Sale e mitezza al primo incontro di Traiettorie di sguardi,Un

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Sale e mitezza al primo incontro di Traiettorie di sguardi,Un
Epifania: alle 11 Messa in
Cattedrale e alle 17 Vespri a
S. Sigismondo
In mattinata il solenne pontificale in Cattedrale, nel
pomeriggio i Vespri nella chiesa monastica di S. Sigismondo.
Questi i due appuntamenti celebrativi che il vescovo di
Cremona, mons. Antonio Napolioni, presiederà in città venerdì
6 gennaio nella solennità dell’Epifania del Signore.
La Messa in Cattedrale delle 11 sarà caratterizzata, dopo la
proclamazione del Vangelo, dall’annuncio del giorno di Pasqua:
un canto che, secondo un’antica usanza, scandisce le
principali feste dell’anno liturgico nel quale, dopo aver
contemplato Gesù fatto uomo, i fedeli sono invitati a seguire
Cristo fino alla pienezza della sua missione di salvezza e
alla sua vera manifestazione: il mistero della sua morte,
sepoltura e risurrezione.
La liturgia, concelebrata dai canonici del Perinsigne Capitolo
della Cattedrale, sarà animata con il canto dal Coro della
Cattedrale di Cremona, diretto dal maestro don Graziano
Ghisolfi e accompagnato all’organo Mascioni dal maestro Fausto
Caporali.
La Messa dell’Epifania sarà trasmessa in diretta streaming sul
nostro portale, oltre che sull’emittente radiofonica diocesana
RCN-InBlu e in televisione su Cremona1.
Nel pomeriggio, invece, alle 17, il vescovo Napolioni
presiederà il canto del Vespro nella chiesa monastica di S.
Sigismondo, insieme alla comunità monastica domenicana e ai
fedeli che vorranno prendere parte alla celebrazione. Si
tratta di una tradizione ormai consolidata da quando, nel
giorno dell’Epifania di nove anni fa, il vescovo Dante
Lafranconi pose la clausura papale sul monastero domenicano di
San Giuseppe, dove le claustrali avevano ufficialmente fatto
il loro ingresso l’8 dicembre del precedente anno.
La comunità monastica cremonese è attualmente composta da 18
monache, guidate dalla priora, madre Maria Lucia Soncini, che
aveva ricoperto l’incarico già negli anni del trasferimento
dal monastero di Fontanellato. Presente anche il cappellano,
don Gianpaolo Maccagni.
L’anniversario
di
quest’anno
si
colloca
in
un
felice
intrecciarsi di date. Se il 21 gennaio si chiuderà il Giubileo
dell’Ordine domenicano (forte richiamo alla conversione che in
parte è coinciso con l’Anno Santo della Misericordia), il 3
luglio 2017 la comunità cremonese ricorderà anche il secondo
centenario della nascita del Monastero. Era, infatti, il 1817
quando dodici monache, miracolosamente sopravvissute alle
soppressioni napoleoniche, diedero inizio in Fontanellato
(Parma) a una nuova comunità: il “Monastero S. Giuseppe”. Il
nome fu assunto dal titolo della chiesa ad esso annessa,
popolarmente detta “Santuario della Regina del Rosario”, ma
canonicamente riconosciuta come “Oratorio dedicato a S.
Giuseppe”. Il secondo centenario del Monastero S. Giuseppe
coincide, dunque, con i due lustri di presenza della comunità
monastica a Cremona.
Proprio in occasione di questi anniversari la comunità
domenicana cremonese ha deciso di condividere la propria
storia attraverso un racconto, pubblicato a puntata per tutto
il corso dell’anno, sul proprio sito internet, all’indirizzo
www.diocesidicremona.it/monasterodomenicano. Già on-line una
prima puntata.
In
Cancelleria
i
provvedimenti dell'Ordinario
circa la remunerazione dei
presbiteri
I provvedimenti dell’Ordinario, PO1, in merito alla
remunerazione spettante ai presbiteri in servizio alla
Diocesi, sono già stati predisposti e sono disponibili per
presa visione presso la Cancelleria della Curia vescovile.
Pertanto, se un presbitero desidera consultare il proprio PO1,
per verificarne la corrispondenza alla sua situazione, può
farlo dal dal 9 al 31 gennaio 2017 presso la Cancelleria,
negli orari seguenti: 09.30 – 12.30, giorni feriali. Inoltre
si ricorda che coloro che percepiscono o uno stipendio da un
ente non ecclesiastico o una pensione diversa da quella del
Fondo Clero sono tenuti a trasmettere all’IDSC copia dei
relativi prospetti.
Il
Sinodo
preparatoria
nella
fase
Il sinodo dei giovani entra nella sua fase preparatoria.
Obiettivo di questi mesi – che andranno da gennaio a settembre
– è l’esperienza dell’ascolto dei giovani e con i giovani su
alcuni temi davvero preziosi. Il metodo scelto per i passi
sinodali domanda che siano proprio loro, i giovani, tanti o
pochi che siano, a essere interpellati per un’esperienza di
autentico coinvolgimento e per un ascolto che sia rispettoso e
formativo per tutti.
La Segreteria del Sinodo – supportata in alcuni passaggi anche
da preziosi contributi esterni come il Seminario e il
Consultorio Ucipem di Cremona – ha predisposto un vademecum
per l’ascolto che aiuterà a chiarire ulteriormente una
metodologia di base della fase preparatoria; ma anche diverse
schede di ascolto, sintetiche proposte di riflessioni,
materiali multimediali e riferimenti di approfondimento per
vivere l’ascolto vero e proprio con i giovani. Ora si fa
appello agli Oratori, ai gruppi associativi e di movimento, ma
anche ai singoli che per varie ragioni sono più lontani dagli
ambienti ecclesiali, perché ascolto sia e si interagisca con
le tematiche proposte. Al termine degli ascolti i materiali
fatti pervenire saranno la base per lo strumento di lavoro
delle successive fasi del sinodo!
Non mancano proposte concrete. Come quella di prendere spunto
dalle schede, magari ampliandole e trovando migliori
materiali, per incontri con i giovani. Non sono da escludere
neppure formule nuove, come il ritrovarsi nella casa di
qualcuno o aprire un dibattito in un momento formativo
dell’oratorio.
I materiali di ascolto dovranno essere fatti pervenire al più
presto alla Segreteria del Sinodo tramite l’indirizzo e-mail
[email protected] o recapitati in cartaceo presso la
Federazione Oratori Cremonesi.
Sinodo dei giovani: precisati dal Vescovo gli obiettivi
Materiali già a disposizione
Ecco l’elenco delle schede già a disposizione e scaricabili
dal sito www.focr.it accanto ai rispettivi materiali
multimediali.
Il Vademecum Da tempo è stato condiviso il metodo degli
ascolti e alcune condizioni ritenute preziose. Ne è nato un
piccolo Vademecum, da leggere e usare per orientarsi. Bastano
alcune piccole, ma preziose attenzioni perché il “pendolo”
sinodale si muova. Scarica il vademecum
La scheda 0: C’era una volta la Chiesa È la scheda 0 sulla
Chiesa… una specie di premessa obbligata perché non si può
immaginare il Sinodo senza una condivisione sul grembo materno
che lo genera. Attenzione che si concrentizza parlando della
Chiesa e nella Chiesa: per condividere e smascherare gli
stereotipi, dirsi la verità sul suo stato di salute,
ricordarsi che non è solo opera di uomini più o meno
spirituali, capire meglio chi sia il suo centro, interrogarsi
sulla sua maternità e sulla sua profezia. Scarica la scheda 0
La scheda 1: Cosa farò da grande? La scheda 1, curata dalla
comunità del Seminario e dal Centro Diocesano Vocazioni,
suscita un ascolto prezioso proprio sul futuro, croce e
delizia, speranza e paura per i giovani (e forse per loro
perché tante paure vengono dagli adulti). Ora il focus è sulla
“vocazione”, magari presentata o percepita in modi diversi,
destinata a confrontarsi con il fascino del “per sempre”,
risposta a una Provvidenza che ama, fiducia per un amore che
crediamo non deluda. Scarica la scheda 1
La scheda 2: Sotto questo cielo La scheda 2 è stata pensata
dalla segreteria del Sinodo in riferimento alla vita vera dei
giovani, anche e soprattutto di quelli che frequentano gli
ambienti ecclesiali. Per tutti viene il lunedì, con i suoi
ritmi inesorabili, purtroppo non placati nemmeno più dalla
domenica o dal week-end. Che si sa? Di chi si è? Della
parrocchia, degli amici, dell’università, dei morosi, dello
sport? Di tutti e di nessuno? E come “sopravvive” la
spiritualità quando non c’è più nemmeno l’obbligo di andare in
chiesa? Scarica la scheda 2
La scheda 3: That’s amore La scheda 3 è stata costruita dalla
Segreteria dopo un confronto con il Consultorio Ucipem. Che
cosa interessa di più ai giovani (e agli esseri umani in
generale) se non gli affetti e l’amore? Se non le relazioni
che danno senso e sostanza alle opere e ai giorni? Ecco allora
questo ulteriore tassello di ascolto, per condividere fatiche
e desideri, paure e speranze dei giovani dentro il mondo degli
affetti su cui da sempre la Chiesa ha posto il Vangelo come
luce e pienezza. Scarica la scheda 3
Modulo IRC In collaborazione con l’Ufficio Scuola è stato
inoltre predisposto un modulo per gli insegnanti di religione
che intendono approfondire il tema (già curricolare) della
Chiesa e cogliere un’occasione preziosa per segnalare
percezioni e idee degli ultimi due anni della scuola superiore
rispetto ai temi che concorreranno al Sinodo. Scarica il
modulo IRC
Materiali in cantiere
Ulteriori schede e temi di ascolto sono in preparazione. La
produzione dei materiali terminerà per la Pasqua 2017.
In particolare, all’indomani del convegno diocesano di
Pastorale giovanile di gennaio saranno pubblicate le schede:
4: “Ma tu ci credi ancora?” – scheda di ascolto sui
giovani e la fede
5: “Piccoli atei crescono?” – scheda di ascolto sui
giovani e le appartenenze
Quindi, all’indomani della due-giorni Assistenti di metà marzo
sarà pubblicata la scheda 6 “Quando si andava all’Oratorio” di
ascolto sui giovani e i percorsi pastorali
Inoltre, all’indomani della Veglia delle Palme, le schede:
7-8-9: “Come luce nel mondo” – schede di ascolto sui
giovani e gli stili di vita
10: “Finché c’è vita, c’è speranza – scheda di ascolto
sui giovani e le speranze di futuro
Mons. Sapienza a Cremona per
presentare "La Parola ai
poveri", una raccolta di
interventi
di
don
Primo
Mazzolari
Don Primo Mazzolari nasce a Boschetto il 13 gennaio 1890. Ogni
anno la Fondazione a lui dedicata intende dare rilievo a
questo anniversario: nel 2017 avverrà con una presenza
speciale a Cremona. Infatti, la chiesa locale avrà la gioia di
accogliere mons. Leonardo Sapienza, Reggente della Prefettura
della Casa Pontificia, che presenterà il libro da lui stesso
curato La parola ai poveri, pubblicato da EDB lo scorso
ottobre. L’evento si terrà sabato 14 gennaio, alle ore 16, nel
Salone dei Quadri del Comune di Cremona, con la partecipazione
del vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, e del sindaco
della città, Gianluca Galimberti.
La parola ai poveri è una raccolta di scritti del parroco di
Bozzolo pubblicati negli anni ’50 in una rubrica del
quindicinale Adesso. I poveri chiedono la parola più che una
facile strumentalizzazione ideologica. Essi sono una continua
provocazione anche per la Chiesa, che attraverso la sua
povertà può parlare con credibilità al cuore di ogni uomo. I
poveri sono un soggetto ecclesiale scomodo e rappresentano un
severo richiamo per chi è chiamato a decidere le sorti
dell’umanità.
Padre Sapienza, religioso rogazionista, è uno dei più stretti
collaboratori di papa Francesco. La sua straordinaria capacità
organizzativa è stata ininterrottamente al servizio di tre
pontefici: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e ora Francesco.
Il prelato non ha mai nascosto il suo debito spirituale nei
confronti di don Primo, che ha letto, studiato e meditato per
anni. Collabora da tempo con la Fondazione di Bozzolo: accanto
al libro che verrà presentato il 14 gennaio, è in uscita nelle
prossime settimane un altro testo di Mazzolari, curato sempre
da mons. Sapienza e intitolato Quaresimale minore.
Il volume La parola ai poveri è di particolare pregio perché
riporta un testo autografo di papa Francesco, che non solo
consiglia la lettura delle meditazioni di don Primo, ma ne
vede la profezia evangelica. Le parole del Pontefice
incoraggiano con forza a dare voce ai poveri, a fare della
Chiesa la voce di chi non ha voce, ad aprire il cuore verso le
necessità degli ultimi.
Scrive Francesco di suo pugno: «Ci farà bene leggere e
meditare queste pagine molto attuali di don Primo Mazzolari,
sacerdote coraggioso. Lui ci ricorda che i poveri sono la vera
ricchezza della Chiesa, i poveri sono l’unica salvezza del
mondo! Chiediamo al Signore la grazia di vedere i poveri che
bussano al cuore, e di uscire da noi stessi con generosità,
con atteggiamento di misericordia, perché la misericordia di
Dio possa entrare nel nostro cuore».
L’invito ad accostare Mazzolari da parte di Papa Francesco fa
intuire una profonda sintonia con il messaggio del parroco di
Bozzolo, già indicato come modello di sacerdote nel discorso
di apertura del Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma
nella basilica di San Giovanni in Laterano lo scorso 16
giugno. In quell’occasione era stato il riferimento all’omelia
del 3 aprile 1958 su “Nostro fratello Giuda” a motivare la
citazione di don Mazzolari.
Possiamo immaginare che l’accostamento del Santo Padre a don
Primo sia stato favorito proprio dalla passione che padre
Sapienza dimostra nei confronti delle pagine mazzolariane.
Don Bruno Bignami
Presidente Fondazione Mazzolari
Invito alla presentazione
L'8 gennaio a Castelleone
l'incontro del Vescovo con
politici e amministratori
Già parecchie le adesioni all’incontro che il vescovo Antonio
Napolioni terrà, nella mattinata di domenica 8 gennaio a
Castelleone, con gli esponenti del mondo politico,
amministrativo, economico e sociale del territorio diocesano.
Quasi 600 gli inviti spediti dall’Ufficio diocesano per la
Pastorale sociale e del lavoro, promotore dell’incontro,
guardando all’interno territorio diocesano – dall’area del
Cremonesese a quelle del Casalasco-Mantovano alla BergamascaMilanese – ma senza tralasciare neppure la confinante diocesi
di Crema.
«Essendo quest’anno a Castelleone – spiega Sante Mussetola,
incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro –
in sinergia con la parrocchia Ss. Filippo e Giacomo abbiamo
voluto allargare l’invito anche all’area cremasca, in
particolare coinvolgendo anche l’ufficio diocesano di quella
Diocesi, con il responsabile Mario Cadisco».
L’incontro del Vescovo di Cremona con gli esponenti del mondo
politico, amministrativo, economico e sociale del territorio
diocesano è una tradizione ormai consolidata, anche se
quest’anno si caratterizza per alcune novità. Anzitutto la
scelta della data all’inizio dell’anno anziché come consueto
in Avvento, data l’iniziale coincidenza con la data del
referendum costituzionale.
Altro elemento di novità è la scelta della location: non il
Centro pastorale diocesano di Cremona, ma una realtà
“periferica”. «L’obiettivo – sottolinea Mussetola – è quello
di un maggior coinvolgimento dell’intera realtà diocesana,
dunque non concentrando le nostre attività solo nella città di
Cremona, ma coinvolgendo in modo attivo le diverse zone
pastorale».
La scelta proprio di Castelleone è dovuta a un’altra
coincidenza: «L’iniziativa si colloca nell’ambito del 400°
anniversario della morte di san Bernardino Realino, legato a
questa terra per la funzione civile che qui ha ricoperto prima
di abbracciare la vita religiosa. Proprio guardando alla sua
figura, e nello specifico alla bontà del suo governo, vi sarà
modo di sottolineare il modo di stare nel mondo con lo stile
del servizio, richiamando il motto del coordinamento pastorale
in cui l’Ufficio è coinvolto».
A Castelleone le celebrazioni in onore di san Bernardino
Realino nel 4° centenario della morte (avvenuta nel 1616)
hanno avuto il proprio culmine sabato 17 dicembre alla
presenza di mons. Francesco Cavina, vescovo di Carpi (città
natale di san Bernardino). La conclusione sarà appunto l’8
gennaio alla presenza del vescovo Antonio Napolioni.
L’appuntamento sarà a partire dalle 9.15 presso il salone
dell’ex Cinema “Leone” di Castelleone, in via Garibaldi 27,
dove il Vescovo terrà una riflessione sul tema “Nel mondo con
lo stile del servizio alla luce della testimonianza di san
Bernardino Realino”.
La mattinata si concluderà quindi con la Messa presieduta dal
vescovo Napolioni, alle 11.30, nella chiesa parrocchiale di
Castelleone.
La celebrazione con il vescovo Cavina
Biografia di san Bernardino Realino
Nato in una illustre famiglia di Carpi,
che per i suoi primi studi gli faceva
venire i maestri a casa, fu poi mandato
all’Accademia modenese. A 26 anni si
laurea in diritto civile e canonico e,
sotto la protezione di Cristoforo
Madruzzo, Bernardino si avvia sulla strada
dei pubblici uffici. Governò con giustizia
e onestà il comune di Felizzano e quello
di Cassine, nel Monferrato, dopo aver
esercitato per due anni l’ufficio di
avvocato fiscale ad Alessandria.
A servizio di Ferdinando Francesco Davalos, marchese di
Pescara e del Vasto, Bernardino fu inviato a Castelleone come
magistrato del feudo, devastato da lestofanti. Se a Felizzano
e a Cassine Bernadino aveva lasciato sbalordita la gente per
la benevolenza usata con tutti, l’alto senso della giustizia e
l’illibata onestà nell’amministrazione del pubblico erario, a
Castelleone meravigliò tutti con la sua santità. Vigilò con
assiduità alla quiete privata e pubblica; fu mite per natura,
ma acerbo contro i delitti; fu discreto nel comando, ma
esigente nel fare osservare la legge.
Egli fece della carità l’arma infallibile del suo governo: ai
bisognosi diede sempre a piene mani, fino a contrarre debiti
quando le sue tasche erano vuote.
Gli evidenti miglioramenti apportati dal Bernardino a
Castelleone indussero il marchese di Pescara a designarlo suo
uditore e luogotenente generale nei feudi che possedeva nel
regno di Napoli (1564). Svolse l’ufficio con la sua solita
onestà, ma solamente per tre mesi perché nell’udire predicare,
nella chiesa del Gesù Vecchio, padre Giambattista Carminata,
tocco dalla grazia, decise di entrare nella Compagnia di Gesù,
nonostante i suoi 34 anni.
Nel 1567 è ordinato sacerdote e diventa il maestro dei novizi
gesuiti. Sette anni dopo, a Lecce, crea un collegio al quale
si dedicherà fino alla morte.
Diventò patrono di Lecce mentre era ancora in vita.
Nell’estate del 1616, mentre stava morendo, 42 anni dopo
essere arrivato in città, venne visitato in forma ufficiale
dai reggitori del Municipio che gli facero richiesta di voler
essere il protettore della città. Lui, che tanto aveva fatto
del bene a Lecce, acconsentì.
Papa Pio XII lo proclamò santo nel 1947.
Nonviolenza e commercio delle
armi: il 13 gennaio alle Acli
riflessioni dopo la Marcia
della pace di Bologna
Proseguirà idealmente venerdì 13 gennaio nel terzo incontro
del laboratorio Laudato si’ promosso delle Acli Cremonesi,
l’esperienza che una trentina di cremonesi ha vissuto sabato
31 dicembre a Bologna prendendo parte alla 49ª edizione della
Marcia nazionale per la pace.
L’appuntamento dell’ultimo dell’anno è iniziato nel pomeriggio
di San Silvestro ai Giardini Margherita, dove ha preso avvio
la Marcia. Tappe a San Petronio per il Te Deum con
l’arcivescovo di Bologna e alla Stazione di Bologna prima di
giungere al Palazzetto dello Sport. Le riflessioni teologiche
e spirituali richiamate durante la Marcia quali ragioni
fondative della “nonviolenza, stile di una politica per la
pace” (tema scelto da Papa Francesco per la 50 esima Giornata
mondiale della pace del 1° gennaio 2017) hanno trovato alcune
traduzioni operative proprio negli interventi e nelle
testimonianze durante la tavola rotonda al Paladozza.
Ribadito ancora una volta che le guerre si possono e si devono
prevenire, trasformare, riconciliare con azioni politiche
attive e creative, l’interrogativo si è focalizzato sulle
caratteristiche e gli ambiti di una politica per la pace.
Per Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas italiana, “la
guerra mondiale a pezzi, in quest’ultimo decennio, ha visto
una continua crescita del dramma dei profughi: solo nel 2016
sono state 65,3 milioni le persone costrette a scappare”.
Eppure, ha aggiunto, si vive “ovattati da falsità che non ci
fanno vedere la sofferenza di questa gente, così ci
infastidiscono 190mila profughi arrivati nel nostro Paese,
mentre altri 5mila, in un anno, sono morti nel Mediterraneo”.
Se c’è un legame tra povertà e guerra, allora “politiche
nonviolente – ha precisato – vanno verso la lotta alla
povertà”.
Vi è poi il legame tra guerra e ambiente, laddove “vi sono, ad
esempio, degrado e inquinamento”. E c’è un rapporto tra guerra
e speculazioni finanziarie, con “una finanza non governata che
specula anche sul cibo”. E proprio il cibo, ha un legame
diretto con la guerra, perché “sempre più lo si strumentalizza
per ridurre alla fame il nemico, ignorando tutti i civili che
muoiono di conseguenza, e che non rientrano nei computi delle
vittime della guerra”.
Per Angela Dogliotti Marasso, presidente del Centro studi
Sereno Regis di Torino, occorre un articolato lavoro dal basso
per costruire consenso e massa critica a favore di politiche
nonviolente.
Indicate alcune piste: riconoscere e risolvere il conflitto
che c’è prima di tutto dentro ciascuno, e quindi educare alla
trasformazione non violenta dei conflitti personali e sociali.
Sviluppare l’empatia come capacità di identificarsi nelle
sofferenze altrui. Prediligere sempre i metodi cooperativi e
collaborativi a tutti i livelli. Difendere il territorio e i
beni comuni con la lotta nonviolenta. Lavorare perché la
finanza e la tecnoscienza mettano al centro i bisogni umani
invece del profitto. Costruire politiche coerenti con la
difesa nonviolenta (come i corpi civili di pace, la difesa
popolare nonviolenta e la messa al bando delle armi nucleari).
Don Renato Sacco, segretario di Pax Christi Italia, ha
invitato a mobilitarsi contro il ripetuto invio di bombe
italiane all’Arabia Saudita che sta distruggendo lo Yemen e
massacrando la popolazione, specialmente i bambini. Il
sacerdote ha quindi sottolineato che le spese militari
italiane nel 2017 saranno di 23,4 miliardi di euro, ben 64
milioni al giorno, a fronte di un tasso di povertà crescente
nel Paese. E si è domandato: “Di quale sicurezza abbiamo
bisogno oggi? Degli F35, di nuovi sistemi d’armi o di posti di
lavoro, di efficaci politiche della scuola, della sanità e
della difesa del territorio dal dissesto ambientale?”
La pratica della nonviolenza – ha detto mons. Luigi Bettazzi,
vescovo emerito di Ivrea già presidente di Pax Christi – è il
cuore stesso del Vangelo e va vissuta in tre dimensioni
precise: nella contemplazione e nella preghiera per alimentare
la coscienza, con l’azione nonviolenta e nella profezia per la
giustizia e la pace.
Le tematiche dell’evento dell’ultimo dell’anno (promosso
daall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro,
Caritas Italiana, Pax Christi, Azione Cattolica Italiana
insieme all’Arcidiocesi di Bologna) saranno ulteriormente
sviluppate in occasione del terzo incontro del laboratorio
sull’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” ideato dalle
Acli provinciali cremonesi. L’appuntamento è nel pomeriggio
del 13 gennaio alle 17.30 presso la sede delle Acli
provinciali (via card. Massaia, 22). Tema dell’incontro “Il
commercio delle armi, la denuncia di papa Francesco e la
responsabilità dei credenti”. Interverranno la presidente
provinciale Carla Bellani e l’assistente ecclesiastico don
Antonio Agnelli.
Mons.
Napolioni:
«La
maternità segno quotidiano
del Natale»
Un nuovo anno iniziato guardando a Maria, al mistero di una
ragazza che è madre di Dio e che dà senso a ogni maternità e a
ogni vita. Così il vescovo Antonio Napolioni nella Messa
presieduta in Cattedrale nel pomeriggio di domenica 1°
gennaio, solennità di Maria Madre di Dio e 50esima Giornata
mondiale della pace.
Nella sua riflessione mons. Napolioni si è soffermato proprio
sulla maternità. Non solo quella di un Dio Creatore che ha
voluto assaporare lui stesso l’abbraccio di una madre, ma
anche quella quotidiana e attuale che il Vescovo ha avuto modo
di conoscere da vicino in queste settimane, incontrando tante
mamme con i propri bambini. Ambienti e situazioni anche molto
differenti tra loro. Come l’ospedale cittadino, le tante
famiglie incontrante nelle case e nelle parrocchie, o le
diverse strutture di accoglienza. Ad esempio quella per
ragazze madri che stanno uscendo dal tunnel delle droga, dove
il Vescovo ha passato il pomeriggio del 1° gennaio: in
famiglia!
Segni del Natale, li ha definiti il Vescovo. Ben più
significativi degli addobbi natalizi che tra pochi giorni
torneranno negli scatoloni chiudendo la parentesi di queste
festività.
Mons. Napolioni ha aiutato a entrare nel profondo del mistero
della maternità: quello di Maria e quello della Chiesa. «In
fondo – ha ricordato il Vescovo – la storia del mondo è storia
di un’unica grande maternità»: quella di un Dio che dona se
stesso.
Un “miracolo” che si rinnova ogni giorno in quei neonati
capaci di ridare vita alle proprie madri, mentre esse si
prendono cura di loro in un vero e proprio circolo d’amore.
L’attenzione del Vescovo è andata anche alla 50esima Giornata
mondiale della pace, dal titolo “La nonviolenza: stile di una
politica per la pace”. L’invito del Papa a praticare stili di
nonviolenza – ha ricordato mons. Napolioni – è rivolto a
tutti: a cominciare proprio dalle famiglie.
La celebrazione, molto partecipata, è stata animata con il
canto dalla Corale di Pieve Delmona, accompagnata all’organo
dal maestro Fausto Caporali. Il servizio d’ordine è stato
garantito come in tutte le festività dall’Associazione
Nazionale Carabinieri, mentre come tradizione del 1° gennaio
hanno prestato servizio all’altare i ministranti della
Parrocchia di Casalbuttano.
A loro il Vescovo, prima della benedizione finale, ha voluto
dire grazie insieme agli auguri, «che concretizzeremo giorno
per giorno aiutandoci». In questo senso un pensiero
particolare mons. Napolioni l’ha voluto rivolgere al
Perinsigne Capitolo della Cattedrale, rappresentato da molti
dei canonici che hanno concelebrato l’Eucaristia. Il Vescovo
ha ricordato l’importanza del loro ministero, svolto
quotidianamente nella preghiera e nelle confessioni, «facendo
della Cattedrale non solo un capolavoro d’arte, ma un vero
santuario di fede».
Photogallery
Gemellaggio
terremoto/19.
L'esperienza di volontariato
degli studenti di IV e V del
Liceo Vida
Pian di Pieca, 1° gennaio 2017
Condivisione. Macerie. Solidarietà. Collaborazione. Unione.
Sorrisi. Tristezza. Altruismo. Sostegno.
Prendiamo il testimone da Nicoletta… siamo un gruppo di
ragazzi di IV e V del Liceo Vida di Cremona che, con
convinzione ed entusiasmo, ha aderito al progetto
“DiamociUnaMano” proposto dalla Caritas cremonese.
Un’esperienza intensa ed arricchente, a contatto con la
struggente realtà del terremoto nel Centro Italia, ci ha resi
partecipi di sofferenza, sorrisi e collaborazione, nella
consapevolezza di non essere mai soli, perché sempre
supportati dalla preziosa guida degli operatori della Caritas
di Cremona, che ci hanno accompagnato anche nella visita delle
famiglie rimaste sul territorio.
Il piazzale della chiesa di S. Cassiano (MC), dove don Luigi è
parroco, era pieno di macerie. Le macerie. Sono pezzi della
chiesa, del campanile e sono una parte dell’animo delle
persone. Abbiamo spostato tanti pezzi. Quelli più belli e
preziosi li passavamo tra le nostre mani, in una catena
inarrestabile, fino al bancale dove venivano impilati, in
attesa di “dare nuova vita”. In don Luigi quei pezzi trovavano
già un’unità grazie alla sua incrollabile tenacia e
determinazione.
Finché il suo viso, insieme ai nostri, ha cambiato
espressione, quando abbiamo spalancato la porta della
canonica. Tutti i giorni apriamo e chiudiamo porte fisiche e
non. Quella mattina (martedì 27 dicembre) abbiamo contribuito
ad aprire la porta della sua casa, del suo cuore e del suo
sogno, che le macerie del campanile avevano chiuso.
Il lavoro a S. Cassiano ha riportato alla luce anche una
campana, grande festa e sprone per ripartire davvero!
Il nostro piccolo contributo si è poi concluso vedendo quel
piazzale sgombero, frutto di una fatica umile e costante. La
stessa che ci ha motivato nello stare con alcuni bambini
accorsi a Pian di Pieca (MC) per vivere momenti di gioia e
condivisione che speriamo e (crediamo) abbiano provato nello
scartare i regali, consumare la merenda delle quattro e
correre nel prato per afferrare quella bandiera tanto
desiderata.
La nostra esperienza non finisce però qui. Essa si è
alimentata anche attraverso “uscite sul campo” e ascolto di
chi il terremoto l’ha vissuto davvero, come il parroco di
Camerino, don Marco, che ci ha trasmesso e confidato ciò che
il cuore gli sta suggerendo in questi momenti difficili.
È viale Giacomo Leopardi. Sulla destra c’è il silenzio di un
centro storico in zona rossa. Un silenzio che rende il cuore
freddo. Dall’altra parte c’è un paesaggio mozzafiato con
sfumature infinite rosa e azzurre del tramonto. Così Leopardi
sembra dividere il vuoto di quelle case e la pienezza di un
paesaggio rigenerante. Mentre Don Marco racconta di una
Camerino giovane e fervente, devota al suo patrono, S.
Venanzio, le strade ora sono deserte, in attesa di una
rinascita.
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Gli studenti del Liceo Vida di Cremona
volontari sui luoghi del sisma
Volontari per il gemellaggio con Camerino: ecco come fare
Speciale terremoto con il diario dei giorni precedenti
«La Vergine Maria antidoto
alla frenesia del tempo»
«Siamo schiavi o figli del tempo? Rischiamo di esserne
schiavi, invece, siamo chiamati ad esserne figli! Figli del
nostro tempo, della storia che abbiamo alle spalle, figli del
dono di Dio che in ogni istante ci rende vivi, non tanto
perché è il burattinaio che non taglia i fili per chissà quale
destino di bontà, mentre ad altri sembra che la vita sfugga
sempre, ma perché è realmente fonte di vita, anche nel male e
nel dolore! È talmente fonte di vita che ama i suoi figli, li
custodisce e li rende immortali, li riempi di eternità e li
libera dalla schiavitù del tempo». Ha esordito così mons.
Napolioni nell’omelia dell’ultima Messa dell’anno, celebrata,
come da tradizione, nella chiesa cittadina di S. Agostino.
Un’Eucaristia caratterizzata dal rendimento di grazie per i
dodici mesi trascorsi attraverso il canto del Te Deum proposto
dalla schola cantorum parrocchiale diretta dal maestro Isidoro
Gusperti.
La Messa, ben partecipata da fedeli provenienti da tutta la
città, è stata concelebrata dal parroco di S. Agostino-S.
Pietro don Stefano Moruzzi, dal vicario don Roberto Musa, dai
collaboratori parrocchiali don Giuseppe Ferri e don Pier
Altero Ziglioli e dal sacerdote residente mons. Ruggero
Zucchelli.
All’inizio mons. Napolioni ha venerato con l’incenso
l’artistico presepio posto ai piedi del presbiterio, quindi ha
ricevuto il saluto di don Moruzzi che ha ricordato l’antica
tradizione di celebrare il Te Deum in S. Agostino: «La
presenza del Vescovo, successore degli apostoli – ha detto –
rinsalda la nostra fede e la nostra appartenenza alla Chiesa
universale».
Nell’omelia mons. Napolioni ha stigmatizzato il comportamento
dell’uomo contemporaneo che sembra sempre più schiavo del
tempo: «Anche i nuovi mezzi digitali invece di aiutarci a
vivere meglio – ha spiegato – aumentano la nostra ansia. La
tecnologia oggi è ansiogena! Per cui non solo non ci basta il
tempo, ma non lo sappiamo gustare, non ci sappiamo fermare a
pensare, a capire. Siamo in preda a che cosa non si sa: a un
motore che non si ferma eppure all’improvviso si inceppa,
troppo tardi a volte per essere protagonisti della nostra
vita».
Il presule ha evidenziato due trappole che rendono gli uomini
schiavi del tempo: «Anzitutto la frenesia: per cui rincorriamo
un benessere che non troviamo, perché lo cerchiamo male e
cresce in noi una insoddisfazione che cerca risposte che ci
ammalano sempre di più. Sempre più schiavi di mille forme di
dipendenza. A tal proposito non posso che appoggiare chi nella
nostra città giustamente cerca di limitare i danni della
dipendenza dal gioco d’azzardo che rovina le persone, le
intelligenze, le coscienze, le famiglie, la società stessa. Il
dramma è che questa società attraverso le sue istituzioni un
po’ alimenta queste dipendenze e un po’ cerca di ridurne i
danni».
Guardando alla notte dell’ultimo dell’anno mons. Napolioni ha
auspicato che si utilizzino meno botti e alcolici, ma si
riscopra la gioia dello stare in famiglia, ma anche in piazza,
ritrovando la fiducia dell’essere insieme.
Una seconda schiavitù riguarda la tentazione della nostalgia a
scapito della memoria: «Nella fede noi viviamo il memoriale
della morte e risurrezione del Signore! Non possiamo non
ricordare la sorgente, il dono della salvezza, cosa ha fatto
Dio per noi, chi siamo davvero, la fonte della nostra gioia e
speranza. Non siamo nel mondo per sbaglio, siamo vivi per
grazia e per amore». Eppure se tutto questo non si traduce in
uno sguardo positivo sul presente e sul futuro e si guarda al
passato nelle sue forme esteriori come se fossero le uniche
«si cade nella malattia della memoria. La cultura europea, la
più ricca ed evoluta del pianeta, si sta ammalando gravemente
di un ripiegamento sul passato tanto è vero che non siamo
capaci di trasmettere ai nostri giovani la voglia e la
capacità di costruire un futuro più degno e più bello della
vita che li abbiamo consegnato. Magari perché gli abbiamo
illusi di un benessere materiale, senza dare loro un benessere
interiore, di una pace profonda che diventa fecondità».
L’antidoto a tutto questo è Maria Santissima che nel mistero
della Natività da parte sua «custodiva tutte queste cose
meditandole nel suo cuore». Il silenzio di Maria è un silenzio
colmo di pace: «Lei ha fatto pace col tempo, perché l’eterno è
entrato in lei, ha fatto della sua giovinezza la più
importante maternità della storia. E farà della sua fedeltà
sotto la croce un’esperienza d’amore infinito, tanto che nel
suo cuore tutti i nostri frammenti di tempo, anche quelli più
bizzarri e intrisi di peccato, trova misericordia, tenerezza
di madre e speranza».
E così ha concluso: «Lei è regina della pace non solo per
l’esemplarità dei suoi sentimenti, ma perché ci da’ la forza
di essere costruttori di pace, con stili di tenerezza e
gratuità, in ogni situazione di vita. Impariamo da lei,
guardiamo lei, parliamone con lei, lasciamoci guidare da lei
affinché tutta la Chiesa sia più mariana e perciò più madre e
più feconda».
Ascolta l’omelia di mons. Napolioni
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Domenica 1° gennaio, mons. Napolioni presiederà, alle 18, in
Cattedrale, il solenne Pontificale nella solennità di Maria
Madre di Dio e nella 50a Giornata mondiale della pace che
quest’anno ha come tema: «La nonviolenza: stile di una
politica per la pace». I canti saranno proposti dalla corale
parrocchiale di Pieve Delmona.
Messaggio del Papa per la Giornata mondiale per la pace
«Scendiamo
dal
divano
dell'indifferenza e scegliamo
la nonviolenza»
«La nonviolenza ci impone di scendere dal divino e di
abbandonare l’indifferenza verso quanto accade nel mondo,
perchè chi non sceglie la nonviolenza, per forza di cose si fa
complice del male». È un grido forte e chiaro quello lanciato
da mons. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, durante la
veglia di preghiera per la pace promossa nella serata di
venerdì 30 dicembre nel santuario della Madonna della Fontana
di Casalmaggiore. Il momento di preghiera, diventato ormai una
tradizione consolidata, è stato promosso dalle zone pastorali
nona, decima e undicesima e coordinato da don Luigi Pisani,
parroco di Rivarolo del Re, e da don Ernesto Marciò, guida
delle comunità cristiane di Cividale Mantovano e Spineda. Ad
animare il canto le corali della zona decima dirette dal
maestro Donato Morselli e accompagnate all’organo da Claudio
Leoni. A fare gli onori di casa il rettore del santuario
casalasco padre Bruno Signori insieme a tutta la comunità dei
frati cappuccini.
Mons. Antonio Napolioni, che ha affiancato l’arcivescovo Zuppi
durante l’intera liturgia, ha brevemente salutato all’inizio:
«Sono grato alle zone pastorali casalasco-mantovane per questa
significativa veglia di preghiera. Siamo tra Natale e l’inizio
del nuovo anno, siamo alla Fontana in preghiera per la pace,
direi proprio che Maria è la fontana della pace, perché ci ha
donato Gesù e nell’umanità di Gesù la nostra umanità salvata,
redenta, riconciliata diventa strumento di pace. Siamo
assetati di pace non solo per noi ma per il mondo intero».
Ascolta il saluto di mons. Napolioni
Don Pisani introducendo la serata ha ricordato che mons. Zuppi
è stato già ospite della veglia della pace nel 2010, quando
era ancora assistente spirituale della comunità di S. Egidio:
«Stasera – ha spiegato il sacerdote – gli abbiamo chiesto di
aiutarci a riflettere sul messaggio del Papa, per suggerirci
vie e strade che possano anche nel nostro tempo esprimere la
sollecitudine della Chiesa ad essere voce profetica di pace».
La prima parte è stata caratterizzata dalla lettura di alcuni
brani del messaggio del Santo Padre Francesco per la 50a
Giornata mondiale per la pace dal titolo: «La nonviolenza:
stile di una politica per la pace». Alla numerosa e attenta
assemblea è stato offerto anche uno stralcio del libro “Tu non
uccidere” di don Primo Mazzolari, vero e proprio antesignano
profeta di pace. In quel testo il parroco di Bozzolo ricordava
che «il cristiano è un “uomo di pace”, ma non un “uomo di
pace” perchè fare la pace è la sua vocazione».
Dopo la proclamazione del brano del Vangelo delle Beatitudini
– indicate nel messaggio pontificio come carta di identità
dell’operatore di pace – ha preso la parola l’arcivescovo di
Bologna. Zuppi ha ricordato la sua appartenenza alla comunità
di S. Egidio fin da quando era ragazzo e l’impegno di questo
realtà ecclesiale fondata da Andrea Riccardi a favore della
concordia e della solidarietà tra le nazioni.
Commentando il messaggio papale il presule ha ripreso l’invito
del Santo Padre Francesco ai giovani della Gmg di Cracovia di
scendere dal divano e di diventare protagonisti della storia:
«La nonviolenza ci impone di abbandonare l’indifferenza verso
quanto accade nel mondo, perchè chi non sceglie la
nonviolenza, per forza di cose si fa complice del male».
Per Zuppi la nonviolenza è un atteggiamento per nulla passivo,
ma uno stile attivo e propositivo che mette al centro sempre
il dialogo e l’accoglienza del diverso. «La nonviolenza – ha
rimarcato – è l’unica via capace di spezzare la logica del
male» e ancora «Se non si sceglie la nonviolenza,
inevitabilmente si finisce per considerare la guerra come
l’unico modo di risolvere i conflitti».
«Papa Francesco – ha proseguito l’Arcivescovo – definendo i
tanti conflitti nel mondo come una guerra mondiale a pezzi ci
aiuta a superare l’inganno che quei tragici eventi non ci
interessano: se è una guerra mondiale a pezzi ogni pezzo
riguarda tutti».
E dopo aver ricordato che è la solidarietà che fa la storia ha
invitato ad assumere uno stile di vita nonviolento: una scelta
significativa soprattutto per il cristiano che «convinto
dell’amore di Dio e della sua potenza non ha paura di
affrontare il male».
Mons. Zuppi ha quindi spronato tutti ad essere «artigiani di
pace», con il Vangelo delle Beatitudine nel cuore e nella
mente «dobbiamo impegnarci ad essere persone che hanno bandito
dal loro cuore la violenza, anzitutto quella verbale, perchè
ci sono parole che sono peggio delle pietre». Occorre poi
rifiutare il pettegolezzo e il giudizio negativo nei confronti
degli altri: il nonviolento, infatti, cerca sempre il bene
delle persone.
Quindi un accenno alla politica: «La pace non può essere mai
una conquista individuale, rifugio in un mondo fatato dove
tutto va bene. Se cerco la pace devo cercarla per tutti, così
ci ricorda Thomas Merton, ma anche il vostro don Primo
Mazzolari». La politica, dunque, deve assumere anch’essa uno
stile nonviolento: l’esempio viene da Francesco che “convertì”
il lupo che vessava la popolazione di Gubbio dandogli da
mangiare e togliendogli quindi il motivo di tanta violenza.
Poi lo portò in città e invitò la popolazione a sfamarlo: da
quel momento la gente non ebbe più paura del lupo, anzi quando
due anni dopo morì fece il lutto. Per l’arcivescovo Matteo
questo fatto della vita di Francesco fu un atto squisitamente
politico, di buon governo della città.
Ascolta la testimonianza di mons. Zuppi
La celebrazione si è concluda con la benedizione del vescovo
Antonio e uno significativo scambio di pace tra tutti i
presenti. L’assemblea si è sciolta mentre il coro offriva il
poderoso e sempre suggestivo Magnificat di Lorenzo Perosi.
Sabato 31 dicembre proprio a Bologna si tiene la 49a marcia
nazionale per la pace promossa dalla Cei e da diversi
organismi ecclesiali: clicca qui per saperne di più.
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