"Il tribunale", un racconto di Silvia Gadda

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"Il tribunale", un racconto di Silvia Gadda
ASPEm Onlus
3 Febbraio 2017
Silvia Gadda
#Civilisti in Penna
Servizio Civile Nazionale/Internazionale
Quel giorno sono entrata, per la prima volta in vita mia, in un’aula di tribunale. Un
tribunale boliviano. Il palazzo di giustizia di Tarija, squadrato, scuro e austero. E come
nella maggior parte degli edifici boliviani, l’esterno è molto più impressionanate
dell’interno, dimesso e arrangiato con uno stile un po’ casereccio. Entriamo e
scendiamo nel buio del seminterrato dove si terrà l’udienza. L’aula è uno stanzone
lungo e stretto, con il soffitto basso, lampade al neon e un ventilatore fermo. Finestre
piccole di acciaio nero fissate in alto sulla parete color gamberetto, si aprono sul
corridoio, anche questo illuminato dal verdognolo dei neon. A terra, nell’angolo di
fianco al tavolo dei giudici un mixer, uno schermo di computer e scatoloni pieni di
chissà quali carte. La bandiera boliviana ripiegata nell’angolo opposto. Un quadro,
sembra un ritratto a carboncino, con una semplicissima cornice in legno dorato appeso
alla parete, un po’ storto. Sono questi i luoghi della giustizia. Lo spazio físico riflette il
valore che le diamo? Si respira trasandatezza e incuria, disordine.
Sono con la direttrice della mia ong ospitante, che è parte della rete municipale contro la
violenza. Vestiamo i gilet con il logo della rete, ben riconoscibili, siamo presenti come
osservatrici. Il caso in questione è quello di Olga Solano, una giovane donna uccisa dal
marito, scoperto insieme all’amante. Questo femminicidio ha scosso le coscienze per la
sua brutalità: Olga infatti morì per le lesioni provocatele dall’assassino, che la uccise
legandola all’auto in corsa e trascinandola per quasi un kilometro di strada, nell’estate
2015. Passa davanti a noi un giovane in manette che viene condotto dentro l’aula; oggi i
giudici decideranno della sua richiesta di sospensione della custodia cautelare. Due
donne difendono l’aggressore di un’altra donna. Che cosa pensano, che cosa sentono
queste due eleganti ed imbellettate avvocate?
Annoiato? Nervoso? Lui sembra non fare una piega. Qual è la faccia di un assassino?
Ho incrociato e sostenuto il suo sguardo per qualche secondo: pelle chiara, maglietta
azzurra come gli occhi, biondissimo, sembra quasi slavo. La famiglia di Olga seduta
davanti a noi, mentre lui si gira verso qualcuno in fondo all’aula, ride, pollice alzato per
dire che va tutto bene. Un altro padre, all’altro lato dell’aula. Preoccupato per il figlio in
carcere, certo, ma incapace di comprendere il dolore della famiglia seduta di fianco a sè.
Perchè lì di fianco non c’é solo la perdita di una figlia e una sorella, ma il bruciore
lacerante dell’ingiustizia subita, di chi sta dal lato sbagliato delle tante linee che
demarcano chi detiene il potere in questa società. E a quanto pare Olga stava da troppe
parti sbagliate, schiacciata tra i muri dell’appartenenza etnica, dell’impossibilità
economica e del suo essere donna.
La difesa presenta le sue prove, errori grossolani. Penso che se nemmeno ci si dà la pena
di presentare delle prove che possano risultare attendibili, significa che si ha
incondizionata fiducia nel potere del soldo. Quanto è facile comprare la giustizia? E
perchè non ci sono conseguenze per chi presenta delle prove evidentemente false?
Sotto una pioggia di articoli e riferimenti legislativi per me incomprensibili, sento la
forza con cui lotta la PM. Lui inizia a innervosirsi, gioca con il tappo della bottiglia
d’acqua ormai vuota. Botta e risposta tra la giudice e la PM. Le avvocate si rendono
conto che l’errore commesso é stato troppo, troppo grossolano. La giudice continua a
lanciare sguardi nervosi verso di noi. Lui smette di giocare con il tappo e inizia a
schiacciarlo tra le dita con forza. Chiede chiarimenti con insistenza all’avvocata dalla
camicetta di seta arancio, mentre i giudici si consultano.
L’udienza si conclude con il rigetto della richiesta di sospesione della custodia
cautelare, ma questo verdetto non impedirà all’imputato di chiedere una nuova udienza
il mese successivo. La famiglia di Olga ci ringrazia, si ferma a parlare con chi è stato in
aula per sostenerla. Saranno tra i promotri principali della marcia del 25 novembre
organizzata a Tarija, per Olga e per tutte le donne che cadono vittime della violenza
machista in questa città.