In scena Madame de Sade. Processo al divin marchese
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In scena Madame de Sade. Processo al divin marchese
In scena Madame de Sade. Processo al divin marchese Debutta a Torino il testo di Yukio Mishima. In scena Madame de Sade Processo al divin marchese. Trentun anni fa, il 25 novembre del 1970, Yukio Mishima, scrittore e poeta «maledetto», campione di kendo e karatè, promotore di un corpo paramilitare di estrema destra nostalgico di un Giappone d’antan, si uccise alla maniera degli antichi samurai: facendo harakiri. Una morte atroce, estremo omaggio alla bellezza e al suo orrore. Cinque anni prima, sempre coniugando morte e bellezza, virtù e trasgressione, Mishima aveva scritto Madame de Sade, libera evocazione di un episodio privato della vita del «divin marchese»: il legame complesso e oscuro che lo legò alla moglie, RenéePélagie de Montreuil. Sposa fedele, madre di tre figli, per oltre vent’anni Renée accetta «tutto»: libertinaggi e tradimenti (compresi quelli con la sorella e con la cameriera), scandali e vergogne. Al suo fianco negli anni del carcere, esaudisce ogni sua richiesta, si batte per la sua liberazione. Ma alla fine, quando lui torna a casa vecchio e malato, lei si nega, si rifiuta di vederlo, e poco dopo chiede la separazione. Un gesto a sorpresa, un enigma dell’anima fatto apposta per colpire l’immaginazione paradossale di Mishima, ma anche per sedurre con la sua prepotente teatralità geni della scena come Ingmar Bergman, che una decina anni fa lo allestì a Stoccolma. Adesso […] Madame de Sade tornerà a vivere grazie a un altro grande regista, Massimo Castri, e a un cast di attrici di prim’ordine capitanate dalla splendida Lucilla Morlacchi nel ruolo della Signora di Montreuil, madre di Renée, suocera del Marchese. Con lei, Laura Pasetti sarà Madame de Sade, Elena Ghiaurov, la contessa di Saint-Fond, Francesca Inaudi, Ann-Prospère, sorella minore di Renée, Cinzia Spanò, baronessa di Simiane, Olga Rossi, Charlotte, cameriera di casa Montreuil. Sei donne per sezionare de Sade. Pronte a metter a nudo nervi e sangue nel nome di un uomo odiato e amato, capace di ferirle e sedurle tutte. «Un testo curioso, un ossimoro letterario - lo definisce Castri -. Le donne difendono Sade, le vittime giustificano il loro carnefice. Una strana equazione, molto giapponese ma anche molto ‘sadiana’, ricca di cortocircuiti del cuore e provocazioni della mente. Per me un’esplorazione forte e strana in un mondo femminile ‘chiuso’, oltre che un’occasione di lavorare con una compagnia, bella e pericolosa, tutta di donne». «Un gruppo di ‘ragazze’ straordinarie, dove mi metto anch’io che certo ragazza non sono più», scherza Morlacchi. «Sei donne, alla fine una sola. Una magnifica e terribile Ape Regina. Capace di far a pezzi, mangiare ed espellere il maschio con meticolosa freddezza, con ragionato esame, ma anche con dolente amore. Qui il vero uomo è lei, la donna. Forse, come Flaubert, anche Mishima, eroe, marito e omosessuale, poteva dire: Madame de Sade sono io». Sullo sfondo di un giardino che passa dall’estate all’autunno e all’inverno, vestita come le altre in bianco, verde smeraldo e nero (scene e costumi di Maurizio Balò), Morlacchi-Montreuil avanzerà appoggiandosi a uno scettro-bastone, contrassegno di autorevolezza e potere. «La nemica più grande del Marchese è lei, sua suocera - assicura l’attrice -. Lei fa di tutto per allontanarlo dalla vita sua e delle figlie, fino a implorare il re a rispedirlo in prigione». L’altra faccia di Renée, moglie devota e amorosa, capace di opporsi alle convenzioni del suo tempo, ma poi di voltar le spalle, di chiudere la porta in faccia, all’uomo atteso e difeso per una vita. «Un verdetto incomprensibile, messo in atto da una donna che, probabilmente, l’aveva progettato da sempre. Un gran finale, architettato con quella stessa crudele minuzia con cui il Marchese organizzava le sue orge». Coprodotto dallo Stabile di Torino insieme col Teatro Metastasio Stabile della Toscana, Madame de Sade, dopo Torino vivrà su molte altre scene, da Brescia a Genova, da Perugia, a Prato, a Milano, a Ferrara. Ponendo ovunque il suo interrogativo di fondo: dove finisce l’innocenza? Dove comincia il male? Giuseppina Manin