ERRARE AI CONFINI DELL`ERRORE
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ERRARE AI CONFINI DELL`ERRORE
ERRARE AI CONFINI DELL'ERRORE di Domenico Sciajno INTRODUZIONE: L'IMPROVVISAZIONE NEL PROCESSO CREATIVO Parlare di improvvisazione è sempre molto difficile. Cercare di darne una definizione o peggio ancora definirne le modalità attuative ed operative sarebbe una contraddizione in termini. Non sarà quindi assolutamente mia intenzione nè mio interesse dire cosa è l'improvvisazione o come si improvvisa. Quello che farò piuttosto (che trovo più interessante e fonte di riflessione) consisterà nel cercare di fornire delle indicazioni su come individuare e rilevare l'uso e la funzione della improvvisazione nel processo creativo avvalendomi delle esperienze dirette (in quanto musicista-improvvisatore) e indirette (in quanto fruitore e lettore di trattati sull'argomento) maturate negli ultimi quindici anni. Inevitabilmente si dovrà circoscrivere e limitare il discorso. i termini e le parole utilizzate sono ormai capaci di accezioni molto ampie per cui è fondamentale chiarire bene il contesto per evitare fraintendimenti. Sia chiaro che qui si tratta l'improvvisazione da un punto di vista artistico-artigianale, in particolare attraverso l'applicazione della stessa in musica, ambito nel quale vanta di una prassi e di una 'storia' più consolidata rispetto ad altre discipline artistiche. Detto questo ribadisco la mia consapevolezza del fatto che volere dare una definizione esatta ed assoluta del fenomeno improvvisativo sarebbe di per se una contraddizione in termini. il mio va quindi semplicemente considerato una guida che, per quanto tacitamente condivisa da molti 'colleghi improvvisatori', si riferisce ad uno dei percorsi possibili che l'improvvisazione offre. Percorso che se da un lato ne circosrive l'ambito, dalll'altro offre importanti spunti di riflessione e di applicazione pratica per coloro che si avvicinano all'improvvisazione, siano essi artisti, fruitori, studiosi o addetti ai lavori. Mi avvarrò di uno schema per il quale darò una precisa definizione di ogni termine adottato perchè è importante arginare l'accezione desiderata evitando di perdersi tra la molteplicità di significati che parole come estetica, ricerca e sperimentazione possono assumere a seconda del contesto. Esponendo lo schema e circoscrivendo ulteriormente l'ambito di osservazione dell'improvvisazione in base ad una precisa TIPOLOGIA e VALENZA e ad un preciso LIVELLO proporrò alcune osservazioni seguite da alcuni esempi che spero siano chiarificatori. Consiglio prima di procedere alla lettura di tenere a fianco lo schema in modo da interpretare il testo facendo riferimento costante ad esso. LA SCALA DELLE VALENZE VALENZA ESTETICA Riguarda coloro che scelgono l'improvvisazione come ambito principale della loro ricerca e produzione artistica. Si ha quando l'improvvisazione è la metodologia fondante della prassi creativa di un artista (o gruppo di artisti) e quando al contempo il frutto di tale prassi rappresenta di per se l'opera finale, finita ed irripetibile. Nella valenza estetica il mezzo ed il fine coincidono. Questa, nella sua massima espressione, si posiziona al più alto punto della ipotetica scala del livello dell'improvvisazione, qui essa è assoluta, pura in quanto diretta emanazione dell'atto creativo ed esecutivo. Preciso che uso il termine valenza perchè non essendo l'improvvisazione in sè garante di valore artistico, solo quando il risultato di una improvvisazione che possiede la valenza estetica (cosi come da me definita) dà luogo ad un opera finita altamente convincente, qualitativamente ineccepibile, creativamente eccellente e capace di creare un tutt'uno tra chi crea e l'ambiente circostante (includendo chi fruisce qualora ci fossero dei fruitori) si può parlare di opera di alto valore e, per coloro a cui piace chiamare in causa l'arte, definirla opera d'arte. La v.e. non è quindi di per se garanzia assoluta di un risultato finale artisticamente rilevante, ma tanto più questa è presente assieme alle precedenti nella scala di valenze da me esposte nello schema, tanto più è alta la possibilità di avere creato o assistito ad un opera di alto valore. VALENZA CREATIVA OPER[ATTIVA] Consiste nella capacità da parte dell'improvvisatore immerso nella fase creativa di attivare soluzioni istantanee dotate di grande forza espressiva (sia essa di contrazione che di espansione). Tali soluzioni (che non si riferiscono, se non in misura trascurabile, ad idiomi, prassi, stili e tecniche note e consolidate o definite ad hoc) non sono il frutto del caso nè della fortuna nè di un procedere per tentativi andato a buon fine. Sono bensì il frutto di una profonda conoscenza tecnico-operativa associata alla continua e costante pratica della libera improvvisazione creativa ed espressiva. L'improvvisatore per ottenere questo deve raggiungere un livello altissimo di preparazione a monte e, in fase espressiva-creativa di totale concentrazione entrando in uno stato paragonabile a quello ipnotico o della trance. Stato in cui la sua fisicità e le sue abilità tecniche sono gli strumenti capaci di dare forma a quelle idee che, grazie allo stato mentale, emotivo e sensoriale 'privilegiato', capta tra quel flusso in divenire che attraversa lo spazio in cui opera. Spazio fisico e reale inteso come luogo architettonico e ambientale arricchito dal corpo e dalle menti dei presenti e spazio interiore dove risiedono la sensibilità e le capacità intuitive e di sintesi generativa dell'improvvisatore. In questo stato egli non cerca soluzioni così come l'ago di un sintonizzatore radio si muoverebbe sulla scala delle radio frequenze per cercare una trasmissione definita; al contrario egli è fermo, non cerca ma seleziona le soluzioni giuste al momento giusto. VALENZA PERFORMATIVA Colloca in un qui ed ora lo spazio ed il tempo in cui si consuma la realizzazione dell'opera e la sua fruizione. L'improvvisatore ha la responsabilità di stabilire un inizio ed una fine e di rendere il processo creativo (parte integrante dell'opera) chiaramente delimitato in questo tempo. E' fondamentale per questa valenza che l'atto creativo si consumi in un arco temporale definito dall'autore non in anticipo ma durante. Tempo che va inteso come una territorializzazione, una circoscrizione di un flusso estrapolato da un continuo divenire per essere condiviso così come è in quel luogo e in quel momento. L'autore deve sapere quando la sua parabola espressiva ha inizio e quando ha fine e deve trasmettere tale consapevolezza agli eventuali fruitori che devono essere catturati all'interno dell' arco spazio-temporale in cui la tensione creativa ha trovato espressione. Nella v.p. oltre al fattore temporale interviene Il palesamento del processo creativo che non va inteso come artificio spettacolare (aspetto semmai conseguente) ma come condizione in cui gesto e atto creativo si integrano sostenendosi dialetticamente (armoniosamente o conflittualmente). La v.p. trova il suo massimo alla presenza di fruitori, ma anche in solitudine l'improvvisatore ne è consapevole. Nella valenza performativa si può individuare la soglia nella scala di valenze da me esposte nello schema a partire dalla quale l'improvvisazione passa da un livello funzionale ad un livello assoluto (vedi definizioni più avanti) intesa non più come mera tecnica ma come metodo e prassi creativa. La v.p.mi induce ad una serie di osservazioni legate alla collocazione spazio-temporale. Se da un lato è vero che un'improvvisazione sonora-musicale scompare nel momento in cui questa termina sfuggendo alla possibilità di una reiterata fruizione percettiva (a meno che non venga registrata su specifico supporto), dall'altro è vero che essa compare o meglio va ad occupare nella memoria del fruitore uno spazio fatto di suoni, gesti e sensazioni la cui intensità dipende dalle tante variabili in gioco. Ecco quindi che la v.p. esprime se stessa grazie anche alla capacità di trasferire l'evento-opera (una volta esaurita la parabola temporale) dallo spazio fisico esterno in cui si è consumata ad uno spazio interiore a-temporale che diviene assolutamente personale per il fruitore e verso il quale questi attiverà necessariamente un ulteriore processo creativo per ricomporne suoni, gesti e sensazioni nella sua memoria. La meta-opera che ne consegue non ha necessariamente a che vedere con quella originale a prescindere dal fatto che questa possa essere (grazie alla registrazione audio) nuovamente percepita grazie alla riproduzione. Diviene quindi non solo 'valore' aggiunto ma 'opera' aggiunta. Un simile fenomeno si ha a prescindere dal fatto che si stia improvvisando o meno, basti pensare ai concerti dal vivo (di generi convenzionali) o a certi readings poetici. Ma in questi casi esistendo un opera chiusa e definita a monte della esecuzione, la possibilità di ricondurre il tutto ad un 'originale' e ad uno 'status quo' circoscrive l'aspetto performativo ad una mise en scene legata sì all'aspetto espressivo ma non a quello creativo. Altra osservazione: nel caso di una improvvisazione pittorica a differenza di una musicale-sonora il risultato finale, la tela, forte della sua fisicità, rimane passibile di reiterata percezione non solo da parte di chi la ha prodotta o da chi ha assistito all'atto creativo ma anche per coloro che la vedono ad 'atto compiuto'. Questi ultimi potranno sì fruire del risultato finale ma avranno perso quel valore aggiunto che consiste nella sua realizzazione e che nel caso della improvvisazione può raggiungere livelli di notevole intensità. Intensità che potrà sopravviere solo nel vissuto di chi era presente e che non può più affiancare l'opera, anche se questa di per se risulta finita. In alcuni casi un'opera finita frutto di improvvisazione può lasciare un profondo senso di apprezzamento nel fruitore che ha assistito alla sua nascita ed al suo svolgimento anche se il risultato finale non era particolarmente convincente. Questo non è necessariamente un limite anzi, ne è una caratteristica peculiare. Succede perchè al di là del prodotto finale-finito il fruitore, oltre ad avere condiviso il suggestivo momento creativo, ha fruito molecolarmente dell'opera, ovvero egli ha potuto assistere ad ogni fotogramma che ha rappresentato nel tempo il divenire del dipinto (o della scrittura). Fotogrammi che si sono susseguiti non linearmente ma sovrapponendosi arrivando a generare quel tutto unico che sarà la sola parte fruibile per coloro che non hanno assistito ad una improvvisazione dotata di valenza performativa. Un chiarimento finale: non necessariamente la valenza performativa si esprime attraverso la fisicità, la corporeità e la gestualità dell'esecutore. Ciò che conta è la presenza fisica, intellettuale, emotiva ed energetica (non in senso new age) dell'esecutore-creatore. A dimostrazione di questo la buona improvvisazione risulta convincente anche se fruita ad occhi chiusi, ma ci sono casi in cui tenerli aperti vale decisamente la pena. Questo rappresenta una ulteriore forma di arbitrio per il fruitore che potrà scegliere a quale aspetto dare importanza tra i diversi messi a disposizione dalla poliedricità/multidimensionalità della creazione istantanea (improvvisazione). VALENZA REFERENZIALE Con questa mi riferisco all'improvvisazione che si snoda attraverso idiomi, prassi, stili e tecniche note e consolidate o definite ad hoc. Pur trattandosi di improvvisazione l'articolazione espressiva passa attraverso codici e regole predefinite e l'abilità dell'improvvisatore sta nell'esprimere la propria creatività entro i limiti imposti dal sistema di codici entro cui si muove. Se da un lato questo richiede una specifica e altissima preparazione tecnica e teorica il risultato creativo è spesso limitato dall'idioma di riferimento impedendo una totale libertà espressiva.* Un esempio tipico in musica è rappresentato dal jazz cosiddetto mainstream (improvvisazioni su progressione di accordi in ambito tonale) in cui l'abilità dell'improvvisatore sta non solo nel creare istantaneamente variazioni armonico-melodiche ma anche nel riferirsi ad un codice espressivo rivolto ad un ben preciso contesto storico-stilistico. La musica barocca originariamente aveva caratteristiche molto simili. *La libertà espressiva nella mia concezione di creazione istantanea (improvvisazione) riveste una importanza fondamentale non solo per le sue implicazioni artistiche ma anche e per quelle sociali e di mercato. Ma di questo parlerò alla fine dell'introduzione accennando al mio concetto di 'Errare ai confini dell'Errore'. VALENZA SPERIMENTALE In questa valenza è facile cadere in fraintendimenti e incomprensioni. Me ne rendo quotidianamente conto, parlandone con interessati e guardando e ascoltando ciò che succede in ambito non convenzionale nella musica e nelle altre discipline artistiche. Spero quindi di fornire qualche spunto per meglio inquadrare certe problematiche. Se da un lato è indiscutibile l'importanza dell'aspetto empirico, sperimentale e di ricerca inteso come procedere per tentativi al fine di trovare nuove o interessanti soluzioni dall'altro non può essere trascurata l'inevitabile enorme quantità di procedure e soluzioni 'spurie' e abbandonate dall'autore stesso (nel proprio studio, in fase di sperimentazione) in quanto prive di utilità o valore. Per questo la valenza sperimentale rientra in una fase propedeutica e preparativa: educa l'improvvisatore o l'artista in genere a cercare e a prediligere la novità e ad essere estremamente adattabile. Al contempo però è debole in quanto potrebbe generare fasi di stallo, di incongruenza e di incompatibilità nel processo creativo. Nulla di grave in questo, è anzi inevitabile ed indispensabile in una fase di apprendistato, studio o di ricerca. Per questo la v.p. delinea appieno l'improvvisazione di tipo reattivo. Al suo interno sono previsti stalli, soste, riprese e ripartenze. Questo fa si che se da un lato è molto utile per trovare nuove soluzioni ed ampliare la tecnica, dall'altro renderebbe l'atto performativo e creativo troppo instabile ed aperto a rischi di stallo se non di fallimento. Fare arte sperimentale non vuol dire (in linea di massima) offrire alla fruizione un lavoro instabile, spurio e prematuro; vuol dire al contrario offrire un lavoro stabile e maturo che è il frutto di una profonda sperimentazione che si è evoluta e consolidata in quella specifica opera; opera non necessariamente chiusa e finita ma sicuramente di per sè fruibile e convincente. Ovviamente ci sono artisti che per scelta esasperano o mettono al primo posto lo sperimentalismo nel loro procedere creativo così come altri fanno con l'improvvisazione. In entrambi i casi però queste due pratiche così complesse e così instabili perchè ricche di imprevedibili variabili, divengono fine e mezzo espressivo solo grazie ad una seria e profonda preparazione. Senza questa preparazione ci si ritroverebbe di fronte ad una forma espressiva il cui esito positivo fa leva sulla fortuità o sulla casualità o, peggio ancora, il cui esito negativo verrebbe ambiguamente motivato, nascosto e giustificato grazie all'assenza di codici di riferimento nell'ambito delle arti non convenzionali ed eterodosse oppure sopportato in nome di una naivetè che a mio avviso dovrebbe ormai essere definitivamente messa da parte o quantomeno circoscritta. Onestà intellettuale e creativa sono essenziali in un campo espressivo in cui non esistono codici e regole; è quindi auspicabile che questa esista e che venga affiancata ad una buona dose di responsabilità e di 'autocensura' da parte dell'artista. Due complesse pratiche quali l'improvvisazione e la sperimentazione non vanno genericamente confuse, nè devono essere sovrapposte o trattate superficialmente se non si vuole incorrere in uno sterile fraintendimento: troppo spesso si pensa che improvvisare significhi semplicemente trovarsi per la prima volta di fronte ad uno o più problemi e ad adottare soluzioni nel più breve tempo possibile volte a tamponare situazioni di instabilità. Questo sia che si tratti di situazioni impreviste, come nel quotidiano: è tardi, improvviso una cena con quel che c'è; sia che si tratti di situazioni volutamente affrontate: non ho mai suonato un pianoforte e mi metto ad improvvisare su questo, non ho mai dipinto e improvviso su una tela, sono un pittore specializzato in una tecnica e improvviso un quadro provando ad evitare quella tecnica. Ovvio che in queste situazioni sto effettivamente improvvisando (o sperimentando..) ma, essendo tale improvvisazione priva di basi, poche sono le possibilità che l'esito di tale pratica porti ad un risultato apprezzabile. D'altra parte andrà a costituire un sicuro contributo nell'esperito che consentirà di affrontare un po' meglio l'analoga situazione in futuro. Ecco perchè solo un lungo apprendistato condotto nel praticare volutamente l'improvvisazione può portarla da una forma di tipo reattivo ad una di tipo generativo dove la valenza sperimentale in fase performativa viene ridotta al minimo indispensabile mentre vengono aperti i canali che dovrebbero fare emergere la sopradescritta valenza creativa. VALENZA [AUTO]DIDATTICA Di fatto è stata descritta all'interno della valenza sperimentale in quanto l'improvvisazione ha una grande importanza anche nella fase di apprendistato basilare, a quel livello in cui essa contribuisce all'acquisizione della tecnica necessaria a sviluppare un linguaggio o un sistema di codici espressivi. Prima ancora quindi che lo studio e la pratica si spostino sul versante della ricerca e di quello creativo vero e proprio. LE TIPOLOGIE TIPOLOGIA DELL'IMPROVVISAZIONE GENERATIVA Questa definizione dovrebbe emergere dalla lettura delle definizioni relative alle valenze inquadrate nello schema fornito. Il segno + (più) in corrispondenza del tipo generativo individua quelle valenze che caratterizzano l'improvvisazione in questo senso. Maggiore il numero delle valenze con segno + in corrispondenza del tipo generativo maggiore la possibilità di avvicinarsi al livello più alto di questa pratica e maggiori le probabilità che il suo esito sia qualitativamente ed artisticamente rilevante. Il segno - (meno) in corrispondenza del tipo generativo indica il fatto che in minore percentuale queste valenze entrano in gioco nella fase espressiva-creativa o ne hanno sostenuto la preparazione. Fondamentale tenere conto che per mia personale scelta individuo nella valenza performativa la la 'condizio sine qua non' ovvero una sorta di elemento separatore che distingue una improvvisazione di tipo generativo da una di tipo reattivo. Infatti solo nel momento in cui l'atto di creazione istantanea (improvvisazione) viene vissuta di fronte ad un pubblico (reale o ipotetico nella mente di chi improvvisa) si può e si deve pretendere (da chi la pratica e da chi ne fruisce) la creazione di quello stato ambientale, sensoriale, intellettuale, emotivo e creativo che consenta l'emergere delle valenze che tendono al livello assoluto (verso l'estrema sinistra della scala sopra lo schema). TIPOLOGIA DELL'IMPROVVISAZIONE REATTIVA Anche questa definizione dovrebbe emergere dalla lettura delle definizioni relative alle valenze inquadrate nello schema fornito. Il segno + (più) in corrispondenza del tipo reattivo individua quelle valenze che caratterizzano l'improvvisazione in questo senso. Maggiore il numero delle valenze con segno + in corrispondenza del tipo reattivo maggiore la spinta creativa verso la fase performativa ed espressiva. Importante a questo punto scongiurare un possibile fraintendimento: la tipologia reattiva che conferisco ad un certo uso dell'improvvisazione non va confusa con la estrema capacità reattiva di un improvvisatore che, mentre è all'opera, risponde alle suggestioni, alle associazioni, alle dissociazioni e ai suggerimenti che internamente o esternamente lo attraversano. Cercando si semplificare al massimo (rischiando di banalizzare) parlo di tipologia reattiva quando l'improvvisazione viene chiamata in causa per colmare una mancanza preesistente o un vuoto che si è venuto a create. Parlo invece di capacità reattiva dell'improvvisatore quando questi ingloba quelle emergenze (non vuoti o mancanze bensì 'pieni') che si manifestano mentre articola la propria parabola espressiva. I LIVELLI LIVELLO ASSOLUTO [arte, purismo] Rischiosissimo addentrarsi in una riflessione quando compaiono termini quali assoluto, arte e purismo: è facile apparire arcaici, romantici o peggio ancora mistici se non addirittura new age. Di fatto nella mia accezione questi termini vogliono rimanere legati all'aspetto più concreto della loro essenza. Ecco quindi che nel livello assoluto (inteso come totalizzante) faccio rientrare la pratica improvvisativa che si avvale di tutte di quelle specifiche valenze da me evidenziate che la delineano come generativa. Sempre in quest'ottica va inteso il termine purismo: si riferisce all'uso più alto ed estremo dell'improvvisazione, quando questa è l'unica metodologia fondante della prassi creativa di un artista (o gruppo di artisti) e quando al contempo il frutto di tale prassi rappresenta di per se l'opera finale, finita ed irripetibile: il mezzo ed il fine coincidono, hic et nunc, qui ed ora. Pura quindi in quanto diretta emanazione dell'atto creativo ed esecutivo. Non essendo l'improvvisazione in se garante di valore artistico, il termine arte, lo chiamo in causa solo quando il risultato di una improvvisazione dà luogo ad un opera finita altamente convincente, qualitativamente ineccepibile, creativamente eccellente e capace di creare un tutt'uno tra chi crea e l'ambiente circostante (includendo chi fruisce qualora ci fosse il pubblico). In questo caso si può parlare di opera di alto valore e, per coloro a cui piace chiamare in causa l'arte, definirla opera d'arte (da me intesa come forma astratta e trasfigurata/ante rispetto alla sua base artigianale). LIVELLO RELATIVO [artigianato, funzionalità] Nel mio schema ho posto la valenza performativa come soglia di passaggio dal livello relativo al livello assoluto, ovvero in assenza e o svincolati dall'elemento performativo prevalgono gli aspetti tecnici e funzionali dell'improvvisazione. Risulta dunque evidente che non si può prescindere da un approfondito lavoro artigianale (mediamente richiede quasi un decennio di lavoro) volto a fornire un forte sostrato di tecnica e di esperito in colui che vuole improvvisare; sia per scopi di pura ricerca, per intrattenimento creativo o, infine, per una libera creazione istantanea. In questo livello si nota quindi che l'improvvisazione si delinea in relazione ad altro piuttosto che a se stessa. Infatti nelle valenze sopradescritte individuabili nell'ambito relativo è evidente che la funzionalità è tanto legata all'apprendistato quanto alla sperimentazione quanto alla referenzialità idiomatica: - l'improvvisazione ha funzionalità in relazione alla didattica: imparo o scopro una tecnica strumentale attraverso essa - l'improvvisazione ha funzionalità in relazione alla sperimentazione: cerco e provo nuove soluzioni creative ed espressive attraverso essa - l'improvvisazione ha funzionalità in relazione ad un idioma: mi attengo ad un sistema di codici predefiniti e noti per avere risultati creativi (variazione su tema) che non snaturano l'idioma o lo stile cui mi riferisco (per es. jazz tradizionale). Partendo dal livello arti-gianale e muovendosi dalla fase di apprendistato a quella performativa passando per la sperimentazione si creano la base ed i presupposti per elevare l'improvvisazione a prassi creativa dotata di un alto potenziale artistico. ERRARE Nel mio percorso creativo l'improvvisazione (così come l'ho sopra identificata) ha sempre un ruolo fondamentale. Indipendentemente dal modo in cui la utilizzo. Grazie ad essa mi muovo entro il territorio di ciò che mi è noto e mi spingo AI CONFINI delle mie capacità consapevoli, del mio controllo tecnico. Per provocare le mie certezze, per smantellare gli automatismi, i riflessi condizionati, i luoghi comuni ed aprirmi ad accogliere frammenti di un flusso creativo che è accessibile solo grazie ad uno stato in cui due forze apparentemente contrapposte - concentrazione ed abbandono - spingono oltre i propri limiti, fino al rischio DELL'ERRORE per cercare di provocarlo e di trasformarlo in spunto creativo. Errore cercato, errore configurato, errore controllato, errore inglobato. Inglobato perchè portatore di instabilità. Instabilità sistemica. Nell'atto creativo, nell'atto vitale. Errore che genera differenza, che lacera quel 'pulviscolo comunicativo' (1) entro il quale la forza integratrice, pervasiva e consumistica dell'industria della comunicazione soffoca la libertà creativa ed espressiva; rende tutti sordi, incapaci di ascoltare veramente. Troppo impegnati ad arginare la novità per paura dell'imprevisto, dell'incognito, dell'errore. Errore quindi come atto consapevole di sovversione contro la staticità, l'immobilismo e la passiva accettazione; per alimentare l'instabilità all'interno del nostro sistema piegato alla logica del mercato e del profitto, omologato, globalizzato, statico, asfittico e prevedibile. Per riportare dinamismo in un sistema 'cristallizzato' in cui 'diminuiscono le probabilità di mutazioni fondamentali nei principi della cultura, mentre invece il numero e il ritmo delle variazioni superficiali aumentano' (2). Errore voluto, ammesso, trovato e articolato; sviluppato, l'errore produce instabiltà nel sistema creativo-espressivo-sensoriale così come in quello politico-sociale-culturale. Errare ai confini dell'errore: de-stabilizzare (pro-positivamente) per arginare l'omologazione generando differenza. Errore, instabilità e differenziazione: la gestione e l'accoglienza di questi elementi è fondamentale per un processo realmente creativo ed incisivo, portatore di reali e profonde mutazioni e di evoluzione artistica, sociale e politica... già qualche secolo fà un fine pensatore come Platone aveva compreso il potenziale dell'instabilità e su Repubblica allertava: "si deve guardarsi da modifiche che comportino l'adozione di una nuova specie di musica, perchè si rischia di compromettere tutto l'insieme. Non si introducono mai cambiamenti nei modi della musica senza che se ne introducano nelle più importanti leggi dello stato." (3) ... RIFERIMENTI (1) Ferretti, G. C. et al. (1985), "La scrittura elettronica", in V. Spinazzola (a cura di), Pubblico 1985. Produzione letteraria e mercato culturale, Milano: Milano Libri, pp. 47-64. (2) A. Gehlen, Della cristallizzazione culturale (1961), in p. Prini, Il mondo di domani, Roma, Abete, 1964, pp. 489-494. (3) Platone, Resp, IV, 424 c.