Phileas non è stanco di Angelo Indulsi
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Phileas non è stanco di Angelo Indulsi
Phileas non è stanco È sera, il freddo autunnale sembra aver cancellato via ogni fardello di luce, il paese già riposa. L’altitudine non è tanta, l’aria in ogni modo è rarefatta e la sensazione più bella è quella di affacciarsi al balcone e respirare aria buona. In meno di un metro quadro si protrae tutto il suo regno: a sinistra un palazzo ducale da poco restaurato, a destra, un pò più distante, luci di villette sovrastano la diga, di fronte gerani rossi, su inferriate arrugginite di due balconi sporchi, lottano instancabili per la sopravvivenza. La vecchia Duna blu pastello è stata spostata di qualche metro ma continua a regnare tra le vetture del Casale. La macchina di Matalì invece non la vede. In giro non c’è quasi nessuno. Qualcuno accenna un saluto con un timido colpo di clacson e in testa spontaneamente gli sorge una domanda “chi è?”. Phileas non è nato qui, non ha frequentato le scuole elementari, né le medie né le superiori, non ha un gran che d’amici, il suo cognome non figura in nessun campanello, ma lui si sente a casa. In realtà è arrivato da poco più di un anno, da solo e con una gran voglia di cambiare. Il perché è arrivato non lo sa neppure lui. Si trovava a Milano, in una splendida giornata di sole, quando ad un certo punto sul display del suo cellulare compare un numero con un prefisso che ha qualcosa di familiare. Risponde con tono pacato e una voce gentile lo avverte che la sua vita sta per cambiare; in realtà i termini non sono stati questi, il contenuto del discorso si però e adesso è sul balcone a respirare aria buona. 1 Respira una volta, respira un’altra volta. Ogni suo senso comincia a dissociarsi dagli altri e, uno per volta, gli regalano emozioni sensazionali. Il silenzio è il primo boato che gli giunge in testa. Nessun rumore, o meglio centinaia di suoni compongono un silenzio surreale. Una televisione in lontananza trasmette il telegiornale, una macchina passa lentamente, la saracinesca che scende chiude una giornata lunghissima di lavoro. Nessuno grida, nessuno piange, nessuno ride. Ogni suono sembra uscire da una meditazione profonda, come se la natura avesse acquisito un’intelligenza propria. È come se questo luogo gli suggerisse una prossimità con il silenzio. È un ambiente che non è fatto solo da ciò che in questo momento vede ma anche da ciò che in questo momento ode. È la punteggiatura del silenzio che gli permette di raccogliere le idee, di catalogarle e trovare una serenità interiore. Phileas ricorda il silenzio di quest’estate al mare, ricco di canti di cicale e scrosci di foglie secche e si accorge che il silenzio di ieri non è il silenzio di oggi; ha una tonalità diversa che rispecchia il trascorrere del tempo. Il vento mescola tutto e la sensazione che gli arriva è che la giornata è finita. Il buio predomina su decine di colori tenui ricchi di sfumature arancio, il cielo è coperto di grigio e di blu, la strada è nera perché da un attimo ha smesso di piovere. Protrae lo sguardo come principale veicolo di appropriazione dell’ambiente che lo circonda. Il profumo è proprio quello della pioggia la sera, l’acqua che evapora da un asfalto coperto regala odori di bosco d’autunno. La vendemmia ha, inoltre, già dato i suoi frutti. Il mosto e il legno vecchio delle piccole botti di rovere si combinano in essenze profumate. Un’anziana signora, che abita poco più distante, gli ha oggi regalato una bottiglia di vino rosso, padre del profumo che sta 2 sentendo adesso; Dio benedica Bacco, la signora e il segreto che adesso tiene addirittura imbottigliato. La sensazione più bella passa però attraverso la pelle. Sente freddo, il contrasto con la calura dei termosifoni accesi dentro casa è forte. Stranamente però è un freddo che lo fa stare bene; Phileas odia il freddo ma questa sensazione gelida sulla pelle gli regala brividi di vita. Questo ambiente manifesta una tattilità che muta secondo i momenti della giornata, ma anche secondo la sua condizione fisica. Piove, la pioggia è una magnifica esperienza corporea. Le gocce battono sul suo viso, gli bagnano le mani e lo fanno rabbrividire. Il paesaggio è offuscato, i colori sono mutati, lo spazio si è incupito. Se Phileas fosse un fumatore credo che adesso accederebbe una sigaretta. In realtà potrebbe sfilarne una dal pacchetto che ha dimenticato Matalì. Non è la luce del mattino né il canto del gallo che lo invitano ad alzarsi, Phileas apre gli occhi perché è felice. È una felicità che prescinde dal presente, è una felicità che mira, soltanto, al futuro. Ha un gran sogno, comune a persone comuni come lui stesso si ritiene, ma aspetta, paziente, che il tempo, maledettamente lento, gli restituisca ogni lacrima. Phileas si guarda allo specchio mentre si veste, abbina la cravatta all’unica camicia ancora pulita e sogna che il nodo, presto, arriverà Lei a farlo. 3