Veni, Vidi…by Bici 2016
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Veni, Vidi…by Bici 2016
Veni, Vidi…by Bici 2016 - Dona… giro del Lazio Cronaca ed emozioni di un viaggio di mezza estate Eccoci, siamo tornati. Sette giorni su e giù, letteralmente, sulle strade del Lazio. Di ritorno da un viaggio in bicicletta per promuovere la donazione del sangue e, parallelamente, diffondere la cultura della bici. Siamo partiti il 30 giugno, salutati da un manipolo di amici di Ostia in Bici, dell’Associazione donatori dell’ospedale Grassi e alcuni esponenti dell’Avis e della stampa. Tra di noi il morale è alto, consapevoli di potercela fare perché forti dell’esperienza dell’anno scorso, dove abbiamo percorso anche più chilometri, ma stavolta con un incognita in più: le salite. Inoltre siamo confortati dalla presenza di Patrizia, che ci scorta in macchina. Il tempo è bello e promette di essere tale per tutta la settimana. Un’intervista, la consegna di qualche targa e gadget vari, molte fotografie e via lungo il percorso che ho preimpostato sul cellulare che farà da navigatore. Prima tappa: Civitavecchia. Abbiamo la gradevole compagnia, per un breve tratto, di Gianfranco e Paolo. Il percorso è pianeggiante, senza incognite. Altre volte abbiamo percorso queste vie, e non presentano difficoltà di sorta, ad eccezione del caldo incombente. Si, il caldo, forse mai abbiamo fatto tanti chilometri in luglio e ci accorgiamo subito che lo sforzo necessario è superiore al normale, Va beh! Abbiamo un appuntamento col sindaco a Santa Marinella, non possiamo perdere tempo: quindi pedalare, pedalare. Poco prima dell’arrivo avverto fortissimi crampi, segno di scarso allenamento e probabile disidratazione per il caldo. Bevo, mi riposo un po’ e proseguo. Rifletto: “cominciamo bene…”. Gli altri sono avanti, già arrivati all’appuntamento ed io sono su una maledetta rampa in salita che con i crampi mi sembra del 200%. Finita la salita (d’ora in avanti sarà sempre così, qualsiasi posto da raggiungere sarà in salita) eccoli lì, seduti ad un bar ad applaudire il mio arrivo. Indescrivibile la sensazione di scendere dalla bici, sedersi su una sedia di un bar e godere di una birra fresca. Dopo l’incontro con il sindaco e un panino consumato per il pranzo, ripartiamo per gli ultimi chilometri fino a Civitavecchia. Ora la strada, l’Aurelia, è parecchio trafficata. Il navigatore ci guida verso l’albergo, per fortuna i crampi sono fortemente diminuiti, ed arriviamo intorno alle 16. Ci diamo appuntamento alle 18 e ci riposiamo un po' dopo una bella doccia. Alle 18 ci vediamo, Carlo si fa attendere (ma è la norma), siamo impazienti di goderci una passeggiata in città e di cercare un buon ristorante per cenare. Andiamo verso il porto, di passaggio visitiamo la chiesa di S.Maria dell’Orazione, dove due simpatiche vecchiette ci illustrano gli antichi reperti presenti e la storia del luogo. Ci diciamo: “Ah, se ci fossero Gianfranco e Etta come sarebbero contenti!!”. Bello e suggestivo il porto, con queste grandi navi e il maestoso Forte Michelangelo. Ma la preoccupazione maggiore, come al solito, è mangiare. Non abbiamo ancora deciso il ristorante. Quello costa troppo, l’altro non ci piace, alla fine torniamo all’angolo vicino all’albergo dove c’è una locanda che io e Alemanno già conosciamo. Ottimo pasto, ottima compagnia e dopo tutti a nanna, domani si ricomincia. Ci svegliamo di buon’ora. Conviene fare colazione non appena l’albergo ce lo permette e viaggiare col fresco il più possibile. Destinazione Viterbo, oggi faremo qualche bella salita. Appena usciamo da Civitavecchia, dopo un po’ di viadotti e borghetti facciamo un discesone ed un corrispondente salitone con conseguente sudatona, ma io, imprevedibilmente, me ne esco fuori: “Ragazzi, abbiamo sbagliato dobbiamo tornare indietro, se proseguiamo c’è l’autostrada”. O madò, ci rendiamo conto che si dovrà rifare salitona e sudatona. Credo che in quel momento mi abbiano odiato. Ma anche io mi sono odiato! Pedala pedala… ma qui fa caldo da subito, altro che fresco mattiniero… Arriviamo alla prima salita. Anche qui il navigatore ci porta per quella che secondo lui è una strada bianca. Si lo è, ma sembra più un torrente in secca e per di più in salita. Duecento metri a piedi e a spingere la bici, forse anche lì mi hanno odiato, e anche parecchio. Riprendiamo l’asfaltata, in salita sempre, ma sfiorati da una quantità impressionante di macchine e autotreni. Continua così fino a Monteromano, dove ci tuffiamo in una fontanella e assaltiamo un bar. Il luogo mi fa venire alla mente antichi ricordi di militare… Si riparte, la strada è abbastanza pianeggiante, solo qualche inevitabile su e giù dovuto alle colline. Bellissima la campagna circostante, d’altronde siamo ai confini della Maremma. Salitone, che te lo dico a fare, per arrivare a Vetralla, e poi via sulla Cassia verso Viterbo. Arrivo in salita, ovvio, a Viterbo. Oggi non ho i crampi, ma forti dolori alle ginocchia, per cui vergognosamente metto la bici sulla macchina di Patrizia ed evito gli ultimi 3 Km di salita. Arriviamo in albergo, centrale e bellissimo: complimenti ad Alemanno per le ottime scelte. Sono le 14, scendiamo a farci un panino e poi il santo riposo. Intanto il sole batte così forte che Viterbo è deserta. Alle 18 scendiamo, in città ci sono un sacco di manifestazioni ed ora è pieno di gente. Scopriamo, passeggiando, una Viterbo bellissima, un borgo pieno di attrazioni, luoghi storici, panorami, giardini…insomma, una vera sorpresa. Carlo e Giuseppe cenano in un locale, dal primo alla frutta; invece io, Patrizia Alemanno e Sergio ci sediamo per un primo tipico e a seguire un panino agli stand alimentari regionali. Il buio ci porta a nanna, stanchi. Terzo giorno, oggi ci aspetta la tappa con più salite e più lunga. 100 Km fino a Rieti, passando per Orte, Narni, Terni. Si, siamo passati per l’Umbria, così come il Giro d’Italia parte dall’Olanda: una deviazione per evitare salite ancora più forti. Partiamo, da Viterbo c’è un lungo rettilineo in leggera salita, fortunatamente percorso al fresco della mattina, fino a Bagnaia. Il posto già lo conosco, ci sono stato con la gita di Roberto per la visita di Villa Lante. Oggi niente crampi o dolori alle ginocchia. La strada prosegue fino al casello autostradale di Orte, dove sappiamo che, non potendo percorrere la E45, dobbiamo fare una strada bianca fino a Narni. Conosciamo alcuni ciclisti per strada che ci confermano la correttezza della strada pianificata e ci guidano fino all’inizio della sterrata. Non mancano di farmi una ramanzina perché io ed altri non portiamo il casco, e hanno ragione. Ci diamo appuntamento con Patrizia a Narni, e via sulla sterrata! Dopo qualche tratto gradevole in mezzo alla campagna iniziamo a seguire il fiume Nera e lo sterrato diventa una strada da mountain bike, con parecchi muri in salita, alcuni da fare a piedi, e guadi di pozzanghere immense e fango. Il caldo imperversa, la fatica aumenta, l’acqua è agli sgoccioli, e su una discesa ripida avviene il quasi inevitabile. Carlo, forse per la velocità eccessiva o qualche sasso di troppo, perde il controllo della bici e cade a terra procurandosi diverse escoriazioni al gomito e al braccio e una contusione al pollice della mano. Patrizia, col pronto-soccorso, è lontana, non ci rimane che lavare con le poche gocce d’acqua rimaste le ferite e proseguire. Lasciando il luogo ci accorgiamo che assomiglia ad un altare sacrificale dove è stato appena sgozzato un capretto. Dopo alcune piccole imprecisioni del navigatore (smette di funzionare per il troppo caldo) arriviamo alla strada asfaltata, e ci mettiamo alla ricerca dell’acqua, disidratati come rami secchi in un deserto. La troviamo vicino ad uno stadio, una colonnina di acqua minerale fresca a pagamento (8 cent per un litro e mezzo, non dà resto e non prende monete da 1 e 2 cent !!…quindi 10 cent per 1,5 litri). Non so quanti soldi ci abbiamo messo, mancava che ci facessimo la doccia… Proseguiamo, facciamo un pezzo di Tiberina e dopo aver sfiorato Narni prendiamo la Flaminia fino a Terni. A questo punto io sono già molto stanco e abbiamo davanti una strada che da Terni (100 metri s.l.m.) sale fino a 400. Troppo per me, me la faccio in macchina…ancora sono tanti i Km da percorrere e non vorrei esaurirmi e finirla lì. Gli altri vanno, lentamente ma vanno. Giuseppe sale come un treno, Carlo pure, ma l’ho visto fare un pezzetto a piedi!. Alemanno, de coccio, sale pian pianino tra tratti in bici e altri a piedi, sudando come un maiale. Fermi a un graditissimo fontanile, a metà salita, ci chiama Alemanno al telefono per dirci di andare a raccattare Sergio che non riesce a salire in quanto ha problemi a far entrare il rapporto massimo (il “rampichino”). Patrizia scende e lo porta su con la macchina. Ancora un po' e finalmente la salita finisce, siamo arrivati a Marmore, da dove nascono le cascate omonime. Anche qui ci sono luoghi bellissimi, conosciuti in altre gite. Io e Sergio riprendiamo la bici e finalmente, tutti insieme, ci buttiamo in discesa fino a raggiungere la piana che ci conduce a Rieti dopo aver percorso 105 Km. Raggiunto l’albergo ci riposiamo un po’, in attesa delle ore 18, quando dovremo incontrare i rappresentanti dell’Avis locale e il vicesindaco della città. Eccoci quindi tutti pimpanti in divisa (la maglietta blu dei donatori), il solito scambio di doni e fotografie e ci incamminiamo per il centro, per la visita e la cena. Ma sbrighiamoci, alle 21 c’è Italia-Germania. Anche qui una bellissima sorpresa, il centro di Rieti è stupendo, con i suoi vicoli, i suoi palazzi, la piazza “centro d’Italia”, il fiume Velino che lo attraversa. Simpaticissimi i rappresentanti dell’Avis che ci portano al ristorante. Ma….e la TV per vedere la partita?... Noooo, non c’è, tutta la città è ora deserta, a casa o concentrati nelle piazze coi maxi schermi e noi nell’unico locale senza TV, mannaggia alla paletta. Mandiamo giù il rospo come antipasto ed iniziamo quindi a mangiare le delizie del menu. Esce fuori addirittura che Sergio è molto amico dell’oste… il mondo è proprio piccolo. Carlo non esita comunque a seguire degli spezzoni di partita in diretta dal suo fan-ta-sti-co e costosissimo iPhone6, ma smette di guardare quando gli dico che di questo passo finirà i giga, eh eh. Patrizia ha la compagnia a tavola di due mogli invitate appositamente. Quando ci alziamo echeggiano i tempi supplementari per le strade e dopo un passaggio fugace nel palazzo vescovile, bellissimo, non possiamo fare a meno di fermarci presso una trattoria munita di maxischermo, dove un centinaio di persone stanno iniziando ad assistere al triste e purtroppo consueto balletto dei rigori. Un po' di palpitazioni, batticuore ed emozioni….e poi…, tristemente e mestamente verso l’albergo per riposarci. L’indomani destinazione Tivoli, una tappa abbastanza tranquilla, si sale un po' e poi in discesa fino a destinazione, solo qualche inevitabile su e giù, questo almeno sulla carta. Facciamo qualche chilometro di statale e poi arriva la Salaria, molto trafficata ma è larga ed ha una ampia corsia laterale che ci fa sentire sicuri. Certo, non è il massimo come percorso ciclabile/turistico. Dopo un caffè e un po’ di riposo a Osteria Nuova, Patrizia se ne va a Tivoli per raggiungere l’altra Patrizia, la moglie di Sergio, che oggi sarà con noi. Dopo un po’ la rotta impostata prevede l’uscita dalla Salaria, ma appena usciti ci accorgiamo che si tratta di una strada bianca piuttosto impervia. Ne approfittiamo per un ulteriore rifocillamento e ritorniamo sulla Salaria; cercheremo di uscire più a sud. Così facciamo, finalmente il traffico non c’è più, ma ovviamente la strada, che non ha più i viadotti della Salaria, ora segue le colline in tutte le loro variazioni di livello, che sono tante. Il caldo imperversa e sulle salite si boccheggia. Passiamo Moricone, dove prendiamo d’assalto un bar, poi Stazzano, costeggiamo Palombara Sabina, quindi Villalba di Guidonia e finalmente Bagni di Tivoli, dopo un’interminabile fettuccia assolata. Hotel molto bello, ma i bagagli? Dove sono le “Patrizie” con la macchina? Telefono: “Siamo arrivati, dove siete? ”. “Alle terme, vieni che ti prendi la macchina”. Hai capito le signore? Monto in bici e vado alle terme per prendere la macchina coi bagagli e torno all’albergo. Ci riposiamo e mangiamo qualcosa e dopo un po’ arrivano le Patrizie, cotte al sole sui lettini delle terme. Alle solite 18 usciamo e con le macchine andiamo a Tivoli per la consueta passeggiata e la cena. Anche qui c’è un sacco di gente sul corso a passeggiare, fa caldo e non ci sono partite. Grossa mangiata in una trattoria, con solita arrabbiatura di Alemanno che, come è già successo da altre parti, ordina le cose del menu che sono esaurite. Dopo altri due passi ed uno sguardo al panorama notturno di Roma, riprendiamo le macchine per andare in hotel. Sergio saluta la sua Patrizia che va a casa. Quinto giorno, oggi abbiamo pochi chilometri per scaldarci i muscoli e poi una lunga salita che ci porta da 50 a 350 mt. di altezza. Infine una costante discesa verso Frosinone, dove ci aspettano un paio di Km estremamente ripidi per arrivare in hotel. Oggi io vado abbastanza bene, non ho più le crisi dei primi giorni, anche se per far salire i miei 92 chili devo spingere e faticare parecchio. Ovviamente sulla discesa sorpasso tutti senza nemmeno pedalare. Che vuoi farci, è la legge di gravità! Passiamo Zagarolo, Valmontone col suo parco a tema, aggiriamo Colleferro, facciamo un tratto di Casilina e poi arriva Frosinone. L’hotel prenotato da Alemanno è nel borgo antico della città, su una collina molto alta. Mettiamo il “rampichino” e saliamo. Mamma mia che salita, credo fosse almeno del 15%. Arrivati all’hotel facciamo come al solito, ci diamo una ripulita, scendiamo a procurarci qualcosa da mangiare e ci riposiamo. Alle solite ore 18 usciamo a visitare la città. Molto carino il borgo, ma deserto, solo case e pochissimi negozi. Sappiamo anche il perché: è troppo in alto per raggiungere facilmente le attività commerciali della città, che si trovano nella parte bassa. A conferma di ciò troviamo anche un ascensore pubblico che unisce la parte nuova col borgo antico. Ceniamo in hotel, su una terrazza con vista spettacolare su Frosinone e paesi limitrofi. Nuovo giorno, nuova tappa, direzione Latina. Solo una piccola salita per scavallare i monti Lepini e poi verso Latina, a quota zero. Scendiamo velocemente da Frosinone, dopo un paio di incertezze del navigatore, con conseguenti retromarce per prendere la strada giusta (ma ce li ho abituati), usciamo dal circondario del capoluogo, molto vasto e trafficato. Sfioriamo Ceccano e iniziamo a salire, dolcemente, di un centinaio di metri. Anche qui la rotta pianificata prevede di uscire dalla statale per fare le strade di campagna, ma mi rendo conto che non conviene, visto l’altalenare delle colline circostanti, quindi faccio finta di niente e non lo dico a nessuno. Proseguiamo sulla SR156 fino ad un discesone velocissimo che ci porta sulla piana Pontina. Qui lasciamo l’arteria principale e facciamo strade locali, tutte rettilinee e non molto trafficate. Un tratto di via Appia ed eccoci a Latina, passando per Piana delle Orme; qui c’è un bel museo dove Francesco sta tentando da una vita di portarci con Ostia in Bici. Il navigatore ci porta in hotel, dove giungiamo ad ora di pranzo. Parcheggiamo le bici e saliamo in camera. Carino l’hotel, ma un po’ sgangherato, a me danno una stanza non rifatta, che poi mi cambiano, ma nella nuova manca un cavo della tv. Anche nelle altre stanze c’è qualcosa che non va, ci ritroviamo tutti nel corridoio ad attendere l’uomo della manutenzione per sistemare. Finita la piccola avventura, io e Patrizia andiamo in macchina verso un McDonald, al fresco. Gli altri vanno a piedi verso una tavola calda. Alle 18 scendiamo. Troviamo Claudio il matematico, il cugino di Olga, la moglie di Alemanno, che vive a Latina e che c’è venuto a trovare. Con la macchina di Patrizia e Claudio ci rechiamo all’appuntamento con l’Avis di Latina, presso la loro sede. Qui riceviamo una calorosa accoglienza dal presidente e da tanti componenti dell’associazione. Hanno anche una gruppo ciclistico, anche questo presente. Ci pentiamo di non essere arrivati in bici. Dopo aver visitato la loro bella sede e le cerimonie di scambio doni, ci avviamo nel centro storico di Latina accompagnati dai nostri nuovi amici che ci fanno da guida. Anche qui una bella sorpresa: Latina, pur essendo stata fatta in un recente periodo storico poco simpatico, è molto bella, e proprio grazie a queste sue caratteristiche. Ha strade molto larghe e molte piste ciclabili. La serata finisce in un ristorante insieme agli amici dell’Avis. Ecco il 6 luglio, ci aspetta l’ultima tappa, verso casa. Stavolta le salite non ci sono affatto. Usciamo da Latina percorrendo una bellissima ciclabile che ci porta fino al mare, toccando il bel lago di Fogliano. Da qui iniziamo a percorrere la litoranea, il mare ogni tanto fa capoccetta sulla sinistra e incrociamo tanti bagnanti che vanno e vengono dalle spiagge. Velocemente attraversiamo Foce Verde, Torre Astura, Nettuno, dove ci fermiamo in un chiosco a bere; poi Anzio. Sentiamo l’aria di casa, i posti sono ora conosciutissimi ed avvertiamo con un po’ di tristezza la fine dell’avventura. Ardea, Torvaianica ed eccoci alla rotonda della Colombo, a scolarci la fresca e nostrana fontanella. Da qui iniziamo un percorso di riconsegna bagagli con la macchina, gli abbracci e i ringraziamenti per la bella settimana trascorsa insieme. Poi, tutti a casa. Mi ritrovo a casa, dopo la doccia, a riposare sul divano, a ripensare agli episodi appena vissuti insieme, alle fatiche subite. Ho voglia di proseguire con quelle sensazioni, era troppo bello. Come dimenticare il calore degli amici alla partenza, il sollievo dei caffè e delle bibite lungo la strada, la gente curiosa che ci chiedeva cosa fossero quelle bandiere e da dove venivamo e dove stessimo andando, quei profumi respirati per strada, di erba, di fichi, di fiori...ma a volte anche di concime, di monossido di carbonio. Come dimenticare quelle discese interminabili che ti fanno rifiatare per la fatica sopportata prima. E come dimenticare la compagnia degli amici, le battute goliardiche di Sergio, l’indignazione di Alemanno verso i camerieri che non sanno fare il loro mestiere, la preoccupazione di Giuseppe di arrivare in tempo agli appuntamenti, l’iPhone e la simpatia di Carlo, e poi la mia povera moglie Patrizia, annoiata e costretta a seguirci con la macchina per assisterci, la cortesia ed il calore degli amici incontrati, i bei paesi e i luoghi visitati, e i 580 chilometri percorsi… Angelo