Sale e mitezza al primo incontro di Traiettorie di sguardi,Un
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Sale e mitezza al primo incontro di Traiettorie di sguardi,Un
Epifania: alle 11 Messa in Cattedrale e alle 17 Vespri a S. Sigismondo In mattinata il solenne pontificale in Cattedrale, nel pomeriggio i Vespri nella chiesa monastica di S. Sigismondo. Questi i due appuntamenti celebrativi che il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, presiederà in città venerdì 6 gennaio nella solennità dell’Epifania del Signore. La Messa in Cattedrale delle 11 sarà caratterizzata, dopo la proclamazione del Vangelo, dall’annuncio del giorno di Pasqua: un canto che, secondo un’antica usanza, scandisce le principali feste dell’anno liturgico nel quale, dopo aver contemplato Gesù fatto uomo, i fedeli sono invitati a seguire Cristo fino alla pienezza della sua missione di salvezza e alla sua vera manifestazione: il mistero della sua morte, sepoltura e risurrezione. La liturgia, concelebrata dai canonici del Perinsigne Capitolo della Cattedrale, sarà animata con il canto dal Coro della Cattedrale di Cremona, diretto dal maestro don Graziano Ghisolfi e accompagnato all’organo Mascioni dal maestro Fausto Caporali. La Messa dell’Epifania sarà trasmessa in diretta streaming sul nostro portale, oltre che sull’emittente radiofonica diocesana RCN-InBlu e in televisione su Cremona1. Nel pomeriggio, invece, alle 17, il vescovo Napolioni presiederà il canto del Vespro nella chiesa monastica di S. Sigismondo, insieme alla comunità monastica domenicana e ai fedeli che vorranno prendere parte alla celebrazione. Si tratta di una tradizione ormai consolidata da quando, nel giorno dell’Epifania di nove anni fa, il vescovo Dante Lafranconi pose la clausura papale sul monastero domenicano di San Giuseppe, dove le claustrali avevano ufficialmente fatto il loro ingresso l’8 dicembre del precedente anno. La comunità monastica cremonese è attualmente composta da 18 monache, guidate dalla priora, madre Maria Lucia Soncini, che aveva ricoperto l’incarico già negli anni del trasferimento dal monastero di Fontanellato. Presente anche il cappellano, don Gianpaolo Maccagni. L’anniversario di quest’anno si colloca in un felice intrecciarsi di date. Se il 21 gennaio si chiuderà il Giubileo dell’Ordine domenicano (forte richiamo alla conversione che in parte è coinciso con l’Anno Santo della Misericordia), il 3 luglio 2017 la comunità cremonese ricorderà anche il secondo centenario della nascita del Monastero. Era, infatti, il 1817 quando dodici monache, miracolosamente sopravvissute alle soppressioni napoleoniche, diedero inizio in Fontanellato (Parma) a una nuova comunità: il “Monastero S. Giuseppe”. Il nome fu assunto dal titolo della chiesa ad esso annessa, popolarmente detta “Santuario della Regina del Rosario”, ma canonicamente riconosciuta come “Oratorio dedicato a S. Giuseppe”. Il secondo centenario del Monastero S. Giuseppe coincide, dunque, con i due lustri di presenza della comunità monastica a Cremona. Proprio in occasione di questi anniversari la comunità domenicana cremonese ha deciso di condividere la propria storia attraverso un racconto, pubblicato a puntata per tutto il corso dell’anno, sul proprio sito internet, all’indirizzo www.diocesidicremona.it/monasterodomenicano. Già on-line una prima puntata. In Cancelleria i provvedimenti dell'Ordinario circa la remunerazione dei presbiteri I provvedimenti dell’Ordinario, PO1, in merito alla remunerazione spettante ai presbiteri in servizio alla Diocesi, sono già stati predisposti e sono disponibili per presa visione presso la Cancelleria della Curia vescovile. Pertanto, se un presbitero desidera consultare il proprio PO1, per verificarne la corrispondenza alla sua situazione, può farlo dal dal 9 al 31 gennaio 2017 presso la Cancelleria, negli orari seguenti: 09.30 – 12.30, giorni feriali. Inoltre si ricorda che coloro che percepiscono o uno stipendio da un ente non ecclesiastico o una pensione diversa da quella del Fondo Clero sono tenuti a trasmettere all’IDSC copia dei relativi prospetti. Il Sinodo preparatoria nella fase Il sinodo dei giovani entra nella sua fase preparatoria. Obiettivo di questi mesi – che andranno da gennaio a settembre – è l’esperienza dell’ascolto dei giovani e con i giovani su alcuni temi davvero preziosi. Il metodo scelto per i passi sinodali domanda che siano proprio loro, i giovani, tanti o pochi che siano, a essere interpellati per un’esperienza di autentico coinvolgimento e per un ascolto che sia rispettoso e formativo per tutti. La Segreteria del Sinodo – supportata in alcuni passaggi anche da preziosi contributi esterni come il Seminario e il Consultorio Ucipem di Cremona – ha predisposto un vademecum per l’ascolto che aiuterà a chiarire ulteriormente una metodologia di base della fase preparatoria; ma anche diverse schede di ascolto, sintetiche proposte di riflessioni, materiali multimediali e riferimenti di approfondimento per vivere l’ascolto vero e proprio con i giovani. Ora si fa appello agli Oratori, ai gruppi associativi e di movimento, ma anche ai singoli che per varie ragioni sono più lontani dagli ambienti ecclesiali, perché ascolto sia e si interagisca con le tematiche proposte. Al termine degli ascolti i materiali fatti pervenire saranno la base per lo strumento di lavoro delle successive fasi del sinodo! Non mancano proposte concrete. Come quella di prendere spunto dalle schede, magari ampliandole e trovando migliori materiali, per incontri con i giovani. Non sono da escludere neppure formule nuove, come il ritrovarsi nella casa di qualcuno o aprire un dibattito in un momento formativo dell’oratorio. I materiali di ascolto dovranno essere fatti pervenire al più presto alla Segreteria del Sinodo tramite l’indirizzo e-mail [email protected] o recapitati in cartaceo presso la Federazione Oratori Cremonesi. Sinodo dei giovani: precisati dal Vescovo gli obiettivi Materiali già a disposizione Ecco l’elenco delle schede già a disposizione e scaricabili dal sito www.focr.it accanto ai rispettivi materiali multimediali. Il Vademecum Da tempo è stato condiviso il metodo degli ascolti e alcune condizioni ritenute preziose. Ne è nato un piccolo Vademecum, da leggere e usare per orientarsi. Bastano alcune piccole, ma preziose attenzioni perché il “pendolo” sinodale si muova. Scarica il vademecum La scheda 0: C’era una volta la Chiesa È la scheda 0 sulla Chiesa… una specie di premessa obbligata perché non si può immaginare il Sinodo senza una condivisione sul grembo materno che lo genera. Attenzione che si concrentizza parlando della Chiesa e nella Chiesa: per condividere e smascherare gli stereotipi, dirsi la verità sul suo stato di salute, ricordarsi che non è solo opera di uomini più o meno spirituali, capire meglio chi sia il suo centro, interrogarsi sulla sua maternità e sulla sua profezia. Scarica la scheda 0 La scheda 1: Cosa farò da grande? La scheda 1, curata dalla comunità del Seminario e dal Centro Diocesano Vocazioni, suscita un ascolto prezioso proprio sul futuro, croce e delizia, speranza e paura per i giovani (e forse per loro perché tante paure vengono dagli adulti). Ora il focus è sulla “vocazione”, magari presentata o percepita in modi diversi, destinata a confrontarsi con il fascino del “per sempre”, risposta a una Provvidenza che ama, fiducia per un amore che crediamo non deluda. Scarica la scheda 1 La scheda 2: Sotto questo cielo La scheda 2 è stata pensata dalla segreteria del Sinodo in riferimento alla vita vera dei giovani, anche e soprattutto di quelli che frequentano gli ambienti ecclesiali. Per tutti viene il lunedì, con i suoi ritmi inesorabili, purtroppo non placati nemmeno più dalla domenica o dal week-end. Che si sa? Di chi si è? Della parrocchia, degli amici, dell’università, dei morosi, dello sport? Di tutti e di nessuno? E come “sopravvive” la spiritualità quando non c’è più nemmeno l’obbligo di andare in chiesa? Scarica la scheda 2 La scheda 3: That’s amore La scheda 3 è stata costruita dalla Segreteria dopo un confronto con il Consultorio Ucipem. Che cosa interessa di più ai giovani (e agli esseri umani in generale) se non gli affetti e l’amore? Se non le relazioni che danno senso e sostanza alle opere e ai giorni? Ecco allora questo ulteriore tassello di ascolto, per condividere fatiche e desideri, paure e speranze dei giovani dentro il mondo degli affetti su cui da sempre la Chiesa ha posto il Vangelo come luce e pienezza. Scarica la scheda 3 Modulo IRC In collaborazione con l’Ufficio Scuola è stato inoltre predisposto un modulo per gli insegnanti di religione che intendono approfondire il tema (già curricolare) della Chiesa e cogliere un’occasione preziosa per segnalare percezioni e idee degli ultimi due anni della scuola superiore rispetto ai temi che concorreranno al Sinodo. Scarica il modulo IRC Materiali in cantiere Ulteriori schede e temi di ascolto sono in preparazione. La produzione dei materiali terminerà per la Pasqua 2017. In particolare, all’indomani del convegno diocesano di Pastorale giovanile di gennaio saranno pubblicate le schede: 4: “Ma tu ci credi ancora?” – scheda di ascolto sui giovani e la fede 5: “Piccoli atei crescono?” – scheda di ascolto sui giovani e le appartenenze Quindi, all’indomani della due-giorni Assistenti di metà marzo sarà pubblicata la scheda 6 “Quando si andava all’Oratorio” di ascolto sui giovani e i percorsi pastorali Inoltre, all’indomani della Veglia delle Palme, le schede: 7-8-9: “Come luce nel mondo” – schede di ascolto sui giovani e gli stili di vita 10: “Finché c’è vita, c’è speranza – scheda di ascolto sui giovani e le speranze di futuro Mons. Sapienza a Cremona per presentare "La Parola ai poveri", una raccolta di interventi di don Primo Mazzolari Don Primo Mazzolari nasce a Boschetto il 13 gennaio 1890. Ogni anno la Fondazione a lui dedicata intende dare rilievo a questo anniversario: nel 2017 avverrà con una presenza speciale a Cremona. Infatti, la chiesa locale avrà la gioia di accogliere mons. Leonardo Sapienza, Reggente della Prefettura della Casa Pontificia, che presenterà il libro da lui stesso curato La parola ai poveri, pubblicato da EDB lo scorso ottobre. L’evento si terrà sabato 14 gennaio, alle ore 16, nel Salone dei Quadri del Comune di Cremona, con la partecipazione del vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, e del sindaco della città, Gianluca Galimberti. La parola ai poveri è una raccolta di scritti del parroco di Bozzolo pubblicati negli anni ’50 in una rubrica del quindicinale Adesso. I poveri chiedono la parola più che una facile strumentalizzazione ideologica. Essi sono una continua provocazione anche per la Chiesa, che attraverso la sua povertà può parlare con credibilità al cuore di ogni uomo. I poveri sono un soggetto ecclesiale scomodo e rappresentano un severo richiamo per chi è chiamato a decidere le sorti dell’umanità. Padre Sapienza, religioso rogazionista, è uno dei più stretti collaboratori di papa Francesco. La sua straordinaria capacità organizzativa è stata ininterrottamente al servizio di tre pontefici: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e ora Francesco. Il prelato non ha mai nascosto il suo debito spirituale nei confronti di don Primo, che ha letto, studiato e meditato per anni. Collabora da tempo con la Fondazione di Bozzolo: accanto al libro che verrà presentato il 14 gennaio, è in uscita nelle prossime settimane un altro testo di Mazzolari, curato sempre da mons. Sapienza e intitolato Quaresimale minore. Il volume La parola ai poveri è di particolare pregio perché riporta un testo autografo di papa Francesco, che non solo consiglia la lettura delle meditazioni di don Primo, ma ne vede la profezia evangelica. Le parole del Pontefice incoraggiano con forza a dare voce ai poveri, a fare della Chiesa la voce di chi non ha voce, ad aprire il cuore verso le necessità degli ultimi. Scrive Francesco di suo pugno: «Ci farà bene leggere e meditare queste pagine molto attuali di don Primo Mazzolari, sacerdote coraggioso. Lui ci ricorda che i poveri sono la vera ricchezza della Chiesa, i poveri sono l’unica salvezza del mondo! Chiediamo al Signore la grazia di vedere i poveri che bussano al cuore, e di uscire da noi stessi con generosità, con atteggiamento di misericordia, perché la misericordia di Dio possa entrare nel nostro cuore». L’invito ad accostare Mazzolari da parte di Papa Francesco fa intuire una profonda sintonia con il messaggio del parroco di Bozzolo, già indicato come modello di sacerdote nel discorso di apertura del Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma nella basilica di San Giovanni in Laterano lo scorso 16 giugno. In quell’occasione era stato il riferimento all’omelia del 3 aprile 1958 su “Nostro fratello Giuda” a motivare la citazione di don Mazzolari. Possiamo immaginare che l’accostamento del Santo Padre a don Primo sia stato favorito proprio dalla passione che padre Sapienza dimostra nei confronti delle pagine mazzolariane. Don Bruno Bignami Presidente Fondazione Mazzolari Invito alla presentazione L'8 gennaio a Castelleone l'incontro del Vescovo con politici e amministratori Già parecchie le adesioni all’incontro che il vescovo Antonio Napolioni terrà, nella mattinata di domenica 8 gennaio a Castelleone, con gli esponenti del mondo politico, amministrativo, economico e sociale del territorio diocesano. Quasi 600 gli inviti spediti dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, promotore dell’incontro, guardando all’interno territorio diocesano – dall’area del Cremonesese a quelle del Casalasco-Mantovano alla BergamascaMilanese – ma senza tralasciare neppure la confinante diocesi di Crema. «Essendo quest’anno a Castelleone – spiega Sante Mussetola, incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro – in sinergia con la parrocchia Ss. Filippo e Giacomo abbiamo voluto allargare l’invito anche all’area cremasca, in particolare coinvolgendo anche l’ufficio diocesano di quella Diocesi, con il responsabile Mario Cadisco». L’incontro del Vescovo di Cremona con gli esponenti del mondo politico, amministrativo, economico e sociale del territorio diocesano è una tradizione ormai consolidata, anche se quest’anno si caratterizza per alcune novità. Anzitutto la scelta della data all’inizio dell’anno anziché come consueto in Avvento, data l’iniziale coincidenza con la data del referendum costituzionale. Altro elemento di novità è la scelta della location: non il Centro pastorale diocesano di Cremona, ma una realtà “periferica”. «L’obiettivo – sottolinea Mussetola – è quello di un maggior coinvolgimento dell’intera realtà diocesana, dunque non concentrando le nostre attività solo nella città di Cremona, ma coinvolgendo in modo attivo le diverse zone pastorale». La scelta proprio di Castelleone è dovuta a un’altra coincidenza: «L’iniziativa si colloca nell’ambito del 400° anniversario della morte di san Bernardino Realino, legato a questa terra per la funzione civile che qui ha ricoperto prima di abbracciare la vita religiosa. Proprio guardando alla sua figura, e nello specifico alla bontà del suo governo, vi sarà modo di sottolineare il modo di stare nel mondo con lo stile del servizio, richiamando il motto del coordinamento pastorale in cui l’Ufficio è coinvolto». A Castelleone le celebrazioni in onore di san Bernardino Realino nel 4° centenario della morte (avvenuta nel 1616) hanno avuto il proprio culmine sabato 17 dicembre alla presenza di mons. Francesco Cavina, vescovo di Carpi (città natale di san Bernardino). La conclusione sarà appunto l’8 gennaio alla presenza del vescovo Antonio Napolioni. L’appuntamento sarà a partire dalle 9.15 presso il salone dell’ex Cinema “Leone” di Castelleone, in via Garibaldi 27, dove il Vescovo terrà una riflessione sul tema “Nel mondo con lo stile del servizio alla luce della testimonianza di san Bernardino Realino”. La mattinata si concluderà quindi con la Messa presieduta dal vescovo Napolioni, alle 11.30, nella chiesa parrocchiale di Castelleone. La celebrazione con il vescovo Cavina Biografia di san Bernardino Realino Nato in una illustre famiglia di Carpi, che per i suoi primi studi gli faceva venire i maestri a casa, fu poi mandato all’Accademia modenese. A 26 anni si laurea in diritto civile e canonico e, sotto la protezione di Cristoforo Madruzzo, Bernardino si avvia sulla strada dei pubblici uffici. Governò con giustizia e onestà il comune di Felizzano e quello di Cassine, nel Monferrato, dopo aver esercitato per due anni l’ufficio di avvocato fiscale ad Alessandria. A servizio di Ferdinando Francesco Davalos, marchese di Pescara e del Vasto, Bernardino fu inviato a Castelleone come magistrato del feudo, devastato da lestofanti. Se a Felizzano e a Cassine Bernadino aveva lasciato sbalordita la gente per la benevolenza usata con tutti, l’alto senso della giustizia e l’illibata onestà nell’amministrazione del pubblico erario, a Castelleone meravigliò tutti con la sua santità. Vigilò con assiduità alla quiete privata e pubblica; fu mite per natura, ma acerbo contro i delitti; fu discreto nel comando, ma esigente nel fare osservare la legge. Egli fece della carità l’arma infallibile del suo governo: ai bisognosi diede sempre a piene mani, fino a contrarre debiti quando le sue tasche erano vuote. Gli evidenti miglioramenti apportati dal Bernardino a Castelleone indussero il marchese di Pescara a designarlo suo uditore e luogotenente generale nei feudi che possedeva nel regno di Napoli (1564). Svolse l’ufficio con la sua solita onestà, ma solamente per tre mesi perché nell’udire predicare, nella chiesa del Gesù Vecchio, padre Giambattista Carminata, tocco dalla grazia, decise di entrare nella Compagnia di Gesù, nonostante i suoi 34 anni. Nel 1567 è ordinato sacerdote e diventa il maestro dei novizi gesuiti. Sette anni dopo, a Lecce, crea un collegio al quale si dedicherà fino alla morte. Diventò patrono di Lecce mentre era ancora in vita. Nell’estate del 1616, mentre stava morendo, 42 anni dopo essere arrivato in città, venne visitato in forma ufficiale dai reggitori del Municipio che gli facero richiesta di voler essere il protettore della città. Lui, che tanto aveva fatto del bene a Lecce, acconsentì. Papa Pio XII lo proclamò santo nel 1947. Nonviolenza e commercio delle armi: il 13 gennaio alle Acli riflessioni dopo la Marcia della pace di Bologna Proseguirà idealmente venerdì 13 gennaio nel terzo incontro del laboratorio Laudato si’ promosso delle Acli Cremonesi, l’esperienza che una trentina di cremonesi ha vissuto sabato 31 dicembre a Bologna prendendo parte alla 49ª edizione della Marcia nazionale per la pace. L’appuntamento dell’ultimo dell’anno è iniziato nel pomeriggio di San Silvestro ai Giardini Margherita, dove ha preso avvio la Marcia. Tappe a San Petronio per il Te Deum con l’arcivescovo di Bologna e alla Stazione di Bologna prima di giungere al Palazzetto dello Sport. Le riflessioni teologiche e spirituali richiamate durante la Marcia quali ragioni fondative della “nonviolenza, stile di una politica per la pace” (tema scelto da Papa Francesco per la 50 esima Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2017) hanno trovato alcune traduzioni operative proprio negli interventi e nelle testimonianze durante la tavola rotonda al Paladozza. Ribadito ancora una volta che le guerre si possono e si devono prevenire, trasformare, riconciliare con azioni politiche attive e creative, l’interrogativo si è focalizzato sulle caratteristiche e gli ambiti di una politica per la pace. Per Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas italiana, “la guerra mondiale a pezzi, in quest’ultimo decennio, ha visto una continua crescita del dramma dei profughi: solo nel 2016 sono state 65,3 milioni le persone costrette a scappare”. Eppure, ha aggiunto, si vive “ovattati da falsità che non ci fanno vedere la sofferenza di questa gente, così ci infastidiscono 190mila profughi arrivati nel nostro Paese, mentre altri 5mila, in un anno, sono morti nel Mediterraneo”. Se c’è un legame tra povertà e guerra, allora “politiche nonviolente – ha precisato – vanno verso la lotta alla povertà”. Vi è poi il legame tra guerra e ambiente, laddove “vi sono, ad esempio, degrado e inquinamento”. E c’è un rapporto tra guerra e speculazioni finanziarie, con “una finanza non governata che specula anche sul cibo”. E proprio il cibo, ha un legame diretto con la guerra, perché “sempre più lo si strumentalizza per ridurre alla fame il nemico, ignorando tutti i civili che muoiono di conseguenza, e che non rientrano nei computi delle vittime della guerra”. Per Angela Dogliotti Marasso, presidente del Centro studi Sereno Regis di Torino, occorre un articolato lavoro dal basso per costruire consenso e massa critica a favore di politiche nonviolente. Indicate alcune piste: riconoscere e risolvere il conflitto che c’è prima di tutto dentro ciascuno, e quindi educare alla trasformazione non violenta dei conflitti personali e sociali. Sviluppare l’empatia come capacità di identificarsi nelle sofferenze altrui. Prediligere sempre i metodi cooperativi e collaborativi a tutti i livelli. Difendere il territorio e i beni comuni con la lotta nonviolenta. Lavorare perché la finanza e la tecnoscienza mettano al centro i bisogni umani invece del profitto. Costruire politiche coerenti con la difesa nonviolenta (come i corpi civili di pace, la difesa popolare nonviolenta e la messa al bando delle armi nucleari). Don Renato Sacco, segretario di Pax Christi Italia, ha invitato a mobilitarsi contro il ripetuto invio di bombe italiane all’Arabia Saudita che sta distruggendo lo Yemen e massacrando la popolazione, specialmente i bambini. Il sacerdote ha quindi sottolineato che le spese militari italiane nel 2017 saranno di 23,4 miliardi di euro, ben 64 milioni al giorno, a fronte di un tasso di povertà crescente nel Paese. E si è domandato: “Di quale sicurezza abbiamo bisogno oggi? Degli F35, di nuovi sistemi d’armi o di posti di lavoro, di efficaci politiche della scuola, della sanità e della difesa del territorio dal dissesto ambientale?” La pratica della nonviolenza – ha detto mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea già presidente di Pax Christi – è il cuore stesso del Vangelo e va vissuta in tre dimensioni precise: nella contemplazione e nella preghiera per alimentare la coscienza, con l’azione nonviolenta e nella profezia per la giustizia e la pace. Le tematiche dell’evento dell’ultimo dell’anno (promosso daall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, Caritas Italiana, Pax Christi, Azione Cattolica Italiana insieme all’Arcidiocesi di Bologna) saranno ulteriormente sviluppate in occasione del terzo incontro del laboratorio sull’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” ideato dalle Acli provinciali cremonesi. L’appuntamento è nel pomeriggio del 13 gennaio alle 17.30 presso la sede delle Acli provinciali (via card. Massaia, 22). Tema dell’incontro “Il commercio delle armi, la denuncia di papa Francesco e la responsabilità dei credenti”. Interverranno la presidente provinciale Carla Bellani e l’assistente ecclesiastico don Antonio Agnelli. Mons. Napolioni: «La maternità segno quotidiano del Natale» Un nuovo anno iniziato guardando a Maria, al mistero di una ragazza che è madre di Dio e che dà senso a ogni maternità e a ogni vita. Così il vescovo Antonio Napolioni nella Messa presieduta in Cattedrale nel pomeriggio di domenica 1° gennaio, solennità di Maria Madre di Dio e 50esima Giornata mondiale della pace. Nella sua riflessione mons. Napolioni si è soffermato proprio sulla maternità. Non solo quella di un Dio Creatore che ha voluto assaporare lui stesso l’abbraccio di una madre, ma anche quella quotidiana e attuale che il Vescovo ha avuto modo di conoscere da vicino in queste settimane, incontrando tante mamme con i propri bambini. Ambienti e situazioni anche molto differenti tra loro. Come l’ospedale cittadino, le tante famiglie incontrante nelle case e nelle parrocchie, o le diverse strutture di accoglienza. Ad esempio quella per ragazze madri che stanno uscendo dal tunnel delle droga, dove il Vescovo ha passato il pomeriggio del 1° gennaio: in famiglia! Segni del Natale, li ha definiti il Vescovo. Ben più significativi degli addobbi natalizi che tra pochi giorni torneranno negli scatoloni chiudendo la parentesi di queste festività. Mons. Napolioni ha aiutato a entrare nel profondo del mistero della maternità: quello di Maria e quello della Chiesa. «In fondo – ha ricordato il Vescovo – la storia del mondo è storia di un’unica grande maternità»: quella di un Dio che dona se stesso. Un “miracolo” che si rinnova ogni giorno in quei neonati capaci di ridare vita alle proprie madri, mentre esse si prendono cura di loro in un vero e proprio circolo d’amore. L’attenzione del Vescovo è andata anche alla 50esima Giornata mondiale della pace, dal titolo “La nonviolenza: stile di una politica per la pace”. L’invito del Papa a praticare stili di nonviolenza – ha ricordato mons. Napolioni – è rivolto a tutti: a cominciare proprio dalle famiglie. La celebrazione, molto partecipata, è stata animata con il canto dalla Corale di Pieve Delmona, accompagnata all’organo dal maestro Fausto Caporali. Il servizio d’ordine è stato garantito come in tutte le festività dall’Associazione Nazionale Carabinieri, mentre come tradizione del 1° gennaio hanno prestato servizio all’altare i ministranti della Parrocchia di Casalbuttano. A loro il Vescovo, prima della benedizione finale, ha voluto dire grazie insieme agli auguri, «che concretizzeremo giorno per giorno aiutandoci». In questo senso un pensiero particolare mons. Napolioni l’ha voluto rivolgere al Perinsigne Capitolo della Cattedrale, rappresentato da molti dei canonici che hanno concelebrato l’Eucaristia. Il Vescovo ha ricordato l’importanza del loro ministero, svolto quotidianamente nella preghiera e nelle confessioni, «facendo della Cattedrale non solo un capolavoro d’arte, ma un vero santuario di fede». Photogallery Gemellaggio terremoto/19. L'esperienza di volontariato degli studenti di IV e V del Liceo Vida Pian di Pieca, 1° gennaio 2017 Condivisione. Macerie. Solidarietà. Collaborazione. Unione. Sorrisi. Tristezza. Altruismo. Sostegno. Prendiamo il testimone da Nicoletta… siamo un gruppo di ragazzi di IV e V del Liceo Vida di Cremona che, con convinzione ed entusiasmo, ha aderito al progetto “DiamociUnaMano” proposto dalla Caritas cremonese. Un’esperienza intensa ed arricchente, a contatto con la struggente realtà del terremoto nel Centro Italia, ci ha resi partecipi di sofferenza, sorrisi e collaborazione, nella consapevolezza di non essere mai soli, perché sempre supportati dalla preziosa guida degli operatori della Caritas di Cremona, che ci hanno accompagnato anche nella visita delle famiglie rimaste sul territorio. Il piazzale della chiesa di S. Cassiano (MC), dove don Luigi è parroco, era pieno di macerie. Le macerie. Sono pezzi della chiesa, del campanile e sono una parte dell’animo delle persone. Abbiamo spostato tanti pezzi. Quelli più belli e preziosi li passavamo tra le nostre mani, in una catena inarrestabile, fino al bancale dove venivano impilati, in attesa di “dare nuova vita”. In don Luigi quei pezzi trovavano già un’unità grazie alla sua incrollabile tenacia e determinazione. Finché il suo viso, insieme ai nostri, ha cambiato espressione, quando abbiamo spalancato la porta della canonica. Tutti i giorni apriamo e chiudiamo porte fisiche e non. Quella mattina (martedì 27 dicembre) abbiamo contribuito ad aprire la porta della sua casa, del suo cuore e del suo sogno, che le macerie del campanile avevano chiuso. Il lavoro a S. Cassiano ha riportato alla luce anche una campana, grande festa e sprone per ripartire davvero! Il nostro piccolo contributo si è poi concluso vedendo quel piazzale sgombero, frutto di una fatica umile e costante. La stessa che ci ha motivato nello stare con alcuni bambini accorsi a Pian di Pieca (MC) per vivere momenti di gioia e condivisione che speriamo e (crediamo) abbiano provato nello scartare i regali, consumare la merenda delle quattro e correre nel prato per afferrare quella bandiera tanto desiderata. La nostra esperienza non finisce però qui. Essa si è alimentata anche attraverso “uscite sul campo” e ascolto di chi il terremoto l’ha vissuto davvero, come il parroco di Camerino, don Marco, che ci ha trasmesso e confidato ciò che il cuore gli sta suggerendo in questi momenti difficili. È viale Giacomo Leopardi. Sulla destra c’è il silenzio di un centro storico in zona rossa. Un silenzio che rende il cuore freddo. Dall’altra parte c’è un paesaggio mozzafiato con sfumature infinite rosa e azzurre del tramonto. Così Leopardi sembra dividere il vuoto di quelle case e la pienezza di un paesaggio rigenerante. Mentre Don Marco racconta di una Camerino giovane e fervente, devota al suo patrono, S. Venanzio, le strade ora sono deserte, in attesa di una rinascita. Photogallery Gli studenti del Liceo Vida di Cremona volontari sui luoghi del sisma Volontari per il gemellaggio con Camerino: ecco come fare Speciale terremoto con il diario dei giorni precedenti «La Vergine Maria antidoto alla frenesia del tempo» «Siamo schiavi o figli del tempo? Rischiamo di esserne schiavi, invece, siamo chiamati ad esserne figli! Figli del nostro tempo, della storia che abbiamo alle spalle, figli del dono di Dio che in ogni istante ci rende vivi, non tanto perché è il burattinaio che non taglia i fili per chissà quale destino di bontà, mentre ad altri sembra che la vita sfugga sempre, ma perché è realmente fonte di vita, anche nel male e nel dolore! È talmente fonte di vita che ama i suoi figli, li custodisce e li rende immortali, li riempi di eternità e li libera dalla schiavitù del tempo». Ha esordito così mons. Napolioni nell’omelia dell’ultima Messa dell’anno, celebrata, come da tradizione, nella chiesa cittadina di S. Agostino. Un’Eucaristia caratterizzata dal rendimento di grazie per i dodici mesi trascorsi attraverso il canto del Te Deum proposto dalla schola cantorum parrocchiale diretta dal maestro Isidoro Gusperti. La Messa, ben partecipata da fedeli provenienti da tutta la città, è stata concelebrata dal parroco di S. Agostino-S. Pietro don Stefano Moruzzi, dal vicario don Roberto Musa, dai collaboratori parrocchiali don Giuseppe Ferri e don Pier Altero Ziglioli e dal sacerdote residente mons. Ruggero Zucchelli. All’inizio mons. Napolioni ha venerato con l’incenso l’artistico presepio posto ai piedi del presbiterio, quindi ha ricevuto il saluto di don Moruzzi che ha ricordato l’antica tradizione di celebrare il Te Deum in S. Agostino: «La presenza del Vescovo, successore degli apostoli – ha detto – rinsalda la nostra fede e la nostra appartenenza alla Chiesa universale». Nell’omelia mons. Napolioni ha stigmatizzato il comportamento dell’uomo contemporaneo che sembra sempre più schiavo del tempo: «Anche i nuovi mezzi digitali invece di aiutarci a vivere meglio – ha spiegato – aumentano la nostra ansia. La tecnologia oggi è ansiogena! Per cui non solo non ci basta il tempo, ma non lo sappiamo gustare, non ci sappiamo fermare a pensare, a capire. Siamo in preda a che cosa non si sa: a un motore che non si ferma eppure all’improvviso si inceppa, troppo tardi a volte per essere protagonisti della nostra vita». Il presule ha evidenziato due trappole che rendono gli uomini schiavi del tempo: «Anzitutto la frenesia: per cui rincorriamo un benessere che non troviamo, perché lo cerchiamo male e cresce in noi una insoddisfazione che cerca risposte che ci ammalano sempre di più. Sempre più schiavi di mille forme di dipendenza. A tal proposito non posso che appoggiare chi nella nostra città giustamente cerca di limitare i danni della dipendenza dal gioco d’azzardo che rovina le persone, le intelligenze, le coscienze, le famiglie, la società stessa. Il dramma è che questa società attraverso le sue istituzioni un po’ alimenta queste dipendenze e un po’ cerca di ridurne i danni». Guardando alla notte dell’ultimo dell’anno mons. Napolioni ha auspicato che si utilizzino meno botti e alcolici, ma si riscopra la gioia dello stare in famiglia, ma anche in piazza, ritrovando la fiducia dell’essere insieme. Una seconda schiavitù riguarda la tentazione della nostalgia a scapito della memoria: «Nella fede noi viviamo il memoriale della morte e risurrezione del Signore! Non possiamo non ricordare la sorgente, il dono della salvezza, cosa ha fatto Dio per noi, chi siamo davvero, la fonte della nostra gioia e speranza. Non siamo nel mondo per sbaglio, siamo vivi per grazia e per amore». Eppure se tutto questo non si traduce in uno sguardo positivo sul presente e sul futuro e si guarda al passato nelle sue forme esteriori come se fossero le uniche «si cade nella malattia della memoria. La cultura europea, la più ricca ed evoluta del pianeta, si sta ammalando gravemente di un ripiegamento sul passato tanto è vero che non siamo capaci di trasmettere ai nostri giovani la voglia e la capacità di costruire un futuro più degno e più bello della vita che li abbiamo consegnato. Magari perché gli abbiamo illusi di un benessere materiale, senza dare loro un benessere interiore, di una pace profonda che diventa fecondità». L’antidoto a tutto questo è Maria Santissima che nel mistero della Natività da parte sua «custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore». Il silenzio di Maria è un silenzio colmo di pace: «Lei ha fatto pace col tempo, perché l’eterno è entrato in lei, ha fatto della sua giovinezza la più importante maternità della storia. E farà della sua fedeltà sotto la croce un’esperienza d’amore infinito, tanto che nel suo cuore tutti i nostri frammenti di tempo, anche quelli più bizzarri e intrisi di peccato, trova misericordia, tenerezza di madre e speranza». E così ha concluso: «Lei è regina della pace non solo per l’esemplarità dei suoi sentimenti, ma perché ci da’ la forza di essere costruttori di pace, con stili di tenerezza e gratuità, in ogni situazione di vita. Impariamo da lei, guardiamo lei, parliamone con lei, lasciamoci guidare da lei affinché tutta la Chiesa sia più mariana e perciò più madre e più feconda». Ascolta l’omelia di mons. Napolioni Photogallery Domenica 1° gennaio, mons. Napolioni presiederà, alle 18, in Cattedrale, il solenne Pontificale nella solennità di Maria Madre di Dio e nella 50a Giornata mondiale della pace che quest’anno ha come tema: «La nonviolenza: stile di una politica per la pace». I canti saranno proposti dalla corale parrocchiale di Pieve Delmona. Messaggio del Papa per la Giornata mondiale per la pace «Scendiamo dal divano dell'indifferenza e scegliamo la nonviolenza» «La nonviolenza ci impone di scendere dal divino e di abbandonare l’indifferenza verso quanto accade nel mondo, perchè chi non sceglie la nonviolenza, per forza di cose si fa complice del male». È un grido forte e chiaro quello lanciato da mons. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, durante la veglia di preghiera per la pace promossa nella serata di venerdì 30 dicembre nel santuario della Madonna della Fontana di Casalmaggiore. Il momento di preghiera, diventato ormai una tradizione consolidata, è stato promosso dalle zone pastorali nona, decima e undicesima e coordinato da don Luigi Pisani, parroco di Rivarolo del Re, e da don Ernesto Marciò, guida delle comunità cristiane di Cividale Mantovano e Spineda. Ad animare il canto le corali della zona decima dirette dal maestro Donato Morselli e accompagnate all’organo da Claudio Leoni. A fare gli onori di casa il rettore del santuario casalasco padre Bruno Signori insieme a tutta la comunità dei frati cappuccini. Mons. Antonio Napolioni, che ha affiancato l’arcivescovo Zuppi durante l’intera liturgia, ha brevemente salutato all’inizio: «Sono grato alle zone pastorali casalasco-mantovane per questa significativa veglia di preghiera. Siamo tra Natale e l’inizio del nuovo anno, siamo alla Fontana in preghiera per la pace, direi proprio che Maria è la fontana della pace, perché ci ha donato Gesù e nell’umanità di Gesù la nostra umanità salvata, redenta, riconciliata diventa strumento di pace. Siamo assetati di pace non solo per noi ma per il mondo intero». Ascolta il saluto di mons. Napolioni Don Pisani introducendo la serata ha ricordato che mons. Zuppi è stato già ospite della veglia della pace nel 2010, quando era ancora assistente spirituale della comunità di S. Egidio: «Stasera – ha spiegato il sacerdote – gli abbiamo chiesto di aiutarci a riflettere sul messaggio del Papa, per suggerirci vie e strade che possano anche nel nostro tempo esprimere la sollecitudine della Chiesa ad essere voce profetica di pace». La prima parte è stata caratterizzata dalla lettura di alcuni brani del messaggio del Santo Padre Francesco per la 50a Giornata mondiale per la pace dal titolo: «La nonviolenza: stile di una politica per la pace». Alla numerosa e attenta assemblea è stato offerto anche uno stralcio del libro “Tu non uccidere” di don Primo Mazzolari, vero e proprio antesignano profeta di pace. In quel testo il parroco di Bozzolo ricordava che «il cristiano è un “uomo di pace”, ma non un “uomo di pace” perchè fare la pace è la sua vocazione». Dopo la proclamazione del brano del Vangelo delle Beatitudini – indicate nel messaggio pontificio come carta di identità dell’operatore di pace – ha preso la parola l’arcivescovo di Bologna. Zuppi ha ricordato la sua appartenenza alla comunità di S. Egidio fin da quando era ragazzo e l’impegno di questo realtà ecclesiale fondata da Andrea Riccardi a favore della concordia e della solidarietà tra le nazioni. Commentando il messaggio papale il presule ha ripreso l’invito del Santo Padre Francesco ai giovani della Gmg di Cracovia di scendere dal divano e di diventare protagonisti della storia: «La nonviolenza ci impone di abbandonare l’indifferenza verso quanto accade nel mondo, perchè chi non sceglie la nonviolenza, per forza di cose si fa complice del male». Per Zuppi la nonviolenza è un atteggiamento per nulla passivo, ma uno stile attivo e propositivo che mette al centro sempre il dialogo e l’accoglienza del diverso. «La nonviolenza – ha rimarcato – è l’unica via capace di spezzare la logica del male» e ancora «Se non si sceglie la nonviolenza, inevitabilmente si finisce per considerare la guerra come l’unico modo di risolvere i conflitti». «Papa Francesco – ha proseguito l’Arcivescovo – definendo i tanti conflitti nel mondo come una guerra mondiale a pezzi ci aiuta a superare l’inganno che quei tragici eventi non ci interessano: se è una guerra mondiale a pezzi ogni pezzo riguarda tutti». E dopo aver ricordato che è la solidarietà che fa la storia ha invitato ad assumere uno stile di vita nonviolento: una scelta significativa soprattutto per il cristiano che «convinto dell’amore di Dio e della sua potenza non ha paura di affrontare il male». Mons. Zuppi ha quindi spronato tutti ad essere «artigiani di pace», con il Vangelo delle Beatitudine nel cuore e nella mente «dobbiamo impegnarci ad essere persone che hanno bandito dal loro cuore la violenza, anzitutto quella verbale, perchè ci sono parole che sono peggio delle pietre». Occorre poi rifiutare il pettegolezzo e il giudizio negativo nei confronti degli altri: il nonviolento, infatti, cerca sempre il bene delle persone. Quindi un accenno alla politica: «La pace non può essere mai una conquista individuale, rifugio in un mondo fatato dove tutto va bene. Se cerco la pace devo cercarla per tutti, così ci ricorda Thomas Merton, ma anche il vostro don Primo Mazzolari». La politica, dunque, deve assumere anch’essa uno stile nonviolento: l’esempio viene da Francesco che “convertì” il lupo che vessava la popolazione di Gubbio dandogli da mangiare e togliendogli quindi il motivo di tanta violenza. Poi lo portò in città e invitò la popolazione a sfamarlo: da quel momento la gente non ebbe più paura del lupo, anzi quando due anni dopo morì fece il lutto. Per l’arcivescovo Matteo questo fatto della vita di Francesco fu un atto squisitamente politico, di buon governo della città. Ascolta la testimonianza di mons. Zuppi La celebrazione si è concluda con la benedizione del vescovo Antonio e uno significativo scambio di pace tra tutti i presenti. L’assemblea si è sciolta mentre il coro offriva il poderoso e sempre suggestivo Magnificat di Lorenzo Perosi. Sabato 31 dicembre proprio a Bologna si tiene la 49a marcia nazionale per la pace promossa dalla Cei e da diversi organismi ecclesiali: clicca qui per saperne di più. Photogallery