roma, da anni
studioso del gender a livello internazionale
Quali sono le origini storiche-culturali del gender?
Queste teorie non sono un sapere nuovo sulla sessualità umana. Come
dice la parola stessa, la gender theory è una teoria o un insieme di teorie.
Di una teoria bisognerebbe sempre chiedersi sia di che cosa è la teoria,
sia di chi è questa teoria. Nel caso di teorie scientifiche, la seconda domanda passa in secondo piano: una teoria scientifica deve spiegare certi
fenomeni di un ambito di realtà, deve produrre un sapere da verificare,
ma autosufficiente, e chi sia la persona o le persone che la sostengono o
che la formulano, e quali siano i loro moventi è del tutto secondario ed
estrinseco alla teoria, al sapere stesso. Una legge fisica è quello che è
indipendentemente da chi la formula. Non è così quando si tratta di una
teoria politica, specialmente del tipo che si è affermato a partire dalla
rivoluzione francese e dalle elaborazioni degli idéologues, e che è si è
imposto come modello canonico di azione politica nei secoli successivi
fino ad oggi; in questo caso la teoria non vuole descrivere o spiegare una
realtà, ma è uno strumento di chi vuole realizzare la teoria stessa, tramite
l’azione politica, e fare accadere le condizioni sociali di cui questa parla: marxisticamente si diceva «inverare la teoria». Infatti il modello di
questo genere di teorie dell’azione politica ha trovato il suo paradigma
nel discorso marxista rivoluzionario, secondo la famosa frase di Marx:
«Finora i filosofi hanno interpretato il mondo, si tratta invece di trasformarlo»; ed è questa logica di origine marxiana che caratterizza tutti i
movimenti politico ideologici militanti fino a quelli attuali, passando per
i movimenti del ’68. E per l’ideologia è più importante negare e distrugFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
gere, che costruire.
Quindi i sostenitori della teoria del gender pretendono di “trasformare il mondo” a partire da un’idea che non ha alcun rapporto con
la realtà? Più che una teoria un’ideologia?
Certo: almeno anni fa i marxisti distinguevano tra sovrastrutture ideologiche e struttura reale: oggi invece questa distinzione tra struttura e sovrastruttura sembra completamente cancellata, specialmente nei discorsi
sul gender – ed è questo che a mio parere li confina nel recinto dell’ideologia. Ne risulta che la polemica contro la “natura” umana sia di fatto
una polemica contro l’esistenza di una struttura umana, e dunque una
lotta antiscientifica contro il reale. Trattandosi di una teoria sulla realtà
umana (la storia e l’economia, per Marx; la sessualità per il gender), il
suo oggetto coincide almeno in parte con l’esperienza delle persone che
la sostengono, e il chi è che la sostiene non è solo qualcuno convinto
della sua verità, ma qualcuno che contemporaneamente si fa oggetto e
parte della realtà militante che la teoria descrive, ed al quale la teoria
dà un metodo di azione. Questo metodo, di impronta marxiana e leninista, consiste anzitutto nell’individuare un gruppo, una classe che si possa
considerare oppressa o alienata per qualche aspetto; poi nel fare crescere
la “coscienza di classe” della sua oppressione o alienazione, in modo
da mobilitarla nell’azione politica rivoluzionaria per sovvertire l’ordine
sociale esistente. Un metodo che dal ’68 in poi è diventato quello fisso di
ogni agitazione.
L’obiettivo delle lobby gay è quello di creare una “coscienza di classe” non di aiutare le persone omosessuali?
Per voler aiutare la persona bisognerebbe pensare che la persona esiste realmente e indipendentemente dal tuo progetto politico di dominio.
Quella del gender è solo l’ultima forma assunta da questa prospettiva
ideologica, che porta avanti discorsi iniziati nel ’68. Ai tempi del ’68 –
movimento politico supportato da fattori meno economici che identitari,
coscienza di classe legata ad una condizione, quella giovanile, e all’idea
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
di repressione, a un certo momento si usava la distinzione tra “personale” e “politico”: due “campi” che erano però strettamente uniti, perché
nell’azione politica di movimento le persone cercavano anche di provare
nuovi modi di vivere insieme agli altri le dimensioni della vita personale
relazioni di gruppo, di amicizia, amorose, sessuali. Senza approfondire
troppo criticamente questa distinzione, possiamo riprenderla per orientarci nel fenomeno del gender.
Nell’arcipelago gender pesa di più l’impegno “politico” o quello che
pretende di presentare una nuova visione del mondo?
Possiamo distinguere due versanti nell’insieme del fenomeno gender: un
livello o versante politico, dove il gender funziona come ideologia politica che supporta azioni rivendicative, di infiltrazione sociale, mediatica
e amministrativa: è il versante della “lotta”, delle manifestazioni, degli
attacchi, della “presenza” sociale, del coming out, ecc. E poi c’è un versante di elaborazione “teorica”, di elaborazione dei discorsi sulla sessualità umana, che entrano nel merito delle esperienze soggettive delle
“minoranze sessuali”, delle “narrazioni” che dicono il loro modo di fare
esperienza dell’essere sessuati, anche se queste esperienze non sono mai
considerate separatamente dal rapporto dei soggetti che le fanno con la
norma eterosessuale che “domina” almeno secondo loro, nella società:
anche quando ci sono autori che sostengono la “pacifica” “normalità”
dell’omosessualità come variante della sessualità umana, il discorso su di
essa, su come si sviluppa, si evolve, ecc. è sempre svolto in riferimento
alla condizione politica di minoranza esclusa e non legittima.
Perché le lobby gay sono così sollecite ad accusare di omofobia chi
mostra di dissentire dalle loro tesi?
Tutti i fattori di tensione, di discordanza nel vissuto personale, di divisione soggettiva, sono considerati solo come effetti del mancato riconoscimento sociale che sta all’origine, e mai come legati alla struttura della
persona. Per questo il termine di omofobia è così importante, chiave, per
il movimento gay: perché è l’assioma principale. Ad esso è sospeso, apFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
peso tutto il discorso; l’omofobia funge da chiave che tiene insieme i due
versanti, quello “personale” e quello “politico”, perché questa “fobia”
da parte degli “altri”, assimilata a una forma di razzismo viene considerata sia come un habitus patologico in senso psicologico ma soprattutto
sociale e politico. Questa “nozione” è talmente importante che anche se
la cosiddetta omofobia non esistesse come fenomeno reale, la “cultura
gay” dovrebbe inventarla per far tenere il suo discorso: infatti si vede
che gli unici autorizzati a parlarne in termini “scientifici” sono gli appartenenti alla cultura gay, mentre se qualcuno di non appartenente anche
solo tenta di metterci lingua e pensiero si scatenano le reazioni linciatorie: come qualche decennio fa i gruppi femministi non ammettevano che
degli uomini parlassero dei temi femminili, da un lato negando la loro
competenza in quanto non situati nell’esperienza femminile, e dall’altro
lato rifiutandoli come esponenti della classe avversa, maschilista e patriarcale: incompetenza personale e inimicizia politica, tanto per riusare
queste due categorie.
Eppure l’omofobia è la parola chiave anche di provvedimenti legislativi che rischiano di essere più repressivi di ciò che dicono di voler
reprimere…
Sarebbero tanti gli esempi di leggi penali contro l’omofobia proposte o
approvate in vari Paesi: in Italia questa proposta di legge (quella firmata
da Scalfarotto ndr) è fatta esplicitamente per criminalizzare affermazioni,
pensieri, posizioni culturali che la minoranza “protetta” possa sentire, a
suo esclusivo giudizio, come offensive. Chiediamoci: la non discriminazione viene chiesta per sciogliere la comunità dei discriminati LGBT nel
più vasto insieme ora risanato della società? oppure per permettere alla
comunità degli ex-discriminati di passare dall’altra parte e costituire un
gruppo di potere che criminalizza chiunque? È un bel problema logico:
se l’essere discriminati è la ragione sociale di partenza che tiene insieme
il gruppo, un fattore identitario a cui si tiene, non manterrà sempre necessariamente una logica razzista che rilancerà la criminalizzazione degli
altri?
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
Quali sono i rischi educativi del gender?
Quando si parla di gender sono sconcertanti i discorsi sull’“educazione”
propugnati dai sostenitori dei movimenti LGBT: l’educazione sempre,
necessariamente, è esistita per attrezzare il soggetto ad affrontare l’incontro/scontro col reale, rendendo cosciente il soggetto di un criterio col
quale può guidarsi, fosse pure, questo criterio, il piacere, come era per gli
edonisti e gli epicurei antichi. Ma se propongo – e impongo – al soggetto
il criterio del godimento comunque a portata di mano, che non hai quasi
neanche bisogno di desiderare, per il quale il reale deve essere – e quindi è – friendly per definizione, è evidente che rendo inutile e insensata
qualunque idea di “educazione”. O meglio, in fondo trasformo l’educazione che dovrebbe attrezzare il soggetto ad affrontare l’impossibile
dell’esistenza, in una predicazione per dis-armare, dis-orientare e inibire
il soggetto davanti al reale, anche al reale di se stesso, che poi è quello
più difficile perché è impossibile sfuggirgli.
Come mai le idee propugnate dal gender trovano tanta accoglienza?
La proposta del gender prospera nella nostra società proprio perché le
corrisponde e la asseconda: se non si vivesse questo esproprio dell’esperienza e questo distacco dal reale su scala sociale, molto difficilmente
passerebbe un’ideologia che afferma che la realtà sessuale è solo produzione della “cultura”, e quindi si riduce a convenzione, gioco di società,
parvenza, che non ha legami e radici reali col soggetto, che si può “disfare” senza toccare profondamente il rapporto del soggetto col reale.
Ma non è pericoloso pretendere di proporre un’idea esistenziale
sganciata dalla realtà?
Di fatto l’ideologia del gender consiste nel proporre di vivere come se
il sesso fosse solo il prodotto di convenzioni culturali: convenzioni anche violente, rudemente concrete, ma convenzioni in fondo “verbali” e
“simboliche”, che riguardano immagini ideali o maschere. Se questa ideologia si diffonde e penetra, deve essere anche perché qualcuno la trova
verosimile e sente in qualche modo interpretata almeno una parte della
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
propria esperienza; e per non sentire smentita dalla realtà questa esperienza, per sentirla corrispondente alla realtà, bisogna che questo “come
se” sia sostenuto da discorsi sociali, perché nessuna esperienza, tanto
più se “come se”, può sussistere da sola senza conferme sociali: ruolo
che oggi è sempre più svolto dal sistema dei media, quella che mi piace
chiamare ipnosfera. Proporre di vivere come se il proprio fantasma fosse
solo una fiction culturale, incoraggiando a variarlo, non è fare un buon
servizio alla gente: non sostenere le persone nel prendersi cura dei rapporti di dipendenza dal reale che esse hanno è come lasciarle nell’illusione che possono segare il ramo su cui stanno sedute indifferentemente da
entrambi i lati.
Ci sono anche segmenti dell’economia che guardano con favore a
queste teorie?
La teoria gender e la prassi politica che la supporta è in realtà la teoria e
la costruzione del perfetto consumatore adeguata al mercato bio-politico
della pulsione e del godimento (che esclude la soddisfazione del soggetto), adeguata al mercato pervasivo dell’erotismo scomposto nei suoi
fattori o nella molteplicità delle figure che possono catturare o suscitare
il desiderio: sicché ogni tanto viene da pensare che dietro la montata di
questa costruzione del consumatore erotico potrebbe esserci la strategia
di qualche grande azienda pubblicitaria e di marketing. Se non fosse,
però, che l’affermazione di questa costruzione non avviene solo per un
moto gioiosamente spontaneo dei desideri incoraggiati da una pubblicità,
ma anche per l’organizzazione ferrea e militante – per non dire “militare” – di un potere capace di imporsi a livello mondiale: anche se questo
potere a volte assomiglia più alla rete di un’infezione epidemica, che ad
un “Grande fratello”.
In questa chiave il gender non rischia di trasformarsi in una sorta di
dipendenza psicologica?
Il modello più espressivo di tutto ciò è proprio quello della droga: un
“qualcosa” (immaginata come una sostanza) che realizza e condensa in
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
sé un modo di godimento, la cui conseguenza – ma anche la cui funzione – è quella di isolare il soggetto da un reale di rapporti insopportabili
addormentando o anestetizzando le sue angosce. Il discorso capitalistico
è stato assunto come forma attuale del Super-Io: e il Super-Io, come ha
osservato Lacan, oggi non è più il Super-Io vittoriano, che inibiva e proibiva il godimento nel nome (usurpato) del bene comune: oggi il Super-Io
vieta e inibisce la proibizione, e dunque istiga e spinge al godimento,
che è posto come il nuovo “bene comune” secondo il più puro ideale
capitalistico. Ora, una caratteristica certa del Super-Io, da Freud in poi,
è che col Super-Io non si discute né si negozia, è appunto un imperativo
che comanda l’impossibile, comanda una contraddizione. Il godimento
fatto oggetto contemporaneamente di aspirazione e di comando imperativo forse spiega anche il mix di illusione “buonista” e di prepotenza
intollerante e sorda ad ogni ragione, tenuti insieme in una perfetta “buona
coscienza”, che si incontra spesso in chi sostiene il gender.
A questi sostenitori del gender dunque, che cosa rimprovera di più?
Ci sarebbero tanti aspetti da criticare. Anche molto gravi e preoccupanti. Ma voglio limitarmi a un’angolatura solo apparentemente marginale.
Non rimprovero le intenzioni soggettive di nessuno, perché non le conosco: ma è certo che di fatto la “macchina ideologica” del gender assassina
l’umorismo e al suo posto installa una forma di paranoia collettiva: le
rimprovero di bandire ed impedire il sense of humour e la leggerezza
che sono necessari per avere rapporti umani e sociali vivibili e civili.
Personalmente, sono uno che resiste difficilmente alla tentazione di fare
una battuta e, quando penso alla “vita buona” di cui parla, tra gli altri,
l’arcivescovo di Milano, credo che questa è impossibile senza rapporti
in cui l’umorismo sia il veicolo della verità che ci sorprende ridendo, e
che richiede alla base un’intesa umana per essere detta e comunicarsi.
Ma oggi siamo in un tempo in cui è un giudice penale a decidere se tu hai
pronunciato un motto di spirito o un insulto illecito. Il rimprovero è di
uccidere il motto di spirito. E non lo dice anche il Vangelo che il peccato
contro lo spirito è imperdonabile?
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
«SCONVOLGERE L’IDENTITÀ
SESSUALE
È PREMESSA PER IDEOLOGIE
TOTALITARIE»
Lo psicanalista Anatrella: le pulsioni non possono diventare legge
Luciano Moia
28 febbraio 2015
«SCONVOLGERE L’IDENTITÀ SESSUALE È PREMESSA PER IDEOLOGIE
TOTALITARIE»
«U
na deriva culturale, sostenuta da una lobby intellettuale e politica potentissima, che rischia di minare alle radici le basi stesse
della civiltà occidentale. Opporsi e reagire dovrebbe essere compito di
tutte le persone di buona volontà». Lo sostiene monsignor Tony Anatrella, sacerdote e psicanalista francese, tra i massimi studiosi mondiali del
“rischio gender”, autore di numerosi saggi sul tema. Ieri sera, al Centro
culturale di Milano, ne ha presentati due, gli ultimi tradotti in italiano,
“La teoria del gender e l’origine dell’omosessualità” e Il regno di Narciso”, entrambi pubblicati dalla San Paolo.
Più volte lei ha sostenuto che all’origine del “gender” c’è una grande
bugia: pretendere cioè che l’identità sessuale si possa cambiare a piacimento, secondo una prospettiva immaginaria che non tiene conto
del dato biologico. Perché è pericoloso incoraggiare questa convinzione?
Perché si rischia di creare le condizioni per un’immaturità diffusa della
società. E se la società si “infantilizza”, va incontro ad un inevitabile ar-
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
retramento e si disgrega. Quindi la convivenza sociale diventerebbe più
difficile per tutti. Ci si illude di costruire libertà e invece si apre la strada
al totalitarismo.
Un quadro a tinte fosche. Il “gender” potrebbe davvero innescare
questo imbarbarimento collettivo?
Senz’altro. Perché se noi pretendiamo di costruire la società sulla base
delle pulsioni più elementari, senza tenere conto della differenza sessuale
maschile-femminile, noi costruiamo un’ideologia completamente sganciata dalla realtà. E i danni causati dalle ideologie nella storia dell’uomo
sono ben noti.
Lei ha spiegato che questo pensiero perverso, sorto nei Paesi occidentali, sta contaminando anche l’Asia e l’Africa. Ma quali sono concretamente i problemi che potrebbero derivare dalla diffusione di
queste teorie?
Il “gender” è l’arma più efficace per destabilizzare le famiglie perché,
sulla base di un falso egualitarismo, frutto di un femminismo malinteso,
pretendere di escludere l’uomo da qualsiasi decisione in merito alla maternità. Il “gender” è il preludio per far passare autentici attentati sociali,
come la cosiddetta “pianificazione familiare”, cioè la cultura dell’aborto
come mezzo di controllo delle nascite, imposta con la forza economica
dei grandi organismi internazionali.
Eppure le teorie del “gender” sono riuscite a fare breccia nelle legislazioni di numerosi Stati occidentali. È davvero così potente la lobby
culturale che le sostiene?
Potentissima. Il concetto di “gender” nasce negli anni Cinquanta, negli
Stati Uniti, sulla scia dei movimenti femministi e delle organizzazioni
omosessuali. Ma è a partire dagli anni Settanta, nel clima di libertarismo
che pretendeva di annullare ogni differenza in nome di una società più
giusta e con diritti uguali per tutti, che si espande, diventa arma politica,
arriva ad influire sulle legislazioni nazionali. E da spinta verso nuove
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
libertà diventa strumento oppressivo. Perché quando si arriva a cancellare dal codice civile i nomi di “padre” e di “madre”, come successo per
esempio in Spagna o in Canada, si calpesta la realtà e si compie una grave
ingiustizia. Tanto più intollerabile perché arriva direttamente dallo Stato.
Nella sua attività di psicoterapeuta lei ha incontrato tanti ragazzi
vissuti con genitori omosessuali. Ha riscontrato particolari fragilità
in questi giovani?
Purtroppo sì. Il dato è inconfutabile, al di là delle statistiche di parte.
I ragazzi che hanno avuto come modello genitoriale due persone dello
stesso sesso rischiano di crescere con un’identità confusa e presentano
un diffuso disagio psicologico. È come se la loro psiche fosse di fronte
a un’antinomia difficilmente componibile. E la mia non è una posizione ideologica. L’ho costruita sulla base dell’osservazione diretta, in tanti
anni di consulenza psicanalitica.
Per chi si trova disagio con il proprio orientamento sessuale è immaginabile pensare a interventi di accompagnamento terapeutico?
La premessa doverosa è che nessuno pretende di infliggere terapie a chi
non lo desidera. Ora, se una persona si sente a disagio nel proprio orientamento e, liberamente, chiede di essere aiutato, l’accompagnamento psicanalitico può risultare molto utile. Nella mia esperienza quarantennale ho
seguito decine di casi. Non si può generalizzare. Esistono diverse forme
di omosessualità e ogni individuo presenta situazioni e storie specifiche.
Che tipo di accoglienza pastorale si può immaginare per una persona
omosessuale che vive in modo non conflittuale il suo orientamento?
È dovere della Chiesa accompagnare tutte le persone alla scoperta della
Parola di Dio. Certo, la pastorale indirizzata alle persone omosessuali, è
particolarmente difficile e impegnativa. Richiede preti esperti, accoglienti, con alle spalle studi specifici. Amore e verità vanno coniugati senza
semplificazioni. Misericordia non può vuol dire giustificare abitudini
sessuali in contrasto con la dottrina morale della Chiesa.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
MASCHILE E FEMMINILE
LE RADICI DELLA SOCIETÀ
«La grandezza dell’essere umano consiste nel riconoscere le differenze
per farne un’occasione di incontro e di rispetto. Se si nasconde la differenza tra i sessi, non si potrà più combattere contro le violenze fisiche
o psicologiche subite dalle donne che rimangono una terribile realtà in
tutti i Paesi e tutte le classi sociali». Lo sostiene monsignor Philippe
Bordeyne, rettore dell’Istituto Cattolico di Parigi
Luciano Moia
MASCHILE E FEMMINILE LE RADICI DELLA SOCIETÀ
Quali rischi culturali, ma anche sociali e politici, sono prevedibili per
la nostra società se si perde il valore della differenza sessuale?
Il paradosso dell’epoca attuale è che, da un lato, ciascuno rivendica la
propria differenza, talvolta per reclamare diritti specifici, e, d’altra parte,
le differenze strutturali dell’umanità tendono ad essere trascurate. Eppure
queste differenze costituiscono la base su cui poggiano i doveri di base.
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo afferma che gli esseri
umani sono uguali in dignità, anche se sono diversi per sesso, età, nazionalità, condizione fisica, risorse economiche. Pertanto, queste differenze
sono oggetto di obblighi morali a carattere universale. I bambini devono essere nutriti, educati, protetti; essi non possono essere selezionati
come partner sessuali da parte degli adulti. Gli stranieri hanno diritto al
rispetto, ancora di più se sono immigrati o rifugiati politici. Abbiamo il
dovere di assistere i malati e gli anziani, e coloro che soffrono la fame e
la povertà. Tutti questi elementi sono il cuore della dottrina sociale della
Chiesa. In un tempo che minimizza la differenza tra i sessi, è particolarmente importante ricordare che è questa la differenza per eccellenza,
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
quella che segna il nostro corpo, ma anche l’intero patrimonio biologico
ed affettivo. Questa differenza ci ricorda che la grandezza dell’essere
umano consiste nel riconoscere le differenze per farne un’occasione di
incontro e di rispetto, in modo tale che non siano occasione di disprezzo
e di esclusione. Se si nasconde la differenza tra i sessi, non si potrà più
combattere contro le violenze fisiche o psicologiche subite dalle donne
che rimangono, ahimè, una terribile realtà in tutti i Paesi e tutte le classi
sociali.
Perché soltanto in famiglia esistono le condizioni più opportune per
educare alla differenza sessuale?
Non dimentichiamo che la differenza sessuale fa paura. C’è la paura
dell’incontro con l’altro, ma anche la paura di ciò che ci manca: l’umanità è divisa in due sessi, e io non ne possiedo che uno, in modo tale che
nessuno può comprendere da solo la totalità dell’umano. Ciò che ci salva
dalla paura della differenza sessuale, è l’amore. Solo l’amore, che viene
da Dio e conduce a Dio, ci rimette nella prospettiva del disegno creatore: la differenza sessuale è buona, ed è in questa differenza che l’essere
umano è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. In famiglia si
scoprono le differenze sessuali come un tesoro destinato all’amore e alla
gioia di una comunanza di vita, senza che si cancellino le mancanze
iscritte all’interno dell’essere umano. Tu mi manchi così tanto che se
non ci fossi, non sarei davvero me stesso. Crescendo con i loro genitori,
i bambini vengono introdotti al mistero di quell’amore che sceglie l’altro
con un atto di responsabilità e una promessa di fedeltà fino alla morte.
Ma essi stessi non hanno scelto né la madre né il padre, né i fratelli e le
sorelle. L’amore filiale e fraterno introduce a un altro aspetto della differenza sessuale: si tratta di un amore profondamente sessuato e carico di
significati affettivi, ma a quella giusta distanza che garantisce la proibizione dell’incesto. Allo stesso tempo, la vicinanza crea scontri, conflitti,
odio a volte. In famiglia impariamo il perdono, che è il volto di un amore
genuino ed autentico. Questo è il motivo per cui imparare il perdono tra
coniugi, tra genitori e figli, tra fratelli, è così importante. La differenza
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
sessuale è buona, anche se ferita dal peccato ed ha bisogno del perdono
reciproco per sviluppare il suo pieno potenziale.
Perché le teorie del gender puntano all’eliminazione della differenza
sessuale?
La teoria del gender è una deviazione che parte da un’osservazione corretta, che però ha il torto di assolutizzare. Ciò che è vero, è che la differenza sessuale si sviluppa nel tempo. Come dice la Genesi, l’uomo fu
creato maschio e femmina (Genesi 1, 27), ed è nell’incontro d’amore
che Adamo ed Eva diventano pienamente uomo e donna (Gen 2, 23). La
società partecipa allo sviluppo armonioso della differenza sessuale. Ecco
perché la legge naturale e la dottrina sociale della Chiesa sottolineano
l’importanza dell’educazione in generale, e dell’educazione affettiva e
sessuale in particolare. Prima dell’incontro d’amore, occorre garantire
le conoscenze fondamentali che permettono un rapporto sano con l’altro
sesso. Si tratta di un insieme di divieti e di obblighi, ma anche di atteggiamenti corporali e verbali che garantiscono il rispetto reciproco. I nostri
contemporanei si sono resi conto che la rappresentanza dei sessi è in parte modellata attraverso pratiche sociali su cui occorre interrogarsi, perché
alcune modalità non comportano il rispetto, ma il disprezzo. Ciò che è
sbagliato è concludere che la differenza sessuale è una mera costruzione
sociale, o che parlare di differenza tra i sessi porta già i germi dell’oppressione. O ancora che le unioni omosessuali sono equivalenti al matrimonio eterosessuale. In tal modo, la teoria di genere ignora il carattere
fondatore della differenza sessuale, che precede le società e le sottomette.
Come mai le idee annunciate dai sostenitori delle teorie del gender
trovano una così vasta accoglienza?
La teoria del genere è tanto più dannosa in quanto comporta una parte di
verità morale, e cioè che abbiamo il dovere di lottare contro i comportamenti sociali legati alla sessualità o contro i comportamenti marginali.
Ma è particolarmente insidiosa perché si basa sulla pari dignità di tutti gli
esseri umani per negare la relazione costitutiva tra le determinazioni bioFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
logiche della sessualità umana e le loro finalità interpersonali e sociali. In
tal modo, la teoria del genere semina la confusione. Da questo punto di
vista, l’atteggiamento di Gesù è esemplare: egli accoglie benevolmente i
peccatori, frequenta persone la cui vita affettiva o matrimoniale è disordinata, ed è coraggioso nello sfidare la riprovazione sociale condividendo
la loro tavola. Ciò non gli impedisce di chiamare queste persone alla
conversione. Difende anche il matrimonio in modo inequivocabile e ne
giustifica il carattere indissolubile con il disegno divino della creazione
dell’essere umano nella differenza sessuale. Il Vangelo ci insegna a seguire Gesù in questo duplice atteggiamento di misericordia e verità senza
compromessi.
Le teorie del gender sono riuscite a fare breccia nelle legislazioni di
numerosi Paesi, non solo in Europa. E’ davvero così potente la lobby
culturale che sostiene queste teorie?
Non bisognerebbe ignorare infatti il ruolo dei gruppi di pressione che
hanno acquisito un peso considerevole nella vita politica, con il rischio di
privare la democrazia e gli organismi internazionali dei fondamenti filosofici che hanno ispirato la loro nascita. Inoltre, nella società digitale, la
diffusione potente e istantanea di messaggi semplicistici non favorisce la
possibilità di fare un passo indietro rispetto a questioni sociali sempre più
complesse. Questi gruppi di pressione puntano sulla tendenza culturale
ad accentuare il carattere emozionale della compassione a svantaggio di
una riflessione sull’educazione alla giustizia. La sessione straordinaria
del Sinodo sulla famiglia giustamente parla di un “individualismo esasperato che distorce i legami familiari e che finisce per considerare ogni
membro della famiglia come un’isola, facendo prevalere, in alcuni casi,
l’idea di un soggetto costruito secondo i propri desideri elevati al rango
d’assoluto” (n ° 5). Il rischio allora è che le singole situazioni affettive
siano elevate a modelli generali, e questo porta alla confusione circa la
vocazione sociale della persona. Con forza e intuizione, il Concilio Vaticano II ricorda che l’essere umano è un “essere sociale” e impara particolarmente a vivere la “comunione delle persone” nel contatto con la
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
“società degli uomini e delle donne” ( Gaudium et Spes, 12).
Da numerosi vescovi, ma anche dal Sinodo sulla famiglia, sono arrivate indicazioni negative sul rischio rappresentato dalle teorie del
gender. Non crede che, accanto a queste critiche, sarebbe necessario
mettere in luce allo stesso tempo il positivo rappresentato dall’antropologia cristiana sulla sessualità?
Sì, è precisamente questo il cammino del Sinodo. Senza ignorare le difficoltà legate al contesto culturale, ma anche economico, la Relatio Synodi
adotta un atteggiamento decisamente positivo. Invece di lasciarsi affascinare dal contesto culturale, secondo un approccio che sarebbe potuto
sembrare troppo astratto, i Padri sinodali partono dalle famiglie concrete,
rivolgendo a queste famiglie uno sguardo di fede. Qualunque siano le
loro fragilità, la Chiesa crede che esse sono visitate da Cristo Salvatore
che viene loro incontro, in tutti i Paesi e in tutti i ceti sociali, con un amore speciale per i poveri. Questo significa che la “pedagogia divina”, cioè
della grazia di Dio, opera oggi nella vita degli individui e delle famiglie
per condurli sulla via di un amore sempre più autentico. In tal modo fissando lo sguardo su Gesù e sull’azione della grazia divina, la Chiesa fa
dell’antropologia cristiana una pedagogia autentica, senza accontentarsi
di un insegnamento semplicemente dottrinale. Credere nella creazione
è infatti credere che la relazione tra il Creatore e le sue creature, in virtù
dell’azione della grazia, è permanente. Allo stesso modo, la differenza
sessuale non è solo un fatto antropologico. È il luogo per eccellenza dove
il Creatore viene a “lavorare” la sua creatura, affinare il suo desiderio
di vita familiare e sociale, per chiamare ad una una vita più bella e più
responsabile.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
LA CRONACA
LA CRONACA
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
GENDER IN CLASSE:
MONDO CAPOVOLTO
Negli opuscoli diffusi nelle scuole dal Dipartimento pari opportunità,
proposte che disorientano e confondono
Lucia Bellaspiga
14 febbraio 2014
GENDER IN CLASSE: MONDO CAPOVOLTO
T
utta colpa delle fiabe. «A un bambino è chiaro da subito che, se è
maschio, dovrà innamorarsi di una principessa, se è femmina di
un principe. Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse».
Così si legge nell’introduzione al volume Educare alla diversità rivolto
ai bambini delle elementari. In effetti è vero: sono millenni che gli dei
si innamorano delle dee, che i cavalieri combattono per le donzelle, che
Cenerentola balla col principe e Biancaneve si risveglia al bacio di un
uomo... Siamo tutti cresciuti con queste certezze, e tutto sommato non
siamo venuti su male (o non per questo, comunque). Eppure a leggere
l’introduzione alle linee guida per “insegnanti rispettosi delle differenze”, nonché le schede di lavoro da svolgere con i bambini, tanta omofobia causa confusione mentale tra i piccoli. «Questi sono gli anni in cui i
bambini di solito cominciano a formarsi un’idea di se stessi e delle persone che li circondano», dunque occorre «incoraggiare la diversità»: spesso
i genitori e la scuola sono legati agli «stereotipi» della famiglia formata
da un padre uomo e una mamma donna e «come risultato molti bambini
trascorrono gli anni della scuola elementare senza accenni positivi alle
persone LGBT» (lesbiche, gay, bisessuali e transgender).
Ma c’è di peggio, avverte il testo: «Nella nostra società si dà per scontato
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che l’orientamento sessuale sia eterosessuale e la famiglia, la scuola, gli
amici si aspettano, incoraggiano e facilitano un orientamento eterosessuale»... Errori magari compiuti in buona fede, ma proprio per questo
ecco pronte le linee guida che rieducano prima gli insegnanti con una
serie di esercizi, per poi crescere i bambini nella consapevolezza che i
due generi maschio e femmina sono roba vecchia, così come il concetto
di famiglia (al singolare), di madre e padre e via andare.
E I DUE RE VISSERO FELICI E CONTENTI
Ecco allora le linee guida per i maestri: attraverso la letteratura, il cinema
o invitando ospiti gay o trans, dimostrare ai bambini che ci sono «uomini e donne, così come famiglie, diversi» da quello che viene liquidato
non come «stereotipo da pubblicità» (a questo è ridotta la famiglia!).
Al bando quindi tutta la letteratura per bambini, dalle fiabe a Pinocchio,
ma anche Bambi o gli Aristogatti (materiale chiaramente omofobo)? E
ancora: «Non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva
eteronormativa», cioè che sottintenda anche involontariamente «che l’eterosessualità sia l’orientamento normale»: insomma, vietato insinuare
ad esempio che il re torna a casa dalla regina: «Tale punto di vista può
tradursi infatti nell’assunzione che un bambino da grande si innamorerà
di una donna e la sposerà» (gravissimo periglio). Guai poi all’insegnante
che si aspetti che gli studenti di sesso maschile siano ad esempio più
interessati «alla Formula 1»: la parola d’ordine è appiaTtire le differenze, uniformare, negare l’evidenza, incoraggiare le femmine a tirare di
pallone e i maschi a parlare intanto «di cucina o di shopping». Il maestro
è invitato a combattere l’omofobia in modo interdisciplinare, anche nei
problemini di aritmetica: «Rosa e i suoi due papà comprano due lattine, se ogni lattina costa 2 euro quanto hanno speso?». Difficile credere
che tutto questo non sia uno scherzo. Incredibili poi le domande-tipo:
«Un pregiudizio diffuso nei paesi di natura fortemente religiosa è che
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il sesso vada fatto solo per avere bambini»... Poiché invece la cosa che
conta è il rispetto del partner coinvolto nell’atto sessuale (lo ricordiamo,
siamo elle elementari!) «potremmo ribaltare la domanda chiedendoci: i
rapporti sessuali eterosessuali sono naturali?». Gradatamente il mondo è
capovolto. Non è chiaro che fine potrebbero fare a questo punto l’Odissea, con Penelope instancabilmente donna, moglie e madre, o I Promessi
Sposi, biecamente tradizionali (con l’aggravante della fede, visto che il
testo colpisce spesso la religiosità come causa di atteggiamenti chiusi
e retrogradi). «Visione di film e documentari a tematica omosessuale»
completano il quadro, mentre «cartoncini, pastelli, matite colorate» non
servono più agli antichi lavoretti di un tempo (ricordate?) ma per cartelloni del tipo «che cosa fa una famiglia quando ci sono due mamme o
due papà?».Per obiettività occorre dire che i passaggi contro il bullismo
sono assolutamente condivisibili, ma non si capisce perché solo in tema
di omosessualità: e i bimbi presi di mira perché credenti? Derisi perché
vanno a Messa e fanno pure il chierichetto? O quelli disabili? Il ministero della Pari opportunità non pensa a delle Linee guida per loro? O non
siamo tutti uguali e con pari diritti?
ETERO CIOÈ NON NORMALE
Passando alle scuole medie e alle superiori, «coloro che durante questo
periodo di sviluppo si accorgono di essere gay, lesbiche o bisessuali» si
trovano a sostenere sfide «peculiari del loro orientamento», dunque i loro
insegnanti devono attrezzarsi perché non basta «essere gay-friendly», è
necessario «essere gay-informed». E su questo modulare l’insegnamento
scolastico. La metodica è sempre quella prevista per le elementari: non
proporre mai situazioni in cui si presume che un uomo ami una donna, due genitori siano maschio e femmina, il libro o il film presentino
come «normale» un rapporto etero anziché come «solo uno dei possibili
orientamenti sessuali». E se di nuovo sono ovvie e condivisibili tutte le
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raccomandazioni contro violenza e bullismo (e ci mancherebbe pure), il
resto è un groviglio di attività e concetti del tutto slegati dalla vita reale
e da quella scolastica. Gli autori dimenticano che qualsiasi problematica
di un alunno – etero o omosessuale che sia – da che mondo è mondo
richiede tutta l’esperienza e la capacità introspettiva del docente, mentre
qui sembra che esista esclusivamente la sensibilità del ragazzo omosessuale: gli altri possono tranquillamente crescere e maturare imparando
che i due sessi sono un’astrazione, così come la famiglia e tutto ciò che
ne consegue (i figli, il matrimonio), che tutto è relativo.Le attività con i
ragazzini delle medie (11-14 anni) vanno da “Famiglie in tv” (oggi c’è
solo l’imbarazzo della scelta, comunque «l’insegnante consiglia Giudice
Amy; Modern family; Tutto in famiglia... »); a “Il gioco delle associazioni di parole” («Cosa vi viene in mente quando dico le parole gay, lesbica,
bisessuale, trans?», chiede il prof); al “Gioco dei fatti e delle opinioni”:
«Uno studente può dire che due uomini che fanno l’amore sono disgustosi – queste le istruzioni –. A quel punto l’insegnante fa notare che
questa è un’opinione, un giudizio personale, derivata dal fatto che siamo
poco abituati a questo dal cinema e dalla televisione»: «È un fenomeno
che per noi non è stato reso normale», nulla più. Va da sé che «milioni
di bambini crescono con genitori omosessuali» e sono beatissimi, (se ne
desume che nozze gay e adozione di figli sarebbero sacrosanti): «L’impossibilità di sposarsi può avere un impatto sul benessere dei genitori e
conseguentemente dei figli», altrimenti felicissimi di avere due papà o
due mamme.Per le superiori il tutto si ripete pressoché identico, e questa
sì è un’astrazione, che non tiene conto di quanto un 12enne sia diverso
da un 18enne: stessi giochi, stesse attività, persino stessi film proposti.
Ad esempio “Kràmpack” (regia di Cesc Gay, e non è un gioco di parole):
«Nico e Dani sono due ragazzi 16enni che si apprestano a trascorrere le
vacanze insieme. È l’estate della perdita della verginità. I due in passato avevano condiviso giochi di masturbazione reciproca...». Se questa è
scuola.
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IL KIT PRO-GENDER IN CLASSE
SCONFESSATO IL GRANDE BLUFF
Il ministero prende le distanze: «Mai saputo»
Lucia Bellaspiga
15 febbraio 2015
IL KIT PRO-GENDER IN CLASSE, SCONFESSATO IL GRANDE BLUFF
L
e “pari opportunità” secondo gli autori dei tre volumetti intitolati
“Educare alla diversità a scuola” consisterebbero nell’insegnare a
tutti gli alunni, dalle elementari alle superiori, che la famiglia padre-madre-figli è solo uno «stereotipo da pubblicità», che i due generi maschio
e femmina sono un’astrazione, che leggere romanzi in cui i protagonisti
sono eterosessuali è una violenza, che la religiosità un disvalore... Ma a
sconfessare l’operazione (vedi Avvenire di ieri) è proprio il Dipartimento
per le Pari Opportunità, per bocca di Maria Cecilia Guerra, il viceministro
che ne ha la delega: «Di questa ricerca ignoravo addirittura l’esistenza».
Gravissimo, visto che i tre volumi erano spacciati proprio sotto l’egida
altisonante della “Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento
per le Pari Opportunità”. Di seguito, i nomi degli autori: Unar (Ufficio
nazionale antidiscriminazioni razziali) e Istituto Beck. Ora dal Dipartimento delle Pari opportunità arriva «una nota formale di demerito al
direttore dell’Unar, Marco De Giorgi», per la diffusione nelle scuole di
materiale mai approvato, e addirittura mai conosciuto da chi di dovere.
Se non bastasse, sconosciuto anche al Miur, il ministero dell’Istruzione:
«L’Istituto Beck – ricostruisce Guerra – sulla base di un contratto con
l’Unar che risale al 2012, ben prima che io esercitassi la delega alle Pari
opportunità nel luglio 2013, ha prodotto il kit per insegnanti. L’Unar ha
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poi autorizzato la diffusione di questo materiale con il logo della Presidenza del Consiglio - Pari Opportunità senza che il direttore me ne desse
alcuna informazione...». Non è una questione formale, vista la gravità
degli argomenti: «Una materia così sensibile – spiega il viceministro –
richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio.
Questa attenzione, quando si parla a nome delle istituzioni, ricade nella responsabilità delle autorità politiche, che devono però essere messe
nella condizione di esercitarla!».Incredibile anche l’esclusione del Miur,
soprattutto in considerazione del violento impatto su bambini e adolescenti: «Non è accettabile – conclude Guerra – che materiale didattico
su questi argomenti sia diffuso tra gli insegnanti da un ufficio del Dipartimento Pari opportunità senza alcun confronto con il Miur». Proprio
come notavamo ieri su queste pagine, non è che l’argomento bullismo
non sia urgente e attuale, anzi, ma l’imposizione di punti di vista quanto meno discutibili e il capovolgimento di valori e tradizioni millenarie
non sono certo la chiave: «Sono convinta che l’educazione alle diversità
sia cruciale», ma «la finalità non deve mai essere quella di imporre una
visione unilaterale del mondo, quanto di sollecitare nei giovani senso
critico, rispetto di ogni specificità e identità, a partire da quelle che coinvolgono l’ambito affettivo e valoriale». Secca anche la presa di distanza
del ministero dell’Istruzione: «L’Unar non dipende dal Miur – sottolinea
Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione –. Mi sembra ci sia
molta confusione: il ministero dell’Istruzione non sa niente di quanto
viene deciso dall’Unar, che invece produce materiale per le scuole. Tra
l’altro con un’impronta culturale a senso unico».
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GENDER, COME DIRE NO
ISTRUZIONE AI GENITORI
Lettera dell’Age ai presidi d’Istituto - «Legittimo spiegare le vostre perplessità»
Lucia Bellaspiga
9 marzo 2104
GENDER, COME DIRE NO. ISTRUZIONE AI GENITORI
«R
osa e i suoi due papà vanno al bar. Se ognuno dei papà di Rosa
compra una lattina da due euro, quanto pagheranno i genitori
di Rosa in totale?». Questo il problemino di aritmetica che va proposto
ai bambini della scuola primaria secondo le indicazioni contenute nei
manuali ideati di recente dall’Unar, dando così attuazione alla “Strategia
nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate
sull’orientamento sessuale e l’identità di genere 2013-2015”, documento
partorito dal Dipartimento per le Pari Opportunità. Per non parlare delle
fiabe, i cui messaggi non devono più incoraggiare i bambini a innamorarsi e magari pure sposarsi da grandi con persone dell’altro sesso, ma
presentare loro un lieto fine diverso, del tipo che il principe si innamora
dello scudiero e vissero felici e contenti... L’obiettivo in teoria sarebbe
“contrastare il bullismo nelle scuole, con particolare riferimento al carattere omofobico e transfobico...” -– spiega la “Strategia nazionale” -– e
“contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, superando il
pregiudizio legato all’orientamento affettivo dei genitori...”. C’è di che
allarmarsi. E infatti l’Age Lombardia (Associazione Italiana Genitori) si
rivolge ai presidenti dei Consigli di Istituto, rimarcando le tante violazioni contenute in questa strategia e quindi gli strumenti legali per difendere
le scuole. «Come genitori siamo favorevoli ad azioni formative per la
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prevenzione di qualsiasi forma di discriminazione – premettono –, ivi
incluse quelle relative agli orientamenti sessuali. Purtroppo però dietro a
questi obiettivi si affacciano anche scopi ben diversi...». Una cosa è combattere il bullismo, di qualsiasi origine, e altro è proporre assurde forzature come quelle sopra citate: «Non possiamo accettare che la modalità
affettiva dei genitori, comunemente conosciuta come base per la famiglia e la procreazione, sia considerata un “pregiudizio” o sia messa alla
pari con altre “modalità”, pur legittime a livello personale». Se insomma
la “Strategia Nazionale”, nascondendosi dietro l’alibi della lotta la bullismo, in realtà «introduce nelle scuole l’ideologia “gender” e le tematiche
Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), con esemplificazioni fin
troppo concrete e dettagliate», l’Age si rivolge ai presidenti dei Consigli
d’istituto di tutte le scuole lombarde per fornire gli strumenti legislativi e
dar voce alle perplessità delle famiglie. Nessun valore di legge: non tutti
sanno che il documento della “Strategia Nazionale” non ha alcun valore
di legge. Non è quindi obbligatorio per le scuole adottarlo. Anzi, contenendo numerose mancanze e violazioni di diritti, è oggetto di diffida da
parte dei “Giuristi per la vita”. Un testo anticostituzionale: manca qualsiasi riferimento alla responsabilità dei genitori, il cui ruolo nell’educazione, specie su un tema così delicato, è riconosciuto dalla Costituzione
e da tutte le leggi sulla scuola, comprese le direttive europee.
Consigli d’istituto: qualsiasi corso tenuto a scuola da esterni deve per legge essere approvato dal Consiglio d’istituto (legge dei Decreti delegati).
«Se sapete che incontri su questi temi sono tenuti senza approvazione di
collegio docenti, consiglio di classe e dei genitori, segnalatecelo subito».
Sotto il titolo niente: i genitori devono conoscere in anticipo i contenuti
degli incontri. E avere facoltà di chiedere che il loro figlio non vi partecipi. Le attività di educazione affettiva non sono infatti curricolari ma
aggiuntive. E, come abbiamo visto, dietro un titolo positivo si possono
nascondere ideologie diverse. Opuscoli: poiché è prevista la distribuzione gratuita di opuscoli su questi temi, dobbiamo esigere che sia osservata
la disposizione che prevede il consenso preventivo dei rappresentanti dei
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genitori e l’approvazione del Consiglio d’istituto. Vigilare: «Invitiamo
tutti i presidenti dei Consigli di classe e d’istituto a porgere la massima
attenzione: è in gioco il diritto dei genitori, garantito dalla Costituzione,
di educare i propri figli (art. 29). «L’Age è a disposizione di scuole e
famiglie per assistenza e informazioni, siamo anche disponibili a venire
nella vostra scuola...» (www.agelombardia.it [email protected])
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STRATEGIA LGBT
NELLE SCUOLE,
DAL GOVERNO NESSUNO
ALTOLA’
Completamente ignorate le gravi preoccupazioni dei genitori
Paolo Ferrario
15 marzo 2014
STRATEGIA LGBT NELLE SCUOLE, DAL GOVERNO NESSUNO ALTOLA’
L
a preoccupazione delle famiglie, che assistono impotenti all’avanzare nelle scuole di iniziative tendenti a diffondere tra gli studenti
l’ideologia gender e Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), non
sembra smuovere il governo. L’esecutivo pare, anzi, intenzionato a proseguire nella strada indicata dalla Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale
e sull’identità di genere – predisposta dall’Unar (Ufficio anti discriminazioni razziali) con il coinvolgimento di 29 associazioni Lgbt e senza nemmeno consultare le rappresentanze delle associazioni familiari –
ignorando quindi l’invito a un ripensamento complessivo della Strategia
rivolto dalle rappresentanze dei genitori. La conferma di questa impostazione è arrivata ieri direttamente dal sottosegretario alla Presidenza
del Consiglio, Sesa Amici. Rispondendo a un’interpellanza urgente del
deputato di Per l’Italia, Gian Luigi Gigli (sottoscritta anche da Lorenzo
Dellai, Paola Binetti e Mario Sberna di Per l’Italia e da Vanna Iori e
Edoardo Patriarca del Partito democratico), l’esponente dell’esecutivo ha
ricostruito i passaggi istituzionali che hanno prodotto la Strategia, sostenendo, in definitiva, che questa è soltanto il risultato dell’attuazione della
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Direttiva europea 2000/43/Ce per la «parità di trattamento tra le persone
indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica». L’estensione della
mission dell’Unar anche alla «promozione e inclusione sociale delle persone Lgbt», sarebbe poi conseguente all’adesione dell’Italia al programma “Combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e
sull’identità di genere», promosso dal Consiglio d’Europa. Insomma: a
qualcuno (molti, per la verità), potrà anche non stare bene, ma: ce lo
chiede l’Europa.
Nella sua interpellanza, Gigli chiedeva anche di conoscere quali iniziative il governo avesse intenzione di prendere nei confronti del direttore
dell’Unar, Marco De Giorgi, destinatario di una formale nota di demerito
da parte dell’allora viceministro con delega alle Pari opportunità, Maria
Cecilia Guerra, a seguito della diffusione nelle scuole, non autorizzata,
degli opuscoli pro gender realizzati dall’Istituto Beck su richiesta dello
stesso Unar. Anche in questo caso, il sottosegretario Amici ha rimandato
la questione a non meglio identificati «uffici competenti». Insomma: non
se ne farà nulla.
Nella sua risposta, comunque, la stessa rappresentante di Palazzo Chigi
ha rivelato che gli accessi al sito dell’Istituto Beck (da parte di insegnanti
e dirigenti scolastici) per scaricare gli opuscoli, previa acquisizione di
una password rilasciata dallo stesso Istituto, sono stati complessivamente
40. Considerato che, per questa consulenza, l’Unar ha corrisposto all’Istituto Beck 24.200 euro, ogni accesso è costato 605 euro. Più di quanto
uno studente di prima media spende per il corredo scolastico di un intero
anno. Nella sua replica, Gigli si è detto «per nulla tranquillizzato» dalla
risposta, che, invece, ha confermato come tutto ciò faccia parte di «una
strategia del governo». «Credo -– ha aggiunto il deputato centrista -–che
qui si stia cercando di portare avanti, anche attraverso la scuola, il progetto di rieducare un intero Paese a una visione del matrimonio e della
verità antropologica sulla natura dei sessi e ad una visione della religione come principale istigatore della omofobia e, quindi, dei credenti tutti
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come possibili omofobi».
Un progetto molto pericoloso, soprattutto nel caso passasse la proposta di
legge sull’omofobia, che prevede pene severe per chi, in futuro, dovesse
affermare che, per esempio, famiglia è solo quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e i loro figli. Come, facciamo sommessamente osservare, dice persino la nostra Costituzione. «Se l’azione di
questo governo dovesse continuare su questa strada -– conclude Gigli
–- sarebbe per me un motivo serio per ripensare il sostegno che, lealmente e convintamente, sto dando nell’azione parlamentare. Preferirei che
l’esecutivo Renzi si impegnasse di più nel sostegno alla famiglia con figli
e non tentasse, invece, attraverso questa Strategia, di stravolgere la tenuta
stessa del tessuto familiare. Con questo autentico lavaggio del cervello
propagandato dalle associazioni Lgbt non vogliamo avere niente a che
fare. E mi auguro davvero che il governo voglia ripensare questa linea»
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«BASTA INIZIATIVE CONTRO
I NOSTRI FIGLI»
Il Forum denuncia la strategia dell’Unar
Paolo Ferrario
22 marzo 2014
«BASTA INIZIATIVE CONTRO I NOSTRI FIGLI»
«M
ai più senza di noi, mai più contro i nostri figli». Un documento per dire, forte e chiaro: «Adesso basta!». Lo ha diffuso ieri
il Forum nazionale delle associazioni familiari, chiedendo di fermare lo
stillicidio di iniziative avviate nelle scuole sulle tematiche del gender ed
Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali). Soprattutto nelle ultime
settimane, questi interventi si sono moltiplicati e sono stati sempre presentati come attuazione della “Strategia nazionale per la prevenzione e il
contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, realizzata lo scorso aprile dall’Unar (l’Ufficio anti discriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio), con la “consulenza” di 29 realtà dell’associazionismo Lgbt e senza nemmeno consultare
il Forum. E proprio questa mancanza di confronto preventivo, tanto a
livello nazionale quanto nella dimensione locale delle singole scuole che
hanno promosso le iniziative, è al centro della denuncia del Forum. Che
ricorda anche come la Strategia in questione «non ha alcun valore normativo, non è mai stato approvato da nessuna istituzione di rappresentanza
dei cittadini sia a livello politico che sociale e non può quindi essere presentata come una disposizione obbligatoria per le scuole». «Non è pensabile che si tenti di introdurre valori, contenuti e stili di vita riferiti all’ideologia del gender senza alcun contraddittorio, e soprattutto senza alcuna
richiesta o informazione preventiva ai genitori - sottolinea il presidente
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
del Forum, Francesco Belletti - –. La scuola non può muoversi, specie nei
campi sensibili, senza o contro la famiglia. E la famiglia deve esercitare
un controllo affinché ciò non avvenga». Con l’obiettivo di «rilanciare
l’alleanza educativa tra scuola e famiglia», il Forum ha indicato anche
«spazi e possibilità di azione» a disposizione dei genitori. I primi sono il
Pof e i Pei. Che non sono «sigle oscure» ma stanno ad indicare il Piano
dell’offerta formativa e i Progetti educativi individuali di cui le scuole si
devono dotare. Sono documenti «preziosi» che i genitori devono «vagliare con attenzione all’atto dell’iscrizione». E lo stesso vale per i siti web
delle scuole, spazi informativi da «seguire stabilmente». L’informazione, dunque, come primo strumento di conoscenza per poter prontamente
intervenire in caso di iniziative su temi sensibili, organizzate per di più
secondo una «visione unilaterale dell’ideologia del gender», come troppo
spesso accaduto in queste settimane. «Spetta ai genitori - –conclude Belletti -–il diritto-dovere di una pronta azione di responsabilità attiva nei
confronti dell’offerta formativa ed educativa indirizzata ai propri figli».
Escluderli non fa certo il bene dei ragazzi e della scuola.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
«STUDENTI A CASA
CONTRO IL GENDER»
I genitori si appellano ai docenti: «Proteggiamo insieme la libertà»
Lucia Bellaspiga
28 marzo 2014
«STUDENTI A CASA CONTRO IL GENDER»
«U
n giorno al mese tenete i figli a casa da scuola». Un gesto forte
proposto dall’Age (Associazione italiana genitori) per svegliare
dal torpore insegnanti, presidi e genitori e far comprendere loro il pericolo dell’ideologia del gender, che «subdolamente, senza incontrare una
vera opposizione», si sta diffondendo nelle scuole dei nostri figli. Tra
l’altro «mettendo a repentaglio il diritto dei genitori di scegliere liberamente l’educazione dei propri figli (riconosciuto dalla Costituzione e
dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo) e la libertà d’insegnamento dei docenti, ma anche la laicità dello Stato». In Francia, dove
i tempi di comprensione dei fenomeni e quelli di reazione sono decisamente più rapidi, la società ha già reagito: 18mila studenti francesi restano a casa un giorno al mese e questo è bastato perché il governo facesse
un passo indietro. Il problema è che da noi il tarlo dell’ideologia gender
scava gallerie mentre ancora la gran parte non sa di che cosa si tratti,
da qui l’appello del presidente nazionale dell’Age, Fabrizio Azzolini:
«Insegnanti e presidi, state uniti a noi genitori, facciamo sentire insieme
la nostra voce, anche attraverso le nostre associazioni e rappresentanze
sindacali. Informiamo gli altri docenti e genitori, facciamo conoscere i
contenuti della teoria del gender, il tipo di società che vuole costruire».
Ed è Azzolini a riassumere allora tale teoria: «Afferma che la differenza
tra i due sessi è solo un pregiudizio, che il maschile e il femminile sono
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costruzioni sociali e storiche da abbattere. Si insinua l’utopia sottile e
pervasiva dell’indifferenziazione sessuale e la presunta uguaglianza tra
individui tutti asessuati, cioè astratti...». Non si nasce maschi e femmine,
ma «individui che rimandano la propria identità a future scelte». Il tutto
tra l’altro con l’alibi di eliminare discriminazioni e bullismo (l’assurda
“Strategia nazionale 2013-2015” che teorizza il gender ha come sottotitolo “per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale...”). Se maschio e femmina non esistono e tutti noi
possiamo “scegliere” cosa vogliamo essere, ne deriva che anche le figure
di padre e madre non hanno più alcun senso, i ruoli naturali e tradizionali
decadono, tutti gli individui sono disumanizzati e indifferenziati. Sembra
un film di fantascienza, ma di fantasia qui c’è ben poco, dato che ogni
giorno queste teorie sono davvero accolte da qualche Comune o scuola:
«Da mesi insieme ad altre associazioni familiari denunciamo il rischio di
rieducazione al gender attraverso la formazione dei docenti e i progetti
didattici per gli studenti, attivati dal ministero dell’Istruzione, dall’Unar
(presidenza del Consiglio dei ministri) e da alcuni Comuni, Province,
Regioni. Come docenti e genitori dobbiamo proteggere il nostro mestiere di educatori –- prosegue il presidente dell’Age - . L’impressione è
che lo Stato cerchi di separarci, nonostante nella scuola italiana la legge
ci unisca nel patto di corresponsabilità educativa: ai genitori nasconde
l’obiettivo delle strategie, agli insegnanti lo impone». Basti pensare ai
famigerati tre volumetti partoriti dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni) e diretti alle scuole primarie e secondarie, di nuovo con un
obiettivo ingannevole (“Linee-guida per un insegnamento più accogliente e rispettoso delle differenze”), in realtà espliciti nel definire “uno stereotipo da pubblicità” la famiglia in cui il padre sia un uomo e la madre
una donna. Tre libri pagati con i soldi dei contribuenti. «I sostenitori del
gender -– sottolinea Azzolini –- non si limitano a proporre un’opinione,
ma conducono a una nuova educazione, orientano il governo in Italia, in
Europa, in Occidente». Quell’Occidente che, come ha scritto nella sua
prolusione al Consiglio permanente della Cei il cardinale Angelo Bagnasco (vedi Avvenire di ieri) si sta allontanando dall’Umanesimo e dai suoi
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valori di civiltà, cedendo a ideologie che credevamo sepolte con il secolo
scorso. «Esprimiamo gratitudine al cardinale Bagnasco - scrivono anche
i genitori dell’Agesc, Associazione genitori scuole cattoliche - e accogliamo il suo invito a non farci intimidire, a non lasciarci esautorare nel
diritto di educare i nostri figli. In vista dell’incontro con il Papa del 10
maggio, i genitori dell’Agesc sentono la responsabilità di riaffermare,
secondo le parole del presidente della Cei, “l’urgenza del compito educativo, la sacrosanta libertà nell’educare i figli, il dovere della società di
non corrompere i giovani con idee ed esempi che nessun padre e madre
vorrebbero per i propri ragazzi...». D’altra parte, come rileva l’Age, «non
occorre essere cristiani» per comprendere che la differenza tra i due sessi
è una realtà ontologica: «Lo scriveva anche Marx... Una presunta uguaglianza tra individui asessuati e astratti apre la strada a una società che
non può sopravvivere». Ma soprattutto che è grigia e disperata come nel
peggior film di fantascienza.
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GENDER, LA SCUOLA STOPPA
Il Miur blocca gli opuscoli Unar. Che si scusa
Paolo Ferrario
5 aprile 2014
GENDER, LA SCUOLA STOPPA
U
na circolare del Ministero dell’Istruzione ha bloccato la diffusione
nelle classi degli opuscoli “Educare alla diversità a scuola”, realizzati dall’Istituto A. T. Beck su mandato dell’Unar. Lo ha comunicato
ufficialmente ieri mattina il direttore generale del Dipartimento per l’Istruzione del Miur, Giovanna Boda, incontrando il Fonags, il Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola. Lo stesso dirigente ha
anche dato conto di una lettera ufficiale di scuse inviata al Miur dall’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, per aver portato avanti il progetto senza condividerlo con il Ministero, come denunciato tempo fa dal
sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi. La diffusione degli
opuscoli aveva provocato la forte reazione delle associazioni dei genitori, a causa dei contenuti fortemente orientati verso l’ideologia gender e
Lgbt (lesbiche gay, bisessuali e transessuali).
E non poteva essere altrimenti, visto che, come ha ammesso alla Camera
il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Sesa Amici, in risposta a
un’interpellanza del deputato di Per l’Italia, Gian Luigi Gigli, la diffusione degli opuscoli si collocava «nell’ambito» delle azioni previste dalla
Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, concordata
dallo stesso Unar unicamente con 29 associazioni Lgbt e senza il coinvolgimento del Forum nazionale delle associazioni familiari, che pure
rappresenta oltre tre milioni di famiglie italiane. «Siamo soddisfatti del
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
risultato ottenuto ma non ci fermiamo qui», commenta il coordinatore del
Fonags, Roberto Gontero, che si prepara ad incontrare il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, il prossimo 23 aprile. «In quell’occasione
-– aggiunge - chiederemo al ministro di emanare una circolare che renda
obbligatorio, per le scuole, ottenere il consenso scritto dei genitori circa
la partecipazione dei propri figli a iniziative su temi sensibili come la
sessualità, l’omosessualità e la lotta alla discriminazione». Un incontro
«urgente e inderogabile» al ministro Giannini è stato chiesto ieri anche
da sei associazioni Lgbt, firmatarie di un durissimo comunicato in cui, tra
l’altro, si attaccano il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco e
Avvenire, “colpevoli” di avere evidenziato l’inopportunità di diffondere
tra gli studenti (anche delle elementari), testi che – è bene ricordare – definiscono «stereotipo da pubblicità» il modello di famiglia composto da
un uomo, una donna e i loro figli. Quello cioè previsto non solo dal diritto
naturale, ma anche dalla nostra Costituzione. Questo incontro non sarà
però tra le priorità dell’agenda del ministro. Nelle prossime settimane,
confermano da viale Trastevere, il «confronto prioritario sarà innanzitutto con il forum degli studenti e dei genitori», con cui sono già stati fissati
appuntamenti, come quello del 23 aprile con il Fonags. «Più avanti», ma
non si sa ancora quando, saranno anche ricevuti i rappresentanti Lgbt.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
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STRATEGIE LGBT. L’AGE
RIBADISCE:
DIRITTO DI EDUCARE
L’associazione genitori attacca: «Fuorilegge le azioni nelle scuole»
Paolo Ferrario
27 aprile 2014
STRATEGIE LGBT. L’AGE RIBADISCE: DIRITTO DI EDUCARE
I
nformarsi, mobilitarsi, sensibilizzare. In prima linea per contrastare la
diffusione nelle scuole della “cultura del gender”, l’Associazione italiana genitori (Age), ha voluto dedicare alla questione un corposo dossier, che sarà pubblicato sul numero in uscita di Agestampa, il bimestrale
inviato a tutti i soci. «Vogliamo dare alle famiglie un’informazione a 360
gradi su una problematica che ci sta molto a cuore e che tocca da vicino
il diritto-dovere dei genitori di essere i primi educatori dei propri figli»,
commenta il presidente dell’Age, Fabrizio Azzolini, presentando l’iniziativa di informazione. Nei mesi scorsi, come forma di protesta contro
il dilagare nelle scuole di iniziative pro-gender, l’Age ha proposto il “ritiro” dei figli per un giorno al mese. Non un giorno di vacanza extra, ma
un «gesto forte» per ribadire il diritto di educare troppo spesso calpestato.
In sedici pagine, il dossier ripercorre gli ultimi mesi di accese polemiche
(nelle scuole ma anche nelle aule parlamentari), avviate sul finire dello
scorso anno quando cominciarono a circolare, prima su Internet e poi
nelle classi, gli ormai “famosi” opuscoli dell’Istituto A.T. Beck “Educare alla diversità a scuola”, commissionati (e pagati con 24.200 euro)
dall’Unar, l’Ufficio anti-discriminazioni razziali della Presidenza del
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Consiglio dei ministri. Da qui e dalla pretesa di «instillare» (così è scritto
negli opuscoli), l’ideologia del gender nelle menti degli studenti, prende
le mosse lo speciale di Agestampa, significativamente intitolato “Libertà
di rieducazione”. Un preoccupato gioco di parole per rappresentare la
distanza tra la Costituzione e la Strategia Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali
e transessuali) messa in campo dall’Unar e che per l’Age è «fuorilegge».
«L’articolo 30 della Costituzione –- ricorda il presidente Azzolini -– afferma il dovere e diritto dei genitori a mantenere, istruire ed educare i
figli. Noi partiamo da qui per dire che, con la Strategia e le azioni che
ne sono seguite, questo diritto è stato calpestato e che, dietro il giusto
obiettivo di contrastare ogni forma di discriminazione nelle scuole, si è
fatto entrare nelle classi ciò che con questa finalità non c’entra nulla».
Nello speciale, l’Age denuncia anche il fatto che «la strategia Lgbt si
sta imponendo in Italia e in Europa in un modo sempre più subdolo,
mascherandosi dietro la difesa e la tutela di una minoranza, per rieducare i cittadini all’ideologia del gender a scuola, sui mass media, nelle
scelte di amministrazioni nazionali e locali, italiane ed europee, muovendo ingenti risorse pubbliche». E tutto questo, ricorda l’Associazione dei
genitori, «ignorando i risultati delle ricerche scientifiche, la riflessione
filosofica, i dati sociologici, le opinioni diverse presenti anche tra le persone omosessuali». Tutti omologati, insomma, dietro il “pensiero unico”
propagandato dalle potenti e rumorose lobby Lgbt, che sono riuscite persino, denunciano i genitori dell’Age, a «scavalcare il diritto nazionale e
internazionale». Un accerchiamento (delle famiglie, delle scuole, degli
studenti e degli insegnanti), che «arriva a creare un nuovo linguaggio e
a vietare quello che non si uniforma al nuovo vocabolario. Con attacchi
diretti anche alla libertà di religione, tacendo strumentalmente lo stile
evangelico dell’accoglienza di molte diocesi, movimenti, gruppi, parrocchie».A questo punto, si legge in una nota dell’associazione, «restare
indifferenti non è possibile». È necessario, invece, «informarsi per capire
che è in corso una rivoluzione antropologia, dove la posta in gioco è la
negazione dell’umanità da parte dell’uomo».
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
BASTA GENDER A SCUOLA
«NUOVE LINEE GUIDA»
L’annuncio del ministro Giannini – Soddisfatte le associazioni di genitori
Paolo Ferrario
5 giugno 2014
BASTA GENDER A SCUOLA «NUOVE LINEE GUIDA»
M
ai più casi come quello del Liceo classico “Giulio Cesare” di
Roma (dove ai ginnasiali di 15 anni è stato fatto leggere un romanzo i cui contenuti sono stati giudicati «inopportuni» e «sconvenienti»
dalla Presidenza del Senato, che ha impedito fossero inseriti stralci del
testo in un’interrogazione) o come quello del Liceo ginnasio “Muratori”
di Modena, dove è stata organizzata una conferenza del transessuale Luxuria, senza prevedere il contraddittorio e, soprattutto, senza avvertire i
genitori degli studenti, che infatti hanno molto protestato.
Proprio per evitare il ripetersi di situazioni simili, conseguenza dell’applicazione, nelle scuole, della “Strategia nazionale per la prevenzione e il
contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, predisposta dall’Unar (Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali) in collaborazione con 29 associazioni Lgbt (lesbiche,
gay, bisessuali e transessuali), entro settembre il Ministero dell’Istruzione emanerà delle nuove Linee guida (che aggiorneranno quelle a suo
tempo predisposte dal ministro Fioroni) a cui le istituzioni scolastiche
dovranno attenersi nella programmazione di iniziative per il contrasto
del bullismo e del cyberbullismo. L’annuncio è stato dato dal ministro
dell’Istruzione, Stefania Giannini, rispondendo, ieri pomeriggio alla Camera, a un question time del deputato di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
Confermando la «totale estraneità» del Miur alla redazione e diffusione
nelle scuole degli opuscoli dell’Unar “Educare alla diversità a scuola”,
commissionati all’Istituto A.T. Beck, (l’intera Strategia è costata 300mila
euro), Giannini ha ribadito che «il Ministero proseguirà i progetti contro ogni forma di discriminazione nelle scuole», sottolineando che, nella
predisposizione delle iniziative, sarà prioritario il coinvolgimento delle associazioni dei genitori. Anche i contenuti delle nuove Linee guida
in vigore da settembre, saranno stabiliti attraverso il confronto diretto
e costante con i genitori. Che, invece, erano stati completamente esclusi dalla Strategia dell’Unar. «Il tavolo naturale del confronto dovrebbe
essere quello del Fonags», dice Roberto Gontero, presidente dell’Agesc
(Associazione genitori scuole cattoliche) e coordinatore del Forum delle
associazioni dei genitori della scuola. «Proprio nell’incontro che abbiamo avuto a maggio - – ricorda Gontero –- avevamo chiesto al Ministro
di riscrivere le Linee guida, perché riteniamo irrealistico che entrino nelle classi dei nostri figli contenuti che non hanno ricevuto il preventivo
consenso dei genitori. Il Ministro ha recepito queste nostre preoccupazioni e di questo siamo certamente soddisfatti». Un plauso all’iniziativa
di Giannini arriva anche dal presidente dell’Age (Associazione genitori),
Fabrizio Azzolini, che chiede l’introduzione di specifici «protocolli per
l’affettività» studiati attraverso «l’ascolto diretto delle famiglie». Per
protestare contro la diffusione nelle scuole di iniziative tese a propagandare l’ideologia del gender, l’Associazione aveva lanciato ai genitori la
proposta di una Giornata di ritiro dei figli dalla scuola. Un giorno al mese
per ribadire che «i genitori sono i primi educatori dei figli». «Quella del
Ministro -– conclude Azzolini -– mi sembra una proposta di buon senso
che fa definitivamente cadere tutte le azioni di chi, senza nemmeno coinvolgere i genitori, voleva contrabbandare nelle scuole ciò che nulla aveva
a che fare con il doveroso contrasto a ogni forma di discriminazione».
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
«CONTRO IL GENDER,
MA NON È UNA GUERRA»
Paolo Viana
5 ottobre 2014
«CONTRO IL GENDER, MA NON È UNA GUERRA»
N
on ci sono incertezze né equivoci: i Focolarini rifiutano la teoria del
gender senza se e senza ma. Questo, tuttavia, non significa voltare
le spalle all’umanità sofferente. Anzi, ai dilemmi delle persone che si
trovano a fare i conti con l’omosessualità piuttosto che con il transgender,
LoppianoLab, il meeting annuale del movimento, ha dedicato ieri uno
dei suoi workshop più affollati. Gestito con la maieutica del focolare,
che consente al papà di un quarantenne omosessuale di raccontare la propria “frantumazione” interiore e quell’amore che non si scoraggia neanche quando i parenti ti voltano le spalle. Non una confessione, neppure
una richiesta d’aiuto: la pura e semplice condivisione di un’esperienza
di dolore e di fede. Poco dopo, una nonna, invece, chiederà aiuto, lei
sì, perché non sa più cosa fare da quando ha scoperto che all’asilo insegnano alla nipotina che maschietti e femminucce sono proprio uguali e
che esistono persino delle vie di mezzo... A qualcuno potrebbe sembrare
psicoterapia di gruppo ed invece a Loppiano ieri è andata in scena l’Italia
postmoderna, come l’ha descritta Jesus Moran, il nuovo copresidente
del movimento di Chiara Lubich: «Il pensiero moderno ha messo l’io al
centro dell’universo, facendoci perdere di vista la realtà che ci circonda
nell’illusione di poter interpretare tutto alla luce dell’io, mentre quello
postmoderno ci ha insegnato a decostruire la tradizione, a superare i modelli del passato - ha spiegato -–. La teoria del gender prende la parte
più problematica delle due tendenze filosofiche, perché partendo dalla
decostruzione del modello tradizionale di famiglia patriarcale, un camFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
biamento necessario, approda a teorizzare un’uguaglianza che perde di
vista la differenza sessuale e la realtà del corpo: esso ha un logos, un
suo significato che lo vogliamo o no. Praticata questa decostruzione, chi
teorizza il gender torna indietro, al pensiero moderno, postulando una
realtà che non esiste in sé e non mi interroga, ma che rappresento io come
voglio e che posso cambiare ogni giorno».Al di là della speculazione filosofica che lo conduce a guardare con interesse alle correnti neorealiste
– «la realtà è resistente, cioè resiste alle rappresentazioni che ne faccio,
due uomini o due donne non possono avere figli senza manipolazioni»,
per Moran questa attenzione per gli svarioni della teoria del gender è
soprattutto pastorale. Soffre umanamente per l’infelicità che promana da
queste forme di incertezza sessuale. Ieri ha cercato di spiegare ai suoi,
e soprattutto a quelli che vorrebbero un’azione di contrasto più decisa
contro la propaganda del gender, che «i suoi sostenitori sono bellicosi ma
questa non è una guerra».
A quanti rimproverano invece una certa mollezza dei cristiani rispetto
alla deriva relativistica e alle devianze che ne derivano, ha ricordato che
«Gesù non partiva dalle regole ma dagli uomini, i Vangeli raccontano un
approccio che non è fatto di dettami e sanzioni ma che parlava al cuore,
con tutta la radicalità del suo amore e senza prescindere dalla realtà in
cui ci si trovava».
Il problema, evidentemente, interpella il teologo: «la Tradizione va difesa ma anche aggiornata e il Magistero ha questa funzione», il quale però
guarda con fiducia al Sinodo della famiglia: «Non aspettiamoci sconvolgimenti dottrinali, il Sinodo cercherà di discernere, partendo dal vissuto,
come le famiglie di oggi possano vivere il messaggio della Rivelazione.
Del resto, è sempre stato così e la Chiesa ha sempre trovato formule nuove, perché lei stessa è una realtà escatologica e storica allo stesso tempo».
Mentre sulla stessa collina del Valdarno si discuteva di sistemi elettorali
e slot mob, Moran concludeva indicando questo spartiacque: «Quella del
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
gender è una teoria bellicosa con un disegno che contrasta con l’antropologia cristiana, ma l’omosessuale è un fratello, spesso sofferente».
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
BAGNASCO:
NO ALLA DITTATURA
DEL GENDER
Nel dibattuto sinodale il presidente della Cei ha messo in luce la necessità di un’educazione affettiva alla riscoperta dell’amore come dono
Mimmo Muolo
18 ottobre 2014
BAGNASCO: NO ALLA DITTATURA DEL GENDER
I
l Sinodo è la dimostrazione della «grande passione» con cui la Chiesa
tutta guarda al tema della famiglia. Parola del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, che in una intervista
alla Radio Vaticana afferma di aver sottolineato, durante i lavori, il tema
dell’educazione affettiva, denuncia la «dittatura» del pensiero unico dominante e rinnova la preoccupazione dei vescovi per il diffondersi (anche
nelle scuole) dell’ideologia del gender.L’assemblea sinodale, ricorda Bagnasco, è «un momento di grazia per la Chiesa, perché - insieme al Santo
Padre - tutti noi, padri sinodali, gli osservatori, gli uditori e i vari invitati,
abbiamo aperto lo sguardo e il cuore con grande chiarezza, con grande
semplicità e con grande passione di pastori, sul tema della famiglia, che
è la realtà fondamentale della società e della Chiesa. Ho ricordato -–
prosegue il porporato - in modo particolare la necessità dell’educazione
affettiva, perché l’amore non è soltanto sentimento, ma è quello che la
cultura presente non dice: l’amore è dono, è dono di se stesso ed è decidere di donarsi ad una altra persona per sempre, per tutta la vita. Questo
grandissimo e splendido ideale, che oggi sembra impossibile nel mondo
occidentale perlomeno, è possibile se si fa appello alla grazia di Dio». Il
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
cardinale fa poi riferimento alle forti correnti di pensiero che tendono a
indebolire la famiglia. «Il “pensiero unico” – dice – è ormai una dittatura,
che si vuole imporre dall’Occidente a tutte le altre parti del mondo. Ma
l’Occidente, e in particolare l’Europa, non è più assolutamente il centro del mondo: quindi l’arroganza della cultura europea dovrebbe fare i
conti con questa realtà. Purtroppo gli organismi internazionali, che sono
tanto importanti – pur essendo rappresentativi di tutti i Paesi del mondo
– ragionano con una cultura, con una antropologia sostanzialmente occidentalista, che ormai ruota attorno alla cosiddetta teoria del genere». Di
qui il rinnovato allarme del presidente della Cei, soprattutto di fronte al
diffondersi di questa teoria a scuola. «È un’offesa gravissima sottolinea
Bagnasco , che le istituzioni tentano di fare, al diritto sacrosanto, al diritto naturale dei genitori di offrire ai propri figli la visione culturale - una
visione antropologica e valoriale - in cui loro credano e che sia la migliore per sé e per i propri figli. Questo diritto non può essere assolutamente scavalcato da alcuna autorità». Quindi, prosegue il cardinale, «questi
tentativi di immettere, in modo quasi nascosto, questo tipo di visione che
nasce dal genere, sotto la scusa di fare educazione affettiva o educazione
sessuale, è un grave errore e non soltanto: è una grave violenza autoritaria rispetto ai genitori. I genitori devono essere non solamente informati
su un progetto o su una intenzione delle autorità dello Stato o scolastiche
che siano, ma devono dare -– i genitori -– l’autorizzazione esplicita e
concorde perché queste cose vengano rappresentate ai propri figli».Il presidente della Cei si dice poi convinto che anche in Italia vi sia il rischio
di andare nella stessa direzione di altri Paesi europei «Lo abbiamo già
visto l’anno scorso attraverso la diffusione di alcuni libretti, che poi sono
stati – dicono – ritirati dalle scuole dopo un intervento dei vescovi che
ha richiamato l’attenzione sul fatto. Non è un’ingerenza. È un dato, è una
registrazione di un fatto, di cui però nessuno parlava. Già mi dicono altri
che ancora circolano in qualche scuola». Perciò Bagnasco raccomanda ai
genitori di stare «molto attenti: si tratta del bene fondamentale dei loro
figli, perché vedere l’affettività, vedere la sessualità in genere, vedere la
persona umana e la famiglia in un certo modo o in un altro, questo camFesta Modestino - [email protected] - 06/09/2015
bia radicalmente». La Chiesa, conclude, non lascia solo il genitore. «Ma
si affianca senza sostituirsi alla famiglia» anche in questo campo.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
IL PAPA: LE TEORIE
DEL GENDER?
UNA COLONIZZAZIONE
IDEOLOGICA
Mimmo Muolo
20 gennaio 2015
Inviato sul volo papale
IL PAPA: LE TEORIE DEL GENDER? UNA COLONIZZAZIONE IDEOLOGICA
I
l tentativo di introdurre nelle scuole la teoria del gender «è una colonizzazione ideologica». E per quanto riguarda la libertà di espressione
del pensiero, essa «deve essere accompagnata dalla prudenza», la virtù
umana che regola la convivenza civile. Di ritorno da Manila, il Papa si
concede nuovamente alle domande dei giornalisti al seguito e, tra i numerosi argomenti toccati in più di un’ora di conferenza stampa, spiega
alcune espressioni che nei giorni scorsi avevano suscitato ampi dibattiti.
A partire dall’esempio del pugno in reazione a un ipotetico insulto alla
madre che -– nella analoga conferenza stampa di quattro giorni fa, mentre da Colombo si spostava nelle Filippine -– aveva usato per parlare
della vicenda di Charlie Hebdo.Sorridente, a tratti ancora commosso per
l’accoglienza ricevuta, a suo agio anche quando usa espressioni colorite
(dare «un calcio là dove non batte il sole»: la sua tentazione di fronte a un
tentativo di corruzione subito quando era a Buenos Aires; «essere buoni
cattolici non significa fare come i conigli», a proposito dell’Humanae
Vitae e della «paternità responsabile»), Francesco non appare neanche
particolarmente affaticato, nonostante l’intensità del viaggio. Fa un bilancio della visita da cui dice di aver imparato molto, definisce Paolo VI
«un profeta» per essersi opposto all’avanzata del neomalthusianesimo,
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
cioè al controllo delle nascite attraverso la contraccezione di massa, e a
tal proposito accenna per due volte, e non senza preoccupazione, all’inverno demografico dell’Italia.
Annuncia inoltre «il progetto in bozza dei prossimi viaggi» (America
Latina, Usa, Africa, come riferiamo a parte) e quanto ai rapporti con il
governo della Cina (Paese nuovamente sorvolato ieri) parla in pratica di
una politica dei piccoli passi. Un Papa a tutto campo, insomma, che anche in questa occasione dimostra la sua particolare sensibilità e l’apprezzamento per il lavoro dei giornalisti. Regala infatti una torta con tanto di
candelina a Valentina Alazraki, la giornalista televisiva messicana che ha
fatto quasi tutti i voli papali con tre pontefici e che ieri compiva gli anni.
«Quanti sono non glielo chiedo, perché lei è una donna», scherza pure
Bergoglio.
la libertà di espressione
Ed è proprio Alazraki che gli chiede di chiarire che cosa intendesse dire
con l’esempio del pugno. «In teoria -–risponde il Papa -– siamo tutti
d’accordo nel dire che una reazione violenta davanti a un’offesa, a una
provocazione, non è una cosa buona, non si deve fare. In teoria diciamo
con il Vangelo che bisogna porgere l’altra guancia e che è importante che
vi sia la libertà di esprimersi. Ma siamo umani – prosegue Francesco – e
c’è la prudenza che è una virtù della convivenza umana. Io non posso
insultare, provocare continuamente una persona, perché rischio di farla
arrabbiare e di ricevere una reazione non giusta -– lo sottolineo - non
giusta. Per questo dico che la libertà di espressione deve tener conto della
realtà umana e dunque deve essere prudente. Educata. Questo volevo
dire: in teoria siamo tutti d’accordo che c’è la libertà di espressione, che
una reazione violenta è sempre cattiva, ma nella pratica fermiamoci un
po’ perché siamo umani e rischiamo di provocare gli altri. La libertà deve
essere accompagnata dalla prudenza».L
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
la colonizzazione ideologica
Gli chiedono anche un’altra chiarificazione. A che cosa si riferisse, durante l’incontro con le famiglie di Manila, con l’espressione «colonizzazione ideologica». E Francesco risponde narrando di un ministro della pubblica istruzione (una donna, probabilmente argentina, anche se il
Papa non lo dice espressamente) che avendo bisogno di reperire fondi per
costruire scuole per i poveri, chiese un prestito. La risposta fu un prestito
condizionato all’adozione di un libro di testo che parlava della teoria del
gender. La ministro prese i soldi e il testo, ma «furbescamente» ne introdusse anche un altro “normale”. «Questa è la colonizzazione ideologica
–- denuncia -. Entrano in un popolo con un’idea che niente ha da fare
con quel popolo, per cambiare una mentalità o una struttura. Durante il
Sinodo, anche i vescovi africani si lamentavano di questo. Che i prestiti
per lo sviluppo venivano concessi a certe condizioni». Il Papa fa il parallelo con le dittature del secolo scorso. «Pensate ai balilla, pensate alla
gioventù hitleriana, hanno colonizzato il popolo attraverso i bambini, ma
quanta sofferenza. I popoli non devono perdere la libertà, ogni popolo
ha la sua cultura e la sua storia. Ma certe condizioni imposte dagli imperi colonizzatori cercano di far perdere ai popoli la loro identità». È la
«globalizzazione della sfera, tutti i punti equidistanti dal centro», mentre
serve «la globalizzazione del poliedro, ogni faccia con la sua identità».
«Leggete un libro scritto all’inizio del ‘900 da Robert Hugh Benson, Il
padrone del mondo, e capirete iò che voglio dire con colonizzazione ideologica».
paolo
VI e il controllo delle nascite.
Affine è il tema della permanente validità dell’Humanae vitae, che ritorna in due domande. «L’apertura alla vita è condizione di validità del
sacramento del matrimonio», ricorda il Papa. Ma in quell’enciclica c’è di
più della considerazione dei problemi quotidiani delle coppie, per i quali
aveva raccomandato ai confessori di essere «comprensivi e misericor-
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
diosi». Paolo VI «non era antiquato, era un profeta e ha messo in guardia
dal neomalthusianesimo universale in arrivo», un fenomeno che «mira al
controllo dell’umanità» e che ha portato a conseguenze come «il meno
dell’un per cento di nascite in Italia e in Spagna». E all’Italia Francesco
fanuovamente riferimento, quando più tardi nota che «secondo alcune
notizie, non so se sia vero, nel 2024 non ci saranno più soldi per le pensioni», dato che «secondo i tecnici il livello per mantenere l’equilibrio
del sistema è di tre figli a coppia». «Questo non significa che il cristiano
deve fare figli in serie», precisa però una prima volta. E poco più tardi aggiunge: «Alcuni credono -– scusatemi la parola –- che per essere buoni
cattolici dobbiamo essere come i conigli. Io ho rimproverato una donna,
alcuni mesi fa in una parrocchia, perché era incinta dell’ottavo figlio e
aveva fatto sette cesarei. ‘Ma lei vuole lasciare orfani i sette? - le ho detto
-. Questo è tentare Dio, è una irresponsabilità’. Infatti si parla di paternità
responsabile». Una regola che va applicata anche nei Paesi in via di sviluppo, anche se - ricorda il Pontefice, in risposta a una specifica domanda
- «per i poveri i figli sono una ricchezza e Dio sa come aiutarli». Ciò non
toglie che anche in questi casi occorre prudenza. «Come si può fare? Con
il dialogo. Ogni coppia può farlo con l’aiuto del proprio pastore»
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
GENDER DISSENSO
DOPO MILANO C’È PERUGIA
Denuncia opuscoli pro gay scuola. Indagato
Luciano Moia
20 gennaio 2015
GENDER DISSENSO DOPO MILANO C’È PERUGIA
A
nche sul fronte del gender la dittatura del pensiero unico passa attraverso la disinformazione e il ricorso a toni e gesti che definiremmo esagerati, per non ricorrere ad altri aggettivi che servirebbero solo a
inasprire una situazione già abbastanza sgradevole. È successo a Milano,
dove un convegno sulla famiglia prima è stato trasformato in forum antigay, poi è diventato terreno di scontro politico con toni, polemiche e
vandalismi ai danni di due redazioni, quella del settimanale “Tempi” e
del quotidiano “La Croce”, di cui è stata colpita l’insegna.
Sta succedendo a Perugia, qui purtroppo con il contributo di uno zelante
magistrato, che ha ordinato il sequestro preventivo di un video. L’accusa? Fare dell’«ironia sferzante». Ma la battuta aveva come oggetto le
attività di un’associazione che si occupa di gay e lesbiche. Così l’avvocato Simone Pillone, membro del direttivo nazionale del Forum delle
associazioni familiari, è finito sotto accusa e la procura di Perugia ha
ordinato di rimuovere dal sito del Forum regionale dell’Umbria il video
relativo a un convegno sul gender tenutosi nel giugno scorso. Nel corso
del suo intervento a quell’incontro Pillon aveva denunciato le attività
dell’associazione Omphalos. Cos’era successo? Nel corso di un’assemblea studentesca avvenuta il 18 aprile 2012 al liceo Alessi di Perugia, gli
attivisti del coordinamento inter-associativo Arcigay e Arcilesbica della
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
città, avevano “messo a disposizione” dei liceali minorenni tre volantini.
Uno degli opuscoli descriveva con disegni e spiegazioni approfondite, le
modalità migliori per avere rapporti intimi con il proprio partner omosessuale. Nel pieghevole, per limitarci ai suggerimenti riferibili su queste
pagine - e scusandoci fin d’ora se qualcuno si sentirà offeso da questi
dettagli - si leggono frasi come: «Puoi aumentare l’eccitazione della
tua partner usando lubrificanti rigorosamente a base di acqua», ma si
consiglia anche di usare il «preservativo maschile con i sex toys o come
dental dam provvisorio», per rendere sicuro cioè il rapporto oro-genitale.
Ora, è vero che oggi, alla scuola del web, i giovani possono apprendere i
rudimenti della peggior pornografia senza bisogno di aspettare i volantini
di Omphalos. Ma è altrettanto vero che forse spiegazioni tanto esplicite
avranno forse urtato la sensibilità di qualche ragazzo. Anche perché la
distribuzione è avvenuta a scuola, in un ambito educativo dove non ci si
attenderebbe una simile apologia della cultura omosessuale. E in questo
modo l’hanno intesa quei genitori – all’oscuro di tutto e non preventivamente informati – che hanno pensato bene di dirottare i volantini raccolti
dai loro figli a scuola all’ufficio regionale del Forum. Anche il preside del
liceo avrebbe ammesso che il materiale è stato offerto senza la sua approvazione preventiva e che, in ogni caso, quei contenuti sono da ritenersi
inaccettabili. Sul caso Carlo Giovanardi (Ndc) ha presentato un’interpellanza indirizzata al ministro della Giustizia e dell’Istruzione. E la magistratura? Nessun problema per il fatto che ragazzi sedicenni siano stati
bombardati a scuola da informazioni ai limiti della pornografia. Mentre
la denuncia dell’avvocato Pillon ha avuto dal giudice l’accoglienza che
abbiamo detto. Forse, quando si parla di gender, il rischio dello strabismo
è sempre presente.
Festa Modestino - [email protected] - 06/09/2015
ORA IL FAMILY DAY E’ 3.0
60MILA FIRME ANTIGENDER
«Disapplicare la Strategia nazionale Unar»
Luca Liverani
22 gennaio 2015
ORA IL FAMILY DAY E’ 3.0. 60MILA FIRME ANTIGENDER
S
i scrive “lotta alla discriminazione”. Ma si legge “propaganda ideologica della teoria del gender”. Spuntano sempre più spesso nelle
scuole italiane progetti spacciati per lotta alla discriminazione e al bullismo. Sostenuti dalla Strategia nazionale dell’Unar, l’ufficio nazionale
antidiscriminazioni razziali, in collaborazione con le associazioni Lgbt,
senza mai interpellare quelle dei genitori. Né chiedere il consenso delle
famiglie degli studenti di ogni ordine e grado, dagli asili nido alle superiori. È «una vera e propria emergenza educativa» quella che spinge Age,
Agesc, Giuristi per la vita, Pro Vita onlus e Movimento per la vita a presentare in Senato una petizione per chiedere al capo del governo Matteo
Renzi, al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini e al futuro presidente
della Repubblica di «disapplicare la Strategia nazionale dell’Unar».
L’appello in poche settimane ha già raccolto online oltre 60 mila firme.
«Un vero Family Day 3.0 -– affermano i promotori - rilanciato anche su
Facebook e Twitter con l’hashtag #nogender. In molti casi l’educazione
sessuale a scuola è priva di riferimenti morali, discrimina la famiglia,
mira a una sessualizzazione precoce dei ragazzi. La libertà di espressione
è un diritto per tutti». Alla conferenza stampa sono intervenuti Carlo Casini (MpV), Gianfranco Amato (GpV), Toni Brandi (ProVita), Emanuela
Micucci (Age) e Ernesto Mainardi (Agesc). Tra i politici presenti, Mau-
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rizio Gasparri, Carlo Giovanardi, Gianluigi Gigli, Lucio Malan e Roberto Formigoni. Aderisce anche Olimpia Tarzia. «La non-discriminazione
-– si legge nella petizione - serve a nascondere la negazione della naturale differenza sessuale», riducendola a «fenomeno culturale obsoleto»;
propaganda «la libertà di identificarsi in qualsiasi “genere” indipendentemente dal proprio sesso biologico» e la «normalizzazione di quasi ogni
comportamento sessuale». L’esperienza dei Paesi in cui sono state già
applicate queste “strategie educative” dovrebbe insegnare qualcosa: in
Inghilterra e Australia -– ricordano i promotori –- ci si confronta con
una sessualizzazione precoce dei ragazzi, che ha portato a un aumento
degli abusi sessuali e della pedofilia, alla dipendenza dalla pornografia,
all’aumento di gravidanze e aborti nella prima adolescenza. «Ogni “strategia” educativa dovrebbe rispettare il diritto fondamentale dei genitori
all’educazione dei figli evitando il contrasto con le convinzioni religiose
e filosofiche dei figli», afferma Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita. «Progetti di legge - avverte Ernesto Mainardi dell’Agesc - – vogliono introdurre l’ideologia del genere come materia didattica
con formazione obbligatoria per gli insegnanti». Come il ddl Fedeli, che
vorrebbe stanziare 200 milioni per i corsi sul gender, «quando le scuole
cascano a pezzi e manca la carta igienica», dice Toni Brandi, presidente
di Pro Vita onlus. «La scuola -–dice Emanuela Micucci dell’Age - deve
chiedere preventivamente alle famiglie il consenso informato sulla partecipazione degli studenti a questi progetti extracurriculari». Carlo Casini,
presidente del Movimento per la vita, chiede che «i programmi rispettino
il ruolo della famiglia nell’educazione sessuale» così come «il valore e
la bellezza della differenza sessuale. È paradossale dover difendere realtà così ovvie. Ma è una sfida epocale». Si può aderire alla petizione su
www.citizengo.org/it e sui siti delle associazioni.
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«LA POLITICA ASCOLTI
I BISOGNI REALI»
Galantino: è necessario sintonizzarsi con il fuso orario della gente
Il gender? Polpetta avvelenata, così si capovolge l’alfabeto umano
Mimmo Muolo
31 gennaio 2015
«LA POLITICA ASCOLTI I BISOGNI REALI»
U
na politica che non divaghi. Che, al contrario, si sintonizzi «con
il fuso orario dei bisogni della gente» e che non ricorra al vecchio
trucco del panem et circenses «per non guardare alle buche per strada».
È questa la politica che invocano i vescovi italiani. I quali guardano anche all’elezione del presidente della Repubblica «sperando e pregando»
che, al di là del suo essere cattolico («non è di per sé una garanzia») sia
«un uomo capace di aiutare i governanti a poggiare l’orecchio» proprio
su quei bisogni. È monsignor Nunzio Galantino a riferire ai giornalisti
l’eco dei lavori del Consiglio permanente di questa settimana. E con la
consueta schiettezza si sofferma sui diversi temi affrontati dai membri
del parlamentino della Cei, sulla scia della prolusione del cardinale presidente, Angelo Bagnasco.
gender e unioni civili
Al primo posto, afferma il segretario generale, «la colonizzazione ideologica del gender che vuole capovolgere l’alfabeto dell’umano». Galantino
ricorda che la tentata introduzione di queste teorie nella scuola «è stata
presentata come un fatto educativo: aiutare i bambini alla tolleranza della
diversità». Ma «sotto il titolo di quei libri si è messa invece una polpetta
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avvelenata perché si vuole capovolgere il dato antropologico e per fare
questo si è usata una violenza». Una cosa è ricevere un trans, come ha
fatto il Papa, per testimoniare l’accoglienza che si deve a tutti, aggiunge poi parlando a Radio vaticana, un altro propagandare nelle scuole la
teoria del gender. «E comunque è scorretto mettere in contrasto (come
hanno fatto alcune testate) quell’incontro con quanto ha detto il cardinale
Bagnasco nella prolusione, tra l’altro citando proprio il Papa».
Il segretario della Cei prosegue: «Abbiamo l’impressione che i politici si
diano un gran da fare, ma non su quello di cui la gente ha bisogno». L’esempio è quanto ha fatto il sindaco Marino, a Roma. «Una volta, proprio
a Roma si parlava di panem et circenses. Oggi il pane le persone lo vanno
a prendere alla Caritas, e i circenses nelle aule consiliari». Fuor di metafora, spiega Galantino, «le unioni civili mi sembrano un diversivo per
chi non è sintonizzato sul fuso orario della gente. Per fare la cerimonia in
Campidoglio bastano due ore. A me sembra che per non guardare le buche per le strade, si offrano diversivi». Il vescovo si rivolge quindi anche
ai giornalisti, ricordando come il 18 ottobre scorso, quando Marino con
tanto di fascia tricolore aveva recepito le “nozze” gay di due omosessuali
“sposati” all’estero (cosa che la legge italiana espressamente vieta, ndr),
aveva anche posato con un bambino che, arrotolati i certificati, li usava
come cannocchiale. «Qualcuno ha scritto: “Così guarda lontano”. Ma di
che cosa stiamo parlando?». Questo, però, senza nulla togliere ai diritti
individuali, che «sono sacrosanti». Ma «l’errore sta nel ritenere che quei
diritti siano la via per il bene comune».
la famiglia
Il segretario della Cei chiede a nome dei vescovi più attenzione alla famiglia, «oggi al centro di chiare aggressioni da parte delle lobbies». «Che
fine ha fatto il quoziente familiare? Nei lavori parlamentare se ne sono
perse le tracce». Eppure la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e
donna è «una realtà garantita dalla Costituzione. «E allora chiunque fa
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passi che vanno contro questa realtà, cercando di scardinarla dall’interno,
a mio parere realizza una sorta di “bullismo costituzionale”».
banche popolari e immigrati
A una domanda sulla riforma delle banche popolari, il vescovo risponde.
«Non è un attacco alla finanza cattolica, ma non mi pare che nelle premesse di questa riforma ci sia una più equa distribuzione della ricchezza». E sempre in tema di problemi reali, Galantino aggiunge: «Non si
può ipocritamente continuare a meravigliarci che arrivino ancora nuovi
immigrati. A fronte degli sbarchi, prefetti e sindaci prima ci telefonano
per sapere se c’è posto, ma dopo che accogliamo le persone spariscono.
Salvo contestarci poi che violiamo le leggi europee che prescrivono uno
spazio di almeno 2,5 metri quadri per ognuno».
la
Croce e Avvenire
C’è spazio anche per la domanda sulla nascita del nuovo quotidiano La
Croce. Pensa che sia in alternativa ad Avvenire?, gli chiedono. «Pensarlo
sarebbe un’affermazione di bassa lega», risponde il segretario della Cei,
che ammette però di non aver ancora visto da vicino il neonato giornale.
«Quando esce un nuovo organo di informazione è sempre positivo, non
foss’altro che per il fatto che si creano posti di lavoro. Speriamo che li
paghino», aggiunge. E comunque «una voce in più è un bene, anche la
Chiesa può beneficiare dell’esistenza di più giornali. Il pensiero unico
non va mai bene a nessuno». Avvenire, assicura tuttavia Galantino, «è in
una situazione bella e florida. Aumenta e sta aumentando tiratura e lettori, mentre altri giornali registrano cali rilevanti».
revisione delle diocesi e
Sinodo
Nessuna novità, invece, sulla revisione del numero delle diocesi. La Cei
già dal 2011 ha indicato alla Congregazione dei vescovi alcuni criteri per
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procedere. «Ma non è vero che il Papa abbia affidato a me questo incarico. Non è un lavoro per una sola persona. E comunque -– sottolinea Galantino - non si possono fare tagli orizzontali». Risposte al questionario
per il Sinodo dei vescovi: «Nelle diocesi -– ha concluso il vescovo - – è
in atto una fase di creativo laboratorio».
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ECCO LE BUONE PRATICHE
PER DIRE NO AL GENDER
Luciano Moia
28 febbraio 2015
ECCO LE BUONE PRATICHE PER DIRE NO AL GENDER
«R
ete anti-gender»? No, nessuna contrapposizione ideologica. Lodovica Carli, responsabile del Forum delle famiglie in Puglia,
suggerisce la dizione di “educatori del cuore dell’uomo”, perché anche
un po’ di poesia non guasta per qualificare la nuova trama che si sta tessendo tra tutti coloro –genitori, insegnanti, associazioni, centri di ricerca,
uffici diocesani – decisi a rifiutare l’ormai opprimente egemonia culturale dell’educazione secondo il “gender”. Sembrava impossibile che una
maggioranza silenziosa e impegnata di genitori, educatori e insegnanti,
consapevole del valore decisivo dell’educazione, potesse soccombere
di fronte a un’esigua minoranza ispirata all’ideologia Lgbtq e sostenuta
dalla strategia nazionale Unar, con ondivago ma purtroppo pervicace appoggio istituzionale. E infatti, dopo aver masticato amaro per mesi, dopo
aver atteso – invano – che qualcosa si muovesse a livello di dirigenze
scolastiche e osservatori culturali, la maggioranza ha deciso di alzare la
voce. Da una parte l’azione “politica”, con la grande petizione sostenuta
da Age, Agesc, Movimento per la vita, Giuristi per la vita e Pro vita onlus. Dall’altra -–meno palese ma altrettanto penetrante - la rete che punta
a combattere il presunto progetto educativo del “gender” sul piano dei
contenuti, mostrando con un crescente ventaglio di buone prassi, come
un’idea che pretende di guardare alla sessualità prescindendo completamente dal dato naturale, non possa regalare ai ragazzi né serenità né
certezze.
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L’idea di fare rete contro il “gender”, con idee, progetti, iniziative concrete, era stata lanciata nel novembre scorso dal presidente del Forum,
Francesco Belletti. A gennaio, di fronte al successo dell’iniziativa, è nata
anche una pagina web di collegamento, “Il filo e la rete”, coordinato dalla
stessa Lodovica Carli, ginecologa ed esperta di metodi naturali: «Dobbiamo riuscire a risvegliare nei genitori, negli educatori, in tutti coloro
che si occupano di giovani e ragazzi -–spiega l’esperta -–la coscienza
della propria responsabilità educativa, ma soprattutto la consapevolezza
che, al di là di luoghi comuni di stampo moralistico, è nell’antropologia
cristiana che si può scoprire il valore e lo spessore del proprio essere al
mondo, accompagnando così i ragazzi alla scoperta del significato della propria vita». Il progetto al momento meglio radicato è nato proprio
in Puglia, si chiama Eros (Educazione, ricerca, orizzonte, sessualità), ed
è stato realizzato con il sostegno dell’Ufficio scolastico regionale e la
collaborazione della “Bottega dell’orefice”, associazione che -–con evidente richiamo al magistero sul corpo di Giovanni Paolo II - si occupa
di educazione alla sessualità e di metodi maturali. La ricerca, curata da
Angela Mongelli, docente di sociologia della formazione all’Università
di Bari, ha coinvolto 4.820 studenti delle scuole secondarie di primo e di
secondo grado della Puglia, oltre a 800 docenti. I risultati? Una conferma, supportata dai dati statistici, della necessità di aiutare la comprensione delle valanghe di informazioni in possesso dei ragazzi a proposito della sessualità -–Internet la fonte privilegiata -–con una formazione
che, spiega Mongelli, «possa accompagnarli alla scoperta delle bellezza
e della grandezza dell’amore, grazie alla sessualità, preziosa energia di
relazione che permette di trasformare il corpo in dono». L’obiettivo di
proporre ai giovani un alfabeto della corporeità senza le tante ambiguità
che arrivano dall’arcipelago mediatico ma anche dalla cultura pervasiva
del pansessualismo senza etica, ha mosso anche l’Ufficio per la pastorale
familiare della diocesi di Fidenza. Enrico e Camilla Mattei, insegnanti e
sensibilizzatori del metodo Billings, responsabili diocesani dell’ufficio
con don Adriano Contestabili, hanno messo a punto due percorsi educativi. Il primo, “Il corpo racconta”, è rivolto alle ragazze preadolescenti che
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sono invitate a seguire gli incontri insieme alle loro mamme. Attraverso
una traccia ludica ma scientificamente ineccepibile si valorizza il linguaggio del corpo nella sua dimensione filiale (“tutti abbiamo ricevuto la
vita in dono), sponsale (“la bellezzadella differenza sessuale come accoglienza reciproca”) e generativa (“siamo chiamati a restituire il dono ricevuto”). Le esperte non dimenticano di ricordare una virtù come il senso
del pudore, controcorrente di fronte all’ostentazione sfacciata del corpo
che oggi appare prevalente, ma che le adolescenti mostrano di comprendere perfettamente perché verità e libertà dell’amore, nel loro significato
autentico, sono iscritte nel cuore di ogni persona. Ma occorre parlarne,
raccontarlo -– anche grazie all’aiuto dei padri - con parole comprensibili.
Un obiettivo che anche la direzione didattica di zona, dopo l’approvazione da parte del collegio docenti, ha riconosciuto come fondamentale
autorizzandone la trasformazione in progetto scolastico.
Dal Forum delle associazioni familiari dell’Umbria arriva poi “Rispettiamoci”, progetto interdisciplinare in quattro differenti versioni con il
coinvolgimento di genitori e insegnanti: scuola dell’infanzia, primaria,
secondaria di primo e di secondo grado. Realizzato da una psicologa
dell’educazione, Leonida Carnevali; da una pedagogista dell’età evolutiva, Barbara Baffetti; da una sessuologa, Maria Tecla Cataldi, con la
supervisione dello psicologo Ivan De Marco, che è anche docente di sessuologia alla Scuola superiore Rebaudengo di Torino della Pontificia università Salesiana, il progetto intende sviluppare nei bambini e nei ragazzi
la consapevolezza della dimensione affettiva, la coscienza della propria
identità e della relazione esistente tra sentimenti e desideri. Obiettivo:
la scoperta dell’alterità maschile e femminile e la valorizzazione della
reciprocità tra i sessi.
Un punto fermo questo, indispensabile per ribadire l’errore delle teorie
del “gender” che, proprio ignorando il dato di realtà rappresentato dal
maschile e dal femminile, vorrebbe trasformare il desiderio in diritto
ma finisce invece per generare infinite solitudini. Una logica confusa e
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antropologicamente destabilizzante che si propone di contrastare anche
Saverio Sgroi, educatore e giornalista palermitano, da tempo impegnato
a proporre nelle scuole “Cogito et volo”, blog rivolto agli adolescenti su
sogni, amicizia, amore e sessualità.
Il ciclo di incontri, che prevede anche il coinvolgimento dei genitori e
si intitola “Una storia unica”, punta a sviluppare le capacità di vivere
responsabilmente le relazioni affettive, gestire le proprie emozioni e stimolare la riflessione sul concetto di identità sessuale.
Tra le altre opportunità, un organico programma di educazione alla sessualità su scala internazionale -– ma presente anche in Italia grazie alla
collaborazione del Centro di Ateneo su matrimonio e famiglia dell’Università Cattolica - è TeenStar, “Per amare ed essere amato”, che da quasi trent’anni, grazie all’intuizione di due ginecologi americani, Hanna
Klaus e Pilar Vigil, diffonde i fondamenti dell’antropologia cristiana su
sessualità e fertilità. Su un versante espressivo, ma non meno interessante, è il progetto “Io Tarzan, tu Jane” inventato da Marco Scarmagnani,
formatore e mediatore familiare, che sfrutta alcune delle più note sequenze cinematografiche, per spiegare che le differenze sessuale non sono
invenzioni confessionali, ma verità che accompagnano da sempre anche
la storia del cinema e della letteratura. E che non sarà una pretesa ideologica come il “gender” ad affossare ciò che è parte costitutiva del nostro
sapere, della nostra civiltà, della nostra vita. Era indispensabile che qualcuno - come stanno facendo con impegno i sostenitori del “Filo e la rete”
–- si decidesse a dirlo con forza e convinzione.
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