Settimanale di fatti, personaggi e vita vicentina

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Settimanale di fatti, personaggi e vita vicentina
VICENZAPIU.COM: Online il settimanale diventa quotidiano con i commenti ai fatti del giorno - www.vicenzapiu.com
Rette care
Cinzia Bottene:
e servizi in crisi “Nessuno sconto
L’Ipab dei familiari
a Variati”
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6
Dalla televisione
allo spritz:
riecco Noaro
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8
www.vicenzapiu.com
n° 170
07 novembre 2009
euro 1,00
Settimanale di fatti, personaggi e vita vicentina
Direttore responsabile Luca Matteazzi
In edicola il sabato
Gli indesiderabili
In città nessuno li vuole. Eppure i “nomadi” sono residenti ormai stanziali
E in molti paesi della provincia gli esperimenti di integrazione
stanno dando risultati soddisfacenti
Le storie di Santorso, Schio e Camisano
Ciàcole
A
Diventa quotidiano
www.vicenzapiu.com
Tutti a casa
parte Dino Zoff, che se
n’è andato dalla panchina
della nazionale irritato per le
ingerenze di Silvio Berlusconi
(allora come oggi presidente
del consiglio), in Italia non si
dimette mai nessuno. L’adagio
trova conferma nelle cronache vicentine di questi giorni.
Prendiamo il caso del Principe
di Piemonte, un piccolo ente
che si occupa dell’assistenza
a bambini in difficoltà. C’è un
ammanco in cassa di oltre 270
mila euro, c’è un presidente
che è irreperibile da mesi, c’è
un cda che presenta una querela in procura ma non dice
niente all’esterno (e il sindaco
si accorge del pasticcio solo a
cose fatte!). Adesso viene fuori
anche che da sette anni l’ente
non presentava un bilancio.
Come minimo un bruttissimo
caso di distrazione, di soldi e
di impegno. Eppure nessuno
che pensi di lasciare il proprio posto (gli unici sono stati
Gianfranco Dori in estate, e
Nicola Zamperetti, che gli era
subentrato su nomina di Variati). Oppure prendiamo l’Ipab:
al di là delle vicende legate al
caso Ristocenter, c’è una situazione di stallo con il Comune
che dura da mesi. E anche lì
nessuno accetta di lasciare la
poltrona. Voglia di difendere la
correttezza del proprio operato? Desiderio di non andarsene
lasciando la sensazione di aver
qualcosa da nascondere, come
ha detto il presidente Meridio?
Può essere. Ma in certe situazioni l’eleganza di fare un passo
indietro sarebbe una virtù decisamente apprezzata. Se non
altro per permettere ad enti
che danno assistenza a centinaia di persone di funzionare
a pieno regime. Assicurando le
risposte che la gente si attende,
e che in questo momento nessuno è in grado di fornire.
il fatto
170 del 07 novembre 2009
numero
3
pag
Tariffe care, servizi in crisi
L’altra faccia dell’Ipab
Familiari degli ospiti e sindacati raccontano come funziona
l’ente finito al centro della bufera politico-giudiziaria
Tra rette ormai insostenibili, carenze strutturali
e personale costretto a fare i salti mortali per garantire l’assistenza
di Luca Matteazzi
L
avoratori sovraccarichi, rette
insostenibili, anziani accuditi alla meno peggio e nuovi tagli
all’orizzonte. Nel grande bailamme che nelle ultime settimane ha
coinvolto i vertici dell’Ipab c’è una
questione che è rimasta spesso in
secondo piano. E che dovrebbe
invece essere centrale in una città
con decine di migliaia di over 65: e
cioè come funzionano, in concreto, i servizi dell’ente in cui trovano
ospitalità centinaia di anziani, in
buona parte non autosufficienti.
I costi
Per provare a dare una risposta ne
abbiamo parlato con i diretti interessanti: i parenti e i familiari degli ospiti delle varie sedi dell’Ipab
(il pensionato, il Trento, il Salvi, il
San Camillo), rappresentati da un
comitato che è anche riconosciuto
dalla carta dei servizi dell’ente. Il
presidente è Maurizio Chimento,
e quando l’abbiamo incontrato
era affiancato da altri esponenti
dell’associazione: Carla Benassi,
Anna Alberton e Giuseppe Campagnolo. Nel lungo elenco delle
cose che hanno da segnalare, il
primo capitolo è relativo alle rette
sostenute dalle famiglie. “Quando
hanno fatto la fusione tra l’Ipab e
il Salvi ci avevano assicurato un
risparmio, perché un conto è acquistare materiale per 400 persone un conto è farlo per un migliaio
– attaccano -. Invece non è stato
così, e le rette sono periodicamente aumentate”. Oggi, per un posto
in una stanza con quattro letti, la
famiglia paga qualcosa come 1500
euro al mese (altrettanti sono coperti dalla Regione, come contributo per la cosiddetta “quota sanitaria”), per una stanza a due letti
si arriva a 1700 euro e per i reparti
più nuovi, come quelli del San Camillo con stanze singole, si viaggia tranquillamente sopra i 2mila
euro. A pagare in teoria è direttamente l’ospite, con la pensione o
con i risparmi di una vita. Se questi non bastano, sono chiamati in
causa i parenti diretti (figli, nipoti
e pronipoti; il Comune interviene
in parte al fatto che l’ospedale ha
solo nel caso in cui non ci sia nesridotto i tempi di ricovero ed elisuno in grado di provvedere). E si
minato la geriatria, affidando alle
capisce che, con cifre del genere,
case di riposo anche pazienti che
la famiglia è quasi sempre cofino a qualche anno fa sarebbero
stretta ad intervenire. Con sacririmasti in corsia al San Bortolo.
fici notevoli, anche perché, men“Arrivano anche persone moritre le rette sono continuamente
bonde, e c’è un turnover molto elecresciute, le detrazioni concesse
vato: ci sono letti che in due anni
dalla Regione si sono progressivahanno visto passare quattro permente ridotte. “Per tante famiglie
sone”. Se a questo si aggiunge il
certi costi sono insostenibili. Qui
fatto che le strutture sono vecchie
la retta costa circa 52 euro al giore ormai inadeguate, il quadro è
no – raccontano i familiari -. In
completo. In alcuni reparti ci sono
altre case di riposo nel territorio
camere con l’unica finestra che
dell’Ulss 6, come nel Basso Vicenguarda su un corridoio chiuso,
tino, i prezzi si aggirano sui 38-40
camere che hanno il gradino tra
euro al giorno. C’è una differenza
la stanza da letto e il bagno (“Imdi 12-13 euro al giorno che a fine
maginatevi le difficoltà di una anmese diventa pesante. E infatziano che deve muoversi con il giti c’è una migrazione di famiglie
rello”, dicono i familiari), camere
che non ce la fanno a sostenere
senza acqua corrente e lontane dai
questi prezzi: con il disagio che
bagni. In queste condizioni per il
portare un anziano a Barabarapersonale diventa quasi impossino, per fare un esempio, vuol dire
bile garantire standard adeguati.
toglierlo dal suo contesto e avere
“Ci sono tantissimi dipendenti
molte meno possibilità di andarlo
che ci mettono l’ania trovare”. L’inverno
ma e lavorano con il
scorso, poi, era stacuore e con grande
to messo in cantiere
professionalità
–
un aumento di una
spiegano -, ma il proquindicina di euro Il problema
blema è strutturale.
al giorno della retta è strutturale:
Il personale dell’Ipab
per gli ospiti del pen- i reparti vecchi
rispetta i paramesionato (la struttura
tri di legge, cioè un
che accoglie perso- aumentano
operatore ogni 2,5
ne
autosufficienti, costi
pazienti. Ma la legge
almeno sulla carta): e difficoltà
è datata, ed era stata
le proteste hanno
pensata quando nei
bloccato tutto, ma
pensionati c’erano
il provvedimento è
condizioni diverse e meno gravotuttora in sospeso. “Questo limbo
se. E soprattutto non tiene conto
è una delle conseguenze delle videi limiti della struttura: qui ci
cende di questi mesi – commensono capireparto che devono contano -. L’aumento è sospeso, non
trollare delle stanze al primo piarevocato; non c’è ancora stata una
no e delle stanze al terzo piano. O
decisione definitiva, e di fatto non
operatori che per lavare gli utenti
sappiamo ancora quanto dovremo
devono fare la spola tra la camera
pagare. L’aumento potrebbe anche
e il bagno. È inevitabile che i temscattare in modo retroattivo”. Con
pi si allunghino”. Così, capita che
famiglie che si troverebbero così a
alcuni anziani rimangano a letto
dover coprire conguagli di qualpiù del dovuto (“fino a due anni fa
che migliaio di euro.
li alzavano sempre, anche quando
erano in condizioni critiche; adesI servizi
so non è più così”), che i pasti arriL’altra faccia delle medaglia rivino freddi (“se ci sono tre operaguarda la qualità dei servizi.
tori per imboccare venti persone,
Perché a fronte di costi alti, il licosa possono fare? Si dannano
vello dell’assistenza è andato inl’anima, ma qualcuno mangia
vece peggiorando, per una serie
freddo”), e che basti un imprevidi cause molto complesse. Come
sto ad un dipendente per mettere
l’aumento di persone con patoloalle strette l’organizzazione di un
gie anche gravi, dovuto in parte
reparto. O che, nei reparti dove la
all’innalzamento dell’età media,
gestione è stata affidata a cooperative sociali come il San Camillo,
non si riesca a farsi capire dagli
operatori, sempre più stranieri e
con un rapidissima rotazione. Il
tutto non fa che appesantire il clima in un ambiente che deve già, di
suo, fare i conti quotidianamente
con la sofferenza, la malattia e la
morte. “Gli occhi lucidi aumentano – raccontano i familiari -. E
anche noi torniamo a casa con un
peso enorme dentro. Perché non
stiamo parlando di pacchi postali. E abbiamo l’impressione che
alla maggior parte delle persone
di questi problemi non importi
nulla, fino a quando non vengono
toccati in prima persona”.
Al di là delle oggettive carenze
strutturali, comunque, le responsabilità sono anche dell’amministrazione dell’ente. Che ha portato
avanti progetti importanti, come
quello del polo per l’Alzheimer,
ma che pare non aver messo la
stessa determinazione nel rispondere alle esigenze spicciole,
ma terribilmente concrete, della
vita quotidiana degli ospiti. E che
adesso è bloccata dalle vicende
politico-giudiziarie. “Al di là del
giudizio sulla vicenda di queste
settimane, ci chiediamo se è possibile che ci sia uno scontro di
questo tipo tra Comune e consiglio di amministrazione, quando
invece servirebbero collaborazione e programmazione”.
Il personale
I problemi dei familiari trovano
un riscontro nella situazione dei
lavoratori. I sindacati da tempo
denunciano il carico eccessivo di
lavoro che grava su medici, infermieri e operatori sanitari. Per
le stesse ragioni sottolineate dai
familiari: il numero di pazienti
malati o non autosufficienti che
è cresciuto, le strutture che sono
inadeguate, l’organico che è ai limiti, le risorse economiche che
non arrivano. Il risultato è che
anche tra il personale si trovano insoddisfazione e incertezza.
Molti giovani dipendenti se ne
vanno non appena trovano un’offerta più vantaggiosa, ad esempio
un contratto nella sanità. Altri
guardano con preoccupazione al
futuro. “Non siamo mai riusciti ad
intavolare un discorso serio sulla
dotazione organica – commenta
Giancarlo Puggioni, responsabile
del settore della funzione pubblica per la Cgil -. Ma per fare questo
bisogna capire cosa farà l’Ipab nei
prossimi anni, che servizi continuerà a fornire. Per questo Ipab
e Comune non possono non confrontarsi, perché i servizi funzionano solo se sono in rete”. Anche
perché, pure a livello regionale,
la programmazione è in ritardo
(“L’ultimo piano sanitario è di 12
anni fa”, osserva Gina Tonin, che
segue il settore socio sanitario
sempre per la Cgil), e le risorse
sempre più risicate. “Il fondo per
la non autosufficienza, deciso per
legge, ancora non c’è. E in arrivo
ci sono nuovi tagli, se ad esempio
si vorrà abolire l’Irap”. Sul futuro
dell’Ipab ci sono dunque molte
nubi. E il temporale non è solo politico.
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LUCA MATTEAZZI
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170 del07 novembre 2009
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I “nostri”
nomadi
flickr.com/nromagna
Nel Pat si prevedono cinque nuovi campi nomadi
Siamo andati a vedere cosa succede in provincia
dove l’integrazione è un dato di fatto
I casi di Schio, Santorso e Camisano
di Luca Matteazzi
S
u una cosa sono tutti d’accordo.
I due campi nomadi della città,
quello di via Cricoli e quello di viale Diaz, così come sono non funzionano. Se dalla fase della critica si
passa a discutere di possibili soluzioni, però, cominciano i problemi.
Dopo che la scorsa amministrazione aveva votato in consiglio comunale un ordine del giorno per la
chiusura dai campi, senza poi dargli seguito né elaborare una proposta alternativa compiuta, alla giunta Variati è bastata un accenno di
poche righe nel Pat per trovarsi in
mezzo alla bufera. L’idea, abbozzata dall’assessore Giovanni Giuliari,
di sostituire i due campi attuali
con cinque microaree destinate a
singole famiglie (si parla di strada
Pelosa, Vicenza Est, via Aldo Moro,
via Carpaneda e Ospedaletto) ha
subito messo sull’allarme politici
e residenti. Tanto che il sindaco ha
tirato il freno, precisando che la situazione è sì grave ed importante,
ma va risolta con strumenti diversi
dal Pat.
Situazione critica
In effetti, se si considera il panorama della provincia, la situazione di Vicenza città è una delle più
critiche quando si parla di nomadi.
Primo perché qui è concentrato il
numero maggiore di famiglie di
origine rom e sinti (circa 200 persone, su un totale di circa 350), e
questo aumenta la complessità degli interventi necessari. Secondo
perché c’è una situazione ormai incancrenita da anni di inerzia a cui
è obiettivamente difficile mettere
mano, aggravata per di più da casi
ambigui e di difficile definizione
come l’insediamento di via Nicolosi, e da notevoli problemi igienico sanitari nella altre strutture.
Terzo perché basta una accenno a
nuovi campi nomadi, per quanto
piccoli, controllati e vigilati, per
trovarsi di fronte a barricate bipartisan. Contro l’idea delle microaree
si è infatti schierata buona parte
dell’arco politico. Dalla Lega (“Che
assicurazioni hanno i vicentini che
i futuri cinque mini campi per i nomadi non si trasformeranno in cinque maxi campi con il tempo?” ha
scritto il consigliere Daniele Borò)
all’Udc (Massimo Pecori ha criticato i costi dell’operazione) a pezzi
del Pd (“L’idea di costruire cinque
campi nomadi in città presenta dei
rischi enormi per il controllo delle
aree”, ha osservato Sandro Guaiti).
Esperimenti riusciti. O quasi
Allargando lo sguardo al di là
dei confini del Comune, però, gli
esempi di gestione accorta del problema non mancano. Anche se,
come spiega Fabio Dalla Vecchia,
dell’associazione Sucar Drom che
segue molte delle famiglie sinti del
vicentino, “la situazione è molto
frammentaria: praticamente ogni
famiglia è un caso a sè”. Quello che
si può dire è che, dove sono stati costruiti dei progetti, i risultati sono
arrivati. O cominciano ad arrivare,
per quanto lentamente e con molte
difficoltà. “Il caso positivo è quello
di Santorso – continua Dalla Vecchia -, ma anche a Breganze c’è una
situazione in cui si è creato un rapporto di fiducia tra una famiglia e
i proprietari delle fabbriche, che
si affidano a loro come custodi. E
ci sono altre realtà che non danno
problemi”. Per contro, ci sono casi
tragici, come la famiglia di Piovene
sfrattata dal comune pedemontano e che adesso ha trovato accoglienza, come al solito tra proteste
e polemiche, in un terreno dei frati
cappuccini di Schio.
Quel che vale la pena sottolineare,
in ogni caso, è che si sta parlando
di famiglie vicentine. O meglio, per
dirla con le parole del dirigente dei
servizi sociali del comune capoluogo Carlo Scapin, di “vicentini che
vivono in roulotte da trent’anni e
sono sotto gli occhi di tutti”. “La
cosa più importante è trovare un
luogo adeguato per vivere in condizioni decenti – conferma Dalla
Vecchia -. Questa è la prima esigenza: non c’è nessuna richiesta
di nomadismo. È questo il primo
passo per abbandonare la logica
dell’assistenzialismo e dare invece
autonomia alle famiglie”. In questo
senso, anche le microaree potrebbero essere una prospettiva. “Sono
un passo avanti. Il problema, con
i campi nomadi, è che nessuno si
sente responsabile. È come con i
bagni delle stazioni, che sono sempre un disastro, mentre quelli di
casa sono pulitissimi. Ma quando
una cosa non è di nessuno, nessuno se ne fa carico”. Ecco, allora,
alcuni dei casi riusciti in provincia.
Camisano fortunata
“Forse siamo stati fortunati, perché bisogna trovare le persone
giuste”. Il neosindaco di Camisano
Renzo Marangon chiama in causa
anche la buonasorte per spiegare
come il suo comune è riuscito a gestire, negli ultimi anni, la presenza
di una famiglia di nomadi senza
avere problemi né preoccupazioni
particolari. Sarà anche stato merito della dea bendata; di certo,
però, le due parti in causa ci hanno
messo del loro, con un’iniziativa
ben costruita. “Siamo partiti da
una situazione in cui la famiglia
aveva già la residenza, ma viveva
in una struttura pubblica degradata e pericolosa – racconta Marangon -. Partendo da qui, sfruttando
una legge regionale, siamo riusciti
ad ottenere un finanziamento di
50mila euro, uno degli ultimi concessi per questo scopo, che abbiamo utilizzato per sistemare un’area
verde”. In pratica, con quei 50mila
euro il Comune ha sistemato un
terreno pubblico, creando un fabbricato di servizio con la cucina, i
bagni e la lavanderia. La famiglia,
da parte sua, ha dato fondo ai risparmi, contribuendo con altri
50 mila euro alla costruzione del
fabbricato comune, e provvedendo
in proprio alla sistemazione di caravan e roulotte. Il risultato è che
l’area è pubblica, ma la famiglia
ha una concessione d’uso gratuita
per i prossimi 30 anni. “Perché ci
hanno messo soldi loro. E sempre
a condizione che non infrangano le
regole”, precisa il sindaco.
Il resto è venuto quasi di conseguenza. I ragazzini frequentano
la scuola, gli adulti lavorano nella sistemazione di aree verdi, nel
settore dell’autotrasporto o nel
recupero di materiali ferrosi; recentemente una giovane coppia ha
lasciato l’area di sosta per affittare
un appartamento in paese, e si sta
mescolando con il resto della cittadinanza. Il tutto senza suscitare la
solita diffidenza da parte degli altri residenti. “Sono accolti in modo
assolutamente tranquillo – continua Marangon -. Anche perché
è gente che è qui da trent’anni e
si è sempre comportata bene. Poi,
come dicevo, forse siamo stati anche fortunati. Abbiamo trovato un
capofamiglia molto responsabile e
che controllava la situazione. Purtroppo è mancato l’anno scorso,
ma mi sembra che la moglie e il figlio stiano continuando allo stesso
modo”.
Il modello Santorso
“Noi avevamo una situazione di
grande mobilità di carovane, dovuta alla presenza di famiglie di
origine sinti residenti nell’alto vicentino da oltre duecento anni”.
Pietro Menegozzo è il sindaco di
Santorso, centro dello scledense
dove la questione nomadi, negli
ultimi due anni, è stata affrontata
con successo. Per porre fine al via
vai l’amministrazione ha seguito
due strade. “Da un lato abbiamo
dato ospitalità a due famiglie, una
in una casa e una in una piazzola.
E con questi abbiamo avviato processi di integrazione: li abbiamo
aiutati a cercare lavoro, a mandare
i figli a scuola, a gestire la famiglia anche in cose molto concrete,
come la raccolta differenziata dei
rifiuti o la creazione di un orto, che
è un elemento di attaccamento al
territorio. Il tutto con un patto di
garanzia, per cui loro si impegnano a comportarsi in modo corretto,
a seguire i percorsi di integrazione
lavorativa e scolastica, e a pagare
affitto e utenze. Dall’altro lato abbiamo agito con rigore: chi non ha
rispettato le regole è stato allontanato, con il consenso degli altri nomadi, e ci siamo impegnati con la
cittadinanza a non accettare altre
carovane: noi il nostro dovere l’abbiamo fatto, e quindi nel momento
in cui arriva una nuova carovana la
faccio allontanare immediatamente. Tra l’altro sono i nomadi stessi
a segnalarci gli arrivi, per timore
di compromettere il buon rapporto
che si è creato”.
I risultati a quanto pare si vedono.
La famiglia che vive in abitazione ha i bambini che frequentano
scuole e attività sportive. E pur con
qualche piccolo problema (“ma
direi davvero piccolo, cose come
un cane che è sfuggito al controllo”, precisa il sindaco), si sta inserendo. Gli altri, che vivono in una
zona più isolata, hanno ancora
meno contrasti. “Qualche difficoltà c’è, ad esempio hanno ancora un
reddito molto basso, e altre ce ne
saranno, ma la situazione è molto migliorata rispetto a due anni
fa. C’è da dire che sono cristiani,
e questo aiuta: vedere in chiesa il
battesimo di un bambino nomade
facilita l’avvicinamento”.
La strategia, insomma, ha pagato.
In termini economici: “Nel 2006
avevamo fatto 75 interventi con
la polizia municipale – continua
il sindaco -. Nel 2008 uno solo, e
quest’anno nessuno. Certo ci sono
dei costi legati all’assistenza sociale, ma sono molto inferiori a quelli
del controllo”. E anche elettorali:
nonostante una campagna elettorale infuocata proprio sulla questione nomadi, l’amministrazione
Menegozzo è stata confermata con
oltre il 60 per cento dei voti. “Sono
convinto che se ogni comunità si
facesse carico di un piccolo problema, sarebbe molto più semplice
risolvere il grande problema nomadi”, conclude il sindaco.
Il caso Schio
A Schio risiede da anni una famiglia di origine sinti. Una dozzina
di persone, qualche volta qualcuna
primo piano
flickr.com/drugo008
170 del07 novembre 2009
numero
5
pag
La Caritas: “Basta pregiudizi,
studiamo percorsi di inclusione”
Scuola, lavoro e condizioni di vita decorose. Secondo il direttore don Giovanni Sandonà
sono queste le tre basi da cui partire per affrontare la questione nomadi
“Troppa speculazione sulle paure: la politica non si limiti a inseguire la pancia della gente”
D
| In alto, i campi nomadi di viale Cricoli e
viale Diaz (foto di Michele Biscaro)
in più, qualche volta qualcuna in
meno, sistemate in una piazzola
vicino alla zona industriale. “Non
c’è e non abbiamo mai pensato ad
un campo nomadi – spiega Antonietta Martino, assessore alla persona e alla famiglia -, preferendo
puntare sulle singole famiglie e costruire un progetto sul loro caso”.
In concreto, l’iniziativa si traduce
in alcuni contributi economici, e in
progetto affidati ad una cooperativa sociale che segue l’inserimento scolastico dei bambini e quello
lavorativo degli adulti. “Ci sono
risultati positivi, anche se le difficoltà non mancano e c’è la consapevolezza che è un percorso lungo
e complicato - continua l’assessore
-. In particolare le donne hanno
risposto bene, si sono responsabilizzate molto. Mentre altri procedono con alti e bassi, anche per
motivi personali. La cosa positiva,
in generale, è che loro stessi hanno
sviluppato un legame con la città
di Schio, e si sentono legati al territorio”.
D’altra parte, l’amministrazione
ha puntato anche sulla legalità,
vietando il campeggio e installando dei dissuasori nelle aree più frequentate. “Cerchiamo di portare
avanti le due cose, l’integrazione e
la legalità. Anche se la mancanza
di una progettazione e di un coordinamento tra i comuni a livello
provinciale non ci aiuta”.
on Giovanni Sandonà mette
subito in chiaro due cose. La
prima è che la logica della Caritas
nell’approcciarsi alla questione
nomadi è esattamente la stessa
che viene applicata alle altre situazioni di marginalità ed esclusione.
La seconda è che nei loro interventi non c’è nessuna coloritura
politica: che si abbia a che fare con
una giunta di centrodestra o di
centrosinistra, analisi e proposte rimangono sempre le stesse,
e partono dall’esigenza di garantire condizioni di vita decorose.
Precisato questo, il direttore della
Caritas diocesana accetta di buon
grado di spiegare qual è la posizione dell’associazione, che con i
suoi volontari è vicina a molte delle famiglie di origine rom e sinti
del territorio, soprattutto a quelle che si trovano nelle condizioni
più critiche. Partendo dal quadro
generale: “La presenza di persone stanziali – spiega Sandonà -, e
sottolineo stanziali, è una questione amministrativa, tanto è vero
che se ne sono occupate anche le
giunte precedenti; è una questione
costituzionale, perché la casa, la
salute, la scuola sono diritti costituzionalmente garantiti; ed è una
questione etica, perché chiama in
causa i valori”.
In questo contesto si inseriscono
i progetti avviati dalla Caritas.
“Stiamo tentando di promuovere
dei percorsi di inclusione sociale,
come facciamo per altre categorie
di persone disagiate – continua
il direttore - . E questi percorsi si
basano su un tripiede: il lavoro,
che vuol dire anche educazione
al lavoro; la scolarizzazione; e il
sostegno ai bisogni primari e alla
legalità: perché è chiaro che non si
può chiedere alle famiglie di darsi da fare quando mancano anche
alcuni requisiti minimi, come il
bagno o l’acqua per lavarsi”.
Nel concreto, dunque, si lavora
molto fianco a fianco delle scuole, partendo spesso dalle cose più
concrete e apparentemente banali. “A molte scuole bisognerebbe
fare un monumento – aggiunge
Sandonà -. Ci sono dei bei risultati, e abbiamo ragazzi che non
solo finiscono la scuola dell’obbligo, ma continuano anche alle
superiori, con dei percorsi di formazione professionale. Noi stessi
non pensavamo di arrivare a tanto. Questo vuol dire anche fornire assistenza nelle cose spicciole,
dargli la possibilità di lavarsi la
biancheria o di farsi una doccia:
sembra banale, ma è una richiesta
che loro ci fanno. Hai voglia a dire
che puzzano, quando non hanno
nemmeno l’acqua. E i bambini
sono i primi che ci tengono ad essere puliti ed in ordine: ma se non
hanno neanche un rubinetto come
fanno?”.
Poi c’è il capitolo lavoro, tema sul
quale si concentrano molte delle
critiche nei confronti dei nomadi.
“La situazione è plurale e non va
stereotipata: sarebbe come chiedere qual è l’atteggiamento dei veneti verso il lavoro – riprende don
Sandonà -. Anche tra queste persone, c’è chi ha cercato un lavoro
e l’ha trovato, ed è prontissimo
ad andare in fabbrica o a trovare
una casa. Ad esempio c’è un im-
prenditore di origine rom, e ce ne
sono altri che sono arrivati a ruoli
di responsabilità nelle aziende in
cui lavorano. Poi c’è gente che è
pronta ad andare in casa, ma ha
bisogno di essere accompagnata
nell’inserimento nel mondo del
lavoro, perché raccogliere il ferro
non è come lavorare per otto ore
in fabbrica. E poi ci sono anche
quelli, ma sono una minoranza,
che hanno bisogno di essere accompagnati ad un livello più basso, sia per quanto riguarda la casa
sia per quanto riguarda il lavoro”.
Quello che servirebbe, in ogni
caso, sono dei progetti mirati. “A
Legnago, dove c’è un’amministrazione guidata dalla Lega, stanno
facendo un percorso di educazione al lavoro che coinvolge anche
ragazzi di origine rom. Si potrebbe fare qualcosa di simile anche
a Vicenza, magari coinvolgendo
Aim o le riciclerie. Questi percorsi
sono possibili, e loro hanno tutta
la voglia di farli. Anzi, chiedono
solo di poterli fare”.
Gli ostacoli per avviare un cammino di questo tipo, però non
mancano. A cominciare da pregiudizi e luoghi comuni. “Gli
ostacoli sono prevalentemente di
tipo pregiudiziale. Non possiamo negare che anche loro siano
una parte della popolazione della
città a cui bisogna pensare, e ci
si deve pensare come si fa con le
minoranza, cioè con dei percorsi
di inclusione sociale. Non si può
votare in consiglio per la chiusura dei campi nomadi, come è stato
fatto, e poi agire solo con le azioni di polizia. È come se a chi è in
difficoltà per la crisi economica si
dicesse, beh, trovati un lavoro e
paga le bollette”. Invece, anche nel
sentire della gente comune, quando si parla di nomadi prevale quasi sempre la paura, la diffidenza, il
sospetto. “C’è moltissima speculazione sulle paure. Ma è una lettura
demagogica. Non è che dove c’è un
pregiudizio c’è verità. Quarant’anni fa c’erano pregiudizi contro i
disabili o contro i malati psichici,
che venivano tenuti nascosti: dobbiamo pensare che quello fosse un
modello di civiltà? Credo che il
politico non possa limitarsi ad inseguire la pancia della gente, ma
abbia anche il compito di educare.
Se si guarda la realtà in faccia si
può agire, esattamente come stiamo facendo per la crisi economica. Se invece si continua a ragionare con la pancia, questo porta
solo a spostare la polvere sotto il
tappeto”.
E le microaree, di cui tanto si è
parlato? “È un problema tecnico –
conclude don Giovani -. È chiaro
che più l’area è piccola, e minore
è il rischio di ghettizzazioni. Oggi
tutti hanno adottato questa logica
per l’erp, dove si tende a studiare insediamenti di dimensioni
contenute proprio per evitare il
rischio di creare dei ghetti. Perché non applicare la stessa logica? A nostro avviso le microaree
sono più funzionali e favoriscono
l’integrazione. Ma alla fine è una
questione tecnica a cui si può rispondere in vari modi: non confondiamo il mezzo con il fine”.
L. M.
170 del07 novembre 2009
focus
numero
6
Bottene: “Nessuno sconto a Variati”
La consigliere dei No Dal Molin accusa la maggioranza:
“Troppi compromessi”
E sui poteri forti:
“Non vorrei cambiassero solo i referenti”
| L’area del nuovo teatro: secondo la consigliera
la sede più opportuna per il futuro degli uffici comunali
di Alessio Mannino
A
gli esordi dell’amministrazione di centrosinistra che
governa la città, la consigliere comunale di Vicenza Libera-No Dal
Molin, pur se fuori dalla maggioranza, sembrava fiancheggiarla.
Quanto meno sul punto decisivo
che accomunava il no-base Achille Variati e il Presidio di cui lei è
il braccio istituzionale, e cioè la
lotta alla Ederle 2. Oggi che il sindaco vi ha desistito, ogni legame è
stato reciso e la Bottene fa opposizione. «Costruttiva», tiene subito
a precisare.
In che senso?
Nel senso che rifiuto quella pregiudiziale, ideologica. Io non ho
un partito alle spalle, non ho l’obbligo di fare un’opposizione strumentale, preconcetta. Valuto caso
per caso.
Cos’è che impedisce ai contrari alla base, che l’anno
scorso hanno fatto vincere
Variati, di riconoscersi nella
sua giunta, e a lei di entrare
nella maggioranza?
Il fatto che non accetterò mai di
fare continui compromessi andando contro le mie convinzioni e
gli interessi della gente che mi ha
votato. Un detto dice che un politico non può mai essere del tutto
innocente. Ecco, io invece voglio
restare innocente.
E quali sono i compromessi
di questa maggioranza che
non accetta?
Il piano casa, ad esempio. Ho votato contro, perché questa legge,
imposta dall’alto, favorisce i soli-
| Cinzia Bottene
La motivazione ufficiale è la riti noti, cioè i costruttori. C’è uno
qualificazione dell’area. Ma era
studio secondo il quale fra il 2001
meglio accanto al teatro: avrebbe
e il 2006 in Veneto sono state conpiù respiro, e i terreni sono processe licenze edilizie per 94 milioprietà comunali, mentre di là sono
ni di metri cubi, equivalenti a 788
privati. Rivelo però che in forma
mila abitanti teorici. Ma in questi
ufficiosa mi è stato detto che il
anni la popolazione è realmente
Comune guadagnerebbe di più nel
aumentata solo di 234 mila univendere questi ultimi.
tà. Si poteva bocciarla del tutto,
Caso Ipab: qui come si è comla legge regionale lo prevedeva,
portato Variati?
non era obbligatorio adottarla.
Innanzitutto bisogna dire che le
Tra l’altro, dando mano libera alle
dimissioni di Meridio e del cda
costruzioni in contrasto con la
sono il minimo. Questa vicenda
pianificazione del Pat, si abbassa
è frutto di un radicato malcoanche il valore degli immobili, e
stume: la lottizzazione partitica.
quindi a rimetterci sono i proprieVariati ha promesso un nuovo
tari e gli immobiliaristi. Cioè tutti
cda tecnico, bene. Ma gliel’ho già
tranne i costruttori.
detto in consiglio: basta che non
E del Pat, che prima impresfinisca come con Amcps, e cioè
sione si è fatta?
con dentro politici come QuaresiNon per battere sempre lo stesso
min. Variati però doveva porre fin
tasto, ma nei 130 mila abitanti
dall’inizio il problema del camprevisti per il 2020 non sono combio al vertice dell’ente. Ma siamo
presi i 17 mila americani, fra milialle solite: manca il
tari e civili, che avrecoraggio. Lo stesso
mo in città con le due
per la permanenza di
basi. La tangenziale
Hullweck come prenord non tiene considente della fondato del traffico che ci Il piano casa
zione del teatro. Un
sarà fra la Ederle e il
favorisce
anno fa avevo fatto
Dal Molin. Non è un
u n’i nt e r r o g a z ione
modo serio di piani- solo i
sul suo posto nel cda
ficare.
costruttori
del Teatro Stabile, si
Sì ma oltre al suo Si poteva
è dimesso solo due
cavallo di battasettimane fa. Anche
glia c’è altro? Ad bocciarlo
perché non è accetesempio, va bene
tabile l’uso personail nuovo stadio a
le che ne fa: in cartellone c’è una
Vicenza est?
serata dedicata a Vanna Velo, che
La parte est è la più gravata di
è sua moglie. Tutto il rispetto per
tutte. Ha già subito l’ampliamenla signora Velo, ma mi pare che sia
to del centro commerciale (area
quanto meno inopportuno. TorStrobbe, ndr). Voglio capire bene
nando all’Ipab, questa di far pasi termini dell’accordo coi privati
sare Rucco per santo proprio non
di Vicenza Futura, ma in generale
ci sta: ha reso pubblico quello che
direi che dello stadio dovrebbero
sapeva per evitare provvedimenti
farsi carico loro, perché i costi che
disciplinari dell’ordine degli avsi sobbarca il Comune superano la
vocati, visto che lui è un avvocaquota che riceve dalla società di
to. E poi le fiduciarie, i misteri,
calcio. Io avrei dato lo stadio atBeppe Rossi: andiamo, fra di loro
tuale al privato.
si conoscono e sanno tutto… E soSecondo lei c’è il rischio di
prattutto non possono dire che è
speculazione nell’area del
gestito bene: lavoratori in contiMenti una volta demolito, annua agitazione, anziani scontenti,
che se si parla al suo posto di
bilancio in deficit. Con la commispolo della meccatronica e di
sione affari sociali siamo andati in
alloggi universitari?
ricognizione nelle case di riposo
Mah, non vorrei che col cambio di
della provincia, e abbiamo scoperamministrazione da Hullweck a
to che i cda sono di 3 o 4 membri,
Variati si fosse passati da un refenon di 9, che il gettone dei consirente a un altro. Il parcheggio sotglieri di amministrazione è di soli
to Campo Marzo, per dire, lo farà
50 euro, e che il presidente percela Maltauro (socio forte di Vicenza
pisce un’indennità di mille euro,
Futura, ndr). Altre note imprese
non di 5 mila. Dovrebbe essere
di costruzioni sono invece spariun’opera di volontariato amminite…
strare un ente assistenziale, non
E il nuovo Comune nell’ex piun modo per farsi uno stipendio.
ruea Ftv, come lo vede?
Casa di assistenza per bambini poveri Principe di Piemonte: senza bilancio per
anni, un presidente accusato
di illecita distrazione di fondi, un cda decaduto, abbandono totale. Il sindaco però
aveva sostituito il consigliere dimissionario Gianfranco Dori in estate con un suo
uomo: perché secondo lei
non è intervenuto prima?
Anche qui come con l’Ipab c’è stato un intervento a scoppio ritardato. Saranno i tempi della politica,
forse… Ma chiedo: dov’erano in
tutti questi mesi, dalla lettera
scritta al presidente a febbraio, i
consiglieri di amministrazione? E
perché quello nominato da Variati
non lo ha subito informato della
situazione?
Oltre al lavoro in aula, qual
è il suo progetto politico, o
meglio il progetto del Presidio per la città oltre al no alla
base?
Noi vorremmo stringere un patto di collaborazione coi cittadini,
perché non siamo un partito, non
obbediamo a input calati dall’alto…
Scusi, la interrompo: il Presidio è visto dall’opinione
pubblica moderata, che è
maggioritaria in città, come
una specie di centro sociale.
Questi sono preconcetti di gente
che non è mai venuta al Presidio.
Noi discutiamo di tutto anche per
ore, in totale libertà.
Sì ma i volti di primo piano,
i Jackson, i Pavin, i Palma,
vengono tutti o dai Disobbedienti o dalla sinistra comunista. E come si spiega la fuoriuscita di componenti non
omogenee come il gruppo di
Germano Raniero e di Franca Equizi?
Con Raniero è andata via, diciamo così per capirci, l’estrema sinistra, quella che voleva la via rivoluzionaria, mentre con la Equizi
l’estrema destra, di una persona
che per un certo periodo ha usato
il Presidio nella speranza di farsi
rieleggere in consiglio comunale.
Questa è la prova che siamo nel
giusto perché sono uscite le ali
estreme, coloro che parlano tanto
ma poi di fatti ne producono pochi.
Resta il problema di attrarre i vicentini che vi vedono
come uno Ya Basta 2 la vendetta.
E’ un’immagine distorta e stru-
mentale che vuole impedire l’aggregazione. Posso assicurare che
spesso mi stupisco di quanto Cesco (Pavin, etc) e Olol (Jackson,
ndr) siano più moderati di me. I
pregiudizi comunque li vinci con
la conoscenza. Quando abbiamo
ospitato il deputato europeo De
Magistris dell’Italia dei Valori, ad
esempio, c’era tanta gente mai vista.
Forse bisognerebbe osare di
più, nell’accogliere voci di diverso orientamento. Peccato
non esser riusciti a ospitare
al vostro festival anche un
Sergio Romano, ad esempio.
Ci ho parlato io stessa, ma mi ha
detto che è sua regola non intervenire di persona ma al limite ribadire ciò che pensa sul Corriere,
scrivendogli.
Per concludere, non posso
non chiederle un giudizio
definitivo sul Variati che ha
mollato la causa del no.
Sono sicura che personalmente lui
è contrario, però credo anche che
abbia saputo sfruttare la situazione cavalcando il no e facendosi
così eleggere sindaco. Ha gestito
il tutto in maniera furba, diciamo
così.
Anche se, realisticamente,
cosa potrebbe fare ancora,
oggi?
Io ti dico: cosa avrebbe potuto
fare quest’anno. Lasciamo perdere il quorum del referendum, una
cosa che si è inventato lui, vogliamo parlare dei controlli all’esterno mai fatti, o dei sottoservizi forniti dall’Aim? Aveva promesso la
Via, e invece niente. E’ stato molto
bravo a parole, ma fatti nessuno.
Un po’ di speranza non le viene neppure dallo sgretolamento dei poteri forti che comandavano sulla città, con la
coda dell’imminente cambio
della guardia alla direzione
del Giornale di Vicenza?
La cappa che ne derivava l’abbiamo subita tutti, come l’informazione non libera, pilotata, che abbiamo sopportato in questi anni.
Sono speranzosa ma anche scettica: non vorrei cambiassero semplicemente i referenti e si passasse ad un’altra cappa. Il presidente
degli industriali Zuccato è senz’altro meglio di Calearo, lui e Mincato hanno uno status diverso. Non
c’è più la spudoratezza nel trattare
Vicenza come fosse cosa loro. Speriamo che questo si ripercuota sul
giornale e sulla libertà delle idee
in questa città.
170 del07 novembre 2009
focus
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numero
7
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I segreti delle mura
In viale Mazzini e a Porta Santa Croce
stanno per partire i lavori di riqualificazione
Italia Nostra ricostruisce storia e peculiarità delle fortificazioni vicentine
E denuncia piccoli sfregi e progetti troppo fantasiosi
| Le mura di viale Mazzini. Sotto, il tratto dipinto di viola a Santa Lucia
di Andrea Alba
E
le mura medioevali diventarono viola. A Vicenza, questi
sono giorni importanti per chi è
affezionato alle mura di viale Mazzini, struttura difensiva iniziata da
Cangrande della Scala nel quattordicesimo secolo. Con quell’edera
che a tratti le copre interamente e
il prato verde fra i mattoni centenari e la strada, brandello sopravvissuto di una campagna che non
c’è più, le mura scaligere sono un
ponte con un passato remoto, e
creano un contrasto stridente, per
assurdo quasi piacevole, con la città di oggi, i moderni istituti bancari e residenziali che le sovrastano e
il vicino teatro. Oggi, sulle mura di
via Mazzini “piovono”, finalmente,
gli euro: il bando per il restauro
aperto dal Comune, 978 mila euro
di fondi esterni, ha già raccolto 83
offerte valide da parte di imprese,
e nei giorni scorsi l’assessore ai Lavori Pubblici Ennio Tosetto ha trovato altri fondi per circa 300 mila
euro, da dedicare agli interventi
più urgenti su Porta Santa Croce.
Ma dall’altra parte della città un
tratto di mura, sempre in questi
giorni, è diventato color rosa violetto. Italia Nostra dichiara guerra.
La storia
Le mura cingevano l’antica Vicen-
Castello si deve al tiranno Ezzelino
za lungo Ponte delle Bele, Motton
Da Romano (1236-1259), ghibelS. Lorenzo, Pedemuro S. Biagio,
lino, che del territorio vicentino
Pedemuro Pusterla, Contrà Canofece la propria base, mentre alla
ve, Ponte delle Barche, Porton del
successiva dominazione dei “cugiLuzo, Contrà Mure Pallamaio e
ni” padovani, durata fino al 1311, si
piazza Castello. La città aveva cindeve il tratto di mura che dal Ponte
que porte, difese da torri e ponti ledelle Barche arriva al Ponte degli
vatoi: Porta Feliciana, Porta Nova,
Angeli. Cangrande della Scala e i
Porta Pusterla, Porta S. Pietro e
suoi successori (1311-1387), nuovi
Porta Berga. Intorno alle mura
dominatori, costruirono la cinta
c’era anche un fossato. Ma la prima
di Borgo S.Pietro con Porta Santa
cinta muraria l’avevano costruiLucia e Porta Padova.
ta ancora i romani:
Il castello della Roc«A porta Castello e
chetta nell’attuale via
a Ponte degli Angeli
Mazzini – oggi dene sono state trovate
gradato e pericolante
delle tracce – spie- Attenzione
– fu eretto nel 1381
ga Giovanna Dalla ai recuperi
con mura e torri, in
Pozza,
presidente falso-storici
parte ancora conservicentina dell’assoAd Arzignano
vate, che dal Ponte
ciazione che tutela le
bellezze architettoni- hanno stravolto delle Bele arrivavano
a porta S. Croce. Nel
che – mentre la cinta tutto
1404, dopo un periomuraria del dodicedo di dominazione
simo secolo è quella
dei lombardi Visconche correva intorno
ti, Vicenza firmò la dedizione alla
a contrà San Biagio, contrà Canove
Repubblica di Venezia. I veneziaVecchie, Ponte Furo, contrà Pallani fortificarono borgo Berga comaio. Poi ci sono le mura mediestruendo, sotto Monte Berico, le
vali e scaligere: Verona ha fatto le
mura da Porta Monte e Porta Lumura di via Mazzini, le mura dei
pia. Risalgono invece al 1435 i laCarmini, la zona di via Torretti,
vori nel tratto che da porta S.Croce
le mura di Santa Lucia e le mura
arriva a porta S.Bortolo.
della Rocchetta». La città ebbe un
forte sviluppo dopo il 1164, con
Torri e mattoni
l’istituzione del Libero Comune e
Il bando per il restauro, in scadel governo cittadino, crescendo
denza il 13 novembre, è stato acmolto in palazzi e torri di famiglie
colto con grande soddisfazione da
feudali. La fortificazione di Porta
Italia Nostra: «Le mura di viale
Mazzini hanno una peculiarità
che le distingue da quelle delle
altre città venete – spiega Dalla
Pozza -: sono intervallate da torri
di controllo a carena di nave. I lati
obliqui, sporgenti, davano alle sentinelle la possibilità di controllare
meglio la campagna circostante.
Un’altra particolarità, tipica delle
mura della dinastia veronese degli
Scaligeri, è l’alternanza di mattoni rossi con pietre bianche. Ora,
il problema dell’edera che le ricopre è che crea una specie di liana
che si è infilata in tutte le fessure
fra i mattoni. L’intervento, quindi, dovrà essere eseguito molto
in fretta: una volta tolta l’edera le
mura dovranno essere consolidate rapidamente». Per paradosso
infatti ora sono le liane di edera
a fare da elemento di coesione, se
si tolgono si sbriciola l’intonaco e
le mura rischiano di crollare. «Il
progetto di restauro non comporta
alcun rischio – assicura comunque
Dalla Pozza -; l’unico pericolo che
poteva esserci era che ai promotori
venisse la tentazione di realizzare
dei recuperi falso-storici, con fini
didattici in qualche tratto di cinta.
Guardiamo ad esempio a quanto è
accaduto al castello di Arzignano,
con questo fine didattico l’hanno
completamente stravolto e rovinato. Ad Hullweck l’idea di farlo anche qua era pure venuta, per fortuna però non hanno i soldi per farlo.
Al contrario, speriamo sia mantenuta la promessa fatta da questa
amministrazione con il Pat, della
valorizzazione verso San Rocco e
nell’area interna, quella dell’asilo
infantile. La cinta, lì, è una visione bellissima, merita una visita.
Eppure quasi nessun vicentino
la conosce. Infine, è una splendida notizia quella dei trecentomila
euro trovati da Tosetto per Porta
Santa Croce: la struttura infatti è
in gravissime condizioni, il rischio
è strutturale, speriamo che si arrivi a un restauro conservativo».
I “bocciati”
Ad un certo punto del suo racconto, Dalla Pozza dice qualcosa
di incredibile. Nel senso che si fa
perfino fatica a crederci: «Proprio
ieri abbiamo segnalato all’assessorato al Patrimonio il tratto di mura
tinteggiato di rosa violetto vicino a
Porta Santa Lucia». Cosa? «E’ una
novità di questi giorni. Nelle immediate vicinanze della porta, sulla sinistra stando sul lato esterno,
un privato proprietario di un pezzo
di mura le ha ridipinte di un colore incredibile, a metà tra il rosa e
il viola, per un tratto largo cinque
metri. Una cosa indegna: ritengo indiscutibile che ognuno abbia
diritto di tenere la propria casa in
ordine, ma un colore simile in un
contesto storico come questo è una
cosa troppo stridente, perfino in
assenza di un Piano Colore comunale. Come Italia Nostra ci batteremo perché quel colore scompaia
il prima possibile». A Dalla Pozza
non va giù nemmeno il progetto,
proposto nei giorni, di un restau-
ro futurista della Rocchetta. La
fortezza – di cui oggi rimangono
più che altro macerie pericolanti
– è posta fra viale Mazzini e viale
Milano, e risale agli Scaligeri. «Era
il deposito delle armi del Comune
medioevale – spiega la presidente
di Italia Nostra – poi è diventata
per molto tempo la prigione della
città, una caserma, e infine negli
ultimi cento anni è stata il deposito
comunale. Ma è stata abbandonata completamente dopo la guerra:
non è mai stata bombardata, ma è
in condizioni di degrado estremo.
Nei giorni scorsi alcuni esponenti
di centrodestra hanno proposto
di costruirvi sopra una struttura
in vetrocemento, “sghemba”, dalle
geometrie strane. Non scherziamo. Noi non condividiamo l’idea,
ma penso proprio che non la possa
condividere nessuno».
Richiesta di rettifica
Buon giorno,
nell'articolo intervista apparso sul numero 168 del vostro
giornale mi avete attribuito una
funzione che non ho. Non sono
sindacalista della CISL ma semplice iscritto al sindacato CISL.
Nel corso dell'intervista non ho
mai detto di essere un sindacalista e sono stupito di leggere tale
errata conclusione. Mi aspettavo
precisione nel riportare ruoli ed
incarichi delle persone che intervistate.
Grazie e non cordiali saluti
Franco Zanella
L'errore c'è e me ne scuso, ma
trattasi di semplice svista. Trovo eccessivo, in ogni caso, prendersela per essere stati definiti
con una qualifica che non equivale a impegnare il sindacato
in questione in chissà quali dichiarazioni compromettenti da
Lei rese (cioè non rese: è stata
una semplice intervista a più
voci con altri militanti di base
del Pd). Non credo il segretario
vicentino della Cisl, Gigi Copiello, la radierà per questo. Anche
perchè è un segreto di pulcinella
che molti iscritti alla Cisl (e agli
altri sindacati) lo siano anche di
partiti. (a.m.)
170 del07 novembre 2009
focus
numero
8
Il ritorno di Noaro
Il popolare telecronista
ha aperto un bar
dove si respira calcio
in ogni centimetro quadrato
Schiettezza e sincerità
sono quelle di sempre:
“Ho votato Variati,
ma adesso lo vedo confuso
Vicenza? E’ un paesotto”
170 del07 novembre 2009
opinioni
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numero
9
pag
Marcia della pace?
Meglio la guerra
Anche a Vicenza passa la sfilata pacifista mondiale
Il solito evento inutile e ipocrita
di Andrea Fasulo
Tradito dalla tv
Innanzitutto tranquillizziamo gli
aficionados: Fabio c’è e si dà da
ue grandi palloni da calcio
fare come sempre, anche se nel
gonfiabili dondolano appesi
piccolo schermo non appare più
sopra al bancone dove si servono
come un tempo. “Intanto mi occaffè, spritz e tramezzini. Siamo a
cupo del settimanale che dirigo,
Ponte degli Angeli; si respira calSport Vicenza, fondato da mio pacio in ogni centimetro quadrato
dre Claudio nel ‘57. Certo la televitra i tavolini e le sedie di questo
sione mi manca, mi manca il fatto
bar, ma non come in qualsiasi aldi farla. E il mio modo genuino di
tro locale della città. Qui il padroapparire in video era
ne di casa è uno dei
apprezzato,
infatti
simboli dello sport
ogni tanto mi richianostrano, voce e volmano come ospite”
to televisivo noto a Ho unito calcio,
dice con una punta di
tutti all’ombra dei musica
amarezza il condutColli Berici. “Fatti, e spettacolo
tore di trasmissioni
personaggi e vita viprima della
diventate un “must”.
centina”, sta scritto
“Già 15 anni fa io unisotto il nome della Ventura
vo calcio, musica e
nostra testata. A chi La televisione
spettacolo. Poi lo ha
più di Fabio Noaro mi manca
fatto anche Simona
può spettare di diVentura”.
C’erano
ritto il titolo di pertanti tifosi biancosonaggio vicentino?
rossi a guardarlo, ma anche chi si
Intemperanze verbali, schiettezza
piazzava davanti allo schermo in
tutta “pan e sopressa” e un fiume
attesa solo dell’ennesima sparata
di parole che ti travolge. E così basenza peli sulla lingua, dei suoi
sta fare quattro chiacchiere con
modi di dire sbilenchi, o per soril nostro seduti di fronte ad un
ridere della proverbiale atmosfera
bicchiere di vino (lui beve rigoroda “fatto in casa” che si respirava
samente aranciata) per registrare
D
nello studio di Tva. Una genuinità che oggi, ipse dixit, non c’è più.
“Adesso le tv locali cercano solo
di risparmiare facendo condurre
i programmi a gente senza esperienza. Bisogna metterci amore
in quello che si fa. Io me ne sono
andato perchè non sopportavo più
le regole che volevano impormi.
Mettevano le mani sulla mia trasmissione e rovinavano tutto. Anche a livello amministrativo” rincara la dose, “ non ci sanno fare.
Perchè vengono magari dalla Confindustria o dall’Ospedale pensano di sapere tutto, ma cosa ne
sanno di televisione?”. Un vecchio
amore che lo ha tradito, sembrerebbe. E che lo ha impegnato per
11 anni, dal 1994 al 2005. Mentre
prima c’erano state le radiocronache per Radio Vicenza: “Mi alzavo
anche alle 3 del mattino per seguire la squadra. Andavo a Napoli, a
Bari, ovunque. Il tutto per 25mila
lire. Il giorno dopo poi andavo a
lavorare. Adesso pretendono subito i soldi ma non hanno le capacità
che si richiedevano allora”.
Caffé e politica
Ma come si passa dalla radio e dalla Tv all’apertura di un bar, il Bar
da Noaro? “Il bar mi piace perchè è
un altro modo per essere in contatto con la gente. Per fare conoscen-
si! C’era bisogno di ben altro, di
za con tante persone diverse e con i
impianti sportivi per i giovani per
costumi della gente. E poi mi tiene
esempio”.
la mente lucida e sveglia”. Infatti
sull’insegna luminosa si legge: Bar
Il paesotto
da Noaro, il ritrovo dei veri amiUna città troppo chiusa per Noaci. “Ma ce ne sono davvero pochi
ro, dove mancano grandi e piccoli
di veri amici” ci tiene a precisare.
eventi: “Dopo le 8 di sera è morAnche se di clienti non ce ne sono
ta, sembra un paesotto del basso
pochi. I prezzi sono bassi, la qualivicentino. Anche a Thiene e Schio
tà dei prodotti, a detta del propriec’è più musica, più vita. Qui si
tario, alta. C’è una piccola folla per
pensa solo a guardare quello che
le partite in tv e il giorno dell’inaufanno gli altri, c’è molta invidia,
gurazione, a fine agosto, è stato un
cattiveria. Io sono vicentino ma
evento mondano con tanto di chinon sono come i vicentini. Sono
lometrica limousine bianca. Manloro che vogliono
cava solo il sindaco,
vivere in una città
e il buon Fabio c’è rimontanara!”. Ma inmasto male. Ma sulsomma, Vicenza è di
la politica ha le idee
destra o di sinistra?
chiare: “Abbiamo vo- Il Dal Molin?
“Come tira il vento”,
tato tutti per Variati Non ce l’ho
taglia corto. A questo
perchè era la persona
con gli
punto, vista la dispopiù competente. Ma
nibilità a spaziare
adesso lo vedo un po’ americani
su ogni argomento,
in confusione, lo vedo Portano
è inevitabile chiesolo, isolato, non ha soldi
dere un commento
una buona copertusul caso Dal Molin:
ra. Certo non è facile
“Non ce l’ho con gli
fare il suo mestiere,
americani, portano soldi” dice con
ma la giunta mi sembra un po’ di
la consueta sincerità. “Rispetto le
serie B”. Meglio quelli che c’eraidee di tutti, ma non mi piacciono
no prima? Macchè. “Quelli erano
tutti ‘sti cortei quando ormai tutruffiani, pensavano molto ai loro
to è stato già deciso dall’alto, come
interessi. Cosa hanno lasciato? Il
sempre. Tra un corteo e l’altro i
nuovo teatro? Ma se sembra un
pensa solo a tirarse drio i cortei!”.
cinema, un altro centro congres-
AI
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L
nella sua biologia ha - gli dei ce la
conservino - l’aggressività, serbatoio di grandi mali come le guerre
criminali e coglione (Afghanistan
e Irak, per stare a quelle recenti
benedette dall’Onu e dalla Nato),
ma anche di grandi beni se sublimata nella politica, nelle arti, nelle tecniche – e nel sesso, direbbe il
vecchio Freud. E anche nelle guerre giuste, o meglio: necessarie. Sì,
esistono tali guerre, cari miei.
Sono i conflitti che servono a dirimere contrasti fra popoli e che rimangono circoscritti nell’ambito
territoriale e culturale dei contendenti.
a marcia mondiale per la pace
fa tappa anche a Vicenza. Col
patrocinio del Comune, l’oltraggiosa sponsorizzazione della Lega
Coop (sono cooperative filo-Pd
quelle che costruiscono la Ederle
bis) e per la gioia di John Giuliari
che la pace l’ha fatta diventare un
assessorato – il suo – nel pomeriggio di domenica
8 novembre si svolgerà a Campo Marzo
L’esempio serbo
la sfilata pacifista.
Prendiamo l’aggresVogliono la riconver- La guerra
sione
occidentale
sione civile delle basi è diventata
alla Serbia nel 1999. I
militari (quali: tutte? un tabù
bombardieri ameriaboliamo quel poco
La chiamiamo
cani (con base in Itadi esercito che ci relia) attaccarono un
sta?); uno sviluppo ipocritamente
sostenibile e felice (e missione di pace paese sovrano quale
era lo stato serbo
dagli: questo è un oscon la motivazione,
simoro, una scemendel tutto illegittima,
za, un auto-inganno,
di dovergli far cambiare politica
lo sviluppo è di per sé insostenibisul separatista Kosovo, che era
le perché condannato a svilupparuna sua regione da secoli. Come se
si in eterno generando perenne
il nostro paese venisse bombardainsoddisfazione, quindi costante
to perché Roma non riconosce la
infelicità); un’economia equa e
piena indipendenza all’Alto Adisolidale (come? ce lo dicano un
giorno, chè ce lo segniamo); e infine un benessere per tutti e per
ciascuno (e invece bisognerebbe
prendere atto che dovremmo fare
una bella dieta collettiva, consumare meno, tagliare tanto presunto benessere che in realtà ci dà un
diffuso malessere esistenziale).
Guerre giuste
Andiamo,
signori
pacifisti,
quand’è che diventerete grandi
e la smetterete con le marce, le
marcette, le fiaccolate e le candeline? Siete persone dotate di sufficiente intelligenza e ricche di buona volontà, ma sprecate questa e
quella nell’assurda pretesa di “un
mondo senza guerre”. Che è come
dire un’umanità senza l’uomo, che
ge-Sud Tirolo (che invece avrebbe più di una ragione per tornare
all’Austria, ma che è stato “comprato” con una pioggia di concessioni ed esenzioni). I kosovari
sono albanesi che agognavano
l’annessione alla madrepatria? Si
ribellino pure, ci mancherebbe altro. Ma non con l’interessato aiuto
a suon di bombe dell’Occidente.
Era, quella, una faccenda tutta
interna alla Serbia. Ma siccome
il regime di Slobodan Milosevic
(oggi vittima dell’ennesimo processo-farsa) dava fastidio a Washington e soci perché si ostinava
a non piegarsi alla loro egemonia,
ecco la menzogna dell’«ingerenza
umanitaria» per salvare i bambini
kosovari dai serbi brutti e cattivi.
Risultato: oggi il Kosovo è un’enclave a sovranità limitata, in cui
il governo-fantoccio dà fondo ad
ogni corruzione e la lotta fra etnie
che si doveva sanare è congelata
in un freezer pronto a esplodere
in un mare di fiamme ad ogni momento. Non era più giusto lasciare
che serbi e kosovaro-albanesi se la
sbrigassero da soli, raggiungendo
un equilibrio, certo costruito sul
sangue, ma da popoli liberi che si
combattono liberamente, con un
vincitore e un vinto, e quindi più
naturale, stabile e duraturo?
flickr.com/mashleymorgan
sulla carta perle di Noaro-pensiero a 360 gradi. Ce n’è per tutti,
ovviamente.
Il tabù
I pacifondai
Il fatto è che la guerra è diventaMa anche qui, svegliatevi, sopratta un tabù, tanto è vero che quelle
tutto voi pacifisti cattolici: viviache facciamo noi agli altri le chiamo in una società fondata sulla
religione del denaro, è logico che a
miamo ipocritamente “missioni di
muovere i guerrafonpace”. Mentre essere
dai non siano più il
in guerra è una conpotere e la gloria fine
dizione connaturata
a se stessi, com’era
all’essere umano priai bei tempi dell’imma ancora che con le Il conflitto
pero romano. Oggi
armi, con la volontà fa parte
tutto ruota intorno
di potenza iscritta nel
dell’uomo
all’imperativo catenostro dna. Il guaio
gorico di sostenere
non è la guerra in sé, Ed esistono
uno sviluppo globache è sempre esistita anche
le già da un pezzo
e che, aprendosi var- guerre giuste
insostenibile. Ma i
chi qua e là, sempre
pacifondai credono
esisterà. E’ la sua
al miraggio di renversione moderna,
derlo digeribile, adattabile, umatecnologica, quella che elimina
nizzabile con la bacchetta magica,
ogni carattere positivo insito in
ossia rinunciando a far la guerra,
essa (valori come la dignità, l’aba tutte le guerre, alla guerra come
negazione, lo spirito di comunità
principio. Al contrario: una bele di sacrificio, il coraggio, l’onola guerra, ci vorrebbe. Prima di
re, portati all’estremo, alla nuda
tutto contro noi stessi. Contro il
verità imposta dalla morte) e lo
nostro attaccamento ad una vita
tramuta in una raccapricciante
ammorbata di comodità inutili e
deterrenza nucleare o, forse pegstressata da ritmi paranoici, congio ancora, in un videogioco con
tro un meccanismo che ormai va
droni telecomandati che fanno
per conto suo (l’economia basata
piovere bombe chimiche dall’alto
sulla crescita infinita), che ci prisenza neppure che ci sia un comva di ogni slancio per la lotta. E
battimento degno di questo nome.
poi, se qualcuno ce la dichiarasse
D’accordo, possiamo comprendeperché noi ne siamo diventati inre come susciti sincera indignacapaci, non sarebbe affatto male
zione venire a sapere che certe infarla anche coi responsabili privasioni sono motivate da interessi
mi di questo squallido marciume
puramente economici (come è stamorale (indovinate un po’ chi: gli
to per il petrolio irakeno e lo svenstessi che hanno inventato quella
tato passaggio dal dollaro all’euro
mostruosità che è l’atomica, vera
come moneta di riserva per smermadre del pacifismo obbligato
ciare l’oro nero sul mercato interdegli ultimi sessant’anni). Perché,
nazionale, ciò che era nei piani di
che diamine, bisognerà pur moriSaddam Hussein e oggi in quelli
re per qualcosa. O no?
dei mullah iraniani).
170 del07 novembre 2009
numero
10
economia&mercati
pag
economia&mercati
simbolo ipocrita
T
ogliamoli tutti, i crocifissi.
Togliamoli dalle scuole e, già
che ci siamo, anche dalle nostre
case. E non perché danno fastidio
a qualche musulmano troppo integralista o a qualche italofinlandese troppo sensibile. Togliamoli
semplicemente perché non hanno più senso. L’annosa questione
del crocifisso nei luoghi pubblici,
riaccesa adesso dall’ultima sentenza della Corte Europea per i
diritti dell’uomo, è indubbiamente
complessa. Chi chiede di toglierli
osserva che, in una stato laico e
in una scuola pubblica, la presenza di un simbolo religioso c’entra
poco o nulla; ed è difficile dargli
torto. D’altro canto si può sostenere, con altrettanti buoni argomenti, che il crocifisso nella nostra
società ha un valore culturale, prima ancora che religioso. Piaccia
o non piaccia, la nostra storia, la
nostra cultura, il nostro universo
di valori si sono plasmati anche,
se non soprattutto, con il con-
là delle disquisizioni filosofiche,
però, quello che lascia sbigottiti
è l’animosità con cui si difendono i valori cristiani in occasioni
flickr.com/rchard
dai contributi alle scuole private,
pardon, paritarie. Mi piacerebbe
che uno dei tanti moderni paladini del crocifisso, uno solo, parlasse di valori cristiani anche quando si parla di immigrazione o, per
restare più vicini a noi, quando si
discute di nomadi. Mi piacerebbe
che qualcuno dei nuovi crociati
spiegasse che cosa c’entra la flessibilità estrema introdotta negli
ultimi dieci anni in Italia, con il
beneplacito di tanti politici cattolici, con i valori cristiani. Mi
piacerebbe che qualcuno, tra i
tanti che ora si ergono a difensori
dell’identità cristiana, avesse provato a collegarla alla questione Dal
Molin. Il punto è che, nei fatti, dei
valori cristiani non importa più
nulla a nessuno. Se non per questioni in fondo superficiali, come
appunto il crocifisso nelle aule, la
stragrande maggioranza degli italiani vive e ragiona senza curarsi
minimamente di quello che dice il
Vangelo. Basta guardarsi attorno,
o dare un’occhiata a quello specchio un po’ deforme che è la televisione, per rendersene conto. E
allora togliamoli, questi crocifissi,
ipocriti e che non dicono più niente. E non se ne parli più.
I pezzi di questa pagina
sono pubblicati e commentabili
su www.vicenzapiu.com
Maurizio Castro,
il supermanager “standardizzato”
U
n uomo per tutte le stagioni,
il senatore Maurizio Castro.
Ex dirigente Sip, poi collaboratore
di Marco Biagi, per anni top manager del Gruppo Zanussi - Electrolux, successivamente direttore
generale Inail. Prima di scoprire il
dorato mondo degli enti vicentini,
che gli hanno offerto nell’ordine
le cariche di direttore generale
della Fiera, consigliere di amministrazione della Fondazione
Cuoa, presidente Aim (ipotesi poi
tramontata), direttore scientifico
del Master Cuoa in gestione integrata delle pubbliche amministrazioni. Nel frattempo ad aprile
2008, fiutati i tempi duri, il diri-
gente d’azienda pordenonese aveva lasciato l’incarico in Fiera per
un più tranquillo e blindatissimo
scranno a Palazzo Madama.
La sua gestione in via dell’Oreficeria è stata oggetto di critiche per la
grande quantità di denaro riversata su About J, manifestazione
di gioielli di alta gamma secondo
alcuni poco utile alla maggioranza degli orafi vicentini, e per altre
attività collaterali agli eventi fieristici (memorabile lo spettacolo
della nota spogliarellista Dita von
Teese in occasione della rassegna
Luxury & Yachts). Coraggio e ottimismo non gli sono mancati,
tanto da spingerlo a dichiarare al
tempo della nomina, a proposito
della crisi del settore: “Non sono
stati anni facili, questo è vero, ma
noi siamo convinti che negli anni
a venire ci sarà la ripresa definitiva”.
Il tempo e il nuovo ruolo accademico lo hanno portato però a
una maggiore prudenza. ‘’Con un
aumento dell’efficienza della Pubblica Amministrazione del 30% si
otterrebbe un risparmio di 6 punti di pil, ovvero circa 90 miliardi
di euro da reinvestire nel sistema
Italia’’. Così il Senatore del Pdl ha
aperto pochi giorni fa la cerimonia di consegna dei master per i
manager della Pa. ‘Il pubblico ha
riacquisito un ruolo propulsivo.
La riforma Brunetta ha accelerato tale cambiamento, nel segno
di una maggiore sobrietà delle
istituzioni, che in questi tempi
di crisi devono essere in grado di
mettere a punto un’integrazione
virtuosa percorrendo la via di una
maggiore produttività e quindi di
una migliore efficienza’’.
Del resto, fin da quando ai tempi
dell’Inail si proponeva di “inserire
il tema della sicurezza tra le priorità dell’agenda per il Paese”, il
suo credo è sempre stato uno solo:
“L’errore è quello di dare risposte
standardizzate”.
Paolo Mutterle
Crisi verso la fine
I “trucchi” e i ritardi
| Maurizio Castro
come appare sul sito del Senato
Nel terzo trimestre il Pil statunitense è cresciuto del 3,5 per cento:
un dato da paese emergente che ha scatenato un’ondata di entusiasmo
È presto per festeggiare, visto che la ripresa è alimentata da fondi statali
Ma si va verso un ritorno alla normalità. Qualche consiglio per la ritardataria Italia
di Giancarlo Marcotti
N
ew York: giovedì 29 ottobre
ore 8 e 30 (le 13:30 in Italia)
tutto il mondo sta attendendo un
numero, gli Stati Uniti comunicano il dato preliminare del GDP
(Gross Domestic Product) il
Prodotto Interno Lordo, del terzo
trimestre. Tutti i traders del mondo accarezzano nervosamente il
loro mouse come fosse il grilletto
di una pistola, pronti a cliccare su
“Buy” se il dato risulterà soddisfacente oppure “Sell” se deludente.
Esce il dato: +3,5% … le Borse festeggiano. La recessione è finita,
almeno negli Stati Uniti.
Il dato è davvero incoraggiante, una crescita quasi da paese
emergente. Il presidente Obama
si mostra particolarmente euforico, anche se il ruolo gli impone
di ricordare che “c’è ancora una
lunga strada da percorrere”; poi,
però, aggiunge con una punta di
orgoglio che “è certamente un segno che ci stiamo muovendo nella
giusta direzione”.
I catastrofisti
Si potrebbe pensare che, per una
volta almeno, economisti e analisti si siano dichiarati tutti soddi-
flickr.com/mrkumm
di Luca Matteazzi
flickr.com/Luca Castellazzi
La sentenza della Corte Europea riapre l’annoso dibattito sul crocifisso nei luoghi pubblici
Una battaglia di retroguardia
Perché i valori cristiani sono ormai ignorati da tutti
Anche da chi adesso si erge a nuovo paladino delle croce
come queste, e solo
in occasioni come
queste. Per restare
dalle nostri parti,
l’assessore provinciale Morena Martini
ha confermato quanto detto più volte in
passato, e cioè che
vuole un crocifisso
in ogni aula. Il sindaco di Montecchio
ne farà mettere uno
di grandi dimensioni
all’entrata del Comune. Consiglieri regionali come Roberto
Ciambetti ed europarlmentari
come
Sergio Berlato hanno inviato accorati
comunicati in difesa
della nostra identità,
e quindi della croce.
Mi piacerebbe che la
stessa veemenza nel
richiamarsi ai valori cristiani ci fosse
anche su altre e ben
più importanti questioni. Possibilmente, se non è chiedere troppo, su questioni diverse dal riconoscimento delle coppie di fatto o
11
pag
ViPiù
Via il crocifisso,
tributo (e a volte con lo scontro)
della cultura cristiana e delle sue
istituzioni. Pescando un esempio
dal mondo della scuola, come potremmo pensare di spiegare Dante, Michelangelo o Galileo, senza
considerare cosa significava per
loro il cristianesimo? Forse basterebbe ragionarci con un po’ di
pazienza per eliminare contrasti e
incomprensioni. E per non dover
più ascoltare posizioni a mio parere incomprensibili come quelle
di un Rocco Buttiglione che parla
di oppressione della maggioranza
(siccome siamo in maggioranza
cristiani - è il succo del suo ragionamento - e siccome vogliamo
vedere il crocifisso, non possono
negarcelo per accontentare una
minoranza) e che arriva a suggerire, per non eliminare il crocifisso,
di permettere ad ogni gruppo che
lo desideri di appendere un proprio simbolo al muro. Una trovata
geniale, grazie alla quale potremmo trovarci scuole collage, con il
crocifisso accanto alla mezzaluna
islamica, alla menorah ebraica,
a qualche divinità animista per i
bambini africani, ad una statuetta di Shiva per gli indiani e ad
una di Buddha per i cinesi. Al di
170 del07 novembre 2009
numero
flickr.com/David Paul Ohmer
blog
sfatti. Macché, neanche a parlarne. I mercati stavano ancora
festeggiando che già comparivano
su diversi siti finanziari articoli
dai toni molto meno trionfalistici.
I vari Mr. Doom (sig. Catastrofe),
così vengono chiamati i pessimisti
negli Usa, si affrettavano a scrivere che c’era poco di cui essere
allegri: il dato, per i più, era considerato “drogato”, ma alcuni si
spingevano addirittura a parlare
di “trucco”.
La tesi sostenuta è che se oggi
gli Stati Uniti sono usciti dalla
recessione lo si deve solo al consistente pacchetto di stimoli (787
miliardi di dollari) messo in campo dall’amministrazione Obama
appena insediata, ma deliberato
dal Congresso nella parte finale
della presidenza Bush. In pratica,
senza questo mega sovvenzionamento pubblico, molti sostengono
che oggi non avremmo assistito a
nessun incremento del Pil e staremmo quindi parlando di depressione dopo cinque trimestri
consecutivi in ribasso.
Eppur funziona
Senz’ombra di dubbio questa tesi
ha una sua validità. Noi ovviamente non sappiamo se il dato, depurato dagli stimoli governativi,
fosse comunque (anche se marginalmente) positivo oppure no, ma
non è questa la cosa rilevante. Gli
aiuti all’economia vengono erogati
proprio perché diano un contributo in termini di
maggior sviluppo; ne
consegue
che l’importante è che funzionino
e, almeno in questo caso, sembra
proprio che l’effetto sia stato positivo.
Andando infatti a disaggregare il
dato notiamo come i settori nei
quali è stato riscontrato un maggior incremento (auto +22,3% e
soprattutto edilizia +23,4%) sono
proprio i comparti sui quali si
sono concentrati la maggior parte
degli aiuti di stato.
Dopo l’emergenza
Ovviamente tutti sappiamo che
questi aiuti non potranno (né
dovranno) durare in eterno. La
ripresa è appena cominciata e,
a nostro parere, non è questo il
momento di togliere gli “stimoli”
che i vari governi mondiali hanno approntato per far fronte alla
crisi. L’intero sistema economico
mondiale deve, però, cominciare
a ragionare su come affrontare
il dopo emergenza. Qualcosa in
questo senso si sta già muovendo: alcuni grandi colossi bancari
americani hanno cominciato a
restituire parte degli aiuti ottenuti, ed anche in Europa vengono
approntate le prime operazioni.
Il colosso olandese Ing (quello di
Conto Arancio, tanto per intenderci), ad esempio, ha annunciato
un aumento di capitale da 7,5 miliardi di euro per poter rendere in
tempi brevi il 50% di quanto ottenuto dal Governo del proprio Paese nei momenti più delicati della
crisi; inoltre, probabilmente, la
Divisione assicurativa verrà scorporata e messa in vendita.
Non sono operazioni indolori (solo
sulle indiscrezioni il titolo ha
perso circa il 10% sulla
Borsa di Amsterdam),
ma il fatto che a soli
sei mesi dal punto più acuto della
crisi ci si prepari per tornare alla
normalità lo riteniamo un segnale
confortante.
E l’Italia?
Il nostro Paese è stato forse quello
che è intervenuto di meno a supporto del sistema economico, i
motivi sono noti e possono essere
riassunti in tre punti:
1- Il nostro sistema bancario essendo più “tradizionalista” (ricordate Tremonti:”Le nostre Banche
non parlano inglese) ha risentito
meno di altri gli effetti devastanti
della crisi
2 - Il nostro sistema produttivo è
costellato di piccole e medie imprese
3 - Il nostro debito pubblico era
già a livelli siderali e non poteva
essere allargato a dismisura
Il fatto che il nostro Paese abbia
una struttura economica che si
fonda sulle PMI (Piccole e Medie
Industrie) le quali, singolarmente,
non hanno forza contrattuale, non
deve essere un punto di debolezza, bensì di forza.
Le nostre imprese, non devono
essere salvate dai fallimenti, ma
messe nella condizione di poter
competere sui mercati internazionali Alcune mega multinazionali
statunitensi (vedi General Motors) sono state salvate dal fallimento perché, come dicono gli
americani, “too big to fail” (troppo
grandi per fallire): a nostro avviso, questo, non è il miglior modo
per rendere più efficiente il sistema economico.
La locomotiva
E’ così probabile che le nuove
locomotive dell’economia mondiale vadano cercate al di là del
Pacifico, in altre parole dobbiamo guardare a Paesi come Cina
e India che mantengono elevati
tassi di crescita ed agganciarci a
loro. A tal proposito mi sovviene
quella simpatica storiella dei due
amici che stanno amabilmente
conversando, nei pressi di una linea ferroviaria, quando transita
un rapido a tutta velocità, il primo
dei due commenta: “certo che al
giorno d’oggi le locomotive vanno
davvero forte” e l’altro:”sì, ma anche i vagoni a starci dietro!”.
Le parole dell’economia
Swap
E’
un contratto mediante il
quale due controparti si
scambiano beni d’investimento
differenti. Sono tre le tipologie più
comuni di Swaps.
Bond Swap: in cui l’oggetto dello
scambio sono Obbligazioni che
differiscono per durata, qualità e
rendimento.
Currency Swap: ci si scambiano
flussi di pagamento periodici in
divise diverse (ad esempio euro
contro dollaro)
Interest Rate Swap: lo scambio
avviene tra flussi di pagamento
nella stessa divisa, ma determinati da tassi di interessi diversi
(tipicamente tassi variabili contro
tassi fissi).
Per quanto detto gli Swaps appar-
tengono alla famiglia dei derivati
(il loro valore “deriva” da un’attività sottostante) e nascono per
evidenti intenti di copertura.
Ci si vuol proteggere da fluttuazioni nel cambio di una moneta
oppure dalla fluttuazione dei tassi
di interesse. Hanno quindi l’aria
di essere strumenti innocui per
persone estremamente prudenti.
Molti imprenditori e diverse Amministrazioni Pubbliche (come
Comuni, Province e Regioni) hanno imparato a loro spese che non è
così. Avendo sottoscritto contratti, generalmente con importanti
Istituti Finanziari, che, in cambio
di un limitato guadagno iniziale,
prevedono probabili esborsi futuri anche di rilevante importo.
fiabe
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pag
“Il povero Pinocchio corse subito al focolare, dove c'era una pentola che bolliva e fece l'atto di scoperchiarla, per vedere che cosa ci fosse dentro, ma la
pentola era dipinta sul muro. Figuratevi come restò. Il suo naso, che era già lungo, gli diventò più lungo almeno quattro dita.” (C. Collodi)
Leone
Padrone del bosco
Ruggisce felino
Enorme gattino
Gattino gattone
questo è Leone
flickr.com/tambako
Leone
L’acquario
L’acquario è un cielo
con voli di pesci!
un cielo piccino:
boccia con pesciolino!
E’ cielo di fiume
E’ cielo salato.
Ed un dio bambino
lo guarda incantato
L’ asino ha naso
orecchie orecchiute
raglio mitraglio
coda che è in coda
domestico mastica
dentoni dentuti.
Ma selvatico zòccolo
fa grande bernoccolo
E’ l’asino: èccolo
flickr.com/alphatangobravo
L’asino
Semi di acacia
Nabil ha otto anni, la pelle scura, i capelli neri, ricci. La maestra Aurora qualche volta, quando passa tra i banchi, gli
accarezza la testa ricciuta dicendo: - Nabil, i tuoi capelli assomigliano alla chioma di un albero. Nabil, a quelle parole,
sente un’ondata di calore salirgli fino alla radice di quella
foresta inestricabile. Se la sua pelle non fosse così scura,
sicuramente sarebbe rosso fuoco come il sole che tramonta
nel deserto. Nabil è arrivato in Italia dal Marocco insieme a
mamma Fatima, a papà Alì e a suo fratello più grande, Mustafà, che ha quasi diciotto anni. Hanno fatto un lungo viaggio in mare che non sembrava finire mai come le notti color
inchiostro che scendevano sul loro barcone. Nabil ricorda
ancora con angoscia la furia del vento e le onde gigantesche
che sbattevano l’imbarcazione di qua e di là. Quelle onde
sembravano dei draghi enormi che schizzavano schiuma e
acqua salata dentro la barca carica di uomini, di donne e di
bambini, stipati come sardine. Per allontanare la paura Nabil infilava le mani in tasca e toccava con le dita i semi di
acacia che nonno Farhad gli aveva donato prima di partire.
- Tienili sempre con te. Quando li stringerai in pugno, ti ricorderai della tua terra. Allora il tuo cuore ritroverà la pace
come un guerriero che, dopo essersi perso nel deserto, vede
da lontano l’oasi tanto sospirata. Nabil ora è contento, perché è primavera e ha degli amici. Ma non è stato sempre
così. Quando è arrivato in Italia era inverno. Faceva
freddo e c’era la nebbia. Nabil non aveva mai visto la
nebbia prima d’allora. Gli faceva paura, perché era
tutta bianca e fumava. Sembrava il respiro di un
fantasma. Quando Nabil ricorda i primi giorni di
scuola, una nuvola scura rabbuia il suo sguardo. I
suoi compagni gli giravano attorno e lo squadravano come fosse un extraterrestre, anche se la sua
pelle non era verde come quella di un marziano. Ehi, tu, hai mangiato troppa cioccolata? - gli chiedeva canzonandolo un bambino dai capelli gialli
come il sole che si chiamava Andrea. - Forse si è
colorato la pelle con un pennarello e quando si la-
verà per bene il viso e le braccia, diventerà bianco come noi
- aggiungeva sghignazzando un altro bambino con la pelle
bianca come la luna. - O forse, venendo a scuola questa mattina, è scivolato sopra una cacca di cane. Ah! Ah! Ah! - proseguiva il bambino dai capelli gialli facendo ridere tutti a
crepapelle come avesse raccontato una barzelletta. Nabil in
un primo tempo non capiva il significato di quelle parole,
perché non conosceva ancora la lingua dei compagni. Erano
il suono stonato delle risate e quegli sguardi beffardi a farlo
sentire fuori posto. Un extraterrestre dalla pelle scura atterrato inspiegabilmente in un pianeta di bambini dalla
pelle chiara. Quando viveva in Marocco egli non aveva mai
fatto caso al colore della sua pelle. Era lì, tra tutti quei bambini bianchi, che lui aveva scoperto di essere diverso, come
una capra in mezzo agli asini. - Forse sono solo sporco - si
diceva perplesso. Così quando tornava a casa, si lavava il
viso e le mani, strofinandole con forza più volte con il sapone. Ma quando la schiuma scivolava via con l’acqua, la sua
pelle appariva dapprima rossa per tutto quello sfregamento
e poi di nuovo scura. Quando i suoi compagni lo deridevano, Nabil si guardava attorno come un cane braccato. A volte i suoi occhi neri, vagando per l’aula, si fermavano a fissare, fuori della finestra, le chiome degli alberi nel giardino
della scuola. Erano di un bel colore verde. Verde come le
acacie che crescevano nella terra di nonno Farhad, in
Marocco. Mentre guardava gli alberi, la sua collera
scompariva piano piano, si sgonfiava come un palloncino. Allora una gran quiete scendeva dentro di
lui e gli faceva dimenticare all’improvviso le burle
dei compagni. I primi giorni di scuola se ne stava
sempre in disparte, in silenzio. La confusione e il
baccano degli altri bambini durante l’ora di ricreazione, lo spaventavano. Gli sembrava di trovarsi
in mezzo a un branco di leoni inferociti. Ogni
tanto qualcuno lo spintonava, gridandogli: Marocchino, vai via! Vai a lavare i vetri! Oppure: - Marocchino, stai lontano che puzzi! Nabil,
fiabe
un po’ alla volta, a sue spese, cominciò a conoscere il significato di quelle parole. In un primo tempo rispose agli insulti facendo a botte. Ma suo padre, vedendolo ogni giorno
tornare da scuola con lividi dappertutto, glielo proibì. Allora aveva imparato a nascondersi in qualche angolo del giardino della scuola. Se ne stava là in silenzio, finche la maestra Aurora non veniva a cercarlo. Accovacciato per terra,
con la schiena appoggiata al tronco di un albero, le ginocchia piegate a toccare il mento. Nabil chiudeva gli occhi e si
lasciava trasportare con l’immaginazione in un altro giardino pieno di piante rigogliose, di aiuole fiorite, di fiori e di
frutti variopinti. Erano i giardini di califfi e di sultani di cui
nonno Farhad gli raccontava mentre insieme zappavano la
terra. Poi infilava le mani in tasca e toccava con le dita i
semi di acacia. Sempre a occhi chiusi rivedeva le acacie di
nonno Farhad con la loro ampia chioma ad ombrello e sentiva il profumo intenso dei fiori rosa a forma di piumino.
Era il ricordo di quel verde brillante e di quel dolce profumo
a fargli sopportare le angherie dei compagni, in particolare
di Andrea. Il bambino dai capelli gialli approfittava di ogni
occasione per deriderlo o per spintonarlo. Una mattina Andrea entrò in classe con la bocca serrata come se gli fosse
stata cucita con ago e filo. - Perché tu hai bocca chiusa?- gli
chiese Nabil nel suo italiano incerto. - Non sono affari tuoi,
muso nero - gli rispose Andrea in malo modo. Fu allora che
Nabil si accorse che al suo compagno mancavano i due denti davanti. - Anch’io come te - esclamò Nabil spalancando la
bocca e mostrando il buco nero che aveva al posto degli incisivi superiori. - Ora siamo uguali - aggiunse illuminandosi. Andrea per la prima volta lo osservò con malcelato interesse, poi mugugnando tra sé, andò a sedersi al proprio
posto. A volte, durante l’ora di ricreazione, quando mancava qualche compagno, Nabil giocava a calcio con gli altri.
Era bravo Nabil, correva veloce, schivando gli avversari con
l’agilità di una gazzella e buttando la palla in rete quasi
sempre. Ora Andrea gli chiedeva sempre più spesso di giocare in squadra, perché con Nabil la vittoria era assicurata.
Col passare dei mesi le cose erano un po’ migliorate a scuola. In classe erano arrivati altri bambini da paesi diversi:
[email protected]
Federica: con il maschile Federico è un nome importante, sia per il suo significato che per la fama dei personaggi
storici che lo portarono. Deriva dal germanico antico e vuol
dire “potente nell’assicurare la pace”, perciò i bambini che si
chiamano così, oltre a non essere litigiosi, dovrebbero favorire la concordia fra i loro compagni. Federico Barbarossa,
l’imperatore che scese in Italia dalla Germania per restaurare l’impero, fu talmente famoso che, nonostante fosse annegato in un fiume, lo credevano addormentato di un sonno
profondo nel cuore di una montagna, in attesa di ritornare
nel suo regno. L’onomastico si festeggia il 18 luglio, giorno
di san Federico, vescovo di Utrecht.
Luigi: deriva dal francese. Significa “il famoso combattente”. Luisa è il suo femminile. E’ un nome che si diffuse in
tutta Europa fin dal medioevo, portato da vari re francesi,
fra cui Luigi IX che divenne santo e Luigi XIV, soprannominato “Il re sole”. Sono un’infinità i personaggi celebri che
hanno portato questo nome: compositori come Luigi Boccherini, scienziati come Louis Pasteur, scrittori come Luigi
Pirandello, musicisti come Louis Armstrong, per non parlare delle donne: Maria Luigia, duchessa di Parma e di Piacenza, l’attrice Gina Lollobrigida e santa Louise di Marillac.
L’onomastico si festeggia il 21 giugno oppure il 25 agosto.
Michele: l’onomastico si festeggia il 29 settembre, contemporaneamente a quello di Raffaele e di Gabriele. I nomi
sono quelli di tre arcangeli e Michele, con il femminile Michela, è il più diffuso. Deriva dall’ebraico e significa “chi
è come Dio?”. E’ un grido di guerra per difendere i diritti
dell’eterno, infatti nell’Apocalisse Michele è il capo degli
angeli che combattono per scacciare il drago con i suoi
demoni. Viene raffigurato con la spada sguainata mentre
calpesta il drago-demonio. In Italia sul monte Gargano c’è
un celebre santuario a lui dedicato in una grotta. Chi porta
questo nome dovrebbe essere sempre pronto a difendere i
più deboli dai soprusi dei cattivi.
Libri belli belli
Per bambini - bruchi che diventeranno splendide farfalle,
ritorna un classico della letteratura e
dell’illustrazione per l’infanzia
in formato pop-up. Dai tre
anni.
Il piccolo bruco mai sazio
di Eric Carle
Mondadori
“…Non c’è conquista più grande che insegnare la magia
della lettura a un bimbo di sei anni…”
J. Mcbride
Corso A. Palladio n 172 - Vicenza
0444 225262
di Lorenza Farina
Illustrazioni di Silvana Battistello
Conosci il tuo nome ?
Per bambini ficcanaso che non la
smetterebbero mai mai mai di ridere,
ecco una storia travolgente di segreti
e di scherzi in famiglia. Dagli otto
anni in su.
Cinema segreto
di Domenica Luciani
Giunti editore
a cura di Paola Valente
educatori e insegnanti
Galla Girapagina Viale Verdi 26 a Vicenza
cinesi, albanesi, indiani, africani. Adesso la sua pelle scura
passava quasi inosservata in mezzo a tutti quei colori. Nabil
aveva imparato molte parole della sua nuova lingua: “ciao”,
“pizza”, “cartella”, “albero”, “cacca”, “pipì”, “cielo”, “sole”,
“luna”. Ora riusciva a capire quello che i suoi compagni gli
dicevano. Non si sentiva più come un extraterrestre e non si
arrabbiava come un leone inferocito quando gli altri lo
prendevano in giro, ma cercava di ribattere. Nonostante
questo, Nabil qualche volta tornava a nascondersi nel giardino della scuola. Passeggiava tra gli alberi, ne accarezzava
la corteccia, respirava profondamente il profumo dei fiori e
dell’erba. - Ecco dov’eri finito! - gli disse un giorno Andrea,
scovandolo dietro un grosso tronco di magnolia. - La maestra Aurora, non vedendoti più, mi ha mandato a cercarti.
- Come hai fatto a trovarmi? - Qualche volta ti seguo, quando scappi dall’aula - gli rispose Andrea rosso per la vergogna. - Perché vieni a nasconderti qui? - Qui mi sento a casa
- rispose Nabil. Poi, guardando il compagno dritto negli occhi, aggiunse: - Sei capace di mantenere un segreto? - Certo, per chi mi hai preso? - ribattè Andrea ricambiando il suo
sguardo. Nabil tirò fuori dalla tasca i semi che gli aveva donato nonno Farhad. - Sono semi di acacia - gli confidò emozionato - Mi ricordano la mia terra. - Perché non li seminiamo qui nel giardino della scuola? - gli propose Andrea - Così
quando le piantine cresceranno, ti sembrerà di essere tra le
acacie di tuo nonno. - Idea luminosa come il sole del deserto! - disse eccitato Nabil mostrando un sorriso bianco latte
sul suo viso di cioccolato. I due bambini curvi per terra scavarono delle piccole buche, in un angolo del giardino. Con
delicatezza vi posarono i semi di acacia, li coprirono con
altro terriccio e li innaffiarono con un po’ d’acqua. - Ora
non ci resta che aspettare - disse Andrea - Sono sicuro che
queste piantine cresceranno verdi e robuste. Nabil sorrise
contento e i suoi occhi scuri brillarono di felicità. Le loro
teste chine color giallo oro e color ebano quasi si sfioravano
all’ombra degli alberi.
www.galla1880.com
13
pag
Per bambini - uccellini che desiderano
mettere alla prova le loro ali e sfrecciare
nel cielo, ecco una storia incantevole dai
colori meravigliosi. Dai quattro anni.
Il libro che vola
di Pierre Laury, Rebecca Dautremer
Kite edizioni
LIBRERIA
TRAVERSO
genitori,
libri per bambini e ragazzi,
170 del07 novembre 2009
numero
cultura
170 del07 novembre 2009
numero
ViPiù
cultura
D
Dal Centro al Festival
L’iniziativa è merito del Centro
Culturale Europeo del Veneto
(CCEV - HYPERLINK “http://
www.ccev.it/”www.ccev.it), promosso dai vicentini Chiara Rebellato e Carlo Libondi, che l’hanno
battezzata Cineconfidenziale (
HYPERLINK “http://www.cineconfidenziale.it/”www.cineconfidenziale.it) e sono riusciti nell’impresa di vincere un finanziamento
europeo coinvolgendo istituzioni
come Fit Media (Slovenia), Laterna Magica (Ungheria) e il Museo
del Cinema di Salonicco (Grecia),
oltre alla Regione Veneto e la Provincia di Vicenza. Dopo alcuni
mesi di raccolta di film familiari
(oltre 70 ore di girato recuperate
e digitalizzate), culminati in una
giornata di proiezioni pubbliche
il 17 ottobre alla biblioteca La Vigna, il progetto è proseguito con
un bando che ha selezionato dodici videomaker europei. Questi si
cimenteranno nella produzione di
altrettanti documentari sul tema
dell’identità europea, formati almeno per la metà da materiali
provenienti da archivi familiari.
I dodici registi si incontreranno
tico, forse, ma certamente manin un workshop vicentino dal 13
ca una comprensione della storia
al 15 novembre, tre giorni di full
“micro”, popolare - prosegue Liimmersion con docenti di quatbondi -. Il cinema confidenziale
tro paesi europei. Per confluire
ha l’eccezionale capacità di porpoi in un vero e proprio festival
tare alla luce le storie minime, i
dove i documentari saranno procomportamenti diffusi, la cultuiettati, l’anno prossimo. «Ci piara popolare dei diversi paesi». Le
cerebbe che il festival si svolgesse
porte, per chi vuole donare i proa Vicenza, che ha l’opportunità
pri filmati, sono semdi diventare il punto
pre aperte: le bobine
di riferimento degli
vanno
consegnahome movies eurote presso lo studio
pei. E magari potrebDNA, contra’ Apollobe anche ospitare un Ci sono scene
ni 12 ( HYPERLINK
vero e proprio archi- di matrimoni
“mailto:info@ccev.
vio veneto dei film
ma anche
it”[email protected]).
di famiglia» spiega
Carlo Libondi, che del lavoro
Film privati, pacon la moglie Chia- negli anni
trimonio pubblico
ra Rebellato gestisce ‘40 e ‘50
«Home movies», o
un’agenzia di co«cinema privato»,
municazione, ed è il
significa
recupefondatore del CCEV.
ro e restauro dell’enorme patri«L’idea mi è venuta quasi per caso:
monio di memorie e microstorie
per la sua festa di compleanno un
impressionate e trattenute sulle
cliente mi ha chiesto un’idea che
pellicole super 8, 8 millimetri, 16
stupisse gli ospiti, qualcosa di orimillimetri, girate da milioni di
ginale - racconta Chiara Rebellato
amatori e dagli anni ‘20 agli anni
-. Così ho montato un video fatto
‘80 del novecento. Un giacimento
di spezzoni privati, che è piaciuto
di memorie e di saperi quasi inemoltissimo agli ospiti. Questo tipo
sauribile che, dopo essere stato
di film copre due spazi emozionariscoperto negli Stati Uniti e in
li cruciali nella nostra epoca. Inaltri paesi europei, ora è sbarcatanto la nostalgia, che è tanto di
to anche in Italia: Home Movies (
moda; e poi l’antropologia, perché
HYPERLINK “http://www.homenon c’è niente come le immagini
movies.it/”www.homemovies.it)
che possa ricostruire una storia,
è l’associazione bolognese che ha
e farla rivivere». «L’integrazione
costituito il primo archivio nazioeuropea è avvenuta a livello poli-
nale dei film di famiglia, ospitato
presso l’Istituto Parri. In quelle
stanze chiunque può portare le
vecchie bobine polverose dimenticate in soffitta, frutto spesso della
passione di un papà o un nonno
un po’ “fissato” con la tecnologia.
Le bobine vengono gratuitamente
restaurate, catalogate e conservate nell’archivio. In cambio, la
famiglia riceve la copia dello stesso filmato riversato in un normalissimo dvd. Si organizzano poi
proiezioni pubbliche che, assicura
chi vi ha assistito, sono momenti
divertenti ed emozionanti, soprattutto se commentati dagli stessi
protagonisti o dai familiari di chi
è ripreso nei video. Persone che,
spesso, rivedono quei fotogrammi
dopo decenni, e insieme al pubblico commentano, ricostruiscono,
riconoscono luoghi, persone, automobili e modi di vivere completamente diversi dall’oggi. La scintilla scatta quando un film intimo
e familiare viene visto pubblicamente, diventando patrimonio
di tutti: ne nascono discussioni,
ricordi, risate. Per farsi un’idea
delle enormi potenzialità di una
visione di questo genere, rimandiamo allo splendido documentario “Un’ora sola ti vorrei” di Alina
Marazzi, dove la regista ricostru-
isce la vita della madre, mancata
quando la figlia aveva solo sette
anni, attraverso i filmati girati dal
nonno.
Costume, paesaggio, lavoro
«Il 17 ottobre abbiamo proiettato
un film “senza rete”, che anche
noi vedevamo per la prima volta.
Era il filmato di un matrimonio,
e il figlio degli sposi lo ha commentato dal vivo senza mai averlo visto prima - racconta Chiara
Rebellato -. Poi un prezioso film
in 9,5 millimetri, formato molto
raro, girato nei campi del vicentino negli anni ‘40 da un funzionario dell’ispettorato agrario. Un
altro film mostra la lavorazione
del marmo a Chiampo negli anni
‘50, con il trasporto sui tronchi».
I film raccolti a Vicenza sono
suddivisi in tre macro categorie:
costume, paesaggio, lavoro. E ci
sono altre chicche: «Carlo Vajenti ci ha donato un reportage sulla
Vicenza negli anni ‘50 girato dal
padre - continua Rebellato -. Altri
film documentano la lavorazione
dell’oro negli stessi anni». Per due
ore, quel giorno, oltre cento persone sono rimaste incollate alla
schermo fra curiosità, emozione,
puro divertimento. Altro che i filmini delle vacanze.
a Schio a Bassano, da Thiene a Lonigo, sono ormai ai
blocchi di partenza le stagioni dei
principali teatri della provincia.
Cartelloni ricchi, con decine proposte che spaziano tra tutti i generi, dalla commedia all’operetta,
dal teatro classico alla drammaturgia contemporanea, con molti
dei nomi più affermati del panorama teatrale italiano, e con qualche inevitabile sovrapposizione.
Ecco una carrellata di cosa potranno aspettarsi gli appassionati
nel lungo autunno inverno 20092010.
Bassano
Nella città del Ponte degli Alpini è
ormai agli sgoccioli la campagna
abbonamenti (con formule studiate apposta anche per scuole e
associazioni), che si chiuderà il 10
novembre, giorno in cui al Teatro
Remondini andrà in scena il primo spettacolo del calendario. Ad
aprire la stagione sarà, il 10 e l’11
novembre Monica Guerritore, con
la speciale serata evento “Dall’inferno all’infinito” in cui interpreterà gli appassionati versi di Dante, e altri grandi poeti. Sarà poi la
volta della Compagnia Gank, che
darà vita all’intramontabile commedia goldoniana “La bottega del
caffè”. Protagonista poi un’altra
grande interprete femminile: Pamela Villoresi, che con “Marlene”,
porta sul palcoscenico il dietro le
quinte della vita di Marlene Dietrich.
Il testo di Mario Rigoni Stern,
“Sentieri sotto la neve” aprirà il
2010, attraverso l’interpretazione di Roberto Citran. Di tutt’altro sapore “La strana coppia” con
Elisabetta Pozzi e Mariangela
d’Abbraccio, un vero classico della
commedia brillante, per due attrici tra le più versatili della scena
italiana. Parte da un incipit drammatico, per poi unire toni comici
e cinici, l’attualissimo testo “Col
piede giusto”, che vede una graffiante Amanda Sandrelli portare
in scena un’indagine amara sulla
classe dirigente. Sarà invece uno
dei maggiori interpreti del teatro
di narrazione, Mario Perrotta, a
dar vita ad un classico senza tempo come il “Misantropo” di Moliere
in un allestimento originale, tradizionale ed innovativo al tempo
stesso. Chiude la stagione Natalino
Balasso con “La Bisbetica domata”
di Shakespeare, unico uomo in un
cast interamente femminile.
Thiene
Anche al Teatro Comunale di
Thiene si parte il 10 novembre. Sul
palco ci sarà “La Strana Coppia”,
commedia brillante sulla convivenza forzata tra una perfetta
donna di casa e una divorziata disordinata e sola, con Mariangela
D’Abbraccio ed Elisabetta Pozzi.
A seguire un omaggio all’anno galileiano, con il classico di Bertolt
Brecht, “Vita di Galileo” per l’interpretazione principale di Franco Branciaroli. Dall’evolversi della
vicenda emergono attuali i temi
del rapporto tra scienza e umanità, verità scientifiche e verità di
fede. Sempre nel filone del teatro
classico si inserisce “La Tempesta”
di William Shakespeare, nel nuovissimo allestimento creato dalla
collaborazione tra Teatro Stabile
di Napoli, Emilia Romagna Teatro, Teatro Eliseo di Roma.
La commedia torna protagonista
con “L’appartamento”, di Billy
Wilder, adattamento teatrale di
quello che fu un successo cinematografico vincitore di ben cinque
premi Oscar, con Massimo Dapporto nei panni di un ambizioso
impiegato costretto a scegliere tra
amore e carriera. Poi sarà la volta
di “L’oro di Napoli”, con Gianfelice Imparato e Luisa Ranieri, e
quindi di “Italiani si nasce e noi lo
naquimo”, con Maurizio Micheli
flickr.com/liquene
Con novembre partono le stagioni dei principali teatri del vicentino
Cartelloni ricchi e con proposte che spaziano dalla commedia all’operetta,
dal monologo d’autore alla drammaturgia contemporanea
Con qualche inevitabile sovrapposizione
Dopo Bologna, anche a Vicenza sta nascendo un archivio dei film familiari
Un’iniziativa del Centro Culturale Europeo del Veneto
per riportare in vita storie minime, comportamenti diffusi e cultura popolare
E nel 2010 Vicenza potrebbe ospitare il primo festival europeo degli home movies
icenza ospiterà, probabilmente la prossima primavera, il
primo festival europeo dedicato ai
film familiari. Un evento che renderà la città il cuore pulsanti di un
movimento che sta portando, in
tutto il mondo, a riscoprire le memorie private, ma anche gli eventi
pubblici, impressi sulle ormai introvabili pellicole Super8, grazie
all’occhio mai neutro ma sempre
appassionato di semplici amatori. Che, qualche volta, si trovavano nel posto giusto e al momento
giusto con una cinepresa in mano,
come accadde ad Abraham Zapruder, l’operatore dilettante che unico - riprese l’assassinio di Jonh
Fitzgerald Kenneky a Dallas.
15
pag
tutto il teatro della provincia
tutta la vita in Super8
V
170 del07 novembre 2009
numero
Da Shakespeare a Paolini
Cineconfidenziale
di Giulio Todescan
cultura
14
pag
e Tullio Solenghi, spettacolo che
prova a esporre i mille caratteri
degli italiani, cercando di capire a
quasi 150 anni dall’unità di Italia,
tra ironia e comicità, cosa sia l’italianità.
Si continua con “Tramonto”, che
vede protagonista il conte Cesare,
sindaco tiranno in un paese veneto, con la commedia “L’anatra
all’arancia” con Corrado Tedeschi
e Debora Caprioglio, e con il giallo “Un ispettore in casa Birling”,
thriller denso di suspence e colpi
di scena con Paolo Ferrari e Andrea Giordana. Si chiude, infine,
con le vicende e i vissuti di un
personaggio ricco di sfaccettature
rappresentato dall’anziana vedova Anna, in “Le conversazioni di
Anna K.”, adattamento teatrale di
“La Metamorfosi” di Franz Kafka.
Schio
Si scena a Schio, questo il titolo
della rassegna, si apre il 14 novembre con lo spettacolo di Dario Vergassola e David Riondino
dedicato alla Madame Bovary di
Flaubert. Poi toccherà a Monica
Guerritore e alla sua performance
“Dall’inferno all’Infinito”, alla versione teatrale del famoso thriller
“I 39 scalini” con Manuel Casella,
Ninì Salerno e Roberto Ciuffoli,
| Marco Paolini sarà in scena a Schio e a Lonigo
e ad “Oblivion Show”, spettacolo
che porterà sul palco le incredibili
trovate (ad esempio la riduzione
musicale dei promessi sposi in
dieci minuti) di un gruppo nato
in rete e presto affermatosi come
una delle novità più interessanti
della scena italiana. A Gennaio
si riprende con Marco Paolini e
la sua “La macchina del capo”,
con “Mai più soli” interpretato
da Angela Finocchiaro e Daniele
Trambusti, e con i Sillabari nella
versione di Paolo Poli. Infine, in
chiusura, il “Trattato dei manichini” di Teatropersona e “La Bisbetica domata” con Natalino Balasso.
Lonigo
La stagione leonicena, infine,
comincia l’8 novembre con “Un
ispettore in casa Birling”. Si prosegue tra fine novembre e dicembre
con “I 39 scalini” e con i “Sillabari” di Paolo Poli, per arrivare così
al 2010, quando sul palco si alterneranno “L’inganno”, di Anthony
Shaffer, “Ho appena cinquant’anni”, con Raffaele Pagagnini e Cena
con sorpresa di Neil Simon. Si
chiude a marzo con il trittico “La
bisbetica domata”, My fair lady” e
“La macchina del capo”.
Gli animali di Duravcevic, irrealistici e tragici
Nello spazio AB23 le opere dell’artista montenegrino
che mescola richiami classici e suggestioni cinematografiche
N
ello spazio espositivo AB23,
in cui si è da poco conclusa
l’apprezzata esposizione delle opere dei vicentini Lucca e Monarca,
sabato 7 novembre alle 18 verrà
inaugurata la mostra di un importante artista internazionale:
Aleksandar Duravcevic. L’esposizione, promossa dall’assessorato
alla cultura del Comune di Vicenza, presenterà alcuni recenti lavori del giovane montenegrino, tra
cui i grandi disegni su carta che
raffigurano ambienti faunistici e
le nature morte con lampadari e
oggetti di potere. Alle opere bidimensionali si aggiungeranno due
speciali installazioni: la particolare “vasca” con piume di pavone e il
site specific composto da specchi,
elementi ricorrenti nel linguaggio
dell’artista, che, ingabbiati, creano un imprevedibile e misterioso
gioco di riflessi infiniti.
L’arte di Aleksandar Duravcevic
è pervasa da poesia e da un misticismo pieno di attesa e di bellezza, in una visione macabra ed
elegante allo stesso tempo. Con
una disinvolta irriverenza da corsaro nero, Duravcevic assomma
elementi di assoluta contemporaneità alla memoria della storia
dell’arte europea. Il suo interesse
per la struttura degli esseri viventi fa sì che talvolta essi vengano
raffigurati come animali-trofeo,
quasi fossero bucrani sui muri
delle architetture, oppure abbina
visioni più delicate che comunicano la sorpresa data dall’osservazione di un piccolo passero.
Sulle sue opere aleggia un senso
di decadenza, ma anche di stupore
per il fascino corrotto del decesso,
del potere e dell’opulenza. Sfondi
scuri, o al contrario di un bianco abbagliante, e la dualità buio/
luce richiamano visioni barocche
di caravaggesca memoria, mentre
altri referenti delle sue creazioni
sono il cinema, con l’effetto del
moltiplicarsi dei piani sequenza o
il procedimento del freeze-frame
(l’arresto-blocco e la successiva
ripresa di scena spostata), e lo
specchio, con il quale l’artista mi-
| Daino, grafite su carta
sura l’ambiente e lo replica, suggerendo una realtà parallela.
La mostra resterà aperta al pubblico dall’8 novembre al 6 dicem-
bre il giovedì ed il venerdì dalle
15 alle 19, il sabato e la domenica
dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle
19. L’ingresso è libero.
movida
170 del07 novembre 2009 pag16
movida
numero
ViPiù
movida
170 del07 novembre 2009 pag17
numero
America, sogni e incubi
Popcorn
Un Ambaradan contro l’ignoranza
Nel maggio scorso
il gruppo Ambaradan,
formato da persone
diversamente abili,
ha dato vita
ad un concerto
con alcuni dei più noti
musicisti della provincia
Ora lo spettacolo
è diventato un cd
Contro l’ignoranza
e la paura del diverso
di Francesca Danda
F
resco fresco di stampa, esce il
cd “Contrasti e incontri d’autore”: un album solidale che riunisce numerosi musicisti della scena
vicentina. Dove assoluta protagonista è Ambaradan, una band decisamente alternativa. Non per il
genere musicale di nicchia o lo stile espressivo provocatorio. Perché
di questi tempi la “trasgressione”
risiede altrove. Magari nella determinazione di una quindicina
di persone diversamente abili che,
coordinate da alcuni volontari
- nel caso specifico quelli dell’associazione “Calimero Non Esiste”
- portano in scena, fin dal 2001,
spettacoli di musica e danza in
tutta la provincia.
Affermando con i fatti una realtà
innegabile: lo sviluppo di società
e cultura si basa sul confronto tra
diversità. Filosofia che alimenta
l’intero ventaglio di attività messe in campo dall’associazione attraverso il progetto “Abilit.Arte”:
laboratori di danza, musica e pittura, spettacoli teatrali, mostre
fotografiche, e così via. Facendo
integrazione attraverso tutte le
sfumature dell’arte, che forniscono alle persone con disabilità
(fisiche
o
p s i c h i c h e)
linguaggi
molteplici
attraverso
cui diventare
produttori e
p r o t a go n i s t i
di spettacolo.
Come
quello
che si è tenuto
il 23 maggio 2009 al Castello di
Romeo di Montecchio: un concerto del gruppo Ambaradan, che di
fronte ad un nutrito pubblico ha
diviso il palco con affermati musicisti vicentini. Il risultato? Una
performance inedita, una serie di
insoliti e simpatici duetti ed un cd
del tutto originale, registrato interamente dal vivo, in presa diretta,
durante la serata.
Quattordici le tracce incluse
nell’album, equamente ripartite
tra cover famose - ormai divenute veri e propri cavalli di battaglia
dell’Ambaradan, come “Gianna”
di Gaetano o “Il tempo di morire”
di Battisti -, e brani originali dei
vari artisti intervenuti, interpretati ciascuno da una coppia ospite-Ambaradan. «Ognuno ha avuto
modo di esprimere il proprio messaggio sul palco - racconta Fabio
Cardullo, cantautore che ha preso
parte alla serata - condividendo e
| Alcuni dei componenti dell’Ambaradan: Dimitri, Carletta, Tatiana e Matteo.
In alto la copertina del cd e un momento del concerto
mescolando diversità di ogni
tipo».
Artistica, espressiva,
umana.
Con
leggerezza, divertimento
e
sensibilità musicale, che traspaiono da ogni
canzone. Da “Storia Infinita”
(E. Zampieri), cantata da Tatiana
Sgarra assieme ad Irene Ghiotto
(voce del gruppo pop rock Pensiero Zero), a “Stai sereno” di Davide Peron, per l’occasione assieme
alla fisarmonica di Giuliano Cremasco; dalla scoppiettante accoppiata blues Max Ferrauto - Dmitri
Arguello, al tango “Biondo” (Che
Gruppo), interpretato dal cantastorie Denis Baon. Fino alla versione rock di “Come la Russia” (V.
D’Ambrosio), eseguita da Fabio
Cardullo. Tutti accompagnati da
una sezione ritmica di prim’ordine, con Massimo ‘Mamo’ Marcante alla batteria e Lorenzo Pignattari al basso.
Una “all-star” vicentina spontaneamente riunita contro l’ignoranza
e la paura del diverso. In un progetto autoprodotto curato ed innovativo, che propone musica d’autore
(e, su richiesta, un book fotografico ed un libro per bambini) a sostegno delle attività solidali curate
dai volontari di “Calimero Non
Esiste”, ampiamente presentate
al sito www.calimerononesiste.it.
Il cd è reperibile alla sede dell’associazione, ad Alte di Montecchio
Maggiore (tel. 348 2789827 - email [email protected]):
note che scaturiscono da “Contrasti e incontri d’autore” per farsi
ascoltare e svelare i limiti di ogni
presunta “normalità”.
Gli appuntamenti
sabato 7
BALDASSARRE & ROSSATO
Nuovo Bar Astra
contrà Barche 14, ore 19
Concerto aperitivo - musica jazz
- jam session
Free entry
mercoledì 11
EAGLE AND TALON
Bar Sartea - corso Ss. Felice e
Fortunato 362, ore 21.30
Concerto indie rock da Los
Angeles
Free entry
sabato 7
HARD TAILZ
Sabotage Bar
viale dell’Industria 12, ore 22
Serata tributo alla storia
dell’hard rock - cover di Van
Halen, Extreme, Queen, Ugly Kid
Joe, Poison, Kiss e tanti altri
Free entry
giovedì 12
MAMMUT + E.DRUNKS
Bar Sartea - corso Ss. Felice e
Fortunato 362, ore 21
Disaster Week Festival - concerto
rock tra indie, noise e sperimentale dall’Islanda + concerto indie
rockelettronico
Free entry
sabato 7
FLAP + NICKER HILL ORCHESTRA + ART OF WIND
CSC Centro Stabile di Cultura
via Val Leogra (San Vito di Leguzzano), ore 22
Serata musicale dell’etichetta
“In the bottle records” - concerto
alternative + concerto indie +
concerto folk
Riservato soci CSC
giovedì 12
VICENZA ROCK CONTEST
Route 66 - via Dal Ponte 128
(Marola), ore 22
Rassegna musicale - concerti
di Ohiorock (rock italiano), Ded
Blaa Blod (indie rock), Ayanamy
(rock alternativo), Ready to Fall
(rock), Invena (punk rock)
Free entry
sabato 7
BADDIES
Yourban Music Lab - via 51° Stormo 3 (Thiene), ore 22.30
Unica data in Nord Italia della
band indie rock inglese - a seguire djset
Ticket (euro 5,00)
domenica 8
ARE(A)ZIONE
Panic Jazz Club - piazza degli
Scacchi (Marostica), ore 21
Concerto tributo agli Area con
Alan Bedin (voce, steel percussion), Filippo Rinaldi (basso
elettrico, contrabbasso), Cristiano Fracaro (piano elettrico, tastiere), Daniele Sartori (chitarra,
synth), Massimo Tuzza (batteria,
percussioni)
Free entry
martedì 10
LUCA BASSANESE IN “L’ITALIA
DIMENTICATA”
Teatro di Solagna, ore 20.45
Spettacolo di musica e teatro con
canzoni di Domenico Modugno
Ticket
mercoledì 11
SEMANA GRANDE SUINA
Il Borsa Caffè - piazza dei Signori
26, ore 19
Concerto aperitivo - djset per
tutti i gusti con Paolo Berto,
Chiaretta Lambretta e Jazz Rene’
Free entry
venerdì 13
TORCIDA BERICA
Nuovo Bar Astra - contrà Barche
14, ore 19
Concerto aperitivo - Semana
Grande Suina - si festeggiano
i 24 anni dei Maiali Inquinanti
con Dj Galzi, Dj Marco Merc e Dj
Gianni Boccia
Free entry
venerdì 13
VICENZA ROCK CONTEST
Route 66 - via Dal Ponte 128
(Marola), ore 22
Rassegna musicale - concerti di
Pensione Garibaldi (indie rock),
Moroshot (rock alternativo),
Emotion (rock), Holly’s Lips
(rock), La Nemesi (rock)
Free entry
venerdì 13
PIANO MAGIC
CSC Centro Stabile di Cultura - via Val Leogra (San Vito di
Leguzzano), ore 22.30
Concerto ghost rock tra pop
wave ed elettronica dall’Inghilterra - unica data in Triveneto
Riservato soci CSC
Crossing Over incrocia le speranze e i drammi
dei tantissimi immigrati in cerca di un documento per restare negli Stati Uniti
Un film modesto ma ben fatto,
che merita di essere conosciuto dal pubblico italiano
di Giuliano Corà
L
’aspirazione al Sogno Americano non è solo prerogativa,
come saremmo portati a pensare,
di miserabili dalla pelle di strani
colori, disposti a rischiare la vita
nel deserto per passare il confine
tra Messico e Stati Uniti. Certo,
prima di tutto c’è la storia della
messicana Mireya Sanchez (Alice
Braga), per cui il limbo della clandestinità significa la differenza
tra la vita e la morte non solo sua,
ma del suo bambino. Ma ci sono
anche altre opzioni, davvero insospettabili. C’è per esempio quella
di Claire Shepard (la bellissima,
e brava, Alice Eve), un’attricetta
australiana che per avere la Green Card, che le consenta di scala-
re il mondo dello spettacolo USA,
è disposta a tutto: a comprare
documenti falsi da un losco trafficante, ma anche a prostituirsi
a Cole Frankel (un bravissimo
Ray Liotta), funzionario dell’ICE
(Immigration and Customs Enforcement), che ha il potere di
rilasciarle quel magico documento. C’è l’iraniana Zahra Baraheri
(Melody Khazae), la cui famiglia
è da molto tempo integrata nella
società americana, tanto che tra
pochi giorni celebrerà il rito laico della naturalizzazione, ma che
non è disposta a tollerare che, per
Zahra, integrazione sia divenuto
sinonimo di emancipazione e liberazione personale. C’è l’adolescente bangla Taslima Jahangir
(Summer Bishil), che a quel sogno
pare aver creduto troppo letteralmente, senza rendersi conto che
la libertà di pensiero e di parola,
di questi tempi, anche nella
‘libera’ America è diventata
un concetto molto relativo.
C’è il giovane coreano Yong
Kim (Justin Chon), che per
arrivare più in fretta a quel
sogno vuole percorrere la
strada più facile, quella del
crimine, come, del resto,
proprio i film americani gli
hanno insegnato. E c’è anche Max Brogan (un bravo
e ‘dimesso’ Harrison Ford),
agente dell’ICE addetto ai
‘rastrellamenti’, che assiste impotente e contro il suo stesso animo
a tutto quel dolore. Destini che si
incrociano e si sfiorano - ma non
si intersecano, e la più colossale
scemenza che sia stata detta su
questo film è che appartenga alla
‘scuola’ di Guillermo Arriaga o
Paul Haggis - in un film che non
fa ‘filosofia’, ma racconta l’inutile
stupidità della quotidiana caccia
ai clandestini (e non è un caso, l’ho
già scritto altrove, che in inglese vengano chiamati ‘aliens’), tra
burocrati ottusi o di buon cuore,
a seconda di come vuole la sorte,
fili spinati e centri di detenzione,
‘rondisti’ più o meno stupidi e violenti. Una caccia fin troppo facile,
quasi ‘da riserva’, perché le pattu-
glie dell’ICE vanno a colpo sicuro
e sanno dove trovarli: nelle fabbriche, a produrre ricchezza per
rendere il sogno americano ancora più sfavillante. E fateci caso:
quando i poliziotti li inseguono, i
padroni di quelle fabbriche non si
vedono mai: solo si vedono i migranti, fuggire tra gli scatoloni
come topi impazziti che cerchino
un riparo dal falco. Pur non possedendo la poesia e la profondità
antropologica di L’ospite inatteso
(T. McCarthy, USA, 2008) o la
lucida freddezza di Frozen river
(C. Hunt, USA, 2008), Crossing
over è un film ‘modesto’ ma interessante e ben fatto, che merita di
essere visto e conosciuto, cosa che
l’uscita alla fine di giugno ’09 certo non gli ha permesso.
Crossing Over, W. Kramer,
USA, 2009
Ammaniti, la mira è giusta. Il calibro no
Sul comodino
Con il suo nuovo romanzo lo scrittore romano punta alla satira della società contemporanea
Ma, anche se il bersaglio è appropriato, spesso l’affondo ironico si trasforma in disprezzo
di Giovanni Magalotti
A
Roma, a Villa Ada, un enorme
complesso incastrato tra la
via Salaria, il viadotto dell’Olimpica e il centro sportivo dell’Acqua
Acetosa, il palazzinaro Salvatore
Chiatti ha organizzato una festa
che dovrà essere ricordata dai
posteri come uno dei più fastosi
eventi mondani della nostra Repubblica. Vi sono stati invitati i
più noti personaggi dello spettacolo, della politica, dello sport e
della cultura, tra i quali lo scrittore Fabrizio Ciba, scaricato di
recente dalla sua casa editrice.
Intanto, le Belve di Abaddon,
una sgangherata setta satanica di
Oriolo Romano, intrufolatasi abilmente alla festa, intende approfittare dell’occasione per dimostrare
la propria temibile grandezza.
Con il suo nuovo romanzo, Niccolò Ammaniti (“Fango”, “Io non
ho paura”, “Come Dio comanda”)
punta alla satira feroce della società contemporanea in cui apparire conta più che essere e la volgarità è sempre un valore aggiunto, e conferma il suo formidabile
senso del racconto (sequenze “tagliate” perfettamente, equilibrio
nel ritmo fra dialoghi concitati e
passaggi descrittivi). Il bersaglio è
appropriato ed è innegabile che in
alcuni momenti si rida davvero di
gusto, ma il romanzo non appare
del tutto riuscito: il tono grottesco
è talora spinto al limite della caricatura e l’affondo ironico si trasforma spesso in dileggio, se non
in aperto disprezzo. È una questione di “sguardo”: se in “Come
Dio comanda” Ammaniti metteva
in scena un’umanità abietta, ma
stabiliva con i suoi personaggi
una sorta di empatia che li sot-
traeva a qualsiasi giudizio,
qui l’atteggiamento è opposto. Con il risultato che
questo ambizioso ritratto
dei molti vizi e delle poche
virtù della nostra povera
Italia sembra almeno in
parte guastato da una certa dose di qualunquismo e,
forse, anche da una punta
di moralismo.
Niccolò Ammaniti,
Che la festa cominci,
Einaudi, 330 pp.,
€ 18,00
| A sinistra Shi Tao (foto ICPC). A destra Sri Lanka, regione di Wanni, una madra con il figlio malnutrito (foto amnesty.it)
amnesty
170 del07 novembre 2009
numero
18
Ogni prima settimana del mese presentermo un caso tra quelli seguiti da Amnesty International e una petizione che se vorrete potrete ritagliare e inviare alle autorità competenti. Amnesty International è un movimento internazionale indipendente da qualsiasi governo, parte politica, interesse economico o credo religioso. Dal 1961 lavora per la
liberazione e l’assistenza di uomini detenuti ovunque per le proprie opinioni, il colore della pelle, il sesso, l’origine etnica, la lingua o la religione, a condizione che non abbiano
usato né promosso l’uso della violenza. Si oppone alla pena di morte, alla tortura e a ogni altro trattamento crudele, disumano e degradante, secondo i principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e delle norme del Diritto Internazionale in materia di diritti umani.
Il rapporto
In un nuovo rapporto Amnesty
International mostra fino a che
punto le politiche e le pratiche
israeliane negano ai palestinesi il
loro diritto all’accesso all’acqua.
Israele utilizza più dell’80 per cento dell’acqua della falda montana,
la maggiore riserva idrica del sottosuolo dell’area, e limita l’accesso
dei palestinesi al solo 20 per cento.
La falda montana è l’unica risorsa
per i palestinesi della Cisgiordania, mentre è solo una delle tante
a disposizione d’Israele, che tiene
per sé tutta l’acqua disponibile del
fiume Giordano.
Mentre il consumo giornaliero di
acqua dei palestinesi raggiunge a
malapena i 70 litri a persona, quello degli israeliani è superiore a 300
litri, quattro volte di più. In alcune
aree rurali i palestinesi sopravvivono con solamente 20 litri al giorno,
la quantità minima raccomandata
per uso domestico in situazioni di
emergenza. Da 180.000 a 200.000
palestinesi che vivono in comunità
rurali non hanno accesso all’acqua corrente e l’esercito israeliano
spesso impedisce loro anche di raccogliere quella piovana. Al contrario, i coloni israeliani, che vivono
in Cisgiordania in violazione del
diritto internazionale, hanno fat-
La Striscia
Nella Striscia di Gaza, il 90-95 per
cento dell’acqua dell’unica risorsa
idrica presente, la falda acquifera
costiera, è contaminato e inutilizzabile per uso domestico. Inoltre,
Israele non permette il trasferimento di acqua della falda acquifera montana della Cisgiordania
verso Gaza. I rigorosi divieti, imposti negli ultimi anni da Israele
all’ingresso a Gaza di materiali e
apparecchiature necessari per lo
sviluppo e la riparazione di infrastrutture, hanno causato un ulteriore deterioramento dell’acqua
e della situazione sanitaria, che a
Gaza ha raggiunto un livello drammatico.
Per far fronte alla carenza d’acqua
e alla mancanza di impianti di distribuzione molti palestinesi sono
costretti ad acquistare acqua dalle
cisterne mobili, spesso di dubbia
qualità e a un prezzo maggiore.
Altri ricorrono a varie misure per
risparmiarla, pericolose per la
salute loro e delle loro famiglie e
che ostacolano lo sviluppo socioeconomico. “In oltre 40 anni di
occupazione, i divieti imposti da
Israele all’accesso all’acqua dei
palestinesi hanno impedito lo sviluppo di infrastrutture e di servizi
idrici nei Territori palestinesi occupati, negando così a centinaia
di migliaia di persone il diritto di
vivere una vita normale, di avere
cibo a sufficienza, una casa, la salute e sviluppo economico”, ha dichiarato Donatella Rovera.
Acqua proibita
Israele si è appropriato di vaste
aree delle terre palestinesi ricche
di acqua, occupandole e vietando
l’accesso ai palestinesi. Ha inoltre
imposto un complesso sistema di
permessi che i palestinesi devono
ottenere dalle forze armate e da altre autorità israeliane per portare
avanti progetti idrici nei Territori
palestinesi occupati. Tali richieste
sono spesso rifiutate o subiscono
lunghi rinvii. I divieti imposti da
Israele al movimento di persone e
beni inaspriscono ulteriormente
le difficoltà che i palestinesi devono affrontare quando cercano di
flickr.com/ism Palestine
flickr.com/epublicist
mnesty International ha accusato Israele di negare ai
palestinesi il diritto a un adeguato
accesso all’acqua, mantenendo il
controllo totale delle risorse idriche comuni e mettendo in atto
politiche discriminatorie, concepite per limitare la disponibilità
di acqua e impedire lo sviluppo
di infrastrutture idriche operative
nei Territori palestinesi occupati.
“Israele consente ai palestinesi di
accedere solamente a una piccola
parte delle risorse idriche comuni, che si trovano per la maggior
parte nella Cisgiordania occupata, dove invece gli insediamenti
illegali dei coloni ricevono forniture praticamente illimitate. A
Gaza il blocco israeliano ha reso
peggiore una situazione che era
già terribile”, ha dichiarato Donatella Rovera, ricercatrice di Amnesty International su Israele e i Territori palestinesi occupati.
flickr.com/ism Palestine
Dalla Cisgiordania a Gaza, gli israeliani mantengono
il controllo totale delle risorse idriche,
costringendo i palestinesi a vivere
con pochissima acqua e di scarsa qualità
Una “guerra” che ha costi e danni ingenti,
ma di cui nessuno parla
A
portare a termine progetti idrici e
sanitari o anche solo quando vogliono distribuire piccole quantità
di acqua.
Il fatto che le cisterne siano costrette ad allungare il percorso per
evitare i posti di blocco dell’esercito israeliano e le strade vietate ai
palestinesi, determina un eccessivo aumento del prezzo dell’acqua. Nelle zone rurali, i contadini
palestinesi lottano quotidianamente per procurarsi abbastanza
acqua per i loro bisogni primari, in
quanto l’esercito israeliano spesso distrugge o confisca le cisterne
per la raccolta dell’acqua piovana
destinata all’irrigazione. Invece,
nei vicini insediamenti israeliani,
gli impianti irrigano i campi sotto il sole di mezzogiorno, quando
buona parte dell’acqua si perde
evaporando persino prima di raggiungere il suolo.
In alcuni villaggi palestinesi, poiché non hanno accesso all’acqua,
i contadini non riescono a coltivare la terra né a produrre piccole
quantità di cibo per il loro sostentamento o come mangime per gli
animali e sono quindi costretti a
ridurre la quantità dei capi bestia-
me. “L’acqua è un bene e un diritto fondamentale, ma avere una
quantità d’acqua anche minima
e di cattiva qualità è diventato un
lusso che molti palestinesi possono a malapena permettersi - ha
commentato Rovera -. Israele
deve porre fine alle sue politiche
discriminatorie, abolire immediatamente tutti i divieti che impone ai palestinesi per l’accesso
all’acqua, assumersi la responsabilità di affrontare i problemi che
ha creato e accordare ai palestinesi un’equa ripartizione delle risorse idriche comuni”.
Il caso del mese
Ogni mese una petizione da sottoscrivere, tagliare e inviare per sostenere le battaglie in favore dei diritti umani.
Kosovo: ancora nessuna indagine su Daka Asani
Gentile Dott. de Kermabon,
Le scriviamo come sostenitori di Amnesty International, l’organizzazione
non governativa che dal 1961 lavora in
difesa dei diritti umani, ovunque siano
violati. Daka Asani, membro della comunità rom del Kosovo, venne rapito
mentre si trovava in un mercato nella
città di Uroševac/Ferizaj, il 1° agosto
1999. Nel 2000 il suo corpo fu riesumato da una fossa comune vicino Pristina, insieme a quelli di altri 176 albanesi, serbi e rom. Il
suo è uno delle migliaia di casi di sparizione forzata che si
sono verificati al tempo del conflitto armato in Kosovo. A
seguito delle pressioni di Amnesty International la Missione delle Nazioni Unite in Kosovo (Unmik) aveva avviato
indagini su alcuni casi. Nel 2008 la responsabilità delle
inchieste e delle azioni giudiziarie passò poi alla Missione europea di politica di sicurezza e difesa (EULEX), ma
ancora oggi la sparizione e l’uccisione di Daka Asani non
è mai stata indagata. Le chiediamo di avviare un’indagine
sul rapimento e l’uccisione di Daka Asani e di assicurare i
responsabili alla giustizia
La ringraziamo per l’attenzione.
firma
19
pag
ViPiù
flickr.com/ism Palestine
pagina a cura di Silvia Calamati
170 del07 novembre 2009
numero
Tecnologia
Palestinesi senz’acqua
Israele sotto accusa
torie con irrigazioni intensive, giardini ben curati e piscine: 450.000
coloni israeliani utilizzano la stessa, se non una maggiore quantità
d’acqua, rispetto a 2.300.000 palestinesi.
tecnologia
pag
Affrancatura
con posta
prioritaria:
€ 0,65
Head of EULEX Kosovo
Ves de Kermabon
St. Mbreteresha Teuta 21
Tauk Bahqe, Road to Germia
P.O. Box 268
Pristina, Kosovo
Doppia sim,
mezzo costo
Esistono da anni, ma in pochi li conoscono
Sono i cellulari che supportano due schede,
una soluzione che fa risparmiare sulle tariffe
e che per questo è stata boicottata da operatori e costruttori
Dall’Asia ha iniziato a farsi largo su Ebay e anche in qualche negozio specializzato...
di Marco Milioni
Q
uanti di voi vanno in giro con
due cellulari? Magari uno
per il lavoro e un altro personale.
Quanti di voi migrano costantemente da una sim card ad un’altra usando lo stesso apparecchio?
Quanti di voi hanno almeno un
paio di sim che vorrebbero usare
alla bisogna, magari per pagare
meno le chiamate? Magari per
tacitare un secondo l’operatore
collegato al telefono di lavoro lasciando “libero” quello personale. Un telefonino con doppia sim
potrebbe fare al caso nostro. La
soluzione, assai gettonata in Asia,
è molto boicottata in Italia dagli
operatori, che hanno convinto i
costruttori a non uscire allo scoperto sul mercato del Belpaese.
Ma su Ebay si è scatenata la febbre.
Il segreto di Pulcinella
Da alcuni mesi la risposta a queste esigenze, come alle esigenze di
chi vuole acquistare un buon telefono, sta in una serie di repliche
più o meno fedeli (solo nel look è
chiaro) dell’Iphone di casa Apple.
Desing che Nokia, Lg e Samsung,
tanto per citare tre colossi, hanno
“copiato” alla grande senza tanti
timori reverenziali, segno che la
forma a saponetta d’acciaio tipica
della Apple è ormai divenuto un
vero e proprio stilema (a dire il
vero i cellulari con doppia scheda
sono in commercio da almeno una
decina d’anni, senza mai avere riscosso grande successo).
Che cosa sono
Niente di più, niente di meno. I
cellulari a doppia sim o a sim duale o dual sim per fare un po’ gli
anglofili, sono dei normali apparecchi cellulari. L’unica differenza
con i parenti meno dotati riguarda
il vano di allogiamento delle card.
Al posto di uno ce ne sono due.
Come funzionano
Il sistema operativo del telefonino
è in grado di gestire contemporaneamente due operatori; avere
due sim infatti significa avere in
un telefono due numeri contemporaneamente. Quando si riceve
la telefonata l’apparecchio identifica il chiamante e il numero sul
quale la chiamata è stata ricevuta. Allo stesso modo quando si
telefona il cellulare è in grado di
farci scegliere al momento tra un
operatore e un altro. Questa più o
meno è la novità rispetto agli apparati di una decina d’anni fa.
Che cosa significa
Ovviamente la doppia veste porta
dei vantaggi. Le conversazioni tra
numeri del medesimo operatore sono di solito più convenienti.
Allo stesso modo esistono tariffe
speciali per le conversazioni tra
due numeri specifici che vengono garantite da un determinato
gestore, il quale però allo stesso
tempo è meno conveniente per le
altre chiamate. Avere la possibilità di “spegnere” la sim del lavoro
per lasciare attiva quella dedicata
agli amici o alla famiglia può tornare utile in molte situazioni visto
che ormai il cellulare è diventato
uno strumento quasi brutale da
parte di molti superiori o datori
di lavoro per mettere le mani sul
tempo libero dei dipendenti. I
quali magari il fine settimana sul
cellulare vorrebbero ricevere solo
i messaggini dei familiari o degli
amici, ma non le chiamate dell’ufficio. Quindi se proprio non si può
rinunciare a spegnere il gingillo,
doppio è meglio di singolo.
Quanto costano e che dotazioni hanno
I prezzi di questi apparecchietti
veleggiano tra i 70 e i 200 euro nel
caso di quelli più forniti. Le funzionalità sono molte. Agenda, connettività bluetooth, connettività
wi-fi per i più evoluti, porte usb,
predisposizione per flash card
addizionale, unitamente alla possibilità di vedere filmati, ascoltare
file mp3, nonché la radio; in certi casi pure la televisione. I “dual
sim” sono di solito dotati di una
connessione alla rete cellulare di
tipo GSM a quattro bande. Questo
li rende quindi utilizzabili di fatto
in tutto il mondo. Unica rete non
supportata è quella H3G. Per intenderci quella dei telefonini Tre o
di quelli che operano in modalità
UMTS o superiore.
Una storia dal basso
In Italia questi cellulari sono stati
inizialmente molto snobbati dai
produttori perché gli operatori
preferiscono legare un telefono
ad un solo utente. Avere un cliente
che può difficilmente migrare da
un gestore ad un altro permette al
gestore
medesimo
di
rimanere
appiccicato
all’utente più facilmente, anche quando
questo si accorge che certe tariffe
non sono più tanto convenienti.
Allo stesso tempo i produttori inizialmente hanno pensato che al
posto di un telefono con due sim
era meglio avere due sim e due telefoni. Per ovvi motivi. Poi però su
Ebay sono cominciati a venire allo
scoperto i primi apprecchi importati dall’Asia. Inizialmente ci sono
stati dei problemi: software non
troppo affidabili, istruzioni mancanti, difetti, problemi nelle spedizioni. In seguito ci sono messi
di mezzo i
grossisti italiani che hanno
alzato lo standard
qualitativo
delle
importazioni mantenendo bassi i prezzi. Gli
stessi grossisti hanno cominciato a vendere (da soli o
con l’aiuto di negozi elettronici
specializzati) su Ebay e la febbre è
scoppiata. Tant’è che grossi nomi
come Acer hanno cominciato a
fare uscire sul mercato modelli
con sim duale. È su Ebay però che
si scambia il grosso dei cellulari
“Iphone look”. Bisogna però fare
molta attenzione. Con 80 euro si
può portare a casa una macchina
che lavora alla perfezione come
una baracca. Frattanto, i telefonini col fondo doppio si cominciano
a vedere anche in qualche negozio
specializzato...
sport
170 del07 novembre 2009
numero
ViPiù
20
sport
Nuoto sincronizzato
di Andrea Ragazzi
C
’era una volta una bambina
di quattro anni mandata in
piscina dalla mamma, che non
sapeva nuotare e non voleva che
la figlia ereditasse questa carenza. La bimba pratica nuoto sincronizzato, allenata dalla sorella
maggiore, undici anni più di lei
e buoni trascorsi nella stessa disciplina. Passano tempo, vasche
e sacrifici, la piccola diventa ragazza talentuosa e arriva in alto.
Due titoli italiani individuali, due
bronzi di coppia, tanti successi e
piazzamenti. Insomma, diventa
la migliore sincronetta del paese, una delle migliori al mondo,
nell’anno dei Mondiali di nuoto a
Roma. Il logico finale della favola
vorrebbe per lei una medaglia iridata, il trionfo davanti al pubblico
di casa. Invece per Erika Trentin,
ventenne di Arcugnano, la bambina entrata in acqua per colmare il
deficit di mamma Graziella e allenata dalla sorella-coach Marta,
il lieto fine non c’è. L’individuale
del sincro di Roma 2009 Erika lo
vede dalla tribuna, esclusa dalle
atlete titolari. Al suo posto Beatrice Adelizzi, battuta di brutto negli
ultimi due campionati tricolori,
vince il primo bronzo della storia
azzurra. Per la sincronetta berica
il colpo è da ko. A Mondiale terminato prende una pausa sabbatica,
che dura tuttora e potrebbe preludere all’abbandono dell’attività
agonistica.
Fine della favola?
“La voce sul possibile ritiro è fondata, - conferma Erika - mi sto
laureando in biologia, i laboratori
finiscono tardi e mi impediscono
di allenarmi al meglio e gareggiare (a settembre ha rinunciato
a un meeting in Canada con la
nazionale B, ndr). E poi la delusione estiva è ancora forte, ci sono
rimasta davvero male. Ho sempre
avuto stima e rispetto dei tecnici
della nazionale, la mia esclusione
si sarà basata senz’altro su mo-
Nel volley che conta
Trentin shock:
| La medaglia di bronzo vinta
in Coppa Europa nel 2007
tivazioni fondate. Ma per me il
Mondiale romano rappresenta un
sogno infranto, pur con la consolazione di aver partecipato da preswimmer, con l’esibizione nella
cerimonia di apertura”.
La passione non è scomparsa, è
ancora forte dentro di lei. La musica a bordo vasca è un richiamo
irresistibile. Ma deve ritrovarsi.
“Prenderò un altro mese di riflessione, poi proverò a gareggiare a
livello regionale, solo per capire se
dentro di me ci sono le motivazioni giuste per continuare o no, devo
ascoltare le mie sensazioni”. Tutto
o niente, Erika non è tipa da fare
le cose a metà. “Le risposte che
otterrò mi diranno se è il caso di
continuare e disputare i campionati italiani”. Anche se non si è
nemmeno informata di quando e
dove saranno.
La ventenne di Arcugnano, bicampionessa italiana,
si è presa un periodo di riflessione:
troppo grande la delusione estiva
della mancata convocazione ai Mondiali di Roma
Ma la passione è ancora forte: “Ascolterò le mie sensazioni”
La nazionale
Il suo rapporto con la maglia azzurra non è mai stato facile. Una
parola per descrivere i collegiali?
Isolamento. “Ci sono stati raduni in cui mi sono sentita esclusa,
messa da parte. Non ero la prima
scelta, sapevo di non poter essere
al centro dell’attenzione, ho fatto
anche otto ore di vasca senza l’interesse dei tecnici. Mi sono sentita più volte trascurata”. Le parole
non scivolano mai nella lamentela
o nella polemica, descrivono con
semplicità il suo stato d’animo. E i
suoi giudizi sull’operato e le scelte
dei tecnici federali si concludono
immancabilmente con l’assoluzione, forse un po’ diplomatica,
ma sincera. Ignorata dai tecnici,
Erika è paradossalmente adorata
dai giudici di gara nazionali. Pur
essendo piccola di statura rispetto agli standard (la gamba lunga,
nella resa estetica del nuoto sincronizzato, aiuta molto), la sua
eleganza atipica e unica conquista
favori. E titoli.
I sacrifici
Il prezzo del successo sono tre ore
al giorno in acqua, sotto la guida della sorella Marta e di Sara
Chiesi, due sedute settimanali di
acrobatica con Novella Pontalti, e, talvolta, anche ore di danza
classica. Per il sincro serve un mix
di abilità presente in poche altre
discipline. L’ammissione in nazionale prevede ben tre giornate di
test: ginnastica in palestra, nuoto
e nuoto sincronizzato, la selezione
è durissima. Natale e Capodanno
in vasca o in palestra non sono eccezioni, per chi vuole arrivare in
alto. Per Erika inoltre, la difficoltà
aggiuntiva di provenire da una società piccola e poco “influente” a
livello federale.
170 del07 novembre 2009
numero
Pallavolo / Fipav
“Forse lascio
l’agonismo”
| Erika Trentin durante un esercizio di Solo
sport
pag
Gli sponsor
Se i sacrifici sportivi sono sulle
spalle dell’atleta, quelli economici dovrebbero essere a carico degli sponsor. Con una risata Erika
smonta la tesi: “A parte il sostegno
della SAGESTER, che mi fornisce
gratuitamente i costumi (uno da
competizione può costare anche
3/400 euro, ndr), non ho altri aiuti”. Al di là della disponibilità delle
Piscine di Vicenza, che si traduce in utilizzo programmato delle
strutture, nessun rimborso spese
per l’atleta. Ed è davvero anomala
la situazione di una campionessa italiana che non guadagna un
euro, pensando ai suoi “colleghi
di vasca” maschi, regolarmente
rimborsati dalla stessa società per
la pallanuoto di serie B. E la federazione? Le vittorie in campo nazionale valgono un assegno alla società (per Erika la Libertas Nuoto
Vicenza), non all’atleta. Lo scorso
anno la ventenne di Arcugnano si è
addirittura pagata le trasferte. Insomma, a Vicenza con il nuoto sincronizzato non si fanno i soldi. In
altri club, invece, 4/500 euro mensili si riescono a portare a casa.
Sorelle “sincronizzate”
Perché non cambiare società?
“Magari il pensiero l’ho fatto confida Erika - ma cambiando
club avrei cambiato allenatrice,
mia sorella. L’idea di allontanarmi
da lei mi ha sempre frenato, io le
devo tutto”. Come detto, Marta segue Erika dall’età di quattro anni,
per lei è stata allenatrice, maestra,
a volte seconda mamma. Con i pro
e i contro di avere un coach in
casa 24 ore su 24. “È stato difficile anche per me reggere il ruolo
di sorella-allenatrice - racconta
Marta - ci sono stati momenti di
ribellione da parte di Erika. Nel
c’è anche Montecchio
tempo ci ha aiutato la grande stima reciproca e i periodi duri sono
serviti a crescere e ad arrivare in
alto. Con mia sorella ho un feeling naturale, capisco al volo i suoi
segnali, le sue difficoltà, ci basta
uno sguardo per essere in sintonia. Le ho dato molto e altrettanto
ricevuto. Lei è la migliore espressione del mio essere allenatrice,
da lei sono stata capita in pieno e
ho potuto fare il mio lavoro come
con nessun’altra atleta”. Marta
fornisce anche la spiegazione del
perché il destino di entrambe le
ha tenute fuori dal successo pieno: “Per educazione familiare,
non abbiamo la mentalità di sacrificare tutto in nome dello sport.
Abbiamo sempre pensato allo
studio, alla sicurezza”. A Marta
era stato offerto un posto da allenatrice della nazionale, giudicato
però incompatibile, a causa delle
frequenti trasferte con il ruolo di
moglie e mamma. “Fossi diversa
avrei accettato, fosse diversa anche Erika, magari sarebbe a Roma
a buttarsi anima e corpo sul sincro e non a Padova a studiare biologia, ma siamo fatte così”. Sorelle
“sincronizzate”, anche sui valori
della vita.
SABATO 7 NOVEMBRE
Calcio
VICENZA vs GROSSETO
Campionato Serie B - 13a giornata
STADIO MENTI: ORE 15.30
Calcio a 5
ARZIGNANO vs VESEVO
Campionato Serie A1 - 6a giornata
PALATEZZE: ORE 16.00
Basket femminile
AS VICENZA vs SAVONA
Campionato Italiano Serie B
Eccellenza - 6a giornata.
PALALAGHETTO: ORE 20.30
| La formazione under 16 del club castellano
Sono otto le società della provincia che lottano nelle categorie nazionali.
Tra le cinque femminili conosciamo l’Unione Volley Montecchio Maggiore,
che con la prima squadra sta disputando il suo settimo campionato di B2
di Giulietta e Romeo sono arrivate
giocatrici già esperte della categoria, come le alzatrici Pegorarotto,
con trascorsi di serie A a Cavazdi Alida Pretto
zale, e Zandonà, che arriva dal
Gaiga Verona di B1. A rinforzare
ricezione e attacco ci pensa invea società presieduta da Enilo
ce Meggy Reniero, che nell’ultimo
Ziggiotto è poco più che magcampionato aveva giocato a Figligiorenne, visto che fu fondata nel
ne in B2, ma anche lei ex Caoduro
1990, ma la storia pallavolistica
in A2 e con esperienze
del comune castellano
importanti sulla sabbia;
ha origini precedenti e
altri innesti sono quelrisale al 1978. Più che
li di Stocco e Scagno.
di cammino è giusto
Confermata per il quinparlare di scalata, con
to anno in squadra la
la promozione in C2 nel
capitana Chimetto, così
1983 e tre anni dopo
come Chiurlotto, Mosele,
in C1, categoria nella
Dalla Fina (che torna al
quale è iniziata l’avvensuo ruolo di attaccante
tura della nuova realtà
dopo la buona parentesi
nata dalla fusione con
da alzatrice), Bortoli, Veil San Vitale. La collalardita, Perli ed i tecnici
borazione, visti i molti contrasti, è durata
| La capitana Migliorini e Copiello,
solo un anno e l’unica
Paola Chimetto duo che seguirà anche le
ragazze della prima divi“unione” che è rimasta
sione e dell’under 18.
è stata la passione e la
Montecchio punta molto
voglia di far bene. Per
anche sul settore giovaalcune stagioni il club è
nile e ha deciso di affistato fuori dal giro redare loro anche la secongionale, dove è tornato
da formazione, che l’annel 1995 cominciando
no scorso ha centrato la
a rivestire un ruolo da
promozione, e il maggior
protagonista, fino alla
campionato giovanile, in
conquista della Coppa
modo da garantire quaVeneto nella seconlità di lavoro e continuida edizione del 1999.
Anno da incornicia| Il tecnico tà con la prima squadra.
re, l’ultimo del secolo
Giovanni Migliorini Alle loro spalle c’è anche una terza divisione,
scorso: la squadra conallenata da Nicoletti, un’under 16
quistò anche la prima promozione
costruita in collaborazione con
in una serie nazionale, restandovi
La Favorita 93 di Meledo che parpoi per due stagioni. Tornato in C,
teciperà anche al campionato di
l’U.V. Montecchio ha tentato più
“terza divisione under 16” sotto
volte la risalita, sempre stroncata
la guida di Margherita Reniero, e
sul più bello a un passo dalla proun’under 14 diretta da Raffaello.
mozione, riconquistata al termine
Le giovani hanno iniziato con il
della stagione 2004-2005. Ed ora
piede giusto la stagione, con il Sosi punta alla B1: impresa non certo
relle Ramonda under 18 e l’under
facile, ma il team targato Sorelle
14 ancora imbattute, mentre fatiRamonda, nonostante un avvio
ca nei risultati ma continua a mitravagliato dagli infortuni, pare
gliorare sul piano tecnico l’under
avere le carte in regola per farlo...
16, che nonostante le sconfitte sta
O almeno per sognare.
dimostrando di avere delle buone
Rispetto alla scorsa stagione
qualità; lo indicano i punteggi dei
(chiusa con il terzo posto e l’acset, spesso persi nelle battute ficesso ai play-off) sotto i Castelli
L
| Le sorelle Trentin:
Marta (allenatrice) ed Erika
Gli appuntamenti
GIURIATO VICENZA vs IMOLA
Campionato Serie A2 - 6a giornata
ZANE’, Palasport: ORE 16.00
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nali pagando un po’ di inesperienza, cosa più che accettabile per
delle ragazze del ‘95 e ’96 al loro
esordio in questa categoria.
Alla base di tutto, poi, non manca
ovviamente l’importante settore
del mini volley. Ma l’UV Montecchio non dimentica chi ha deciso
di abbandonare la carriera agonistica o preferisce la pallavolo alla
vecchia e noiosa sala pesi. Per i
peones delle schiacciate, c’è anche
una nutrita squadra amatoriale
mista.
DOMENICA 8
Rugby
RANGERS VICENZA vs
MONSTER RUGBY
I ragazzi di Crestani e Cipriani
dopo il riposo cercano il riscatto sull’erba di via S. Antonino
contro la formazione di Piazzola
sul Brenta.
CAMPO A.GOBBATO: ORE 14.30
MERCOLEDI’ 11
Corsa Campestre
SEMIFINALI GSS
Primo turno per le scuole medie
superiori a Schio e a Vicenza.
Data di riserva: 13 novembre.
PARCO RETRONE: ORE 10.00
SCHIO, Itis De Pretto: ORE 10.30
GIOVEDI’ 12
Hockey Ghiaccio
ASIAGO vs BOLZANO
Campionato Italiano Serie A 11a giornata. Una superclassica
dell’ice hockey nostrano.
ASIAGO, PalaOdegar: ORE 20.30
SABATO 14
Orienteering
PWT STYLE RACE
Gara di orientamento nel centro
storico di Vicenza, inserita nel
trittico Adriatic Meeting. Iscrizioni e info: www.orienteering.it,
Gabriele Viale:
[email protected]
PARCO QUERINI: ORE 14.00
DOMENICA 15
Rally
9° TROFEO
CITTA’ DEL PALLADIO
Campionato Triveneto Trofeo AF
Rally riservato ad auto storiche
e moderne. Partenza e arrivo a
Campo Marzo. Info: www.scuderiapalladio.com/2009/
CAMPO MARZO: ORE 8.30
Schiacciate in... rete
A Montecchio la rete non è
solo quella che divide in due
il campo. La pallavolo è “multimediale”, grazie al sito web
www.unionevolleymontecchio.it
e, soprattutto, al gruppo sorto su
Facebook. Sono molte le società
ad essere presenti sul famoso social network, ma al Montecchio va
un bel primato: quello del gruppo
più numeroso della provincia.
Sono infatti ben 461 gli iscritti,
numero che supera di gran lunga
quello dei fan delle due società vicentine con una squadra in serie
A, ovvero la Minetti - Joy Volley
(227) e il Bassano Volley (313).
Sarà merito della descrizione che
recita “per tutti quelli che amano
la pallavolo, le belle ragazze (o
almeno quelle simpatiche) e non
sanno come trascorrere le loro
domeniche pomeriggio! Per quelli
che ci conoscono e quelli che grazie a Facebook ci conosceranno!
Vi aspettiamo tutti alle partite!!”?
Oppure delle foto extra volley? O
semplicemente una testimonianza di quante persone siano vicine
a questa ambiziosa società? L’ultima ipotesi è sicuramente la più
accreditata, visto anche il sempre
numeroso pubblico che riempie il
PalaCollodi di Alte Ceccato.
21
pag
Volley femminile
MINETTI BPVI vs CARIPARMA
Campionato Serie A2 - 5a giornata. Banco di prova impegnativo per la banda di Mauro Marasciulo: arriva il Parma delle ex
Santini, Crozzolin e Conti e della
mancata biancorossa Natalia
Brussa.
PALAREWATT: ORE 18.00
Hockey inline
CAODURO DIAVOLI
vs FERRARA
Campionato Serie A1 - 5a giornata. Dopo la bella vittoria nel derby ad Asiago i Diavoli cercano
altri segnali positivi.
PATTINODROMO,
Viale Ferrarin: ORE 18.00
MARTEDI’ 10
Corsa Campestre
FASI INTERZONALI GSS
Fasi interzonali delle scuole
medie inferiori a Nove, Vicenza,
Trissino, Carré e Marano Vicentino. In caso di pioggia gare
rinviate a giovedì 12.
PARCO RETRONE: ORE 9.30
Tennis
VENETO BANCA RIVER CLUB
vs LE PLEIADI MONCALIERI
Campionato Italiano Serie A1
Femminile - 6a giornata. Playoff, salvezza o play-out: il destino
delle ragazze di Luca Costalonga
(attualmente quarte con 5 punti
e virtualmente salve) si decide
negli ultimi due turni. Nell’ultimo
interno sui campi di via Monte
Zebio arriva la capolista Moncalieri, che in classifica ha il doppio
dei punti delle vicentine, ma con
una partita in più. Le torinesi
schierano Kustova, Hrdinova e
Gatto Monticone.
RIVER CLUB: ORE 9.00
Atletica
MEZZA MARATONA
DEI 6 COMUNI
La crisi economica non ha
risparmiato neppure la neonata
Maratona dei 6 Comuni, tanto
che non è stato possibile organizzare la gara sui 42 km e 195mt.
Gli organizzatori hanno deciso
però di confermare la 2^ Mezza
Maratona dei 6 Comuni, convinti
che nel 2010 si possa ripristinare
la corsa sulla doppia distanza.
Info: www.maratona6comuni.it
VILLAVERLA,
Piazza delle Fornaci: ORE 10.00
distribuzione
Diventa quotidiano
www.vicenzapiu.com
VicenzaPiù
è in edicola il sabato,
consultabile sul sito:
www.vicenzapiu.com
la domenica, e
successivamente in
distribuzione nei seguenti
punti:
CENTRO STORICO
STAZIONE DI SERVIZIO
AGIP
Viale Milano, 104
STAZIONE FTV
Viale Milano, 138
STAZIONE FERROVIARIA
LIBRERIA MONDADORI
presso Stazione Ferroviaria
LIBRERIA MONDADORI
Piazza delle Erbe, 9/A
PASTICCERIA “ALBERTONI”
Via Paolo Lioy, 32
BAR “CAFFÈ COMMERCIO”
Piazza Biade, 22
BAR “MON PLEN”
Contrà Santa Barbara, 21
170 del07 novembre 2009
numero
ViPiù
“BAR ITALIA”
Galleria Pozzo Rosso, 19
BAR “VICENZA”
Corso Palladio
BAR “BORSA”
Piazza dei Signori
COMUNE- PALAZZO
TRISSINO
Corso Palladio, 98
BAR “GARIBALDI”
Contrà Cavour, 7
RISTORANTE “DAI
NODARI”
Contrà Do Rode, 20
BAR/PASTICCERIA
“SORARÙ”
Piazzetta Palladio, 17
BAR “ILLY”
Contrà Muscherie
BAR “CAFFÈ ROMA”
Corso Fogazzaro
BAR/RISTORANTE “IRIS”
Corso Fogazzaro, 33
BAR “SAN LORENZO”
Corso Fogazzaro, 62
PASTICCERIA “RUDATIS”
Contrà Santa Barbara, 29
PROVINCIA - PALAZZO
NIEVO
Contrà Gazzolle, 1
BAR “TAZZA D’ORO”
Corso Palladio, 153
BAR “PEGASUS”
Piazza Matteotti, 8
BAR “NAZIONALE”
Galleria Porti, 7
BAR “BARASTRA”
Contrà Barche, 14
BAR “MAGAZZINO DEL
CAFFÈ”
Contrà Manin
UNIVERSITÀ
Contrà Barche, 57
BAR “ALLE 2 COLONNE”
Piazza dei Signori
RISTORANTE “MALVASIA”
Contrà delle Morette, 9
LIBRERIA GALLA LIBRARSI
Contrà delle Morette
BAR “OVO SODO”
Contrà Pescherie Vecchie, 16
BAR “CHIERICATI”
Corso Palladio
SOCIETA’ GENERALE
MUTUO SOCCORSO
Corso Palladio, 186
LIBRERIA TRAVERSO
Corso Palladio, 172
PASTICCERIA “SAN
FRANCESCO”
BAR “MERCATO”
Contrà Pescherie Vecchie, 25
TRIBUNALE
Contrà Santa Corona
BAR “SCRIGNI”
Piazzale De Gasperi, 8
BAR “MINERVA”
Contrà Santa Corona, 11
LIBRERIA GIUNTI
Corso Palladio, 186
PASTICCERIA “VENEZIA”
Contrà Pescheria, 4
distribuzione
SEDE AIM
Contrà Pedemuro San Biagio
BAR/PASTICCERIA
“FOGAZZARO”
Corso Fogazzaro
22
pag
NEGOZIO “FORMAGGI
TIPICI”
Riviera Berica
CENTRO COMMERCIALE
PALLADIO
Strada Padana verso Padova
“BOUTIQUE DEL PANE!
Corso Fogazzaro, 142
PASTICCERIA “ALIANI”
Corso Fogazzaro, 163
ZONA EST E NORD
ZONA OVEST
BAR/RISTORANTE
“BOCCALETTO”
Via Trieste, 81
RISTORANTE “2 FOGHER”
Strada Pasubio, 2
BAR “CAPRICE”
Galleria ParcoCittà
FONTANA
Strada Pasubio, 17
BAR “TORRIONE”
Porta Castello, 3
STAZIONE DI SERVIZIO
AGIP
Viale Trieste
“PASTICCERIA SOLE”
BAR “CASTELLO”
Piazza Castello
BAR “PALAZZETTO”
Via Anconetta, 46
SEDE CISL
Contrà Cabianca, 20
PASTICCERIA “ARTIGIANA”
Via Medici, 69
PASTICCERIA “LA
VICENTINA”
Corso San Felice e Fortunato
LIBRERIA GALLA
Corso Palladio 11
BAR “PIGAFETTA”
Contrà Pescaria
PASTICCERIA “BOLZANI”
Corso Padova, 146
PASTICCERIA
“GAMBARATO”
Contrà Porta Padova, 105
MACELLERIA
“ZANELLATO”
via Medici, 50
STAZIONE DI SERVIZIO Q8
via Medici
PALESTRA INJOY
Strada Marosticana, 24
BAR “IV NOVEMBRE”
Via IV Novembre, 79
EQUOBAR
Strada Marosticana, 350
BAR “BAR DEGLI ANGELI”
Via IV Novembre
STAZIONE DI SERVIZIO
TOTAL
Viale della pace
ZONA SUD
BAR “LOSS BAR”
Via Prandina, 1
BAR “BAR CLASSICO”
Via Giaretta, 21
FIDAS
Via Baracca, 204
PASTICCERIA “VACCARI”
Via Vaccari, 85
SEDE CGIL
Via Vaccari, 128
STAZIONE DI SERVIZIO API
Via Fusinato
BAR/GELATERIA MONTE
BERICO
Via X Giugno, 84
PASTICCERIA “VIALE
DELLA PACE”
Viale della Pace, 106
BAR “DOLCE VITA”
Strada Cà Balbi, 236
PASTICCERIA “TOMMINI”
Strada Cà Balbi, 313
BAR “AVVENIRE”
via Nicolò Vicentino, 60
nome e cognome
Bruno Biasiolo
titolo di studio
Laurea in economia
età
41
professione
Agente immobiliare.
Presidente dell’associazione Meccano14
luogo di nascita
Valdagno
segni particolari
Barbabruno
BAR “BABILONIA”
Via Pecori Giraldi, 30
PASTICCERIA “VERONA”
Via Legione Antonini
CINEMA PRIMAVERA
Via Ozanam, 11
BAR “CILLYLOUNGECAFFÈ”
Via Btg. Val Leogra, 80
CENTRO SPORT PALLADIO
Via Cavalieri di Vittorio
Veneto, 29
UIL
Via Quasimodo, 47
Il tratto principale del mio
carattere
Buonumore
La qualità che preferisco in
un uomo
Sincerità
La qualità che preferisco in
una donna
Ironia
Quel che apprezzo di più nei
miei amici
Sincerità e ironia
Il mio principale difetto
Disordine
BAR “CIRKUS”
Via Enrico Fermi, 347
La mia occupazione preferita
Fare la lotta con Pippo (mio figlio)
“RISTORANTINO GRAN
CAFFÈ”
Via Enrico Fermi
Il mio sogno di felicità
Vivere sereno insieme a persone
serene
STAZIONE DI SERVIZIO
AGIP
Viale San Lazzaro, 106
Quale sarebbe, per me, la più
grande disgrazia
Vincere al superenalotto il montepremi record
BAR “MONTECARLO”
Via Verona, 78
Quel che vorrei essere
Il vincitore del superenalotto (col
montepremi record...)
BAR “SARTEA”
Corso San Felice,
Il paese dove vorrei vivere
Quello dei balocchi, se poi non divento somaro
CENTRO COMMERCIALE
AUCHAN
LA BOTTEGA ARTIGIANA
DEL PANE
Via Zugliano, 49
PASTICCERIA “LA ROCCA”
Corso San Felice, 255
BAR “MERY’S BAR”
Galleria Tiziano, 22
SCUOLA ARTE E MESTIERI
Via Rossini, 60
CENTRO ANZIANI “LA
RONDINE”
Via Calvi,
CSMR
Via Vicenza, 204 - Altavilla
23
pag
Biasiolo
Tel: 0444 - 923362; mail: [email protected]
BAR “SUSANNA”
Via Calvi, 18
numero
Bruno
Editoria, comunicazione
uffici stampa e marketing
PASTICCERIA “GALLA”
Riviera Berica, 84
170 del07 novembre 2009
botta&risposta
Il piatto a cui non so rinunciare
Rinuncio (a volte e a malincuore)
ai crauti perchè non li digerisco e
al cavolfiore lesso, per il resto....
I miei libri della vita
Quelli che non ho letto
I miei poeti preferiti
Il sommo Dante
I musicisti che mi piacciono
di più
Quelli che hanno venduto l’anima
al diavolo
I miei pittori preferiti
Leonardo da Vinci
I miei film preferiti
Quelli di Massimo Troisi
Quel che detesto più di tutto
L’arroganza e la prepotenza
Il personaggio storico più
ammirato
Adamo, l’unico che (prima della
mela) poteva scagliare la prima
pietra
e quello più disprezzato
Tutti i despoti, nessuno escluso
Il dono di natura che vorrei
avere
La costanza
Laboratorio di assistenza tecnica
Server e sistemi di rete
Pc assemblati e delle migliori marche
Offriamo connettività internet professionale
in collaborazione con MC-Link ( www.mclink.it ),
con molteplici servizi tra i quali: ADSL, ADSL2+,
SHDSL, telefonia VOIP, Gestione VPN,
noleggio apparecchi Hardware CISCO System ecc.
Come vorrei morire
Dal ridere
Stato attuale del mio animo
Stupefacente
Il mio prossimo impegno
nella vita
Cambiare il pannolino a Filippo e
Bianca
Il mio credo politico o ideale
L’anarchia rispettosa del prossimo
Cosa mi piace e cosa non mi
piace di Vicenza
Adoro il Teatro Olimpico, tanto
quanto non mi piace il nuovo teatro
Cosa mi piace e cosa non mi
piace dei vicentini
Il magnagati sì, il basabanchi no
Le colpe che mi ispirano
maggiore indulgenza
Quelle di Robin Hood, rubare ai
ricchi per dare ai poveri
Il mio motto
Mangia, che l’anoressia è dietro
l’angolo...
Vendita e creazione siti WEB e domini internet
autogestibili dal cliente per mezzo di un software
potente e di facile utilizzo ( www.magic-cms.eu ),
per aggiornare e modificare in tempo reale
la propria pagina WEB senza l’intervento
del WEBMASTER e con pochi e semplici click.
Creazione e stampa immediata di bigliettini
da visita il plastica (plastic-cards) e Adesivi,
di ottimo impatto visivo, eccezionale robustezza
e qualità, senza l’obbligo di grandi attese
(anche immediata se già in possesso
di File sorgente o foto) e senza quantitativo minimo.
Digit World Srl
Viale Riviera Berica, 187
36100 Vicenza
Tel. 0444240731
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