La pittura tra XVIII e XIX Secolo

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La pittura tra XVIII e XIX Secolo
L’arte tra XVIII° e XIX° secolo
Caratteri dell’’Illuminismo
L’Illuminismo è razionalista, e con questo razionalismo vuole pervadere tutto (arte, morale, politica, religione) e vuole “illuminare” la realtà con la
luce della ragione.
- Teorizza la funzione pedagogica dell’arte.
- Promuove l’uguaglianza e fratellanza di tutti gli uomini in quanto dotati di ragione.
- Tende al superamento delle barriere nazionali.
- Questa fede nella ragione è considerato l’unico criterio di verità, superiore ad ogni autorità o rivelazione, e, di fatto, esclude l’adesione alla fede
religiosa tradizionale, per approdare all’ateismo o al fideismo, una religione naturale o razionale, che identifica Dio con l’ordine supremo della
natura.
- La storia per gli Illuministi ha uno sviluppo rettilineo, in cui si contrappongono periodi di oscurantismo (il Medioevo) a periodi dominati dalla
ragione (l’età classica, il Rinascimento). Il passato, comunque, è considerato come la causa di tutte le ingiustizie, superstizioni e contraddizioni
della società e quindi il giudizio complessivo non può essere che di condanna (antistoricismo).
LA PITTURA NEOCLASSICA
Caratteri generali .
• Temi legati alla storia ed alla mitologia.
• Il contenuto è legato alla semplicità, moralità, severità, ai grandi ideali.
• I colori sono sordi, non squillanti, le superfici piatte, con scarso effetto chiaroscurale.
• I contorni sono netti, facilmente leggibili,
• L’inquadratura è statica, si usa la prospettiva centrale.
• Lo spazio, come le figure, è chiuso e ben definito.
• L’atmosfera è piuttosto silenziosa, riflessiva, evocativa dell’antico.
• Le scene sono sempre temporalmente precedenti o successive rispetto all’evento cruento o dinamico.
Caratteri del Romanticismo
- Afferma che il sentimento ha un valore preminente nella vita umana, che gli uomini agiscono primo spinti dal sentimento che dalla fredda
razionalità e che le loro azioni sono mosse dalle “ragioni del cuore” o dalle “illusioni”.
- Il sentimento rende l’uomo diverso da ogni altro, in quanto dotato di una sensibilità originale e irripetibile. All’idea egualitaria si sostituisce l’
individualismo, cioè l’esaltazione della individualità personale. L’eroe del Romanticismo, il modello d’uomo a cui i romantici sono protesi, non è lo
scienziato ma il poeta, che esprime liberamente e sinceramente i propri sentimenti.
- La vita è aspirazione alla felicità, ma con la consapevolezza del limite della condizione umana : esaltazione titanica o languore malinconico,
morboso sentimentalismo. Questo fino al limite estremo della negazione di sé
- Per la “storia”, ogni epoca viene studiata nella sua individualità. Questa concezione intende la vita come un continuo divenire, dalla
consapevolezza che il passato è diverso dal presente. Ogni momento della storia è necessario (al contrario del Neoclassicismo) : il presente è la
risultante del passato e reca in sé i germi dell’avvenire. Quindi dato che il passato è in noi ogni epoca della storia ha un grande valore : da qui
l’esaltazione di alcuni periodi, prima condannati, come il Medioevo (anche, però per la sua carica religiosa).
Lo Storicismo, è il termine con il quale si indica la dottrina che identifica la realtà con la storia. Dalla storia si possono capire lo spirito umano, le
istituzioni politiche, la religione. Questa dottrina corrisponde alla tesi fondamentale dell’idealismo romantico, che presuppone la coincidenza di
finito e infinito, del mondo e di Dio, e considera la storia come la realizzazione di Dio stesso.
Al cosmopolitismo subentra il sentimento nazionale : prima di essere cittadini del mondo si è cittadini della patria, la terra dei padri, a cui ci
legano le tradizioni, il sangue, la cultura. Il concetto di Nazione diventa un valore spirituale, e si forma durante la resistenza contro l’imperialismo
napoleonico, e assume importanza durante la Restaurazione.
Mentre l’Illuminismo ha divinizzato la Ragione, il Romanticismo è pervaso da un’ ansia religiosa che si manifesta con un ritorno alla fede
tradizionale, o all’Immanentismo (una religione dell’umanità fondata sul culto dei valori spirituali più alti che dirigono la storia in un mistico
panteismo che fa coincidere Dio con il mondo).
E’ vivo, nel Romanticismo, il senso del mistero e dell’infinito. Il mistero è considerato esaltante, e si cerca di raggiungerlo con la filosofia o con la
poesia.
LO STILE IMPERO
Jacob Desmalter - Letto
dell’imperatrice Giuseppina 1810 - Parigi
Robert Smirke (su disegno di Percier e
Fontaine - Camera da letto di M.me
Recamier - 1802
Napoleone fu colui che istituzionalizzò la moda all’antico, promuovendola a “stile” ufficiale dell’epoca.
Questo stile divenne, poi, noto con le denominazioni di “Stile Direttorio” (fino al 1804) e “Stile Impero
(1804-1815). Anche se l’impero napoleonico dura dal 1804 al 1814, quello che viene chiamato lo “Stile
Impero” viene identificato con un periodo molto più vasto, ad iniziare dalla collaborazione degli architetti
Charles Percier e Pierre-Francois Fontaine, fino a tutta la prima metà dell’800.
Mentre lo Stile Direrttorio prediligeva i legni chiari o laccati in bianco con sobrie dorature, lo Stile Impero
denuncia una palese ricerca di monumentalità, nelle forme austere e compatte, con il prevalente uso del
mogano e con la decorazione particolarmente ricca in bronzo dorato
Percier e Fontaine sono considerati i creatori del nuovo stile che si manifestò la prima volta nel 1798 con la
decorazione della casa del banchiere Recamier. I lavori furono affidati all’ architetto Berthault, ma i disegni
originali furono forniti da Charles Percier.
La decorazione suscitò enorme scalpore e successo e la camera da letto di Madame Recamier divenne
una delle attrazioni di Parigi.
Dall’acquerello dipinto da Robert Smirke, datato 1802, si vede la stanza arredata con oggetti ispirati
all’antico : il letto arricchito da cigni dorati, uno dei motivi decorativi più sfruttati da Percier e Fontaine, e i
comodini su cui sono appoggiato una fioriera ed una lampada ripresa da un modello romano.
Sul letto ricadono ampi tendaggi e anche le pareti,non più dipinte, sono arricchite da tappezzerie.
Percier e Fontaine hanno una formazione artistica classica : hanno studiato a Roma insieme ed hanno
avuto una conoscenza diretta dei monumenti antichi rinascimentali. Percier, inoltre, risiederà anche per un
periodo a Londra dove conoscerà le opere di Robert Adam.
Il nuovo stile viene messo a punto dai due architetti quando si presenta l’occasione dell’incarico per la
Malmaison, il bureau dell’Imperatrice. Questo è immaginato come un arco di trionfo con un fregio
decorato e sorretto da vittorie alate scolpite, e questa diventerà l’ immagine del nuovo gusto impero.
Successivamente avranno anche incarichi di progetti architettonici ed urbanistici da Napoleone e questo
porterà la loro fama a livelli altissimi, facendoli diventare gli arbitri della produzione di arredi e architettura
d’interni.
Nel 1801 viene pubblicata la “Raccolta di decorazioni …”, quasi un manuale per la corretta progettazione
con il nuovo stile, nel quale gli oggetti sono collocati in uno spazio privo di profondità, con forme separate
che risaltano non tanto per la loro consistenza materica o per il loro inserimento in ambienti specifici, ma
per l’impianto decorativo. Per la prima volta appare, quindi, uno stile di arredamento svincolato da quello
architettonico.
Il loro disegno elegante e manierato riproduce interni grandiosi ma abbastanza intimi, che verranno spesso
copiati molto liberamente. Motivi egizi, greci, zoomorfi, imperiali, sono inseriti negli ambienti fino nei minimi
particolari, per sorreggere i tendaggi usano spesso teste d’aquile e lance, i baldacchini coronati con aquile
imperiali sorreggono i drappeggi delle alcove, i braccioli delle poltrone sono realizzati a forma di leoni.
Sono tutte immagini cariche dei simboli del potere così profusamente distribuiti che è difficile riconoscere il
progetto per la sala del trono dell’Imperatore dalla camera da letto.
Percier e Fontaine
Secretaire in stile impero - 1801
Percier e Fontaine
Sala del trono
dell’Imperatore nel
palazzo delle Touileries –
1808-12
Percier e Fontaine
Progetto per letto –
1808-12
Jacob Desmalter
Sgabello, 1800 - Londra
Percier e Fontaine
Disegno di un trono - 1801
Disegno di Percier e Fontaine - Poltroncine
“gondole” in legno laccato e dorato
L’ARTE ITALIANA DELL’ETA’ NAPOLEONICA
J. Gondoin e J. B. Lepere
Colonna di Austerliz,
Place Vendome
Parigi – 1806-10
G. Pistocchi
Colonna celebrativa
Milano, 1800
(a sinistra il progetto dell’Antolini)
In età napoleonica, accanto agli interventi architettonici collegati ai nuovi programmi
urbanistici, si presentano molte occasioni per la creazione di una architettura
monumentale che celebri le glorie del nuovo regime.
Gli architetti che lavorano per il governo napoleonico progettano grandiosi apparati
fissi o provvisori come archi, obelischi, are, circhi, gruppi allegorici, spesso ispirati a
modelli romani e influenzati dalle contemporanee esperienze artistiche francesi.
Grande interesse suscita il concorso per la costruzione di una colonna
commemorativa della battaglia di Marengo (1800) che doveva essere eretta a Milano.
Vi partecipano molti artisti e vincitore risulterà Giovanni Antonio Antolini, con il
disappunto del suo grande antagonista Giuseppe Pistocchi, che definirà la colonna di
Antolini : un insieme incoerente e sproporzionato di elementi architettonici e di figure.
Anche se la colonna del Pistocchi fonde riferimenti all’antico con forme naturalistiche,
operando all’interno di una complessa simbologia, di solito le colonne celebrative sono
ispirate ai modelli romani, in particolare alla Colonna Traiana, come dimostra in modo
esemplare la Colonna Vendome a Parigi.
Il fusto della colonna in Place Vendome è è rivestito di rilievi bronzei che narrano le
imprese di Napoleone. Il bronzo viene ricavato dalla fusione dei cannoni tolti ai
tedeschi ed agli austriaci ad Austerlitz. Sulla sommità della colonna è posizionata la
statua di Napoleone nelle vesti di un imperatore romano. Anche gli archi di trionfo
trovano come punti di riferimento stilistico i modelli dell’antichità di Roma, e a Milano si
possono trovare una serie di esempi illuminanti : l’Arco della Riconoscenza, realizzato
da Giuseppe Piermarini nel 1797, su incarico del governo cisalpino, è il primo di una
lunga serie di archi celebrativi. Molti sono progettati da Luigi Cagnola che deve il suo
prestigio alla frequente attività di nell’allestimento degli apparati per le feste.
Tra le sue opere l’arco trionfael temporaneo in tela e gesso, costruito per le nozze di Eugenio Behauarnais e Amalia Augusta di Baviera, che riscuote
una particolare approvazione e viene richiesta la sua trasformazione in un monumento permanente in marmo e pietra, che però non verrà realizzato.
Uno dei più famosi, tra quelli realizzati, è l’Arco del Sempione, poi chiamato Arco della Pace, progettato sempre da da Luigi Cagnola. Iniziato nel 1807
sotto Napoleone, viene terminato nel 1838 sotto il governo austriaco. Nella versione definitiva l’Arco della Pace risente dell’influenza monumentale
dello Stile Impero, che si manifesta nelle forme dell’Arc du Carrousel a Parigi (1806-10), ad opera di Percier e Fontaine.
Sempre legati al clima celebrativo degli ideali repubblicani e imperiali sono anche alcuni progetti su grande scala, quali il Monumento alla
Riconoscenza al Moncenisio, che vuole commemorare il passaggio dalle Alpi da parte dell’armata francese. Il concorso per questo monumento, indetto
con decreto napoleonico del 22 maggio 1813, è uno dei più prestigiosi del tempo e ved3e una partecipazione internazionale di concorrenti, presentati
da grandi istituzioni come l’Accademia di Francia, l’Istituto del Regno d’Italia e le Accademie di Roma, Amsterdam, Torino e Firenze.
Tra i partecipanti ci sono gli architetti Selva, Cagnola, Antolini e Pistocchi. Antolini propone la costruzione di una enorme accademia militare per 14.500
allievi, a pianta circolare, ispirata alle forme del Colosseo. Antolini propone una grande piramnide che riprende il tema celebrativo e funerario diffuso in
ambiente europeo fin dalla prima metà del ‘700. Tutti i progetti sono accomunati dall’enfasi del gigantismo che esasperano i caratteri della produzione
celebrativa del tempo.
Giuseppe Pistocchi
Monumento della Riconoscenza
al Moncenisio - 1813
Giannantonio Selva
Monumento della Riconoscenza
al Moncenisio - 1813
Luigi Cagnola
Arco della Pace, Milano
1807-38
Il 16 dicembre 1800 Giannantonio Antolini presenta al Governo della Repubblica cisalpina un piano per la
sistemazione urbanistica della zona circostante il Castello Sforzesco di Milano, denominata Foro Bonaparte. Il
progetto, che si rifà nello schema generale a quello delle Saline di Chaux di Claude Nicholas Ledoux (1775-79)
prevedeva la costruzione di una vasta piazza circolare del diametro di 540 metri. Al centro rimaneva eretto il
monumento degli Sforza, trasformato, però, da un rivestimento di marmi e colonnati che gli avrebbero conferito
un carattere classicheggiante.
Attorno al castello avrebbero dovuto essere costruiti in cerchio 14 edifici, comprendenti le terme, dogana, borsa,
teatro, museo, pantheon, otto sale per le assemblee del popolo, tutti collegati mediante colonnati con i magazzini
al piano terra, le botteghe e le abitazioni dei negozianti. Un portico continuo serviva da passaggio coperto. Un
canale navigabile circondava all’interno la piazza, parallelamente ai portici, permettendo il passaggio delle
barche con le merci, dalla dogana ai magazzini, per unirsi, poi, ai Navigli.
Nel 1801 il piano è approvato da una commissione di esperti della Repubblica cisalpina e nella stessa data
viene posta la prima pietra. I lavori però si fermarono quasi subito, anche per gli altissimi costi dell’impresa. La
proposta dell’Antolini viene così accantonata ed è sostituita ad piano del Canonica che prevedeva, con una
spesa inferiore, la trasformazione del Castello in Caserma, con aiuole e viali alberati verso la città, una vasta
piazza d’armi sul retro per le esercitazioni militari, la costruzione dell’Arena e dell’Arco della Pace.
G. A. Antolini
Progetto per il
Foro Bonaparte
Milano - 1800
A. Canova
Monumento funebre a Maria
Cristina d’Austria – Vienna
1798-1805
Percier e Fontaine
Arc du Carrousel
Parigi – 1806-10
G. A. Antolini - Progetto
per il Foro Bonaparte
Milano 1800
G. A. Antolini Progetto per il Foro Bonaparte - Milano - 1800
Claude Nicholas Ledoux - Saline di Chaux - 1775-79
G. A. Antolini Progetto per il Foro Bonaparte - Milano - 1800
L’Arena di Milano
Claude Nicholas Ledoux - Saline di Chaux - 1775-79
G. A. Antolini - Progetto per il Foro Bonaparte - Milano – 1800 - Facciata del Pantheon
TRIESTE ALLA FINE DEL 1700
G. Bonomo – Plan des Kays – Theresianische Stadt - 1768
Pianta della Cesarea Città e Porto di Trieste
1785
J. Cholnhuber
Pianta della Cesarea Città
e Porto di Trieste – 1795
La storia moderna di Trieste comincia nel 1719 quando
l’imperatore Carlo VI dichiara la città “porto franco” con
l’intenzione di farne il principale sbocco sul mare dell’impero
austriaco. Il programma prende forma con il progetto, del 1730,
di costruzione di un nuovo borgo sull’area delle saline. Il
progetto, sostenuto da Maria Teresa (da cui il nome di “Borgo
Teresiano”) è attuato in circa cinquanta anni. Il nuovo borgo ha
un impianto rigorosamente a scacchiera, con lotti regolari di
metri 75x40, orientato perpendicolarmente alla linea del molo e
imperniato sulla cerniera del Canal Grande che facilita il
trasporto delle merci fin nel cuore della città.
Nel programma di rinnovamento urbano vengono realizzate
anche edifici di prestigio. Matteo Pertsch, il più significativo
esponente della tendenza classica a Trieste , costruisce il teatro
e il Palazzo Carciotti (1805). Nei primi decenni dell’800 vengono
eretti anche la Borsa, di Antonio Mollari, e la chiesa di
Sant’Antonio (1826-1849) di Pietro Nobile, quale sfondo della
prospettiva del Canal grande.
Plan von der Kays, Konigl - 1777
La Piazza della Borsa – stampa dell’Ottocento
Palazzo Carciotti e la riva – stampa dell’Ottocento
Matteo Pertsch – Rotonda Pancera – 1804/05
G. Lorenzutti – P.zaza S. Piertro e Palazzo Comunale - 1820
F. Klausberger – Pianta della Città e Porto-franco di Trieste – 1806
F. Klausberger – Pianta della Città e Porto-franco di Trieste – 1806
G. Lorenzutti
P.zaza S. Piertro e Palazzo Comunale - 1820
In età napoleonica il mito dell’antichità, che aveva ispirato generazioni di artisti i quali
vi avevano riconosciuto la sintesi del Bello e lo specchio delle virtù morali, sopravvive,
ma l’antichità non è più rievocata con intento educativo ma piuttosto propagandistico e
celebrativo.
I simboli che l’illuminismo aveva adottato e diffuso per mezzo degli artisti tendono ad
allontanarsi dal loro significato originario; ora le tendenze decorative prendono il
sopravento come mere citazioni prive di contenuto etico.
Anche lo stesso David, Premiere Peintre di Napoleone, risente di questo nuovo clima
culturale. Nella tela realizzata tra il 1805 e il 1807 “l’Incoronazione di Napoleone e
Giuseppina” (avvenuta a Notre Dame nel 1804), David costruisce la scena
consapevole del significato celebrativo e propagandistico del dipinto. L’artista rinuncia
all’essenzialità oppositiva ed al rigido equilibrio di opere come “Il giuramento degli
Orazi” e il “Marat”, soffermandosi nella descrizione di elementi spettacolari e rituali,
ricercando effetti grandiosi e una particolare sonorità cromatica.
LA SVALUTAZIONE DEI SIMBOLI
Già durante la loro maggiore diffusione con Percier e Fontaine, tutta questa profusione di motivi zoomorfi inizia ad essere sentita come una svalutazione
dei simboli, e nel 1804 un cronista annota : “Quando vedo un’aquila dorata che con gli artigli sostiene le tende di un finanziere non so nascondere un
sorriso di pietà. I vostri letti con le lance sono una assurdità …”.
Questi simboli dell’impero romano, che dominano le arti decorative e l’architettura dell’Impero napoleonico, sono costantemente presenti sui muri e negli
arredi delle residenze di Napoleone e uniscono le aquile imperiali e i leoni combinati assieme con la lettera gigante “N”. Dopo la campagna napoleonica
in Egitto questi arredi si arricchiranno di motivi egiziani, riportando in auge, e nel contempo svalutandoli completamente, i segni e e le immagini di civiltà
del passato, gratuitamente inserite nel gusto corrente.
Orologio - 1810
Giacomo Raffaelli
Centro tavola del Viecrè
1804
Pierre Paul Prud’hon - Culla del Re di Roma - 1811
LO STILE BIEDERMEIER
Scrivania in ciliegio della
granduchessa Sofia d’Austria
1825
K. F. Schinkel – Poltrona in
palissandro con leggio e
rotelle. creata per Federico
Gugielmo III - 1824
Il termine “Biedermeier” deriva dal nome di un personaggio inventato dal poeta Eichrodt intorno al 1855, passato per
antonomasia ad indicare sia lo spirito conservatore della borghesia tedesca nell’età della Restaurazione, sia lo stile
ornamentale diffusosi nel periodo comperso tra la fine dell’Impero napoleonico e la metà del secolo, principalmente in
Austria e Germania.
Lo stile Biedermeier esprime il gusto della società borghese ch, abbandonate le speranze democratiche in seguito al
consolidamento politico della monarchia assoluta, si rivolge alla tranquilla vita domestica e a redditizie attività
commerciali e industriali. La casa diventa una sorta d rifugio, il cui arredamento è improntato ad una austera comodità.
Rispettoso della tradizione, questo gusto borghese si manifesta informe che costituiscono una variante dello Stile
Impero, caratterizzata, però, dalla sobrietà delle linee e dalla semplificazione dei decori.
Da ora cade in disuso il mobile “antico” ornato da dorature, sostituite da legni o impasti di stucco e polvere di legno.
All’inizio questa semplificazione fu certamente dettata dalla carenza di materiali pregiati, resi irreperibili dai lunghi anni
di guerra e dal blocco continentale napoleonico. I legni e i tessuti preziosi sono sostituiti dal mogano o da semplici
tappezzerie. Prevarranno, in seguito, legni chiari (ciliegio, betulla, acero, frassino) e colori luminosi per le pareti e i
soffitti.
L’arredamento rinuncia alla simmetria neoclassica e opta per soluzioni più confortevoli.
Si sviluppa una nuova serie di tipologie di mobili quali poltroncine, piccoli scrittoi, mobili a ribalta per i documenti,
vetrinette per l’esposizione di porcellane, argenti e ricordi familiari. L’aspetto intimo della vita familiare prevale sulla
ostentazione di bellezza e ricchezza.
Gli ambienti sono rallegrati da piante e fiori, alle pareti vengono appesi dipinti ad olio o acquerello con temi
prevalentemente legati a scene di genere, vita familiare, vedute rurali o di città.,
Le famiglie più facoltose usavano incaricare un disegnato re per riotrarre le camere preferite, cosicchè ci è pervenuto
uin vasto materiale illustrativo che documenta la casa – tipo Biedermeier. Questa è costituita da ingresso, salotto,
studio, stanze da letto e servizi.
I NAZARENI
Con l’età napoleonica emerge per la prima volta nella
storia moderna dell’Italia, l’idea di nazione. Anche solo i
titoli di Repubblica Italiana prima (1802), di Regno
d’Italia poi (1805) esprimono l’aspirazione della società
italiana all’unità nazionale, sia pure sotto protettorato
straniero. La politica di potenza e di conquista della
Francia napoleonica aveva provocato in tutti i paesi
sottomessi la riscoperta della Patria, dei valori di
nazione.
Il messaggio egualitario e cosmopolita della
Rivoluzione francese aveva generato, come antitesi, la
riscoperta delle tradizioni e delle culture locali, la
valorizzazione di ogni popolo.
Con l’emergere dell’idea di nazione viene creata anche
l’immagine simbolo dell’Italia : la bella donna in vesti
classiche, la corona turrita in capo, che piange il poeta
repubblicano nella tomba di Alfieri di Canova (1806-10).
Antonio Canova 1806-10
Monumento funebre di
Vittorio Alfieri
Il termine Nazareni è un nome derisorio che venne dato ad artisti dell’inizio ‘800 che si
ribellarono all’accademismo classicista, aspirando ad un rinnovamento dell’arte su basi
religiose e patriottiche.
Nel 1809 sotto la guida di Overbeck e Pforr, alcuni allievi dell’Accademia di Vienna fondarono
la Lega di San Luca, (una confraternita religiosa) per riportare l’arte sulla “via della verità”,
sull’esempio degli antichi maestri. A questi artisti sarà attribuito il nome di Nazareni, in
riferimento al modo di portare i capelli lunghi - così come sarà in Inghilterra con i
Preraffaelliti.
Dal 1810 al 1830 Johann Friedrich Overbeck e Franz Pforr, con Peter Cornelius, Philipp Veit,
Wilhelm von Shadow e Joseph Fuhrich, fondano a Roma, nel Convento di San Isidoro sul
Pincio, una colonia di artisti che si oppongono all’Accademia ufficiale e, quindi, in contrasto
con il classicismo dominante di marca francese, proponendo un’arte animata da un forte
sentimento religioso. Questo, infatti, sarà il primo movimento anti - Neoclassico.
Questi artisti propongono una comunità artistica basata sull’amicizia, sulla fede e sui comuni
ideali artistici. Tale atteggiamento avrà altri esempi nel corso dell’ottocento.
Portano i capelli lunghi e vestiti medievali e questa identità tra arte e vita è un atteggiamento
tipicamente romantico. Quella dei Nazareni è un’arte di ispirazione nazionalista e cattolica,
che accompagna l’emergere dell’idea di Nazione dell’Italia, con tematiche prevalentemente
religiose, quasi un mezzo di propaganda. Si ispirano al Medio Evo cristiano e si rifanno ai
pittori fino al 1400 e a Raffaello.
Johann Schefer von Leonhardshoff
La morte di Santa Cecilia – 1820-21
Stefano Maderno - Santa Cecilia – 1600
La morte di Santa Cecilia esprime bene i nuovi
canoni figurativi promossi dai Nazareni : al di là
del quasi obbligato riferimento al Maderno (S.
Cecilia - 1600) ed all’ispirazione
quattrocentesca delle figure degli angeli, si
coglie il riflesso delle forme affusolate, degli
incastri di volumi e del colore smaltato del
manierismo toscano.
Cercano di “ricomporre” formalmente, in modo quasi filologico
(filologia : complesso di indagini che mirano a riportare un testo
alla sua forma originaria), lo stile di Raffaello che a quel tempo è
ancora il simbolo dell’arte italiana.
Questi artisti giungendo a Roma cercano, quindi, non la Roma
classica dell’Impero che entusiasmò Winkelmann o David, non la
Roma della Repubblica o dell’Impero, ma la Roma del primo
cristianesimo. Vanno alla ricerca di una originaria purezza, che
sono convinti di trovare nella città di San Pietro.
Durante i loro viaggi, alle tradizionali tappe nelle città più famose
ne aggiungono di nuove quali Urino, Perugia, Assisi, per studiare
i loro modelli prediletti che sono Giotto, il Beato Angelico, il
Ghirlandaio, il Perugino e, al disopra di tutti, Raffaello e Dürer.
La fede nella loro missione è assoluta tanto che Overbeck si
Peter von Cornelius
Friedrich Overbeck
veste e si pettina come Raffaello, Scheffer si ritrae nello stesso
La Sacra Familia
Maria, Elisabetta, Gesù e Giovannino
atteggiamento del ritratto di Bindo Altoviti, opera di Raffaello.
1809-11
1811-28
Per loro l’arte moderna deve essere ricca di contenuti morali e
deve recuperare la spiritualità della natura e delle forme umane.
Questo modo di pensare era in sintonia con le teorie del
Wackenroder e degli Shlegel.
Dal punto di vista dei contenuti i temi preferiti dai Nazareni sono di ordine religioso o storico.
I temi religiosi sono sviluppati dai Nazareni in due modi :
- Opere figurative finalizzate alla devozione privata, di piccole dimensioni, con soggetti prevalentemente intimi e affettuosi (L’Annunciazione, La Sacra
Famiglia, l’infanzia di Gesù)
- Opere più monumentali, quali cicli di affreschi di storie bibliche, nei quali riprendono anche le tecniche dell’affresco del 1400.
I soggetti storici sono ripresi dalle vicende del Medio Evo, spesso anche tedesco (per il quale riceveranno molti incarichi in Germania).
FRIEDRICH OVERBECK (1789-1869)
ITALIA E GERMANIA (1811)
E’ una visione idealizzata del Medio Evo e l’amore dei Tedeschi per il Sud. Le donne e le architetture caratterizzano i due stati. Si vede il
sentimento nella posa delle mani.
Il tema di fondo è quello della fratellanza tra le due nazioni – nelle quali si stavano sviluppando vaghe affermazioni di indipendenza - attraverso la
comunità nell’arte e nel sentimento religioso. Le due fanciulle si stringono teneramente le mani con sullo sfondo due paesaggi di fantasia che
riprendono, però, i caratteri dell’architettura italiana e tedesca attraverso la rappresentazione di edifici simbolo quali una chiesa romanica e la guglia
di una chiesa gotica.
Questo indirizzo arcaicizzante dell’arte, presente nelle opere dei Nazareni, verrà
ripreso anche dai Puristi italiani degli anni quaranta dell’800, come si può notare
nel quadro di Tommaso Minardi Il rosario intorno al collo dell’agnello che
ripropone la stesaa linearità e gli stesssi cromatismo di Overbeck.
Friedrich Overbeck (1825)
Maria, Elisabetta,
Gesù e Giovannino
Friedrich Overbeck 1840
Trionfo della religione nelle arti
Tommaso Minardi (1840)
Il rosario intorno al
collo dell’agnello
Philipp Veit – Il Paradiso
1818-24
Julius von Schnorr von Carosfeld
Angelica e Medoro - 1825
GLI AFFRESCHI DEL CASINO
MASSIMO A ROMA
Nel 1817 il Principe Massimo chiese ai Nazareni di affrescare alcune
sale della sua villa situata presso il Laterano. L’incarico fu accettato
con particolare interesse perché i Nazareni, nella loro opera di
recupero dei temi e degli stili medievali e rinascimentali, avevo
proposto anche il recupero delle tecniche dell’affresco, così come era
stata praticata dagli artisti del trecento e del quattrocento.
Tale tecnica, infatti, veniva ritenuta la più adatta ad esprimere elevati
contenuti religiosi e letterari.
L’incarico prevedeva la decorazione di tre stanze con temi tratti dalla
Divina Commedia di Dante, dall’Orlando Furioso dell’Ariosto e dalla
Gerusalemme Liberata del Tasso.
I nazareni riservano ad ogni poeta una stanza ma alcuni artisti, per
vicende e scelte personali, partiranno durante i lavori verranno
sostituiti da altri, sempre del gruppo dei nazareni. Il risultato più
unitario risulterà la stanza dedicata all’Orlando Furioso che viene
dipinta solo da Schnorr von Carosfeld.
Gli affreschi del Casino Massimo furono l’ultimo lavoro collettivo dei
Nazareni, e possono essere considerati l’impresa più significativa del
gruppo ceh, poco dopo, si scioglierà.