Full-text - Società Italiana di Storia del Diritto

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Full-text - Società Italiana di Storia del Diritto
VIII
LAURA MOSCATI
Alle radici del Droit d’auteur
SOMMARIO: 1. Droit d’auteur e copyright nelle riflessioni contemporanee. - 2.
Privilegio e censura nella Francia dell’assolutismo. - 3. Gli autori e i loro diritti
nel tardo Ius Commune. - 4. La legislazione rivoluzionaria. - 5. La codificazione
napoleonica e il diritto d’autore. - 6. Napoleone e i principi della moderna proprietà intellettuale. - 7. Legislazione, dottrina e prassi nel XIX secolo. - 8. Proprietà, proprietà intellettuale e file sharing.
1. «La proprietà intellettuale è protetta». Così recita l’art. 17,
comma 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nel testo costituzionale,1 la cui approvazione ha subito
da poco una battuta d’arresto.
Come è noto, vi sono due grandi sistemi di protezione dei
diritti dell’autore: quello europeo-continentale droit d’auteur
e quello anglo-americano copyright, che sono sempre stati
considerati profondamente diversi e che tendono a imporsi
l’uno sull’altro.
In una recente intervista Alain Berenboom,2 specialista internazionale del diritto d’autore, fa il punto su questi sistemi
contemporanei, notoriamente contrapposti tra loro. Nel diritto continentale su modello francese, il diritto d’autore è
1
Cfr. Una costituzione per l’Europa. Progetto di trattato, art. 17, c. 2.
Situation actuelle du droit d’auteur. Entretien avec Alain Barenboom
(2001), in J. BAETENS (ed.), Le combat du droit d’auteur, Paris 2001, pp.
171-86.
2
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una legislazione a profitto dell’autore, in cui viene celebrato
il suo talento dandogli il diritto morale ed economico di proteggerlo. Si tratta di un sistema destinato a enfatizzare la figura dell’autore.3
Il sistema anglo-americano – basato sul diritto di riproduzione della copia – ha invece come scopo la circolazione
delle opere nel pubblico, in modo tale che il maggior numero di persone vi possa accedere, favorendone la diffusione. Nel sistema europeo, il diritto d’autore è protetto
senza alcuna formalità, per cui ogni traccia dell’autore, anche se contiene in germe il suo «genio» (uno schizzo, un
brogliaccio, una conferenza), è protetta come un’opera finita. Invece, nel sistema americano la protezione si acquisisce solo attraverso una registrazione (Copyright Office), un
atto tecnico che si compie quando l’opera è riprodotta e
pubblicata.
La Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche del 1886,4 riconfermata fino al 1978, a cui
hanno progressivamente aderito quasi tutti i paesi del
mondo meno inizialmente gli Stati Uniti, è attualmente il
principale trattato sull’unificazione in materia del diritto
d’autore e prevede che quest’ultimo sia acquisito senza formalità. Ma Berenboom mette in luce con lungimiranza che
in pratica i due sistemi, da una cinquantina d’anni, tendono
ad avvicinarsi e oggi ancora di più perché gli Stati Uniti
hanno finito per aderire nel 1989 alla Convenzione di Berna.
Il sistema americano è, quindi, allineato alle leggi europee:
le opere sono protette settan’anni esattamente come da noi;
sempre di più si constata che la giurisprudenza americana
consacra il diritto morale, il diritto di paternità e quello di
integrità.
3
Emblematico in tal senso il volume di Bernard Edelman da poco apparso dal titolo Le sacré de l’auteur, Paris 2004.
4
La Convenzione, del 9 settembre 1886, completata a Parigi il 4 maggio 1896, riveduta in varie occasioni tra il 1908 e il 1971, è stata di recente ripubblicata in «InterLex. Diritto tecnologia informazione», X, n.
344: 3 aprile 2006.
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I due sistemi non sono più troppo diversi ed è prevalso
quello europeo, per ragioni economiche; il sistema europeo,
infatti, si presenta commercialmente molto più interessante
di quello americano. L’enorme protezione dell’autore voluta
dal diritto europeo finisce per arricchire in realtà l’editore e
l’industriale. Quindi, se c’è un dominio dove la globalizzazione ha trovato terreno fertile è il diritto d’autore con il carattere universale dei principi che ne sono alla base. La convenzione di Berna ha significato la mondializzazione di un
regime uniforme del diritto d’autore. Ai nostri giorni, quindi,
un autore è protetto più o meno alla stessa maniera a Bruxelles, Pechino, Taiwan, etc.5
Nel bicentenario del Code civil, appena trascorso, mi sembra interessante tracciare alcune caratteristiche di questo
importante istituto – il droit d’auteur – che ha origine in
Francia, si è imposto in Europa e oggi nel mondo, come un
caso esemplare di recezione di un istituto di grande rilievo
estraneo al Code civil.6
Si cercherà, quindi, di ricostruire nelle linee essenziali le
radici del sistema del droit d’auteur e soprattutto la sua connessione con la codificazione che suscitò tanto interesse in
Napoleone da far sì che egli offrisse un contributo personale
determinante in un momento cruciale dell’evoluzione dell’istituto.7 In effetti, il diritto d’autore moderno è stato elaborato nel XVIII-XIX secolo e le regole fondamentali della
5
Situation actuelle du droit d’auteur…, p. 186.
Il diritto d’autore può essere considerato come un caso esemplare di recezione di un istituto di grande rilievo al di fuori del Code civil: cfr. L. MOSCATI, Un phénomène de réception étranger au Code civil: le système du droit
d’auteur, relazione tenuta nel maggio 2004 a Rotterdam nell’ambito delle
Journées internationales d’Histoire du droit su Le phénomène de réception.
7
Su questo aspetto così interessante cfr. L. MOSCATI, Sul diritto d’autore
tra codice e leggi speciali, in Iuris vincula. Studi in onore di Mario Talamanca, Napoli 2001, V, pp. 495-527 = «Rivista del diritto commerciale e
del diritto generale delle obbligazioni», 9-10/11-12 (2001), pp. 655-81, ripreso in alcune lezioni e seminari a Erice, Napoli, Teramo e ora EAD., Napoleone e la proprietà intellettuale, in «Rivista di diritto civile», 52 (2006),
pp. 179-97, dedicato al compianto amico e collega Mario Da Passano e
qui ripreso nelle parti relative.
6
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Convenzione di Berna a cui si fa riferimento oggi (rispetto
del diritto morale dell’autore, attribuzione all’autore di ogni
diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera, durata minima della protezione dell’opera sino a settant’anni
dopo la morte dell’autore) sono ispirate al sistema europeocontinentale del droit d’auteur di tipo francese e in particolare ai principi espressi dalla legge francese del 1793.
Lungo l’arco temporale del XVIII secolo, infatti, si pongono le basi per la nascita e la prima stabilizzazione dei due
grandi sistemi di copyright e di droit d’auteur. Il primo vede
le sue origini all’inizio del secolo in Gran Bretagna,8 dove si
costruiscono le principali categorie che si svilupperanno nel
diritto anglo-americano. Il secondo, sul finire del secolo,
trova una sua moderna espressione in Francia, quale modello che verrà ripreso nell’Europa continentale. Negli ultimi
decenni,9 anche dal punto di vista storiografico, si è ritenuto
8
Cfr. L. MOSCATI, Lo Statuto di Anna e le origini del copyright, in Studi
in onore di Luigi Labruna, in corso di stampa (con l’indicazione dei più
recenti contributi in materia).
9
Si veda in particolare D. SAUNDERS, Authorship and Copyright, London 19922; A. STROWEL (ed.), Droit d’auteur et copyright. Divergences et
convergences. Etude de droit comparé, Bruxelles-Paris 1993; J.C. GINSBURG,
A Tale of Two Copyrights: Property in Revolutionary France and America, in
B. SHERMAN - A. STROWEL (eds.), Of Authors and Origins. Essays on Copyright Law, Oxford 1994, pp. 134-158; STROWEL, Droit d’auteur et Copyright:
Between History and Nature, in SHERMAN - STROWEL (eds.), Of Authors and
Origins…; P.-E. MOYSE, La nature du droit d’auteur: droit de propriété ou
monopole?, in «Revue de droit de Mc Gill», 43 (1998), pp. 507-563; Y.
GENDREAU, Genèse du droit moral dans les droits d’auteur français et anglais, in «Revue de la recherche juridique», 1 (1981), pp. 41-47 e la tesi di
dottorato, importante per i rapporti storici tra i due sistemi giuridici, di
F. RIDEAU, La formation du droit de la propriété littéraire en France et en
Grande-Bretagne: une convergence oubliée, Université de Poitier 2000, ora
pubblicata (Aix-Marselle 2004) e in parte ripresa per ampliare il discorso
ad una comparazione sovranazionale: ID., La formation du droit d’auteur
sous la Restauration de Meiji, in «The Hokkado Law Review», 52 (2001),
pp. 759-792; 107; l’excursus di L. PFISTER, Copyright versus Droit d’auteur.
Breve histoire comparée, in Le livre, l’édition et la lecture dans le monde
contemporain, actes du colloque de Sidney, 2005, in corso di stampa; un’approfondita impostazione comparativa europea si trova in G. DAVIES,
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opportuno sfumare i contrasti e aumentare i punti di contatto tra i due sistemi normativi che erano sempre stati considerati paralleli e con esigue connessioni tra loro, in un’ottica più generale intesa a cercare di ridurre le divergenze tra
i sistemi di common law e di civil law.10
In Francia e in Inghilterra, come del resto anche in Italia,
l’edizione delle opere, dopo l’invenzione della stampa, era regolata da un regime di concessione di privilegi sovrani11 di
cui erano beneficiari i librai-editori ed eccezionalmente gli
autori:12 ciò configurava uno stato di incertezza che si concretizzerà in continue controversie tra i librai parigini spesso
privilegiati rispetto a quelli provinciali, soprattutto lionesi,
per l’estensione dei diritti esclusivi e per la proprietà dei manoscritti.13 In queste lotte tra librai, come vedremo, non vi
era alcun interesse per la figura dell’autore.
Copyright and the Public Interest, London 20022. È interessante sottolineare che già nel XIX secolo si riteneva degna di attenzione un’analisi di
confronto tra i due sistemi: E. LABOULAYE, Etudes sur la propriété littéraire
en France et en Angleterre, Paris 1858. Il recente lavoro di U. IZZO (Alle radici della diversità tra copyright e diritto d’autore, in G. PASCUZZI - G. CASO
[eds.], I diritti sulle opere digitali, Padova 2002, pp. 43-164), che tende
piuttosto a evidenziare le divergenze tra i due sistemi, non risulta utilizzabile perché basa il suo discorso su parte della storiografia da cui cita le
fonti senza vederle. Per uno sguardo d’insieme delle principali fonti europee del diritto d’autore, si veda H. COING, Handbuch der Quellen und Literatur der neueren europäischen Privatrechtsgeschichte, II/2. Neuere Zeit
(1500-1800), München 1976, pp. 841-46; III. Das 19. Jahrhundert, München 1986, pp. 3966-73.
10
Cfr. G. ALPA, “In partibus Angliae”. Immagini del “common law” nella
cultura giuridica italiana, in «Materiali per una storia della cultura giuridica», 32 (2002), pp. 25-57.
11
Cfr. U. SANTARELLI, Privilegio. Diritto intermedio, in Enciclopedia del
diritto, XXXV, Roma 1986, s.v. Per una panoramica storica europea si
veda B. DÖLEMEYER - H. MOHNHAUPT (hrsgg.), Das Privileg im europäischen
Vergleich, 2 B.de, Frankfurt a.M. 1997-99.
12
Per i primi sviluppi dei privilegi in Francia, cfr. R. BIRN, The Profit
of Ideas: Privileges en librairie, in Eighteenth-Century Studies, 4 (1971), pp.
131-68; E. ARMSTRONG, Before Copyright. The French Book-Privilege System
1498-1526, Cambridge 20022.
13
In Francia l’attenzione ricostruttiva del diritto d’autore è fondata su
studi storico-giuridici specifici eseguiti da specialisti con risultati prege-
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Anche durante l’ancien régime, la situazione che caratterizzava l’Inghilterra e la Francia era simile: alcuni librai-editori,
beneficiari quasi esclusivi dei privilegi sovrani, avevano sempre più assunto la posizione di titolari dei diritti di proprietà
delle opere tanto che si è potuto sostenere ancora nel 1776 che
«les libraires de Londre avoient voulu, comme ceux de Paris,
s’emparer du commerce par des prorogations de privilège».14
Tale situazione aveva causato la ribellione dei librai che non
beneficiavano del sistema di protezione e al contempo la
ferma volontà di coloro che si sentivano proprietari delle
opere da stampare di mantenere la situazione di vantaggio.
2. Il diritto d’autore nasce, quindi, come diritto europeo con
provvedimenti relativi ai privilegi prima e alla censura poi e
segue per circa due secoli analoghe vicende nei due paesi
principali fino a prendere strade diverse nel XVIII secolo.
Dall’inizio del XVI secolo, inoltre, si instaura una sorta di
censura preventiva sulla stampa, che avrà forti ripercussioni
sugli stessi privilegi. Nel 1529, infatti, si proibisce in Francia la pubblicazione di tutte le opere nuove senza l’autorizzazione della Facoltà di teologia e nel 1547 l’editto di Fontainebleau vieta la stampa dei libri concernenti le Sacre
scritture creando una sorta di tribunale dell’inquisizione.15
voli. Mi riferisco in particolare ai lavori di P. OLAGNIER, Le droit d’auteur,
2 voll., Paris 1934; L. CRISTEA, Contribution à l’étude du droit d’auteur. Sa
nature juridique à travers son évolution. Etude du droit français, Paris
1938; M.-C. DOCK, Etude sur le droit d’auteur, Paris 1963 e ora EDELMANN,
Le sacré de l’auteur…, pp. 86-107 e, oltre all’importante tesi di dottorato
di PFISTER, L’auteur, propriétaire de son oeuvre? La formation du droit d’auteur du XVIe siècle à la loi de 1957, 2 voll., Université Strasbourg III 1999,
in corso di rielaborazione, cfr. ID, La propriété littéraire est-elle une propriété? Controverses sur la nature du droit d’auteur au XIXe siècle, in
«Tijdschrift voor Rechtsgeschiedenis», 72 (2004), pp. 103-25.
14
Cfr. RIDEAU, La formation du droit de la propriété littéraire en France
et en Grande-Bretagne…, p. 103.
15
Cfr. Edit qui défend d’imprimer et vendre aucun livre concernant l’Ecriture sainte, s’il n’a été vu et examiné par la faculté de théologie, in F. ISAMBERT (ed.), Recueil général des anciennes lois françaises, depuis l’an 420, jus-
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Il primo atto che ci interessa più specificamente è l’ordinanza sulla riforma della giustizia di Moulins emanata da
Carlo IX nel febbraio 1566.16 Con questo atto si passa da un
regime in cui la richiesta del privilegio è facoltativa a uno in
cui è obbligatoria. Si instaura così anche in Francia, come in
Gran Bretagna sotto Edoardo VIII,17 un controllo centralizzato con un sistema di censura preventiva. Con l’obbligatorietà, il privilegio non era più soltanto uno strumento al servizio dei soggetti, ma degli interessi della monarchia. All’obbligo del privilegio e della censura preventiva verrà aggiunto
quello di stampare ogni libro con il nome dell’autore.18
Di particolare rilevanza si presentano le lettere patenti del
giugno 161819 che contengono il nuovo statuto dei librai,
qu’à la révolution de 1789, XIII, Paris 1828, pp. 37-38. Oltre al classico studio di E. MAUGIS, Histoire de la censure des livres et de l’imprimerie par le Parlement au XVIe siècle, in Histoire du Parlement de Paris de l’avènement des
rois Valois à la mort d’Henri IV, II, Paris 1914, pp. 310-51 e a quello di N.
HERMANN-MASCARD, La censure des livres à Paris à la fin de l’ancien régime
(1750-1789), Paris 1968, per il periodo successivo, si veda G. MINOIS, Censure et culture sous l’Ancien Régime, Paris 1955, che sottolinea l’utilizzo della
censura da parte dei philosophes anche per contrastare i propri avversari e
il bel lavoro di M. DURY, La censure. La prédication silencieuse, Paris 1995.
16
Cfr. Ordonnance sur la réforme de la justice, in ISAMBERT (ed.), Recueil
général des anciennes lois françaises, depuis l’an 420, jusqu’à la révolution
de 1789…, XIV/I, Paris 1829, pp. 210-11. Nell’art. 78 si dice espressamente: «Défendons aussi à toutes personnes que ce soit, d’imprimer ou
faire imprimer aucuns livres ou traitez sans notre congé et permission, et
lettres de privilège expédiées sous notre grand scel: auquel cas aussi enjoignons à l’imprimeur d’y mettre et insérer son nom, et le lieu de sa demeurance, ensemble ledit congé et privilège, et ce sur peine de perdition
de biens, et punition corporelle».
17
Cfr. MOSCATI, Un Memorandum di John Locke tra Censorship e Copyright…, pp. 73-74.
18
Cfr. Déclaration qui défend d’imprimer aucun livre sans nom d’imprimeur
et sans permission, in ISAMBERT (ed.), Recueil général des anciennes lois françaises…, XVI, Paris 1829, p. 27: 11 maggio 1612. Nell’art. 1, si dice chiaramente: «…sans y mettre le nom de l’auteur et de l’imprimeur, et sans avoir
premièrement obtenu permission de les faire imprimer par nos lettres-patentes scellées de nostre grand scel à peine de confiscation desdits livres…».
19
Cfr. Lettres-Patentes sur les nouveaux statuts des libraires, imprimeurs
et relieurs de la ville et université de Paris, in ISAMBERT (ed.), Recueil général des anciennes lois françaises…, pp. 117-25.
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stampatori e rilegatori di Parigi e disposizioni precise che
garantiscono una sorta di monopolio ai membri della comunità. Si tratta del primo statuto di questa corporazione
redatto ricordando «les anciens vestiges de nos prédécesseurs, apporté tout le soin à nous possible de les restablir en
leur première splendeur» e teso a migliorare la qualità della
stampa, a controllarne il contenuto e ad arginare la contraffazione.20
Nel gennaio 1629 si riprende l’ordinanza di Moulins, predisponendo una primordiale forma di deposito, con un’aggiunta significativa – «soit par le mérite et dignité des auteurs»21 – che sembra indicare un primo interessamento alla
figura dell’autore, ma che resta al momento senza seguito.
Il regno di Luigi XIV segna una tappa essenziale nell’instaurazione di un regime assoluto e centralizzato in materia
di edizione che si traduce in un diritto esclusivo a profitto
dei grandi editori della capitale: il sovrano stabilisce, a spese
dei librai provinciali e a favore di quelli della capitale, un
monopolio di edizione al fine di creare una clientela fedele
20
Più volte infatti nello Statuto si usa l’espressione «en ensuivant les
anciens vestiges» (p. 118); si dice, inoltre, che si deve stampare con buona
carta e buoni caratteri, con il nome del libraio e il suo marchio, inserendo
il privilegio e il permesso (art. 12, p. 120); oppure che si ordina di non
stampare libri o libelli diffamatori (art. 13, p. 120). Si sottolinea, inoltre,
che gli autori dei libri o i correttori non potranno avere stamperie né
macchine per stampare nelle loro case o altrove, né vendere i libri in proprio (art. 14, p. 120); il numero delle copie da conservare (art. 15, pp. 12021); l’iscrizione al sindacato (art. 16, p. 121); la proibizione agli stranieri
di aprire punti di vendita (art. 20, p. 122) e la stampa all’estero (art. 31,
p. 124). Viene, inoltre, vietata la contraffazione dei libri che hanno ottenuto il privilegio e viene anche vietato di comprare esemplari contraffatti
e di ottenere prolungazione del privilegio e aumento del numero di copie
da stampare (art. 33, p. 124). Per ottenere ciò gli stampatori, i librai e i
rilegatori saranno tenuti a registrare i loro nomi sul libro del sindaco e
anche gli apprendisti saranno tenuti a iscriversi per ovviare agli abusi
(art. 37, p. 125).
21
Ordonnance (Code Michaud) sur les plaintes des états assemblés à Paris en 1614, et de l’assemblés des notables réunis à Rouen et à Paris, en
1617 et 1626, in ISAMBERT (ed.), Recueil général des anciennes lois françaises…, XVI, p. 239: gennaio 1629, art. 52.
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anche per esigenze di unità religiosa e di un vero e proprio
controllo della stampa.
Più il potere reale intensifica la sua azione, più gli editori
parigini sono tentati di vedere nel privilegio un diritto acquisito. L’autorità reale autorizza la prolungazione indefinita
dei privilegi sulle opere nuove, con la possibilità di pubblicare in maniera esclusiva e ininterrotta il testo. Per allontanare le rivendicazioni dei concorrenti provinciali, i librai parigini si basano sul fatto che l’autore trasferisce loro la proprietà del manoscritto.
In realtà, lo stesso potere sovrano tace sul punto non impegnandosi in un’efficace regolamentazione; solo dopo i vari
interventi del XVII secolo volti a rendere obbligatorio il privilegio e la censura preventiva, il Code de la librairie del
172322 avrebbe potuto regolamentare il mercato del libro in
maniera globale. Il Code ribadisce che nessuna autorità possa
stampare o ristampare libri senza il permesso del Guardasigilli o in assenza di privilegio, ma non si occupa di tutto
quanto riguarda la materia di proprietà del testo stampato.
Il Code de la librairie, quindi, pur avendo messo un certo
ordine nella normativa, non è stato esaustivo, se due anni
dopo,23 il Re, dato che voleva raggiungere con l’arte della
stampa una perfezione estetica, secondo quanto avveniva in
22
Code de la librairie et imprimerie de Paris ou conférence du règlement
arrêté ou Conseil d’état du Roy le 28 Février 1723. Et rendu commun pour
tout le Royaume, par Arrêt du Conseil d’Etat du 24 Mars 1744…, Paris
1744.
23
ISAMBERT (ed.), Recueil général des anciennes lois françaises…, XXI, Paris 1830, p. 287: 10 aprile 1725. Nel preambolo viene sottolineata l’importanza del regolamento del 1723 che ha messo un certo ordine nella normativa, anche se non in modo sufficiente. Nell’art. 1 (pp. 287-88) si sottolinea il fatto che non sarà dato alcun privilegio né per i libri nuovi né per
quelli già stampati se non viene presentata preventivamente una prova di
stampa e dei caratteri. Inoltre nell’art. 2 (p. 288) si richiede un’attenzione
particolare alla correttezza delle edizioni. Ci si preoccupa, inoltre, dell’assenza di una mappa dello stato dei privilegi e se ne richiede una di quelli
rinnovati dopo il 1 gennaio 1718, per i libri già stampati e una per quelli
ancora da stampare in conseguenza del rinnovo dei privilegi, anche perché
era invalsa l’abitudine di richiedere semplici permessi (art. 4, p. 288).
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Olanda, ordina che il regolamento del 1723 debba essere migliorato, eliminando gli abusi relativi alla qualità del lavoro
e al rinnovo di privilegi per libri già stampati.
A quell’epoca erano molto forti i contrasti tra i librai di
Parigi e quelli di provincia.24 I primi volevano esercitare il
diritto di proprietà che avevano acquistato dall’autore, trasformandolo in un monopolio esclusivo delle opere stampate, con il chiaro tentativo di identificare il privilegio con
la proprietà. Dal canto loro i librai di provincia, e di Lione
in particolare, sostenevano che il privilegio costituisse la
proprietà letteraria e che il sovrano, concedendo il privilegio,
concedesse la proprietà. È in virtù di questo ragionamento,
di cui è evidente la debolezza, che i librai di provincia domandarono al governo di stampare alcuni libri, di cui il privilegio era decaduto.
Ma il privilegio non ha niente in comune con la proprietà
letteraria. Questa distinzione è sempre esistita ed è sempre
stata osservata in tutte le ordinanze emanate in materia,
come prova quella di Luigi XIII del gennaio 1629 che determina le caratteristiche del privilegio, sulla base dell’ordinanza di Moulins.25
Bisogna del resto tenere presente che è stata più volte sottolineata l’ambiguità del più generale concetto di privilegio.
Penso che si possa ritenere valida questa osservazione generale anche per il privilegio di stampa e che, come ha sostenuto Laboulaye,26 il privilegio abbia confuso le idee sulla
proprietà letteraria. Ma l’ambiguità del concetto di privilegio
non vuol dire la sua confusione con la proprietà.
In realtà, i librai parigini utilizzavano questo strumento
24
PFISTER, L’auteur, propriétaire de son œuvre?…, I, pp. 180-95.
ISAMBERT (ed.), Recueil général des anciennes lois françaises…, art. 52:
«nous défendons à tous imprimeurs… d’imprimer… de vendre ou débiter aucuns livres ni écrits qui ne portent le nom de l’auteur et imprimeur, et sans
nostre permission…» che si può ottenere solo dopo che «personnes qu’ils verront estre à faire selon le sujet et matière du livre, pour le voir et examiner».
26
Cfr. E. LABOULAYE - G. GUIFFREY, La propriété littéraire au XVIIIe siècle. Recueil de pièces et de documents…, Paris 1859; cfr. anche LABOULAYE,
Etudes sur la propriété littéraire en France et en Angleterre…
25
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271
per aumentare o non perdere il proprio potere. Al contempo,
il privilegio soddisfaceva la volontà di controllare efficacemente la conformità dei testi stampati agli interessi dello
Stato, della religione e dei costumi, con un più generale controllo delle opere dell’ingegno.
Bisogna anche considerare che la stampa27 è sempre stata
un veicolo di movimenti intellettuali e che i nessi con la censura sono stati assai rilevanti, giustificando un intervento
dell’autorità monarchica nella sfera dell’attività dei singoli
per il buon ordine delle cose. Il re, infatti, fa del privilegio,
sia inizialmente sia quando sarà reso obbligatorio, uno degli
strumenti essenziali di polizia della stampa e dell’editoria
nonché precisamente della stessa censura, di cui bisognerebbe esaminare più specificamente le ripercussioni sulla
natura dei privilegi.28
Le lotte tra i librai di Parigi e quelli di provincia denotano
il mancato interesse per l’autore, che viene escluso dal diritto di sfruttamento della sua opera, perché si tende a conferirne la proprietà ai librai. Gli autori ottengono e sollecitano un privilegio per essere remunerati del loro lavoro; il
monopolio corporativo li obbliga a cedere ai librai il diritto
di sfruttamento traendo profitto dalle proprie opere. La rivalità tra i librai di provincia e quelli parigini, la cui forza
si basa sull’alleanza con il potere regio,29 porta a enunciare
il principio della proprietà originaria dell’autore sulla sua
opera. Profittando delle ripetute concessioni di privilegi
esclusivi, i librai tendono progressivamente a considerare
27
Sulla stampa francese in quel periodo cfr. in generale R. CHARTIER H.J. MARTIN (eds.), Histoire de l’édition française. Le livre triomphant 16601830, Paris 1830.
28
Si tratta di un punto di contatto molto importante con l’Inghilterra
che non mi sembra sia stato approfondito anche da chi ha messo in luce
i rapporti basati sui privilegi.
29
Analogo fenomeno si riscontra in Gran Bretagna dove, tra il 1500 e
il 1600, si instaura una vera e propria partnership tra la corona inglese e
la Stationers’ Company che deteneva il monopolio del commercio librario
britannico: cfr. MOSCATI, Un Memorandum di John Locke tra Censorship e
Copyright…, pp. 71-75.
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questi privilegi come diritti legittimamente acquisiti. In più,
autorizzando il rinnovo indefinito di privilegi per opere
nuove senza alcuna richiesta particolare, il potere politico
conferisce a queste opere un valore patrimoniale che fino ad
allora non avevano.
Dall’esame di alcuni plaidoyez di un celebre avvocato parigino, Simon Marion,30 a cui è stato di recente dato un gran
rilievo,31 si ricavano elementi utili per le riflessioni successive. Opportunamente gli scritti di Marion sono stati messi
in relazione con la censura, soprattutto per la sua richiesta
di una libera riproduzione dei testi con l’abolizione del privilegio esclusivo, che a suo giudizio impedisce al libro di vivere una vita propria.32
In particolare, dall’analisi dei plaidoyez emerge la doppia
natura del libro, quella materiale (choses corporelles) e quella
intellettuale (choses spirituelles), quest’ultima non commerciabile.33 È altresì importante l’idea di un diritto di proprietà
dell’autore sulla sua opera, relativo solo al supporto materiale e non all’opera intellettuale, con la necessaria abolizione del privilegio esclusivo che limita il diritto comune
alla libera riproduzione dei testi.34
30
Plaidoyez de M. Simon Marion, advocat en Parlement. Avec les arrest
donnez sur iceux, Paris 1693.
31
DURY, La censure…, pp. 261-64; PFISTER, L’auteur, propriétaire de son
œuvre?…, I, pp. 137-51; EDELMAN, Le sacré de l’auteur…, pp. 86-107.
32
DURY, La censure…, p. 261.
33
Plaidoyez de M. Simon Marion…, p. 4: «De mesme il y a des livres
purs profanes et d’autres tellement composez, que si on les considère
comme un papier écrit, c’est chose temporelle qui peut estre vendüe en
toute liberté; mais si on les regarde comme estant l’escriture saincte et sacrée, c’est chose spirituelle, qui ne peut admettre ny troque, ny prix. Et le
droit canon est de ceste espece… le privilège… est de droit purement temporel, et de tout soubmis à la police des Princes séculiers chacun en son
d’estroit, sans que pour ce regard le Pape, non plus que l’un des autres,
puisse excéder le fins de sa domination profane et civile».
34
Mi riferisco in particolare al Plaidoyé Premier (Sur l’impression du
Droit Canon, reformé de l’authorité de nostre Sainct Pere le Pape Gregoire
XIIII) e al Second (Sur l’impression des œuvres de Seneque recueilles par
feu Mar Antoine de Muret): Plaidoyez de M. Simon Marion…, pp. 1-6; 7-13.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
273
Non si può escludere che le riflessioni di Marion – rimasto in patria piuttosto isolato – abbiano preso vie più lontane, con riflessi sul tardo giusnaturalismo tedesco, anche se
di recente è stato considerato anticipatore di un secolo delle
teorie di Locke,35 sulla base delle sue affermazioni sul lavoro
letterario e più in generale creativo che costituisce il modo
di acquisizione della proprietà dell’autore sulla propria
opera, con l’esistenza di un diritto del privato sull’opera prevalente sul diritto del sovrano.
In realtà, è già di per sé irrealistico, come ho cercato di
dimostrare,36 il fatto che alcuni studiosi abbiano legato il
pensiero di Locke sulla proprietà materiale alla proprietà intellettuale, trasferendo il discorso dal lavoro fisico a quello
creativo. Sarà, invece, lo sforzo dell’azione pratica, del commento legislativo e dell’intervento normativo di Locke che
arriva a far emergere i problemi spingendo il legislatore a
occuparsene. Locke, infatti, aveva tentato con successo un
nuovo percorso di impegno parlamentare che sarebbe sfociato, dopo la sua morte, nella promulgazione di un apposito testo normativo.
Forse il pensiero di Marion, più opportunamente legato
alla proprietà letteraria, andrebbe approfondito per verificare se lasci o meno tracce, che non sembrano evidenti,
nella dottrina successiva.37 Nel Settecento, infatti, l’attenzione si concentra piuttosto sull’attribuzione all’autore della
proprietà dell’opera e soprattutto sulla natura di tale diritto
nei riguardi della proprietà materiale.
Più immediati i riflessi del pensiero di Marion sulle argomentazioni dei librai parigini dal XVII secolo, con il radicarsi dell’idea di proprietà del manoscritto che riveste un’importanza capitale perché permette loro di ottenere un diritto
35
PFISTER, L’auteur, proprietaire de son oeuvre?…, I, p. 145.
MOSCATI, Un Memorandum di John Locke tra Censorship e Copyright…, pp. 77-87.
37
È interessante sottolineare che alcuni termini usati da Marion in riferimento alle opere dell’ingegno come «choses spirituelles» o «choses sacrées» si rintracceranno nella tipologia semantica successiva senza riferimenti specifici.
36
274
LAURA MOSCATI
di sfruttamento di una durata illimitata. Dalla proprietà del
manoscritto a quella dell’opera intellettuale, dal monopolio
librario alla proprietà letteraria, non c’è che un passo che i
librai parigini compiranno all’inizio del XVIII secolo. In quel
periodo, infatti, si formula l’idea che l’opera dello spirito è
una proprietà acquisita originariamente dal suo creatore in
virtù del lavoro personale.
3. Quanto al Settecento,38 mi riferisco soprattutto all’opera
svolta in alcune memorie dall’abbé Blondel, da Louis d’Héricourt, da Voltaire, da Diderot, dal libraio David, che, elaborando la teoria della proprietà dell’opera intellettuale,
mettono in evidenza, almeno dal punto di vista teorico, la
posizione dell’autore nel processo di produzione letteraria e
nella nascita del diritto di edizione.
In particolare l’abbé Blondel nel 1725 si sofferma sull’autore e mette chiaramente in luce la necessità di riconsiderarne la posizione perché è giusto che ognuno viva del suo
mestiere e che, in proporzione alla sua abilità, alla sua attenzione e al suo credito, trovi nel commercio librario quello
di cui «entretenir et mesure de quoi l’établir».39 Viene richiamata molto bene da Blondel la mancanza di una legislazione sulla materia, mettendo in luce che i regolamenti
promulgati sono stati fatti soprattutto su sollecitazione dei
librai che ne vengono ovviamente favoriti. Ma quello che invece si dovrebbe riconoscere, secondo l’abate, è l’importanza
38
Cfr. in generale, e con un’impostazione più letteraria, J. BONCOMPAIN,
La Révolution des auteurs. Naissance de la propriété intellectuelle (17231815), Paris 2002.
39
L’opera fu pubblicata postuma: [P.-J. BLONDEL], Mémoire sur les vexations qu’exercent les librairies et imprimeurs de Paris publié d’après l’imprimé de 1725 et le manuscrit de la Bibliothèque de Paris par Lucien Faucou, Paris 1879 p. 47. L’avvocato Marais (Journal et mémoires de Mathieu
Marais… sur la régence et le règne de Louis XV [1715-1737]…, III, Paris
1866, pp. 164, 176, 310) scrive che l’opera sulle vessazioni fatte dagli editori al pubblico, agli autori, agli operai e ai ragazzi stampatori fece
all’epoca molto scalpore.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
275
dei libri come il bene più prezioso dopo quelli materiali e
soprattutto come strumento di innalzamento del livello culturale del paese, per cui gli autori hanno diritto a vedere riconosciute le loro fatiche. Mi sembra che nel ragionamento
appaia con evidenza l’influenza della legislazione inglese apparsa da poco,40 dove era preminente, nelle scelte effettuate,
l’interesse alla crescita del livello d’istruzione del paese.
Nello stesso anno Louis d’Héricourt redige una memoria
per il Guardasigilli per conto della corporazione dei librai parigini che volevano un sostegno autorevole dato che il Code
de la librairie appena apparso taceva sul punto dell’attribuzione della proprietà del manoscritto. Il giurista definisce la
proprietà letteraria «fruit d’un travail qui lui est personnel,
dont il doit avoir la liberté de disposer à son gré, pour se procurer, outre l’honneur qu’il en espère, un profit qui fournisse
à ses besoins et même à ceux des personnes qui lui sont
unies…»; «…et par conséquent on doit leur appliquer les lois
qui assurent l’état de toutes celles qui se font entre les hommes, soit terres, maisons, meubles…», perché «qui enfin a
obtenu un privilège pour l’imprimer, doit demeurer perpétuellement propriétaire du texte de cet ouvrage… comme
d’une terre ou d’une maison qu’il aurait acquise…».41
In tal modo d’Héricourt delinea, per la prima volta in
Francia, una precisa definizione della proprietà letteraria
frutto del lavoro personale dell’uomo, elaborando il pensiero
di Locke in materia,42 che era arrivato in Francia tramite
Jean Barbeyrac.43 Il legame con i Two Treatises of Govern40
Si tratta dello Statuto di Anna emanato nel 1710 e considerato l’origine dell’odierno copyright: cfr. 8 Annae c. 19, in The Statutes at Large, IV,
London 1769, pp. 417-419. Cfr. MOSCATI, Lo Statuto di Anna e le origini del
Copyright…
41
Cfr. Œuvres posthumes de maître Louis d’Héricourt, avocat au Parlement. Tome troisième contenant la suite de ses mémoires sur des questions
de droit civil, Paris 1759, pp. 54-71, poi ripubblicato in LABOULAYE-GUIFFREY, La propriété littéraire…, pp. 21-40.
42
Cfr. MOSCATI, Un Memorandum di John Locke tra Censorship e Copyright…, pp. 77-79.
43
Su Barbeyrac, si veda in particolare PH. MEYLAN, Jean Barbeyrac
276
LAURA MOSCATI
ment di John Locke44 è evidente. Locke era conosciuto in
Francia, dove aveva vissuto a lungo,45 e soprattutto dal 1712,
Barbeyrac aveva tradotto alcune opere di Pufendorf46 che
contenevano molte annotazioni relative al pensiero di
Locke.47
Ma l’elaborazione è più complessa. La proprietà letteraria
viene paragonata alla proprietà materiale, tanto che si devono seguire le stesse regole per l’acquisto, la vendita e i diritti successori.
(1674-1744) et le début de l’enseignement du droit dans l’ancienne Académie
de Lausanne: contribution à l’histoire du droit naturel, Lausanne [1937]; R.
ORESTANO, “Institution”. Barbeyrac e l’anagrafe di un significato (1982-83),
in Scritti, con una nota introduttiva di A. MANTELLO, IV, Napoli 1998 e ora
G.M. LABRIOLA, Barbeyrac interprete di Pufendorf e Grozio: dalla costruzione
della sovranità alla teoria della resistenza, Napoli 2003.
44
J. LOCKE, Two Treatises of Government. Ed. with an Introduction and
Notes by P. Laslett, Cambridge 2000. Si noti che l’opera venne subito tradotta in francese sulla base della prima edizione inglese: Du gouvernement
civil, où l’on traite de l’origine, des fondemens, de la nature, du pouvoir, et
des fins des sociétés politiques. Traduit de l’anglois, Amsterdam 1691. La
traduzione anonima è attribuita a David Mazel.
45
Cfr. in generale R. HUTCHISON, Locke in France. 1688-1734, Oxford
1991; I.M.WILSON, The Influence of Hobbes and Locke in the Shaping of the
Concept of Sovereignity in Eighteenth Century France, Bambury 1973, che,
pur ponendo in luce gli anni trascorsi da Locke in Francia e i suoi rapporti con il Paese, non trattano il problema specifico.
46
Jean Barbeyrac è noto soprattutto per le sue traduzioni che vengono
accompagnate da significative rielaborazioni personali: Les devoirs de
l’homme et du citoyen, tels qu’ils lui sont prescrits par la Loi Naturelle. Traduits du Latin du Baron de Pufendorf, par Jean Barbeyrac, Londres 1712
(rist. anast. Université de Caen 1989); ID., Le droit de la nature et des gens,
ou Système général des principes les plus importans de la morale, de la jurisprudence, et de la politique. Traduit du Latin de Mr. Le Baron de Pufendorf, par Jean Barbeyrac, Basle 1732 (rist. anast. Université de Caen 1989);
ID., Discours sur la liberté de conscience: ou l’on fait voir, que, par le Droit
de la nature des Gens, la Religion n’est point soûmise à l’Autorité Humaine
(Fin du second Discours de Mr. Noodt), in Recueil de Discours sur diverses
matières importantes, Traduit ou composez par J. Barbeyrac, professeur en
Droit dans l’Université de Groningue, qui y a yoint un Eloge historique de
Mr. Noodt, I, Amsterdam 1731, pp. 119-231.
47
In particolare, nella prefazione a Le droit de la nature et des gens…,
pp. XIX-XXI, viene messa in luce l’importanza del pensiero di Locke sulla
formazione del concetto di proprietà.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
277
D’Héricourt parla anche di «grands hommes en état d’appliquer leurs talents au profit de la société» con «avantages
proportionnés à l’importance de leur travail et à l’utilité que
le public en tire». Fa, quindi, un passo avanti: dopo aver collocato nell’ambito della sfera dei diritti proprietari il frutto
del lavoro dell’autore, ne intravede la natura personale facendo emergere il concetto di creatività, che si comincerà a
sviluppare in quel periodo. In tal senso si comprende meglio
l’importanza del contributo dell’abbé Blondel sulla posizione
dell’autore.
Nella Lettre à un premier commis del 1733 ma pubblicata
per la prima volta nel 1746, Voltaire invoca l’esempio inglese
per risolvere i problemi della stampa. Indirizzata a un corrispondente fittizio, la lettera assume una posizione diversa
rispetto alle altre perché entra nella lunga lotta dei philosophes per la libertà di stampa e in particolare contro l’inquisition littéraire. Voltaire avanza due argomenti: il primo considera la stampa come oggetto del commercio; il secondo,
più tipicamente voltairiano, tenta d’imporre la libertà come
completamento necessario per la fioritura artistica della
stampa classica.48
Ancora più evidente, molti anni più tardi, la sua posizione
in una lettera al libraio Pierre-Joseph-François Luneau de
Boisjermain: «Je suis très malade, Monsieur, je ne verrai pas
longtemps les malheurs des gens de lettres… il faut qu’ils
soient écrasés, attendu qu’ils ne font point corps, et qu’ils ne
sont que des membres très épars».49 Ma Voltaire chiuderà gli
occhi quando i problemi relativi agli autori cominciavano a
essere presi in considerazione.
Anche Diderot redige nel 1763 una memoria per conto dei
48
Il lavoro di Voltaire è stato ristampato di recente: VOLTAIRE, Lettre à
un premier commis, édition critique par Pierre Rétat, in The complete Works
of Voltaire, IX, Oxford 1999. Sulla posizione di Voltaire, si veda MASSON,
La condition de l’auteur en France au XVIIIe siècle: le cas Voltaire, in F.
BARBIER et al., Le livre et l’historien. Etudes offertes en l’honneur du Professeur Henri-Jean Martin, Paris 1997, pp. 551-55.
49
VOLTAIRE, Correspondance, X, édition Theodore Besterman, Paris
19862, n. 11457, pp. 15-16: 21 ottobre 1769.
278
LAURA MOSCATI
librai della corporazione parigina – Lettre sur le commerce de
la librairie – in cui, come molti intellettuali che lo hanno
preceduto o che gli sono contemporanei (Locke, Defoe,
Smith, Hume, Voltaire, ecc.), reclama la libertà di pubblicare
e tocca la questione del diritto d’autore, aderendo largamente alle richieste dei librai e ponendosi sulla strada aperta
da d’Héricourt. Infatti, Diderot si esprime così «C’est qu’on
ne connait point là la différence de l’achat d’un champ ou
d’une maison à l’achat d’un manuscrit, et en effet il n’y en a
point». E torna anche sulla nettissima differenza tra privilegio e proprietà: «Le préjugé vient de ce qu’on confond l’état
de librairie, la communauté des libraires, la corporation
avec le privilège et le privilège avec le titre de possession,
toutes choses qui n’ont rien de commun».50
L’anno successivo viene anche sollecitata da M. de Sartine,
allora direttore generale della Librairie et imprimerie, un’analisi critica della memoria di Diderot, con un lavoro che si
presenta tecnicamente utile, anche perché sollecita ufficialmente un riconoscimento della perpetuità della proprietà letteraria ed una sua equiparazione a quella materiale.51
50
Anche l’opera di Diderot è stata di recente ripubblicata: D. DIDEROT,
Lettre sur le commerce de la librairie, Paris 2001. Su quest’opera di Diderot
e sul suo pensiero in materia si veda in particolare: H. DIECKMANN, Diderot’s Conception of Genius, in «Journal of the History of Ideas», 2 (1941), pp.
151-82; D. MALO, Diderot et la librairie: l’impensable propriété, in «Recherches sur Diderot et sur l’Encyclopédie», 10 (1991), pp. 57-90; A. M. WILSON,
Diderot. Sa vie et son oeuvres. Traduit de l’anglais par G. Chahine, A. Lorenceau, A. Villelaur, Paris 1985; G. TURNOVSKY, Conceptualising the Literary
Market: Diderot and the Lettre sur le commerce de la librairie, in «SVEC:
Studies on Voltaire and the Eighteenth Century», 1 (2003), pp. 135-70.
51
L’analisi, rimasta inedita, fu pubblicata nel 1859: Représentations et
observations en forme de mémoire sur l’état ancien et actuel de la librairie,
ses règlements, ses privilèges et autres objets relatifs a son commerce et aux
gens de lettres, présentées a M. de Sartine, Maître des requêtes, directeur général de la librairie et imprimerie, par les Syndic et adjoints en charge au
mois de mars 1764, in LABOULAYE - GUIFFREY, La propriété littéraire…, pp.
51-120. Cfr. PFISTER, L’auteur, propriétaire de son œuvre?…, I, pp. 289-93.
Le annotazioni di M. Marin rimaste inedite sono state pubblicate da M.
MALAPERT, Histoire abrégée de la législation sur la propriété littéraire avant
1789, Paris 1881, pp. 40-60.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
279
E ancora David nella voce «Droit de copie» de l’Encyclopédie parla di «productions de l’esprit, fruits de son travail»,
di «gens de lettres… incontestablement propriétaires de
leurs productions manuscrites ou imprimées» e soprattutto
di «propriété de l’ouvrage littéraire… est alors un effet commerçable, comme une terre, une rente, une maison; elle
passe des pères aux enfants… par héritage…».52 Diritto di
copia nel senso di proprietà dell’opera, di cui vengono descritti i mezzi di trasmissione equivalenti a quelli della proprietà materiale, ma di cui si giustifica anche il privilegio sovrano che non aveva nessuna volontà di spogliare l’autore
del suo diritto né di proprietà né di paternità. L’errore, secondo David, è stata la temporaneità per riservare all’autorità sovrana il diritto di rinnovare un privilegio concesso in
un’epoca diversa, senza arrogarsi, però, il diritto di rifiutarlo
allo stesso proprietario. David, quindi, si pone sulla scia
della dottrina settecentesca in materia, offrendo un incontestabile appoggio ai diritti degli autori.
Questo atteggiamento rispecchia in generale la crisi che
investiva il ruolo sociale del nuovo intellettuale dell’Illuminismo,53 che non trovava più spazio nella società di corte ma
doveva prendere coscienza della sua posizione e, come è
stato ben evidenziato da Voltaire,54 farsi strada da solo, attraverso la concorrenza del merito personale.
Ormai i tempi sono maturi per la formazione del nuovo e
moderno concetto di diritto d’autore.
Il noto ministro di Luigi XVI, Anne Robert-Jacques Turgot, nell’Edit des jurandes del 177655 lega per la prima volta,
52
Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, par une société de gens de lettres. Mis en ordre et publié par M. Diderot, et quant à la partie mathématique par M. D’Alambert, Nouvelle édition,
XI, Genève 1777, pp. 449-452: droit de copie. L’articolo è a firma di «M.
David, un des Libraires associés pour l’Encyclopédie».
53
Cfr. R. DARNTON, L’intellettuale clandestino. Il mondo dei libri nella
Francia dell’Illuminismo, Milano 1990.
54
Su cui cfr. R. CHARTIER, L’uomo di lettere, in M. VOVELLE (ed.), L’uomo
dell’Illuminismo, Roma-Bari 1994, pp. 143-97.
55
L’editto fu emanato nel febbraio 1776. Cfr. Les Edits de Turgot, Paris
280
LAURA MOSCATI
sulla scia del pensiero di Locke,56 di cui abbiamo visto segni
evidenti nella memoria di d’Héricourt, il «droit de travailler»
alla «propriété de tout homme et cette propriété est la première, la plus sacrée et la plus imprescriptible de toutes»,
sicché si deve guardare attentamente «à ce droit inaliénable
de l’humanité… en conséquence abroger ces institutions arbitraires, qui ne permettent pas à l’indigent de vivre de son
travail… qui éloignent l’émulation et l’industrie, et rendent
inutiles les talents de ceux que les circostances excluent de
l’éntrée d’une communauté; qui privent l’état et les arts de
toutes les lumières que les étrangers y apporteraient».57 Anche se l’editto non contiene elementi specifici riguardanti la
proprietà letteraria di recente e a buon diritto è stato considerato «le trait d’union entre la doctrine physiocratique et la
consécration législative du droit de propriété de l’auteur».58
1976, pp. 75-107. Sulla figura e l’opera di Turgot, si veda di recente J.-P.
POIRIER, Turgot. Laisser-faire et progrès social, Saint-Amand-Montrond
1999, pp. 288-96. Cfr. anche J. BORDES - CH. MORANGE (eds.), Turgot, économiste et administrateur. Actes d’un sém. 8-10 ott. 1981, Paris 1982 e in
particolare J. MORANGE, L’Etat et le droit dans la pensée de Turgot, pp. 13346; E. AGOSTINI, Turgot législateur, pp. 147-58; J.-L. HAROUEL, Turgot et la
monarchie française, in J. HOAREAU-DODINAU - P. TEXIER (eds.), Anthropologie juridiques. Mélanges Pierre Braun, Limoges 1998, pp. 373-83.
56
Sull’influenza del pensiero di Locke su Turgot, cfr. MORANGE, L’Etat
et le droit…, pp. 144-46; AGOSTINI, Turgot législateur, p. 148; U. PETRONIO,
Il denaro è una merce. Il prestito a interesse tra fisiocrazia e codificazione,
in A Ennio Cortese, III, Roma 2001, pp. 98-126.
57
Cfr. Les Edits de Turgot…, pp. 82-83.
58
Cfr. PFISTER, L’auteur, propriétaire de son oeuvre?…, I, pp. 360. Una
parte della dottrina ottocentesca aveva individuato l’origine della proprietà
letteraria nelle parole di Turgot, anticipando in sostanza quanto contenuto
negli editti specifici successivi: si veda in particolare E. BLANC-A. BEAUME,
Code général de la propriété industrielle littéraire et artistique… Paris 1854,
pp. III-IV; J. PATAILLE-A. HUGUET, Code international de la propriété industrielle, artistique et littéraire…, Paris 1855, p. VI. Altri come N.M. LE
SENNE (Brevets d’invention. Traité des droits d’auteur et d’inventeur en matière de littérature, de sciences, d’arts et d’industrie, Paris 18492, p. 12) ricordano, nella ricostruzione storica dell’istituto, l’Edit des jurandes, «un
acte de bonne politique et de grande sagesse», senza legarlo direttamente
alla successiva e specifica legislazione sulla proprietà letteraria.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
281
Altri elementi servono di corollario al nostro discorso.59 In
quel periodo la Francia aspirava a una modernizzazione
delle strutture e dei loro apporti e dal 1774 al 1776 Turgot
legislatore aveva tentato di inglobare nell’ordine economico
il principio della libertà dell’uomo, dando importanza alla
sua dignità e al suo rispetto fondati sul riconoscimento della
necessità di un’uguaglianza di considerazione tra i soggetti
di diritto. Ciò implicava ovviamente la cessazione delle discriminazioni con l’abolizione dei privilegi.
Pur non avendo mai scritto nulla relativo allo Stato o al
diritto, nella voce Fondation de L’Encyclopédie méthodique,
Turgot sosteneva che «l’utilité publique est la loi suprême»,60
presentando, in tal modo le sue idee maestre, secondo cui le
leggi sono fatte per il bene pubblico e sono fondate sulla
giustizia e la ragione.
Sulla base di queste considerazioni, l’Editto di Turgot può
essere considerato il fondamento dei successivi arrêts del
1777 e del 1778. Il primo,61 ponendosi a conclusione delle
lunghe fatiche degli intellettuali durante tutto il secolo, concede agli autori e ai loro eredi di usufruire in perpetuo dei
59
Mi riferisco in particolare alle riflessioni di Turgot sulla formazione
e distribuzione della ricchezza che si rifanno al secondo trattato di Locke
sul governo civile, in cui Turgot attribuisce la proprietà della terra a colui che con il suo lavoro la coltiva. Allo stesso modo egli ci spiega che il
proprietario non può essere distinto dal coltivatore.
60
Turgot prosegue: «…et ne doit être balancée ni par un respect superstitieux pour ce qu’on appelle l’intention des fondateurs»: cfr. [TURGOT], Fondation, in Encyclopédie méthodique. Jurisprudence dédiée et présentée a Monsieur de Miromesnil garde des Sceaux de France, IV, Paris
1784, p. 570. Cfr. anche ne La collection des principaux économistes,
l’elenco delle principali opere di Turgot (tt. III e IV) e la biografia (Notice
historique sur la vie et les travaux de Turgot) di E. DAIRE.
61
ISAMBERT (ed.), Recueil général des anciennes lois françaises…, XXV:
30 agosto 1777, pp. 108-28. Si tratta di 6 editti emanati contemporaneamente e, pur riguardando lo stesso tema, il primo è quello che ha il maggiore interesse. L’arrêt è stato considerato ancora «un’organica disciplina
dell’istituto del privilegio… quando però l’istituto stesso era ormai avviato
ad una rapida fine»: cfr. P. GRECO-P. VERCELLONE, I diritti sulle opere dell’ingegno, in Trattato di diritto civile italiano diretto da F. VASSALLI, XI/3,
Torino 1974, p. 3.
282
LAURA MOSCATI
privilegi esclusivi loro accordati, se non vengono ceduti, e limita a dieci anni62 i privilegi concessi agli editori per la pubblicazione di nuovi libri. La dichiarata perpetuità viene accolta in modo alterno dalla giurisprudenza e dalla dottrina
immediatamente successive. La prima pone l’accento sulla
scelta positiva del sovrano, considerando il godimento durante la vita dell’autore come un giusto equilibrio preferibile
a un termine infinito ma illusorio; la seconda sottolinea il
fatto che il privilegio ovviamente cessa con la vita dell’autore, perché questi non può concentrare nelle sue mani la
doppia funzione di artefice dell’opera e di suo stampatore.63
La perpetuità dei diritti ereditari, fortemente richiesta dagli
Illuministi, sembra essere stata concessa dal legislatore in
modo fittizio; in ogni caso, comincia ad affiorare, da parte
dell’autorità regia, il riconoscimento di una primordiale proprietà incorporale.
Il secondo arrêt64 regola le relazioni tra l’editore e l’autore
in modo che questi possa conservare la proprietà del privilegio accordato alla sua opera anche dopo la pubblicazione
e le successive ristampe,65 presentando in nuce alcuni degli
aspetti tipici dei diritti d’autore legati alla persona.
Una voce molto interessante – anzi è stata considerata la
più interessante66 – sugli arrêts esaminati è quella dell’avvocato Linguet67 che, sulla scia degli intellettuali del Sette62
ISAMBERT, Recueil général des anciennes lois françaises…, art. 3: «Les
privilèges qui seront accordés à l’avenir, pour imprimer des livres nouveaux, ne pourront être d’une moindre durée que de dix années».
63
Interessanti al riguardo le osservazioni della più avvertita giurisprudenza: cfr. GUYOT, Répertoire universale et raisonné de jurisprudence civile,
criminelle, canonique et bénéficiale…, XIII, Paris 1784, s.v. privilège. Per la
dottrina, cfr. infra, le osservazioni di Linguet al riguardo.
64
ISAMBERT, Recueil général des anciennes lois françaises…: 30 luglio
1778, pp. 370-71.
65
ISAMBERT, Recueil général des anciennes lois françaises…, art. 2.
66
Il giudizio è di Guiffrey, cfr. LABOULAYE-GUIFFREY, La propriété littéraire…, p. 230.
67
Cfr. Opinion de Linguet sur les privileges, in LABOULAYE-GUIFFREY, La
propriété littéraire…, pp. 231-64. Più positivo successivamente il giudizio
di F. LAFERRIÈRE, Propriété littéraire. Principe fondamental, in «Revue de legislation et de jurisprudence», 5 (1836), pp. 81-92.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
283
cento, si dichiara a favore del principio della perpetuità, indica chiaramente il parallelismo tra la proprietà materiale e
quella letteraria – da non confondere con il privilegio – strettamente legata all’autore, come frutto del suo lavoro, che gli
assicura indipendenza e dignità. Accusa, inoltre, gli uomini
di lettere di non combattere fortemente per i loro diritti legittimi. La parte più interessante delle riflessioni di Linguet
riguarda la serrata critica agli arrêts appena apparsi68 che
non offrono nulla agli autori ma li spogliano dei loro diritti:
essendo impossibile che un autore possa al contempo scrivere e vendere le sue opere, il diritto introdotto sarà di fatto
limitato alla vita dell’autore.
Contemporaneamente una serie di voci dell’Encyclopédie
relative alla contraffazione dimostrano che era stato recepito
il concetto di proprietà dell’opera dell’autore, con una forte
condanna delle opere contraffatte.69 Gli stessi principi si rin68
Stessa critica che troviamo nelle parole dell’abate Pluquet che considera il nuovo sistema normativo un insulto al diritto e alla ragione: Lettres à un ami par l’abbé Pluquet (1778-1779), in LABOULAYE-GUIFFREY, La
propriété littéraire…, pp. 277-358. Le lettere si presentano scritte da un
amatore e non da un tecnico dei problemi che vengono affrontati: la natura della proprietà letteraria, il suo allinearsi a quella materiale, sono affiancati dal sentimento di pena nei riguardi della situazione degli uomini
di lettere. Anche il commento agli arrêts del 1777, presente nella stessa
raccolta, mette in luce i limiti del testo normativo: Arrêts du Conseil d’État du roi concernant la Librairie et l’Imprimerie (1777), in LABOULAYE-GUIFFREY, La propriété littéraire…, pp. 123-26.
69
Nella voce contre-façon è chiara l’attribuzione: «Terme de Librairie,
qui signifie édition ou partie d’édition d’un livre contrefait, c’est-à-dire,
imprimé par quelqu’un qui n’en a pas le droit, au préjudice de celui par
la propriété que lui en a cédée l’auteur; propriété rendue publique et authentique par le privilège du Roi, ou autres lettres du sceau équivalentes»:
cfr. Encyclopédie ou dictionnaire raisonné…, IX, Genève 1777, p. 281. O
ancora nella voce contrefaire: «en terme de librairie, c’est faire contre le
droit d’un tiers, et à son préjudice, une édition d’un livre qu’il a seul droit
d’imprimer, en vertu de la cession que l’auteur lui a faite de tous ses
droits sur son ouvrage, et de la permission ou du privilège du Roi. Il y a
dans ces privilèges des peines portées contre ceux qui contrefont, ou qui
achètent et vendent des livres contrefaits; mais outre ces peines, il y a un
déshonneur réel attaché à ce commerce illicite, parce qu’il rompt les liens
les plus respectables de la société, la confiance et la bonne foi dans le
284
LAURA MOSCATI
tracciano chiaramente nelle varie voci sui privilegi.70 Anche
la meno nota Encyclopédie méthodique non manca di sottolineare le caratteristiche essenziali della contraffazione,71 definita un «crime» contro l’autore o il libraio che ha ceduto
il suo diritto di proprietà e il suo privilegio. Riferendosi agli
arrêts più volte menzionati che formavano lo stato attuale
della giurisprudenza su questo punto, l’Encyclopédie pone
piuttosto l’accento sulle novità introdotte per combattere la
contraffazione e conciliare gli interessi degli autori con
quelli del commercio.72
La creazione nel 1777 del bureau de la législation dramatique, sotto la guida di Caron de Beaumarchais,73 con l’intento
di riunire gli autori e compositori drammatici, fornirà alla
nascente rivoluzione un terreno fertile con una coscienza
piena delle aspettative degli intellettuali dell’Illuminismo.
commerce. Ces peines et ce déshonneur n’ont lieu que dans un pays soumis à une même domination; car d’étrangers à étrangers, l’usage semble
avoir autorisé cette injustice»: cfr. Encyclopédie ou dictionnaire raisonné…,
IX, Genève 1777, p. 281. Anche successivamente, dopo la promulgazione
del Code civil, il tenore delle definizioni non cambia. Cfr. C.H. D’AGAR
(ed.), Le nouveau Ferrière, ou Dictionnaire de droit et de pratique, civil,
commercial, criminel et judiciaire, I, Paris 1805, pp. 481-83: contrefaçon,
come «action d’imiter, de contrefaire un ouvrage qui est la propriété d’autrui». Sulla contraffazione in quel periodo cfr. F. WEIL, Contrefaçon et droit
de copie avant 1777, in F. MOUREAU (ed.), Les presses grises. La contrefaçon
du livre (XVIe-XIXe siècle), Paris 1988, pp. 87-100.
70
Mi riferisco in particolare alla voce privilège d’impression (librairie):
«C’est une permission qu’un auteur ou un libraire obtient au grand sceau,
pour avoir seul la permission d’imprimer ou faire imprimer tel livre; ce
privilège est proprement exclusif»; viene anche messo in rilievo che
«quelques-uns des derniers règlements dérogent aux anciens, d’autre sont
mal expliqués, et plusieurs sont contraires au bien et à l’avantage du commerce de la librairie»: cfr. Encyclopédie ou dictionnaire raisonné…, XXVII,
Genève 1778, p. 456.
71
Cfr. Encyclopédie méthodique…, III, Paris 1783, pp. 295-98: contrefaçon.
72
Sulla funzione dell’Encyclopédie, si veda in particolare DARNTON, L’aventure de l’Encyclopédie 1775-1800. Un best-seller au siècle des Lumières,
Préface d’E. LE ROY LADURIE, Paris 1982 (trad. it. Il grande affare dei lumi,
Milano 1998).
73
I. INCHAUSPÉ-R.GODEAU, Main basse sur la musique. Enquête sur la Sacem, Calman-Levy 2003.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
285
4. Il reale spartiacque tra il vecchio e il nuovo regime in materia di diritto d’autore si deve individuare nella legge sull’abolizione dei privilegi del 4-11 agosto 1789, che conteneva la
soppressione «sans retour» di tutti i privilegi,74 nonché nell’art. 11 della «Déclaration des droits et des devoirs de
l’homme et du citoyens» che consacrava la libertà di
stampa.75 Pur avendo ambedue i testi normativi una ricaduta
sui problemi attinenti al diritto d’autore,76 sui rapporti tra
autori ed editori e favorendo una notevole apertura editoriale e commerciale, non garantivano ancora maggiore sicurezza rispetto al sistema in via di erosione del privilegio. Assistiamo, in conseguenza di ciò, nella legislazione rivoluzionaria, al passaggio dal regime dei privilegi all’attribuzione
della proprietà all’autore, con l’eliminazione del rischio di
monopolio e l’incremento dell’industria e del commercio.
Va, infatti, sottolineato che il rapporto tra autore ed editore aveva già raggiunto nell’Europa dell’ancien régime una
complessità di maturazione e di elaborazione con una percezione economica ormai chiara dell’attività editoriale. Mancava, però, una base legislativa che regolamentasse l’ordine
dei problemi che di volta in volta si presentavano. Come è
noto, soltanto in Inghilterra, già agli inizi del Settecento, era
stata emanata una normativa specifica che sarà seguita dalle
leggi sul copyright con implicazioni decisamente economiche
74
Bulletin des lois, I, Paris 1834, n. 14, p. 12, artt. 9-10. Cfr. anche J.B.
DUVERGIER, Collection complète des lois, décrets, ordonnances, règlemens,
avis du Conseil…, I, Paris 18342, p. 34.
75
DUVERGIER, Collection complète des lois…, III, Paris 18342, p. 240.
76
Secondo alcuni studiosi (come ad esempio G. BECOURT, La Révolution française et le droit d’auteur pour un nouvel universalisme, in «Revue
internationale du droit d’auteur», 143 [1990], p. 249; O. LALIGANT, La Révolution française et le droit d’auteur ou pérennité de l’object de la protection, in «Revue internationale du droit d’auteur», 147 [1991], p. 3) la legge
avrebbe riguardato anche i privilegi relativi agli autori ed editori; per altri (si veda in particolare PFISTER, L’auteur, proprietaire de son oeuvre?…,
I, p. 409-10) il testo normativo non trattava espressamente di privilegi
esclusivi riguardanti il commercio e l’industria e cioè gli editori, ma avrà
comunque un ruolo in tal senso in futuro.
286
LAURA MOSCATI
o per meglio dire con le caratteristiche di un monopolio di
sfruttamento.77
In Francia, l’inizio di un nuovo regime in materia dei diritti sulle opere dell’ingegno si ha con la legge del 1793,78
emanata nei primi anni della Rivoluzione e successiva a
un’altra legge rivoluzionaria del 179179 che riguardava le
opere drammatiche e che apriva la via alla legislazione in
materia di proprietà letteraria.80 Agli inizi degli anni Novanta, infatti, l’Assemblea Costituente si occupa a più riprese
di opere drammatiche a seguito di una serie di suppliche
che riguardano sollecitazioni in favore dei loro autori.81 Si
77
Anche gli Stati Uniti d’America seguiranno la strada del copyright,
sulla base della Costituzione in cui è contenuto un articolo che prevede
un diritto esclusivo dell’autore (art. 1, sez. VIII, § 8) seguito da successivi
atti legislativi a partire dal 10 agosto 1790. Cfr. J.C. GINSBURG, A Tale of to
Copyrights: Literary Property in Revolutionary France and America, in «Revue internationale du droit d’auteur», 147 (1991), pp. 125-289. Si veda anche A. FRANÇON, Le droit d’auteur au-delà des frontières: une comparaison
de conceptions civiliste et de Common Law, in «Revue internationale de
droit d’auteur», 149 (1991), pp. 3-27 e soprattutto ora l’imponente lavoro
di O. BRACHA, Owing Ideas: a History of Anglo-American Intellectual Property (S.J.D. Dissertation, Harward Law School 2005).
78
Si tratta del Décret relatif aux droits de propriété des auteurs d’écrits,
en tout genre, compositeurs de musique, peintres et dessinateurs, del 1924.7.1793, in Bulletin des lois, IV, Paris 1835, n. 615, pp. 307-10. Cfr. anche DUVERGIER, Collection complète des lois…, VI, Paris 18342, pp. 29-32.
79
Décret relatif aux spectacles del 13-19.1.1791, in Bulletin des lois, II,
Paris 1834, n. 27, pp. 4-6. Cfr. anche DUVERGIER, Collection complète des
lois…, II, Paris 18342, p. 151.
80
Cfr. BECOURT, La Révolution française et le droit d’auteur…; LALIGANT,
La Révolution française et le droit d’auteur…; S. JURATIC, Le commerce du
livre à Paris à la veille de la Révolution, in J.Y. MOLLIER (ed.), Le commerce
de la librairie au XIXe siècle. 1798-1914, Paris 1997, pp. 19-26.
81
Mi riferisco in particolare ad alcuni reclami contro gli usi che arrecano danno alla proprietà degli autori drammatici, perché l’arte drammatica sia veramente libera. Per mantenere la libertà ottenuta è necessario
che non sia lasciato all’arbitrio lo stretto legame tra autore e attore e che
non siano preferiti solo questi ultimi attraverso regolamenti restrittivi: Archives parlementaires de 1787 à 1860. Recueil complet des débats législatifs
et politiques des chambres françaises… Première série (1787 à 1799), t.
XVIII, Paris 1884, p. 249: 24.8.1790. Si richiede anche una legge che deve
riguardare sia gli attori sia gli autori con l’abolizione dei privilegi affin-
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
287
cerca ispirazione nella legislazione inglese, con la precisa
idea che la tutela dell’autore «en Angleterre, est l’objet d’un
acte tutélaire; qui, dans notre nouvelle législation, sera l’objet d’une loi positive, et cela sera beaucoup plus sage».82
Si ritiene, infatti, necessaria una «loi générale sur les
spectacles, sur la propriété des auteurs et sur la durée qu’elle
doit avoir». In questo clima, l’Assemblea si prepara ad accogliere alcune istanze e a discuterne i particolari.83 La proposta di Le Chapelier incentrata sul fatto che «la plus sacrée,
la plus légitime, la plus inattaquable, et… la plus personnelle
de toutes les propriété, est l’ouvrage fruit de la pensée d’un
écrivain», anche se si tratta di «une propriété d’un genre
tout différent des autres propriétés»,84 si inserisce in un momento particolarmente propizio e sfocia nella legge del 1791.
L’accezione «la plus sacrée», con cui Le Chapelier definisce
la proprietà letteraria viene subito utilizzata dai più avvertiti
intellettuali che lottavano per i problemi attinenti agli autori85 e sembra ricalcare la medesima espressione usata da
ché gli attori non abbiano proprietà esclusiva su ciò che rappresentano;
perciò si auspica un regolamento vantaggioso per ambedue affinché non
si rappresenti un dramma di un autore vivente senza il suo assenso: Archives parlementaires…, p. 256.
82
Bulletin de l’assemblée nationale, in Réimpression de l’Ancien Moniteur
seule histoire authentique et inaltérée de la Révolution française depuis la
réunion des états-généraux jusqu’au consulat (Mai 1789-Novembre 1799) avec des notes explicatives, VII, Paris 1861, p. 117.
83
Gli autori drammatici richiedono, tra l’altro, un diritto esclusivo in
vita e cinque anni dopo la morte; richiedono inoltre una legge contro le
troppe pretese dei commedianti che vorrebbero appropriarsi dei capolavori dei maestri del passato: Archives parlementaires…, p. 249.
84
Archives parlementaires…, p. 212.
85
«Ma propriété seule, comme auteur dramatique, plus sacrée que
toutes les autres, car elle ne me vient de personne… l’œuvre sortie de mon
cerveau». Così si esprime Caron de Beaumarchais nella Pétition à l’Assemblée nationale contre l’usurpation des propriétés de spectacles, lue par
l’auteur au Comité d’instruction publique le 23 décembre 1791, in BAETENS
(ed.), Le combat du droit d’auteur…, p. 55. Cfr. anche P. LOMBARD, Enquête
des auteurs. La liberté d’écrire de Homère à nos jours, Paris 2004, pp. 7781. Bisogna tener presente che il termine sacré era stato usato forse per
la prima volta da Marion (cfr. supra, nota 33).
288
LAURA MOSCATI
Turgot nel definire la proprietà, offrendo in tal modo un ulteriore elemento dell’influenza esercitata dall’Edit des jurandes nella formazione del diritto di proprietà dell’autore e
dello stretto legame tra le trasformazioni dell’istituto proprietario in generale e la proprietà letteraria in particolare.
La libertà di stampa e la libera concorrenza, con l’abolizione dei privilegi conseguenti ai principi rivoluzionari, avevano creato uno stato di anarchia sia nell’editoria,86 sia specificamente nella Commédie française, determinando la necessità di un intervento normativo stabilizzante. Alcuni principi enunciati dagli intellettuali del Settecento erano rimasti
ben saldi nella coscienza dei rivoluzionari, come il riconoscimento della proprietà dell’autore sulla sua opera e del suo
diritto al godimento dei frutti che ne derivano.87 Già da queste discussioni è chiaro che il diritto di sfruttamento economico deve durare tutta la vita dell’autore e un tempo limitato per gli eredi,88 principio che nasce nell’epoca rivoluzionaria e resta saldo tuttora.
Viene presa in considerazione la natura della proprietà,
come la più sacra e peculiare di tutte le proprietà. Si pone,
quindi, con forza l’accento sul fatto che soltanto la Rivoluzione francese abbia enunciato la necessità di rendere giustizia ai diritti degli autori, ricordando che «il y avait autrefois dans le royaume, c’était dans un temps ou nous étions
86
Ciò è ben evidenziato dalla giurisprudenza successiva: «La révolution
qui avait bouleversé, qui avait proscrit le mot de privilège, et proclamé la
liberté de la presse, avait jeté de l’incertitude sur la propriété littéraire
dont l’existence et la garantie résidaient dans des autorisations du gouvernement qui portaient le nom du privilège». Cfr. FAVARD DE LANGLADE
(ed.), Répertoire de la nouvelle législation civile, commerciale et administrative ou analyse raisonnée des principes consacrés par le code civil, le code
de commerce, et le code de procédure; par les lois qui s’y rattachent; par la
législation sur le contentieux de l’administration; et par la jurisprudence…,
IV, Paris 1824, pp. 623.
87
«il est juste de faire jouir un auteur de son travail…»: cfr. Bulletin de
l’assemblée nationale…, p. 117: 13 janvier.
88
«de lui conserver pendant sa vie, et ses héritiers quelques années après sa mort, le droit de disposer de l’ouvrage»: cfr. Bulletin de l’assemblée nationale…, p. 117.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
289
Barbares, comme sous Louis XIV… des censeurs qui empêchaient qu’on représentât rien qui fût contraire ni aux
mœurs, ni aux lois».89
Anche se non si parla specificatamente di un diritto di
sfruttamento, viene a crearsi una distinzione tra le opere degli autori deceduti che, dopo cinque anni in cui restano nelle
mani degli eredi,90 diventano di proprietà pubblica e possono essere liberamente rappresentate e quelle degli autori
viventi che, senza il loro consenso formale e scritto e sotto
pena di confisca degli incassi a favore dell’autore, non possono essere riprodotte. Nasce, quindi, nel droit intermédiaire,
la cosiddetta proprietà temporanea che determina le sorti e
gli sviluppi della proprietà intellettuale fino ai nostri giorni.
Con la legge del 1791, che riguarda esclusivamente gli
autori drammatici, si vengono a definire basi più ampie
alla libertà teatrale, cioè alla facoltà di rappresentare i capolavori del teatro francese senza che essi siano appannaggio di un ristretto gruppo di commedianti, e si determinano
i rapporti tra gli autori e gli imprenditori di spettacoli. In
realtà, la legge prepara la strada alla successiva attività legislativa e alla conseguente emanazione di una normativa
vera e propria.
Vengono, così, riconosciuti i diritti afferenti alla sfera patrimoniale dell’autore che non lo erano mai stati precedentemente. La natura morale non viene ancora considerata,
anche se alcuni diritti afferenti alla persona avevano già
avuto riconoscimento implicito dopo l’invenzione della
stampa.91 Mi riferisco alla subordinazione della stampa alla
89
Così si esprime nella discussione l’abbé Maury, cfr. Bulletin de l’assemblée nationale…, p. 119. Cfr. anche A.CH. RENOUARD, Traité des droits d’auteurs dans la littérature, les sciences et les beaux-arts, I, Paris 1838, p. 313.
90
È interessante notare che nei lavori dell’assemblea il deputato Landine aveva chiesto un emendamento su questo punto: «la propriété de
l’auteur soit conservée, après sa mort, à ses héritiers pendant dix ans, au
lieu de cinq»: cfr. Bulletin de l’assemblée nationale…, p. 120. L’emendamento venne rigettato e subito dopo la legge del 1793 sul diritto d’autore
portò a 10 anni il limite dei diritti ereditari.
91
Archives parlementaires…, t. XXXI, 28.2.1791, pp. 532-34: rapporto
290
LAURA MOSCATI
dimostrazione del consenso dell’autore con l’indicazione del
nome, che prima non era considerato elemento necessario e
soprattutto alla creatività che, emersa in Inghilterra nella
prima metà del XVIII secolo senza un seguito legislativo,
trasmigra rapidamente in Francia, dove gli intellettuali del
Settecento ne esaltarono gli elementi essenziali. Il suo riconoscimento risale, infatti, alle riflessioni di alcuni intellettuali inglesi e francesi del secolo precedente, che costituirono un importante punto di contatto tra i due sistemi, che
però non trova seguito nel copyright.92
Tra le tante petizioni merita di essere ricordata, subito
dopo la promulgazione della legge francese del 1791, quella
degli inizi dell’anno successivo in cui tre insigni letterati più
che ottuagenari, Favart,93 La Place94 e il nostro Goldoni,95 redel deputato del Basso Reno François de Hell. Sembra per la prima volta
utilizzato il termine «droit d’auteur», usuale nella dottrina contemporanea
ma allora preferito dall’espressione «propriété littéraire»: cfr. PFISTER,
L’auteur, proprietaire de son oeuvre?…, I, p. 435.
92
Ciò emerge con chiarezza dalle indagini effettuate sui pamphlets inglesi e francesi su cui mi propongo di tornare in futuro. Per la Francia mi
riferisco in particolare alle riflessioni di d’Héricourt e soprattutto alla voce
Génie di Diderot, in Encycopédia ou dictionnaire raisonné… VII, pp. 579-83.
93
Charles-Simon Favart fu uno dei maggiori rappresentanti della commedia francese; fu ammiratore di Goldoni che lo ebbe amico durante il
soggiorno parigino.
94
Si tratta di Pierre Antoine de La Place scrittore, autore drammatico,
traduttore, che visse tra il 1707 e il 1793: cfr. Index biographique français 2ème
édition cumulée et augmentée par Tommaso Nappi, V, München 1998, p. 1930.
95
Come è noto, dal 1762 Carlo Goldoni si trasferì da Venezia a Parigi,
dove per vivere insegnò italiano alla figlia di Luigi XV e alle sorelle di
Luigi XVI con modesta pensione che gli fu tolta proprio nel 1792. In
Francia, Goldoni trovò, soprattutto nel periodo iniziale, calma e serenità:
cfr. C. GOLDONI, Memorie, a cura di C. BOSISIO, Milano 1993. La III parte
delle Memorie contiene la vicenda dell’emigrazione di Goldoni in Francia,
con interessantissime osservazioni sulle istituzioni francesi e sulla Comédie française (pp. 535-727) e si conclude con il 1787, anno del suo ottantesimo compleanno. A detta dei contemporanei, Goldoni «forme une exception; il a trouvé en France, pour la quelle il n’avait pas écrit, une fortune que son pays, jouissant de ses oeuvres, lui avait refusée». Si tratta
della voce di Louis-Sébastian Mercier, osservatore preciso e impegnato
della Parigi prerivoluzionaria che, nel Tableau de Paris (Livre onzième
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
291
clamano, davanti all’Assemblea Costituente, giustizia in
nome di tutta la letteratura drammatica.96 La Place conferma le parole precedentemente espresse dal deputato del
Basso Reno de Hell, ribadendo soprattutto che non esiste
proprietà più immediata e più sacra di quella del pensiero.
Aggiunge inoltre che gli autori fino a quel momento hanno
ottenuto soltanto l’attribuzione della proprietà morale dell’opera vivendo nell’indigenza.
Gli elementi considerati si consolidano nella nuova proposta legislativa di Lakanal. Questi, con un discorso scarno,
ma denso di significato, in nome del Comitato d’istruzione
pubblica97 presenta un progetto di decreto sulla proprietà
letteraria e artistica, inteso a rafforzare la legittimità dei diritti dell’autore attraverso una legge positiva che contenga la
«déclaration des droits du génie».98
Si sollecita, infatti, una legislazione più completa, ritenuta
indispensabile, sulla proprietà della produzione scientifica e
letteraria che contenga una parte spirituale di soddisfazione
dell’autore perché «de toutes les propriétés, la moins susceptible de contestation… c’est sans contredit celle de production du génie».99 Restava, quindi, da attribuire un valore
1789), cap. 438, ed. J.-C. BONNET, 2 voll., Paris 1994, offre una fonte d’informazione per la vita dei métiers.
96
Archives parlementaires…, t. XXXVIII, pp. 183-84: 5 febbraio 1792.
97
Bulletin de la convention nationale, in Réimpression de l’Ancien Moniteur seule histoire authentique et inaltérée de la Révolution française depuis la réunion des états-généraux jusqu’au consulat (Mai 1789-Novembre
1799) avec des notes explicatives, XVII, Paris 1861, p. 176.
98
Archives parlementaires…, t. LXIX, pp. 186-87. La Commissione
adotta i cinque articoli proposti, di cui il primo è particolarmente significativo perché così recita: «Les auteurs d’écrits en tout genre, les compositeurs de musique, les peintres et dessinateurs qui feront graver des tableaux ou dessins, jouiront durant leur vie entière du droit exclusif de
vendre, faire vendre, distribuer leurs ouvrages dans le territoire de la République, et d’en céder la propriété en tout ou en partie». Un membro
propone che le opere vengano depositate alla Biblioteca nazionale e al Gabinetto delle stampe; un altro membro chiede che gli eredi abbiano la
proprietà esclusiva dell’opera per dieci anni. Le due proposte vengono accettate e il testo definitivo del progetto comprende sette articoli.
99
Bulletin de la convention nationale…, p. 176.
292
LAURA MOSCATI
patrimoniale allo sforzo de l’«homme de génie, qui consacre
ses veilles à l’instructions de ses concitoyens, n’eût à se promettre qu’une gloire stérile, et ne pût revendiquer le tribut
légitime d’un si noble travail!».100
Il progetto di Lakanal si trasforma nella legge del 1793 che,
nonostante alcuni tentativi di modifica, determina le sorti del
diritto d’autore in Francia per circa un secolo e mezzo.
A differenza della precedente, limitata agli autori drammatici, la legge in questione si riferisce agli autori di tutte le
opere dell’ingegno101 ed esplicita più chiaramente i diritti degli autori. Nel testo normativo si parla di godimento dell’autore102 e non di proprietà come nella relazione introduttiva,
ma è evidente che il significato è lo stesso, anche perché il
termine proprietà compare nel titolo. Dall’esame della legge
è chiara l’attribuzione della proprietà dell’opera all’autore e
quindi la natura proprietaria di questo diritto; il suo godimento esclusivo e quindi quella patrimoniale; i diritti ereditari temporanei sull’opera per 10 anni.103 La tutela dello
sfruttamento da parte dell’autore è dimostrata nei suoi fattori peculiari: il deposito delle copie come elemento di
prova;104 la consistenza elevata delle pene per bloccare la
contraffazione105 e l’introduzione di organi di controllo come
supervisori.106
Tutti questi elementi consentono di realizzare successivamente una configurazione dell’istituto e costituiscono in
parte gli stessi principi alla base della Convenzione di Berna,
che ancora oggi ci guida.
È evidente che l’autore è il solo proprietario dell’opera al
di là del suo valore intrinseco e che la legislazione rivoluzionaria contiene in nuce i principali elementi della succes100
Bulletin de la convention nationale…, p. 176. Cfr.
Traité des droits d’auteur…, I, p. 326.
101
Décret relatif aux droits de propriété des auteurs…,
102
Décret relatif aux droits de propriété des auteurs…,
103
Décret relatif aux droits de propriété des auteurs…,
104
Décret relatif aux droits de propriété des auteurs…,
105
Décret relatif aux droits de propriété des auteurs…,
106
Décret relatif aux droits de propriété des auteurs…,
anche RENOUARD,
art.
art.
art.
art.
art.
art.
1.
1.
2.
6.
4.
3.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
293
siva e più matura proprietà letteraria. Quanto al diritto morale, la dottrina più recente107 ritiene che cominci a essere
tutelato dopo il droit intermédiaire, a seguito di alcuni arrêts
del 1814. In effetti, la tutela della creatività dell’autore come
diritto personale separato da quello patrimoniale (che insieme rappresentano le due anime del diritto d’autore di
marca europea-continentale) comincerà a emergere nella seconda metà del XIX secolo. La legge del 1793 tutelava solo
un diritto di sfruttamento economico dell’opera in base al riconoscimento della proprietà dell’autore.
Ma le basi poste dal droit intermédiaire furono più ampie
allargandosi alla tutela dei brevetti, che concorre a formare
l’odierno concetto di proprietà intellettuale e soprattutto l’origine della categoria dei beni immateriali.
Contemporaneamente alla legislazione sulla proprietà letteraria, viene, infatti, emanata la legge del 7 gennaio 1791
relativa «aux découvertes utiles, et aux moyens d’en assurer
la propriété à ceux qui seront reconnus en être les auteurs»,108 a cui fa seguito quella del 25 maggio dello stesso
anno che contiene un regolamento specifico per la sua esecuzione.109 Si tratta di una materia che non aveva suscitato
nell’ancien régime le stesse sollecitazioni né lo stesso impegno da parte degli intellettuali, ma che si affianca assai bene
al diritto d’autore e che affonda le proprie radici nello scien107
Cfr. S. STRÖMHOLM, Le droit moral de l’auteur en droit allemand, français et scandinave avec un aperçu de l’évolution internationale. Etude de
droit comparé. I. L’évolution historique et le mouvement international, Stockolm 1967; Y. GENDREAU, Genèse du droit moral dans les droits d’auteur
français et anglais, in «Revue de la recherche juridique. Droit prospectif»,
13 (1988), pp. 41-59; A. LUCAS-SCHLOETTER, Droit moral et de la personnalité: étude de droit comparé français et allemand, I, Aix-en-Provence 2002.
Cfr. anche ora alcuni riferimenti introduttivi nella tesi di dottorato di F.
FOUILLAND, Le droit moral de l’auteur en droit français, Université Jean
Moulin - Lyon III 2002-2003, pp. 17-20.
108
Décret relatif aux auteurs des découvertes utiles, in DUVERGIER, Collection complète des lois…, II, pp. 136-39.
109
Décret portant règlement sur la propriété des auteurs d’inventions et
découvertes en tout genre, in DUVERGIER, Collection complète des lois…, II,
pp. 360-64.
294
LAURA MOSCATI
tismo settecentesco, nell’attenzione sempre più diffusa alle
scienza esatte e nell’esaltazione dell’individuo nell’epoca rivoluzionaria. In realtà, il diritto d’autore e quello dei brevetti, pur con le normative specifiche, vengono considerati
separatamente dai giuristi dell’epoca, anche se ne mostrano
le analogie. Non si è voluto trattarle insieme, forse, per alcune caratteristiche che hanno sempre consentito ai brevetti
di percorrere una strada più agevole.110
La normativa, nata per proteggere nelle mani dell’uomo e
per conservargli i risultati della sua immaginazione o scoperta scientifica, si presenta da subito più dettagliata con la
divisione interna tra brevet d’invention, brevet de perfectionnement e brevet d’importation, che hanno diverse caratterizzazioni e di cui vengono determinati la durata, il deposito e
il modo di cessione, quali elementi per la tutela.111 Quanto
alla prima, la partizione in 5, 10 e 15 anni prima dell’appartenenza al pubblico112 non esclude che per un breve periodo venga considerata anche la possibilità di una proprietà
perpetua, che poi fu presa come modello dai fautori dell’equiparamento alla proprietà materiale di marca settecentesca mai accantonato e riemerso successivamente all’epoca
napoleonica. La legislazione sui brevetti, anch’essa frutto di
leggi, decreti e arrêts che si sono succeduti, è riuscita, contrariamente a quella sul diritto d’autore, a ricevere verso la
metà del secolo un nuovo assetto normativo113 che, abrogando il precedente, ne rielabora la materia.
110
Alle origini dei due istituti, durante la legislazione rivoluzionaria,
la durata dei diritti ereditari risultava equivalente. Dopo, però, avrebbe
preso strade diverse che tuttora si verificano: più lunga o tendente ad allungarsi il diritto d’autore, più breve quello dei brevetti. L’indipendenza
e analogia tra i due istituti si rintraccia tuttora: cfr. G. F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale. 1. Diritto dell’impresa, Torino 19993, pp. 192-93 e soprattutto G. FERRI, Manuale di diritto commerciale, a cura di C. ANGELICI
E G.B. FERRI, Torino 200612, pp. 139-40, che ne individua efficacemente
le linee essenziali.
111
Décret relatif aux auteurs des découvertes utiles…, art. 4.
112
Décret relatif aux auteurs des découvertes utiles…, art. 8.
113
Si tratta della Loi sur les brevets d’invention del 5-8 luglio 1844 che
elimina la perpetuità lasciando la distinzione tra 5, 10 e 15 anni (art. 4,
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
295
Il passaggio dal regime dei privilegi regi a quello dell’attribuzione all’autore della proprietà dell’opera sostituisce
una situazione di incertezza con una maggiore stabilità
senza impedire, attraverso la temporaneità dei diritti ereditari, il rischio di monopoli e al contempo incrementando gli
sviluppi dell’industria e del commercio. La questione si presenta, però, più complessa. Il vero punto oscuro lasciato dal
droit intermédiaire, la cui legislazione resta in vigore anche
dopo l’abrogazione dei diritti precedenti voluta da Napoleone,114 non fu tanto quello di accordare un diritto esclusivo
all’autore quanto di verificare la natura del diritto stesso inteso come proprietà piena e soprattutto la sua possibile parificazione in tutto e per tutto alla proprietà materiale.
Quanto agli effetti ereditari il droit intermédiaire si limita a
fissarli in dieci anni, rinviando una decisione più ponderata
in vista dell’imminente codificazione.
5. L’attività normativa francese del droit intermédiaire, che è
di grande rilevanza, rimane però a rango di «legge speciale»
e pur proseguendo in forma settoriale,115 non trova spazio
tra gli articoli del Code civil. Non mi sembra, tuttavia –
come ho sottolineato in precedenza116 – che il silenzio del
p. 578) e attribuisce all’autore il «droit exclusif d’exploiter à son profit la
dite découverte ou invention» art. 1, p. 569). Cfr. DUVERGIER, Collection
complète des lois…, XLIV, Paris 18452, pp. 553-621.
114
Cfr. PETRONIO, La nozione di Code civil fra tradizione e innovazione
(con un cenno alla sua pretesa “completezza”), in «Quaderni fiorentini per
la storia del pensiero giuridico moderno», 27 (1998), pp. 112-13.
115
La manualistica francese più recente sottolinea che la legislazione
del periodo rivoluzionario giunge quasi invariata fino al 1957. Cfr. da ultimi A. LUCAS, Propriété littéraire et artistique, Paris 20043, p. 3; C. COLOMBET, Propriété littéraire et artistique et des droits voisins, Paris 19999, pp. 69; P.-Y.GAUTIER, Propriété littéraire et artistique, Paris 20045, pp. 21-23;
EDELMAN, La propriété littéraire et artistique, Paris 19993, pp. 41-42. Cfr. anche J.-L. HALPÉRIN, Histoire du droit privé français depuis 1807, Paris 1996,
pp. 138-39; 284. In realtà, il discorso è valido per gli aspetti patrimoniali
della materia.
116
Cfr. MOSCATI, Sul diritto d’autore…, p. 504; EAD., Un phénomène de
296
LAURA MOSCATI
Code Napoléon e soprattutto le sue possibili cause siano
state finora poste in luce dalla storiografia. Nonostante
fosse chiaro ai compilatori che «il est des propriétés d’un
ordre particulier, les plus intimes, les plus vraies de toutes,
puisqu’elles sont des créations de leur propriétaires, et, pour
ainsi dire, une émanation de son être, et que dès-lors la loi
doit lui garantir»,117 il Codice non se ne è occupato. I decreti del 1791 e del 1793 in materia restano, dunque, per
volontà stessa del legislatore racchiusi in leggi speciali e
orientano in tal senso tutta la successiva produzione normativa in materia.
La legge del 1793, infatti, non è stata presa in considerazione nei vari progetti che si sono susseguiti per la compilazione del Code civil. Da un esame attento di questi non risulta nessuna discussione al riguardo. Nel complesso iter del
Code civil non troviamo neanche un riferimento all’opportunità di inserire un articolo di principio relativo alla proprietà
intellettuale, come avviene nelle discussioni su altri istituti,
ad esempio sugli articoli relativi alla lunghezza dei marciapiedi che dovevano essere definiti in quella sede piuttosto
che rinviare ai regolamenti speciali.
I giuristi napoleonici hanno chiara l’appartenenza dei diritti degli autori alla sfera della proprietà materiale, ma
hanno «évidemment supposé que d’autres lois s’en occuperaient, qu’elles le suppléeraient et le compléteraient à cet
égard».118 Probabilmente essi considerano ancora troppo
fluida la configurazione dell’istituto119. Tale carenza dei proreception étranger au code civil: le système du droit d’auteur… e in particolare EAD., Napoleone e la proprietà intellettuale…
117
Cfr. J.-G. LOCRÉ, La législation civile, commerciale et criminelle de la
France, ou commentaire et complément des Codes Français, VIII, Paris
1827, p. 7.
118
LOCRÉ, La législation civile…
119
Nel Livre du Centenaire (Paris 1904, pp. 329-53) B. TERRAT (Du régime de la propriété dans le Code civil) aveva messo in luce le nuances e
gli éléments d’ordre variable et contingent che caratterizzano il diritto
d’autore rispetto ai principi generali su cui si basa la proprietà materiale
(p. 347).
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
297
getti prima e del Code civil poi sembra, quindi, nota agli
stessi contemporanei e la sua esclusione pose un problema
immediato che fu affidato ai lavori preparatori del Code pénal e a un progetto di decreto relativo all’organizzazione dell’Imprimerie et de la librairie, apparsi entrambi in forma definitiva nel 1810.
Nel progetto di codice penale del 1801-1802 redatto da
Target e Oudart,120 infatti, tra i crimini e i delitti contro le
proprietà, all’interno della sezione relativa alla violazione dei
regolamenti sulle manifatture, il commercio e le arti, compaiono alcuni articoli specifici sulle pene da infliggere per le
contraffazioni relative alle opere dell’ingegno.121 Si tratta di
una sezione del Code pénal che è stata ritenuta particolarmente significativa perché raggruppa «reati speciali» che
non hanno sempre un equivalente nei codici penali anteriori
o posteriori a quello francese del 1810,122 caratterizzati dalla
tutela penale del mercato e da un’accentuazione repressiva,
dove è onnipresente lo Stato, la cui prosperità è legata a
quella del commercio.
Ma la reale novità, che mi sembra interessante sottolineare, è che negli articoli menzionati, oltre agli specifici
120
Projet de Code criminel, correctionnel et de police, présenté par la
Commission nommée par le Gouvernement, s.n.t. [1801]. Sul progetto, le
sue vicende e la datazione, cfr. in particolare P. LASCOUMES-P. PONCELA-P.
LENOËL, Au nom de l’ordre. Une histoire politique du code pénal, Paris
1989; M. DA PASSANO, Emendare o intimidire? La codificazione del diritto
penale in Francia e in Italia durante la Rivoluzione e l’Impero, Torino 2000,
pp. 101-12; ID., I tribunali francesi e il progetto Target, in S. VINCIGUERRA
(ed.), Codice dei delitti e delle pene pel Regno d’Italia (1811), rist. anast.,
Padova 2001, pp. XXXIII-LXV; S. SOLIMANO, L’edificazione dell’ordine giuridico napoleonico: il ruolo di Guy Jean-Baptiste Target, in, VINCIGUERRA
(ed.), Codice dei delitti e delle pene pel Regno d’Italia…, pp. LXIX-XC.
121
Livre III, Des délits et leur punition. Ière Part Délits et Peins; Chap. II
Crimes et délits contre les propriétés, pp. 67- 69. Si tratta degli artt. 387394, che corrispondono agli artt. 425-429 del Code pénal del 1810. Due articoli furono eliminati (389, 391) e molti altri ampiamente ridotti. Rimasero inalterati solo gli art. 388 e 393.
122
Cfr. HALPÉRIN, Liberalismo e disposizioni di ordine economico nel codice penale del 1810, in VINCIGUERRA (ed.), Codice dei delitti e delle pene pel
Regno d’Italia (1811)…, pp. LXVII-LXXXV.
298
LAURA MOSCATI
aspetti penalistici, si rintracciano evidenti riferimenti civilistici al diritto d’autore. In particolare alcuni commi o interi
articoli, che poi verranno espunti, riguardano il riconoscimento della proprietà dell’opera agli autori e agli eredi, rinviando per la durata ai regolamenti specifici. È chiaro che
si sentiva la mancanza nei progetti di Code civil fino ad allora predisposti di un articolo che ne esponesse almeno il
principio. Nel progetto di codice penale si riflettono, quindi,
le scelte compiute fino ad allora dal legislatore in materia
civile.
Il progetto Target è, in linea generale, improntato a un
rafforzamento della severità delle pene123 come lo sarà il Codice del 1810, con l’aggiunta della salvaguardia dell’apparato
di potere con una compressione dello spazio riservato alla
tutela della persona.124 Per quello che a noi interessa specificamente, sono molto rilevanti le osservazioni di Target,
frutto delle riflessioni rivoluzionarie, sul diritto all’espressione, alla libertà dello spirito dell’autore e del suo genio,
per cui le pene debbono essere commisurate all’entità dei
danni da lui subiti. Va sottolineato anche il richiamo al pensiero giusnaturalistico e a Locke in particolare nel paragone
tra la libertà di pensiero e di parola con l’uso delle membra
nelle attività manuali.
Così realizzato, il progetto Target viene inviato nel marzo
1804,125 dopo l’approvazione del Codice civile, al Consiglio di
123
Cfr. SOLIMANO, L’edificazione dell’ordine giuridico napoleonico…, p. 147.
Si presenta come un compromesso tra il diritto codificato nel 1791
e quello d’ancien régime, cfr. SOLIMANO, L’edificazione dell’ordine giuridico
napoleonico…, p. 155; e in particolare J.-M. CARBASSE, État autoritaire et
justice répressive: l’évolution de la législation pénale de 1789 au Code de
1810, in All’ombra dell’aquila imperiale. Trasformazioni e continuità istituzionali nei territori sabaudi in età napoleonica (1802-1814). Atti del convegno, Torino 15-18 ottobre 1994, I, Torino 1994, pp. 313-33.
125
In realtà, come scrive Cambacérès a Napoleone, doveva essere inviato alla fine dell’anno precedente: «Avant votre départ, Citoyen Premier
Consul, vous avez renvoyé à la Section de Législation, le projet de code
criminel. Voici un rapport du C. Bigot de Prémenau, duquel il résulte que
ce code ne pouvant point être présenté cette année au Corps Législatif, et
étant d’une importance majeure à cause des innovations qu’il contient, il
124
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
299
Stato e ai tribunali criminali e alle corti d’appello per i relativi pareri.126 Alcuni di questi non sono rintracciabili o di
scarsa rilevanza, altri, invece, sono ben costruiti, consistenti
ed enucleano gli articoli come corpo a sé autonomo nella
discussione. Quasi tutti fanno riferimento a un saggio di un
magistrato lionese, A. Costes, che aveva ricevuto l’incarico di
redigere una specifica memoria, perché si dava alla materia
una particolare importanza.127 Lo scritto si presenta molto
interessante sia perché costituisce un pamphlet abbastanza
completo sul problema, sia perché analizza dettagliatamente
gli articoli relativi nel progetto di Code pénal.
Quanto ai contenuti, il lavoro di Costes risulta modesto o
comunque con un prevalente obiettivo pratico. In ogni caso
resta un’occasione mancata in un momento particolarmente
significativo per la costruzione dell’istituto. Mi riferisco al
fatto che si parla di proprietà dell’autore senza porsi il problema di che tipo di proprietà si tratti rispetto a quella materiale,128 concentrandosi soltanto sul computo dei diritti
ereditari che deve essere limitato per non essere nocivo al
commercio e al progresso delle lettere, o favorevole solo ai
librai parigini o infine perché solo poche opere mantengono
serait convenable de le faire imprimer et de l’envoyer à tous les tribunaux
criminels, pour avoir les observations… Les fonds du Conseil d’Etat ne
peuvent être affectés d’une dépense au moins aussi considérable que celle
du code civil»: [J.-J.-R.] CAMBACÉRÈS, Lettres inédites à Napoléon, 18021814, I, pp. 109-110, n. 89: Paris le 17 brumaire An. XII, 9 nov. 1803.
126
Observations des tribunaux criminels sur le projet de code criminel, 6
voll. Paris, an XIII (OTC); Observations des tribunaux d’appel sur le projet
de code criminel, 2 voll. Paris, an XIII (OTA). Gli 8 volumi di Observations
pubblicati, rispettivamente dei tribunali criminali e delle corti d’appello,
raccolgono i singoli pareri pervenuti (alcuni mancano, ad es. quelli di Parigi) disposti in ordine alfabetico e con numerazione autonoma delle pagine. Del tema che a noi interessa specificamente si occupano 7 tribunali
criminali su 74 e 9 corti d’appello su 25.
127
A. COSTES, Observations sur les articles du projet du nouveau Code
criminel, qui concernent la Librairie, Lyon Floréal an 12 (1804).
128
COSTES, Observations, p. 9 «La loi garde à cet égard un silence pernicieux. Elle ne dit pas si un ouvrage, enté sur un autre par un simple
avis, par des notes ou corrections, doit être considéré comme propriété».
300
LAURA MOSCATI
la loro reputazione così a lungo. Si richiede che la legge imponga limiti all’esercizio naturale di questa proprietà,129 per
tutelare il diritto di sfruttamento conferito dallo spirito e
dalla materia. Ma soprattutto, e questo è il riferimento penalistico più significativo, l’azione di chi non rispetta queste
regole deve essere considerata una contravvenzione e non un
delitto, come risultava nel progetto.
Inoltre, non sembra che il magistrato lionese abbia una
conoscenza specifica dei problemi attinenti al diritto d’autore e delle riflessioni che erano state fatte dagli intellettuali
e giuristi del secolo precedente, quasi unicamente a favore
di una proprietà letteraria da assimilare a quella materiale.
Fonte specifica risultano, invece, le pagine di Malesherbes
che rappresentano una voce isolata intesa al richiamo della
libertà di stampa e a limitare le conseguenze della contraffazione senza arrivare a implicazioni delittuose.130 Facendo
una distinzione tra due tipi di proprietà, uno che appartiene
allo spirito e uno che appartiene alla materia, la contraffazione, secondo Costes, non sottrae all’autore la proprietà
reale che è quella intellettuale, emanazione del suo genio;
l’attentato è alla proprietà materiale e non è un torto così
grande verso l’autore, da essere considerata un delitto.131
129
Lo scritto è contrario alla proprietà perpetua come si evince chiaramente dal commento all’art. 388.
130
L’opera è stata di recente ripubblicata. Cfr. DE LAMOIGNON DE MALESHERBES, Mémoires sur la librairie. Mémoires sur la liberté de la presse,
rist. anast. Paris 1994, con una Présentation di R. CHARTIER. Dal 1750 Malesherbes era stato incaricato della direzione della libreria e della letteratura. Dal 1759 aveva composto le 5 memorie su questa materia su sollecitazione del Dauphine figlio di Luigi XV. L’opera in realtà risulta più sulla
libertà di stampa e sull’eventualità di applicare la legge inglese alla Francia. In particolare Malesherbes parla a lungo del Code de la librairie del
1723 e di un progetto sulla Librairie del 1758 (pp. 127-78). L’opera sembra pubblicata in vista della convocazione degli Stati generali.
131
In particolare nel commento all’art. 392, Costes sostiene che, seguendo il Codice dei delitti e delle pene e il Codice rurale, tutte le violazioni della proprietà sono punite con un’indennità pari al valore del
danno. La proprietà letteraria, sarebbe dunque più sacra e suscettibile di
pene più severe.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
301
Costes non comprende lo spirito che è alla base degli articoli del progetto di Codice penale che danno troppa importanza alla produzione degli uomini di lettere e non al
rapporto tra questa produzione e l’interesse dello Stato, del
pubblico o del commercio.132 Il progetto di legge e soprattutto la legge del 1793133 vengono giudicati insufficienti, artefici delle attuali difficoltà e carenti nei riguardi degli abusi
e delle vessazioni dei proprietari e destinati soltanto alla via
rovinosa dei processi.
Quanto alle osservazioni dei tribunali criminali, alcune
non presentano indicazioni di rilievo,134 altre si soffermano
soltanto sulla durata dei diritti ereditari e sul numero di
esemplari necessari per considerare contraffatta un’edizione135 o sul fatto che le pene previste, al di là della loro entità, devono essere di competenza del tribunale civile.136
Assai più significative si presentano le osservazioni delle
Corti d’appello che, in linea di massima, rinviano alle osser132
In particolare, Costes ritiene che i grandi letterati, le cui opere
hanno inorgoglito il paese, non le hanno mai vendute, ma donate. Se questi grandi uomini avessero avuto un interesse pecuniario, la Francia non
si sarebbe inorgoglita della loro produzione. Tutte queste opere sono state
patrimonio comune della cultura del paese.
133
Nel commento all’art. 390, Costes sostiene che, durante la Rivoluzione francese, l’abolizione dei privilegi, è stata considerata dai librai relativa ai privilegi letterari, portandoli a stampare quello che ritenevano
opportuno. La legge successiva, essendo specifica, avrebbe dovuto riparare all’errore. Quello che prova l’insufficienza della legge è la massa di
opere giacenti nei magazzini dei librai della varie capitali europee che
sono state considerate opere contraffatte dal tribunale di cassazione.
Scopo della legge è di prevenire il delitto e non di doverlo reprimere.
134
Cfr. in particolare: OTC, II, Corrèze, p. 6 «Art. 362 et suivans, jusques et compris l’art. 415. On pense que les dispositions de tous ces articles doivent être maintenues»; OTC, II, Eure-et-Loir, p. 20, artt. 387-88:
«Ces articles devraient être rangés sous le titre général des faux»; OTC, II,
Fôrets, p. 13; OTC, II, Haute-Garonne, p. 19, in cui si chiede di redigere
diversamente l’art. 390 perché troppo rigido e portatore di ingiustizie;
OTC, V, Puy-de-Dôme, p. 17, in cui si propongono pene più severe per
l’art. 387; e maggiori dettagli per la riscossione delle imposte per l’art. 393.
135
OTC, III, Isère, pp. 8-9, artt. 387 et 494.
136
OTC, V, Yonne, pp. 21,22: artt. 387-394.
302
LAURA MOSCATI
vazioni di Costes,137 talvolta con alcune significative aggiunte.
Ad esempio, la Corte di Bourges138 ritiene difficile conciliare
l’interesse dell’autore con quello pubblico, dando per scontata
la configurazione proprietaria dell’istituto, anche senza indicarne specificamente la natura. Si lamenta, inoltre, il persistere di monopoli di stampa nelle mani di un piccolo numero
di editori che limitano la diffusione della cultura. La Corte
d’appello di Bruxelles,139 inoltre, come quella di Liège, lamenta la severità della legge nei confronti della contraffazione, tutti elementi che determinano ingenti perdite.
Più approfondite, sempre sulla base dell’opuscolo di Costes, si presentano le osservazioni della Corte d’appello di
Rennes.140 Viene, infatti, individuato un principio generale
che consiste nella punizione di tutte le violazioni di proprietà con un indennizzo pari al valore del danno subito.
Sulla base di tale principio e delle riflessioni rivoluzionarie,
la proprietà letteraria è considerata «più sacra» delle altre
con la conseguente necessità di predisporre una fonte di ricchezza per l’autore, a cui la legge deve un risarcimento.
Nel complesso i pareri dei tribunali e le osservazioni di
Costes sono di grande rilevanza per capire lo stato di vaghezza nella costruzione dell’istituto e i punti oscuri lasciati
dalla legislazione rivoluzionaria. Le soluzioni offerte dalla
dottrina settecentesca (l’assimilazione della proprietà letteraria a quella materiale con la conseguente perpetuità dei diritti ereditari) non solo avevano trovato parziale riscontro
nella legislazione del droit intermédiaire con l’introduzione di
una proprietà a termine ma, nell’ottica specifica della codificazione, avevano di fronte un contesto ben poco atto a recepire una proprietà limitata e a percepire l’importanza che
l’istituto sarebbe andato gradualmente a occupare.
137
OTC, III, Jemmape, pp. 12-13. Gli artt. 387-392 sono stati ampiamente discussi nelle osservazioni di Costes inviate alla diverse Corti di
giustizia.; OTA, I, Bordeaux, p. 8.
138
OTA, I, Bourges, p. 22, artt. 387, 388.
139
OTA, I, Bruxelles, pp. 6,7.
140
OTA, I, Rennes, pp. 97-99: Propriété d’ouvrages, Contrefaçon.
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RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
303
Interrotte per quattro anni le discussioni al Consiglio di
Stato, continua ad essere emanata una serie di decreti in
materia di proprietà letteraria e artistica. Nel 1801 viene
estesa ai territori occupati la legge del 1793 e in particolare
l’art. 3 che assicurava la proprietà delle loro opere agli autori e agli artisti, demandando la sua esecuzione ai Commissari di Polizia.141 Nel 1805 vengono applicate le leggi relative agli autori e ai loro eredi, ai proprietari di opere postume.142 Sempre nello stesso anno, viene emanata una normativa specifica sulla stampa dei libri di Chiesa, delle ore e
di preghiera, a cui viene estesa la legge del 1793, con alcune
varianti che riguardano il permesso preventivo dei vescovi
diocesani a ogni ristampa, con l’estensione a tutti i vescovi
successori.143
Nel 1806 viene costituito a Lione un «Conseil de Prud’hommes», per le piccole contestazioni che quotidianamente si presentavano in materia di proprietà di disegni144 e viene riconosciuto l’obbligo di deposito dei disegni con un’apposita registrazione.145 Molto significativa la disposizione per cui, nel momento del deposito, il fabbricante deve dichiarare se intende
riservarsi la proprietà esclusiva per alcuni anni o perpetua dietro pagamento di un corrispettivo: ritorna, quindi, a più riprese il problema della perpetuità anche nei testi normativi del
periodo.146
141
Décret de la Convention Nationale, relatif aux droits de propriété des
Auteurs d’écrits en tout genre, des Compositeurs de Musique, des Peintre et
des Dessinateurs, in Bulletin des actes de l’administration générale de la 27e
Division Militaire, t. II, 2a s., pp. 99-100.
142
Décret impérial concernant les Droits des Propriétaires d’ouvrage posthumes, in Bulletin des lois, III, Paris 1805, n. 647, pp. 11-12.
143
Décret impérial concernant l’impression des Livres d’église, des Heures
et des Prières, in Bulletin des lois, III…, n. 658, pp. 22-23: 29 marzo 1805.
144
Lois portant établissement d’un Conseil de Prud’hommes, à Lyon, in
Bulletin des lois, IV, Paris 1806, n. 1423, pp. 352-58: 18 marzo 1806.
145
Lois portant établissement d’un Conseil de Prud’hommes, à Lyon…,
art. 16.
146
«En déposant son échantillon, le fabricant déclarera s’il entend se
réserver la propriété exclusive pendant une, trois ou cinq années, ou à
perpétuité; sera tenu note de cette déclaration»: Lois portant établissement
d’un Conseil de Prud’hommes, à Lyon…, art. 18.
304
LAURA MOSCATI
Sempre nel 1806, viene emanato un decreto imperiale sui
teatri e in particolare su quelli della Capitale, dei Dipartimenti e delle compagnie ambulanti.147 Alla base del decreto
vi sono due progetti,148 con lo scopo di ridurre il numero dei
teatri parigini e di considerare i problemi teatrali nella loro
specificità. Il primo, più aderente alla legge del 1793, predisponeva che l’autore godesse del diritto di sfruttamento della
sua opera durante la sua vita e gli eredi per i 10 anni successivi alla sua morte «en se conformant aux règles établies
par le Code civil», che in realtà non trattava affatto del problema. Più esplicito il secondo progetto, nel ritirare ai commercianti l’utilizzazione gratuita delle opere degli autori 10
anni dopo la loro morte, per farle diventare di proprietà
pubblica, per consentire un ricambio nella pianificazione e
soprattutto per non restare limitati al teatro tradizionale e
sviluppare una rinnovata programmazione. Veniva, inoltre,
allargato a 25 anni il godimento dei diritti ereditari prima
che le opere divenissero di proprietà pubblica.
Il Consiglio di Stato rigetta i progetti, considerando sufficiente uno snello decreto imperiale emanato l’8 giugno 1806,
che conferma il numero limitato di teatri da aprire, dà libertà agli autori e agli imprenditori nel gestire l’organizzazione ed equipara, sulla base del decreto precedente, le disposizioni sui proprietari di opere drammatiche postume a
quelle sulla proprietà degli autori, rinviando sulla durata.149
Riprese le discussioni al Consiglio di Stato, dopo quattro
anni di interruzione, sul progetto di Codice penale,150 è inte147
Décret impérial concernant le Théâtres, in Bulletin des lois, V, Paris
1807, n.1663, pp. 236-38: 8 giugno 1806.
148
Il primo viene presentato dal ministro degli interni Champagne e il
secondo dal ministro della polizia generale Fouché.
149
La situazione non doveva essersi stabilizzata se già l’anno seguente
si verificano nuovamente discussioni a cui prende parte lo stesso Imperatore sul numero dei teatri della capitale e sulla responsabilità dell’amministrazione, come per quello dell’Opera: cfr. [J.-J.-R.] CAMBACÉRÈS, Mémoires inédits. Eclaircissements publiés par Cambacérès sur les principaux événements de sa vie politique, a cura di L. CHATEL DE BRANCION, II, Paris
1999, pp. 143-45.
150
Si evince chiaramente da CAMBACÉRÈS, Mémoires inédits…, p. 234:
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
305
ressante sottolineare innanzitutto che Napoleone, a differenza di quanto avvenuto per il Codice civile151 e soprattutto
di quanto avverrà per il decreto su l’Imprimerie et la librairie, partecipa soltanto a due sedute,152 di cui una proprio sui
delitti relativi alla proprietà, confermando l’interesse specifico dell’Imperatore per i problemi inerenti alla proprietà degli autori.
In particolare, nell’autunno del 1808, un’apposita e assai
animata seduta presieduta da Cambacérès riguarda gli articoli sulla proprietà letteraria.153 La discussione verte sull’articolo di apertura,154 che viene esaminato a lungo, perché
contiene la definizione di proprietà o, per meglio dire, il
principio che ne è alla base, ritenuto non idoneo in una codificazione penale:
«Les principes qui règlent la propriété des auteurs doivent
être retranchés de la disposition, comme étant l’objet d’une
loi civile et non de la loi pénale. A la vérité, c’est la violation
de la propriété qui constitue le délit; mais le Code Pénal ne
doit s’occuper que de la peine attachée à cette violation». O,
come dice espressamente il consigliere Faure nei Motivi preposti alla codificazione: «Les règles d’après lesquelles la propriété d’un auteur est légalement reconnue, celles qui déter«Napoléon approuva les dispositions que j’avais cru devoir faire, et m’écrivit de presser la discussion des autres livres du code criminel, attendu qu’il
entrait dans ses vues que l’entier projet fut décrété pendant le cours de la
session qui allait s’ouvrir. En effet, dans le discours prononcé le jour de la
session, Napoléon annonça que parmi les projets de loi qui seraient présentés, se trouvaient tous ceux qui devaient composer le code criminel».
151
Importante al riguardo il volume di E.M.THEEWEN, Napoléons Anteil
am Code civil, Berlin 1991, da cui si deduce lo specifico interesse di Napoleone per il primo e il terzo libro del codice e minore per il secondo.
152
Si tratta della seduta del 25/2/1809, cfr. DA PASSANO, Emendare o intimidire…, pp. 115-17.
153
Projet de Code criminel…, artt. 387-94. Cfr. LOCRÉ, La législation civile…, XXXI, pp. 44-45: artt. 366-72. La numerazione degli articoli con cui
il progetto è stato esaminato dal Consiglio di Stato è diversa per la soppressione di alcuni articoli precedenti.
154
Art. 387. Tale articolo con tutte le modifiche apportate corrisponde
all’art. 425 del Codice penale del 1810.
306
LAURA MOSCATI
minent l’étendue et les bornes de cette propriété, ne sont
point l’objet du Code Pénal».155
In realtà, non si voleva fare un’eccezione allo spirito generale del Codice penale e «il ne faut pas suivre ici une autre marche, qui, en confondant des objets distincts, ne ferait
qu’embrouiller la matière».156 Si giunge, quindi, alla conclusione di espungere dagli articoli i profili non strettamente
penalistici, secondo lo spirito del codice, e di spostare altrove l’inclusione «de ses dispositions sur la propriété des
auteurs qui devaient trouver leur place dans les lois civiles».157 I compilatori del Codice sono consapevoli della lacuna, ma non ritengono né opportuno né possibile colmarla
con il Code pénal, che si deve riferire soltanto ai reati.
In generale, bisogna tener presente che la contraffazione
è considerata un delitto perché «il est évident que ce délit
offre un attentat à la propriété».158 Ancora una volta il riferimento alla proprietà è evidente, anche in relazione ai reati.
Viene, in particolare, ribadito che le regole per cui la proprietà letteraria è legalmente riconosciuta, e soprattutto l’estensione dei limiti e i confini di questa proprietà, non sono
oggetto del Code pénal, in cui devono essere comprese solo
le pene per i contraffattori, rigide perché l’impunità di questo delitto porta pregiudizio al proprietario legittimo, ma anche nocumento alle arti e al commercio.
Infatti, l’altro punto importante che emerge dalle discussioni è che i compilatori del Code pénal hanno chiara l’idea
che si tratti di proprietà di un genere particolare, più care
all’uomo perché gli appartengono direttamente e perché ser155
FAURE, Exposé de motifs, in LOCRÉ, La législation civile…, XXXI, n.
33, p. 156.
156
Così si esprime chiaramente il consigliere Berlier: cfr. LOCRÉ, La législation civile…, XXXI, pp. 70-71.
157
LOCRÉ, La législation civile…
158
FAURE, Exposé de motifs, in LOCRÉ, La législation civile…, p. 156. Bisogna tener presente che nel Code pénal e nel decreto del 1810 viene per
la prima volta usata la locuzione délit (che giunge fino a noi) nei riguardi
della contraffazione, rispetto alla legislazione precedente e in particolare
a quella del droit intermédiaire.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
307
vono all’utilità, all’istruzione, all’ornamento e alla gloria di
una nazione.159
Ma è ancora più interessante sottolineare che il concetto
di creatività, uno degli elementi cardine nella costruzione
dell’istituto, emerso con difficoltà nel Settecento, rafforzatosi
con l’individualismo rivoluzionario, è ora chiaramente assimilato dalla cultura legislativa francese. Infatti il consigliere
Louvet parla di «fruit de l’esprit, de l’imagination du génie…».160
Le modifiche tra il progetto e il Codice penale del 1810
sono, quindi, notevoli. In primo luogo, vengono eliminati
interamente gli articoli o le parti che si riferiscono alla definizione della proprietà dell’autore o a qualsiasi implicazione civilistica dell’istituto. In secondo luogo, la repressione dei delitti contro la proprietà letteraria viene allineata
a quella contro la proprietà materiale e anzi le pene più severe che, come ha ben delineato Carbasse, caratterizzano il
progetto e il codice interamente,161 servono per giustificare
la particolarità di questo genere di proprietà, secondo
quanto sostenuto nella discussione, che lascia trasparire
con evidenza il richiamo alle riflessioni rivoluzionarie e i riferimenti alla proprietà sacrée, anzi la plus sacrée di matrice
pre-rivoluzionaria.
Nel medesimo tempo, però, va osservato che gli articoli
che vanno a far parte del Codice penale riguardano la contraffazione e sono collocati all’interno del § 5 che disciplina
la Violation des règlemens relatifs aux manufactures, au com159
Cfr. nell’Exposé des motifs, le determinate parole del consigliere
Faure: «le délit de contrefaçon exige une surveillance d’autant plus sévère… l’impunité d’un tel délit nuirait tout à la fois aux arts et au commerce» e nel suo Rapport ancora più chiaramente il consigliere Louvet de
la Somme sostiene che: «le but est d’assurer des propriétés d’un ordre différent; des propriétés d’autant plus chères à l’homme, qu’elles lui appartiennent plus immédiatement, et sont en quelque sorte une partie de luimême». Cfr. LOCRÉ, La législation civile…, XXXI, pp. 156; 186-87.
160
LOCRÉ, La législation civile…, pp. 186-87.
161
«…la façade bourgeoise d’une caserne», così viene definito il Codice
penale del 1810 da CARBASSE, État autoritaire et justice répressive…, p. 333.
308
LAURA MOSCATI
merce et aux arts. Così emerge la volontà di dare tutela giuridica alla proprietà degli autori e di combattere, tramite un
risarcimento pari ai danni subiti, gli attacchi ignominiosi sia
nei confronti degli autori in genere, sia degli uomini di lettere, di spettacolo, del mondo delle arti figurative.
Ma è interessante verificare se dalle parti espunte dal progetto si ricavi una definizione di diritto d’autore con elementi innovativi rispetto alla legge del 1793. In realtà l’art.
387 si presenta di particolare rilevanza.162 Si evince chiaramente che la definizione di diritto d’autore è ancora ibrida
perché, mentre nella prima parte del dettato dell’articolo si
tengono in conto i limiti temporali dei diritti ereditari imposti dalla legislazione vigente, nel passo finale sembra
emergere un’assimilazione alla proprietà materiale e alle sue
regole successorie.
Per quanto attiene alle altre parti che verranno espunte,
esse presentano riferimenti più o meno ampi alla proprietà
dell’autore, al concetto di contraffazione perché non inerenti
alla codificazione penale, ma che non concernono riflessioni
specifiche sulla natura dell’istituto. Si ribadisce chiaramente
il fatto che l’autore deve essere risarcito proporzionalmente
al danno subito o, nel caso di eccesso, si prevede l’intervento
della legislazione ordinaria.
6. Il Codice penale si presenta, quindi, privo di ogni riferi-
162
«Toute édition d’écrits, de compositions musicales, de dessins, de
peintures ou de toute autre production, imprimée ou gravée en entier ou
en partie, sans le consentement formel et par écrit de l’auteur, de ses héritiers, cessionnaires ou ayant-droit, pendant sa vie et dix ans après sa
mort, lorsqu’il aura été remis à la Bibliothèque nationale ou au cabinet des
estampes de la République, deux exemplaires de l’édition originale, est une
contrefaçon; et toute contrefaçon est un délit. Tout individu qui le premier
aura mis au jour un écrit ou tout autre ouvrage de la nature de ceux que
détermine le présent article jouira des droits que cet article attribue à l’auteur, si la propriété ne lui en est pas légitimement contestée; il transmettra les même droits à ses héritiers, ayant-cause ou cessionnaires; et toute
contrefaçon de cet ouvrage est un délit»: Projet de Code criminel…
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
309
mento alla disciplina civilistica del diritto d’autore che
trova, invece, posto nel contemporaneo Règlement sur l’Imprimerie et la librairie.163 È chiarificatore, in tal senso, l’intervento del consigliere Treilhard diretto a limitare all’azione penale il progetto, perché nel frattempo si era deciso
di emanare un decreto specifico su tutta la materia. In effetti, si stava procedendo proprio in quel periodo alla compilazione, sulla base del Code de la librairie164 settecentesco,
di una regolamentazione ad hoc o per meglio dire di un decreto generale attinente all’organizzazione complessiva de
l’Imprimerie et de la librairie. Di esso sono stati redatti un
ampio numero di progetti proprio a partire dal 1808,165 di
grande importanza per comprendere il valore attribuito durante l’Impero alla complessità dei problemi che si prospettavano e che non avevano mai ricevuto un’adeguata attenzione e a cui lo stesso Napoleone avrebbe impresso una linea decisiva.
I vari progetti redatti dal Ministro degli Interni166 e dal
Ministro della Polizia,167 con i relativi rapporti e osservazioni,168 sono molto più ampi del decreto definitivo169 e sono
soprattutto sostenuti da robuste riflessioni,170 che evidenziano con chiarezza, nel percorso storico e legislativo, l’evolversi della complessa materia. I progetti sono completi sia
163
Décret impérial contenant Règlement sur l’Imprimerie et la Librairie,
in Bulletin des lois, XII, Paris 1810, n. 5155: 5 febbraio.
164
Code de la librairie….
165
I progetti e le discussioni relative sono stati raccolti e pubblicati e
presentano aspetti di grande interesse per la ricostruzione dell’apporto
personale di Napoleone offerto agli sviluppi del droit d’auteur: LOCRÉ, Discussion sur la liberté de la presse…
166
Projet du décret présenté par le Ministre de l’Intérieur, in LOCRÉ, Discussion sur la liberté de la presse…
167
Rapports présenté par le Ministre de la Police, in LOCRÉ, Discussion
sur la liberté de la presse…
168
Observations sur les projets touchant l’Imprimerie et la librairie, in
LOCRÉ, Discussion sur la liberté de la presse…
169
Décret impérial contenant Règlement sur l’Imprimerie et la Librairie…
170
Rapports et questions sur la législation de l’Imprimerie et de la Librairie, in LOCRÉ, Discussion sur la liberté de la presse…
310
LAURA MOSCATI
degli aspetti civilistici che di quelli penalistici sulla base del
materiale disponibile che proviene dai vari decreti via via
emanati e soprattutto dalla legge del 1793.
Fin dal 1808 si era cercato di mettere a punto un progetto
complessivo,171 che rispondesse alle esigenze ormai evidenti
di sistemazione dell’insieme degli istituti che facevano capo
alla stampa, al rapporto tra autori ed editori e alla relativa
proprietà delle opere. Il progetto era chiaramente una rielaborazione della legge del 1793 – in particolare l’art. 1 viene
quasi ricalcato – che avrebbe dovuto essere abrogata nelle
parti modificate.
Rispetto a quest’ultima, troviamo come novità l’introduzione della censura preventiva, per impedire la pubblicazione di scritti che possano scuotere l’ordine pubblico o corrompere i costumi cercando di evitare di «nuire à la paix intérieure de l’Etat, a ses intérêts politiques, et aux mœurs»,
affidata a un collegio di censori, che rientrava tra le competenze del Ministro di Polizia. In realtà, il decreto apparso nel
1810 non persegue la via di abrogazione della legge rivoluzionaria, che resta in vigore per più di un secolo e mezzo,
ma reintroduce la censura preventiva, che era stata abolita
dalla Rivoluzione francese.
Napoleone partecipa alle numerose sedute del Consiglio di
Stato in cui si esaminavano i vari progetti, intervenendo sia
sulla natura del diritto di proprietà, sia sui problemi della
censura. In particolare, egli fa un passo avanti notevole nella
configurazione dell’istituto considerando la proprietà letteraria una «propriété incorporelle». 172 In realtà, erano stati posti in discussione alcuni punti che riguardavano la proprietà
letteraria, la sua natura, la durata dei diritti ereditari, tutti
elementi chiaramente irrisolti dalla codificazione e privi di
una normativa complessiva. Inoltre, alcuni problemi presentati dalla dottrina settecentesca, come quello della perpe171
La prima seduta in cui viene delineato lo stato della questione e soprattutto i problemi da affrontare e risolvere è del 26 agosto 1808: LOCRÉ,
Discussion sur la liberté de la presse…, pp. 1-15.
172
LOCRÉ, Discussion sur la liberté de la presse…, p. 18: 2 settembre 1808.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
311
tuità, erano stati soltanto accantonati e riemergono con
forza in quest’occasione anche a seguito dell’impostazione
fortemente proprietaria del Code civil.
Infatti, nella discussione sulla possibilità di applicare la
perpetuità della proprietà dell’opera agli eredi rispetto ai
dieci anni previsti dalla legge del 1793, Napoleone sostiene
che la perpetuità può avere inconvenienti, perché la proprietà letteraria deve essere considerata una proprietà incorporale, con la conseguenza, però, che se è trasmessa all’infinito si parcellizza fino a scomparire. Inoltre, se la proprietà
si frantuma in una moltitudine di eredi, le opere migliori potrebbero sparire dalla circolazione e non essere più glossate,
commentate o tradotte, ostacolando lo sviluppo della
scienza. Napoleone, pur ritenendo che un’opera abbia già
prodotto tutti i benefici possibili per l’autore durante la sua
vita e per i suoi eredi per i dieci anni successivi, per favorirli ulteriormente ritiene di aumentare a venti anni i diritti
ereditari. Ma Napoleone non parla affatto dell’equiparazione
della vedova all’autore, come si troverà nel decreto che, per
questa ragione, fu poi molto criticato dai giuristi successivi
per la forte contraddizione con la disciplina dei diritti successori contenuta nel Code civil.
Napoleone, quindi, riconosce la natura proprietaria dei diritti sulle opere dell’ingegno, ma non vuole assimilarli del
tutto alla proprietà piena. L’esplicito riferimento alla «propriété incorporelle», che troviamo nelle parole di Napoleone,
segna tracce profonde nella successiva dottrina francese.
Il decreto, pubblicato nel febbraio 1810, per la completezza dei problemi affrontati si presenta assai simile nell’impostazione e nelle finalità al Code de la librairie del 1723, ma
con un maggiore assetto sistematico, con un’accentuazione
della professionalità dell’imprenditore e del libraio, con
un’importante modifica dei diritti successori,173 nonché con
173
L’art. 39 prevede, infatti, che «le droit de propriété est garanti à l’auteur et à sa veuve pendant leur vie…» equiparando i diritti della vedova
a quelli dell’autore, portando a vent’anni quelli dei figli. Solo con la legge
del 3-17 agosto 1844 anche i diritti ereditari degli autori drammatici fu-
312
LAURA MOSCATI
la creazione della carica di direttore generale dell’Imprimerie
et de la Librairie, con un numero prefissato e limitato di
stampatori e case editrici sia nella capitale sia nei singoli dipartimenti, e – dopo lunghe e travagliate discussioni – con
una specifica impronta censoria che evidenzia il carattere dirigistico imposto dall’Imperatore.
Tale impronta si nota nei riguardi degli stampatori che
potevano ottenere i loro brevetti solo dopo aver dimostrato
le loro capacità, la serietà di vita e di costumi e, comunque,
«rien imprimer de contraire aux devoirs envers le Souverain
et à l’intérêt de l’état»,174 modificando solo esteriormente i
progetti precedenti in cui ci si riferiva ai costumi. Ma si
parla anche di esame preventivo dell’opera da stampare e
soprattutto di censori preposti a «surseoir à l’impression de
tous ouvrages qui leur paraîtront en contravention à l’article
10».175 Lascia ovviamente sorpresi trovare ripristinata l’attività censoria dopo la Rivoluzione francese che aveva concesso la libertà di stampa, con un significativo ritorno indietro ai tempi della censura preventiva.
Quello che ci riguarda più specificamente è il titolo III
«De la propriété et de sa garantie», in cui sono incluse le
norme specifiche riguardanti l’attribuzione agli autori e alle
loro vedove della proprietà dell’opera per tutta la loro vita, i
diritti ereditari relativi sono portati a vent’anni e si introduce la possibilità per gli autori di cedere i propri diritti a
imprenditori o librai. Due modifiche risultano determinanti
dal punto di vista civilistico rispetto alla legge in vigore: si
estendono alla vedova, per tutta la sua vita, i diritti del marito e si raddoppia la durata dei diritti ereditari. Mentre la
prima susciterà reazioni nella giurisprudenza e nella dottrina successive per l’incompatibilità con il sistema succesrono portati a vent’anni: cfr. Loi relative au droit de propriété des veuves et
des enfants des auteurs d’ouvrages dramatiques, in DUVERGIER, Collection
complète des lois…, XLIV, pp. 404-405.
174
Décret impérial contenant Règlement sur l’Imprimerie et la Librairie…,
art. 10.
175
Décret impérial contenant Règlement sur l’Imprimerie et la Librairie…,
art. 15.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
313
sorio del Code civil, senza neppure presentarsi in linea con
l’indirizzo dato dallo stesso Napoleone, la seconda è opera
proprio dell’Imperatore con l’intento di bloccare ulteriori richieste di perpetuità, ma di favorire al contempo gli autori
e le loro famiglie.
Si passa poi alla parte penalistica che è ricca di articoli
che riguardano le ammende e le pene da infliggere e quindi
sulla linea di quanto volevano i redattori del Code pénal. In
realtà, risulta chiaramente un equilibrato rapporto tra i profili civilistici e penalistici del diritto d’autore.
È a questo decreto che si riferisce Treilhard quando parla
di una normativa specifica che debba contenere le norme civilistiche espunte dal Code pénal. Gli articoli in oggetto sembrano inseriti nel decreto per risolvere con immediatezza il
problema delle carenze del Code civil e dell’esclusione dal
Code pénal. Ancora una volta, per volontà governativa la disciplina del diritto d’autore veniva considerata a rango di
legge speciale.
Altri problemi, però, restavano sospesi, come, in particolare, quelli relativi alla natura della proprietà letteraria che
troverà ancora sedi opportune per ampie discussioni, senza
raggiungere i risultati previsti per una serie di ragioni che
vanno rintracciate nei limiti censori del decreto, nella sua
troppo rapida costruzione e nel forzoso inserimento dei
principi dell’attribuzione della proprietà dell’opera assenti
nel Code civil.
I limiti introdotti dal droit intermédiaire alla proprietà intellettuale sembrano essere la ragione dell’esclusione dall’istituto almeno in via di principio dal Code Napoléon, la cui concezione piena della proprietà più volte espressa nei lavori preparatori non porta, neanche nei numerosi progetti che si sono
susseguiti, a prendere in considerazione la sua immissione.176
176
I lavori preparatori del Code civil, riuniti da Fenet sono stati ora in
parte ristampati: F. EWALD (ed.), Naissance du Code civil. Le raison du législateur, Paris 2004. È evidente che la concezione della proprietà, «âme
universelle de toute la législation» e su cui non vi fu alcun dibattito (p.
263), non si accordava con i limiti introdotti dal legislatore del droit intermédiaire.
314
LAURA MOSCATI
In realtà, una spiegazione siffatta, anche se a mio avviso
non sarebbe esaustiva, è avvalorata dall’esclusione di altri istituti che contengono limiti alla pienezza della proprietà e che
restano legati a leggi speciali discusse ed elaborate dallo
stesso Napoleone come quelle relative agli stagni, alle miniere,
all’espropriazione per pubblica utilità, che vengono tutte emblematicamente inserite da Locré in appendice al libro II.
Ma v’è un altro e significativo punto da tenere in considerazione, che viene emergendo. Come è noto, il Code civil
era nella concezione dei contemporanei e dello stesso Napoleone immortale e intoccabile177 («Ce que rien n’effacera, ce
qui vivra éternellement, c’est mon Code civil», esclamava
l’Imperatore)178 e quindi, pur avendo ritenuto un errore l’esclusione della proprietà letteraria dal Codice civile, come si
evince dai lavori preparatori del Codice penale, non si poteva far altro che rinviare a un complesso normativo specifico completo ed esaustivo.
Le vicende dell’istituto sotto l’Impero dimostrano, anche,
che vi era alla base del lavoro delle varie commissioni per le
diverse codificazioni e delle sedute del Consiglio di Stato un
intento comune che doveva superare le carenze dell’uno, i silenzi dell’altro e demandare ai microsistemi normativi le
parti ritenute più congrue, in un progetto più generale che
voleva riformare l’intero assetto normativo francese, anche
rispetto alle acquisizioni del droit intermédiaire.
L’esclusione dal Code Napoléon investe anche il problema
del rapporto tra codice e leggi speciali perché le scelte dei
codificatori francesi furono determinanti, pur nella sostanziale omogeneità della struttura dell’istituto nell’Europa continentale-occidentale. Ma la forza di espansione del diritto
francese, al di là delle considerazioni sull’esclusione dal Co177
Sulla peculiarità della nozione di codice nell’Ottocento, cfr. PETROLa lotta per la codificazione, Torino 2002.
178
O ancora «la perpétuité est dans le vœu des lois…les lois ne devant
point être changées, modifiées ou abrogées, sans de grandes considérations», leggiamo nel Livre Préliminaire mai dato alle stampe. Cfr. tit. II, art.
3; tit. VI, artt. 1, ora pubblicato in P.-Y. GAUTIER, Pour le rétablissement du
livre préliminaire du Code civil, in «Droits», 41 (2005), pp. 37-52.
NIO,
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
315
dice che potrebbero sembrare limitanti, emerge in tutta la
sua grandezza e fa sì che un istituto relegato ai margini
venga comunque esportato in Europa e sulla base del dettato normativo francese rientri all’interno di alcuni codici.
Preso a modello per quasi tutta l’Europa, i cui singoli diritti si possono considerare una vera e propria derivazione
da quello francese, il droit d’auteur, entrando nel Codice civile, presenta talvolta, come in Italia o in Portogallo, una diversa soluzione sistematica che investe problemi più ampi
fino al rapporto tra codice e leggi speciali.
Le diverse scelte sistematiche operate dal legislatore francese e da quelli degli altri paesi hanno segnato fin dalle origini, gli orientamenti dei rispettivi Stati. Alla normativa di
principio contenuta nei codici, da cui discendono le varie legislazioni speciali, si contrappone il sistema francese imperniato unicamente su singole legislazioni particolari: la scissione del principio, presente nei codici, dalle leggi speciali
ha consentito inoltre di poter migliorare fin dall’inizio la disciplina dell’istituto, lasciando invariato il principio e modificandone l’applicazione.179
Si può azzardare l’ipotesi che la situazione creata da Napoleone e dai compilatori del Codice abbia portato, proprio
nel paese-guida e di conseguenza nella maggior parte dei
paesi europei, a non far radicare i principi di base del droit
d’auteur, tanto che, come vedremo in conclusione, ormai si
parla, da parte della dottrina soprattutto economica, di abolizione della proprietà intellettuale.
7. Va ricordato, che dopo il periodo napoleonico, oltre a circoscritti interventi legislativi in relazione alla durata dei diritti ereditari,180 si sentì la necessità dell’istituzione di una
179
Per l’Italia cfr. MOSCATI, Sul diritto d’autore tra codice e leggi speciali…, pp. 510-27.
180
Già nel 1810 il limite temporale passò a vent’anni: cfr., anche per le
modifiche successive, L. TRIPIER, Les codes français collationnés sur les
textes officiales…, Paris 1866, pp. 1366-67; 1609.
316
LAURA MOSCATI
Commission de la propriété littéraire, nel 1825, per volere sovrano. Composta da uomini di lettere e da magistrati, tra cui
Portalis181 e Pardessus, «à l’effet de rechercher et de préciser
les améliorations dont peut être susceptible la législation actuelle sur la propriété littéraire» e diretta da La Rochefoucauld, la Commissione lavorò soprattutto sulle produzioni
del pensiero, sulle loro pubblicazioni e riproduzioni, in particolare nei rapporti con la stampa.182
Durante i lunghi e approfonditi lavori riemergono tutti i
problemi irrisolti precedentemente. In particolare, la difficoltà, se non addirittura l’impossibilità, di trovare una definizione di principio della proprietà letteraria già esclusa dal
Code civil. Anche questa volta, si ritenne più opportuno non
darne una definizione e considerare come principio non
contestato il diritto dell’autore a godere dei frutti della sua
opera. In effetti riemerge più volte, e spesso con determinazione, la volontà di assimilare la proprietà letteraria a quella
materiale, sulla scia della dottrina settecentesca e degli arrêts
del 1777 che, insieme ad alcuni interventi normativi e giurisprudenziali, avevano riconosciuto come «perpetuo» il privilegio letterario.
Ma di fronte al fatto di seguire questa strada, e quindi di
fare un cambiamento così radicale rispetto alla normativa in
vigore, la Commissione decide di restare in linea con la
legge del 1793, adottando una proprietà limitata, ma con un
termine più ampio. La precarietà della scelta, su cui ci furono vari ripensamenti, porta comunque la Commissione a
non utilizzare il termine «proprietà» (come nel 1793 e nel
1810) ma «diritto esclusivo», discostandosi dal decreto del
1810, in cui si dichiarava espressamente che «Le droit de
propriété est garanti à l’auteur…».183 In realtà, la situazione
è più complessa. La legge del 1793, come si è visto, utilizza
181
Si tratta di Joseph-Marie de Portalis figlio di Jean-Etienne-Marie,
autore del Code civil.
182
Commission de la propriété littéraire…, p. 3.
183
Décret impérial contenant Règlement sur l’Imprimerie et la Librairie…,
art. 39.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
317
nel titolo il termine proprietà, ma nel dettato degli articoli si
parla solo di sfruttamento, con un evidente richiamo alla
tradizione monopolistica di questo diritto e al fatto che non
fosse mai stata chiarita la natura dell’esclusività dell’autore.
Le discussioni emerse nella Commissione, che sono il riflesso delle posizioni dottrinarie e soprattutto di quelle legislative prese nel corso del XVIII-XIX secolo, permettono di
capire alcune difficoltà odierne della dottrina che oscilla, nei
riguardi del fondamento dell’esclusività dell’autore, tra diritto di proprietà e diritto di privativa,184 come riflesso evidente delle radici storiche del rapporto tra propriété e droit
exclusiv185 e come tendenza ancora viva a inquadrare la tutela delle creazioni intellettuali nell’istituto del monopolio.
Vi sono altri elementi di riflessione che emergono dalle
discussioni. Mi riferisco al fatto che la Commissione inserì
tale proprietà tra i beni mobili, ritenne immateriale il suo
oggetto, considerò basilare la doppia anima – spirituale o intellettuale – e materiale che induce a una possibile distinzione tra la proprietà materiale degli eredi e quella intellettuale del destinatario finale, e cioè il pubblico, nel dominio
comune dei lumi e del godimento dello spirito. Si susseguono una serie di progetti e di osservazioni dei vari membri della Commissione tra cui spicca l’apporto di Portalis
che offrì il contributo più significativo al progetto definitivo.
Nonostante la decisione presa dall’Assemblea di escludere una definizione di principio della proprietà letteraria,
si torna più volte nei verbali su questa, dimostrandone la
necessità ma, al contempo, la difficoltà o per meglio dire
l’impossibilità.186 Così, ci si riferisce all’art. 544 del Code
Napoléon e ai suoi limiti intrinseci o si riprende il paragone con la situazione delle miniere, dove il diritto del
proprietario era ridotto a un semplice indennizzo temporaneo o perpetuo.
184
Cfr. FERRI, Manuale di diritto commerciale…, p. 137.
Commission de la propriété littéraire…, pp. 63-66.
186
Commission de la propriété littéraire…, p. 153, in cui si dice che era
più facile definire la contraffazione rispetto alla proprietà letteraria.
185
318
LAURA MOSCATI
Ampiamente dibattuto è il rapporto con i brevetti, che,
come abbiamo visto, avevano avuto, sempre nel droit intermédiaire, una specifica e analoga normativa anche sulla base
di quanto avveniva in altri Stati. Caratteristica dei lavori legislativi è quella di cercare di rifarsi a un modello di ispirazione nelle situazioni di maggiore difficoltà, ignari del fatto
che, già da allora, era la stessa Francia a offrire il modello
al mondo europeo continentale. Ad esempio, per l’indennizzo
fisso o proporzionale o per il termine dei diritti di sfruttamento viene richiamata la legislazione inglese, che per prima
aveva individuato il limite temporale, senza rendersi conto
delle divergenze di base dei due sistemi normativi.
Emerge tra i membri della Commissione la figura di Pardessus, che da poco aveva pubblicato il suo corso di diritto
commerciale,187 con ampie riflessioni sulla proprietà letteraria e sui brevetti, e che in sede di Commissione aveva sempre cercato soluzioni semplificanti e concrete rispetto a suggestioni dirette soprattutto alla costruzione teorica dell’istituto. Pardessus aveva espresso forti critiche sia alla legislazione francese, sia a quelle straniere perché incomplete e soprattutto perché fondate su interessi politici e di mercato e
non sui principi generali del diritto di proprietà.188 Egli si
impegna personalmente affinché la nuova normativa sia all’altezza dei problemi per superare i limiti del decreto del
1810 – gli estensori erano gli stessi del Code civil – che si
poneva in aperta contraddizione con quest’ultimo per i diritti successori, trascurando la natura personale del diritto
d’autore.
Rispetto al decreto del 1810, che riorganizzava l’intera
materia della stampa, il progetto della Commissione, sulla
scia della legge del 1793, è indirizzato ad attribuire all’autore
187
J.-M. PARDESSUS, Cours de droit commercial, 4 voll., Paris 1814-16. La
nota opera di Pardessus era, in realtà, stata preceduta dai meno noti Elemens de jurisprudence commerciale, Paris 1811, che ne costituisce l’ossatura e che è stata scritta all’indomani del suo insediamento sulla prima
cattedra di diritto commerciale istituita nella facoltà giuridica parigina.
188
Commission de la propriété littéraire…, p. 173.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
319
lo sfruttamento dell’opera e a tutelare le opere letterarie,
quale che ne sia il genere, ponendo sul medesimo piano
tutte le composizioni artistiche in un destino comune che
tende a esaltare gli autori e il loro genio, come si evince
chiaramente dalla relazione che accompagna il progetto, in
cui vengono messe in rilievo le finalità dell’opera compiuta
dalla Commissione e i problemi che si sono presentati. Innanzitutto si pone l’accento sulle difficoltà incontrate nelle
discussioni sulla perpetuità della proprietà intellettuale che
avrebbe dovuto «assimiler entièrement la propriété d’une ouvrage à celle d’un champ et d’un domaine…»; su questo
punto la Commissione non si è trovata d’accordo perché «un
tel privilège n’existe nulle part;…il deviendrait ou onéreux
pour le public, ou illusoire pour les familles; il tromperait
souvent les intentions de l’auteur lui-même, qui, en publiant
son ouvrage, a souhaité que les éditions s’en multiplient facilement après lui».189 Si spiega, quindi, perché i componenti
della Commissione abbiano esteso il termine dei diritti
esclusivi a cinquant’anni ed equiparato la durata dei diritti
ereditari, accordandoli agli eredi.
In conclusione, rivolgendosi al Re, la Commissione sostiene che le disposizioni contenute nel progetto sono le più
favorevoli che un paese abbia mai avuto nei riguardi degli
autori e delle loro famiglie. Nonostante tali sforzi, il progetto
non venne approvato e non è chiaro per quali motivi; quello
che è certo, invece, è che la Commissione aveva prospettato
un assetto dell’istituto al quale si arriverà dopo la metà del
secolo190 e che aveva dettato la disciplina solo della sfera patrimoniale del diritto d’autore e soprattutto dei problemi relativi alla contraffazione e alla ristampa di opere, che maggiormente interessavano i mercati librari.
Ma il problema dell’assimilazione in tutto e per tutto alla
proprietà materiale, ritornato più volte e di cui si era discusso
189
Commission de la propriété littéraire…, p. 326.
Mi riferisco in particolare alla durata cinquantennale che verrà adottata solo con la Convenzione di Berna e resterà in vigore fino a pochi anni
fa quando il limite dei diritti ereditari verrà allungato per esigenze politiche ed economiche a settant’anni.
190
320
LAURA MOSCATI
animatamente nella stessa Commissione, non era risolto. Ancora, all’inizio degli anni Quaranta dell’Ottocento, Alphonse
de Lamartine, favorevole alla proprietà perpetua, aveva presentato alla Camera dei deputati un ulteriore progetto di legge
con l’intenzione di portare almeno a trent’anni la durata dei
diritti ereditari.191 E pochi anni dopo, il futuro Napoleone III
aveva sostenuto che «L’oeuvre intellectuelle est une propriété
comme une terre, comme une maison; elle doit jouir des mêmes droits et ne pouvoir être aliénée que pour une cause d’utilité publique».192 O ancora nel 1863, una nuova Commissione legislativa aveva riesaminato il problema dell’assimilazione della proprietà letteraria alla proprietà materiale193.
La laconicità dei testi legislativi rivoluzionari non è pertanto colmata nel corso del XIX secolo, nonostante i ripetuti
tentativi di riforma globale dell’istituto, da ulteriori e completi interventi normativi. Il complesso iter legislativo aveva,
inoltre, indirizzato l’istituto verso una spiccata prevalenza
patrimoniale, che d’altronde rifletteva con evidenza la stessa
centralità della proprietà in tutto il sistema napoleonico,194
rispetto ad altre prospettive su cui si era concentrata l’at191
Si tratta dell’Extrait du rapport sur le projet de la loi de propriété littéraire présenté par Alphonse de Lamartine à la Chambre des Députés le 13
mars 1841, in cui de Lamartine riporta con chiarezza il suo pensiero,
paragonando la proprietà materiale e quella letteraria insieme ai relativi
diritti ereditari. La discussione relativa ebbe una forte eco anche nella
stampa dell’epoca: cfr. «Le Moniteur Universel», 50 (1846), p. 423,
19.2.1846. Cousin ringrazia l’Assemblea di persistere nel proposito di portare a 30 anni il privilegio o piuttosto il diritto di godimento esclusivo dei
prodotti che appartengono all’arte.
192
Così rispondeva nel 1844 l’allora principe Luigi Napoleone a M. Joubart autore del Monautopole: cfr. D. SAGOT-DUVAUROUX (ed.), La propriété
intellectuelle c’est le vol! Les majorats littéraires ( et un choix de contributions au débat sur le droit d’auteur au XIXe siècle), Paris 2002, p. 141. Cfr.
anche F. LATRIVE, Du bon usage de la piraterie. Culture libre, sciences ouvertes, Paris 2004, p. 27.
193
Cfr. Commission de la propriété littéraire. Rapports à l’Empereur. Décrets, Collection des procès-verbaux, Documents, Paris 1863. Sarà la Convenzione di Berna a sancire il limite temporale dei diritti ereditari.
194
Cfr. P. GROSSI, Il dominio e le cose. Percezioni medievali e moderne
dei diritti reali, Milano 1992, pp. 454-59; 660-63.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
321
tenzione dottrinaria e legislativa successiva. Tali lacune inducono la giurisprudenza e la dottrina – di cui vengono
tracciate alcune linee interpretative del primo Ottocento utili
per i futuri sviluppi – al tentativo di sostituire almeno in
parte il legislatore, provvedendo a colmare lo scarno dettato
delle norme.195
L’applicazione della legge del 1793 e del decreto del 1810
crea una serie di problemi, come si evince dalle numerose
sentenze emanate in quel periodo. In particolare, in materia
di contraffazione, viene definita la posizione dell’autore, vengono individuati i requisiti necessari per ottenere la protezione e vengono riconosciute le diverse forme di falsificazione in relazione alle opere copiate da un solo autore e a
quelle rielaborate da diversi autori.
È significativa l’opera svolta dalla Cour de Cassation196 e
principalmente dall’allora procuratore generale Merlin197
che, attraverso la definizione dei criteri di protezione legale,
integra la legge del 1793 in cui erano limitate le categorie
oggetto della proprietà letteraria. A suo giudizio, la legge
195
Cfr. le approfondite pagine di PFISTER, L’auteur, propriétaire de son
œuvre?…, II, pp. 504-39.
196
Cfr. la classica opera di E. FAYE, La Cour de Cassation. Traité de ses
attributions, de sa compétence et de la procédure observée en matière civile…, Paris 1903, di recente ristampata, Paris 1999; si veda anche HALPÉRIN, Le tribunal de cassation et les pouvoirs sous la révolution (17901799), Paris 1987; ID., Ordre judiciaire et excès de pouvoir, in J.-J. CLÈRE J.-L. HALPÉRIN (edd.), Ordre et désordre dans le système napoléonien. Colloque du 22-23 juin 2000 organisé par le Centre Georges Chevrier, Paris
2003, pp. 187-203.
197
Se ne trova testimonianza in particolare nelle voci Contrefaçon, in
PH.-A. MERLIN, Répertoire universel et raisonné de jurisprudence, VI,
Bruxelles 18265, pp. 263-91 e Propriété littéraire, in ID., Recueil alphabétique de questions de droit, XII, Bruxelles 18294, pp. 174-96. Soprattutto
nella seconda opera, Merlin esprime con chiarezza il suo pensiero critico
sulla normativa vigente e i suoi limiti e offre soluzioni innovative nel silenzio della legge. Cfr. anche RENOUARD, Traité des droits d’auteurs…, II,
Paris 1839, p. 4, che giudica con le seguenti parole l’operato svolto da
Merlin: «Il a contribué puissamment à fonder la jurisprudence sur les
droits d’auteurs; c’est une matière qu’il affectionnait et sur laquelle il s’est
souvent étendu».
322
LAURA MOSCATI
«n’a point défini la contrefaçon» e soprattutto «est une loi
de pure théorie… illusoire dans la pratique… n’est susceptible d’aucune application, d’aucune exécution».198 Attraverso
un’interpretazione estensiva della legge, Merlin accresce il
numero di tali categorie, fissando i requisiti nel lavoro intellettuale e nell’originalità dell’opera.199 Egli individua nella
creatività, nel grado di intelligenza, nel valore delle produzioni della mente, nel carattere di novità di forma e di sostanza delle opere, gli elementi determinanti per attribuire
all’autore – e solo a lui – la proprietà dell’opera.200 Merlin,
inoltre, applica un’interpretazione estensiva dell’art. 6, intendendo l’espressione «tout citoyen» come sinonimo di «toute
personne», per non restringere ai soli francesi il diritto
esclusivo di vendere o far vendere le opere letterarie.201
Da allora in poi questi requisiti saranno sostenuti a più riprese dalla giurisprudenza e ritenuti determinanti per l’individuazione della proprietà e la sua tutela: «Il est évident que
la création est la cause efficiente de ce droit de propriété…»;
«…il suffit qu’il soit une création, un produit nouveau de
l’intelligence, de l’imagination»; «…le droit de propriété s’étend à tout ouvrage dans laquelle un écrivain a mis quelque
chose qui est l’œuvre de son esprit…».202
198
MERLIN, Propriété littéraire…, p. 178. La critica alla legge del 1793
è molto decisa e riguarda in particolare gli articoli che trattano soltanto
del sequestro della merce in caso di contraffazione, che sembra limitata
ai soli casi di imitazione letterale e perfetta e la mancata specificazione
delle pene relative. In particolare, nel silenzio della legge, Merlin propone
di applicare il diritto antico (Propriété littéraire…, pp. 179-80) e in particolare l’arrê.t del 1777.
199
Cfr. LEDRU-ROLLIN, Journal du Palais. Recueil le plus ancien et le plus
complet de la jurisprudence française, XII, Paris 18393: Cour de Cassation,
sect. Crim.: 2 dicembre 1814 (e in forma abbreviata in L.-M. DEVILLENEUVE-A.A. CARETTE, Recueil général des lois et des arrêts, avec notes et
commentaires, IV, Paris 1841). Cfr. MERLIN, “Contrefaçon”… e la trad. it.
di F. CARILLO (ed.), Dizionario universale ossia repertorio ragionato di giurisprudenza e questioni di diritto di Merlin…, III, Venezia 1835.
200
Cfr. MERLIN, Contrefaçon…, pp. 277-78.
201
ID., Propriété littéraire…, pp. 193-94.
202
Cfr. Propriété littéraire, in D’AUVILLIERS (ed.), Journal du Palais. Répertoire général contenant la jurisprudence de 1791 à 1850, l’histoire du
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
323
La giurisprudenza si sofferma, inoltre, sulla natura della
proprietà letteraria e, ricordando il silenzio del Code civil,
sull’appartenenza alla categoria dei beni mobili e sulle analogie con la proprietà materiale. In particolare, si evidenziano gli elementi, quali il deposito, che conferiscono all’autore la proprietà; la durata dei diritti di utilizzazione che da
perpetua diventa limitata; la trasmissione, analoga alle altre
proprietà attraverso la cessione, completa o parziale, determinata dalle parti,203 perché la natura della proprietà letteraria equivale a quella di tutti gli altri diritti di proprietà.204
In particolare nel 1814, la giurisprudenza individua il
droit moral con una sentenza del tribunale civile di Seine,205
in cui viene riconosciuta la natura morale del diritto nei limiti imposti al tipografo per la salvaguardia dell’integrità
del testo con il chiaro intento della protezione della reputazione dello scrittore. Si tratta di una forma di tutela in
nuce206 perché solo più tardi, intorno alla metà del secolo, la
protezione degli interessi extrapatrimoniali dell’autore
avrebbe avuto un fondamento proprio e non legato al diritto
di proprietà, fino ad arrivare talvolta a privilegiare il diritto
morale su quello patrimoniale. Bisogna tenere presenti alcune peculiarità, come il fatto che al diritto morale viene
droit, la législation et la doctrine des auteurs, par une société de jurisconsultes et de magistrats, X, Paris 1850, p. 754.
203
Cfr. D’AUVILLIERS (ed.), Journal du Palais…, X, pp. 762-66 e i rilievi
in proposito di PARDESSUS, Cours de droit commercial…, nouv. édit., I, Bruxelles 1842, pp. 65-71 (si tratta dell’ultima edizione dell’opera, dove l’analisi è più approfondita).
204
Cfr. D’AUVILLIERS (ed.), Journal du Palais…, X, p. 762 e le interessanti osservazioni di A. NION, Droits civils des auteurs, artistes et inventeurs…, Paris 1846, pp. 37-57.
205
La sentenza, rimasta inedita, è stata in gran parte pubblicata da RENOUARD, Traité des droits d’auteurs…, II, pp. 332-33 ed è relativa a un’opera Développemens historique de l’Intelligence et du Goût par rapport à l’Éloquence apparsa nel 1813, di cui era stata fatta l’anno successivo una seconda edizione dal titolo Histoire morale de l’Éloquence. Cfr. RENOUARD,
Sur une Histoire de l’Éloquence, attribuée au chancelier d’Aguesseau, in
«Thémis, ou Bibliothèque du Jurisconsulte», 2 (1820), pp. 89-95.
206
Cfr, LUCAS-SCHLOETTER, Droit moral et de la personnalité…, p. 842.
324
LAURA MOSCATI
applicata la tanto anelata perpetuità e la specificità del termine francese moral che, rispetto al nostro, ha un significato più ampio nel senso di spiritual, che echeggia piuttosto
le nostre persone morali.207
La giurisprudenza si sofferma anche sul plagio e sulla
contraffazione e sulla linea di demarcazione che esiste tra i
due e che viene ben delineata, nella distinzione tra riproduzione di parti di un’opera o nell’uso di un’opera altrui come
propria.
Interessanti anche le integrazioni alla legge del 1793 relative alla contrefaçon che prevedeva solo il sequestro della
merce e non la pronuncia dell’ammenda. Il problema è risolto dal Codice penale che considera la contrefaçon un délit208 e soprattutto da alcune sentenze successive che offrono
un ulteriore chiarimento, distinguendo l’action réelle regolata
dalla legge del 1793 che si occupa soltanto del fatto, dall’action personelle, regolata dal Codice di procedura civile e diretta contro gli autori del delitto.209
Alla luce delle novità introdotte dalla giurisprudenza,
molti arrê.ts degli anni trenta riguardano opere già cadute
207
Cfr. G. GIORGI, La dottrina delle persone giuridiche esposta con speciale considerazione del diritto moderno italiano, I. Parte generale, Firenze
1889, pp. 24-35, in cui vengono segnalate le diverse espressioni usate nelle
singole legislazioni. Il discorso era già presente nella dottrina francese: G.
BAUDRY-LACANTINERIE - M. HOUQUES-FOURCADE, Trattato teorico-pratico di diritto civile. Delle persone, I, Milano 1914, pp. 338-400 e ancor prima in
quella tedesca: F. C. VON SAVIGNY, System des heutigen römischen Rechts (8
B.de, Berlin 1840-51), trad. it., a cura di V. SCIALOJA, II, Torino 1888, pp.
239-55.
208
Cfr. D.DALLOZ-A.DALLOZ, Jurisprudence générale du Royaume. Recueil
périodique et critique de jurisprudence, de législation et de doctrine, Paris
1845, pp. 130-31.
209
La legge del 1793, infatti, nell’art. 3 parla di «faire confisquer»,
senza specificare né l’azione contro l’autore della contraffazione, né l’organo che deve esercitare l’accertamento del reato e la conseguente azione
repressiva. Cfr. ad esempio le sentenze della Cour de cassation del 27
marzo e del 22 maggio 1835: SIREY-DEVILLENEUVE, Recueil général des lois
et des arrêts, en matière civile, criminelle, commerciale et de droit public,
Paris 1835, pp. 749-53.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
325
nel dominio pubblico, a cui sono state poste, da parte di un
autore, annotazioni che, anche se non stampate separatamente, costituiscono proprietà letteraria e sono, quindi, suscettibili del delitto di contraffazione previsto dalla legge.210
O ancora sulla proprietà del solo titolo di un’opera e sul deposito di un prospetto di lavoro che non assicura, come nel
nostro diritto vigente, la proprietà dello stesso.211 Altre sentenze si riferiscono all’impossibilità per l’editore, a cui è
stato ceduto il diritto di proprietà di un’opera, di intervenire
sui contenuti della stessa, manipolando il titolo o il testo e
a traduzioni di opere il cui autore, se non viene determinato
il numero delle copie, non può esercitare il diritto di proprietà e di conseguenza non può cederlo a un altro editore
per una nuova edizione.212
In linea generale, comunque, la giurisprudenza del periodo successivo alla codificazione si muove costantemente,
sia assicurando all’autore l’esclusiva utilizzazione economica
della sua opera, sia tutelando il lavoro intellettuale, attraverso una corretta pubblicazione, che non danneggi l’oggetto
del diritto.
Quanto alla dottrina, il discorso risulta più variegato,213
anche se alle lacune dei testi legislativi rivoluzionari si aggiunge l’esclusione della proprietà letteraria dal Code Napoléon, ciò non impedisce, e anzi sollecita, l’attenzione dottrinaria per l’istituto. Le pagine di alcuni giuristi mostrano di
intendere l’importanza dell’istituto e delle sue trasformazioni, anche se non delineano appieno le singole figure. Le
loro ampie elaborazioni sono state determinanti per colmare
210
Cfr. ad esempio gli arrê.ts della Court royale de Paris del 9 dicembre
1831 e del 7 novembre 1835, in D’AUVILLIERS (ed.), Journal du Palais…,
XXIV, Paris 1831-32, p. 424; XXVII, Paris 1835-36, p. 668.
211
Si veda l’arrê.t della Court royale de Paris dell’8 ottobre 1835 in D’AUVILLIERS (ed.), Journal du Palais…, XXVII, p. 646.
212
Court royale de Paris: 28 novembre 1832, in D’AUVILLIERS (ed.), Journal du Palais…, XXIV, Paris 1831-32, p. 1596.
213
Mi riferisco soprattutto ad alcune linee dottrinali della fase iniziale.
Per il secondo Ottocento, cfr. il quadro tracciato da PFISTER, La propriété
littéraire est-elle une propriété?…
326
LAURA MOSCATI
svariate carenze legislative, per meglio comprendere alcune
scelte e soprattutto per orientare gli sviluppi futuri. La dottrina ha dovuto affrontare in questa fase una miriade di problemi, insistendo nell’esame della natura della proprietà letteraria e soprattutto, alla luce di riflessioni più elaborate,
nella possibilità di una sua assimilazione ai diritti esclusivi
della proprietà materiale.
Alcuni giuristi, come Portalis,214 Comte,215 Dalloz,216 Laboulaye,217 sulla scia della tradizione settecentesca, ritengono
la proprietà dell’opera dell’ingegno piena e completamente
assimilabile alla proprietà materiale, dato che essa appartiene, sulla base di un diritto naturale, al suo autore. Altri,
come Renouard218 e Proudhon,219 ispirandosi al pensiero di
Kant,220 contestano l’assimilazione della proprietà letteraria
al diritto assoluto di proprietà (si arriva persino a parlare di
«quasi-propriété»),221 ma riconoscono all’autore un inden214
Oltre ai più specifici interventi nelle sedi relative, è molto interessante il Projet di Portalis (Des productions de la pensée qui se publient et
se reproduisent par la voie de l’impression, in Commission de la propriété
littéraire…, pp. 135-38.
215
CH. COMTE, Traité de la propriété littéraire, 2 voll. Paris 1834.
216
DALLOZ - DALLOZ, Jurisprudence générale. Répertoire méthodique et alphabetique de législation de doctrine et de jurisprudence, XXXVIII, Paris
1857, pp. 441-523.
217
LABOULAYE, Etudes sur la propriété littéraire en France et en Angleterre…; LABOULAYE-GUIFFREY, La propriété littéraire au XVIIIe siècle…
218
RENOUARD, Traité des droits d’auteurs…
219
P.-J. PROUDHON, Les majorats littéraires. Examen d’un projet de loi
ayant pour but de créer, au profit des auteurs, inventeurs et artistes, un monopole perpétuel, Paris 1863.
220
I due brevi testi di Kant del 1785 e del 1798, insieme alla parte relativa nella “Dottrina del diritto”, sono stati di recente riuniti e tradotti in
francese (E. KANT, Qu’est-ce qu’un livre?, Paris 1995, preceduti da un’interessante introduzione di J. BENOIST) e ora in italiano: cfr. I KANT - J.G.
FICHTE - J. REIMARUS, L’autore e i suoi diritti. Scritti polemici sulla proprietà
intellettuale, a cura di R. POZZO, Milano 2005. L’influenza del pensiero kantiano sugli aspetti personali del diritto d’autore, è stata di recente accennata da F. CIONTI, La nascita del diritto sull’immagine, Milano 2000, pp.
147-67 sulla scia del classico lavoro di Ravà (I diritti sulla propria persona
nella scienza e nella filosofia del diritto, Torino 1901).
221
Cfr. LE SENNE, Brevets d’invention…, p. 33.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
327
nizzo per il servizio reso alla società attraverso la pubblicazione della sua opera.
Altri ancora, come Gastambide222 e Nion,223 considerano il
diritto d’autore come diritto di proprietà, ma di una proprietà diversa dalle altre perché intellettuale, con le sue caratteristiche peculiari che, se ancora mal definita, esiste e
deve esistere. Proudhon, infine, che rifiuta di considerare la
proprietà intellettuale come una proprietà materiale, riconosce tuttavia una posizione all’autore che ne mette in evidenza il suo talento.224
Bisogna tener presente che Kant costituisce il veicolo iniziale di un illuminato pensiero dottrinario tedesco in materia, sviluppatosi nella seconda metà del XIX secolo, individuando, alla vigilia di una decisa condanna del governo
prussiano delle ristampe illegali,225 una doppia essenza della
proprietà intellettuale. L’opera, considerata come bene immateriale, resta proprietà dell’autore, mentre l’esemplare del
libro o dell’opera d’arte, di chi l’ha prodotta: un diritto morale distinto da quello patrimoniale di utilizzazione economica, ma strettamente connessi tra loro.
Il suo pensiero trova terreno fecondo nella prima dottrina
francese legata soprattutto al rapporto con la proprietà materiale e condizionata dall’impronta monopolistica imperante fino alla Rivoluzione francese, solo in pochi autori tra
cui spicca la futura pietra miliare degli studiosi rappresentata da Renouard. Successivamente il legame dottrinario tra
i due paesi sarà più forte nell’elaborazione delle teorie relative ai Geistiges Eigentum.
In questo primo periodo, ritengo che soltanto Pardessus
sia stato capace di elaborare una più compiuta riflessione
222
A.-J. GASTAMBIDE, Traité théorique et pratique des contrefaçon en tous
genres…, Paris 1837.
223
Cfr. NION, Droits civils des auteurs, artistes et inventeurs…
224
J.-B.-V. PROUDHON, Traité du domaine de propriété, ou de la Distinction des biens considérés principalement par rapport au domaine privé, I,
Dijon 1839, p. 210.
225
Cfr. F. UHLIG, Geschichte des Buches, Stuttgart 1952, pp. 54-58.
328
LAURA MOSCATI
dei singoli aspetti del diritto d’autore anche in relazione a
quello dei brevetti e, quindi, a una nuova interpretazione
della proprietà intellettuale. Proprio nello stesso anno della
sentenza ricordata per le origini del droit moral e ponendosi
sulla stessa linea, Pardessus considera i diritti dell’autore –
che sono immateriali e che rientrano nella categoria dei beni
mobili – base fondante della proprietà letteraria, perché l’autore ha gli stessi diritti sul suo lavoro dello spirito che sugli
altri suoi beni materiali.226
La sua sensibilità verso la tutela del lavoro svolto dall’autore, da un lato anticipa un discorso legato ai diritti della
persona,227 dall’altro lato ne individua un fattore centrale di
differenziazione con la proprietà materiale.228 Pardessus ritiene che i principi fondanti della proprietà letteraria e di
quella materiale nonché i mezzi di trasmissione siano i medesimi, ma non gli effetti. L’editore, infatti, non può disporre
dell’opera nella maniera più piena,229 perché deve lasciarla
immutata, risultando, in realtà, un usufruttuario, che gode
di un diritto temporaneo non prorogabile. Di conseguenza,
gli eredi invece di ricevere un diritto perpetuo, ne devono ricevere uno limitato, ritenendo «exorbitant» la trasmissione
perpetua del diritto dell’autore.
È interessante notare che nella prima edizione dell’opera,
Pardessus utilizza la locuzione proprietà del manoscritto che
viene successivamente sostituita da droit de copie, sostan226
Bisogna tener presente che già nell’opera precedente (Elémens de jurisprudence commerciale…, pp. 84-93) Pardessus aveva inserito succintamente i problemi del diritto dei brevetti e della proprietà letteraria all’interno della trattazione e definito intellettuale tale proprietà.
227
Nell’ultima edizione (Bruxelles 1841) saranno ancora più chiari gli
aspetti del diritto d’autore legati alla persona (I, p. 216).
228
«La vente d’un manuscrit en pleine propriété… n’a pas les mêmes
effets que celle des propriétés ordinaires. Elle ne donne pas à l’acheteur
le droit de disposer de l’ouvrage de la manière la plus absolue»: PARDESSUS, Cours de droit commercial…, p. 317.
229
«Il a droit de le publier en tels formats et nombre d’éditions qu’il
veut, mais il n’est pas le maître d’intercaller ou d’opérer des changements
de quelque manière que ce soit, sans le consentement de l’auteur»: PARDESSUS, Cours de droit commercial…, pp. 317-18.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
329
ziando la configurazione dell’istituto con l’introduzione della
figura dell’usufruttuario. Questa evoluzione simboleggia il
passaggio dalle riflessioni dottrinarie settecentesche a quelle
successive alla specifica legislazione in materia.
Pardessus, quindi, con la prefigurazione del droit moral e
dei diritti della persona e al contempo con la demarcazione
dalla proprietà materiale, offre alla proprietà intellettuale,
nella duplice veste del diritto dei brevetti e del diritto d’autore, una nuova costruzione dell’istituto.230 In particolare
Pardessus usa – ritengo per la prima volta – nel 1825 l’espressione «propriété intellectuelle».231 Va anche sottolineato
che questa è inserita in un Cours de droit commercial, che
già di per sé comporta una novità foriera di futuri sviluppi.232
Bisogna tener presente che proprio in quegl’anni viene
fondata la Société des Gens des Lettres, ispirata e presieduta
per un periodo da Honoré de Balzac, che si basa su un Code
des gens honnetes233 e che può essere considerata un primo
sindacato degli uomini di lettere e comunque un’espressione
tangibile della loro presa di coscienza.234 Contemporanea-
230
Il suo pensiero ebbe soprattutto un’influenza più tarda (cfr. E. CALDe la propriété et de la contrefaçon des œuvres de l’intelligence, Paris
1856), con l’eccezione di Renouard e di Troplong alla fine degli anni trenta.
231
PARDESSUS, Cours de droit commercial…, II, Paris 18253, p. 313.
232
Sull’importanza della figura e dell’opera di Pardessus, cfr. ora J. HILAIRE, Pratique et doctrine au début du XIXe siècle. L’œuvre de Jean-Marie
Pardessus (1772-1853), in Figures de justice. Etudes en l’honneur de JeanPierre Royer, Lille 2005, pp. 287-94.
233
La società fu fondata nel 1830. Dopo pochi anni, Balzac si sarebbe
scagliato contro la cecità della legislazione che non garantisce i letterati e
contro la contraffazione rovinosa che ha reso necessaria la creazione della
società, sulla scia di quanto avevano fatto qualche tempo prima gli uomini di teatro. Cfr. in particolare R.A. ALBRECHT GÖTZ VON OLENHUSEN, Der
Code Littéraire des Honoré de Balzac, in «UFITA. Archiv für Urheber- und
Medienrecht», 3 (2002), pp. 809-24.
234
Cfr. in particolare F. POLLAND-DULLIAN, Balzac et la propriété littéraire,
in L’Année balzacienne, 2003, n. 4: Relectures di “Médecin de campagne”,
Paris 2004, pp. 197-223. Si veda anche N. FELKAY, Balzac et ses éditeurs.
1822-1837. Essai sur la librairie romantique, Paris 1987.
MELS,
330
LAURA MOSCATI
mente, esisteva ancora qualche voce sporadica, come quella
di Benjamin Constant che, nello stesso anno, in qualità di
Presidente di sezione del Consiglio di Stato pronunciava l’ultimo discorso alla Camera, pochi giorni prima di morire, in
favore della libertà di vendita di qualsiasi pubblicazione.235
Tornando al silenzio del Code Napoléon, la dottrina tenta
anche di supplire ai limiti della codificazione,236 sicché il
discorso si concentra su una possibile collocazione all’interno della sistematica del Codice. La proprietà letteraria
viene, come aveva già indicato Pardessus, implicitamente inserita tra i beni mobili, intuendosi fin dalla fase iniziale la
necessità di un inquadramento almeno in linea di principio.
Anche chi è più contrario all’assimilazione della proprietà
letteraria alla proprietà materiale, cerca comunque di trovare una collocazione all’interno delle categorie del Code Napoléon, perché, a suo giudizio, l’autore non tende che ad ottenere un compenso, sia dall’editore dell’opera o dal compratore del brevetto, sia dalle persone che si procurano l’opera o i prodotti della scoperta industriale.237
Infatti alcuni giuristi, tra cui in particolare Nion,238 Duranton,239 Demolombe,240 trovano comunque nel Codice una
collocazione dei principi del diritto d’autore per non abbandonare la configurazione dell’istituto alle sole e carenti leggi
235
Cfr. B. CONSTANT, Adolphe, a cura di L. BIGIARETTI, Milano 1977,
p. 10.
236
C. DEMOLOMBE, Cours de Code Napoléon. Traité de la distinction des
biens…, I, Paris 18612, p. 311.
237
Cfr. PROUDHON, Traité du domaine de propriété…, pp. 246-47.
238
NION, Droits civils des auteurs, artistes et inventeurs…, pp. 21-25.
239
A. DURANTON, Cours de droit français suivant le code civil, IV, Paris
1844, pp. 129-30.
240
DEMOLOMBE, Cours de Code Napoléon. Traité de la distinction des
biens…, pp. 314-16. In effetti il Codice civile aveva consacrato, sulla base
della tradizione romanistica, la proprietà delle «choses corporelles»: cfr.
A.-M. PATAULT, Introduction historique au droit des biens, Paris 1989, pp.
229-30 e per una ricostruzione più generale dell’istituto proprietario anche in ai beni immateriali M. XIFARAS, La propriété. Etude de philosophie
du droit, Paris 2004. Interessanti le osservazioni di M. BRETONE, I fondamenti del diritto romano. Le cose e la natura, Bari 2001.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
331
speciali che lo regolano. Ispirandosi alla tradizione consuetudinaria francese241 e facendo rientrare la proprietà letteraria nella categoria dei beni mobili, questi giuristi aprono anche la strada a una più costruita elaborazione dei «droits incorporels», della loro sostanza e del loro oggetto, e quindi a
una configurazione dei beni immateriali che avevano trovato
fondamento nella legislazione rivoluzionaria sul diritto d’autore.242 Infatti, con le leggi del droit intermédiaire si era introdotto uno strumento di tutela delle varie situazioni giuridiche relative agli autori, che era stato attuato attraverso le
stesse forme proprietarie e che aveva riverberato i suoi effetti sul bene oggetto della tutela, considerato immateriale,
avviando il processo della sua configurazione. Se un’elaborazione più sistematica si deve alla scienza tedesca della fine
del secolo,243 le iniziali riflessioni dottrinarie francesi ne costituiscono la complessa essenza concettuale e la base pre-
241
Nelle raccolte tardo settecentesche di giurisprudenza è acquisita la
distinzione tra beni mobili e immobili e la necessità di una collocazione al
loro interno di tutti i beni: cfr. C.J. DE FERRIÈRE, Dictionnaire de droit et de
pratique, contenant l’explication des termes de droit, d’ordonnances, de coutume et de pratique: avec les juridictions de France…, nouv. ed. par M. Boucher d’Argès, I, Toulouse 1779: biens, p. 209 «Les biens sont meubles ou immeubles. On les divise encore en choses corporelles et choses incorporelles,
comme sont les servitudes, les obligations et actions, les propres conventionnels, ou derniers stipulés propres, les rentes et les offices». Nella tradizione dottrinaria viene al contempo riaffermata la proprietà esclusiva:
cfr. R.-J. POTHIER, Traité du droit de domaine de propriété, in ID., Oeuvres,
par M.Dupin Ainé, V, Bruxelles 1831, pp. 211-14: «Une propriété est pleine
et parfaite, lorsqu’elle est perpétuelle… au contraire, elle est imparfaite,
lorsqu’elle doit se résoudre au bout d’un certain temps…» (p. 211).
242
Cfr. M. ARE, Beni immateriali, in Enciclopedia del diritto, V, Milano
1959, p. 246. Sul rapporto tra i beni immateriali e le opere dell’ingegno,
cfr. D. MESSINETTI, Beni immateriali. I. Diritto privato, in Enciclopedia giuridica, V, Roma 1988, pp. 2-3.
243
Cfr. J. KOHLER, Zur Konstruktion des Urheberrecht, in «Archiv für
bürgerliches Recht», 10 (1897), pp. 248-68; e più in generale ID., Urheberrecht an Schriftwerken und Verlagsrecht, Stuttgart 1907 e gli interessanti rilievi di P. SPADA, Parte generale, in P. AUTERI - G. FLORIDIA - V. MANGINI G. OLIVIERI - M. RICOLFI - P. SPADA, Diritto industriale proprietà intellettuale
e concorrenza, Torino 20052, pp. 6-7.
332
LAURA MOSCATI
gnante, entrambe ingiustamente sottovalutate in una ricostruzione storica carente di un appropriato contesto temporale e considerata da un punto di vista germano-centrico,
lontano da una plausibile interpretazione del sistema del
droit d’auteur.244
8. Esiste, quindi, un profondo legame tra l’evoluzione del
concetto di proprietà e l’introduzione di una normativa specifica sulla proprietà intellettuale. Come è noto, nel XIX secolo, la proprietà è oggetto di una venerazione quasi religiosa.245 La Rivoluzione francese aveva celebrato e protetto
tutte le forme di proprietà individuale e, infatti, nei testi che
riguardano la tutela del diritto d’autore, troviamo che la proprietà è associata all’individuo e al suo lavoro.246 Nel medesimo tempo, aveva dato rilievo più al potere di disporre che
al potere di godere, quindi, più che all’immobile in senso
stretto, alla libertà di disporne.
In precedenza, fino alla fine dell’ancien régime, la concezione della proprietà letteraria non era autonoma ma nasceva dall’allineamento alla proprietà materiale, che fu mantenuto per lungo tempo da una parte della dottrina legata
alla perpetuità, sulla base delle affermazioni degli intellettuali del Settecento.247 Su questa scia, prima della Rivolu244
Queste osservazioni si riferiscono al recente saggio di M.F. CURSI,
Res incorporales e modello proprietario nella tutela dell’informazione globale, in A.C. AMATO MANGIAMELI (ed.), Parola chiave: informazione. Appunti
di diritto, economia e filosofia, Milano 2004, pp. 173-206, che si richiama
a G. PUGLIESE (Dalle ‘Res incorporales’ del diritto romano ai beni immateriali di alcuni sistemi giuridici odierni [1982] in Scritti giuridici scelti. Problemi di diritto vigente, IV, Napoli 1986, pp. 1137-98) al quale, in realtà,
interessava porre in luce i limiti di un diretto collegamento dei beni immateriali con le res incorporales della tradizione romanistica, simbolicamente rappresentato dal passaggio semantico della terminologia.
245
PATAULT, Introduction historique au droit des biens…, pp. 232-40.
246
Nei testi troviamo, infatti, associate alla parola proprietà le espressioni «fruit du travail et de l’industrie».
247
Si possono ricordare solo alcuni esempi veramente significativi,
come «c’est qu’on ne connait point la différence de l’achat d’un champ ou
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
333
zione francese, molte decisioni del Consiglio di Stato e alcuni arrêts del 1777, oltre ad accordare agli autori la proprietà delle loro opere, la consideravano per loro e per i loro
eredi «in perpetuo».
Questo allineamento alla proprietà materiale in epoca illuministica è stato ora considerato «funzionale».248 L’analisi
storica condotta rafforza questa interpretazione per il Settecento, dove è evidente il carattere strumentale, pur basato su
una convergenza di interessi anche ideologici, dei pamphlets
per denunciare le esigenze degli autori e per ottenere una
normativa che li tutelasse. Il droit intermédiaire, emanando
per la prima volta una legislazione sulla proprietà intellettuale che è definita «la plus sacrée», al contempo, la limita
imponendo una proprietà a termine con i diritti ereditari
circoscritti a dieci anni.
Il concetto di proprietà che si viene formando nel droit intermédiaire si allontana, quindi, da quello precedente, in
quanto il termine è utilizzato anche per individuare situazioni giuridiche diverse dalla pienezza della proprietà materiale come la proprietà letteraria e industriale, consentendo
una più completa configurazione da un lato della stessa proprietà nel Code civil, dall’altro lato degli sviluppi della proprietà intellettuale.
Con l’Impero vi è un ritorno ad una gerarchia tradizionale
della proprietà, in cui quella fondiaria si ritrova in posizione
primaria,249 come è evidente nell’intervento di Napoleone inteso a bloccare ogni tentativo normativo a favore della perpetuità. Così, la proprietà letteraria resta una proprietà a termine e l’assimilazione alla proprietà materiale continuerà a
d’une maison à l’achat d’un manuscrit, et en effet il n’y en a point» o
come quelli riferiti all’autore «perpétuellement propriétaire du texte de cet
ouvrage… comme d’une terre ou d’une maison».
248
Mi riferisco ad alcuni recenti interventi in Francia e in Italia in
corso di stampa di Paolo Spada, che ho letto per la cortesia dell’autore.
249
Ciò trova un riscontro nella dottrina perché nella prima metà del
XIX secolo tutti gli autori, dopo aver tracciato una storia dalle origini fino
al Code Napoléon, parlano della proprietà con una concezione della perfezione del diritto.
334
LAURA MOSCATI
impegnare sia il legislatore con ripetuti tentativi di nuovi e
organici interventi legislativi, sia la più avvertita riflessione
dottrinaria francese, sulla scia delle suggestioni ricostruttive
offerte da Pardessus, fin oltre la metà del secolo XIX.
Proprio in quel periodo, un momento particolarmente significativo è rappresentato dal Congresso di Bruxelles del
1858, dove vengono riuniti per la prima volta tutti i Paesi
europei e gli Stati Uniti per studiare una legislazione comune sul diritto d’autore.250 Così, la forza espansiva del droit
d’auteur, dopo aver investito l’intera Europa, travalica l’oceano. Infatti, scopo del Congresso è quello di annullare, in
una grande confederazione intellettuale, tutte le differenze di
nazionalità per quel che concerne la tutela conferita dalla
legge agli scrittori e agli artisti e per preparare una legislazione universale sulla proprietà intellettuale. Il Congresso
non può ovviamente assumere il ruolo di legislatore, ma può
mettere in evidenza le questioni più importanti e determinare i principi essenziali su cui si sarebbe dovuta basare
tutta la legislazione avanzata.
A livello di riflessione dottrinaria, il Congresso si orienta
ad assimilare la proprietà di un libro e quella di un quadro
con la proprietà della terra o di una casa e di conseguenza
a non vedere motivi di limitarne la durata, con un evidente
richiamo alla dottrina del Settecento e del primo Ottocento.
Ma in pratica il Congresso si basa sulla legislazione francese
che aveva rifiutato di ammettere la perpetuità del diritto
d’autore, considerando la proprietà letteraria composta di
elementi speciali e ammettendone soltanto il godimento per
un tempo limitato.
In tal modo, il sistema europeo del droit d’auteur, fondandosi sulla legislazione francese e su tutte quelle che ne
erano state ispirate,251 provoca un numero ingente di con250
Cfr. E. ROMBERG, Compte rendu des travaux du congrès de la propriété
littéraire et artistique, 2 voll. Paris-Londres 1859; J. DELALAIN, Législation
de la propriété littéraire et artistique suivie des conventions internationales
nouvelle edition revue et augmentée, Paris 1858.
251
Si veda in tal senso la legislazione belga in materia che apparve a
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
335
venzioni tra i diversi Stati, in particolare con la Francia,252 a
testimonianza della centralità del paese e della volontà di
una normativa comune e resta alla base di ogni costruzione
europea-continentale, contrapponendosi a lungo al diritto
anglo-americano fino ad essere da quest’ultimo emulato in
un tentativo di percorso unitario.
La richiesta di una proprietà letteraria perpetua, su cui si
erano soffermati a lungo gli intellettuali dell’Illuminismo, riemerge a più riprese sia manifestamente sia sommessamente durante quasi tutto il corso del XIX secolo fino alla
Convenzione di Berna del 1886, preceduta da quella di Parigi del 1883 per la proprietà industriale, che, trovando il
suo fondamento nella legge del 1793, è tuttora in vigore e
costituisce la chiusura ideale di questo nostro percorso. Solo
allora, infatti, si stabilizzarono le questioni rimaste sospese
durante tutto l’arco del secolo: il diritto d’autore come legislazione speciale, i diritti ereditari temporanei e non perpetui
con l’istituzione di una proprietà a termine, la doppia anima
morale e patrimoniale dell’istituto, etc. Il lungo iter legislativo francese si sarebbe concluso soltanto con la legislazione
seguito di una lungo iter parlamentare iniziato con un progetto del 1878
sulla base delle istanze del Congresso: Loi sur le droit d’auteur, in Le Moniteur belge. Journal officiel: 26 marzo 1886. Si noti che la legge contiene
gli elementi caratterizzanti della Convenzione di Berna che verrà emanata
nello stesso anno come l’introduzione del termine di 50 anni per gli eredi,
la tutela dei diritti morali e patrimoniali degli autori, la forte repressione
della contraffazione. Vi è un aspetto particolarmente significativo, come
viene sottolineato all’indomani della promulgazione della legge, in cui non
si usa il termine proprietà, ma diritto esclusivo. L’autore, secondo la legge
belga, ha un diritto esclusivo sulla sua opera superando quello patrimoniale che, pur essendo tutelato, ne rappresenta una parte; la tutela normativa si sofferma ampiamente sugli aspetti morali che vanno al di là
«c’est-à-dire la production d’une chose qui n’existait pas auparavant et qui
est tellement personnelle à l’auteur qu’elle forme comme une partie de luimême»: cfr. J. DE BORCHGRAVE, Les droits des auteurs et des artistes étrangers en Belgique, in «Journal du droit international privé et de la jurisprudence comparée», 14 (1887), pp. 403-17.
252
Il percorso comune condotto dai vari Paesi, a cominciare dalla Francia e dal Belgio è ben messo in evidenza da V. CAPPELLEMANS, De la propriété littéraire et artistique en Belgique et en France, Bruxelles-Paris 1854.
336
LAURA MOSCATI
specifica del 1957, e poi con il recente Code de la propriété
intellectuelle, dove si definisce anche per il diritto interno
che: «L’auteur d’une œuvre de l’esprit jouit sur cette œuvre,
du seul fait de sa création, d’un droit de propriété incorporelle exclusif et opposable à tous».253
La peculiarità del fenomeno e la sua internazionalizzazione è considerata una specificità dell’istituto ed è stata sottolineata dagli studiosi che fin dall’inizio ne hanno evidenziato le caratteristiche.254 In realtà, si tratta di un diritto che
si dimostra da sempre ubiquitario, indifferente all’articolazione nazionale del territorio,255 come palesa l’analisi storica
che, anche in questo caso, risulta illuminante.
La forza di espansione del diritto francese, al di là delle
considerazioni sull’esclusione dal Codice che potrebbero
sembrare limitanti, emerge in tutta la sua grandezza e fa sì
che un istituto relegato ai margini venga comunque esportato in Europa e, sulla base del dettato normativo francese,
senza modificarne i contenuti ma soltanto la sistematica,256
rientri in alcuni paesi all’interno del codice civile con uno o
più articoli di principio, lasciando alla legislazione speciale
la regolamentazione specifica dell’istituto.
Il diritto d’autore, quindi, nato come istituto europeo, biforcatosi nei due grandi ordinamenti del copyright e del droit
d’auteur, sviluppatosi nelle singole legislazioni, viene così riconsegnato all’Europa. Uno studio analitico delle origini
francesi mi è sembrato utile non solo per la ricostruzione
storica in sé, ma anche per comprendere le divergenze tra le
legislazioni dei diversi Paesi in un contesto che si rivela sem-
253
Code de la propriété intellectuelle, Paris 20066, art. L.111-1. Cfr. A.
LUCAS, H.-J. LUCAS, Traité de la propriété littéraire et artistique, Paris 20012.
Il Code, adottato il 1 luglio 1992, raggruppa le leggi dell’11.3.1957 e del
3.7.1985.
254
Cfr. LABOULAYE - GUIFFREY, La propriété littéraire…, pp. I-II; e ora
FERRI, Manuale di diritto commerciale…, pp. 140-42.
255
Così risulta per la situazione attuale come è stato recentemente sostenuto da Paolo Spada in un significativo intervento.
256
MOSCATI, Sul diritto d’autore tra codice e leggi speciali…
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
337
pre più determinante per l’assetto economico e politico nel
mondo della globalizzazione.
L’analisi storica ha, in particolare, cercato di individuare
le radici dell’attuale tendenza all’omogeneità tra i due sistemi e alla loro riunificazione, dal momento in cui gli Stati
Uniti hanno aderito alla Convenzione di Berna, che si basa
sui principi ispiratori del sistema francese del droit d’auteur.
La costruzione giuridica dell’istituto, nato come diritto
proprietario, nel corso del tempo si è ampliata in prospettive
ramificate (diritto della proprietà, della personalità, disciplina dei rapporti contrattuali) e quindi come diritto misto
riferentesi a sfere diverse.257 Generato dalla società dell’epoca e strettamente legato alle esigenze che lo avevano prodotto, fin dal sua prima formulazione nella legislazione francese, il droit d’auteur ha travalicato la Francia, investito l’intera Europa ed è diventato un sistema generale di tutela
della proprietà intellettuale fino a superare negli ultimi anni
il sistema anglo-americano e le sue connotazioni più peculiari, come in particolare quella dell’allungamento dei tempi
di sfruttamento.
Oggi il diritto d’autore si trova di fronte alla società dell’informazione. Sulla base di alcune direttive dell’Ue che prevedono l’armonizzazione dei diversi diritti, i singoli paesi
stanno modificando le loro legislazioni nazionali. Per quanto
riguarda specificamente i brevetti, la normativa – per il dinamismo del mercato – ha intrapreso da tempo un incessante cammino verso un’uniformità sovranazionale legata
alle competenze attribuite all’Ue (mi riferisco in particolare
all’istituzione dell’Ufficio europeo del brevetto, del Tribunale
comunitario del brevetto, all’attribuzione alla Corte di Giustizia delle competenze in materia), talvolta divergendo dalla
specifica legislazione nazionale, come in Italia,258 talaltra
257
Interessanti, in tal senso, le osservazioni di ALPA, Il diritto d’autore
tra persona, proprietà e contratto, in «Il diritto dell’informazione e dell’informatica», 5 (1989), pp. 363-72.
258
Mi riferisco al Codice della proprietà industriale entrato in vigore il
10 febbraio 2005, su cui cfr. V. DI CATALDO, Il nuovo codice della proprietà
338
LAURA MOSCATI
uniformandosi a quella europea, come in Francia,259 dove è
appena caduta la licence globale.
In particolare, una recente direttiva comunitaria aveva lo
scopo di adottare misure uniformi in tutti gli Stati membri
sulla brevettabilità del software,260 con il favore degli imprenditori, che ne volevano un pronta approvazione per il
rafforzamento dei diritti di proprietà industriale. La direttiva
avrebbe dovuto fare chiarezza e porre fine a un’incertezza
normativa che caratterizzava l’Europa rispetto agli Stati
Uniti e al Giappone, dove già da tempo le imprese vedevano
riconosciuti i brevetti di software. Erano contrari coloro i
quali paventavano il rischio che la trasformazione delle idee
in proprietà portasse a un regime tendenzialmente monopolistico.
Respinta, sorprendentemente, dal Parlamento europeo,261
la controversa direttiva sembra chiudere per il momento la
prospettiva di una legislazione comune in materia di proprietà intellettuale, lasciando spazio insperato all’open
source262 e di conseguenza a un’apertura alle diverse e spesso
divergenti legislazioni nazionali. In realtà, nonostante l’impegno profuso a favore della proprietà intellettuale, i recenti
sviluppi tecnologici avevano già di fatto affievolito il sistema
di tutela. Il caso tipico è quello del cosiddetto file sharing
che riguarda le tecnologie informatiche e il copyright musicale. Da un lato, i grandi gruppi industriali cercano di respingere le limitazioni della proprietà; dall’altro lato, una soindustriale, in «Giurisprudenza commerciale», 32 (2005), pp. 560-83 e che
ha già subito notevoli rimaneggiamenti.
259
Sulle posizioni recenti del governo francese, si veda il rapporto di
M. MULLER, Les droits d’auteur, in Journal officiel de la République française. Avis et rapports du Conseil économique et social: séances des 6 et 7
juillet 2004.
260
Si tratta della direttiva del Parlamento europeo del 9.6.2005.
261
La direttiva è stata respinta il 6 luglio 2005, con un voto considerato storico dal Presidente dell’Assemblea.
262
Sui problemi connessi all’open source, cfr. ora M. BERTANI (ed.),
Open source. Atti del Convegno, Foggia 2-3 luglio 2004, Milano 2005 e in
particolare A. CERNIGLIARO, Storia dei movimenti Copyright, Anticopyright,
Copyleft, pp. 107-25.
ALLE
RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
339
cietà civile «in rete» emerge e tenta di affrancare dai suoi
flussi la proprietà intellettuale.
La riflessione dottrinaria, a partire dagli anni cinquanta,
sulla base sia di valutazioni economiche (soprattutto americane,263 ma ora sempre più anche europee264) sia di posizioni
politico-ideologiche (ad es. le soluzione dell’allora Unione
Sovietica, in cui fino al 1991 tutte le invenzioni erano protette dai cosiddetti «certificati d’autore» che riconoscevano
soltanto la protezione dei diritti morali dell’autore) sia delle
recenti affermazioni dei Forum internazionali (con la difesa
delle necessità sociali rispetto a vantaggi patrimoniali dei
singoli), si è chiesta, a più riprese, se le esigenze dell’interesse collettivo debbano prevalere sulla tutela dell’autore e
sullo sfruttamento della sua opera.
Si è arrivati a parlare da tempo, soprattutto da parte degli economisti, di abolizione della proprietà intellettuale, ma
anche a sostenere che la dematerializzazione delle opere
dello spirito rischia di provocare sconvolgimenti sociali ed
economici di cui oggi è difficile misurare l’ampiezza: realtà
divergenti che sono testimoniate dalla contrapposizione semantica copyright-copyleft. Sottolineando i benefici piuttosto
che i costi sociali, alcune posizioni recenti non vogliono rifiutare l’uso degli strumenti della proprietà intellettuale e desiderano un miglioramento delle procedure brevettuali, richiamando l’attenzione sul fatto che le innovazioni biotecnologiche si verificano prevalentemente nei paesi avanzati
a scapito di quelli in via di sviluppo che posseggono, invece,
le risorse necessarie per la loro attuazione.265
263
Mi riferisco in particolare e in particolare alle posizioni di Fritz
Machlup: F. MACHLUP-E. PENROSE, The Patent Controversy in the Nineteenth
Century, in «Journal of Economic History», 10 (1950), pp. 1-29; MACHLUP,
An Economic Analysis of Patent System. Study n. 15 of the Subcommittee
on Patents, Trademarks and Copyrights of the Senate Committee on the Judiciary, 85th Congr., 2ed Session (1958).
264
Cfr. F. LÉVÊQUE-Y. MENIÈRE, Économie de la propriété intellectuelle,
Paris 2003.
265
Interessanti al riguardo le riflessioni di J.E. STIGLITZ («La Repubblica» 24.8.2005), che commenta gli orientamenti della WIPO dell’ottobre
340
LAURA MOSCATI
Una proprietà intellettuale, quindi, come regime giuridico
dell’innovazione, con l’applicazione di vantaggi competitivi
per l’innovatore stesso. Su questa spinta sarebbe necessario
un intervento giuridico forte teso a definire una volta per
tutte la natura della proprietà intellettuale, attraverso una
sua legittimazione antropologica.
Anzi, con il fenomeno attuale della ricodificazione,266 di
cui si parla insistentemente in Francia e di cui si vedono i
primi esiti con il recente «avant-projet de reforme du droit
des obligations»,267 sarebbe possibile riflettere sull’opportunità dell’inserimento di uno o più articoli sulla proprietà intellettuale all’interno del rinnovato Code civil.268 Se da un
lato l’autonomia delle regole relative al diritto d’autore e la
peculiarità del loro oggetto potrebbero rendere inopportuno
tale inserimento, dall’altro lato potrebbero renderlo auspica-
2004 e i lavori appena apparsi di I. MUSU, Diritti di proprietà intellettuale
e biotecnologie. Un approccio economico, in «Mercato concorrenza regole»,
1 (2005), pp. 209-35 e di G. MARANO, Diritti di proprietà, in P. CIOCCA-I.
MUSU, Economia per il diritto. Saggi introduttivi, Torino 2006, pp. 134-38.
Inoltre sulle recenti e importanti prospettive relative ai Creative Commons
e ai Semi-Commons, cfr. rispettivamente L. LESSIG, The Future of Ideas,
New York 2001; ID. Free Culture, New York 2004; F. MASKUS-J.H. REICHMAN (eds.), International Public Goods and Transfer of Technology under a
Globalized Intellectual Property Regime, Cambridge 2005.
266
Nei volumi che celebrano il bicentenario del Code civil (mi riferisco
in particolare a 1804-2004. Le Code civil. Un passé, un présent, un avenir,
Paris 2004, a cura dell’Université Panthéon-Assas, Paris II), emerge chiaramente il movimento a favore di un ammodernamento del Code civil. Interessante al riguardo ALPA, La lettura del Code civil in Italia e le proposte
di ricodificazione in Francia, in «La nuova giurisprudenza civile commentata», 21 (2005), pp. 6-26.
267
Del testo, redatto da un gruppo di giuristi francesi sotto la direzione
di Pierre Catala (Avant-projet de réforme du droit des obligations et de la
prescription, Paris 2006), è in corso una traduzione italiana a cura di G.B.
Ferri e P. Spada.
268
Per un istituto non troppo lontano come la proprietà immobiliare,
sempre sviluppatosi al di fuori del Code civil, si propone un reinserimento
perché, per mantenere la purezza del Codice, si sono creati inconvenienti
alla realtà giuridica circostante: H. PERINET-MARQUET, L’immeuble et le
Code civil, in 1804-2004. Le Code civil…, pp. 395-408.
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RADICI DEL
DROIT D’AUTEUR
341
bile per la necessità di una definizione della sua natura, trovando un’apposita sezione per rispondere alle attuali tendenze.
Forse solo da un Law and Economic Approach, per utilizzare il titolo di un recentissimo ed acuto sguardo prospettico,269 si possono trarre risposte e soluzioni che soddisfino
sia le esigenze sociali, sia quelle individuali, sia anche quelle
del mercato, in un crocevia di impegno, di valori e di bisogni che avevano reso saldi i principi ispiratori del sistema
nascente del droit d’auteur.
269
Cfr. R. A. POSNER, “Intellectual Property: The Law and Economic Approach”, in «The Journal of Economic perspectives», 19 (2005), pp. 57-73
e l’intera sezione dedicata agli Intellectual Property Rights nello stesso numero della rivista. Molto interessante per le aperture prospettate M-A. FRISON-ROCHE - A. ABELLO (eds.), Droit et économie de la propriété intellectuelle, Paris 2005; P. EMMANUEL, La guerre des copyright, Paris 2006.