FIR2004-9(1) - Centro della Famiglia

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FIR2004-9(1) - Centro della Famiglia
Lo Sviluppo della Concezione di Continuità Genitoriale
in Soggetti da 6 a 19 anni
Maria Laura Marin(1) e Marco Gussoni (2)
Il presente lavoro riguarda l’evoluzione del concetto di genitorialità dopo il divorzio dei genitori e della concezione dei rapporti di parentela nelle famiglie ricostruite. Esso si propone di mettere a confronto i risultati della
letteratura, prevalentemente straniera, con le indicazioni derivanti dall’analisi di un campione italiano di 160
soggetti appartenenti a famiglie intatte, suddivisi equamente in quattro fasce di età (6-7, 10-11, 14-15 e 18-19
anni), metà maschi e metà femmine.
Si è utilizzato il metodo dell’intervista semistrutturata per i soggetti delle prime due fasce, mentre per le altre
età si è elaborato un questionario.
Mentre non sono emerse differenze significative tra maschi e femmine, o in relazione al sesso del genitore non
affidatario, la variabile “età” ha messo in luce una evoluzione significativa in tutte le aree studiate, confermando le ricerche di McGurk e Glachan (1987), pur con una classificazione diversa delle risposte.
Parole chiave: sviluppo, concetto, genitorialità
The development of the concept of parenthood continuity in children aged 6 to 19 years of age. The present
work deals with the evolution of the concept of parenthood after the parents’ divorce and with the concept of
relationships between relatives in reconstructed families. It compares the results of the mainly foreign literature with the results of the analysis of 160 Italian children, half male and half female, from intact families,
equally divided into four age groups (6-7; 10-11; 14-15; 18-19 years). The method of the semi-structured interview was used for the subjects of the two younger age groups, while a questionnaire was devised for the other
two groups.
Results indicate a significant developmental trend of the concepts examined, related only to the age and not the
sex of the children. These results confirm McGurk and Glachan’s (1987) research studies, although response
classification was different.
Key words: development, concept, parenthood
Il presente lavoro analizza, con una ricerca di sondaggio, come i bambini e gli adolescenti sviluppano il concetto di continuità genitoriale dopo il divorzio dei genitori. Con “Concezione infantile
della continuità genitoriale (parenthood) dopo il divorzio” ci si riferisce all’idea che hanno i bambini
e gli adolescenti riguardo alla sopravvivenza del legame parentale tra il genitore non affidatario e i
suoi figli dopo la rottura del legame coniugale.
I mutamenti che negli ultimi decenni hanno coinvolto l’istituzione famiglia nel nostro paese,
ed in particolare la frequenza sempre maggiore delle separazioni, e della conseguente formazione di
nuove famiglie con l’ovvio coinvolgimento dei figli, rendono di particolare attualità questo tema. Del
resto anche la Giurisprudenza nel nostro paese tiene in serio conto la posizione del minore in caso di
separazione, e tutela anche la figura del genitore non affidatario per favorire il migliore sviluppo possibile del bambino.
(1)
(2)
Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università di Padova, via Venezia 8,
25131, Padova , tel 0498276529, e mail: [email protected]
(2) Laureato in psicologia presso l’Università di Padova.
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Sembra esistere uno “stretto collegamento tra una buona elaborazione della separazione da parte dei bambini e la possibilità per essi di mantenere rapporti affettivamente significativi con entrambi
i genitori, durante e dopo la separazione” (Cigoli, Galimberti e Mombelli, 1998, p. 2).
In questo studio si prende in considerazione il punto di vista dei figli, e ci si domanda se i bambini e
gli adolescenti ritengano che con la rottura del legame coniugale si spezzi anche quello parentale con
il genitore non affidatario, ovvero se ritengano che la relazione parentale con il genitore non affidatario continui a patto che, dopo il divorzio, si verifichino certe condizioni.
Un’altra importante questione riguarda la complessità dei sistemi di parentela che si vengono a
creare nelle famiglie ricostruite dopo il divorzio. Anche in questo caso si è preso in considerazione il
punto di vista dei bambini e degli adolescenti, analizzando come i soggetti in età evolutiva si rappresentino i rapporti di parentela tra i figli nati dal primo matrimonio e il nuovo coniuge del genitore non
affidatario, i figli nati dal nuovo matrimonio e gli eventuali figli del nuovo coniuge.
La letteratura sulla percezione e sulla concezione della propria famiglia da parte dei figli di genitori divorziati
La percezione della propria famiglia da parte dei bambini con genitori divorziati è oggetto di
studio in una interessante ricerca di Isaac, Leon e Kline (1987). Questi autori hanno compiuto la loro
indagine su un campione di soggetti di varie età (dai 4 anni fino all’adolescenza), i cui genitori erano
separati o divorziati almeno da 4 anni e mezzo. Essi hanno diviso i soggetti in tre gruppi: quelli dati
in affidamento alla madre, quelli dati in affidamento al padre e quelli per i quali era stata stabilita la
custodia congiunta. Il metodo di indagine utilizzato per questo studio è il Test del Disegno della Famiglia (Draw-A-Family Test), con il quale si richiede ai bambini di fare un disegno della propria famiglia. Ai soggetti è stata proposta anche un’intervista standardizzata, che prevedeva alcune domande a scelta multipla, volte soprattutto ad indagare la natura della relazione che si instaura tra i genitori
dopo il loro divorzio (es. collaborazione vs. ostilità).
Da questo studio risulta che il minor numero di omissioni del genitore non affidatario dal disegno della famiglia si ha nei casi di custodia congiunta, in quelli in cui il bambino riporta una buona
frequenza di visita da parte del genitore e in quelli in cui il bambino percepisce l’esistenza di un certo
grado di accordo tra i propri genitori. Isaac et al. (1987) interpretano questi risultati affermando che
non è tanto il tipo di custodia ad influenzare la percezione della famiglia, quanto la natura delle relazioni che vengono a stabilirsi fra tutti i membri della famiglia stessa; inoltre risulta avere un’importanza fondamentale la percezione da parte del bambino del grado di collaborazione, piuttosto che di
ostilità, fra i propri genitori.
Dalla ricerca di Isaac et al. (1987) emerge come molti bambini con genitori divorziati omettono dal disegno della famiglia il genitore che non risiede più con loro. La percentuale va dal 12% nei
casi di custodia congiunta, al 38% nei casi di affidamento del bambino ad un solo genitore, indipendentemente dal sesso del genitore in questione e dal fatto che questi si sia o meno risposato.
Un’altra interessante ricerca che si è occupata delle concezioni infantili del sistema di parentela dopo
il divorzio dei genitori è quella di Johnson, Klee e Schmidt (1988). Gli autori hanno preso in considerazione un campione formato esclusivamente da figli di genitori divorziati. I soggetti avevano un’età
variabile tra i 10 e i 26 anni ed erano volontari.
Il metodo di indagine prevedeva un colloquio con domande sulla definizione della propria famiglia e del proprio sistema di parentela da parte di ciascun soggetto, e un test del tipo carta e matita,
in cui i soggetti dovevano rappresentare le loro relazioni con i vari familiari, ponendo questi ultimi a
diversi gradi di distanza dal soggetto stesso.
Il risultato principale di questa ricerca è che i soggetti con genitori divorziati indicano tutti la
madre come membro della loro famiglia, mentre il padre è considerato tale solo dal 58%. Il motivo
principale dell’esclusione paterna dal sistema familiare non è la scarsa frequenza di contatto dei ragazzi con il padre non affidatario, ma il fatto che egli è frequentemente sostituito dal “patrigno”. In-
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fatti quest’ultimo è considerato membro della propria famiglia dal 72% dei ragazzi. Questo risultato
trova conferma quando si considerano gli esiti del test carta e matita. Infatti per il 79 % dei ragazzi la
madre è il familiare che viene percepito più vicino al soggetto stesso, mentre il padre è tale solo per il
23% dei soggetti. Quest’ultima percentuale scende ancora di più se i padri, dopo il divorzio, si sono
risposati. I nuovi compagni delle madri invece sono rappresentati solo poco più distanti dal bambino
rispetto alle madri. Le nuove compagne dei padri vengono al contrario riportate molto distanti o addirittura escluse. Così, mentre i padri sono facilmente sostituiti dai “patrigni” nel sistema familiare del
bambino, le madri sono solo raramente sostituite dalle “matrigne”.
Secondo Johnson et al. questi risultati dimostrano come il sistema di parentela occidentale, strutturalmente e normativamente bilaterale, in pratica sia matrilineare. Le donne infatti hanno un ruolo più
centrale nelle questioni di parentela nella nostra società, e la maternità è più idealizzata rispetto alla
paternità, essendo la sua origine biologica più facilmente riconoscibile. Inoltre il ruolo dell’uomo
nella famiglia nucleare attuale è più instabile e periferico rispetto al passato.
Le ricerche di Isaac, Leon e Kline (1987) e Johnson, Klee e Schmidt (1988) ottengono risultati concordanti per quanto riguarda la tendenza dei figli di genitori divorziati ad escludere dal loro sistema
familiare il genitore non affidatario, ossia quello che non vive più con loro, ma, mentre i primi rilevano che questo avviene indipendentemente dal sesso del genitore non affidatario, i secondi dimostrano
che tale tendenza è molto più forte se il genitore non affidatario è il padre.
La letteratura sulla continuità genitoriale dopo il divorzio
Un’importante ricerca che ha studiato in modo specifico la concezione infantile della continuità della “genitorialità” (“parenthood”) dopo il divorzio è quella di McGurk e Glachan (1987). Essi
hanno intervistato 296 soggetti, suddivisi in 6 fasce di età fra i 4 e i 15 anni, appartenenti in parte a
famiglie unite e in parte a famiglie divise. Sono state considerate, come variabili indipendenti, l’età
dei soggetti e la loro struttura familiare (genitori coniugati vs. genitori divorziati). Il metodo di indagine (colloquio clinico) prevedeva l’uso di alcuni modellini di case che costituivano una via di una
piccola città, e quattro miniature rappresentanti i membri di una famiglia nucleare: un padre, una madre, un figlio maschio e una figlia femmina, posti tutti davanti alla stessa abitazione. Ad ogni soggetto veniva detto, dopo alcune prove preliminari, che i due genitori di questa famiglia avevano deciso
di divorziare, visti i numerosi litigi. A questo punto la figura del padre, o della madre, veniva spostata
in un’altra abitazione della stessa via. Per metà del campione era la madre a traslocare, e per l’altra
metà il padre. A ciascun soggetto veniva domandato se quest’uomo (o questa donna) era ancora il
padre (o la madre) dei due bambini e perché.
I livelli evolutivi individuati sono tre. I soggetti, all’aumentare dell’età, tendono ad affermare
la continuità della “genitorialità” dopo il divorzio in base a giustificazioni sempre più evolute.
Al primo livello si hanno affermazioni di fatto, senza alcuna giustificazione, o accompagnate
da riferimenti a fatti irrilevanti rispetto alla continuità genitoriale dopo il divorzio.
Al secondo livello i soggetti affermano o negano questa continuità, giustificando le loro risposte in base a diverse condizioni. Si collocano a questo livello i bambini che ritengono la genitorialità
dipendente dalla residenza del genitore non affidatario rispetto a quella dei figli, per cui un padre e
una madre cessano di essere genitori se non abitano più con i loro bambini. Questo in linea con quanto aveva già descritto Piaget: il primo livello evolutivo del concetto di famiglia si basa sulla coresidenza e solo in seguito entrano in gioco i legami di parentela veri e propri. A questo livello i soggetti affermano che la genitorialità dipende dall’affetto, per cui i genitori continuano ad essere tali
solo se vogliono sempre bene ai loro figli; oppure ritengono che un padre e una madre cessano di
essere genitori se si risposano. Questo avviene sia che il nuovo partner abbia o non abbia già dei figli
propri, o nascano altri figli da questa loro nuova unione; a questo livello i bambini inoltre affermano
che la madre (meno di frequente il padre) continua ad essere un genitore per i suoi figli dopo il divorzio: la principale giustificazione fornita dai soggetti è che i bambini nascono dalla pancia della mam-
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ma e perciò sono figli suoi per sempre.
Infine nel terzo livello i soggetti sostengono la continuità della genitorialità in modo incondizionato, facendo riferimento a fattori biologici e genetici. Questo livello comprende comunque due
diversi sub-livelli: il primo è quello dei soggetti che distinguono chiaramente i legami coniugali e
quelli genitoriali e affermano la mutabilità dei primi e la stabilità dei secondi, mentre il secondo è
quello in cui i soggetti compiono una ulteriore distinzione fra il ruolo del genitore e la relazione genetica che lega genitori e figli. Per questi ultimi soggetti il legame biologico tra un genitore e i suoi
figli è qualcosa che non può mai spezzarsi. Tuttavia è anche vero che se una madre e un padre non si
interessano più ai loro bambini e non si assumono più alcuna responsabilità nei loro confronti, il loro
ruolo di genitori viene meno.
I soggetti con genitori divorziati hanno confermato le tendenze evolutive descritte, ma ad ogni
età presentano livelli di sviluppo più evoluti dei loro coetanei con famiglie unite. Secondo McGurk e
Glachan quindi l’esperienza diretta del divorzio dei propri genitori ha un effetto facilitatore sulla
comprensione della continuità della “genitorialità”, indipendentemente dal nuovo stato civile dei genitori stessi.
Per quanto riguarda le differenze tra madri e padri, in relazione alla continuità dello stato di
genitore dopo il divorzio, esse sono emerse solo per una piccola percentuale di soggetti, tra gli 8 e i
10 anni, appartenenti tutti a famiglie unite. Quindi per i bambini intervistati da McGurk e Glachan la
continuità della “genitorialità” non dipende dal sesso del genitore, in accordo con quanto affermano
anche Isaac, Leon e Kline (1987).
La ricerca di sondaggio
Le ricerche di Isaac, Leon e Kline (1987) e Johnson, Klee e Schmidt (1988) con figli di genitori divorziati, e quella di McGurk e Glachan (1987), che hanno invece considerato sia bambini appartenenti a famiglie unite, sia bambini appartenenti a famiglie divise, concordano sulla tendenza ad escludere dal sistema familiare il genitore non affidatario. ‘É più controverso invece l’emergere di differenze relative a tale esclusione in relazione del sesso del genitore in questione; esse non sono state
riscontrate da Isaac et al. e da McGurk e Glachan, e sono state invece evidenziate da Johnson et al.
Quest’ultimo risultato potrebbe essere ricondotto semplicemente al fatto che il campione di soggetti
comprende quasi esclusivamente bambini affidati alla madre. Lo studio di McGurk e Glachan permette di confrontare le concezioni dei bambini con genitori divorziati e quelle dei bambini appartenenti a famiglie unite, e considera l’evoluzione, al crescere dell’età, della tendenza all’esclusione del
genitore non affidatario dal proprio sistema famigliare, indagando anche sui motivi di tale esclusione
da parte dei soggetti.
Si è deciso quindi, prendendo spunto in particolare dal lavoro di McGurk e Glachan (1987), di
indagare ulteriormente sui concetti della continuità genitoriale e dei rapporti di parentela nelle famiglie ricostruite attraverso una ricerca a carattere euristico per verificare come questi concetti si sviluppino tra i 6 ed i 19 anni. Si è inteso cioè valutare:
a. se esistono differenze evolutive nella concezione di continuità genitoriale relativamente al
genitore non affidatario
b. se esistono differenze evolutive nella concezione dei rapporti di parentela tra i componenti di
famiglie ricostruite
c. se esistono differenze evolutive nella concezione di continuità genitoriale dopo il divorzio in
relazione al sesso del genitore non affidatario
d. se esistono differenze tra soggetti maschi e femmine della stessa età, sia riguardo alla concezione di continuità genitoriale del genitore non affidatario dopo il divorzio, sia riguardo alla
concezione dei rapporti di parentela nelle famiglie ricostruite
e. se esistono differenze nelle risposte dei soggetti a seconda della condizione sperimentale (A=
madre affidataria, B= padre affidatario)
Si è convenuto di escludere da questa indagine di sondaggio i soggetti con famiglie divise.
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Questo per la grande quantità di variabili che, secondo le indagini citate, possono influenzare la percezione del divorzio da parte dei figli di genitori separati o divorziati; oltre all’età e allo stadio di sviluppo cognitivo, risultano infatti fattori importanti la durata della separazione, lo stato di custodia e il
livello di conflitto tra i genitori dopo il divorzio.
Le ipotesi della ricerca sono:
1. All’aumentare dell’età i soggetti dimostrano una sempre maggiore capacità di distinguere tra legame coniugale e legame genitoriale. Il primo è infatti un legame che può essere sciolto, mentre il secondo non può mai spezzarsi. I soggetti più piccoli ritengono così che, con il divorzio, si abbia non
solo la rottura del matrimonio, ma anche la fine del legame tra il genitore non affidatario e i suoi figli, mentre i soggetti più grandi sono in grado di differenziare tra i due tipi di legame (McGurk e Glachan, 1987; Isaac, Leon e Kline, 1987; Johnson, Klee e Schmidt, 1983). D’altra parte le ricerche sulla
concezione di famiglia e sui rapporti di parentela dimostrano chiaramente un progressivo evolversi
dei concetti al variare dell’età, che porta i bambini a sviluppare una visione sempre più astratta della
famiglia (Borduin, Mann, Cone e Borduin, 1990; Gilby e Pederson, 1982; Marin e Milani, 2002; Mazur, 1993; Newman, Roberts e Syrè , 1993; Parish e Dostal, 1980).
2. Le femmine hanno una comprensione più evoluta rispetto a quella dei maschi coetanei (Wedermayer, Bickard e Cooper, 1989; Borduin, Mann, Cone e Borduin, 1990).
Le variabili indipendenti sono l’età, il sesso e la situazione stimolo (A= madre affidataria, padre non
affidatario; B= padre affidatario, madre non affidataria).
Le variabili dipendenti sono rappresentate dalle risposte fornite dai soggetti a dodici quesiti,
nove dei quali relativi alla concezione di continuità genitoriale del genitore non affidatario dopo il
divorzio, tre relativi ai rapporti di parentela all’interno delle famiglie ricostruite (rapporto con il nuovo coniuge, rapporto con un nuovo figlio, rapporto con i figli del nuovo coniuge).
Soggetti
Il campione esaminato è composto complessivamente da 160 unità, tra bambini di scuola
elementare e ragazzi di scuola media superiore, provenienti dalla provincia di Cremona. Essi fanno
parte tutti di famiglie intatte (genitori coniugati e non separati o divorziati) e sono suddivisi equamente in quattro fasce di età (6-7, 10-11, 14-15 e 18-19 anni). Tutti i soggetti provengono da famiglie
italiane, con redditi medio bassi, i cui genitori sono in possesso di licenza media o diploma.
Metà dei maschi e metà delle femmine di ciascuna fascia di età sono stati sottoposti alla situazione
stimolo A, nella quale si ipotizza che, dopo il divorzio dei genitori, i figli siano affidati alla madre,
mentre alla restante metà è stata presentata la situazione stimolo B, nella quale si ipotizza che la custodia dei bambini sia data al padre. I gruppi omogenei sono quindi 16 (4 età x 2 sessi x 2 stimoli).
Nella scelta delle classi di età dei soggetti si è tenuto conto che le concezioni relative alla famiglia
hanno una prima evoluzione durante gli anni della scuola elementare, in cui si nota il passaggio da
criteri semplici e concreti (es.: coabitazione) dei bambini più piccoli, a criteri complessi ed astratti
(es.: legami affettivi, di sangue, di parentela) dei bambini più grandi.
Perciò si sono considerate le prime due fasce di età (6-7 e 10-11 anni) come rappresentative del primo livello evolutivo. Le età intermedie sono state trascurate in quanto, come rilevano gli studi precedenti, rappresentano un periodo di transizione. Le altre due fasce di età (14-15 e di 18-19 anni) sono
state invece scelte per vedere come i concetti si consolidano o progrediscono nell’arco dell’adolescenza.
Procedura
Sono state utilizzate due diverse metodologie di indagine, in rapporto all’età dei soggetti. Con i
bambini delle elementari (prime due fasce di età) si è usata un’intervista semi strutturata, mentre per i
ragazzi di prima e quinta superiore (terza e quarta fascia di età) si è elaborato un questionario. A tutti
i soggetti sono state poste le stesse domande: ciò che cambia sono soltanto le modalità di presentazione dei quesiti e quelle di risposta (orale per i bambini delle elementari, scritta per i ragazzi delle supe-
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riori). Il formato di entrambi gli strumenti è stato testato attraverso una pre-ricerca. I bambini delle
elementari sono stati intervistati individualmente in un locale della loro scuola e le loro risposte sono
state registrate e trascritte integralmente; ai ragazzi delle superiori invece il questionario è stato somministrato collettivamente nella loro classe, alla presenza di un loro insegnante oltre che del ricercatore.
L’intervista per i bambini di scuola elementare è stata accompagnata dalla presentazione di
alcune figure umane disegnate al fine di suscitare l’interesse del soggetto e portarlo a riferirsi nelle
sue risposte alla generica “famiglia Rossi”. A tutti i soggetti, con la sola esclusione di coloro che non
hanno mostrato alcuna comprensione dei concetti studiati, sono state poste le domande fondamentali
riassunte nella tabella di appendice A. Il colloquio è stato eseguito in una sola somministrazione della
durata di circa 15-20 minuti per soggetto.
Il questionario per i ragazzi di scuola superiore invece, dopo alcune domande conoscitive preliminari, è stato introdotto da un disegno della famiglia Rossi, in cui ogni personaggio è rappresentato allo stesso modo delle figurine di carta mostrate ai bambini più piccoli. Il tempo di compilazione
del questionario variava dai 30 ai 50 minuti.
Risultati della ricerca
Codifica delle risposte.
Per analizzare i dati raccolti tramite l’intervista semi strutturata sopra descritta è stato utilizzato un sistema di codifica, raggruppando le risposte dei soggetti in diverse categorie in base al loro
contenuto. Questa classificazione delle risposte è stata compiuta da due giudici indipendenti, in modo
da ottenere il massimo accordo tra di loro, e separatamente per le due aree dell’indagine (continuità
genitoriale, rapporti di parentela in famiglie ricostruite).
Per quanto riguarda la concezione di continuità genitoriale del genitore non affidatario dopo
il divorzio è stato utilizzato il sistema di codifica di McGurk e Glachan (1987), ma in una versione
modificata. Con questa indagine si voleva infatti sottoporre ad un’ulteriore verifica la sequenza evolutiva ipotizzata da questi autori, non raggruppando a priori le risposte dei soggetti in livelli di sviluppo, ma considerando ciascuna categoria di risposta singolarmente e osservando come si distribuisce
nelle diverse età.
Per quanto riguarda invece le concezioni dei rapporti di parentela all’interno delle famiglie
ricostruite si è ritenuto opportuno definire empiricamente un sistema di codifica, raggruppando le
risposte dei soggetti in categorie in base alla loro somiglianza di contenuto e in modo tale da ottenere
il massimo accordo tra i due giudici. Successivamente si è osservata la distribuzione di queste categorie di risposta in funzione dell’età dei soggetti, per stabilire se potevano essere assimilabili a livelli
evolutivi progressivi.
Per la prima area di indagine “Continuità dello stato genitoriale del genitore non affidatario
dopo il divorzio” le risposte sono state codificate in 5 categorie:
1. Affermazione/Negazione della continuità genitoriale senza giustificazione
2. Affermazione/Negazione condizionata di tipo 1 (coabitazione, affetto, divorzio)
3. Affermazione/Negazione condizionata di tipo 2 (nuovo stato civile, presenza di nuovi figli o
figliastri, comportamento del genitore non affidatario)
4. Affermazione in base a legami genetico - biologici
5. Distinzione fra legame genetico e ruolo genitoriale
Per la seconda area di indagine “Rapporti di parentela nelle famiglie ricostruite” le risposte
sono state codificate in 3 categorie:
1. Legame di parentela (madre, padre, fratello, parente)
2. Rapporto di amicizia (amico, nemico)
3. Nessun rapporto
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Analisi dei risultati
Sono state confrontate la distribuzione e la frequenza delle risposte dei soggetti per ciascuna
delle aree di indagine, e verificata l’influenza delle diverse variabili di interesse ossia il sesso, le due
condizioni sperimentali e l’età dei soggetti, in relazione alle categorie di risposta.
Rispetto alla variabile “genere”, a differenza di quanto ipotizzato, non sono emerse differenze significative tra maschi e femmine. Anche rispetto alla variabile “condizione sperimentale” non sono emerse differenze significative tra condizione A e condizione B nelle aree di ricerca e nelle categorie di
risposta tra i soggetti intervistati. La variabile “età” ha messo invece in luce differenze significative
in tutte le aree studiate.
Prima area di indagine: Evoluzione del concetto di continuità genitoriale
La classificazione delle risposte è riassunta nella Tabella 1. Si osserva che i bambini di prima
elementare (6-7 anni) concentrano le loro risposte nelle prime tre categorie. Il 27,5% dei soggetti afferma o nega la continuità genitoriale del genitore non affidatario, senza sapere giustificare la risposta; peraltro quasi tutti i soggetti che appartengono a questo gruppo tendono ad affermare la continuità genitoriale; solo un soggetto ha negato la continuità, sempre senza saper dare spiegazioni. Il 55%
dei soggetti condiziona la continuità genitoriale soprattutto alla coabitazione, e in secondo luogo all’affetto del genitore non affidatario. Il 17,5% dei soggetti condiziona la continuità genitoriale del genitore non affidatario a criteri complessi che tengono conto del nuovo stato civile del genitore non
affidatario, dell’esistenza di nuovi figli, dell’esistenza di figli dell’eventuale nuovo coniuge o del
comportamento del genitore non affidatario: buona parte di questi soggetti condiziona la paternità o
la maternità al fatto che il genitore si risposi o non si risposi, e in misura minore all’esistenza di nuovi
figli del genitore non affidatario.
I bambini di quinta elementare (10-11 anni) concentrano le loro risposte nella terza, quarta e
quinta categoria. Il 35% dei soggetti condiziona la continuità genitoriale del genitore non affidatario
a criteri che tengono conto del nuovo stato civile del genitore non affidatario (il 64,3 % di questi soggetti condiziona la paternità o la maternità al fatto che il genitore non si risposi), dell’esistenza di
nuovi figli o del comportamento del genitore non affidatario. Il 60% riconosce il legame genetico
immutabile che lega i genitori ai figli per cui per questi soggetti un genitore resta tale per sempre. Il
5% dei soggetti introduce il concetto di ruolo genitoriale, ossia il fatto che la genitorialità non si esaurisce nella semplice parentela biologica, ma necessita di comportamenti sociali che la rendano effettiva.
Anche i soggetti di prima superiore (14-15 anni) concentrano le loro risposte nelle ultime tre categorie, con una netta evoluzione verso la consapevolezza del ruolo genitoriale che va oltre la parentela
Tabella 1. Evoluzione del concetto di continuità genitoriale: distribuzione delle risposte rispetto all’età dei soggetti.
Età 6-7 anni
Codifica risposte:
Età 10-11 anni
Età 14-15 anni
Età 18-19 anni
N.
%
N.
%
N.
%
N.
%
Aff. senza giustificazione
11
27.5
0
0
0
0
0
0
Aff. condizionata tipo 1
22
55.0
0
0
0
0
0
0
Aff. condizionata tipo 2
7
17.5
14
35.0
5
12.5
0
0
Aff. per legami genetici
0
0
24
60.0
23
57.5
10
25.0
Aff. per ruolo genitoriale
0
0
2
5.0
12
30.0
30
75.0
40
100.0
40
100.0
40
100.0
40
100.0
Totale
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biologica.
I ragazzi di quinta superiore (18-19 anni) concentrano le loro risposte nella quarta e soprattutto nella quinta categoria (75%), manifestando un sostanziale consolidamento dell’evoluzione del concetto. L’analisi statistica dei dati evidenzia differenze evolutive significative in rapporto all’età. Viene confermata la tendenza evolutiva già emersa in McGurk e Glachan (1987): i soggetti di 6/7 anni
condizionano la continuità genitoriale ad aspetti concreti e legati soprattutto alla coabitazione, differenziandosi dai soggetti di 10/11 anni (6/7 vs. 10/11 =61,3; p <.05) i quali utilizzano come criterio
discriminante dimensioni sociali più complesse, come l’eventuale nuovo matrimonio del genitore non
affidatario o il comportamento del genitore non affidatario verso i figli, ma soprattutto introducono il
concetto di legame biologico.
Tra i soggetti di 14/15 anni, il maggior numero si colloca nella 4° categoria di risposta che si
riferisce al legame biologico indissolubile tra genitori e figli, ed in questo non si differenziano dai
soggetti di 10/11 anni. La differenza tra questi due gruppi emerge riguardo l’introduzione del concetto di ruolo genitoriale, dove i soggetti di 14/15 lo citano in numero maggiore (14/15 anni vs. 10/11
anni; =7,1; p <.05). I soggetti di 18/19 utilizzano nella maggioranza dei casi il concetto di ruolo per
descrivere il rapporto tra il genitore non affidatario ed i figli, e si distinguono dagli altri soggetti
(nella categoria “ruolo”: 18/19 anni vs. 14/15 anni = 7.7; p <.05; 18/19 anni vs. 10/11 anni = 24,5; p
<.05).
Seconda area di indagine: rapporti di parentela nelle famiglie ricostruite
Tema A: Evoluzione del concetto di rapporto tra i figli del genitore non affidatario e il suo nuovo
coniuge
I dati sono riassunti nella Tabella 2. Il 22,5% dei soggetti di 6-7 anni considera il rapporto tra i
figli del genitore non affidatario e il suo nuovo coniuge come una parentela. In particolare due terzi
definiscono il nuovo coniuge genericamente come un parente, mentre il resto lo definisce patrigno/
matrigna o come padre/madre. Il 32,5% dei soggetti considera tale rapporto come una amicizia. Quasi tutti i soggetti descrivono il nuovo coniuge come un amico dei figli del genitore non affidatario,
mentre solo una piccola parte lo considera un nemico, additandolo come responsabile del divorzio. Il
45% dei soggetti non riconosce alcun rapporto di parentela né di amicizia tra il nuovo coniuge ed i
figli.
Il 25% dei soggetti di 10-11 anni considera il rapporto tra i figli del genitore non affidatario e il
suo nuovo coniuge come una parentela, ma per quasi tutti non è una parentela generica: il nuovo coniuge è per loro un patrigno/matrigna. Il 20% dei soggetti considera il rapporto come una amicizia,
mentre il 55% ritiene non ci sia alcun rapporto. Confrontando il contenuto delle risposte date dai
bambini di 6/7 anni e quelli di 10/11 anni è ravvisabile una differenza tra le due affermazioni
“mancanza di rapporto”, sebbene simili nella forma. Mentre i più piccoli affermano che non c’è rapporto perché i figli ed il nuovo coniuge del genitore non affidatario non vivono nella stessa casa, per
Tabella 2. Evoluzione del concetto di rapporto tra i figli del genitore non affidatario ed il suo nuovo
coniuge: distribuzione delle risposte rispetto all’età dei soggetti.
Codifica risposte:
Età 6-7 anni
Età 10-11 anni
Età 14-15 anni
Età 18-19 anni
N.
%
N.
%
N.
%
N.
%
Legame di parentela
9
22.5
10
25.0
8
20.0
2
5.0
Rapporto di amicizia
13
32.5
8
20.0
5
12.5
12
30.0
Nessun rapporto
18
45.0
22
55.0
27
67.5
26
65.0
40
100.0
40
100.0
40
100.0
40
100.0
Totale
Volume 9, Numero unico, 2004, pag. 81
gli altri il rapporto non c’è perché i figli non hanno nulla da spartire con il nuovo coniuge, ossia essi
danno l’impressione di ritenere che un rapporto sociale, anche se di amicizia, sia piuttosto improbabile e forse sconveniente.
Il 20% dei soggetti di 14-15 anni vede un rapporto di parentela tra i personaggi descritti nel
questionario. Il 12,5% ritiene che tra il nuovo coniuge del genitore non affidatario e i figli possa esserci un rapporto di amicizia. Il 67,5% ritiene che non ci sia alcun tipo di rapporto.
Solo il 5% dei soggetti di 18-19 anni cita il rapporto “patrigno/matrigna”, mentre il 30% sottolinea la
possibilità di un rapporto di amicizia. Il 65% dei soggetti afferma non esserci alcun legame. Questi
soggetti motivano le risposte con l’opportunità che questa nuova figura rimanga sullo sfondo, senza
interferire nel rapporto tra i genitori dei bambini e i bambini stessi.
Dall’analisi statistica dei risultati emerge che i soggetti di 18/19 anni si differenziano in maniera significativa dai soggetti di 10/11 anni (18/19 vs. 10/11 = 6.5; p <.05) e dai soggetti di 14/15 anni
(18/19 vs. 14/15 = 6.5; p <.05), che al contrario non si differenziano tra di loro.
Esiste una progressiva diminuzione nella frequenza di risposte collocate nella prima categoria
(“legame di parentela”). Con la maturità i soggetti sembrano diventare sempre meno propensi a considerare il rapporto tra i figli e il loro patrigno/matrigna come un legame di parentela; le differenze
sono significative tra soggetti di 18/19 anni e soggetti di 6/7 anni (= 4,45; p<.05), tra soggetti di 18/19 anni e soggetti di 10/11 anni (= 5,3; p <.05) e tra soggetti di 18/19 anni e soggetti di 14/15 anni
(= 4,5; p <.05).
Sembra emergere il fatto che il rapporto tra il nuovo coniuge del genitore non affidatario ed i
figli di quest’ultimo sia considerato “sconveniente” da un punto di vista sociale oltre che motivo di
confusione per i figli.
Tema B: Evoluzione del concetto di rapporto tra i figli del primo matrimonio del genitore non affidatario e i figli nati dal secondo matrimonio.
Il 25% dei soggetti di 6-7 anni considera i figli del genitore non affidatario nati dal primo e dal
secondo matrimonio legati da un legame di parentela. Metà di questi li considera come fratelli, mentre l’altra metà li considera più correttamente fratellastri. Il 50% dei soggetti considera il rapporto in
questione come una amicizia possibile fra bambini. Il restante 25% ritiene che non ci sia nessun tipo
di rapporto.
Il 70% dei soggetti di 10-11 anni considera i figli del genitore non affidatario nati dal primo e
dal secondo matrimonio legati da un legame di parentela; quasi tutti li considerano come fratellastri.
Il 15% dei soggetti considera i bambini presentati nell’intervista come amici, mentre il restante 15%
non riconosce alcun tipo di rapporto.
La distribuzione delle risposte dei soggetti di 14-15 anni è del tutto analoga. E così anche quella dei soggetti di 18-19 anni. Peraltro a questa età le risposte sembrano concentrarsi nelle due categorie estreme: legame di parentela per l’82.5%, ovvero nessun rapporto per il 15%. L’analisi dei dati
evidenzia una differenza significativa tra i soggetti di 6/7 anni rispetto a tutti gli altri soggetti (6/7 vs.
10/11 =17.1; p <.05; 6/7 vs. 14/15 = 22; p <.05. 6/7 vs. 18/19 = 30; p <.05).
Tabella 3. Evoluzione del concetto di rapporto tra i figli del primo matrimonio del genitore non affidatario ed i figli nati dal secondo matrimonio: distribuzione delle risposte rispetto all’età dei soggetti.
Codifica risposte
Età 6-7 anni
Età 10-11 anni
Età 14-15 anni
Età 18-19 anni
N.
%
N.
%
N.
%
N.
%
Legame di parentela
10
25.0
28
70.0
29
75.0
33
82.5
Rapporto di amicizia
20
50.0
6
15.0
3
7.5
1
2.5
Nessun rapporto
10
25.0
6
15.0
8
17.5
6
15.0
40
100.0
40
100.0
40
100.0
40
100.0
Totale
Volume 9, Numero unico, 2004, pag. 82
Si riscontra dunque un’evoluzione che porta i soggetti dall’iniziale incomprensione fino al corretto riconoscimento del legame di parentela. Per verificare se e come la risposta “fratellastro” abbia
influito effettivamente sul risultato finale, è stato analizzato il contributo di questa risposta incrociandola con le altre possibili nel questionario e nell’intervista, poi accorpate sotto la categoria “rapporto
di parentela”; il risultato è significativo, ossia la maggioranza tra soggetti della stessa età nei tre i
gruppi (10/11 anni, 14/15 anni, 18/19 anni) risponde correttamente “fratellastro”.
Tema C: Evoluzione del concetto di rapporto tra i figli del genitore non affidatario ed i figli del suo
nuovo coniuge.
Consideriamo la Tabella 4. Il 17,5% dei soggetti di 6-7 anni considera il rapporto tra i figli del
genitore non affidatario e i figli del suo nuovo coniuge un legame di parentela; in particolare oltre la
metà dei soggetti li considera fratellastri, e solo una piccola parte genericamente parenti. Il 52,5% dei
soggetti considera i bambini descritti nella ricerca come amici. Il 30% dei soggetti ritiene che non ci
sia alcun tipo di rapporto.
Il 42,5% dei soggetti di 10-11 anni considera il rapporto tra i figli del genitore non affidatario e
i figli del suo nuovo coniuge un legame di parentela; quasi tutti li considerano fratellastri. Il 27,5%
dei soggetti li considera come amici. Ancora il 30% ritiene non ci sia alcun tipo di rapporto tra loro.
Solo il 20% dei soggetti di 14-15 anni considera il rapporto tra i figli del genitore non affidatario e i
figli del suo nuovo coniuge un legame di parentela. Il 25% dei soggetti li considera come amici. Ma
ben il 55% ritiene non ci sia alcun tipo di rapporto tra loro.
E così anche per i soggetti di 18-19 anni. Appena il 10% considera il rapporto tra i figli del
genitore non affidatario e i figli del suo nuovo coniuge un legame di parentela. Il 35% li considera
come amici. Ancora il 55% ritiene non ci sia alcun tipo di rapporto.
I soggetti di 6/7 anni si collocano per la maggior parte nella seconda e terza categoria di risposta, che
si differenzia dalla prima categoria di risposta (“legame di parentela” vs. “rapporto di amicizia” 7.1;
p <.05) ; tuttavia anche se per il 52,5% di essi il rapporto è di amicizia e per il 30% non esiste nessun
rapporto, la differenza tra queste percentuali non risulta significativa.
I soggetti di 10/11 anni si distribuiscono in tutte e tre le categorie senza che una prevalga sull’altra;
nè la condizione sperimentale, né il genere danno giustificazione della distribuzione osservata.
I soggetti di 14/15 anni rispondono nella maggioranza dei casi negando qualsiasi rapporto tra i figli
del genitore non affidatario ed i figli del suo nuovo coniuge (“nessun rapporto” vs. “rapporto di amicizia” =4,5; p <.05; “nessun rapporto” vs. “legame di parentela” = 6,5; p <.05).
I soggetti di 18/19 anni si distribuiscono maggiormente nella seconda e terza categoria di risposta.
Per molti di essi non esistono rapporti tra i figli descritti nella ricerca, anche se alcuni di loro riconoscono la possibilità di un legame di amicizia (“nessun rapporto” vs. “legame di parentela” = 12,5; p
<.05. “rapporto di amicizia” vs. “legame di parentela” = 5,6; p <.05).
Tabella 4. Evoluzione del concetto di rapporto tra i figli del genitore non affidatario ed i figli del suo
nuovo coniuge: distribuzione delle risposte rispetto all’età dei soggetti.
Età 6-7 anni
Codifica risposte:
Età 10-11 anni
Età 14-15 anni
Età 18-19 anni
N.
%
N.
%
N.
%
N.
%
Legame di parentela
7
17.5
17
42.5
8
20.0
4
10.0
Rapporto di amicizia
21
52.5
11
27.5
10
25.0
14
35.0
Nessun rapporto
12
30.0
12
30.0
22
55.0
22
55.0
40
100.0
40
100.0
40
100.0
40
100.0
Totale
Volume 9, Numero unico, 2004, pag. 83
Considerazioni conclusive
Questa ricerca di sondaggio si proponeva di verificare se e come l’età, il genere e le condizioni
sperimentali proposte, potessero influenzare in maniera significativa le risposte dei soggetti ai quesiti
sottoposti.
In generale solo la variabile età è risultata significativa nel determinare le differenze tra le risposte
dei soggetti, confermando la prima ipotesi della ricerca, mentre né il genere, né le condizioni sperimentali sembrano avere influenza.
Per quanto riguarda la prima area di ricerca, ovvero l’evoluzione del concetto di continuità
genitoriale, i risultati dell’indagine mostrano un chiaro passaggio con l’età dall’uso di concetti molto
semplici e concreti all’uso di concetti astratti, legati agli aspetti sociali del rapporto tra genitori e figli.
Quando è stato chiesto se il genitore che si allontanava da casa sarebbe stato ancora padre (o
madre) dei bambini indicati nelle figure e perché, ecco alcuni esempi di risposta:
• soggetti di 6/7 anni: “Se se ne va di casa non è più il papà, perché va via” ... “ e se non dovesse andare via di casa?” … “beh, allora si, è ancora il loro papà”
• soggetti di 10/11 anni: “Rimane sempre il papà perché c’è un legame di sangue con i figli, e
questo resta per sempre”
• soggetti di 14/15 anni: “Esiste un legame biologico indissolubile, per cui lui rimane padre dei
figli in qualsiasi caso”
• soggetti di 18/19 anni: “Al di la del legame genetico, esiste un’esigenza di contatto tra genitori e figli. Se un genitore non si cura affatto dei suoi figli non può certo dirsi suo padre. Alla
fine i suoi figli neppure lo conoscono”
Per quanto riguarda il primo tema della seconda area di ricerca, ovvero la evoluzione del concetto di rapporto tra i figli del genitore non affidatario ed il suo nuovo coniuge, i soggetti coinvolti
hanno mostrato che, con il passare degli anni, le loro risposte si fanno sempre più complesse. La frequenza maggiore di risposta, in tutti i gruppi di età, è stata “nessun legame”, ma con notevoli differenze di significato tra i gruppi di età. Alla domanda “La nuova moglie del sig. Rossi che cosa è per
Marco e Sara?” ecco alcuni esempi di risposta:
• soggetti di 6/7 anni: “niente”
• soggetti di 10/11 anni: “niente, che centra lei con loro?”
• soggetti di 14/15 anni: “niente, meglio se non la conoscono neanche”
• soggetti di 18/19 anni: “nessun legame, il che è forse anche un bene per evitare confusione
nei bambini”
Potrebbe essere interessante indagare ulteriormente sul significato della risposta “niente” che
hanno dato i soggetti; sembra, dal contenuto e dai toni utilizzati nel rispondere, che i più piccoli abbiano risposto in maniera intuitiva (ad esempio: non vivono nella stessa casa quindi non sono parenti)
senza considerare le varie implicazioni possibili; al contrario, i soggetti più grandi credono che un
rapporto tra i due figli e il nuovo coniuge sia da escludere, forse per proteggere quel che resta della
vecchia famiglia. I soggetti di 18 anni riescono invece ad immaginare un rapporto di amicizia possibile tra i personaggi descritti nel questionario.
Il secondo tema di ricerca “Evoluzione del concetto di rapporto tra i figli del primo matrimonio del genitore non affidatario ed i figli nati dal secondo matrimonio” evidenzia una chiara evoluzione del concetto di legame di parentela. Ai soggetti si sono mostrate tre figure rappresentati tre bambini e si è domandato “Il nuovo bambino del sig. Rossi che cos’è per Marco e Sara?”
I soggetti più piccoli rispondono con maggiore frequenza dicendo ad esempio “sono amici”, e questo
probabilmente deriva dal fatto che la relazione più semplice e naturale tra tre bambini è quella del
gioco, che per questi soggetti può essere sinonimo di amicizia.
Tutti i soggetti di età superiore, al contrario, individuano subito l’esistenza di un legame di
parentela, come già era avvenuto con le risposte al primo quesito. Inoltre, con il passare degli anni, i
soggetti mostrano di saper individuare meglio questo tipo di legame di parentela, e infatti il numero
Volume 9, Numero unico, 2004, pag. 84
di coloro che hanno detto “fratellastro” aumenta con l’aumentare dell’età.
Per quanto riguardo il terzo tema, ossia la evoluzione del concetto di rapporto tra i figli
del genitore non affidatario ed i figli del suo nuovo coniuge, la situazione appare diversa. La frequenza maggiore di risposte dei soggetti più piccoli si colloca nella categoria del rapporto di amicizia.
Alla domanda “E i figli della nuova moglie del sig. Rossi, che cosa sarebbero per Marco e Sara?”
essi rispondono ad esempio “sono tutti e quattro amici”. Anche in questo caso, come nel precedente,
possiamo ipotizzare che essi rispondano in maniera intuitiva ed immediata, individuando la relazione
più semplice che può esserci tra quattro bambini piccoli.
I soggetti di 10/11 anni sono apparsi perplessi, come se facessero fatica a capire con
chiarezza la domanda. In effetti il quesito implica la valutazione contemporanea di diversi fattori,
riguardo ad una eventualità che certo non rientra nella loro esperienza di vita, di gioco e scolastica.
Essi rispondono scegliendo una delle proposte del ricercatore, ma non danno l’impressione di sapere
esattamente cosa significhi.
I soggetti di 14/15 anni privilegiano la risposta “nessun legame”, riferendosi alla oggettiva mancanza di parentela biologica. Alla domanda essi rispondono ad esempio: “ Non sono niente,
tanto più che non vivono neppure vicino a Marco e Sara”. Sarebbe interessante vedere che tipo di
risposte darebbero se si ponesse loro la questione specificando che i genitori, ora separati, vivono
vicini gli uni agli altri con le rispettive nuove famiglie, situazione del resto molto improbabile nella
realtà.
I soggetti di 18/19 anni, sebbene privilegino la stessa risposta degli adolescenti, introducono anche la
possibilità di un rapporto di amicizia, sottolineando ad esempio che “tra i bambini è sempre possibile
l’amicizia, anzi può essere momento di crescita personale”.
Riferimenti Bibliografici
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Divorce. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 14, 191-212.
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Volume 9, Numero unico, 2004, pag. 85
APPENDICE A: Schema generale del colloquio e del questionario
TEMA: CONCETTO DI CONTINUITÁ DELLA GENITORIALITÁ
Area d’indagine
1. Continuità
dello stato genitoriale del genitore non affidatario dopo il divorzio.
Domande
Per i ragazzi delle elementari:
- essendo la signora e il signor Rossi divorziati, il/la signor/a Rossi va ad abitare da un’altra
parte, e non vive più con la/il signora/signor Rossi e i loro due figli, Marco e Sara. Secondo
te, il/la signor/signora Rossi è ancora il/la ladre/madre di questi due bambini?
- Perché?
- Secondo te, come si comporterà il/la signor/a Rossi verso Marco e Sara, dopo il divorzio
dalla/dal signora/signor Rossi e il suo allontanamento della casa dove vivono i due bambini?
- E se invece/Ma anche adesso si comportasse/comporta male/bene verso Marco e Sara
(oppure non si interessa più di loro /si interessa sempre a loro, oppure non li va più a trovare (li va spesso a trovare, ecc…), secondo te, sarebbe/non è più il /la loro padre/madre?
- Perché?
- Se il/la signor/ra Rossi, dopo il divorzio dalla/dal signora/signor Rossi si risposa con
quest’altra/altro signora/signore è, secondo te , ancora il/la padre/madre di Marco e Sara?
- Perché?
- Se il/la signor/a Rossi, ha anche un bambino con la/il sua/o nuova/o moglie/marito, secondo te è ancora il/la padre/madre di: Marco e Sara soltanto, di quest’altro bambino soltanto,
di tutti e tre, o di nessuno di loro?
- Perché?
- E se, invece, il/la signor/signora Rossi si risposa con quest’altra/altro signora/signore,
Per i giovani delle superiori:
- Dopo il divorzio dei loro genitori, Marco e Sara sono affidati alla/al madre/padre. I due
bambini, quindi, adesso vivono con la/il signore/signora Rossi. Secondo te, il/la signor/
signora Rossi, che invece va ad abitare da un’altra parte, è ancora il/la loro padre/madre?
- Perché?
- Se alla domanda precedente hai risposto si/no, prova ad elencare, dal più importante al
meno importante, alcuni aspetti del comportamento o della vita del /della signor/signora
Rossi, se per te esistono, che possono far si che egli/ella cessi di /continui ad essere il/la
padre/madre di Marco e Sara?
- Perché?
- Inoltre, se il/la signor/a Rossi avesse anche un bambino con la/il sua/o nuova/o moglie/
marito, secondo te di chi sarebbe il/la padre/madre:a) soltanto di Marco e Sara, b) soltanto
di questo altro bambino,c) sia di Marco e Sara che di questo altro bambino,d) di nessuno di
loro?
- Perché?
- Infine, se il/la signor/a Rossi, dopo il divorzio dalla/dal signora/signor Rossi, si risposasse
2. Rapporto tra i
figli nati dal primo matrimonio e
la/il seconda moglie/marito del
genitore non
affidatario
Per i bambini delle elementari:
- La/il nuovo/a moglie/marito del/della signor/a Rossi che cosa è per Marco e Sara?
(eventualmente: Cioè questa/o donna/uomo è una/un mamma/babbo, una/un matrigna/
patrigno, niente, o che cos’altro di Marco e Sara?)
Per i ragazzi delle superiori:
- E la/il nuova/nuovo moglie/marito del/della signor/a Rossi che cosa sarebbe per Marco e
Sara? a) una/un madre/padre,b) niente, c) altro?
Continua a pagina seguente
Volume 9, Numero unico, 2004, pag. 86
Continua
2. Rapporto tra i
figli nati dal primo
matrimonio e la/il
seconda moglie/
marito del genitore
non affidatario
Per i bambini delle elementari:
- La/il nuovo/a moglie/marito del/della signor/a Rossi che cosa è per Marco e Sara?
(eventualmente: Cioè questa/o donna/uomo è una/un mamma/babbo, una/un matrigna/
patrigno, niente, o che cos’altro di Marco e Sara?)
3. Rapporti tra i
figli nati dal primo
matrimonio e i figli
nati dal secondo
matrimonio del
genitore non affidatario
Per i bambini delle elementari:
- Il nuovo bambino del/della signor/a Rossi che cosa è Marco e Sara (eventualmente:
Cioè questo bambino è un fratello, un fratellastro, niente, o cosa altro è di Marco e Sara?)
4. Rapporto tra i
figli nati dal primo
matrimonio e i figli
della/del secondo
moglie/marito del
genitore non affidatario
Per i bambini delle elementari:
- I figli della/del nuova/o moglie/marito del/della signor/a Rossi che cosa sono per Marco e Sara? (eventualmente: Cioè, questi bambini sono dei fratelli, dei fratellastri, niente,
o cos’altro di Marco e Sara?
Per i ragazzi delle superiori:
- E la/il nuova/nuovo moglie/marito del/della signor/a Rossi che cosa sarebbe per Marco
e Sara? a) una/un madre/padre, b) niente, c) altro?
Per i giovani delle superiori:
- E questo altro bambino che cosa sarebbe per Marco e Sara? a) un fratello,b) niente, c)
altro?
Per i giovani delle superiori:
E i figli della/del nuovo/a moglie/marito del/della signor/a Rossi che cosa sarebbero per
Marco e Sara? a) dei fratelli, b) niente, c) altro?
Volume 9, Numero unico, 2004, pag. 87
Volume 9, Numero unico, 2004, pag. 88
2° AREA, TEMA C: Rapporto con i figli del nuovo coniuge del
genitore non affidatario
2° AREA, TEMA B: Rapporto con il nuovo figlio del genitore non
affidatario
2° AREA, TEMA A: Rapporto con il nuovo coniuge del genitore non
affidatario
1° AREA DI RICERCA: Continuità genitoriale
Volume 9, Numero unico, 2004, pag. 89