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AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 Ottobre 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033 – CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
ATTI DEL CONVEGNO
NAZIONALE AIRP DI
RADIOPROTEZIONE
REGGIO CALABRIA
12-14 OTTOBRE 2011
VOLUME I
1
CONVEGNO NAZIONALE AIRP
DI RADIOPROTEZIONE
Questo Volume è stato pubblicato con il contributo della
Regione Calabria e dell‟ A.R.P.A.CAL (Agenzia
Regionale Protezione Ambiente della Calabria)
Si ringrazia il Presidente del CdA A.R.P.A.CAL
Maria Teresa Fagà
e
l‟Assessore all‟Ambiente
Francesco Pugliano
2
CONVEGNO NAZIONALE AIRP DI
RADIOPROTEZIONE
Il Convegno Airp 2011 è stato realizzato nella città di Reggio
Calabria, nella prestigiosissima Sala Nicola Calipari del Consiglio
Regionale della Calabria. Lo scenario è una cornice unica e
particolarmente suggestiva nel panorama nazionale. L‟arte, la
cultura, la magia dei guerrieri greci invidiati e imitati in tutto il
mondo e la storia di questa terra hanno reso le tematiche trattate più
gradevoli. L‟Associazione Nazionale di Radioprotezione, in
collaborazione con la Regione Calabria e l‟Agenzia Regionale per
l‟Ambiente, a compimento di un fruttuoso cammino scientifico,
formativo e informativo sulla protezione della salute e dell‟ambiente
dalle radiazioni, ha fortemente desiderato pubblicare gli 83 lavori tra
relazioni inagurali, ad invito, comunicazioni e poster che hanno
accompagnato le tre giornate formative. Il testo, edito a partire dai
lavori originali dei diversi autori è stato curato dalla Dott.ssa Paola
Barbuto e dalla Dott.ssa Serafina Oliverio. Esso ripropone assai
fedelmente i testi del principio e della volontà degli autori; eventuali
differenze sono imputabili ad esigenze di stampa e non specifiche
intenzionalità. Alla Dott.ssa Sabrina Santagati, Commissario
Arpacal, al Dott. Francesco Pugliano, Assessore all‟Ambiente della
Regione Calabria, al Presidente dell‟Airp, Dott. Sandro Sandri,
all‟Avv. Giuseppe Giuliano, Dirigente dell‟Arpacal e al comitato
scientifico dell‟evento, rivolgo il mio personale ringraziamento per
aver sostenuto questo importante progetto formativo. Un
ringraziamento più intenso alla Dott.ssa Paola Barbuto, fulcro e
crocevia insostituibile delle fatiche e del peso organizzativo. Al Dott.
Mauro Magnoni sono particolarmente grato per aver sostenuto la
scelta della Calabria come meta nazionale per la realizzazione
dell‟evento scientifico del 2011. A tutti grazie.
Salvatore Procopio
3
12 – 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI
PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA
REGGIO CALABRIA
4
Segretario
SALVATORE PROCOPIO
ARPA CALABRIA
TEL. 0961731268 INT.20
FAX. 0961738689
e-mail: [email protected]
Comitato Scientifico
Concettina Giovani
Giovanni d‟Amore
Marc De Cort
Mauro Magnoni
Santi Spartà
Serena Risica
Vincenzo Roca
Arpa Friuli Venezia Giulia
Arpa Piemonte
JRC Ispra
Arpa Piemonte
Università di Catania
Istituto Superiore Sanità
Università di Napoli
Comitato Organizzatore
Antonio Procopio
Fabio Scavo
Orsola Reillo
Paolo Cuzzocrea
Rosario Pirrone
Serafina Oliverio
Università della Calabria
Arpa Calabria
Regione Calabria
Arpa Calabria
Spisal Catanzaro
Regione Calabria
5
Segreteria Organizzativa
PAOLA BARBUTO
ARPA CALABRIA
TEL.0961731268 INT.16
FAX.0961738689
e-mail: [email protected]
Patrocini richiesti
AIFM, AIRM, ANPEQ, CNR, CRI, ENEA, INAIL, INPRAT,
INFN, ISPRA, ISS, PROVINCIA DI CATANZARO,
PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA, COMUNE DI
REGGIO CALABRIA, MIN. DEL LAVORO, MIN.
DELL‟AMBIENTE, MIN. DELLO SVILUPPO ECONOMICO,
SIF.
6
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 Ottobre 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033 – CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
Nella nostra società lo studio delle radiazioni nell‟ambiente,
siano esse di origine naturale che artificiale ha assunto un grado di
specializzazione molto elevato: è ormai quasi impossibile per un
singolo individuo riuscire a dominare, anche nelle sue linee
essenziali, tutti gli ambiti di ricerca che continuano a svilupparsi su
questo tema. Come Associazione Italiana di Radioprotezione (AIRP)
riteniamo però che sia importante costruire momenti di confronto tra
studiosi e ricercatori che operano in ambiti separati, ma pur sempre
contigui. La cultura della radioprotezione ha infatti bisogno di
momenti di sintesi in cui possono confrontarsi vari aspetti che vanno
dalla radioprotezione dell‟ambiente alla radiobiologia, ai metodi di
misura e di monitoraggio, alla gestione dei rifiuti radioattivi e alle
radiazioni non ionizzanti. Il comitato scientifico dell‟evento ha
selezionato per questo appuntamento i contributi scientifici più
idonei a sviluppare un percorso di confronto su queste specificità e
sul dettato normativo che disciplina la materia. Il Convegno
Nazionale sulla radioprotezione è stato organizzato in collaborazione
con la Regione Calabria e l‟Agenzia Regionale per la Protezione
dell‟Ambiente.
7
CONVEGNO NAZIONALE DI
RADIOPROTEZIONE
RADIAZIONI NATURALI E ARTIFICIALI NELL‟AMBIENTE
REGGIO CALABRIA, 12-14 OTTOBRE 2011
INDICE
SESSIONE INAUGURALE
RELAZIONI AD INVITO
Esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza e rischio
di tumori: la valutazione dello IARC
S. Lagorio
………………………………………………………………
pag. 16
2) International developments in environmental radiation
protection
M. D. Wood
……………………………………………………………… ………..pag. 21
I SESSIONE: RADIAZIONI NON IONIZZANTI
RELAZIONE AD INVITO
Il monitoraggio ambientale della radiazione ultravioletta
H. Diemoz
……………………………………………………………… ………..pag. 36
COMUNICAZIONI
Metodi di misura per la verifica della conformità di lampade
ultraviolette utilizzate in centri di estetica e risultati ottenuti
A. Bonino, S. Facta, S. Saudino Fusette, L. Anglesio,G. D’Amore
………………………………………………………………………...pag. 38
8
Sorveglianza fisica ambientale sulle emissioni elettromagnetiche
provenienti dai Radar in uso al Servizio Idro-Meteo-Clima di
Arpa della Regione Emilia-Romagna
P. Zanichelli, M. Fraschetta, M. Tiberti, S. Righi, M. Poli,
S. Violanti, P. P. Alberoni
…………………………………………………………………………pag.52
6) Modellizzazione di un sito complesso: Radiovaticana a Santa
Maria di Galeria (RM) – Utilizzo di un database per la
predizione del valori di campo attesi
V. Canè, A. Colombini, S. Corona, S. Curcuruto, M. Stortini,
M. Riccardi, C.Baratta
………………………………………………….……………………...pag.67
Comportamento delle sonde classiche di campo elettrico in
ambiente multisorgente e multifrequenza
A. Sansone Santamaria, S. La Placa
…………………………………………………………………………pag.85
II SESSIONE:
MONITORAGGIO E DOSIMETRIA
DELLA RADIOATTIVITÀ‟ AMBIENTALE
RELAZIONE AD INVITO
IRSN approach for assessing the dosimetric impact for
populations living in the North-West fallout zone of the
Fukushima nuclear accident
A. Rannou , F. Queinne1, A. Thomassin, M. Chartier, J.R.. Jourdain,
J.. Aigueperse, P. Gourmelon
…………………………………………………………………………pag.95
COMUNICAZIONI
Production of Dicalcium Phosphate and its use as a food
supplement for domestic animals in the NORM context
N. Casacuberta, P. Masqué and J. Garcia - Orellana
………………………………………………………………………..pag.98
9
Indagine radiometrica dell‟area marino-costiera Punta Pellaro Brancaleone
M. Diano, A. Sartiano
………………………………………………………………………..pag.100
Andamento temporale dell‟attività del 137Cs nelle piante
vascolari e nelle briofite del Friuli Venezia Giulia dopo
l‟incidente di Chernobyl
C. Giovani, M. Garavaglia, M. Godeassi, P. Di Marco,E. Scruzzi, A.
Pivetta
…………………………………………………….………………….pag.115
Radioattività naturale nelle acque di falda in Estonia: analisi dei
dati, valutazioni dosimetriche e strategie di monitoraggio
nell‟ambito di un progetto europeo di cooperazione
M. Forte, L.Bagnato E. Caldognetto, S. Risica, R. Rusconi, F. Trotti
……………………………………………………….………………pag.131
Presenza di ¹³¹I nel D.M.O.S. del fiume Tevere nel tratto della
Provincia di Roma: l‟esperienza del servizio misure radioattività
ambientale della Croce Rossa Italiana
C. Fontana, A. Marchetti, P. Bennati, A. Zoffranieri,T. Papetti,
U. Angeloni
…………………………………………………….………………….pag.148
Attività di caratterizzazione radiometrica e chimica dell‟area
marina della costa tirrenica compresa nella perimetrazione dei
Comuni tra Amantea e Belvedere
G.Fiumanò, E. Fiorino, M. Mileto, E. Provenza, T. Pangaro,
C. Ambrosio, P. Pantusa, L. Natalino, R. Trozzo, G. Durante,
V. Molinaro, F. Fullone, F. Falco, G. Osso, R. Chiappetta,
G. Spadafora, A. M. Torchia, M. G. Guido, G. Manna, P. Piersante,
F. Casaburi
………………………………………………………..……………..pag. 161
10
Studi sulla biocibernetica in madri in allattamento evidenziano
possibili differenze nella biodisponibilità di 137Cs da diverse
tipologie di alimenti e interazioni con il metabolismo del potassio
S. Risica, A. Giussani
……………………………………………………………………….pag. 180
Indagini radiometriche conoscitive recenti condotte da Arpa
Emilia Romagna in aree della Bielorussia e della Russia
pesantemente interessate dall‟incidente di Chernobyl
R. Sogni, L. Gaidolfi, A Gazzola, L. Achilli, C. Terzoni, P. Pisaroni
…………………………………………………………….…………pag. 191
Dose gamma da materiali da costruzione: stime con un room
model avanzato, analisi della solidità dell‟indice I del RP 112 e
valutazioni radioprotezionistiche
C. Nuccetelli, M. D’Alessandro, S. Risica, R. Trevisi
…………………………………………………….…………………pag. 206
18) Dosimetria retrospettiva fortuita con componenti di telefoni
cellulari
P. Fattibene, S. Della Monaca, D. Viscomi, C. Bassinet, E. Bortolin,
C. De Angelis, H. Schuhmacher, F. Trompier, A. Wieser, C. Woda
…………………………………………………………….……….pag. 225
III SESSIONE:
NORMATIVA NAZIONALE ED
INTERNAZIONALE
RELAZIONE AD INVITO
………………………………………………………………..
Novità in radioprotezione approvate o in discussione al Gruppo
di esperti ex art.31 del Trattato EURATOM
S. Risica, A. Farulla
……………………………………………………………………… pag. 243
11
COMUNICAZIONI
La disciplina comunitaria e nazionale in tema di inquinamento
elettromagnetico tra precauzione e sostenibilità
A. Borzì
……………………………………………………….………………pag. 258
Non medical imaging exposures: un nuovo e vasto campo di
applicazione dei principi di giustificazione e ottimizzazione della
radioprotezione
P. Fattibene, C. De Angelis, S. Risica
…………………………………………………………..…………..pag. 286
Focus sugli utilizzi alternativi della Risonanza Magnetica:
prospettive di utilizzo e proposta di regolamentazione normativa
M. Mattozzi, F. Campanella
………………………………………………………….……………pag. 302
IV SESSIONE:
SISTEMI E METODI DI MISURA E
ACCREDITAMENTO
RELAZIONE AD INVITO
Nuovo assetto delle attività di accreditamento dei laboratori di
taratura, alla luce delle recenti verifiche di competenza nel
settore radiazioni ionizzanti
M. Bovi
………………………………………………………….………….pag. 312
COMUNICAZIONI
Misura di concentrazione e di rapporti isotopici di uranio e
plutonio presso la Centrale Nucleare del Garigliano mediante
AMS presso il centro CIRCE, Caserta
M. De Cesare, C. Sabbarese, N. De Cesare, A. D’Onofrio,
A. D’Arco, A. Petraglia, V. Roca, F. Terrasi, A. Esposito, F. Mancini
……………………………………………………………..………pag. 327
12
Metodo sperimentale per eseguire una correzione in efficienza
per effetto densità per rivelatori HPGe in matrici ambientali
L. Sperandio, G. Iurlaro
……………………………………………………………………….pag. 338
Il programma di assicurazione di qualità del laboratorio
radioattività naturale: un primo passo verso l‟accreditamento
ISO/IEC 17025:2008 -10
R. Trevisi, F. Leonardi, S. Tonnarini, M. Veschetti
………………………………………………………….……………pag.348
Studio della risposta dei dosimetri a film a basse dosi
S. Abate, M. Caresana, L. Garlati, O. Tambussi
…………………………………………………………….…………pag. 361
Sviluppo e caratterizzazione di una sorgente di ²² 0Rn (Thoron) e
realizzazione di una camera di taratura
R. Buompane, V. Roca, F. De Cicco, M. Pugliese, M. Quarto, C.
Sabbarese
……………………………………………………………………….pag. 380
Una stazione per il monitoraggio on-line di radioattività
atmosferica: criteri di progetto e valutazione dei costi
P. Buffa, A. Parlato, S. Rizzo, E. Tomarchio
……………………………………………………………………….pag. 395
V SESSIONE:
GESTIONE E CONTROLLO RIFIUTI
COMUNICAZIONI
Il controllo radiologico come attività integrata nelle operazioni di
smantellamento e allontanamento dei materiali: l‟esperienza
della Centrale di Caorso
R. Bongiorni, E. Molinari, G. Puerari, S. Romani, E. Ruggeri
……………………………………………………………………….pag. 410
13
VI SESSIONE:
RADON E RADIOPROTEZIONE
RELAZIONE AD INVITO
The Spanish laboratory on natural radiation under field conditions
L.S. Quindós-Poncela, C. Sainz-Fernandez, I. Fuente-Merino,
J. L.Gutierrez-Villanueva, L. Quindós-Lopez, J.L. Matin-Matarranz
………………………………………………………..……………pag. 425
COMUNICAZIONI
Towards a European Atlas of Natural Radiation: Goal, Status and
Future Perspectives
M. De Cort, V. Gruber, T. Tollefsen, P. Bossew
…………………………………………………………..………….pag. 426
Concentrazioni di radon lungo strutture tettoniche attive in
Calabria
M. Fòlino Gallo, C. Tansi, S. Procopio, G. Martini, A. Rania
…………………………………………………………..…………pag. 427
Misure di radon in atmosfera per la stima dello strato di
mescolamento: previsioni teoriche e dati sperimentali
E. Bonasegla, E. M. Chiaberto, E. Serena, M. Magnoni, A.Bruno,
F.Lollobrigida, L.Tomassone
……………………………………………………………………….pag. 445
La radioattività ambientale applicata alla previsione di eventi
geodinamici
D. Morelli, G. Immè, G. Mangano, R. Catalano
……………………………………………………………………….pag. 460
La radioattività naturale nel comune di Roggiano Gravina
A. Rania, M. Nardi, S. Procopio, M. Fòlino Gallo, D. Drago
……………………………………………………………………….pag. 472
14
Anomalie di radon in Grotta Gigante
F. Del Maschio, M. Garavaglia, C. Giovani, L. Piccini, F. Cucchi,
L. Zini
………………………………………………………………………pag. 488
Monitoraggio in tempo reale con frequenza oraria della
concentrazione di radon ambientale, nell‟ambito del progetto
interreg radical
L.M. Panero, M. Caccia, F. Risigo, V. Chmill, E. Chiaberto,
E. Serena, A. Prandstatter, M. Magnoni
……………………………………………………………………….pag. 507
Interlaboratory Comparisons for Passive radon Measurement
Devices at the radon Calibration Service Laboratory of the German
Federal Office for Radiation Protection (BfS)
T.R. Beck, H. Buchröder, J. Döring, E. Foerster and V. Schmidt
……………………………………………………………………….pag. 521
VII SESSIONE:
SOCIETA‟
RADIOPROTEZIONE NELLA
RELAZIONE AD INVITO
La comunicazione istituzionale del rischio:aspetti psicosociali
B. Zani
……………………………………………………………………….pag. 543
COMUNICAZIONI
Existing exposure situations: a new challenge in radiation
protection concerning environmental impact of radioactivity and
associated risks
C. Murith
……………………………………………………………………..pag. 557
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AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
ESPOSIZIONE A CAMPI ELETTROMAGNETICI A
RADIOFREQUENZA E RISCHIO DI TUMORI: LA
VALUTAZIONE DELLA IARC
S. Lagorio
Reparto Epidemiologia dei Tumori - Centro Nazionale di Epidemiologia – Istituto
Superiore di Sanità Viale Regina Elena 299 – 00161 Roma
Tel. 06-49904304; fax 06-49904305; e-mail [email protected]
Nel 1996, in risposta alle preoccupazioni per eventuali rischi per la
salute connessi all‟esposizione a lungo termine a livelli di campi
elettromagnetici
inferiori
agli
standard
internazionali,
l‟Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha avviato uno
specifico “Progetto Internazionale Campi Elettromagnetici”1
dedicato a monitorare le evidenze scientifiche disponibili, ad
evidenziare le lacune conoscitive, ad indicare le priorità di ricerca
utili a colmare queste lacune, a valutare esaustivamente se i risultati
delle ricerche condotte sull‟uomo e negli animali supportino l‟ipotesi
di effetti sanitari avversi derivanti dall‟esposizione, a considerare
l‟opportunità di rivedere i limiti di esposizione in vigore o di adottare
particolari misure di precauzione, e a divulgare i risultati di questo
processo.
Nell‟ambito di questo progetto sono state pianificate sistematiche
valutazioni dei rischi di tumore e di altre malattie in relazione
all‟esposizione a campi elettromagnetici statici, a bassissima
frequenza (ELF) e a radiofrequenza (RF).
Per quanto riguarda i campi statici e ELF, il processo valutativo si è
concluso con la revisione delle evidenze di cancerogenicità da parte
della IARC2 e di tutti gli eventi sanitari avversi da parte dell‟OMS3-4.
Per quanto riguarda le RF, si è ritenuto opportuno posticipare la
valutazione in attesa che i numerosi studi sperimentali ed
16
epidemiologici (ad esempio Interphone) sollecitati dall‟OMS e
supportati finanziariamente dall‟UE nel quadro del V e VI
programma quadro fossero stati completati.
Dal 24 al 31 maggio 2011 si è riunito a Lione un gruppo di lavoro
convocato dalla IARC per valutare la letteratura scientifica ad oggi
pubblicata inerente l‟eventuale cancerogenicità dei campi RF. Sono
stati esaminati i risultati degli studi di cancerogenicità sull‟uomo e su
animali in relazione a diverse sorgenti di esposizione a RF
(esposizione occupazionale a radar e microonde; esposizione
ambientale a segnali radio, tv e telecomunicazioni wireless;
esposizione personale associata all'uso di cellulari e telefoni
wireless). Il gruppo di lavoro ha classificato l‟esposizione a RF come
“forse cancerogena per l‟uomo” (“possibly carcinogenic to humans”
- gruppo 2B) 5-6, sulla base di una limitata evidenza di incremento dei
rischi di glioma e di neurinoma del nervo acustico in relazione
all‟uso del telefono cellulare e di una limitata evidenza di
cancerogenicità negli animali. Secondo il sistema di valutazione della
IARC, una “limitata” evidenza di cancerogenicità si ha quando un
certo numero di studi hanno evidenziato un‟associazione tra
esposizione e malattia ma non si è in grado di dire se si tratti di un
rapporto causa-effetto ovvero di un artefatto dovuto a distorsioni,
effetti di confondimento o semplicemente al caso. Alcuni membri del
gruppo di lavoro hanno ritenuto, tuttavia, che sarebbe stata più
appropriata una valutazione di evidenza “inadeguata” di
cancerogenicità per l‟uomo e una classificazione nel gruppo 3
(“agenti non classificabili riguardo alla cancerogenicità”) 6.
A seguito della valutazione della IARC, l‟OMS ha aggiornato la sua
scheda sui telefoni cellulari7. In questo documento viene ribadito che
le onde RF, diversamente dalle radiazioni ionizzanti come i raggi X o
i raggi gamma, non sono in grado di rompere i legami molecolari né
di causare fenomeni di ionizzazione nel corpo umano , il che rende
altamente improbabile già in linea teorica che esse possano avere
effetti cancerogeni diretti.
Per quanto riguarda le evidenze scientifiche su eventuali rischi per la
salute, l‟OMS dichiara che negli ultimi 20 anni sono stati condotti
molti studi finalizzati a valutare se l‟uso dei telefoni cellulari
17
rappresentasse un potenziale rischio per la salute. Ciò nonostante, a
tutt‟oggi non è stato accertato alcun effetto sanitario avverso
attribuibile all‟uso del telefono cellulare.
Alle frequenze utilizzate per la telefonia cellulare, la maggior parte
dell‟energia viene assorbita dalla pelle e da altri tessuti superficiali
provocando trascurabili e irrilevanti incrementi di temperatura nel
cervello ed i ogni altro organo del corpo.
Per quanto riguarda eventuali danni a breve termine, sono stati
studiati gli effetti dell‟esposizione a RF sull‟attività elettrica
cerebrale, le funzioni cognitive, il sonno, la frequenza cardiaca e la
pressione sanguigna; l‟evidenza disponibile ad oggi non supporta
l‟ipotesi di effetti sanitari avversi da livelli di esposizione inferiori a
quelli necessari per provocare effetti termici.
Per quanto riguarda eventuali danni a lungo termine, la ricerca
epidemiologica si è concentrata soprattutto sullo studio della
relazione tra uso del telefono cellulare e frequenza di tumori
cerebrali. Poiché molti tumori sono malattie e lunga latenza (si
manifestano cioè a distanza di molti anni dall‟inizio dell‟interazione
che li ha avviati) e l‟uso del telefono cellulare si è diffuso soprattutto
a partire dal 1990 circa, il potere informativo degli studi
epidemiologici condotti fino ad oggi è limitato alle neoplasie che si
manifestano più precocemente. Tuttavia, gli studi di cancerogenicità
sui roditori hanno mostrano in modo coerente che l‟esposizione a
lungo termine a RF non comporta un incremento del rischio di
tumori.
Sono stati completati o sono in corso numerosi grandi studi
epidemiologici collaborativi multinazionali su uso del cellulare e
rischio di diverse malattie negli adulti. Uno di questi studi è
Interphone, coordinato dalla IARC, che rappresenta il più grande
studio caso-controllo sul rischio di tumori intracranici e uso del
cellulare condotto fino ad oggi. L‟analisi combinata dei dati raccolti
in 13 paesi del mondo non ha evidenziato alcun rischio di glioma né
di meningioma (le due forme di tumore cerebrale più frequenti negli
adulti) associato all‟uso di telefoni cellulari per dieci anni o più. Vi
erano indizi di un incremento del rischio di glioma tra coloro che
avevano riferito il livello più elevato di ore cumulative d‟uso (≈10%
18
degli utilizzatori) ma, contrariamente al comportamento di agenti
cancerogeni noti, non si osservava nessuna relazione dose-risposta,
cioè nessuna tendenza ad incrementi del rischio all‟aumentare
dell‟intensità e della durata dell‟esposizione. I ricercatori di
Interphone hanno concluso che distorsioni ed errori possono in parte
spiegare questa osservazione e non permettono di trarne
un‟interpretazioni causale.
L‟OMS afferma anche che, mentre non risulta stabilito che l‟uso del
telefono cellulare comporti un incremento del rischio di tumori
cerebrali, l‟uso crescente di questo strumento di comunicazione e la
mancanza di dati su durate d‟uso superiori ai 15 anni, portano a
ritenere che sia necessario proseguire la ricerca in questo ambito, in
particolare sui bambini di oggi che, avendo iniziato ad utilizzare
precocemente il cellulare, avranno nel futuro esposizioni di durata
superiore agli adulti contemporanei. In risposta alle priorità di ricerca
suggerite dall‟OMS8 sono attualmente in corso numerosi studi sugli
effetti (cancerogeni e non cancerogeni) dell‟uso del cellulare tra
bambini ed adolescenti.
In accordo alla prassi per cui la classificazione di un agente nel
gruppo 2B non comporta di per sé l‟adozione di nessuna particolare
misura di sanità pubblica, la scheda aggiornata dell‟OMS sui telefoni
cellulari non contiene alcuna indicazione sulla necessità di rivedere
gli attuali standard di esposizione alla luce degli esiti della recente
valutazione di cancerogenicità delle RF da parte della IARC.
Indicazioni più dettagliate in merito alle misure di protezione della
salute pubblica dai possibili effetti negativi (cancerogeni e non
cancerogeni) dell‟esposizione a RF verranno fornite dall‟OMS nel
2012, in un volume specifico della serie “Environmental Health
Criteria” in cui verrà riesaminata tutta letteratura scientifica
pertinente, sull‟uomo e sull‟animale.
L‟OMS, al momento, non suggerisce neppure misure precauzionali,
ma si limita ad informare sui fattori che influiscono sui livelli di
esposizione a RF durante l‟uso dei telefoni cellulari. A questo
proposito chiarisce che i cellulari sono ricetrasmittenti a bassa
potenza, che operano a frequenze comprese tra 450 e 2700 MHz con
picchi di potenza nell‟intervallo di 0.1-2 watt. Questi dispositivi
19
emettono energia elettromagnetica solo quando sono accesi. La
potenza di emissione (e quindi l‟esposizione dell‟utilizzatore)
diminuiscono rapidamente all‟aumentare dalla distanza dal telefono.
Una persona che usa il cellulare a distanza di 30-40 cm dal corpo - ad
esempio effettuando comunicazioni vocali con l‟uso di auricolari o
dispositivi viva-voce, oppure per inviare SMS o accedere ad internet
- avrà perciò un livello di esposizione di molto inferiore ad un‟altra
che utilizzi il cellulare a diretto contatto con la testa. Nell‟uso per
chiamate vocali senza auricolari o viva-voce, il livello di esposizione
sarà tanto più basso quanto migliore è la ricezione nell‟area. Infine,
l‟esposizione può essere ridotta limitando il numero e la durata delle
chiamate. L‟uso di dispositivi commerciali per ridurre l‟esposizione
a RF, invece, non si è dimostrato efficace.
Bibliografia
1
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http://www.who.int/peh-emf.
2
International Agency for Research on Cancer (IARC). Non-Ionizing radiation,
Part 1: static and extremely low frequency (ELF) electric and magnetic fields. Lyon
(France): IARC Press; IARC Monographs on the evaluation of carcinogenic risks to
humans, Vol. 80, 2002.
3
World Health Organization (WHO). Static Fields. WHO, Geneva (Switzerland):
Environmental Health Criteria N° 232, 2006; ISBN 92-4-157232-9.
4
World Health Organization (WHO). Extremely Low Frequency (ELF) Field.
WHO, Geneva (Switzerland): Environmental Health Criteria N° 238, 2007; ISBN
978-92-4-157238-5.
5
International Agency for Research on Cancer (IARC). Comunicato Stampa N°
208 del 31-5-2011; http://www.iarc.fr/en/media-centre/pr/2011/pdfs/pr208_E.pdf.
6
Baan R et al. Carcinogenicity of radiofrequency electromagnetic fields. The
Lancet Oncology 2011; 12 (7): 624-626; doi:10.1016/S1470-2045(11)70147-4
Published Online: 22 June 2011.
7
World Health Organization (WHO). Electromagnetic fields and public health:
mobile
phones.
June
2011;
http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs193/en/index.html.
8
World Health Organization (WHO). WHO Research agenda for radiofrequency
fields. 2010; http://whqlibdoc.who.int/publications/2010/9789241599948_eng.pdf.
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AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
.
INTERNATIONAL DEVELOPMENTS IN
ENVIRONMENTAL RADIATION PROTECTION
M. D. Wood
School of Science and the Environment, Manchester Metropolitan University,
Chester Street, Manchester, M1 5GD, United Kingdom
Email: [email protected]
ABSTRACT
Following increasing recognition of the need to demonstrate that the
environment per se is adequately protected from the effects of
ionising radiation, many countries have now adopted environmental
legislation that requires industry and regulators to undertake
assessments to demonstrate that releases of anthropogenic and
natural radionuclides are not impacting significantly on wildlife
(animals and plants). Various software Tools and Frameworks
(collectively referred to as models) have been developed to facilitate
assessments of the impacts of ionising radiation on wildlife and
many of these are being tested and refined at an international level,
for example through work within the International Atomic Energy
Agency (IAEA) Environmental Modelling for Radiation Safety
(EMRAS) programme.
Such international initiatives have
demonstrated that, whilst the models are generally fit-for-purpose,
there are certain limitations and conceptual challenges that need to be
addressed. This paper provides an overview of international
developments in environmental radiation protection and discusses
some of the key challenges in applying the current assessment
models.
21
1. INTROCUCTION
Radiation protection has historically focussed on protection of man
rather than the environment. On the basis that man is the most
radiosensitive organism and that comprehensive assessments are
required of the potential impacts of regulated release of ionising
radiation on humans, the International Commission for Radiological
Protection (ICRP) proposed the following in their 1977
recommendations:„Although the principal objective of radiation
protection is the achievement and maintenance of appropriately safe
conditions for activities involving human exposure, the level of
safety required for the protection of all human individuals is thought
likely to be adequate to protect other species, although not
necessarily individual members of these species. The Commission
therefore believes that if man is adequately protected then other
living things are also likely to be sufficiently protected.‟ (ICRP,
1977). However, since that time there has been increasing
recognition of the need to demonstrate that the environment per se is
adequately protected from the effects of ionising radiation (e.g.
Pentreath, 1998; Thompson, 1988; ICRP, 2007). Many countries
have now adopted environmental legislation that requires industry
and regulators to undertake assessments to demonstrate that releases
of anthropogenic and natural radionuclides are not impacting
significantly on wildlife (animals and plants). As we move into a
period of nuclear renaissance in the shadow of the recent events in
Fukushima, there is heightened public awareness of the potential
risks from the nuclear sector. The need for demonstrating to an
„educated‟ public that people and wildlife are protected from planned
nuclear activities has never been greater.Various software Tools and
Frameworks (collectively referred to as models) have been
developed to facilitate assessments of the impacts of ionising
radiation on wildlife and many of these are being tested and refined
at an international level, for example through work within the
International Atomic Energy Agency (IAEA) Environmental
Modelling for Radiation Safety (EMRAS) programme (Beresford et
al., 2009). The International Commission on Radiological Protection
(ICRP) is also developing its own approach to undertaking these
22
assessments, the ICRP approach being closely aligned to the
approach used for human assessments (ICRP, 2008). Despite the
international activity to date, we face various challenges in
undertaking assessments of the environmental impact of ionising
radiation. These challenges include limitations in the predictive
capability of our assessment models and conceptual challenges
relating to the way in which these models can be applied for
assessments over long time horizons, such as assessments of future
impacts from radionuclide releases from deep geological
repositories.In this paper I will describe some of these developments
and discuss the ways in which the international community is
working to improve national capability in the field of environmental
radiation protection. I will also discuss some of the limitations of
current approaches, the conceptual challenges and recent
international developments that are helping to overcome these.
2. ENVRIONMENTAL RADIATION PROTECTION MODELS
Various models have been developed to estimate the environmental
impact of ionising radiation. Although model development and
application is more a regulatory response to these legislative
requirements than a reflection of any expectation that exposure to
radionuclides from regulated discharges will result in significant
environmental impacts (Higley & Alexakhin, 2004), since the late
1990s considerable resource has been directed towards model
development internationally (see Beresford et al., 2008a).
Most models follow a similar structure (Figure 1), using activity
concentration data for radionuclides in environmental media
(sediment/soil, water and air) as the modelling input. In conjunction
with parameters to describe the physical dimensions (geometry),
residence time (time spent at the site under assessment), habitat
utilisation (time spent in different areas of the site) and trophic
transfer of radionuclides for each organism being modelled, these
media activity concentration data are used to estimate the internal
and external dose rates for each organism. The estimated dose rates
are compared to guideline values or radiation effects data to
determine whether the organisms are adequately protected.
23
Three models that are publicly available for download and use by
third parties are ERICA, R&D128/SP1a and RESRAD-BIOTA. The
ICRP approach, which attempts to align environmental radiation
protection with the approach used for humans, is not widely
available as software based model. However, the details of the
approach are available in ICRP reports and „Users‟ are starting to
apply this approach, so it may be viewed as a „model‟ in broad terms.
These four models are outlined briefly in this section.
Figura 1. Generic structure of models for assessing the environmental impact of
ionising radiation
24
2.1. ERICA
The ERICA Tool (Brown et al., 2008) was developed during the EC
EURATOM funded project „Environmental Risks from Ionising
Contaminants: Assessment and Management‟ (ERICA) to support
the application of the „ERICA Integrated Approach‟ to assessing the
impact of ionising radiation on ecosystems (Larsson, 2008).
Building on the outputs of the Framework for Assessment of
Environmental Impact (FASSET) project, which was funded by the
EC 5th Framework Programme (Larsson, 2004), the ERICA Tool
was developed specifically to meet the needs of users in EC Member
States. This was achieved through direct interaction with the enduser community from the outset of the Tool development process and
at regular intervals throughout the 3-year project (Zinger et al.,
2008).
2.2. R&D128/Sp1a
R&D128/Sp1a (Copplestone et al., 2001; Copplestone et al., 2003)
was developed for the Environment Agency of England and Wales to
assist them in fulfilling their regulatory obligations under European
and national legislation (EC, 1979; EC, 1992; UK Parliament, 1981;
UK Parliament, 1994). The development time for the model was less
than 6 months and the scope of the model (in terms of the
radionuclides and organisms for which parameters are provided) is
therefore more limited than ERICA. It should also be noted that,
although the model is publicly available, it was developed for a
specific user (the Environment Agency of England and Wales) rather
than the broad range of intended users that ERICA was developed
for.
2.3. RESRAD-BIOTA
RESRAD-BIOTA is part of the RESRAD family of model codes
developed by Argonne National Laboratory in the United States. It
implements the United States Department of Energy (USDoE)
graded approach for evaluating radiation doses to aquatic and
25
terrestrial biota (USDoE, 2004). As with R&D128/SP1a, the model
was developed for a specific user (the USDoE) and has subsequently
been made publicly available, with training courses being offered to
those wishing to use the model for undertaking assessments.
2.4. ICRP RAPs
The ICRP use the concept of reference man for human radiation
protection, so since 2007 there has been work within Committee 5 of
the ICRP to develop an analogous approach for environmental
radiation protection. This approach, which is based on the concept
of Reference Animal and Plants, has been developed with the aim of
providing „high-level guidance and advice upon which regulators
and operators may draw in order to demonstrate compliance, where
necessary, with the wide range of international and national
environmental legislation that already exists, or is likely to emerge in
the near future‟ (ICRP, 2008).
3. CHALLENGES IN IMPLEMENTATION
These four approaches have been/are being applied both nationally
and internationally. Therefore, it is essential that the approaches are
demonstrated to be fit-for-purpose. Substantial work within the
IAEA EMRAS programme (Beresford et al., 2009) along with other
allied work (Wood et al., 2009) has demonstrated that, whilst
available models are broadly „fit-for-purpose‟, these models also
have some notable limitations. There are also various conceptual
challenges to their implementation and recent work funded by the
BIOPROTA forum (http://www.bioprota.com/) has been exploring
some of these conceptual challenges in relation to deep geological
disposal.
This section introduces some of the findings and developments from
these international research programmes. The purpose of this section
is to raise awareness of some of the key developments and
challenges. It does not aim to be comprehensive in its coverage and
readers are directed to the various publications developed through
these international research programmes for further information.
26
3.1. Limitations of current models: transfer predictions
Model intercomparison exercises have identified radionuclide
transfer parameters as the greatest source of uncertainty in biota dose
assessments (Beresford et al., 2009; Wood et al., 2009)). Transfer
parameters relate the whole-body activity concentration or a
radionuclide in an organism to the whole-body activity concentration
of that radionuclide in environmental media (normally soil/sediment
or water). This type of parameter is commonly referred to as a
Concentration Ratio (CR).
Model predictions can vary by several orders of magnitude
depending on the CR selected. Selecting an appropriate CR for a
specific assessment is complicated further by the lack of clarity over
data provenance in some CR data compilations. Where no CR exists
for a specific organism-radionuclide combination, an assessor may
need to select another CR as a surrogate (e.g. selecting a mammal
CR to estimate transfer to a bird). Some guidance has been provided
to help assessors make these types of decision (e.g. Beresford et al.,
2008b), but this still leads to significant uncertainty.
In response to these issues an IAEA Working Group was established
to develop an international database of transfer parameters for
wildlife. This publicly accessible compilation of transfer parameters
contains CR data for many wildlife groups in aquatic and terrestrial
ecosystems (http://www.wildlifetransferdatabase.org/). Developed
through international co-operation and drawing on new transfer data
sets, this database provides the most up-to-date source of transfer
information for use in environmental radiation protection models.
However, there are still many gaps in the transfer data and assessors
may still need to use assumptions when CR values are missing.
Given the overriding influence of transfer data on model predictions,
there is clearly a need to further expand this transfer database and fill
knowledge gaps.
Addressing knowledge gaps may sound simple. However, in many
cases, data gaps exist because there are difficulties, either practical or
27
ethical, with measuring radionuclide activity concentrations in the
organisms of interest. The conventional approach to determining
contaminant burdens in animals is to use lethal sampling and analysis
methods.
Given the ethical considerations associated with
conventional sampling methods and the fact that many species are
protected, there is growing international interest in the use of nonlethal methods (e.g. Wood et al., submitted). Non-lethal methods
may take a variety of forms, including non-invasive and minimally
invasive. For example, in addition to whole-body monitoring, these
methods may include the non-lethal collection of various tissue
samples such as skin, muscle, blood, feathers, hair, scales and
infertile eggs. Through analysis of these samples and knowledge of
contaminant distributions in organisms, whole-body contaminant
burdens could be estimated. This is a promising new area in
radioecology and an International Union of Radioecology Task
Group has recently been established to advance this area of research
(http://www.iur-uir.org/en/task-groups/id-19-non-lethal-methods-inradioecology). It is hoped that this work will enable knowledge gaps
in transfer data to be addressed and the transfer database further
refined within current legal and ethical constraints.
3.2. Conceptual challenges: Biodiversity
One of the major conceptual challenges in environmental radiation
protection is the level of biological organisation that should form the
target for protection. In human radiation protection, the target for
protection is the individual. This has widely been viewed as
unworkable for environmental radiation protection, with the target
for protection being the population. However, guidance from the
ICRP (2003), and more recent guidance from the regulatory authority
in Finland has included „biodiversity‟ as a target for protection. The
ICRP (2003) state that there should be negligible impact on
maintenance of biodiversity. The draft regulatory guidance for
wildlife dose assessments in Finland requires demonstration that
exposures remain “clearly below the levels which, on the basis of the
best available scientific knowledge, would cause decline in
biodiversity or other significant detriment to any living population”
(STUK, 2010).
28
Whilst this is a laudable goal, there is no clear definition of what is
meant by protection of biodiversity in this context, which leaves the
requirements open to broad interpretation. This presents difficulties
for regulators and industry alike, so a baseline or protection target
needs to be identified against which no decline in biodiversity can be
demonstrated.
Therefore, a major conceptual challenge
internationally in the field of environmental radiation protection is to
define what is meant by protection of biodiversity in this context and
suggests ways in which this goal may be operationalised within a
regulatory setting. This is particularly challenging when assessments
are being undertaken for deep geological disposal facilities (deep
geological radioactive waste repositories). For these facilities,
radionuclide releases are likely to take place over hundreds to
thousands of years and the ecological composition of a site is likely
to change significantly over these long time horizons.
3.2.1. What is meant by „biodiversity‟?
The term biodiversity is ubiquitous within environmental regulations
and policies that have been developed over the last three decades. It
is a contraction of biological diversity and can be defined as “the
variability among living organisms from all sources, including
terrestrial, marine and other aquatic ecosystems and the ecological
complexes of which they are part. Biodiversity includes all diversity
within species, between species and between ecosystems” (MA,
2005). Therefore, biodiversity in its broadest sense covers all levels
of biological and ecological complexity: genes, individuals,
populations, species, communities, ecosystems and biomes (TEEB,
2010).
3.2.2. Protecting „biodiversity‟
If biodiversity covers everything from genes to biomes, the draft
regulatory guidance from Finland could be interpreted as requiring
demonstration that no individual (and hence genetic diversity) within
a population will be impacted. If a qualifier was added to this
interpretation, specifying this „no impact‟ level for the individual
29
occurs with a specified probability, then this interpretation would be
in line with the radiation protection goal adopted for humans, namely
protection of the individual. This may be viewed as the ideal option
form a conservation perspective, but the available data on radiation
effects in wildlife are unlikely to be sufficient for establishing a „no
individual impact‟ target across all organism types and, even if this
target could be established, this would be a stricter regulatory
requirement than that used in other areas of environmental protection
(e.g. chemical contaminants).
An alternative way to categorise the biodiversity protection goal may
be to consider how biodiversity is measured. Indicators are often
used to describe biodiversity in quantitative terms, such as richness,
rarity and uniqueness (TEEB, 2010). The target of most indicators
of biological diversity and programmes to conserve biodiversity is
the species (e.g. Kadoya et al., 2011). Mayr (1942) defined species
as “groups of actually or potentially interbreeding natural
populations, which are reproductively isolated from other such
groups”. Although this definition has its limitations (de Queiroz,
2005), it is broadly applicable and widely adopted within the
international literature. Focussing the radiation protection goal at the
species level would enable the use of biodiversity indicators for
establishing baselines and as a means of measuring deviations from
these baselines. However, for the long time horizons associated with
repository assessments, it is not feasible to demonstrate protection
through direct measurement of such indicators.
If focussing protection at the species level, an alternative to the use
of indicators would be to establish whether the zone of predicted
impact from a repository would encompass a given percentage of the
range of a species (this would have to be defined on the basis of the
carrying capacity of the species over the extent of its geographical
range). Although it is recognised that a specific species carrying
capacity may be difficult to define, expert judgement could be used
to identify a percentage of a species that could be impacted whilst
allowing the species to remain viable. For example, it may be
decided that 10% of the individuals within a species could be lost
without risking loss of the entire species. Therefore, as long as the
30
zone of impact from a repository does not extend through more than
10% of the range of the species, it could be concluded that
„biodiversity‟ is protected. Taking this approach may be a pragmatic
option from the perspective of repository assessments. However, it
would mean that local populations would be seen as „expendable‟,
which is at odds with the last part of the statement from the Finland
guidance, stating that there should be no “…..significant detriment to
any living population”.
Focussing protection at the genetic, individual or species level also
conflicts with conventional international interpretations of the target
for radiation protection when considering wildlife (e.g. ICRP,
ERICA). The broadly accepted target of protection is the population,
and the above analysis suggests that the population is also the most
suitable target for demonstrating protection of biodiversity.
Although it is possible that some rare genes may be lost from the
gene pool due to the loss of individuals within a population,
focussing on populations will protect genetic diversity to a greater
extent than focussing at the species level. This is because local
populations may be physically isolated from other populations of that
species. Whilst there may be no genetic barriers preventing breeding
between geographically dispersed populations, the barrier of physical
distance often prevents such breeding occurring in practice. As a
result, organisms generally breed within their local population and
genetic diversity between populations may result.
3.2.3. A proposed way forward on the biodiversity „challenge‟
From the above analysis we see that biodiversity is represented at
various degrees of biological and ecological organisation, from genes
to biomes and this presents challenges when trying to identify
suitable goals and targets for ensuring that „biodiversity‟ is protected.
Protecting wildlife at the individual (and hence genetic) level would
be in line with the human radiation protection approach, but is
unlikely to be a practical option. It is also more conservative than
the approach used for protecting wildlife in other contexts, such as
chemical pollutants. Protection at a species level, whilst potentially a
workable and pragmatic solution, may result in the loss of local
31
populations and hence significant individual and genetic diversity. It
is also at odds with the requirements to ensure no “…..significant
detriment to any living population”. Protection of biodiversity at the
population level would seem the most appropriate option, meeting
the protection requirements laid down in the draft guidance from
Finland and aligning with the goal of population protection used in
wildlife dose assessments internationally.
4. CONCLUSIONS
Environmental radiation protection is a rapidly evolving field. There
is ever-increasing pressure on regulators and industry to demonstrate
that wildlife is adequately protected from regulated discharges of
radionuclides to the environment. There are various models that
have been developed to facilitate assessment of the impacts of
ionising radiation on wildlife and four have been introduced here
(ERICA, RESRAD-BIOTA, R&D128/Sp1a and the ICRP RAPs).
International initiatives have demonstrated that, whilst the models
are generally fit-for-purpose, there are certain limitations and
conceptual challenges that need to be addressed. Continuing the
international dialogue on the development and application of these
models, whilst pursuing allied areas of research such as the use of
non-lethal methods, will help to further improve the national and
international systems of environmental radiation protection.
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35
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
IL MONITORAGGIO AMBIENTALE DELLA
RADIAZIONE ULTRAVIOLETTA
H. Diemoz
Arpa Valle d’Osta
La quantità di radiazione ultravioletta (UV) solare che giunge a terra
ha importanti effetti sulla salute dell'uomo, gli ecosistemi, il bilancio
energetico terrestre, la qualità dell'aria e alcuni tipi di materiali. I
fenomeni di assottigliamento della fascia di ozono stratosferico,
scoperti prima in corrispondenza della regione antartica (“buco”
dell'ozono), poi alle medie latitudini, hanno contribuito a portare la
tematica alla ribalta sia in seno alla comunità scientifica sia agli
occhi del mondo. Il protocollo di Montreal, che ha limitato
l'emissione di sostanze dannose per l'ozono (oltre che responsabili
anche dell'effetto serra), è stato un successo e nel corso dei prossimi
decenni è atteso un graduale ritorno ai livelli pre-1980 dell'ozono in
atmosfera. Tuttavia, i futuri scenari di radiazione UV misurabile a
terra dipenderanno considerevolmente anche dai trend di altre
variabili ambientali quali la copertura nuvolosa, la qualità dell'aria, le
caratteristiche degli aerosol, l'albedo terrestre. I trend previsti di
radiazione UV e ozono sono dunque strettamente interconnessi con
un'altra tematica: il cambiamento climatico.
Speciali radiometri installati su satellite e strumentazione a terra
(spettroradiometri, radiometri a banda stretta e larga, fotometri, ecc.)
sono essenziali per continuare a monitorare i livelli di radiazione UV
che giunge al suolo, per molteplici scopi. L'utilizzo congiunto di
modelli di trasporto radiativo, inoltre, permette di estendere la misura
nei siti in cui essa non può venire misurata e nel tempo (passato,
futuro). L'impiego di spettri d'azione, infine, consente di pesare la
radiazione in arrivo per un determinato effetto e di realizzare
indicatori facilmente divulgabili al pubblico, come l'indice UV.
36
Nella seconda parte della relazione verranno poi presentate le
principali attività condotte in Italia in relazione alla tematica e i
soggetti coinvolti (ARPA/APPA, università, centri di ricerca). Alcuni
importanti risultati di una recente campagna di interconfronto della
strumentazione italiana, tenutasi presso la sede di ARPA Valle
d'Aosta nell'estate 2010, saranno mostrati e commentati. Al termine,
saranno presentate alcune problematiche relative alla comunicazione
del dato UV al pubblico e le conoscenze della popolazione italiana in
merito, emerse da un questionario realizzato da Sapienza –
Università di Roma.
37
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
METODI DI MISURA PER LA VERIFICA DELLA
CONFORMITÀ DI LAMPADE ULTRAVIOLETTE
UTILIZZATE IN CENTRI DI ESTETICA E RISULTATI
OTTENUTI
A. Bonino(1), S. Facta (1), S. Saudino(1), L. Anglesio(1), G. D'Amore(1)
(1)
ARPA Piemonte – Dipartimento Tematico Radiazioni - Ivrea
ABSTRACT
Nell‟ambito di una specifica indagine sulla verifica della conformità
delle lampade abbronzanti utilizzate in centri estetici, ARPA
Piemonte ha effettuato misure su 92 apparecchi in 20 centri estetici.
Le misure sono state effettuate con uno spettroradiometro a doppio
monocromatore trasportabile OL 756. Vengono illustrati i metodi di
taratura periodica in laboratorio e controllo in campo della catena
strumentale utilizzata, le procedure di misura seguite nonchè i
risultati ottenuti. In particolare gli esiti delle indagini effettuate
hanno evidenziato una diffusa non conformità delle apparecchiature
per abbronzatura utilizzate nei centri estetici rispetto alle prescrizioni
contenute nelle norme tecniche di settore, soprattutto per gli
apparecchi che utilizzano lampada a bassa pressione, con più del 90
% degli apparecchi analizzati risultati carenti sotto il profilo di volta
in volta analizzato. Tali non conformità si traducono per gli
utilizzatori in maggiori livelli di esposizione a radiazione
ultravioletta, rispetto a quelli massimi prescritti nelle norme, e di
conseguenza in maggiori rischi sanitari derivanti da tali
sovraesposizioni.
INTRODUZIONE
L‟utilizzo di lampade abbronzanti è stato recentemente regolamentato
con il DM 110 del 12 maggio 2011 [1], in vigore dal 30 luglio 2011,
che prevede l‟adeguamento di queste apparecchiature allo standard
38
tecnico nazionale CEI EN 60335-2-27 (2005) ”Sicurezza degli
apparecchi elettrici d'uso domestico e similare. Parte 2: Norme
particolari per gli apparecchi per il trattamento della pelle con raggi
ultravioletti ed infrarossi” e alle sue successive varianti A1 e A2 [2].
A seguito di una precedente indagine svolta sulla documentazione
tecnica delle lampade abbronzanti [3], sulla base di quanto previsto
nella citata norma CEI, l'Agenzia Regionale per la Protezione
Ambientale del Piemonte ha svolto negli ultimi due anni un elevato
numero di valutazioni sperimentali dei livelli di emissione di radiazione
ultravioletta da parte di lampade ad uso abbronzante presenti in centri
di estetica, al fine di valutare il rispetto dei parametri stabiliti dalla
stessa normativa tecnica.
In questo lavoro vengono descritte le tipologie di sorgente
caratterizzate, gli elementi della norma tecnica oggetto delle verifiche
strumentali e le catene di misura utilizzate. Vengono infine presentati i
risultati di misure effettuate in campo su un campione di 92 lampade
abbronzanti installate all'interno di 20 centri estetici presenti nel
territorio della Regione Piemonte.
TIPOLOGIE DI LAMPADE ABBRONZANTI
Attualmente esistono tre diverse tipologie di apparecchi abbronzanti:
poltrone facciali, lettini e docce. Esempi di tali apparecchi sono
mostrati in figura 1a (poltrona facciale), 1b (doccia) e 1c (lettino)
(a)
(b)
Figura 1. Tipologie di apparecchi abbronzanti
39
(c)
All'interno di queste apparecchiature possono essere montati 2 tipi
diversi di lampade: lampade a bassa pressione e lampade ad alta
pressione (vedi figura 2). Le prime sono lampade UV fluorescenti, in
cui la radiazione emessa dipende dalla composizione dei sali
fluorescenti (fosfori) depositati sulla superficie interna del tubo di
quarzo che costituisce l'involucro della lampada. Queste lampade
possono avere una componente UVB eritemale molto elevata. Le
seconde sono costituite da bulbi contenenti vapori di mercurio e
alogenuri metallici. Lo spettro della radiazione emessa comprende le
radiazioni UVC, UVB e UVA, visibile e infrarossa. La radiazione
viene opportunamente filtrata per eliminare le componenti ultraviolette
indesiderate e gli infrarossi in modo tale da emettere solo la
componente UV-A (spesso è presente però anche una debole
componente di radiazione UV-B). L'intensità della radiazione UVA
emessa dalle lampade ad alta pressione può essere anche da 5 a 10
volte superiore al valore massimo di quella solare alla nostra latitudine.
La rottura, il deterioramento o la sostituzione con un altro tipo di filtro
comporta un cambiamento delle caratteristiche della sorgente radiante e
la conseguente possibilità che si verifichino effetti indesiderati e/o
danni (eritema, ustioni cutanee).
Lampade ad alta pressione
Lampade a bassa pressione
Figura 2. Tipologia di lampade installate su apparecchi abbronzanti
40
VALUTAZIONE DEI LIVELLI DI EMISSIONE
RADIAZIONE UV: LA NORMA CEI EN 60335-2-27/A1
DI
In relazione alla protezione degli utilizzatori delle apparecchiature
abbronzanti da elevati livelli di esposizione a radiazione ultravioletta, la
norma CEI qui considerata introduce dei valori limite di riferimento sia
in termini di “irradianza efficace” che di “dose”, grandezza,
quest'ultima, dipendente del tempo di esposizione.
Per irradianza efficace E, che si esprime in W/m2, si intende la
grandezza fisica definita dalla seguente espressione:
dove H(λ) è l'irradianza spettrale e S(λ) è uno spettro di azione che
consente di pesare diversamente le diverse componenti in lunghezza
d'onda della radiazione in funzione del tipo di effetto sanitario
considerato. Si parlerà, quindi, di spettro di azione eritematogena nel
caso in cui occorra valutare la possibilità di insorgenza dell'eritema o di
spettro ad azione cancerogena non melanoma nel caso in cui occorra
valutare il rischio di effetti a lungo termine [4].
La dose è invece data dal prodotto dell'irradianza per il tempo di
esposizione e si esprime in J/m2.
Per limitare i danni da eccessiva esposizione a radiazione UV, la norma
CEI prescrive un limite di dose legato al tempo della prima esposizione
(dose sulla prima esposizione), ponderato secondo lo spettro ad azione
2
eritemale, pari a 100 J/m ed un altro limite relativo ad un anno di
esposizione (dose annuale), ponderato secondo lo spettro ad azione
2
cancerogena, pari a 25 kJ/m .Viene inoltre fissato un limite sul valore
di irradianza efficace ponderato secondo lo spettro ad azione eritemale
2
pari a 0.3 W/m .
41
La norma CEI individua anche una classificazione delle
apparecchiature in base al tipo di radiazione UV emessa. In particolare,
ogni apparecchio deve essere classificabile in una delle 4 tipologie
riportate nella seguente tabella [2]. Per ogni tipologia, viene fissato un
limite superiore all'irradianza efficace eritemale UVA o all'irradianza
efficace eritemale UVB o ad entrambe. Gli apparecchi di tipo 4,
essendo a maggiore contenuto di UVB, devono essere utilizzati
“seguendo le avvertenze mediche”.
TAB.1. Limiti sull'irradianza efficace ai fini della classificazione
STRUMENTAZIONE E MODALITÀ DI MISURA
Le misure sono state effettuate in accordo a quanto richiesto dalla
norma CEI-EN 60335-2-27 [2] utilizzando la seguente
strumentazione:
 radiometro in banda larga con sonda UV eritemale Delta Ohm
mod. HD 2102 + LP 471 ERY
 spettroradiometro a doppio monocromatatore Optronic
Laboratories, modello OL 756
E‟ necessario eseguire misure spettroradiometriche, in quanto la
sonda del radiometro Delta Ohm ha una curva di risposta spettrale
(riportata in Figura 3) che, se pur approssimandolo, si discosta
notevolmente dallo spettro ad azione eritematogena. Inoltre la norma
richiede la valutazione anche della dose ponderata secondo lo spettro
42
ad azione cancerogena non melanoma, non valutabile partendo da
una misura radiometrica.
Figura 3. Risposta spettrale della sonda Delta Ohm
Inoltre è necessario utilizzare uno spettroradiometro a doppio
monocromatore, in quanto l‟utilizzo di un singolo monocromatore
(tipo array di CCD) comporterebbe, con questo tipo di sorgente,
un‟elevata luce diffusa (strylight), e quindi una sovrastima
dell'irradianza in corrispondenza delle lunghezze d'onda dove il
segnale è basso o nullo.
In Figura 4 si riporta, a titolo di esempio, la misura dell'irradianza
spettrale di una lampada ad incandescenza al tungsteno eseguita con
un doppio monocromatore (linea continua) e con un singolo
monocromatore (linea tratteggiata): si nota che per lunghezza d'onda
minori di 320 nm con il singolo monocromatore si misura un
contributo rilevante di luce diffusa, che comporta un errore
significativo nella stima dell'irradianza per tali lunghezze d'onda.
43
Figura 4 . Spettro di una lampada ad incandescenza acquisito con un singolo e con un doppio
monocromatore
L'ottica d'ingresso dello spettroradiometro è una sfera integratrice
con apertura circolare di diametro 10 mm (OL IS -270). Le
dimensioni delle fenditure poste in ingresso e uscita allo
spettroradiometro sono pari a 0.125 nm, corrispondenti ad un valore di
FWHM pari a 1 nm. Lo spettroradiometro viene tarato periodicamente
nel Laboratorio di Ottica del Dipartimento Tematico Radiazioni
dell'Arpa Piemonte con una sorgente al tungsteno calibrata in
irradianza. In campo, prima di ogni misura, viene controllata la taratura
dello strumento utilizzando una sorgente al mercurio per verificare
l'allineamento in lunghezza d'onda ed una sorgente al tungsteno per
valutare eventuali correzioni da apportare al guadagno dello strumento.
Nel caso in cui queste siano superiori al 10% viene effettuata una
nuova taratura in Laboratorio.
In figura 5 è riportato il setup sperimentale.
44
Figura 5. Setup di misura
Per ogni apparecchiatura analizzata, gli spettri sono stati acquisiti a
partire da 250 nm e fino a 400 nm, con un passo di 1 nm. A partire
dai valori di irradianza spettrale misurati sono stati ricavati i valori di
irradianza efficace UVA, UVB e globale, ponderati secondo lo
spettro ad azione eritemale e il valore di irradianza efficace
ponderato secondo lo spettro ad azione cancerogena non-melanoma
come previsto dalla norma CEI EN 60335-2-27/A1. A questi valori è
associata una incertezza relativa dell'ordine del 10% dovuta alla
catena strumentale e alle condizioni ambientali. Inizialmente, per
ogni apparecchio sono state eseguite delle misure con un radiometro
in banda larga corredato di sonda UV eritemale (Delta Ohm HD
2102 + LP 471 ERY), al fine di individuare il punto di massima
irradianza efficace. Le misure sono state condotte alla tipica distanza
di utilizzo e in particolare:
45
 per le poltrone, sul piano posto alla distanza di 20 cm dal piano
di appoggio della persona sullo schienale. La distanza dalle
lampade è stata regolata alla minima possibile (nel caso in cui
la poltrona sia parte dell'apparecchio) o a quella raccomandata
sul manuale (nel caso in cui poltrona e lampade siano parti
separate);
 per le docce solari, sul piano verticale posto alla minima distanza
dalle lampade raccomandata sui manuali o, se non indicata, ad
una distanza dalle stesse coerente con l'ingombro del corpo
umano.
 per i lettini solari, sul piano orizzontale posto a 30 cm dalla superficie
del lettino (ovvero come prescritto dalla norma CEI EN60335-2-27
“alla distanza tra emettitore e superficie di supporto ridotta di 0.3
metri”).In questo punto sono stati acquisiti gli spettri con lo
spettroradiometro, secondo quanto previsto dalla norma
tecnica EN 60335-2-27/A1.
Un esempio degli spettri acquisiti sia per lampade ad alta pressione
che per lampade a bassa pressione è riportato nelle sottostanti figure
6 e 7.
Figura 6. Spettro di una lampada a alta pressione
46
Figura 7. Spettro di una lampada a bassa pressione
Acquisiti gli spettri, si sono calcolati i valori di irradianza efficace
eritemale e cancerogena non melanoma per ogni apparecchio. Si è
quindi proceduto verificando:
 se il valore di irradianza efficace eritemale misurato rispetta il
limite di 0.3 W/m2 raccomandato dall'aggiornamento
normativo CEI EN 60335-2-27/A1
 se, sulla base dei valori di irradianza efficace eritemale UVA e
UVB misurati, l'apparecchio è classificabile in una delle 4
classi previste dalla CEI EN 60335-2-27/A1 (tabella BB.3) e,
in tal caso, la conformità della classe dichiarata con quanto
misurato.
Inoltre su un campione ridotto di 55 apparecchi, sulla base dei valori
di irradianza efficace misurati pesati secondo la curva efficace
eritemale e cancerogena non melanoma e sulla base dei programmi
di esposizione riportati sui manuali, si è proceduto alla verifica del
rispetto dei limiti di dose sulla prima esposizione e annuale.
47
RISULTATI
I risultati sono stati suddivisi per tipologia di apparecchio, alta e
bassa pressione.
Rispetto del limite di irradianza efficace eritemale di 0,3 W/m2
Nel grafico seguente viene illustrata la distribuzione dei livelli di
irradianza efficace eritemale misurati su apparecchi ad alta e bassa
pressione. Dai dati riportati emerge che 54 delle 69 lampade ad alta
pressione (78%) e tutti i 25 apparecchi a bassa pressione non
rispettano il limite di irradianza efficace eritemale di 0.3 W/m 2 .
35
alta pressione
bassa pressione
30
Frequenza
25
20
15
10
5
0
≤0.3
0.3 ÷ 0.5
0.5 ÷ 1
>1
Irradianza efficace eritemale W/m 2
Figure 8. Distribuzione dei livelli di irradianza efficace eritemali misurati
Coerenza della tipologia dichiarata rispetto a quanto misurato
Nel grafico seguente viene illustrato il numero di apparecchi
analizzati suddivisi in alta e bassa pressione, per i quali la tipologia
misurata rispetto a quella dichiarata è corretta o errata , nonché il
numero di apparecchi non appartenenti a nessuna delle quattro
tipologie previste dalla norma CEI.
Per 44 apparecchi ad alta pressione (64 %) e 1 a bassa (4 %) la
classificazione dichiarata è coerente con quanto misurato, per 11
apparecchi ad alta pressione (16 %) e 3 a bassa (12 %) non lo è, e per
48
i restanti 14 apparecchi ad alta pressione (20 %) e 21 a bassa (84 %)
l'apparecchio non è classificabile in nessuna delle 4 tipologie
previste. Si fa notare che nel caso in cui la classificazione misurata
differisca da quella dichiarata, per mettere a norma l'apparecchio è
sufficiente riclassificarlo correttamente, correggendo marcatura e
manuali. Se d'altro canto l'apparecchio è risultato non classificabile è
necessario operare sul medesimo al fine di ridurne le emissioni,
superiori a quelle consentite dalla normativa vigente.
Classificazione
50
Alta pressione
Frequenza
40
Bassa Pressione
30
20
10
0
corretta
errata
non classificabile
Figura 9. Coerenza della classificazione misurata rispetto a quella dichiarata
RISPETTO DEI LIMITI DI DOSE
Nei grafici seguenti viene illustrato il numero di apparecchi che, in
base ai valori di irradianza misurati e ai programmi di esposizione
riportati sui manuali, rispettano i limiti di dose. Per alcuni apparecchi
non è stato possibile effettuare la valutazione, in quanto sui relativi
manuali non venivano riportati i programmi di esposizione o
venivano riportati in modo incompleto. Relativamente alla prima
esposizione emerge che 17 apparecchi ad alta pressione (42.5%) e 11
a bassa (73%) non rispettano il limite, 21 apparecchi ad alta
49
pressione (52.5%) e 1 a bassa (7%) rispettano il limite e i restanti 2
(5%) e 3 (20%) apparecchi non sono valutabili. Relativamente alla
dose annuale emerge che 14 apparecchi ad alta pressione (35%) e 8 a
bassa (53%) non rispettano il limite, 23 apparecchi ad alta pressione
(57.5%) e 1 a bassa ( 7%) rispettano il limite e i restanti 3 (7.5%) e
6 (40%) apparecchi non sono valutabili
Limite prima esposizione
25
alta pressione
bassa pressione
20
15
10
5
0
rispetto
non rispetto
non verificabile
Figura 10. Rispetto del limite di dose sulla prima esposizione
Limite annuale
25
alta pressione
bassa pressione
20
15
10
5
0
rispetto
non rispetto
non verificabile
Figura 11. Rispetto del limite di dose annuale
50
CONCLUSIONI
Gli esiti delle indagini effettuate hanno evidenziato una diffusa non
conformità delle apparecchiature per abbronzatura utilizzate nei
centri estetici rispetto alle prescrizioni contenute nelle norme
tecniche di settore, con particolare riferimento agli apparecchi che
utilizzano lampade a bassa pressione, risultati carenti sotto il profilo
di volta in volta analizzato in più del 90 % dei casi. Tali non
conformità si traducono per gli utilizzatori in maggiori livelli di
esposizione a radiazione ultravioletta, rispetto a quelli massimi
prescritti nelle norme, e di conseguenza in maggiori rischi sanitari
derivanti da tali sovraesposizoni.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] DM n° 110 del 12 maggio 2011
[2] CEI EN 60335-2-27 Sicurezza degli apparecchi elettrici d'uso domestico e
similare. Parte 2. Norme particolari per apparecchi per il trattamento della pelle con
raggi ultravioletti ed infrarossi per uso domestico e similare (2005) e varianti
A1(2009) e A2 (2009)
[3] A. Bonino, S. Facta, S. Saudino, L. Anglesio, and G. D'Amore, Tanning lamps
ultraviolet emissions and compliance with technical standards, Radiat Prot
Dosimetry (2009) 137(3-4): 197-200 first published online October 29, 2009
doi:10.1093/rpd/ncp243
51
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
SORVEGLIANZA FISICA AMBIENTALE SULLE
EMISSIONI ELETTROMAGNETICHE PROVENIENTI
DAI RADAR IN USO AL SERVIZIO IDRO-METEOCLIMA DI ARPA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
P. Zanichelli, M. Fraschetta1, M. Tiberti, S. Righi2, M. Poli,
S. Violanti1, P. P. Alberoni2
ARPA Emilia-Romagna - sezione provinciale di Reggio Emilia
(1) ARPA Emilia-Romagna - sezione provinciale di Piacenza
(2) ARPA Emilia-Romagna – Servizio Idro-Meteo-Clima
I RADAR IN USO AL SERVIZIO IDRO-METEO-CLIMA DI
ARPA EMILIA-ROMAGNA
La rete radarmeteorologica della Regione Emilia-Romagna è gestita
dal Servizio Idro-Meteo-Clima (SIMC) di ARPA ed è costituita
da due radar doppler e polarimetrici: il primo, situato a San Pietro
Capofiume in Comune di Molinella (BO), è attivo dal 1990, il
secondo, collocato in Comune di Gattatico (RE), è invece operativo
dal 2002 (Figura 1). Nonostante l‟attivazione di quest‟ultimo segua a
più di un decennio quella di San Pietro Capofiume, i due radar sono
“gemelli” con operatività nella banda “C” alla frequenza di circa 5.5
GHz, tipica per queste applicazioni. Entrambi i radar sono collocati
nel territorio di pianura della regione compreso tra il fiume Po e la
prima collina.La prerogativa della rete è quella di fornire sul
territorio regionale dati areali in tempo reale dell‟intensità delle nubi
e delle precipitazioni in atto, con una risoluzione spaziale che
all‟occorrenza può risultare inferiore al km2.
52
La portata utile per la
stima quantitativa delle
precipitazioni è di circa
125 km di raggio (Figura
2 – cerchi rossi), mentre
si estende fino a 250 km
per
informazioni
qualitative (Figura 2 –
Cerchi blu).
I due radar forniscono
inoltre i dati sul campo
di
vento
e Figura 1 – Dislocazione dei radar del SIMC di ARPAER
l´identificazione delle idrometeore presenti nelle nubi, distinguendo
tra precipitazione liquida, grandine e neve. Entrambe le installazioni
sorgono in zone a vocazione agricola caratterizzate da scarsa
edificazione circostante.
Il radar di Gattaticosi trova a poche decine di metri dalla casa dove
vissero i 7 fratelli Cervi, barbaramente trucidati dai nazifascisti nel
1943, ora sede dell‟Istituto Cervi e dell‟omonimo Museo dedicato al
mondo agricolo rurale del passato, frequentato da molti visitatori ed
in particolare da gruppi di studenti di scuole elementari e superiori;
quello di San Pietro Capofiume
sorge
presso
la
base
meteorologica
dedicata
all‟illustre fisico prof. Giorgio
Fea, in un luogo già oggetto di
attività
meteorologiche
di
ricerca del CNR. Presso la base
si svolgono frequentemente
Figura 2 – Copertura operativa dei radar
visite guidate di scolaresche di
ogni ordine e grado attraverso un percorso didattico con attività
divulgative di carattere scientifico.
53
Le principali caratteristiche dei due radar sono sintetizzate nella
tabella 1, mentre nelle figure 3 e 4 sono mostrate le rispettive
installazioni.
Tab 1 – Sintesi delle principali caratteristiche dei radar meteorologici GPM 500 in uso al
SIMC di ARPAER
Figura 3 – Radar di Gattatico (RE)
Figura 4 – Radar di San PietroCapofiume
Molinella (BO)
Sono possibili diverse modalità operative che vengono selezionate da
remoto a seconda delle esigenze investigative dettate dalle condizioni
meteo. Un tipico esempio delle sequenze di esercizio utilizzate è
mostrato in tabella 2. Nella modalità “scan. 1” sono previste 6
elevazioni (da 0.5 a 5.0 gradi), in “scan. 2” 9 elevazioni (da 0.5 a
13.0 gradi), mentre nella modalità “scan. 3” solamente 5 elevazioni
(da 0.5 a 4.1 gradi). In caso di tempo perturbato, il ciclo di lavoro è
pertanto più gravoso ed il radar è attivo circa 10 minuti ogni 15.
Comunque sia, la sequenza di perlustrazione del cielo ha inizio da un
alzo minimo di +0.5° sopra l‟orizzonte. Sequenze al di sotto di tale
valore sono possibili solo attraverso intervento manuale
dell‟operatore.
54
Tabella 2 – Caratterizzazione dei parametri di esercizio in relazione alle sequenze investigative
del cielo
FINALITA‟ELL‟INDAGINE, CRITERI E INDIVIDUAZIONE
DEI PUNTI DI RILIEVO
L‟indagine nasce da esigenze
espresse
dal
Territorio
(Provincia, Comune, AUSL,
Cittadini) e da ARPA stessa
di conoscere i livelli di
esposizione
ai
campi
elettromagnetici emessi dai
radar a cui la popolazione
residente nell‟area circostante
le installazioni è soggetta e si
riferisce all‟attività svolta nel
Figura 5 – P.ti di rilievo c/o il radar di Gattatico
primo trimestre del 2011.
E‟ stato individuato il rilevamento strumentale come mezzo più
idoneo, affidabile e efficace per rispondere alle esigenze suddette e
contemporaneamente sono stati elaborati criteri per la localizzazione
dei punti di rilievo, tenuto conto delle indicazioni provenienti dal
Territorio e in un‟ottica di
massima rappresentatività e di
contenimento del numero dei
rilievi.
Si è arrivati così a definire una
SPCF 1
griglia
di
possibili
punti
Radar
candidati,
individuati
per
soddisfare le seguenti esigenze:
SPCF 2
(1) maggiore prossimità sia di
singoli edifici che di centri abitati
Figura 6 – P.ti di rilievo c/o il radar di San
Pietro Capofiume
alle sorgenti; (2) visibilità ottica
del punto di rilievo con le
55
sorgenti; (3) minimizzazione della differenza di quota tra l‟antenna di
misura ed il centro elettrico delle antenne radar, tenuto conto
dell‟altimetria dell‟area circostante; 4) presenza di almeno un punto
di misura in zona sicuramente di campo lontano; (5) idoneità allo
stazionamento del mezzo mobile attrezzato. La selezione finale ha
portato all‟identificazione dei punti illustrati nelle figure 5 e 6. I
punti “Museo Cervi” e “SPCF 1” si riferiscono a singoli edifici di
maggiore prossimità per i quali i proprietari hanno dato il proprio
consenso all‟esecuzione dei rilievi. Detti punti sono collocati in zona
di campo vicino. I punti “Caprara” e “SPCF 2” si riferiscono ai centri
abitati di maggiore prossimità e sono in zona di campo lontano, come
quello di “Taneto”. Questo ultimo, riferibile ad un centro abitato,
benché si trovi ad oltre 3.6 km dal radar, risulta di interesse in quanto
il piano di calpestio a terra è collocato circa 12 m più in alto rispetto
al piano campagna della sorgente. Tutti i punti individuati sono in
visibilità ottica con i rispettivi radar.
Con il recente completamento della strumentazione in dotazione, è
stato possibile eseguire i rilevamenti strumentali con due distinte e
indipendenti catene di rilevamento, i cui elementi principali sono, da
un lato, l‟analizzatore di spettro e dall‟altro, il detector e
l‟oscilloscopio, offrendo, come ulteriore finalità, l‟opportunità di
mettere a confronto i risultati ottenuti con i due metodi,
analizzandone anche aspetti metodologici e operativi.
MODALITÀ DI ESECUZIONE DELL‟INDAGINE, SET DI
ESERCIZIO DEI RADAR E STRUMENTAZIONE DI
MISURA
Il metodo di misura prevede, per entrambe le catene utilizzate, il
rilievo del campo elettrico di picco connesso all‟impulso radar, dei
relativi parametri temporali che lo caratterizzano, il periodo di
rotazione dell‟antenna radar e il tempo di illuminazione del recettore.
La frequenza di esercizio dei radar, nota a priori nel caso di studio, è
stata comunque rilevata mediante l‟analizzatore di spettro.
Diversi sono gli elementi che influenzano il valore della misura nel
punto di rilevamento, ma, a causa dell‟elevata direttività con cui è
emesso il fascio di radiazione, sicuramente i più importanti sono
costituiti dall‟alzo minimo operativo dell‟antenna radar e,
conseguentemente dall‟altezza del punto di rilevamento rispetto al
56
centro elettrico della sorgente. Da tali elementi possono dipendere
condizioni di forti gradienti spaziali di campo connesse alla forma
molto stretta del lobo principale di radiazione.
Ai fini della valutazione delle esposizioni della popolazione residente
nell‟area circostante le installazioni, considerato il contesto di
pianura, è pertanto opportuno prendere a riferimento un set di
esercizio dei radar che preveda la rotazione dell‟antenna all‟alzo
minimo operativo (+0.5° sopra l‟orizzonte) ed effettuare i rilievi ad
una altezza consona a quella dell‟edificato tipologico circostante,
privilegiando i luoghi a monte delle installazioni stesse. Tali
condizioni dovrebbero assicurare il verificarsi del caso peggiore di
esposizione al campo elettrico di picco, con il recettore che potrebbe
essere investito integralmente o parzialmente dal lobo principale di
radiazione del fascio radar.
Sulla scorta di quanto sopra riportato, è stata attivata una modalità
manuale di esercizio dei radar, non prevista nelle sequenze di
normale operatività, imponendo una rotazione continua ad alzo
costante come indicato nella tabella 3.
In tale tabella sono pure indicati anche gli altri parametri di set
utilizzati nel corso dei rilievi.
La presenza di un punto di prelievo in guida d‟onda ad attenuazione
nota (60 dB) presente su entrambe le apparecchiature e collocato a
valle del modulatore e dello stadio finale di potenza (figura 7), ha
permesso di effettuare
prelievo in guida d’onda
una misura diretta della P.to(60di dB
disaccopiamento)
potenza di alimentazione
delle antenne radar e di
verificare la durata e la
frequenza di ripetizione
degli impulsi indicate in
tabella 3. Allo scopo è
stato utilizzato il Power
Meter
R&S
NRP
equipaggiato
con
sensore
per
regimi
pulsati
NRP-Z81 Figura 7 – Sala apparati e p.to prelievo in guida d’onda. Radar
Gattatico
(Figura 8).
57
Power Meter R&S NRP con sensore NRP-Z81
Potenza di picco
(60+20+val. letto dBm)
Durata Imp.
1/PRF
Figura 8 – Misura in guida d’onda: potenza di picco, PRF e durata impulsi. Radar San
Pietro Capofiume
Tabella 3 – Set di esercizio dei radar utilizzato nel corso dei rilevamenti
L‟antenna di misura (R&S HL050) è
stata collocata sul palo telescopico del
mezzo mobile attrezzato, ad una altezza
dal suolo di 10 m (figura 9). Tale scelta,
oltre
a
permettere
di
valutare
l‟esposizione in corrispondenza dei piani
più
alti
dell‟edificato
tipologico
circostante, ben realizza anche le
condizioni di campo imperturbato
previste dalla norma CEI 211-7.
Per quanto riguarda le catene di misura
per i rilevamenti in campo, il set
illustrato in figura 10, si basa sull‟uso
dello spettro analizzatore Agilent MXA
mod. N9020A e permette di eseguire la
procedura descritta nel technical,
scientific and research reports Vol. 2 – n.
58
Figura 9 – Mezzo mobile attrezzato e
palo telescopico utilizzato
per i rilievi
65-3 (2010) predisposto dal CNR-IFAC TR-08/009. Il set illustrato
in Figura 11, realizza invece una catena di misura completamente nel
dominio del tempo e si basa sull‟uso del Detector Agilent mod.
8474B e dell‟oscilloscopio digitale LeCroy Wave Runner mod.
6050A. Entrambi i set di misura consentono, per vie indipendenti, di
rilevare gli stessi parametri d‟interesse protezionistico.
Questi sono costituiti dalla potenza di picco massima che illumina il
punto di rilievo, la durata dell‟impulso, il periodo di ripetizione, il
periodo di rotazione dell‟antenna ed il periodo di illuminazione
dell‟antenna di misura. Fa eccezione la frequenza di esercizio del
radar che, nel caso della catena strumentale di figura 11 non è
rilevabile.
Figura 10 – Set di rilievo mediante spettro analizzatore di segnale
Per il set di Figura 10 il campo elettrico di picco è determinabile
mediante la relazione (a).
potenza letta all’ingresso del ricevitore
dBmR espressa in dBm
(a) E (V/m)  10
dBmR  dBAAR  dBAF 13.01
20
dBAAR
dB AF
59
attenuazione, espressa in dB,
introdotta tra l’antenna e il ricevitore (≈6
dB)
antenna factor (k), alla frequenza operativa
dei radar, espresso in dB (≈36.2 dB)
Figura 11 – Set di rilievo mediante Detector e Oscilloscopio
Per il set di Figura 11 il campo elettrico di picco è invece
determinabile mediante l‟analoga relazione (b)
(b)
E (V/m)  10
m Vk D  dBAAD  dBAF 13.01
20
mV
kD
dB AAD
tensione letta sull’oscilloscopio
espressa in mV
Coefficiente di conversione del
detector da mV a dBm (Figura 12)
attenuazione, espressa in dB,
introdotta tra l’antenna e il
detector
dBAF ha lo stesso significato già visto nella (a)
Per la determinazione del
coefficiente di conversione del
detector kD è stato necessario
ricorre alla sua taratura.
Mediante
l‟impiego
del
generatore Agilent MXG mod.
N5182A, settato con parametri
analoghi a quelli di esercizio
dei radar, è stata ottenuta
sperimentalmente la curva che
rappresenta la tensione in uscita
dal detector in funzione della
potenza applicata al suo ingresso
(Figura 12).
Figura 12 – Curva di taratura del Detector
60
L‟oscilloscopio dispone di una discreta profondità di memoria (4
Mpts) che, associata ad una adeguata velocità di campionamento,
consente in un unica rotazione dell‟antenna radar, di acquisire tutti i
parametri d‟interesse. Inoltre, con la funzione di segmentazione della
memoria è facilmente misurabile anche il periodo di rotazione
dell‟antenna.
RISULTATI E CONCLUSIONI
Di seguito sono riportati, a scopo esemplificativo dell‟attività di
misura svolta, alcuni “screen image” delle acquisizioni effettuate in
campo relative al rilievo dei parametri: campo elettrico di picco
(Figura 13a e 13b), durata degli impulsi (Figura 14a e 14b), periodo
di ripetizione degli impulsi (Figura 15a e 15b), periodo di rotazione
dell‟antenna radar (Figura 16a e 16b) e tempo di illuminazione
(Figura 17). Le figure contraddistinte dallo stesso numero e lettere
differenti si riferiscono al medesimo punto di rilievo. La lettera a)
indica l‟acquisizione con il set di Figura 11 (OSC), mentre la lettera
b) si riferisce al set di Figura 10 (SSA).
y
-2.95 dBm
53.13 mV
-2.2 dBm
Figura 13a – Rilievo della potenza di picco
(OSC)
Figura 13b – Rilievo della potenza di picco
(SSA)
1.460 µs
1.495 µs
Figura 14b – Rilievo
dell’impulso (SSA)
della
Figura 14a – Rilievo della durata dell’impulso
(OSC)
durata
61
1.668 ms
1.668 ms
Figura 15a – Rilievo del periodo di ripetizione (OSC)
Figura 15b – Rilievo del periodo di ripetizione (SSA)
32.75 s
32.73 s
Figura 16a – Rilievo del periodo di rotazione (OSC)
Figura 16b – Rilievo del periodo di rotazione (SSA)
Misura apertura lobo principale a -3 dB
90 ms corrispondenti a 0.99°
Radar di Gattatico
Figura 17 – Rilievo del tempo di illuminazione a –3 dB (90 ms) e al livello di
sensibilità (184 ms) della catena di Figura 11 (OSC)
I dati relativi alle acquisizioni dei parametri temporali inerenti la
durata degli impulsi, il relativo periodo di ripetizione e quello di
62
rotazione dell‟antenna non mostrano sostanziali differenze nei valori
riscontrati con entrambe le catene di rilevamento e risultano in
ottimo accordo con quelli di set dei radar. Gli scarti sono infatti
contenuti entro il 2-3 %.
Per quanto riguarda il rilevamento del tempo di illuminazione del
punto di rilievo, sono stati effettuati rilievi solo con il set di figura 11
in quanto di maggiore semplicità ed immediatezza. I dati rilevati di
90 ms (Figura 17 – radar Gattatico) e 109 ms (radar San Pietro
Capofiume) si riferiscono a punti di rilievo collocati in campo
lontano e pertanto risultano, al mantenimento delle citate condizioni
di campo lontano, invarianti con la distanza dalla sorgente. I valori
riscontrati nei punti di campo vicino non mostrano variazioni di
rilievo rispetto a quanto sopra riportato. Inoltre il valore adottato, ai
fini del calcolo del valore mediato per effetto della rotazione
dell‟antenna, è stato assunto pari a 200 ms, certamente cautelativo
rispetto ai valori riscontrati.
Si noti che dalle caratteristiche radioelettriche dei radar (tabella 1),
l‟apertura del lobo principale, a -3 dB, è di 0.9°, mentre dal rilievo
risulta un‟apertura di 0.99° per il radar di Gattatico e di 1.2 ° per
quello di San Pietro Capofiume, un risultato più che accettabile.
In riferimento ai rilievi per la determinazione delle intensità dei
campi elettrici che investono l‟antenna di misura, attraverso le
relazioni (a) e (b) riportate in precedenza, sono stati calcolati i valori
di picco riportati nella tabella 4.
I
Tabella 4 – Risultati dei rilievi del campo elettrico di picco e confronto dei valori ottenuti
con le due catene strumentali
interessante notare che le due metodiche di rilievo evidenziano valori
in ottimo accordo, con scarti inferiori al dB in tutti i punti ad
63
esclusione di quello relativo al Museo Cervi in cui si riscontrano
1.1 dB.
Il DPCM 8 luglio 2003 (art. 1 comma 3), prevede che la disciplina
inerente la regolamentazione delle esposizioni prodotte da
installazioni radar, venga rimandata a successivo decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi ai sensi dell'art. 4,
comma 2, lettera a), della legge 22 febbraio 2001, n. 36. Allo stato
attuale, dovendo riscontrare il persistere del vuoto normativo dovuto
alla mancata emanazione del succitato decreto, occorre pertanto
prendere a riferimento l‟autorevole standard costituito dalla linee
guida della Commissione Internazionale di Protezione dalle
Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP) emanate nel 1998,
recentemente riconfermate (dichiarazione ICNIRP 2009) e recepite
anche nell‟ordinamento europeo (Raccomandazione dell‟Unione
Europea 12/07/1999).
Tali linee guida, per i radar oggetto dell‟indagine, prevedono di non
superare un‟intensità di picco del campo elettrico pari a 1952 V/m ed
un valore mediato, su un qualunque arco di 6 minuti, di 61 V/m.
Pertanto, per completare la valutazione dei valori di campo
elettromagnetico rilevati rispetto allo standard adottato, occorre
procedere al calcolo dei valori medi a partire da quelli di picco
misurati, tenuto conto delle caratteristiche emissive (durata e periodo
di ripetizione degli impulsi, periodo di rotazione dell‟antenna, tempo
di illuminazione e sequenze di esercizio).
Al fine di semplificare il calcolo in senso conservativo, sono state
ipotizzate due situazioni limite riferibili solo ad anomalie di
funzionamento, difficilmente riscontrabili nella pratica a causa
dell‟intervento dei sistemi di protezione di blocco radiazione. Si
tratta delle situazioni di (1) antenna ferma e (2) antenna rotante, in
entrambi i casi all‟alzo minimo di esercizio utilizzato anche per i
rilievi. Il tempo di illuminazione del recettore è stato considerato
uguale a 200 ms (oltre il doppio di quello effettivamente misurato) e
sono stati impiegati nel calcolo i valori di picco più elevati misurati
con le due catene di misura utilizzate.
I valori così calcolati sono riportati nella tabella 5 e rappresentano
stime conservative dei valori medi di campo elettrico su un
qualunque arco di 6 minuti, rispetto a quelli che caratterizzano il
normale esercizio. Sulla scorta dei dati riportati nelle tabelle 4 e 5 si
64
può pertanto concludere
che sia i valori di campo
elettrico di picco che
mediati su 6 minuti
risultano ampiamente al
disotto dei livelli di
riferimento definiti dallo
standard di protezione
adottato. Dal punto di vista Tabella 5 – Valori medi del campo elettrico calcolato
metodologico vale la pena nei punti di rilievo come specificato nel testo
evidenziare
come
l‟impiego dell‟oscilloscopio e del detector consenta, nel caso
esaminato e tenuto conto di alcune caratteristiche disponibili in
generale solo su oscilloscopi di fascia medio-alta (discreta profondità
di memoria e segmentazione), di acquisire in un‟unica rotazione
dell‟antenna tutti parametri d‟interesse ad eccezione della frequenza
di esercizio del radar, parametro fondamentale per l‟applicazione dei
pertinenti livelli di riferimento da non superarsi e la determinazione
del fattore d‟antenna. Al contrario, con lo spettro analizzatore è
necessario attendere diverse rotazioni ed effettuare specifici settaggi
in relazione al parametro da rilevare: è necessario possedere la
funzione “zero span” ed avere una “RBW” sufficientemente ampia
da contenere lo spettro dell‟impulso. Per contro, il minimo campo
elettrico rilevabile con l‟analizzatore è di gran lunga inferiore a
quello misurabile con l‟oscilloscopio.
In merito alla localizzazione dei punti di rilievo, osservando la
tabella 4, occorre rilevare che i valori a maggiore intensità (punti
“Taneto” e “SPCF 2”) sono stati rilevati nei luoghi altimetricamente
più elevati (+12 m per Taneto e +2.5 m per SPCF 2), anche se
collocati a maggiore distanza. Il caso di Taneto è particolarmente
esemplificativo. Il punto si trova circa tre volte più lontano rispetto a
quello di Caprara e nonostante ciò il valore rilevato è più del doppio.
Ciò conferma quanto già espresso in merito all‟attenzione e cura con
cui individuare i punti di rilevamento con particolare riferimento alla
quota altimetrica.
65
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impulsi e doppler, esposizione provocata da un apparato radar” Dispense CNRIFAC 17 dicembre 2003;
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nell‟intervallo di frequenza 10 kHz - 300 GHz, con riferimento all‟esposizione
umana” Norma CEI 211-7 2001-01, Fascicolo 5909;
[8]
“Guida per la misura e per la valutazione dei campi elettromagnetici
nell‟intervallo di frequenza 10 kHz - 300 GHz, con riferimento all‟esposizione
umana Appendice B: Misura e valutazione del campo elettromagnetico emesso
dagli impianti radar di potenza” Norma CEI 211-7/B 2008-01, Fascicolo 9167
66
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
MODELLIZZAZIONE DI UN SITO COMPLESSO: RADIO
VATICANA A SANTA MARIA DI GALERIA (RM)
V. Canè, A. Colombini, S. Corona, S. Curcuruto, M. Stortini,
M. Riccardi, C. Baratta
ISPRA
ABSTRACT
Le molteplici attività di misurazione e di monitoraggio, che
l‟ISPRA ha effettuato dal 2000 ad oggi intorno al Centro
Trasmittente ad onde corte e medie di S. Maria di Galeria, hanno
consentito la realizzazione di una banca dati contenente i risultati
delle misure di campo elettrico e magnetico nei siti scelti dalla
Commissione Bilaterale Italia – Santa Sede, ritenuti maggiormente
rappresentativi dell‟esposizione della popolazione ai CEM.
Tale ricchezza di dati ha costituito un fondamento importante
per la realizzazione di simulazioni grafiche del campo elettrico
generato dal funzionamento, non simultaneo, delle oltre 30 antenne
in onde corte e delle due in onde medie, attraverso le quali le
trasmissioni radiofoniche vengono inviate in ogni parte del mondo.
Tali simulazioni interessano l‟ampia porzione di territorio circostante
il Centro Trasmittente, sebbene la maggior parte delle trasmissioni,
specialmente quelle in onde corte, siano impiegate per raggiungere le
zone più lontane del mondo, mediante riflessioni multiple tra
ionosfera e superficie terrestre.
La modellizzazione delle emissioni elettromagnetiche
generate dalle antenne di Radio Vaticana, effettuata dai tecnici
dell‟ISPRA, allo stato attuale, permette di prevedere l‟impatto
elettromagnetico delle numerose configurazioni che il Centro
Trasmittente potenzialmente è in grado di generare, consentendo di
valutare a priori l‟instaurarsi di situazioni di criticità che si
potrebbero presentare sul territorio circostante, mediante l‟analisi dei
valori attesi nei cosiddetti “punti di controllo”. Alla luce di quanto
67
affermato, l‟attività strumentale di misura tende a configurarsi come
importante fase di verifica dei valori attesi, laddove essi si avvicinino
a determinate soglie, e non più come imprescindibile “first step”
dell‟attività di vigilanza che l‟Istituto conduce da circa un decennio.
L'ATTIVITÀ DI MISURA CONDOTTA DA ISPRA
Le numerose campagne di misura che ISPRA ha condotto,
dapprima come ANPA, poi successivamente come APAT, hanno
consentito di raccogliere numerosi dati di misura (si parla di circa un
migliaio di misure effettuate dal 2000 ad oggi) che hanno costituito
la banca dati alla quale si è attinto per la creazione di un modello
previsionale di impatto elettromagnetico delle numerose sorgenti
dislocate nel Centro Trasmittente di Radio Vaticana a Cesano (RM).
Il Centro Trasmittente, oggetto del presente studio, come ben noto, è
costituito da numerose antenne, più precisamente:
-
28 antenne fisse ad onde corte;
-
3 antenne rotanti ad onde corte a 360°;
-
2 sistemi di antenne ad onde medie.
Inoltre, abbiamo:
-
6 diagrammi di radiazione diversi sul piano orizzontale per
11 antenne fisse (ognuna delle 11 antenne può trasmettere in
6 direzioni spaziali diverse);
-
4 diagrammi di radiazione diversi sul piano orizzontale per
altre 13 antenne fisse (ognuna delle 13 antenne può
trasmettere in 4 direzioni spaziali diverse);
-
3 diagrammi di radiazione diversi sul piano orizzontale per
altre 3 antenne fisse (ognuna delle 3 antenne può trasmettere
in 3 direzioni spaziali diverse);
-
2 antenne fisse ad onde corte con possibilità di trasmissione
verso un‟unica direzione;
68
-
numerosi diagrammi verticali di radiazione dipendenti dalla
frequenza di trasmissione per ogni antenna fissa ad onde
corte;
-
2 diagrammi di radiazione sul piano orizzontale per l‟antenna
ad onde medie denominata “4 torri”;
-
1 diagramma di radiazione sul piano orizzontale
l‟antenna denominata “Omni”.
per
Diagramma di radiazione azimutale di un antenna fissa ad onde corte
Questi numeri sono riportati per far comprendere al meglio la
difficoltà di analisi di una realtà così complessa e la necessità di
dover individuare un modello tale da garantire che le rilevazioni
strumentali, finora condotte con estrema periodicità, possano
rappresentare fondamentalmente un‟attività secondaria di
approfondimento di eventuali situazioni critiche che si dovessero
evidenziare a seguito di nuove condizioni operative delle antenne.
In generale, è possibile affermare che, nelle ultime campagne di
misura delle emissioni elettromagnetiche generate dalle antenne di
Radio Vaticana, sia stata riscontrata una situazione di sostanziale
69
rispetto dei limiti vigenti che perdura ormai dal 2002, anno in cui
l‟emittente ha provveduto a mettere in atto delle azioni di
risanamento volte a contenere il campo elettromagnetico prodotto. Le
azioni di risanamento sono state volte principalmente alla riduzione
della potenza di trasmissione delle onde medie, altre azioni si sono
concretizzate nello spostamento di alcune trasmissioni sulle antenne
fisse più interne e nell'utilizzo delle nuove tecnologie informatiche
per l‟invio di quelle programmazioni destinate ai paesi più lontani
come il Giappone. Ancora oggi, in ogni caso, le onde corte restano
ampiamente utilizzate a livello internazionale in quanto costituiscono
il mezzo di diffusione più sicuro e più economico dei programmi
radiofonici, assicurandone l‟impossibilità di manomissione dei
contenuti da parte di terzi per motivi politici o religiosi.
ASPETTI NORMATIVI E SITI DI MISURA
La problematica legata ai superamenti dei limiti italiani da
parte dell'emittente radiofonica è sorta nel momento in cui lo stato
italiano ha introdotto, dapprima nel 1998 e successivamente nel
2001, delle disposizioni normative a tutela dell'ambiente e della
popolazione, concernenti le emissioni elettromagnetiche, anche nel
campo di frequenze della radio trasmissione. Da quel momento,
infatti, la Radio Vaticana, che sino a quel momento rispettava gli
standard internazionali di emissione, si è trovata di fronte ad una
normativa che imponeva dei limiti ben più restrittivi e solo con
l'istituzione di una commissione bilaterale nel 2001 sono stati risolti i
problemi di compatibilità tra le varie normative e si è scelta la strada
dell‟adeguamento alla normativa italiana. Pertanto, se nelle
misurazioni condotte fino al 2002, si sono riscontrati dei valori
superiori a 6 V/m, nelle pertinenze esterne di abitazioni limitrofe, è
pur vero che i valori misurati risultavano, comunque, inferiori agli
standard internazionali fino a quel momento ritenuti unici valori di
confronto. Intanto, lo sviluppo edilizio non ha visto tregua ed è stato
tale da spingere continuamente ISPRA a condurre periodici
sopralluoghi tecnici nelle aree di nuova costruzione alla ricerca di
eventuali ulteriori situazioni di criticità. Il notevole sviluppo edilizio
dell‟ultimo decennio a Cesano e dintorni, oltre a poter creare nuove
70
condizioni espositive critiche, ha contribuito a mutare il quadro
espositivo generale, finora verificato intorno all‟emittente della Santa
Sede. Le nuove costruzioni, infatti, soprattutto se a più livelli ed in
prossimità del muro di cinta del Centro Trasmittente, modificano
notevolmente la distribuzione del campo elettrico generato dalle
antenne in onde medie, ed è proprio per questo motivo che l'attività
di sopralluogo strumentale condotta da ISPRA è stata periodica ed
approfondita. Il problema non si pone per le onde corte, il cui fascio
di radiazione è inviato verso la ionosfera e assai più difficilmente
intercetta gli edifici, a meno che non abbiano un'altezza
sufficientemente elevata.
Elaborazione con ArcGIS dell'impatto contemporaneo di 8 antenne fisse ad onde corte
Le elaborazioni grafiche prodotte si basano sui valori di campo
elettrico misurato presso 11 siti prestabiliti. Tali siti sono stati
individuati a seguito di numerose riunioni tecniche, nell‟aprile 2001,
perchè valutati come maggiormente significativi in termini di
sensibilità, esposizione e distanza. In realtà, si è visto quasi
71
immediatamente che la vicinanza dei siti al muro di cinta non è
sinonimo di elevata esposizione o di minore distanza dalle antenne,
anzi, si rilevano proprio nei siti più vicini ridotti livelli di campo,
inferiori anche a valori riscontrati a centinaia di metri dal muro di
cinta. Tale apparente paradosso trova la sua spiegazione nella natura
della propagazione delle onde corte e delle onde medie e nelle
numerose problematiche che in questo studio si cerca di illustrare.
I siti sono disposti intorno al muro di cinta a varie distanze dalle
antenne trasmittenti: il più lontano si trova a circa 2,5 km, mentre il
più vicino è ad una trentina di metri dalle antenne ad onde corte del
ramo sud e dalla Antenna Rotante 1 (R1). Tra i due estremi, gli altri
9 siti si situano ad altezza diverse dal piano campagna: un sito è
costituito da un terrazzo all‟ottavo piano di un edificio, mentre un
altro è ubicato sul terrazzo di una palazzina di 3 piani e altri due sono
edifici scolastici. In ciascuno di essi, le misurazioni vengono eseguite
nel punto in cui i livelli di campo elettrico sono più elevati. Tale
punto viene individuato a seguito di uno screening condotto con
strumentazione in banda larga quando le trasmissioni sono in aria.
Infine, solo due siti si trovano in campo vicino relativamente alle
antenne ad onde corte.
Rappresentazione della totalità dei diagrammi azimutali di radiazione delle antenne fisse ad onde
corte su ArcGIS
72
PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA PROPAGAZIONE
DELLE ONDE MEDIE E DELLE ONDE CORTE
I problemi di propagazione delle onde medie sono oggetto di
studio dagli inizi del secolo scorso e, negli ultimi anni, si è cercato di
sviluppare dei metodi predittivi di propagazione che, però, non sono
risultati adeguati, se applicati in zone edificate, come risulta essere la
zona in cui solitamente sono state effettuate le misure da ISPRA. È
risultato, infatti, che nella propagazione attraverso le città, o in
territori densamente abitati, le onde elettromagnetiche subiscano
un‟attenuazione imprevista, tanto più elevata quanto più è alta la
frequenza (sempre rimanendo nel range di frequenza delle onde
medie). Questa variazione dell‟intensità di campo elettrico o
magnetico, allontanandosi dalla sorgente, non sembra seguire delle
leggi univoche e tali da permettere di stabilire una relazione costante
tra campo elettrico e campo magnetico in certe zone densamente
abitate (1). Altri studi sembrano confermare che l‟attenuazione del
campo elettrico causata, per esempio, dagli edifici o dagli alberi non
dipenda dalla frequenza, ma rimanga costante al variare della stessa,
mentre il campo magnetico sembra essere meno influenzato dalla
presenza di ostacoli o dalla disomogeneità del terreno (2,3).
Oltre a dover considerare le problematiche connesse alla presenza di
ostacoli lungo la via di propagazione delle onde, si è dovuto tenere
debitamente in conto il problema della variabilità delle intensità dei
campi, nel breve e nel lungo periodo, imputabili alle variazioni
diurne e stagionali della composizione elettronica degli strati
dell‟atmosfera (4,5).
Le onde elettromagnetiche, per loro natura, rappresentano una forma
di propagazione di energia e sono soggette a fenomeni di riflessione,
rifrazione e diffrazione che ne permettono la propagazione anche su
lunghissime distanze; inoltre, sono soggette a fenomeni di fading e di
assorbimento per diverse cause, tra le quali possiamo citare in primo
luogo le perdite per assorbimento ionosferico e quelle dovute
all‟attività solare. Le quote di energia che si perdono a causa di
questi ed altri fattori possono comportare variazioni stagionali,
nonché giornaliere, dei valori di campo elettromagnetico rilevabile
sul terreno. Inoltre, una variazione dei valori di campo elettrico
73
attesi, seppure di entità più modesta, si registra in presenza di
ostacoli di altezza almeno pari a λ/8 (dove λ è la lunghezza dell‟onda
incidente in metri). Tale variazione, soprattutto nelle grandi città, è
imputabile alla presenza di edifici che possono causare fenomeni
locali di riflessione o di scattering (3) e potrebbe essere oggetto di
prossimi studi di approfondimento. In particolar modo, nei siti di
misura definiti dalla Commissione Bilaterale nella seduta dell‟aprile
2001, si sono registrati nel 2004 valori di campo elettrico inferiori a
quelli registrati nel 2008, nonché nell‟ultima campagna di misure
ancora in corso. Le cause alla base del fenomeno osservato sono
attualmente oggetto di approfondimento; è comunque da rilevare che
le misurazioni del 2004 sono state condotte nei mesi invernali e di
notte, periodo durante il quale la propagazione per via ionosferica
risulta generalmente più forte; mentre, le misurazioni del 2008 sono
state condotte nel periodo estivo e solitamente in mattinata.
Nella letteratura scientifica sono numerosi gli studi che descrivono
variazioni giornaliere dei valori di campo elettrico, dovute in parte al
fatto che l‟assorbimento ionosferico è variabile con la latitudine ed in
parte all‟attenuazione subita dalle onde a causa dell‟attività solare,
anch‟essa variabile con la latitudine (6,7).
Le frequenze in esame si possono propagare sia per onda di
superficie sia per riflessione ionosferica. Un tipo di propagazione
può essere preponderante rispetto all‟altro in funzione dell‟attitudine
dello strato ionosferico ad essere attraversato dalle onde
elettromagnetiche alle frequenze che sono oggetto del presente
studio. In generale, le onde medie si propagano per onda di terra
durante il giorno, mentre nelle ore notturne è assodato che in parte si
propaghino anche per onda di cielo. Le onde corte, invece, sono
inviate direttamente verso l‟alto, più precisamente verso la ionosfera,
dove subiscono una o più riflessioni per ricadere, infine, nell‟area di
utenza.
74
Rappresentazione degli strati dell’atmosfera
SIMULAZIONI
L‟attività di modellizzazione della complessa realtà fin qui
descritta è stata realizzata da ISPRA in questi ultimi anni e si
propone lo scopo di poter predire, in linea di massima, il campo
elettrico che è possibile riscontrare strumentalmente intorno
all‟emittente vaticana, mediante la metodologia di seguito illustrata
(composizione delle varie trasmissioni del palinsesto radiofonico
effettuata sommando i singoli contributi del campo elettrico prodotto
da ciascuna antenna attiva). Laddove la simulazione dovesse predire
la possibilità di riscontrare valori di campo superiori a 5,0 V/m, si
renderebbe sicuramente auspicabile il confronto con il risultato di
una misura strumentale.
Fondamentalmente, questa possibilità potrebbe verificarsi per le
seguenti cause:
1.
Variazione delle condizioni al contorno (costruzione di
nuovi edifici, modifiche sostanziali degli edifici già esistenti,
etc.);
2.
Modifica delle esigenze di trasmissione (aumento della
potenza di trasmissione, utilizzo delle antenne rotanti in
posizioni diverse da quelle già controllate, etc.);
75
3.
Aumento del campo elettrico di fondo (imputabile ad es.
all‟installazione di impianti SRB nelle vicinanze o di altri
dispositivi generanti radiofrequenze e non riguardanti le
finalità di trasmissione dell‟emittente vaticana).
L‟attività di sopralluogo, finalizzata all‟accertamento che non vi
siano variazioni di cui al primo punto, ha permesso di evidenziare un
recente e crescente sviluppo edilizio che interessa Cesano e quartieri
limitrofi. Tale sviluppo, proprio per la possibilità di creare nuove
condizioni espositive critiche, rende mutevole il quadro espositivo
generale e deve essere mantenuto il più possibile sotto controllo dagli
organi preposti.
Le variazioni di cui al punto 2, invece, essendo pienamente
prevedibili, comportano una modifica dell‟impatto elettromagnetico
facilmente valutabile, sia a livello globale che a livello locale, per via
numerica e per via strumentale. Per quanto concerne le nuove
installazioni di strutture o dispositivi generanti campi
elettromagnetici a radiofrequenza, di cui al terzo punto, esse vanno
ad insistere su un territorio il cui valore di fondo elettromagnetico,
misurato con tutte le antenne del centro non attive, è stato valutato
continuamente nel corso degli anni. L‟eventuale aumento del fondo,
imputabile a queste strutture e non prevedibile nel breve, così come
nel lungo periodo, influenza il valore di campo elettrico riscontrabile
in banda larga in un punto del territorio circostante il Centro
Trasmittente e potrebbe, pertanto, portare ad uno scarto superiore a
quello preventivato tra i valori della simulazione e quelli delle
misure.
Le numerose prove che sono state condotte, con controllo della
potenza dei trasmettitori, all‟interno del muro di cinta del Centro
hanno permesso di rilevare, in alcuni punti, valori inferiori ai limiti
per le onde medie; tutto ciò ha permesso, anche, di valutare
l‟applicabilità delle formule di propagazione in spazio libero per il
calcolo del valore di campo elettrico atteso. In effetti, lo spazio
circostante non può considerarsi propriamente “libero”, per la
presenza di torri metalliche di elevata altezza e per la disomogeneità
del terreno su cui si sviluppa il centro. L‟area su cui sorgono le
numerose strutture metalliche di supporto ai sistemi irradianti è,
76
difatti, lungi dal poter essere considerata perfettamente pianeggiante
ed è divisa a metà da un fossato in cui scorre un corso d‟acqua. La
propagazione delle onde elettromagnetiche in quel range di
frequenze è molto sensibile alla tipologia di terreno attraversato
perché, come confermato da alcuni studi, in ambiente edificato il
campo elettrico misurato risulta mediamente inferiore al valore atteso
per via teorica. Inoltre, seppur in minima parte, le suddette strutture
possono modificare, riflettendolo, il percorso di propagazione di un
fascio di radiazione generato altrove. Quest'ultimo aspetto si rivela di
fondamentale importanza in campo vicino dove l'influenza dei lobi
secondari, soprattutto se riflessi, può portare a rilevare, per via
strumentale, valori di campo elettrico inattesi.
METODOLOGIA DI SVILUPPO DELLA SIMULAZIONE DI
IMPATTO
Due programmi sono alla base delle modellizzazioni
realizzate: EFC 400 e ArcGIS. Il primo è un software di calcolo dei
campi elettromagnetici e della densità di potenza in accordo con la
norma DIN VDE 0848, mentre ArcGIS ha fornito importanti
strumenti per l'editing, l'analisi dei dati geospaziali e la produzione di
cartografia, nonché per la creazione e la gestione di modelli di dati e
di elaborazione molto sofisticati.
Le simulazioni sono state eseguite con il programma EFC 400: tutte
le antenne sono state individuate su una griglia di calcolo e per
ciascuna di esse sono stati importati i diagrammi di radiazione
orizzontali e verticali. Successivamente, con il programma ARCGIS
sono state prodotte centinaia di shapefiles contenenti i vari
diagrammi di radiazione orizzontale delle antenne, per ciascuna delle
quali è stato individuato il centro elettrico, e sono stati individuati gli
11 siti di controllo e gli ostacoli interposti lungo la via di
propagazione antenna-sito.
77
Esempio di calcolo dell'impatto prodotto da due onde medie e due onde corte mediante il
programma EFC 400
Come ultimo passo, sono stati sovrapposti i grafici ottenuti con EFC
400 e gli shapefiles elaborati in ArcGIS. È stato possibile ottenere
una perfetta coincidenza tra le due elaborazioni in termini spaziali
grazie al rilevamento in situ delle coordinate geografiche di ciascuna
antenna e delle distanze relative tra ciascuna di esse. Le direzioni di
propagazione del fascio di radiazione sono state individuate
geograficamente. Le ipotesi alla base dello studio sono che il terreno
sia perfettamente pianeggiante e privo di ostacoli. Il fascio di
radiazione elettromagnetica generato da ciascuna antenna si ipotizza
che si propaghi senza ostacoli nello spazio libero e che, quindi, non
vi siano edifici nelle zone circostanti. Pertanto, il campo realmente
misurato nel corso delle campagne di misura è solitamente inferiore
ai valori ottenuti utilizzando il modello, anche per quanto espresso
nel paragrafo sulle problematiche di propagazione. Questo fa sì che il
modello sia ampiamente cautelativo e, quindi, a maggior tutela della
popolazione residente nei dintorni.Nella scelta dei diagrammi di
radiazione, per ciascuna antenna, sono stati scelti quelli
maggiormente impattanti sul territorio, al fine di prevedere un campo
massimo assai difficilmente superabile. Laddove dovessero notarsi, a
seguito di simulazione, delle situazioni critiche, lo studio prevede un
ulteriore passo di approfondimento ad un maggiore livello di
dettaglio, in cui alle ipotesi cautelative, fin qui introdotte, vengano
aggiunti gli eventuali effetti di schermatura offerti dagli ostacoli
78
presenti sul territorio e gli effetti dovuti all'andamento morfologico
del terreno.
La modellizzazione è stata calibrata sui risultati delle misurazioni
effettuate nelle campagne di misura dal 2004 ad oggi (i risultati delle
misurazioni condotte prima del risanamento non sono stati presi in
considerazione in quanto non rappresentano i livelli espositivi
attuali).
La creazione del modello si è resa possibile implementando,
innanzitutto, i diagrammi di irradiazione delle antenne ad onde medie
e di quelle ad onde corte. Sono state individuate sul territorio le
effettive direzioni di emissione in quanto quasi tutte le antenne fisse
ad onde corte, grazie ad ingegnosi meccanismi di riflessione e di
direzionamento, sono in grado di inviare il fascio principale di
radiazione verso 6 direzioni principali sul piano orizzontale, eccezion
fatta per le antenne rotanti che possono essere direzionate, di volta in
volta, con angoli compresi tra 0° e 360° e con potenze fino a 500
kW. L‟analisi dell‟influenza di eventuali lobi secondari di radiazione
è stata realizzata mediante uno studio approfondito sui numerosi
diagrammi orizzontali di radiazione delle antenne più vicine a
ciascun sito, sulla base del quale sono state condotte specifiche
simulazioni e numerose prove di confronto sul campo.La variabilità
puntuale del campo elettrico presso ciascun sito di misura, dovuta
alla presenza di materiali metallici, all‟andamento e tipologia del
terreno, rende inutile il confronto numerico tra risultato del modello e
risultato di misura oltre la prima cifra decimale. Si è, pertanto, deciso
di arrotondare sempre per eccesso entrambi i valori e di considerare
significativa solo la prima cifra decimale, in modo da avere maggiore
semplicità di lettura.La configurazione emissiva prescelta, tra le
molteplici possibili, ai fini della validazione del modello, è stata
quella che prevede la trasmissione contemporanea delle due onde
medie e che rappresenta, per tutti i siti in campo lontano, dal 70 % al
90% del campo elettrico misurato in banda stretta. I valori che si
ottengono dal modello nella fascia immediatamente adiacente al
perimetro del Centro sono quelli che presentano il maggiore scarto
rispetto ai valori realmente misurati (intorno al 77%), in quanto il
muro di cinta modifica sostanzialmente la distribuzione del campo
elettrico. Per questo motivo, sono stati presi in considerazione, ai fini
79
della validazione del modello, solamente i 5 siti che si trovano in
vista diretta delle antenne senza che vi sia alcun ostacolo alla libera
propagazione delle onde verso di essi. Confrontando i valori ottenuti
dalla modellizzazione con i risultati delle misure si ottiene uno scarto
medio, per i 5 siti, pari a circa il 4% per la configurazione di
riferimento; ciò vuol dire che il modello sovrastima leggermente il
campo elettrico effettivamente presente all'atto delle misurazioni.
RISULTATI
RISULTATI
SCARTO
MISURAZIONE SIMULAZIONE MISURAZIONE/SIMULAZIONE*
(V/m)
(V/m)
(%)
3.4
3.6
5.3
4.5
4.6
1.3
3.3
3.5
5.1
4.5
4.8
6.8
3.1
3.2
2.8
*Il calcolo dello scarto viene eseguito tenendo conto delle prime due cifre decimali dei risultati di
misura e simulazione
Per i restanti siti che sono o in campo vicino oppure non sono in vista
diretta delle antenne (ovvero sono presenti edifici o ostacoli lungo la
via di propagazione), il modello fornisce valori di gran lunga più
cautelativi per le ipotesi che sono state effettuate e che sono alla base
dello stesso.
In particolare, uno dei due siti in campo vicino, dal 2000 ad oggi, è
stato interessato da numerose azioni di risanamento grazie alle quali
l‟emittente vaticana ha notevolmente ridotto gli impatti indotti dalle
onde generate da alcune antenne nelle apparecchiature e nei
dispositivi utilizzati dagli abitanti. La simulazione effettuata per
questo sito fornisce valori sensibilmente più alti rispetto a quelli
misurati nel corso delle numerose campagne effettuate. La
motivazione di questo scarto elevato risiede nel fatto che la
postazione di misura è prossima al muro di cinta del Centro, al muro
di protezione della proprietà e, pertanto, il campo elettrico è
profondamente modificato dalle due strutture e dalla vegetazione che
si frappone tra lo strumento di misura e le antenne. Pur essendo
80
molto vicino alle antenne, in questo sito raramente si riscontrano
valori superiori ad 1 V/m sommando i contributi di entrambe le onde
medie.
Esempio di rappresentazione geospaziale dell'impatto prodotto dalle due onde medie (in blu è
evidenziato il perimetro del Centro Trasmittente, in rosso gli undici siti di controllo, in rosa il
diagramma azimutale dell’antenna “4 Torri”, in verde quello dell’antenna “Omni”)
Per quanto concerne le onde corte, le varie configurazioni emissive
di una delle antenne più vicine, studiate nelle giornate di misura
condotte nel 2004, hanno permesso di stabilire le configurazioni
compatibili con bassi valori di esposizione e quelle che non sono
compatibili. Sono stati, altresì, condotti degli studi su altre antenne
altrettanto vicine per le quali, però, le configuraioni emissive non
hanno richiesto ulteriori approfondimenti a causa dei bassi valori
generati. Generalmente, si è ravvisato che il campo dovuto alle
antenne ad onde corte antistanti il giardino dell‟abitazione sia
preponderante rispetto a quello generato dalla antenne ad onde medie
che distano più di un chilometro. Nella seguente tabella, si riportano
i valori degli scarti ottenuti per entrambi i siti che si trovano in
campo vicino per la configurazione di riferimento.
81
RISULTATI
RISULTATI
SCARTO*
MISURAZIONE SIMULAZIONE MISURAZIONE/SIMULAZIONE
(V/m)
(V/m)
(%)
0.2
1.0
77.4
0.3
1.3
77.9
*Il calcolo dello scarto viene eseguito tenendo conto delle prime due cifre decimali dei risultati di
misura e simulazione
Per entrambe le scuole, si riportano i valori degli scarti ottenuti nella
seguente tabella. Entrambe le strutture sono distanti più di un
chilometro dalle antenne e, pertanto, sono presenti numerosi ostacoli
lungo la via di propagazione delle onde che causano valori di scarto
più elevati della media.
RISULTATI
MISURAZIONE
(V/m)
RISULTATI
SIMULAZIONE
(V/m)
SCARTO*
MISURE/SIMULAZIONE
(%)
1.5
0.7
2.5
0.8
41.6
14.5
*Il calcolo dello scarto viene eseguito tenendo conto delle prime due cifre decimali dei risultati di
misura e simulazione
Simulazione dell'impatto prodotto da una configurazione di trasmissione dell'emittente
82
CONCLUSIONI
Il percorso che ha portato allo sviluppo delle modellizzazioni
delle configurazioni del palinsesto radiofonico della Radio Vaticana
è partito dalla realizzazione di una banca dati relativa a ciascuna
delle antenne trasmittenti, alla relativa potenza di trasmissione, alla
frequenza utilizzata e ai valori del campo elettrico rilevati da ISPRA
nell'ultimo decennio negli undici siti di controllo.Gli undici siti sono
stati individuati, a seguito di numerose riunioni tra i tecnici dei vari
enti coinvolti dalla Commissione Bilaterale Italia - Santa Sede, sulla
base della vicinanza al centro trasmittente, della presenza di scuole,
giardini e spazi adibiti alla permanenza delle persone, delle
problematiche di compatibilità elettromagnetica evidenziate dai
relativi proprietari, etc.Dato che, alla base di tali previsioni, sono
state esaminate centinaia di misure condotte dal 2000 ad oggi, appare
chiaro che le rilevazioni strumentali, finora condotte, possono
rappresentare fondamentalmente un‟attività secondaria di
approfondimento di eventuali situazioni critiche che si dovessero
evidenziare a seguito di nuove condizioni operative delle antenne. Lo
sviluppo delle modellizzazioni, nel prossimo futuro, prevede la
realizzazione di shapefiles in cui verranno individuati gli edifici più
alti ed altri eventuali ostacoli alla libera propagazione delle onde
elettromagnetiche, nonché l'implementazione dell'orografia del
terreno nell'ampia area geografica oggetto dello studio.
Parallelamente, proseguirà l'attività strumentale di studio ed
approfondimento sulla variabilità stagionale e diurna delle onde,
sulle metodiche di misura più corrette per il loro rilevamento e sulla
risposta della strumentazione di misura in presenza di campi di
siffatta natura.
83
BIBLIOGRAFIA
(1) ”Electric/magnetic field ratios of ground waves in a realistic terrain” di J. H.
Causebrook
(2) ”Medium waves propagation in built-up areas” di J. H. Causebrook
(3) “Investigation into effects of buildings near broadcasting antenna on far fields
using a finite-difference method” di Zhang Yongling, Kong Fanli e Wang
Zheng
(4) ”A test of the existence of the conducting layer” di G. Breit e M. A. Tuve
(5) ”Seasonal variation of LF/MF sky-wave field strengths” di John C. H. Wang
(6) ”Propagation of broadcast transmissions” di John C. H. Wang
(7) ”Variability in surface atmospheric electric field measurements” di A. J.
Bennett e R. G.. Harrison
84
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
COMPORTAMENTO DELLE SONDE DI CAMPO
ELETTRICO IN AMBIENTE MULTISORGENTE E
MULTIFREQUENZA.
A. Sansone Santamaria, S. La Placa
A.R.P.A. Sicilia – Struttura Territoriale di Palermo
SOMMARIO
Le sonde isotropiche di campo elettrico, composte da dipoli passivi
di piccole dimensioni che alimentano carichi non lineari in funzione
di rivelatore RF (diodo Schottky), sono calibrate con segnali standard
a singola sorgente e a singola frequenza ma sovente operano in
ambienti radioelettrici molto più complessi poiché coinvolgono
sorgenti multiple o a frequenza multipla. In tali scenari la dipendenza
dal tempo dell‟inviluppo del segnale rilevato, elemento critico per il
diodo, può essere notevolmente differente rispetto alla risposta della
calibrazione. Il presente lavoro mette a confronto le risposte di tre
sonde di campo elettrico poste in un ambiente in cui si sono ricreate
le condizioni di sorgente multipla a multipla frequenza. Si vedrà
come le risposte delle sonde sono diverse le une dalle altre non
appena i contributi delle sorgenti tendono ad aumentare e sarà
mostrata una soluzione approssimata di un circuito semplificato
“dipolo-diodo” con cui sarà possibile stimare alcuni parametri delle
sonde.
INTRODUZIONE
Le sonde EMF sono calibrate con singole sorgenti a singola
frequenza; la calibrazione fornisce dei parametri correttivi estesi alla
gamma di frequenza di funzionamento a diversi livelli di intensità di
campo stabiliti rispetto alla dinamica della sonda. Il loro
comportamento in ambienti radioelettrici complessi richiede una
valutazione attenta della risposta delle sonde soprattutto quando si è
in presenza di valori che si approssimano alle soglie stabilite per
Legge.
85
Scopo del presente lavoro è quello di analizzare le deviazioni dei
parametri di calibrazione delle sonde classiche in ambienti
radioelettrici multisorgente/multifrequenza e ricavare dei fattori di
correzione rispetto alla risposta in ambiente di calibrazione standard
in modo tale da evidenziarne lo scostamento; il fattore di correzione
ritenuto più efficace ha la seguente forma:
#n
( dBm)
R

#n
E multi
( dBm)
ECW ( dBm)
[dB]
dove :
# n con n  1,2,3
PREPARAZIONE DELLA MISURA
Il range di frequenza utilizzato nel presente studio è quello delle
trasmissioni FM di broadcasting poiché presenti nei multi siti
radio/tv nei quali si rilevano i valori di campo elettrico più elevati.
Le misure sono state effettuate in cella GTEM adoperando le
seguenti sonde isotropiche:
1. Holaday HI 6005;
2. PMM EP 330;
3. PMM EP 333.
Nella cella GTEM sono stati inviati segnali FM generati da 4
trasmettitori commerciali alle seguenti frequenze:
1. 92,9 MHz
2. 100,3 MHz
3. 103,3 MHz
4. 107,8 MHz
secondo lo schema circuitale di figura n. 1.
I suddetti segnali FM sono stati miscelati tramite un filtro a cavità ed
immessi nella cella tramite un accoppiatore bidirezionale che ha
permesso, tramite un bolometro, la misura del segnale totale in
ingresso alla cella.
.
86
Cella GTEM
Bolometro
NRVZ
Accoppiatore direzionale
92,9 MHz
100,3 MHz
Trasmettitori FM
103,3 MHz
107,8 MHz
Batterie di filtri combinatori
Figura 1
Le configurazioni sono state realizzate aggiungendo volta per volta
una sorgente FM ad uno specifico livello di potenza come elencato in
tabella n.1
Sonda
EP 330,
EP 333,
HI 6005
Configurazione
#1
(-18,-14,-8, 0, 3 dBm)
FM 92,9 MHz
FM 100,3 MHz
Configurazione #2
(-18,-14,-8, 0, 3
dBm)
FM 92,9 MHz
FM 100,3 MHz
FM 103,3 MHz
Configurazione #3
(-18,-14,-8, 0, 3
dBm)
FM 92,9 MHz
FM 100,3 MHz
FM 103,3 MHz
FM 107,8 MHz
Note
Le misure
sulle
Configurazi
one sono
state
ripetute per
ogni livello
di potenza
stabilito
tabella n. 1
ottenendo in tal modo una serie di misure considerata significativa
per la caratterizzazione. Il campo elettrico letto nelle varie
#n
configurazioni, riferito come Emulti
( dBm) , è stato confrontato col
campo ECW (dBm) tenuto conto dei dati di calibrazione in singola
sorgente e per ogni specifico livello di potenza pertinente. I livelli di
87
potenza dei trasmettitori sono stati preliminarmente fissati in modo
da ottenere in cella valori di campo elettrico quasi uguali e potere
quindi confrontare successivamente la sovrapposizione di segnali di
uguale potenza e valore di campo elettrico risultante in cella.
RISULTATI DELLE MISURE
I valori ottenuti sono stati riportati su grafici in modo tale da
evidenziare l‟andamento del coefficiente di correzione in ambiente
multisorgente.
R [dB]
due sorgenti a frequenza diversa
6
5
4
3
HI 6005
2
EP 330
EP 333
1
1
10
100
Figura n. 2 – Configurazione #1
88
E [v/m]
R [dB]
tre sorgenti a frequenza diversa
6
5
HI 6005
EP 330
4
3
2
EP 333
1
1
100
10
E [v/m]
Figura n. 3 – Configurazione #2
R [dB]
quattro sorgenti a frequenza diversa
6
HI 6005
5
EP 330
4
3
EP 333
2
1
1
10
Figura n. 4 – Configurazione #3
89
100
E [v/m]
ANALISI DELLE MISURE
n
L‟andamento del coefficiente di correzione R(#dBm
nelle varie
)
configurazioni mostra chiaramente che all‟aumentare della potenza
totale la presenza di più segnali determina per le due sonde di tipo
classico la deviazione dal fattore di taratura .
La sonda EP 333 tende invece ad avere un comportamento piatto
rispetto all‟aumento della potenza e alla presenza multisorgente pur
con un incremento dello scarto, di norma abbastanza limitato,
rispetto alla calibrazione originale.
E‟ evidente che le soluzioni circuitali adottate nella sonda EP333
hanno permesso al costruttore di migliorare il comportamento della
risposta in presenza di ambienti multifrequenza.
Si ringrazia la Rai, ed in particolare il responsabile Raiway Sicilia
Luigi Di Chiara, per la disponibilità della sonda EP333 ed il sig.
Piero dell‟Aria, per la disponibilità del filtro a cavità e dei
trasmettitori FM.
APPENDICE
Soluzione approssimata del circuito dipolo-diodo [3], [4], [5], [6].
In questa parte dell‟articolo si proverà ad affrontare i principi di
funzionamento del diodo rivelatore a RF, anche con analisi circuitali,
senza la pretesa di esaurire o esprimere una trattazione rigorosa
dell‟argomento poiché fuori dallo scopo del presente lavoro.
E‟ necessario fare alcune semplificazioni iniziali:
 Il dipolo passivo nella trattazione circuitale viene assunto
come puramente capacitivo ed omesso per semplicità di
calcolo;
 La trattazione è svolta ipotizzando piccoli segnali d‟ingresso
pertanto sono ritenute valide alcune semplificazioni fatte nel
seguito;
 Le capacità parassite così come le resistenze serie del diodo,
vengono trascurate nell‟analisi quadratica.
90
Analisi quadratica
PRF , Einc
iD(t)
vd(t)
vD(t)
VD
vd(t)
VD
(1) iD (t )  I D  id (t )
segnale applicato al diodo
tensione in cc nel punto di lavoro (tensione di polarizzazione)
vD(t)
tensione totale applicata al diodo
iD(t)
corrente circolante nel dipolo diodo
equazioni circuito
(2) vD (t )  VD  vd (t )
 vD ( t ) 
(3) iD (t )  I S  e VT  1 equazione diodo




(4) iD (t )  I S e
VD  v d ( t )
VT
vd ( t )
 VD vd ( t ) 
 v (t ) 
 I S  e VT e VT   I D e VT  I D 1  d 


VT 



 v (t ) 
v (t )
I
(5) iD (t )  I D 1  d   I D  D  vd (t )  I D  d
se vd VT (approssimazione per piccoli segnali)
VT 
VT
rd

I I
1 I
I
( 6)  D Q  D S  D
" resistenza incrementa le" essendo I S I D
rd vD
VT
VT
 i (t ) 
 I  i (t ) 
I 
 i (t ) 
(7) vD (t )  VT ln  D   VT ln  D d   VT ln  D   VT ln  d  dopo piccole manipolazioni
IS
 ID 
 IS 


 IS 
ponendo id (t )  id cos t
 i (t ) 
per piccoli segnali il termine VT ln  d  si può sviluppare, nell' intorno del punto Q, in serie di Taylor
 ID 
V 2 cos 2 t
 I D  VT
(8) vD (t )  VT ln    id cos t  T2 i d2
troncando la serie al 2^ termine
ID
2
 IS  ID
91
Come è possibile vedere,
applicando all‟ingresso
2 2
del rivelatore un segnale

 ID  V i
  2
componente continua : VT ln 
armonico vd (t ) , in uscita

 IS  I 4
(10) vD (t )
V
componentealternata : T i cos t
si ottiene una tensione
d

ID

continua proporzionale
 ID 
al quadrato del segnale
, si ha :
per la (6) ed essendo VD  VT ln 
 IS 
in ingresso a meno di

r2 2
vd2
una
componente
V  VD  i  VD (11) vD (t ) DC
4
4
alternata (11) che può

vd (t)  rd id (t )
essere eliminata con
appositi filtri passa basso
dove vd2 è la media nel tempo del segnale alternato.
(ad esempio con linea di
trasmissione resistiva tra dipolo e diodo). Il tutto è valido soltanto
nella zona quadratica della caratteristica corrente-tensione del diodo,
al di fuori di questa, per la verità abbastanza ristretta, cominciano a
sommarsi le componenti lineari proporzionali al picco della tensione
d‟ingresso [3]. L‟opportuna scelta del punto di polarizzazione, come
vedremo nel seguito, condiziona il buon funzionamento del diodo
rispetto alla rilevazione quadratica: è ovvio aspettarsi un
compromesso tra una buona sensibilità del diodo e una robustezza
del rivelatore a segnali via via sempre più importanti. A tal proposito
al contrario dell‟analisi quadratica, in cui si sono trascurate la
resistenza serie e la capacità del diodo considerando il diodo soltanto
come resistenza non lineare, sviluppiamo l‟analisi lineare del
circuito, considerando sia la capacità che la resistenza di giunzione
V 2 i2
I  V
(9) vD (t )  VT ln  D   T id cos t  T2 d
ID 4
 IS  ID
T
d
D
d
d
 rj 0  xCj 0 

(12) VD  I D rS  I D 
r x 
Cj 0 
 j0
dopo alcuni passaggi
ID
rS
VD
cj0
rj0
(13) Z D 
92
VD rS  rj 0   jc j 0 rS rj 0

ID
1  jc j 0 rj 0
fisse al valore di polarizzazione: le indichiamo con c j 0 , r j 0 e
consideriamo anche una resistenza serie rS .
La resistenza serie e la capacità di giunzione degradano le
performance del diodo Schottky; una parte della tensione applicata al
diodo si perde sulla resistenza serie e non è disponibile per il
rilevamento da parte della resistenza di giunzione. Ancora più
pesante è la degradazione indotta dalla divisione della corrente tra
capacità e resistenza di giunzione che varia, come è ovvio aspettarsi,
con la frequenza; aumentando r j (spostando il punto di
polarizzazione) aumenta la zona piatta della risposta del rivelatore ad
alta frequenza ma di contro diminuisce la sensibilità in tensione
v
 d  d del diodo poiché tale fattore è approssimativamente
Pd
proporzionale r j ; del pari l‟aumento della r j si riflette sull‟aumento
della resistenza che il diodo mostra al dispositivo finale di misura (la
cdd.: resistenza video). Per quanto detto, le sonde sono selezionate (e
polarizzate) in modo tale da raggiungere un giusto compromesso tra
la sensibilità, la piattezza di risposta e opportuna impedenza d‟uscita
verso il misuratore.
93
BIBLIOGRAFIA.
[1] D. Trinchero, R. Stefanelli, F. Longobardi, A. Galardini, B. Fiorelli, G.
D‟Amore, L. Anglesio, A. Benedetto, S. Trinchero, M. Borsero, G. Vizio, “Field
probes performance for measurement of Spread-Spectrum radio signals” IEEE
Antennas and wireless propagation letters, vol. 8, 2009.
[2] D. Adamson, D. Bownds, A. Fernàndez, E. Goodall, “The response of electric
field probes to realistic RF environments” IEEE, IMS 2010.
[3] M. Kanda, “Analytical and numerical techniques for analyzing an eletrically
short dipole with a nonlinear load” IEEE Trans. Antennas Propagat., vol. AP-28,
no. 1, pp. 71-78, Jan. 1980.
[4] J. Randa, M. Kanda, “Multiple-Source, Multiple-Frequency Error of an Electric
Field Meter”, IEEE Trans. Antennas Propagat., vol. AP-33, no. 1, Jan. 1985.
[5] H.I. Bassen, G. Smith, “Electric Field Probes – A Review”, IEEE Trans.
Antennas Propagat., vol. AP-31, no. 5, Sep. 1983.
[6] SKYWORKS Solution inc., Application Note, “Mixer and Detector Diodes”,
Aug. 19, 2008.
94
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033 – CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
IRSN APPROACH FOR ASSESSING THE DOSIMETRIC
IMPACT FOR POPULATIONS LIVING IN THE NORTHWEST FALLOUT ZONE OF THE FUKUSHIMA
NUCLEAR ACCIDENT
a. Rannou, f. Queinnec1, a. Thomassin, m. Chartier, j.r. Jourdain, j.
Aigueperse, p. Gourmelon
Institut de radioprotection et de sûreté nucléaire
BP 17 92262 Fontenay-aux-Roses CEDEX
1
Author presenting the paper
ABSRACT
On April 8, 2011, 28 days after the nuclear accident at the
Fukushima nuclear power plant (NPP), IRSN published on its
website the first worldwide map of doses likely to be received by the
Japanese population as a result of external irradiation occurring the
1st year following the accident. This map was derived from dose rate
data collected by the US DoE/NNSA based on airborne
measurements and published on their website on April 7, 2011. The
IRSN map revealed significant external doses in a northwest zone
from the NPP, about 20 km in width and 50 to 70 km in depth. Other
dose maps were then produced and published by DoE/NNSA on
April 18, 2011 and more recently by the Japan "Ministry of
Education, Culture, Sports, Science and Technology" (MEXT), on
the 44th day after accident. These dose maps were consistent with the
first dose assessment carried out by IRSN and show dose values of
the same order of magnitude (difference less than a factor of 2.5).
On the 56th day after the accident, MEXT published the first maps of
caesium depositions. They revealed high values comparable with the
most contaminated areas of Chernobyl, even beyond the initial 20
km-radius evacuation zone around the Fukushima plant. A new dose
95
assessment was carried out by IRSN on the 66th day after the accident
to estimate projected doses due to external exposure from radioactive
deposits, for exposure durations of 3 months, 1 year and 4 years
before evacuation.
The estimated projected doses reach particularly significant values,
some of them even above 200 mSv, which are no longer in the range
of "low doses" according to UNSCEAR definition. Moreover these
dose levels do not take into account neither the doses received from
other pathways such as immersion within the plume and inhalation of
particles in the plume during the accident nor the doses already
received or to be received from ingestion of contaminated foodstuffs.
The total effective doses to be received (external + internal) could be
much higher according to the type of deposit (dry or wet), diet and
source of food.
The number of Japanese people living in the most contaminated
areas outside the initial 20 km-radius evacuation zone around the
Fukushima plant (874 km2 with caesium 134+137 deposits higher
than 600,000 Bq/m2) was estimated to 70,000 people including 9,500
children of 0-14 years in age. This significant number reaches about
26% of that of Chernobyl (270,000 people) for a surface area only
8.5% of that of Chernobyl (10,300 km2).
IRSN have also studied:

the impact of the selection of a dose reference level, within
the range of 20 to 100 mSv recommended by ICRP in
emergency situations, on the number of people to be
evacuated;

averted doses for these populations resulting from an
evacuation according to 3 different scenarios: evacuation 3
months, 1 year or 4 years after the accident.
The level of projected external doses in upcoming years - up to 4 Sv
lifetime dose in the most contaminated areas (30 million Bq/m2 of
caesium-137 + 134) - requires the implementation of protective
actions such as evacuation of population.
96
According to the ICRP recommendations in emergency situations,
the selection of the highest protective reference level, i.e. 20 mSv,
would avert external doses above this level for 15,000 to 20,000
people.
If the Japanese authorities decide to take an even more protective
reference level, for example 10 mSv for the 1 st year, the averted
external doses for the affected populations (70,000 people) would be
much higher if the evacuation is quickly prescribed. An evacuation
one year after the accident would result in a 59% decrease of the
projected external dose for this population; evacuation three months
after the accident would result in an 82% decrease.
This policy for preventing the risk of developing long-term
leukaemia and radiation-induced cancer has been clearly understood
by the Japanese authorities as shown in the map of population
evacuation beyond the initial zone of exclusion of 20 km brought to
the IRSN knowledge on May 16, i.e. the 66th day after the accident.
The prescribed evacuation area seems to meet the 20 mSv reference
level - the most protective dose value within the range recommended
by ICRP in an emergency situation. This decision made by the
Japanese authorities proves retrospectively the relevance of the
IRSN's radiological assessment map - the first to have been
published worldwide, 28 days after the accident.
***
97
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033 – CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
PRODUCTION OF DICALCIUM PHOSPHATE AND ITS
USE AS A FOOD SUPPLEMENT FOR DOMESTIC
ANIMALS IN THE NORM CONTEXT
N. Casacuberta, P. Masqué and J. Garcia-Orellana
1 Institut de Ciència i Tecnologia Ambientals – Departament de Física. Universitat
Autònoma de Barcelona. 08193 Bellaterra. Spain.
Dicalcium Phosphate is a calcium and phosphorus feed supplement
for domestic animals such as poultry, cattle and pigs. As an endproduct of the phosphate industry it is enhanced in naturally
occurring radionuclides (i.e. 238U and its decay chain daughter).
However, the digestion of the phosphate rock leads to different
accumulation of radionuclides in DCP depending on the acid used
for the rock digestion; whereas H2SO4 leads to high activity
concentrations of 230Th (1000 Bq·kg-1) in the final product, the HCl
based-process enhances 210Pb in the DCP (up to 2000 Bq·kg-1).
Fluxes of the 238U series radionuclides (U and Th isotopes, 226Ra,
210
Pb and 210Po) during the DCP production process when the rock is
digested with HCl are discussed herein.
The relatively high activity concentrations of 210Pb and, to certain
extent, 210Po in DCP could pose a potential radiological risk to
humans through chicken meat ingestion. Therefore, an experimental
setup and a mathematical biokinetic model have been performed in
order to understand how 210Pb and 210Po behave once incorporated
into the chicken body through ingestion. The experimental set up
consisted on the feeding of 42 chickens with three diets containing
different concentrations of DCP. Animals were fed during six weeks
and 210Pb and 210Po were analyzed in tissues as well as feces after
radiochemical separation. About 95% of the ingested 210Pb and 210Po
was immediately excreted. From the amount absorbed to tissues it
was observed that whereas 210Pb is mostly found in bones, 210Po
accumulates in liver and kidneys. A one-block-kinetic model has
been developed in order to determine the variation of the total
98
activity of 210Pb and 210Po accumulated in the chicken body
throughout the 42 days life. The model correctly reproduces
experimental results and also allows calculating the transfer rates for
210
Pb and 210Po, useful for first-order models, i.e. under stationary
metabolic conditions.
99
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033 – CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
INDAGINE RADIOMETRICA AREA MARINOCOSTIERA PUNTA PELLARO-BRANCALEONE
A. M. Diano – A. Sartiano
Dipartimento Provinciale A.R.P.A.Cal di Reggio Calabria
1.
PREMESSA
Le ricorrenti notizie di cronaca sulla possibile
contaminazione derivante da affondamento in fondali
profondi di navi con a bordo rifiuti tossici di natura
sconosciuta e l‟allarme per gli effetti sulla salute umana di
eventuali sostanze tossiche rilasciate nell‟ambiente marino
hanno spinto l‟A.R.P.A.Cal., quale Ente di riferimento
tecnico-scientifico, a elaborare un progetto la cui attuazione
potesse fornire elementi obiettivi e dati scientifici sullo stato
di salute degli ecosistemi che insistono nel tratto di costa che
va da Punta Pellaro a Brancaleone.
Il progetto di “Monitoraggio dell‟area marino costiera
Punta Pellaro – Brancaleone”, voluto dal “Comitato
Istituzionale di Sorveglianza” della Provincia di Reggio
Calabria è stato realizzato in sinergia con gli Enti Istituzionali
di Tutela e Controllo dell‟Ambiente Marino Costiero
(A.R.P.A.Cal. e Capitaneria di Porto) e con il supporto
dell‟A.S.P.5 di Reggio Calabria e della Prefettura di Reggio
Calabria.
2. FINALITA‟ DEL PROGETTO
Il progetto prevede lo studio delle componenti biotiche e
abiotiche della fascia costiera, con una valutazione integrata
dei risultati ottenuti, considerando che la presenza di
eventuali sostanze tossiche (rifiuti solidi o liquidi, scarti
industriali o radioattivi) può essere affrontata tramite la
ricerca diretta della sostanza o attraverso lo studio di
eventuali effetti che queste sostanze provocano sugli
organismi viventi, riguardo la loro struttura, composizione e
100
varietà, elementi fondamentali ai fini della valutazione dello
stato di qualità di un ambiente marino.
Le indicazioni sulla sospetta presenza di radioattività
nell‟area considerata spingono a considerare prioritarie le
misure radiometriche che saranno effettuate, per un quadro
esaustivo del sito, sulle sabbie del litorale, sul pescato e sui
sedimenti marini.
3. AREA D‟INDAGINE
La scelta del tratto di costa da sottoporre ad indagine deriva da
indicazioni fornite dalla Capitaneria di Porto sugli affondamenti al
largo di Capo d‟armi e al largo di Brancaleone di navi il cui carico
sconosciuto potrebbe rappresentare una potenziale fonte di
inquinamento dell‟ecosistema marino con ripercussioni sulla fauna
ittica e quindi sulla salute umana.Il sito si estende per circa 50 km sul
litorale jonico della Provincia di Reggio Calabria e comprende i
comuni di: Reggio Calabria, Motta San Giovanni, Montebello Ionico,
Melito Porto Salvo, San Lorenzo, Condofuri, Bova Marina, Palizzi,
Brancaleone.
101
L‟area d‟indagine è stata suddivisa in tre macroaree:
Area 1: si estende da Punta Pellaro (X=556311;
Y=4205932) fino al Comune di Melito Porto Salvo
(X=567854; Y=4196753);
Area 2: si estende dal Comune di Melito Porto Salvo
(X=567854; Y=4196753) fino al Comune di Bova Marina
(X=585841; Y=4197448);
Area 3: si estende dal Comune di Palizzi (X=585841;
Y=4197448) fino al Comune di Brancaleone (X=598033;
Y=4204402).
I confini di tali macroaree sono individuati dalle seguenti
coordinate (WGS 84–UTM 33):
All‟interno di ogni area è stato individuato un transetto
lungo il quale sono state posizionate due stazioni di
monitoraggio, a differenti distanze dalla costa.
I transetti sono situati su una direttrice che ha come suo
estremo sul litorale i punti:
102
Transetto 1: X=561088; Y=4200399;
Transetto 2: X=580514; Y=4198282;
Transetto 3: X=592585; Y=4197799.
Il monitoraggio comprende una serie di attività in campo
e prelievo di campioni per le successive analisi in laboratorio,
così suddivise:
-
Campionamento e analisi radiometrica delle sabbie
del litorale
-
Campionamento e analisi sedimenti
-
Campionamento e analisi della fauna ittica
4. CAMPIONAMENTI
Campionamento sabbie litorale
Al campionamento di sabbia del litorale per acquisire
informazioni sull‟eventuale presenza di radionuclidi artificiali nelle
sabbie e nell‟habitat marino lungo la costa, è stata associata anche
la radioattività naturale che costituisce la maggior fonte di
esposizione della popolazione di bagnanti. Come è noto, infatti,
ogni persona che vive sulla terra è esposta ad un irraggiamento
esterno da radiazioni che vengono dallo spazio (radiazione
cosmica) e da alcuni radionuclidi (cosmogenici) quale il Berillio-7
(7Be). Inoltre, esistono sostanze radioattive naturali nella crosta
terrestre, nell‟aria, nelle acque terrestri e marine, quindi, anche
nelle sabbie fin dalle origini della terra. Fra queste, di particolare
rilevanza, sono i radionuclidi prodotti a seguito del decadimento
dell‟Uranio-238 (238U), Uranio-235 (235U) e del Torio-232 (232Th)
di cui la monazite ne è ricca ed il Potassio-40 (40K). Il programma,
elaborato dal C.R.R.X, è stato così realizzato:
103
In ogni tratto di 1km lineare di costa, sono state effettuate due
misure di intensità di dose gamma assorbita in aria (intensità di
esposizione), utilizzando una camera di ionizzazione a pressione
per un tempo di 30 minuti e posta all‟altezza di 1 m dal suolo e
prelievo di campioni composti di sabbia. La camera di
ionizzazione da un‟informazione globale della radioattività
naturale ed artificiale. La naturale è sempre presente e variabile da
punto a punto, trae origine dalla composizione della sabbia, dal
substrato geologico e dalla radiazione cosmica; quella artificiale,
ovviamente, da inquinamento provocato dall‟uomo. Permetterà,
inoltre, di valutare la dose che un individuo riceve sostando sulla
spiaggia per un determinato periodo di tempo. Per poter
discriminare tra radionuclidi naturali ed artificiali, occorre
effettuare analisi spettrometriche gamma (γ) su campioni
composti di sabbia che danno informazioni sul tipo e sulle
quantità presenti.Sono stati effettuati due prelievi ogni 5 Km
lineari sul litorale nei seguenti punti :Punti di prelievo campioni di
sabbia (Sistema Coordinate :WGS 84 - UTM 33)
N. punto
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Coord X
Coord Y
558347
561900
566064
571495
577522
583093
587904
592969
596413
4203475
4200754
4198248
4197870
4198782
4198680
4197921
4198731
4202124
I campioni sono stati trattati ed analizzati in laboratorio con
rivelatore ad alta risoluzione che consentirà di identificare i
radionuclidi di qualsiasi origine. Poiché, il radionuclide
artificiale cesio-137 (137CS) migra in profondità, mediamente
(dipende dalla composizione geologica del terreno) 1 cm
104
l‟anno, la ricerca è stata effettuata alla profondità ottimale di
25cm, che consentirà di raccoglierne, se presente, il 90-95%
degli elementi. La profondità di indagine è naturalmente legata
alle caratteristiche del suolo e quindi tali fattori saranno
considerati nel campionamento. I campioni composti sono stati
ottenuti mescolando la sabbia prelevata nei cinque punti
rappresentati in Figura e, per quanto possibile, a diverse
profondità: 0 - 2 cm, 2 - 5 cm, 5 - 15 cm, 15 - 25 cm. Lo
strumento di prelievo utilizzato, progettato e realizzato dal
dipendente Sig. Sartiano del Laboratorio Fisico di RC ha
consentito di evitare che si mescolassero i vari livelli di sabbia
raccolti.
In sostanza, ad ogni sito di raccolta corrispondono 20
misure; tale metodologia di campionamento risulta ideale per lo
studio delle migrazioni dei radionuclidi. Questo tipo di prelievo
permette di conoscere la distribuzione media degli elementi
naturali, ma anche, un eventuale contaminazione di origine
artificiale.
5/10 m
Punti
campionamento
sabbia
Misura di intensità di
esposizione e
campionamento
sabbia
105
Campionamento sedimenti marini superficiali
Al controllo delle spiagge è stato associato un prelievo di
sedimenti marini superficiali per ogni transetto a profondità
comprese tra i 50 e 200 m con particolare riguardo ai sedimenti fini
che hanno una elevata capacità di cattura dei radionuclidi
artificiali. I campionamenti sono stati organizzati in modo da
garantire la copertura completa del tratto di costa in esame: lungo i
tre transetti sono stati effettuati, su uno spessore di circa 5 cm,
quattro prelievi di sedimenti a profondità comprese tra i -13,4m e i
-162m, com massa di circa 3 kg ciascuno.
Campionamento delle specie ittiche demersali tipiche
dell‟area di studio
Al fine di valutare l‟eventuale presenza di radionuclidi nel
pescato oggetto di commercializzazione, sono state considerate le
specie caratteristiche della zona e della profondità di
campionamento per reperire, mediante l‟ausilio di imbarcazioni
semplici dotate di rete a strascico, un numero statisticamente
106
significativo di individui di specie bioindicatrici nelle tre aree
oggetto dello studio.
Sono state effettuate due pescate per ogni area a diverse
batimetriche, comprese nel range tra 50 e 250 metri, da cui sono
stati ricavati due campioni per una biomassa di 2 kg ciascuno.
Il pescato è stato immediatamente processato a bordo. Sono
stati rilevati i parametri biometrici (L.T. L.F) ed è stata condotta
un‟analisi macroscopica al fine di individuare eventuali anomalie
morfologiche.
I campioni successivamente sono stati portati nei laboratori
dell‟ARPA per l‟analisi radiometrica E‟ stato effettuato un
prelievo delle gonadi ed uno studio istopatologico di esse al fine
di osservare gli effetti degli eventuali radionuclidi sulla
riproduzione.
I prelievi sono stati effettuati nei punti e nei giorni di seguito
elencati:
Data
Punto di prelievo
13.11.2009
Spropoli
18.11.2009
Marina di San Lorenzo
27.11.2009
Riace (Motta S.Giovanni)
Coordinate
N 37°53‟348” E 16°02'974
N 37°53'491 E 16°03‟631
N 37°54‟475 E 15°50'972
N 37°54'467 E 15°51‟476
N 37°56‟381 E 15°41'727
N 37°56'618 E 15°41‟022
Orari
o
dalle ore 6.00 alle
ore 17.00
dalle ore 6.00 alle
ore 17.00
dalle ore 7.00 alle
ore 16.00
Nei tratti di mare su indicati, nottetempo sono state predisposte
le reti di cattura (tremaglio e barracuda), a due differenti
batimetrie. Le specie ittiche catturate sono state: Mullus barbatus,
Mullus surmuletus, Merluccius merluccius, Pagellus acarne,
Boops boops, Pagellus eritrhynus.
Per ciascuna specie sono stati prelevati e catalogati 15
esemplari.
In totale sono stati esaminati 195 esemplari su cui sono state
effettuate:
1. Analisi morfologiche con un esame macroscopico
preliminare, per evidenziare eventuali anomalie istoanatomiche.
2. Rilievo dei parametri biometrici (lunghezza e peso)
107
3.
analisi sulle gonadi (al fine di stabilire lo stadio di maturità
sessuale) ;
4.
estrazione degli otoliti (per la lettura dell‟età);
Su 26 esemplari è stato effettuato il prelievo ematico dalla vena
caudale per il test dei micronuclei.
Su 2 kg di pesci (per area) è stata effettuata la ricerca di
radionuclidi artificiali
5. PREPARAZIONE CAMPIONI
Sabbie marine
Il trattamento dei campioni è stato finalizzato alla costituzione di un
campione rappresentativo della quantità di sabbia prelevata. La
procedura di trattamento si è svolta secondo le seguenti due fasi di
essiccazione e setacciatura:
- L’essicazione in stufa a 60°C ha avuto lo scopo di determinare la
massa secca del campione. Una volta raggiunta la massa costante,
si è proceduto alla separazione manuale di materiale
macroscopico formato da frammenti più grossolani della matrice
minerale.
- La setacciatura, finalizzata alla classificazione granulometrica e
quindi alla individuazione della distribuzione percentuale in
massa dei grani costituenti il terreno in esame per dimensione, è
stata attuata mediante una serie di setacci tarati (1mm-2mm;
>2mm).
108
Sedimenti marini
Su ciascun materiale raccolto si è proceduto alla separazione
degli elementi estranei (residui di conchiglie, radici di alghe, ecc).
Successivamente si è proceduto alla:
- Determinazione della componente organica. 20 grammi del
materiale setacciato a 1mm ed essiccato a 60°C per 24 ore è stato
sottoposto a calcinazione in muffola a 500°C per 24 ore valutando
il contenuto dimateriale organico connesso alla perdita di massa.
- Determinazione del fattore di conversione massa fresca/massa
secca. Una seconda aliquota di 10 grammi, priva dell‟eccesso di
acqua, è stata sottoposta ad essiccazione in stufa a 105°C per 48
ore per stabilire il fattore di conversione massa fresca/massa
secca, in modo da poter esprimere i risultati in Bq/kg di massa
secca. Le matrici, prive dell‟eccesso di acqua attraverso
sedimentazioni successive, setacciate a 1mm, sono state
sottoposte ad analisi radiometrica.
Fauna ittica
I campioni preparati come per il consumo, cioè ripuliti dalle parti
non eduli, sono stati calcinati in muffola ad una temperatura
progressiva fino a 200°C per facilitarne la successiva
omogeneizzazione ed ottenere campioni rappresentativi utili per
l‟analisi; questo ha inciso sulla concentrazione e di conseguenza sul
calcolo dell'attività dei singoli radionuclidi.
6. ANALISI CAMPIONI
Dopo i suddetti trattamenti, ciascun campione è stato pesato,
datato al momento del riempimento in beaker Marinelli da 1 litro e
sottoposto ad acquisizione ed analisi alla spettrometria gamma da
laboratorio per un tempo di 70.000 secondi (~ 20 ore).
(In tale configurazione è stato acquisito uno spettro di fondo per
la sottrazione in fase di calcolo delle aree nette dei picchi osservati
negli spettri relativi ai diversi campioni).
Su ogni spettro acquisito è stata effettuata una prima analisi
qualitativa per l'identificazione dei picchi, operazione fondamentale
109
per poter risalire al contenuto di radionuclidi emettitori in ogni
campione; successivamente si è proceduto al calcolo delle aree nette
e all'attività degli elementi identificati. Tale procedura, utilizzando
apposite librerie d’analisi, privilegiando i principali isotopi di
fissione, ha consentito di accertare in tutti i campioni la presenza di
un‟eventuale contaminazione radioattiva artificiale.
Il metodo impiegato ha permesso di ottenere valori riproducibili
entro approssimazioni di qualche unità per cento; per le matrici di
sabbia e sedimenti è stata effettuata la correzione dell‟efficienza del
rivelatore per la densità. L‟attività rilevata su tutte le matrici
analizzate è stata espressa in Bq/kg.
Occorre sottolineare che, in generale, la concentrazione di 137Cs
nei suoli viene valutata per unità di superficie; infatti, il valore di
concentrazione per unità di peso dipende notevolmente da alcuni
fattori, tra i quali i principali sono le caratteristiche chimico-fisiche
del terreno, la collocazione del sito di campionamento e la profondità
alla quale si esegue il prelievo. Questi parametri permettono spesso
di spiegare eventuali valori anomali di concentrazione, causati
essenzialmente da fenomeni locali di accumulo del radionuclide di
interesse nel corso degli anni. Per tali motivi, per le matrici di sabbia
le concentrazioni sono state espresse anche in Bq/m2.
I radioisotopi le cui concentrazioni hanno dato esito negativo, in
quanto i valori rilevati sono risultati al disotto del limite strumentale,
sono stati indicati come “minima attività rilevabile” (M.A.R.).
7. RISULTATI
Intensità di esposizione
I valori della misura di intensità di dose gamma in aria nei punti
sottoposti a controllo per un tempo di 30 minuti sono risultati
compresi tra 90 e 100 nG/h ±10%, valori pressochè lineari che si
collocano nella fascia medio bassa dei valori italiani.
Sabbie marine
Le misure hanno evidenziato in tutti i campioni la presenza di
radionuclidi naturali delle famiglie dell‟uranio e del torio, il berillio
e il potassio.
110
Il 7Be si riscontra, prevalentemente, negli strati superficiali delle
sabbie per poi diminuire e le concentrazioni sono comprese tra valori
inferiori alla M.A.R. e 5,15 Bq/kg.
Il radionuclide artificiale rilevato è il 137Cs le cui attività sono
comprese tra valori inferiori alla M.A.R. e 0,38 Bq/kg, con
un‟incertezza (medi) statistica di conteggio dello strumento del 13%.
Le analisi lo riscontrano in quasi tutti i profili, tranne in tre siti
(Saline J. – Annà – San Pasquale) dove si rileva solo negli strati
profondi.
Le concentrazioni, in tutti i tratti di costa esplorati, sono irrilevanti
e in gran parte vicini alla sensibilità strumentale. Il loro contributo
all‟intensità di esposizione media misurata è inferiore a 1/100.
Le attività di 137Cs per m2 sono comprese tra valori inferiori alla
M.A.R. e 62 Bq/ m2.
La ragione della sua presenza in superficie dipende dalla natura
della sabbia che ne rallenta il movimento verticale; la minima
variabilità die valori riscontrati lungo tutti i profili dipende dal
continuo rimescolamento dovuto all‟azione del mare.
Il 40K si trova in tutti i campioni con attività comprese tra 511
Bq/kg e 720 Bq/kg e quindi il maggior contributo è riferibile a questo
radionuclide.
Le attività totali sono comprese tra 592 Bq/kg e 835 Bq/kg. Si può
infine affermare che l‟esposizione alle radiazioni ionizzanti è
imputabile alla radioattività naturale.
Sedimenti marini
E„ stata rilevata la sola presenza di 137Cs come radionuclide
artificiale. I valori ottenuti sono compresi tra 0,34 e 0,52 Bq/kg con
un‟incertezza (media) statistica di conteggio dello strumento
dell„11%. Le misure effettuate effettuate non mostrano differenze
significative, infatti la distribuzione del 137Cs è sostanzialmente
omogenea in tutta l‟area esaminata.
Le attività totali sono comprese tra 494 Bq/kg e 767. Il maggior
apporto è attribuibile al potassio-40 (40K) i cui valori risultano
compresi tra 418 Bq/kg e 635 Bq/kg.
111
Fauna ittica
Dai dati ottenuti sulle matrici di pescato, si è rilevato che è
assente una contaminazione dovuta ad elementi radioattivi artificiali,
eccezion fatta per il Cesio-137 (137Cs), le cui concentrazioni, sono
molto vicine alla sensibilità strumentale e comprese tra valori
inferiori alla M.A.R. e 0,13 Bq/kg.
Per comparazione con l‟attività totale, nella tabella e nel grafico
seguenti è riportata l‟attività del potassio-40 (40K); come si evince,
il maggior contributo è attribuibile a questo radionuclide.
Zone di prelievo
Spropoli – Palizzi Mar.
Marina di S.Lorenzo
Saline Joniche
137
Cs (Bq/Kg)
40
0,13 ± 8,1%
0,12 ± 11%
<M.A.R.
K (Bq/Kg) Attività Tot. (Bq/Kg)
76 ± 0,95%
103 ± 0,79%
76 ± 0,84%
80
109
84
Le concentrazioni di 137Cs misurate sono comprese tra
0,036 - 0,13Bq/Kg, valore molto prossimo alla minima quantità
che è possibile rilevare anche con strumentazione avanzata, quale
quella utilizzata.
112
8. STRUMENTAZIONE UTILIZZATA
Per poter effettuare le analisi e discriminare tra radionuclidi
naturali ed artificiali è stato necessario effettuare analisi
spettrometriche gamma con rivelatore al germanio iperpuro di tipo
“N“ con efficienza relativa a 1,33 Mev sul picco del 60CO dell‟ordine
del 40%; l‟alta risoluzione (FWHM) a 1,33 Mev sul picco del 60CO
di 1,85 Kev, ha permesso di distinguere i picchi generati sullo spettro
e di identificare così i diversi radionuclidi presenti nei campioni
raccolti.
9. CONCLUSIONI
I risultati delle analisi su tutti i campioni dell‟area oggetto di
indagine ci consentono di affermare che non sono stati rilevati
radionuclidi di origine antropica, tranne il 137Cs, le cui attività
sono comunque irrilevanti ed ampiamente inferiori ai limiti indicati
dal Regolamento (CE) n. 616 del Consiglio del 20/03/2000, che
modifica il Regolamento CEE n. 7373/90 per la radioattività
massima accumulata di 134Cs e di 137Cs, e cioé:
- Fauna ittica – 600 Bq/kg;
- Sabbie di mare – 69 kBq/m2.
L‟elemento Cesio (137Cs) è il radionuclide artificiale tuttora
ubiquitario, sia pure in piccole quantità, nell'ambiente terrestre e
marino; trae origine essenzialmente dalle ricadute delle esplosioni
nucleari in atmosfera degli anni '60 e dal più recente incidente di
Chernobyl, aprile 1986.
La persistenza è dovuta al suo lungo tempo di dimezzamento;
viceversa le analisi confermano, ormai, la totale scomparsa del
134
Cs.
Le misure di spettrometria gamma hanno evidenziato la
presenza di radionuclidi di origine naturale, i cui capostipiti 238U,
235
U, 232Th e Potassio sono presenti sulla terra già dalla sua
formazione in concentrazioni variabili.
113
Si può infine concludere che le concentrazioni gamma di
origine antropica rilevate nel tratto di costa esaminato sono del tutto
simili a quelle che si misurano nel Mediterraneo occidentale, non
hanno rilevanza sanitaria e presentano valori tipici in linea con
quelli mediamente riscontrati nelle matrici dello stesso genere. La
presenza del 137Cs, come già detto, si può attribuire alle
deposizioni radioattive dovute agli esperimenti nucleari in
atmosfera e all‟incidente di Chernobyl.
I risultati delle reti annuali di rilevamento della radioattività
ambientale in Italia mostrano come questo elemento sia ancora
presente, sia pure in piccole quantità, in alcune matrici ambientali
ed alimentari.
L‟esposizione alle radiazioni ionizzanti risulta imputabile
quindi alla radioattività naturale e il maggior contributo delle
attività in tutte le matrici è attribuibile al 40K.
114
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
ANDAMENTO TEMPORALE DELLA
CONCENTRAZIONE DI CS-137 NELLE PIANTE
VASCOLARI E NELLE BRIOFITE DEL FRIULI VENEZIA
GIULIA DOPO L‟INCIDENTE DI CHERNOBYL
C. Giovani *, M. Garavaglia*, M. Godeassi*, P.Di Marco*,
E.Scruzzi*, A. Pivetta°
*S O S Fisica Ambientale ARPA FVG
°Università degli Studi di Trieste, Dipartimento di BIologia
INTRODUZIONE
Nel 1986 il Friuli Venezia Giulia, come molte altre regioni d‟Europa,
è stato interessato dalla ricaduta radioattiva avvenuta in seguito
all‟incidente di Chernobyl. La deposizione dei radionuclidi al suolo
non è stata uniforme sul territorio regionale a causa delle diverse
situazioni meteorologiche, ed in particolare della diversa entità delle
precipitazioni, nei giorni in cui la nube radioattiva è stata presente sul
territorio regionale. Il Friuli Venezia Giulia presenta caratteristiche
ambientali piuttosto varie e si può genericamente suddividere in una
zona montana, una collinare, una dell‟alta e una della bassa pianura
friulana ed, infine, una zona marina. Nell‟ambito delle campagne di
campionamento e misura effettuate dalla Struttura Operativa
Semplice Fisica Ambientale di ARPA FVG, vengono normalmente
campionati suoli prativi e boschivi, piante vascolari e briofite in una
ventina di siti sul territorio regionale.
In questo lavoro vengono riportati alcuni dei risultati di oltre
vent‟anni di misure. In particolare vengono brevemente riassunti i
dati relativi all‟andamento nel tempo della migrazione del radiocesio
in profondità in suoli prativi e boschivi e dei coefficienti di
trasferimento del Cs-137 tra il suolo ed il foraggio. Inoltre viene
analizzato l‟andamento nel tempo della concentrazione di Cs-137
115
nella specie Abies alba e nelle briofite della specie Ctenidium
molluscum e la correlazione di tale concentrazione con quella del Cs137 nel suolo. Con riferimento al solo campionamento effettuato nel
2010, vengono confrontati i dati relativi alle diverse famiglie di
piante in funzione della profondità dell‟apparato radicale e della
concentrazione di Cs-137 nei diversi strati di suolo. L‟espressione
della concentrazioni delle specie vegetali anche in termini di attività
per volume di acqua della pianta (Bq/l), normalmente utilizzata in
radioecologia, permette alcune considerazioni che non sarebbero
possibile con la sola notazione tradizionale effettuata in termini di
attività per peso secco della pianta (Bq/kg di peso secco).
MATERIALI E METODI
Il Centro di Riferimento Regionale per il controllo della radioattività
ambientale del Friuli Venezia Giulia (oggi SOS fisica ambientale di
ARPA FVG), ha avviato nel 1987 un programma pluriennale di
campionamento e misura di varie matrici ambientali in una ventina di
stazioni di prato stabile ed altrettante (generalmente contigue) di
bosco. In queste stazioni sono stati campionati, nei diversi anni a
seguire, suolo, foraggi, briofite (muschi), funghi e, talvolta, alcune
altre specie vegetali. Le campagne di campionamento, eseguite
mediamente ogni tre anni, non sempre hanno coperto la totalità delle
stazioni inizialmente scelte. Alcune stazioni sono state sostituite ed
altre sono state eliminate. L‟ultima campagna di campionamento è
stata eseguita nell‟estate del 2010 in 13 siti, scelti sulla base della
disponibilità dei dati pregressi e della rappresentatività delle diverse
realtà ambientali della regione.
I campioni di suolo sono stati effettuati inizialmente con il metodo
della trincea ed, in seguito, con un campionatore a tubo spaccato
corredato da anelli portacampione. In ogni caso vengono campionati
suoli fino alla profondità massima di 30 cm, in strati di 5 cm. Il
primo strato di 5 cm viene ulteriormente suddiviso in due strati:
strato A:0-3 e strato B: 3-5 cm. Nel caso della trincea vengono
effettuati due scavi per ogni sito, nel caso del campionatore a tubo
116
spaccato vengono effettuati 5 campioni per ogni sito. I campioni
ottenuti, per ogni strato, vengono riuniti, essiccati, setacciati a 2 mm,
e posti in opportuni beaker di Marinelli per la successiva analisi in
spettrometria gamma (un campione per ogni sito).
Nei siti di campionamento di suolo boschivo e prativo viene
delimitato un metro quadrato di suolo e vengono prelevate le piante
con una cesoia.
Durante il campionamento del 2010, nei prati stabili il taglio è stato
effettuato a 4 cm dal suolo e le piante sono state suddivise, ove
presenti, in Poaceae e Cyperaceae, Fabaceae e misto (piante non
appartenenti alle famiglie precedenti). Durante lo stesso
campionamento è stato anche effettuato un carotaggio con tubo
spaccato e campionatore a tubo unico in carbonio trasparente per
stimare la profondità degli apparati radicali in ogni sito. Nei boschi è
stato prelevato un campione di foglie degli alberi della specie più
frequenti ed un metro quadrato di sottobosco. Tutti i campioni sono
stati essiccati.
Le briofite campionate sono tutte della specie Ctenidium molluscum:
in ogni stazione sono stati raccolti 10 campioni della superficie di 7
cm2 ciascuno. Per ogni stazione è stata fatta un‟unica misura di
spettrometria gamma, secondo il protocollo nazionale di
campionamento e misura della matrice muschi.
In totale sono stati raccolti, preparati e misurati oltre 3200 campioni
di suolo, oltre 200 campioni di foraggio 500 campioni di muschi,
oltre ai campioni di piante superiori. Per la sola campagna del 2010,
sono stati campionati e misurati 238 campioni così suddivisi: 161
campioni di suolo, 17 di briofite e 60 di piante.
Tutti i campioni sono stati sottoposti a spettrometria gamma
mediante germanio iperpuro (efficienze variabili tra il 30 e l‟80%)
opportunamente tarati ed è stata applicata la sottrazione del fondo.
I valori della contaminazione delle piante sono espressi stati espressi
sia in termini di Bq/kg di peso secco che in termini di Bq/l, come
previsto nei casi di analisi radioecologiche (Nimis et al., 1988).
Le date di riferimento sono in genere quelle del campionamento; nel
caso di analisi dell‟andamento nel tempo delle diverse
concentrazioni, la data di riferimento di tutte le concentrazioni è
quella del 1 maggio 1986.
117
In figura 1 sono riportati i siti del campionamento 2010 ed i dati ad
essi relativi.
n.
Località
Comune
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
Fusine
Castel Val D‟Ajer
Passo Pura
Pian di Casa
Resia
Gemona
Matajur
Claut
Polcenigo
Flaibano
Muzzana
Doberdò del lago
Trieste (Borgo
Grotta Gigante)
Trieste (Basovizza)
Tarvisio
Ligosullo
Ampezzo
Prato Carnico
Resia
Gemona
Savogna
Claut
Polcenigo
Flaibano
Muzzana
Doberdò del lago
13.
Quota
s.l.m.
(m)
1350
1340
1472
1088
430
280
942
598
40
105
10
315
286
Trieste
312
Figura 1: Siti di campionamento della campagna 2010: località, comune e quota sul livello del
mare.
RISULTATI
Di seguito vengono brevemente riassunti alcuni dei risultati ottenuti
sulla base delle misure effettuate a valle delle diverse campagne di
campionamento e misura. I primi risultati riportati sono relativi
all‟ultima campagna di campionamento e misura, effettuata nel 2010:
vengono riportate le distribuzioni della concentrazione di Cs-137 nei
suoli boschivi e prativi e la loro correlazione, nonché alcuni dati
relativi alla distribuzione in profondità del radiocesio. Nel secondo
paragrafo vengono riportati alcuni dei risultati relativi alla
contaminazione delle diverse famiglie di piante campionate, ai
coefficienti di trasferimento suolo-piante superiori ed alcune
118
considerazioni relative alla profondità radicale utilizzando dati
espressi sia in termini di concentrazione per peso secco che per litro.
Il terzo paragrafo è dedicato all‟analisi della concentrazione di Cs137 nelle briofite ed alla correlazione con la concentrazione nei suoli
boschivi.
Nel quarto paragrafo, infine, viene fatto un confronto con i dati
pregressi, con particolare riferimento all‟andamento nel tempo della
migrazione del radiocesio in profondità e dei coefficienti di
trasferimento. Viene inoltre riportata un‟analisi relativa alle foglie
della specie Abies alba campionate in diversi anni presso lo stesso
sito.
CAMPAGNA DI MISURA 2010: SUOLI
La concentrazione media di Cs-137 nei suoli boschivi è risultata,
considerando le 13 stazioni campionate nel 2010, più elevata di
quella misurata nei campioni di suolo prativo raccolti nelle 13
stazioni generalmente contigue alle precedenti: 14.6±11.5 kBq/m2
nei boschi rispetto a 10.1±6.2 kBq/m2 nei prati.
In figura 2 sono riportate le mappe di distribuzione della
concentrazione di Cs-137 nei suoli rispettivamente prativi e boschivi
del Friuli Venezia Giulia. Le mappe sono state ottenute mediante
un‟interpolazione effettuata con il metodo dei vicini naturali. I dati
sono quelli provenienti dall‟analisi dei campioni della campagna
2010, i valori di concentrazione sono espressi in termini di Bq/m 2 nei
primi 30 cm di suolo e la data di riferimento è il 1 giugno del 2010.
In entrambi i casi le concentrazioni sono risultate estremamente
disomogenee a causa della diversa entità delle precipitazioni
atmosferiche nel periodo immediatamente successivo all‟incidente di
Chernobyl: le concentrazioni minime sono state misurate presso la
stazione di Muzzana del Turgnano (rispettivamente 769±268 Bq/m2
per il prato e 2045±674 Bq/m2 per il bosco) e le massime a Fusine
(rispettivamente
23862±7707
Bq/m2
per
il
prato
e
37674±12237 Bq/m2 per il bosco).
119
5160000
5160000
38 kBq/m^2
26 kBq/m^2
5140000
34 kBq/m^2
5140000
22 kBq/m^2
5120000
18 kBq/m^2
30 kBq/m^2
26 kBq/m^2
5120000
22 kBq/m^2
14 kBq/m^2
18 kBq/m^2
5100000
10 kBq/m^2
5100000
14 kBq/m^2
10 kBq/m^2
6 kBq/m^2
5080000
5080000
6 kBq/m^2
2 kBq/m^2
2 kBq/m^2
5060000
5060000
2320000
2340000
2360000
2380000
2400000
2420000
Figura 2: Distribuzione della concentrazione del
(Bq/m2) nei campioni di suolo prativo (a sinistra) e boschivo (a destra). Campagna di
campionamento 2010, data di riferimento: 1 giugno 2010 .
2320000
2340000
2360000
2380000
2400000
2420000
Cs-137
In figura 3 sono riportate le concentrazioni di Cs-137 nei campioni di
suolo prativo in funzione di quelle nei campioni di suolo raccolti nei
boschi contigui. La correlazione tra le due concentrazioni è
significativa.
Figura 3: Concentrazione di Cs-137 (Bq/m2) nei campioni di suolo prativo in funzione delle
concentrazione misurata nei siti di bosco. Campagna di campionamento 2010, data di riferimento:
1 giugno 2010.
In Figura 4 sono riportate, rispettivamente, le concentrazioni di Cs-137 nei
diversi strati di suolo campionati in ciascuna stazione di suolo boschivo e
prativo. Con particolare riferimento ai suoli prativi, si può notare che le
stazioni di Fusine, Passo Pura e Castel Val d‟Ajer, che sono quelle situate a
quota più elevata, presentano le maggiori concentrazioni di Cs-137 nei
primi due strati di suolo, mentre per le stazioni a quota più bassa, il cesio
120
risulta migrato in profondità in misura maggiore. Questo fenomeno era già
stato evidenziato nelle prime campagne di campionamento e misura
(Padovani et al., 1990, Giovani et al., 1995).
Figura 4: Concentrazione di Cs-137 (Bq/m2) nei diversi strati di suolo boschivo (a sinistra) e
prativo (a destra) campionati in ogni stazione. Campagna di campionamento 2010, data di
riferimento: 1 giugno 2010.
CAMPAGNA DI MISURA 2010: PIANTE
Per quanto riguarda le piante vascolari, le concentrazioni di Cs-137
sono variate da alcuni Bq/kg a circa 120 Bq/kg di peso secco in un
campione di sottobosco raccolto presso la stazione di Fusine. Le
stesse concentrazioni, espresse in termini di Bq/l, sono risultate
variabili tra qualche frazione e qualche decina di Bq/l. In termini
assoluti, le concentrazioni di Cs-137 sono sempre risultate più
elevate per le Fabaceae che per le Poaceae e Cyperaceae, ad
esclusione del sito di Fusine.Sono stati quindi calcolati i coefficienti
di trasferimento, riportati in Figura 5, per i tre gruppi di piante
campionate su suolo prativo (espressi in termini, rispettivamente, di
Bq/kg di peso secco e Bq/l per le piante rispetto ai Bq/m2 di suolo).
121
Figura 5: Coefficienti di trasferimento suolo/vegetazione per i tre gruppi di piante (Poaceae e
Cyperaceae: blu; Fabaceae: rosso e Misto: verde) espressi in m2/kg di peso secco (sinistra) e m2/l
(destra). Campagna di campionamento 2010, data di riferimento: 1 giugno 2010.
In entrambi i casi i coefficienti di trasferimento variano di due ordini
di grandezza, tuttavia la differenza relativa tra i coefficienti relativi a
diversi gruppi di famiglie nella stessa stazione è diversa a seconda
dell‟unità di misura utilizzata. Considerando soltanto le 8 stazioni in
cui sono presenti, con attività superiore alla minima attività
rilevabile, i gruppi delle Fabaceae e delle Poaceae e Cyperaceae,
quest‟ultimo gruppo risulta in ogni caso avere coefficienti di
trasferimento superiori al gruppo delle Fabaceae.
Sulla base delle analisi effettuate in fase di campionamento è stato
valutato lo strato di suolo da cui le piante traggono il loro
nutrimento: le radici attive di Poaceae e Cyperaceae sono risultate
essere normalmente presenti negli strati 0-3 cm, le Fabaceae nello
strato 5-10 cm e, per quanto riguarda il campione delle restanti
famiglie, si è fatto riferimento allo strato complessivo 0-10 cm.
Sono state quindi ricercate le correlazioni tra concentrazione di Cs137 in un certo gruppo di piante e concentrazione di Cs-137 in
diversi strati di suolo, allo scopo di verificare la correttezza della
valutazione della profondità radicale delle diverse famiglie effettuata
in campo. Il coefficiente di correlazione R2 tra la concentrazione di
Cs-137 nelle Poaceae e Cyperaceae e la concentrazione di Cs-137
nello strato di suolo 0-5 cm, per le stazioni oggetto di studio, è
risultato essere R2=0.91.
In Figura 6 viene riportata la concentrazione di Cs-137, espressa sia
in termini di Bq/kg che in termini di Bq/l, delle Fabaceae, in
funzione della concentrazione di Cs-137 nello strato 5-10 cm. Nel
122
caso in cui la concentrazione sia espressa in termini di Bq/l, la
correlazione tra le due concentrazioni diventa significativa,
confermando ciò che era stato rilevato in campo e cioè che l‟apparato
radicale di questa famiglia è mediamente posizionato nello strato di
suolo 5-10 cm. La differenza di risultati in funzione delle modalità di
espressione della concentrazione, risulta più significativa per la
famiglia delle Fabaceae rispetto alle altre a causa della diversa
struttura delle piante.
Sono stati calcolati anche i fattori di trasferimento per gli ecosistemi
boschivi come rapporto tra la concentrazione di Cs-137 nei campioni
di sottobosco e quella nei campioni di suolo. Il range di valori è
risultato compreso all‟interno di un ordine di grandezza con valori
massimi, rispettivamente, di 0,0039 m2/kg e 0.0016 m2/l entrambi
per la stazione di Flaibano.
In 7 stazioni sono state campionate foglie di Abies alba, in Figura 6
sono riportate le attività di Cs-137, espresse nelle due modalità, in
funzione delle concentrazioni misurate nei corrispondenti campioni
di suolo. Anche in questo caso i coefficienti di correlazione risultano
migliori qualora si tenga conto dello stato di idratazione della pianta.
Figura 6: Concentrazione di Cs-137 nei campioni di foglie di Abies alba(Bq/kg di peso secco a
sinistra, Bq/l a destra) in funzione della concentrazione di Cs-137 nel suolo. Campagna di
campionamento 2010, data di riferimento: 1 giugno 2010.
123
CAMPAGNA DI MISURA 2010: MUSCHI
In Figura 7 sono riportate le concentrazioni di Cs-137 misurate nei
campioni di briofite raccolti nella campagna di misura 2010 e la
relativa mappa della distribuzione delle concentrazioni ottenuta con
il metodo dei vicini naturali.
Figura 7: Concentrazione di Cs-137 (Bq/m2) nei campioni di Ctenidium molluscum e sua
distribuzione sul territorio regionale. Campagna di campionamento 2010, data di riferimento: 1
giugno 2010.
Le concentrazioni sono risultate variabili tra 9 ed oltre 300 Bq/m 2.
Allo scopo di testare la bontà della matrice muschio come indicatore
di deposizione al suolo, sono state analizzate le concentrazioni di Cs137 nei muschi in funzione delle concentrazioni di Cs-137 nei
corrispondenti suoli di bosco per i siti comuni alle due campagne di
campionamento. L‟analisi è stata fatta anche con riferimento ai
diversi strati di suolo. In Figura 8 sono riportate le concentrazioni di
Cs-1137 nei muschi in funzione di quelle misurate negli strati A: 03cm, A+B: 0-5 cm e A+B+C: 0-10cm.
Figura 8: Concentrazione di Cs-137 (Bq/m2) nei campioni di Ctenidium molluscum in funzione
della concentrazione nello strato A:0-3cm (sinistra), A+B: 0-5 cm (centro) e A+B+C:0-10cm
(destra) di suolo boschivo. Campagna di campionamento 2010, data di riferimento: 1 giugno 2010.
124
CONFRONTO CON I DATI PREGRESSI
In Figura 9 è riportato l‟andamento nel tempo della concentrazione di
Cs-137 nei suoli prativi e boschivi della regione Friuli Venezia
Giulia. Sono state scelte le 5 stazioni presenti nel maggior numero di
campionamenti e le campagne di misura con il maggior numero di
stazioni.
Figura 9: Concentrazione di Cs-137 (kBq/m2) nei campioni di suolo prativo e boschivo nelle
diverse campagne di campionamento e misura. Data di riferimento: 1 maggio 1986.
La concentrazione di Cs-137 nei boschi risulta più elevata rispetto a
quella dei vicini prati e tale differenza aumenta nel tempo. Ciò può
essere in parte spiegato con una maggiore intercettazione del
radiocesio da parte delle chiome degli alberi, rispetto ai prati, al
momento della deposizione e con la successiva caduta delle foglie e
la loro lenta trasformazione in suolo negli anni seguenti la
deposizione. L‟aumento della concentrazione di Cs-137 nei boschi
fino al 1990 è coerente con la caduta delle foglie e la loro successiva
trasformazione in suolo, per i boschi di latifoglia e conifera.
Per quanto riguarda l‟analisi della migrazione in profondità del
radiocesio ed il suo andamento nel tempo nei due diversi ecosistemi,
caratteristica comune risulta essere il fatto che, in genere, la maggior
125
parte dell‟attività del radiocesio sia collocata tra i 3 ed 10 cm di
profondità con profili molto diversi nelle diverse stazioni di
campionamento. Per il dettaglio si rimanda ad altre pubblicazioni
degli stessi autori ed in particolare a Garavaglia et al., 2011. In
questo lavoro gli autori valutano, mediante un modello a
compartimenti, i tempi di pseudo residenza del Cs-137 nei diversi
strati del suolo ed analizzano la dipendenza di tali tempi dalla quota
della stazione oggetto di campionamento.
L‟andamento nel tempo dei fattori di trasferimento per i prati del
Friuli Venezia Giulia era già stato analizzato da Giovani et. al., 2006.
In quel caso erano state confrontate le campagne di misura 1990 e
1993: pur con differenze significative tra stazione e stazione, i valori
medi dei coefficienti di trasferimento erano risultati costanti nel
tempo. Un‟analisi dei coefficienti di trasferimento del Cs-134, allora
possibile, aveva indicato come fosse disponibile, per l‟assorbimento
da parte delle piante, il solo Cesio proveniente dall‟incidente di
Chernobyl, mentre risultava non più disponibile quello depositato al
suolo dai test nucleari in atmosfera numerosi anni prima.
I fattori di trasferimento complessivi (insieme di tutte le specie
raccolte), calcolati nel 2010 sono stati confrontati con quelli ottenuti
nella campagna di campionamento 1990. I dati confrontati sono i
valori medi relativi a 6 stazioni di campionamento presenti in
entrambe le campagne.
I valori medi risultano pressoché identici anche in questo caso,
dell‟ordine di 2.5x10-3 m2/kg.
In figura 10 viene riportato un interessante confronto temporale tra le
concentrazioni di Cs-137 misurate nei campioni di foglie di Abies
alba raccolte presso la stazione di Passo Pura negli anni 1988, 2001,
2006 e 2010. Per un opportuno confronto, la data di riferimento per
tutti i campioni è il 1 maggio 1986. L‟attività è espressa nelle due
consuete modalità.
126
Figura 10: Concentrazione di Cs-137 (Bq/kg in blu e Bq/l in rosso) nei campioni di foglie di
Abies alba raccolti a Passo Pura in diverse campagne di campionamento. Data di riferimento: 1
maggio 1986.
In figura 11 sono invece riportate le concentrazioni di Cs-137 nei
campioni di Ctenidium molluscum raccolti nelle stesse 9 stazioni
negli anni 1995, 1997, 2005, 2008.
Figura 11: Concentrazione di Cs-137 (Bq/m2) nei campioni di Ctenidium molluscum raccolti
nelle stesse 9 stazioni in diverse campagne di campionamento. Data di riferimento: 1 maggio 1986.
Un calo così rapido della concentrazione di Cs-137 nei campioni di
briofite potrebbe non era sicuramente atteso e dovrebbe far riflettere
127
sulle modalità di utilizzo della matrice muschio quale indicatore di
deposizione al suolo, tuttavia l‟ottima correlazione della
concentrazione di Cs-137 nei muschi con quella misurata nei primi
strati dei suoli (vedi figura 8), depone ancora a favore dell‟uso di tale
indicatore.
CONCLUSIONI
La campagna di campionamento e misura di suoli boschivi e prativi,
piante vascolari e briofite effettuata in Friuli Venezia Giulia ha
permesso di tracciare una fotografia della contaminazione da Cs-137
negli ambienti naturali della regione ad oltre due decenni
dall‟incidente di Chernobyl. I valori complessivi di Cs-137 nei primi
30 cm di suolo non risultano significativamente diminuiti, a meno
del decadimento fisico e mostrano valori molto disomogenei sul
territorio regionale con concentrazioni più elevate nei suoli di bosco
rispetto ai corrispondenti suoli di prato. Il radiocesio inizialmente
depositato sui prati o sulle chiome degli alberi oltrechè direttamente
sul suolo, è migrato in profondità e, generalmente, i valori massimi
di concentrazione si riscontrano nello strato 5-10 cm, con marcate
differenze tra stazione e stazione. In particolare la velocità di
migrazione in profondità risulta minore per le stazioni situate a quota
più elevata.
La concentrazione di Cs-137 nelle piante vascolari risulta ancora al
di sopra della minima attività rilevabile nella maggior parte dei casi, i
coefficienti di trasferimento suolo-piante variano di due ordini di
grandezza e non sono cambiati rispetto a quelli misurati nelle
campagne effettuate negli anni „90. Le Fabaceae risultano la famiglia
più contaminata tra quelle esaminate, tuttavia ciò non è dovuto ad un
maggior coefficiente di trasferimento rispetto alle altre famiglie ma
al fatto che le radici di queste piante assorbono il cesio dallo strato
dove è attualmente concentrata la maggior parte del cesio.
Ove la specie è presente, la concentrazione di cs-137 nelle foglie di
Abies alba mostra una buona correlazione con la contaminazione del
suolo e potrebbe quindi essere valutato il suo utilizzo come
indicatore di contaminazione delle specie vegetali.
128
L‟utilizzo dell‟espressione della contaminazione nei vegetali in
termini di Bq/l rende più agevole l‟interpretazione dei dati.
La concentrazione di Cs-137 nei campioni di briofite permette ancora
di ottenere una mappa di distribuzione della deposizione al suolo di
Cs-137 sul territorio regionale. Le concentrazioni di Cs-137 nei
campioni di Ctenidium molluscum risultano diminuire nel tempo, al
di là del decadimento fisico, in maniera significativa, tuttavia esse
continuano ad essere correlate con le concentrazioni di Cs-137 nei
suoli corrispondenti, seppure con diverse significatività a seconda
dello strato di suolo a cui ci si riferisce.
Un‟analisi più completa dell‟enorme mole di dati ricavati dall‟analisi
dei molti campioni raccolti nelle numerose campagne di misura,
potrà fornire ulteriori indicazioni su tutti i fenomeni analizzati ed
aiutare la comprensione degli stessi. Alla luce dei risultati presentati
risulta tuttavia importante la prosecuzione degli studi al fine di
definire le modalità di utilizzo di indicatori di radioattività a molti
anni di distanza da una eventuale deposizione.
129
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studi, riflessioni e attualità” Udine 21-22-23 giugno 2011, in press.
130
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
RADIOATTIVITÀ NATURALE NELLE ACQUE DI
FALDA IN ESTONIA: ANALISI DEI DATI,
VALUTAZIONI DOSIMETRICHE E STRATEGIE DI
MONITORAGGIO NELL‟AMBITO DI UN PROGETTO
EUROPEO DI COOPERAZIONE
M. Forte1, L. Bagnato2, E. Caldognetto3, S. Risica4, R. Rusconi1,
F.Trotti3
1
ARPA Lombardia, via Juvara 22, 20129 Milano
Università di Milano - Bicocca, Piazza Ateneo Nuovo 1, 20126 Milano
3
ARPA Veneto, via Dominutti 8, 37135 Verona.
4
Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento di Tecnologie e Salute, viale Regina Elena
299, 00161 Roma.
2
email per contatti: [email protected]
RIASSUNTO
Una vasta parte delle falde acquifere estoni contiene quantità
rilevanti di radioattività naturale ed in particolare elevate
concentrazioni di isotopi del radio (226Ra e 228Ra). Il fenomeno è noto
da tempo ed è stato oggetto negli anni di estese campagne di misura,
dati i possibili rischi per la popolazione sotto un profilo
radioprotezionistico. Dopo l‟ingresso dell‟Estonia nell‟Unione
Europea (2003), è stata recepita come legge nazionale anche la
Direttiva Comunitaria 98/83 sulle acque destinate al consumo
umano. Il valore di parametro per la dose totale indicativa di
0,1 mSv/anno è stato inteso come vero e proprio valore limite, così
che al possibile problema sanitario si è aggiunto quello del mancato
rispetto di un limite di legge per una vasta parte delle risorse idriche
del paese.
È stato quindi varato un progetto europeo semestrale di
collaborazione (Twinning Light Project) che è stato assegnato
all‟Italia e condotto da ARPA Lombardia e ARPA Veneto con la
collaborazione dell‟Istituto Superiore di Sanità e di due consulenti
131
specializzati in gestione di acquedotti e di impianti di trattamento
delle acque. Il progetto ha comportato in primo luogo un esame
approfondito dei dati esistenti per localizzare e quantificare il
fenomeno. Sono state successivamente elaborate valutazioni
radioprotezionistiche miranti a permettere successive analisi
costo/beneficio sui processi di riduzione/rimozione del contenuto di
radioattività. Sono stati poi esaminati i metodi analitici impiegati dai
laboratori estoni, piuttosto onerosi nel caso degli isotopi del radio, e
valutate le potenzialità laboratoristiche presenti nel paese. Un esame
statistico delle correlazioni esistenti tra parametri chimico-fisici e
radiometrici delle acque ha permesso di individuare una possibile
strategia che potrebbe portare a incrementare notevolmente la
conoscenza degli acquiferi anche con ridotte capacità analitiche.
È stato infine proposto un piano di monitoraggio, che consentirebbe
una migliore conoscenza del problema ed una più puntuale
valutazione dei rischi, e suggerite contromisure immediate per
ridurre i rischi alla popolazione con particolare riguardo alla fascia
più giovane. Presso alcune stazioni di trattamento delle acque sono
state effettuate analisi radiometriche per valutare l‟efficacia di questi
trattamenti nella rimozione degli isotopi del radio.
INTRODUZIONE
Nella parte settentrionale dell‟Estonia il contenuto di radioattività
naturale, ed in particolare di isotopi del radio, di alcune acque di
falda è relativamente elevato. Il fenomeno è noto da tempo (Mokrik
2009) e determina un contributo non trascurabile alla dose alla
popolazione. Recentemente la Direttiva Comunitaria 98/83 (EC
1998) è stata recepita come legge nazionale e il valore di parametro
di 0,1 mSv/anno di dose totale indicativa (TID) è stato
restrittivamente trasposto come valore limite; come conseguenza una
parte importante degli acquedotti estoni sono risultati non conformi
al dettato legislativo.
Questa situazione, unitamente al desiderio di approfondire il tema di
possibili rischi per la popolazione, ha stimolato il varo di un progetto
specifico, sponsorizzato dall‟Unione Europea nell‟ambito dei
programmi di cooperazione per l‟inserimento dei nuovi paesi
132
membri.I principali obbiettivi del progetto erano i) l‟esame critico
dei dati esistenti circa la radioattività nelle acque; ii) la valutazione
della dose alla popolazione e di eventuali criticità connesse;
iii) l‟esame di possibili strategie per migliorare capacità analitiche,
qualità dei dati e piani di campionamento e iv) la valutazione di
possibili contromisure volte a migliorare la qualità delle acque.
Al progetto hanno partecipato ARPA Lombardia, ARPA Veneto e
Istituto Superiore di Sanità. Per quanto riguarda le azioni di rimedio,
hanno cooperato l‟Ing. Renato Airoldi, già dirigente presso
l‟acquedotto di Milano e il Dr. Franco Realini, consulente in materia
di impianti di trattamento acque.
Il complesso dell‟attività svolta è stato riassunto in un report
disponibile in rete (EC 2010). Parte dei risultati ottenuti sono stati
recentemente pubblicati (Forte 2010).
ANALISI DELLA SITUAZIONE
Idrogeologia ed acquiferi in Estonia
Per quanto non sia inusuale la presenza nelle acque di radioisotopi
delle famiglie radioattive naturali, e principalmente 234U e 238U,
elevate concentrazioni di 226Ra e 228Ra sono un fenomeno
relativamente inconsueto e normalmente limitato ad aree ristrette
(IAEA 1990, Cothern 1990). In Estonia sono presenti più acquiferi
sovrapposti, derivanti da diverse epoche geologiche e denominati
conseguentemente Quaternario (Q), Siluriano (S), Ordoviciano (O),
Cambriano- Vendiano (Cm-V) (Perens 1997). Quest‟ultimo è il più
profondo: nell‟Estonia centrale esso giace ad una profondità di 200400 m e non viene sfruttato a fini acquedottistici, ma nelle aree
costiere risale a circa 100 m e viene normalmente utilizzato come
riserva acquifera data la sua abbondanza e la impermeabilità rispetto
a possibili inquinamenti dalla superficie. L‟acquifero CambrianoVendiano è un enorme deposito di acqua fossile (Raidla 2009), con
scarsissima ricarica, costituito da siltite e arenaria e adagiato su un
basamento geologico di roccia cristallina (granito e gneiss). La
elevata radioattività dell‟acqua è stata attribuita al contatto
prolungato con la roccia cristallina e alle condizioni riducenti che
133
favoriscono la solubilizzazione del radio (Mokrik 2009). Da un punto
di vista chimico, queste acque sono ricche di Na+ e Cl- e contengono
quantità non trascurabili di ioni meno comuni come Ba 2+ e F- (Karro
2004, Marandi 2007).
Il sistema acquedottistico e i dati radiometrici
Nella prima fase del lavoro sono state raccolte e analizzate le
informazioni sul sistema acquedottistico e i dati esistenti riguardanti
la radioattività. Questi si riferiscono principalmente a pozzi singoli
che afferiscono alle stazioni di pompaggio e distribuzione: la loro
rappresentatività rispetto all‟acqua realmente distribuita dalla
stazione, normalmente servita da più pozzi, non è quindi
completamente garantita, anche considerando il fatto che in molte
stazioni di distribuzione sono presenti impianti di trattamento per
abbattere il tenore di ferro e manganese e che quindi l‟acqua
realmente distribuita è in qualche modo “trattata”.
Da un punto di vista amministrativo, il sistema di distribuzione
dell‟acqua potabile è composto da “water supply zones” (WSZ) che
sono aree servite da una stazione di distribuzione (o più stazioni
molto vicine e simili tra loro) in cui le acque erogate hanno tutte
caratteristiche molto simili; queste WSZ possono essere anche
intercomunicanti, quindi non si riferiscono necessariamente ad
acquedotti distinti. In Estonia esistono 912 WSZ che servono
complessivamente 1,1 milioni di persone (su un totale di 1,3
milioni). Queste hanno mediamente piccole dimensioni: 754 di esse,
corrispondenti all‟84% del totale, servono meno di 500 persone
ciascuna.
Nel nord dell‟Estonia, ed in particolare a Tallinn, anche le acque
superficiali sono utilizzate per il consumo umano. Queste non
presentano ovviamente problemi da un punto di vista
radioprotezionistico, ma sono meno sicure da un punto di vista
chimico e batteriologico oltre ad essere meno gradite agli abitanti.
L‟Istituto Geologico Estone possiede un esteso database relativo alle
indagini chimiche e radiometriche condotte negli ultimi decenni sulle
acque estoni: per quanto riguarda la radioattività sono presenti dati di
attività alfa e beta totale, di concentrazione di uranio e, soprattutto, di
134
isotopi del radio (226Ra e 228Ra). La maggior parte dei dati si
riferiscono al nord dell‟Estonia ed in particolare alla regione di
Tallinn (Harju maakond) (Fig. 1)1.
Fig. 1: Numero di dati radiometrici disponibili per regione. Tra parentesi la percentuale di
popolazione che utilizza acqua il cui contenuto di radioattività è noto
Successivamente sono stati esaminati con maggior dettaglio i dati
riguardanti le concentrazioni di 226Ra e 228Ra che rappresentano la
vera criticità da un punto di vista radioprotezionistico. Nelle figure 2,
3, 4 e 5 sono riportate come classi di distribuzione le concentrazioni
di 226Ra e 228Ra nell‟acquifero Cambriano-Vendiano (il più critico
dal punto di vista del contenuto di radioattività e quindi il più
studiato) e nei restanti acquiferi più superficiali.
Per l'acquifero Cambriano-Vendiano si evidenzia come in oltre il
90% dei casi le concentrazioni di 226Ra e 228Ra siano superiori a 100
mBq/L, con valori massimi superiori a 1 Bq/l.
Un numero cospicuo di WSZ (140 su 912) si approvvigionano
dall‟acquifero Cambriano-Vendiano, specie nella parte settentrionale
del Paese ed in particolare nelle regioni di Harju maakond e Ida-Viru
maakond.
1
Questa Figura e le seguenti sono tratte dal lavoro (Forte 2010).
135
Considerato che alti livelli di radioattività sono riscontrati soprattutto
in questo tipo di acque, si conclude che il problema si riferisce
principalmente a queste 140 WSZ che distribuiscono acqua a circa
250.000 persone (il 22% della popolazione estone).
Se consideriamo le sole WSZ che si approvvigionano di acque
Cambriano-Vendiane e mettiamo in relazione il loro numero con la
loro dimensione, intesa come numero di persone servite dalla singola
WSZ (Fig. 6), si può notare come la maggior parte delle WSZ (83)
servano meno di 500 persone, mentre ben 152.000 persone siano
servite dalle 12 WSZ più grandi.
50
120%
45
99% 100% 100%
95% 97% 98% 98% 98%
100%
40
81%
Frequenza
35
91%
80%
30
64%
25
60%
51%
20
15
40%
29%
10
5
20%
9%
0
0%
Classe (Bq/L)
Fig. 2: Distribuzione delle concentrazioni di 226Ra nelle acque Cambriano-Vendiane (204 dati
disponibili)
40
120%
35
85% 90%
Frequenza
30
98% 98% 99% 99% 100%
100%
93% 96%
80%
69%
25
20
60%
52%
15
37%
40%
10
17%
5
20%
6%
0
0%
Classe (Bq/L)
136
Fig. 3: Distribuzione delle concentrazioni di 228Ra nelle acque Cambriano-Vendiane (179 dati
disponibili)
80
120%
70
89%
Frequenza
60
50
93%
99%
100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100%
76%
100%
80%
40
60%
30
40%
20
20%
10
0
0%
Classe (Bq/L)
Fig. 4: Distribuzione delle concentrazioni di 226Ra nelle acque non Cambriano-Vendiane (91
dati disponibili)
30
120%
25
Frequenza
20
94% 94% 94%
100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100%
79%
100%
80%
15
60%
10
40%
5
20%
0
0%
Classe (Bq/L)
Fig. 5: Distribuzione delle concentrazioni di 228Ra nelle acque non Cambriano-Vendiane (34
dati disponibili)
137
35
120%
29
30
Frequenza
19
20
22
71%
100%
59%
17
80%
17
44%
13
10
5
96%
84%
25
15
91%
100%
Popol. totale servita:
≈ 152000
11
23%
60%
40%
6
6
9%
0
20%
0%
Classe (popolazione servita)
Fig. 6: Distribuzione delle dimensioni delle WSZ Cambriano-Vendiane
Aspetti dosimetrici e normativi
La Direttiva Europea 98/83/EC (EC 1998) sulla qualità dell‟acqua
destinata al consumo umano riporta nella parte C dell‟Allegato 1, per
quanto riguarda la radioattività, un valore di parametro per il trizio
(100 Bq/L) ed un secondo valore per la dose totale indicativa o TID
(0,1 mSv/anno), livello che, se superato, richiede una valutazione sui
possibili rischi per la salute e sull'opportunità di azioni di rimedio.
Tuttavia, nel recepimento in legge della Repubblica Estone, questo
valore di parametro è stato fissato come vero e proprio limite.
Pur essendo la TID la somma dei contributi dovuti alla dose dei vari
radionuclidi (con l‟esclusione di trizio, 40K, 222Rn e suoi prodotti di
decadimento), nel caso in esame può essere considerato in prima
approssimazione il solo contributo degli isotopi del radio 226Ra e
228
Ra, di gran lunga preponderante (Forte 2010).
La Direttiva Europea non entra nel dettaglio di come vada applicato
il valore di parametro per la TID, ma le Linee guida
dell‟Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in vigore durante
le attività del progetto di collaborazione (WHO 2004) - largamente
utilizzate come "norme di buona tecnica" per gli aspetti carenti della
Direttiva - calcolavano dei livelli derivati (guidance level) in Bq/l
138
solo per gli adulti. Ciononostante per le acque estoni abbiamo esteso
le valutazioni anche alle classi di età inferiori, in particolare i lattanti,
allo scopo di fornire alle Autorità locali un ulteriore elemento per le
decisioni future, a livello sia normativo che di gestione delle risorse
idriche. Questa scelta è risultata in linea con quanto riportato nella
nuova edizione delle Linee guida OMS (WHO 2011), che, anche se
non modifica le scelte relative al calcolo dei guidance level, scrive
esplicitamente "Although infants and children consume lower mean
volume of drinking water, the age-dependent dose coefficients for
children are higher than those for adults, accounting for higher
uptake or metabolic rates. In the case of prolonged contamination of
the water source, an assessment of doses to infants and children may
be considered".
Nelle Figure 7 e 8 vengono riportate le classi di TID nel caso degli
adulti per diversi tipi di acquifero. Per il calcolo sono stati utilizzati i
coefficienti di dose in vigore nella legislazione comunitaria (Risica
2000). Si può osservare che ben il 92% delle acque dell‟acquifero
Cambriano-Vendiano eccedono il valore limite estone; va però
messo in rilievo che anche una frazione non trascurabile (21%) delle
acque provenienti dagli altri acquiferi superano questo valore.
60
120%
93%
50
97%
98%
99%
99%
100% 100%
100%
81%
Frequenza
40
80%
30
20
10
60%
53%
40%
33%
20%
8%
0
0%
Classe (mSv/y)
Fig. 7: Distribuzione della dose totale ind. (TID) per gli adulti - acque Cambriano-Vendiane (172
dati disponibili)
139
10
120%
9
100%
8
86%
7
Frequenza
86%
79%
86%
100%
100%
80%
6
5
60%
4
40%
3
2
14%
20%
1
0
0%
Classe (mSv/y)
Fig. 8: Distribuzione della dose totale ind. (TID) per gli adulti - acque non Cambriano-Vendiane
(14 dati disponibili)
Naturalmente la percentuale di acque con TID superiore a 0,1
mSv/anno è superiore se vengono considerate le altri classi di età, ed
in particolare i lattanti (Fig. 9 e 10). Di particolare rilievo per questa
classe di età sono i valori massimi della TID per le acque
Cambriano-Vendiane che eccedono i 10 mSv/anno e il fatto che la
TID per le acque sia Cambriano-Vendiane che non CambrianoVendiane eccede sempre il valore limite estone.
40
120%
35
90%
Frequenza
30
98% 99% 99% 100% 100%
95% 97%
100%
83%
80%
25
61%
20
60%
41%
15
10
20%
5
0
40%
0%
20%
3%
0%
Classe (mSv/y)
Fig. 9: Distribuzione della dose totale (TID) per i lattanti - acque Cambriano-Vendiane (172 dati
disponibili)
140
8
120%
100%
7
86%
Frequenza
6
100%
100%
86%
80%
5
4
60%
50%
3
40%
2
20%
1
0%
0
0%
Classe (mSv/y)
Fig. 10: Distribuzione della dose totale ind. (TID) per i lattanti - acque non Cambriano-Vendiane
(14 dati disponibili)
Per le acque Cambriano-Vendiane vengono riassunti in Tab. 1 i
risultati per tutte le classi di età.
Dose totale indicativa
(mSv/anno)
Classe d‟età (anni)
1
1-2
2-7
7 - 10
10 - 12
12 - 17
> 17
Media
3,6
1,0
0,6
0,7
0,9
1,7
0,3
Deviazione
standard
1,9
0,5
0,3
0,4
0,5
0,9
0,2
Mediana
3,5
0,9
0,6
0,7
0,8
1,6
0,3
°
7,0
1,9
1,1
1,3
1,7
3,3
0,6
95 percentile
Tab. 1: Dose totale indicativa per la popolazione estone delle diverse classi di età (acque
Cambriano-Vendiane)
141
Parametri analitici rilevanti
Nel caso delle acque estoni i parametri radiologici più rilevanti sono
le concentrazioni di 226Ra e 228Ra ed in particolare quest‟ultima che è
responsabile della frazione maggiore della TID (mediamente 74%
nel caso degli adulti e 88% nel caso dei lattanti). Le analisi
radiometriche implicano tempi e costi elevati e pertanto è stato
effettuato un attento esame per 1) individuare i parametri più utili e
semplici da misurare 2) evidenziare ove possibile correlazioni tra
parametri chimico-fisici e radiometrici da utilizzare come criteri di
screening. Per una descrizione dettagliata si rimanda ad altre
pubblicazioni (EC 2010, Forte 2010), mentre di seguito vengono
riassunti i risultati rilevanti:
 sembrano esistere relazioni tra le concentrazioni degli isotopi
del radio e parametri chimico-fisici singoli (ad es. residuo
fisso) o multipli, evidenziati con l‟analisi multivariata (come:
residuo + Fe2+ + Ba2+) che però dovrebbero essere
confermate su una più ampia base dati;
 all‟interno del gruppo delle acque Cambriano-Vendiane
esiste una relazione tra le concentrazioni di 226Ra e 228Ra.
Questa seconda relazione assume particolare importanza perché
implica che utilizzando i coefficienti di correlazione trovati è
possibile ottenere una prima stima approssimativa della dose totale
indicativa con la sola misura del 228Ra (Fig. 11), effettuabile
mediante spettrometria gamma previa preconcentrazione del
campione. Con una tecnica relativamente diffusa, veloce e
relativamente poco costosa è quindi possibile effettuare un primo
screening delle acque.
0,40
0,35
Dose totale
0,30
mSv/y
0,25
228Ra
0,20
0,15
TID : 0.1 mSv/anno
0,10
0,05
0,00
0,00
226Ra
0,05
0,10
0,15
0,20
0,25
228Ra
0,30
0,35
0,40
0,45
0,50
(Bq/L)
Fig. 11: Dipendenza della dose totale indicativa dalle concentrazioni di 228Ra (le linee tratteggiate
indicano il contributo dei due isotopi del radio)
142
Tenuto conto delle incertezze legate ai parametri statistici si può
concludere che:


acque con 228Ra < 0,1 Bq/L ragionevolmente presentano TID
< 0,1 mSv/anno
acque con 228Ra > 0,15 Bq/L ragionevolmente presentano
TID > 0,1 mSv/anno
Si è inoltre concluso che, in questo caso, la misura dell‟attività
alfa/beta totale è di scarsa utilità. Non possono infatti essere applicati
i parametri di screening proposti dall‟OMS (0,5 mBq/L per l‟attività
alfa totale e 1 Bq/L per l‟attività beta totale) (WHO 2004, WHO
2011) perché basati sull‟assunto che i radionuclidi predominanti
siano gli isotopi dell‟uranio. Inoltre, dal momento che in questo caso
la maggior parte della dose è ascrivibile all'emettitore beta 228Ra, il
fattore di confondimento rappresentato dal 40K riduce ulteriormente
l‟utilità della determinazione.
PROPOSTE OPERATIVE E CONCLUSIONI
Monitoraggio delle acque
Un primo suggerimento alle Autorità estoni ha riguardato il
miglioramento, sia in termini di qualità che in termini di
rappresentatività del database radiometrico.
Pur essendo importante la conoscenza delle caratteristiche delle
singole prese d‟acqua, deve essere sicuramente valutata la
radioattività dell‟acqua al consumo, quindi dopo miscelazioni e
trattamenti. Il monitoraggio deve essere organizzato in modo tale da
garantirne la rappresentatività e quindi permettere una stima
affidabile della dose alla popolazione. Deve essere inoltre ampliato il
monitoraggio delle acque dell‟Estonia centrale e meridionale che
contengono quantità inferiori ma non trascurabili di radionuclidi.
I parametri più importanti da misurare sono certamente le
concentrazioni di 226Ra e 228Ra, che contribuiscono in maniera
143
preponderante alla dose totale indicativa; in particolare è prioritaria
la determinazione di quest‟ultimo radionuclide. Il 228Ra può essere
misurato mediante spettrometria gamma, previa preconcentrazione
del campione. Siccome questa è una tecnica relativamente diffusa,
rapida e relativamente poco costosa (diversi Istituti in Estonia sono
sufficientemente attrezzati a questo proposito), una prima campagna
di monitoraggio potrebbe basarsi sulla misura gamma delle acque.
Sarebbe opportuno garantire preventivamente la qualità e la
confrontabilità dei dati mediante opportuni interconfronti, anche
interni, tra gli Enti che collaborano al monitoraggio. Gli altri
radionuclidi potrebbero essere utilmente determinati in un numero
minore ma rappresentativo di casi. Non appare comunque utile la
misura delle attività alfa e beta totali.
L‟analisi statistica dei dati ed in particolare la ricerca di correlazioni
tra parametri chimici e radiometrici andrebbe approfondita. In caso
di esito positivo, le analisi chimiche (che vengono solitamente
effettuate sulla totalità delle acque) potrebbero divenire un‟utile
“spia” di casi di elevata radiocontaminazione.
Contromisure
L‟adozione del valore di 0,1 mSv/anno per la dose totale indicativa
(TID) relativa all‟acqua come limite di legge appare un criterio
troppo rigido in una prospettiva che miri a bilanciare costi e benefici,
dal momento che l‟acqua di rete è una risorsa primaria ed essenziale
e anche tenuto conto dei principi ALARA. Ciò nondimeno sono state
valutate varie possibilità di intervento.
La possibilità di migliorare la qualità radiometrica dell‟acqua è stata
esaminata ampiamente e discussa nel Rapporto Tecnico finale (EC
2010); la riduzione delle concentrazioni di radio è complessa e
costosa e può portare ad un sostanziale peggioramento della qualità
dell‟acqua. Nel corso della progetto sono state anche effettuate
misure in ingresso ed in uscita dagli impianti di trattamento esistenti,
progettati per ridurre le concentrazioni di ferro e manganese, ma la
loro capacità di ridurre le concentrazioni di radio appare molto
144
variabile e comunque insufficiente. È indubbio che per ridurre
selettivamente la concentrazione di radio senza impoverire
eccessivamente le acque debbano essere impiegati metodi
appositamente studiati (una sperimentazione è stata già avviata
presso il Politecnico di Tallinn), tuttavia la loro applicazione è
ipotizzabile solo nelle stazioni di grandi dimensioni (vedi Fig. 6).
Pertanto l‟eccessiva frammentazione del sistema acquedottistico è un
importante ostacolo all‟adozione di sistemi avanzati di trattamento
delle acque.
Anche nel nord dell‟Estonia vengono utilizzati in parte acquiferi più
superficiali. Una miglior selezione delle fonti, previa valutazione
radiometrica, ed una loro opportuna miscelazione possono in alcuni
casi non rendere necessario il trattamento nelle acque. Anche in
questo caso la razionalizzazione degli acquedotti unita all‟impiego di
un “criterio radiometrico” nella progettazione degli impianti può
produrre significativi miglioramenti.
Nonostante le precedenti raccomandazioni dell‟Organizzazione
Mondiale della Sanità (WHO, 2004) invitassero a considerare
unicamente le dosi alla popolazione adulta e la Direttiva Europea non
desse indicazioni in merito, si è ritenuto importante valutare anche le
dosi a lattanti, bambini ed adolescenti, che sono risultate per nulla
trascurabili. Per questo motivo, una serie di contromisure sia a livello
di informazione, come ad esempio scoraggiare l‟uso delle acque più
radiocontaminate per la preparazione degli alimenti nella prima
infanzia, o regolamentari, come stabilire vincoli sul tipo di acque da
utilizzarsi nelle preparazione di “soft drinks”, potrebbero essere
utilmente considerate.
145
BIBLIOGRAFIA
Cothern C.R., Rebers P.A. (1990): “Radon, radium and uranium in drinking
water” Lewis Publisher, Chelsea (U.S.A.).
EC (1998): “Direttiva 98/83/CE del Consiglio del 3 novembre 1998 concernente la
qualità delle acque destinate al consumo umano”. Gazzetta Ufficiale delle
Comunità europee L330/32, 5.12.98.
EC (2010): “Estimation of concentrations of radionuclides in Estonian ground
waters and related health risks”. European Commission. Estonian Transition
Facility 2006/18111.05.01.0005. Twinning Light Contract No. EE06-IB-TWPESC-03.
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at: http://ita.arpalombardia.it/ITA/area_download/index_download.asp
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147
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
PRESENZA DI 131I NEL D.M.O.S. DEL FIUME TEVERE
NEL TRATTO DELLA PROVINCIA DI ROMA:
L‟ESPERIENZA DEL SERVIZIO MISURE
RADIOATTIVITÁ AMBIENTALE DELLA CROCE ROSSA
ITALIANA
C. Fontana, A. Marchetti, P. Bennati, A. Zoffranieri, T. Papetti,
U. Angeloni
Servizio Misure Radioattività Ambientale LC/CRI
[email protected]
ABSTRACT
A seguito dell‟incidente di Chernobyl è divenuta pratica comune
effettuare l‟analisi del Detrito Minerale Organico Sedimentabile
(D.M.O.S.) nei principali fiumi italiani per la ricerca della eventuale
presenza di radionuclidi naturali e artificiali in seguito al fall-out
della nube radioattiva fuoriuscita dal reattore della centrale nucleare.
Il Servizio Misure Radioattività Ambientale del Laboratorio Centrale
della Croce Rossa Italiana (SMRA/LC/CRI) ha attivato nel 1996 una
rete di monitoraggio trimestrale per l‟analisi del D.M.O.S. nel fiume
Tevere, l‟unica nel tratto di interesse della provincia di Roma, da
Saxa Rubra alla foce Fiumara Grande. Il Servizio SMRA/LC/CRI nel
corso della sua attività di monitoraggio ambientale ha rivelato e
rivela regolarmente a tutt‟oggi nei diversi siti di campionamento la
presenza di 131I, radionuclide largamente utilizzato in diagnostica e
radioterapia. Nel presente lavoro vengono riportati e discussi i dati
più significativi dell‟andamento della concentrazione di 131I nei siti
individuati nel corso della nostra attività.
INTRODUZIONE
A seguito dell‟incidente di Chernobyl che, come noto, per la sua
gravità e il conseguente fall-out, ha interessato diversi paesi europei
tra cui l‟Italia, il Laboratorio Centrale della Croce Rossa Italiana ha
148
istituito nel 1986 il Servizio SMRA/LC/CRI deputato al
monitoraggio della radioattività gamma in matrici ambientali,
alimentari e biologiche per la valutazione della concentrazione dei
radioisotopi sul territorio nazionale dovuta alla conseguente
deposizione del materiale radioattivo (effetto rain)[1].
Alla base dell‟organizzazione del nascente Servizio si è cercato di
utilizzare al meglio i mezzi a disposizione, per soddisfare aspettative
e bisogni al fine di migliorare i risultati in termini di qualità. Per il
raggiungimento di tale obiettivo, sono state adottate una serie di
operazioni preventive tra cui adeguare le metodiche in uso a modelli
suggeriti da organizzazioni esterne (campagne di taratura) e adottare
nuove procedure per uniformare le metodiche di misura, al fine di
rendere comparabili i dati forniti dai diversi Laboratori nazionali
(campagne di interconfronto) [2].
Per queste attività, la CRI ha ottenuto nel 1991 il riconoscimento da
parte dell‟ISPRA (ex ANPA) di effettuare misure nell‟ambito della
Rete Nazionale di Sorveglianza della Radioattività Ambientale in
Italia (Rete RESORAD). In particolare ha fornito in questi anni e
continua ad inviare i risultati delle misure radiometriche nel sito web
Sinanet.apat (ISPRA) che vengono trasmessi all‟European
Environmental Information System (EEIS).
In questi 25 anni trascorsi dall‟incidente di Chernobyl, il Servizio
SMRA/LC/CRI ha contribuito in base alle sue potenzialità, sia alle
ricerche radioecologiche sia ad attività di monitoraggio sul territorio
nazionale per analizzare l‟andamento spazio-temporale delle
concentrazioni dei radioelementi in matrici ambientali, alimentari
interessati dalla diffusione della radioattività e dal trasferimento di
questa all‟uomo [3].
In Italia, l‟incidente di Chernobyl ha fornito la possibilità di svolgere
“un esperimento di radioecologia” in condizioni reali sui diversi
compartimenti dell‟ecosistema complesso costituito dal bacino dei
principali fiumi nazionali. In particolare sono state determinate le
concentrazioni dei radionuclidi nelle ricadute secche ed umide e sono
state parimenti misurati l‟accumulo al suolo, le concentrazioni nelle
149
acque e nei diversi componenti biotici dell‟ambiente fluviale
(sedimento, D.M.O.S., vegetazione acquatica, ecc.).
Le ricerche sui componenti abiotici dell‟ambiente fluviale con
rilevanza dal punto di vista ecologico, hanno evidenziato il ruolo
essenziale del D.M.O.S., quale indicatore della presenza di molti
radionuclidi, di origine recente. L‟analisi radiometrica dei sedimenti
ha consentito di rivelare sia l‟andamento dinamico della
contaminazione dovuta ai diversi radionuclidi sia l‟influenza del
regime idrologico sulla distribuzione di questi ultimi correlata anche
alla tipologia dei sedimenti del tratto di fiume in esame (analisi
granulometrica, frazione fine – limo/argilla) [4-5].
Infatti numerosi studi effettuati sul fiume Po hanno dimostrato che il
D.M.O.S si rivela un ottimo indicatore di radiocontaminazione per
molti radionuclidi naturali (7Be, 40K, ecc.) ed artificiali dovuti ai
prodotti di fissione rilasciati dopo Chernobyl (137Cs, 134Cs, 90Sr,
106
Ru, 131I ecc.) e di attivazione di origine ospedaliera e/o industriale
[6-7].
Nel 1996, la campagna interregionale organizzata dal Servizio
SMRA/LC/CRI e dalle ARPA (ex CRR) del Piemonte, Veneto,
Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Umbria sullo studio della
radiocontaminazione ambientale a seguito di Chernobyl sui tre più
importanti fiumi nazionali Po, Arno e Tevere, utilizzando come
indicatore il D.M.O.S., ha confermato gli studi precedentemente
enunciati e ha permesso di scoprire la presenza di 137Cs “extra
Chernobyl” grazie all‟analisi del rapporto tra i due radiocesi 137Cs e
134
Cs [8].
A seguito dei risultati positivi emersi da questa campagna, dal 1996
ad oggi il Servizio SMRA/LC/CRI ha ritenuto importante continuare
e potenziare l‟attività sistematica di monitoraggio sul fiume Tevere
implementando l‟attività con diverse matrici d‟interesse come le
acque superficiali, i sedimenti e la vegetazione acquatica. A tutt‟oggi
la CRI detiene la prima e unica Rete della provincia di Roma che si
estende nel tratto da Saxa Rubra alla foce del Tevere, nell‟ambito del
Programma della Rete di controllo della radioattività post Chernobyl
in Italia.
150
Nel corso dell‟attività di monitoraggio del Tevere oltre alle misure
dei due radiocesi l‟attenzione si è concentrata da circa quindici anni
sulla presenza nel D.M.O.S. di 131I radionuclide largamente utilizzato
in diagnostica e radioterapia che, per il suo breve tempo di
dimezzamento di circa otto giorni sopravvive a sufficienza per
accumularsi nelle varie matrici precedentemente menzionate.
Attualmente le tecniche diagnostiche di medicina nucleare utilizzano
un radioisotopo (131I, 99mTc, 67Ga, 20Tl, 111In, ecc.) che viene legato
ad un composto chimico (radiotracciante) il quale ha un definito
comportamento metabolico che consente mediante la rilevazione
temporale dei decadimenti gamma di ottenere studi dinamici ed
immagini diagnostiche; ne consegue che negli escreti biologici dei
pazienti, prevalentemente nelle urine, saranno presenti quantità di
radioattività.
Sempre più numerosi e in continua evoluzione sono i radioisotopi
utilizzati in campo medico. A fronte di questa realtà si evidenzia la
dispersione nell‟ambiente di tracce più o meno consistenti di
radionuclidi che, con una certa frequenza, vengono rilevati in
determinati comparti ambientali come quello fluviale [9-10-11].
In considerazione di ciò nel presente lavoro vengono riportati i
risultati disponibili della concentrazione di attività di 131I determinati
mediante l‟analisi spettrometrica gamma sui campioni di D.M.O.S.
prelevati nel corso delle campagne di monitoraggio sul fiume Tevere.
MATERIALI E METODI
Le misure relative alla concentrazione di attività di 131I nel D.M.O.S.
del Tevere, sono state effettuate presso la Rete di Monitoraggio attiva
sul fiume, realizzata dalla CRI.
Si è preferito campionare il D.M.O.S., particolato in sospensione
trasportato dall‟acqua dei fiumi in procinto di depositarsi sul fondale
del fiume stesso poiché, trattandosi della componente particellare
non ancora sedimentata, è rappresentativa della “storia recente”del
fiume. E‟ stato dimostrato infatti che l‟analisi di questa particolare
matrice è un utile indicatore della presenza di eventuali
contaminazioni (sia radioattive che da metalli pesanti) del corso
151
d‟acqua: la tendenza dei radionuclidi e dei metalli pesanti in generale
ad attaccarsi alla frazione fine (lime e argilla) del particolato in
sospensione rende questa tecnica di monitoraggio assai sensibile
anche a livelli relativamente bassi di contaminazione [11].
Per il prelievo del D.M.O.S. è stato utilizzato nei Laboratorio
SMRA/LC/CRI un particolare dispositivo di campionamento che
consiste in una struttura composta da un primo involucro esterno di
cartene, sulle cui due facciate vengono praticati tre tagli verticali (20
cm) per consentire l‟ingresso dell‟acqua; all‟interno di questo
elemento viene posto un altro involucro identico con tagli orizzontali
praticati su entrambi i lati. Questo accorgimento permette di creare
una sorta di griglia utile nel corso della fase di recupero al fine di
evitare una eccessiva perdita di materiale. All‟interno dei due
involucri sono state poste tre strisce in PVC (10 x 100 cm)
accartocciate in modo tale da creare una efficace trappola per la
cattura del D.M.O.S.. Il tutto chiuso mediante semplice legatura dei
lembi delle maniglie ed opportunamente zavorrato, costituisce l‟unità
di campionamento. I campionatori così costituiti sono stati affondati,
almeno ad una profondità di 1-2 metri, nei siti di campionamento
prescelti in modo da essere di facile accesso nella successiva fase di
recupero [figura 1].
Il metodo si è dimostrato efficace sia in condizioni di stabilità
idrologica sia in assenza di un importante trasporto di fondo: in
questi casi l‟efficacia di recupero è stata prossima al 100%.
Figura 1: preparazione del materiale per il prelievo - ritiro del D.M.O.S.
(Lab. Trattamento Campioni SMRA_LC_CRI)
I campionamenti sono stati effettuati lungo il tratto del Tevere che
attraversa la provincia di Roma in corrispondenza di tre siti
152
caratteristici, in quanto ritenuti meglio rispondenti alla metodologia
nazionale adottata dai Laboratori della Rete Resorad:



tratto superiore_ a monte di Roma: CASTEL GIUBILEO (Roma
Nord)
tratto mediano_ Roma urbe: ARA PACIS (Roma Centro)
tratto inferiore_ a valle di Roma: FIUMARA GRANDE (Roma
Sud-Ovest).
In ogni sito sono stati posti n.8 campionatori per assicurare una
elevata significatività del campionamento anche in rapporto alla
eventuale perdita di alcuni di essi dovuta all‟instabilità del fiume.
La durata del campionamento, mai inferiore ai 6 giorni, è stata
mediamente di 10 giorni dalla deposizione. I campionamenti sono
stati effettuati trimestralmente, di norma, nel periodo centrale dei
rispettivi trimestri annuali: Febbraio, Maggio, Agosto e Novembre
[Figura 2].
Figura 2: Localizzazione dei punti di campionamento del D.M.O.S. sul territorio della Rete CRI
sul Fiume Tevere della provincia di Roma
153
Al momento della raccolta, sul sito, è stato effettuato un primo
pretrattamento sul materiale che consiste in una setacciatura ad
umido con setaccio da 1 millimetro, per eliminare eventuali
impurezze e sostanze organiche; le frazioni così separate sono state
messe in contenitori di plastica da 20 litri [Figura 3].
Figura 3: pretrattamento del D.M.O.S. sui siti di campionamento del fiume Tevere
(SMRA_LC_CRI)
In laboratorio entro le 24 ore dal ritiro, sulla parte del materiale
raccolto, privata dell‟acqua in eccesso, posta in Beaker Marinelli
(geometria 1000 cc), è stata effettuata l‟analisi spettrometrica gamma
per la ricerca dell‟eventuale presenza di 131I e per le misure
qualitative e quantitative dei radionuclidi naturali ed artificiali post
Chernobyl. E‟ stato utilizzato un sistema spettrometrico gamma
HPGe efficienza al 30%, analizzatore multicanale Dspec e sistema di
acquisizione (software Gamma Vision versione 6.07 Ortec); sorgente
di riferimento multipicco sigillata in gel da 1000cc. I campioni sono
stati misurati per 20 ore. Le misure sono espresse a peso secco:
mediante il fattore di conversione peso fresco/ peso secco (Bq/kg)
calcolato in un aliquota di 10g di D.M.O.S. sottoposto ad
essiccazione in stufa a circa 105°C per 48 ore [figura 4].
154
Figura 4: pretrattamento,analisi spettrometrica gamma del D.M.O.S. del Fiume Tevere e
valutazione della concentrazione di
131
I (Lab. Spettrometria Gamma SMRA_LC_CRI)
I prelievi sono stati effettuati in collaborazione tecnico-logistica con
il Team dei Volontari del Soccorso, opportunamente formati (circa
30 elementi) della Croce Rossa Italiana del Comitato Locale di Roma
e con il Team di IES & CRI [12-13-14].
RISULTATI E DISCUSSIONE
Le analisi di spettrometria gamma dei campioni di D.M.O.S.
analizzati lungo la Rete CRI nel tratto di interesse della Provincia di
Roma sono iniziate nel 1996 con la raccolta dei campioni prelevati in
Roma Centro (Ara Pacis), primo sito individuato. I risultati delle
misure fin dal 1996 hanno rilevato 131I, come si è riscontrato negli
altri fiumi nazionali misurati dai Laboratori Regionali delle ARPA
(ex CRR). In particolare, si è osservato che la concentrazione
misurata di 5 Bq/kg [Grafico 1] era in accordo con i dati riportati in
bibliografia, nello stesso anno, dalla Regione Umbria nel tratto di
competenza, evidenziando la presenza di radionuclidi impiegati in
medicina nucleare anche nel fiume Tevere [8-15]. Negli anni a
seguire fino al 2002 nelle stazioni di Roma Centro e nella successiva
di Roma Sud-Ovest (Fiumara Grande), la concentrazione di 131I non
ha superato la decina di Bq/kg, con valori più alti riscontrati nel sito
di Roma Sud-Ovest; mentre per la terza stazione individuata presso
Roma Nord (Castel Giubileo) lo 131I fino al 2001 è assente o talvolta
le misure sono risultate al di sotto della sensibilità dello strumento
(MAR mediamente minore di <0,6) e anche nel 2002 i valori sono
stati molto bassi, pari a 0,4 Bq/kg. Il grafico n. 1 mostra le
155
concentrazione di 131I disponibili nei primi anni di attività della Rete
CRI dal 1996 al 2002.
Grafico 1: Concentrazione di 131I nel fiume Tevere nei primi anni di Attività della Rete CRI
Dal 2007 fino al primo semestre del 2011 sono state eseguite
regolarmente misure in tutti e quattro i trimestre dell‟anno, nei tre i
siti di campionamento che hanno consentito di seguire l‟andamento
della concentrazione di 131I; per motivi di ristrutturazione dell‟Istituto
non è stato possibile effettuare la determinazione della
concentrazione di Iodio nel periodo 2003-2006. Il grafico n. 2 mostra
l‟andamento delle concentrazioni medie annue nel D.M.O.S. nel
fiume Tevere negli ultimi 5 anni, nei tre siti.
Grafico 2: Concentrazione di131I nel fiume Tevere negli ultimi 5 anni di attività della Rete CRI
156
In particolare si può notare che a differenza del primo periodo di
misura (1996-2002) lo 131I si rileva in tutte e tre le stazioni, anche se
con delle fluttuazioni. Rispetto ai primi anni di misura i valori di
concentrazione del radionuclide sono notevolmente aumentati in tutti
e tre i siti. Nello specifico i valori più elevati delle medie annue si
riscontrano rispettivamente a Roma Nord nel 2008 con 3,8 Bq/kg, a
Roma Centro sempre nello stesso anno con 22,3 Bq/kg e a Roma
Sud-Ovest nel primo semestre del 2011 con 41,3 Bq/kg.
Inoltre si è osservato che i valori di 131I subiscono oscillazioni nei
trimestri di misura per cui durante gli anni si hanno dei valori che
superano i valori massimi medi annui, infatti nel primo trimestre
2008 per Roma Nord il valore massimo rilevato è stato di 11,1 Bq/kg
e per Roma Centro di 44,4Bq/kg; mentre nel primo trimestre 2011per
Roma Sud-Ovest è stato di 61,7 Bq/kg.
Infine i risultati delle misure di concentrazione di 131I ottenuti in
questi anni dal Servizio SMRA/LC/CRI sul fiume Tevere risultano
essere superiori a quelle di altri fiumi monitorati in
Italia [11].
CONCLUSIONI
In questo lavoro è stata presentata e discussa l‟esperienza più che
decennale maturata in questo settore dal Servizio Misure
Radioattività Ambientale del Laboratorio Centrale della Croce Rossa
Italiana nell‟ambito del monitoraggio della radioattività ambientale
intrapresa tra il 1996 e il primo semestre 2011 sul fiume Tevere. Tale
attività ha evidenziato che la concentrazione di 131I nella matrice del
D.M.O.S. ha avuto un incremento della concentrazione nel corso
degli anni in correlazione al crescente impiego dei radionuclidi in
medicina nucleare sia nei laboratori privati che nelle strutture
ospedaliere.
Si è evidenziato che nel sito di Roma Nord, in prossimità di Saxa
Rubra, a monte di Roma Urbe, subito dopo la riserva di Nazano e
molto prima dell‟entrata del fiume Aniene nel Tevere, i valori di 131I
misurati sono risultati estremamente bassi; mentre negli altri due siti
in prossimità degli scarichi del centro urbano e dei grossi
insediamenti urbanistici fino allo foce del Tevere, verso Fiumicino
ed Ostia, la presenza dello 131I è più rilevante.
157
Al fine di una più precisa valutazione dell‟impatto ambientale dovuti
all‟utilizzo dei radionuclidi a breve dimezzamento sarebbe opportuno
valutare:
a) i sistemi di gestione dei rifiuti liquidi e solidi derivanti
dall‟impiego dei suddetti radionuclidi ai fini diagnostici e
radioterapeutici prima di essere immessi nell‟ambiente;
b) viste le basse concentrazioni di 131I rilevate nel D.M.O.S., il
breve periodo di dimezzamento (circa 8 gg.) dello stesso e la
variabilità dei valori di concentrazione (al limite della MAR
del sistema di misura) l‟aggiornamento del metodo di
pretrattamento e trattamento del D.M.O.S., sostituendo la
metodologia, attualmente utilizzata, (decantazione naturale)
per separare la parte solida da quella liquida, con una
metodologia di centrifugazione dei campioni. Quanto sopra
potrebbe accorciare i tempi di pretrattamento e trattamento
del campione con notevoli vantaggi per la determinazione
delle concentrazioni di 131I associate rispettivamente alle
componenti solide e liquide del campione stesso.
c) i valori di 131I rilevati nel D.M.O.S. con i valori dello stesso e
di altri radionuclidi, eventualmente, rilevati in altre matrici
(sedimento, acqua, vegetazione acquatica) di interesse,
prelevate sul fiume Tevere negli stessi siti e nello stesso
periodo temporale, per evidenziarne un‟eventuale
correlazione.
In considerazione di ciò, il Servizio SMRA/LC/CRI che in questi
anni di attività si è posto e si pone come fine la prevenzione
ambientale e sanitaria della popolazione si auspica che in futuro si
possa studiare l‟andamento della concentrazione dello 131I lungo tutto
il percorso del fiume Tevere attraverso Reti di Monitoraggio della
Radioattività Ambientale in ambito regionale.
158
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AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
ATTIVITÀ DI CARATTERIZZAZIONE RADIOMETRICA
E CHIMICA DELL‟AREA MARINA DELLA COSTA
TIRRENICA COMPRESA NELLA PERIMETRAZIONE
DEI COMUNI TRA AMANTEA E BELVEDERE
G. Fiumanò*, E. Fiorino**; M. Mileto**, E. Provenza**;
T. Pangaro**; C. Ambrosio**; P. Pantusa**; L.Natalino**;
R.Trozzo***; G. Durante***; V. Molinaro***; F. Fullone*** ,
F. Falco****; Gaetano Osso****, R. Chiappetta***** ;
G. Spadafora***** ; A. M. Torchia*****; M. G. Guido***** ;
G. Manna*****, P. Piersante******; F. Casaburi****** ;
*ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza via Trento 21- 87100 - Cosenza
**ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza - Servizio Acque
*** ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza – Servizio Laboratorio Fisico
**** ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza - Centro Funzionale Strategico di
Geologia
***** ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza - Servizio Laboratorio Chimico
****** ArpaCal, Dipartimento Provinciale Cosenza - Servizio Laboratorio
Bionaturalistico
1
PREMESSA E PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI.
In adempimento alle finalità perseguite dall‟A.R.P.A.Cal., i servizi
del Dipartimento Provinciale di Cosenza che hanno condotto il
presente lavoro, operano per la tutela e il controllo dell‟ambiente, per
la prevenzione e la promozione della salute collettiva, per conseguire
la massima efficacia nell‟individuazione e nella rimozione dei fattori
di rischio per l‟uomo e per l‟ambiente in genere. Le attività sono
svolte nell‟ambito della normativa comunitaria, nazionale e
regionale.
I principi fondamentali che regolano il controllo e lo scambio di
informazioni in materia di radioattività nell'ambiente, nell'ambito dei
paesi della Comunità Europea, sono riportati negli articoli 35 e 36
del trattato istitutivo della Comunità Europea dell'Energia Atomica
del 25/03/57 (Trattato Euratom), che stabiliscono l'impegno di
ciascuno stato a svolgere in maniera permanente i relativi controlli. Il
presente lavoro è stato redatto a consuntivo del protocollo di
161
indagine sottoscritto da A.R.P.A.Cal con la Prefettura di Cosenza e la
Capitaneria di Porto di Vibo Valentia e di Cetraro, per le attività di
caratterizzazione ambientale, chimica e radiometrica, con particolare
riferimento ai sedimenti e agli organismi, dei fondali dell‟area
marino-costiera compresa tra i Comuni di Amantea e Belvedere della
costa Tirrenica Cosentina. L‟opportunità della stipula di tale
protocollo nasce a seguito dei fatti di cronaca avvenuti a partire dal
1990, che legano il territorio del progetto, in particolare i comuni
limitrofi ad Amantea, agli avvenimenti della motonave “Jolly
Rosso”, nonché a seguito dei recenti accertamenti sulle attività
illecite connesse al ciclo dei rifiuti, effettuati sui relitti sommersi nel
tratto di costa interessata. Le numerose indagini avviate dal 1992,
hanno portato alla necessità di effettuare un monitoraggio che
potesse in primis servire per attivare eventuali misure di prevenzione
per la tutela della salute collettiva e, a seguire, dare risposte efficaci a
comparti quali la pesca ed il turismo, legati indissolubilmente alla
salubrità del territorio di appartenenza.
2
OBIETTIVI E SCOPI DELL‟INDAGINE
L‟obiettivo di tale studio è la ricerca di metalli pesanti e radionuclidi
artificiali indicativi di un possibile inquinamento antropico, ponendo
anche attenzione alla radioattività naturale. Le analisi effettuate sono
state: analisi radiometriche (misure di rateo di dose gamma a
contatto, spettrometria gamma sui campioni ambientali e sul
pescato), analisi chimiche (sulle specie nectobentoniche1, sui
campioni di acqua di mare e sui sedimenti marini), analisi
microbiologiche ed eco-tossicologiche. E‟ stata inoltre effettuata una
caratterizzazione geologica sui sedimenti fluviali con particolare
riferimento alle rocce radioattive. Le misure di radioattività
ambientale sono state correlate con la caratterizzazione geologica al
fine di stimare l‟esposizione della popolazione a fattori di rischio
specifici ed eventualmente adottare le misure più idonee di
prevenzione e protezione.
1
Organismo nectonico (o appartenente al NECTON): comprende tutti gli organismi marini che nuotano nella colonna
d'acqua a varie altezze. Organismo bentonico (o appartenente al BENTHOS): comprende invece gli organismi che vivono
il loro ciclo vitale prevalentemente sul fondale o in stretta vicinanza ad esso. Un organismo nectobentonico è un
organismo che ha entrambe le caratteristiche suddette.
162
3
MODALITÀ
RILEVATI
E
PROCEDURE
OPERATIVE
–
DATI
Le operazioni si riferiscono
alla campagna di pesca
scientifica
effettuata
il
23/07/10. I prelievi sono stati
suddivisi in prelievi via mare
(sedimenti marini, pescato,
acqua di mare) e prelievi via
terra (sedimenti marini sulla
fascia costiera, sedimenti
fluviali). Il campionamento è
stato effettuato con mezzi
navali della Capitaneria di
Porto - Guardia Costiera di
Vibo Valentia e di Cetraro e
Figura 1: localizzazione punti di prelievo dei
pescherecci
della
sedimenti fluviali, dei sedimenti marini, dei top soil e
dei bioti.
Federcoopesca Calabria. A
tutte le operazioni di campionamento e misure in campo ha assistito
personale dell‟A.R.P.A.Cal. I mezzi navali e pescherecci erano
equipaggiati con verricello ed ecoscandaglio per il rilevamento della
profondità di prelievo, mentre è stato utilizzato un sistema di
localizzazione satellitare GPS differenziale per l‟individuazione delle
coordinate geografiche. I sedimenti sono stati prelevati da due
sommozzatori, che immergendosi hanno riempito i contenitori. Per
ogni punto di prelievo sono state raccolte due aliquote di sedimento
marino sui quali è stata eseguita una misura radiometrica campale.
Le due aliquote sono state successivamente sigillate ed identificate
per le successive analisi chimiche e radiometriche da laboratorio.
Queste ultime sono state realizzate adoperando la stazione di
spettrometria gamma coassiale al germanio iperpuro con
un‟efficienza relativa a (1.33MeV, 60Co) del 40%. Le analisi
vengono eseguite secondo procedure regolamentate da precise norme
tecniche, le quali prevedono tempi di misura e modalità di
preparazione/confezionamento dei prelievi. In particolare sui
campioni di sedimenti marini è stato effettuato il pre-trattamento
attraverso l‟essiccazione, omogeneizzazione, setacciatura e
163
confezionamento in beaker di Marinelli (1 lt). Il tempo di
acquisizione è stato di 16 ore. I campioni di pesce sono stati triturati,
omogeneizzati e confezionati in beaker di Marinelli (1 lt) e messi in
accumulazione per un tempo di 5/6 ore. Con le stesse metodiche
sono state effettate analisi radiometriche anche su sedimenti fluviali
in corrispondenza delle foci dei fiumi Aron (Cetraro), Catocastro
(Amantea) e Oliva (Amantea). Tali prelievi sono stati effettuati per
eseguire la caratterizzazione radiometrica dei sedimenti che tramite i
fiumi vengono condotti a mare. Per i campioni di pesce si è
proceduto al calo delle reti ed al relativo pescaggio secondo
procedure dettate dalla Guardia Costiera. In particolare è stata
eseguita una campagna di pesca scientifica con un tipo di rete da
traino a strascico caratterizzata da maglia romboidale di apertura
5cmx5cm. Sono state effettuate due cale, una delle quali considerata
come bianco. La posa della rete nella prima cala (bianco) è avvenuta
al mattino del giorno di campionamento alle ore 10:50 all‟altezza
Traverso di Belvedere (nel punto di coord. Lat.39°34,925‟N Long.
15°44,407‟E) ad una distanza dalla costa di 5,5 miglia nautiche, ad
una profondità di 400 metri e il recupero della rete è avvenuto alle
ore 14:00 dopo 3 ore di permanenza in acqua all‟altezza del traverso
Acquappesa (39° 27,165‟N e 15° 52,625 Est). Le procedure usate ed
i materiali impiegati hanno reso la calata del tutto comparabile con
quelle normalmente svolte durante l‟attività di pesca professionale.
Una volta salpata la rete, il contenuto del cod-end (sacco della rete) è
stato suddiviso in due categorie: commerciale e scarto. Il
commerciale è stato immediatamente processato a bordo; si è
proceduto all‟identificazione fino al più basso livello tassonomico
possibile, al conteggio del numero di individui e alla lunghezza totale
e standard delle specie. L‟analisi del popolamento ittico della prima
pescata effettuata ha permesso di identificare circa 10 specie, tra
pesci e invertebrati. Da una valutazione più specifica si può osservare
che la frazione commerciale è costituita prevalentemente da Pesci e
Crostacei e meno da Molluschi, con rendimenti abbastanza modesti e
con una dominante di Occhione (Chlorophthalmus agassizi), Musdea
, Scorfani e Gamberi. La posa della rete nella seconda cala è
avvenuta nel pomeriggio del giorno di campionamento alle ore 14:20
nel punto di coordinate Lat. 39°26,559‟N Long.15°52,829‟E, con
164
batimetrica di 380 metri circa ad una distanza dalla costa di 4 miglia
nautiche al traverso di Acquappesa, con successivo salpamento della
rete stessa nel punto di coordinate Lat. 39°31,968‟N Long.
15°48,040‟E con batimetrica di circa 350 metri ad una distanza dalla
costa di circa 3,3 miglia nautiche al traverso di Sangineto. La
seconda pescata ha evidenziato andamenti delle catture in parte
confrontabili e sovrapponibili con la prima.
Nella successiva tabella 1 si elencano tutte le informazioni relative ai
prelievi effettuati.
Punto
Postazione
Profondità
(mt)
Distanza
costa
(miglia)
Coordinate geografiche
Tipo di
pesce
Note
1
largo Belvedere
400
5,5
39° 34,925‟ N 15° 44,407‟ E
musdea
pesca fuori area
2
largo Belvedere
400
5,5
39° 34,925‟ N 15° 44,407‟ E
occhione
pesca fuori area
3
largo Belvedere
400
5,5
39° 34,925‟ N 15° 44,407‟ E
scorfano
pesca fuori area
4
largo Cetraro
400
4
36° 26,559‟ N 15° 52,829 E
musdea
pesca in area
5
largo Cetraro
400
4
36° 26,559‟ N 15° 52,829 E
occhione
pesca in area
6
largo Cetraro
400
4
36° 26,559‟ N 15° 52,829 E
scorfano
pesca in area
Tabella 1: Schematizzazione campionamento pesce
Una volta salpate le reti, i campioni di ittiofauna sono stati raccolti in
contenitori distinti ed immediatamente conservati sotto ghiaccio fino
al loro arrivo in laboratorio, dove sono stati preparati per le
successive analisi chimiche e radiometriche.
Le analisi sul pescato sono state le seguenti:
 la determinazione tassonomica;
 la determinazione dei parametri biometrici (misura della
lunghezza standard e totale);
Per le specie ittiche sono state considerate due misure di lunghezza:
 la lunghezza totale (TL) dall‟apice del muso alla punta della
pinna caudale (pinna caudale inclusa);
 la lunghezza standard (SL) dall‟apice del muso alla punta del
peduncolo caudale (pinna caudale esclusa).
Le specie prese in esame sono state:
 Chlorophthalmus agassizi (Occhi Verdi);
 Phycis phycis (Musdea);
 Scorpaena scrofa (Scorfano).
165
Per ciascuna specie l‟aliquota prelevata per le successive analisi è
stata di circa 1,5 kg. E‟ da sottolineare che durante la preparazione
dei campioni in laboratorio, si è evidenziata la presenza in tutte le
specie prese in considerazione del parassita Anisakis2. Le operazioni
di prelievo di sedimento marino sono state effettuate sia in prossimità
dall‟arenile, sia in mare a circa 20 – 25 mt di quota batimetrica,
cercando di definire una serie di transetti perpendicolari alla linea di
costa per i comuni maggiormente interessati. In data 28/07/10 sono
stati eseguiti i campionamenti nella fascia di rispetto dei 5 metri dalla
battigia, individuando una zona di superficie di 1 mq, ad uno
spessore variabile dai 5 ai 10 cm. In ogni punto indicato è stata
prelevata un‟aliquota di sabbia di circa 2 kg di peso. In particolare
sono stati identificati i seguenti punti (vedasi tabella 2):
Punto
Postazione
Profondità
(mt)
Coordinate geografiche
1
Lungomare in agro Belvedere Marittimo Presso lido
LA BAIA
2
Lungomare in agro Cetraro Località Lampetia
Top soil
39° 31,6863‟ N 15° 54,92‟ E
3
Lungomare in agro Amantea presso lido IL
GABBIANO
Top soil
39° 07,748‟ N 16° 04,480‟ E
4
Lungomare in agro San Lucido
Top soil
39° 18,1621‟ N 16°02,270‟ E
Top soil
39° 37,048‟ N 15° 51,024‟ E
Tabella 2: Punti di campionamento top soil-arenile
La profondità dei prelievi lungo il profilo verticale del suolo varia dai
5 ai 30 cm ed è legata alle caratteristiche del terreno (terreni
indisturbati o meno) e alle condizioni climatiche. In generale in suoli
che non possono essere considerati indisturbati, come i litorali, si
possono effettuare prelievi dai 20 ai 30 cm di profondità con spessori
variabili da 1 a 5 cm.
2
Questi parassiti sono presenti all'interno delle carni, prevalentemente nella parte inferiore del pesce (agli stadi intermedi)
dove assumono una colorazione biancastra. Le larve di Anisakis possono costituire un rischio per la salute umana in due
modi: per una parassitosi causata da ingestione di pesci crudi contenenti le larve e per reazione allergica ai prodotti chimici
liberati dalle larve nei pesci ospiti. La gravità della malattia che apportano dipende sia dalla quantità di parassiti ingeriti sia
dalla sensibilità individuale del consumatore.
166
In data 14 luglio e 20 luglio 2010 sono state eseguiti prelievi di
sedimento marino secondo lo schema di tabella 3:
Punto
Postazione
1
largo costa Belvedere
2
3
4
Profondità (mt)
Coordinate geografiche
21
39° 37,0223‟ N
largo costa Cetraro
22,60
39° 31,6836‟ N
15° 50,4764‟ E
15° 54,1234‟ E
largo costa Amantea
24,8
39° 07,748‟ N
16° 03,484‟ E
largo costa San Lucido
29,8
39° 18,2421‟ N
16°02,1145 E
Tabella 3: Punti di campionamento di sedimento marino, batimetria 20 mt.
I subacquei ad intervalli regolari di tempo, si sono immersi ad una
profondità variabile, prelevando in contenitori dal fondo marino due
aliquote di circa 2 Kg destinate alle analisi chimica – fisica e due
aliquote in bottiglie sterili per analisi microbiologiche ed eco
tossicologiche. Negli stessi punti di campionamenti è stata anche
determinata la concentrazione di inquinanti in colonna d‟acqua.
Pertanto attraverso una bottiglia Niskin sono stati effettuati due
campionamenti nella batimetria compresa tra 0 e 1 mt e a circa 15mt.
Durante i campionamenti sono state eseguite delle misurazioni da
campo quali la temperatura, il pH, e la conducibilità. Negli stessi
campioni sono stati determinati:
 Per le analisi chimiche:
 Idrocarburi totali:
 METALLI: Alluminio, Arsenico, Cadmio, Cromo, Totale,
Ferro, Manganese, Mercurio, Nichel, Piombo, Rame,
Vanadio, Zinco.
 Composti organici Volatili (VOC):Benzene, Etilbenzene,
Stirene,
Toluene,
m.p-Xilene,
o-Xilene,
Diclorodifluorometano,
Clorometano,
Vinilcloruro,
Bromometano, Cloroetano, Triclorofluorometano, Pentano,
1,1-dicloroetilene, Diclorometano, trans 1,2-dicloroetilene,
MTBE, Esano, 1,1-dicloroetano, cis 1,2-dicloroetilene, 2,2dicloropropano, Bromoclorometano, Triclorometano, 1,1,1tricloroetano, 1,1-dicloropropene, Carbonio tetracloruro, 1,2dicloroetano, Eptano, Tricloroetilene, 1,2-dicloropropano,
Dibromometano,
Bromodiclorometano,
trans-1,3dicloropropene, Ottano, cis 1,3-dicloropropene, 1,1,2tricloroetano,
1,3-dicloropropano,
Tetracloroetilene,
167


4
Dibromoclorometano, Clorobenzene, 1,1,1,2-tetracloroetano,
Nonano, Tribromometano, Isopropilbenzene, 1,1,2,2tetracloroetano,
Bromobenzene,
n-propilbenzene,
2clorotoluene, Decano, 1,3,5-trimetilbenzene, 4-clorotoluene,
Ter-butilbenzene, 1,2,4-trimetilbenzene, sec-butilbenzene, pisopropiltoluene, 1,3-diclorobenzene, 1,4-diclorobenzene,
Butilbenzene, 1,2-diclorobenzene, Undecano, 1,2-dibromo-3
cloropropano, Dodecano, 1,2,4-triclorobenzene, 1,2,3triclorobenzene
Per le analisi microbiologiche: Escherichia Coli,
enterococchi e salmonelle;
Per le analisi eco tossicologiche: Saggio di tossicità acuta
con Vibrio fischeri.
ANALISI GEOMORFOLOGICA DEI SEDIMENTI FLUVIALI
E VALUTAZIONI RADIOMETRICHE
Le coordinate delle stazioni di misura dalle quali sono stati prelevati
i sedimenti fluviali sono quelle elencate nella tabella 4. Alle stesse
coordinate sono stati valutati i valori di fondo rilevati con il
misuratore portatile Berthold LB 123D, con sonda per la rivelazione
delle radiazioni beta-gamma (0,001 ÷500,000 cps) e sonda gamma
con tubo contatore proporzionale (10-2 ÷ 104 µSvh-1) range di
energia compresa tra 30 KeV, 1.3 MeV e con sensibilità di 0.1µSv/h;
Località
Coordinate
Rateo di dose µSv/h
(valori di fondo)
C.P.S. (valori di
fondo)
Foce fiume Aron
Lat 39° 31.071‟N Long 15° 55.9626‟E
0.11
0.56
Foce fiume Catocastro
Lat 39° 8.3454‟N,Long 16° 3.994‟E
0.10
0.55
Foce fiume Oliva
Lat 39°4.6344‟ N,Long 16°5.2547‟E
0.14
0.72
0.12
Fondo medio regionale
Tabella 4: Schematizzazione bianco radiometrico presso luoghi di prelevamento dei sedimenti
fluviali
Si noti come i dati di fondo analizzati sono confrontabili con il dato
di fondo medio regionale. La valutazione dei C.P.S. inoltre è congrua
con i dati medi della concentrazione di attività dei radionuclidi
rilevati sui campioni analizzati con la spettrometria gamma da
168
laboratorio.3L‟analisi qualitativa dei sedimenti campionati ha
evidenziato le seguenti tipologie di rocce (tab.5):
Fiume/tipologia rocciosa
Metamorfico
Igneo
Sedimentario
Aron
76%
9%
15%
Catocastro
53%
16%
31%
Oliva
41%
7%
52%
Tabella 5: Tipologie di rocce rilevate
Notiamo nei fiumi Aron e Catocastro una predominanza di rocce
metamorfiche, mentre nel fiume Oliva di rocce sedimentarie. Si
ricorda che le rocce metamorfiche sono quelle che hanno subito
modificazioni nella composizione mineralogica o nella struttura e
nella tessitura in seguito a mutamenti di temperatura e pressione
(metamorfismo). Le rocce metamorfiche possono perciò derivare da
rocce ignee, da rocce sedimentarie o da altre rocce metamorfiche. La
gran parte delle rocce sedimentarie si formano grazie al trasporto, da
parte dei fiumi, del materiale eroso dalla superficie terrestre. I
sedimenti raggiungono il mare dove si depositano per decantazione o
per l‟azione delle onde, delle maree e delle correnti. La
sedimentazione può avvenire anche all‟interno e in prossimità dei
corsi d‟acqua (pianure alluvionali e intravallive), nei laghi, nelle
grotte, o ad opera di altri agenti di sedimentazione quali il vento e i
ghiacciai. I sedimenti, qualunque origine e natura abbiano, tendono a
depositarsi a strati. Ogni strato viene nel tempo sepolto da altri
sedimenti e subisce una lunga serie di trasformazioni sino a diventare
una roccia solida.
Analizzando nei campioni prelevati qual è nell‟ordine la seconda
maggiore tipologia di rocce prevalente, riscontriamo che in tutti e tre
i fiumi le rocce sedimentarie seguono le rocce metamorfiche. Si può
presupporre quindi che la quantità di rocce metamorfiche trovata nei
sedimenti sia con alta probabilità derivante da trasformazioni di
rocce sedimentarie.
3
Si ricorda che le concentrazione di attività è data da:NEi/(έE*t*yd)
, con : NEi=area netta del picco all‟energia
E; έE= efficienza del rilevatore all‟energia E; t= livetime; Yd= disintegrazioni gamma all‟energia E del radionuclide.
169
Dai dati di letteratura4 i valori medi nelle rocce sedimentarie di U238 e
Th234 sono (tabella 6):
Rocce sedimentarie
238
Calcari
27
7
Rocce carbonatiche
26
8
Arenarie
18
11
Scisti
44
44
Crosta superiore
34
45
Suolo
25
25
Valore medio
29
23.3
U (Bq/Kg)
232
Th (Bq/Kg)
Tabella 6: Valori medi di 238U e 232Th nelle rocce sedimentarie.
Dai dati storici presenti in archivio presso il laboratorio fisico
A.R.P.A.Cal. DAP Cosenza, sui sedimenti fluviali si è fatta una
valutazione dell‟238U tramite i valori sul 234Th (appartenente alla
stessa catena di radionuclidi naturali). Il valore medio di tale
radionuclide nei sedimenti fluviali della Provincia di Cosenza
analizzati dal 2004 ad oggi, si attesta a 22.97±1.48 Bq/Kg,
confrontabile con il valore medio di letteratura del radionuclide
padre.
Anche per quanto riguarda il 232Th la valutazione si è potuta
determinare solo analizzando i valori di concentrazione di attività dei
figli della stessa catena (228Ac, 212Pb, 212 Bi).
In questo caso i dati che abbiamo sono (tabella 7):
Radionuclide
Concentrazione di attività media anni 2004/2011 sedimenti
fluviali – campioni analizzati Laboratorio Fisico DAP Cosenza –
Arpacal
Concentrazione di attività media
Sigma
228
4,217E+01
4,176 E+00
212
4,050 E+01
1,688E+01
1,330E+01
7,655E-01
3,199 E+01
7,274 E+00
Ac
Pb
212
Bi
Valore medio delle medie
Tabella 7: Concentrazione di attività media anni 2004/2011 sedimenti fluviali – campioni
analizzati Laboratorio Fisico DAP Cosenza – Arpacal
4
M.Moroni – Il radon
170
Anche questo valore medio si attesta nell‟ordine di misura del dato di
letteratura.
I dati sui campioni fluviali in esame e i dati di letteratura e in
archivio, sono stati esplicati in tab. 8. Si vuole evidenziare come le
analisi tramite spettrometria gamma effettuate in questo laboratorio
sono state eseguite utilizzando una libreria (definita “Naturali+”) che
raccoglie i radionuclidi naturali e artificiali sui quali viene posta
maggiore attenzione negli studi nazionali e internazionali (vedasi
tabella 8, 9 e 10). Nel momento in cui gli spettri analizzati hanno
evidenziato conteggi riferiti a radioisotopi non identificati, si è
ampliata la libreria di riferimento con i radionuclidi estrapolati dal
database creato dal “Laboratoire National Henri Becquerel”,
dell‟Istituto di metrologia francese5. In questi casi i radionuclidi
identificati sono sempre risultati con valori di concentrazione di
attività minore della MAR.
Radionuclidi della famiglia
dell‟U238
Fiume
Th 234
Sigma Th
Radionuclidi della famiglia del Th232
234
Ac228
Sigma Ac228
6
Pb212
Sigma Pb212
Bi212
Sigma Bi
212
Catocastro
1,714 E+01
1,436 E+00
4,417E+01
4,028E+02
3,860E+01
2,629E+01
1,410E+01
6,696E-01
Oliva
1,453E+01
1,280E+00
2,287E+01
1,894E+01
2,615E+01
4,230E+00
1,661E+01
6,600E-01
Aron
1,248E+01
1,140E+00
7,550E+01
4,880E+00
6,330E+01
2,470E+00
2,478E+01
1,903E+02
Valore Medio
campioni
1.472E+01
78,905 E+00
4.918E+01
1.191 E+01
4.268 E+01
1.100E+01
1.535 E+01
106,335
E+00
Valore medio da
letteratura
2.330E+01
Valori medi
archivio storico
Arpacal DAP CS
2.29E+01
2.9 E+01
1.48 E+00
2.9 E+01
8
4.21E+01
4.18 E+00
7
2.9 E+01
9
4.05E+01
1.69 E+01
1.33 E+01
10
0.76 E+00
Tabella 8: valori rilevati dei campioni di sedimenti fluviali in esame e confronto con valori di
archivio storico e di letteratura.
Tenuto conto che le valutazioni sui radionuclidi vengono fatte sui
“figli” delle catene di radionuclidi naturali di appartenenza, i dati sui
5
http://www.nucleide.org/index.htm
Errore maggiore del valore rilevato. Dato non validabile.
Come nota precedente
8
Vedi tabella 8
9
Vedi tabella 8
10
Vedi tabella 8
6
7
171
campioni possono ritenersi congrui e confrontabili con i valori di
letteratura e storici.
I valori trovati confermano l‟ipotesi iniziale che i campioni analizzati
sono di origine sedimentaria. Nei campioni esaminati non sono stati
trovati radionuclidi artificiali, tranne tracce di non rilevanza
radiometrica di Cesio 137. Tale radionuclide viene normalmente
riscontrato nelle matrici ambientali di stessa natura.
5
VALUTAZIONI RADIOMETRICHE
MARINI E SUL PESCATO
SUI
SEDIMENTI
Per quanto riguarda l‟aspetto radiometrico sui sedimenti marini, il
valore del fondo medio rilevato in una zona lontana dall‟area oggetto
d‟intervento, per la caratterizzazione del valore di riferimento, è stato
di 0,10 µSv/h (congruo con il dato nazionale). Nella tabella 9
vengono riportati risultati del rateo di dose gamma a contatto
(contatore Geiger) nei punti 1, 2, 3 e 4.
Punto
Postazione
rateo di dose (µSv/h)
1
largo costa Belvedere
0,08
2
largo costa Cetraro
0,082
3
largo costa Amantea
0,075
4
largo costa San Lucido
0.085
Tabella 9: Rateo di dose gamma a contatto del campione di sedimento marino
Nelle tabelle 10 e 11 si riportano i valori delle concentrazioni di
attività dei radionuclidi rilevati dalle analisi di spettrometria gamma
da laboratorio (suddivisi per categorie), sia relativamente ai
sedimenti marini, che al pescato. Inoltre nelle stesse tabelle, al fine di
effettuare le dovute valutazioni radiometriche, sono stati aggiunti i
dati relativi a:


Dati storici dell‟archivio del Laboratorio Fisico di A.R.P.A.Cal
Cosenza
“Indagini straordinarie di monitoraggio di radioattività ambientale
nell‟Arcipelago della Maddalena” – APAT-ICRAM-ARPASAzienda USL1/PMP Sassari e Azienda USL8/PMP Cagliari –
Giugno 2004
172


Origini della contaminazione radioattiva naturale e artificiale
dell‟ambiente marino – Cristina Nuccetelli – Laboratorio di fisica ,
Istituto Superiore di Sanità, Roma.
Dati del database “MARIS- Marine Information System” della
IAEA per quanto riguarda il Cs137, il Ra226 e il K40. I dati sono
relativi agli anni 1987-2006 nel box di coordinate 88°8‟N,
88°35‟E,42°54‟S, 15°,51‟W11
Non è stata effettuata per questi campioni la caratterizzazione
geomorfologica, né quindi la correlazione di questa con i dati
radiometrici.
I dati radiometrici sul pescato vengono paragonati con:
 “Indagini straordinarie di monitoraggio di radioattività
ambientale nell‟Arcipelago della Maddalena” – APATICRAM-ARPAS-Azienda USL1/PMP Sassari e Azienda
USL8/PMP Cagliari – Giugno 2004,
 Dati del database “MARIS- Marine Information System”
della IAEA (Cs137, il Ra226 e il K40) per i bioti (pesci). I valori
sono relativi agli anni 1987-2006 nel box di coordinate
88°8‟N, 88°35‟E, 42°54‟S, 15°,51‟W.12
11
12
Vedasi: http://maris.iaea.org/Search/SearchResults.aspx?BackToSearch=true
Vedasi nota precedente
173
radionuclidi della catena dell‟ 238 U
rad. della catena del 232Th
rad. di origine
naturale
rad. di origine
artificiale
226
Ra
[Bq/Kg]
234
Th
[Bq/Kg]
214
Bi
[Bq/Kg]
214
Pb
[Bq/Kg]
212
Bi
[Bq/Kg]
228
Ac
[Bq/Kg]
40
K
[Bq/Kg]
137
Cs
[Bq/Kg]
largo costa Belvedere
42,98+3,09
33,70+2,68
23,72+0,72
25,67+0,74
28,62+1,14
44,59+1,13
697,22+16,47
0,46+0,17
largo costa Cetraro
45,17+2,96
26,28+2,52
21,97+0,77
22,98+0,73
26,68+1,12
37,55+0,98
648,42+15,35
0,26+0,11
3
largo costa Amantea
47,71+2,96
28,88+2,49
23,69+0,76
25,89+0,74
20,03+0,97
30,84+0,82
754,95+17,75
0,39+0,13
4
largo costa San Lucido
40,99+3,15
29,37+2,24
19,44+2,19
20,42+1,60
27,04+1,67
39,08+1,06
590,77+14,02
0,93+0,13
Valori medi da progetto; punto 1/2/3/4
44.21±3.04
14
29.56±2.48

22.21±1.11

23.74±0.95

25.59±1.22

38.01±1.00

672.80±15.90

0.6±0.14

33.60±2.93
22.95±2.00
16.86±0.76
16.32±0.72
19.33±1.08
43.42±1.41
524.70±17.73
0.79±0.14
Punto
Postazione
1
2
Valori medi archivio storico
Laboratorio fisico DAP Cosenza
15
39.89±8.67
10.22±1.55
10.89±1.78
13.44±2.89
12.78±1.67
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
4.9±2.34
Valori medi - Progetto Marina MED18
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
26.16 ±2.4
Valore medio Nuccerelli19 anno 1994
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
10±n.p.
Valore medio Nuccerelli20 anno 1997
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
6.5±n.p.
Valori medi database “MARiS” –
Marine Informatio Sistem IAEA21
43.52±5.07
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
770.39±49.31
260,78±8.07
Valori medi Maddalena
Valori medi rapporto APAT/Stato
dell‟Ambiente 6/200117
n.p.
16
Tabella 10: Dati relativi ai campioni di sedimento marino.
14
: Dato critico;: Dato da valutare; : Dato ok.
Sono stati calcolati i valori medi dei valori presenti nello studio “Indagini straordinarie di monitoraggio di radioattività ambientale nell‟Arcipelago della Maddalena” – APAT-ICRAM-ARPASAzienda USL1/PMP Sassari e Azienda USL8/PMP Cagliari – Giugno 2004. Si sono calcolate le medie dei dati rilevati nei punti “A-B-C-Cala Francese – Isola delle bisce – stagno Torto –
Asinara – Porto Conte (Alghero) – Cagliari, sul sedimento marino secco.
16
Valore non analizzato nello studio di nota 10
17
Le località di prelievo sono state: Barena di Passo a Camplato (VE), Cesenatico (FO), La Maddalena (SS), Porto Garibaldi (FE), Venezia (VE)
18
Dati dal 1991 al 1993
19
Origini della contaminazione radioattiva naturale e artificiale dell‟ambiente marino – Cristina Nuccetelli – Laboratorio di fisica , Istituto Superiore di Sanità, Roma. Le località di prelievo sono
state: Cattolica, Cesenatico, Goro, La Maddalena, La Spezia, Lido Adriatico, Napoli, Porto Garibaldi, Rovigo, Taranto,Venezia.
20
Come nota precedente
21
Dati relativi agli anni 1887-2006 nel box di coordinate 88°8‟N, 88°35‟E,42°54‟S, 15°,51‟W
15
174
radionuclidi della catena dell‟ 238 U
Punto
1
postazione
largo costa Belvedere
226
Ra
[Bq/Kg]
234
Th
[Bq/Kg]
214
Bi
[Bq/Kg]
<22 7,16
< 7,14
< 0,73
2
largo costa Belvedere
< 1,12
< 1,03
< 1,36
3
largo costa Belvedere
< 9,54
< 8,32
< 1,01
rad. della catena del 232Th
214
Pb
[Bq/Kg]
1,16 ± 0,41
rad. di origine
artificiale
210
Pb
[Bq/Kg]
212
Bi
[Bq/Kg]
228
Ac
[Bq/Kg]
40
K
[Bq/Kg]
137
Cs
[Bq/Kg]
< 6,93
< 2,58
< 1,62
96,88 ± 4,08
< 0,34
8,73 ± 4,32
< 3,90
< 2,32
99,38 ± 5,42
< 0,46
< 0,74
≠
rad. di origine
naturale
≠
< 0,78
< 8,02
< 3,35
< 1,79
82,29 ± 4,18
< 0,21
0,77 ± 0,33
≠
4,80 ± 2,22
< 3,00
< 1,65
101,48 ± 4,51
< 0,40
≠
6,67 ± 3,09
< 2,84
< 1,60
92,01 ± 4,28
< 0,36
< 2,96
83,60 ± 6,59
< 0,66
Tutti i valori
<MAR

92.61±4.84

Tutti i valori
<MAR

4
largo costa Cetraro
< 8,65
< 7,86
< 0,80
5
largo costa Cetraro
< 8,49
< 7,29
< 0,87
0,76 ± 0,29
6
largo costa Cetraro
< 16,04
< 13,72
2,38 ± 0,77
< 1,62
< 13,85
< 5,72
Tutti i valori
<MAR

2,38 ± 0,77

0.90 ± 0.34

6.73 ± 3.21

Tutti i valori
<MAR

5.5±5.0
Tutti i valori
<MAR
0.5±0.3
86±60
n.p.
2.5±0.5
98.5±38
Tutti i valori
<MAR
n.p.
n.p.
n.p.
n.p.
110.68±6.85
12.56±0.67
Valori medi punti 1/2/3/4/5/623
Valori medi Maddalena24
Valori
medi
database
“MARiS”
–
Marine
Informatio Sistem IAEA25
Tutti i
valori
<MAR
!Fine
imprevista
della
n.p.
formula
0.12±0.02
n.p.
n.p.
≠
Tabella 11 Dati relativi ai campioni di pescato
22
Ove il livello di contaminazione del campione è risultato non rilevabile, si è assunto il limite di sensibilità della misura come risultato della stessa, in tal caso il valore viene riportato con il segno
di inferiore (<).
≠
Il picco per il calcolo di attività ha una forma non regolare
23
Pur avendo calcolato i valori medi, essendo tutti i valori di riferimento <MAR, questi non vengono presi a riferimento
24
Sono stati calcolati i valori medi dei valori presenti nello studio “Indagini straordinarie di monitoraggio di radioattività ambientale nell‟Arcipelago della Maddalena” – APAT-ICRAM-ARPASAzienda USL1/PMP Sassari e Azienda USL8/PMP Cagliari – Giugno 2004. Si sono calcolate le medie dei dati rilevati nei punti “A-B-C-Cala Francese – Isola delle bisce – stagno Torto –
Asinara – Porto Conte (Alghero) – Cagliari, sulle matrici alimentari. La matrice alimentare analizzata è “Pesce stanziale dell‟infralitorale”, paragonabile alle specie ittiche analizzate in questo
progetto.
25
Dati relativi agli anni 1987-2006 per i bioti (pesci) nel box di coordinate 88°8‟N, 88°35‟E,42°54‟S, 15°,51‟W
175
5.1
Radionuclidi naturali nei sedimenti marini
Per quanto riguarda i radionuclidi naturali analizzati sui sedimenti
marini, notiamo che i valori riscontrati sono quasi sempre
leggermente maggiori dei valori di letteratura o di archivio. Le
variazioni però rientrano in un range minimale, che attesta la non
rilevanza radiologica. Fanno eccezione il Th234 e l‟Ac228. Tenuto
conto che il Th234 è figlio dell‟U238, il valore ritrovato (dati di
letteratura) si attesta in buona sostanza in un range di valori che
caratterizza sia rocce ignee che sedimentarie. Si può perciò con
buona approssimazione attestare che il dato riscontrato, pur essendo
maggiore dei valori di letteratura e di archivio, dipende dalla
conformazione geologica dei sedimenti analizzati.
Stesso discorso può essere fatto per l‟Ac228 .Questo radionuclide, a
differenza del precedente, è figlio del Th232 e i valori rilevati dai
sedimenti si attestano in un range che caratterizza rocce ignee (in
particolare dioriti o andesiti).
Anche il K40 si attesta su un valore che è confrontabile con dati
rilevati da matrici ambientali della stessa tipologia.
5.1.1
Valutazioni sull‟U238 nei sedimenti marini
Le valutazioni sull‟uranio naturale sono state effettuate tenendo
conto dei valori medi dei gamma emettitori figli della catena
dell‟U238. Questi sono: Th 234, Pam234, Ra226, Bi214, Pb214.
I valori riscontrati sono in equilibrio, cioè dello stesso ordine e
paragonabili26. Fa leggera eccezione il Ra 226 in quanto nella nostra
spettrometria si ha una sovrastima del Ra 226 al picco di energia di
185 Kev. A questa energia infatti il Ra 226 è influenzato dall‟U235, non
ben separato dal Ra 226 e valutato dalla spettrometria in toto ed
esclusivamente come Ra 226. A questo picco di energia è necessario
perciò separare i conteggi dovuti ai due radionuclidi.
Determinando i conteggi di picco dovuti all‟U235, e supponendo il
Ra226 in equilibrio secolare con il capostipite U238 ed una situazione
di abbondanza isotopica naturale dei due isotopi dell‟uranio
(circostanza plausibile data l‟origine delle matrici analizzate), le
26
Per alcuni di questi valori vedasi tabella 13
176
valutazioni del radio e dell‟uranio si ottengono risolvendo
semplicemente il seguente sistema:
La risoluzione di tale sistema è: ARa226=AmisRa226*0.627.
Nel nostro caso il valore del Ra226 pari a (44.21±3.04) Bq/Kg,
diventa:
ARa226=0.6*(44.21±3.04)=(26.56 ± 1.8) Bq/Kg, valore in equilibrio,
cioè dello stesso ordine e paragonabile ai radionuclidi naturali della
catena dell‟U238.
5.2
Radionuclidi artificiali nei sedimenti marini
L‟unico radionuclide artificiale rilevato è stato il Cs137,
puntualmente riscontrato nelle matrici dello stesso genere dopo gli
eventi di Cernobyl. Tale valore risulta sempre comunque minore sia
dei dati di letteratura, che dei dati storici di archivio. Le quantità
individuate sono comunque tali da non porre problemi di rischio
radiologico.
5.3
Valutazioni radiometriche sul pescato
L‟unico valore leggermente alto nei campioni di pescato, che
comunque si attesta a valori di non rilevanza radiologica, è quello del
Bi214. Anche questo è un radionuclide di origine naturale,
normalmente rilevato nelle matrici dello stesso genere. Tenuto conto
inoltre che è un radionuclide ritrovato nei sedimenti marini prelevati
negli stessi luoghi dove sono state effettuate le due calate di pesca
scientifica, il valore dovrebbe semplicemente attestare la stanzialità
delle specie ittiche prelevate, in quanto arrivato al pesce tramite la
normale catena alimentare.
Per concludere, la correlazione delle misure di radioattività
(naturale e non) nei campioni esaminati con le analisi chimiche,
microbiologiche e tossicologiche e con la caratterizzazione
27 ARa226=Attività del Ra 226, AmisRa226= Attività misurata del Ra 226
177
geologica ha rilevato che l’esposizione della popolazione a fattori
di rischio radiologico è da considerarsi assolutamente irrilevante.
Si vuole concludere tale sunto evidenziando come tale lavoro, che ha
permesso un‟analisi puntuale dei dati rilevati, potrebbe trovare un
ulteriore sviluppo in una modellizzazione sistemica degli andamenti
dei radionuclidi (artificiali e non) dai sedimenti fluviali, ai sedimenti
marini, ai bioti, alle acque, ad incremento delle reti di sorveglianza
della radioattività artificiale e naturale nell‟ambiente. (Esempio:
attuale rete RESORAD)28.
28
Vedasi Documento APAT: CTN_AGF AGF-T-RAP-00-13
178
6










BIBLIOGRAFIA
Trattato Euratom della Comunità Europea per l‟Energia Atomica – 1957
D.Lgs.230/95 e s.m.i. Attuazione delle Direttive EURATOM
80/386, 84/467,84/466,89/618, 90/641 e 92/3 in materia di
radiazioni ionizzanti
Misurazione della radioattività nell‟ambiente – UNI ISO 185891–2–3
Quarta relazione sullo stato dell‟ambiente in Valle d‟Aosta –
ARPA Valle d‟Aosta, anno 2007
Guida tecnica sulle misure di radioattività ambientale: H3. Alfa
e beta totale in acque potabili. Alfa e beta emettitori artificiali e
naturali
Elementi di Radioprotezione - C. Polvani 1993
Pubblicazione AGF-T-GTE 00-02 – Arpa Piemonte – Mauro
Magnoni; Appendici tecniche sui metodi di campionamento e
misura – Arpa Piemonte – M-Magnoni
Sources of radioactivity in the marine environment and their
relative contributions to overall dose assessment from marine
radioactivity (MARDOS) – IAEA _TECDOC- 838
Metodo ISTISAN 96/34 ed analizzato tramite ICP-MS
Amodio Morelli et Al., 1976,-Tortorici, 1992, - Sorriso Valvo e
Sylvester, 1993, - Boriani, 2006, Di Sabatino et Al., - 2003
Moretti e Guerra, -1997 Canu e Trincardi, -1989 Ricci Lucchi
et al., -1984 Chiocci et al., -1989 Ricci Lucchi F., -1980 Pisati
et al.
179
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
STUDI SULLA BIOCINETICA DI 137CS IN MADRI IN
ALLATTAMENTO EVIDENZIANO DIFFERENZE NELLA
BIODISPONIBILITÀ DI 137CS DA DIVERSE TIPOLOGIE
DI ALIMENTI E INTERAZIONI CON IL METABOLISMO
DEL POTASSIO
S. Risica*, A. Giussani**
*Dipartimento Tecnologie e salute, Istituto Superiore di Sanità,
Viale Regina Elena 299 - 00161 Rome - Italy
**BfS – German Federal Office for Radiation Protection. Department Radiation
Protection and Health, Ingolstädter Landstraße 1 - 85764 Oberschleißheim - Germany
INTRODUZIONE
In due recenti studi (Giussani et al., 2009, Giussani e Risica,
2011) i dati raccolti in Italia in due programmi di ricerca sulla
contaminazione nel latte materno dopo l'incidente di Chernobyl
(Campos Venuti et al., 1991, Risica et al., 1992, Risica et al., 1997)
sono stati confrontati con le previsioni del modello per il
trasferimento del cesio dall'alimentazione della madre al latte
materno che la Commissione Internazionale di Radioprotezione
(ICRP) ha pubblicato recentemente (ICRP, 2004).
Il confronto è stato effettuato andando a simulare esattamente i
protocolli di raccolta dei campioni e valutando l'intake giornaliero
sulla base della dieta media in quella regione per il primo programma
di ricerca (cfr. Campos Venuti et al., 1991) o sulla base di una
indagine specifica sulla dieta delle singole madri per il secondo
programma di ricerca (cfr. Risica et al., 1992). Il confronto ha
mostrato che il modello ICRP è in grado di descrivere in maniera
soddisfacente l'andamento della concentrazione di attività di 137Cs
nel latte materno, sia nei primi mesi successivi all'incidente di
Chernobyl (Giussani et al., 2009, Giussani e Risica, 2011) che alcuni
anni dopo (Giussani e Risica, 2011) e che i valori consigliati dei
180
parametri sono una stima ragionevole anche per riprodurre i dati
misurati per le singole madri. Ciò significa anche che è possibile
stimare in modo realistico la dose efficace da 137Cs ricevuta da
bambini allattati al seno, quando si sia in grado di valutare la
concentrazione di attività media dello stesso radionuclide nella dieta
giornaliera della madre.
SCOPO DELLO STUDIO
Lo studio qui presentato ha preso spunto dai risultati
dell'applicazione del modello di trasferimento del cesio al secondo
progetto di ricerca sul latte materno. Questo studio fu condotto nel
1989 su un gruppo di madri residenti nel triangolo lariano, una delle
aree del nord Italia maggiormente contaminate dalla ricaduta
radioattiva nel 1986. Scopo dello studio era determinare il fattore di
trasferimento del cesio dalle madri al loro latte e la variabilità
individuale. Le madri furono selezionate al corso di preparazione al
parto e seguite da personale infermieristico addestrato fino alle prime
settimane di allattamento e raccolsero campioni del loro latte tra il
10° e il 40° giorno dopo il parto. I campioni compositi per ogni
madre furono inviati all'Istituto Superiore di Sanità (ISS) per la
misura del 137Cs (Risica et al., 1992) e fu effettuata un‟indagine
specifica sulla dieta giornaliera di queste donne, valutando
individualmente l'intake di 137Cs sulla base dei valori di
contaminazione degli alimenti in quella zona. Per questi soggetti è
stato quindi possibile effettuare un confronto individuale con le
previsioni del modello biocinetico dell'ICRP. Per ognuna delle
madri, infatti, è stata simulata la distribuzione di 137Cs in funzione
del suo specifico intake, verificando in quale misura il modello può
essere utilizzato per interpretare e/o predire in singoli soggetti
l'andamento dell'attività nel latte (ed eventualmente in altri tessuti) a
seguito di incorporazione di radionuclidi di cesio nella dieta.
Di questo secondo gruppo di madri furono anche campionate le
urine delle 24 ore, in una delle giornate nella prima settimana dopo il
parto, e la concentrazione di attività di 137Cs in questi campioni è
181
stato misurato all'ISS1. Per questo secondo gruppo di madri è stato
pertanto possibile applicare il modello ICRP anche all'escrezione
urinaria e confrontarne i risultati con le concentrazioni misurate. In
questo caso, però, l'accordo tra le predizioni del modello e i valori
misurati è stato molto meno soddisfacente che per il latte, nel senso
che il modello sovrastimerebbe sistematicamente l'escrezione di
cesio, anche se vi è un accordo almeno come ordine di grandezza.
Nel corso della elaborazione dei dati di latte di questo secondo
studio (Giussani e Risica, 2011), è inoltre emerso che alcuni outliers
della distribuzione erano relativi a madri per le quali la principale
fonte di intake di cesio dalla dieta era dovuto al consumo di carne
(84% e 74% dell'intake giornaliero). Questa osservazione ha
suggerito di effettuare uno studio più approfondito sull'intake
giornaliero di 137Cs di queste madri in relazione ai vari alimenti della
dieta, al fine di evidenziare possibili correlazioni tra composizione
della dieta e trasferimento del cesio al latte, in modo da contribuire
ad un eventuale raffinamento delle previsioni del modello.
Inoltre gli insoddisfacenti risultati del confronto tra modello e
valori misurati per l'escrezione di 137Cs nelle urine ha stimolato a
comprendere meglio le eventuali influenze del potassio presente
nelle urine sul cesio escreto.
EFFETTI DELLA COTTURA SULLA CONCENTRAZIONE
DI ATTIVITÀ DI 137Cs NELLA DIETA
In Tabella 1 sono indicate le tipologie di cibo che contribuivano
principalmente all'intake giornaliero di 137Cs nella dieta delle madri
partecipanti allo studio condotto nel triangolo lariano nel 1989. Nella
tabella è indicato anche l'intervallo di variabilità del contributo
relativo di ognuna di queste tipologie di cibo all'intake totale.
1
Tuttavia l'informazione sulla quantità totale di urina raccolta, fondamentale per valutare la
quantità di 137Cs escreta nelle 24 ore, non è più disponibile in quanto smarrita dall'ospedale.
182
Contributo all'intake giornaliero (%)
Range
0.3-2.6
1.0-11.1
9.1-83.9
0.05-0.44
0.00-0.58
0.0-38.9
0.6-55.1
0.05-3.4
0.8-16.4
Tipologia
Pane
Pasta
Carne bovina
Carne di pollo
Carne di coniglio
Pesce di lago
Latte
Formaggi freschi
Formaggi stagionati
Mediana
1.1
4.2
48.9
0.17
0.08
12.0
25.2
0.9
7.3
Tabella 1: Cibi contenenti 137Cs e contributo all'intake giornaliero delle madri.
500
Deviazione percentuale (modello vs misura)
Deviazione percentuale (modello vs misura)
La figura 1 mostra per ognuna delle madri la deviazione tra le
previsioni individuali del modello ICRP, calcolate sulla base
dell'intake determinato singolarmente sulla base della dieta
personale, e le corrispondenti misure sperimentali. Il grafico a
sinistra mostra la deviazione in funzione del contributo della carne
all'intake giornaliero di 137Cs nella dieta, quello a destra in funzione
del contributo dei latticini (latte più formaggi). Si può identificare
una certa tendenza, per cui all'aumentare del contributo della carne (o
specularmente al diminuire del contributo dei latticini) il modello
tende a sovrastimare drasticamente i valori effettivamente misurati,
anche se questo trend non è valido per tutti i soggetti. Queste
osservazioni sembrano indicare che il modello suggerito dall'ICRP
possa sovrastimare l'assorbimento intestinale per certe tipologie di
cibi. Secondo il modello ICRP, infatti, tutto il 137Cs ingerito viene
assorbito nella circolazione sistemica, senza fare distinzione tra le
diverse tipologie di materiale ingerito e quindi senza considerare la
differente biodisponibilità del cesio contenuto nei diversi cibi.
Latte
Urina
400
300
200
100
0
-100
0
10
20
30
40
50
60
70
80
500
Latte
Urina
400
300
200
100
0
-100
90
Contributo della carne all'intake di 137Cs (% totale)
Figura 1 –
0
10
20
30
40
50
60
70
80
Contributo dei latticini all'intake di 137Cs (% totale)
Deviazione percentuale tra le previsioni del modello ICRP, secondo le ipotesi utilizzate in Giussani e Risica
(2011), e i risultati delle misure sperimentali in funzione della composizione della dieta. Ogni simbolo
corrisponde ad una madre. Sull'asse x nel grafico di sinistra è riportato il contributo della carne (in termini
percentuali) all'intake totale di 137Cs, mentre in quello di destra il contributo dei latticini.
183
In realtà, effettuando una ricerca bibliografica accurata degli studi
pubblicati successivamente all'incidente di Chernobyl, si trovano
indicazioni chiare su come la biodisponibilità dei cibi venga
modificata a seguito della cottura. Secondo un rapporto dell'IAEA
(Nordijik and Quinault, 1992) ed altri lavori presenti nella letteratura
scientifica (Henrichs et al., 1989; Lotfi et al., 1990; Petäjä et al.,
1992; Burger et al., 2004), la cottura dei cibi porta ad una
diminuzione della concentrazione di attività di 137Cs negli stessi. Il
fattore di ritenzione Fr, definito come il rapporto tra la
concentrazione di attività nel cibo cotto e quella nel cibo crudo, varia
per la carne tra 0.2 e 0.8 (valore raccomandato: 0.4), a seconda del
tipo di cottura (minore in caso di bollitura, maggiore in caso di carne
grigliata o arrosto). Parte del 137Cs perso si ritrova comunque nel
brodo/sugo di cottura, e può rientrare a far parte del computo totale
dell'intake. Altri cibi, tra quelli riportati in Tabella 1, che perdono
137
Cs a seguito di cottura, sono il pesce (intervallo 0.2-0.9, valore
raccomandato 0.7; il valore sale però a 0.8-0.9 in caso di pesce fritto
o alla griglia) e la pasta (Fr pari a 0.9). Sulla base di queste
informazioni, sono stati ricalcolati gli intake giornalieri delle singole
madri ed effettuate nuove simulazioni con le seguenti ipotesi:
Fr per la carne pari a 0.5
Fr per il pesce pari a 0.85
Fr per la pasta pari a 0.9.
Per la carne si è scelto un valore maggiore rispetto a quello
raccomandato di 0.4 per tener conto dell'eventuale consumo del sugo
di cottura. Per il pesce si è scelto il valore di 0.85 in considerazione
delle tipiche modalità di preparazione (alla griglia o fritto) utilizzate
nella regione.
I risultati sono riportati nella figura 2.
Nel confrontare questa figura con la figura 1 bisogna tener conto
che nella nuova valutazione l'intake giornaliero totale di 137Cs è
diminuito e il contributo relativo di ogni tipologia di cibo risulta
quindi diverso rispetto alla valutazione originaria: ora infatti la carne
cotta e, in misura minore, pesce e pasta contengono valori minori di
137
Cs rispetto alla valutazione originaria. Quindi il contributo relativo
della carne (asse x del grafico di sinistra) risulta diminuito, mentre il
contributo relativo dei latticini risulta leggermente aumentato. A
184
500
Deviazione percentuale (modello vs misura)
Deviazione percentuale (modello vs misura)
seguito di questa diminuzione di intake anche le previsioni del
modello risultano diminuite, e in misura maggiore per quelle madri
che avevano un alto contenuto di carne nella loro dieta. Si nota infatti
che, pur persistendo il trend visto in figura 1, ora le differenze
percentuali tra previsione del modello e misura sperimentale per gli
outliers sono notevolmente ridotte. Di contro, risulta, almeno per i
dati relativi alla concentrazione di attività in latte, una sistematica
sottovaluazione delle misure sperimentali, contrariamente a quanto
osservato nella analisi originaria.
Latte
Urina
400
300
200
100
0
-100
0
10
20
30
40
50
60
70
80
500
Latte
Urina
400
300
200
100
0
-100
0
Contributo della carne all'intake di 137Cs (% totale)
10
20
30
40
50
60
70
80
Contributo dei latticini all'intake di 137Cs (% totale)
Figura 2 – Deviazione percentuale tra le previsioni del modello ICRP, secondo le nuove
valutazioni sull'intake giornaliero fatte in questo lavoro, e i risultati delle
misure sperimentali in funzione della composizione della dieta. Ogni simbolo
corrisponde ad una madre. Sull'asse x nel grafico di sinistra è riportato il
contributo della carne (in termini percentuali) all'intake totale di 137Cs,
mentre in quello di destra il contributo dei latticini.
Nel valutare questi risultati bisogna tenere in considerazione il
fatto che nel fare queste simulazioni ci si è attenuti strettamente al
modello raccomandato dall'ICRP, senza modificare in alcun modo i
valori dei suoi parametri. Solo il valore di intake giornaliero è stato
definito individualmente per ognuna delle madri. Il confronto tra dati
e previsioni del modello può essere migliorato variando le ipotesi
standard fatte dall'ICRP. Ad esempio, una analisi statistica dei
residui quadratici tra misure e previsione del modello fornisce come
miglior stima del valore di produzione giornaliera di latte 0.65 ld-1,
invece del valore di 0.8 ld-1 fissato dall'ICRP.
185
INTERAZIONI METABOLICHE TRA CESIO E POTASSIO
La nuova valutazione del contenuto di 137Cs nella dieta, se pure
riesce a giustificare, almeno parzialmente, i valori di outliers trovati
nella analisi originaria, non è sufficiente a spiegare la sistematica
sovrastima della escrezione di 137Cs nelle urine. A questo proposito
bisogna considerare che il modello biocinetico attualmente
raccomandato dall'ICRP per i radioisotopi del cesio è, come per i
radionuclidi di tutti gli altri elementi, un modello compartimentale
basato sulla cinetica del primo ordine, dove cioè il trasferimento di
attività tra i vari compartimenti (cioè, tra i vari organi e tessuti) è
regolato dalla attività (o dalla concentrazione di attività) presente nel
compartimento di partenza. Questa è una ipotesi semplificativa, che
non sempre risulta verificata, come si vede dal confronto presentato
nei seguenti grafici di figura 3.
Il grafico di sinistra mostra la relazione, per ognuna delle madri
considerate nello studio, tra la previsione della concentrazione di
attività in latte e la corrispondente previsione della concentrazione di
attività in urina. Come si vede, è una relazione praticamente lineare,
conseguenza delle ipotesi alla base del modello. In realtà però non
esiste una tale relazione; lo stesso confronto, infatti, fatto sulle
misure reali e non sulle previsioni del modello (v. figura 3, grafico di
destra), mostra un andamento di tipo diverso. Si noti che la curva
indicata non è un fit ai dati sperimentali, come la retta in quello di
sinistra, bensì suggerisce semplicemente una possibile descrizione
della relazione esistente tra le misure.
Se ne ricava che il comportamento del cesio nel corpo ha una
cinetica più complessa di quella del primo ordine ipotizzata dai
generici modelli raccomandati dall'ICRP. Questo tipo di modelli non
tiene infatti in considerazione eventuali altre interazioni fisiologiche
o metaboliche, come quelle ad esempio note tra cesio e potassio.
Diversi studi (Henrichs et al., 1989; Rääf et al., 2000) indicano come
la escrezione di cesio nelle urine dipenda anche dalla quantità di
potassio nel corpo.
186
Concentrazione di Cs nel latte materno (Bq/l)
Misura sperimentale
0.5
0.4
0.3
137
137
Concentrazione di Cs nel latte materno (Bq/l)
Previsione del modello
0.6
0.2
0.1
0.0
0.0
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
1.2
1.4
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0.0
1.6
0.0
Concentrazione di 137Cs nelle urine (Bq/l) - Previsione del modello
0.5
1.0
1.5
2.0
Concentrazione di 137Cs nelle urine (Bq/l) - Misura sperimentale
Figura 3 – Relazione tra le concentrazioni di attività di 137Cs nel latte materno e nelle urine
delle singole madri. Grafico di sinistra: secondo le previsioni del modello
compartimentale dell'ICRP. Grafico di destra: secondo i risultati delle misure
sperimentali.
2.0
0.6
0.5
1.5
0.5
137
0.4
Cs nelle urine (Bq/l)
0.7
Concentrazione di
Concentrazione di
137
Cs nel latte materno (Bq/l)
L'informazione sulla quantità di potassio nel corpo delle madri
non è disponibile, tuttavia nei campioni raccolti, sia di latte che di
urina, era stata determinata anche la concentrazione di attività di 40K,
che è in rapporto stabile con il potassio totale. La figura 4 mostra la
relazione tra concentrazione di attività di 137Cs e quella di 40K nei
campioni di latte materno (grafico di sinistra) e di urina (grafico di
destra). Mentre per il latte non è rilevabile alcun tipo di relazione tra
i due valori, per quanto riguarda le urine si nota una certa
correlazione tra i due valori, indice di una possibile interazione tra i
due elementi nel processo di escrezione.
0.3
0.2
0.1
0.0
1.0
0.0
0
5
10
15
20
25
0
20
40
60
80
100
Concentrazione di 40K nelle urine (Bq/l)
Concentrazione di 40K nel latte materno (Bq/l)
Figura 4 – Relazione tra le misure di concentrazione di attività di 137Cs e di 40K nei campioni di
latte materno (grafico di sinistra) e di urina (grafico di destra).
187
Concentrazione di
137
Cs nel latte materno (Bq/l)
Risulta anche interessante il fatto che sembra esserci una
relazione di tipo proporzionale tra il trasferimento di 137Cs nel latte
materno e la escrezione di 137Cs nelle urine normalizzata alla
concentrazione di attività di 40K. Si noti la differenza tra l'andamento
mostrato in figura 5 e quello presentato nel grafico destro della figura
3.
Tutte queste osservazioni lasciano intendere che sia possibile
giungere ad un miglior accordo tra dati misurati e previsioni del
modello se si potesse tener conto, nella struttura del modello,
dell'influenza del potassio sul metabolismo del cesio.
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0.0
0.00
0.01
0.02
0.03
0.04
0.05
Rapporto tra le concentrazioni di 137Cs e 40K nei campioni di urina
Figura 5 – Concentrazione di attività di 137Cs nel latte materno in funzione del
rapporto tra 137Cs e 40K nei corrispondenti campioni di urina.
CONCLUSIONI
In questa analisi, della quale sono stati qui presentati solo i primi
risultati, si sono ricercati i motivi alla base di alcune discrepanze tra
le misure di 137Cs nel latte di alcune madri, nel primo periodo dopo il
parto, e nelle loro urine, nella immediatezza del parto, e le previsioni
del corrispondente modello ICRP.
Una determinazione più corretta dell'intake di 137Cs da parte delle
madri, tenendo conto della manipolazione dei cibi, ed una ipotesi
diversa da quella utilizzata dall'ICRP come valore di default per la
quantità di latte prodotta giornalmente in quel periodo (0.65 ld-1,
invece di 0.8 ld-1) portano ad un migliore accordo tra la previsione
188
del modello riferita alla presenza di cesio nel latte e le misure
effettuate.
Per quanto riguarda l‟escrezione urinaria, per una migliore
rappresentazione dei dati sperimentali, sembra necessario modificare
il modello ICRP in modo da tener conto dell'influenza del potassio
nel metabolismo del cesio. Questa evidenza è, per altro, in buon
accordo con quanto noto dalla fisiologia e riportato in numerose
pubblicazioni internazionali.
189
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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al suo latte: applicazione del modello ICRP. In: Atti del XXXIV Congresso Nazionale di
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mothers with Italian data after the Chernobyl fallout, lavoro in attesa di pubblicazione (inviato a
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137
Cs and
40
K in
Risica, S., Campos Venuti, G., Rogani, A., Baronciani, D., Petrone, M., 1992. Caesium
contamination in human milk and transfer factor from diet. Analyst 117, 511-4.
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International Conference One decade After Chernobyl: Summing up the consequences of the
accident. IAEA-TECDOC-964, Vienna, 215-220.
190
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
INDAGINI RADIOMETRICHE CONOSCITIVE RECENTI
CONDOTTE DA ARPA EMILIA-ROMAGNA IN AREE
DELLA BIELORUSSIA E DELLA RUSSIA
PESANTEMENTE INTERESSATE DALL‟INCIDENTE DI
CHERNOBYL
R. Sogni, L. Gaidolfi, A Gazzola, L. Achilli, C. Terzoni, P. Pisaroni
ARPA Emilia-Romagna - Sezione provinciale di Piacenza – Centro Tematico Regionale
Radioattività ambientale
PREMESSA
ARPA Sezione provinciale di Piacenza ha avviato da diversi anni
(2003 – 2006) rapporti di collaborazione con Legambiente
Solidarietà nell‟ambito del Progetto Accoglienza, finalizzato
all‟ospitalità temporanea in Italia di bambini che vivono nelle
zone della Bielorussia contaminate dall‟incidente alla centrale
nucleare di Chernobyl.
Tale collaborazione ha visto l‟ effettuazione di indagini
radiometriche mirate a verificare la situazione radiometrica
dell‟ambiente e della popolazione sia presso Centri di accoglienza
in territorio bielorusso, sia in relazione ad aree ubicate nelle
province di Khoiniki e Braghin, situate nella regione di Gomel (ad
est della Bielorussia) fortemente contaminate dall‟incidente.
Nel 2009 ARPA Sezione provinciale di Piacenza ha sottoscritto
una nuova Convenzione con l‟Associazione di volontariato Verso
Est Onlus, che svolge azioni di supporto sociale alla popolazione
più pesantemente coinvolta dalla ricaduta radioattiva verificatasi
in seguito all‟incidente di Chernobyl, tramite l‟organizzazione di
progetti di accoglienza in Italia di bambini provenienti dalle aree
più coinvolte.
La Convenzione, sviluppatasi su base triennale, prevedeva la
realizzazione da parte di ARPA di un‟attività di supporto
tecnico/analitico ad una campagna conoscitiva sull‟attuale
situazione radiometrica dell‟ambiente e della popolazione, da
191
svolgersi in aree particolarmente contaminate della Repubblica
Bielorussa (province di Cecersk, Vetka, Buda-Koshelevo,
Dobrush, Braghin, Khoiniki, Narovlya, situate nella regione di
Gomel e provincia di Slavgorod, situata nella regione di
Moghilev) e della Federazione Russa (provincia di Novozybkov,
situata nella regione di Bryansk) (vedi fig. 1). Nello specifico tali
aree erano individuabili presso i villaggi di provenienza dei
bambini accolti da famiglie italiane per il tramite
dell‟Associazione di volontariato Verso Est Onlus.
A tale scopo, in base a quanto stabilito, in tali aree si sono
effettuati monitoraggi finalizzati a:
1. stimare la dose alla popolazione residente dovuta
all‟ingestione di alimenti;
2. verificare gli attuali livelli di contaminazione
radiometrica ambientale, con riferimento a suoli
indisturbati.
Nel corso delle tre missioni svoltesi negli anni 2009, 2010 e 2011,
sono stati pertanto prelevati circa 500 campioni di alimenti
rappresentativi della dieta media della popolazione “locale”, circa
50 campioni di terreno, nonché ulteriori campioni di urine di
bambini accolti in Italia, sottoposti poi ad analisi radiometriche di
laboratorio (spettrometria γ e Sr90).
In questo lavoro sono descritti i risultati delle misure
radiometriche svolte da ARPA Sezione provinciale di Piacenza,
nonché riportate le valutazioni delle dosi assorbite dalla
popolazione locale.
192
Figura 1 – Repubblica Bielorussa: regioni di Gomel e Moghilev e Federazione Russa: regione di
Bryansk. Mappa della contaminazione al suolo da Cs137.
MATERIALI E METODI
I campioni di terreno sono stati prelevati in superficie tramite un
anello di spessore 5 cm e diametro 14 cm; i campioni sono stati
prelevati in siti ritenuti indisturbati, cioè non soggetti a lavorazioni
agricole o ad altre attività antropiche.
Gli altri campioni di matrici ambientali ed alimentari prelevati sono
provenienti generalmente da piccole coltivazioni locali e, nel caso
degli alimenti, considerando la dieta media della popolazione delle
province interessate.
Per le analisi in spettrometria gamma eseguite sono stati impiegati
sistemi di conteggio con rivelatori a HpGe iperpuro (tipo HPGe-P ed
HPGe-N – EG  G ORTEC, efficienze relative comprese tra 25% e
80% e risoluzione (FWHM) pari a circa 2.0 Kev all‟energia 1.33
MeV), schermati da pozzetti di piombo e collegati a PC, calibrati con
193
sorgente multigamma e dotati di programma di elaborazione spettri
(GAMMAVISION 6.07 – ORTEC). I campioni, pesati ed
omogeneizzati e, laddove necessario (suoli), setacciati, sono stati
introdotti in contenitori “Marinelli beaker” della capacità di 1-2 L,
oppure in contenitori cilindrici di capacità inferiore.
Le determinazioni di Sr90, che hanno interessato solo alcuni
campioni di latte, supposto l‟equilibrio radioattivo con il figlio Y 90,
sono state eseguite impiegando metodiche interne che prevedono
successive separazioni radiochimiche (disgregazione ad umido del
campione, estrazione e separazione dello Sr90 da altri radionuclidi
interferenti, mediante eluizione su resina a scambio ionico,
separazione dal campione del radionuclide figlio Y 90) e la
preparazione di un precipitato (ossalato di ittrio) raccolto su piattello
da sottoporre a conteggio beta tramite un contatore proporzionale a
basso fondo (fondo circa 0.06 cps) ASPN mod. 2011.
RISULTATI DELLE MISURE E LORO ELABORAZIONE
Le fig. 2 e 3 rappresentano la distribuzione dei campioni
prelevati/analizzati sia rispetto alle tipologie di matrice che alle
province di prelievo.
Matrici
44
15
46
36
44
46
91
46
20
28
36
41
23
Acqua potabile/pozzo
Latte
Derivati del latte
Carni
Pesce fiume/lago
Pane
Uova
Frutta
Funghi
Ortaggi
Terreno
Foraggio
Altro
Figura 2 – Distribuzione dei campioni prelevati/analizzati rispetto alle tipologie di matrice
prelevate.
194
Province
76
38
56
79
54
40
42
30
101
BRAGHIN
DOBRUSH
BUDA-KOSHELEVO
KHOINIKI
CECERSK
NAROVLIA
VETKA
SLAVGOROD
NOVOZYBKOV
Figura 3 – Distribuzione dei campioni prelevati/analizzati rispetto alle province di prelievo.
Matrici alimentari e ambientali
Nel corso del triennio di campionamento, escludendo la matrice
funghi, la contaminazione da Cs137 in alcuni alimenti, nello
specifico un campione di latte vaccino ed un campione di carne
suina, è risultata superiore a 100 Bq/l-kg; peraltro queste risultano
essere le matrici alimentari che mediamente presentano
contaminazioni superiori alle altre.
La contaminazione da Cs137 rilevata nei numerosi campioni di
acqua potabile analizzati è risultata invece generalmente inferiore
alla minima attività rilevabile (pari a circa 0.1-0.2 Bq/l); solo in
alcuni campioni si sono riscontrate “tracce” di Cs137 con valori
comparabili alla minima attività rilevabile.
La contaminazione da Sr90 in 11 campioni analizzati nel triennio di
attività è risultata sempre superiore alla minima attività rilevabile
(pari a circa 0.01 Bq/l); non si sono osservate correlazioni
significative rispetto ai corrispettivi valori di Cs137.
Le fig. 4, 5, 6 e 7 rappresentano la contaminazione da Cs137 e Sr90
(per la sola matrice latte), nei principali alimenti campionati in
relazione alla provincia di prelievo.
195
Latte vaccino
1.000
Bq/l
100
10
1
V
O
D
O
N
N
SL
A
A
VG
VO
ZY
B
O
R
K
O
A
TK
VE
LI
A
O
V
H
K
O
D
R
U
BR
O
IN
IK
I
H
S
K
RS
E
EC
C
B
U
D
A
-K
O
B
R
SH
A
E
LE
G
H
IN
VO
0
Cs137
Sr90
Figura 4 – Contaminazione da Cs137 e Sr90 nel latte vaccino campionato nelle diverse province.
Carne suina
1.000
Bq/kg
100
10
1
V
O
D
VO
ZY
B
O
N
O
R
VG
K
O
A
VE
TK
SL
A
N
A
R
O
V
LI
A
O
IN
IK
I
H
U
BR
O
D
K
H
S
K
RS
E
EC
C
B
U
D
A
-K
O
B
R
SH
A
E
LE
G
H
IN
VO
0
Figura 5 – Contaminazione da Cs137 nella carne suina campionata nelle diverse province .
196
Derivati latte
100
Bq/kg
10
1
V
K
VO
ZY
B
O
R
VG
N
O
SL
A
A
N
O
D
O
A
TK
VE
LI
A
R
H
K
O
D
O
V
U
BR
O
IN
IK
I
H
S
K
RS
E
EC
C
B
U
D
A
-K
O
B
R
SH
A
E
LE
G
H
IN
VO
0
Burro
Formaggio
Panna acida
Ricotta
Figura 6 – Contaminazione da Cs137 nei derivati del latte campionati nelle diverse province.
Ortaggi
100
Bq/kg
10
1
V
O
D
O
R
VO
ZY
B
O
N
VG
K
O
A
VE
TK
SL
A
N
A
R
O
V
LI
A
O
IN
IK
I
H
U
BR
O
D
K
H
S
K
RS
E
EC
C
B
U
D
A
-K
O
B
R
SH
A
E
LE
G
H
IN
VO
0
Patate
Altri ortaggi
Figura 7 – Contaminazione da Cs137 negli ortaggi campionati nelle diverse province.
La contaminazione da Cs137 presenta generalmente elevata variabilità
anche nell‟ambito della stessa provincia di prelievo; si può altresì osservare
come mediamente si ritrovino livelli di contaminazione superiori in quelle
province (Cecersk, Narovlya, Novozybkov) in cui si sono rilevati maggiori
contaminazioni nei terreni.
197
La contaminazione da Cs137 nella matrice funghi, come peraltro era logico
attendersi, ha raggiunto livelli significativi; in alcuni campioni si sono
infatti rilevati valori superiori a 10000 Bq/kg peso fresco.
La fig. 6 rappresenta la contaminazione da Cs137 nei funghi
campionati, sempre in relazione alla provincia di prelievo.
Funghi
Bq/kg (peso fresco)
100.000
10.000
1.000
100
V
O
D
O
R
VO
ZY
B
O
N
VG
K
O
A
TK
SL
A
VE
LI
A
O
V
R
A
N
H
O
IN
IK
I
H
U
BR
O
D
K
S
K
RS
E
EC
C
B
U
D
A
-K
O
B
R
SH
A
E
LE
G
H
IN
VO
10
Figura 6 – Contaminazione da Cs137 nei funghi campionati nelle diverse province .
Si rileva notevole variabilità; dal momento in cui per la maggior
parte dei campioni analizzati non risulta nota la specie del fungo, non
risultano possibili specifiche considerazioni su tale matrice e peraltro
anche la rappresentazione rispetto alle diverse province non consente
alcuna specifica disamina.
Nei campioni di frutti di bosco (10) sottoposti ad analisi di
spettrometria gamma, la contaminazione max. da Cs137 rilevata è
risultata pari a circa 250 Bq/kg in un campione di lamponi.
Fra tutte le diverse matrici analizzate, è stata altresì eseguita una
misura su di un campione di “tupinambur”, tubero della radice di una
pianta erbacea (Helianthus tuberosus) che cresce lungo argini di
fiumi o canali, utilizzata anche in cucina come patata; la
contaminazione rilevata è superiore di due- tre ordini di grandezza
rispetto a quella delle patate (circa 1300 Bq/kg).
198
Nel 2010 sono stati analizzati campioni di legname (sezioni di
tronchi di betulle e pini cresciuti prima dell‟incidente di
Chernobyl) prelevati nelle province di Buda-Koshelevo, Khoiniki
e Slavgorod: in un campione il Cs137 è risultato pari a circa 1000
Bq/kg. Nei campioni di foraggio prelevati nell‟anno 2011 i valori
di Cs137 non risultano correlati significativamente rispetto alla
contaminazione dei corrispettivi terreni; si rilevano valori anche
superiori a 1000 Bq/kg.
Terreni
Relativamente alla Repubblica Bielorussa, i punti di campionamento
sono stati scelti disponendo di mappe redatte con dettaglio
provinciale fornite da colleghi del Centro Repubblicano di Controllo
delle Radiazioni e Monitoraggio Ambientale (RCRKM) di Minsk,
riportanti la contaminazione del suolo da Cs137 al 1991. Si è cercato
di campionare in zone con diversi livelli di contaminazione, dovendo
però escludere aree poste nella “fascia rossa” (> 1480 kBq/m²),
perché interdetta tramite posti blocco che la rendono inaccessibile, se
non tramite permessi speciali rilasciati dalle autorità, e al cui interno
risultano ubicati esclusivamente villaggi disabitati.
La contaminazione da Cs137 nei terreni campionati varia fra circa 5 – 3700
kBq/m2 (vedi fig. 7), con notevoli variabilità nell‟ambito della stessa
provincia. I valori riportati per la provincia di Braghin sono relativi ad
analisi eseguite nel corso del 2006 in occasione di una esperienza analoga
condotta a supporto di LEGAMBIENTE che aveva interessato le province
di Braghin e Khoiniki, estraendo i risultati per i villaggi di provenienza dei
bambini.
199
Terreni
10.000
kBq/km 2
1.000
100
10
V
K
O
V
VO
ZY
B
O
N
N
A
R
E
EC
O
LI
A
K
RS
A
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C
SL
A
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-K
B
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O
D
VO
IN
G
H
A
R
B
O
IN
IK
I
H
K
D
O
BR
U
S
H
1
Figura 7 – Contaminazione da Cs137 nei terreni campionati nelle diverse province.
Dall‟analisi degli spettri gamma relativi ad alcuni campioni di terreno, si è
ancora riscontrata la presenza di Cs134.
La fig. 8 riporta sempre la contaminazione da Cs137 nei terreni
campionati, cui è stata attribuita la “fascia” di contaminazione in
relazione alla ubicazione sulle mappe ottenute con dati relativi
all‟anno 1991, confrontata con le stesse “fasce” di contaminazione; i
livelli di contaminazione sono stati corretti all‟anno 2010 (intermedio
di esecuzione dei campionamenti) esclusivamente in relazione al
decadimento fisico del Cs 137. Tutto ciò allo scopo di effettuare una
verifica fra i risultati delle misure sperimentali e la mappatura.
Figura 8 – Confronto tra risultati delle misure di contaminazione da Cs137 nei terreni campionati
e livelli di contaminazione territoriale desumibili da mappature.
200
Dal confronto emerge che il 26% dei campioni si colloca nella
propria “fascia” di contaminazione, mentre rispettivamente il 39% ed
il 35% dei campioni presentano valori superiori ed inferiori.
STIME DI DOSE DA INGESTIONE ASSORBITA DALLA
POPOLAZIONE LOCALE
Per poter eseguire una stima della dose assorbita, a livello provinciale, dalla
popolazione residente dovuta all‟ingestione di alimenti, si è cercato di
acquisire informazioni relative alla struttura della dieta della popolazione
interessata, nonché di definire un numero di campioni, per i diversi alimenti
della dieta, da prelevare sufficienti a dare un‟idea precisa della reale
situazione, considerando comunque le potenzialità analitiche del laboratorio
ARPA.
Il supporto degli operatori dell‟Associazione di volontariato Verso
Est Onlus ha consentito di ottenere una stima dei consumi medi per i
principali alimenti della dieta della popolazione locale, ovvero
bambini (7 – 12 anni) ed adulti (> 17 anni) (vedi tab. 1).
Tabella 1 – Consumi medi dei principali alimenti della dieta della popolazione locale
Alimento
Bambini
Adulti
Campioni per provincia
(g/giorno)
(g/giorno)
(n°)
Latte (*)
150
200
5
Derivati del latte
40
40
3
Carne Suina
37
50
3
Carne Pollo
37
43
3
Pesce acqua dolce
22
28
3
Uova
18
25
3
Pane
45
100
3
Patate
120
200
5
Altri vegetali
140
200
5
Frutta
45
80
3
Frutti di bosco
100
150
5
Funghi
100
150
5
Acqua potabile (*)
1000
1500
5
(*) ml/giorno
In funzione dell‟importanza di tali alimenti per la dieta, si è quindi
definito un numero minimo di campioni da prelevare in ogni
provincia, variabile da 3 a 5 (vedi tab. 1).
201
Nel corso del triennio di attività non si è purtroppo riusciti a
prelevare, in ogni provincia, il numero totale di campioni prefissato:
solo nelle province di Khoiniki, Slavgorod e Novozybkov si è infatti
riusciti a rispettare pienamente quanto programmato; nelle province
di Cecersk e Buda-Koshelevo si può ritenere comunque di aver
ottenuto un numero pressoché sufficiente di campioni, mentre in
quelle di Vetka, Dobrush, Braghin e Narovlya il numero di campioni
prelevati è da ritenersi insufficiente ai fini della stima della dose da
ingestione a livello provinciale.
I calcoli per la dose da ingestione sono stati effettuati:
- per il Cs137, in quanto attualmente ancora presente e diffuso
nell‟ambiente, e lo Sr90 perché, anche se meno presente, è
chimicamente affine al calcio e si concentra pertanto in modo
particolare nel latte, alimento importante per la dieta (anche per ciò e
considerando altresì le problematiche radioanalitiche sono state
eseguite misure nella sola matrice latte);
- considerando i valori medi delle concentrazioni dei suddetti
radionuclidi nei vari alimenti, considerando cautelativamente quali
valori positivi anche i valori delle minime attività rilevabili ottenuti
dalle analisi;
- secondo le indicazioni ed i coefficienti di dose del Manuale CEVaD
“Emergenze nucleari e radiologiche – Manuale per le valutazioni
dosimetriche e le misure ambientali” (ISPRA, 57/2010).
La stima della dose totale (Cs137 + Sr90) è stata ottenuta sommando
al contributo del Cs137 quello dello Sr90 relativo al latte vaccino.
Le fig. 9 e 10 riportano alcuni risultati delle valutazioni dosimetriche
ottenuti con la metodologia sopra descritta per i bambini e per gli
adulti.
202
Dose ingestione - Alimenti
10000
uSv/anno
1000
100
10
1
O
I
TT
I
B
FU
O
SC
G
H
IL
E
N
O
U
FR
Q
U
C
A
A
Adulti: Sr90
O
TA
P
A
A
LT
R
C
Adulti: Cs137
B
VA
N
U
R
E
A
PA
U
ER
V
PA
N
R
A
A
C
D
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TE
TT
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IV
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TT
O
A
IN
C
TI
L
C
VA
ER
D
TT
E
LA
O
0
Bambini: Cs137
Bambini: Sr90
Figura 9 – Contributo dei vari alimenti alla dose da ingestione da Cs137 e da Sr90
(per il solo latte).
E' evidente l‟importanza (mediamente pari al 95%) dell‟alimento
“funghi” soprattutto per l‟elevato contenuto di Cs137 presente in
diversi campioni analizzati.
Dose ingestione
10000
100
10
N
O
VO
gg
ZY
re
B
ga
K
O
zi
V
on
e
Pr
ov
in
ce
D
O
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K
RS
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EC
C
U
D
A
-K
O
B
R
SH
A
E
LE
G
H
IN
VO
1
B
uSv/anno
1000
Tutti gli alimenti della dieta tipo
Senza consumo funghi
Senza consumo funghi e frutti di bosco
Figura 10 – Adulti: dose da ingestione da Cs137 per le diverse province.
203
Considerando l‟insieme di tutti i dati, la stima della dose totale
(Cs137 + Sr90) da ingestione risulta essere pari rispettivamente a
circa 1400 µSv/anno per gli adulti e circa 700 µSv/anno per i
bambini e si riduce rispettivamente a circa 90 µSv/anno per gli adulti
e a circa 50 µSv/anno per i bambini se non si considera il contributo
dell‟alimento “funghi”. E‟ trascurabile il contributo della
contaminazione da Sr90 per l‟alimento latte vaccino, inferiore infatti
all‟1%, se si considerano tutti gli alimenti, mentre lo stesso risulta
essere rispettivamente pari al 4% per gli adulti e 13% per i bambini
se non si considera il contributo dell‟alimento “funghi”.
La disaggregazione dei dati a livello di singola provincia, in
particolare relativamente alle sole province
in cui è stato possibile prelevare il numero minimo di campioni
(Khoiniki, Slavgorod e Novozybkov) non consente di evidenziare
differenze significative.
CONCLUSIONI
La contaminazione da Cs137 negli alimenti analizzati, pur rimanendo
al di sotto delle tolleranze massime fissate ad esempio dal
Regolamento Comunitario 733/2008 relativo alle condizioni
d‟importazione di prodotti agricoli originari dei paesi terzi a seguito
dell‟incidente verificatosi nella centrale nucleare di Chernobyl (370
Bq/kg per i prodotti lattiero-caseari e derrate alimentari destinati
all‟infanzia e 600 Bq/kg per tutti gli altri prodotti, per la somma di
Cs134 e Cs137), evidenzia in alcuni campioni la persistenza della
contaminazione radioattiva derivante dall‟incidente di Chernobyl e
che ha pesantemente interessato le province della Bielorussia e della
Russia oggetto dell‟indagine. Ciò non vale per i funghi, in cui in
diversi campioni analizzati si sono riscontrati valori di Cs137
ampiamente superiori al limite imposto dal Regolamento europeo
sopra riportato.
La variabilità della contaminazione è generalmente elevata anche
nell‟ambito della stessa provincia, anche se si osserva che
mediamente i livelli di contaminazione risultano superiori in quelle
province (Cecersk, Narovlya, Novozybkov) in cui si sono rilevati
maggiori contaminazioni nei terreni.
204
Le stime di dose da ingestione dei radionuclidi artificiali Cs137 e
Sr90 (quest‟ultimo per il solo alimento latte vaccino) sono
dell‟ordine di alcune decine di µSv/anno se si esclude il consumo di
funghi, cioè basse, circa uno-due ordini di grandezza inferiore al
limite di 1mSv/anno fissato dalla normativa per la popolazione;
considerando invece il consumo di tale alimento le dosi da ingestione
possono raggiungere tale limite.
BIBLIOGRAFIA
R. Sogni, L. Gaidolfi, A Gazzola, L. Achilli, C. Terzoni - ARPA Emilia Romagna in Bielorussia: i
controlli radiometrici effettuati nelle zone interessate dall’incidente di Chernobyl – Atti del
Convegno Nazionale “Controllo ambientale degli agenti fisici: nuove prospettive e problematiche
emergenti” – ARPA Piemonte - 24-27 marzo 2009 Vercelli.
United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation - UNSCEAR 2000 Report to the General Assembly, Vol. II SOURCES AND EFFECTS OF IONIZING RADIATION,
with scientific annexes.
ISPRA - Manuale CEVaD - Emergenze nucleari e radiologiche – Manuale per le valutazioni
dosimetriche e le misure ambientali - ISPRA, 57/2010 Roma
205
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
DOSE GAMMA DA MATERIALI DA COSTRUZIONE:
STIME CON UN ROOM MODEL AVANZATO, ANALISI
DELLA ROBUSTEZZA DELL‟INDICE I DELLA GUIDA
RP 112 E VALUTAZIONI RADIO-PROTEZIONISTICHE
C. Nuccetelli,* M. D‟Alessandro+, S.Risica*, R. Trevisi°
*Dipartimento Tecnologie e salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma
+Istituto per i sistemi complessi, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma
°Dipartimento Igiene del Lavoro, Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli
Infortuni sul Lavoro, Monteporzio Catone (Roma)
Sommario - Un ampio database raccolto negli ultimi 10 anni ha
permesso recentemente agli autori di calcolare l'indice di
concentrazione di attività I per molti materiali da costruzione
utilizzati nell'Unione europea. Questo indice fu suggerito dalla guida
tecnica europea RP112 ed è stato recentemente adottato nella bozza
di Direttiva Europea sui Basic Safety Standards. In questo lavoro è
stata effettuata una analisi sulle implicazioni della scelta di diversi
parametri nel calcolo dell‟indice I, per es. il fondo outdoor da
sottrarre, i criteri di dose, ecc. Inoltre è stato applicato un particolare
room model ai dati raccolti nel database ed è stata quindi effettuata
una valutazione indipendente del rateo di dose gamma in una stanza
modello, ipotizzando un uso ragionevole di diversi materiali da
costruzione. Infine, sono stati confrontati i risultati ottenuti
applicando i due metodi, cioè l‟indice I e il room model.
INTRODUZIONE
Negli ultimi 30 anni è stata riconosciuta la rilevanza della presenza
della radioattività naturale nei materiali da costruzione sia dal punto
di vista della ricerca scientifica che dal punto di vista normativo, dato
il loro contributo all‟esposizione della popolazione alle radiazioni
ionizzanti. I materiali da costruzione, infatti, rappresentano la
sorgente gamma indoor più importante. E‟ per tale ragione che nella
bozza finale della Direttiva Euratom sui Basic Safety Standards (EU
BSS), nell'articolo 101 e nell'allegato 15, si è inteso porre attenzione
206
alla protezione della popolazione da questa sorgente di radiazioni [1].
Le attività di ricerca in questo settore sono state principalmente
dedicate allo sviluppo di modelli computazionali - i room model – e
di tecniche in situ per valutare e prevedere la dose gamma indoor,
sulla base della concentrazione di attività e di altre caratteristiche dei
materiali da costruzione.
In passato gli autori hanno confrontato diversi room model pubblicati
nella letteratura internazionale e ne hanno verificato la sostanziale
equivalenza [2]. Per questo l‟attenzione e l‟analisi di robustezza è
stata focalizzata sul room model di Markkanen [3], il modello scelto
dall‟Unione Europea per definire l‟indice di concentrazione di
attività I. Tale grandezza fornisce un criterio per limitare l‟uso dei
materiali da costruzione troppo attivi. Questo indice, raccomandato
dalla guida tecnica europea RP112 [4], è stato recentemente adottato
nella bozza finale della Direttiva Euratom sui Basic Safety Standards
(EU BSS) [1]. Si ricorda che in questi ultimi decenni alcuni paesi
stati hanno sviluppato metodi, per valutare e classificare i materiali
da costruzione in base al contenuto di radionuclidi naturali. Una
breve rassegna di questa ”famiglia” di criteri per la stima del
contributo dei materiali da costruzione alla dose gamma indoor è
riportata in Appendice.
Il modello di Markkanen, migliorato dagli autori con una più
approfondita analisi delle righe gamma emesse dai radionuclidi
naturali [5], è stato applicato a un ampio database raccolto in questi
anni sulla concentrazione di attività di materiali da costruzione
italiani [6] ed europei [7,8,9,10]. Ciò ha permesso la valutazione
dell‟esposizione della popolazione a questa sorgente gamma. Infatti,
facendo ipotesi ragionevoli su un uso composito dei materiali da
costruzione, con i dati raccolti è stata elaborata una stima delle dosi
gamma.
Sullo stesso database è stato calcolato l‟indice I per molti materiali
(cemento, calcestruzzo, mattoni, ecc.), stimolando una riflessione
sulle possibili conseguenze della scelta dei diversi parametri che
intervengono nel calcolo di I, quali la dose di fondo da sottrarre, il
criterio di dose da adottare ecc. Insieme ai risultati ottenuti con i due
metodi - l‟indice I e il room model – verrà presentato il confronto tra
i due approcci e le conseguenti valutazioni radioprotezionistiche.
207
L‟INDICE I NELLA GUIDA TECNICA DELL‟UNIONE
EUROPEA
L‟indice di concentrazione di attività I è stato introdotto dalla
Commissione Europea (CE) [1] come strumento per identificare i
materiali che richiedono ulteriori indagini. I valori di "soglia" di
questo parametro, come già descritto in precedenza [9], sono calcolati
in base al criterio di dose adottato - dove per dose si intende la parte
eccedente il fondo medio ambientale, stimato a quel tempo in 50 nGy
h-1 (~0,25 mSv y-1) per i paesi dell'Unione Europea - e alle modalità
di utilizzazione del materiale. In particolare, per i materiali
strutturali, una dose di 0,3 mSv y-1 corrisponde a un valore di I pari a
0,5 e una dose di 1 mSv y-1 corrisponde a un valore di I pari a 1. Per
quanto riguarda i materiali utilizzati per rivestimento, ai due criteri di
dose sopra citati corrispondono valori limite dell‟indice I pari,
rispettivamente, a 2 e 6.
Al fine di valutare se il criterio di dose è soddisfatto, nel calcolo
dell'indice di concentrazione di attività (v. Appendice, eq (A1)) sono
stati fissati per Ax i valori riportati nella formula che segue:
I
CRa  226
300 Bq kg
1

CTh  232
200 Bq kg
1

CK  40
3000 Bq kg1
(1)
dove il 226Ra viene utilizzato come riferimento per il progenitore,
l‟238U.
Nella bozza EU BSS, il livello di esenzione è stato posto ≤1 mSv y-1.
Questa scelta è stata principalmente basata sull‟analisi dei dati
raccolti in [10], analisi che ha permesso di stimare l‟impatto sul
mercato UE della scelta del criterio di dose da adottare.
Analisi della robustezza dell‟indice I della guida RP112
L‟indice I - nella pubblicazione RP112 - è calcolato secondo il
criterio di dose di 1 mSv y-1 e la sottrazione di un fondo esterno di 50
nGy h-1, sulla base della seguente equazione:
10-3 Sv/y = (RDSx Cx - 50) 10-9 Gy/h · 0,7 Sv/Gy ·7000 h/y
208
(2)
dove RDSx è il rateo di dose specifica (nGy h-1 per Bq kg-1) per il
radionuclide x - vedi tabella 1 - Cx è la concentrazione di attività del
radionuclide x (Bq kg-1) quando il pavimento, il soffitto e le pareti
sono realizzate con il materiale considerato (modello RP112).
radionuclide
rateo di dose specifica (RDS)
(nGy h-1 per Bq kg-1)
226
0,92
232
1,1
Ra
Th
40
K
0,08
Tabella 1 - Rateo di dose specifica per i radionuclidi considerati nella definizione dell’indice I
In questo articolo abbiamo analizzato le possibili variazioni
dell'indice I al variare del valore del fondo gamma outdoor. Al fine
di valutare l‟eventuale variazione del fondo outdoor europeo - 50
nGy h-1 - connessa all‟attuale maggior numero di Stati Membri, è
stata effettuata una nuova media pesata sulla popolazione,
considerando i valori nazionali pubblicati nel Rapporto UNSCEAR
2000 [11] e le recenti stime della popolazione dell'UE (2009) [12]. Il
risultato del nuovo calcolo ha fornito un valore pari a 57 nGy h -1: la
nuova stima del fondo outdoor, pur essendo maggiore di circa il 10%
della stima precedente, sostituita nell‟equazione (2) non varia
significativamente il risultato. Tuttavia, il rateo di dose assorbita in
aria outdoor è molto variabile tra gli Stati Membri. Per questo
motivo è stata eseguita un'analisi delle differenze nei valori dei
coefficienti Ax nel caso vengano utilizzati il valore minimo e
massimo del fondo gamma outdoor degli Stato membro.
Nel Rapporto UNSCEAR 2000, il valore minimo di fondo gamma
outdoor è di Cipro (18 nGy h-1) e il valore massimo è del Portogallo
(84 nGy h-1). Nella tabella 2 gli Ax sono stati quindi calcolati
considerando questi due valori ed i risultati sono stati comparati con
quelli della RP112. Ciò significa che se ogni Stato Membro adattasse
l‟indice I alla propria situazione radiologica, questo creerebbe una
limitazione significativamente differente del medesimo materiale.
Infatti, i tre denominatori arrotondati dell‟indice I della RP112 (300,
200 e 3000 per 226Ra, 232Th e 40K,) sarebbero (200, 200 e 3000) e
209
(300, 300 e 4000) rispettivamente per Cipro e Portogallo. Pertanto, i
materiali soggetti a controlli o restrizioni di movimento e/o utilizzo
sarebbero molto diversi da paese a paese all‟interno della UE.
Parametro dell’indice
I (Bq kg-1)
Fondo gamma outdoor
RP112
(50 nGy h-1)
276 (300*)
231 (200*)
3176 (3000*)
ARa-226
ATh-232
AK-40
Valore min in UEa
(18 nGy h-1)
241
202
2776
Valore max in UEa
(84 nGy h-1)
313
262
3601
Tabella 2 Valori di Ax per il valore minimo e massimo del fondo outdoor, confrontati
con quelli di RP112 (con l’asterisco * sono indicati i valori arrotondati usati nella RP112; con a i
valori di fondo min e max tratti dal Rapporto UNSCEAR 2000)
INDICE I DELLA GUIDA RP112 APPLICATO A DIVERSI
TIPI DI MATERIALE DA COSTRUZIONE CON TRE
CRITERI DI DOSE
Sono stati ricalcolati i parametri Ax dell'indice I (vedi Appendice),
con l'obiettivo di valutare la percentuale di materiali che determinano
una dose superiore a tre valori di dose scelti come criterio.
Sono stati considerati tre diversi criteri di dose, cioè i due indicati
dalla guida RP112 (0,3 e 1 mSv y-1), più un livello intermedio di 0,5
mSv y-1. Per calcolare i parametri Ax (vedi eq. (A1)), è stata
utilizzata una formula analoga alla eq. (2) con il valore di dose
appropriato. I risultati sono riportati nella tabella 3.
Criterio di
dose (mSv y-1)
1 (RP112)
0,5
0,3
ARa-226 (Bq kg-1)
ATh-232(Bq kg-1)
AK-40(Bq kg-1)
valore
calcolato
valore
arrotondato
valore
calcolato
valore
arrotondato
valore
calcolato
valore
arrotondato
276
165
121
300
200
100
231
138
101
200
100
100
3176
1901
1390
3000
2000
1000
Tabella 3 - Valori dei parametri Ax dell'indice I per i criteri di dose di 1, 0,5 e 0,3 mSv y-1
Per ogni criterio di dose sono state valutate le percentuali di mattoni,
di campioni di calcestruzzo e di fosfogesso potenzialmente sottoposti
a restrizione (vedi tabella 4), utilizzando i valori arrotondati di Ax
riportati in tabella 3. Il calcolo è stato effettuato solo per i campioni
di cui erano disponibili i dati completi sulle concentrazioni di attività
di 226Ra, 232Th e 40K.
210
I risultati di tabella 4 indicano che il 95% dei mattoni e l‟82% dei
campioni di calcestruzzo superano il valore di riferimento definito
per un criterio dose di 0,3 mSv y-1. È utile ricordare che anche la
guida RP112 prevede 0,3 mSv y-1 come possibile criterio di dose ma,
invece di ricalcolare i valori di Ax, propone di utilizzare I = 0,5.
Applicando questo metodo, si ottiene una percentuale del 91% nel
caso di mattoni e del 62% per il calcestruzzo. Quindi, l'uso dei
parametri riportati nella tabella 3 risulta essere più protettivo per la
popolazione. Per quanto riguarda il criterio dose di 1 mSv y-1, l'uso
parametri della tabella 3, coincidenti con quelli della guida RP112,
dà luogo ad un 5% dei campioni superiori al valore di riferimento.
L'obiettivo di non superare 1 mSv y-1 sembra quindi facilmente
realizzabile, ma questo livello di dose gamma ricevuta dai materiali
da costruzione potrebbe non essere trascurabile, considerando anche
la dose efficace di esalazione del radon; d'altra parte, l'adozione di
0,3 mSv y-1 come livello di esenzione potrebbe prefigurare una
situazione difficile da gestire dal punto di vista commerciale.
Materiale
strutturale
N di campioni
con dati completi
Percentuale di campioni che supera il criterio
di dose
(0,3 mSv y-1 )
(0,5 mSv y-1 )
(1 mSv y-1 )
Mattoni
1593
95%
68%
5%
Calcestruzzo
2704
82%
59%
5%
Fosfogesso
257
98%
89%
84%
Tabella 4 - Percentuale dei materiali strutturali che superano i livelli di esenzione relativi a tre
criteri dose
Per quanto riguarda il fosfogesso, i risultati della tabella 4 mostrano
che una percentuale elevata di campioni supera anche il valore di
riferimento superiore: ne segue che l'utilizzo di questo materiale
potrebbe subire forti restrizioni negli Stati Membri.
Infine, le stime relative all‟adozione di un criterio di dose di 0,5 mSv
y-1 mostrano che circa il 60% dei principali materiali strutturali
potrebbe essere esclusa, quindi anche questo scelta, che rappresenta
una proposta intermedia tra quelle indicate nella guida RP112,
produce conseguenze importanti che potrebbero richiedere ulteriori
valutazioni economiche.
211
CALCOLO DELLA DOSE GAMMA DA MATERIALI DA
COSTRUZIONE
Al fine di ottenere una stima indipendente della potenziale
esposizione della popolazione dell'Unione Europea alla radiazione
gamma determinata dalla radioattività naturale nei materiali da
costruzione, i valori di concentrazione di attività raccolti nel database
sono stati utilizzati come input di un modello, che chiameremo room
model ISS [5], ottenuto con una più approfondita analisi delle righe
gamma dal modello di Markkanen [3] utilizzato nella guida RP112.
Il room model ISS, come quello di Markkanen, considera una “stanza
standard” di 5m x 4m x 2,8 m che ha pareti, pavimento e soffitto di
20 cm di spessore. Nel calcolo della dose si tiene conto solo del
contributo dei raggi gamma e non viene considerata la dose dovuta al
radon.
Applicazione del room model ISS ai materiali strutturali
nell‟Unione Europea
Nella tabella 5 sono riportati i risultati dell'applicazione del room
model ISS ottenuti utilizzando i valori medi di concentrazione di
attività di alcuni materiali da costruzione, mentre la tabella 6 mostra
il calcolo effettuato con i relativi valori minimi e massimi. E‟ bene
qui ricordare quanto già ribadito in precedenza, che i dati disponibili
nel database non sono statisticamente rappresentativi a livello dei
singoli paesi membri ma permettono di delineare solo un quadro che,
a livello Europeo, può dare probabilmente indicazioni circa le dosi
massime. Sono stati scelti quattro tipi di “stanza standard”,
ipotizzando un uso ragionevole dei materiali da costruzione.
Pavimento e soffitto sono sempre in calcestruzzo mentre, per le
pareti, sono state scelte quattro diverse configurazioni: i) tutte le 4
pareti della stanza di calcestruzzo, ii) tutte le 4 pareti di mattoni, iii) 3
pareti di calcestruzzo e una di fosfogesso, iv) 3 pareti di mattoni e
una di fosfogesso. Come già fatto per la tabella 3, come dose efficace
da materiali da costruzione sono stati assunti tre criteri: 1, 0,5 e 0,3
mSv y-1. Queste dosi efficaci corrispondono, rispettivamente, a valori
di riferimento derivati di rateo di dose gamma in aria di circa 250,
212
150 e 110 nGy h-1, avendo sottratto il fondo esterno di circa 50 nGy
h-1.
L'analisi dei risultati nelle quattro possibili configurazioni, riportati
in grassetto nella tabella 5, permette di concludere che un solo paese
(la Svezia) presenta valori superiori a 250 nGy h -1, corrispondente a
1 mSv y-1. Se invece si considerano 0,5 o 0,3 mSv y-1, molti paesi
presentano, nelle diverse configurazioni della stanza, ratei di dose
superiori a quelli di riferimento derivati, cioè rispettivamente 150 e
110 nGy h-1. Passando alla tabella 6, emerge che, nella maggior parte
dei casi, i valori massimi sono superiori a 150 nGy h -1 e che circa la
metà dei paesi presenta valori massimi superiori a 250 nGy h -1. Per
quanto riguarda i valori minimi, solo un paese (il Lussemburgo) ha il
rateo di dose gamma superiore a 150 nGy h-1 e nessuno ha un valore
superiore a 250 nGy h-1.
213
Stato membro
Austria
Belgio
Bulgaria
Ciproa
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
Lituania
Lussemburgo
Olanda
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Rep. Ceca
Romania
Slovacchia
Slovenia
Spagna
Svezia
Ungheria
media
aritmetica
media pesata
su popolazione
a
Popolazione
x 106
8,11
10,2
8,47
0,76
5,24
5,13
58,3
81,9
10,5
3,55
57,2
3,73
0,41
15,6
38,6
9,81
58,1
--22,7
5,35
1,92
39,7
8,82
10,1
rateo di
dose
assorb. in
aria
outdoor
(nGy h-1)
43
43
70
18.
52
71
68
50
56
42
74
58
49
32
45
84
34
n. d.
59
67
56
76
56
61
Pavimento+
soffitto
calcestruzzo
= (p+s)
22
27
43
6
111
71
47
84
26
29
33
42
102
45
123
88
66
49
85
48
75
41
179
34
55
61
Parete
fosfogesso
= (p.fsf)
41
21
31
31
56
23
27
97
15
52
47
40
Rateo di dose assorbita in aria indoor
(nGy h-1)
Calcestruzzo
Mattoni
3 pareti
4 pareti
4 pareti
+(p+s)
14
18
28
4
71
45
30
54
17
19
21
27
65
29
79
56
42
32
54
31
48
26
115
22
20
25
40
5
102
65
44
77
24
27
30
39
94
41
113
81
61
45
78
44
69
38
165
32
42
52
83
11
214
136
91
161
50
56
62
81
195
86
236
169
126
95
162
92
144
78
344
66
36
35
35
8
22
41
28
35
37
29
31
34
76
32
20
47
32
38
35
39
59
45
61
39
51
50
51
11
31
59
41
50
53
42
45
50
110
46
29
67
46
55
50
56
85
65
88
56
73
77
94
17
142
130
88
134
79
71
78
92
211
90
152
155
112
104
135
104
160
105
267
91
39
57
118
37
54
115
3 pareti 4 pareti
4 pareti
+(p+s)
3 pareti
calcestruzzo
+(p.fsf.)+(p+s)
3 pareti
mattoni
+(p.fsf.)+(p+s)
85
92
103
99
147
143
168
99
150
120
97
229
100
170
205
96
191
196
102
171
170
181
144
139
57
data la scarsità di dati sui materiali di Cipro, al calcestruzzo è stato assegnato un valore pari al 30% del cemento
Tabella 5 - Ratei di dose gamma outdoor [11] e ratei di dose gamma indoor nei diversi Paesi della UE, calcolati nella “stanza standard” con ragionevoli ipotesi sull'uso dei
material
214
Rateo di dose assorbita in aria indoor (nGy h-1)
i
Stato membro
Austria
Belgio
Bulgaria
Ciproa
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
Lituania
Lussemburgo
Olanda
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Repubblica Ceca
Romania
Slovacchia
Slovenia
Spagna
Svezia
Ungheria
media aritmetica
4 pareti
calcestruzzo
+(p+s)
4 pareti
mattoni
+(p+s)
min
11
17
52
4
46
96
16
84
24
21
43
max
113
123
115
15
750
166
242
287
125
160
83
min max
35 157
51 124
6
38
85
39
59
38
24
29
33
438
169
176
245
145
184
157
186
26
137
3
59
204
319
400
433
177
184
27
84
41
33
191
257
254
320
187
45
37
37
303
137
353
36
52
88
275
147
286
94
40
51
1338
87
282
60
58
53
780
146
234
a
3 pareti
calcestruzzo
+(p.fsf)+(p+s)
3 pareti
mattoni
+(p.fsf)+(p+s)
min
max
min
max
54
47
146
137
77
147
84
231
77
234
79
70
298
167
62
80
268
182
26
124
321
381
26
86
277
279
110
287
92
293
54
338
48
318
72
256
69
250
data la scarsità di dati sui materiali di Cipro, al calcestruzzo è stato assegnato un valore pari al
30% del cemento
Tabella 6 - Rateo di dose gamma indoor minimo e massimo nei diversi Paesi della UE, calcolato
nella “stanza standard” con ragionevoli ipotesi sull'uso dei materiali.
215
CONFRONTO TRA I DUE APPROCCI
Per stimare le differenze derivanti dall‟uso dei due metodi per lo
screening dei materiali da costruzione, è stato eseguito un
confronto tra i risultati ottenuti con l'applicazione dell'indice I,
riportati nella tabella 4, con quelli ottenuti applicando il room
model. Sono state considerate due stanze standard, entrambe con
soffitto e pavimento in calcestruzzo: la prima ha anche le quattro
pareti di calcestruzzo, mentre la seconda di mattoni. In
quest'ultimo caso, per calcolare il contributo di pavimento e
soffitto, sono stati estratti dal database [10] i valori medi di
concentrazione di attività del calcestruzzo di ogni singolo paese.
Utilizzando per il room model i valori del database e le ipotesi
sopra riportate, è stato valutato il numero di campioni che
determinano dosi maggiori dei diversi valori di riferimento scelti.
Come valori di riferimento derivati del rateo di dose gamma in
aria indoor sono stati utilizzati i valori di 250 e 110 nGy h-1 che, si
ricorda, corrispondono rispettivamente a 1 e 0,3 mSv y-1. I
risultati, in termini di percentuali di campioni che hanno
“superato” i valori di riferimento, sono riassunti nella tabella 7.
Per quanto riguarda la stanza in calcestruzzo, l'analisi mostra una
percentuale del 5% e del 64% dei materiali che determinano dosi
maggiori dei valori di riferimento derivati di 250 e 110 nGy h -1.
Questi valori devono essere confrontati con i risultati riportati
nella seconda riga della tabella 4. La percentuale di campioni che
“supera” il valore di riferimento più alto è la stessa, ma si osserva
una discrepanza per il rateo di dose assorbita di 110 nGy h-1,
corrispondente a 0,3 mSv y-1. Questa differenza è da attribuire
all'utilizzo dei parametri Ax arrotondati per il calcolo dell‟indice I;
se questo parametro è calcolato utilizzando i valori non
arrotondati mostrati nella tabella 4, i risultati sono in accordo.
Nel caso dei mattoni, i risultati ottenuti con i due approcci sono
diversi. In particolare, l'applicazione dell‟indice I è più
conservativo per entrambi i criteri dose. Questo risultato è dovuto
principalmente al fatto che nel room model abbiamo tenuto conto
della reale densità dei mattoni (~1,5 g cm-3) nel calcolo del rateo
216
di dose, invece della densità del calcestruzzo (~2,3 g cm-3)
utilizzata in RP 112 per elaborare l‟indice I indipendentemente dal
materiale effettivamente considerato [4]. Infatti, il considerare per
i mattoni una densità più “realistica” produce una diminuzione di
più del 20% dei coefficienti di rateo di dose gamma per unità di
concentrazione di attività per tutti i radionuclidi (catena di uranio
e radio, catena del torio e potassio).
camera standard
4 pareti, pav e soff
in calcestruzzo
4 pareti in mattoni,
pav e soff
in calcestruzzo
Dose assorbita in aria
> 110 nGy h-1
> 250 nGy h-1
64%
5%
82%
0%
Tabella 7 - Applicazione del modello: percentuale di campioni che determinano dosi superiori
ai valori di riferimento per la dose assorbita in aria .
CONCLUSIONI
Per la realizzazione di questo lavoro è stata aggiornata la stima
della media del rateo di dose assorbita in aria outdoor pesata sulla
nuova popolazione europea ottenendo un valore di 57 nGy h-1. Il
nuovo valore, ottenuto utilizzando il rapporto UNSCEAR 2000 e i
dati sulla popolazione europea del 2008, non è significativamente
diverso da quello precedentemente riportato nella guida RP112
(50 nGy h-1).
È stata fatta quindi un'analisi di scenario, al fine di valutare
l'effetto dell'applicazione dei diversi fondi gamma outdoor dei
singoli paesi dell'Unione europea, con particolare attenzione ai
valori minimo e massimo: i tre denominatori arrotondati
dell‟indice I della guida RP112 (300, 200 e 3000 per 226Ra, 232Th
e 40K) diventerebbero - rispettivamente per Cipro e Portogallo (200, 200 e 3000) e (300, 300 e 4000). Ne consegue che, se ogni
Stato membro adattasse l'indice I al proprio fondo di radiazione
gamma outdoor, verrebbe a crearsi una limitazione
217
significativamente differente sull‟uso e la commercializzazione
dei materiali tra i diversi paesi.
Per quanto riguarda la scelta dell‟indice I del RP112 [4] come
metodo per classificare i materiali da costruzione, si deve
sottolineare che questa grandezza risulta molto utile perché è uno
strumento relativamente veloce e semplice, ma può portare ad
errori di classificazione dei materiali, come si evince dal
confronto con i risultati di una modellizzazione più accurata. In
particolare, l‟uso dell‟indice I, che è calcolato con i parametri del
calcestruzzo, per altri materiali usati comunemente (per es. i
mattoni) può causare una inutile “sovraclassificazione” e la
conseguente esclusione dal commercio e dall‟utilizzo.
Infine, si ritiene necessario un commento più generale dal punto di
vista radioprotezionistico. Il criterio per la dose efficace gamma
determinata dai materiali da costruzione considera un singolo
contributo, ma nelle abitazioni la popolazione è esposta anche ad
altre sorgenti di radioattività: il 222Rn dal suolo e, anche se meno
rilevante, dai materiali da costruzione e dall‟acqua; l‟acqua
potabile; possibili radiazioni beta da materiali superficiali; 137Cs in
alcuni tipi di legno, ecc. Pertanto l‟esposizione della popolazione
indoor può essere significativamente superiore ai valori previsti
dovuti ai soli materiali da costruzione.
APPENDICE- RASSEGNA DEI CRITERI PER LA STIMA
DEL CONTRIBUTO DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE
ALLA DOSE GAMMA INDOOR
Segue una breve rassegna sui principali metodi sviluppati negli
ultimi decenni per valutare il ruolo dei materiali da costruzione
come sorgente di radiazione gamma indoor e, in alcuni casi, anche
di radon.
L‟indice I nella sua formulazione generale
L‟obiettivo di limitare l'esposizione gamma da materiale è
ottenuto attraverso il calcolo di un parametro (o indice numerico)
218
che esprime la somma dei contributi dei diversi nuclidi. Di solito
l‟indice deve essere minore/uguale o strettamente minore a 1:
I
CRa226
ARa  226

CTh 232
ATh  232

CK40
AK  40
1
(A1)
dove Cx = concentrazione di attività misurata (Bq kg-1)
Ax = valore fissato (Bq kg-1)
I valori di Ax utilizzati dai diversi paesi possono essere molto
diversi, sia a causa dei livelli di concentrazione di radionuclidi
presenti nei materiali tipici di ciascun paese, sia per le
conseguenze socio-economiche derivanti dal divieto di uso e/o
commercializzazione di alcuni materiali. Questo approccio, e la
sua evoluzione come espressa nella RP112 [4], sono stati
fondamentali nella scelta di un criterio da adottare con la prossima
direttiva EU BSS in materia di radioprotezione [1].
L‟indice I in Austria, in Israele e nella ex-Jugoslavia
Nel 1995 l'Austria ha stabilito un limite [i] che tiene conto della
dose da esposizione gamma e del contributo dato dall‟emanazione
di radon, utilizzando il seguente indice:
CRa  226
CTh  232
CK  40
1
I  (1  0,15k)


1
1
1000 Bq kg
600 Bq kg
1000 Bq kg1
(A2)
dove k è una costante, legata ad alcune caratteristiche dei materiali
(densità , spessore d ed emanazione ).
Nel 2009 è stato introdotto un nuovo regolamento con una diversa
equazione per l‟indice I in cui, tra l‟altro, viene esplicitata la
dipendenza da ,  e d del materiale da costruzione nel termine
che tiene conto del contributo del radon all‟eccesso di dose alla
popolazione [ii]. La nuova espressione dell‟indice I è dato dalla
formula:
219
I  (1  0,07 d)
CRa  226
880 Bq kg
1

CTh  232
530 Bq kg
1

CK  40
8800 Bq kg1
 1
(A3)
dove  è il coefficiente di emanazione di radon,  è la densità e d è
lo spessore della parete. Laddove ulteriori informazioni non sono
disponibili, si considera il coefficiente di emanazione  pari a
10%, d pari a 0,3 m e  pari a 2000 kg m-3: questi parametri, come
già nell‟equazione (A2), condizionano il contributo del termine
legato all‟emanazione di radon, ma non intervengono nella stima
dell‟eccesso di dose gamma che rimane quindi indipendente dalla
densità e dalla geometria del materiale impiegato.
Nel 2009 anche Israele ha adottato un approccio simile; infatti è
stato pubblicato lo standard SI 5098 relativo ai materiali da
costruzione [iii,iv], che considera il contenuto di gamma emettitori
e l‟emanazione di radon e definisce l‟indice I nel seguente modo:
I

C Ra226
A1
(A4)
(1  ) 
C Ra226
A2

CTh 232
A3

C K40
A4
1
dove il primo, il terzo e il quarto termine considerano l‟eccesso di
dose gamma indoor, mentre il secondo termine tiene conto del
contributo alla dose dovuto all‟inalazione di radon con il
coefficiente A2 che dipende dall‟emanazione. Possiamo osservare,
inoltre, che il primo termine esprime la riduzione della dose
gamma da 226Ra, a causa dell‟emanazione di 222Rn che riduce la
concentrazione dei suoi prodotti di decadimento a vita breve
(214Pb e 214Bi) rispetto al valore di equilibrio secolare con il 226Ra.
I valori dei coefficienti A1, A2, A3 e A4 dipendono anche dalla
geometria del materiale, e in particolare dall‟”area specifica”
(d). Per esempio per un prodotto di calcestruzzo con d = 450 kg
m-2, A1, A2, A3 e A4 equivalgono rispettivamente a 421 Bq kg-1,
11,6 Bq kg-1, 298 Bq kg-1 e 4150 Bq kg-1.
Anche l‟ex Jugoslavia nella definizione del proprio indice [v]
aveva aggiunto alla somma un termine ulteriore che, in questo
220
caso, invece, teneva conto della concentrazione di radionuclidi
artificiali:
I

C Ra226
400
(A5)

CTh 232
300

C K40
5000

Ca
4000
1
dove Ca è la somma, espressa in Bq kg-1, delle concentrazioni di
attività di tutti i radionuclidi artificiali presenti nel campione.
Metodo del “Ra equivalente” - Raeq
Nel 1985 Beretka e Mathew [vi] hanno proposto un criterio basato
sulla definizione dell'attività equivalente di radio (Raeq); questo
metodo viene ancora utilizzato da alcuni autori (si veda ad
esempio il rif. [vii]).
Raeq è un indice che rappresenta la somma pesata della
concentrazione di attività di 226Ra, 232Th e 40K: questa grandezza
tiene conto pertanto del contributo alla dose dato dalle emissioni
gamma di tutti i nuclidi naturali. Il Raeq è calcolato attraverso la
seguente formula:
Raeq = ARa + 1,43 ATh + 0,077 AK
(A6)
dove ARa, ATh e AK sono, rispettivamente, le concentrazioni di
attività (Bq kg-1) di 226Ra, 232Th e 40K.
Questa definizione partiva dalla valutazione che 10 pCi/g (ora 370
Bq kg-1) di 226Ra, 7 di 232Th e 130 di 40K producono lo stesso rateo
di dose gamma, pari a circa 150 mrad/y (ora 1,5 mGy/y). Per
limitare a questo valore la dose gamma proveniente dai materiali,
l‟indice Raeq dovrebbe essere inferiore o uguale a 10 pCi/g (ora
370 Bq kg-1) oppure
ARa /10 + 1,43 ATh/7 + 0,077 AK/130
(A7)
deve essere inferiore o uguale a 1 se calcolato con le vecchie unità
di misura (Ci), a 370 se calcolato in Bq.
221
Il “Radiation Performance Index”
Nei Paesi Bassi [viii] qualche anno fa è stato proposto il cosiddetto
"Radiation Performance Index", che tiene conto del contributo dei
radionuclidi gamma-emettitori presenti nei materiali da
costruzione e del radon emesso:
E= Ch cdc + E ≤ 1 mSv y-1
(A8)
dove:
Ch = concentrazione media annua di radon indoor sottratta del
contributo fornito dal radon outdoor (Bq m-3)
cdc = fattore di conversione dose annua/ concentrazione di
attività (mSv y-1/Bq m-3)
E = rateo di dose efficace determinato dalla radiazione gamma
emessa dai materiali che è dato da:
E=kUCRa+kThCTh+kKCK
(A9)
dove kx sono fattori di conversione (mSv y-1/Bq kg-1) che tengono
conto della forma e delle dimensioni dell‟ambiente considerato
(stanza), della composizione chimica, della densità e dello
spessore dei materiali (modello Koblinger [ix]).
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http://ec.europa.eu/energy/nuclear/
radiation_protection/doc/art31/2010_02_24_draft_euratom_basic_safety_standards
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L’inventario della concentrazione di attività di radionuclidi naturali nei materiali
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[10]Trevisi R, D‟Alessandro M, Risica S, Nuccetelli C, 2011. Natural radioactivity
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[v] Pavlovic S, Pavlovic R, Avramovic I, Markovic S and Milanovic S, 1996.
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224
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
DOSIMETRIA RETROSPETTIVA FORTUITA CON
COMPONENTI DI TELEFONI CELLULARI
P. Fattibene1,2, S. Della Monaca1,2, D. Viscomi1,2,3, C. Bassinet4,
E. Bortolin1,2, C. De Angelis1,2, H. Schuhmacher5, F. Trompier4,
A. Wieser6, C. Woda6
1
Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Rome, Italy
Gruppo Collegato Sanità, Sezione Roma 1, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare,
Rome, Italy
3
Scuola di Specializzazione in Fisica Medica, Università la Sapienza, Roma
4
Institut de Radioprotection et de Sûreté Nucléaire, Fontenay-aux-Roses Cedex, France
5
European Radiation Dosimetry Group e.V,. Bundesallee 100, D-38116 Braunschweig,
Germany
6
Helmholtz Zentrum München, Deutsches Forschungszentrum für Gesundheit und
Umwelt, Institut für Strahlenschutz, Neuherberg, Germany
2
Autori per la corrispondenza:
[email protected];
[email protected]
RIASSUNTO
Questo lavoro presenta i risultati preliminari di uno studio dedicato
allo sviluppo di un metodo di dosimetria retrospettiva per la
valutazione della dose ricevuta da individui esposti in modo
accidentale a radiazioni ionizzanti in assenza di dosimetri
convenzionali. Il metodo proposto si basa sulla correlazione tra dose
assorbita e danni indotti dalle radiazioni ionizzanti in componenti dei
telefoni cellulari (vetro degli schermi e ceramica dei componenti
elettronici quali resistori, capacitori ed induttori). I danni radioindotti
nella struttura molecolare del vetro e della ceramica sono misurati
rispettivamente con risonanza paramagnetica elettronica (EPR) e con
luminescenza otticamente stimolata (OSL). Lo studio è parte di un
progetto europeo finalizzato allo sviluppo di sei metodi considerati
idonei alla stima di dose individuale in emergenze radiologiche che
coinvolgano un elevato numero di persone. Il progetto
(Multibiodose, MULTI-disciplinary BIODOSimetric tools to manage
high scale radiological casualties - 7th EU-FP Security) è partito nel
225
2010 e coinvolge 14 partner europei. Sono stati esaminati in totale 61
modelli di telefoni cellulari di vecchia e nuova generazione, di cui 25
presso l‟Istituto Superiore di Sanità (ISS).
1. INTRODUZIONE
L‟uso delle sorgenti di radiazioni ionizzanti a scopo industriale,
medico e di ricerca comporta un aumento della possibilità di
esposizione accidentale di operatori addetti e di popolazione civile.
Attenzione è rivolta inoltre alla possibilità di esposizioni dolose, la
cui sola minaccia avrebbe un forte impatto emotivo sulla
popolazione. Nell‟eventualità di una tale emergenza, uno dei
momenti chiave dell‟intervento è il triage dosimetrico (svolto con
metodi di dosimetria biologica e retrospettiva) il cui obiettivo è
l‟individuazione delle persone esposte e la distinzione tra gli
individui realmente esposti e i non esposti, inclusi i cosiddetti
“worried-well”, ossia coloro che richiedono di essere rassicurati su
una non avvenuta esposizione. Questa parte del processo è
particolarmente critica in esposizioni generate esclusivamente da
sorgenti esterne quando non sono applicabili le procedure di
monitoraggio dei fluidi e degli escreti biologici usati per la
rivelazione di contaminazione radioattiva interna. La maggior parte
dei metodi di biodosimetria e di dosimetria retrospettiva si basano
sulla misura dei danni radio indotti stabili in tessuti (principalmente
cellule del sangue) o in oggetti personali indossati dall‟individuo
(Ainsbury et al., 2010). In pratica il dosimetro coincide con
l‟individuo stesso o con gli oggetti che indossava e/o portava con sé
al momento dell‟esposizione. Data la varietà dei potenziali eventi
radiologici, è auspicabile la disponibilità di un ampio ventaglio di
metodi e di un approccio integrato.
In tale ambito si inserisce il progetto di ricerca Multibiodose
(MULTI-disciplinary BIODOSimetric tools to manage high scale
radiological casualties - 7th EU-FP Security) avviatosi nel 2010 con
14 partner europei con l‟obiettivo di sviluppare una metodologia per
una risposta multi-parametrica basata su sei tecniche di biodosimetria
e di dosimetria retrospettiva considerate potenzialmente idonee allo
scopo. Tra queste rientrano la risonanza paramagnetica elettronica
226
(EPR) e la luminescenza otticamente stimolata (OSL) che sono
considerate tecniche elettive per la rivelazione, nei materiali solidi, di
danni indotti dalle radiazioni ionizzanti nelle molecole, in particolare
radicali e centri luminescenti, la cui concentrazione è direttamente
correlabile alla dose di radiazione assorbita dal materiale. In linea di
principio quindi qualunque materiale potrebbe essere preso in
considerazione come dosimetro. Nel caso dell‟EPR, si sfruttano le
proprietà paramagnetiche di quelle molecole (radicali) che a seguito
dell‟irraggiamento presentano elettroni disaccoppiati in uno o più
orbitali molecolari e sono quindi in grado di acquisire un momento
magnetico se immerse in un campo magnetico. La valutazione del
numero dei centri paramagnetici radioindotti, e quindi dell‟energia
rilasciata nel mezzo dalla radiazione ionizzante, avviene attraverso la
misura dell‟energia assorbita da parte del materiale da una radiazione
di frequenza (microonde) e intensità opportune, in presenza di un
campo magnetico statico. Nel caso della OSL, gli elettroni eccitati in
seguito a irraggiamento sono catturati dai difetti reticolari nel
cristallo dove rimangono intrappolati finché non subentra uno
stimolo esterno (in questo caso luminoso) a liberarli. La valutazione
dell‟energia rilasciata nel materiale dalla radiazione ionizzante, in
questo caso, avviene mediante la rivelazione della luce emessa in
fase di diseccitazione degli atomi del cristallo.
Il progetto Multibiodose propone di sviluppare un metodo basato
sulla misura EPR e OSL dei difetti radioindotti nel vetro degli
schermi e nei componenti elettronici dei telefoni cellulari da
utilizzare come dosimetri cosiddetti “fortuiti”. Oltre all‟Istituto
Superiore di Sanità, hanno partecipato a questa parte del progetto lo
Helmholtz Zentrum di Monaco (HMGU), l‟Institut de
Radioprotection et de Sûreté Nucléaire di Parigi (IRSN) e altri istituti
attraverso la rete europea EURADOS. Obiettivo finale di questo
lavoro è la stesura di un database, comune per tutti i laboratori,
finalizzato a identificare le tipologie di vetro e di componenti
elettronici con caratteristiche di radiosensibilità e stabilità della
risposta idonee per dosimetria e la loro reperibilità nei telefoni
cellulari.
227
I risultati presentati in questo lavoro si riferiscono alle misure che
sono state effettuate presso l‟Istituto Superiore di Sanità (ISS), se non
altrimenti dichiarato.
2. MATERIALI E METODI
2.1 Risonanza paramagnetica elettronica in campioni di vetro
I campioni di vetro sono stati prelevati da 25 telefoni cellulari di
vecchia e nuova generazione.
Il vetro estratto dagli schermi dei telefoni (figura 1) è stato pulito con
acetone, lavato con acqua distillata e lasciato asciugare in laboratorio
per alcune ore. I campioni di vetro sono stati poi ridotti in frammenti
utilizzando un pestello ed un mortaio in agata.
Le misure sono state realizzate con uno spettrometro Bruker Elexsys
E500, equipaggiato con una cavità SHQ, che opera in banda X. Per le
misure EPR, i campioni sono stati inseriti in tubi di quarzo suprasil.
Come riferimento di campo è stato utilizzato un campione di
riferimento fornito dalla Bruker. La frequenza delle microonde è
stata letta mediante un frequenzimetro esterno (HP53150A). Sono
stati utilizzati i seguenti parametri di acquisizione: frequenza di
modulazione 100 kHz; frequenza delle microonde 9.84 GHz,
intervallo di campo 10 mT intorno al valore centrale di campo di 351
mT. Gli spettri sono stati inoltre registrati a potenza delle microonde
2 mW e ampiezza di modulazione 0.2 mT. Il tempo medio di
acquisizione del segnale EPR è pari a circa 4 minuti. Le condizioni
ambientali del laboratorio sono state verificate e mantenute a
temperatura e umidità controllate (T = (22 ± 1) °C, H = (48 ± 1) %)
durante la conservazione e la misura dei campioni. Per tutti i
campioni è stata effettuata una misura pre-irraggiamento. Tutti i
campioni sono stati irraggiati a una dose di 10 Gy e misurati 10
minuti e 10 giorni dopo l‟irraggiamento. Infatti il segnale EPR non
viene cancellato durante la misura e può essere letto ripetute volte
dopo l‟irraggiamento. Tutti i campioni sono stati conservati al buio
ed in condizioni di temperatura ed umidità controllate nell‟intervallo
di tempo tra le diverse misure EPR.
228
Gli schermi risultano costituiti da un doppio strato di vetro; i due
vetri tra loro adesi sono stati separati meccanicamente. Per ogni
telefono cellulare sono state caratterizzate entrambe i vetri presenti,
cioè in totale in ISS sono stati misurati 50 campioni di vetro. In
questa sede riportiamo i risultati ottenuti dalla caratterizzazione EPR
del vetro di un modello di telefono cellulare di vecchia generazione
(campione A) e di un dispositivo mobile di tecnologia touchscreen
(campione B).
2
1
Figura 1. Ingrandimento 20x mediante microscopio ottico di frammento di vetro estratto da uno
schermo di telefono cellulare (1) ed ingrandimento 60x del medesimo campione per evidenziarne la
struttura complessa (2) . Generalmente infatti gli schermi non sono apparsi propriamente “trasparenti”
ma rivestiti di sottili film di elettrodi, sia adesi al vetro in forma di pellicole, sia incorporati al suo
interno. Ove possibile queste patine, dopo una pulizia preliminare con acetone, sono state rimosse
meccanicamente.
2.2 OSL in componenti elettronici
I componenti elettronici dei telefoni cellulari contengono un
substrato in ceramica (di nitruro di alluminio) che presenta un
segnale di luminescenza radioindotto (Inrig et al., 2008; Beerten et
al., 2008; Beerten et al., 2009; Bassinet et al., 2010b). In alcuni
componenti tale substrato è ricoperto da uno strato ulteriore che
impedisce la rivelazione del segnale di luminescenza stimolata.
Tra i componenti elettronici radiosensibili sono stati selezionati
resistori, induttori e capacitori. Resistori e induttori sono presenti in
tre dimensioni standard:
-il formato 0603, “grande”, di dimensioni 1.6 x 0.8 x 0.45 mm
-il formato 0402, “intermedio”, di dimensioni 1 x 0.5 x 0.35 mm
-il formato 0201, “piccolo”, di dimensioni 0.6 x 0.3 x 0.20 mm
229
Non è stato possibile classificare i capacitori in base al loro formato
perchè le dimensioni sono risultate essere estremamente variabili.
Ogni campione (piattello) di induttori e resistori utilizzato è stato
riempito con 10 componenti 0402, se disponibili, altrimenti con 20
componenti 0201 o infine, come ultima alternativa, con tutti i
componenti 0402 presenti nel dispositivo.
I componenti sono stati estratti meccanicamente dalle schede
elettroniche dei 25 telefoni, lavati con acetone per eliminare residui
di collanti chimici e risciacquati con acqua. Infine sono stati lasciati
asciugare in aria per circa 10 ore. Il fissaggio su piattelli di acciaio
inossidabile è stato effettuato con olio al silicone per evitare
ribaltamenti e garantire che la parte radiosensibile del componente si
trovasse sempre rivolta verso la sorgente luminosa nel corso delle
operazioni di lettura del segnale.
Su ogni campione è stato effettuato un primo irraggiamento a 10 Gy
per verificare la radiosensibilità di ciascuno, misurando il segnale
immediatamente dopo l‟esposizione alla radiazione. Nel secondo
irraggiamento a 10 Gy, la lettura dei campioni è stata effettuata dopo
10 giorni dall‟esposizione per valutare la stabilità nel tempo del
segnale radioindotto. Inoltre, per evidenziare e correggere eventuali
variazioni di sensibilità causate dall‟irraggiamento o dai trattamenti
termici utilizzati nel corso della misura, dopo ogni lettura dei segnali
a 10 Gy ai campioni sono state somministrate delle dosi test (pari a
0.3 Gy per resistori e induttori e a 1 Gy per i capacitori). Per le
letture del segnale OSL è stato usato un lettore TL/OSL Risø
modello DA-20.
I parametri di lettura utilizzati per i campioni irradiati a 10 Gy sono:
preriscaldamento a 120 °C per 10 s; stimolazione con led blu per 60 s
a 90 °C; stimolazione con led blu per 240 s a 90 °C (per cancellare i
segnali residui). I parametri di lettura usati per la misura del segnale
indotto dalla dose test sono: preriscaldamento a 120 °C per 10 s;
stimolazione con luce blu per 300 s a 90 °C.
La preparazione dei campioni prima dell‟irraggiamento è avvenuta in
condizioni di luce bianca mentre tutte le operazioni relative alla
misura dei campioni irradiati sono state eseguite al buio e in
condizioni di luce rossa, per evitare perdite di segnale radioindotto.
230
Tutte le misure sono state effettuate in atmosfera di azoto per evitare
la presenza di segnali spuri.
2.3 Irraggiamento in laboratorio
I campioni sono stati irraggiati, in aria e a temperatura ambiente, alla
dose di 10 Gy in termini di kerma in aria, utilizzando una sorgente di
60
Co Gammacell 220. Tutti gli irraggiamenti sono stati effettuati
nelle stesse condizioni geometriche: i campioni sono stati inseriti in
contenitori cilindrici di polistirolo e posizionati in modo
riproducibile in un supporto porta-campioni di polimetilmetacrilato
(PMMA) appositamente realizzato per gli irraggiamenti in questa
sorgente.
2.4 Database
Ciascun laboratorio ha analizzato 25 telefoni cellulari di modelli
differenti. Sette dei 25 modelli di telefono posseduti da ciascun
laboratorio erano identici per i tre laboratori, in totale quindi sono
stati analizzati 75 telefoni cellulari, ma il database contiene 61
modelli differenti. I primi 7 modelli sono stati prodotti prima del
2009, i restanti 54 modelli appartengono a produzioni successive al
2010.
Obiettivo finale del lavoro qui presentato era la stesura di un
database, comune per tutti i laboratori, costruito secondo i seguenti
criteri:
-
classificazione delle tipologie di vetro e di componenti
elettronici
presenza di un segnale radioindotto nelle tipologie
identificate
la percentuale di segnale radioindotto ancora visibile dopo 10
giorni dall‟irraggiamento.
la percentuale di telefoni che presentassero vetri o
componenti elettronici con caratteristiche dosimetriche
idonee
231
3. RISULTATI
3.1 Risultati delle misure EPR in campioni di vetro effettuate
presso l‟ISS
Il campione A studiato in questo lavoro presenta un segnale EPR
complesso prima dell‟irraggiamento centrato a g=2.0024
(corrispondente al valore di campo 350.5 mT) (figura 2). Anche nel
campione B non irradiato si nota un segnale complesso (figura 3).
Intensità segnale EPR (u.a.)
600
300
0
-300
-600
347
348
349
350
351
352
353
354
Campo magnetico (mT)
Figura 2. Radiosensibilità. Segnale EPR per il campione A non irradiato (linea continua),
irradiato e misurato pochi minuti dopo l’esposizione (linea continua grigia), irradiato e misurato
dopo 10 giorni dall’esposizione (linea tratteggiata).
1600
Intensità segnale EPR (u.a.)
1200
800
400
0
-400
-800
-1200
347
348
349
350
351
352
353
354
355
Campo magnetico (mT)
Figura 3. Radiosensibilità. Segnale EPR per il campione B non irradiato (linea continua),
irradiato e misurato pochi minuti dopo l’esposizione (linea continua grigia), irradiato e misurato
dopo 10 giorni dall’esposizione (linea tratteggiata).
232
In seguito ad irraggiamento ad una dose di 10 Gy, in entrambi i
campioni si evidenzia la presenza di un segnale specifico
dell‟irraggiamento. Nello spettro del campione A irradiato in
laboratorio (figura 2), il segnale radioindotto è parzialmente
mascherato dal segnale pre-esistente nel campione non irradiato
(segnale di fondo), che rappresenta, in questa tipologia di vetro, un
contributo piuttosto significativo. Si nota, inoltre, una variazione del
g nello spettro EPR al valore di g = 2.008 (intorno al valore di campo
350 mT). Nel caso del campione B, il contributo del segnale di
fondo, risulta meno evidente rispetto alla situazione osservata nel
campione A. Lo spettro del campione B dopo irraggiamento appare
piuttosto complesso e composto da vari segnali, in parte dovuti
all‟aumento del numero di centri paramagnetici già presenti nel
segnale di fondo, che determinano quindi un aumento nell‟intensità
di segnali pre-esistenti, e in parte dovuti all‟attivazione di specie
radicaliche specifiche dell‟irraggiamento (figura 3).
In entrambi i campioni, si osserva un decadimento del segnale a 10
giorni dall‟irraggiamento dovuto alla ricombinazione delle specie
radicaliche radioindotte più instabili.
3.2 Risultati delle misure OSL in componenti elettronici
effettuate presso l‟ISS
Tra i 25 telefonini studiati in ISS i componenti selezionati sono
risultati presenti nel 100 % dei casi nel caso di resistori e induttori e
solo in 12 telefoni su 25 nel caso dei capacitori.
In figura 4 sono riportate le curve di decadimento OSL (intensità del
segnale in funzione del tempo di stimolazione) di un campione
formato da 10 resistori di taglia 0402. La linea continua rappresenta
il decadimento del segnale del campione non irradiato, mentre la
linea tratteggiata e la linea punteggiata rappresentano rispettivamente
la curva di decadimento immediatamente dopo un irraggiamento a 10
Gy, e quella dopo 10 giorni dall‟irraggiamento a 10 Gy del
campione. La mancanza di decadimento del segnale del campione
non irradiato indica l‟assenza di un segnale prima dell‟irraggiamento
in laboratorio. In seguito all‟esposizione a 10 Gy, il campione
presenta un segnale ben visibile che risulta essere ancora osservabile
dopo 10 giorni dall‟irraggiamento. Un simile risultato è stato
233
riprodotto per i resistori di tutti i 25 telefoni studiati nei laboratori
ISS e, con diverse sensibilità, per tutti i componenti presi in
considerazione.
In figura 5 è rappresentata la variabilità tra le intensità dei segnali dei
campioni di resistori estratti dai 25 telefoni studiati in ISS. In
particolare, i rombi rappresentano la variazione percentuale
dell‟intensità del segnale di ciascun campione rispetto alla media
delle intensità dei segnali di tutti i campioni estratti dai 25 telefoni. Il
valore numerico delle intensità dei segnali è calcolato come
l‟integrale delle curve di decadimento OSL nei primi 6 secondi di
acquisizione sottratto dell‟integrale della curva tra i 6 e i 12 secondi.
La media delle variazioni percentuali è stata, nel caso dei resistori, di
circa 17 (±19) %. Tale valore si riduce considerevolmente se si
considerano le variazioni percentuali rispetto alla media delle
intensità dei segnali normalizzate rispetto a quelle ottenute in seguito
alla somministrazione di una dose test (pari a 0.3 Gy nel caso dei
resistori e degli induttori e pari ad 1 Gy nel caso dei capacitori) sui
campioni. Nel caso dei resistori la media dei valori assoluti di tali
variazioni normalizzate, indicate in figura 5 con i quadrati, è di circa
6 (±4) %. Nel caso degli induttori 0402 tale media è pari a 8 (±8) %
mentre nel caso dei capacitori (presenti però solo in 12 dei 25
telefoni studiati in ISS) risulta essere del 22 (±13)%.
6000
Intensità segnale OSL (u.a.)
5000
4000
3000
2000
1000
0
-1000
0
10
20
30
40
50
60
70
Tempo (s)
Figura 4. Radiosensibilità. Curve di decadimento del segnale OSL in funzione del tempo di
acquisizione (60 s) per un campione (resistore di formato 0402) non irradiato (linea continua),
irradiato e misurato pochi minuti dopo l’esposizione (linea tratteggiata), irradiato e misurato dopo
10 giorni dall’esposizione (linea punteggiata).
234
80
60
Variazione dalla media (%)
40
20
0
-20
-40
-60
-80
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25
ID telefono
Figura 5. Variabilità. Per ciascuno dei campioni di resistori 0402 estratti dai 25 telefoni cellulari
studiati in ISS è riportata la variazione percentuale dell’intensità del segnale del singolo campione
rispetto alla media delle intensità di tutti i campioni, non normalizzata (rombi) e normalizzata
rispetto al segnale corrispondente ad una dose test (quadrati).
In figura 6 sono riportate per i 25 telefoni le percentuali di intensità
del segnale OSL ancora visibili dopo 10 giorni dall‟irraggiamento nel
caso dei resistori. In tutti i casi si è osservata una decrescita del
segnale rispetto a quello rivelato immediatamente dopo l‟avvenuto
irraggiamento. Le variazioni riportate in figura non si riferiscono ad
intensità normalizzate a quelle delle dosi test. La media di tali
variazioni è pari al 54 (±6) % nel caso dei resistori 0402, al 48 (±15)
% nel caso degli induttori 0402 e del 49 (±7) % nel caso dei
capacitori.
80
Segnale residuo (%)
70
60
50
40
30
20
0 1
2 3
4
5 6
7 8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25
ID telefono
Figura 6. Fading del segnale. Per ciascuno dei campioni di resistori 0402 estratti dai 25 telefoni
cellulari studiati in ISS è riportata la percentuale dell’intensità del segnale OSL ancora visibile
dopo 10 giorni dall’irraggiamento rispetto al segnale registrato immediatamente dopo
l’irraggiamento.
235
3.3 Database
Lo stesso studio effettuato in ISS su vetri e componenti estratti da 25
telefoni cellulari è stato svolto anche nei laboratori dell‟HMGU e
dell‟IRSN. Una sintesi dei risultati è riportata nelle tabelle 1 e 2.
Lo studio dei 150 campioni di vetri appartenenti a 75 telefoni
cellulari ha portato all‟identificazione di 5 tipologie di spettri EPR,
associabili a 5 tipologie di vetri, definite con numeri da I a V. In
circa il 20% dei campioni studiati non è stato possibile effettuare
misure EPR, probabilmente a causa della presenza di componenti
metalliche nei vetri. La percentuale di disponibilità di ciascuna
tipologia di vetro è approssimativamente egualmente distribuita tra i
diversi modelli di telefoni, fatta eccezione per la tipologia IV,
presente in un ridotto numero di schermi di interfaccia di dispositivi
touchscreen (cfr. sezioni 3.1 e 4.1). Tutti gli spettri EPR studiati
sembrano composti di vari segnali, probabilmente generati da diversi
centri paramagnetici. In 4 tipologie su 5 si osserva una sensibilità alla
radiazione (variazione nell‟intensità del segnale), mentre la
specificità alla radiazione, cioè la presenza di un segnale radioindotto
diverso da quello presente nel campione non irradiato, è stata
chiaramente identificata solo in 2 tipologie di vetro (corrispondenti ai
campioni A e B di questo lavoro). Tutti gli spettri EPR investigati
mostrano inoltre, dopo irraggiamento, un decadimento del segnale di
circa 20% in 10 giorni. La tabella 1, che rappresenta un modello del
database che è stato costruito, mostra un riassunto delle proprietà
EPR che sono state investigate.
Tipologia
Sensibilità
alla radiazione
(Sì /No)
Specificità alla
radiazione?
(Sì/No)
Presenza di
fading
(Sì /No)
Disponibilità nei
61 modelli
(%)
I
II
III
IV
V
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
No
No
Sì
-
Sì
Trascurabile
Sì
Sì
-
20
35
25
5
13
Tabella 1. Sintesi dei risultati ottenuti nel corso dello studio EPR sulle 5 tipologie di vetri
identificate e disponibilità percentuale dei vetri di ciascuna tipologia estratti da 61 telefoni
cellulari nei laboratori dell’HMGU, dell’ISS e dell’IRSN.
236
La tabella 2 riporta una sintesi dei risultati OSL dei componenti
elettronici ottenuti dai tre laboratori. La minima dose rivelabile per
ciascun componente, riportata in tabella con l‟intervallo di ampiezza
pari a due deviazioni standard, è stata calcolata a partire dalla media
del segnale OSL dei campioni non irradiati estratti dai 25 telefoni
cellulari esaminati, aumentata di 3 deviazioni standard. La
conversione in dose è stata calcolata normalizzando al valore
dell‟intensità del segnale registrato in ciascun campione dopo
irraggiamento a 10 Gy. I numeri riportati nelle colonne 3 e 5 della
tabella 2 sono valori medi e tra parentesi quadre si riportano i valori
minimi e massimi.
Tipologia
Sensibilità alla
radiazione
(Sì/No)
Minima dose
rivelabile (mGy)
Presenza
di fading
(Sì/No)
Segnale residuo
dopo 10 giorni
(%)
Disponibilità
nei 61 modelli
(%)
R 0402
R 0201
C
I 0402
I 0201
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
42.0 [21.1-62.9]
49.1 [14.7-83.6]
160.3 [99.0-221.6]
8.9 [0.9-16.9]
17.7 [3.0-32.4]
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
54.6 [47.6-61.5]
54.3 [49.1-59.5]
61.2 [46.6-75.8]
47.5 [33.4-61.6]
70.1 [56.6-83.6]
100
50
50
88
28
Tabella 2. Sintesi dei risultati ottenuti nel corso dello studio OSL su componenti
elettronici estratti da 61 telefoni cellulari nei laboratori dell’HMGU, dell’ISS e
dell’IRSN.
4 DISCUSSIONE
4.1 Analisi EPR di campioni di vetro
- Caratterizzazione dei segnali EPR dei vetri. I vetri dei 61 modelli
di telefono esaminati hanno presentato segnali EPR classificabili in 5
categorie. In generale, i vetri sono i più comuni solidi amorfi, cioè
caratterizzati da una disposizione di atomi e molecole che non è
ordinata a lungo raggio, ma casuale. Sono solitamente costituiti da
miscele di silicati, ottenute per fusione, con aggiunte di altre sostanze
che conferiscono ai vetri caratteristiche fisico-chimiche che li
rendano idonei a utilizzi specifici. Purtroppo i dati di letteratura
disponibili hanno permesso solo per alcune categorie una
identificazione certa dei corrispondenti centri paramagnetici
radioindotti. Gli spettri EPR del campione A (categoria I), prima e
dopo irraggiamento alla dose di 10 Gy, presentano, come riportato in
237
letteratura (Wu et al., 1995; Bassinet et al., 2010; Gancheva et al.,
2006), le caratteristiche peculiari di una tipologia di vetri nota come
“soda lime-silica glasses”. Questo vetro è composto per circa il 70%
di ossido di silice, e per il 15% e 10% di ossido di sodio (soda) ed
ossido di calcio (lime), rispettivamente, che lo rendono maneggevole
per la lavorazione, e al tempo stesso ne aumentano la resistenza
chimica e meccanica. Anche le categorie II e III sono chiaramente
identificabili rispettivamente come vetri boro-silicato e
probabilmente sodio-silicato. La categoria IV (il campione di tipo B
nel presente lavoro) appartiene ad una tipologia di vetri di ultima
generazione, “Gorilla glass” che non presenta ad oggi un riscontro in
letteratura utile a una caratterizzazione mediante spettroscopia EPR.
Dal punto di vista chimico è un alcali-allumino-silicato, con aggiunta
di potassio e sodio in quantità variabile, oltre a percentuali minori di
altri componenti. . Questo tipo di vetro, introdotto nel mercato dalla
società americana Cornix nel 2008 (www.corninggorillaglass.com),
costituisce un‟innovazione per le elevate proprietà di resistenza del
materiale (resistenza alla frattura di circa 2-3 ordini di grandezza
superiore al vetro “soda lime”). Il vetro della tipologia V non è
caratterizzato, ma ha un‟importanza minore delle altre categorie,
essendo risultato non sensibile alle radiazioni.
I due vetri analizzati in questo lavoro (categoria I e IV)
rappresentano dunque, in qualche modo, uno spartiacque tra una
tipologia di vetro presente sul mercato da diversi decenni e quelle
che potenzialmente costituisce il prossimo futuro.
- Disponibilità dei vetri negli schermi. Le categorie di vetro più
frequenti sono le I-III. La categoria IV (Gorilla glass) è poco
presente negli schermi, ma è ancora prematuro concludere se sia stata
già velocemente accantonata dai produttori (per il costo) o sia ancora
in fase di affermazione. Nei cellulari dotati di tecnologia touchscreen
(circa il 40% dei telefoni studiati), è stata inoltre evidenziata la
presenza di un ulteriore schermo di interfaccia con l‟utente che nel
45% dei dispositivi investigati in ISS è risultato essere composto di
fibre polimeriche (policarbonato) che non sono analizzabili con EPR.
- Radiosensibilità. Quattro delle cinque categorie hanno presentato
un segnale radioindotto (quindi con la sola esclusione dei vetri di
categoria V). Nelle categorie I e IV (di cui si sono riportati i segnali
238
in questo lavoro) il segnale dopo irraggiamento era
significativamente diverso nella forma di riga da quello dei campioni
non irradiati, permettendo quindi un chiaro e non ambiguo
riconoscimento dell‟avvenuto irraggiamento. Nei vetri di categoria II
e III il segnale dopo irraggiamento ha la stessa forma di riga di quello
osservato prima dell‟irraggiamento, sebbene un‟intensità maggiore.
Infine, poiché la presenza di impurezze nei vetri, dovute ai diversi
tipi di drogaggi, porta a spettri EPR complessi, sia nei campioni non
irradiati che irradiati, appare evidente la necessità di poter
discriminare i segnali provenienti da centri paramagnetici diversi e,
al contempo, essere quindi in grado di isolare segnali specifici
dell‟irraggiamento. In tal senso, uno strumento utile potrebbe essere,
attraverso un‟analisi matematica, lo sviluppo di un algoritmo che
consenta un‟analisi spettrale e conseguentemente l‟identificazione e
la separazione delle diverse componenti dello spettro
(deconvoluzione).
- Fading del segnale EPR radioindotto. Tutti gli spettri EPR
investigati mostrano una perdita di segnale nei primi giorni dopo
l‟irraggiamento, con successiva stabilizzazione. Nuovamente, la
deconvoluzione delle diverse componenti spettrali appare uno
strumento d‟elezione per identificare chiaramente le componenti a
lunga e breve vita media degli spettri EPR investigati.
4.2 Analisi OSL di componenti elettronici
-Disponibilità dei componenti elettronici. Tra i componenti
elettronici selezionati per lo studio, resistori e induttori di taglia
intermedia (0402) sono risultati essere disponibili in tutti i telefoni, in
numero spesso anche superiore a 30 per telefono. Ciò permette di
utilizzare anche 10 componenti per piattello e di incrementare la
sensibilità del sistema, diminuendo così la minima dose rivelabile.
Induttori e resistori di piccola taglia, di formato 0201, sono risultati
essere presenti in minor percentuale rispetto a quelli di formato
intermedio, sebbene tale scenario potrebbe mutare velocemente con
l‟avanzare del progresso tecnologico. Infine, i capacitori sono
risultati essere pressoché assenti nei telefoni di nuova generazione
(prodotti dopo il 2007) e presenti spesso in numero molto limitato
nei telefoni della generazione precedente.
239
-Radiosensibilità. Tutti i componenti elettronici selezionati (resistori,
induttori e capacitori) per lo studio hanno mostrato la presenza di un
segnale OSL radioindotto molto intenso a 10 Gy. Ciascun
componente ha mostrato una minima dose rivelabile ben al di sotto di
1 Gy; tra le tre tipologie di componenti, gli induttori e i capacitori si
sono rivelati essere rispettivamente i più e i meno sensibili. La
diversa radiosensibilità dei diversi componenti può essere spiegata
con la differente composizione e quantità di materiale radiosensibile.
Appare evidente, ad esempio, che la parte di materiale ceramico
occupa in percentuale una superficie maggiore sugli induttori rispetto
ai resistori. Per quanto riguarda i capacitori, in ogni piattello è stato
inserito il maggior numero di componenti di questo tipo presenti
sulla scheda elettronica del telefono in esame. In molti casi però si è
verificato che il numero di capacitori fosse esiguo (anche uno o due
per telefono) o che le loro dimensioni fossero ridotte e questo spiega
la minore radiosensibilità di questi componenti e anche la maggior
variabilità ottenuta nell‟intensità della risposta a 10 Gy.
-Fading del segnale. Come è già stato osservato, il segnale
radioindotto è risultato essere ancora rivelabile dopo 10 giorni
dall‟irraggiamento per tutti i componenti elettronici selezionati. In
particolare, per tutti i componenti è stata osservata una perdita di
segnale media del 50 %. Gli induttori 0201 di taglia “piccola” sono
risultati i componenti più stabili, con la minore perdita di segnale nel
tempo (circa il 30 % dopo 10 giorni), mentre i resistori, sia di taglia
“piccola” che di taglia “intermedia”, hanno mostrato una maggiore
stabilità nella risposta.
5. CONCLUSIONI
I risultati ottenuti nella prima fase del progetto hanno confermato la
potenzialità dei metodi proposti. I principali aspetti indagati in questa
prima fase del lavoro sono stati: la disponibilità dei diversi
componenti elettronici e tipi di vetri nei telefoni; la presenza di un
segnale radioindotto a 10 Gy e di un segnale residuo dopo 10 giorni
dall‟irraggiamento. Sia i vetri degli schermi che i componenti
elettronici hanno mostrato di conservare per un tempo
sufficientemente lungo l‟informazione di una esposizione alle
radiazioni ionizzanti. I componenti analizzati con OSL presentano
240
una soglia di rivelazione inferiore ad 1 Gy; il segnale risulta inoltre
ancora ben visibile dopo 10 giorni dall‟irraggiamento sebbene
presenti una decrescita dell‟ordine del 50 %. I vetri analizzati con
EPR presentano una stabilità nel tempo più alta che nei componenti
misurati con OSL, ma una minore sensibilità.
Le fasi successive del lavoro prevedono una ottimizzazione del
metodo per il superamento di alcuni degli ostacoli descritti sopra
(eliminazione delle componenti metalliche nei vetri, identificazione
dei centri paramagnetici con programmi di calcolo; valutazione di
fattori correttivi per la perdita di segnale OSL nei componenti
elettronici). Infine, si procederà a validare i due metodi attraverso un
interconfronto internazionale che coinvolgerà laboratori afferenti alla
rete europea EURADOS.
RICONOSCIMENTI
Questo lavoro è sostenuto dalla Commission of European
Communities con il contratto n.FP7-241536.
BIBLIOGRAFIA
Ainsbury, E.A., Bakhanova, E., Barquinero, J.F., Brai, M., Chumak, V., Correcher,
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242
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
NOVITÀ IN RADIOPROTEZIONE APPROVATE O IN
DISCUSSIONE AL GRUPPO DI ESPERTI EX ART. 31 DEL
TRATTATO EURATOM
S. Risica* e A. Farulla**
*Dipartimento Tecnologie e salute, Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena 299,
00161 Roma
**Università La Sapienza, Roma. Via Giovanni Battista De Rossi 15A, 00161 Roma
INTRODUZIONE
Anche se probabilmente molto noto, vale la pena ricordare per
sommi capi quanto il Trattato Euratom (Euratom Treaty, abbreviato
in ET) (Commissione Europea, 1957) - che nel lontano 1957 aveva
fondato la Comunità Europea dell’Energia Atomica - aveva stabilito
in merito alla protezione dalle radiazioni ionizzanti negli Stati
Membri (SM). L‟ET è stato modificato solo in piccola parte dai
successivi trattati di Maastricht del 1992 e Lisbona del 2007, che,
invece, hanno in un certo senso rivoluzionato l‟organizzazione
dell‟Unione Europea.
L‟ET al Capo 3, intitolato Protezione Sanitaria, all‟art. 30
afferma che nella Comunità Europea devono essere stabilite delle
“… norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della
popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle
radiazioni ionizzanti”, specificando che “per norme fondamentali
s‟intendono: le dosi massime ammissibili con un sufficiente margine
di sicurezza, le esposizioni e contaminazioni massime ammissibili e i
principi fondamentali di sorveglianza sanitaria dei lavoratori”.
Successivamente all‟articolo 31 stabilisce che “Le norme
fondamentali vengono elaborate dalla Commissione, previo parere di
un gruppo di personalità designate dal comitato scientifico e tecnico
tra gli esperti scientifici degli Stati membri, particolarmente tra
243
quelli versati in materia di sanità pubblica1. La Commissione
chiede il parere del Comitato economico e sociale sulle norme
fondamentali così elaborate. Dopo consultazione dell‟Assemblea2
(Parlamento europeo), il Consiglio, deliberando a maggioranza
qualificata su proposta della Commissione che gli trasmette i pareri
dei comitati da essa raccolti, stabilisce le norme fondamentali”.
Viene così creato nel 1957 il cosiddetto Gruppo di esperti ex art. 31
del Trattato Euratom (Group of experts, GoE).
All‟articolo 32, l‟ET prevede anche che “A richiesta della
Commissione o di uno Stato membro, le norme fondamentali
possono essere rivedute o completate secondo la procedura definita
dall‟articolo 31”.
Infine, il ruolo del GoE è richiamato anche all‟art. 37 dello stesso
Trattato, ove vengono stabiliti gli obblighi degli SM a fornire alla
Commissione Europea (European Commission, EC) “i dati generali
di qualsiasi progetto relativo allo smaltimento di residui radioattivi,
sotto qualsiasi forma, per consentire di determinare se la
realizzazione di tale progetto sia suscettibile di provocare una
contaminazione radioattiva delle acque, del suolo o dello spazio
aereo di un altro Stato membro.” Infatti, in tale caso “La
Commissione, previa consultazione del gruppo di esperti previsto
dall‟articolo 31, esprime il suo parere entro un termine di sei mesi”.
Poco dopo l‟entrata in vigore del Trattato, tuttavia, il Comitato
Tecnico Scientifico (art. 134 dell‟ET) si rese conto che, per i compiti
specifici richiesti dall‟art. 37, la expertise necessaria era diversa da
quella richiesta agli artt. 31 e 32, per cui fu deciso di nominare un
gruppo di esperti diverso con il ruolo di advisor per la EC.
Le nomine degli esperti del GoE sono personali, non governative,
e spettano al Comitato Tecnico Scientifico creato, come sopra
ricordato, dall‟art. 134 dell‟ET. Per questo motivo gli esperti parlano
a titolo personale e agiscono indipendentemente da qualsiasi
pressione o influenza esterna.
I due autori sono attualmente i membri italiani del GoE e, nella
presentazione che segue, provano a delineare, seppure in modo
1
Il grassetto è degli autori.
Il trattato di Maastricht del 1992 in questo articolo ha unicamente modificato la parola Assemblea
con Parlamento
2
244
sintetico e parziale, il funzionamento di questo organismo, le sue
attività e i risultati del suo lavoro, disponibili, grazie alle moderne
tecnologie informatiche, al largo pubblico.
L‟ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
Il funzionamento del GoE è stabilito da un regolamento, la cui
ultima versione è stata approvata in novembre 20073.
Il mandato degli esperti dura 5 anni ed è rinnovabile. Data la
natura del GoE non è ammessa in nessun caso la sostituzione di un
esperto assente.
Gli esperti eleggono un presidente e un vice-presidente che
rimangono in carica per metà mandato, ma l‟elezione di quest‟ultimo
è spostata di un anno rispetto a quella del presidente, per garantire la
continuità del lavoro.
Il gruppo è convocato dalla EC, con largo preavviso, almeno due
volte l‟anno - in riunione ordinaria, generalmente a giugno e
novembre – su di un ordine del giorno stabilito in accordo con il
presidente. In caso di urgenza può essere convocata una riunione
straordinaria, con breve preavviso, come fu fatto, ad es., in occasione
dell‟incidente di Chernobyl. Le riunioni ordinarie durano uno o più
giorni e comunque tutte le riunioni devono essere convocate in un
luogo ove la EC abbia una sua attività.
Il GoE deve generalmente tentare di raggiungere una opinione
unanime. Quando questo non è possibile, decide a maggioranza
semplice, salvo casi particolari previsti. Ad es. per cambiare le regole
di funzionamento è richiesta una maggioranza qualificata di due
terzi. Il risultato del lavoro del GoE deve essere inoltrato alla EC
normalmente sotto la forma di un parere ai sensi dell‟art. 31 dell‟ET,
o di guida, proposta o pronunciamento.
Tutti i verbali delle riunioni, una volta approvati alla riunione
successiva, devono essere resi pubblici attraverso la pubblicazione
sul sito web. Nel caso in cui non si sia raggiunta una conclusione
solida o in quello di opinioni contrastanti, i verbali devono riportare
3
http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/doc/art31/2007_11_procedure_rules.pdf
245
una sintesi delle obiezioni sollevate. Le opinioni dei singoli esperti
non devono essere rese note in alcun modo, in quanto si ritiene che
questo potrebbe sottoporre gli esperti a pressioni esterne.
Il GoE su suggerimento, o con l‟accordo, della EC può costituire
qualsiasi gruppo di studio (Working Party, WP) che ritenga possa
facilitare il suo lavoro, affidandogli compiti specifici. Ai WP
possono partecipare solo membri del GoE; essi nominano un
presidente responsabile di riferire al GoE lo sviluppo e i risultati dei
lavori con un rapporto scritto. Il mandato e i componenti di ciascun
WP devono essere rinnovati all‟inizio del periodo di 5 anni di
permanenza in carica degli esperti.
Sia al GoE che a tutti i gruppi di studio è garantito un segretariato
a cura della EC, che deve assistere il presidente nell‟organizzare e
condurre il lavoro, preparare i pareri, e per il gruppi di lavoro anche
l‟ordine del giorno e le bozze di rapporto sulle attività.
Due punti che non mancano mai all‟ordine del giorno delle
riunioni ordinarie sono le “Informazioni da parte della
Commissione” e lo “Stato dei progetti legislativi”. Al primo punto
funzionari di altre divisioni della Directorate General for Energy –
alla cui D4 Radiation Protection fa riferimento il GoE – o addirittura
di altri Directorate General (ad es Directorate General Environment,
Directorate General Health and Consumers, cioè la cosiddetta
DGSaNCO, ecc.) aggiornano gli esperti sulle novità che possono
essere di loro interesse. Al secondo punto citato gli esperti vengono
informati sullo stato di avanzamento di tutti gli atti legislativi della
EC inerenti la loro attività.
Alle riunioni del gruppo di esperti è invitato, come osservatore, un
rappresentante per ognuna delle principali organizzazioni
internazionali coinvolte nella sicurezza nucleare e radioprotezione
(tradizionalmente ICRP, IAEA, OECD/NEA, IRPA a cui si sono
aggiunte recentemente, OMS e HERCA4), e ad ognuno è dato un
certo spazio per una breve presentazione. Questo permette agli
4
ICRP (International Commission on Radiological Protection): www.icrp.org
IAEA (International Atomic Energy Agency): www.iaea.org
OECD/NEA (OECD Nuclear Energy Agency): www.oecd-nea.org
IRPA (International Radiation Protection Association): www.irpa.net
OMS (World Health Organization): www.who.int
HERCA (Heads of the European Radiological protection Competent Authorities): http://herca.org
246
esperti di essere sempre aggiornati sulle novità in discussione,
elaborate o decise da queste organizzazioni.
NORME ETICHE
Proprio per il loro ruolo di esperti indipendenti, che non
rappresentano gli SM o altre organizzazioni e devono parlare a titolo
personale indipendentemente da qualsiasi pressione esterna, gli
esperti si sono dati un codice etico, anch‟esso approvato nella sua
ultima revisione in novembre 2007, come un allegato al regolamento
citato (v. nota 3). Questo inizia ricordando che per i sopranominati
motivi gli esperti si assumono personalmente una grande
responsabilità nei confronti della salute pubblica e questo richiede
uno specifico codice etico. I principi fissati da questo codice, oltre a
quello già ricordato di indipendenza, sono in effetti molto specifici e
pregnanti. Nel seguito si riportano quelli che, a giudizio degli autori,
sono i più interessanti.
Priorità all‟interesse sanitario
Per il compito loro affidato gli esperti devono dare priorità
assoluta alla protezione della salute pubblica, alla sicurezza e
allo sviluppo della migliore radioprotezione operativa possibile.
Possono esprimere le loro opinioni su questioni politiche,
economiche, finanziarie, ecc., ma le considerazioni sanitarie e di
sicurezza devono essere sempre chiaramente identificabili nelle
loro opinioni, proposte, ecc.
Approccio da “cittadini del mondo”
Gli esperti devono avere una visione più ampia di quella
nazionale e perseguire il miglioramento della salute pubblica,
della sicurezza e radioprotezione a beneficio della popolazione
mondiale.
Competenza
Gli esperti devono preoccuparsi di aggiornare e ampliare le loro
conoscenze scientifiche su ogni argomento fondamentale che
possa avere delle conseguenze sulla radioprotezione,
247
mantenendo stretti contatti con il mondo scientifico sugli
argomenti connessi a questa disciplina. Devono tener conto di
tutte le informazioni scientifiche disponibili ed evitare selezioni
improprie delle fonti, così come devono limitarsi ad esprimersi
nei campi di loro competenza.
Questioni etiche
Gli esperti devono evitare di creare confusione tra giudizi
puramente scientifici e giudizi di valore su questioni etiche - che
sono spesso intrecciate con le valutazioni scientifiche - e
possono non essere direttamente evidenti. Non devono tentare di
fare gli arbitri su questioni etiche, ma anzi devono tentare di
riconoscere gli aspetti etici più o meno nascosti e portarli alla
luce per coloro che devono prendere le decisioni.
LA SITUAZIONE ATTUALE: NOVITÀ APPROVATE E IN
DISCUSSIONE
Le nuove Basic Safety Standards
Il 24 febbraio 2010 il GoE ha terminato di esaminare la bozza
della nuova Direttiva Europea di base per la radioprotezione
(European Commission, 2010a) che sostituirà la Direttiva 96/29
Euratom (Commissione Europea, 1996) e ha espresso il suo parere
(European Commission, 2010b). Ambedue i testi sono disponibili sul
sito web Europa.
La bozza di questa nuova Direttiva riunisce in un unico testo le
Direttive Euratom 96/29/Euratom Basic safety standards,
97/43/Euratom
sull‟esposizione
medica,
89/618/Euratom
sull‟informazione del pubblico sulle misure di radioprotezione in
caso di emergenza nucleare, 90/641/Euratom sulla protezione dei
lavoratori esterni e 2003/122/Euratom sul controllo delle sorgenti ad
alta attività e orfane, includendo anche il campo di applicazione della
Raccomandazione 90/143 sul radon in ambienti chiusi, rendendo
quindi la limitazione del radon negli ambienti domestici un obbligo
in tutti gli Stati membri.
248
Nella recente Giornata di studio AIRP “Il nuovo nucleare in Italia.
Radioprotezione dell‟uomo e dell‟ambiente”, tenutasi a Roma il 2325 febbraio 2011, sono state presentate le principali novità di questo
testo in una relazione dal titolo “Novità nella bozza della Direttiva
Europea di radioprotezione e stato della sua revisione”, e al relativo
testo pubblicato si rimanda per il dettaglio (Risica, 2011). La bozza
della Direttiva sta ora passando attraverso le varie fasi approvative.
Alla riunione di giugno 2011 gli esperti del GoE sono stati
informati che




le procedure interne alla Commissione sono tuttora in corso, ma
il testo ha avuto parere favorevole dall‟“Impact Assessment
Board” e ha passato il vaglio dell‟Inter Service Consultation
con parere favorevole in maggio 2001, in entrambi i casi con
commenti più o meno dettagliati
la bozza ha ricevuto molti commenti editoriali dei linguisti, che
hanno migliorato significativamente la chiarezza del testo
la traduzione in tutte le lingue dell‟Unione Europea, data anche
la lunghezza del testo, richiederà molto tempo, e a questo
riguardo è stato chiesto agli esperti se erano disponibili, in caso
di necessità, ad aiutare i traduttori nel loro lavoro
comunque si prevede che il testo possa essere varato dalla EC
in settembre 2011 per essere sottoposto all‟ulteriore iter
approvativo.
Infine, è stato precisato che su proposta di HERCA5 è stato
aggiunto il modello di passaporto delle radiazioni da loro preparato
ed approvato in giugno 2010.
Gli obblighi di istituire un passaporto delle radiazioni erano stati
stabiliti nel 1990 dalla Direttiva Europea 90/641 Euratom
(Commissione Europea, 1990), per assicurare ai lavoratori esterni6
nelle centrali nucleari lo stesso livello di protezione dei lavoratori
assunti stabilmente, ma la trasposizione pratica di questi obblighi era
stata significativamente diversa negli SM. La proposta fatta da
5
A cui partecipano attualmente 180 rappresentanti nazionali di 45 autorità di radioprotezione di 28
paesi.
6
Lavoratore esterno (ai sensi del Dlgs 230/1995 e smi) è il “lavoratore di categoria A che effettua
prestazioni in una o più zone controllate di impianti, stabilimenti, laboratori, installazioni in genere
gestiti da terzi in qualità sia di dipendente, anche con contratto a termine, di una impresa esterna,
sia di lavoratore autonomo, sia di apprendista o studente”.
249
HERCA era stata presentata dalla EC alla riunione di novembre 2010
per avere il parere del GoE sul possibile inserimento del contenuto di
questo passaporto delle radiazioni nella bozza di Direttiva. Il GoE
aveva accolto positivamente l‟iniziativa per armonizzare i dati
richiesti, raccomandando tuttavia di studiare ulteriormente la forma
finale in cui i dati dovrebbero venire registrati, in particolare
chiedendo che venga lasciata la possibilità di usare le moderne
tecnologie informatiche, e riservandosi di esprimere un successivo
parere definitivo.
Oltre alla preparazione e discussione di nuovi testi legislativi come la Direttiva citata - il GoE discute ed elabora molti pareri,
documenti e proposte nel settore della radioprotezione, emana guide
tecniche e linee guida, ad es. per la trasposizione di direttive, come
viene brevemente esemplificato nel seguito.
L‟incidente alla Centrale di Fukushima
La riunione di giugno 2011 è stata tenuta pochi mesi dopo il
gravissimo incidente, seguito allo tsunami, avvenuto alla centrale
nucleare di Fukushima (Giappone). Una parte significativa della
riunione è stata quindi dedicata a questo evento, alle sue conseguenze
e alle decisioni prese o eventualmente ancora da prendere da parte
della EC. Purtroppo erano assenti, probabilmente proprio per gli
impegni seguiti a questo evento, i rappresentanti della IAEA e
dell‟OMS che avrebbero potuto arricchire le presentazioni e le
discussioni con le informazioni dirette in loro possesso.
Dalla Commissione è venuta l‟importante informazione che dal
Giappone l‟Unione Europea importa in tutto 9000 tonnellate di
materiali l‟anno e che, quindi, uno dei criteri a cui si era attenuta la
EC nelle sue decisioni era stato quello di cercare di non danneggiare
ulteriormente la già grave situazione economica e sociale del
Giappone. Inoltre è stato riferito che fino a quel momento non era
stato trovato nessun campione contaminato sopra i livelli prescritti,
né vicino a questi. È stato inoltre chiarito, che i cibi e i beni di
consumo rientrano nelle competenze del GoE, mentre navi, container
e tutto ciò che è connesso ai trasporti è regolato dalle norme
internazionali del settore.
250
Gli esperti hanno esaminato e discusso le misure imposte dalla
Commissione Europea agli Stati Membri riguardanti l‟importazione
dal Giappone di cibi potenzialmente contaminati e i livelli e le
procedure da applicare al controllo delle merci e dei vettori che
entrano nell'Unione Europea, in particolare i regolamenti 297, 351 e
506 emanati nel 20117. Infatti la Commissione ha dichiarato che
queste sue decisioni, motivate dall‟urgenza causata dalla pressione
dei media e dell'opinione pubblica, sono state adottate in via
provvisoria, in attesa di consultazione degli esperti.
Le opinioni espresse sono state trasformate in un parere emanato
ai sensi dell‟art. 31 dal titolo “Measures with regard to food, feed
and cosmetics imported into the EU after the accident in Fukushima”
disponibile sul sito web Europa8.
È stato inoltre richiesto agli esperti di esprimersi anche
sull‟importazione di merci diverse dal cibo e il parere relativo, dal
titolo “Measures with regard to containers and conveyances, and
goods (other than food, feed, cosmetics or medicinal products)
imported in the EU after the accident in Fukushima”, è anch‟esso
disponibile sul sito web Europa9.
I limiti di dose per il cristallino
Come riportato nella relazione “Novità nella bozza della Direttiva
Europea di radioprotezione e stato della sua revisione” (Risica,
2011), già citata, nella bozza della nuova Direttiva i limiti di dose per
il cristallino non sono stati fissati, in quanto quelli attuali si sono
rivelati decisamente troppo elevati (v. altri dettagli sullo stesso
argomento nei paragrafi che seguono). Alla riunione di giugno 2011,
essendo nel frattempo stato pubblicato dall‟ICRP un primo
pronunciamento su questo argomento (v. paragrafo “Presentazione
delle organizzazioni internazionali”), la EC ha proposto agli esperti
uno schema, contenente tutti i limiti di dose che dovrebbero essere
inseriti nella direttiva di base, o che potrebbe addirittura diventare il
testo di una nuova Direttiva, da emanarsi in tempi più rapidi della
7
http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/fukushima_en.htm
http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/doc/art31/2011_06_09_opinion_fukushima
_food.pdf
9
http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/doc/art31/2011_06_09_opinion_fukushima
_nonfood.pdf
8
251
direttiva di base. Mentre per i lavoratori non ci sono dubbi sul valore
da fissare, perché si è condivisa l‟indicazione data dell‟ICRP di
fissare un limite di dose equivalente al cristallino di 20 mSv all‟anno
(non accettando, invece, la condizione di considerarlo un valore
medio su 5 anni, con una dose massima per anno di 50 mSv), è sorto
un problema sul valore da fissare per apprendisti, studenti e
popolazione, in quanto l‟ICRP non si è pronunciata. Secondo il
parere del segretario dell‟ICRP, presente alla riunione, questo è
dovuto in parte alla scarsità di informazioni disponibili sui possibili
rischi per la popolazione, in parte perché l‟ICRP considererebbe il
valore attuale dei limiti per queste categorie sufficientemente
protettivo. La EC ha fatto presente agli esperti la necessità di cercare
di armonizzare questo valore con i valori proposti nella bozza di BSS
della IAEA, che aveva già deciso di lasciare immutato il limite per
apprendisti e studenti e per la popolazione. Dopo ampia e vivace
discussione gli esperti hanno deciso per il momento di non
modificare il limiti suddetti, ma di rimanere aperti a rimetterli in
discussione in caso di maggiori informazioni scientifiche disponibili
sull‟argomento. In particolare il WP Research Implications on
Health and Safety Standards (RIHSS, v. paragrafo seguente) si è
offerto di svolgere un‟indagine bibliografica nella letteratura
internazionale, per valutare non solo possibili esposizioni
significative per la popolazione, ma anche possibili maggiori rischi
per i bambini. Esiste, infatti, almeno un articolo pubblicato sulla
letteratura internazionale che segnala un aumento di incidenza di
cataratta in bambini che hanno vissuto a lungo in zone molto
contaminate dall‟incidente di Chernobyl.
Working Party
Anche se, come ricordato, i gruppi di studio decadono ad ogni
fine mandato degli esperti e devono essere rinominati dai nuovi
esperti, alcuni di questi gruppi di studio sono “storici” e sono stati
riconfermati anche all‟ultimo rinnovo. Essi sono il già nominato WP
RIHSS e il WP MED (Medical Exposures). Attualmente oltre a
252
questi due ne è stato recentemente attivato un terzo sui vincoli di
dose (Dose constraints).
Il WP MED è un gruppo di lavoro molto attivo che si occupa di
tutti i problemi connessi con la radioprotezione nelle esposizioni
mediche, ma per ragioni di brevità ci limiteremo a presentare alcuni
dettagli delle attività degli ultimi anni del WP RIHSS, dato che a
questo partecipa, da diversi anni, uno degli autori.
Il WP RIHSS ha come mandato specifico di esaminare tutte le
novità scientifiche che possono avere conseguenze significative sulla
radioprotezione e quindi sulle norme di base. Ogni anno il WP
RIHSS organizza un seminario di aggiornamento per gli esperti in
occasione della riunione di novembre. Il seminario 2011 sarà su
“Individual radiosensitivity”, mentre quello 2010 è stato tenuto su
“The issue of dosimetry and uncertainties in the context of internal
emitters”, e quello del 2009 su “Childhood Leukaemia – mechanisms
and causes”. Subito dopo i seminari, sul sito web Europa vengono
rese disponibili le diapositive delle presentazioni10 e, non appena
disponibili tutti i manoscritti, gli atti del Seminario vengono
pubblicati nei rapporti Radiation Protection, che da alcuni anni
vengono tutti pubblicati sullo stesso sito11.
Oltre alla preparazione dei seminari di aggiornamento, il WP
RIHSS si occupa di preparare rassegne su temi emergenti inerenti al
suo mandato. Ad es. negli anni scorsi era stato incaricato di
esaminare le novità di ricerca emerse sugli effetti delle radiazioni
ionizzanti sul cristallino. Molti esperti, infatti, erano convinti che i
limiti di dose stabiliti per il cristallino dalla Direttiva 96/29 Euratom
(Commissione Europea, 1996), che è tuttora il testo trasposto nelle
legislazioni nazionali degli SM, fossero decisamente troppo alti e
quindi nella nuova bozza di Direttiva di base dovessero essere
abbassati. In vari studi, infatti, era stato osservato un aumento
dell‟incidenza di cataratta dopo un‟esposizione di circa 0,5 Gy. Il
testo di questa rassegna, dato il suo interesse, dopo discussione ed
approvazione da parte degli esperti, si è deciso di renderlo
disponibile anche al pubblico, cosa che normalmente non avviene per
questo tipo di documenti, allegandolo al verbale della riunione di
10
11
http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/seminars/scientific_seminar_en.htm
http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/publications_en.htm
253
novembre 200912. Inoltre è questo il motivo per cui nella bozza di
Direttiva, come già accennato, i valori dei limiti per il cristallino
sono lasciati in bianco, precisando in nota che si sarebbero
completati in seguito, anche in attesa di un pronunciamento
dell‟ICRP (v. paragrafo “I limiti di dose per il cristallino”).
Un‟altra attività di rassegna è stata fatta nel 2010 - 2011.
Ricorrendo, infatti, nel 2011 il 25° anniversario dell‟incidente alla
centrale nucleare di Chernobyl, la Commissione Europea e il gruppo
di esperti, nella riunione di novembre 2010, hanno dato mandato al
WP RIHSS di preparare un breve documento di sintesi sulle
conseguenze sanitarie dell‟incidente nelle popolazioni coinvolte. Il
documento, qualora approvato dagli esperti, sarebbe divenuto la
posizione ufficiale del GoE su tale evento. Il documento è stato
presentato dal presidente del RIHSS alla riunione di giugno 2011 ed
è stato accolto molto favorevolmente dagli esperti, tanto che se ne è
decisa la pubblicazione sul sito web Europa, probabilmente sotto
forma di rapporto Radiation Protection.
I rapporti Radiation Protection
Oltre agli atti dei seminari di aggiornamento, sui rapporti della
serie Radiation Protection (v. nota 11), vengono pubblicati: guide
tecniche elaborate da WP - su richiesta del GoE -, atti di convegni
sponsorizzati dalla DGEnergy, D4 Radiation Protection (v. ad es. gli
atti dei due Convegni tenuti a Dublino nel 2002 e 2009 sulle Nonmedical imaging exposures, argomento trattato in altra relazione in
questo stesso convegno), elaborazioni di contrattisti che hanno
lavorato a supporto delle attività del GoE, ecc… Tutti i rapporti,
comunque, vengono preventivamente presentati al GoE e da questo
discussi ed approvati per la pubblicazione. Data la vastità dei temi
trattati non vale la pena dilungarsi sugli argomenti, ma si invita il
lettore a navigare sul sito citato e a ricercare i documenti sugli
argomenti di suo interesse.
12
http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/doc/art31/2009_11_3_report.pdf
254
Le “Informazioni da parte della Commissione” e lo “Stato dei progetti
legislativi”
All‟ultima riunione di giugno 2011 la D1 Nuclear Safety ha
presentato la decisione presa a seguito dell‟incidente alla centrale
nucleare di Fukushima (Giappone) di sottoporre tutti gli impianti
nucleari di potenza ad uno stress-test13. Tutti i 143 reattori nucleari di
potenza presenti nella UE saranno esaminati con i criteri ampi e
dettagliati fissati dalla EC. Per garantire i più alti standard di
sicurezza, facendo tesoro dalla “lezione imparata” anche dall‟evento
di Fukushima, questi tengono conto sia dei rischi naturali che di
quelli provocati dall‟uomo (es. effetti di caduta di aereo, attacco
terroristico, ecc.). La nuova valutazione, il cui inizio era previsto il
1° giugno 2011, comprenderà tre fasi: una pre-valutazione da parte
degli operatori dell‟impianto che dovranno rispondere al questionario
di stress-test, fornendo i documenti di appoggio relativi, un rapporto
nazionale preparato dal National regulator di verifica delle risposte
date dagli operatori e, infine, un esame peer-review eseguito da un
team internazionale composto da 7 membri, uno in rappresentanza
della EC e sei scelti tra i National regulator. Il team internazionale
potrà anche decidere di fare un‟ispezione all‟impianto. Una
importante precisazione è stata fatta nella presentazione e cioè che le
decisioni sulle iniziative da intraprendere a seguito dei risultati di
questo stress-test rimarranno a livello nazionale, ma è già stato
deciso che se non saranno disponibili i finanziamenti per le migliorie
necessarie si dovrà procedere alla chiusura dell‟impianto e al suo
smantellamento.
La D2 Radioactive waste management and transport ha descritto
la bozza di direttiva sulla gestione del combustibile esaurito e dei
rifiuti nucleari14, la discussione avvenuta e le decisioni prese. La
direttiva è stata in seguito adottata dal Consiglio il 19 luglio 2011,
entrerà in vigore a settembre dello stesso anno e gli SM dovranno
sottoporre i primi programmi nazionali nel 2015. Essa parte dalla
constatazione che tutti e 27 gli SM producono rifiuti nucleari
generati da numerose attività come produzione di elettricità,
13
14
http://ec.europa.eu/energy/nuclear/safety/stress_tests_en.htm
http://ec.europa.eu/energy/nuclear/waste_management/waste_management_en.htm
255
medicina, ricerca, industria e agricoltura. Inoltre 14 di questi hanno
anche reattori nucleari che producono combustibile esaurito. Pur
riaffermando la responsabilità primaria degli SM sulla loro gestione,
la direttiva crea una cornice con importanti obblighi imposti agli SM.
Presentazioni delle organizzazioni internazionali
All‟ultima riunione a cui, come già ricordato, erano assenti più di un
rappresentante, la più interessante novità è stata presentata dal
rappresentante ICRP che ha illustrato lo “Statement on tissue
reactions”15 pubblicato in aprile 2011 e la bozza di rapporto ICRP
“Early and late effects of radiation in normal tissues and organs:
threshold doses for tissue reactions and other non-cancer effects of
radiation in a radiation protection context”, il cui periodo di
consultazione sul sito web dell‟ICRP è terminato il 20 gennaio 2011.
Inoltre, come avviene in tutte le riunioni, ha presentato le attività
della Main Commission e dei vari sottocomitati e i rapporti pubblicati
di recente, quelli in corso di preparazione o presenti sul sito web per
commenti.
15
http://www.icrp.org/docs/ICRP%20Statement%20on%20Tissue%20Reactions.pdf
256
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Commissione Europea (1957). Trattato Euratom.
Commissione Europea (1990) . Direttiva del Consiglio del 4 dicembre 1990
concernente la protezione operativa dei lavoratori esterni esposti al rischio di
radiazioni ionizzanti nel corso del loro intervento in zona controllata (90/641/
Euratom). Gazzetta ufficiale delle Comunità europee NL 349/21 del 13. 12.1990.
Commissione Europea (1996). Direttiva 96/29/Euratom del Consiglio del 13
maggio 1996 che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla
protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti
dalle radiazioni ionizzanti. Gazzetta ufficiale delle Comunità europee NL 159/1 del
29.6.1996.
European Commission (2010a). Draft Euratom Directive laying down basic safety
standards for the health protection of the general public and workers against the
dangers of ionising radiation, version 24 February 2010.
European Commission (2010b). Opinion of the Group of Experts established under
Article 31 of the Euratom Treaty on the Revised Basic Safety Standards for the
protection of the health of workers and the general public against the dangers
arising from ionising radiation (24 February 2010).
Risica, S. Novità nella bozza della Direttiva Europea di radioprotezione e stato
della sua revisione, relazione ad invito presentata alla Giornata AIRP “Il nuovo
nucleare in Italia. Radioprotezione dell‟uomo e dell‟ambiente”, Roma, 23-25
febbraio 2011, in corso di pubblicazione sul bollettino AIRP.
257
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
LA DISCIPLINA COMUNITARIA E NAZIONALE IN
TEMA DI INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO TRA
PRECAUZIONE E SOSTENIBILITÀ.
A. Borzì
Arpacal
SOMMARIO: 1. Principali fonti normative comunitarie e statali e ambito oggettivo di applicazione
della disciplina. – 2. La disciplina dell‟inquinamento elettromagnetico come rappresentazione dei
principali nodi problematici del diritto dell‟ambiente. – 2.1. La mancata attuazione di alcune parti
della Legge quadro. – 2.2. La distribuzione di competenze tra i diversi livelli di governo. – 2.3.
Tutela dai campi elettromagnetici e semplificazione amministrativa. – 3. L‟inquinamento
elettromagnetico e i due principi cardine del diritto dell‟ambiente: sviluppo sostenibile e
precauzione.
1. Principali fonti normative statali e ambito oggettivo di
applicazione della disciplina
Nell‟ambito di questo prestigioso incontro altri lavori fanno il
punto sulle novità in tema di tutela dalle radiazioni ionizzanti, che,
com‟è noto, trova la principale disciplina nel Trattato che istituisce la
Comunità europea dell‟energia atomica. Questo contributo si
concentra sull‟altro grande capitolo della disciplina giuridica delle
emissioni elettromagnetiche: la tutela dalle radiazioni non ionizzanti.
In questa sede – un convegno sugli aspetti tecnico-scientifici della
radioprotezione – non è possibile illustrare la normativa vigente in
modo esaustivo, per cui appare più proficuo procedere “per temi”, al
fine di verificare come si atteggino i principali nodi problematici del
diritto dell‟ambiente (e, più in generale, del diritto amministrativo 1)
rispetto alla disciplina in esame.
Fino al 2001, la disciplina giuridica sulla protezione dalle
radiazioni elettromagnetiche era contenuta essenzialmente in tre atti:
1
Sul ruolo di diritto-pilota o diritto-sonda del diritto dell‟ambiente si veda su tutti F. SPANTIGATI,
Le categorie giuridiche necessarie per lo studio del diritto dell’ambiente, in Riv. giur. ambiente,
1999, 221 e ss.
258
-
-
-
il d.P.C.M. 23 aprile 1992 («Limiti massimi di
esposizione ai campi elettrico e magnetico generati alla
frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti
abitativi e nell’ambiente esterno»), emanato su proposta
del Ministro dell‟ambiente e del Ministro della sanità in
base alla legge istitutiva del Ministero dell‟ambiente (l. n.
349 del 1986) essenzialmente per la necessità di fissare
limiti per l‟esposizione della popolazione ai campi
elettrici e magnetici generati dagli elettrodotti (attuato
con d.P.C.M. 28 settembre 1995);
il d.m. 10 settembre 1998, n. 381 («Regolamento recante
norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza
compatibili con la salute umana»), emanato dal
Ministero dell‟ambiente, d‟intesa con il Ministero della
Sanità e con il Ministero delle comunicazioni, in forza
della l. n. 249 del 1997, istitutiva dell‟Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni, per fissare i valori limite di
esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici
connessi al funzionamento ed all‟esercizio dei sistemi
fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti
nell‟intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300
GHz
la l. 12 novembre 1996, n. 615 («Attuazione della
direttiva 89/336/CEE del Consiglio del 3 maggio 1989, in
materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative alla compatibilità elettromagnetica,
modificata ed integrata dalla direttiva 92/31/CEE del
Consiglio del 28 aprile 1992, dalla direttiva 93/68/CEE
del Consiglio del 22 luglio 1993 e dalla direttiva
93/97/CEE del Consiglio del 29 ottobre 1993»), che
fissava i requisiti necessari per l‟immissione in
commercio di apparecchi in grado di generare emissioni
elettromagnetiche o il cui funzionamento poteva essere
alterato
da
disturbi
elettromagnetici
presenti
nell‟ambiente.
259
Con la l. 22 febbraio 2001, n. 36 («Legge quadro sulla
protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici»), l‟ordinamento italiano si è dotato di una
disciplina generale e organica sulla tutela dall‟inquinamento
elettromagnetico, che trova applicazione per tutti gli impianti, i
sistemi e le apparecchiature per usi civili, militari e delle forze di
polizia, che possano comportare l‟esposizione dei lavoratori, delle
lavoratrici e della popolazione a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici con frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz; in
particolare, la legge si applica agli elettrodotti ed agli impianti
radioelettrici, compresi gli impianti per telefonia mobile, i radar e gli
impianti per radiodiffusione (è esclusa l‟esposizione intenzionale a
campi generati da apparecchi diagnostici, art. 2).
L‟Italia, attraverso la Legge quadro, ha raccolto l‟esortazione
della Comunità europea ad adottare “norme specifiche per quanto
riguarda le sorgenti e le attività che comportano l’esposizione ai
campi elettromagnetici” contenuta nella Raccomandazione del
Consiglio del 12 luglio 1999, 1999/519/CE, «relativa alla limitazione
dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz
a 300 GHz». La Comunità europea non è intervenuta in questo
settore con un atto vincolante, ma ha lasciato liberi gli Stati membri
di introdurre, attraverso norme cogenti o volontarie, un quadro di
limiti all‟esposizione ai campi elettromagnetici che avesse come base
di riferimento i valori indicati nella Raccomandazione (individuati da
uno studio della Commissione internazionale per la protezione dalle
radiazioni non ionizzanti - ICNIRP). La scelta per una disciplina
generale sulla protezione dai campi elettromagnetici fondata su un
atto non vincolante, giustificata con il richiamo al principio di
proporzionalità dell‟intervento delle istituzioni comunitarie (art. 5,
par. 4 del Trattato sull‟Unione europea), ha come ragione di fondo
l‟esigenza di bilanciare la tutela della salute con “gli altri benefici nel
campo della salute e della sicurezza, che i dispositivi emittenti campi
elettromagnetici arrecano alla qualità della vita nei settori come le
telecomunicazioni, l’energia elettrica e la sicurezza della
popolazione” (considerando n. 7), il tutto in un quadro di incertezza
delle indicazioni provenienti dalla Comunità scientifica circa il
livello di nocività delle emissioni elettromagnetiche.
260
Diversamente, il legislatore comunitario è intervenuto in
maniera più incisiva nello specifico settore della tutela della salute e
della sicurezza dei lavoratori, ad esempio con:
-
-
-
-
la direttiva del Consiglio, del 29 maggio 1990, n.
90/270/CEE relativa alle prescrizioni minime in materia
di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su
attrezzature munite di videoterminali;
la direttiva del Consiglio, del 19 ottobre 1992, n.
92/85/CEE concernente l‟attuazione di misure volte a
promuovere il miglioramento della sicurezza e della
salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in
periodo di allattamento;
la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del
29 aprile 2004, n. 2004/40/CE sulle prescrizioni minime
di sicurezza e di salute relative all‟esposizione dei
lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi
elettromagnetici);
la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del
5 aprile 2006, n. 2006/25/CE sulle prescrizioni minime di
sicurezza e di salute relative all‟esposizione dei lavoratori
ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche
artificiali).
La Legge quadro n. 36 del 2001 assolve ad una triplice
finalità:
a) assicurare la tutela della salute dei lavoratori, delle
lavoratrici e della popolazione dagli effetti dell‟esposizione ai campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici;
b) promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli
effetti a lungo termine e attivare misure di cautela per i rischi
connessi all‟esposizione ai campi elettromagnetici;
c) assicurare la tutela dell‟ambiente e del paesaggio e
promuovere l‟innovazione tecnologica e le azioni di risanamento
volte a minimizzare l‟intensità e gli effetti dei campi elettrici,
261
magnetici ed elettromagnetici secondo le migliori tecnologie
disponibili.
A tali obiettivi corrispondono le tre tipologie di strumenti
previsti dalla legge per assicurare la protezione dall‟inquinamento
elettromagnetico: i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli
obiettivi di qualità, la cui individuazione è rimessa allo Stato,
principalmente, e alle Regioni.
In attuazione della l. n. 36 del 2001 sono stati emanati due
decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di pari data (8 luglio
2003), che hanno fissato i limiti di esposizione, i valori di attenzione
e gli obiettivi di qualità: a) per la protezione dai campi a bassa
frequenza (50Hz) generati da elettrodotti; b) per la protezione dai
campi ad alta frequenza, tra 100 kHz e 300 GHz2.
La legge quadro costituisce il primo testo normativo italiano
a richiamare esplicitamente il principio di precauzione (art. 1, comma
1. Lett. b). In effetti la tutela dagli effetti nocivi delle radiazioni
elettromagnetiche rappresenta uno dei campi di elezione
dell‟approccio precauzionale, che impone all‟Autorità pubblica di
intervenire per scongiurare un potenziale pregiudizio per la salute o
per l‟ambiente anche in assenza di informazioni scientifiche certe
sulla pericolosità di un‟attività antropica, adottando misure,
altamente discrezionali, per la gestione politica di un rischio che
incombe sulla collettività.
Ancora oggi, infatti, non si dispone di certezze scientifiche
sul tipo e l‟entità di danni provocati dalle onde elettromagnetiche,
soprattutto nel caso di esposizioni prolungate (cfr. la Relazione della
Commissione sull’applicazione della Raccomandazione n.
1999/512/CE, com. n. 532 del 2008 def., cap. 4); da ultimo, il
Comitato scientifico dei rischi sanitari emergenti e recentemente
identificati (SCENIHR) è dell‟opinione che: a) per le radiofrequenze
(RF: da 100 kHz a 300 GHz) è improbabile che l‟esposizione porti
all‟insorgenza di tumori, anche se, specie per i campi prodotti da
2
Occorre altresì rammentare, benché non siano atti normativi, i due decreti direttoriali del
Ministero dell‟ambiente aventi pari data 29 maggio 2008, recanti Approvazione della metodologia
di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti e Approvazione delle
procedure di misura e valutazione dell'induzione magnetica. Per approfondimenti vedi P. BEVITORI
(a cura di), Inquinamento elettromagnetico, Maggioli, Rimini, 2011.
262
telefoni cellulari, la durata di esposizione è inferiore al tempo di
induzione di alcuni tipi di cancro (per cui occorrerebbero studi che
analizzino un arco temporale superiore ai dieci anni); nessun effetto
si riscontra per le funzioni sensoriali o cognitive, mentre è stata
osservata un influenza sul sonno e sui tracciati elettroencefalografici;
b) per le frequenze intermedie (IF: da 300 Hz a 100 kHz) i dati
sperimentali ed epidemiologici sono molto limitati per cui è
necessario incrementare la ricerca, specie sulle esposizioni di lungo
periodo, collegate all‟attività lavorativa; c) per le frequenze
estremamente basse (ELF: da 0 a 300 kHz) gli studi epidemiologici
rilevano che i campi elettromagnetici sono possibili agenti
cancerogeni, specie per le leucemie infantili, ma non vi sono
conferme dagli studi in laboratorio (cfr. Rapporto sugli effetti sulla
salute dei campi elettromagnetici, del 19 gennaio 2009).
Il panorama delle fonti normative statali comprende le
previsioni del d.lgs. 1 agosto 2003, 259 («Codice delle
comunicazioni elettroniche»); in particolare gli articoli 87 e ss., che
si occupano del procedimento di autorizzazione delle infrastrutture di
comunicazione elettronica (integrato di recente dalle previsioni del
d.l. n. 40 del 2010, convertito in l. n. 73 del 2010 e del d.l. n. 98 del
2011, convertito in l. n. 111 del 2011, art. 35) nonché le disposizioni
sulla localizzazione degli impianti radiotelevisivi contenute nella già
richiamata l. n. 249 del 1997 e nel d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177
(«Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici», in
particolare gli artt. 28 e 42).
Altro capitolo è quello delle caratteristiche costruttive degli
apparecchi per mitigare le emissioni elettromagnetiche; sul punto la
normativa principale è costituita:
-
-
dal d.lgs. 6 novembre 2007, n.194, recante «Attuazione
della
direttiva
2004/108/CE
concernente
il
riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga
la direttiva 89/336/CEE»;
dal d.lgs. 9 maggio 2001, n. 269, recante «Attuazione
della direttiva 1999/5/CE riguardante le apparecchiature
radio, le apparecchiature terminali di telecomunicazione
263
ed il reciproco riconoscimento della loro conformità» e
s.m.i.
Una precisazione è d‟obbligo. I decreti intendono assicurare
la compatibilità elettromagnetica dei prodotti ed evitare fenomeni di
“perturbazione elettromagnetica”. L‟interesse primario perseguito è
quello di uniformare la normativa tecnica sull‟immissione in
commercio degli apparecchi che, con la produzione di onde
elettromagnetiche, potrebbero alterare il funzionamento di altri
dispositivi (o subire un malfunzionamento per effetto di campi
magnetici); la tutela della salute e dell‟ambiente è, dunque, un effetto
indiretto e secondario.
Più generale, ma sicuramente rilevante per il tema è la
disciplina UE sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti
connessi all‟energia, di cui alla direttiva 2009/125/CE, trasposta in
Italia con d.lgs. 16 febbraio 2011, n. 153.
L‟Italia ha recepito, inoltre, la normativa comunitaria, in
precedenza richiamata, sulla sicurezza e la tutela della salute dei
lavoratori, da ultimo con il d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 «Attuazione
dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela
della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro» e s.m.i.; per ciò
che qui interessa il riferimento è al Titolo VII sulle attrezzature
munite di videoterminali e al Titolo VIII in tema di agenti fisici (in
particolare il Capo IV sulla protezione dei lavoratori dai rischi di
esposizione a campi elettromagnetici e il Capo V sulla protezione dei
lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali).
Tale disciplina e quella sulla protezione dalle radiazioni ionizzanti
non costituiscono oggetto del presente lavoro.
3
Il decreto ha sostituito il precedente d.lgs. 6 novembre 2007, n. 201 di recepimento della direttiva
2005/32/CE.
264
LA DISCIPLINA DELL‟INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO
COME
RAPPRESENTAZIONE
DEI
PRINCIPALI
NODI
PROBLEMATICI DEL DIRITTO DELL‟AMBIENTE
1.1.La mancata attuazione di alcune parti della Legge quadro
Le principali criticità del panorama giuridico italiano in tema
di elettrosmog riguardano essenzialmente due profili: l‟attuazione
della Legge quadro nella parte in cui impone il risanamento delle
infrastrutture esistenti – aspetto su cui si registra del ritardo rispetto
ai tempi normativamente previsti – e l‟informazione alla popolazione
sui rischi connessi agli impianti e alle apparecchiature che generano
radiazioni elettromagnetiche, giudicata molto carente dalla
rilevazione dell‟Eurobarometro del giugno 20074.
La legge quadro prevede un adeguamento graduale degli
impianti radioelettrici e degli elettrodotti ai limiti di esposizione, ai
valori di attenzione e agli obiettivi di qualità, attraverso dei piani di
risanamento, adottati, a seconda della potenza degli impianti, dal
Ministero dell‟ambiente o dalle Regioni (o dalle Provincie, a ciò
delegate con legge regionale), su proposta dei gestori (con intervento
sostitutivo dell‟Autorità pubblica in caso di inadempienza)5.
L‟art. 11 della legge quadro estende ai procedimenti di
approvazione dei piani di risanamento degli elettrodotti le
disposizioni della legge generale sul procedimento amministrativo, l.
7 agosto 1990, n. 241, in tema di partecipazione al procedimento
amministrativo, ciò in deroga a quanto stabilito, in generale, dalla
stessa l. n. 241 del 1990 per l‟approvazione degli atti di natura
pianificatoria. La giurisprudenza ha precisato come l‟art. 9 della l. n.
36 del 2001 esprima una duplice esigenza: la necessità di instaurare
un confronto dialettico con i gestori e tenere conto, in relazione agli
4
Disponibile all‟indirizzo: http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_272a_en.pdf
L‟art. 9 della l. n. 36 del 2001 e le leggi regionali di attuazione disciplinano i tempi, le procedure e
il contenuto dei piani nonché gli effetti della mancata approvazione. Si tratta: a) del Piano di
risanamento per impianti radioelettrici (definiti dall‟art. 4, comma 1, lett. h e che comprendono, ai
sensi dell‟art. 2, comma 1, gli impianti per telefonia mobile, i radar e gli impianti per
radiodiffusione); b) del Piano di risanamento per elettrodotti (definiti dall‟art. 4, comma 1, lett. e,
della legge quadro), a sua volta distinto tra b1) il piano relativo ad elettrodotti con tensione
superiore ai 150 kV e b2) il piano di risanamento di elettrodotti con tensione inferiore o uguale a
150 kV.
5
265
interventi sugli impianti, delle esigenze operative del servizio di
pubblica utilità (telecomunicazione o distribuzione dell‟energia
elettrica, T.a.r. Umbria, sent. 12 maggio 2005, n. 269; Id., sent. 12
maggio 2003, n. 333).
La legge prevede il completamento dell‟attività di
risanamento degli elettrodotti nell‟arco di dieci anni dalla sua entrata
in vigore (con tappe intermedie al 2004 e al 2008); termine che non
potrà essere rispettato, visto il ritardo che si è accumulato nell‟attività
di presentazione e approvazione dei piani e, ancor prima, nella
definizione da parte del Ministero dell‟ambiente dei criteri per
l‟elaborazione e attuazione dei piani6.
Altri aspetti di mancata attuazione della Legge quadro si
ricollegano direttamente al principio di informazione in campo
ambientale, nella sua duplice accezione di necessità per la pubblica
amministrazione di acquisire dati e informazione per un‟efficace
azione di tutela nonché di obbligo per l‟autorità di comunicare al
pubblico informazioni chiare, aggiornate e trasparenti sullo stato
dell‟ambiente, i fattori che possono pregiudicarlo e le misure attivate
per garantirne la tutela.
Sotto il primo profilo rileva la mancata istituzione di un
Catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili di campi elettrici,
6
Il mancato risanamento degli elettrodotti, delle stazioni e dei sistemi radioelettrici, degli impianti
per telefonia mobile e degli impianti per radiodiffusione, secondo le prescrizioni del piano, dovuto
ad inerzia o inadempienza del gestore, oltre all‟irrogazione di sanzioni pecuniarie, determina la
disattivazione dell‟impianto per un periodo fino a sei mesi, dovendosi in ogni caso garantire i diritti
degli utenti all‟erogazione del servizio di pubblica utilità. La disattivazione è disposta (art. 9,
comma 6):
a) per gli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV, dal Ministro dell‟ambiente;
b) per gli elettrodotti con tensione inferiore ai 150 kV e per i sistemi radioelettrici
(escluse le categorie di impianti di cui alla lettera successiva), dal Presidente della
Giunta regionale;
c) in caso di impianti per telefonia mobile e per radiodiffusione e degli impianti per
telefonia fissa nonché delle stazioni radioelettriche per trasmissione di dati, del
Ministro delle comunicazioni che assicura l‟uniforme applicazione della disciplina
sul territorio nazionale.
In relazione a quest‟ultimo aspetto, va segnalato il potere di cui è titolare il Dipartimento
comunicazione del Ministero dello sviluppo economico di disporre, su impulso delle Regioni, la
delocalizzazione degli impianti radiotelevisivi che superano i limiti di esposizione (art. 28, d.lgs. n.
177 del 2005). Il trasferimento avviene a spese del titolare dell‟impianto in uno dei siti previsti dal
Piano nazionale di assegnazione delle frequenze. Tale Piano, approvato dall‟Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni fissa il numero delle reti e dei programmi irradiabili in ambito
nazionale e locale, indicando le diverse postazioni di emissione (art. 2 della l. n. 249 del 1997; art.
42 d.lgs. n. 177 del 2005).
266
magnetici ed elettromagnetici che dovrebbe operare, in
coordinamento con i catasti regionali, al fine di rilevare i livelli di
campo presenti nell‟ambiente.
Per quanto attiene l‟informazione al pubblico, l‟art. 12 della
Legge quadro prevede l‟emanazione di un decreto del Ministro
dell‟Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che stabilisca
le informazioni che i fabbricanti di apparecchi e dispositivi, in
particolare di uso domestico, individuale o lavorativo, generanti
campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sono tenuti a fornire
agli utenti, ai lavoratori e alle lavoratrici, mediante apposite
etichettature o schede informative. Le informazioni devono
riguardare, in particolare, i livelli di esposizione prodotti
dall‟apparecchio o dal dispositivo, la distanza di utilizzo consigliata
per ridurre l‟esposizione al campo elettrico, magnetico ed
elettromagnetico e le principali prescrizioni di sicurezza. Con lo
stesso decreto sono individuate le tipologie di apparecchi e
dispositivi per i quali non vi è emissione di campo elettrico,
magnetico ed elettromagnetico, o per i quali tali emissioni sono da
ritenersi cosi basse da non richiedere alcuna precauzione.
Tale decreto non è mai stato emanato e ciò è particolarmente
indicativo di come la comunicazione del rischio e l‟individuazione
del rischio “accettabile” al fine di adottare misure precauzionali si
influenzino vicendevolmente. Comunicare il rischio è di per sé
un‟azione precauzionale (Comunicazione della Commissione del 2
febbraio 2000, in tema di precauzione: “la decisione d’informare
l’opinione pubblica sui possibili effetti negativi di un prodotto o di
un procedimento possono costituire atti ispirati dal principio di
precauzione”), ma non sfugge come la percezione che del rischio ha
l‟opinione pubblica influisce sull‟attività di determinazione del
rischio accettabile che spetta al potere politico, e, di conseguenza,
sulla scelta delle ulteriori misure cautelari da intraprendere per
gestire il rischio7 (su questi temi infra, §3).
7
Sotto il profilo dell‟informazione al pubblico vanno rammentati i decreti legislativi n. 194 del
2007 e n. 269 del 2001 sulla conformità e sulla compatibilità elettromagnetica dei prodotti, con
l‟avvertenza, già segnalata, che l‟interesse primario che essi tutelano è la libera circolazione delle
merci, per cui le informazioni imposte al produttore (o a colui che immette in commercio il
dispositivo) riguardano essenzialmente il corretto utilizzo dell‟apparecchio.
267
1.2.La distribuzione di competenze tra i diversi livelli di
governo
Uno degli aspetti più qualificanti dell‟attuale produzione
giuridica è costituita dalla risposta alla sfida lanciata dalla revisione
del Titolo V, Parte II della Costituzione sulle autonomie territoriali
(l.cost. n. 3 del 2001); la scommessa è quella di realizzare un reale
modello di “pluralismo istituzionale paritario”8, connotato da
un‟innovazione qualitativa della legislazione regionale e un
incremento di efficienza dell‟amministrazione locale. La disciplina
della tutela dalle onde elettromagnetiche ha costituito uno dei primi
banchi di prova della riforma costituzionale, almeno sotto due profili:
a) riparto di potestà legislativa tra Stato e Regioni alla luce del
“rebus” delle materie di cui all‟art. 117 Cost.9; b) riconoscimento e
delimitazione del potere regolamentare dei Comuni (artt. 114 e 117,
comma VI, Cost.).
In ordine al primo aspetto, la Corte costituzionale,
nell‟ambito del contenzioso tra Stato e Regioni successivo alla
modifica del Titolo V, ha avuto modo di definire i limiti del potere
delle Regioni di fissare criteri localizzativi, standard urbanistici e
prescrizioni per gli impianti che producono campi elettromagnetici.
Anzitutto, le Regioni non possono stabilire valori-soglia più
rigorosi di quelli statali, poiché questi ultimi costituiscono “il punto
di equilibrio tra le esigenze contrapposte di evitare al massimo
l’impatto delle emissioni elettromagnetiche e di realizzare impianti
necessari al Paese”, che spetta allo Stato individuare. Per quanto
attiene, diversamente, ai criteri localizzativi e standard urbanistici, le
Regioni devono intervenire nel rispetto delle esigenze della
pianificazione nazionale degli impianti e non devono introdurre
misure che, nel merito, siano tali da impedire od ostacolare
ingiustificatamente
l‟insediamento
delle
infrastrutture
di
comunicazione o energetiche (Corte cost., sent. n. 307 del 2003; vedi
8
L‟espressione è di M. CAMMELLI, Amministrazione (e interpreti) davanti al nuovo Titolo V
della Costituzione, in Le Regioni, 2001, 1274; ID., I raccordi tra livelli istituzionali, in Le
istituzioni del federalismo, 2001, 1079 ss.
9
Su cui si consenta il rinvio a A. BORZÌ, I nomina delle “materie” nella giurisprudenza
costituzionale: spunti ricostruttivi, in G. VERDE – S. PAJNO (a cura di), Studi sulle fonti del diritto,
Milano, Giuffré, 2010, 17 e ss.
268
anche sent. n. 103 del 2006). In altri termini, i criteri localizzativi per
essere legittimi non devono trasformarsi in “limitazioni alla
localizzazione”, ossia impedire, di fatto, la localizzazione degli
impianti (come nel caso della previsione di distanze minime anche in
luoghi molto urbanizzati), ma devono consentire una sempre
possibile localizzazione alternativa (come nel caso del divieto di
installazione in corrispondenza di aree sensibili come ospedali o
asili, Corte cost., sent. n. 331 del 2003, ovvero in aree limitate del
territorio, Corte cost., sent. n. 303 del 2007).
La legislazione regionale sul punto è molto eterogenea e non
mancano i divieti di localizzazione che interessano edifici scolastici e
sanitari (in alcuni casi sono fatte salve piccole antenne, l.r,
Lombardia, 11 maggio 2001, n. 11, art. 4) immobili di interesse
storico e culturale (in alcuni casi è prevista l‟approvazione della
Soprintendenza, l.r. Friuli–Venezia Giulia, 16 dicembre 2004, n. 28,
art. 8), i parchi urbani e finanche le aree destinate ad attrezzature
sportive (es. l.r. Emilia-Romagna 32 ottobre 2000, n. 30, art. 4; l.r.
Marche 13 Novembre 2001, n. 25, art. 7).
La maggior parte delle attribuzioni di Comuni e Province
sono disciplinate dalla legislazione regionale; l‟art. 8 della Legge
quadro, infatti, conferisce alle Regioni il potere di definire,
nell‟ambito delle proprie attribuzioni, le competenze che spettano
alle amministrazioni locali; così alcune Regioni affidano alle
Province il compito di approvare il Piano di risanamento degli
elettrodotti (es. Abruzzo, Emilia-Romagna, Piemonte) o di
pianificare la localizzazione degli impianti di radiodiffusione (es.
Abruzzo, Emilia-Romagna).
La legge quadro fa espresso riferimento alle amministrazioni
provinciali e comunali in tema di vigilanza e controllo e all‟art. 8,
comma 6, attribuisce al Comune il potere di adottare un regolamento
per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli
impianti e minimizzare l‟esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici.
La giurisprudenza ha chiarito i limiti del potere
regolamentare dell‟ente locale.
In generale il Comune non può porsi come obiettivo (anche
se non dichiarato, ma evincibile dal contenuto dell‟atto
269
regolamentare) quello di preservare la salute umana dalle emissioni
elettromagnetiche essendo tale materia attribuita alla legislazione
concorrente Stato-Regioni (Cons.Stato, sent. 6 settembre 2010, sez.
VI, n. 6473; Id., sent. 24 settembre 2010, sez. VI, n. 7128).
Seguendo tale impostazione, all‟ente locale è stata
riconosciuta la possibilità di introdurre, sotto il profilo urbanistico,
regole a tutela di zone e beni di particolare pregio paesaggisticoambientale o storico-artistico, ovvero, per quanto riguarda la
minimizzazione dell‟esposizione ai campi elettromagnetici, di
individuare di siti che per destinazione d‟uso e qualità degli utenti
possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche
(Cons.Stato, 3 marzo 2010, sez. VI, n. 1017). Per lo stesso ordine di
motivi, il Comune non può introdurre limitazioni e divieti
generalizzati riferiti alle zone territoriali omogenee, né distanze fisse,
da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla
permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, quando
tale potere sia rivolto a disciplinare la compatibilità dei detti impianti
con la tutela della salute umana al fine di prevenire i rischi derivanti
dall‟esposizione della popolazione a campi elettromagnetici, anziché
a controllare soltanto il rispetto dei limiti delle radiofrequenze fissati
dalla normativa statale e a disciplinare profili tipicamente urbanistici
(Tar Lombardia-Milano, sent. 22 aprile 2011, sez. II, n. 1043; Tar
Toscana, sent. 17 febbraio 2011, sez. II, n. 335; Id., sent. 14 febbraio
2011, sez. II, n. 299; Cons. Stato, sent. 15 luglio 2010, sez. VI, n.
4557; Id., sent. 2 novembre 2007, sez. VI, n. 5673; Id., sent. 14
febbraio 2005, sez. V, n. 450)10.
10
In alcune Regioni (es. Abruzzo, Emilia-Romagna, Liguria, Molise, Piemonte, Toscana) è fatto
obbligo al gestore telefonico di comunicare al Comune, con cadenza annuale, il proprio programma
di sviluppo della rete. La previsione di tale strumento, ad avviso della giurisprudenza, non è
illegittima in sé, “in quanto risponde a criteri di razionalità dell’azione amministrativa l’esigenza
di introdurre criteri minimi di conoscenza preventiva e di pianificazione dell’installazione degli
impianti al fine di orientare l’attività amministrativa di controllo preventivo urbanistico edilizio,
nonché ambientale, in merito all’assentibilità delle installazioni delle stazioni radio base”, ma
finisce per contrastare con i principi fondamentali di celerità e semplificazione amministrativa,
espressi dal Codice delle comunicazioni elettroniche, se al gestore non è consentito aggiornare il
programma nel corso dell‟anno (vedi T.a.r. Toscana, sent. 26 luglio 2006, n. 3236; vedi Corte cost.,
sent. n. 303 del 2007 sul Piano comunale previsto dalla l.r. Friuli – Venezia Giulia n. 28 del 2004).
270
1.3.Tutela dai campi elettromagnetici e semplificazione
amministrativa
Altra questione cruciale del diritto dell‟ambiente è costituita
dalla rapporto tra l‟esigenza di tutelare efficacemente l‟ecosistema e
l‟opportunità di introdurre moduli di semplificazione procedimentale
per promuovere altri interessi costituzionalmente tutelati, quali la
libertà di iniziativa economica o la libertà di comunicazione, nel caso
di impianti di telefonia o di diffusione di altri media.
In linea generale il nostro ordinamento considera l‟ambiente
un interesse “sensibile”, meritevole di una tutela rafforzata: la legge
generale sul procedimento amministrativo (l. n. 241 del 1990)
esclude, di regola, l‟applicazione di moduli di semplificazione
procedimentale quando la tutela dell‟ambiente viene in gioco
nell‟ambito dell‟attività amministrativa11. Nella stessa direzione si
muove la giurisprudenza comunitaria che nell‟autorizzazione
preventiva e a tempo determinato delle attività impattanti identifica
la forma paradigmatica di strumento di tutela dell‟ambiente12.
Ciò nondimeno la disciplina giuridica in tema di elettrosmog,
proprio per gli interessi costituzionalmente protetti che vengono in
gioco, contempla il ricorso a strumenti di semplificazione
procedimentale; è il caso del Codice delle comunicazioni elettroniche
(d.lgs. n. 259 del 2003) che intende garantire i diritti inderogabili di
libertà delle persone nell‟uso dei mezzi di comunicazione elettronica,
nonché il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime
di concorrenza, nel settore delle comunicazioni elettroniche (attività
definita “di preminente interesse generale”, art. 3)13.
11
Si vedano gli artt. 16, comma 3; 17, comma 2; 19 e 20 della l. n. 241 del 1990; sul punto, per
tutti, G. MORBIDELLI, Il regime amministrativo speciale dell’ambiente, in Scritti in onore di Alberto
Predieri, Milano, Giuffré, 1996, vol. II, 1121 e ss.
12
Nell‟ambito degli strumenti di comando e controllo, ad esclusione delle misure di carattere
volontario; su questi temi e su una panoramica della normativa di settore vedi S. GRASSI,
Procedimenti amministrativi e tutela dell’ambiente, in M.A. SANDULLI, (a cura di), Codice
dell’azione amministrativa, Milano, Giuffré, 2010, spec. 1290-1296.
13
La Corte costituzionale nella sent. n. 336 del 2005 ha individuato nelle norme procedimentali che
introducono regole di semplificazione amministrativa dei principi fondamentali della materia, in
considerazione della pluralità delle esigenze e dei valori di rilevanza costituzionale che vengono in
gioco e dell‟esistenza di un preciso vincolo comunitario ad attuare un vasto processo di
271
L‟impianto viene autorizzato previo accertamento, da parte
dell‟organo tecnico deputato al controllo - l‟Agenzia regionale per la
protezione dell‟ambiente - della compatibilità del progetto presentato
con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di
qualità14.
Il procedimento si caratterizza per la celerità e il ricorso ai
seguenti strumenti di semplificazione procedimentale:
a) la conferenza di servizi tra tutte le amministrazioni
interessate, con approvazione a maggioranza dei presenti che
sostituisce, ad ogni effetto, gli atti di competenza delle singole
amministrazioni e vale altresì come dichiarazione di pubblica utilità,
indifferibilità ed urgenza dei lavori;
b) la denuncia di inizio attività per impianti, con tecnologia
UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai
20 Watt (fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei
valori di attenzione e degli obiettivi di qualità);
c) il silenzio-assenso, decorsi novanta giorni dalla
presentazione del progetto e della relativa domanda, sempre che non
sia intervenuto il motivato dissenso di un‟amministrazione preposta
alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela del
patrimonio storico-artistico15.
liberalizzazione del settore, armonizzando le procedure amministrative ed evitando ritardi nella
realizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica (p. 12.1. del Considerato in diritto).
14
Sul ruolo dell‟ARPA vedi Cons.Stato, sent. 6 settembre 2010, sez. VI, n. 6473 per cui il deposito
del parere preventivo favorevole dell'Arpa non è prescritto per la formazione del titolo edilizio
ovvero per l'inizio dei lavori, ma solo per l'attivazione dell'impianto.
15
Com‟è noto il d.l. n. 40 del 2010, convertito in l. n. 73 del 2010, ha inserito l‟art. 87bis che
prevede una denuncia di inizio attività a trenta giorni per caso di installazione di apparati con
tecnologia UMTS, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti radioelettrici
preesistenti o di modifica delle caratteristiche trasmissive; è ancora tutto da valutare l‟impatto
dell‟art. 35 del d.l. n. 98 del 2011, convertito in l. n. 111 del 2011, in forza del quale “al fine di
ridurre gli adempimenti amministrativi e semplificare la realizzazione di impianti radioelettrici di
debole potenza e di ridotte dimensioni, le modifiche degli impianti di cui all'articolo 87 e le
procedure semplificate per determinate tipologie di impianti di cui all'articolo 87-bis del decreto
legislativo 1 agosto 2003, n. 259, nonché le procedure per le installazioni di impianti radio per
trasmissione punto-punto e punto-multipunto e di impianti radioelettrici per l'accesso a reti
di comunicazione ad uso pubblico con potenza massima in singola antenna inferiore o uguale a 7
watt e con dimensione della superficie radiante non superiore a 0,5 metri quadrati, sono
soggette a comunicazione all'ente locale e all'organismo competente ad effettuare i
controlli di cui all'articolo 4 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, da effettuarsi contestualmente
all'attivazione dell'impianto”.
272
La tensione di fondo tra esigenze di tutela e necessità di
promuovere lo sviluppo delle infrastrutture di comunicazione (ed
energetiche) si rivela in alcuni dubbi interpretativi sorti nella prassi.
Si pensi al rapporto con i titoli abilitativi edilizi di cui al
d.P.R. n. 380 del 2001 («Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia») e alla legislazione regionale in
materia di governo del territorio. Sul punto la giurisprudenza
(costituzionale e amministrativa) è ferma nel considerare i
procedimenti di cui al Codice delle comunicazioni elettroniche
sostitutivi dei titoli edilizi, con ciò escludendo che possa imporsi un
ulteriore iter procedimentale per ottenere il permesso di costruire
giacché verrebbero di fatto vanificati i principi ispiratori del Codice
delle comunicazioni elettroniche, in particolare quelli della
previsione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti
per la concessione del diritto di installazione e della riduzione dei
termini per la conclusione dei procedimenti, nonché della
regolazione uniforme dei medesimi (Corte cost., sent. n. 129 del
2006 e ord. n. 203 del 2006; Cons.Stato, sent. 15 luglio 2010, sez.
VI, n. 4557; Cons.Stato, sent. 12 gennaio 2011, sez. VI, n. 98; Tar
Sicilia-Palermo, sent. 2 febbraio 2011, sez. II, n. 194).
Più di recente si è posta la questione se la dichiarazione di
inizio attività, prevista dagli artt. 87 e 87bis del Codice, dovesse
lasciare spazio alla SCIA, la segnalazione certificata di inizio attività,
introdotta in sostituzione della DIA dall‟art. 49, comma 4bis del d.l.
n. 78 del 2010, convertito nella l. n. 122 del 201016. Sul punto la
giurisprudenza è orientata nel senso di valorizzare il carattere di
specialità delle norme del d.lgs. n. 259 del 2003 rispetto alle
previsioni edilizie, evidenziando, ancora una volta, “la sostanziale
esigenza di semplificazione” sottesa alla disciplina in tema di
comunicazioni
elettroniche
“che
risulterebbe
vanificata
16
L‟intervento legislativo ha riguardato, com‟è noto, l‟art. 19 della l. n. 241 del 1990. Più in
generale nei primi mesi di vigenza della SCIA ci si è chiesti se la sostituzione automatica
riguardasse anche la DIA edilizia (in senso positivo si è espresso il Ministro per la Semplificazione,
con la nota P.C.M. del 16 settembre 2010); la questione è stata definitivamente risolta, a favore
dell‟effetto sostitutivo, con l‟art. 5 del d.l. n. 70 del 2011, convertito in l. n. 106 del 2011.
273
dall’applicabilità della SCIA” (Tar Lombardia - Milano, sent. 22
giugno 2011, n. 1660)17.
Altro aspetto rilevante della disciplina dei procedimenti
autorizzatori di impianti che producono emissioni elettromagnetiche
è costituito dalla ricorso ad autorizzazioni c.d. uniche o, in ogni caso,
produttive di effetti sostitutivi degli atti di competenza delle
molteplici amministrazioni coinvolte, a vario titolo, nel
procedimento18.
Oltre alle previsioni dell‟art. 87 del Codice delle
comunicazioni elettroniche, in precedenza richiamato, occorre
considerare il regime dell‟autorizzazione alla costruzione e
all‟esercizio di elettrodotti facenti parte della rete elettrica nazionale.
L‟art. 1-sexies del d.l. 29 agosto 2003, n. 239, convertito con
modificazioni nella legge 27 ottobre 2003, n. 290 e s.m.i. prevede
che la costruzione e l‟esercizio degli elettrodotti, nonché delle opere
connesse e delle infrastrutture indispensabili all‟esercizio degli stessi,
siano soggetti ad un‟autorizzazione unica rilasciata dal Ministero
dello Sviluppo economico di concerto con il Ministero dell‟ambiente
e della tutela del territorio e del mare e previa intesa con la Regione o
le Regioni interessate. L‟autorizzazione è unica in quanto sostituisce
autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque
denominati previsti dalle norme vigenti e comprende ogni opera o
intervento necessari alla risoluzione delle interferenze con altre
infrastrutture esistenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire tali
infrastrutture, opere o interventi, in conformità al progetto approvato.
L‟autorizzazione comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza
17
Si rileva, tuttavia, sul punto che andrebbe indagato non tanto il rapporto tra norme del Codice e
norme edilizie, bensì l‟impatto della clausola sostitutiva prevista dall‟art. 49, cit. rispetto alle
previsioni codicistiche.
18
Numerosi sono gli esempi nel nostro ordinamento: il provvedimento di approvazione del progetto
di bonifica dei siti di interesse nazionale (art. 252 del d.lgs. n. 152 del 2006); l‟autorizzazione per
gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti (art. 208, comma 6, d.lgs. n. 152 del 2006);
l‟autorizzazione unica alla costruzione e all‟esercizio di impianti di produzione di energia elettrica
da fonti rinnovabili (art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387 del 2003); l‟autorizzazione alla costruzione
e all‟esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore ai 300MW (art. 1, comma 3, d.l.
n. 7 del 2002 convertito in l. n. 55 del 2002); il permesso di ricerca e la coltivazione di idrocarburi
su terraferma (vedi art. 1, comma 82, l. n. 239 del 2004); l‟autorizzazione integrata ambientale
(laddove comprenda l‟autorizzazione ex art. 208 del TUA).
274
ed indifferibilità dei lavori ai fini di un eventuale procedimento
espropriativo19 e costituisce variante urbanistica20.
Si tratta, come ha avuto modo di sottolineare la Corte
costituzionale, di “fattispecie nelle quali alcuni atti espressivi delle
scelte urbanistiche dei Comuni cedono dinanzi agli atti finali dei
procedimenti adeguatamente partecipati di determinazione dei lavori
pubblici di interesse generale” non rilevando alcuna violazione dei
principi costituzionali21.
La cura degli interessi pubblici perseguiti attraverso moduli
procedimentali accelerati e semplificati, quali le c.d. autorizzazioni
uniche, giustifica la compressione delle funzioni comunali in materia
di governo del territorio – anche di organi elettivi quando trattasi di
variante urbanistica
– a condizione che venga garantita la
partecipazione dell‟ente locale e, quindi, la rappresentazione
all‟interno del procedimento dell‟interesse pubblico di cui è
portatore.
I problemi riconnessi al ricorso alle autorizzazioni uniche
attengono al rapporto con le norme generali sul procedimento
amministrativo, in particolare quelle sulla conferenza di servizi (art.
14 e ss. della l. n. 241 del 1990), soprattutto con riguardo alle
modalità di risoluzione dei conflitti che dovessero insorgere tra le
diverse amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento. In
linea generale, anche per ciò che concerne la disciplina della
conferenza di servizi nell‟ambito di uno specifico procedimento
amministrativo, la relazione tra norme generali e previsioni di settore
è risolta sulla base del principio di specialità, con la prevalenza delle
seconde sulle prime22; quanto alla disciplina del dissenso in
conferenza di servizi, in giurisprudenza l‟orientamento prevalente è
19
Vedi l‟art. 12, comma 1, lett. b), del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 («Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità»), per cui “La
dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta… in ogni caso, quando in base alla normativa
vigente equivale a dichiarazione di pubblica utilità l'approvazione di uno strumento urbanistico,
anche di settore o attuativo, la definizione di una conferenza di servizi o il perfezionamento di un
accordo di programma, ovvero il rilascio di una concessione, di una autorizzazione o di un atto
avente effetti equivalenti”.
20
Anche in questo caso con riflessi sul procedimento espropriativo, attesa la previsione dell‟art. 9,
comma 1 del d.P.R. n. 327 del 2001.
21
Corte cost., sent. n. 6 del 2004, par. 8 del Considerato in diritto.
22
G. PAGLIARI, La Conferenza di servizi, in M.A. SANDULLI, (a cura di), Codice dell’azione
amministrativa, cit., 608.
275
quello di considerare le c.d. autorizzazioni uniche come
provvedimenti monostrutturati e, di conseguenza, di inquadrare la
conferenza di servizi in termini di conferenza istruttoria23.
Se con riferimento a questi temi si dirige lo sguardo ai
procedimenti relativi ad impianti che emettono onde
elettromagnetiche è possibile svolgere due ordini di considerazioni.
Anzitutto la disciplina della conferenza di servizi si discosta,
per taluni aspetti, dal modello generale (quale risulta a seguito delle
modifiche apportate con l. n. 15 del 2005):
a) l‟art. 87, cit. prevede l‟approvazione a maggioranza dei
presenti a differenza dell‟art. 14ter, comma 6bis, che fa
riferimento alle posizioni “prevalenti” espresse
nell‟ambito della conferenza24;
b) il medesimo art. 87 prevede l‟approvazione ad opera
della conferenza di servizi, mentre le norme generali,
almeno sino alla modifiche intervenute con l. n. 122 del
2010,
contemplavano
un
ulteriore
atto
23
Sul collegamento tra natura della conferenza e disciplina del dissenso, nel senso che le norme sul
dissenso trovano applicazione unicamente per la conferenza decisoria vedi Cons. Stato, ord. 6
marzo 2001, sez. VI, n. 1529. Sulla conferenza di servizi nell‟ambito delle autorizzazioni uniche: S.
BELTRAME, La partecipazione del Comune alla conferenza di servizi, ex art. 27 D.Lgs. 22/1997:
profili strutturali e funzionali, in Riv. giur. amb., 2001, 652 e ss nonché Tar Toscana, sent. 13 luglio
2007, n. 2045 per l‟autorizzazione relativa ad impianti di smaltimento e recupero di rifiuti; Cons.
Stato, sent. 4 giugno 2004, sez. VI, n. 3502; Tar Campania-Salerno, sent. 19 dicembre 2006, sez. I,
n. 2233; Tar Puglia-Bari, sent. 24 settembre 2009, sez. I, n. 2102 per l‟autorizzazione unica alla
costruzione di impianti di produzione di energia elettrica con potenza superiore ai 300MW termici;
Tar Campania-Napoli, sent. 15 gennaio 2010, sez. VII, n. 157; Cons. Stato, sent. 17 gennaio 2011,
sez. V, n. 200 nonché M. BORGO, Parere reso in via ordinaria del 23 marzo 2009, prot. 94151 –
disciplina del dissenso in materia di autorizzazione per la costruzione e manutenzione di impianti
alimentati a fonti rinnovabili, in Rassegna dell’Avvocatura dello Stato, 1/2010, 215 per
l‟autorizzazione unica di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In analoga
direzione si è mosso il legislatore ambientale con il decreto correttivo sulla VIA, d.lgs. n. 128 del
2010, laddove ha qualificato espressamente la conferenza di servizi come “istruttoria” e ha
introdotto all‟art. 25 del d.lgs. n. 152 del 2006, il comma 3-bis che abilita l‟autorità competente a
provvedere secondo quanto stabilito dal successivo art. 26 qualora le amministrazioni invitate in
conferenza non si siano espresse nei termini ivi previsti ovvero abbiano manifestato il proprio
dissenso.
24
Non è un unicum in campo ambientale: vedi l‟art. 242, d.lgs. n. 152 del 2006, in tema di bonifica
dei siti contaminati, nonché l‟art. 208, d.lgs. n. 152 del 2006, relativo agli impianti di recupero e
smaltimento di rifiuti (la regola della maggioranza è stata tenuta ferma anche dal recente d.lgs. n.
205 del 2010, successivo alla l. n. 122 del 2010).
276
dell‟amministrazione procedente conforme al verbale di
conferenza25.
Ciò che preme sottolineare è, ad ogni modo, la previsione di
specifiche modalità di superamento del dissenso tra amministrazioni
coinvolte nel procedimento, sia mediante il rinvio alle norme
generali (è il caso dell‟art. 87, cit., commi 7 e 8) sia attraverso
soluzioni più originali, quale l‟indizione di un apposito comitato
interistituzionale qualora non si arrivi alla definizione dell‟intesa con
la Regione o le Regioni interessate per il rilascio dell'autorizzazione
relativa agli elettrodotti della rete nazionale (art. 1sexies, comma
4bis, d.l. n. 239 del 2003, convertito in l. n. 290 del 2003)26.
2. L‟inquinamento elettromagnetico e i due principi cardine
del diritto dell‟ambiente: sviluppo sostenibile e
precauzione
Il tema di questo convegno richiama con forza le riflessioni
dei giuristi sul ruolo dei principi per
la costruzione del diritto dell‟ambiente27.
25
Su questo tema, per un esame della giurisprudenza, vedi M. SANTINI, Note sparse sulla
giurisprudenza in tema di conferenza di servizi, in Urbanistica e appalti, 1/2008, 20 e ss.
26
Ove non si pervenga ancora alla definizione dell'intesa si provvede all'autorizzazione con decreto
del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, integrato con la
partecipazione del presidente della Regione o delle Regioni interessate, su proposta del Ministro
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
27
Su questo tema S. GRASSI, Ambiti della responsabilità e della solidarietà intergenerazionale:
tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile, relazione tenuta nel corso del Convegno di Parma, 1°
dicembre 2006, R. BIFULCO – A. D‟ALOIA, Un diritto per il futuro. Teorie e modelli dello sviluppo
sostenibile e della responsabilità intergenerazionale, 2008, Napoli, Jovene. Nell‟ambito della vasta
letteratura sui principi in materia ambientale si vedano: S. GRASSI, Principi costituzionali e
comunitari per la tutela dell’ambiente, in Scritti in onore di Alberto Predieri, Milano, Giuffré,
1996, 907 e ss.; ID., voce Tutela dell’ambiente (diritto amministrativo), Enc. dir., Annali, I, Milano,
Giuffré, 2007, 1114 e ss.; M. CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente,
Milano, Giuffré, 2001; ID., La disciplina giuridica della tutela ambientale come “diritto
dell’ambiente”, in Federalismi.it, n. 25/2006; P. DELL‟ANNO, Principi del diritto ambientale
europeo e nazionale, Milano, Giuffré, 2004; D. AMIRANTE, La forza normativa dei principi: il
contributo del diritto ambientale alla teoria generale, Padova, CEDAM, 2006; M. CAFAGNO,
Principi e strumenti di tutela dell’ambiente come sistema complesso, adattativo, comune, Torino,
Giappichelli, 2007; G. DI PLINO – P. FIMIANI (a cura di), Principi di diritto ambientale, Milano,
Giuffré, 2008.
277
Vengono in particolare rilievo il principio dello sviluppo sostenibile
e il principio di precauzione, che attenta dottrina non ha esitato a
inquadrare come i due capisaldi della politica ambientale dell‟Unione
europea28.
Tutti
i
problemi
della
disciplina
giuridica
dell‟elettromagnetismo a cui si è fatto rapido cenno nei precedenti
paragrafi, costituiscono manifestazione della tensione di fondo che
esiste tra la necessità di promuovere lo sviluppo economico e
l‟esigenza irrinunciabile di salvaguardare le risorse naturali e
l‟ambiente. La dottrina dello sviluppo sostenibile nasce agli inizi
degli anni ‟7029, ma le più significative formulazioni si rinvengono,
nell‟ordinamento internazionale, nel Rapporto Brundtland del 1987
(“lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del
presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future
di soddisfare i propri bisogni”) e nella Dichiarazione di Rio de
Janeiro del 1992 (principio n. 3: “Il diritto allo sviluppo deve essere
perseguito in modo tale da soddisfare in egual misura i bisogni di
sviluppo e ambientali sia delle attuali generazioni che di quelle
future” e principio n. 4: “Per raggiungere lo sviluppo sostenibile, la
protezione ambientale dovrebbe costituire una parte integrante del
processo di sviluppo e non dovrebbe essere considerata in modo
disgiunto da esso”)30.
In ambito comunitario, l‟art. 3 del Trattato sull‟Unione
Europea prevede tra le finalità dell‟Unione quella di adoperarsi “per
lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita
economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia
sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena
occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e
di miglioramento della qualità dell'ambiente” 31. Funzionale a questi
28
G. CORSO, La valutazione del rischio ambientale, in G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’ambiente,
Giappichelli, Torino, 2011, 168. L‟autore cita il principio di integrazione, che costituisce, come
verrà messo in evidenza infra, la versione “procedurale” del principio di sviluppo sostenibile.
29
Vedi la Dichiarazione di Stoccolma del 1972 sull‟ambiente umano, in particolare il principio n. 5
(“Le risorse non rinnovabili della Terra devono essere utilizzate in modo da evitarne l'esaurimento
futuro e da assicurare che i benefici del loro sfruttamento siano condivisi da tutta l'umanità”).
30
Nonché nella Dichiarazione di Johannesburg del 2002; per un quadro di sintesi vedu V. PEPE, Lo
sviluppo sostenibile tra diritto internazionale e diritto interno, in Riv. giur. amb., 2002, 209 e ss.;
A. FODELLA, Il vertice di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile, ivi, 2003, 385 e ss.
31
Occorre rammentare in precedenza il V Programma d‟azione “Per uno sviluppo durevole e
sostenibile” (con il celebre slogan “Non mangiamo il frumento necessario per garantire il raccolto
278
obiettivi è il principio di integrazione, per cui “le esigenze connesse
con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione
e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare
nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile” (art. 11 del
Trattato sul funzionamento dell‟UE, già art. 6 del Trattato UE);
sempre in termini di integrazione è declinata la “tutela
dell‟ambiente” dalla Carta dei diritti fondamentali dell‟UE (Nizza,
2000): “Un livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento
della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell'Unione e
garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile” (art.
37)32.
Quanto all‟ordinamento italiano, la centralità del tema è resa
plastica dall‟inserimento tra le prime disposizioni del “Codice
dell‟ambiente”, dell‟art. 3quater, rubricato “Principio dello sviluppo
sostenibile”33. Il primo comma richiama il collegamento tra sviluppo
sostenibile ed equità intergenerazionale e restitusice una visione
dell‟ambiente come fonte di responsabilità diffusa da costruire in
termini di doveri di solidarietà34: “Ogni attività umana
giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve
conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di
garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali
non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle
generazioni future”. Per comprendere il reale significato del
principio di sviluppo sostenibile occorre guardare al secondo comma,
per cui “l'attività della pubblica amministrazione deve essere
finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio
dello sviluppo sostenibile per cui nell'ambito della scelta
comparativa di interessi pubblici e privati connotata da
discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio
dell’anno prossimo”); nel 1997 con il Trattato di Amsterdam viene inserito nel Trattato sull‟Unione
Europea il riferimento a “uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività
economiche” (art. 2).
32
Vedi inoltre il riferimento allo sviluppo socioeconomico contenuto nell‟art. 191, par. 3 del TFUE.
Sostiene la tesi che si debba parlare più che di diritto dell‟ambiente di diritto dello sviluppo
sostenibile F. FRACCHIA, Il principio dello sviluppo sostenibile, in G. ROSSI (a cura di), Diritto
dell’ambiente, cit., 175.
33
Allo sviluppo sostenibile si fa riferimento anche in altre disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006:
l‟art. 4, comma 3; l‟art. 34, l‟art. 55; l‟art. 77.
34
S. GRASSI, Ambiti della responsabilità e della solidarietà intergenerazionale, cit., par. 2.
279
culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione”. La
“prioritaria considerazione” di cui parla l‟art. 3quater non va intesa
in termini assiologici; predicare l‟esistenza dell‟ambiente come
“super-valore” che si impone su tutti gli altri costituirebbe in radice
la negazione della ricostruzione dell‟ambiente come “valore
costituzionale” operata dalla Corte costituzionale; i valori
costituzionali costituiscono gli obiettivi primari dell‟azione dei
pubblici poteri, tali da qualificare un ordinamento e che, tuttavia,
vanno perseguiti attraverso un‟opera di costante bilanciamento con
altri valori e interessi che trovano in egual misura riconoscimento
nella Carta costituzionale (quale, ad esempio, l‟iniziativa economica
privata)35.
Cosa sia la primarietà dell‟ambiente lo ha chiarito la Corte
costituzionale nella sent. n. 196 del 2004: essa “non legittima un
primato assoluto in una ipotetica scala gerarchica dei valori
costituzionali, ma origina la necessità che essi debbano sempre
essere presi in considerazione nei concreti bilanciamenti operati dal
legislatore ordinario e dalle pubbliche amministrazioni; in altri
termini, la “primarietà” degli interessi che assurgono alla qualifica
di “valori costituzionali” non può che implicare l’esigenza di una
compiuta ed esplicita rappresentazione di tali interessi nei processi
decisionali all’interno dei quali si esprime la discrezionalità delle
scelte politiche o amministrative” (p. 23 del Considerato in diritto);
il riconoscimento della “primarietà” dell‟ambiente si attua
considerando le variabili ambientali di ogni azione pubblica ossia,
per dirla col legislatore comunitario, attraverso l‟integrazione della
tutela dell‟ambiente in tutte le altre politiche pubbliche. In questa
prospettiva, assumono estrema importanza le procedure per la
produzione di norme o atti amministrativi relativi ad attività umane
idonee a produrre effetti sull‟ambiente; in tale preminente ruolo delle
procedure si coglie un profondo punto di contatto tra il principio
35
Su questi temi e la giurisprudenza costituzionale si vedano S. GRASSI, Principi costituzionali e
comunitari per la tutela dell’ambiente, in Scritti in onore di Alberto Predieri, Milano, Giuffré,
1996, 907 e ss., B. CARAVITA, Il diritto costituzionale dell’ambiente, in S. NESPOR – A. L. DE
CESARIS, Codice dell’ambiente, Milano, Giuffré, 2003, 90 e ss.; M. CECCHETTI, Principi
costituzionali per la tutela dell’ambiente, cit.; G. D‟ALFONSO, La tutela dell’ambiente quale valore
costituzionale primario prima e dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, in F. LUCARELLI (a
cura di), Ambiente, territorio e beni culturali nella giurisprudenza costituzionale, Napoli, ESI,
2006, 3 e ss.
280
dello sviluppo sostenibile e l‟altro cardine della disciplina giuridica
dell‟elettromagnetismo, il principio di precauzione.
Nella sua più nota formulazione il principio di precauzione
prevede che “l'assenza di una piena certezza scientifica non deve
costituire un motivo per differire l’adozione di misure adeguate ed
effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado
ambientale” (Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992, principio n.
15)36. Come già si è avuto modo di rammentare, il principio di
precauzione fa la propria comparsa nell‟ordinamento italiano con la
Legge quadro sull‟inquinamento elettromagnetico37; attualmente è
espressamente annoverato tra i “principi dell‟azione ambientale”
insieme ai principi di prevenzione, di correzione, in via prioritaria
alla fonte, dei danni causati all‟ambiente e “chi inquina paga” (art.
3ter, d.lgs. n. 152 del 2006) e l‟art. 301 del d.lgs. n. 152 del 2006
disciplina l‟ “attuazione del principio di precauzione”, riconoscendo
al Ministero dell‟Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare il
potere di intervenire laddove vi sia un pericolo, anche solo
potenziale, per la salute e per l‟ambiente (comma 1), purché si tratti
di un rischio “che comunque possa essere individuato a sèguito di
una preliminare valutazione scientifica obiettiva” (comma 2).
36
Oltre alla Dichiarazione di Rio si vedano in ambito internazionale: Preambolo della Convenzione
sulla diversità biologica (1992); Convenzione sui cambiamenti climatici (1992), art. 3;
Convenzione si Parigi per la protezione dell‟ambiente marino per l‟Atlantico Nord-Orientale
(1992); Conferenza delle Parti della Convenzione sulla diversità biologica, Protocollo sulla
Biosicurezza di Montreal (28 gennaio 2000), art. 10, par. 3; per un‟approfondita analisi si veda S.
DI BENEDETTO, La funzione interpretativa del principio di precauzione nel diritto internazionale,
in Dir. comm. int., 2/2006, 321 e ss.; in ambito comunitario si vedano: Commissione europea,
Comunicazione sul principio di precauzione del 2 febbraio 2000 (COM 1, final); Comitato
economico e sociale, Parere sul tema “Il ricorso al principio di precauzione” (nat/065). 12 luglio
2000; Consiglio, risoluzione sul principio di precauzione (Consiglio europeo di Nizza del 2000,
conclusioni della Presidenza, allegato III); Regolamento in materia di sicurezza alimentare n.
178/2002; sul tema, F. DE LEONARDIS, Il principio di precauzione nell’amministrazione di rischio,
Milano, Giuffré, 2005; L. BUTTI, The Precautionary Principle in Environmental Law, Milano,
Giuffré, 2007 e di recente, M. CECCHETTI, Principio di precauzione e produzione del diritto
pubblico. La funzione normativa di fronte alle sfide del «governo» dell’incertezza scientifica, in G.
GUERRA-A. MURATORIO-E. PARIOTTI-M. PICCINNI-D. RUGGIU (a cura di), Forme di
responsabilità, regolazione e nanotecnologie, Bologna, Il Mulino, in corso di pubblicazione, 121 e
ss.
37
Sul tema, tra i primi, F. MERUSI, Dal fatto incerto alla precauzione: la legge sull’elettrosmog, in
Foro amm., 1/2001, 221 e ss. e più di recente F. FONDERICO, Tutela dall’inquinamento
elettromagnetico e amministrazione “precauzionale”, in Riv.it.dir.pub.com., 3-4/2004, 907 e ss.; G.
COMPORTI, Contenuto e limiti del governo amministrativo dell'inquinamento elettromagnetico alla
luce del principio di precauzione, in Riv.giur.amb., 2/2005, 215 e ss.
281
Nel prevedere il ricorso a misure cautelative laddove sussista
incertezza scientifica, il principio di precauzione si collega al
principio di sviluppo sostenibile almeno sotto due profili: da un lato
anticipa la soglia di tutela, riequilibrando il rapporto uomo-natura;
dall‟altro, legittima misure che restringono le aspettative delle
generazioni presenti per salvaguardare l‟esistenza e i diritti di quelle
future38.
L‟approccio precauzionale, inquadrato come principio
dell‟azione ambientale ex art. 3ter del d.lgs. n. 152 del 2006,
costituisce parametro d‟azione sia per la produzione normativa sia
per l‟esercizio dell‟attività amministrativa 39. La giurisprudenza
amministrativa ha elaborato alcuni canoni dell‟amministrazione
“precauzionale”. Anzitutto il principio di precauzione può trovare
applicazione unicamente laddove residui al potere amministrativo un
ambito di discrezionalità e non già quando la regola cautelare sia
stata oggetto di previa definizione normativa40. In secondo luogo,
38
Sul collegamento tra i due principi vedi L. BUFFONI, La “dottrina” dello sviluppo sostenibile e
della solidarietà intergenerazionale. Il giusto procedimento di normazione ambientale, in
Federalismi.it, 8/2007, 10; G. MANFREDI, Note sull’attuazione del principio di precauzione in
diritto pubblico, in Dir.pub., 3/2004, 1091.
39
Parla di “criterio orientativo generale e di larga massima…che deve caratterizzare non soltanto
le attività normative, ma prima ancora quelle amministrative” in forza del quale “si costituisce
l’obbligo da parte delle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di
prevenire rischi anche se unicamente potenziali per la salute” Tar Trentino Alto-Adige, sez.
Trento, sent. 25 marzo 2010, n. 93; analogamente Tar Piemonte, sent. 3 maggio 2010, n. 2294 per
cui “la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia
ambientale o l’adozione di atti generali ovvero, ancora, l’adozione di misure cautelari, ossia tutti i
casi in cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l’ambiente da danni poco
conosciuti, anche se solo potenziali”. In realtà il principio di precauzione può essere impiegato
anche nell‟opera di interpretazione della norma giuridica propria del giudice, si pensi, ad esempio
all‟elaborazione della prima giurisprudenza comunitaria sulla definizione di rifiuto; sul tema sia
consentito il rinvio ad A. BORZÌ, La nozione di rifiuto tra applicazione comunitaria e
(dis)applicazione interna, in Riv.it.dir.pub.com., 3-4/2004, 759 e ss.
40
Sul punto è netta l‟opinione di G. CORSO, La valutazione del rischio ambientale, cit., 168 per cui
il principio opera sul piano delle scelte normative e non su quello dell‟azione amministrativa;
collega l‟operatività del principio di precauzione ad un ambito di discrezionalità normativa o
amministrativa G. MANFREDI, Note sull’attuazione del principio di precauzione in diritto pubblico,
cit., 1098; M. CECCHETTI, Principio di precauzione e produzione del diritto pubblico, cit., par. 3-5
parla di “priorità” della normazione nell‟attuazione del principio; l‟a., inoltre, dà per scontato che il
principio di precauzione sia un parametro di legittimità dell‟azione amministrativa (anche per
effetto del rinvio ai principi dell‟ordinamento comunitario operato dall‟art. 1, comma 1, della l. n.
241 del 1990) e ritiene che il principio abbia rango costituzionale e, come tale, si imponga al
legislatore. La giurisprudenza amministrativa, specie in tema di elettromagnetismo, tende a
circoscrivere il potere amministrativo a fronte della predeterminazione legislativa dei limiti di
emissione (vedi Cons. Stato, sent. 15 luglio 2010, n. 4557; Tar Trentino Alto-Adige, sez. Trento,
282
l‟applicazione del principio, nella scelta della misura cautelare, deve
essere armonizzato con il principio di proporzione 41. Particolare
pregnanza assume, infine, l‟obbligo per l‟autorità procedente di
svolgere un‟attività istruttoria “ineccepibile”42 e dotare le proprie
decisioni di un “apparato motivazionale particolarmente rigoroso”43.
Ma è nel campo della produzione normativa che il principio
di precauzione può esprimere tutto il suo potenziale di innovazione,
per aver segnato il passaggio dalla soggezione alla scienza “certa” al
governo della scienza “incerta”44.
Come ha sottolineato di recente il giudice amministrativo
(Cons. Stato, sent. 12 gennaio 2011, sez. VI, n. 98), il principio di
precauzione postula:
in via preventiva: a): l‟identificazione dei potenziali rischi; b)
una valutazione scientifica, realizzata in modo rigoroso e completo
sulla base di tutti i dati esistenti, nonché c)la mancanza di una
certezza scientifica che permetta di escludere ragionevolmente la
presenza dei rischi identificati, e
in via applicativa: l‟adozione di puntuali misure (peraltro di
carattere solo provvisorio, in attesa di pervenire a un più adeguato
grado di conoscenza scientifica) le quali risultino proporzionali
rispetto al livello di protezione ricercato ed individuate a seguito
sent. 11 giugno 2010, n. 160 e da ultimo Cons. Stato, sent. 12 gennaio 2011, n. 98 sulla
compatibilità della disciplina legislativa statale col principio di precauzione); in altri ambiti, la
giurisprudenza ha riconosciuto la possibilità che l‟autorità amministrativa possa “integrare” il
dettato normativo in forza del principio di precauzione (è il caso dell‟MTBE che non è previsto tra
le sostanze contaminanti le acque sotterranee dal d.lgs. n. 152 del 2006, Tar. Trentino Alto-Adige,
sez. Trento, sent. 8 luglio 2010, n. 171).
41
Tar Toscana, sent. 31 agosto 2010, n. 5145; Tar. Campania, sez. Napoli, sent. 2 novembre 2009,
n. 6758, Cons. Stato, sent. 9 settembre 2005, n, 4648; esprime dubbi sul carattere innovativo del
principio in relazione all‟attività amministrativa F. TRIMARCHI, Principio di precauzione e
“qualità” dell’azione normativa, Riv.it.dir.pub.com., 6/2005, 1673 e ss., spec. par. 7.
42
Alla luce delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite tramite organismi
di rilievo nazionale o sovranazionale (Corte cost., sent. n. 282 del 2002 e n. 116 del 2006).
43
Oltre a Tar Toscana, sent. n. 5245/2010, cit., Tar Liguria, sez. Genova, sent. 15 ottobre 2010, n.
9501; Tar Valle d‟Aosta, sent. 7 marzo 2011, n. 19; Tar Lombardia, sez. Brescia, sent. 11 marzo
2011, n. 398.
44
In questi termini L. BUFFONI, La “dottrina” dello sviluppo sostenibile e della solidarietà
intergenerazionale. Il giusto procedimento di normazione ambientale, cit., 12-13; M. CECCHETTI,
Prospettive per una razionalizzazione della “normazione tecnica” a tutela dell’ambiente
nell’ordinamento italiano, in S. GRASSI – M. CECCHETTI (a cura di), Governo dell’ambiente e
formazione delle norme tecniche, Milano, Giuffré 2006, 49; sui profili di incertezza della scienza
vedi M. TALLACCHINI, Ambiente e diritto della scienza incerta, in S. GRASSI – M. CECCHETTI – A.
ANDRONIO (a curda di), Ambiente e diritto, I, Firenze, Olschki, 1999, 85.
283
dell‟esame dei vantaggi e degli oneri conseguenti, anche in termini di
una analisi economica costi/benefici.
La pronuncia dal Consiglio di Stato riprende l‟elaborazione
delle istituzioni comunitarie – in particolare la Comunicazione della
Commissione del 2 febbraio 200045 – in cui più chiaramente si coglie
la “doppia anima” dell‟agire precauzionale, che si articola in un
momento, la valutazione del rischio da ricondurre prevalentemente,
anche se non esclusivamente46, al dominio della scienza e in una
successiva fase, rimessa agli organi politici, che è quella della
gestione del rischio.
Già questi sintetici richiami alle caratteristiche essenziali
della decisione precauzionale, convincono della necessità di forgiare
procedimenti (normativi e amministrativi) che da un lato
“garantiscano l‟attendibilità dei dati, giudizi e previsioni e che
evitino il rischio di un abuso strumentale di proposizioni
pseudoscientifiche” e per altro verso “consentano di rendere evidenti
le componenti descrittive ed assiologiche della decisione finale,
giustificando le scelte, avvalorando i dati e i modelli da considerare
attendibili, aggiornando le nozioni obsolete”47.
I caratteri di tale “giusto procedimento di normazione
cautelare”48, individuati dalla dottrina che più di tutte si è spesa sul
tema del rapporto tra principio di precauzione e funzione
normativa49, sono essenzialmente i seguenti:
a) un‟istruttoria tecnico-scientifica completa, articolata ed
aperta, almeno potenzialmente, a tutti i soggetti detentori
di dati scientifici e tecnici rilevanti, affidata
possibilmente ad organi imparziali e non politici;
b) una procedura di valutazione del rischio accettabile e
gestione del rischio trasparente ed aperta, in cui sia
45
Vedi retro nota 36.
Poiché la fase della valutazione del rischio si articola, a sua volta, nella valutazione scientifica del
rischio e nella determinazione del rischio “accettabile” da parte della società, decisione,
quest‟ultima, rimessa ad organi politici (Comunicazione della Commissione del 2 febbraio 2000,
par. 5).
47
Le citazioni sono di M. TALLACCHINI, Ambiente e diritto della scienza incerta, cit., 91 e 93.
48
L‟espressione è di L. BUFFONI, La “dottrina” dello sviluppo sostenibile e della solidarietà
intergenerazionale. Il giusto procedimento di normazione ambientale, cit.,
49
M. CECCHETTI, Principio di precauzione e produzione del diritto pubblico, cit.
46
284
garantita la partecipazione degli stackeholder e del
pubblico interessato;
c) la previsione di appositi meccanismi normativi di
adeguamento progressivo e continuo all‟evoluzione delle
conoscenze scientifiche e tecniche per la revisione delle
misure cautelative sulla base dei dati scientifici
“disponibili”, onde garantirne sempre l‟adeguatezza, la
coerenza e la proporzionalità.
Questi, in estrema sintesi, i caratteri del modello astratto.
Quale la disciplina delle procedure attualmente vigente?
La Legge quadro prevede che i valori di attenzione per la
popolazione siano individuati con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell‟ambiente, di
concerto con il Ministro della Salute, sentiti il Comitato
interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell‟inquinamento
elettromagnetico di cui al successivo art. 6 e le competenti
Commissioni parlamentari, previa intesa in sede di Conferenza
unificata prevista dalla l. n. 281 del 1997. Nulla è stabilito circa le
modalità di selezione delle opinioni scientifiche o degli esperti o in
tema di partecipazione, né vengono imposti oneri di pubblicità
durante i lavori preparatori
Se si confrontano i caratteri dell‟idealtipo di procedimento di
formazione della norma cautelare con la scarna disciplina della l. n.
36 del 200150, ci si avvede di come l‟attuazione del principio di
precauzione nell‟ordinamento italiano, e nella materia che ci occupa,
presenti ancora potenzialità del tutto inespresse.
50
E‟ necessario menzionare l‟art. 13 della l. n. 241 del 1990 che esclude l‟applicazione delle
previsioni sulla partecipazione procedimentale alla formazione degli atti normativi e degli atti
amministrativi generali.
285
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
NON MEDICAL IMAGING EXPOSURES: UN NUOVO E
VASTO CAMPO DI APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DI
GIUSTIFICAZIONE E OTTIMIZZAZIONE DELLA
RADIOPROTEZIONE
P.Fattibene, C. De Angelis, S. Risica
Dipartimento Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità,
Viale Regina Elena 299, 00161 Roma
e-mail: [email protected]
INTRODUZIONE
Tra le tante tecnologie emergenti che usano radiazioni ionizzanti rientrano
le nuove apparecchiature finalizzate alla sicurezza della popolazione e alla
lotta all‟illegalità, quali per esempio gli strumenti per la rivelazione di
droghe o armi nascoste nel o sul corpo, la verifica delle merci trasportate o
l‟accertamento dell‟età di presunti minori. Elemento in comune a queste
apparecchiature è l‟utilizzo di tecnologie di imaging. Queste esposizioni
comportano quindi un uso diretto delle radiazioni sulle persone, senza però
necessariamente presentare alcun beneficio diretto per la loro salute. Alcune
tipologie di queste esposizioni hanno incontrato difficoltà a essere
giustificate in molti Paesi, mentre altre in passato sono state considerate, in
alcuni casi in modo forse un po‟ forzato, esposizioni medico-legali, ossia
“esposizioni eseguite per scopi di assicurazione o legale senza
un‟indicazione clinica” e sono state perciò inserite nel campo di
applicazione della Direttiva 97/43/Euratom, Medical Exposure Directive,
(MED, Commissione Europea, 1997), recepita in Italia dal Dlgs 187/2000
(Repubblica Italiana, 2000). In questi casi, al momento attuale l‟impianto
legislativo è quindi quello della radioprotezione del paziente in cui non si
applicano i limiti di esposizione per i membri del pubblico né i vincoli di
dose.
Da più parti negli anni è stata riconosciuta la difficoltà di
applicare la filosofia alla base della MED a pratiche determinate da
286
motivazioni legali o di sicurezza invece che cliniche. Il momento
attuale, che ha visto la revisione delle raccomandazioni della
Commissione internazionale di radioprotezione (ICRP), della
Direttiva Europea di base per la radioprotezione e dei Basic Safety
Standards della Agenzia internazionale per l'energia atomica
(IAEA), è stato ritenuto idoneo per una revisione dell‟argomento. Le
novità più importanti che possono rappresentare il filo conduttore
sono il conio del nuovo termine “non-medical imaging exposures”
(NMIE) in sostituzione del vecchio “medico-legal exposures” che
appariva non idoneo a descrivere l‟ampio panorama di pratiche
coinvolte e l‟inserimento di queste pratiche nella radioprotezione dei
membri del pubblico invece che del paziente. In questo lavoro
saranno riassunte le principali novità delle raccomandazioni
internazionali, con un occhio particolare alla situazione europea e
italiana, e alle problematiche che l‟utilizzo di queste procedure pone
nella loro applicazione pratica.
PROCEDURE DI NON-MEDICAL IMAGING EXPOSURES
Per comprendere le difficoltà nella giustificazione
e
nell‟ottimizzazione delle pratiche che implichino una esposizione
deliberata delle persone a fini non medici può essere utile partire da
una panoramica di queste procedure. Un elenco completo degli
scenari classificabili come procedure NMIE è piuttosto complicato
da produrre perché, come è stato già evidenziato, all‟interno di
questa categoria rientrano esposizioni e procedure che vanno ben
oltre gli scopi legali o assicurativi, evocati dal vecchio termine
“medico-legali”. Il numero e tipo di esposizioni che possono essere
incluse in questa categoria si è infatti ampliato nel corso degli ultimi
anni. Di seguito si riporta un elenco non esaustivo delle procedure
che possono essere trattate come NMIE:
-
-
accertamento degli abusi infantili: richiesto in caso di sospetto di
percosse, particolarmente nei soggetti di età inferiore ai due anni, allo
scopo di evidenziare lesioni fisiche non clinicamente evidenti
rivelazione di droghe nascoste dentro il corpo: mirano ad individuare
la presenza di sostanze stupefacenti generalmente contenute in ovuli
ingeriti dal “corriere”. I metodi di indagine utilizzati in questi casi che
prevedono l‟impiego di radiazioni ionizzanti sono la radiografia in
287
-
-
-
-
-
-
bianco o in alcuni casi la TAC e vengono eseguite in ospedale, anche
per scongiurare il pericolo di morte per overdose del soggetto in
seguito alla rottura delle capsule
valutazione delle condizioni fisiche di atleti: sono procedure utilizzate
dagli allenatori come strumento di supporto per la definizione di
programmi di allenamento, per lo screening, particolarmente negli
sport di contatto per escludere stati patologici che potrebbero mettere a
rischio l‟atleta, o per l‟analisi delle potenzialità di crescita dei giovani
atleti
ispezioni dei veicoli ai confini nazionali o nei porti: effettuate
essenzialmente per rivelare la presenza di merce trasportata
illegalmente, ma possono esporre involontariamente clandestini
nascosti dentro i veicoli
verifica dello stato di salute dell’individuo a fini occupazionali: tra le
indagini mediche che vengono effettuate per valutare l‟idoneità del
lavoratore alle specifiche mansioni lavorative assegnate sono talvolta
comprese radiografie
screening degli immigrati: sono misure preventive per contrastare la
diffusione di malattie quali per esempio la radiografia dei polmoni per
la tubercolosi
determinazione dell’età di bambini e adolescenti: effettuata nei casi di
incertezza dell‟età di immigrati o di individui che abbiano commesso
crimini e che siano sprovvisti di documenti. La tecnica radiologica più
consolidata è la radiografia ossea del polso
rivelazione con body scanner di materiale di contrabbando, armi o
droghe nascoste sotto i vestiti: rientrano nella lotta alle attività
criminali legate al trasporto di questi materiali. Questi stessi dispositivi
trovano utilizzo in alcuni Paesi anche nelle ispezioni dei prigionieri o
dei visitatori nelle carceri
SITUAZIONE LEGISLATIVA
La Commissione internazionale di radioprotezione (ICRP)
Cronologicamente la prima organizzazione internazionale che ha
affrontato una revisione delle esposizioni medico-legali è stata
l'ICRP che nella Publication 103 (ICRP, 2007a) nel Cap. 5, Il
sistema di protezione radiologica per gli esseri umani, al par. 5.7.2,
Esposizioni ingiustificate, stabilisce che “certe esposizioni debbano
essere considerate ingiustificate senza ulteriore analisi, fatte salve
288
circostanze eccezionali”1. Queste esposizioni ingiustificate includono
gli esami radiologici a fini lavorativi, assicurativi contro le malattie e
legali, se eseguiti senza indicazioni cliniche. L‟ICRP non chiarisce
quali possano essere le circostanze eccezionali, anche se lascia
intuire che l'esposizione potrebbe essere giustificata se l'esame fosse
potenzialmente idoneo a fornire informazioni utili sulla salute
dell'individuo esaminato (implicando che si faccia una valutazione
clinica dell'immagine acquisita) o se fosse di sostegno per importanti
indagini criminali. L‟ICRP identifica inoltre, in un‟altra classe di
esposizioni, le indagini sanitarie con esposizione alle radiazioni
effettuate su gruppi asintomatici della popolazione (i cosiddetti
screening preventivi, come ad es. la mammografia di massa). Queste
esposizioni sono da considerarsi ingiustificate, a meno che “i
benefici previsti per gli individui esaminati o per la popolazione nel
suo insieme siano sufficienti a compensare i costi economici e
sociali, compreso il detrimento da radiazione.”
Nonostante non vi si faccia esplicito riferimento, alcune NMIE
(per esempio lo screening degli immigrati per la tubercolosi)
potrebbero rientrare in questa categoria. Nel processo di
giustificazione in questo caso si dovrebbe “tenere conto del
potenziale della procedura di indagine nel diagnosticare malattie,
della probabilità di trattamento efficace dei casi diagnosticati e, per
certe malattie, dei vantaggi alla comunità derivanti dal controllo della
malattia.”
L' Unione Europea
Dopo diversi anni di lavoro, il 24 febbraio 2010 il Gruppo di esperti
ex art.31 del Trattato Euratom ha approvato una bozza di nuova
Direttiva Europea di base per la radioprotezione (European
Commission, 2010a) mediante la preparazione ed emanazione di un
parere (European Commission, 2010b). Ambedue i testi sono
disponibili sul sito web della DG Energy della Commissione
Europea2. Questa bozza è stata elaborata principalmente a seguito
della revisione delle raccomandazioni di base di radioprotezione
1
In questo paragrafo si è fatto uso della traduzione italiana a cura dell‟AIRP della Pubblicazione
103 (ICRP 2007b)
2
http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/article_31_en.htm
289
iniziata nel frattempo da parte dell‟ICRP (ICRP, 2007a). La bozza di
nuova Direttiva riunisce in un unico testo le cinque Direttive
Euratom pubblicate negli anni 1989 – 2003 (cfr. Risica, 2011), in
particolare la Direttiva 96/29/Euratom Basic safety standards
(Commissione Europea, 1996) e la Direttiva 97/43/Euratom
sull‟esposizione medica (Commissione Europea, 1997).
Le esposizioni medico-legali - ora chiamate non-medical imaging
exposures - vengono definite e regolamentate al Capo VI, Justification and
Regulatory Control of Planned Exposure Situations, art.49, Practices
involving the deliberate exposure of humans for non-medical purposes.
Quindi questo tipo di esposizioni sono trattate come planned exposure
situations e sono state separate completamente dalle esposizioni di tipo
medico che sono invece regolamentate al Capo VIII Protection of Patients
and other Individuals Submitted to Medical Exposure.
L‟articolo 49 prevede innanzitutto l‟obbligo per gli Stati Membri (SM)
di assicurare, mediante indagini o qualsiasi altro mezzo appropriato,
l‟individuazione delle pratiche che comportano NMIE, tenendo conto di
una lista definita nell‟Allegato 16 della bozza di Direttiva. In questo
allegato si distinguono due tipi di pratiche:
- procedure eseguite da personale medico con apparecchiature
radiologiche di tipo medico, per es. valutazioni della salute con esame
radiologico per motivi occupazionali o di immigrazione, a scopo
assicurativo, per la stima dell‟età, ecc. (chiamate di tipo A)
- procedure eseguite da personale non medico con apparecchiature non
mediche, per es. uso di radiazioni ionizzanti per rivelare oggetti
nascosti o attaccati al corpo, o persone nascoste in occasione di
screening di trasporto merci (a cui ci si riferisce comunemente con il
termine cargo), ecc. (chiamate di tipo B).
L‟art.49 prevede – entrando anche in un significativo dettaglio
degli obblighi - ancora che gli SM dedichino particolare attenzione
alla giustificazione di entrambe queste pratiche. Una volta che lo SM
ha stabilito che una pratica è giustificata deve assicurarsi che:
-
la pratica stessa sia soggetta ad autorizzazione
l‟autorità competente, in collaborazione con le agenzie e gli istituti
pertinenti, stabilisca i requisiti per la pratica
siano stabiliti vincoli di dose per ciascuna pratica, che devono essere
ben al di sotto dei limiti di dose per i membri del pubblico, per quanto
290
-
-
possibile anche per le esposizioni di tipo A; per le esposizioni di tipo
B, invece, i vincoli di dose debbono soddisfare anche le condizioni
riportate all‟art.6 (cioè che la somma delle dosi ad una stessa persona
da tutte le pratiche autorizzate sia conforme ai limiti di dose)
nel caso di esposizioni di tipo A devono essere soddisfatte le
condizioni del Capo VIII per la protezione dei pazienti (ad es.
ottimizzazione, responsabilità, protezione speciale durante la
gravidanza, ecc.)
sia richiesto il consenso informato dell‟individuo da esporre, tenendo
conto che in certi casi le forze dell‟ordine possono procedere senza il
consenso, in conformità con la legislazione nazionale
in caso di esposizioni di routine per scopi di sicurezza, siano
disponibili tecniche alternative che non comportino esposizione a
radiazioni ionizzanti.
I due convegni di Dublino
Nel descrivere l‟evoluzione della situazione legislativa delle NMIE non si
può non citare due workshop promossi dalla Commissione Europea (CE) e
svoltisi a Dublino nel 2002 e nel 2009. Già nel 2002 infatti la CE aveva
riconosciuto che la filosofia alla base della MED dovesse essere ridiscussa
perché non facilmente applicabile a pratiche determinate da motivazioni
legali o di sicurezza invece che mediche. La revisione della legislazione
europea in tema di radioprotezione iniziata nel 2005 è sembrata, in seguito,
una buona opportunità per proporre modifiche all‟impianto legislativo della
protezione delle persone deliberatamente esposte a radiazioni ionizzanti per
motivazioni non mediche. A questo scopo nel 2009 è stato organizzato un
nuovo convegno internazionale per valutare il panorama delle esposizioni
medico-legali che dal 2002 era profondamente mutato, complici
l‟avanzamento delle tecnologie e l‟attenzione sempre crescente ai temi della
sicurezza. Gli atti dei due convegni sono disponibili in rete (European
Commission 2003; European Commission 2011) e hanno certamente
rappresentato una base di discussione per l‟elaborazione della Direttiva
europea.
L' Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA)
Gli International Basic Safety Standards (BSS) della IAEA sono in
fase di revisione. Nell‟ultima versione del documento (IAEA, 2011))
le NMIE sono trattate nell‟art. 3, Planned exposure situations, e
291
specificatamente al par. 3.1 (d) dove tra gli scopi dell‟articolo ci si
riferisce a “The use of radiation or radioactive material for medical,
industrial, veterinary, agricultural, legal or security purposes,
including the use of associated equipment, software or devices where
such use could affect exposure to radiation”. Queste esposizioni
sono trattate in:
-
-
Requirement 10 dedicato alla Justification (par. 3.18-3.21) dove
viene stabilito che sono di norma ingiustificate le NMIE a scopo
occupazionale, legale o assicurativo, in assenza di indicazione medica
(fatte salve situazioni eccezionali, stabilite dal Governo o dall‟ente
regolatore) e le esposizioni per rivelare la detenzione di oggetti
nascosti effettuate per contrastare il contrabbando (fatte salve
situazioni eccezionali, stabilite dall‟ente regolatore). Possono essere
giustificate esclusivamente dal governo le esposizioni per rivelare
oggetti nascosti effettuate allo scopo di prevenire atti criminali che
potrebbero mettere a rischio la sicurezza nazionale, mentre non sono
mai giustificate le esposizioni per rivelazione di materiale trafugato.
Requirement 18 esplicitamente dedicato a Human imaging using
radiation for purposes other than medical diagnosis, medical
treatment or biomedical research dove si stabilisce che, nelle
situazioni eccezionali in cui una pratica sia stata autorizzata, l‟autorità
politica deve garantire che l‟uso di radiazioni ionizzanti per tecniche di
imaging per scopi non medici o inerente programmi di ricerca
biomedica sia soggetto al sistema di protezione e sicurezza. Inoltre, ai
paragrafi 3.64-3.67 l‟Agenzia fa una distinzione tra le procedure di
imaging a scopo legale o assicurativo senza indicazione medica, ma
condotte da personale medico con attrezzature mediche, e le procedure
di imaging a carattere ispettivo utilizzate per la rivelazione di droghe o
materiale di contrabbando nascosti o attaccati al corpo e per lo
screening del trasposto merci. Nel primo caso (procedure con
attrezzature mediche) la persona esposta è di fatto trattato come un
paziente, non si applicano i limiti di dose del pubblico e devono essere
garantiti i requisiti di ottimizzazione della dose che si applicano alle
esposizioni mediche, con la differenza che si definiscono vincoli di
dose invece dei livelli diagnostici di riferimento. Nel secondo caso
(procedure a scopo ispettivo) la persona esposta è trattata come un
membro del pubblico, si applicano i limiti di dose e l‟ottimizzazione è
garantita dai vincoli di dose fissati per le esposizioni del pubblico.
Infine, l‟Agenzia prevede che gli individui che devono essere
sottoposti a ispezioni che prevedono l‟uso di radiazioni ionizzanti
292
siano informati sulla possibilità di richiedere l‟impiego di tecniche di
imaging alternative, se disponibili, che non richiedono l‟uso di
radiazioni ionizzanti.
La legislazione italiana
“L'uso diretto sulle persone di una sorgente di radiazioni che non sia
riconducibile allo scopo diagnostico, terapeutico o di ricerca
scientifica clinica” è vietato dall'art. 98, comma 3 del Dlgs 230/1995
e smi (Repubblica Italiana, 1995), anteriormente a ogni analisi di
merito sulla sua "giustificazione" e per quanto piccolo possa essere il
valore di dose prodotto.
La legislazione italiana, in accordo con la MED, tratta tuttavia le
esposizioni medico-legali anche come una sottocategoria delle
esposizioni mediche nel Dlgs 187/2000 (Repubblica Italiana, 2000)
che costituisce il recepimento della Direttiva 97/43/Euratom
(Medical Exposure Directive, MED) (Commissione Europea, 1997)
all‟art.1, e sottolinea (art.3 comma 6) che, trattandosi di esposizioni
che non comportano “…un beneficio diretto per la salute delle
persone esposte, devono essere giustificate in modo particolare …”.
Alle procedure medico-legali deve essere applicato il principio di
ottimizzazione (art.4) e specificatamente per esse (comma 6),
“Particolare attenzione deve essere posta a che la dose… sia
mantenuta al livello più basso ragionevolmente ottenibile”. Inoltre, il
Dlgs 187/2000 definisce all‟art.5 (Responsabilità) comma 1 che
“…le esposizioni mediche - quindi anche le esposizioni medicolegali - sono effettuate dallo specialista su richiesta motivata del
prescrivente” (medico) e al comma 4 dello stesso articolo un
generico “Le procedure da seguire nel caso di esami medico-legali
sono quelle previste nell‟ambito della disciplina vigente in materia”,
senza un chiaro riferimento normativo.
Gli Stati Uniti
Il problema della giustificazione di alcuni tipi di pratiche negli Stati
Uniti è stato affrontato fin dalla tragedia dell‟11 settembre 2001.
Particolare attenzione è stata rivolta alle procedure di screening delle
persone e dei mezzi di trasporto. Il primo ente a occuparsene è stato
l‟NCRP (NCRP 2003), a cui hanno fatto seguito raccomandazioni e
prese di posizione dell‟ American National Standards Institute
293
(ANSI 2009), della Health Physics Society (HPS 2009) e dello
Steering Committee on Radiation Standards (ISCORS 2008).
Rimandiamo alla bibliografia per un approfondimento dei
pronunciamenti di questi enti.
APPROFONDIMENTO: PROCEDURE DI ACCERTAMENTO
DELL‟ETÀ E BODY SCANNER
Per comprendere quali siano le difficoltà delle applicazioni del
principio di giustificazione e ottimizzazione nelle NMIE può essere
utile analizzare più a fondo alcune procedure, prendendone ad
esempio due di cui si sono occupati recentemente le cronache:
radiografia del polso per l‟accertamento dell‟età di presunti minori e
body scanner.
Accertamento dell‟età
Questo tipo di esposizione può essere effettuato nei casi di incertezza
dell‟età di immigrati o di individui che abbiano commesso crimini e
che siano sprovvisti di documenti di identità. In entrambi i casi
l‟accertamento è necessario perché “se il minore è erroneamente
identificato come maggiorenne, possono essere adottati
provvedimenti gravemente lesivi dei suoi diritti, quali l'espulsione, il
respingimento o il trattenimento in un Centro di permanenza
temporanea o di identificazione” o il rinvio a un erroneo Tribunale di
competenza (Amato, 2007; Pesarin, 2010). Può anche accadere che
l‟accertamento dell‟età sia richiesto dalla persona stessa per poter
usufruire di pene meno severe. Poiché tutti i metodi disponibili per la
stima dell‟età hanno alte incertezze di misura, la determinazione
dell‟età è tipicamente effettuata attraverso un approccio
multiparametrico in cui si fa ricorso a misure antropometriche,
valutazioni auxologiche, informazioni ricavate direttamente da
colloqui e dati iconografici ottenuti da immagini di diagnostica. Tra
queste ultime, la radiografia con valutazione dello stadio di sviluppo
delle ossa del polso è la più consolidata. Anche la radiografia
dell‟osso iliaco e della clavicola, o altre tecniche di diagnostica per
immagini di risonanza magnetica nucleare ed ecografia potrebbero in
linea di principio essere utilizzate, ma la letteratura iconografica non
è considerata sufficiente per una attendibilità del risultato.
294
L‟incertezza complessiva sulla stima dell‟età rimane comunque
significativa e nel dubbio vale il principio di presunzione della
minore età, come previsto dalla normativa vigente.
La dose efficace della radiografia del polso è stimata in circa 0.01
mSv, ma, usando opportuni schermi, l‟irradiazione è limitata al
distretto corporeo mano-polso. L‟incertezza associata all‟età stimata
con immagine radiologica è di ± 24 mesi. La radiografia è di solito
utilizzata nei protocolli multiparametrici, ma il ricorso a essa deve
comunque essere sempre giustificato, proprio perché l‟incertezza
associata non è più bassa degli altri metodi.
In Europa 13 Paesi hanno una legislazione specifica riguardo alla
determinazione dell‟età, mentre 4 ammettono la radiografia manopolso (SCEP, 2003). In Italia la procedura basata sulla radiografia
mano-polso è stata oggetto di un‟interrogazione parlamentare e, in
seguito, di un parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità in
base a un rapporto predisposto da un Gruppo di lavoro
interministeriale istituito nel 2009 (CSS, 2009). Questa pratica
sarebbe classificata come tipo A dalla bozza di Direttiva Europea e di
tipo medico dalla bozza dei BSS della IAEA. La circolare Amato
infatti stabilisce che tutte le procedure utilizzate per la
determinazione dell‟età debbano essere eseguite “facendo ricorso, in
via prioritaria, a strutture sanitarie pubbliche dotate di reparti
pediatrici”. Questo concetto è stato ribadito dal rapporto del Gruppo
interministeriale dove si suggerisce inoltre che “tali strutture siano
dotate di personale in possesso di competenze radiologiche adeguate
allo scopo”. Tuttavia, l‟indicazione della circolare del Ministro
Amato di far ricorso alle strutture sanitarie “in via prioritaria” lascia
un margine di libertà per l‟esecuzione della procedura anche in
strutture non sanitarie.
I body scanner
Il giorno di Natale del 2009 un tentativo di esplosione
(fortunatamente fallito) del volo della compagnia Norhwest Airlines
diretto da Amsterdam a Detroit ha riacceso la discussione sulla
sicurezza negli aeroporti e sull‟appropriatezza dei sistemi
attualmente utilizzati. Il dispositivo che sarebbe dovuto esplodere era
infatti una polvere (pentaerythritol tetranitrate, PETN) che
295
l‟attentatore aveva indosso, sotto gli abiti, e che avrebbe dovuto
iniettare in un liquido una volta a bordo dell‟aereo. La polvere era
passata inosservata nei controlli attuali che prevedono il controllo dei
viaggiatori sotto un metal detector e una ricerca manuale a campione
da parte degli operatori. Questo incidente ha fatto esplodere in
Europa la discussione sull‟opportunità o meno di installare negli
aeroporti dispositivi di imaging della persona (cosiddetti body
scanner) in grado di rivelare oggetti non metallici. In realtà la
discussione negli Usa era già in atto come si intuisce da numerosi
documenti antecedenti all‟attentato del 2009 (NCRP 2003; Cerra
2006; ISCORS 2008) e la TSA aveva già autorizzato l‟uso dei
dispositivi di body scanner dal 2007.
Sul mercato attualmente esistono sia sistemi basati sull‟uso delle
radiazioni ionizzanti (raggi x) che non ionizzanti (onde
millimetriche). Quelli basati sulle radiazioni ionizzanti sono di due
categorie: a retrodiffusione e a trasmissione, basati sulla rivelazione
della radiazione rispettivamente riflessa o assorbita dai materiali,
rivelando quindi la presenza di oggetti o sulla superficie del corpo (o
meglio sotto i vestiti) oppure nelle cavità corporee.
Stima di dose per le apparecchiature a retrodiffusione
La tabella 1 fornisce un riassunto delle dosi determinate in diversi
studi per l‟apparecchio a retrodiffusione Rapiscan Secure 1000
Single Pose X-Ray System (Smith, 2000), che al momento presenta le
migliori prestazioni. Oltre alla stima della dose efficace individuale
per controllo fornita dal produttore e determinata con camera a
ionizzazione (Victoreen 4000M+ e Radcal 9015), esistono diverse
verifiche sperimentali fatte da diverse istituzioni europee e USA: il
John Hopkins University Applied Physics Laboratory e il NIST
hanno svolto due analisi basati su misure sperimentali (APL, 2010;
Cerra, 2003); l‟Institut de Radioprotection e de Sŭrète Nuclèaire ha
simulato (confrontando due algoritmi) la sorgente di radiazione e ha
quindi calcolato la dose in aria, da cui ha determinato la dose agli
organi e la dose efficace; infine, uno studio sperimentale è stato
condotto al PTB (Germania) con camere a ionizzazione e dosimetri
elettronici nell‟ambito di un progetto di ricerca su apparecchi di
296
quattro produttori diversi (Hupe e Ankerhold, 2006), dove i nomi dei
produttori non sono riferiti, ma tra le caratteristiche tecniche descritte
se ne può identificare uno simile al Rapiscan Secure 1000.
NIST3
Dose
assorbita in
aria (Gy)
Dose efficace
(Sv)
0.02
APL
IRSN(a)4
IRSN(b)4
0.03
0.13
0.12
0.19 - 0.05
0.01
5
0.1
0.1
0.03
3
H*(10)
(Sv)
Hupe and
Ankerhold
(2006 )4
Produttore4
0.07
Tabella 1. Valori di dose riportati in letteratura per il Rapiscan Secure 1000.
Nonostante le significative incertezze associate a queste misure
(Hupe and Ankerhold, 2006) e la variabilità delle dosi determinate, è
evidente che la dose per singolo controllo è bassa. Tuttavia, esistono
almeno due motivi per cui l‟uso dei body scanner basati su radiazioni
ionizzanti trova difficoltà a essere giustificato, almeno in Europa:
- Il primo motivo chiama in causa il principio ALARA, secondo il
quale l‟esposizione alle radiazioni ionizzanti dovrebbe essere
evitato quando esistano opzioni equivalenti che non utilizzino
radiazioni ionizzanti. Le apparecchiature con onde millimetriche
sono un‟alternativa valida ai body scanner a retrodiffusione
perché offrono le stesse prestazioni in termini di sensibilità,
risoluzione, velocità e costi (Brenner, 2011).
- Il secondo motivo riguarda specificamente l‟Italia, perché l‟uso
dei body scanner si configura come un uso diretto delle
radiazioni sulla persona umana senza finalità terapeutiche o
diagnostiche, che, come ricordato sopra, è vietato dal Dlgs
230/1995 e smi (Repubblica Italiana, 1995). Infatti, mentre per
alcune pratiche, può sorgere l‟ambiguità se l‟esposizione
comporti o no dei benefici anche per la salute della persona
esposta (un esempio fra tanti, il caso di esposizioni richieste dal
3
4
Misura sperimentale con camera a ionizzazione
Calcolo della dose con modello Montecarlo
297
datore di lavoro per valutare l‟idoneità del lavoratore alla
mansione assegnatali), il ricorso a body scanner non lascia
evidentemente margini di dubbio. E‟ da notare che lo stesso
divieto esiste in altri Stati Membri (Austria, Francia, Germania,
Irlanda) come è risultato dalle risposte fornite a un questionario
effettuato all‟interno del Gruppo di esperti ex art.31 del Trattato
Euratom nel 2010.
Stima di dose per le apparecchiature a trasmissione
La dose efficace degli apparecchi a trasmissione è dell‟ordine di 5
µSv e quindi significativamente più alta di quella degli apparecchi a
riflessione (si veda per es. Hupe and Ankerhold, 2006). L‟NCRP per
queste procedure raccomanda un uso limitato, ossia che siano usate
con discrezione in termini del numero di individui controllati e di
numero di scansioni per individuo all‟anno.
Bisogna notare infine che con il termine body scanner o security
screening si intendono sistemi disegnati appositamente allo scopo di
rivelare contrabbando o armi, e non i sistemi tipicamente usati per la
diagnostica in ambito clinico (e quindi che comportano dosi più alte).
Attualmente, in Europa, e in particolare in Italia, nei casi in cui sia
necessario verificare la presenza di oggetti nelle cavità corporee, la
persona sospettata è sottoposta a metodiche di imaging presso
strutture sanitarie (Ministero Interno, 2009) e quindi con dosi più
alte. In caso, tuttavia, di trasporto di droga dentro il corpo e di
sospetti non generici, ma fortemente fondati (perché appurati con
altri metodi, per esempio su indicazione di cani antidroga) per i
motivi ricordati sopra, la giustificazione potrebbe essere ovvia.
ALCUNE CONSIDERAZIONI FINALI
Nell‟aggiornare le loro raccomandazioni/direttive l‟ICRP, la CE e la IAEA,
pur con qualche piccola differenza, hanno seguito alcune linee comuni,
partendo dalle seguenti considerazioni:
- Negli ultimi anni sono emerse numerose nuove tecnologie basate sulle
radiazioni ionizzanti e finalizzate alla sicurezza della popolazione e
alla lotta all‟illegalità che non trovano un contesto appropriato di
radioprotezione. Queste procedure infatti si estendono ben oltre lo
scopo assicurativo o legale per cui il vecchio approccio basato sulle
esposizioni mediche era stato pensato.
298
-
-
-
-
-
E‟ stato ritenuto opportuno sostituire il vecchio termine “medicolegal” usato per definire questa classe di procedure con il termine
“non-medical imaging exposure”. In questo modo si è voluta eliminare
ogni ambiguità nella loro classificazione.
Queste procedure non saranno perciò più trattate come esposizioni
mediche (e quindi disciplinate dalle direttive per la radioprotezione del
paziente), ma ricadranno nell‟ambito di applicazione della
radioprotezione dei membri del pubblico.
Si opera una distinzione, tuttavia, tra le procedure che sono eseguite in
strutture cliniche sotto la responsabilità di personale medico e quelle
eseguite con strumentazione dedicata allo scopo con personale non
medico.
Per ogni pratica sarà necessario definire un vincolo di dose che dovrà
essere inferiore ai limiti di dose per i membri del pubblico. Quando
questi esami sono eseguiti in strutture mediche, i vincoli di dose
possono essere inferiori ai livelli diagnostici di riferimento.
L‟elemento cruciale rimane la giustificazione della pratica. La
definizione del beneficio e del detrimento per la persona esposta e per
la società deve essere valutato per ogni singola pratica e dipende
fortemente dal contesto e dallo scopo per cui la procedura si è resa
necessaria.
Da questo breve excursus sulle novità nelle raccomandazioni
internazionali e nella direttiva europea riguardo alle esposizioni (ex)
medico-legali si può prevedere che nei prossimi mesi anche in Italia
si avvierà un‟ampia discussione. L‟auspicio è che si colga questa
opportunità per sviluppare un approccio coerente e aggiornato che
assicuri una radioprotezione adeguata alle NMIE.
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301
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
FOCUS SUGLI UTILIZZI ALTERNATIVI DELLA
RISONANZA MAGNETICA: PROSPETTIVE DI
UTILIZZO E PROPOSTA DI REGOLAMENTAZIONE
NORMATIVA
M. Mattozzi(*), F. Campanella(*)
(*)INAIL, Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro
Area ex ISPESL, Dipartimento Igiene del Lavoro - Laboratorio Radiazioni Ionizzanti
Settore per le Verifiche autorizzative ed ispettive nelle Radiazioni Ionizzanti ed in
Risonanza Magnetica
INTRODUZIONE
Con questo lavoro si intende riflettere sulle problematiche di
sicurezza relative alle applicazioni non mediche della Risonanza
Magnetica ad oggi conosciute, al fine di porsi l‟interrogativo sulla
necessità di uno specifico e moderno apparato normativo dedicato al
“rischio correlato alla uso della risonanza magnetica”, prescindendo
dal contesto di utilizzo e puntando sempre comunque a preservare la
sicurezza di tutti i soggetti coinvolti, in particolar modo gli operatori,
magari partendo come modello di riferimento da quello relativo
all‟utilizzo nell‟ambito clinico, che è forte di una storia lunga ormai
25 anni, ed è codificato da “standard” ormai consolidati, e che pur
tuttavia andrebbero aggiornati, al fine di allineare la norma
all‟evoluzione tecnologica.
Il progresso scientifico e lo sviluppo tecnologico legato alle
applicazioni del fenomeno fisico della Risonanza Magnetica, ha
aperto negli ultimi decenni nuovi scenari, e non tutti correlati al
settore medico: l‟evoluzione delle metodiche di diagnostica per
immagini spinge verso l‟utilizzo di campi magnetici e gradienti di
intensità sempre più elevati anche nelle più moderne e sempre più
raffinate tecniche di spettroscopia, e in diffusione, attività
302
particolarmente importanti nell‟ambito, per esempio, della ricerca
clinica, in particolare per ciò che attiene le neuroscienze.
A conferma della sua poliedricità, vale la pena ricordare che la
Risonanza Magnetica, prima di trovare ampie applicazioni in
medicina, ha sviluppato terreno fertile nel mondo dell‟analisi chimica
applicata, nella fattispecie per lo studio delle molecole organiche e
delle macromolecole biologiche, la cui struttura complessa ha trovato
codifica principalmente attraverso l‟interpretazione proprio degli
spettri NMR derivanti da indagini di tipo non distruttivo finalizzati
alla caratterizzazione di campioni particolarmente interessanti.
Grazie a tale premessa, molteplici sono poi state le applicazioni nella
ricerca farmaceutica, nello studio della relazione tra la struttura
molecolare delle specialità farmaceutiche e la loro attività biologica,
in particolare nei farmaci capaci di interagire nei confronti dei siti
attivi dei recettori biomolecolari umani: in questi casi la tecnica
NMR consente di investigare circa la reale capacità d‟azione della
molecola studiata, permettendo di dare maggiore incisività allo
studio ed alla sintesi di nuove strutture molecolari da destinare
all‟utilizzo farmacologico. Dalle prime applicazioni dell‟NMR,
legate al solo nucleo dell‟idrogeno, nel tempo il numero dei nuclei
investigabili è aumentato considerevolmente, ed anche le metodiche
sono andate via via raffinandosi, consentendo di ottenere
informazioni che, correlate tra loro, forniscono anche indicazioni
strutturali multidimensionali. Ovviamente, ciò si associa alla
necessità
di
utilizzare
campi
magnetici
statici
e,
corrispondentemente, quantitativi di fluidi criogenici, sempre più
elevati: oggi si è giunti a tomografi da 23.5 tesla ed oltre 1300 litri di
elio liquido.
Nonostante, da quanto sopra riportato, è possibile desumere
facilmente come l‟evoluzione tecnologica e la diversificazione delle
applicazioni abbiano comportato un aumento del livello di rischio
connesso all‟utilizzo delle apparecchiature di risonanza magnetica, di
fatto in Italia non si è mai normato il rischio specifico nel suo
complesso, ma ci si è concentrati semplicemente sull‟ambito più
macroscopicamente in evidenza, ovvero quello medico. Tale carenza
“storica”, magari un tempo tollerabile, è oggi sfociata, alla luce delle
attuali apparecchiature presenti sul mercato, in una lacuna di
303
proporzioni inaccettabili, che diventa tanto più grave quanto più, nei
vari contesti di utilizzo, gli operatori sono rappresentati da categorie
che, proprio per la loro specifica connotazione, sono individuate, per
a stessa impostazione del quadro normativo attuale relativo all‟igiene
del lavoro, come meritorie di particolare protezione, ovvero per
esempio gli studenti, i specializzandi, i borsisti e i contrattisti in
servizio presso strutture sanitarie e struttura di ricerca ove la
tomografia RM è usualmente disponibile.
Fermo restando quanto sopra esposto, anche nel mondo della
medicina le applicazioni della risonanza magnetica, nonostante le
indagini siano ancora limitate all‟atomo di idrogeno, richiedono
campi statici sempre maggiori, e l‟adozione di magneti
superconduttori che, sebbene di 7-9 tesla (e più di 2000 litri di elio
liquido), sono ormai orientati, in prospettiva, ad essere utilizzati nella
routine diagnostica, di fatto comportando la necessità di gestire in
modo ordinario scenari di rischio potenziale anche particolarmente
critici e complessi.
LE ATTUALI
MAGNETICA
APPLICAZIONI
DELLA
RISONANZA
Per quanto detto sopra, l‟evoluzione tecnologica ha consentito di
allargare il campo di applicazione della tecnica ad ambiti impensabili
fino a 20 anni fa, permettendo così di identificare una casistica
piuttosto ampia ove riportare gli utilizzi della tomografia a risonanza
magnetica.
In Italia tale casistica è così schematizzabile:

Diagnostica medica e ricerca clinica: attività diagnostica e
di ricerca applicata all‟ambito clinico effettuate oggi con
circa 1000 apparecchiature con architettura “total body”:
circa due terzi sono magneti superconduttori con campo
magnetica statico compreso fra 1 e 2 tesla, tra le 40 e le 50
sono le apparecchiature ad alto campo (superiore o uguale a 3
tesla).
304

Spettroscopia NMR: la quasi totalità degli spettrometri sono
installati presso Università e Centri di Ricerca, per onorare
gli scopi di cui trattasi. Tipicamente, questo genere di
spettrometri vanno mediamente da 200 MHZ (4.7 tesla) fino
al 900 MHz (21 tesla), ma è disponibile sul mercato anche un
tomografo che arriva a 1000 MHz (23.5 tesla).

Diagnostica veterinaria: ad oggi sono installati sul territorio
nazionale solo magneti “low field”, con conformazione a
sandwich, mediamente da 0.2 tesla, simili a quelli per uso
umano, o anche proprio gli stessi, dotati però di bobine
dedicate alle diverse tipologie di animali esaminati; è
pressoché imminente il passaggio ai magneti superconduttori
con campi statici che si attesteranno, con molta probabilità, a
non meno di 1.5 tesla, come già avviene largamente
all‟estero.

Diagnosi disposte dalle autorità giudiziarie su soggetti in
regime di detenzione: si tratta di esami disposti dall‟autorità
giudiziaria sia per un fini medici, legati alla diagnosi di un
paziente malato o ferito che necessita di cure, sia non
medico allo scopo di verificare la presenza all‟interno del suo
corpo di materiale efficacemente segregato (quale droga,
preziosi, etc.) tramite involucri in genere inghiottiti, nonché
attrezzature da spionaggio (cimici, microspie, dispositivi
elettronici, etc.). Lo status giuridico particolare del soggetto
esposto ingenera scenari di gestione operativa e di
prevenzione del rischio che suggeriscono approcci simili a
quelli codificati per la diagnostica medica, ma più stringenti e
cautelativi rispetto alla medesima

Diagnosi di tipo autoptico (necroscopiche), effettuate
nell‟ambito di autopsie, in particolare su cadaveri per i quali
si renda necessario stabilire i dettagli che hanno portato alla
morte quello specifico soggetto.
305

Diagnosi su reperti archeologici eventualmente al fine di
una loro datazione, ovvero esami ad esempio sulle mummie
o su resti umani di soggetti, vissuti nell‟antichità, e che sono
giunti fino a noi grazie alle tecniche di imbalsamazione o
anche all‟ibernazione.

Indagini neurofunzionali a scopo commerciale (neuro
marketing), ovvero utilizzo della tecnica RM per lo studio
del comportamento dell‟uomo “consumatore” con
l‟approccio neuro – funzionale, al fine di identificare i
meccanismi che inducono la scelta di un prodotto piuttosto
che di un altro, così permettendo di analizzare il processo
decisionale utilizzato. In questo caso, lo scopo dell‟indagine
non è evidentemente di tipo medico, ma è comunque un
soggetto umano l‟oggetto della medesima, sebbene per
finalità di carattere commerciale, o al più conoscitivocomportamentale.
In tutte le applicazioni sopra citate l‟evoluzione delle conoscenze è
ancora in fase di forte espansione, molto c‟è ancora da scoprire, e, a
seconda del contesto, diversi sono i parametri con i quali rincorrere
approcci sempre più spinti, ciò però comportando l‟insorgenza di
rischi che crescono e, addirittura, a volte, cambiano a la loro stessa
natura in virtù per esempio, dell‟utilizzo di campi sempre maggiori.
A titolo di esempio, basti pensare alla forza di frenamento esercitata
sulla circolazione del sangue da parte del campo statico, che
sembrerebbe diventare significativa, secondo alcuni studi, per valori
al di sopra di 5 tesla: un effetto fino ad oggi mai considerato, visto
che in Italia l‟utilizzo della diagnostica medica RM si ferma
attualmente ai 4 tesla e che risulta ancora in fase di installazione il
primo tomografo a 7 tesla., ma che in prospettiva non potrà essere
sottovalutato, e con esso tutte le altre eventuali problematiche che,
per campi al di sotto dei 3 tesla, hanno un rilievo poco significativo
(ad esempio, l‟orientazione delle emazie per i pazienti affetti da
anemia falciforme e una controindicazione “storica” i cui effetti sono
stati però poi ampiamente dimostrati come incisivi solo al di sopra
dei 4 tesla).Lo stesso criterio di identificazione delle condizioni di
306
controindicazione all‟esame va oggi interpretato in modo molto
flessibile, secondo uno standard di “job on going” direttamente
riferito al singolo paziente, in quanto la scarsa riferibilità e referenza
passata in rapporto alle nuove apparecchiature immesse sul mercato
non consente di fare sistematicamente previsioni preventive sul
giusto comportamento valutativo da osservare.
In aggiunta a quanto sopra, bisogna anche considerare che le diverse
macro-applicazioni sopra identificate (RM medica, RM veterinaria,
e la spettroscopia NMR) non sono assolutamente paragonabili tra
loro in quanto a modalità e livelli di esposizione sull‟uomo: nella RM
medica abbiamo l‟esposizione sia del paziente e sia dei lavoratori
addetti alla gestione dell‟apparecchiatura o comunque in qualche
modo autorizzati ad entrare nel locale ove la medesima è collocata,
mentre nelle altre due applicazioni l‟essere umano è coinvolto solo in
quanto operatore esposto.
Nel caso medico, l‟esposizione del paziente, che ha un valore di
picco (sia relativamente al campo magnetico statico e sia
relativamente ai gradienti propri dell‟apparecchiatura durante
l‟erogazione della prestazione diagnostica) ovviamente elevata, è
comunque sottoposta al preventivo esercizio del principio di
giustificazione da parte del medico responsabile dell‟esame, mentre i
lavoratori permangono nelle zone di rischio sulla base delle
specifiche mansioni operative e, per lo più, solo nelle fasi di
posizionamento del paziente e di fine esame, di fatto venendo esposti
al solo rischio da campo magnetico statico (in procedure particolari per lo più eccezionali – alcune tipologie di lavoratori potranno essere
esposti anche ai campi variabili della macchina RM e alle
radiofrequenze attivi durante l‟esecuzione degli esami, come in
alcuni casi di anestesia pediatrica o in RM intraoperatoria in cui può
rendersi necessaria l‟assistenza sanitaria all‟interno della sala
magnete da parte di alcuni operatori sanitari).
I livelli di esposizione occupazionale ai campi magnetici statici
tipici della risonanza magnetica sono oggetto della direttiva europea
40/2004, la cui entrata in vigore è stata differita dal 2008 al 2012
proprio per dare tempo ai paesi membri di effettuare studi applicativi
finalizzati alla definizione di limiti che, sebbene armonizzati con
quelli della Direttiva medesima, consentano, diversamente di questi
307
ultimi, di continuare ad utilizzare la tomografia RM, senza deprimere
l‟evoluzione tecnologica ad essa riferita, nel rispetto di una matrice
normativa che sia comune a tutti i paesi industrializzati.
ANALISI DEI RISCHI
Relativamente a tutti gli utilizzi della metodica RM per finalità non
mediche fino a questo punto introdotti, emergono una serie di
considerazioni che meritano di essere attentamente al fine di proporre
delle strategie di valutazione e riduzione del rischio sufficientemente
efficaci.
1. RISCHI LEGATI ALLA PRESENZA DI CAMPI
ELETTROMAGNETICI
Negli ambiti applicativi presi in considerazioni si hanno livelli di
esposizione che, per quanto riguarda l‟ambito medico, sono orami
ben noti, ma che, in alcuni ulteriori casi, come per esempio l‟NMR
nella ricerca scientifica, sono correlati a campi magnetici statici
molto maggiori, sebbene particolarmente ristretti ad un‟area
strettamente circostante quella dell‟apparecchiatura: il problema è
che, ciò nonostante, nelle attività di introduzione del campione, di
regolazione del “tuning“, e di “refilling” del criogeno, gli operatori
rischiano di rimanere immersi, per un tempo significativo, in un
campo magnetico statico significativo, e per il quale si deve rendere
necessaria una preventiva analisi dei rischi.
2. RISCHI LEGATI ALLA PRESENZA DI CRIOGENI
NEI MAGNETI SUPERCONDUTTORI
Per tutte le applicazioni RM non mediche citate, escluso l‟ambito
l‟NMR, i quantitativi di fluido criogenico nei magneti
superconduttori sono più o meno gli stessi, e analogo risulta di
conseguenza il livello di rischio occupazionale correlato.
Per le apparecchiature NMR i contenuti di elio liquido variano
invece da apparecchiatura ad apparecchiatura, in funzione della
308
potenza caratteristica. Rispetto alle apparecchiature RM, quelle NMR
hanno una variabilità di contenuti molto elevata: si va da
apparecchiature da 200 MHz (4.7 tesla) che ne contengono poche
decine di litri, fino a spettrometri da 1.2 GHz, che ne contiene oltre
1000. A differenza delle più moderne apparecchiature di diagnostica
per immagini, gli spettroscopi NMR necessitano poi di refilling
continui, con cadenze in molti casi anche molto ravvicinate, in
quanto sono caratterizzate da fenomeni di evaporazione dell‟elio che
sono fisiologicamente molto più accelerati.
GLI USI DELLE TECNICHE A RISONANZA MAGNETICA
SULL‟UOMO CONSENTITI IN ITALIA: COSA LA LEGGE
NON HA ANCORA NORMATO
Ad oggi in Italia, mentre l‟utilizzo delle Radiazioni Ionizzanti è
chiaramente legiferato dal decreto 230/1995 e s.m.i., vietando le
pratiche non appartenenti agli usi consentiti per legge, e, per quelle
relative alle esposizioni mediche, vietando le pratiche non autorizzate
dal Ministero della Salute, e radiazioni ionizzanti, e
conseguentemente la risonanza magnetica, non gode di analoga
formazione. Pertanto, il Regolamento sancito con l‟emanazione del
DPR 542/1994 prevede, almeno per l‟ambito medico, un processo
autorizzativo ben codificato, e nel quale comunque non rientrano
tutte le applicazioni alternative di cui sopra, poiché nessuna si basa
sull‟utilizzo di un dispositivo che si definisce “medico” quando
caratterizzato da “… qualunque strumento, apparecchio, impianto,
software, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in
combinazione, compreso l‟eventuale software informatico impiegato,
destinato dal fabbricante1 ad essere impiegato sull‟uomo a fini di
diagnosi,controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una
ferita o di un handicap;di studio, sostituzione diagnosi, controllo,
terapia, attenuazione, compensazione di un handicap; studio,
1
la destinazione d’uso serve a valutare la pericolosità del dispositivo (esistono dispositivi il cui
grado di rischio varia a seconda delle modalità di utilizzo)
309
sostituzione o modifica dell‟anatomia o di un processo fisiologico;
intervento sul concepimento, il quale prodotto non eserciti l‟azione
principale nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi
farmacologici o immunologici né mediante processo metabolico ma
la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi …”.
L‟applicabilità di tale definizione al contesto del neuromarketing, è
di per sé particolarmente meritoria di riflessione poiché in questo
caso, e come peraltro già evidenziato, lo studio di un soggetto
umano non si affianca in alcun modo a finalità di carattere
diagnostico, sebbene in qualche modo intereressato alla connotazione
di quel medesimo soggetto.
Il processo autorizzativo esistente oggi in Italia per le
apparecchiature di risonanza magnetica , riguarda quindi le sole
apparecchiature utilizzate a scopo clinico: quelle dedicate allo studio
dei soli arti (settoriali) possono essere installate senza autorizzazione
preventiva in quanto utilizzano campi decisamente bassi, quelle di
tipo “total body” al di sotto dei 2 tesla necessitano di
un‟autorizzazione regionale, quelle con campo magnetico statico
superiore a 2 tesla necessitano dell‟autorizzazione del Ministero della
Salute (sentito il Consiglio Superiore di Sanità, l‟ISS e l‟INAIL –
area ex ISPESL), ma possono essere installate solo presso Istituti di
ricerca.
CONCLUSIONI
In nessuna norma italiana che si occupa di sicurezza in risonanza
magnetica viene preso in considerazione un ambito applicativo
diverso da quello medico, in quanto le medesime sono state scritte in
un‟epoca nella quale gli scenari di largo utilizzo della tecnica RM a
contesti diversi da quello clinico non erano così consapevolmente
immaginabili. La scelta quindi di codificare gli a spetti di gestione di
uno specifico ambito operativo, quello medico appunto, e non il
rischio nella sua accezione più generica, rappresenta ad oggi un
problema di proporzioni sempre più rilevanti al quale sarebbe
necessario dare risposta attraverso la promozione di iniziative di
carattere legislativo organiche e complessivamente esaustive capaci,
310
anche per le applicazioni alternative, di codificare un sistema di
standard che, per l‟attività di diagnostica medica RM, è rappresentato
dagli allegati 1 e 4 del DM 2.8.91 e dagli allegati A e B del DM
8.8.93. Differire ulteriormente questa scelta potrebbe comportare il
proliferare di apparecchiature di risonanza magnetica correlate a
livelli di rischio non trascurabili e utilizzate all‟interno degli scenari
più diversi fra loro, venendo magari gestite da utilizzatori non
sempre consapevoli delle implicazioni tecniche e di sicurezza
correlate: è in virtù di tutto ciò che il Settore ispettivo in RM
dell‟INAIL, Area ex ISPESL, intende promuovere un processo di
sensibilizzazione presso il Ministero della Salute in merito al tema di
cui trattasi, mettendosi a disposizione del medesimo per condividere
un approccio sistematico e moderno che risolva i dubbi sollevati.
311
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
NUOVO ASSETTO DELLE ATTIVITÀ DI
ACCREDITAMENTO DEI LABORATORI DI TARATURA,
ALLA LUCE DELLE RECENTI VERIFICHE DI
COMPETENZA NEL SETTORE RADIAZIONI
IONIZZANTI
M. Bovi
ENEA - Istituto Nazionale di Metrologia delle Radiazioni Ionizzanti
INTRODUZIONE
A livello nazionale e internazionale, si pone sempre più diffusamente
l‟esigenza di dimostrare in modo oggettivo e con criteri universalmente
accettati la veridicità di quanto dichiarato riguardo alle caratteristiche dei
prodotti o servizi forniti. La Garanzia della Qualità e la comune riferibilità
delle misure sono gli obiettivi da perseguire per soddisfare tali esigenze e a
tal fine i diversi organismi internazionali e nazionali, a ciò preposti, hanno
identificato l‟insieme dei requisiti (tecnici, procedurali e organizzativi) il
cui possesso consente di attuare un Sistema Qualità adeguato per ciascun
settore d‟attività.
In Italia, per garantire la riferibilità nazionale ed internazionale delle
misurazioni effettuate nel Paese, la legge n. 273, 11 agosto 1991, [1-2] ha
istituito il Sistema Nazionale di Taratura (SNT) riconoscendo il ruolo di
fatto svolto dai tre Istituti Metrologici Primari (IMP): l‟Istituto di
Metrologia G. Colonnetti del CNR (IMGC-CNR) per le misure termiche,
meccaniche ecc., lì Istituto Elettrotecnico Nazionale G. Ferraris (IEN) per
le misure di elettrotecnica, del tempo, ecc., e l‟Istituto di Metrologia delle
Radiazioni Ionizzanti dell‟ENEA (INMRI-ENEA) per le misure delle
radiazioni ionizzanti. In base alla suddetta legge, gli IMP realizzano,
conservano e disseminano i campioni nazionali delle unità di misura del
Sistema Internazionale (SI). I due istituti IMGC-CNR ed IEN sono stati
successivamente unificati dalla legge n. 137 del 2002 che ha costituito
l‟Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM).
312
Di conseguenza, gli IMP in Italia sono attualmente due: INRIM ed
INMRI-ENEA operanti nei rispettivi settori di competenza. Sempre in base
alla legge 273/91 la disseminazione delle unità di misura realizzate con i
campioni nazionali può essere effettuata direttamente dagli IMP o
indirettamente tramite i Centri di Taratura con essi convenzionati. A tale
scopo gli IMP avevano costituito fin dal 1979 il Servizio di Taratura in
Italia (SIT) con lo scopo di garantire la riferibilità ai campioni nazionali dei
diversi settori anche tramite centri secondari di taratura accreditati. Il SIT è
stato firmatario fin dall‟inizio degli accordi di collaborazione per il
riconoscimento internazionale della certificazione emessa dai centri SIT in
tutti i Paesi membri dell‟EA (European cooperation for Accreditation) e
dell‟ILAC (International Laboratory Accreditation Conference).
Dalla istituzione del SNT, gli IMP ed il SIT hanno assicurato nel Paese la
disseminazione delle unità SI ed il riconoscimento internazionale della
certificazione, seguendo l‟evolversi della normativa internazionale in
materia di certificazione, fino a dicembre 2009. Successivamente a tale
data, l'Italia si è adeguata al Regolamento del Parlamento Europeo e del
Consiglio n. 765, del 9 luglio 2008, che dal 1° gennaio 2010 è applicato per
l'accreditamento e la vigilanza del mercato in tutti i Paesi UE. In base a
questo regolamento, ogni governo europeo ha designato un Ente di
accreditamento unico che opera nel Paese senza fini di lucro. L'Ente
Nazionale è responsabile per l'accreditamento in conformità agli standard
internazionali della serie ISO 17000 e alle guide e alla serie armonizzata
delle norme europee EN 45000.
In applicazione del suddetto regolamento europeo, il governo italiano
ha designato ACCREDIA, associazione senza scopo di lucro nata dalla
fusione di SINAL e SINCERT, come Ente Unico Nazionale di
Accreditamento ossia l‟unico organismo nazionale autorizzato dallo Stato a
svolgere attività di accreditamento [3]. Il nuovo Ente opera con il
riconoscimento dello Stato e sotto la vigilanza istituzionale del Ministero
dello Sviluppo Economico, nonché delle altre Pubbliche Amministrazioni,
secondo le rispettive competenze. Il decreto legge 99/2009 del 22 dicembre
2009 sancisce questo ruolo di ACCREDIA.
Il presente lavoro riassume gli accordi internazionali sulla metrologia e
sull‟accreditamento e descrive il nuovo assetto delle attività di
accreditamento nel Paese. Una attenzione particolare viene posta in
particolare al ruolo dell‟ENEA-INMRI nell‟assicurare la riferibilità delle
misure e la capacità di misura dei laboratori accreditati da ACCREDIA nel
settore delle radiazioni ionizzanti.
2.
RIFERIBILITÀ
INTERNAZIONALE
CONVENZIONE DEL METRO AL MRA
313
DALLA
La riferibilità internazionale di una misurazione presuppone che la
strumentazione utilizzata sia dotata di un certificato di taratura
“riconosciuto”. I certificati di taratura sono universalmente e
automaticamente riconosciuti quando rilasciati dal sistema metrologico
nazionale di ciascuno dei Paesi aderenti ai vigenti accordi internazionali
sulla metrologia e sull‟accreditamento.
A tale scopo, ogni Paese sviluppato ha istituito un laboratorio (o una
serie di laboratori) avente il compito ufficiale di sviluppare il sistema di
riferimento primario nel Paese per la misura di tutte le grandezze
d‟interesse. Tali laboratori, denominati Istituto Metrologico Primario
Nazionale (IMP), hanno il compito di: sviluppare e realizzare i campioni
nazionali di misura, assicurandone l‟evoluzione ai livelli scientifici man
mano consentiti; accertare, tramite periodici confronti internazionali, il
livello qualitativo ed il riconoscimento internazionale dei campioni
nazionali.
Nel 1975, 17 Nazioni tra cui l‟Italia hanno siglato la Convenzione del
Metro un accordo diplomatico che dà mandato al BIPM (Bureau
International des poids et Mesures) al CGPM(Conference Generale des
Poids et Mesures) e al CIPM (Commitè International des Poids et Mesures),
di agire a livello della Metrologia mondiale per promuovere lo sviluppo di
nuovi campioni e per garantire a tutti i Paesi la riferibilità metrologica [4-56-7]. L‟accordo internazionale di mutuo riconoscimento dei campioni
nazionali di misura e dei certificati di taratura rilasciati dagli IMP viene
firmato soltanto il 14 ottobre 1999, da 39 Stati tra cui l‟Italia, e denotato in
sigla come MRA (Mutual Recognition Arrangement) [8].
L‟accordo richiede il rispetto di requisiti tecnici quali la validità dei
campioni primari, delle procedure di taratura, dei Sistemi Qualità connessi
alle tarature, ecc. Questi requisiti costituiscono il presupposto perché le
certificazioni di taratura degli strumenti di misura possano considerarsi
equivalenti all‟interno dei Paesi firmatari e soggetti a mutuo
riconoscimento. Tale accordo è coordinato dal BIPM (Bureau International
des Poids et Mesures) [9] sotto il controllo del CIPM e si basa sulla
partecipazione degli IMP a specifici confronti internazionali di misura (key
comparison) nonché su verifiche della competenza degli IMP e
dell‟applicazione da parte loro di un adeguato sistema di qualità conforme
alla norma ISO 17025. Le capacità di taratura (Calibration and
Measurement Capabilities, CMCs) riconosciute nell‟ambito del MRA sono
pubblicate sul sito del BIPM (http://kcdb.bipm.org/) per ciascun Istituto
Metrologico Nazionale. Soltanto i certificati di taratura che gli IMP
314
emettono nell‟ambito del MRA riportano il logo MRA che ne attesta il
riconoscimento internazionale (vedi Figura 1) [8-9].
Figura 1 – Esempio di un certificato di taratura emesso dall’Istituto Nazionale di Metrologia
delle Radiazioni ionizzanti dell’ENEA (ENEA-INMRI) nell’ambito del MRA con il logo che ne
attesta il riconoscimento internazionale.
A livello esecutivo la riferibilità al SI è assicurata dall‟effettuazione di
un‟ininterrotta catena di tarature (vedi Figura 2) che ha inizio da campioni
delle unità di misura SI, riconosciuti a livello nazionale e internazionale, e
termina nei campioni di riferimento aziendali attraverso successive tarature
aventi ciascuna riferibilità documentata allo stadio precedente della catena e
una adeguata valutazione della componente aggiuntiva introdotta
nell‟incertezza di misura.
ISTITUTO METROLOGICO PRIMARIO
CAMPIONE
PRIMARIO
(u1 )
CAMPIONE
DI PRIMA
LINEA (u2 )
CENTRO DI
TARATURA
CAMPIONE
DI PRIMA
LINEA (u2 )
CAMPIONE
DI SECONDA
LINEA (u3 )
CAMPIONE
DI SECONDA
LINEA O DI
LAVORO (u3 )
STRUMENTO
DA CAMPO
(u4 )
STRUMENTO
DA CAMPO
(u4 )
CAMPIONE
AZIENDALE
(u3)
AZIENDA
CAMPIONE
AZIENDALE
(u3 )
STRUMENTO
DA CAMPO
(u5 )
u1 < u2 < u3 < u4 < u5 rappresentano le incertezze tipo composte associate ai fattore di
taratura determinati nei successivi stadi della catena di taratura
Figura 2 – Schema di una catena ininterrotta di riferibilità (catena di taratura) dal campione di
misura nazionale (campione primario) al laboratorio di taratura accreditato (centro di taratura) e
verso l’utente finale (azienda). Ogni successivo stadio della catena introduce una componente di
incertezza (ui) aggiuntiva all’incertezza finale delle misurazioni eseguite.
315
Lo schema della riferibilità accettata in Europa (e nel mondo) prevede
un sistema di misura nazionale costituito da uno o più IMP, i quali
forniscono una base metrologica comune per le attività di taratura nel
Paese, e da un sistema di accreditamento di laboratori di taratura. Tale
sistema è schematizzato in Figura 3: gli IMP collaborano in ambito
EURAMET “European Association of National Metrology Institutes”,
mentre i Laboratori di taratura collaborano in ambito EA. L‟EA coordina
gli organismi di accreditamento dei laboratori di prova e di taratura e degli
organismi di certificazione. Lo scopo dell‟EA è quello di raggiungere un
approccio uniforme all‟accreditamento in Europa per avere certificati di
taratura e rapporti di prova mutuamente accettati a livello europeo per tali
motivi nel 1989 viene siglato dagli Istituti Metrologici Nazionali
appartenenti all‟EA, tra cui il SIT per l‟Italia, il primo accordo MLA (Multi
Lateral Agreemen).
A livello mondiale, gli IMP collaborano in ambito BIPM e gli
organismi di accreditamento dei laboratori di taratura collaborano in ambito
ILAC. Lo scopo della ILAC è quello di gestire e di sviluppare la
cooperazione per garantire l‟abbattimento degli ostacoli tecnici al
commercio a livello mondiale e l‟accettazione internazionale dei risultati
delle prove formalizzata. Ad essa aderiscono
Figura 3 Schema della referibilità applicato in Europa
per l‟Europa EA, per i paesi intorno al Pacifico APLAC (Asia Pacific
Laboratory Accreditation Cooperation) ed infine per i paesi Canada,
Messico ed USA la NACC (North Americam Calibration Cooperation).
Un requisito fondamentale per il mantenimento di tale riconoscimento
è la partecipazione dei Centri di Taratura a confronti internazionali di
misure che vengono organizzati in tali ambiti per la verifica
dell‟equivalenza tecnica dei servizi di taratura e dei certificati di taratura
316
emessi dai laboratori accreditati dagli organismi membri dell‟EA e
dell‟ILAC.
Tutti gli accordi internazionali sopra descritti scaturiscono
dall‟esigenza di dare mutuo riconoscimento non solo nazionale ma anche
internazionale ai Sistemi Qualità operanti nei diversi settori produttivi e dei
servizi. Questi settori includono naturalmente anche quelli relativi
all‟impiego delle radiazioni ionizzanti e tutti gli aspetti ad essi connessi fra
cui: le capacità di taratura, la verifica dei laboratori di prova nel settore,
nonché dei loro organismi accreditanti. In sostanza, tutte le attività di
certificazione e di accreditamento che intendano essere riconosciute a
livello internazionale sono ormai soggette a regole comuni da applicarsi a
tutti gli stadi dell‟attività. Quando le attività sono basate (come nella gran
parte dei casi) su processi di misura queste regole investono tutti gli stadi
coinvolti: dagli IMP, ai centri di taratura, ai laboratori di prova, agli stessi
organismi di accreditamento[10].
3. SVILUPPI
TARATURA
DEL
SISTEMA
NAZIONALE
DI
Il sistema nazionale di taratura, in Italia, è soggetto sia alle regole
definite dagli organismi internazionali [11-12].ed europei già citati (CGPM,
CIPM, EURAMET, EA) che alla normativa nazionale [13-14].
In base alla già citata legge n. 273/91, [1-2], che ha istituito il SNT, i
campioni di riferimento per le diverse tipologie di misura sono sviluppati e
mantenuti dagli IMP: l‟INMRI-ENEA per le misure delle radiazioni
ionizzanti e l‟INRIM per le altre tipologie di misura.
La disseminazione delle unità di misura realizzate con i campioni
nazionali può essere effettuata direttamente dagli IMP o indirettamente
tramite i Centri di Taratura accreditati.
Per quanto riguarda l‟accreditamento dei Centri di taratura, con decreto
legge 99/2009 del 22 dicembre 2009, il governo italiano ha designato
ACCREDIA, associazione senza scopo di lucro, come Ente Unico
Nazionale di Accreditamento ossia l‟unico organismo nazionale autorizzato
dallo Stato a svolgere attività di accreditamento [3]. Il nuovo Ente opera
con il riconoscimento dello Stato e sotto la vigilanza istituzionale del
Ministero dello Sviluppo Economico, nonché delle altre Pubbliche
Amministrazioni, secondo le rispettive competenze. Con la designazione di
ACCREDIA, l'Italia si è adeguata al Regolamento del Parlamento Europeo
e del Consiglio n. 765, del 9 luglio 2008, che dal 1° gennaio 2010 è
applicato per l'accreditamento e la vigilanza del mercato in tutti i Paesi UE.
L'Ente Nazionale è responsabile per l'accreditamento in conformità agli
317
standard internazionali della serie ISO 17000 e alle guide e alla serie
armonizzata delle norme europee EN 45000.
A maggio 2009, ACCREDIA era stato riconosciuto ufficialmente
dall‟EA che gli aveva trasferito lo status di firmatario degli accordi EA
MLA precedentemente attribuiti a SINAL e SINCERT. Per assicurare
anche lo svolgimento delle attività di accreditamento di laboratori di
taratura, ACCREDIA ha stipulato una convenzione con INRIM a giugno
2010 e una convenzione con ENEA ad ottobre 2010, per i rispettivi settori
di competenza. A seguito delle suddette convenzioni, ACCREDIA è stata
ammessa tra i firmatari degli Accordi internazionali di mutuo
riconoscimento (EA MLA) anche per lo schema Taratura. Con questa
decisione ACCREDIA partecipa a tutti gli schemi coperti dagli Accordi EA
MLA: Certificazione di Sistemi di gestione, Qualità e Ambiente di Prodotto
e di Personale; Ispezione; Prova; Taratura. Nella figura 4 viene
schematizzata la rete degli Accordi di mutuo riconoscimento (MLA/MRA)
Figura 4: Schema della rete degli Accordi di mutuo riconoscimento (MLA/MRA) con ACCREDIA
L‟attività di ACCREDIA si articola in 4 Dipartimenti che curano
l'accreditamento nei diversi settori:
dipartimento degli Organismi di Certificazione ed Ispezione dei
sistemi di gestione, dei prodotti, e del personale (DC)
dipartimento dei laboratori di prova (DL)
dipartimento dei laboratori di prova per la sicurezza alimentare (DS)
dipartimento dei laboratori di taratura (DT)
Una rappresentazione schematica della struttura organizzativa di
ACCREDIA è riportata in figura 5.
318
Figura 5: Rappresentazione schematica della struttura organizzativa di Accredia
Ogni Dipartimento di ACCREDIA è composto da un comitato
di accreditamento e dai segretari tecnici relativi ai diversi settori di
taratura/prova. I segretari tecnici coordinano con il direttore di
dipartimento le fasi di accreditamento e di mantenimento per un
Centro di taratura/prova. Presso il Centro vengono inviati gli esperti
tecnici e di sistema per effettuare le verifiche tecnico/sperimentali
previste sia nella fase di accreditamento che in quella di
mantenimento.
Con una periodicità semestrale il Comitato di Accreditamento, i
segretari tecnici e il direttore di Dipartimento si riuniscono per
valutare, sulla base della documentazione relativa ai risultati delle
prove sperimentali effettuate presso il Centro dagli esperti del settore
e in conformità alle normative vigenti, la Capacità del Centro a poter
effettuare Tarature e/o prove riconosciute in ambito internazionale.
In figura 6 è schematizzata l‟organizzazione di ACCREDIA per ogni
Dipartimento.
319
Figura 5 Schema dell’organizzazione del Dipartimento di Taratura (DT) presente in Accredia.
4. L‟ORGANIZZAZIONE CORRENTE DEL SISTEMA
NAZIONALE DI TARATURA NEL SETTORE DELLE
RADIAZIONI IONIZZANTI
In base alla legge 273/91, l‟Istituto Metrologico Primario per le misure
con radiazioni ionizzanti è l‟ENEA-INMRI che ha la responsabilità di
garantire riferibilità e certificazioni di taratura. Inoltre l‟ENEA-INMRI
svolge attività di ricerca e sviluppo sui metodi di misura delle radiazioni
ionizzanti nelle diverse applicazioni (ambientali, mediche, industriali,
nucleari, della difesa, della ricerca scientifica ecc...). Alcune funzioni
principali dell‟Istituto Metrologico Primario nel settore delle radiazioni
ionizzanti, vengono anche richiamate nei D. Lgs. sulla radioprotezione: n.
230/1995 e n. 241/2000. Si fa riferimento alla Certificazioni di taratura dei
mezzi di misura e dei Servizi di dosimetria delle radiazioni ionizzanti (Art.
107, D.Lgs. 230/1995), e alla Commissione Tecnica per la sicurezza
nucleare e la protezione dalle radiazioni ionizzanti (Art. 10 (sep.), D.Lgs.
241/2000).
Per consentire di caratterizzare la strumentazione dosimetrica operante
nel Paese, l‟ENEA-INMRI ha realizzato (e continua a sviluppare) un
sistema di oltre 20 campioni primari per le diverse tipologie di tarature e
per la misura di grandezze quali la dose assorbita, l‟esposizione,
l‟equivalente di dose (nelle diverse definizioni), la concentrazione di attività
di radionuclidi, ecc. Per soddisfare le esigenze di misura previste
nell‟attuale legislazione radioprotezionistica nazionale e per attuare i criteri
di garanzia di qualità sopra richiamati, l‟ENEA-INMRI ha messo a punto
procedure di taratura per le seguenti tipologie di strumenti di misura:
- dosimetri per radiazione x e gamma con energia media fra 5 keV e
1,25 MeV (kerma in aria/esposizione, dose assorbita (acqua),
equivalenti di dose);
320
- dosimetri per radiazione (dose assorbita (tessuto));
- monitori di contaminazione superficiale;
- sistemi per spettrometria gamma e alfa e per conteggi alfa/beta;
- sistemi per misure di radon in aria e in acqua;
- irraggiamenti con dosi prefissate (anche ai fini del riconoscimento dei
servizi di dosimetria individuale);
- sistemi per misure neutroniche.
La riferibilità delle misurazioni ai campioni nazionali dell‟ENEAINMRI è assicurata mediante taratura degli strumenti di misura effettuata
per confronto diretto con i campioni nazionali o per via indiretta tramite
opportuni campioni di trasferimento, denotati come campioni di prima
linea, operanti sia presso l‟ENEA-INMRI che presso i Centri accreditati
come laboratori di taratura (LAT) ACCREDIA. I campioni di prima linea
dei Centri LAT ACCREDIA vengono periodicamente tarati per confronto
diretto con i campioni nazionali e sono quindi utilizzati come riferimento
operativo per le tarature. La capacità di taratura di ciascun Centro viene
verificata sperimentalmente, per le grandezze e il campo di misura previsti
dallo scopo del suo accreditamento, mediante la partecipazione del Centro a
confronti bilaterali di misura con l‟ENEA-INMRI. Tali confronti sono
organizzati con periodicità annuale dagli esperti dell‟ENEA-INMRI su
richiesta di ACCREDIA. La partecipazione con esito positivo del Centro a
tali confronti sperimentali costituisce uno dei requisiti necessari per il
mantenimento dell‟accreditamento.
I Centri correntemente operanti come LAT ACCREDIA nel settore
radiazioni ionizzanti sono specificati in tabella 1, la loro distribuzione
geografica rispecchia la situazione del Paese.
Centro
LAT n. 065
Ubicazione
Comecer srl, Castelbolognese (Ra)
Accreditamento
luglio 1993
LAT n. 077
SOGIN, Caorso (PC)
gennaio 1995
LAT n. 099
Joint research center Ispra (Va)
febbraio 1997
LAT n. 104
Politecnico di Milano, Milano
febbraio 1999
LAT n. 116
Centro Interforze Studi ed Applicazioni
Militari, San Piero a Grado (Pi)
Azienda USL n.6, Livorno
febbraio 1999
LAT n. 222
01 luglio 2011
Tabella 1 – Centri di Taratura LAT ACCREDIA ) accreditati ed operanti nel settore delle
radiazioni ionizzanti
321
In tabella 2 sono elencate le grandezze per le quali possono essere
accreditati i Centri LAT ACCREDIA nel settore delle radiazioni ionizzanti
ed il numero di Centri accreditati. Le specifiche capacità di taratura
riconosciute al centro sono riportate nella tabella di accreditamento
pubblicata, per ciascun Centro, sul sito web: http// www.accredia.it/ [3].
Grandezza
Numero di LAT
ACCREDIA
Attività di radionuclidi
-
Concentrazione di attività di radionuclidi
-
Dose assorbita in acqua e corrispondente rateo
.
Equivalente di dose ambiente, direzionale, personale e
corrispondenti ratei
4 con radiazione x e 6 con
radiazione γ
Kerma in aria e corrispondente rateo
4 con radiazione x e 6 con
radiazione γ
Esposizione e corrispondente rateo
4 con radiazione x e 6 con
radiazione γ
Rateo di emissione di neutroni (da sorgenti sigillate)
-
Rateo di emissione superficiale di particelle
-
Rateo di fluenza di neutroni termici
-
Tabella 2: Grandezze per le quali possono essere accreditati i Centri LAT ACCREDIA nel
settore delle radiazioni ionizzanti ed il numero di Centri accreditati
5. VERIFICA DELLA COMPETENZA DEI CENTRI LAT
ACCREDIA NEL SETTORE RADIAZIONI IONIZZANTI
Un requisito fondamentale per ottenere e mantenere l‟accreditamento
come Centro LAT ACCREDIA è la partecipazione, con esito positivo, del
laboratorio a confronti sperimentali di misura organizzati a livello nazionale
dall‟ENEA-INMRI per la verifica della capacità di misura del laboratorio
stesso o a livello internazionale da EA o ILAC.
Per poter certificare le loro tarature, questi Centri devono disporre di
campioni secondari di taratura qualificati e certificati sulla base di
procedure raccomandate a livello internazionale. Per ottenere e mantenere
l‟accreditamento in ambito ACCREDIA, un laboratorio deve dimostrare
sperimentalmente competenza tecnica e capacità di taratura al livello
322
dell‟incertezza minima prevista nella sua tabella di accreditamento. Questo
è un requisito fondamentale che ACCREDIA richiede ai Centri LAT, oltre
alla messa a punto ed attuazione di un adeguato sistema di qualità in
accordo alla norma ISO/IEC EN 17025. La verifica della capacità di
taratura del Centro LAT avviene mediante l‟esecuzione, con periodicità
annuale, di confronti di misura bilaterali o multilaterali organizzati
dall‟ENEA-INMRI. Nella fase del confronto viene richiesto al Centro di
effettuare la taratura di uno o più campioni di trasferimento forniti
dall‟ENEA-INMRI (campioni viaggiatori), per valori delle grandezze
compresi all‟interno del campo di misura accreditato e per qualità di
radiazione selezionate tra quelle specificate nella tabella di accreditamento
del Centro.
Ai fini della valutazione della compatibilità delle misure
eseguite dal Centro e dall'Istituto viene calcolato l'errore
normalizzato, En, tra le due determinazioni a confronto, NI e NC,
seguendo le linee guida dell‟EA (documento EA-2/03). I risultati del
Centro e dell‟Istituto sono considerati compatibili se i valori ottenuti
per En risultano compresi tra i limiti accettabili –1  En  1, in tal
caso la verifica ha esito positivo in quanto la differenza tra i due
risultati (Nc – NI) è compresa entro l‟incertezza U(Nc – NI).
L‟espressione utilizzata per ottenere En è la seguente:
En 
N c  N I   N c  N I 
U N c  N I 
U c2  U I2
(1)
dove UI ed UC. sono le incertezze estese (k=2) associate alle
determinazioni del Centro e dell‟Istituto, diminuite di eventuali
componenti di incertezza comuni tra le due determinazioni a
confronto.
Nel periodo tra Ottobre 2010 e Luglio 2011, gli esperti dell‟ENEAINMRI hanno effettuato la verifica della capacità di taratura di 6 Centri
LAT ACCREDIA per le grandezze kerma in aria Ka, equivalente di dose
ambiente H*(10), equivalente di dose personale superficiale Hp(0,07) e
profonda Hp(10). Per le suddette verifiche sono stati portati presso i Centri
complessivamente 8 dosimetri, di diverse caratteristiche e livelli di
incertezza, precedentemente tarati presso i laboratori dell‟INMRI-ENEA
con 31 qualità di radiazione x (generate con gestione del tubo compresa tra
323
50 kV e 300 kV) e gamma (Am-241, Cs-137 e Co-60) di riferimento per
radioprotezione e radiodiagnostica. Si è trattato in particolare di 4 camere a
ionizzazione ventilate di differente sensibilità con pareti in materiale ariaequivalente e volume compreso tra 2,8 cm3 e 10 000 cm3, di un campione
secondario specifico per Hp(0,07), di 2 dosimetri personali elettronici ed un
dosimetro da campo radioprotezionistico. Sono state valutate
complessivamente 198 misurazioni di taratura differenti. A titolo
informativo si riporta in fgiura 6 la distribuzione dei valori di En per le 198
prove valutate, ordinate per valori di En crescenti. Delle 198 verifiche
effettuate, 190 hanno avuto esito positivo con risultati entro i limiti
accettabili –1  En  1, con valore medio -0,03 e scarto tipo 0,39. Il valore
medio basso è indice di assenza di errori sistematici. In particolare, 148 di
queste verifiche hanno dato risultati ampiamente positivi compresi entro i
limiti ristretti –0,5  En  0,5, con valore medio -0,04 e scarto tipo 0,23. Le
8 verifiche che hanno dato esito negativo (che corrispondono a circa 4%
delle verifiche effettuate) hanno richiesto l‟apertura di una procedura di non
conformità. In questi casi, il Centro è stato richiesto di individuare e
risolvere le cause che hanno prodotto il superamento del limite, prima di
poter effettuare tarature nelle condizioni sotto verifica.
Figura 6 - Distribuzione dei valori di En, ordinate per valori di En crescenti, per le 198 prove
valutate dagli esperti dell’ENEA-INMRI per i Centri LAT ACCREDIA del settore radiazioni
ionizzanti nel periodo ottobre 2010-luglio 2011.
6. CONCLUSIONI
Negli ultimi anni le attività di accreditamento dei laboratori di taratura
sono state caratterizzate da numerosi cambiamenti dovuti alla necessità di
soddisfare i requisiti della normativa internazionale in evoluzione. Il nuovo
assetto delle attività di accreditamento con la designazione governativa di
324
ACCREDIA come Ente Unico Nazionale di accreditamento è una garanzia
di stabilità del sistema nel Paese per il futuro.
L‟ENEA-INMRI garantisce la riferibilità internazionale della
certificazione emessa direttamente e collabora con ACCREDIA per le
attività di accreditamento dei laboratori di taratura nel settore radiazioni
ionizzanti a garanzia della riferibilità internazionale dei certificati di
taratura emessi dai Centri LAT ACCREDIA.
Le verifiche sperimentali della capacità di misura dei Centri LAT
ACCREDIA organizzate periodicamente dall‟ENEA-INMRI sono il
presupposto fondamentale per garantire la competenza dei centri e la
riferibilità nazionale ed internazionale delle tarature da essi effettuate, ai
livelli di incertezza dichiarati in ciascuna tabella di accreditamento. La
trasparenza di queste operazioni vuole assicurare la fiducia degli utenti
finali nel SNT.
325
BIBLIOGRAFIA
Legge 11 agosto 1991, n. 273, Istituzione del Sistema Nazionale di Taratura,
Gazzetta Ufficiale n. 199 del 26 agosto 1991.
[2] D.M. 30 Novembre 1993, n. 591, Gazzetta Ufficiale n. 26 del 15 febbraio
1994, Regolamento concernente la determinazione dei campioni nazionali di
unità di misura del Sistema Internazionale (SI) in attuazione dell’art. 3 della
legge 11 Agosto 1991, n. 273.
[3] ACCREDIA, Ente Italiano di Accrediatamento, sito web: http//
www.accredia.it/
[4] CIPM, Comité International des Poids et Mesures, tome 44 65° Session, BIPM
(1976).
[5] ICRP Publication 51 - Recommendations of the ICRP. Annals of the ICRP 17,
(1987).
[6] ICRP Publication 60 - Recommendations of the ICRP, Annals of the ICRP
(1990).
[7]International Commision on Radiation Units and Measurements, "Radiation
Quantities and Units", ICRU report 33, (1980)
[8] EA, European Co-operation for Accreditation, Programma operativo, vedi
sito web: http://www.european-accreditation.org/.
[9] BIPM, Mutual recognition of national measurement standards and of
calibration and measurement certificates issued by national metrology
institutes, BIPM Publication, Sevres (1999).
[10] IAEA, Calibration of Radiation Protection Monitoring Instruments, Safety
Reports Series N. 16, IAEA Vienna, 00.
[11] ISO, International Standards Organization, sito web:
http://www.iso.ch/iso/en/ISOOnline.frontpage.
[1]
[12] IEC, International Electrotechnical Commission, sito web:
http://www.iec.ch/
[13] CEI, Comitato Elettrotecnico Italiano, sito web: http//www.ceiuni.it/
[14] UNI,
Ente
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Italiano
di
Unificazione,
sito
http://www.uni.com/
326
web:
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
MISURA DI CONCENTRAZIONE E DI RAPPORTI
ISOTOPICI DI URANIO E PLUTONIO PRESSO LA
CENTRALE NUCLEARE DEL GARIGLIANO MEDIANTE
AMS AL CENTRO CIRCE, CASERTA
M. De Cesare1,3, C. Sabbarese1,3, N. De Cesare2,3, A. D‟Onofrio1,3,
A. D‟Arco1, A. Petraglia1, V. Roca3,4, F. Terrasi1,3, A. Esposito5,
F. Mancini5
1
Dipartimento di Scienze Ambientali, Seconda Università di Napoli , Caserta and
CIRCE, INNOVA
2
Dipartimento di Scienze della Vita, Seconda Università di Napoli , Caserta and
CIRCE, INNOVA,
3
INFN Sezione di Napoli, Napoli
4
Dipartimento di Scienze Fisiche, Università Federico II , Napoli
5
SoGIN,
ABSTRACT
Allo scopo di valutare l‟abbondanza e i rapporti isotopici di U e Pu
da matrici ambientali e strutturali, quali indicatori di possibile
contaminazione in seguito ad attività nucleari, è stato realizzato al
CIRCE (Center for Isotopic Research on Cultural and Environmental
Heritage), in collaborazione con la SoGIN, un sistema ultrasensibile
di misura. Basato sulla tecnica AMS, questo consente una elevata
sensibilità per la valutazione dell‟abbondanza in massa per gli isotopi
di entrambi gli elementi, e ha permesso di ottenere i primi risultati su
campioni strutturali provenienti dalla centrale nucleare del
Garigliano (GNPP) e campioni di suolo delle aree limitrofe.
INTRODUZIONE
Radionuclidi antropogenici a lunga vita media sono stati rilasciati
nell'ambiente in seguito ad attività nucleari militari, incidenti
nucleari, ritrattamento di combustibile e smantellamento di centrali
nucleari. Tra questi senz‟ombra di dubbio i più significativi sono
327
239,240
Pu e 236U, anche se recentemente l‟attenzione si sta rivolgendo
agli attinidi minori ed ai loro isotopi [1-3].
Una valutazione accurata dell‟abbondanza di questi radionuclidi e
dei loro rapporti isotopici permetterebbe di stimare la possibile
contaminazione derivante dalle attività nucleari nei siti appositi e nei
territori limitrofi, in particolar modo per delineare un quadro
accurato del possibile rischio radioattivo negli individui
professionalmente e residenzialmente esposti: per esempio, una
differenza di molti ordini di grandezza tra il rapporto isotopico
236
U/238U naturale e quello del combustibile nucleare spento ha
portato Steier et al. [4] a concludere che una piccola contaminazione
è legata ad un rapporto isotopico crescente.
Attualmente, il monitoraggio dell‟attività di tali contaminanti è
effettuata con tecniche radiometriche, che non consentono di
quantificare attività estremamente basse dei radionuclidi di interesse.
In questo senso, si è reso necessario sviluppare metodologie
ultrasensibili: il CIRCE (Center for Isotopic Research on Cultural
and Environmental Heritage) situato in Caserta, in collaborazione
con la SoGIN (Società Gestione Impianti Nucleari), ha iniziato un
programma di ricerca volto a realizzare un sistema ultrasensibile per
la misura delle concentrazioni e dei rapporti isotopici di U e Pu, sulla
base della tecnica AMS (Accelerator Mass Spectrometry), e ad
applicarla all'analisi di campioni ambientali e strutturali dell‟edificio
del reattore e delle infrastrutture relative alla Centrale Nucleare del
Garigliano (GNPP), per la quantificazione e la determinazione
dell'origine di U e Pu presenti. Nel presente report viene descritto
l‟upgrade del sistema AMS che, utilizzando un rivelatore a 16 strip
di silicio, ha consentito di ottenere una sensibilità per l‟abbondanza
di U pari a 4,3µg e per il 239Pu di 0.1 fg, oltre interessanti risultati
preliminari relativi a campioni ambientali e strutturali della GNPP.
METODI E APPARATO DI MISURA
2.1 Tecniche di separazione
L‟estrazione dell‟U e del Pu è stata possibile con l‟utilizzo di due
specifiche procedure: la prima interessante i campioni strutturali e
realizzata in collaborazione con i tecnici SoGIN e la seconda, mirata
328
ai campioni ambientali, messa a punto dal gruppo di ricerca
dell‟Università di Canberra diretto dal Prof. K. Fifield [5]. Entrambe
le procedure prevedono una iniziale essiccazione del campione
grezzo a 110°C in stufa e successiva combustione a 450°C per 12h. Il
campione combusto viene marcato con traccianti radioattivi,
rispettivamente 233U e 242Pu, finalizzati alla stima dell‟efficienza di
estrazione. Si procede con la dissoluzione con attacco acido, acqua
regia e/o HNO3; la completa dissoluzione permette di mandare in
soluzione i costituenti del campione. Gli attinidi sono recuperati per
co-precipitazione della soluzione aggiungendo (COOH)2 e CaCl2
2H2O e portando il pH della soluzione a 1,7. Per i campioni
strutturali si utilizza la sola resina UTEVA per l‟eluizione di Th, U e
Pu usando acidi rispettivamente HCl 9M, HCl 5M con (COOH) 2 allo
0,05M, e HCl 1M. Invece per i campioni di suolo il protocollo [5]
prevede l‟eluizione degli stessi radioisotopi con due resine in serie,
UTEVA e poi BioRad AG 1-X8 100-200 mesh, quest‟ultima per la
separazione del Pu.
Ciò che viene eluito dalle colonne è portato a secchezza e combusto,
riducendosi in polvere. La polvere di U e Pu estratta viene mescolata
con una pari quantità di polvere di argento e pressata nei cosiddetti
“conetti” di alluminio, che vengono quindi inseriti nella sorgente
sputtering SNICS da 40 campioni del sistema AMS di CIRCE [6] .
2.2 Apparato sperimentale
CIRCE è una facility dedicata alla tecnica AMS basata su di un
acceleratore tandem da 3 MV. Come schematizzato in figura 1, è
dotata di sorgente sputtering multi campione (fino a 40) a ioni di Cs .
L‟energia totale di iniezione è di 50 keV e 50-300 nA di 238U16Ovengono selezionati in energia tramite un analizzatore sferico
elettrostatico con angolo di curvatura ±45°, operante a ±15 kV. Il
magnete di inezione a bassa energia (LE) permette un‟analisi in
massa ad alta risoluzione per isotopi in un ampio range di massa
(M/ΔM~500 per un‟apertura delle slitte di ±1 mm) [6,7].
L‟acceleratore è contenuto all‟interno di una tank riempita con
esafluoruro di zolfo (SF6) alla pressione di circa 6 bar. Al terminale,
gli elettroni delle molecole vengono persi per stripping in argon ed il
329
gas viene fatto ricircolare da due pompe turbomolecolari. Gli ioni
positivi sono quindi accelerati di nuovo nel secondo stadio
dell‟acceleratore Tandem. All‟uscita di questo è posto un secondo
magnete di analisi, magnete di alta energia (HE (M/ΔM = 725, con le
slitte aperte a ±1 mm per entrambi i punti oggetto ed immagine).
Questo consente una efficiente rimozione dei prodotti molecolari di
break-up [7,8]. I due analizzatori elettrostatici (ESA) a 45° operanti
in serie a ±60 kV permettono una risoluzione in energia E/ΔE = 700
per dimensioni tipiche del fascio di circa 3-4 mm. Un magnete di
swicthing (Bmax= 1.3 T, r=1.760 m e ME/q2= 253 MeV amu/e2 ad un
angolo di uscita di 20°) è posizionato dopo gli ESA, consentendo la
deflessione di 20° al fascio da investigare e dirigendolo nel
rivelatore. Il sistema di acquisizione è controllato dal sistema FAst
Intercrate Readout (FAIR) [9] via Ethernet o AccelNet interfaces.
Fig.1: Schema del sistema tandem da 3 MV del centro CIRCE.
2.3 Calibrazione interna
Come primo passo tecnico si è provveduto alla verifica della risposta
lineare del sistema, utilizzando una serie di campioni con rapporti
isotopici nominali da 5 10.8 a 1 10.10. Questi sono stati preparati
miscelando differenti quantità di “KKU” ((6.98±0.32)x10-11) [4,10]
330
sintetizzato ai laboratori VERA di Vienna con lo spike IRMM-075
(Institute for Reference Materials and Measurements) della serie dei
materiali certificati (IRMM-075/1,2,3,4), riportati in figura 2.
Fig. 2: Confronto tra i valori misurati e quelli nominali dei rapporti isotopici
dell’uranio della serie di calibrazione interna.
La sensibilità del sistema alla concentrazione di 236U, è stata valutata
misurando una serie di campioni contenenti quantità di uranio
decrescenti, con un valore nominale per il rapporto 236U/238U di
9.61x10-9. I risultati per i sette campioni sono confrontati con quello
relativo alla massima quantità di U in figura.3.
Fig. 3: Rapporti isotopici dell’uranio per campioni con contenuto in massa di U decrescente
(Dilution Series)
331
MISURE DI 236U E XPU RELATIVE ALLA GNPP
3.1 Campioni ambientali
L‟area circostante la GNPP è stata suddivisa in quattro corone
circolari di 1 km di ampiezza, a partire da 500 m dalla stessa
centrale, coprendo pertanto un‟area circolare complessiva di 4,5 km
di raggio, come riportato in figura 4. Le corone sono state suddivise
in settori per un totale di 48 punti di campionamento e identificati
con opportuni codici.
Fig. 4 : Mappa dell’area circostante la GNPP d’indagine e schema di suddivisione.
Già sono state effettuate in passato varie campagne radiologiche
nella zona in esame, che hanno permesso di stimare la
contaminazione ambientale da γ emettitori. Per questi punti sono
state ripetute analisi con rivelatore al germanio che consente una alta
risoluzione energetica e un basso background che hanno rivelato
radionuclidi gamma-emettitori naturali (7Be e 40K) ed artificiali
(137Cs) [3,5].
332
Abbiamo preliminarmente analizzato con il sistema AMS [10] i
campioni di suolo, nei settori in cui l‟analisi spettrometrica aveva
evidenziato una più elevata attività per il 137Cs ( 3-25 mBq/g).
valutandone le concentrazioni di 236U e xPu [11].
Campioni di suolo
A78
B34
B56
C7
C13
D12
BSC
Locazione
GNPP
GNPP
GNPP
GNPP
GNPP
GNPP
Piana del Sele
Tab. 1: Sigle e provenienza dei campioni ambientali analizzati
L‟analisi dei rapporti 236/238 di U mostra che i campioni considerati
hanno livelli leggermente superiori ai valori di background
ambientale, che vanno da 10-9 a 10-8, consistenti con i valori del
fallout. Per quanto concerne i rapporti isotopici 240/239 Pu abbiamo
constatato che risultano essere in accordo con i campioni del canale
di scarico della GNPP e del fiume Garigliano [4,12]. In aggiunta si
sono confrontate queste concentrazioni con quelle di un campione
BSC2, campione di suolo prelevato nella piana del Sele a oltre 100
km dalla centrale. In tutti i casi, queste concentrazioni sono
compatibili con quelle dei campioni di suolo nel circondariale della
GNPP.
3.2 Campioni strutturali
Le misure eseguite su campioni strutturali costituiscono il primo
tentativo di quantificare 236U e xPu realizzato al centro di ricerche
isotopiche CIRCE. L‟importanza di queste misure è correlata al
programma di smantellamento avviato per la GNPP; esse completano
i risultati ottenuti per i campioni di suolo sopra riportati. I campioni,
forniti dalla SoGIN riguardano il calcestruzzo del camino di
ventilazione e del muro esterno, come riportato in Tabella 2 .
333
Campioni strutturali
Caratteristiche
I
Camino interno
I8
Camino interno
I12
Camino interno
I16
Camino interno
E1.5
Camino esterno
E5
Parete esterna
EW1
Parete esterna
Tab. 2: Sigle e provenienza dei campioni strutturali analizzati
I campioni relativi alla parte interna del camino presentano, come è
ragionevole aspettarsi, Pu. La concentrazione, come si vede in figura
5, non varia in maniera significativa a diverse altezze, contrariamente
ai rapporti isotopici 240Pu/239Pu che non si mantengono costanti per
gli stessi campioni (sono riportati in rosso sul grafico). Per il camino
esterno e per i due campioni della parete esterna la concentrazione di
Pu è molto bassa e per i rapporti isotopici del Pu non è possibile
trarre conclusioni definitive a causa della scarsa statistica. I valori di
concentrazione dell‟U variano nel range 5 10-8 a 5 10-7. Inoltre si è
notato che il fascio di uranio estratto per questi è poco intenso,
suggerendo, pertanto, una possibile bassa efficienza di estrazione.
Alla luce di questi risultati per i campioni strutturali sono in corso
ulteriori preparazioni e misure.
334
Fig. 5: A sinistra sono riportati i valori per concentrazione e rapporti isotopici relativi ai
campioni strutturali, mentre a destra quelli ambientali. In rosso sono indicati i rapporti isotopici
240Pu/239Pu, in nero le concentrazioni di 239Pu.
CONCLUSIONI
I primi esperimenti condotti su campioni ambientali e strutturali
relativi alla GNPP hanno dato indicazioni soddisfacenti sulla bontà
della procedura di estrazione per i campioni ambientali e suggerito
dei possibili miglioramenti per il protocollo riguardante i campioni
strutturali.
I risultati preliminari, esposti precedentemente, hanno consentito di
concludere che:
1. I rapporti isotopici 240Pu/239Pu per i campioni ambientali sono
dell‟ordine del Global fallout.
2. I rapporti isotopici 240Pu/239Pu per i campioni strutturali,
relativi alla parte interna del camino di ventilazione
evidenziano una contaminazione da pregressa attività della
centrale.
3. I rapporti isotopici per le pareti esterne sono fuorvianti e
pertanto sono in corso le elaborazioni dati delle ripetizioni.
4. I valori delle concentrazioni di 239Pu per i campioni di suolo
non sono significativamente differenti da quelli ottenuti per
335
un campione di riferimento prelevato nella piana del Sele a
oltre 100 km di distanza dalla centrale.
5. Le concentrazioni di 239Pu e di U per i campioni strutturali
sono di un ordine di grandezza superiori a quelle relative ai
campioni ambientali.
6. È attualmente in corso il miglioramento del sistema di misura
AMS, basato sul Pelletron CIRCE, per aumentare le
prestazioni della facility e la automatizzazione delle misure.
336
REFERENZE
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ICP-MS and estimation of burn-up of spent uranium in contaminated environmental
samples, J. Anal. At. Spectom. (2002), 17: 1143-1147.
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from lanthanides with hyphophobic derivatives of TPEN, Progress in Nuclear
Energy (2008) 50 (2-6): 470-475.
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A. D'Onofrio, P. Steier, L. K. Fifield, A. M. Esposito, Assessment of the
radiological impact of a decommissioning nuclear power plant in Italy, submitted
to J. Environ. Radioact., 2011.
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Quinto, S. Richter, M. Srncik, F. Terrasi, et al., Natural and anthropogenic 236U in
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CIRCE, Dipartimento di Scienze Ambientali - II Università di Napoli, 2006-2009.
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Gialanellac, G. Imbrianic, V. Rocac, M. Romanoc, M. Sundquistd and R. Loger; A
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Research Section B: Beam Interactions with Materials and Atoms, Volume 259,
Issue 1, June 2007, Pages 14-17
[7] M. De Cesare, L. Gialanella, D. Rogalla, A. Petraglia, Y. Guan, N. De Cesare,
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environment and near a shutdown nuclear power plant, Appl. Radiat. Isot., 67
(2009) 1775.
337
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
METODO SPERIMENTALE PER ESEGUIRE UNA
CORREZIONE IN EFFICIENZA PER EFFETTO DENSITÀ
PER RIVELATORI HP(GE) IN MATRICI AMBIENTALI
L. Sperandio, G. Iurlaro
ENEA – Istituto di Radioprotezione – Laboratorio di Sorveglianza Fisica e Ambientale
Via Anguillarese n. 301 – Santa Maria di Galeria (Roma)
INTRODUZIONE
Nella determinazione dell‟attività di emettitori gamma con rivelatori
al germanio iperpuro (HPGe) si impiegano sorgenti di calibrazione
che possono avere densità differenti rispetto alle matrici ambientali
realmente misurate come ortaggi e terreno. Lo studio eseguito presso
il Laboratorio di Sorveglianza Fisica e Ambientale del C.R. ENEA
Casaccia si basa sulla sperimentazione delle correzioni delle curve di
efficienza per rivelatori X-Gamma HPGe, cercando di evidenziare la
sensibilità del rivelatore alle basse energie.
Le variazioni nelle curve di efficienza sono essenzialmente dovute ad
effetti di autoassorbimento della matrice analizzata, partendo da dati
sperimentali acquisiti con matrici di riferimento saranno calcolati i
coefficienti di auto assorbimento.
Partendo dalla caratterizzazione del rivelatore (forma del cristallo e
posizione), attraverso le specifiche fornite dal costruttore, le
informazioni
ottenute saranno impiegate per calcolare
numericamente i fattori correttivi dovuti a fenomeni di
autoassorbimento della matrice in funzione dell‟energia e di
particolari geometrie di misura .
Il lavoro proposto si prefigge di sperimentare un metodo di facile
applicazione per poter costruire anche in tempi rapidi curve di
efficienza per le matrici ambientali misurate presso il laboratorio e
poter così valutare più accuratamente l‟attività delle stesse a basse
energie.
338
CALCOLO DEI FATTORI DI AUTO-ASSORBIMENTO
I campioni ambientali analizzati presso il laboratorio sono raccolti
nelle zone limitrofe al centro ENEA Casaccia (distanza massima
5km), la misura con tecnica spettrometrica in geometria Marinelli
avviene sul campione opportunamente pretrattato (setacciato/pulito
ed essiccato). I rivelatori HP(Ge) impiegati sono calibrati con una
sorgente gelificata multipicco con medesima geometria Marinelli e
densità 1g/cm3. Per ottenere risultati quantitativi ottimali il rivelatore
deve essere calibrato con una sorgente radioattiva standard delle
stesse dimensioni, densità e composizione chimica del campione. Se
queste condizioni sono soddisfatte e se la sorgente standard contiene
gli stessi radionuclidi del campione sotto esame, la determinazione
del rate di emissione è una semplice comparazione con il rate di
conteggio del corrispondente full energy peak (FEP) dello spettro
misurato. Una possibile sorgente di errore nella determinazione
dell‟attività di un campione è dovuta alla differenza nelle densità dei
materiali pertanto le differenze per autoassorbimento non possono
essere trascurate. La densità dei campioni ambientali varia
sensibilmente, tipicamente da 0,5 g/cm3 (materiali organici) a 1,5
g/cm3 (terreno), e le sorgenti di calibrazione sono frequentemente
soluzioni acquose con una densità di 1.0 g/cm3 .
Coefficiente di attenuazione
Per il calcolo sperimentale dei coefficienti di attenuazione di massa
delle matrici utilizzate, è stato effettuato un semplice esperimento di
trasmissione [1]. Una sorgente gamma mono energetica, viene
collimata in un sottile fascio di fotoni che dopo aver attraversato un
materiale assorbente, di spessore variabile, raggiunge il rivelatore. Il
risultato sarà una semplice attenuazione esponenziale. Ognuna delle
possibili interazioni tra la radiazione e la materia rimuove un fotone
del fascio dalla direzione del rivelatore attraverso il fenomeno
dell‟assorbimento o dello scattering. Questo fenomeno può essere
caratterizzato da una specifica probabilità di occorrenza per unità di
cammino all‟interno del materiale assorbente. La somma di queste
probabilità è semplicemente la probabilità per unità di lunghezza che
il fotone gamma venga rimosso dal fascio di fotoni.
339
µ = τ (effetto fotoelettrico) + σ (scattering Compton) + κ (produzione
di coppia)
è chiamato coefficiente di attenuazione lineare.
Il numero di fotoni trasmessi è dato dalla relazione
I  I 0 e  t
Con I0 che rappresenta il numero di fotoni in assenza del materiale
assorbente. L‟uso del coefficiente di attenuazione lineare è limitato
dal fatto che esso varia con la densità del materiale assorbente e con
l‟energia del fotone incidente.
METODO DI SIMA
Il fattore di auto assorbimento, Fa , è definito come il rapporto tra
l‟efficienza del FEP εµ(E) per un dato campione (E = energia del
fotone, µ= coefficient di attenuazione lineare) e l‟efficienza del FEP
ε0(E) per un campione completamente trasparente:
 (E)
Fa (  )  
 0 (E)
Fa può essere usato per mettere in relazione l‟efficienza del FEP per
un campione con una data densità e composizione all‟efficienza
εref(E) per un campione di riferimento con identica geometria:
  ( E )    ( E ) Fa ( ) Fa ( ref )
Lo scopo di questo lavoro è utilizzare questo semplice ma preciso
metodo per stimare correzioni dovute all‟autoassorbimento per
campioni contenuti in beaker Marinelli che possono essere utili nel
monitoraggio ambientale.
Diversi metodi per calcolare Fa (µ) sono stati studiati [2] anche
modellizzando il rivelatore come puntiforme . In questo lavoro verrà
utilizzata la semplice equazione dovuta a Dtyak et all ( 1989) [3]
Fa (  ) 
1  exp(  t )
t
340
dove t è lo spessore equivalente del campione, calcolato in funzione
delle dimensioni del beaker Marinelli.
Figura 1 Rappresentazione della sezione di un rivelatore HP(Ge) con campione in geometria
Marinelli [4] in configurazione standard con indicazione dei parametri necessari al calcolo di t.
Identificando t come lo spessore medio del campione, visto da un
piccolo rivelatore sferico, abbiamo:
 l ( )d
t
 d
dove l ( ) è lo spessore del campione corrispondente all‟angolo 
(vedi figura 1). L‟integrazione viene effettuata su tutto l‟angolo
solido  sotteso dal campione. Allora si può ottenere una‟esatta
formula analitica per t.
Notiamo che l‟integrale sotto l‟angolo solido al numeratore
dell‟equazione può essere sostituito da un‟integrale sul volume del
campione:
I   l ( )d   drd   1 r 2 dV

V
V
Considerando che
2
2
2
1 ( x )arctg ( x )  arctg ( x) x  1/ 2 ln (1/ x)  1 ,

il risultato finale è il seguente
341

t
1
 f (re , h1 )  f (re , h0 )  f (ri , h2 )  f (ri , h0 )
p
con
p
2


h0

e f (r , h)  arctg  h   h ln  r   1
 1
2
 r  2  h 

h02  ri 2
Dove: ri (re) è il raggio interno (esterno) mentre hi (he) è l‟altezza
interna (esterna) del beaker ; h0 rappresenta l‟ordinata che congiunge
il centro del rivelatore con il fondo del beaker Marinelli.; e
h1  he  h0
h2  hi  h0
MATERIALI E METODI
Per le misure in trasmissione delle matrici ambientali è stato
utilizzato il rivelatore HP(Ge) GMX 40P4-76 Ortec (efficienza
relativa del 40% per la radiazione γ del 60Co di 1,33 MeV,
alimentazione -3500V) . La caratterizzazione del rivelatore utilizzato
per il calcolo dei coefficienti di attenuazione di massa e per la
valutazione dei coefficienti di autoassorbimento è stata fornita dalla
casa costruttrice come mostrato in figura 2.
Le sorgenti impiegate sono sigillate e puntiformi, in tabella 1 si
riportano le attività alla data di rifermento del certificato.
Radionuclide
152
Eu
241
Am
210
Pb
137
Cs
Attività (kBq)
37
37
37
37
Data di riferimento
01-11-2009
01-11-2009
01-11-2009
01-11-2009
Tabella 1 Dati delle sorgenti puntiformi impiegate per le misure in trasmissione .
342
Figura 2 Sezione del rivelatore HP(Ge) Ortec (GMX 40P4-76) .
Figura 3 Foto della sorgente sigillata posizionata sul sistema di collimazione.
Sono state eseguite cinque misure per ogni matrice a differenti
spessori con tutte le sorgenti disponibili, utilizzando un apposito
contenitore graduato (figura 4 ) collocato tra la sorgente e un sistema
di collimazione (figura 5). Una misura per ogni sorgente è stata
eseguita con il contenitore vuoto.
Figura 5 Sistema di
collimazione e alloggiamento
della sorgente realizzato presso
il C.R. Trisaia
Figura 4 Contenitore graduato
delle matrici misurate
343
Le matrici analizzate sono due ortaggi e un terreno, essiccati e
macinati per ottenere una composizione omogenea. La densità è stata
valutata attraverso una misura del peso con bilancia di precisione di
un volume noto, i dati sono riportati in tabella 2.
Matrice
Broccoletto
Zucchina
Terreno
Densità (g/cm3)
0,43±0,11
0,67±0,13
1,03±0,13
Dopo aver alloggiato la singola sorgente sulla testa del collimatore,
come in figura 3, sono stati registrati gli spettri dei raggi gamma per
le sorgenti sopracitate e per ogni spessore scelto sono stati elaborati i
dati di picco. I valori ottenuti con i diversi spessore alla medesima
energia sono stati mediati. Si riportano nei grafici delle figure 6, 7 e 8
gli andamenti del coefficiente µ(E).
Figura 6 Andamento sperimentale del µ(E) per la matrice broccoletto
344
Figura 7 Andamento sperimentale del µ(E) per la matrice zucchina
Figura 8 Andamento sperimentale del µ(E) per la matrice terreno
Per ogni matrice è stato calcolato il fit per poter estrapolare i dati di µ
alle energie di riferimento della sorgente multipicco del laboratorio
ed è stata calcolata la curva di taratura corretta in densità per ogni
singola matrice. I valori ottenuti sono riportati nel grafico in figura 9.
345
Figura 3 Andamento delle curve di calibrazione ottenute dall’elaborazione dei dati sperimentali in
confronto con la curva di taratura della sorgente multipocco
CONCLUSIONI
L‟applicazione del metodo sperimentale Sima sulle matrici
ambientali analizzate presso il laboratorio ha consentito di verificare
la rilevanza delle correzioni per densità sulle curve di taratura alle
basse energie. Si osserva che gli andamenti variano apprezzabilmente
al variare delle matrici, pertanto è importate completare tale studio
per ottenere una classificazione dei campioni in funzione della
tipologia (terreni e sabbie, ortaggi e foraggi) e della loro densità. Con
la serie di misure eseguite è stata sperimentata la consistenza di un
metodo semplice che può, con piccole variazioni di calcolo, essere
estesa a diverse geometrie di acquisizione (es. cilindica o Marinelli
da 500 ml) utilizzate presso il Laboratorio di Sorveglianza
Ambientale.
346
BIBLIOGRAFIA
[1] Knoll, radation detection and mesurment
[2] Deberten, Ren Mesurement of activity of radioactive sample in marinelli
beakers. Nucl. Instrument Meth 278:541-549, 1989
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[4] Sima, Photon Attenuation for sample in Marinelli Beakers Nucl Beakers
geometry: an analytical computation
347
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
IL PROGRAMMA DI ASSICURAZIONE DI QUALITÀ
DEL LABORATORIO RADIOATTIVITÀ NATURALE: UN
PRIMO PASSO VERSO L‟ACCREDITAMENTO ISO/IEC
17025:2008-10
R. Trevisi, F. Leonardi, S. Tonnarini, M. Veschetti
INAIL- Ex ISPESL, Dipartimento Igiene del Lavoro, Monte Porzio Catone (Roma)
ABSTRACT
I dosimetri passivi con rivelatori a tracce nucleari sono dispositivi
ampiamente utilizzati nel monitoraggio della concentrazione di radon
in aria. Affinché la misura effettuata con tali dispositivi fornisca
risultati affidabili è indispensabile che i laboratori che li utilizzano
siano in grado di garantire la “qualità” della misura stessa. La
necessità di uniformare i risultati forniti da diversi laboratori, anche a
livello internazionale, ha inoltre reso fondamentale armonizzare le
diverse procedure inerenti la misura (dal campionamento alla
presentazione dei risultati) e implementare i programmi di
assicurazione di qualità anche sulla base degli standard
internazionali.
Per questo motivo il laboratorio di radioattività naturale di INAIL
(Ex ISPESL) ha adottato, come primo passo verso l‟accreditamento
UNI CEI EN ISO/ IEC 17025, il programma di assicurazione di
qualità descritto nel presente lavoro.
Sono stati identificati una serie di parametri che permettano di
assicurare la qualità di ogni passaggio del protocollo operativo.
La qualità dell‟intero processo viene inoltra controllata attraverso la
periodica partecipazione ad esercizi di interconfronto. Gli ottimi
risultati conseguiti dal laboratorio negli esercizi di interconfronto
sono una garanzia dell‟accuratezza dei dati ottenuti mediante
l‟utilizzo di dosimetri passivi a tracce nucleari.
348
1. INTRODUZIONE
Negli ultimi anni in Italia sono molti i laboratori che stanno
procedendo alla standardizzazione delle misure di radon mediante
rivelatori a tracce nucleari in accordo con gli standard ISO.
In questo lavoro gli autori intendono fornire il proprio contributo alla
discussione generale, analizzando i principali requisiti tecnici per un
programma di accreditamento secondo UNI CEI EN ISO/ IEC
17025:2008-10i [1]. In quest‟ottica un servizio di dosimetria radon
deve definire programmi, procedure e istruzioni necessari ad
assicurare la qualità dei risultati delle prove. Deve inoltre analizzare
ogni operazione tecnica del processo di misurazione al fine di
definire il sistema di controlli di qualità dell‟intero processo.
Dal momento che sono ancora in fase di sviluppo standard nazionali
ed internazionali relativi alla misurazione del radon mediante
dosimetri passivi, il RI-RN INAIL (ex-ISPESL) ha adottato un
protocollo sperimentale messo a punto per le misure di radon indoor.
Il metodo di misura sviluppato dal nostro laboratorio per il
monitoraggio integrato del radon in aria è stato basato sull‟impiego
del dosimetro passivo NRPB/SSI [2] con elementi plastici di CR39
TASTRACK (TASL, UK). Di recente, dopo una serie di controlli di
qualità sulla matrice polimerica si è preferito cambiare produttore: in
particolare sempre più frequentemente la superficie del polimero
risultava danneggiata e/o con impurezze al suo interno. Attualmente
il laboratorio utilizza rivelatori di CR39 prodotti dalla Intercast
(Intercast Europe Srl- Italia). Seguendo le indicazioni fornite dalla
norma ISO/IEC 17025 [1] e i criteri dettati da EPA in "Guidance on
Quality Assurance" [3], è stato quindi ridefinito definito un processo
volto a garantire la qualità delle misure di concentrazione di radon in
aria.
In accordo con quanto previsto dalla ISO/IEC 17025 [1] al par. 5.4.3,
l‟utilizzo di un metodo sviluppato dal laboratorio prevede la
validazione dello stesso attraverso una serie di procedure volte a
soddisfare particolari requisiti necessari a garantire di operare
all‟interno di un sistema che sia tecnicamente competente e in grado
di generare risultati tecnicamente validi.
i
Di seguito ISO/IEC 17025
349
2. MISURA DELLA CONCENTRAZIONE DI RADON IN
ARIA MEDIANTE DOSIMETRI PASSIVI : DESCRIZIONE
DEL METODO INTERNO
Il principio del metodo si basa sulla produzione di danni molecolari
(tracce latenti) per effetto dell‟interazione delle particella α emesse
dal 222Rn e dalla sua progenie con un materiale plastico (PADC)
commercialmente noto come CR39. Le tracce latenti sono rese
osservabili attraverso una procedura di attacco chimico, le cui
caratteristiche sono scelte sulla base del tipo di CR39 utilizzato e dei
successivi parametri di lettura delle tracce. L‟attacco chimico si
realizza impiegando una soluzione di idrossido di potassio in acqua
bi distillata 6 N a 75 °C per 4,5 ore, al termine del quale i rivelatori
sono risciacquati in acqua corrente per 15 minuti. Dopo l‟asciugatura
si procede al conteggio delle tracce mediante il sistema automatico di
conteggio (Politrack) commercializzato dalla società Mi.am srl
(Italia). Il sistema automatico consiste in un microscopio
(ingrandimento 4x) dotato di una fotocamera CCD che esplora la
superficie del rivelatore. Un software di analisi dell‟immagine
controlla la scansione XY, esegue la messa a fuoco automatica del
microscopio e fornisce l'analisi delle tracce: il sistema è impostato
per eseguire la scansione di una superficie di 1,2 cm2 in circa 174
scansioni.
Tipicamente i rivelatori di CR39 sono conservati in un congelatore a
circa -18 °C, in sacchetti di plastica alluminizzata termosaldata a
bassa permeabilità di radon, al fine di ridurre gli effetti
dell'invecchiamento (ageing e fading) [4] e l'esposizione incontrollata
al radon (fondo intrinseco o background). Un attacco chimico più
breve (3 ore) effettuato prima dell‟assemblaggio del dosimetro
consente di eliminare il contributo dovuto all‟esposizione di fondo.
Adottando la procedura di preattaccare i rivelatori plastici, le tracce
nucleari dovute alle particelle alfa causate dall‟esposizione in campo
risultano più piccole rispetto a quelle date dal fondo intrinseco [5].
3. VALIDAZIONE DEL METODO
Secondo la norma ISO/IEC 17025 le procedure devono essere
validate prima della loro applicazione: in particolare la validazione
del metodo viene definita come “la conferma attraverso esame e
350
l‟apporto di evidenza oggettiva che i requisiti particolari per
l‟utilizzazione prevista sono soddisfatti”.
La validazione del metodo prevede la progettazione di una serie di
procedure relative al campionamento, alla manipolazione e al
trasporto della strumentazione.
Aspetto essenziale della validazione è verificare l‟accuratezza del
metodo di prova [6], in termini di esattezza e precisione. Ciò viene
realizzato, attraverso la taratura, la valutazione dell'incertezza dei
risultati, la valutazione dei fattori che influenzano i risultati
sperimentali e i confronti interlaboratorio.
3.1 Descrizione delle procedure di campionamento,
manipolazione e trasporto
La misurazione del radon mediante dispositivi passivi consiste in
diversi passaggi, alcuni legati alla manipolazione del rivelatore e altri
relativi all‟assemblaggio del dosimetro; tutti i passaggi sono
strettamente collegati. Per ragioni descrittive si possono distinguere
due processi: il primo riassume tutte le operazioni che riguardano il
dosimetro nel suo insieme dall'acquisto all‟utilizzo finale in campo
(vedi figura 1). Il secondo invece, (vedi figura 2) descrive le
principali operazioni relative al rivelatore. Sia i rivelatori utilizzati
nella misura in campo che quelli usati nelle tarature seguono il
medesimo schema presentato figura .2.
Figura 1: Schema delle tappe principali di una misurazione del radon integrata da dosimetri
passivi- (tratto da [7])
Figura 2: Schema delle fasi principali del protocollo operativo sul CR-39 rilevatori- (tratto da
[7])
351
3.2 Test di accettazione
Al fine di assicurare che fogli di CR39 diversi garantiscano risultati
ripetibili, per ogni nuovo batch di CR39 vengono eseguiti, su un
campione rappresentativo di rivelatori (3-5%) dei test di accettazione
sulla densità.
La densità del rivelatore plastico è strettamente legata al processo di
produzione del polimero: una verifica del suo valore nominale
rappresenta quindi un controllo della qualità del processo produttivo
Il test di accettazione INAIL consiste nel controllo sperimentale della
omogeneità dei fogli che viene effettuato misurando con un
picnometro ad acqua (Sartorius mod. CP124S) la densità del
polimero per ciascun rivelatore del campione. I fogli di CR39 sono
considerati accettabili se la precisione, espressa come coefficiente di
variazione (CV) è inferiore al 0,5% e l'esattezza, espressa come
scarto fra la media aritmetica dei valori del foglio e il valore di
riferimento ii, è inferiore al 2%. In tabella 1 sono riportati i risultati
sperimentali di un test condotto su 40 rivelatori appartenenti ad uno
stesso lotto. I valori di densità misurati per i diversi rivelatori sono
nel range 1,30-1,32 g/cm3: il valore medio (espresso come media
aritmetica) pari a 1,31 g/cm3 è in ottimo accordo con quello fornito
dal produttore. Si può osservare come la distribuzione dei valori di
densità sia simmetrica, la media geometrica e quella aritmetica sono
infatti identiche. Il lotto analizzato, supera il test di accettazione con
un valore di CV pari a 0,21%, di gran lunga al di sotto del limite di
accettazione .
Densità di
riferimento
AM
GM
Max
Min
3)
CV
(g/cm
%
1.30
1.31
1.31
1.32
1.30
0.21
Tabella 1: Risultati di un test di accettazione effettuato su un campione di 40 rivelatori.
ii
Il valore di densità del CR39 Intercast dichiarato dal produttore è 1,30 g/cm3
352
3.3 Accuratezza dei risultati del metodo di misurazione
L‟accuratezza di un metodo di prova è data dall‟esattezza e della
precisione, come definite dalla UNI ISO 5725 [8]:
-
Precisione: grado di concordanza tra i risultati di prova
indipendenti.
Esattezza: grado di concordanza fra il valore medio ottenuto
a partire da un grande numero di risultativi di prova e il
valore di riferimento accettato.
In particolare valutare la precisione significa stimare la ripetibilità e
la riproducibilità di una misura. La ripetibilità di una misura è
espressa come scarto tipo dei risultati di prove ripetute sullo stesso
materiale in “condizioni di ripetibilità”, cioè nello stesso laboratorio,
con lo stesso metodo, con lo stesso operatore e con la stessa
strumentazione. Questo è dunque un parametro di accuratezza
proprio del laboratorio. Spesso però è quasi impossibile lavorare in
“condizioni di ripetibilità” perché può accadere che un laboratorio
cambi operatore, apparecchiatura, ecc. In questo caso si parla di
condizioni di “ripetibilità intermedia”, che sono quelle in cui opera il
nostro laboratorio.
Al fine di assicurare che il sistema di lettura produca risultati
ripetibili, vengono periodicamente riletti rivelatori di riferimento
esposti precedentemente ad atmosfere certificate.
Per ogni rivelatore la densità media delle tracce e il coefficiente di
variazione (CV) vengono calcolati e confrontati con i risultati delle
analoghe letture effettuate nei giorni precedenti. In particolare viene
stimato lo scarto percentuale (M%) fra la densità delle tracce del
rivelatore letto in quel giorno e la media del letture precedenti [ 9]. Il
coefficiente di ripetibilità R viene calcolato tramite la seguente
equazione:
R  M %2  CV 2 (1)
353
Tipicamente il valore di R definito nell‟equazione 1 è circa il 4%. La
ripetibilità del sistema di lettura è garantita se R non è superiore al
doppio del valore tipico, ossia l‟ 8%. Un valore di R superiore a
questa soglia è indice di un malfunzionamento del sistema di
conteggio.
La riproducibilità invece è espressa come scarto tipo dei risultati di
prove ripetute con lo stesso metodo sullo stesso materiale ma in
laboratorio diversi ed in tempi diversi. E‟ dunque un parametro
proprio del metodo di prova e la sua valutazione richiede una
campagna di misurazioni interlaboratorio.
La stima della riproducibilità interlaboratorio viene valutata
attraverso la partecipazione a esercizi di interconfronto nazionali e/o
internazionali. Ad esempio quest‟anno INAIL ha partecipato
all‟interconfronto organizzato dalla BfS (Germania); in tale
occasione i dosimetri sono stati esposti a 4 valori nel range 200-3500
kBq h/m3. Dal momento che il rapporto ufficiale relativo a tale
interconfronto non è stato ancora pubblicato, non siamo in grado di
dare un valore di riproducibilità, tuttavia è possibile evidenziare una
ripetibilità fra le nostre misure del 4,5% ed una esattezza pari al
4,6%.
3.4 Procedura di taratura e determinazione del limite superiore
di rivelazione
Generalmente la taratura si riferisce al processo di determinazione
della risposta di uno strumento (o sistema di misura) ad una serie di
valori noti su tutta la gamma di funzionamento: nel caso di
misurazioni di concentrazione di radon in aria con dosimetri passivi,
la taratura fornisce la sensibilità di risposta S del sistema. S correla la
risposta dello strumento (il dosimetro passivo), espressa in termini di
densità di tracce e la concentrazione di radon per unità di tempo
(esposizione al radon).
L'esposizione al radon (E, kBq h/m3) può essere valutata tramite la
relazione:
   t  E  S (2)
354
dove è la media della densità di tracce (cm-2), t è la densità di
tracce dovute al transito (rivelatori non esposti in campo) e S è la
sensibilità di risposta del sistema (cm-2 kBq-1 h-1 m3).
La taratura si realizza mediante l‟esposizione dei dosimetri passivi a
diversi valori di concentrazione di radon in atmosfere certificate [10].
Le tarature sono eseguite in genere a diversi valori di esposizione con
l'obiettivo di verificare la relazione lineare tra esposizione al radon e
densità di tracce, come ipotizzato nella equazione (2). L‟utilizzo del
sistema automatizzato di lettura Politrack ha permesso si estendere
l‟intervallo di esposizioni in cui vengono effettuate le tarature fino a
10000 kBq h/m3. Il software infatti è in grado di correggere
l‟eventuale sottostima nel conteggio delle tracce dovuta alla
sovrapposizione delle stesse ad alti valori. In queste condizioni
l‟equazione (2) è sostituita da:
   t  E  S  (1  K  AC ) (3)
La sensibilità di risposta S corrispondente viene calcolata
minimizzando il quadrato degli scarti fra l‟esposizione di riferimento
e quella valutata sperimentalmente. In figura 3 sono riportati, a titolo
di esempio, i risultati di una taratura eseguita esponendo una serie di
dosimetri NRPB/SSI presso le camere radon dell'Istituto Italiano
Nazionale di Metrologia delle Radiazioni Ionizzanti (INMRI-ENEA;
Italia) .
Figura 3: dipendenza lineare del dosimetro NRPB/SSI in risposta all'esposizione al radon. Il
valore di S ottenuto per questa partita particolare è 2,95 ± 0,15
355
Poiché il materiale plastico viene acquistato da un produttore esterno,
per verificare che eventuali cambiamenti nel processo di produzione
del polimero non abbiano influenzato la risposta al radon, il
laboratorio effettua una taratura di un campione rappresentativo per
ogni nuovo lotto di CR39 (3-5% rilevatori per ciascun lotto).
Anche se la risposta lineare del sistema è confermata nel range di
100-10000 kBq h/m3, è ragionevole aspettarsi la linearità anche
nell‟intervallo 0-100 kBq h/m3. A valori superiori a 10000 kBq h/m3
sarà necessario ricalcolare il valore S attraverso opportune tarature.
Quindi, nelle condizioni sperimentali descritte in precedenza, il
valore soglia di 10000 kBq h/m3 deve essere assunto come limite
superiore di rivelazione del sistema.
3.5 Limite di rivelazione e limite di decisione
In accordo con lo standard ISO 11929:2010 [11], INAIL ha fatto
propria l‟impostazione di Currie [12, 13] nella stima del limite di
rivelazione e del limite di decisione.
 Il limite di decisione è identificabile con il minimo numero di
tracce, oltre il quale si decide, con un determinato livello di
confidenza, che il dosimetro è stato esposto al radon
LD  2 K  (4)

Il limite di rivelazione è il minimo valore di esposizione al
radon E, stimato con un determinato livello di confidenza,
che può essere rivelato.
LR  2 2 K  (5)
Con Kα si indica la variabile standardizzata della distribuzione
normale corrispondente alla probabilità α e con σ lo scarto tipo dei
rivelatori non esposti in campo (transiti) che, nelle condizioni
operative adottate dal nostro laboratorio è pari a 7 kBq h/m3.
Ad un livello di confidenza del 95% α è uguale a 0,05 e Kα è 1,645
[3], pertanto
356
Ld=16 kBq h/m3
LR=33 kBq h/m3
3.6 La valutazione dell'incertezza: approccio bottom-up
Sulla base delle indicazioni fornite dalla norma CEI UNI EN
ISO/IEC 17025 la valutazione dell'incertezza con l‟approccio
bottom-up passa attraverso l'individuazione e la quantificazione della
componente individuale delle incertezze [14].
In questo paragrafo l'analisi eseguita da Hanley et al. [15] è stata
applicata al protocollo sperimentale precedentemente descritto.
Se consideriamo N dosimetri esposti al medesimo valore di
concentrazione di radon (E), per il k-esimo rivelatore sono eseguite n
scansioni in modo da coprire una parte sensibile della sua superficie.
Poiché la distribuzione delle tracce sulla superficie del rivelatore è
omogenea, la scansione di un gran parte di essa permette il
miglioramento della statistica di conteggio e conseguentemente di
ridurre gli errori casuali (nel nostro setup 1,2 cm2 sono coperti in 174
in scansioni). L'incertezza associata alla densità delle tracce è
calcolata come lo scarto tipo tra le scansioni:
1 n
(6)
(  ik   k ) 2

n  1 i 1
dove ki è la densità di tracce della i-esima scansione e k è la
media aritmetica dei valori di densità tracce ottenute dalle scansioni
n. La densità di tracce media  è la media aritmetica dei valori di N
k. L'incertezza associata alla densità di tracce per  è dato da:
u(  k ) 
u(  ) 
1
N
N
u
2
( k )
(7)
k 1
L'incertezza associata all'esposizione al radon è stata calcolata
secondo lo standard UNI CEI ENV 13005:2000 [16] utilizzando la
propagazione di incertezza per quantità non correlate:
357
u 2    u 2  t     t 
u E  

 u 2 S 
S2
S4
2
(5)
Considerando che l‟incertezza sulla sensibilità può essere stimata
pari ad un 5%, risulta evidente come sia questo il fattore critico per la
valutazione dell‟esposizione al radon.
CONCLUSIONI
Il laboratorio di radioattività naturale di INAIL (Ex ISPESL) ha
adottato, come primo passo verso l‟accreditamento UNI CEI EN
ISO/ IEC 17025, il programma di assicurazione di qualità, descritto
nel presente lavoro.
Sono stati identificati una serie di parametri che permettono di
assicurare la qualità di ogni passaggio del protocollo operativo: lo
schema sotto riportato ne rappresenta una sintesi.
La qualità dell‟intero processo viene inoltre verificata attraverso la
periodica partecipazione ad esercizi di interconfronto.
Calibrazione
Test di accettazione
Sviluppo chimico
Fondo
Sensibilità di risposta
Calcolo
della

sensibilità per ogni
partita
Risposta lineare del

dosimetro
densità del materiale
ripetibilità

esattezza

Proprietà della soluzione
Temperatura

Conducibilità

Densità

Transito 157 kBqm-3h
Limite
superiore
rivelabilità
-3
10000 kBqm h
Limite di accettazione:
COV <0,5%

<2%

Limite di accettazione:

1°C
COV <2%

Limite di decisione
Ld=16 kBq h/m3
Limite di rivelazione
LR=33 kBq h/m3
358
di
RINGRAZIAMENTI
Gli autori desiderano ringraziare i colleghi dott. P. De Felice e dott.
F. Cardellini per i preziosi suggerimenti e le stimolanti discussioni.
BIBLIOGRAFIA
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360
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
STUDIO DELLA RISPOSTA DEI DOSIMETRI A FILM A
BASSE DOSI
S. Abate, M. Caresana, L. Garlati, O. Tambussi
Dipartimento di Energia – CESNEF- Politecnico di Milano
Via Ponzio 34/3 – 20133 Milano
INTRODUZIONE
Il Laboratorio di Radioprotezione del Dipartimento di Energia del
Politecnico di Milano dispone di un Servizio di Dosimetria dotato di
dosimetri a film per la dosimetria a corpo intero e di dosimetri a
termoluminescenza per la dosimetria delle estremità. In questo lavoro
si considera la risposta dei soli dosimetri a film.
Il documento della Commissione Europea Radiation Protection n.
160 “Technical Recommendation for Monitoring Individuals
Occupationalyi Exposed to External Radiation” [1] pone l‟attenzione
alla valutazione dell‟incertezza associata al valore di dose assegnata.
In questa prospettiva diventa fondamentale conoscere la soglia di
decisione (decision threshold) e il limite di rivelazione (Minimum
Detectable Value). A tal fine devono essere identificate tutte le
quantità che possono influenzare la misura: devono essere
caratterizzate dalla loro miglior stima e dall‟incertezza associata
(oppure da una funzione di densità di probabilità). Una volta
identificati tutti i fattori d„influenza e le incertezze ad essi associati, è
possibile applicare quanto indicato nelle norme ISO [2, 3] per
determinare la soglia di decisione, il limite di rivelazione e
l‟incertezza associata alla misura. Per quanto riguarda la dosimetria
fotografica, le prove sperimentali e i calcoli necessari per riuscire a
valutare queste grandezze sono molti.
Un primo passo verso la stima dell‟incertezza è indagare la risposta
dei dosimetri a basse dosi, così da ottenere i fattori d‟influenza per la
y(0) (dose nulla). Con la dicitura “basse dosi” in questo lavoro si
intendono valori di dose inferiori al limite di rivelazione storicamente
dichiarato dal Servizio, pari a 200 µSv.
361
Propriamente il limite di rivelazione è dipendente dall‟energia
incidente: si è scelto di iniziare l‟indagine considerando fasci di
radiazione di energia prossima al fascio di riferimento del Cs-137. In
questo modo si è potuto condurre gli irraggiamenti sia presso il
Centro di Taratura LAT n. 104 – Settore Radiazioni Ionizzanti del
Politecnico di Milano, utilizzando il fascio al Cesio descritto nella
norma ISO 4037-1 e con le modalità previste dalla norma ISO 40373 [4, 5]; sia presso il deposito rifiuti del reattore L54M, dove la
componente energetica maggiormente presente è quella del Cesio
137. Le misure presso il deposito rifiuti ha permesso di avere
irraggiamenti dinamici in campi di raziazione non collimati,
simulando così un dosimetro utilizzato dal personale.
I dosimetri sono stati irraggiati tutti su solid slab phantom. Nel casi
degli irraggiamenti presso il deposito rifiuti, la dose di riferimento
(valore convenzionalmente vero) è stata valutata tramite un rivelatore
elettronico DMC 2000 XB (MGP Instruments), posizionato sul
fantoccio assieme ai dosimetri. Le dosi impartite sono tutte inferiori a
200 µSv.
Per gli irraggiamenti si sono utilizzate due diverse partite di pellicole,
una di nuova produzione e una prossima alla scadenza. In questo
modo è possibile indagare l‟influenza dell‟invecchiamento della
pellicola.
I risultati vengono analizzati alla luce dei risultati ottenuti negli
interconfronti organizzati da Eurados.
MATERIALI E METODI
Caratteristiche del dosimetro e del servizio di dosimetria
Il dosimetro a corpo intero in utilizzo è un film badge (FB): il
contenitore alloggia cinque filtri metallici ed è dotato di una finestra;
la pellicola inserita è del tipo 22MUO Personal Monitoring,
commercializzato dalla AGFA Gevaert. La valutazione della dose
viene determinata tramite un algoritmo basato sulla soluzione in
forma discreta dell‟equazione di Fredholm al primo ordine. La bontà
dell‟algoritmo è stata oggetto di studi dedicati [6, 7].
Il Servizio di Dosimetria individuale con dosimetri fotografici è stato
iscritto dal luglio 1986 fino a luglio 2000 nell'elenco dei Servizi
362
affidabili ENEA-EDP per il Gruppo 3 (da 20 keV a 1,3 MeV) avendo
superato la prima prova di verifica dell'affidabilità e le successive
prove periodiche di conferma. Il limite inferiore di rivelazione
dichiarato era pari a 200 µSv. Non esistendo attualmente un sistema
di affidabilità dei servizi e non avendo mutato nulla nel sistema
dosimetrico, attualmente vengono dichiarati gli stessi intervalli di
risposta dosimetrica verificati in precedenza dal servizio di
affidabilità. Agli attuali utilizzatori del dosimetro viene fornito un
documento riportante le caratteristiche stesse del sistema e
indicazioni circa le dosi comunicate loro. Per quanto riguarda le dosi
rivelabili, il documento recita: “Il limite inferiore specificato, per la
radiazione elettromagnetica di energia inferiore a 200 keV, è di 200
µSv. Valori più bassi vengono indicati con <50 µSv e <200 µSv (si
intende una dose compresa tra 50 e 175 µSv). Se la pellicola non
risulta esposta viene indicato “zero”, intendendo con ciò un valore
minore di circa 3 µSv (max 5 µSv).
Il limite inferiore specificato, per la radiazione elettromagnetica di
energia superiore a 200 keV, è di 200 µSv. Quando il risultato è
inferiore, viene indicato come <200 µSv (si intende una dose
compresa tra 30 e 175 µSv). Se la pellicola non risulta esposta
affatto viene segnalato “zero”, intendendo con ciò un valore minore
di circa 30 µSv.”
Quindi, indipendentemente dall‟energia della radiazione incidente, la
minima dose rivelabile è di 200 µSv, al di sotto di tale dose si
dichiarano due o tre intervalli di dose a seconda dell‟energia della
radiazione incidente. La dichiarazione “Zero” indica una dose sotto
la soglia di decisione, l‟indicazione “<50 o <200 µSv” indica un
intervallo entro cui sta la dose effettiva ricevuta dal dosimetro, ma
affetta da un‟incertezza (elevata?!) non quantificabile.
Per quanto riguarda la stima dell‟incertezza, per i dosimetri a film
uno studio approfondito come indicato dal documento RP 160 non è
mai stato condotto. Per sopperire alla mancanza d‟informazione sulla
stima dell‟incertezza, all‟utente non si fornisce il valore ottenuto
dall‟algoritmo di elaborazione dei dati, ma una sua approssimazione:
per esempio, una dose assegnata pari a 250 µSv indica un risultato
dell‟algoritmo compreso tra 226 e 275 µSv.
363
Purtroppo la mancanza di dati precisi sotto i 175 µSv può essere un
problema, soprattutto per la classificazione dei lavoratori in categoria
B. Da parte degli utenti si hanno spesso richieste di avere
informazioni più precise.
La partecipazione agli interconfronti organizzati da Eurados per
sistemi dosimetrici a corpo intero [8, 9] ha permesso di verificare
l‟affidabilità del Servizio per dosi comprese tra 0.5 e 250 mSv per la
grandezza dosimetrica Hp(10), a diversi fasci energetici e a diverse
condizioni di irraggiamento. La partecipazione nell‟anno 2008 è stata
utile anche per apportare modifiche alle procedure di valutazione
della dose per dosimetri irraggiati con fasci angolati e ad alte dosi. In
questo modo si è passati da due valori al di fuori della curva a
trombetta nel 2008 a nessuno nel 2010, secondo quanto stabilito dalla
ISO 14146 [10] (figura 1).
I risultati dell‟interconfronto del 2010 mostrano però un trend di
sovrastima maggiore rispetto a quelli dell‟interconfronto del 2008.
Maggiori problemi di sovrastima si hanno per dosimetri irraggiati ad
angoli diversi da 0°. In media il rapporto tra dose misurata e dose
convenzionalmente vera è di 1.17. Dosi inferiori a 0.5 mSv restano
però non verificate da questi interconfronti.
Set di pellicole
Alcune caratteristiche delle pellicole possono cambiare col lotto di
produzione. Per questo motivo si lavora sempre con film prodotti in
contemporanea: questo significa avere una curva di controllo per lo
sviluppo dello stesso lotto di quella in utilizzo.
Inoltre va considerato che le pellicole acquisiscono dose dovuta alla
radiazione di fondo ambientale. Diventa importante avere un
dosimetro testimone (cioè un dosimetro non irraggiato) per ogni set
di dosimetri utilizzato per la dosimetria o per gli irraggiamenti di
prova.
364
R: rapporto tra dose misurata e dose
convenzionalmente vera
2008
limite superiore
limite inferiore
R
2,0
1,8
1,6
1,4
1,2
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
0,0
2,0
4,0
6,0
8,0
Dose convenzionalmente vera (mSv)
365
10,0
12,0
14,0
R: rapporto tra dose misurata e dose convenzionalmente
vera
2010
limite superiore
limite inferiore
R
2,0
1,8
1,6
1,4
1,2
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
0,0
2,0
4,0
6,0
8,0
10,0
Dose convenzionalmente vera (mSv)
12,0
14,0
Figura 1: Risultati relativi alla partecipazione agli interconfronto organizzati da Eurados nel 2008 e nel 2010 per il dosimetro fotografico a corpo intero del
Servizio di Dosimetria.
366
A mano a mano che la pellicola invecchia, si ha un peggioramento
dell‟immagine prodotta. Durante il normale svolgersi del Servizio di
Dosimetria, c‟è sempre un periodo di sovrapposizione tra pellicole di
diverse scadenza e in genere un lotto viene utilizzato circa tre mesi
dopo l‟arrivo in laboratorio, così da consentire tutte le verifiche
preliminari, e fino a un massimo di tre mesi prima della sua
scadenza, così da consentire all‟utente di restituire per tempo il
dosimetro.
Per indagare correttamente i limiti di rivelazione l‟ideale sarebbe
controllare una partita da quando è prodotta a quando arriva in
prossimità della scadenza (circa un anno). Per ottimizzare i tempi e
minimizzare le incertezze sulle modalità di irraggiamento, si sono
indagati dosimetri con pellicole di due diversi lotti: uno acquistato a
marzo 2011 con scadenza maggio 2012 (indicato in seguito con la
sigla NS) e uno acquistato a giugno 2010 con data di scadenza
maggio 2011 (indicato in seguito con la sigla VS).
Per ogni lotto si hanno a disposizione varie curve di riferimento e set
di due film di controllo delle curve stesse. Inoltre si hanno a
disposizione delle pellicole non irraggiate per la valutazione
dell‟omogeneità dei due lotti.
Irraggiamenti presso il Centro di Taratura e presso il locale
deposito rifiuti
Una serie di irraggiamenti è stata condotta presso il Centro di
Taratura per caratterizzare la strumentazione utilizzata e confrontare
i dati registrati dai diversi dosimetri. Questi irraggiamenti sono
caratterizzati da fasci ben collimati, zone di irraggiamento uniformi,
dose assegnate con incertezza pari a circa il 5% (k=2).
Preliminarmente a tutti gli irraggiamenti, presso il Centro è stato
tarato il dosimetro elettronico DMC 2000 XB (MGP Instruments) in
termini di grandezza operativa Hp(10).
Gli irraggiamenti, effettuati tutti su solid slab phantom, sono
schematizzati in tabella 1 e di seguito riassunti:
- irraggiamento contemporaneo di un dosimetro con pellicola
di NS e uno con pellicola di VS per verificare la risposta
delle pellicole di lotti diversi in condizioni di irraggiamento
statico;
367
-
-
irraggiamento contemporaneo di un dosimetro con pellicola
di NS e del dosimetro elettronico DMC per confrontare la
risposta e verificare l‟attendibilità dell‟utilizzo del dosimetro
elettronico come campione di prima linea nelle prove presso
il deposito isotopi;
irraggiamento a gruppi di 4 di dosimetri con pellicola di NS
da sviluppare a diversa distanza dalla data di irraggiamento,
per verificare effetti legati allo sviluppo delle pellicole.
La seconda serie di irraggiamenti è stata condotta presso il locale di
deposito dei bidoni dei rifiuti del reattore L54M e il locale antistante
il deposito. Presso questo deposito sono stoccati circa una trentina di
bidoni contenente rifiuti a bassa attività, ottenuti negli anni di
funzionamento del reattore e dall‟attuale decommissioning. Questi
rifiuti contengono in prevalenza Cs-137, Sr-90, Eu-152 e Am-241. In
questi locali è possibile simulare situazioni reali di campi di
radiazione durante l‟utilizzo del dosimetro a film a corpo intero: nel
locale deposito si ha un campo di radiazione multi sorgente ed
esteso, nel locale antistante si simula un campo di radiazione quasi di
singola sorgente e limitato per estensione.
Ogni irraggiamento prevede l‟utilizzo del dosimetro elettronico, di
un FB con pellicola di NS e uno con pellicola di VS. I dosimetri
vengono posizionati sullo solid slab phantom all‟interno di un
quadrato di riferimento di 20 x 20 cm2, abbastanza vicini da garantire
l‟uniformità di campo di radiazione, ma senza rischio di
sovrapposizione. La posizione dei tre tipi di dosimetro viene
mantenuta fissa. Il solid slab phantom viene adagiato sopra un bidone
dei rifiuti vuoto, munito di carrello girevole alla base, ottenendo una
specie di fantoccio. In figura 2 è mostrato l‟assetto d‟irraggiamento
presso il locale deposito rifiuti.
Per effettuare le misure dinamiche, il fantoccio può essere
movimentato tramite corde fisate ai manici del bidone dei rifiuti.
Gli irraggiamenti sono schematizzati in tabella 1 e qui riassunti:
-
nel locale deposito dei rifiuti serie di irraggiamenti (frontale,
rotazione di ±90° del fantoccio) per la determinazione della
componente maggioritaria dello spetto energetico;
368
-
-
nel locale deposito dei rifiuti serie d‟irraggiamenti in
posizione fissa (solid slab phantom posto frontalmente ai
bidoni);
nel locale deposito dei rifiuti serie d‟irraggiamenti in
movimento;
nel locale antistante il deposito un irraggiamento per la
determinazione della componente maggioritaria dello spetto
energetico;
nel locale antistante il deposito in presenza di un unico
bidone contenente rifiuti radioattivi serie d‟irraggiamenti in
posizione fissa (solid slab phantom posto frontalmente ai
bidoni);
nel locale antistante il deposito in presenza di un unico
bidone contenente rifiuti radioattivi serie d‟irraggiamenti in
posizione fissa.
Numero e tipo di
dosimetro
14 FB NS + 14FB
VS + DMC
11 FB NS + DMC
Da 10 a 200 Sv
Luogo di
irraggiamento
Centro di Taratura
Da 20 a 250 Sv
Centro di Taratura
24 FB NS + DMC
Da 40 a 250 Sv
Centro di Taratura
3 FB NS + 3 FB
VS
Determinazione
spettro
energetico
locale
Da 6 a 92 Sv
Locale deposito
Da 7 a 98 Sv
Locale deposito
Determinazione
spettro
energetico
locale
Da 12 a 118 Sv
Locale antistante
deposito
Statica
Slab + bidone
Dinamica
Slab + bidone
Statica
Slab + bidone
Locale antistante
deposito
Locale antistante
deposito
Statica
Slab + bidone
Dinamica
Slab + bidone
5 FB NS + 5 FB
VS + DMC
5 FB NS + 5 FB
VS + DMC
1 FB NS + 1 FB
VS
5 FB NS + 5 FB
VS + DMC
5 FB NS + 5 FB
VS + DMC
Intervallo di dose
Da 8 a 84 Sv
Locale deposito
Modalità
Slab, 0°, distanza
180 cm
Slab, 0°, distanza
180 cm
Slab, 0°, distanza
180 cm, coppie di
4 FB
Statica
Slab + bidone
Tabella 1: Schema degli irraggiamenti effettuati (FB: film badge, NS: nuova scadenza, VS:
vecchia scadenza, DMC: dosimetro elettronico).
369
Figura 2: Irraggiamenti presso il locale deposito isotopi. I dosimetri a film e il lettore elettronico
sono attaccati al solid slab phantom.
RISULTATI
Prove di omogeneità
I primi film ad essere analizzati sono quelli non irraggiati inseriti per
il controllo dell‟omogeneità.
Tutti i film sono stati sviluppati assieme, posizionati uno di seguito
all‟altro all‟interno del bagno di sviluppo; sono stati letti in
corrispondenza dei sei campi di lettura abituali delle pellicole
(finestra, filtro Al, filtro 0.2 Cu, filtro 1 Cu, filtro Sn e filtro Pb), sia
per la vecchia sia per la nuova scadenza. In tabella 2 si riportano le
letture di densità ottica massime e minime, lette sullo zero
strumentale, il valor medio e la variazione percentuale. Come si può
notare, pellicole prodotte di recente danno minore variazione di
370
lettura sulle pellicole non irraggiate rispetto a pellicole in prossimità
della data di scadenza. Ai fini del Servizio di Dosimetria, la
differenza di dose registrata da questi film è stata considerata come la
dose sotto cui è impossibile distinguere un irraggiamento da un
valore dovuto al fondo ambientale per radiazione con energia
maggiore di 200 keV (dose attribuita “Zero”).
Questo permette di avere un metodo di screening tra dosimetri
irraggiati e dosimetri simili al dosimetro testimone: si considerano
irraggiati film che hanno letture di densità ottica sotto finestra
maggiori dello scostamento massimo ottenuto nelle prove di
omogeneità. Correttamente, questo valore dovrebbe essere valutato
tramite una funzione di distribuzione di probabilità a partire da questi
dati e verificando come questo fattore influenzi il calcolo delle dosi.
Oltre alla disomogeneità, dovranno essere tenuti in conto gli effetti
dovuti alle diverse condizioni di sviluppo e la disomogeneità di
lettura all‟interno di ogni singolo campo. Tutte queste variabili
devono essere valutate correttamente, attraverso più prove e un
numero di pellicole sufficientemente grande. Purtroppo non è una
procedura così semplice da essere condotta per ogni nuovo lotto.
Si è pertanto deciso di fare una valutazione semiquantitativa: si
considera come valore soglia lo scostamento medio tra le letture di
densità ottica. Per la nuova scadenza questo valore è pari a 0.010, per
la vecchia scadenza è di 0.030. Questi valori soglia vengono
verificati sui film irraggiati nelle prove seguenti.
Finestra
Nuova
scadenza
Vecchia
scadenza
Min
Max
Media
Var %
Min
Max
Media
Var %
0,358
0,369
0,364
3,0%
0,615
0,653
0,632
6,0%
Filtro
Al
0,359
0,368
0,364
2,5%
0,613
0,638
0,626
4,0%
Filtro
0.2 Cu
0,359
0,369
0,364
2,7%
0,617
0,638
0,627
3,4%
Filtro
1 Cu
0,363
0,37
0,367
1,9%
0,616
0,646
0,633
4,7%
Filtro
Sn
0,364
0,369
0,367
1,4%
0,617
0,646
0,629
4,6%
Filtro
Pb
0,365
0,372
0,368
1,9%
0,618
0,653
0,631
5,5%
Tabella 2: Analisi dei dati relativi alle letture di densità ottiche su pellicole non irraggiate.
371
Prove solo su film di nuova scadenza
Le pellicole di nuova scadenza irraggiate a gruppi di 4 a basse dosi
sono state sviluppate in tempi diversi (set A sviluppato il 25/7/2011,
set B il 2/8/2011, set C e D il 30/8/2011). In tabella 3 si riportano i
risultati. Per la dose registrata dai film badge, in tutte le tabelle si
riporta la dose esatta calcolata dall‟algoritmo, che rappresenta la
soluzione con il valore minore della funzione 2.
La lettura sotto finestra dei film irraggiati a 40 µSv è risultata essere
all‟interno dello scostamento di 0.010 (densità ottica min 0.017 –
max 0.027). L‟algoritmo per il calcolo delle dosi sovrastima
mediamente del 34% per valori di dose così bassi, in accordo anche
con i risultati ottenuti nell‟interconfronto Eurados. La sovrastima è
maggiore per dosi minori.
I risultati relativi ai due set di dosimetri sviluppati in contemporanea
(C e D) dimostrano come si possano avere dosi diverse da dosimetri
che hanno avuto lo stesso iter: per questi dosimetri si possono
escludere influenze dovute allo sviluppo delle pellicole.
v.c.v.
Hp(10)
(µSv)
40±2
100±5
150±8
175±9
200±10
250±12
Dose
registrata
dai FB
set A
(µSv)
58
138
185
208
250
302
Dose
registrata
dai FB
set B
(µSv)
62
136
190
224
262
314
Dose
registrata
dai FB
set C
(µSv)
53
121
196
232
252
321
Dose
registrata
dai FB
set D
(µSv)
68
151
214
247
273
341
Media
Scarto
tipo
60
137
196
228
259
320
49%
36%
31%
30%
30%
28%
Tabella 3: Dosi registrate da dosimetri fotografici irraggiati contemporaneamente e sviluppati in
tempi diversi confrontate col valore di dose convenzionalmente vero (v.c.v.). Le dosi sono espresse
nella grandezza dosimetrica Hp(10). Le pellicole appartengono tutte allo stesso lotto (NS).
Le dosi registrate dai film irraggiati presso il Centro di Taratura
assieme al dosimetro elettronico DMC sono riportate in tabella 4. I
dati relativi al dosimetro elettronico sono già corretti per il fattore di
taratura e riportati con incertezza pari a un fattore di copertura k=2.
372
Lo scarto tipo si mantiene sotto il 20%: c‟è buon accordo tra il valore
convenzionalmente vero e le dosi ottenute dal fit dei dati di lettura
delle densità ottiche.
Va fatto notare che le letture di densità ottica iniziano ad essere
superiori a 0.010 e a mostrare un trend in crescendo (e non casuale)
solo dal film con dose assegnata pari a 50 µSv.
v.c.v. Hp(10)
(µSv)
20±1
30±1
40±2
50±3
75±4
100±5
125±6
150±8
175±9
200±10
250±13
Dose registrata da
DMC (µSv)
20±1
29±2
40±2
50±3
76±5
105±6
126±8
154±9
179±11
202±12
256±16
Dose registrata da
FB (µSv)
20
35
40
42
84
115
145
166
196
234
295
Scarto tipo
1%
17%
0%
-16%
12%
15%
16%
10%
12%
17%
18%
Tabella 4: Dosi registrate dal dosimetro elettronico DMC e dai dosimetri fotografici irraggiati
contemporaneamente. Le pellicole appartengono tutte allo stesso lotto (NS).
Prove su pellicole di entrambi i lotti
I dosimetri irraggiati nelle prove in cui si ha la presenza di pellicole
di entrambi i lotti sono stati sviluppati in contemporanea entro la data
di scadenza del lotto più vecchio.
Si analizzano per primi i dati dei dosimetri irraggiati in
contemporanea al Centro di Taratura. Irraggiamenti a valori
significativi di dose per l‟espletamento del Servizio di Dosimetria
sono stati ripetuti: 30 µSv rappresenta la soglia per l‟attribuzione di
dose nulla, 100 µSv rappresenta il valore medio dell‟intervallo di
dose assegnato come “<200 µSv”, mentre 175 µSv è la minima dose
rivelabile dichiarata.
I risultati dell‟elaborazione dei dati sono riportati in tabella 5. Nelle
colonne relative al lotto di nuova scadenza è introdotta una linea che
indica i dosimetri da cui si inizia ad avere una lettura di densità ottica
superiore a 0.010. Il film irraggiato a più bassa dose ha dato letture
tutte nulle o negative. Gli scarti tipi si mantengono al di sotto del
373
20% per dosi significative dal punto di vista della densità ottica letta.
Questi dati confermano quanto trovato negli irraggiamenti di tabella
4.
Per quanto riguarda i film di vecchia scadenza, tutte le letture sono
risultate superiori a 0.030. Le dosi registrate sono però risultate
essere poco attendibili fin oltre alla dose assegnata di 100 µSv, per
cui si ha uno scarto tipo inferiore a 50%.
v.c.v. Hp(10)
(µSv)
10±1
20±1
30±2
30±2
40±2
50±2
75±4
100±5
100±5
128±6
153±8
176±9
177±9
202±10
Scadenza maggio 2012 (NS)
Dose registrata
Scarto
da FB (µSv)
tipo
Non letto
---15
-26%
23
-25%
24
-21%
25
-38%
43
-13%
71
-5%
103
3%
105
5%
134
5%
174
14%
202
15%
207
17%
236
17%
Scadenza maggio 2011 (VS)
Dose registrata
Scarto tipo
da FB (µSv)
74
644%
78
291%
87
191%
127
325%
140
250%
151
203%
184
146%
217
117%
192
92%
173
36%
199
30%
231
31%
237
34%
254
26%
Tabella 5: Dosi registrate da dosimetri fotografici, appartenenti a due differenti lotti di produzione
e irraggiati contemporaneamente, e confrontate col valore di dose convenzionalmente vero (v.c.v.).
La linea nera rappresenta la divisione tra pellicole con lettura di densità ottica inferiore e
superiore alla soglia di 0.010.
I dosimetri irraggiati presso il locale di deposito dei rifiuti radioattivi
per verificare lo spetto energetico hanno confermato che la
componente maggiormente presente nella radiazione incidente sul
fantoccio è quella del Cs-137, congruentemente con i dati noti del
contenuto dei singoli bidoni. Inoltre la dose registrata dai due
dosimetri con pellicole di diversa scadenza è stata la stessa, così da
avere una conferma dell‟omogeneità di campo di radiazione nella
zona di posizionamento dei dosimetri, almeno per la posizione di
irraggiamento per le esposizioni statiche (irraggiamento frontale). A
374
causa dei lunghi tempi di irraggiamento per ottenere questi dati, non
si è potuto lasciare in misura il dosimetro elettronico DMC.
Nelle tabelle 6 e 7 si riportano i dati relativi agli irraggiamenti
effettuati presso il locale deposito per le due diverse partite di
pellicole. Nella tabella 6 vengono confrontati i dati relativi alle
esposizioni statiche e nella tabella 7 quelle relative alle esposizioni
dinamiche. Le linee nere separano di dosimetri per cui le letture
stanno sopra o sotto la soglia di 0.010 per la NS e di 0.030 per la VS.
Va premesso che il programmi di elaborazione dei dati assegna la
dose in base alla combinazione energetica che permette di avere la
funzione 2 minimizzata. Per gli irraggiamenti condotti presso il
Centro di Taratura, la dose era dovuta completamente alla
componente energetica di 662 keV del Cs-137. Per gli irraggiamenti
presso il locale deposito e quello antistante il deposito, le dosi
ottenute sono dovute in prevalenza alla componente energetica
maggiormente presente, ma anche in parte ad altra componente
energetica, spesso inferiore a 200 keV, per cui la pellicola fotografica
risulta essere molto più sensibile.
Durata
irraggiamento
(minuti)
v.c.v.
Hp(10)
(µSv)
7
15
30
60
90
5,8±0.4
15±1
30±2
59±4
89±5
Scadenza maggio 2012
(NS)
Dose
registrata da
FB (µSv)
Scarto
tipo
33
41
47
84
116
470%
179%
57%
42%
30%
Scadenza maggio
2011 (VS)
Dose
registrata
Scarto
da FB
tipo
(µSv)
Non letto
--16
9%
35
18%
63
6%
98
10%
Tabella 6: Dosi registrate da dosimetri fotografici, appartenenti a due differenti lotti di produzione
e irraggiati contemporaneamente presso il locale deposito rifiuti in modalità statica. La linea nera
rappresenta la divisione tra pellicole con lettura di densità ottica inferiore e superiore alla soglia
di 0.030.
375
Durata
irraggiamento
(minuti)
v.c.v.
Hp(10)
(µSv)
7
15
30
60
90
6,8±0.4
16±1
33±2
62±4
95±6
Scadenza maggio 2012
(NS)
Dose
registrata
Scarto
da FB
tipo
(µSv)
8
22%
9
-39%
42
27%
72
16%
116
22%
Scadenza maggio
2011 (VS)
Dose
registrata da
FB (µSv)
Scarto
tipo
Non letto
40
64
99
66
--156%
94%
59%
-30%
Tabella 7: Dosi registrate da dosimetri fotografici, appartenenti a due differenti lotti di
produzione e irraggiati contemporaneamente presso il locale deposito rifiuti in modalità dinamica.
La linea nera rappresenta la divisione tra pellicole con lettura di densità ottica inferiore e
superiore alla soglia di 0.030..
I dati attendibili, cioè con letture di densità ottica superiori ai valori
soglia stabiliti, risultano quelli sopra i 30 µSv. I dosimetri con
pellicole di nuova scadenza nelle esposizioni statiche hanno
registrato valori superiori alla dose di riferimento data dal dosimetro
elettronico. Non è completamente da escludere l‟ipotesi di
disuniformità del campo di radiazione.
Il passaggio da esposizioni statiche a quelle dinamiche porta a
risultati peggiori per le pellicole di VS, mentre migliorano quelle di
NS.
I dosimetri, irraggiati con solo uno dei bidoni per la determinazione
dello spettro energetico nel locale antistante il deposito dei rifiuti,
hanno confermato la presenza di Cs-137 e Sr-90 in minor quantità,
come dichiarato sull‟etichetta affissa all‟esterno del bidone. Anche in
questo caso le dosi registrate dai due film sono risultate uguali.
In tabelle 8 e 9 si riportano i dati relativi agli irraggiamenti effettuati
presso il locale antistante il deposito per le due diverse partite di
pellicole. Nella tabella 8 vengono confrontati i dati relativi alle
esposizioni statiche e nella tabella 9 quelle relative alle esposizioni
dinamiche. Le linee nere hanno la stessa funzione di quelle delle
tabelle 6 e 7.
376
Durata
irraggiamento
(minuti)
v.c.v.
Hp(10)
(µSv)
8
15
30
45
75
12±1
23±1
45±3
70±4
114±7
Scadenza maggio
2012 (NS)
Dose
Scarto
registrata da
tipo
FB (µSv)
31
170%
52
122%
76
71%
93
33%
147
29%
Scadenza maggio 2011
(VS)
Dose
Scarto
registrata da
tipo
FB (µSv)
12
-0,2%
61
163%
89
100%
92
32%
157
37%
Tabella 8: Dosi registrate da dosimetri fotografici, appartenenti a due differenti lotti di
produzione e irraggiati contemporaneamente presso il locale antistante il deposito rifiuti in
modalità statica. La linea nera rappresenta la divisione tra pellicole con lettura di densità ottica
inferiore e superiore alla soglia di 0.030.
Durata
irraggiamento
(minuti)
v.c.v.
Hp(10)
(µSv)
8
15
30
45
75
7.8±0.5
23±1
30±2
51±3
81±5
Scadenza maggio
2012 (NS)
Dose
Scarto
registrata da
tipo
FB (µSv)
31
302%
60
158%
50
67%
65
27%
79
-3%
Scadenza maggio 2011
(VS)
Dose
Scarto
registrata da
tipo
FB (µSv)
30
288%
44
91%
48
58%
65
27%
93
14%
Tabella 9: Dosi registrate da dosimetri fotografici, appartenenti a due differenti lotti di
produzione e irraggiati contemporaneamente presso il locale antistante il deposito rifiuti in
modalità dinamica. La linea nera rappresenta la divisione tra pellicole con lettura di densità ottica
inferiore e superiore alla soglia di 0.010 ( NS) e di 0.030 (VS).
Per tutte le pellicole tutti gli irraggiamenti a dosi inferiori a 50 µSv
danno uno scarto troppo alto, confermando anche la validità di porre
una soglia di lettura sotto cui non è attendibile calcolare la dose. Si
hanno meno differenze tra le pellicole delle due partire, mentre
sembra essere meno influente il tipo di esposizione (statica o
dinamica).
Questi ultimi irraggiamenti sono quelli che rappresentano meglio la
situazione d‟impiego usuale dei dosimetri a film: presenza di un
numero finito di sorgenti (in genere una o due) e movimento
dell‟utilizzatore all‟interno della stanza con presenza statica in
prossimità della sorgente limitata nel tempo.
377
CONCLUSIONI
Gli irraggiamenti condotti su dosimetri a film con pellicole prodotte
in lotti diversi ha permesso di verificare l‟utilità di porre una soglia
di lettura sulla densità ottica sotto cui non è possibile dare indicazioni
di dose. Propriamente questo valore varia nel tempo con
l‟invecchiamento della pellicola.
Alla luce dei risultati ottenuti, per la radiazione di energia superiore a
200 keV, è necessario rivedere il valore di soglia adottato dal
Servizio per l‟attribuzione della dose pari a “Zero”: si dovrebbe
passare dall‟attuale valore di 30 µSv al valore di 50 µSv per la
grandezza dosimetrica Hp(10).
In caso di lavoratori soggetti a ricevere dosi inferiori a 200 µSv, è
utile l‟utilizzo contemporaneo di un dosimetro elettronico e di un
dosimetro fotografico, per poter valutare su un periodo di tempo
significativo le dosi effettivamente ricevuto dal lavoratore. In questo
modo si ha anche la sicurezza di classificare correttamente il
lavoratore.
Occorre proseguire lo studio prendendo in considerazione solo fasci
di energia inferiore a 200 keV, zona dello spettro energetico di
massima sensibilità delle pellicole. Sarebbe auspicabile effettuare
anche per queste componenti energetiche “misure in campo”. Infine
dovrebbe essere ripetuto tutto anche per campi di radiazione misti.
BIBLIOGRAFIA
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Radiation (2009)
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378
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radiation (2000)
379
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
SVILUPPO E CARATTERIZZAZIONE DI UNA
SORGENTE DI 220RN (THORON) E REALIZZAZIONE DI
UNA CAMERA DI TARATURA.
R. Buompanea, V. Rocaa,b, F. De Ciccoc, M. Pugliesea,b, M. Quartoa,
C. Sabbareseb,c
a
Dipartimento di Scienze Fisiche, Università degli Studi di Napoli Federico II, Italy
b
Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Sezione di Napoli, Italy
c
Dipartimento di scienze Ambientali, Seconda Università degli Studi di Napoli, Italy
ABSTRACT
Il recente interesse e sviluppo per le misure di concentrazione di
220
Rn in aria, in particolare nei luoghi sotterranei, ha reso necessario
lo sviluppo di standard per la taratura degli strumenti e per
permettere il confronto di misure fatte in diverse condizioni. A causa
della vita media breve del 220Rn le tecniche consolidate per la
creazione di atmosfere controllate di 222Rn non sono efficaci.
Si è perciò sviluppato un nuovo protocollo per la caratterizzazione di
sorgenti di 220Rn e produzione di atmosfere con concentrazione di
attività nota.
La sorgente è stata sviluppata utilizzando campioni naturali
contenenti 232Th e misurando la loro emanazione di 220Rn. Essa è
inserita in una camera, di volume pari a 33 litri, corredata da un
rivelatore a raccolta elettrostatica e altri sensori per la misura di
attività e parametri ambientali. L‟omogeneità all‟interno
dell‟apparato è assicurata da una ventilazione interna alla camera.
I primi risultati sperimentali e calcoli teorici mostrano la stabilità, la
linearità del sistema e l‟omogeneità di concentrazione all‟interno
della camera.
INTRODUZIONE
Il 220Rn, chiamato thoron, è un isotopo naturale del radon con vita
media di 55.6 s.
La concentrazione di thoron negli ambienti domestici è normalmente
molto inferiore di quella del radon. Infatti, benché la concentrazione
380
di 232Th naturale sia superiore a quella dell‟238U, a causa della vita
media breve la concentrazione in aria di thoron dipende fortemente
dalla distanza dal punto di origine del gas e diventando spesso
trascurabile.
Ma in alcuni casi la concentrazione di thoron non può essere
ignorata: alti livelli di concentrazione di attività di thoron si possono
trovare in zone con sedimenti rocciosi e granitici ricchi di 232Th poco
ventilate, come per esempio miniere, gallerie, cantine, etc.
Oltre alla valutazione della concentrazione di thoron per motivi di
radioprotezione diretti, il thoron ha un ruolo importante nelle misure
di radon dove è necessario riuscire a discriminare i diversi contributi
dovuti ai due isotopi, per minimizzare il fondo e per ottenere
informazioni aggiuntive rispetto alla sola concentrazione.
La misura della concentrazione di thoron con rivelatori attivi o
passivi richiede quindi la taratura di tali strumenti. Mentre per il
radon si dispone di tecniche consolidate per la creazione di atmosfere
di concentrazione nota per la taratura dei rivelatori e per lo studio del
comportamento dei suoi prodotti di decadimento (pdd), per il thoron
si è ancora in pieno sviluppo di tali sistemi. Il problema principale
nella gestione e realizzazione di atmosfere di concentrazione di
attività di thoron da usare come standard sta nella vita media breve
del gas, che non permette l‟utilizzo delle stesse tecniche usate per il
radon.
In questo quadro è quindi importante sviluppare apparati che
permettano la taratura dei rivelatori, ma anche lo studio del thoron e
dei suoi pdd e delle interferenze tra thoron e radon. Strumenti adatti a
tale scopo sono le “camere thoron”.
Di seguito è descritta la camera thoron sviluppata nel Laboratorio di
Radioattività dell‟Università Federico II, il metodo usato per lo
sviluppo e la caratterizzazione delle sorgenti e il loro utilizzo per la
taratura della camera thoron.
SORGENTE DI 220RN
Le sorgenti thoron sono state sviluppate a partire da campioni
naturali. La prima fase necessaria per la caratterizzazione è lo
sviluppo di un protocollo per la misurazione dell‟emanato e del rate
di emanazione.
381
Le sorgenti utilizzate si possono dividere in due famiglie a diversa
attività. Un gruppo di sorgenti ad attività medio bassa che sono state
ricavate da delle reticelle per lampade a gas contenenti 232Th. L‟altra
sorgente ad alta attività è stata ottenuta da un campione di ossido di
torio.
Come detto, le sorgenti con attività medio bassa sono ricavate da
delle reticelle per lampade a gas. Il torio è legato alle reticelle e,
normalmente, i prodotti di decadimento del torio rimangono
anch‟essi all‟interno della reticella, cosi nelle reticelle si trovano tutti
i radionuclidi della serie radioattiva del 232Th.
Le reticelle in dotazione sono 8 e sono state divise in tre gruppi, uno
da quattro e due da due. Ai diversi gruppi di reticelle sono stati
assegnati dei codici di riconoscimento, come riportato in tabella 1,
che saranno usati in seguito per riferirsi alle sorgenti.
La divisione delle reticelle in varie sorgenti permette di poter
realizzare diverse concentrazioni di attività di thoron, esponendo in
camera le diverse sorgenti o loro combinazioni.
La sorgente ad alta attività è stata realizzata inserendo un campione
di ossido di torio in una capsula petri e ricoprendolo con un panno di
spugna, che permette al thoron di emanare liberamente e tiene
confinata la parte solida, per evitare eventuali perdite del campione.
Anche a quest‟ultima sorgente è stato assegnato un codice
identificativo, con il quale sarà indicata la sorgente in seguito.
Descrizione sorgente
2 reticelle integre in capsula
petri da 6cm
2 reticelle tagliate in capsula
petri da 6cm
4 reticelle integre in capsula
petri 10cm
Ossido di torio in capsula petri
da 6cm
Codice identificativo
sorgente
MTh2A
MTh2B
MTh4A
STh20A
Tabella 1 : codici identificativi delle diverse sorgenti.
382
Attività (Bq)
Descrizione
dell‟emanazione
e
dell‟accumulo
delle
concentrazioni.
La tecnica usata per la caratterizzazione della sorgente sfrutta il
disequilibrio tra i radionuclidi precedenti il thoron e quelli seguenti.
Infatti, preso un campione con un certo coefficiente di emanazione
costante, solo una parte del thoron prodotto dal radio, interno al
campione, decade all‟interno della sorgente stessa. Essendo la
percentuale di thoron trattenuto una caratteristica della sorgente si
raggiungerà all‟interno del campione equilibrio tra il thoron
trattenuto e i suoi pdd. Lo stesso accade fuori dalla sorgente dove si
raggiungerà equilibrio tra il thoron emanato e i suoi prodotti di
decadimento.
In figura 1 è mostrato l‟andamento che ha l‟attività del thoron esterno
alla sorgente, e dei suoi pdd, in caso di rate di emanazione costante.
Rn220
1000
900
800
700
600
500
400
300
200
100
0
0
0,5
Po216
1
Pb212
1,5
2
Tempo (Giorni)
Bi212
2,5
3
3,5
Figura 1: attività thoron emanato e suoi pdd in un volume con chiusura ermetica .
Questo fenomeno è stato sfruttato per la realizzazione dell‟atmosfera
a concentrazione di attività nota. Infatti, chiudendo una sorgente che
emana una quantità costante di thoron all‟interno di un volume di
riferimento, si ottiene una concentrazione di attività di thoron nota e
costante.
Caratterizzazione delle sorgenti
La caratterizzazione della sorgente è stata eseguita attraverso delle
misure di spettrometria γ eseguite con il rivelatore HpGe.
383
Per la misura dell‟attività si sono definiti due diversi metodi di
misura: uno viene effettuato preliminarmente per essere sicuri che
nella serie non ci siano disequilibri, il secondo è quello pratico che si
esegue poi durante l‟uso normale della sorgente.
La prima misura è divisa in due fasi. Nella prima il contenitore con la
sorgente viene chiuso e lasciato chiuso per circa 40 giorni. In questo
modo si raggiunge l‟equilibrio tra i diversi radionuclidi del
campione, e si misura l‟attività della sorgente, attraverso misure
gamma con HpGe.
Una volta controllato che ci sia equilibrio tra i radionuclidi della
serie, si calcola l‟attività della sorgente riferendosi al 212Pb
appartenente alla seconda parte della serie.
Per la seconda fase della misura la sorgente viene aperta e tenuta
aperta per 3 giorni, affinché il 212Pb prodotto dal thoron emanato
durante il periodo di chiusura decada e nella sorgente rimanga solo il
212
Pb in equilibrio con il thoron non emanato.
A questo punto si procede a eseguire una nuova misura gamma,
posizionando la sorgente sul rivelatore e installando un sistema di
ventilazione che porta via il thoron emanato. La ventola è necessaria
per evitare che il thoron emanato decada vicino alla sorgente e i suoi
pdd si accumulino sulla superficie della stessa. Cosi facendo si
misura solo il 212Pb in equilibrio con la concentrazione del thoron
non emanato e per differenza si conosce la quantità di thoron
emanato dalla sorgente.
La seconda tecnica sfrutta, direttamente il disequilibrio tra la prima
parte della serie radioattiva e la seconda. Si sono usati come
riferimenti l‟228Ac e il 212Pb appartenenti rispettivamente alla prima e
alla seconda parte della serie. Il primo è stato scelto perché emette
gamma su un largo range di energia, permettendo una misura più
precisa. Il secondo per essere il primo pdd del thoron che emette
gamma.
Si raccoglie uno spettro gamma con la sorgente aperta e con la
ventilazione attiva. Cosi facendo si misura la quantità di thoron
emanato come differenza tra l‟attività dell‟228Ac e il 212Pb.
Per la ripetibilità delle misure è stato creato un protocollo che fissa i
tempi e le modalità della misura.
I risultati delle misure sono mostrarti in tabella 2.
384
Sorgente
Rn220 emanato Bq
MTh2A
273 ± 41
MTh2B
268 ± 40
MTh4A
623 ± 69
STh20A
15550 ± 1400
Tabella 2: attività di Rn220 emanato dalla sorgente.
LA CAMERA THORON
Apparato sperimentale
La camera in cui si produce l‟atmosfera ad attività nota è costituita
da un cilindro di acciaio dal volume di 32.7 litri. In dotazione alla
camera ci sono due rivelatori sensibili alla concentrazioni di gas
radioattivo in camera, un set di sensori per il monitoraggio di
temperatura, umidità e pressione e diverse valvole per l‟ingresso e
l‟uscita di gas dalla camera.
Lo schema della camera è mostrato in figura 2 e in seguito sono
elencati in modo più dettagliato i componenti dell‟apparato
sperimentale.
Figura 2: Schema della camera thoron.
385
Gli elementi principali che costituiscono il sistema sono:
1- La camera costituita da un cilindro di acciaio con un volume
interno di 32.7 ± 0.7 litri.
2- Un monitor interno, che consiste in un rivelatore a raccolta
elettrostatica su rivelatore al silicio, di volume di circa 70
cm3, usato come monitor interno della camera.
3- Una ventola di redistribuzione del gas. La ventola crea il
flusso di aria nel circuito per ridistribuire e uniformare l‟aria
e il radon al suo interno.
4- Un set di sensori per parametri ambientali. I sensori sono tre
uno per la pressione, uno per la temperatura e uno per
l‟umidità. L‟insieme dei sensori è gestito da una scheda
elettronica interfacciata con una porta seriale al sistema
RaMona.
5- Una pompa da vuoto, usata per lo svuotamento della camera
e la gestione della pressione interna.
6- Un sistema, costituito da una pompa di ricircolo, un
misuratore di flusso e un circuito di tubi in teflon, per il
trasporto del gas all‟esterno della camera.
La misura del thoron mediante la raccolta elettrostatica
Il rivelatore a raccolta elettrostatica, che costituisce il monitor di
riferimento interno del sistema, si basa sul trasporto degli ioni
positivi, tramite un campo elettrico, su di un rivelatore a stato solido
dove poi decadono.
Esso è costituito da una semisfera, con volume di 250ml, sulla cui
base è inserito il rivelatore al silicio. La semisfera è costituita da una
rete metallica che viene portata ad alta tensione (3000V), Il rivelatore
è invece portato a massa insieme alla camera radon. Esso ha una
superficie attiva di 100 mm2 e uno spessore di 100 micron.
386
Figura 3: Monitor interno a raccolta elettrostatica
Le linee di forza del campo all‟interno del volume sono dirette verso
il rivelatore; all‟esterno invece vanno dalla semisfera verso le pareti
della camera. I discendenti del radon prodotti all‟interno della
semisfera sono trasportati dal campo sulla superficie del rivelatore
dove producono uno spettro alfa ad alta risoluzione, in quanto le
particelel alfa venono emesse direttamente sulla superficie del
rivelatore e quindi non subiscono alcun degrado in energia. Una volta
arrivato e decaduto il radionuclide continua a subire i decadimenti
successivi, consentendo la rivelazione nelle stesse condizioni di altre
particelle alfa.
All‟interno della camera vengono misurati i parametri ambientali, in
quanto l‟efficienza di raccolta della camera è sensibile ad essi,
essendo dovuta alle modalità del trasporto degli ioni dal punto di
decadimento al punto di raccolta. Il trasporto è influenzato dalle
condizioni del mezzo in cui avviene, quindi dalla temperatura, dalla
pressione e dall‟umidità. Il fatto che il sistema venga usato in
condizioni standard riduce in parte questo problema; studi di
caratterizzazione precedenti, hanno consentito di conoscere la
dipendenza dell‟efficienza da questi parametri e quindi di valutare e
compensare la loro influenza ( Roca, 2004, Venoso,2007).
Per scegliere la tensione di raccolta ottimale sono state eseguite
misure a concentrazione di attività costante variando la tensione di
raccolta.
Per monitorare la raccolta al variare della tensione si è scelto di
seguire il 216Po che va subito in equilibrio con il thoron e, avendo
tempo di dimezzamento molto breve , 0.15 secondi, non da grossi
387
problemi di accumulo sul rivelatore. Le misure sono state effettuate
per 30 minuti a ogni tensione con un tempo di attesa tra una misura e
la successiva di 5 minuti, necessari per cambiare la tensione di
raccolta e far decadere il 216Po residuo dalla misura precedente
(figura 6).
Si evidenzia una crescita dell‟efficienza di raccolta all‟aumentare
della tensione fino ad arrivare a un valore di saturazione di circa
3000 V, valore che è stato scelto come tensione di lavoro del
rivelatore.
Gli spettri ottenuti con il rivelatore descritto, uno dei quali è mostrato
in figura 4 , presentano, nel caso del thoron, tre picchi. Il primo è
dovuto al 212Bi, il secondo al 216Po e il terzo al 212Po le cui energie
sono rispettivamente di 6.1 MeV, 6.8 MeV e 8.8 MeV.
Spettro
thoron
Spettro
thoron
600
conteggi
500
400
300
200
100
0
1200
1450
1700
1950
2200
2450
2700
canale
Figura 4: Spettro gamma dei prodotti di decadimento del thoron, ottenuto con il monitor interno.
La possibilità di fare spettroscopia permette quindi di analizzare
indipendentemente l‟andamento dell‟attività dei singoli radionuclidi
della serie permettendo di scegliere volta per volta il radionuclide più
adatto alla tipologia di misura a cui si è interessati.
Infatti il 216Po essendo il primo della serie ed il più veloce si presta
per misure in cui interessi monitorare le variazioni nel breve termine
del thoron.
Mentre gli altri due sono interessanti nei casi in cui interessi avere
informazioni mediate della concentrazione in camera e variazioni sul
lungo termine.
388
In figura 5 è mostrato l‟andamento dei conteggi in camera in
funzione del tempo ( Figura 5). Il primo punto corrisponde all‟attività
subito dopo l‟inserimento della sorgente in camera. Si vede
chiaramente la crescita rapida del 216Po e quella più lenta del 212Po e
del 212Bi.
Figura 5: andamento dei cps in funzione del tempo, dopo l’inserimento in camera di una sorgente
di thoron.
CARATTERIZZAZIONE AL THORON
L‟andamento dell‟attività in camera
Il thoron decade velocemente tanto da non riuscire a diffondere
uniformemente in camera. Studi teorici e sperimentali hanno
misurato l‟andamento della concentrazione di thoron in funzione
della distanza dalla sorgente. (Rottger,2009, 2010 - Nikezic, 2007)
Misure in camera sono quindi necessarie per verificare le condizioni
in cui si riesce a ottenere un uniforme distribuzione del gas in
camera. Le misure vengono eseguite sia inserendo rivelatori passivi
in diverse posizioni della camera, in modo da coprire buona parte del
suo volume, sia usando i monitor attivi della camera e variando la
posizione della sorgente. In condizioni normali non c‟è omogeneità
nella distribuzione del gas in camera, come si vede dai grafici di
alcune di queste misure mostrati nella figura 6
389
4,5
4
3,5
3
Lato Ventola OFF
2,5
Centro Ventola OFF
Lato Ventola ON
2
Centro Ventola ON
1,5
1
0,5
0
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
Figura 6: variazioni dei cps al variare delle condizioni di ventilazione e della
posizione della sorgente.
Il grafico è stato ottenuto eseguendo due misure al variare della
tensione di raccolta con la sorgente in due diverse posizioni. I punti
in blu sono i risultati ottenuti con la sorgente nella posizione di
maggiore distanza dal rivelatore: si vede un leggero aumento dei
conteggi, che restano comunque bassi. Questo perché solo una
piccola parte di gas riesce a giungere fino al rivelatore, ed è poi
disponibile per la raccolta elettrostatica e la misura.
La seconda serie di punti, in rosso corrisponde a misure effettuate
con la sorgente posizionata al centro della camera, dimezzando cosi
la distanza dal rivelatore. I conteggi all‟aumentare della tensione
aumentano in modo significativo. Una quantità di thoron non
trascurabile giunge nell‟aria attiva del rivelatore.
La differenza evidenzia la non uniformità in camera che ci si
aspettava.
Per ovviare a questo problema è stata quindi montata una ventola
all‟interno della camera nelle prossimità della sorgente. La ventola
crea un flusso costante in camera che riesce a distribuire il gas
emanato dalla sorgente nell‟intero volume della camera. Ripetendo le
misure già descritte e accendendo il sistema di ventilazione, si vede
che il numero di conteggi è più alto a tutte le tensioni e confrontabile
al variare della posizione della sorgente, questo perché il flusso
distribuisce il thoron in camera con dei tempi molto minori di quelli
dovuti alla sola diffusione, permettendo allo stesso di arrivare in tutti
i punti della camera con efficienza migliore.
390
Sono state ripetute le misure di uniformità della concentrazione di
thoron in camera con rivelatori passivi, in particolare con elettreti Eperm ( Figura 7) e con rivelatori a traccia LR-115, che hanno
confermato l‟uniformità in caso di ventilazione accesa.
1000
Attività (Bq/l)
900
800
MTh4A
700
600
MTh2B
500
400
300
MTh6A
200
100
0
A
B
C
Posizione
A
B
C
Posizione
A
B
C
Posizione
Figura 7: omogeneità con E-perm in tre diverse posizioni ( A, B, C) a tre diverse esposizioni.
Dalla costanza delle tracce nei rivelatori passivi e da quella dei valori
forniti dai rivelatori attivi si evince che la ventilazione costante in
camera riesce a creare una concentrazione di thoron uniforme e che
questa è indipendente dalla posizione della sorgente.
Taratura monitor interno
Una volta testati gli strumenti e verificata l‟omogeneità in camera si
è passato alla caratterizzazione della camera. Le misure sono state
eseguite con le diverse sorgenti caratterizzate in precedenza con le
misure gamma.
La sorgente viene inserita in camera si accende la ventilazione e si
procede alla chiusura della stessa. Viene acceso il rivelatore e si
procede alla misura con il rivelatore da caratterizzare.
Per il calcolo dell‟efficienza si fa riferimento al picco del 216Po che
permette di seguire con variazioni più veloci della variazione di
thoron e da meno problemi di fondo.
I punti sperimentali mostrano un andamento lineare come mostrato in
figura 8
391
0,0070
Efficienza
0,0060
0,0050
0,0040
0,0030
0,0020
0,0010
0,0000
0
100
200
300
400
500
600
Attività (Bq/l)
Figura 8: Efficienza monitor interno al variare della concentrazione di attività thoron .
Si evidenzia un leggero aumento dell‟efficienza di raccolta
all‟aumentare della concentrazione di attività in camera.
CONCLUSIONI
I risultati preliminari qui mostrati, indicano che il metodo usato per
lo sviluppo della sorgente e delle atmosfere di concentrazione di
attività nota fornisce buoni risultati. Infatti si vede come la sorgente
esposta in camera produca una concentrazione costante di thoron, e
permette quindi di fare misure lunghe aggirando il problema della
vita media breve del thoron.
La caratterizzazione delle sorgenti con lo studio dei disequilibri
attraverso misure gamma, ha permesso una prima stima dell‟attività
emanata della sorgente. La tecnica può essere migliorata riducendo i
forti problemi di fondo dati dal 212Pb emanato durante la
manipolazione della sorgente e durante la misura stessa che si
deposita nei pressi della sorgente, che non permette di eseguire
misure molto lunghe per il repentino aumento del fondo. Parte del
problema è stato risolto installando un sistema di ventilazione attivo
durante la misura con il rivelatore HpGe.
La camera, grazie al suo monitor interno che permette di fare
spettroscopia alfa ad alta risoluzione, si adatta oltre che per l‟utilizzo
con il thoron anche per la realizzazione di atmosfere miste thoron
radon. La possibilità di distinguere chiaramente i pdd dei due isotopi,
permette di risolvere facilmente molti problemi legati alle misure
nelle matrici ambientali più varie, dove essi sono presenti insieme
392
entrambe. L‟utilizzo di rivelatori a raccolta elettrostatica o comunque
in grado di fare spettroscopia sembra quindi essere privilegiato per
affrontare i complessi problemi che caratterizzano la metrologia del
thoron.
393
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UNA STAZIONE PER IL MONITORAGGIO ON-LINE DI
RADIOATTIVITÀ ATMOSFERICA : CRITERI DI
PROGETTO E VALUTAZIONE DEI COSTI
P. Buffa1, A. Parlato, S. Rizzo, E. Tomarchio
Dipartimento Energia – Università degli Studi di Palermo
Viale delle Scienze – Parco d’Orleans – Edificio 6 - 90128 – Palermo (Italy)
Riassunto
Presso la Sezione di Ingegneria Nucleare del Dipartimento
dell‟Energia (già Dipartimento di Ingegneria Nucleare, DIN)
dell‟Università di Palermo, è installato un sistema di aspirazione di
particolato atmosferico ad elevato volume (circa 1000 m3/h di aria).
Costruito agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso, risulta ormai
datato in parte della strumentazione a corredo oltre che nella stessa
struttura di protezione dagli agenti atmosferici che lo contiene. La
stazione di prelievo è stata utilizzata fino a qualche anno addietro per
il monitoraggio giornaliero di deboli concentrazioni di inquinanti
radioattivi in aria, con livelli di Minima Attività Rivelabile (MAR)
abbastanza ridotti (dell‟ordine di 2†5 microBq/m3 per il 137Cs) anche
in relazione all‟impiego di sistemi spettrometrici gamma con
rivelatori HPGe tipo “Low Background”. Tale sensibilità e l‟elevato
volume aspirato permettono anche di adottare brevi tempi di
campionamento e di misura, un aspetto che può essere molto
importante in una situazione di emergenza, come già sperimentato
durante il periodo immediatamente successivo l‟incidente di
Chernobyl.
Questo sistema, tuttavia, seppure interessante e utile in situazioni di
emergenza o per il monitoraggio di deboli attività, non è automatico
e risulta oneroso sia per l‟impegno di personale che di dotazione
1
Per corrispondenza: [email protected]
395
strumentale. Pertanto, non è proponibile come prototipo di una
stazione di monitoraggio da adottare per misure di routine, da
inserire nella cosiddetta “rete diradata”, o per la rete locale attorno
alle centrali nucleari che dovrebbero essere realizzate sul territorio
italiano.
Si è voluto allora elaborare un progetto per la realizzazione di una
stazione di monitoraggio di contaminanti radioattivi in aria che
avesse caratteristiche di automaticità e rispondesse comunque e
requisiti di efficienza e alto volume di campionamento. Inoltre
l‟installazione di una stazione meteorologica per il rilevamento
automatico delle caratteristiche locali, inclusa la piovosità, dovrebbe
assicurare la possibilità di controllare remotamente i parametri di
funzionamento del sistema di aspirazione e modificare il volume
aspirato in relazione alla variazione di temperatura.
Il sistema di misura consiste in un rivelatore HPGe, con
raffreddamento elettrico e adeguatamente schermato, le cui misure
spettrometriche vengono automaticamente registrate e analizzate in
modo da poter programmare anche misure on-line di concentrazioni
rapidamente variabili. Il corredo della dotazione strumentale prevede
anche l‟installazione di dispositivi per la raccolta e misura del fallout, la rilevazione automatica del kerma in aria, la possibilità di
effettuare studi multifunzionali e/o di comparazione, etc.
In questa lavoro sono evidenziati i criteri di progetto e le principali
caratteristiche dei vari dispositivi, con una valutazione dei
presumibili costi. La realizzazione di un prototipo sperimentale, per
cui è necessario disporre di adatti fondi per l‟acquisizione della
dotazione strumentale completa, consentirà di verificare le
prestazioni, la funzionalità, la possibilità di impiego come
componente di una rete di monitoraggio, o di una rete di allarme.
INTRODUZIONE
La probabilità di accadimento di una emergenza di tipo nucleare può
essere influenzata dall‟incremento del numero di impianti nucleari
per ricerca, produzione di energia, produzione di radioisotopi a scopo
medico/diagnostico, quest‟ultimi spesso installati in centri abitati,
396
della loro dotazione di dispositivi di sicurezza, ma anche di impianti
militari di tipo nucleare, dalla possibile effettuazione di test nucleari
da parte di alcune potenze emergenti non aderenti al “Trattato di non
proliferazione” (es. Cina, India, Corea, …), nonché, come dimostrato
in episodi recenti, da fenomeni naturali le cui conseguenze non sono
preventivate. L‟esigenza di monitorare quanto più prontamente
possibile una eventuale contaminazione ambientale (nell‟aria, in
acqua, negli alimenti, …), per poter prendere le necessarie
contromisure, ha condotto alla realizzazione nel mondo di un grande
numero di stazioni di monitoraggio della radioattività ambientale
rivolte sia alla prevenzione di una indebita esposizione della
popolazione, sia per il controllo dell‟evoluzione di eventuali
fenomeni di contaminazione/esposizione persistente.
Presso la sezione nucleare del Dipartimento dell‟Energia (ex
Dipartimento di Ingegneria Nucleare) dell‟Università di Palermo è
operativa una stazione di monitoraggio della radioattività,
estensivamente utilizzata a seguito degli incidenti di Chernobyl e
Fukushima, oltre che nella normale attività di controllo della
radioattività ambientale [1,2]. In Fig. 1 è rappresentata la stazione di
prelievo nella sua ultima configurazione, dotata di un misuratore di
precisione di portata a turbina della Flow Technologies e della
possibilità di acquisizione dei dati sulla variazione di portata tramite
controllo remoto.
In Fig. 2 è riportato l‟interno della capanna che ospita l‟impianto di
aspirazione (a), il filtro di particolato atmosferico al termine
dell‟aspirazione (b) e lo stesso filtro, preparato per la misura
spettrometrica (c). Queste operazioni non sono automatiche e
necessitano dell‟intervento dell‟operatore nelle varie fasi.
L‟esperienza di vari anni di impiego di questa stazione, che risulta
pertanto onerosa dal punto di vista dell‟impegno del personale, ci ha
suggerito di progettare e, compatibilmente con le disponibilità
economiche, realizzare una stazione di monitoraggio automatica, le
cui operazioni potessero essere effettuate senza soluzione di
continuità e con possibilità di controllo remoto, senza tuttavia
determinare significative diminuzioni di sensibilità del sistema
rispetto a quanto già raggiunto in precedenza.
397
Fig. 1- Schema della stazione di prelievo con l’indicazione dei principali componenti. 1)
Condotto di ingresso dell’aria; 2) imbocco; 3) porta filtro; 4) ventilante; 5
turbina di misurazione della portata; 6,7) dispositivi per la generazione dei
segnali di portata.
La continuità di servizio della nuova stazione potrebbe inoltre far
considerare una sua collocazione all‟interno di una rete di
monitoraggio o di allarme già esistente [3]. Tale obiettivo deve
essere raggiunto con efficacia ed economia di esercizio, per cui
l‟automazione è stato uno dei requisiti fondamentali attorno al quale
è stato poi sviluppato il progetto, per ridurre fortemente i costi in
termini di risorse umane. In modo del tutto automatico è previsto
pertanto vengano effettuate tutte le operazioni di routine, dalla
filtrazione dell‟aria alla misura spettrometrica e analisi dei dati, fino
ad alcune operazioni di lettura e controllo della rete, quali
l‟interpretazione dei dati, trasmissione dei dati, confronti con valori
di soglia per la generazione di un segnale di allarme relativamente
alla “griglia” di rete in cui è inserita.
A scopo di ricerca invece possono essere svolte attività di analisi e
interpretazione dei dati off-line sulla base dei “raw data” delle
filtrazioni e delle misure, eventualmente utilizzando differenti
tecniche e software di analisi, o effettuando sugli stessi filtri
misurazioni aggiuntive con impiego di rivelatori con maggiore
sensibilità. Nell‟automazione è ancora previsto l‟impiego di un
rivelatore con raffreddamento di tipo elettrico che, a fronte di un
398
modesto investimento iniziale, ha costi di gestione ben al di sotto di
quelli rappresentati dai sistemi di raffreddamento ad azoto liquido
(sia in termini di risorse umane necessarie, che in termini di costo di
consumabili).
a)
b)
c)
Fig. 2 - Interno della capanna che ospita l’impianto di aspirazione (a), filtro di
particolato atmosferico al termine dell’aspirazione (b) Filtro tagliato
e pressato, preparato per la misura spettrometrica (c).
METODI E CRITERI DI PROGETTO
I criteri adottati per la progettazione della nuova stazione di
monitoraggio sono stati essenzialmente l‟economicità e la continuità
di servizio. Infatti, per la realizzazione dei costituenti della nuova
stazione si è fatto ricorso a componenti di uso comune, facilmente
reperibili sul mercato o da selezionare tra prodotti già presenti “in
stock” presso ditte specializzate. Ciò consente di ottenere eventuali
pezzi di ricambio in tempi brevi e con costi che possono beneficiare
di una economia di scala. Relativamente ad alcuni limitati pezzi
speciali, questi possono essere realizzati, a partire da materiali ancora
una volta di facile reperibilità, presso l‟officina interna del
dipartimento e quindi si suppone facilmente replicabili e/o
modificabili.
Progetto della nuova stazione – Sezioni principali – scelta dei
materiali/analisi dei prezzi
Nelle sue parti costituenti, la stazione di monitoraggio si compone di
una sezione meteo, una sezione di aspirazione con relative
canalizzazioni, una sezione di campionamento (in linea con la
399
canalizzazione), una sezione di rivelazione ed infine uno o più
sistemi per l‟analisi dei dati ed il controllo dei parametri on-site o da
controllo remoto. Qui saranno brevemente descritti i componenti
delle varie sezioni, insieme con le funzioni principali cui esse sono
devolute.
Sezione meteo
La sezione meteo è una componente da acquisire direttamente sul
mercato, senza alcuna particolare preferenza tra i vari modelli. La
maggior parte delle stazioni meteo presenti sul mercato hanno le
caratteristiche richieste nel presente studio, come evidenziato nelle
diverse “brochures”, con costi contenuti (circa 500€). Le stazioni
meteo di nostro interesse sono costituite da un sistema base
predisposto al collegamento con un PC via USB, al quale - con
collegamento via radio - possono essere collegati vari sensori per il
rilevamento dei parametri atmosferici di temperatura (termometro),
pressione (barometro), umidità relativa (igrometro), intensità
(anemometro) e direzione del vento (a banderuola), nonché la
quantità di pioggia caduta (con pluviometro). Il collegamento via
radio dei sensori alla centralina di controllo e rilevazione è
importante per avere una certa libertà di scelta relativamente al
posizionamento del PC principale per la gestione della stazione di
monitoraggio.
Sezione aspirazione
La sezione di aspirazione è composta dalle tubazioni di adduzione e
scarico aria e dal gruppo aspirante. Le tubazioni, non essendo
necessaria alcuna particolare attenzione per il trasferimento dell‟aria
prelevata, sono reperibili presso numerosi distributori con ampia
scelta di materiali e dimensioni. La scelta dei materiali va dal PVC
(in differenti modalità di confezionamento) al Polietilene alta densità
I materiali, a parità di diametro esterno dei tubi, presentano un
differente peso “specifico” lineare (peso per unità di lunghezza della
tubazione, kg*m-1) che va da 1,4 kg m-1 del PVC a circa 2,8 kg m-1
del polietilene ad alta densità, mentre il costo varia da circa 5/6€ m -1
per il PVC per edilizia a circa 15€ m-1 del Polietilene PN 10. Per i
nostri scopi risulta più che adatto il PVC con diametro 100 mm (il
400
cui costo medio è di 4€ m-1) per il quale la raccorderia è facilmente
reperibile nelle forme più svariate a costi dell‟ordine di 5/6 € per
ciascun pezzo. Il costo totale di tutta la tubazione, secondo la
tipologia che si vuole realizzare, risulta comunque contenuta
nell‟ambito di un migliaio di euro, tenendo conto di tutta la
raccorderia necessaria.
Per quanto riguarda l‟aspiratore, per semplicità e per evitare
difficoltà di utilizzo, si è scelto di utilizzare una ventilante associata a
un motore asincrono trifase ad elevata efficienza, con potenza non
inferiore a 2 kW. Tale potenza, con associato il filtro, potrebbe
condurre per la sezione considerata a una portata oraria di circa 400
m3/h, che per 24 h di aspirazione (condizione che si pensa di
utilizzare per misure di routine) condurrebbe a un volume aspirato di
circa 9600 m3 di aria. La portata viene misurata all‟interno della
condotta di aspirazione, subito a valle delle sezione di
campionamento (vedere Fig.3), ove si pensa di posizionare il sensore
per la misura del flusso aspirato, in maniera da registrare le portate
effettive relative ad ogni filtro impiegato, ed eventualmente
combinare queste con le informazioni provenienti dalla centralina
meteo per effettuare le opportune correzioni di temperatura. La scelta
tra i sensori disponibili in commercio (diversi per principio di
funzionamento ed interfaccia di comunicazione) è ricaduta su un
anemometro a filo caldo con uscita analogica, accoppiato ad un data
logger con connessione Ethernet, con interfaccia web e protocollo di
trasferimento dati FTP, corredato di software PC per l‟analisi e la
registrazione dei dati. La sonda oltre ad essere adeguata alle
caratteristiche dei flussi ipotizzati in condotta presenta robustezza
costruttiva e ottima affidabilità. L‟interfaccia Ethernet, del data
logger, poi consente, come nel caso della centralina meteo, libertà di
posizionamento del sistema di analisi.
Tuttavia potrebbe essere utilmente allocata una turbina (ad esempio
come quella sopra indicata della Flow Tecnologies) dotata di
mulinello e pick-up magnetico e display con lettura degli impulsi
magnetici. Il costo totale del sistema di registrazione della portata è
di circa 2000€ con una probabile suddivisione in circa 700€ per la
sonda, 1700€ per il data logger, e circa 100€ come stima per
401
l‟acquisto di cavi ed accessori atti ad avere la catena perfettamente
funzionante e collegata in rete.
Sezione campionamento
La sezione di campionamento è stata interamente progettata presso la
sezione nucleare del Dipartimento Energia dell‟Università degli
Studi di Palermo (ex Dipartimento di Ingegneria Nucleare). È
posizionata in linea con la condotta di aspirazione, si compone
principalmente di un “caricatore filtri”,
di un carosello di
movimentazione e di un cilindro di raccolta filtri “esausti”. Il
caricatore filtri è proporzionato in maniera da contenere 35 filtri
montati nei loro portafiltri. La necessità di inserire i filtri in
portafiltri nasce dall‟esigenza di conferire rigidità meccanica ai filtri
stessi, in modo da poterli movimentare in maniera automatica. Altra
funzione svolta dai portafiltri è quello di presentare delle superfici
regolari sulle quali è possibile assicurare l‟aderenza delle guarnizioni
di neoprene, necessarie per la tenuta “pneumatica” della sezione di
campionamento.
Fig. 3 – Schema della sezione aspirazione in cui sono evidenziate le condutture di aspirazione e la
parte porta filtro posta in linea con la conduttura principale.
Il caricatore consiste di un cilindro verticale, fissato in posizione
disassata rispetto al centro di rotazione del carosello, ad un‟altezza
tale da consentire che il porta filtro con il filtro già inserito possa
cadere nella sede del carosello stesso, “sfilato” dal basso e trasferito
nella posizione di campionamento. Relativamente al carosello questo
402
è composto da due piatti concentrici, il primo disco è fisso e
destinato al sostegno dei filtri in tutte le posizioni tranne che in
quella di scarico ove è presente un foro per il deposito dei filtri nel
cilindro di raccolta (per gravità). Il secondo disco invece è
movimentato per mezzo di un motore passo-passo. Il secondo disco è
idealmente suddiviso in 6 settori, corrispondenti ad altrettante
posizioni, corrispondente ancora una volta ad altrettante sedi per
l‟accoglimento dei filtri. I settori svolgono compiti differenti in
funzione della posizione occupata. La prima posizione è destinata al
carico filtri, segue la posizione di campionamento, tre sedi di “attesa”
(predisposti in questa versione) prima della posizione di misura ed
infine, dopo aver completato la misura il filtro viene scaricato in un
contenitore per eventuali ulteriori analisi.
Nella configurazione
attuale, ogni posizione viene mantenuta per 24h, ossia si ha un
campionamento di 24h, un‟attesa di 72h (3gg) prima della misura, la
quale, ovviamente, può avere una durata massima di 24h. Tuttavia,
per esperienze speciali, può essere programmata una frequenza
diversa, ad esempio filtrazioni di 1 h, attesa di 3 h e misura di 1 h; in
alternativa potrebbe essere sostituito l‟intero carosello e
programmare una frequenza di campionamento e misura adatta
all‟esperienza che si vuole effettuare.
La tenuta “pneumatica” nella posizione di campionamento viene
assicurata per mezzo di due flange “guarnite” manovrate per mezzo
di 6 piccoli elettromagneti contrastati da 6 molle di richiamo (Fig. 3,
ingrandimento). Il controllo del movimento del carosello assicura il
rilascio della tenuta della sezione di campionamento tramite
eccitazione di apposito elettromagneti; in successione il carosello –
tramite il motore passo-passo e propri microswitch – viene
movimentato fino a raggiungere la posizione stabile successiva. A
questo punto il rilascio dell‟eccitazione degli elettromagneti consente
di riprendere la tenuta sul nuovo filtro in posizione di aspirazione. Il
costo stimato per l‟acquisizione dei materiali necessari alla
realizzazione della sezione di campionamento è stato valutato in
circa 1500€.
403
Fig. 4. Particolare dei componenti il “carosello” di posizionamento filtri. In questa versione sono
previste sei sedi (A). La diversa sagomatura coperchio (B) e della base fissa (C) permette il
caricamento del filtro, in posizione nota (D), il trasferimento nella posizione di aspirazione, il
movimento pari al periodo di attesa prima della misura e infine l’espulsione del filtro al termine
della misura spettrometrica (E).
Sezione rivelazione
Il rivelatore che si prevede di utilizzare, di germanio iperpuro
(HPGe) di tipo “p”, in geometria coassiale e in capsula sottovuoto,
dovrebbe avere una efficienza relativa non inferiore al 40% e una
risoluzione energetica FWHM a 1332 keV non superiore a 1,85 keV,
dotato di un sistema per raffreddamento elettrico con compressore
X-COOLER da almeno 300W. Questo presuppone, per un corretto
funzionamento, l‟installazione di un gruppo di continuità per
l‟alimentazione del sistema di raffreddamento, con almeno 30 minuti
di autonomia, con un modulo di controllo del ciclo di
raffreddamento/riscaldamento del complesso rivelatore. Ad esso
deve essere associato un sistema di acquisizione integrato, digitale,
con ADC da16 K canali da collegare in rete Ethernet in modo da
poter ricevere comandi e trasmettere i dati come risposta a comandi
remoti. Questa parte, che risulta la più costosa dell‟intero complesso,
404
compreso il software per la gestione e l‟analisi dei dati, dovrebbe
costare approssimativamente € 53.000.
Schermatura del complesso rivelatore
Per ridurre il fondo del rivelatore descritto nel precedente paragrafo è
indispensabile che il rivelatore sia adeguatamente schermato nei
confronti della radiazione di “fondo”. Tenendo in mente di voler
circondare – per quanto possibile - il rivelatore da ogni lato, si è
pensato di adottare un manicotto in Piombo, rivestito di rame e
plexiglas per lo schermo nella parte cilindrica del rivelatore, mentre
per la parte superiore – dovendo consentire il passaggio del carosello
e del filtro - si è adottato uno spessore di Pb di circa 5 cm (sempre
rivestito con rame e plexiglas) sorretto da una flangia in metallo di
collegamento tra la parte inferiore e la parte superiore. In parte,
questa struttura è visibile con i supporti di sosteno nella successiva
Fig. 5. Questo complesso, che lascia aperto solo un a minima parte
atta a consentire il passaggio del carosello con il filtro da misurare,
ha un costo in gran parte connesso al piombo da utilizzare per la
realizzazione della schermatura, inclusa la struttura di supporto che
consente di distribuire il peso del piombo in un‟area della soletta del
tetto più ampia e le flange a corredo, stimabile in circa € 10000.
Sistemi per il controllo e telegestione
i sistemi di cui sopra sono tutti collegati ad un PC, il quale ha lo
scopo di raccogliere i dati generati e in alcuni casi anche di
analizzarli in automatico. Il PC a sua volta è collegato in rete e
consente la visualizzazione/condivisione dei dati sia in Locale (LAN)
che da remoto (VPN). A loro volta il PC ed alcune utenze del sistema
(sonda portata e data logger, sistema per la movimentazione del
carosello, sistema di acquisizione dati spettrometrici) sono collegate
a un gruppo di continuità di tipo UPS, in grado di assicurare il
funzionamento per alcune ore in caso di interruzione di fornitura di
energia elettrica. In via del tutto sovrabbondante si possono utilizzare
una o più webcam per la sorveglianza visiva del carosello e della
sezione di misura. Costo previsto, comprendendo un PC fisso ed
405
eventualmente un portatile per la gestione in remoto, gruppo di
continuità UPS e set di telecamere, approssimativamente € 2000.
Opere accessorie: è previsto che la strumentazione venga installata
sul tetto dell‟edificio N. 6 nella parte sovrastante la Sezione
Nucleare, in un complesso da posizionare in prossimità della
stazione di prelievo esistente. Tutta la strumentazione sarà
posizionata all‟interno di una capanna in pannelli coibentati da
fissare su una base di calcestruzzo con dimensioni in pianta di 3x4 m,
corredata di un climatizzatore a pompa di calore per compensare le
fluttuazioni termiche giornaliere e stagionali. Il costo per le opere
accessorie, incluse quelle ridotte al minimo per le opere murarie,
sono contenute in meno di € 6000.
Buona parte dei costi di cui sopra sono riferiti all‟acquisto dei
materiali in quanto gli assemblaggi, i montaggi, altre realizzazioni e
calibrazioni verranno effettuate dal personale afferente al
Dipartimento;
le opere civili (murarie) richiederanno invece
l‟impiego di personale esterno e nei loro costi viene computata anche
il costo giornaliero per la loro messa in opera.
PROGETTO DELLA STAZIONE E FASI DI
REALIZZAZIONE
Come detto precedentemente la stazione è composta da elementi
facilmente reperibili sul mercato e pertanto, una volta predisposto lo
schema di massima, resta solo il compito – almeno per una buona
parte dei componenti - di scegliere quanto tra gli elementi offerti nel
mercato risponde ai requisiti richiesti dal progetto. Differente
evoluzione ha avuto la progettazione della sezione di
campionamento, poiché il progetto iniziale che prevedeva i filtri
(classe F8 – EN 779 – caduta di pressione ~ 0,5atm) raccolti in
bobina non è stato portato a termine per l‟impossibilità di reperire il
prodotto sul mercato se non con una produzione ad-hoc, con
aggravio di spese e incertezza di continuità di fornitura. La soluzione
con filtri su bobina presentava diversi elementi di interesse: il primo
406
consisteva nella possibilità, per la lunghezza della bobina, di avere
lunghi intervalli tra una ricarica e la successiva. L‟utilizzo di una
striscia filtrante e delle bobine di raccolta faceva sì che l‟elemento
filtrante fosse autoportante, e pertanto la schermatura del rivelatore
era geometricamente più efficace, in quanto la feritoia necessaria al
passaggio della striscia di carta era sicuramente più ridotta di quella
necessaria al passaggio dei portafiltri. L‟opzione di utilizzare filtri
standard tipo Whatman da 110mm, da inserire in alcune telai porta
filtri in allumino che possono essere facilmente realizzati in officina,
risulta più praticabile anche se non ottimale. La minore efficienza
geometrica della schermatura
ed un intervallo massimo di
sostituzione del pacco porta filtri di 30gg sono compensati in parte
dal fatto che una volta realizzato il portafiltro non vi è limitazione
alla sperimentazione delle carte filtro che dovessero rendersi
disponibili in futuro. In Fig. 5 è presentato uno schema di massima
dell‟intero complesso nel suo posizionamento sul tetto terrazza,
senza l‟indicazione della struttura di contenimento.
Fig. 5. Schema sintetico dell’intero complesso di aspirazione e misura (vista frontale,
alcuni componenti sono riportati in tratteggio indicando la posizione di
riferimento).
407
CONCLUSIONI E POSSIBILI IMPLEMENTAZIONI
Il progetto della stazione risponde ai requisiti richiesti senza tuttavia
escludere possibili modifiche da effettuare in corso di realizzazione
per adeguare le varie parti al programma di funzionamento in
precedenza stabilito. Uno dei fattori che è stato tenuto in debito
conto è il costo complessivo del progetto, cercando di limitare al
minimo indispensabile il costo delle attrezzature e degli impianti tali
da consentire un funzionamento abbasatanza semplice e privo di
complessità di gestione. La realizzazione di un prototipo
sperimentale, per cui è necessario disporre di adatti fondi per
l‟acquisizione della dotazione strumentale completa, consentirà di
verificare le prestazioni, la funzionalità, la possibilità di impiego
come componente di una rete di monitoraggio, o di una rete di
allarme. Il costo complessivo dell‟intero complesso è valutato in
circa €80.000, che risulta molto contenuto tenendo conto che una
buona parte di questa somma è relativa alla acquisizione di un
sistema spettrometrico completo. Una possibile riduzione, qualora
necessario, potrebbe considerare l‟impiego di un rivelatore di più
bassa efficienza, con una prevedibile riduzione non superiore a
€10.000-15.000.
Una volta realizzata una minima configurazione sarà possibile
procedere ad ulteriori ottimizzazione della logica di comando e
controllo e ad implementare parti delle varie sezioni. Ad es.,
l‟aspiratore è attualmente equipaggiato con un motore asincrono a
corrente alternata, che non consente variazioni di velocità dello
stesso. Una delle possibili implementazioni consiste nel sostituire
tale motore con uno a corrente continua alimentato da inverter. Tale
sistema sarebbe utile per tenere conto del progressivo intasamento
del filtro e per compensare automaticamente le variazioni di
temperatura giornaliere e stagionali. E‟ quasi ovvio che, in
considerazione delle complicazioni che tale sostituzione apporta al
sistema, anche solo per il sistema di controllo della velocità del
motore che si deve interfacciare con diversi parametri, si dovrà
prioritariamente verificare – con valutazioni medie – l‟effettiva
408
variazione di portata per intasamento dei filtri ed escursione termica
giornaliera/stagionale.
Anche la gestione del carosello potrebbe essere migliorata con
l‟impiego di un microcontrollore che consentirebbe una eventuale
programmazione del movimento del carosello (attualmente variabile
solo meccanicamente), gestire l‟alimentazione dei filtri (con
generazione di un allarme quando sono in esaurimento),
programmare esperienze di misure particolari, ad esempio con
maggiore frequenza di aspirazione e di conteggio dei filtri .
BIBLIOGRAFIA
[1] G. Agelao, F.Cannizzaro, G.Greco, E.Oliveri, S. Rizzo, M.C.Spitale: "La
stazione di prelievo dell‟IAIN di Palermo per misure di radioattività
atmosferica”, Atti XXI Congresso Nazionale AIRP, Palermo, 16-19 ottobre
1979.
[2] Cannizzaro F., Greco G., Raneli M., Spitale M.C., Tomarchio E.( (2004):
“Concentration measurements of 7Be at ground level at Palermo, Italy –
Comparison with solar activity over a period of 21 years”, Journal of
Environmental Radioactivity, vol. 72 n. 3, pp. 259-271.
[3]
ANPA - Censimento delle reti di monitoraggio del rumore esistenti e
individuazione delle potenzialità e criticità per la realizzazione di reti nazionali
per il monitoraggio della radioattività ambientale – AGF-T-RAP-99-32 (2000).
409
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
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CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
IL CONTROLLO RADIOLOGICO COME ATTIVITÀ
INTEGRATA NELLE OPERAZIONI DI
SMANTELLAMENTO E ALLONTANAMENTO DEI
MATERIALI: L‟ESPERIENZA DELLA CENTRALE DI
CAORSO
R. Bongiorni, E. Molinari, G. Puerari, S. Romani, E. Ruggeri
Sogin, Area Disattivazione Caorso
INTRODUZIONE
Lo smantellamento dei sistemi dell‟edificio Turbina della Centrale di
Caorso, una delle attività autorizzate con Decreto Ministeriale del
04/08/2000, ha vissuto la sua fase più intensa a partire dal settembre
del 2009; la gestione di un notevole flusso di materiali metallici
smantellati e da trattare in vista di un potenziale rilascio è stata
possibile grazie all‟installazione di una stazione di gestione materiali
dotata di attrezzature per la segmentazione, la decontaminazione, la
movimentazione e il monitoraggio radiologico. Il monitoraggio,
finalizzato all‟allontanamento dei materiali che a valle dei vari
trattamenti presentano livelli di contaminazione superficiale e di
massa inferiori ai livelli di allontanamento, è eseguito con criteri di
carattere tecnico e logistico tali da consentire un flusso ordinato e la
completa tracciabilità dei materiali stessi.
1.
ORGANIZZAZIONE DELLA STAZIONE GESTIONE
MATERIALI
L‟impianto nucleare di Caorso è del tipo BWR (Boiling Water
Ractor); come è noto, il vapore generato nel recipiente a pressione
passava direttamente in turbina, a sua volta seguita da un
condensatore dove il vapore veniva condensato mediante l‟acqua di
raffreddamento, fornendo così acqua da reimmettere nel reattore; in
410
questo tipo di impianti, a ciclo diretto, la contaminazione presente
nel vapore interessa quindi, oltre che il circuito primario nel reattore,
anche tutti i sistemi di turbina attraversati dal vapore e il
condensatore; ciò a differenza di quello che accade negli impianti di
tipo PWR, in cui per la generazione elettrica si utilizzano scambiatori
di calore, o generatori di vapore fra la fonte di calore e la turbina.
I sistemi di turbina della Centrale di Caorso sono quindi contaminati
superficialmente, anche se a livelli in generale piuttosto modesti.
L‟obiettivo di svolgere l‟attività di smantellamento minimizzando la
produzione di rifiuti radioattivi e quindi allontanando più materiale
possibile dall‟impianto, nel rispetto delle prescrizioni dell‟ente di
controllo, e tenendo conto da un punto di vista operativo dei
programmi temporali di smantellamento, della varietà di geometrie
dei materiali rimossi e della variabilità del grado di asportabilità della
contaminazione, ha portato ad organizzare la cosiddetta Stazione
Gestione Materiali (SGM).
La SGM, organizzata quasi totalmente al piano a quota 60.20 m slm
dell‟Edificio Turbina (denominato “piano governo turbina” o PGT)
si configura come una sorta di “officina” dedicata alla schedatura,
segmentazione, decontaminazione, controllo radiologico dei
materiali rimossi dall‟impianto di Caorso, in preparazione
all‟allontanamento degli stessi in quanto rilasciabili o allo stoccaggio
a rifiuto qualora non rilasciabili. Attualmente è utilizzata per il
trattamento dei materiali provenienti dallo smantellamento della
turbina, ma in futuro sarà utilizzata anche per gli altri materiali
rimossi dall‟impianto. In figura 1 è riportata una pianta della SGM .
Sono previste due vie di trattamento dei materiali:

il “percorso pulito” per materiali provenienti dalla Zona
Controllata e che non sono mai entrati in contatto con alcun
fluido contaminato e per materiali provenienti dalla Zona
Controllata che, pur essendo entrati in contatto con fluidi
contaminati, sono caratterizzati da un livello di
contaminazione inferiore alla soglia di screening per il
rilascio;
411

il “percorso contaminato” per materiali provenienti dalla
Zona Controllata che sono entrati in contatto con fluidi
contaminati, e caratterizzati da un livello di contaminazione
superiore alla soglia di screening per il rilascio.
Questi due percorsi sono differenziati a partire dalle aree di buffer,
(in cui i materiali sono depositati temporaneamente in attesa di
trattamento) ubicate a quota 49,63 m slm e successivamente in SGM.
La delimitazione della SGM in aree dedicate a materiali “rilasciabili”
e “non rilasciabili” è realizzata lungo l‟asse est-ovest dell‟edificio: la
parte a nord è dedicata ai materiali rilasciabili, la parte a sud ai
materiali non rilasciabili. La separazione è realizzata mediante
l‟esistente muro di schermo turbina, prolungato mediante
tamponamenti in materiali resistenti all‟incendio supportati da telai
metallici.
Ogni percorso fisico è attrezzato in modo indipendente con aree di
parcheggio dei materiali e stazioni di segmentazione dedicate; i
sistemi di trattamento per la decontaminazione del materiale sono
ovviamente presenti soltanto nel “Percorso Contaminato” e
consistono in particolare in:

sistema di decontaminazione materiali con acqua in pressione
nel “percorso contaminato”, in un capannone mobile di
confinamento dotato di ventilazione filtrata;

sistema di decontaminazione chimica con processo
PHADEC, che consiste sostanzialmente in un trattamento di
decapaggio, ossia nella rimozione degli ossidi superficiali
mediante immersione delle parti da decontaminare in acido
fosforico al 40%;

sistema di trattamento con sabbiatrice meccanica all‟interno
del “percorso contaminato”;

officina di segmentazione all‟interno del “percorso pulito”,
attrezzata sia per il taglio termico (torcia al plasma, ecc.) che
412
per quello meccanico (sega a nastro, troncatrice ecc.) sega a
portale;

officina di segmentazione all‟interno del “percorso
contaminato” attrezzata, anche in questo caso, sia per il taglio
termico che per il taglio meccanico,

area di riempimento contenitori rifiuti radioattivi ubicata
all‟interno del percorso contaminato, in prossimità della
cabina per il taglio termico;

area di monitoraggio materiali ubicata in Zona Controllata al
piano sottostante (quota 49,63 m slm) e dotata di “box
counter” per misure volumetriche, nonché di attrezzature
manuali e semiautomatiche per il monitoraggio superficiale.
All‟uscita dall‟area di monitoraggio, il materiale prosegue
per la baia di carico turbina (Zona Non Controllata) e quindi
per le aree di stoccaggio esterne.
413
Figura 1: schema della stazione gestione materiali
1
8
6
7
5
3
4
Taglio a caldo
materiale
rilasciabile
1a
2
A2
F
E
SALA CONTROLLO
PHADEC
Lavorazione e controllo
materiali rilasciabili
3B
200
CABINA DI TAGLIO
A CALDO
(MATERIALE RILASCIABILE)
AREA LAVORAZIONE
MATERIALI RILASCIABILI
200
H21-PP319
200
27
200
D
3
A
Area decontaminazione chimica
(Phadec)
200
H21-PP332
A
G

A
Lavorazione
mat.
contaminato
SEGA A PORTALE
AREA LAVORAZIONE
MATERIALE CONTAMINATO
(COPRON)
U41-PP301
AREA PHADEC
C
Uscita rifiuti da
supercompattare e da
sottoporre a grouting
Taglio a
caldo
materiale
contaminato
MONTACARICHI
Monitoraggio
tubazioni
B
Apertura trasferimento materiali e
contenitori verso loading bay
(esterno edificio)
AREA SGM
(OFFICINA MATERIALE
CONTAMINATO)
B
Montacarichi salita materiali
non rilasciabili
sabbiatrice
Area materiale contaminato
200
B
Montacarichi salita materiali
rilasciabili
3B
Apertura "B" verso aree buffer
contenitori rifiuti condizionati
e supercompattazione
(q.ta 49.63 m e 39.00 m)
200
200
SABBIATRICE
200
-
CABINA DI TAGLIO
A CALDO
(MATERIALE CONTAMINATO)
2
C
C
3B
26
200
200
40
4
A
D
13
E
12
11
10
9
8
F
7
414
6
5
4
G
3
2
1
2.
ORGANIZZAZIONE
RADIOLOGICI
DEI
CONTROLLI
L‟allontanamento dei materiali è possibile soltanto qualora sia
soddisfatta la condizione per il rilascio degli stessi sia in termini di
contaminazione specifica superficiale che di massa (tabella 1). Ora,
nel caso dei materiali metallici di turbina, è esclusa la presenza di
contaminazione più in profondità rispetto ad uno strato superficiale
di alcune decine di micron; pertanto, il rispetto della condizione per
l‟allontanamento in termini di contaminazione superficiale implica di
norma anche il rispetto di quella di massa. In taluni casi è tuttavia
necessario eseguire entrambe le misure, sia di massa che di
superficie:
qualora la geometria dei materiali sia tale da non consentire
di raggiungere con sonde manuali tutte le parti contaminate (es.
piccole valvole);
qualora la densità e lo spessore medio dei materiali sia tale da
rendere più restrittivo il rispetto dei criteri di allontanamento in
termini di massa (es: lamiere sottili in alluminio).
E‟ invece richiesto soltanto il controllo massico in questi casi:
per i materiali classificati come “altri” (es. coibente, plastica
ecc, si veda la tabella 1);
qualora la pezzatura del materiale sia talmente piccola da non
rendere possibile il controllo di contaminazione superficiale (es.
materiale sfuso come viti, bulloni, ecc).
2.1 Controlli radiologici dopo lo smontaggio
Dopo la rimozione del materiale viene eseguito un precontrollo dello
stesso, che ha lo scopo di verificare la congruenza dei valori misurati
rispetto alle informazioni fornite dalla caratterizzazione radiologica
pregressa dei materiali. Gli strumenti in genere utilizzati sono di tipo
gamma totale, consentendo, in ragione dell‟elevata efficienza di
rilevazione, lo svolgimento di misure rapide. Il radioisotopo di
riferimento o vettore è per i sistemi di turbina il Co-60, al quale è
415
correlata la concentrazione dei radioisotopi beta emettitori Fe-55, Ni59, Ni-63.
Il precontrollo, che viene svolto dopo lo smontaggio del materiale,
può costituire anche il controllo finale qualora la geometria, la
composizione del materiale e le condizioni di fondo ambientale lo
consentano e qualora il materiale in oggetto possa essere ritenuto
allontanabile senza ulteriori lavorazioni, o, al contrario, qualora si
ritenga non possibile renderlo allontanabile e pertanto sia destinato
allo stoccaggio a rifiuto. Il controllo dopo lo smontaggio è
importante al fine di indirizzare correttamente il materiale verso il
percorso “pulito” o “contaminato”.
Il corretto indirizzamento del materiale è fondamentale al fine di
ottimizzare le lavorazioni; a tale scopo vengono utilizzati contenitori
di colore diverso per i materiali puliti e contaminati e su ogni
contenitore, o su ogni pezzo sfuso, è fissato un modulo che reca la
provenienza e le caratteristiche fisiche e radiologiche del materiale
(si veda la figura 6).
2.2 Controlli radiologici a valle dei sistemi di decontaminazione
A valle della decontaminazione è di norma previsto un controllo
qualitativo per la verifica dell‟efficacia dei sistemi di
decontaminazione. Qualora si rilevino valori di contaminazioni tali
da fare presumere una sostanziale inefficiacia della
decontaminazione stessa, il processo può essere reiterato;
successivamente viene effettuato un controllo per la verifica del
rispetto delle condizioni per l‟allontanamento, che porta alla
classificazione del materiale come allontanabile o come rifiuto
radioattivo.
2.3 Precontrolli prima del confezionamento dei contenitori di
materiali
I materiali di piccole dimensioni, prima di essere introdotti nelle
casse per il controllo volumetrico finale, sono soggetti a verifiche
416
qualitative del grado di omogeneità della radioattività, attraverso
sistemi di tipo gamma totale Questo per fare in modo che da un
punto di vista della radioattività il contenitore abbia caratteristiche
omogenee e che quindi risponda alla modellizzazione geometrica.
Figura 2: controllo manuale mediante strumenti di tipo gamma totale
2.4 Controlli finali mediante spettrometria gamma
La Centrale di Caorso dispone di due apparecchiature di tipo “box
counter”, che di norma sono utilizzate per il controllo massico di
materiali in contenitori a parallelepipedo, tipicamente cassoni; i
sistemi si basano sulla rivelazione della radiazione gamma mediante
rivelatori HPGe collimati e sull‟analisi degli spettri associati alle
varie porzioni dei contenitori. Uno di questi strumenti è collocato al
piano sottostante a PGT (quota 49,63 m slm) (figura 3); a questa
quota è stata allestita un‟area di monitoraggio finale dotata anche di
attrezzature manuali e semiautomatiche per il monitoraggio
417
superficiale. I materiali vengono trasportati in tale area da PGT
tramite un montacarichi. All‟uscita dall‟area di monitoraggio, il
materiale prosegue per la baia di carico turbina (Zona Non
Controllata e pulita) e quindi per le aree di stoccaggio esterne.
L‟altra apparecchiatura similare è posta in un differente edificio,
fuori zona controllata.
Sono disponibili anche due sistemi per spettrometria gamma in situ
basati su rivelatori HPGe dotati di diversi set di collimatori e di un
software che consente la modellizzazione di diverse geometrie (es.
big bags, cassoni, ecc).
I radiosotopi gamma emettitori presenti nell‟inventario della
radioattività sono Co-60, Cs-137, Sb-125.
Figura 3: apparecchiatura di tipo “box counter” collocata nell’area di monitoraggio
2.5 Studio di sistemi di misura innovativi
Lo sforzo di integrare l‟attività di monitoraggio radiologico
all‟interno della complessa macchina dello smantellamento
conciliando le prescrizioni per l‟esecuzione delle misure e i requisiti
418
di tracciabilità con le tempistiche programmate, ha condotto alla
ricerca di soluzioni innovative.
Si citano in questa sede in particolare il sistema di monitoraggio
radiologico automatico delle tubazioni (figura 4) e la realizzazione di
una rete wi-fi di comunicazione tra i vari strumenti di monitoraggio e
un PC centrale.
Figura 4: sistema di monitoraggio radiologico automatico delle tubazioni
Il sistema di monitoraggio delle tubazioni consente il controllo
automatico, con rivelatori di tipo gamma totale, contemporaneamente
all‟interno ed all‟esterno di tubazioni di diametro nominale compreso
tra 10 e 90 cm, spessore massimo di 2 cm circa, lunghezza massima
di 200 cm. Il tubo è posto in rotazione mediante un opportuno
sistema meccanico mentre il sistema di acquisizione registra le
misure, le elabora, fornendo segnalazioni e bloccando il sistema in
419
caso di superamento della soglia di rilasciabilità. Questo sistema
consente l‟accesso all‟interno della superficie senza la necessità di
sezionare il tubo longitudinalmente, come avviene nel caso dei
tradizionali controlli manuali.
Per introdurre la descrizione della rete di monitoraggio, occorre
precisare che tutti gli strumenti di misura della radioattività dedicati
ai controlli per l‟allontanamento sono equipaggiati con un computer
e con l‟hardware occorrente per il trasferimento dei dati su rete
wireless.
La rete schematizzata in modo semplificato in figura 5 è costituita da
un PC dedicato, posto nell‟area di monitoraggio a quota 49,63; il PC
è equipaggiato con un software che svolge diverse funzioni,
dall‟impostazione centralizzata di parametri sensibili come i fattori di
correlazione, le efficienze e le condizioni geometriche di taratura,
(operazioni svolte da personale con qualifiche di supervisione delle
attività di monitoraggio) alla raccolta di tutti i dati di misura
provenienti dalle varie stazioni di misura, elaborazione dei dati e
produzione di files standardizzati pronti per l‟archiviazione
informatica e la stampa. La comunicazione tra questo PC dedicato e
le varie stazioni avviene mediante rete wireless; il PC è integrato
nella rete LAN di Sogin mediante interfaccia Ethernet; l‟inserimento
del PC nella rete LAN consente la gestione dei files prodotti da altre
postazioni di lavoro e dagli uffici; inoltre in questo modo si sfrutta il
sistema di back up e di antivirus già implementato in rete.
Server Sogin
Server rete
wi-fi
.
Rete PGT el. 60.20
slm
Monitori
manuali
Monitori
manuali
Monitori
lamiere
Rete Area
Monitoraggio el.
49,63 m slm
Monitore tubi
Monitori
sacchi
Monitori
sacchi
Box Counter
Monitori
lamiere
Figura 5: schema semplificato della struttura della rete di monitoraggio di turbina
420
Il sistema descritto offre il vantaggio di eliminare o comunque
minimizzare i trasferimenti manuali di dati e gestire i dati stessi a
diversi livelli di responsabilità attraverso il controllo degli accessi.
Inoltre l‟informazione sull‟allontanabilità dei materiali risulta
disponibile già sul luogo della misura, in quanto le elaborazioni
matematiche avvengono in linea. Ciò porta all‟ottimizzazione dei
tempi di svolgimento delle operazioni collegate all‟esito dei controlli
radiologici.
3.
QUANTITATIVI DI MATERIALI MONITORATI E
NUMERO DI MISURE EFFETTUATE
Dalla fine del 2009 fino a metà agosto 2011, con l‟organizzazione
delle misure prima descritta, sono stati monitorati i seguenti
quantitativi di materiali:
misura massica (Box Counter,
ISOCS)
misura superficiale (gamma totale)
n° misure
Peso (ton)
10750
1455.36
52408
3655.58
Si precisa che nel caso di misura massica, una misura rappresenta
l‟acquisizione di uno spettro gamma, e l‟elaborazione dello stesso
per verificare la condizione sulla rilasciabilità del materiale. Ogni
spettro si riferisce ad un quantitativo di materiale non superiore a
300 kg e a un volume non superiore a 1 m3.
Nel caso di misura superficiale, una misura si riferisce
all‟acquisizione di un conteggio integrale, associato ad una
superficie di area non superiore a 1 m 2 (tipicamente si tracciano
comunque delle aree di scansione o di misura statica di superficie
non superiore a 625 cm2) e all‟elaborazione dello stesso per la
determinazione del grado di contaminazione superficiale e della
421
verifica dell‟assenza di “hot spots” associati a superfici dell‟ordine
di 100 cm2 all‟interno dell‟area di misura.
Cli
Materiali metallici
Radionuclide
(i)
Cli
Materiali cementizi
Cli
Altri materiali
Simbolo
massa (Bq/g)
Superf. (Bq/cm2 )
Massa (Bq/g)
Superf. (Bq/cm2 )
massa (Bq/g)
3
1
10.000
1
10.000
0,1
C
1
1.000
1
1.000
0,1
Mn
1
10
0,1
1
0,1
H
14
54
55
Fe
1
1.000
1
10.000
0,1
60
Co
1
1
0,1
1
0,1
59
Ni
1
1000
1
10.000
0,1
63
Ni
1
1000
1
10.000
0,1
90
Sr
1
1
1
100
0,1
125
Sb
1
10
1
1
0,1
134
Cs
0,1
1
0,1
1
0,1
137
Cs
1
10
1
1
0,1
152
Eu
1
1
0,1
1
0,1
1
1
0,1
1
0,1
0,1
0,1
0,1
0,1
0,01
1
1
1
10
0,1
154
Eu
alfa
emettitori
241
Pu
Tabella 1: livelli di allontanamento stabiliti con il DM 04/08/2000
422
Figura 6: modulo accompagnamento componenti
423
4.
CONCLUSIONI
L‟esperienza dello smantellamento della turbina e in particolare dei
controlli per l‟allontanamento dei materiali metallici, ha condotto ad
un‟organizzazione tale da prevedere diverse fasi di controllo dopo lo
smontaggio per un corretto indirizzamento dei materiali verso le
opportune destinazioni. L‟enorme varietà di geometrie ha condotto
alla realizzazione di apparecchiature di misura che potessero
garantire una certa flessibilità ed è stato intrapreso lo sviluppo di
strumentazione innovativa e di architetture di trasmissione dati tali da
limitare le registrazioni manuali e controllare gli accessi per
l‟inserzione dei dati primari.
424
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THE SPANISH LABORATORY ON NATURAL
RADIATION UNDER FIELD CONDITIONS
L.S Quindós-Poncela*, C. Sainz-Fernandez, I. Fuente-Merino, J. L.
Gutierrez-Villanueva, L. Quindós-Lopez, J.L. Matin-Matarranz**
*Department of medical Physics, Faculty of Medicine University of Cantabria
39011 Santander, Spain
** Spanish Nuclear Safety Council, Madrid, Spain
ABSTRACT
In this communication the facilities of a new laboratory for natural
radioactivity measurements is presented. The installation is available
since 2010 and provides the possibility to any national and
international laboratory of performing verification measurements
under realistic field conditions. It is well know the necessity of
adequate calibration procedures for quality assurance of devices used
in monitoring and measurement of the natural radiation levels in soil,
water and air. Usually, this kind of calibrations is carried out in
accredited laboratories where the detection and measurement systems
are exposed to radiation under strictly controlled conditions.
Complementarily to these procedures, the new laboratory open the
possibility of calibrations under field conditions, closer to that where
we usually want to assess the risk of people exposed natural sources
of radiation.
Finally, during May 2011, an International Intercomparison exercise,
sponsored by the Spanish Nuclear Safety Council has been carried
out at the laboratory. More than 30 laboratories coming from
different countries have tested their measurement systems within this
exercise. Several types of measurements like radon indoors and
outdoors, external gamma radiation, radon in soil and water, and
exhalation rate from soil and building materials have been
performed, and some results as well as main conclusions for the
future will be presented in this communication.
425
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TOWARDS A EUROPEAN ATLAS OF NATURAL
RADIATION: GOAL, STATUS AND FUTURE
PERSPECTIVES
M. De Cort1,*, V. Gruber1, T. Tollefsen1 and P. Bossew2
1
European Commission, Joint Research Centre, Institute for Transuranium
Elements,Via E. Fermi 2749, I-21027 Ispra (VA), Italy
2
Bundesamt für Strahlenschutz (German Federal Office for Radiation Protection),
Köpenicker Allee 120-130, D-10318 Berlin, Germany
ABSTRACT
One of the tasks of the European Commission (EC) under the
Euratom Treaty is to collect, validate and provide information about
the levels of radioactivity in the environment. In order to offer to the
public a more balanced view on the annual dose that it may receive
from environmental radioactivity, a few years ago we decided to
explore the feasibility of preparing a European Atlas of Natural
Radiation (EANR). To-date already 21 countries have provided
indoor radon data and efforts continue to extend this information to
other European countries. In addition, we started investigating the
feasibility of a “geogenic radon map”, which would show “what
earth delivers” in terms of potential Rn hazard. In this paper we
present the current state of the art of the preparation of the EANR
and provide detailed statistics of the results already obtained. The
current efforts are still focussed on radon, but also progress on other
components, like cosmic rays and terrestrial gamma radiation will be
presented and discussed.
426
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CONCENTRAZIONI DI RADON LUNGO STRUTTURE
TETTONICHE ATTIVE IN CALABRIA
M. Fòlino Gallo*, C. Tansi**, S. Procopio*, G. Martini**, A. Rania*
* ARPACal Dipartimento di Catanzaro (CZ), Italia
** CNR-IRPI Sezione di Cosenza, Rende (CS), Italia
RIASSUNTO
Nel presente lavoro sono state confrontate le concentrazioni di radon
misurate nel suolo e l‟assetto neotettonico in alcuni settori dell‟Arco
Calabro. Le aree investigate, caratterizzate dalla presenza di faglie
attive, sono state interessate storicamente da forti terremoti crostali
(M>7 e intensità MCS fino a XI). Anche gli epicentri dei terremoti
strumentali più intensi (M>3) tendono a distribuirsi lungo le faglie
riconosciute confermandone l‟attività.
I risultati ottenuti mostrano che nelle zone investigate:
(a) non si evince una chiara correlazione tra le concentrazioni anomale
di radon e le litologie affioranti;
(b) esiste una evidente correlazione tra l‟andamento delle strutture
tettoniche e la distribuzione delle concentrazioni anomale di
radon;
(c) le aree epicentrali dei principali terremoti sia storici che
strumentali corrispondono alle zone caratterizzate dai valori più
alti di concentrazione di radon, probabilmente ad indicare una
attivazione recente di questi segmenti di faglia.
La metodologia utilizzata permette di meglio definire sia la
geometria e il potenziale sismico delle faglie che il rischio
ambientale connesso alla maggiore probabilità di fenomeni di
accumulo di radon negli ambienti confinati.
Parole chiave: Gas del suolo, radon, faglie
427
INTRODUZIONE E ASSETTO GEOLOGICO
Gli stress tettonici attivi in un‟area possono provocare variazioni nel
tempo di alcuni parametri fisici. Numerosi studi riportati in letteratura
hanno suggerito che le misure di radon, sia in acqua sia in suolo,
possono essere un valido strumento per la comprensione dei fenomeni
geodinamici (THOMAS, 1988; KING et al., 1996; BURTON et al., 2004;
NERI et al., 2005). Infatti, la concentrazione di radon ha la
caratteristica di poter essere rilevata con un costo relativamente basso
e di essere molto sensibile alle variazioni di stress tettonico anche
profondo.
Il radon, gas radioattivo che costituisce la frazione preponderante della
radioattività ambientale, è naturalmente emanato dalle rocce che
costituiscono la crosta terrestre. Esso deriva dal decadimento
dell‟Uranio-238, le cui tracce sono presenti in ogni tipo di suolo. Per
tale motivo è fondamentale individuare le possibili vie di
comunicazione tra il sottosuolo e la superficie (faglie e fratture).
Infatti, il discreto tempo di dimezzamento (3,8 giorni) e la sua
solubilità permettono al radon di essere trasportato per considerevoli
distanze da gas o liquidi trasportatori, come l‟anidride carbonica e
l‟acqua. Le faglie inducono
un aumento considerevole
degli indici di fratturazione
delle rocce che attraversano,
costituendo una via di fuga
preferenziale per i gas
(fig.1).
Fig. 1 – Schematizzazione della
risalita del radon lungo faglie
attive.
Numerosi studi scientifici hanno dimostrato, in diverse parti del
mondo, che lungo alcune faglie attive si registrano valori importanti
di concentrazione di radon, confermando l‟ipotesi che queste
controllano sensibilmente la risalita di radon verso la superficie
terrestre.
428
In Calabria, le rocce uranifere sono presenti in quasi tutte le
formazioni del sottosuolo. Da un punto di vista geologico, l'Arco
Calabro (AMODIO-MORELLI et al., 1976), è un segmento arcuato
dell‟orogene appenninico-magrebide estruso sulla crosta oceanica del
Bacino Jonico durante le fasi finali dei processi collisionali tra Africa
ed Europa (BEN AVRAHAM et al., 1990). Strutturalmente, l‟Arco
rappresenta un thrust-belt prodotto dalla sovrapposizione, attuatasi
tra il Cretaceo sup. ed il Paleogene, di una serie di unità, costituite da
rocce cristallino-metamorfiche paleozoiche e coperture mesozoiche,
derivanti dalla deformazione di domini continentali ed oceanici.
Durante l‟Oligocene-Miocene Inferiore, le suddette unità sono
sovrascorse “in toto” sulle unità di piattaforma appartenenti alla
catena appenninica, lungo overthrusts che mostrano attualmente
vergenza NE (AMODIO-MORELLI et al., 1976; TORTORICI, 1982). Dal
Miocene Medio l‟Arco ha iniziato a migrare verso SE lungo faglie
trascorrenti d‟importanza regionale, orientate NW-SE, direttamente
connesse con l‟apertura
del Bacino Tirrenico
(MALINVERNO & RYAN,
1986; DEWEY et al.,
1989).
Fig. 2 – Mappa schematica con i
principali lineamenti tettonici della
Calabria
settentrionale.
SLFZ
Soverato-Lamezia Fault Zone;
CAFZ Catanzaro-Amantea Fault
Zone; SDFZ Sellia-Decollatura
Fault Zone; OCFZ Colle OspedaleColosimi Fault Zone; FCFZ
Falconara-Carpanzano Fault Zone;
PSFZ Petilia-S.Sosti Fault Zone;
SRFZ S. Nicola Rossano Fault Zone
(da Van Dijk et al.; 2000,
modificata).
In particolare, la Calabria Settentrionale è attraversata da un sistema
di shear-zones profonde (fig. 2) che, dal Pliocene medio e fino a
tempi recenti, ha disarticolato il complesso edificio a thrust che
429
costituisce l‟Arco Calabro con una tettonica di tipo prevalentemente
trascorrente (VAN DIJK et al., (2000); TANSI et al., 2007, FOLINO
GALLO M., 2011).
In Calabria è stata riconosciuta un‟intensa deformazione crostale
che si manifesta attraverso sistemi di faglie normali e trascorrenti
(MONACO & TORTORICI, 2000; TANSI et al., 2005; SPINA et al., 2007;
FERRANTI et al., 2009). Tali sistemi hanno evidenziato un‟intensa
attività rendendo la regione una tra le zone più attive, dal punto di
vista sismico, nel Mediterraneo Centrale. Lungo le faglie che
attraversano il territorio calabro, sono si sono verificati numerosi
terremoti catastrofici caratterizzati da magnitudo (M) fino a 7.4 e
intensità MCS fino a XI (fig. 3).
Fig. 3 - Schema sismotettonico dell’Arco Calabro e della Sicilia orientale (da: MONACO &
TORTORICI, 2000, modificato). Sono riportati i terremoti crostali (profondità < 35 km) a partire dal
1000 d.C. (dati tratti da: POSTPISCHL, 1985; BOSCHI et al., 1997).
430
MISURE DI RADON: METODOLOGIA
La misurazione della concentrazione di radon può essere effettuata
attraverso diverse metodologie.
In questo lavoro la strumentazione utilizzata è costituita da un
contatore di particelle alfa corredato da un set di camere a
scintillazione. Il contatore (modello Pylon AB-5) è composto da un
fotomoltimplicatore (PMT), da un sistema dotato di un software in
grado di trasformare gli impulsi luminosi generati dal PMT in
conteggi e una pompa con la quale vengono prelevati i campioni di
aria da analizzare. Lo strumento è stato calibrato utilizzando una
sorgente radioattiva di Ra-226 (modello 3150 A, Calibrazione
standard), con un'attività di equilibrio con il Ra-226 di 3716 dpm e
un‟efficienza del 74,5%. Le camere a scintillazione utilizzate sono
Celle di Lucas, aventi volume nominale di 270 ml, nelle quali
attraverso due valvole viene immessa dell‟aria (flusso 3 l/min.).
Anche le Celle di Lucas sono state calibrate fino ad ottenere
un‟efficienza E = 0.75d (cpm / dpm) e una sensibilità pari a S =
0.0365* cpm (Bq/m3).
Il radon è stato campionato per cinque minuti e dopo più di tre ore,
tempo necessario per raggiungere l‟equilibrio tra il radon e i suoi
figli, per ogni campione è stata determinata la concentrazione di
radon. In tal modo è stata evitata l‟interferenza nella misura di altri
isotopi con emissioni di radiazioni-alfa (WINKLER et al., 2001).
Le aree sono state investigate tramite l‟effettuazione di 4 misure per
km2. I campioni di gas sono stati prelevati a profondità variabili tra
0,5 e 1 metro di profondità, in modo da limitare l‟influenza nelle
misure delle variazioni delle condizioni atmosferiche. Tutte le misure
sono state eseguite in condizioni meteorologiche stabili.
La mappa con le isoconcentrazioni di radon nel suolo è stata
realizzata considerando le misure ottenute in laboratorio. La
distribuzione spaziale delle concentrazioni di gas nel suolo è stata
ottenuta attraverso elaborazioni geostatistiche (kriging con
variogramma lineare) e di un GIS, al fine di evidenziare le tendenze
“anomale”. Sono state considerate “anomalie significative”, in
accordo con IGARASHI & WAKITA (1990), i valori di concentrazione
431
del radon superiori al valore medio +/- 2 volte il valore della
deviazione standard.
Infine, l‟andamento delle concentrazioni di radon è stato confrontato
con i principali lineamenti geologici e sismici dei settori investigati.
CONFRONTO DEI DATI RADON CON I LINEAMENTI
NEOTETTONICI
I dati geologico-strutturali, alcuni dei quali inediti, assieme ai
caratteri della sismicità strumentale e storica, sono stati confrontati
con le misure di radon nel suolo eseguite, in alcuni settori della
Calabria centro-settentrionale, dal Dipartimento di Fisica
dell‟Università della Calabria tra il 2004 e il 2006. In particolare,
l‟attenzione è stata focalizzata in aree ad elevato potenziale
sismogenetico (settore meridionale del graben del Crati, margine
ionico dell‟Altopiano Silano e settore occidentale della Piana di
Lamezia Terme), ed i risultati ottenuti sono di seguito descritti.
a)
Settore meridionale del graben del Crati
Il settore meridionale del graben del Fiume Crati è una depressione
tettonica d‟età plio-quaternaria (LANZAFAME & TORTORICI, 1981),
caratterizzata dalla presenza di faglie normali ad andamento N-S che
ne definiscono la forma tipicamente stretta ed allungata (fig. 4). Tali
faglie delimitano i depositi clastici plio-quaternari di riempimento
del graben (COLELLA et al., 1987) dalle rocce cristallinometamorfiche paleozoico-cretaciche, che costituiscono gli horst della
Catena Costiera e dell‟Altopiano Silano. I depositi di riempimento
del graben del Crati sono costituiti da una successione
conglomeratico-sabbioso-argillosa, riferibile a un ciclo sedimentario
marino del Pliocene superiore-Pleistocene inferiore, su cui giacciono
in unconformity depositi di fan-delta ghiaioso-sabbiosi (COLELLA et
al., 1987) del Pleistocene medio, a loro volta ricoperti dai depositi
alluvionali attuali del F. Crati e dei suoi principali tributari.
Gli horst che delimitano il graben del Crati sono costituiti da litotipi
cristallino-metamorfici appartenenti all‟Arco Calabro (AMODIO432
MORELLI et al., 1976), localmente sormontati da depositi altomiocenici (DI NOCERA et al., 1974) in corrispondenza degli horst
della Catena Costiera e dell‟Altopiano Silano.
Le faglie riconosciute sono connesse a una fase tettonica distensiva,
con assi di estensione massima orientati E-W, perdurata dal Pliocene
sup. (LANZAFAME & TORTORICI, 1981), particolarmente intensa dal
Pleistocene M., e tuttora attiva (GASPARINI et al., 1982; TORTORICI et
al., 1995).
Lungo il bordo orientale del graben del Crati le faglie N-S sono
organizzate in una gradinata, ribassante verso occidente. Esse sono
più “fresche” morfologicamente e, quindi, più recenti, procedendo da
est verso ovest e culminano per rigetti ed estensione con le direttrici
“Rogliano-Serra Castellara” e “Donnici-Luzzi” (TANSI et al., 2005).
L‟attività sismogenetica di tali faglie è evidenziata dai dati sia della
sismicità storica (cfr. eventi di intensità IX-X MCS, anni 1767, 1835,
1854, 1870 e 1887 - POSTPISCHL, 1985; BOSCHI et al., 1997) che
strumentale. Dal confronto faglie-sismi, si evince come gli epicentri
dei terremoti strumentali più intensi (M>3, dati INGV relativi al
periodo 1983-2010), tendano a distribuirsi prevalentemente lungo le
faglie del sistema N-S (fig. 4, riquadro a). Inoltre, lungo questo settore,
nel tratto compreso tra Rogliano e Luzzi, si allineano le aree
macrosismiche dei principali terremoti storici che hanno interessato la
valle del Fiume Crati (BOSCHI et al., 1997), con assi di allungamento
che seguono le principali strutture tettoniche recenti presenti.
433
Fig. 4 – Schema neotettonico del graben del Crati. Nel riquadro A: anomalie di radon, faglie
quaternarie e principali terremoti storici e strumentali lungo il bordo orientale del graben del
Crati (da Tansi et al., 2005, modificata)
Le concentrazioni di radon misurate in questo settore sono risultate
piuttosto uniformi, con valori di fondo medio osservato di 9,08 Bq/l.
Le concentrazioni minime e massime sono pari, rispettivamente, a
1,00 e 38,82 Bq/l (varianza = 43,95, deviazione standard = 6.63).
Dalla mappa non si individuano alcune zone che presentano valori
anomali di concentrazione di radon. In generale non si evincono
correlazioni significative tra le litologie affioranti e le concentrazioni
di radon, sia in termini di background sia di anomalie, le quali
interessano diverse unità geologiche e mostrano valori molto diversi
anche per singola unità litologica. Esiste, invece, un‟evidente
correlazione tra le faglie quaternarie e le aree con concentrazioni di
radon più elevate (sino a 4 volte il valore medio). In particolare,
queste zone “anomale” si dispongono, generalmente, in direzione NS, parallelamente alle strutture tettoniche più recenti, ad esclusione
della pozione meridionale in cui l‟andamento delle anomalie di radon
è influenzato dalla sovrapposizione del sistema di faglie N-S e NWSE.
434
Esiste una significativa correlazione tra l'intensità/larghezza delle
anomalie di radon e lo stato di attività delle faglie. Le concentrazioni
più alte corrispondono, generalmente, ai settori di faglia che
mostrano indizi di “freschezza morfologica” e, quindi, caratterizzati
da fratturazione recente.
Invece, a faglie relativamente più antiche si associano concentrazioni
di radon più basse.
Inoltre, le aree epicentrali dei principali terremoti sia storici che
strumentali corrispondono a picchi principali di anomalie di radon,
indicando, probabilmente, segmenti di faglia di attivazione recente.
Le aree macrosimiche dei terremoti del 1835, 1854, e 1870
coincidono con le zone caratterizzate dalle concentrazioni più elevate
di radon.
b)
Settore nord-orientale dell‟Arco Calabro
Il bordo nord-orientale della Calabria costituisce un alto strutturale
che corrisponde al margine ionico del Massiccio Silano. Le unità
cristallino-metamorfiche, che costituiscono il bedrock, affiorano
diffusamente in tutta la parte centrale e meridionale dell‟area e sono
rappresentate essenzialmente dalle rocce granitoidi e gneissiche che
strutturano l‟Altopiano della Sila.
Al di sopra di queste giacciono:

le coperture sedimentarie del Mesozoico
(costituite da sedimenti carbonatici);

le coperture Alluvionali Terziarie (conglomerati,
brecce e marne, Formazione di Paludi di DUBOIS, 1976);

i sedimenti Neogenici (DI NOCERA et al., 1974),
rappresentati da conglomerati e arenarie del Tortoniano, argilliti,
calcari evaporitici e gessi del Messiniano;

i depositi del Pliocene M.-Pleistocene M.,
costituiti da successioni sedimentarie marine di conglomerati, sabbie
e argille (CAROBENE, 2003).
Da un punto di vista tettonico, in quest‟area VAN DIJK et al. (2000),
hanno riconosciuto un‟importante struttura tettonica crostale a
orientamento NW-SE, definita dagli Autori “Rossano-S.Nicola Fault
Zone”(fig. 2), attiva almeno sino al Pleistocene Medio e
435
caratterizzata in profondità da cinematismi trascorrenti sinistri con
forti componenti inverse.
Studi recenti (FERRANTI et al., 2009; FOLINO GALLO, 2011, FOLINO
GALLO et al., in press) hanno riconosciuto, lungo il bordo nord
settentrionale dell‟Arco Calabro, la presenza di un regime tettonico
quaternario di tipo transpressivo, individuato da un sistema di faglie
trascorrenti sinistre con direzione media NW-SE e immersione
prevalentemente verso NE (fig.5).
Fig. 5 – Schema geologico-strutturale del bordo nord-orientale della Calabria. Nel riquadro
confronto tra anomalie di radon e faglie quaternarie lungo il bordo nord-orientale della Calabria
(da Folino Gallo, 2011, modificata).
Tali strutture rappresentano un sistema che si sviluppa per circa 70
km, costituito da diversi segmenti, ben evidenti morfologicamente,
contraddistinti da settori in sovrapposizione. Nell‟ambito di tale
sistema sono state riconosciute due shear-zones principali: una
orientata WNW-ESE, che si estende tra Spezzano Albanese e
Rossano; l‟altra orientata NW-SE, che si sviluppa tra il Fiume
Trionto e Punta Alice.
Lungo questo sistema regionale di faglie si riconosce una discreta
attività sismica che si evince sia dalla distribuzione delle aree
macrosismiche dei terremoti storici, l‟evento di maggiore energia è
stato quello del 25 aprile 1836 caratterizzato da un‟intensità IX-X
MCS, che dalla localizzazione degli epicentri strumentali, alcuni dei
436
quali hanno superato M = 4 (fig. 6). I meccanismi focali dei
principali eventi sismici recenti sembrano confermare l‟attività del
sistema di faglie riconosciuto mostrando soluzioni focali che
indicano movimenti trascorrenti sinistri (fig. 6).
Fig. 6 – Caratteri sismotettonici del bordo nord-orientale della Calabria. Sono rappresentati gli
epicentri dei terremoti storici e strumentali (profondità < 35 km) significativi, e le principali faglie.
Nel complesso le concentrazione di radon misurate nell‟area variano
spazialmente tra un minimo di 2,02 Bq/l ad un massimo di 89,91.
Bq/l, con valori medi che si attestano intorno a 5 Bq/l.
Dal confronto tra le concentrazioni di radon misurate e la
distribuzione della fagliazione quaternaria recente, si deduce come i
più alti valori - concentrazioni anomale - si dispongono lungo gli
allineamenti tettonici a orientazione media NW-SE (fig. 5). Le faglie,
che mostrano forme morfologiche più fresche, corrispondono alle
anomalie principali (sia in termini di intensità che di larghezza).
L‟andamento della distribuzione delle concentrazioni di radon ha
permesso, inoltre, di confermare l'esistenza di faglie sepolte nei
sedimenti alluvionali che caratterizzano il settore settentrionale
dell'area di studio (linee tratteggiate in fig. 5). Fatta eccezione per il
bordo SW, le concentrazioni anomale di radon mostrano valori
compresi tra 21,32 Bq/l (nei pressi del centro abitato di Scala Coeli)
e 43,25 Bq/l (vicino al centro abitato di Spezzano Albanese).
Il bordo SW è caratterizzato da un‟estesa zona contraddistinta da
concentrazioni radon particolarmente elevate (valori fino a 78,50 Bq/l),
437
che si allunga in direzione E-W. Tale situazione è, probabilmente,
dovuta alle rocce cristalline affioranti nella zona (gneiss dell‟Unità di
Monte Gariglione e rocce granitoidi del Batolite Sila), caratterizzate da
un alto contenuto di minerari uraniferi.
Infine, l‟andamento della distribuzione delle concentrazioni anomale
di radon a spot potrebbe essere dovuto alla presenza di corsi d'acqua
assimilabili a fiumare che attraversano perpendicolarmente le zone di
faglia riconosciute (fig. 5). Gli alvei di tali corsi d‟acqua, molto
estesi, sono costituiti da depositi alluvionali grossolani (generalmente
conglomeratici e conglomeratici sabbiosi), che disperdono i flussi di
gas radon in superficie, mascherando l'originale concentrazione
lungo la direzione di massima fatturazione della roccia sottostante.
c)
Settore occidentale della Piana di Lamezia Terme
La Piana di Lamezia Terme corrisponde al settore tirrenico del
graben di Catanzaro. Quest‟ultimo rappresenta orograficamente una
depressione morfologica allungata in direzione E-W, delimitata a
Nord dal Massiccio della Sila e a Sud da quello delle Serre (fig. 2).
Ai fini del presente lavoro, si è ritenuto opportuno raggruppare le
unità geologiche affioranti in due domini principali rappresentati da
(fig. 7):
• substrato roccioso pre-pliocenico: affiorante in corrispondenza
dell‟alto strutturale della Sila, costituito da rocce metamorfiche di
basso grado paleozoico-mesozoiche (filladi, gneiss ed in
subordine, rocce verdi) e da rocce carbonatiche giurassiche
(dolomie e calcari);
• depositi sedimentari plio-olocenici: affioranti in corrispondenza
del basso strutturale della Piana di Lamezia Terme e rappresentati
da potenti successioni sedimentarie d‟origine marina d‟età
Pliocene Sup.-Pleistocene Med., ricoperte da depositi di conoide
d‟origine continentale d‟età Pleistocene Sup.-Olocene. I depositi
plio-pleistocenici sono rappresentati da una successione
prevalentemente argillosa ed, in subordine, sabbiosoconglomeratica. In particolare, tali depositi sono qui rappresentati
438
da due generazioni di conoidi che si allineano lungo il bordo
settentrionale della Piana di Lamezia Terme.
Fig. 7 – Schema geologico-strutturale della Piana di Lamezia Terme (riquadro di sinistra).
Anomalie di radon, faglie quaternarie e principali terremoti storici e strumentali nella Piana di
Lamezia Terme (riquadro di destra).
Il graben di Catanzaro è strutturato da faglie normal-trascorrenti
sinistre con direzioni medie WNW-ESE. In particolare, nella sua
porzione settentrionale, esso è caratterizzato dalla faglia
d‟importanza regionale “Sambiase – Pianopoli - Catanzaro”, che
delimita le propaggini meridionali dei sistemi montuosi Catena
Costiera - Sila.
L‟area di studio ricade in una zona ad elevato rischio sismico
connesso con l‟attività di faglie sismogeniche: questi caratteri sono
particolarmente evidenti nella faglia che, nei pressi del Torrente
Zinnavo a circa 3 km ad est di Capo Suvero, disloca una conoide di
deiezione post-Wurmiana e lungo la cui scarpata, caratterizzata da
una lunghezza di qualche km e da un‟altezza di circa 30 m., si
impostano due nuove conoidi oloceniche, indicativi di un
“ringiovanimento” della stessa (TORTORICI et al., 2002). La Piana di
Lamezia Terme coincide con l‟area epicentrale del terremoto del 27
marzo 1638 (intensità alla sorgente pari a XI MCS, magnitudo
439
equivalente pari a 7.1, fig. 7). Inoltre, gli allineamenti degli epicentri
strumentali registrati negli ultimi decenni confermano i caratteri
sismogenetici delle faglie suddette (fig. 7).
Il confronto tra gli elementi tettonici, i dati della sismicità e le misure
di radon disponibili per quest‟area è in via di definizione.
I risultati preliminari dell‟indagine sono riportati in figura 7. Le
concentrazioni di radon riscontrate variano tra un minimo di 2,08
Bq/l ad un massimo di 65,7. Bq/l, con valori medi che si attestano
intorno a 11 Bq/l.
Dal confronto tra le concentrazioni di radon misurate e la
distribuzione della fagliazione quaternaria recente, si deduce, anche
per quest‟area, che i valori più elevati di radon si dispongono lungo
gli allineamenti tettonici più recenti. I valori più alti sono stati
riscontrati al contatto tra rocce cristalline e le rocce sedimentarie,
marcato da un‟importante struttura crostale profonda lungo la quale è
avvenuta la risalita delle rocce carbonatiche affioranti nella finestra
tettonica di Caronte.
L‟andamento delle anomalie di radon ha permesso, inoltre, di
ipotizzare la prosecuzione di un‟importante struttura tettonica,
probabilmente attiva, al di sotto delle conoidi nella parte meridionale
dell‟area (linea tratteggiata in fig. 7).
CONCLUSIONI
I dati presentati in questo lavoro, alcuni dei quali inediti, hanno
confermato una forte correlazione tra l‟andamento delle
concentrazioni “anomale” di radon e l‟assetto neotettonico. Dal
confronto tra le concentrazioni di radon e la distribuzione della
fagliazione quaternaria si deduce che i più alti valori si dispongono
lungo le faglie con indizi di attività più recente. Le aree epicentrali
dei principali terremoti sia storici sia strumentali corrispondono, nei
settori investigati, alle zone caratterizzate dai valori di
concentrazione di radon più elevati, probabilmente ad indicare i
segmenti di faglia che si sono riattivati più recentemente.
440
Lo studio delle anomalie di radon ha permesso, inoltre, di
identificare alcuni segmenti di faglia sepolti al di sotto delle coltri
alluvionali.
In conclusione, gli studi effettuati permettono di affermare che in
Calabria centro-settentrionale le principali faglie attive sono
caratterizzate da alti valori di concentrazione di gas radon che
rappresentano, oltre ad un indizio del potenziale sismico delle faglie,
un fattore di rischio ambientale connesso alla maggiore probabilità di
fenomeni di accumulo di gas negli ambienti confinati.
441
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AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
MISURE DI RADON IN ATMOSFERA PER LA STIMA
DELLO STRATO DI MESCOLAMENTO: PREVISIONI
TEORICHE E DATI SPERIMENTALI
E. Bonasegla*, E. Chiaberto+, E. Serena+, M. Magnoni+, A. Bruno#,
F. Lollobrigida#, L. Tomassone°,
* Università degli Studi di Pavia Dip. Fisica Nucleare e Teorica
+ARPA Piemonte Dipartimento Radiazioni Via Jervis, 30 – 10015 Ivrea (TO) – Italy
#
ARPA Piemonte Dipartimento di Torino Via Pio VII Torino
°
ARPA Piemonte Sistemi previsionali Via Pio VII Torino
INTRODUZIONE
I fenomeni di inquinamento interessano soprattutto la troposfera ed
in questa, in particolare, lo strato di mescolamento (Planetary
Boundary Layer PBL). Quest‟ultimo è quella porzione di atmosfera
dove forti variazioni della velocità orizzontale ed il riscaldamento
della superficie danno origine a movimenti turbolenti (in inglese
eddies) che vanno a condizionare quindi la concentrazione degli
inquinanti e dei gas qui presenti.
In genere, il PBL può avere un‟estensione variabile con altezze h dal
suolo a partire da valori di 100 metri fino a raggiungere anche
qualche kilometro, a seconda della stabilità atmosferica e delle
condizioni metereologiche.
Ad esempio, durante i giorni di bel tempo, il PBL subisce un
aumento significativo della temperatura e raggiunge altezze molto
elevate; al contrario, di notte, il raffreddamento del suolo causa
un‟inversione termica tale per cui l‟altezza h rimane più bassa
variando da 100 a 600 metri circa.
Si ha inversione termica, e quindi un‟altezza contenuta del PBL,
anche nel periodo invernale in condizioni anticicloniche; in questo
caso l‟ulteriore assenza di vento limita molto il trasporto degli
inquinanti causandone quindi una maggiore concentrazione.
445
Un comportamento analogo a quello di inquinanti di origine
antropica lo ha il radon, gas naturale radioattivo che si genera per
decadimento del radio 226 presente nel suolo, ben noto come
inquinante indoor.
Dalla misura del radon in atmosfera (radon outdoor), tramite
opportuni modelli, è quindi possibile studiare e stimare i fenomeni di
inquinamento acuto.
Tramite questo approccio, è stato possibile correlare sia
qualitativamente che quantitativamente i valori dell‟altezza dello
strato di mescolamento con le concentrazioni di radon outdoor
sperimentali; e di conseguenza con le concentrazioni degli inquinanti
(traffico auto veicolare, emissioni dovute alle caldaie per il
riscaldamento domestico).
Un ulteriore vantaggio offerto da tale studio è dovuto al fatto che il
radon può essere misurato con relativa semplicità ed economicità
rispetto ad altri strumenti di valutazione dell‟altezza di
rimescolamento e degli inquinanti stessi (PM10 - PM2.5).
MODELLO DELLA DIFFUSIONE DEL RADON IN
ATMOSFERA IN PRESENZA DI STRATO LIMITE
Per descrivere il fenomeno della diffusione del radon nell‟atmosfera
si può seguire, in alternativa all‟impostazione seguita dai modelli
semiempirici normalmente in uso, un approccio “più fisico”, che
parte cioè dalla considerazione dell‟equazione di continuità, scritta
per il flusso J di radon che dal suolo entra in atmosfera e si diffonde
verso l‟alto:
divJ 
C
 0 (1)
t
dove C è la concentrazione di radon.
Ipotizzando che anche per J possa formalmente essere scritta una
relazione analoga alla cosiddetta I legge di Fick che descrive il flusso
di diffusione di un soluto in un solvente si avrà, considerando la sola
coordinata verticale, la seguente relazione:
446
J  D 
C
( 2)
z
dove D dovrà in questo caso essere interpretato come il cosiddetto
coefficiente di diffusione turbolenta (coefficient of eddy diffusivity).
Considerando il caso stazionario (∂C/∂t=0), è quindi possibile,
inserendo la (2) nella (1) e tenendo conto del decadimento
radioattivo, ottenere una familiare equazione del secondo ordine:
D
 2C
   C  0 (3)
z 2
la cui soluzione generale è la seguente:
C( z)  A  e
 z

D
Be
z

D
( 4)
in cui A e B sono costanti arbitrarie il cui valore dipenderà dalle
condizioni al contorno che verranno assunte e che sono quindi legate
al fenomeno fisico che si sta studiando. Per giungere al calcolo
esplicito di tali costanti sono quindi necessarie alcune considerazioni
teoriche che devono tenere conto e schematizzare la realtà
sperimentale.
Tali condizioni al contorno dovranno descrivere in termini
matematici il sistema fisico in questione. Nel nostro caso, si possono
distinguere 2 diverse situazioni, legate alla meteorologia e che
influenzano direttamente il sistema fisico:
a)
Assenza di inversione termica
Tali condizioni meteo si traducono, nella trattazione matematica, in
vincoli per la diffusione.
In particolare, l‟assenza di inversione termica fa sì che il processo di
diffusione del radon, continuamente prodotto dalla crosta terrestre,
possa svolgersi liberamente verso l‟alto senza alcun ostacolo.
447
Matematicamente quindi, l‟assenza di inversione termica può essere
espressa con l‟imposizione delle seguenti condizioni al contorno
sulla concentrazione di radon:
C (0)  C 0
(5)
C ( z  )  0
dove C0 è la concentrazione del radon all‟interfaccia suolo-aria. Con
queste condizioni si ottiene quindi per il profilo verticale di
 z

C( z)  C 0  e D
(6)
concentrazione del radon la seguente espressione:
Volendo cercare di mettere in relazione la concentrazione di radon
all‟interfaccia suolo-aria C0 con un parametro fisico direttamente
misurabile, cioè con il flusso di radon ¢ proveniente dal suolo, la
prima delle condizioni scritte nella (5) può essere sostituita
dall‟imposizione di una condizione sul flusso, J(0)=¢, che equivale,
tenendo conto della (2), a una condizione sulla derivata prima.
L‟imposizione di una tale condizione si traduce nella seguente
espressione:
  D  (A

D
B

D
)
( 7)
da cui, poiché, valendo sempre la seconda delle (5), deve essere B=0,
si ottiene in definitiva:
C( z) 
 z

e
D

D
(8)
dalla quale si vede che la concentrazione di radon all‟interfaccia
suolo-aria C0 può essere espressa in funzione del flusso di radon φ
proveniente dal suolo.
448
b)
Presenza di inversione termica con strato limite di altezza h
In questo caso la situazione si complica un po‟: il dominio di
definizione della funzione definita dalla (6) è infatti l‟intervallo
limitato (0, h): bisognerà quindi imporre opportune condizioni al
contorno in 0 e h. Se per la condizione al contorno corrispondente a
z=0 si possono senz‟altro fare le stesse considerazioni del caso
precedente, per la condizione in z=h si può fare il seguente
ragionamento. Dal momento che la presenza di uno strato limite ha
l‟effetto di incrementare e omogeneizzare gli inquinanti in uno strato
limitato, si può ragionevolmente supporre che lo stabilirsi di questa
condizione porti all‟azzeramento della variazione della
concentrazione all‟avvicinarsi dello strato limite: infatti, mentre
l‟assenza di una limitazione della diffusione del radon verso l‟alto
determina un derivata negativa, ma sempre  0, della concentrazione
per qualunque quota z, la presenza di un‟altezza limite h oltre la
quale il radon non può più diffondere fa sì che il radon venga in
qualche modo “riflesso” verso il basso. Sembra perciò sensato porre
come condizione al contorno in z=h l‟azzeramento della derivata
prima della funzione C(z), così come è definita dalla (4), cioè :
C (h)
0
( 9)
z
In definiva le condizioni al contorno che descrivono fisicamente il
sistema in caso di inversione termica definiscono il seguente sistema,
nelle incognite A e B:

D (A
 A
D

D
e

B
D
) 

 h
D
B

D
(10)
e
h

D
0
Risolvendo il quale si giunge alla soluzione particolare che descrive
C( z) 
 e
 z

D
  D  (1  e
 2 h


D
)
449
 e
( 2 h  z )
  D  (1  e

D
 2 h
(11)

D
)
l‟andamento della concentrazione di radon in presenza di inversione
termica:
Si può verificare che, operando il passaggio al limite per h +, si
annulla il secondo termine e la (11) si riduce alla (8).
L‟aspetto fisicamente non banale della (11) è che essa prevede,
rispetto alla (10), un incremento delle concentrazioni al suolo in
funzione dell‟altezza h dello strato limite, in accordo con quanto si
osserva sperimentalmente. In particolare si ha infatti:
C (0) 
  (1  e
 2 h
  D  (1  e

D
)
 2 h


D
)

D
(12)
la quale ci dice appunto che la concentrazione al suolo in presenza di
inversione (cioè quando h0) è sempre maggiore della
concentrazione al suolo in assenza di inversione.
Il principale aspetto problematico di questa teoria è che essa è una
teoria stazionaria: infatti, pur ammettendo che D e il flusso di radon
¢ possano, in prima approssimazione, essere ritenuti costanti, le
variazioni di h che, come ben sappiamo, sono sperimentalmente assai
ben verificate, non possono certo essere trascurate. Pertanto, in senso
stretto, la (11) è valida solo se h si mantiene costante per un congruo
periodo di tempo, valutabile nell‟ordine delle 2-3 settimane,
necessario affinché la quantità totale di radon nel dominio (0,h) vada
all‟equilibrio.
Il parametro h che si calcola a partire dalla (11) non può
rappresentare quindi un valore “istantaneo” dello strato di
mescolamento ma può essere considerato una buona stima del suo
valor medio in certo intervallo di tempo. Ciò può valere in
particolare nelle condizioni “quasi stazionarie” cioè in quei casi in
cui la concentrazione di radon misurata sperimentalmente al suolo o
a una data altezza z non subisce significative variazioni in un ampio
intervallo di tempo (almeno qualche giorno) e non vi siano
significativi trasporti orizzontali. Situazioni di questo genere non
sono infrequenti in Pianura Padana durante la stagione invernale: è
450
pertanto possibile, a queste condizioni, sottoporre a verifica
sperimentale la (11) e confrontare i valori di h che si ottengono in tal
modo con quelli che si possono ottenere con altri metodi.
IL MONITORAGGIO: STRUMENTAZIONE E METODO
Le misure sperimentali sono state effettuate in due differenti siti: nel
2010 si è misurata la concentrazione radon outdoor a Torino presso
una centralina per il monitoraggio della qualità dell‟aria posta nel
parco di Torino Lingotto la quale fornisce i dati orari di NO, PM10 e
NO2; nel 2011 la strumentazione è stata dislocata sempre a Torino in
Corso Stati Uniti dove è invece presente una stazione di misura del
profilo di temperatura e del vento che offrono una valutazione
tridimensionale dei gradienti di temperatura e delle variazioni
vettoriali della velocità del vento.
Le misure di radon sono state effettuate mediante una sonda Pylon
PMT-TEL ad elevata sensibilità (MCR = 0.9 Bq/m3), accoppiata con
un‟unità di conteggio mi.am MR1. Si tratta di un rivelatore a solfuro
di zinco ad alto volume (20 litri), all‟interno del quale un campo
elettrico concentra opportunamente i figli del radon incrementando in
tal modo l‟efficienza di raccolta delle particelle alfa emesse. Lo
strumento scelto quindi per l‟elevata efficienza ha però lo svantaggio
di possedere un certo ritardo nella risposta dovuto ai tempi di
formazione dei figli del radon internamente al volume in cui viene
flussata con continuità l‟aria campionata esterna. Tale ritardo può
essere valutato non inferiore a due ore. Dato il tipo di
campionamento attivo non è presente alcun ritardo imputabile alla
diffusione del radon che può essere considerato istantaneo.
Gli strumenti invece utilizzati da ARPA in Corso Stati Uniti per
analisi dell‟atmosfera nascono nell‟ambito del progetto IMA e sono
due strumentazioni specialistiche di grande potenzialità nello studio
della micrometeorologia e delle situazioni di inquinamento dell‟aria;
tali strumenti sono un Wind Profiler ed un radiometro e sono stati
installati nel 2003. Possiedono enormi potenzialità per lo studio dello
strato limite e adottano una tecnologia estremamente innovativa, che
si sta sviluppando in questi ultimi anni a livello mondiale. Vanno,
451
pertanto, sottolineate le grandi possibilità a livello di sperimentazione
scientifica che vengono create dall‟impiego di tali strumenti.
Queste due tipologie di strumentazioni sono installate nello stesso
sito in quanto forniscono misurazioni ed informazioni confrontabili e
complementari; di seguito si fornisce una loro breve descrizione:

il WIND PROFILER (LAP 3000) è un radar Doppler, che
emette impulsi elettromagnetici, con una frequenza di 915
Mhz, in una certa direzione e fornisce una stima della
velocità orizzontale del vento, a varie quote sulla verticale. A
causa della bassa intensità di riflessione, il rapporto
segnale/rumore è piccolo. Essendo l‟intensità di diffusione
retrograda nulla sopra il PBL, l‟altezza di tale strato può
essere stimata come quella che compete alla più alta misura
di velocità del vento maggiore di zero. E‟ uno strumento
particolarmente sensibile all‟individuazione delle irregolarità
di rifrazione dovute alla turbolenza ed esegue misurazioni
fino a i 3000 m di quota;

il RADIOMETRO (MTP5) è un campionatore passivo per la
misura dei profili verticali di temperatura. Misura la
radiazione termica al centro della banda di assorbimento
dell‟ossigeno molecolare. Il profilo di temperatura è spinto
fino a 1000 m di altezza.
RISULTATI E CONCLUSIONI
I dati radon acquisiti nel corso di un intero anno (2010) presso il
Lingotto sono mostrati in figura 1 e mostrano una evidente variabilità
stagionale: in estate mediamente i valori riscontrati sono più bassi
perché maggiore è il rimescolamento degli strati atmosferici e di
conseguenza maggiore è la diluizione del radon.
452
Rn outdoor 2010-centralina Lingotto
30
25
Bq/m 3
20
15
10
5
data
13/11/10
24/9/10
5/8/10
16/6/10
27/4/10
28/11/09
17/1/10
8/3/10
0
Figura 1: Radon outdoor 2010
I dati quindi sono stati analizzati a livello orario e giornaliero per
quanto riguarda gli inquinanti NO e NO2 e su base giornaliera per
quanto riguarda il PM10.
y = 6,411x - 6,3922
R2 = 0,3204
Radon - NO
450
400
350
μg/m
3
300
250
200
150
100
50
0
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
25,00
30,00
3
Bq/m
Figura 2
: Misure a Torino Lingotto confronto tra concentrazioni di radon orarie e NO
453
y = 7,572x - 12,644
R2 = 0,5219
Radon - NO
160
140
120
μg/m 3
100
80
60
40
20
0
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
3
Bq/m
Figura 3: Misure a Torino Lingotto confronto tra concentrazione di radon e NO giornaliere
y = 3,4082x + 22,18
R2 = 0,214
Radon - NO2
180
160
140
μg/m 3
120
100
80
60
40
20
0
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
25,00
30,00
3
Bq/m
Figura 4: Misure a Torino Lingotto confronto tra concentrazioni di radon orarie e NO2
454
y = 4,2435x + 17,593
R2 = 0,3647
Radon - NO2
120
100
μg/m 3
80
60
40
20
0
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
3
Bq/m
Figura 5: Misure a Torino Lingotto confronto tra concentrazione di radon e NO2 giornaliere
y = 6,2499x + 0,2148
R2 = 0,4643
Radon - PM10
160
140
120
μg/m 3
100
80
60
40
20
0
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
3
Bq/m
Figura 6: Misure a Torino Lingotto confronto tra concentrazione di radon giornaliere e PM10
455
Come risulta dai grafici precedenti le concentrazioni di radon
outdoor e degli ossidi di azoto e PM10 sono in accordo e la
correlazione migliora nel caso di NO e PM10 inquinanti primari
rispetto al caso di NO2.
Sulla base del modello teorico descritto in precedenza si è quindi
proceduto a calcolare l‟altezza di rimescolamento elaborando il dato
di concentrazione radon (Fig. 7). Per ricavare h occorre però
conoscere:
1) il flusso radon di emanazione dal suolo Ф medio dal suolo
che in generale è una funzione del tempo ma per semplicità
per questo studio è ritenuto una costante pari appunto al valor
medio;
2) il coefficiente di diffusione turbolenta D, ritenuto anch‟esso
costante ma del quale, nel caso di un affinamento del
modello, occorrerà valutare la variazione nel tempo.
D e Ф sono infatti parametri che possono risentire di variazione
stagionali e giornaliere essendo intimamente connessi alle
problematiche di migrazione del radon dal suolo all‟atmosfera e dai
fenomeni di trasporto e diffusione del radon in atmosfera libera.
Nei calcoli si è assunto pertanto un valore per D pari a 10000 m 2/h e
per Ф uguale a 15 Bq/[m2∙h].
Altezza di rimescolamento - h
2.000
1.800
1.600
1.400
m
1.200
1.000
800
600
400
200
0
13/11/09
2/1/10
21/2/10
12/4/10
1/6/10
21/7/10
9/9/10
29/10/10
18/12/10
Data
Figura 7: altezza di rimescolamento ricavata dalla misura di radon in funzione del tempo.
456
Dai dati analizzati riferiti alla centralina di rilevazione di Corso Stati
Uniti si è potuto invece confrontare i dati di altezza ricavati dal
modello radon con quelli ottenuti principalmente dai dati di
temperatura restituiti dal radiometro. Un modello permette infatti di
ricavare l‟altezza limite di rimescolamento analizzando il gradiente
di temperatura al variare dell‟altezza.
Nel presente studio disponendo dei dati di concentrazione radon a
partire dal 13 giugno 2011 sono stati analizzati 43 giorni in cui, a
diverse ore, è stato possibile trovare evidenti inversioni termiche per
le quali l‟applicabilità dei modelli è maggiormente garantita.
Sono stati analizzati i dati orari delle altezze e le medie calcolate su
base giornaliera; inoltre è stato fatto un confronto tra i valori orari
trovati tramite radiometro e le altezze ricavate dalla concentrazione
radon traslate di 4 e 5 ore in avanti, in modo da tener conto del tempo
utile al radon per poter diffondere nel nuovo volume a disposizione
dopo ogni variazione dell‟altezza dello strato di rimescolamento.
Si è osservato, dai dati sperimentali e dal confronto tra i modelli
utilizzati per valutare h, che, in generale, sia i valori orari che le
medie giornaliere ottenute col radiometro non sono in buon accordo
con quelle valutate dalla concentrazione radon.
Un punto importante su cui focalizzarsi è il fatto che, mentre i dati
forniti tramite l‟analisi radiometrica sono valori istantanei
dell‟altezza e si riferiscono esclusivamente ai periodi di chiara
inversione termica, le altezze ricavate dal radon si basano invece su
un modello stazionario e quindi rappresentano un valore medio.
D‟altra parte un‟analisi di correlazione, in primo approccio lineare
(Fig. 8), tra i valori di h stimati col radiometro e gli inquinanti
convenzionali (PM10) fornisce dei risultati negativi, cosa che non
avviene invece per i valori di h stimati dalle concentrazioni di radon,
come era prevedibile vista la buona correlazione esistente tra radon e
inquinanti convenzionali. Alla luce di ciò si ha quindi ragione di
ritenere che le modalità di calcolo di h tramite il radiometro vadano
riviste. E‟ anche possibile che questi risultati preliminari siano
influenzati dal fatto che si riferiscono al periodo estivo, quando il
fenomeno delle inversioni è meno intenso; per un‟analisi completa è
quindi necessario studiare in futuro gli andamenti invernali.
457
h radon e radiometro - PM10
50
h radon
h radiometro
45
Lineare (h radiometro)
40
Lineare (h radon)
35
μg/m 3
30
y = -0,0342x + 38,301
R2 = 0,3385
25
20
y = 0,0098x + 24,374
R2 = 0,0538
15
10
5
0
0
100
200
300
400
m
500
600
700
800
900
Figura 8: Confronto tra altezze ricavate da radon e radiometro in corso Stati Uniti con
concentrazione del PM10.
Una futura estensione del modello dovrà comunque tener conto
anche delle possibili repentine variazioni di h, andando a considerare
nelle equazioni il caso di h non stazionario e quindi dipendente dal
tempo.
458
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AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
LA RADIOATTIVITÀ AMBIENTALE APPLICATA ALLA
PREVISIONE DI EVENTI GEODINAMICI
D. Morelli1,2, G. Immè1,2, G. Mangano1,3, R. Catalano1,2
1
Dipartimento di Fisica e Astronomia - Università degli studi di Catania,
via S. Sofia, 64 - 95123 Catania
2
Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Sezione di Catania,
via S. Sofia, 64 - 95123 Catania
3
Centro Siciliano di Fisica Nucleare e Struttura della Materia,
via S. Sofia, 64 - 95123 Catania
INTRODUZIONE
Le misure di radioattività sono da diversi anni applicate allo
studio di fenomeni geodinamici e in particolare le concentrazioni di
Radon in-soil sono considerate [1-5] un utile strumento per il
monitoraggio geodinamico in zone in cui sono presenti faglie attive,
per la sorveglianza in aree vulcaniche [1,6-9], per l‟identificazione di
faglie nascoste [10-11] e per lo studio di possibili precursori di eventi
sismici.
Il processo di diffusione e di trasporto del Radon attraverso
un mezzo è tuttavia un processo complesso e influenzato da diversi
fattori [12-15]. Anche se negli ultimi anni le misure di Radon sono
state intensificate soprattutto per indagini geofisiche, tuttavia
l'origine e il meccanismo delle anomalie del Radon e la loro
relazione con gli eventi geodinamici (sismici o vulcanici) sono
ancora poco conosciuti.
Sono stati proposti diversi modelli, Sing [12] e Planinić [16],
per esempio, hanno suggerito che le anomalie di Radon sono legate
all‟incremento della microfratturazione delle rocce. Ciò può
determinare sia l‟apertura di nuove fratture, l‟incremento o la
chiusura di vecchie fratture, una ridistribuzione delle fratture aperte e
chiuse o una variazione di flusso delle acque sotterranee. Il
coefficiente di diffusione del Radon nelle rocce subirà quindi delle
variazioni legate al diverso assetto geofisico del suolo, determinando
pertanto una variazione nella quantità di Radon che riesce a
460
fuoriuscire dalle rocce. Un meccanismo alternativo a questo, detto di
compressione, fu proposto da King [17], in questo modello le
anomalie nella concentrazione di Radon vengono interpretate come
dovute ad un aumento della compressione della crosta terrestre prima
dell‟inizio di un terremoto, facilitando la fuoriuscita del gas dal
suolo.
Diversi studi sono stati anche condotti in aree vulcaniche in
varie parti del mondo. Le prime evidenze di un legame tra
concentrazione di Radon e l'attività vulcanica sono state trovate nel
Karimsky (Russia) [18] e nel Kilauea (Hawaii) [19]. Un'ipotesi sul
possibile meccanismo potrebbe essere che, durante un evento
vulcanico, l‟aumento del flusso di calore, o l‟emissione di vapore
secco, spinga verso la superficie il Radon presente negli strati più
profondi della crosta terrestre.
Sulla base di tali presupposti dal 2001 abbiamo intrapreso
un‟attività di monitoraggio della concentrazione di Radon in-soil
sull‟Etna lungo faglie attive, con lo scopo di investigare possibili
legami con i fenomeni geodinamici.
AREA DI INDAGINE
L'area studiata si trova sull‟ Etna, un grande strato-vulcano di
natura basaltica, alto circa 3330 m, situato lungo la costa orientale
della Sicilia. Esso ricopre un‟area di circa 1250 km2 ed è delimitato
verso nord dai rilievi dei monti Nebrodi e Peloritani e verso sud dalla
piana alluvionale del fiume Simeto.
Da un punto di vista geodinamico il monte Etna si trova in
corrispondenza della zona di collisione continentale tra la placca
euro-asiatica a nord e quella africana sovrapponendosi a nord sulle
unità della catena appenninico-maghrebide e a sud sui depositi
quaternari dell‟avanfossa Gela-Catania. Lo sviluppo di un
vulcanismo di tipo basaltico in questa zona di collisione continentale
è legato alla presenza di un importante sistema di faglie crostali
distensive, conosciuto con il nome di scarpata ibleo-maltese, che
dislocano la crosta della Sicilia orientale permettendo la risalita del
magma dal mantello.
Per la nostra indagine, con misure in continuo di Radon insoil, sono stati scelti in particolare due siti su due faglie che si
461
trovano lungo la direzione NE-SO e attraversano diagonalmente il
vulcano. Un sito (Biancavilla) si trova nel versante SO, mentre l'altro
(Vena) è nel versante NE (cerchi in fig.1).
Figura 1 Mt.Etna – Mappa dei siti di misura. Cerch:i stazioni di
monitoraggio in continuo(Biancavilla e Vena); stella: sito di Cugno di
Mezzo; quadrato: sito di Santa Venerina; rettangolo: tratto della
Pernicana.
Dal momento che l'attività vulcanica più recente dell‟Etna ha
riguardato prevalentemente il versante orientale, indagini in sito sono
state soprattutto condotte nella regione orientale (vedi fig. 1), in
particolare nei pressi dei comuni di Vena (V) [NE, 825 slm], Cugno
di Mezzo (CDM) [E, 1400m slm], Santa Venerina (SV) [SE, 400m
slm].
Tutti e tre i siti sono localizzati vicino a sistemi di faglie, che
svolgono un ruolo importante durante le fasi pre-eruttive. In
particolare, Vena si trova vicino al punto d'incrocio tra la faglia
Pernicana (PF) e le Timpe della Naca (NF); Cugno di Mezzo si trova
462
sul bordo meridionale della caldera orientale denominata "Valle del
Bove", Santa Venerina si trova vicino sia al sistema di faglie delle
Timpe (TFS) che alle faglie di S. Tecla (STF).
Infine per avviare un‟indagine sulle caratteristiche delle
faglie si è scelto di investigare una delle più conosciute, la Pernicana
(rettangolo in figura 1).
VARIAZIONI
DI
RADON
INSOIL
ED
EVENTI
GEODINAMICI
Negli ultimi anni abbiamo condotto molte indagini sulla
radioattività nel suolo come strumento per lo studio di eventi
geodinamici nella Sicilia orientale. Riportiamo qui una sintesi dei
risultati più significativi.
Misure di Radon in-soil in continuo
Misure in continuo di gas Radon in-soil hanno avuto inizio
nel 2001 nei due siti: Biancavilla nel versante SO e Vena nel
versante NE dell‟Etna (fig.1). In entrambi i siti è stato installato un
sistema di monitoraggio della concentrazione di gas Radon in
continuo, che utilizza una camera a ionizzazione per la rivelazione
delle particelle alfa del decadimento del Radon. Il sistema è
collegato, per mezzo di una pompa, con portata di 0,05 l/min., ad una
sonda capillare con due filtri, uno per eliminare l'umidità e l'altro che
permette il passaggio del solo 222Rn e che blocca il particolato e la
progenie. La sonda capillare è posta nel terreno ad una profondità di
un metro al fine di ridurre l'influenza delle condizioni
meteorologiche, che vengono, comunque, tenute sotto controllo. I
dati vengono scaricati ogni dieci minuti. In ognuno dei siti è inoltre
presente una stazione sismica composta da un sismometro tridirezionale a 1 Hz [20].
I dati raccolti nei due siti dal 2001 hanno dimostrato che i due
versanti sono molto diversi tra loro, sia per l‟andamento temporale
sia per i valori assoluti di concentrazione (un ordine di grandezza
superiore nel versante NE rispetto a quello SO) [20]. Per quanto
riguarda, inoltre, le possibili correlazioni con gli eventi geodinamici,
463
mentre il sito di SO non mostra segnali significativi, alcune evidenze
sono state registrate nel versante di NE [21-25].
Per quanto riguarda l'eruzione del 2002 un‟analisi più
dettagliata [21] ha evidenziato che i valori di concentrazione di
Radon aumentavano appena dopo l'inizio dell'eruzione (figura 2). È
inoltre da registrare la presenza di una evidente anomalia prima di un
terremoto di magnitudo 3.5 verificatosi il 03 novembre 2002 e con
epicentro prossimo al punto di misura.
Figura 2 Andamento della concentrazione di Radon (curva continua) durante l’eruzione del 2002 e
strain release (area ombreggiata) e numero di terremoti (istogramma) [20]
Inoltre, lo studio dello strain release dei terremoti (figura 3.)
indica che la pendenza della curva di strain-release non cambia in
maniera significativa fino al 27 ottobre (inizio dell'eruzione),
suggerendo che la dinamica delle fratture non contribuisce
all'aumento di gas Radon. La curva cumulativa per il power spectrum
(fig.3) invece suggerisce una risalita di magma verso gli strati
superiori della crosta terrestre già da luglio 2002 e fino al giorno
dell‟eruzione, che precede un repentino aumento di concentrazione di
Radon. Il magma, risalendo verso la superficie, dovrebbe
determinare, a causa dell‟aumento del flusso di calore, l'aumento di
concentrazione di Radon che è inoltre agevolata dalla fratturazione a
seguito di una sequenza di eventi sismici avvenuti successivamente.
464
Pertanto, possiamo sostenere che l'aumento di Radon potrebbe essere
legato principalmente alla risalita di magma [21].
Figura 3 Andamento del power spectrum e dello strain release nel periodo gennaioottobre 2002 [21]
Un comportamento diverso è stato invece osservato durante
l‟eruzione del periodo settembre 2004- Marzo 2005. Valori di
concentrazione di gas Radon superiori a quelli attesi sono stati
registrati alla fine del 2003, sebbene non si sia verificata alcuna
eruzione. L'analisi del power spectrum [23] per quel periodo ha
suggerito una possibile risalita di magma, che non ha raggiunto la
superficie. Questo magma, probabilmente degassato negli strati meno
profondi della crosta, è poi fuoriuscito durante l'eruzione del
settembre 2004, che ha avuto luogo senza segnali associati a sciami
di terremoto e/o aumento del tremore vulcanico.
Figura 4 Andamento a) dello strain-release e b)della concentrazione di Radon nel
periodo luglio 2003-marzo 2005 [23]
465
Altre evidenze sono state registrate durante l‟eruzione del
periodo settembre-dicembre 2006. Tale eruzione è stata preceduta da
un lungo periodo di alta concentrazione di Radon. L'eruzione ha
avuto caratteristiche simili a quelle del 2004. Anche in questo caso
possiamo ipotizzare che un degassamento preliminare ha avuto luogo
prima dell'eruzione, che potrebbe spiegare l'alta concentrazione di
Radon in-soil.
Misure di parametri fisici
Per capire meglio il meccanismo di trasporto di Radon nel
suolo, sono stati studiati in dettaglio alcuni parametri fisici, in
particolare il coefficiente di diffusione del Radon attraverso misure
in situ e il rateo di esalazione tramite misure in laboratorio. Le
indagini sono state condotte in tre siti del versante est: Vena (NE),
Cugno di Mezzo (E) e Santa Venerina (SE). Nei tre siti sono state
effettuate misure di profili verticali di concentrazione di Radon
utilizzando la tecnica dei rivelatori a traccia, CR39, collocati a
distanza di 20 cm l‟uno dall‟altro all'interno di un tubo posto nel
terreno alla profondità di un metro [26]. In figura 5 sono riportati gli
andamenti dei profili verticali di concentrazione radon nei tre siti
indagati. Dal fit dei dati con le curve teoriche ottenute dal modello
esponenziale [27] è stato ricavato il coefficiente di diffusione che è
risultato più alto (Tabella 1) nel sito a quota maggiore (CDM),
questo potrebbe essere legato alle caratteristiche morfologiche del
vulcano, essendo la parte sommitale maggiormente coinvolta in
fenomeni di deformazione a seguito di eventi vulcanici.
Figura 5 Profili verticali di Radon in-soil nei siti Cugno di Mezzo (triangoli), Santa
Venerina (quadrati), Vena (cerchi) [26]
466
Sito
D
[10-3cm2s-1]
V
14.3  0.1
CDM
16.0  0.3
SV
3.50  0.01
Tabella 1 Coefficienti di diffusione
Inoltre in laboratorio sono state eseguite misure del rateo di
esalazione del Radon mediante la can techinique [28]. Campioni di
roccia prelevati dai siti su indicati, del peso di 300 g ciascuno, dopo
essiccazione a 80 ° C, sono stati messi in contenitori sigillati di
forma cilindrica (8,6 cm di diametro e 10,5 cm di altezza). Un
rivelatore a tracce, CR-39, è stato fissato sulla parte superiore
all'interno di ogni contenitore in cui il campione è rimasto chiuso per
un tempo di esposizione di tre mesi, per rivelare le particelle alfa del
decadimento del Radon esalato dal campione nel volume residuo del
contenitore. Sono state analizzate rocce di diverso tipo
(Sedimentario, vulcanico e metamorfico) e i risultati hanno mostrato
che il rateo di esalazione è maggiore per le rocce di tipo vulcanico
(Tabella 2) [26].
TIPO
Sedimentaria
Sedimentaria
Sedimentaria
Sedimentaria
Sedimentaria
Metamorfica
Vulcanica
Vulcanica
Vulcanica
E
[mBq m-2h-1]
53.64 ±3.87
69.35 ±4.44
37.05 ±3.01
79.5 ±4.91
232.5 ±10.1
77.35 ±4.54
510.071 ±23.47
708.744 ±31.57
171.462 ±10.7
Tabella 2 Rateo di esalazione
467
Misure di Radon in–soil lungo piani di faglie
Poiché i dati di Radon possono essere idonei per lo studio
delle emissioni di geogas vicino a faglie attive, sono state eseguite
misure anche lungo una delle più note e attive faglie dell‟Etna, la
Pernicana (PF in fig.1). In particolare sono stati determinati due
diversi profili orizzontali, ortogonalmente al piano principale di
faglia, il primo situato a 1400m slm (profilo AB in fig.1), il secondo
a 1370 m slm (profilo CD) [28]. Per ogni profilo sono stati
considerati dieci punti di misura a distanza di 20 metri l‟uno
dall‟altro. Le concentrazioni di 222Rn sono state ottenute utilizzando
tre diverse metodologie: passiva, spot e in continuo. Le misure
passive sono state eseguite utilizzando rivelatori a tracce nucleari di
tipo CR-39, le misure spot e in continuo con dispositivi attivi
portatili, che utilizzano rivelatori allo stato solido (Si) [29]. Le tre
metodiche hanno dato valori confrontabili e in particolare
l‟andamento della concentrazione Radon è simile lungo i due profili:
i valori più bassi sono stati registrati vicino al piano principale di
faglia. Lungo gli stessi profili sono state condotte anche misure di
flusso di CO2, utilizzando uno spettrofotometro a infrarossi. A
differenza del Radon, le emissioni maggiori di CO2 sono state
registrate lungo il piano di faglia. Questo comportamento può essere
giustificato dal meccanismo di trasporto del gas nel suolo. In
particolare, lungo il piano principale di faglia, il trasporto avvettivo
di gas profondi (CO2, Rn) si verifica a causa dell‟alta fratturazione e
permeabilità. Vicino alla superficie prevale la diluizione del Radon
da parte della CO2, producendo così valori inferiori di Radon.
Figura 6 Profilo orizzontale della concentrazione di Radon e del flusso di CO2 lungo un piano di
faglia [29]
468
CONCLUSIONI
Negli anni l‟interesse verso lo studio delle concentrazioni di
Radon nel suolo in ambiente geodinamico è sempre più cresciuto. In
letteratura sono riportati molti esempi di anomalie radon legate ad
eventi sismici e/o eruttivi. Le nostre indagini in tale campo sono
iniziate nel 2001; sono stati qui riportati alcuni dei risultati più
significativi ottenuti.
Misure di radon in-soil sono state effettuate come strumento
per investigare eventi geodinamici, in particolare nell'area etnea
caratterizzata da aspetti sia vulcanici che tettonici. Le misure
condotte hanno evidenziato che il versante orientale risultava più
idoneo per gli scopi della nostra indagine. L‟analisi dettagliata dei
dati temporali in un sito posto in questo versante ha evidenziato
alcune anomalie radon che possono essere correlate con la risalita del
magma.
Inoltre, poiché l'area etnea è una zona tettonica importante, è
interessante studiare anche le faglie attive. A questo scopo sono state
effettuate indagini lungo la faglia della Pernicana. In particolare,
sono state utilizzate tre diverse metodologie per misurare il Radon,
basate su tecniche di rilevamento sia passive che attive. Lungo il
piano di faglia le concentrazioni di radon sono state misurate a
diverse distanze dal piano di faglia e sono state correlate ai valori di
flusso di CO2, come strumento per studiare il processo di diffusione
del radon e il suo ruolo come tracciante di geogas.
Inoltre, al fine di chiarire il processo di trasporto del radon,
abbiamo effettuato misure in situ di profili verticali di concentrazione
per determinare i coefficienti di diffusione e misure in laboratorio per
determinare il rateo di esalazione di diversi campioni di roccia,
prelevati negli stessi siti.
Dai risultati ottenuti in questi anni nelle varie indagini è
possibile concludere che l‟utilizzo del radon come precursore di
attività sismica, per quel che riguarda il territorio etneo, presenta dei
limiti dovuti al fatto che i terremoti che si registrano sul territorio
sono generalmente di magnitudo minore di 3, studi simili in altre
parti del mondo hanno mostrato segnali positivi per terremoti di
magnitudo maggiore [1-8]. D‟altra parte risultati di evidenti
correlazioni fra concentrazioni radon e attività vulcanica, in
469
particolare, ci permettono di affermare il ruolo del radon come
precursore di magma up-rising.
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Isotopes 67 (2009) 178 -185.
471
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
LA RADIOATTIVITÀ NATURALE NEL COMUNE DI
ROGGIANO GRAVINA
A. Rania*, M. Nardi**, S. Procopio*, M. Fòlino Gallo*, D. Drago*
*ArpaCal – Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria,
Laboratorio Fisico, via Lungomare – Catanzaro
**Unical – Università della Calabria,Dipartimento di Chimica,
Ponte P. Bucci – Arcavacata (Cs)
RIASSUNTO
Lo studio muove dall‟esigenza di indagare su alcune sorgenti di
rischio che hanno provocato nell‟ultimo decennio numerosi sospetti
sul presunto aumento di alcune patologie tumorali di una vasta area
cosentina in cui ricade il Comune di Roggiano Gravina. Le
caratteristiche geologiche del territorio e un‟importante frattura della
crosta superficiale in prossimità dell‟area in oggetto non hanno
permesso di escludere dalla lista dei potenziali agenti patogeni la più
importante sorgente del campo della radioattività naturale: il radon. È
stato completato un monitoraggio della radioattività naturale e del
gas radon su tutto il territorio comunale con l‟intento di stimare i
livelli di concentrazione di radon nelle unità abitative e nei luoghi di
lavoro attraverso la misura diretta della concentrazione di attività in
aria e acqua; effettuare una valutazione di dose alla popolazione e
individuare le eventuali zone a rischio radon. L‟analisi geofisica del
territorio, la misura della radioattività naturale in diverse matrici
ambientali ed alimentari e un congruo numero di misure di radon al
suolo hanno supportato i risultati dell‟indagine. Per la misura della
concentrazione del radon indoor è stato impiegato un dosimetro ad
elettrete nella configurazione LLT (Long Term), un disco di teflon
carico elettricamente per misure a lungo periodo montato su una
camera di conteggio di tipo L in plastica conduttiva.
INTRODUZIONE
L‟area in esame, circa 45 km2 è situata su una collina a 250 m s.l.m.,
in una posizione centrale della Valle del Crati, tra la costa tirrenica e
472
quella ionica. Il nucleo abitato occupa la parte centrale della vasta
area bagnata quasi completamente dal fiume Esaro. Le caratteristiche
geologiche dell‟area sono tipiche unità della catena alpina composte
principalmente da serpentiniti, metabasiti, scisti verdi, calcari, filladi,
micascisti e da una copertura carbonatica mesozoica. L‟Arco
Calabro[i], considerato un frammento di catena alpina è delimitato da
due importanti sistemi di faglie: la “Linea del Pollino” a Nord che
rappresenta la zona di confine tra i terreni cristallini calabri e quelli
carbonatici appenninici e che ha portato la catena Alpina a penetrare
profondamente nell‟arco ionico; e la “Linea di Taormina” a Sud.
Lungo questi due importanti limiti si sviluppa la complessa
evoluzione geodinamica del sistema di faglie presenti nella parte
nord e centro occidentale della regione. In questo quadro geologico
articolato e assai evolutivo il radon, gas nobile radioattivo generato
principalmente da alcune rocce della crosta terrestre lave, tufi,
graniti, materiali di origine vulcanica, rocce sedimentarie può
diffondersi più facilmente attraverso le fratture della crosta, fessure e
fori fino a raggiungere i piani interrati e seminterrati degli ambienti
di vita, determinando un aumento delle concentrazioni di attività
volumetrica e di conseguenza del rischio derivante dall‟esposizione.
In presenza di particolari materiali da costruzione questa grandezza
volumetrica può aumentare e amplificare il rischio fino a renderlo
più significativo per la salute dei soggetti esposti. Come è noto, il
radon è stato classificato dall‟Agenzia Internazionale per la Ricerca
sul Cancro[ii,iii,iv] (IARC/OMS) come agente cancerogeno di gruppo
1. Nel nostro paese la norma ha inteso limitare il rischio per i
lavoratori imponendo l‟obbligatorietà delle misure della
concentrazione di radon e toron - D.lgs n. 241/2000,capo III bis - nei
luoghi di lavoro sotterranei, interrati e seminterrati[v,vi,vii]. Negli
ambienti di vita e nei luoghi dove risiedono persone del pubblico,
scolari o studenti, la stima del rischio radon dipende dalla sensibilità
degli enti o dei soggetti privati. Diversi laboratori dei Centri di
Riferimento Regionali per la Radioattività presenti sul territorio
italiano, hanno già da tempo intrapreso importanti iniziative per la
misura della concentrazione di radon nelle abitazioni domestiche e
nelle scuole, facendo riferimento alle indicazioni europee. La
Raccomandazione 90/143/Euratom del 21/11/1990, la tutela della
473
popolazione dall’esposizione al radon in ambienti chiusi, fissa la
concentrazione a 400 Bq/m3 come media annua oltre la quale è
necessario intraprendere un‟azione di bonifica per gli edifici già
esistenti e di 200 Bq/m3 per i nuovi. A partire dal 2006, il Centro
Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie ha
promosso la realizzazione di un Piano Nazionale Radon finalizzato
alla promozione e al monitoraggio delle attività per la riduzione del
rischio di tumore al polmone[viii]messe in atto sul territorio. L‟aspetto
sanitario del radon è determinato dai suoi prodotti di decadimento ed
in particolare dai radionuclidi emettitori di particelle alfa:
218
Po,214Po,210Po[ix]. Questi, in quanto ioni metallici sono
chimicamente attivi possono subire processi di deposizione o legarsi
alle particelle di aria ed essere inalate, esponendo al rischio una
qualsiasi regione dell‟apparato respiratorio: naso-faringe, tratto
bronchiale, tratto polmonare[x]. La conseguenza per un individuo può
essere l‟aumento della dose assorbita e della probabilità di
insorgenza di tumori polmonari[xi]. Le particelle “α” emesse dal
radon e dai suoi figli, vengono classificate come radiazioni ad alto
LET (Trasferimento di Energia Lineare) e quindi con un‟alta
efficacia biologica quindi, particolarmente pericolose se introdotte
per via interna. Organismi internazionali [xii] infatti, attribuiscono al
radon una frazione rilevante dei casi di tumore polmonare; si stima,
in via preliminare che in Italia da 1500 a 6000[xiii] casi all‟anno, su un
totale di 30.000 potrebbero essere causati dall‟esposizione a
concentrazioni di radon.
MATERIALI E METODI
I criteri di scelta e il posizionamento dei dosimetri per la misura del
gas radon nelle utenze domestiche hanno avviato l‟indagine.
L‟analisi puntuale delle caratteristiche del territorio e la necessità di
rappresentare tutto il perimetro comunale, che possiede
caratteristiche geologiche e litologiche omogenee, hanno
condizionato l‟individuazione dei punti di misura. Tenuto conto che
la densità abitativa più significativa occupa una porzione ristretta
della vasta area del perimetro comunale e a parità di condizioni
ideali, considerato l‟interesse locale dell‟indagine sono state
privilegiate le utenze domestiche dove si sono verificate patologie
474
tumorali. Quest‟ultima scelta non è scriteriata se si consultano le
schede informative raccolte nei siti indagati che, oltre alle
caratteristiche costruttive e i materiali utilizzati, riportano dati
interessanti:la maggior parte dimora nelle abitazioni da più di 30 anni
e certe patologie riguardano soggetti che non hanno svolto lavori in
ambienti esterni. Al fine di ottemperare alla norma vigente sulla
protezione dei lavoratori in materia di radiazioni ionizzanti, le misure
della concentrazione di radon sono state effettuate nei luoghi di
lavoro interrati e seminterrati di proprietà comunale:archivio,
biblioteca, refettorio comunale. Tutte le scuole comunali e non di
ogni ordine e grado sono state monitorate su ogni piano rispetto alla
sorgente primaria. La permanenza di popolazione giovanile in questi
luoghi ha permesso di sopperire alla mancanza dell‟obbligo di
misura. Per tutti i luoghi confinati sono stati privilegiati i piani più
vicini alla litosfera ma in ogni punto di misura sono stati posizionati
almeno due dosimetri per una migliore rappresentatività spaziale e
superficiale della concentrazione di radon. Per la misura della
concentrazione del gas radon in aria sono stati impiegati dosimetri ad
elettrete per lunga durata (long term), dischi di teflon carichi
elettricamente montati su una camera di conteggio in plastica
conduttiva tipo L. La tecnica di misura è denominata sistema EPERM e si basa sulla rivelazione della radiazione α emessa durante il
decadimento radioattivo. Il gas penetra in questi dispositivi per
diffusione e per effetto del suo decadimento ionizza il volume della
camera di conteggio scaricando il potenziale superficiale del disco.
Dalla differenza tra il potenziale elettrico iniziale e quello finale è
possibile determinare la concentrazione di attività volumetrica di
radon in Bq/m3 presente in un determinato sito sfruttando la relazione
[1]:
V  V f

[222Rn ]   i
 C   H
 C F  te

[1]
dove [222Rn] in Bq/m3 è la concentrazione di attività di radon in aria;
Vi e Vf in Volt, il potenziale superficiale iniziale e finale
dell‟elettrete; CF in [(Volts  m3)/(Bq  giorno)] è il coefficiente di
475
calibrazione; te in giorni è il tempo di esposizione, per questa
indagine un anno solare suddiviso in due semestri; in Bq/m3 è la
concentrazione di radon equivalente dovuta alla radiazione gamma;
H adimensionale è il fattore correttivo per l‟altitudine. Il lettore di
potenziale impiegato per la lettura degli elettreti è un Rad Elec EPerm[xiv].
Fig. 1: posizionamento dei dosimetri e punti di misura del radon al suolo. Roggiano Gravina
In sintesi la prima parte dell‟indagine si compone delle seguenti fasi:
la scelta e l‟individuazione dei locali utili alla misura[xv];
il posizionamento in 22 siti (Fig.1) di 45 elettreti per la misura della
concentrazione del gas radon in aria tra utenze private e pubbliche
ricadenti nel territorio. A seconda della superficie del piano ogni
punto di misura ha ospitato almeno 2 dosimetri.
Alla fine del primo semestre di esposizione dei rivelatori passivi,
sono state calcolate le concentrazioni parziali di attività degli
ambienti confinati e si è proceduto con la individuazione dei punti
(Fig.1) per la misura della concentrazione del gas radon nel suolo;
pur consapevoli che la correlazione tra la concentrazione di radon nel
suolo e quella degli ambienti confinati più prossimi non sempre è
dimostrata. Per tale ragione sono state effettuate misure di
concentrazione di radon nel suolo in corrispondenza di punti in grado
di garantire una buona rappresentatività del territorio. Il
monitoraggio della concentrazione di radon nel suolo è stato
realizzato impiegando una catena di misura formata da: un monitore
tipo MR1 con un rivelatore a scintillazione, una cella di Lucas con
una sensibilità di 0,0341 [cpm/(Bq/m3)] accoppiata ad un
fotomoltiplicatore e una sonda in acciaio posta ad una profondità di
60 cm dalla superficie. La misura è stata effettuata con una modalità
476
di esecuzione attiva, cioè aspirando il radon con la pompa di
aspirazione del MRI con un flusso di 0,25 l/min e realizzando su ogni
punto di misura, tre campionamenti per un tempo di conteggio
complessivo di 30 minuti. Le misure sono state realizzate in
condizioni atmosferiche stabili. Per la determinazione della
concentrazione di attività del gas radon in acqua è stato realizzato un
monitoraggio con più campionamenti e in diversi periodi dell‟anno
su tutte le sorgenti di acqua destinate al consumo umano presenti sul
territorio. Le misure sui campioni di acqua con capacità volumetrica
di 250 ml, in condizioni di equilibrio secolare, sono state realizzate
adoperando il sistema IDRA (Minima Attività Rivelabile = 2 Bq/l) in
grado di determinare la concentrazione di 222Rn mediante la tecnica
del degassamento e la rivelazione delle particelle alfa emesse dal
218
Po. La grandezza interessata è stata determinata utilizzando la
relazione [2]:

 N  N f ondo 
 [ Rn t ]
[222Rn ]  
e

V   3   riv deg 

[2]
dove [ 222Rn] è la concentrazione di radon in acqua espressa in Bq/l;
Nα – Nfondo è il numero di conteggi netti; V è il volume del campione
in litri; τ il tempo di conteggio in s;
è l‟efficienza del
rivelatore;
è l‟efficienza di degassamento; Δt è
l‟intervallo di tempo tra prelievo e conteggio; λRn è la costante di
decadimento del gas radon. Al fine di stimare l‟effetto della
radioattività naturale e per escludere la presenza di radionuclidi
artificiali, sono stati analizzati, con una catena di spettrometria
gamma al germanio (efficienza del 32%), diversi campioni alimentari
e ambientali presenti sul territorio: terreni e affioramenti rocciosi,
latte, pomodori, meloni e peperoni. Come già evidenziato, se pur ben
rappresentato da un numero sufficiente di misure utili per effettuare
una stima accurata del rischio radon, questo territorio è stato preso a
modello per alcune considerazioni più generali che possono
interessare anche il resto della Regione Calabria. In particolare, la
necessità di costruire una mappa con criteri scientificamente
condivisi per l‟individuazione delle zone dove più alta è la
477
probabilità di rischio radon. Pertanto, considerata la variabilità
spaziale dei valori di radon indoor è stata applicata una tecnica di
geostatistica[xvi] per l‟analisi spaziale della distribuzione dei punti di
misura, al fine di definire una mappa descrittiva del fenomeno. La
costruzione di una mappa della probabilità di trovare concentrazioni
elevate o di superare i livelli di azione previsti dalla normativa
internazionale per gli ambienti di vita confinati in un‟area senza
informazioni sperimentali, sarà successiva alle finalità di questo
lavoro. La tecnica impiegata è il metodo del Kriging (miglior
stimatore lineare esatto) che tiene conto dei rapporti spaziali tra un
punto incognito e il punto di misura. L‟applicazione del metodo
prevede preliminarmente la costruzione di un variogramma
sperimentale,una funzione che dipende dalla distanza tra coppie di
punti e in grado di strutturare una continuità spaziale del fenomeno
attraverso la determinazione di alcuni parametri. In questa fase si è
tenuto conto della varianza e della clusterizzazione dei dati,
quest‟ultimo aspetto vincolante per il variogramma e causa
dell‟effetto pepita. I limiti della tecnica sono ben noti: sottostima dei
massimi, sovrastima dei valori minimi e rappresentazione poco
accurata in presenza di hot spot.
RISULTATI
Al fine di stimare il fondo gamma ambientale è stato misurato in
continuo per un intervallo di tempo pari a 600 secondi e in diversi
punti del territorio, l‟equivalente del rateo di dose ambientale
impiegato per calcolare la concentrazione di radon equivalente
prodotta dal fondo gamma. In media il fondo ambientale nel
territorio di Roggiano Gravina è di 120 ± 12 nSv/h. Gli accertamenti
radiometrici sui campioni alimentari e ambientali hanno mostrato la
presenza di radioisotopi naturali appartenenti alle famiglie
dell‟uranio e del torio in concentrazione confrontabile con i dati di
letteratura. La concentrazione media di radon in acqua (Fig.2)
misurata è di 7±1 Bq/l, un valore che è in accordo con le
concentrazioni già note per altri siti del territorio regionale e ben
distante dal riferimento normativo europeo di 100 Bq/l.
478
Figura 2: concentrazioni di radon in acqua delle sorgenti presenti sul territorio
L‟abitazione privata che compare in Fig.2 è una sorgente di pozzo
abitualmente utilizzata per usi civili.
Figura 3: distribuzione delle concentrazioni di radon nei punti di misura
Le medie riportate in figura 2 sono il risultato di 5 campionamenti
per sorgente realizzate in periodi diversi. In Fig. 3 sono riportate le
frequenze ottenute con le concentrazioni di attività medie del gas
radon negli ambienti confinati e la distribuzione Lognormale delle
frequenze con una media geometrica pari a 79±2 Bq/m3. È questo il
valore che più della media aritmetica rappresenta la distribuzione
sperimentale. Nella figura successiva (Fig.4) vengono presentate le
distribuzioni ottenute con le concentrazioni medie ai vari piani (piano
terra e primo piano) e quelle ottenute in un stesso punto di
osservazione.
479
É ben evidente la dipendenza della concentrazione di attività del
radon in funzione della distanza dalla litosfera. In generale, la
concentrazione diminuisce con l‟allontanamento dalla sorgente
primaria che è il suolo.
L‟analisi dei risultati ha evidenziato che la distribuzione delle
concentrazioni normalizzate al piano terra (Media Geometrica=76±2
Bq/m3) è identicamente definita come coincidente con la
distribuzione delle concentrazioni ottenute dalla media aritmetica
delle misure realizzate nello stesso punto (MG=79±2 Bq/m3).
Per normalizzare le poche misure realizzate ai piani diversi da quelli
di campagna è stato calcolato il rapporto tra le concentrazioni al
piano e i rispettivi fattori di normalizzazione: 0,85 piano seminterrato
– piano terra e 1,17 primo piano – piano terra.
La concentrazione di attività media del comune in esame pur
registrando valori di concentrazione (Fig.3 e 4) importanti, è in
sintonia con quella dell‟Italia ottenuta nella campagna nazionale di
misura del radon[xvii].
Il campione scelto per le misure indoor è rappresentativo del
territorio e fortemente condizionato da una densità abitativa
concentrata quasi per intero nel nucleo storico.
La media geometrica della distribuzione dei punti di misura è
l‟indicatore impiegato per il calcolo della stima di dose alla
popolazione.
Figura 4: distribuzione ai piani
480
Nel tentativo di voler costruire una mappa interpolando le
misurazioni di radon indoor e con il solo intento di voler marcare le
zone del territorio con le diverse concentrazioni di radon, si è
proceduto con la misurazione diretta delle concentrazioni nel suolo.
Su tutto il territorio comunale (45 km2) sono state effettuate 8 misure
di concentrazione di radon nel suolo in punti scelti per rappresentare
il territorio e indagare sulle concentrazioni più significative misurate
al piano terra. In figura 5 sono riportati i valori delle concentrazioni
al suolo e le coordinate geografiche dei punti di misura.
La concentrazione media più importante registrata è pari a 34,5±0,1
kBq/m3. In figura 6 è stata ricostruita, con la tecnica del Kriging, una
mappa descrittiva del radon ottenuta con le misure delle
concentrazioni al suolo e finalizzata alla spazializzazione delle
osservazioni sperimentali.
Il variogramma sperimentale è stato interpolato con un fit
esponenziale.
La mappa presenta un quadro della distribuzione media delle
concentrazioni di radon anche se non può essere direttamente assunta
come uno strumento predittivo. Tuttavia vengono evidenziati punti
che hanno una buona corrispondenza con le misure.
x104
Figura 5 :concentrazione di radon nel suolo
Al fine di verificare se concentrazioni importanti di radon nel suolo
possono condizionare i valori di radon indoor, avendo effettuato
481
delle misure in corrispondenza con le concentrazioni più critiche di
radon indoor misurate al piano terra è stato realizzato uno studio
sulla correlazione.
Figura 6 : mappa della concentrazione di radon al suolo
I dati presentati in figura 7, come si verifica in genere, dimostrano
che non vi è dipendenza diretta tra la concentrazione di radon nel
suolo (R2=0,038) e quella misurata negli ambienti confinati: la
presenza di concentrazioni significative di radon nel suolo non
implicano necessariamente una corrispondenza nell‟ambiente
confinato.
482
Figura 7: concentrazioni di radon al suolo-indoor
Anche per le concentrazioni del radon indoor si è proceduto con una
spazializzazione del dato con l‟algoritmo di stima (modello
esponenziale) e di riempimento delle zone dove non si hanno
informazioni sperimentali (Fig.8).
Figura 8: mappa della concentrazione di radon in ambienti confinati
Conoscendo il valore della concentrazione media di attività del gas
radon in aria (79±2 Bq/m3) per gli ambienti confinati, assumendo un
483
fattore di equilibrio pari a 0,4 e un tempo di occupazione
dell‟ambiente interessato superiore alle 6000 ore, si può stimare il
contributo del radon alla dose efficace: 0,6 mSv/anno. Se si
considera la concentrazione media del radon in acqua di 7 Bq/l e si
assume un consumo giornaliero di acqua da sorgente locale pari a 0,2
l si può stimare la dose derivante da ingestione del radon in acqua
che è pari a 0,018 mSv/anno. Il contributo della concentrazione di
radon in acqua alla dose da inalazione è quasi del tutto trascurabile e
si stima[xviii] essere lo stesso di quello prodotto da una concentrazione
di circa 0,7 Bq/m3. Il contributo totale del radon presente nel
territorio indagato si stima intorno a 0,62 mSv/anno e può essere
confrontato con il valore di dose efficace di 1,26 mSv/anno[4] che è il
contributo del radon alla dose totale generata dal fondo della
radioattività naturale. Su scala mondiale, la dose efficace assorbita
dalla popolazione è in media pari a 2,48 mSv/anno se si considerano
gli altri contributi: i raggi cosmici e i radionuclidi cosmogenici
7
Be,3H,14C,40K. In Italia, il livello di dose efficace consentito dalla
norma per la popolazione è di 1 mSv/anno.
CONCLUSIONI
Il lavoro sperimentale ha migliorato il quadro cognitivo sugli agenti
patogeni del territorio contribuendo a giustificare completamente i
diversi motivi che lo hanno ispirato. L‟analisi dei dati presenta un
territorio in cui la concentrazione media di radon negli ambienti
confinati è di 79±2 Bq/m3, in sintonia con la media nazionale e non
con quella che annovera il territorio calabrese nell‟intervallo tra 20 e
40 Bq/m3. Il valore massimo registrato è pari a 435±71 Bq/m 3, dato
giustificato dalla distribuzione delle concentrazioni dell‟agente
inquinante indagato. Le misure sperimentali hanno confermato
l‟andamento tipico della distribuzione lognormale della
concentrazione di attività del gas radon per ambienti indoor nei piani
interrati, al piano di campagna e al primo piano. Inoltre è stata
provata la dipendenza della concentrazione con la distanza dal suolo.
A sostegno di questi risultati più delle caratteristiche geologiche e
litologiche del territorio, come dimostrano le misure di
concentrazione di radon nel suolo e le relative incertezze, la struttura
del substrato comunale, la sua permeabilità e la presenza di un
484
importante sistema di faglie attive favorirebbero l‟accumulo e la
diffusione del gas radon. L‟applicazione di tecniche di riempimento
basata su un algoritmo di interpolazione delle misure acquisite, sono
il tentativo di rappresentare la variabilità del dato su tutta l‟area
interessata. Lo sviluppo futuro più immediato è quello di superare i
limiti della tecnica di interpolazione usata e giungere ad una
valutazione più probabilistica capace di disegnare una mappa di
probabilità del rischio radon. L‟approccio sperimentato su questo
territorio è senza dubbio una buona base per applicare il modello di
acquisizione e l‟analisi dei dati sulla restante parte della Regione
Calabria ritenuta dai promotori della campagna nazionale un
territorio a basso rischio radon,ignorando quasi completamente le
potenzialità dell‟Arco Calabro. Esiste più di qualche elemento per
considerare il territorio calabrese come un‟area dove non è possibile
sottovalutare in alcun modo il rischio radon.
485
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486
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34,
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487
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
ANOMALIE DI RADON IN GROTTA GIGANTE
F. Del Maschio°, M. Garavaglia*, C. Giovani*, L. Piccini*,
F.Cucchi°, L. Zini°
*S O S Fisica Ambientale ARPA FVG
°Università degli Studi di Trieste, Dipartimento di Geoscienze
Analisi effettuate nella Grotta Gigante (Carso Classico triestino)
a partire dal 2008 hanno rilevato concentrazioni di radon che,
nelle diramazioni secondarie, raggiungono valori particolarmente
elevati durante i mesi estivi. Analogamente a quanto svolto
nell‟ambito di ricerche precedenti in contesti simili (Barbosa et
al, 2007, Perrier et al, 2010), in questo lavoro si analizza la
variabilità spaziale e temporale del radon entro la grotta
correlandola, oltre che con temperatura e pressione atmosferica,
anche con parametri ambientali quali piovosità, ventosità, livello
delle acque di fondo carsiche, deformazioni crostali.
INTRODUZIONE
Studi svolti negli ultimi decenni hanno rilevato concentrazioni di
radon particolarmente elevate e variabili nello spazio e nel tempo in
svariate cavità calcaree del mondo. Questo, oltre a rappresentare un
potenziale pericolo soprattutto per i lavoratori, offre l'opportunità di
studiare tali variazioni spazio-temporali anche in relazione agli
agenti ambientali, meteorologici e climatici che si possono supporre
esserne all‟origine.
Nel contesto della Grotta Gigante, uno studio preliminare svolto nel
corso del 2008 mediante rilevatori passivi ha escluso l'esistenza di un
pericolo tanto per i numerosi visitatori, quanto per le guide impiegate
stabilmente presso la grotta, mostrando valori medi annui dell‟ordine
dei 350Bq/m3 nelle zone in prossimità del percorso turistico e in
particolare nei punti di sosta previsti durante le visite. Un ulteriore
studio, svolto nel 2009 con un elevato numero di rilevatori posti
488
anche a distanza dal percorso turistico e con uno strumento attivo a
registrazione continua con campionamento orario, ha evidenziato:
a. forti differenze di concentrazione da punto a punto nella
grotta, con valori più elevati (anche di più ordini di
grandezza) all'interno di diramazioni e gallerie secondarie,
non raggiunti dai turisti, rispetto a quanto misurato nella sala
centrale;
b. una spiccata stagionalità, soprattutto nelle zone a maggiore
concentrazione indicate al punto precedente, con valori
registrati di oltre 32kBq/m3 di picco durante l'estate e
mediamente attorno a 100±25Bq/m3 in buona parte della
stagione fredda;
c. nelle zone e nei periodi in cui sono state misurate le
concentrazioni maggiori, la presenza di repentine forti
oscillazioni dei valori orari. In particolare, sono state
riscontrate diminuzioni dell'ordine di 10-15kBq/m3 in 4-6
ore, seguite da altrettanto rapidi incrementi tali da ripristinare
in un tempo analogo le condizioni iniziali.
Si illustrano qui i risultati di una terza fase di studio, durante la quale
si è focalizzata l'attenzione su una diramazione laterale della grotta
(Galleria Nuova, figura1), con accesso in prossimità del percorso
turistico. Si tratta di una galleria ubicata a 45 metri di profondità dal
piano campagna, concrezionata, parzialmente riempita, esplorabile
per circa 60 metri. Le misure prese in considerazione si riferiscono al
periodo luglio 2009 - maggio 2011, con alcune brevi interruzioni per
motivi tecnici e/o strumentali. Gli strumenti utilizzati per la misura
del radon sono stati alcuni elettreti (posizionati anche esternamente
alla Galleria Nuova, per monitorare l'uniformità della distribuzione
del gas entro la
cavità)
e
lo
strumento
a
misurazione
continua, mantenuto attivo entro la
Figura 1: Sezione della Galleria Nuova. La porzione esplorata si
estende per circa 60 metri.
489
galleria a una decina di metri dall'ingresso e adeguatamente protetto
dal-l‟umidità. Accanto alla strumen-tazione per la rilevazione del
radon, sono stati utilizzati i dati messi a disposizione sia da due
stazioni meteorologiche (poste una a Trieste, sul livello del mare, la
seconda in prossimità dell‟ingresso della grotta) e della stazione
geofisica che si trova all‟interno della Grotta Gigante stessa.
Attraverso questi dati è stato possibile cercare le possibili
correlazioni tra le variazioni spazio-temporali delle concentrazioni di
radon, temperatura dell‟aria, pressione atmosferica, gradienti termico
e barometrico tra l‟interno e l‟esterno, umidità dell‟aria,
precipitazioni e ventosità in superficie, deformazioni indotte da
maree terrestri e dalle acque carsiche di fondo.
LA GROTTA
La Grotta gigante, uno degli esempi più noti di cavità naturale di
origine carsica, si trova nell‟omonimo borgo del comune di Sgonico
(TS). Con uno sviluppo planimetrico complessivo di 719 metri e una
profondità massima di
252 metri, è costituita
principalmente da una
sala centrale nota per
essere la più ampia al
mondo sala a volta
unica (è lunga 168 m,
alta 99 m, larga 76 m,
con un volume di
circa 365.000 m3) tra
le cavità turistiche
(figura 2). Da qui si
dipartono
più
Figura 2: sezione della Grotta Gigante.
gallerie laterali, a
diverse altezze rispetto al fondo, tra le quali la Galleria Nuova e le
due attualmente utilizzate come ingresso e uscita per i visitatori. La
genesi di una caverna così ampia è legata ad una serie di processi
carsici che hanno operato su lunghi periodo di tempo. All‟azione di
dissoluzione chimica si sono affiancati processi gravitativi con
grandi crolli nei volumi ampliati dall‟acqua.
490
Nel caso della Grotta Gigante, dopo una serie di approfondimenti di
gallerie per erosione accelerata durante la crisi messiniana, i crolli
hanno riunito in un unico vano un pozzo, alcune caverne e gallerie
sovrapposte create nel tempo in seno alla massa rocciosa. Grandi
blocchi rocciosi, conseguenza di questi crolli, sono ancora ben
visibili lungo la parete sinistra della grande caverna. Il prossimo
passo (fra qualche centinaia di migliaia d‟anni?) sarà la genesi di una
dolina di crollo. La presenza di alte stalagmiti al di sopra dei blocchi
dà una misura del tempo trascorso dal crollo stesso che gli studiosi
calcolano in almeno 160.000-200.000 anni. All‟interno della grotta
sono presenti anche depositi di riempimento, rappresentati da argille,
oltre che depositi calcitici.
DESCRIZIONE DEI DATI
In figura 2 è riportato l‟andamento della concentrazione del radon
misurata con campionamento orario entro la Galleria Nuova nel
periodo luglio 2009 - maggio 2011. I dati non coprono tutto
l‟intervallo di tempo, a causa di alcune interruzioni (ad es. 10-19
agosto 2009) dovute perlopiù a motivi tecnici, quali sospensioni della
corrente elettrica in seguito a forti perturbazioni meteoro-logiche o a
lavori di manutenzione della rete. Al contrario, le misure integrate
sono procedute durante l‟intero periodo di presa dati senza soluzione
di continuità. Dal grafico in figura 3 la stagionalità appare in tutta la
sua evidenza. Nel periodo giugno-settembre 2009 il valore medio
misurato è di 23.5±4.9kBq/m3; nel corrispondente periodo del 2010
la concentrazione media è di
Figura 3: Concentrazione di radon misurata con campionamento
orario all’interno della Galleria Nuova tra luglio 2009 e giugno 2011.
491
21.7±4.2kBq/m3 se calcolata nei soli intervalli in cui sono disponibili
misure continuative.
Figura 4a (sinistra) e 4b (destra): Concentrazione del radon in grotta nell'ultima settimana di
maggio e la prima di giugno 2010: si osservano variazioni dell’ordine di 10kBq/m3 nell'arco di
poche ore (a). A un anno di distanza, il radon passa da valori invernali a estivi con solo 2 gioni e
5 ore di scostamento rispetto al 2010 (b).
Al contrario, da ottobre a metà maggio si rimane in entrambi i casi
sotto i 200Bq/m3 medi. Una stagionalità di questo tipo viene riportata
da numerose ricerche svolte nei contesti geologici più vari (ad es. AlShereideh et al., 2006; Richon, Perrier 2009). Il rapporto tra i valori
nelle due stagioni estreme tuttavia varia con la località considerata,
passando da un fattore 2 misurato ad esempio nel distretto di AbuSaid in Giordania (Al-Shereideh et al., 2006) a valori dell‟ordine di
10 e 15 rilevati rispettivamente in una cava calcarea nel Derbyshire
(Gillmore et al., 2002) e nella zona granitica di Elat, Israele (Barbosa
et al., 2007), fino a oltre 100 unità come riportato da Tanahara et al.
(1997) per delle grotte in Okinawa e da Przlibski (1999) per alcune
cavità polacche. I valori misurati in Grotta Gigante presentano
tuttavia due peculiarità ben marcate: da un lato, l‟elevata differenza
tra le concentrazioni estiva e invernale (con un rapporto tra i valori
medi dell‟ordine di 102 o superiore) dall‟altro la rapidità con cui si è
osservata variare nel tempo la concentrazione istantanea. Nel grafico
nelle figure 4a e 4b, relativo alle due settimane a cavallo tra maggio e
giugno 2010 e 2011, sono ben visibili le brusche variazioni della
concentrazione del radon che portano dalle basse concentrazioni
invernali a quelle estive: sorprende come, a un anno di distanza, il
primo picco, in entrambi i casi di circa 11kBq/m3, si osservi con solo
2 gioni e 5 ore di differenza.
È fondamentale, nel tentativo di interpretare le brusche variazioni
estive, osservare che non si tratta di veri e propri “gradini”, ovvero di
492
valori immediatamente
successivi differenti tra
loro per uno o più ordini
di grandezza, bensì di
incrementi (o decrementi)
estremamente rapidi ma
pur sempre continui.
Considerando, a titolo di
esempio, il 30 maggio
2010, sono stati misurati
circa
11kBq/m3
verso Figura 5: Spettro della concentrazione del radon
mezzanotte, che nell‟arco di calcolato sulla base delle misure de periodo maggiosole 4 ore passano a circa dicembre 2010. Unità arbitrarie
1kBq/m3, livello destinato a
stabilizzarsi per alcune ore attorno agli 850Bq/m 3. Già dalle prime
ore del mattino la concentrazione del gas riprende a crescere,
raggiungendo ancora una volta in 4 ore un valore prossimo ai
16kBq/m3. Oscillazioni di tale entità si susseguono per gran parte del
periodo estivo, con incrementi e diminuzioni che frequentemente
superano i 3kBq/m3·h. Oltre a queste rapide oscillazioni aperiodiche,
da un‟analisi spettrale (FFT) emerge la presenza anche di marcate
componenti periodiche nella variabilità del radon su periodi
relativamente brevi: nel grafico in figura 5 è riportato lo spettro della
concentrazione del radon misurata tra maggio e dicembre 2010. La
periodicità diurna appare ben evidente, anche se affiancata da un fitto
insieme di picchi minori nel quale la componente semidiurna non
risalta.
Si vedrà nel paragrafo seguente, relativo a temperatura e pressione,
come le due componenti a 12 e 24 ore nello spettro del radon
appaiano più distinguibili nel periodo estivo (cioè quando le
concentrazioni sono più elevate) rispetto a quello invernale.
493
CORRELAZIONE
CLIMATICI
CON
PARAMETRI
AMBIENTALI
E
METEO-
Il peculiare comportamento delle concentrazioni di radon sia sul
breve periodo, con marcate oscillazioni repentine e una periodicità
diurna sempre presente, sia sul lungo periodo, con una stagionalità
particolarmente marcata, induce a considerare la correlazione con i
parametri ambientali e
meteo-climatici
che
caratterizzano
l'ambiente di misura. Se
per fattori "standard" in
studi di questo tipo,
quali
temperatura,
pressione atmosferica (e
relativi
gradienti
interno/esterno)
e
Figura 6: In nero: concentrazione di radon tra il 21
piovosità,
si
osserva maggio e il 10 giugno 2010. In blu sono evidenziati gli
di tempo durante i quali si è osservata
l'esistenza di un legame, sia intervalli
un’inversione del gradiente termico tra l’interno della
anche debole, con la grotta e l’esterno.
variabilità del radon, per
altri fattori ciò non si verifica. È questo il caso, ad esempio, della
ventosità in superficie: anche in corrispondenza di periodi fortemente
ventosi (tipici della zona di Trieste), il radon in grotta non ne appare
minimamente influenzato. Nei paragrafi che seguono verranno
descritte più nel dettaglio le correlazioni con ciascun parametro
ambientale preso in esame.
TEMPERATURA E PRESSIONE
Temperatura e pressione atmosferica sono i due parametri ambientali
presi più spesso in considerazione nell‟analisi della variabilità del
radon in ambienti naturali (Perrier, Richon, 2010; Steinitz,
Piatibratova, 2010).
494
Per quanto riguarda la Grotta Gigante, i dati meteo-climatici
disponibili sono relativi sia all‟interno della cavità, sia a due stazioni
esterne di cui una in prossimità degli ingressi, l‟altra sul livello del
mare. Quanto visto nel paragrafo precedente riguardo alla marcata
stagionalità porta a supporre che il gradiente tra interno ed esterno
abbia un ruolo dominante, determinando un‟inversione nella
direzione del flusso d‟aria dominante nella galleria. Semplici prove
qualitative indicano che durante l‟inverno tale flusso è
prevalentemente diretto dalla sala centrale verso la profondità della
Galleria Nuova, il contrario di quanto avviene nel periodo estivo.
Poiché nella galleria il rapporto superficie/volume è sensibilmente
maggiore rispetto alla sala centrale, è ragionevole che l‟aria che
raggiunge la strumentazione nella stagione fredda sia meno ricca di
radon: una semplice modellizzazione del fenomeno è descritta in
seguito. Sarebbe allo stesso modo ragionevole supporre che
l‟inversione nella direzione del flusso d‟aria all‟interno della Galleria
Nuova sia associata all‟inversione del gradiente termico medio tra
interno ed esterno: come mostrato in figura 6, tuttavia, questo è vero
solo considerando l‟andamento tendenziale su un intervallo di tempo
sufficientemente lungo.
Nel grafico si nota infatti che il periodo dell‟anno in cui si verifica
l‟inversione termica interno/esterno coincide con quello a maggiore
variabilità del radon, senza però che a un‟inversione del gradiente
corrisponda nell‟immediato una rapida variazione del radon.
Passando a considerare le oscillazioni periodiche del radon, il legame
con temperatura e pressione atmosferica risulta essere maggiore.
Come si può osservare dalle figure 7a, 7b e 7c, lo spettro del radon
nel periodo estivo presenta spiccate periodicità a 12 e 24 ore,
associabili rispettivamente alle oscillazioni semidiurne della
pressione atmosferica e a quelle diurne della temperatura.
495
Figure 7a (in alto a sinistra), 7b
(sopra) e 7c (a sinistra): spettri
estivi di temperatura esterna (a),
pressione
atmosferica
(b),
concentrazione di radon (c).
Unità arbitrarie.
La spiegazione più semplice di questo fenomeno è che le oscillazioni
di T e P influenzino la velocità del flusso d‟aria entro la Galleria
Nuova, velocità che a sua volta determina il tempo di contatto tra aria
e roccia, e quindi la concentrazione finale di radon: la verifica di tale
ipotesi richiederebbe tuttavia l‟utilizzo di anemometri di precisione.
Va sottolineato come l‟ampiezza delle componenti diurna e
semidiurna nello spettro del radon sia caratteristica del periodo
estivo: come visto in precedenza durante il resto dell‟anno (e quindi
quando le concentrazioni sono minori) il radon presenta un
andamento maggiormente caotico, con periodicità a 12 e 24 ore poco
accentuate e talvolta scarsa-mente distinguibili dal rumore di fondo.
Nonostante tutto ciò, i coefficienti di correlazione radon/ temperatura
e radon/pressione atmosferica rimangono poco significativi durante
la maggior parte dell‟anno. Nella tabella in figura 8 sono riportati tali
coefficienti in ciascun periodo (calcolati senza aver operato alcun
filtraggio sui dati): solo nei mesi autunnali la correlazione supera, in
modulo, la soglia di 0.60. Il fatto che i valori indichino una tendenza
alla correlazione con la temperatura (coefficienti perlopiù positivi) e
all‟anticorrelazione con la pressione atmosferica (coefficienti
perlopiù negativi) è in accordo con quanto riportato da studi in
contesti simili (ad es. Barbosa et al., 2007).
496
Figura 8: coefficienti di correlazione tra radon e: temperatura esterna sul livello del mare
(slm) e in prossimità della grotta (BGG); gradiente barometrico tra l’interno della grotta e le
stesse località considerate per la temperatura
PIOVOSITÀ E ACQUA SOTTERRANEA
Più studi, citati in precedenza, hanno analizzato il ruolo dell‟acqua
nell‟influenzare l‟emissività di radon da parte della roccia, fratturata
o meno. In particolare, la presenza di acqua limita la quantità di
radon che, emesso dalla roccia, riesce a raggiungere l‟aria anziché
rimanere intrappolata nel velo d‟umidità che avvolge ciascun
frammento di minerale. Poiché l‟acqua presente nelle cavità subaeree
deriva principalmente da percolazione dalla superficie (a meno di
corsi d‟acqua che scorrono in prossimità della grotta), è ragionevole
aspettarsi che, a seguito di periodi caratterizzati da un‟elevata
piovosità, la concentrazione di radon tenda a diminuire, e viceversa.
Questo è infatti compatibile con la stagionalità che si è trovata nelle
misure di radon in Grotta Gigante, con valori più elevati nella
stagione estiva, durante la quale la piovosità è minore. Per quanto
Figura 9a e 9b: concentrazione di radon in Galleria Nuova (in rosso) e piovosità cumulativa su
48 ore (in verde) tra fine agosto e inizio ottobre 2009 e 2010. Nel 2010 si nota una maggiore
corrispondenza tra piovosità (superiore rispetto all’anno precedente) e oscillazioni del radon.
497
riguarda la presenza di corsi d‟acqua, il Timavo a breve distanza
dalla grotta influenza solo in parte l‟effettiva disponibilità d‟acqua,
dato che il del fiume è stabilmente al di sotto della quota più bassa
della sala centrale. Poiché la Galleria Nuova, in cui sono state
effettuate tutte le misure in continuo, si trova a una quota
relativamente alta rispetto al resto della grotta, possiamo
ragionevolmente supporre che nel punto di misura l‟acqua presente
derivi principalmente dalla percolazione del suolo sovrastante. Per
questo motivo verrà valutata non tanto la piovosità istantanea,
introducendo eventualmente un ritardo rispetto alle variazioni del
radon, quanto invece quella cumulativa su un intervallo di tempo pari
a 2 giorni consecutivi.
Se durante il periodo invernale non si osserva alcuna correlazione tra
piovosità e radon, al contrario durante i mesi più caldi si osserva una
certa corrispondenza tra periodi a elevata piovosità e brusche
oscillazioni delle concentrazioni misurate. Le figure 9a e 9b, relative
ai mesi di settembre 2009 e 2010, rappresentano significativamente il
fenomeno: pur non essendoci un‟esatta corrispondenza, tale da
permetterci di individuare una reale causalità, appare evidente come
alcune diminuzioni repentine del radon siano associate alla piovosità
soprattutto quand‟essa supera i 100mm su 48 ore. Una possibile
spiegazione ragionevole è la seguente: se è vera l‟ipotesi avanzata in
precedenza, secondo la quale in corrispondenza ad elevati valori di
radon l‟aria ricca di tale gas fluisce dalla Galleria Nuova verso la sala
centrale, si può supporre che a seguito della pioggia il riempimento
repentino di bacini idrici in prossimità della grotta inverta
temporanemante la direzione del flusso d‟aria all‟interno della
galleria. Questa ipotesi spiega non solo le rapide diminuzioni del
radon, ma anche le altrettanto rapide risalite, altrimenti inspiegabili
se attribuite alla sola emissività della roccia. Poiché il sottosuolo
carsico è percorso dalla fitta rete di diramazioni del corso ipogeo del
Timavo, è stata presa in considerazione anche l‟ipotesi che un
incremento della portata del fiume, dovuto alla piovosità in
superficie, possa influenzare le repentine oscillazioni dei valori di
radon misurati. Un aumento del livello dell‟acqua del fiume in un
canale sotterraneo connesso alla grotta potrebbe infatti, almeno in
linea di principio, influenzare la circolazione dell‟aria nella cavità,
498
aumentando la velocità del flusso d‟aria entro la Galleria Nuova e
quindi la diluizione del radon nell‟aria stessa. Premesso che una
modellizzazione di questo tipo non giustificherebbe le rapide risalite
delle concentrazioni di radon, in ogni caso una verifica di questa
ipotesi è stata relativamente semplice sfruttando la presenza di una
stazione che misura continuamente il livello del fiume al di sotto
della grotta.
I risultati mostrano tuttavia l‟assenza di una correlazione tra radon e
livello del Timavo: a titolo esemplificativo, nelle figure 8a e 8b è
rappresentata la situazione nei periodi 21/05-30/07 e 27/08-16/11
2010. Qui, nonostante si osservi l‟unica variazione di rilievo del
livello del fiume nel corso del 2010, il radon non ne appare
significativamente influenzato.
Figure 10a e 10b: Concentrazione di radon (rosso) e livello del Timavo (blu) nei periodi 21/0530/07 2010 (a) e 27/08-16/11 2010 (b).
RADON
E TILT DELLA GROTTA: MAREE TERRESTRI E SEGNALE
IDROLOGICO
La presenza, all‟interno della Grotta Gigante, di una stazione
geofisica dotata di clinometri in grado di misurare in modo continuo
le variazioni di tilt della grotta, permette di valutare l‟eventuale
correlazione tra le misure di radon e le deformazioni indotte sia dalle
maree terrestri (periodiche) sia da altri fenomeni aperiodici (piene del
Timavo, movimenti tettonici, carico superficiale da innevamento
etc.). Per quanto riguarda le maree terrestri, in uno studio di Kies et
al. (2002) gli autori sostengono di aver individuato una loro influenza
sulla variabilità del radon mediante un confronto tra gli spettri delle
499
due grandezze. Nel presente caso, in figura 9b è riportato lo spettro
della concentrazione del radon calcolato sulla base dell‟intero
periodo di presa-dati (2009-2011), assieme alle frequenze
caratteristiche di alcune componenti mareali. La corrispondenza, per
quanto evidente in particolare per le periodicità diurne, non può
giustificare l‟esistenza di un legame di causa-effetto tra i due
fenomeni, in quanto tali periodicità sono condivise anche dagli
spettri di parametri meteo-climatici quali temperatura e pressione
atmosferica. Nemmeno se si prendono in considerazione le
componenti mareali a lungo periodo si trova alcuna correlazione. In
figura 10a vengono raffrontati gli andamenti del radon e della
deformazione totale della grotta, comprendente tra i vari fattori anche
il segnale idrologico derivante dalla variazione del livello del
Timavo. Sebbene una correlazione non appaia evidente, nella
porzione centrale del grafico (20-25 settembre 2011) si nota che a
deformazioni più marcate sono associate rapide oscillazioni nella
concentrazione del radon. Poiché tali deformazioni sono in
prevalenza di origine idrologica, sarebbe ingiustificato attribuirvi a
priori le anomalie del radon: è ragionevole supporre invece che
queste siano legate più direttamente alla piovosità, come visto in
precedenza, la quale determina come effetto collaterale un aumento
del livello del fiume, registrato dai clinometri come una
Figure 9a e 9b: radon e segnale clinometrico totale (a), spettro del radon in relazione ad
alcune componenti mareali semidiurne e diurne (b)
deformazione indotta. In altre parole, le contemporanee variabilità
della concentrazione del radon e del tilt della grotta possono essere
spiegate come le risposte, indipendenti tra loro, all‟influenza diretta o
indiretta della piovosità.
500
MODELLIZZAZIONE DEI FLUSSI D‟ARIA
Le analisi svolte finora inducono a supporre che i flussi d‟aria nella
Galleria Nuova, anche se di minima entità, abbiano un ruolo
predominante nel determinare la concentrazione del radon. Per
giustificare anomalie come le repentine ampie oscillazioni della
concentrazione di radon (>3kBq/m3∙h) è necessario ipotizzare
l‟influenza di variazioni della circolazione dell‟aria entro la Galleria
Nuova: infatti, eventuali variazioni dell‟emissività efficace della
roccia (derivanti, ad esempio, da una maggiore o minore abbondanza
d‟acqua nel tunnel) non potrebbero in alcun modo determinare
variazioni nella concentrazione del radon su periodi più brevi
dell‟emivita (3.82 giorni). In questo paragrafo si cercherà di
modellizzare l‟influenza, sulla concentrazione del radon, della
circolazione dell‟aria entro la galleria, basandosi da un lato su uno
schema geometrico semplificato per rappresentare la galleria,
dall‟altro sui dati disponibili in letteratura per quantificare
l‟emissività della roccia. Nella modellizzazione dei flussi d‟aria si
considereranno separatemente le due przioni esplorata/inesplorata
della Galleria Nuova. Per quanto riguarda l‟emissività di Rn da parte
della roccia, si è scelto di considerare un valore relativamente basso,
pari a 25±5Bq/m2∙h, anche per considerare l‟effetto dell‟elevata
umidità nel cunicolo che tende a schermare la roccia.
Con una semplice modellizzazione basata su una combinazione di
strutture piramidali, per il primo tratto della galleria si ottiene un
rapporto superficie/volume prossimo a 4. Ciò implica, in una
condizione di assenza di ricambio di aria, una concentrazione di Rn
all‟equilibrio di 8.7±2kBq/m3. Considerando invece uno scambio
d‟aria di 50m3 e 100m3 orari con la sala centrale, nella quale si può
approssimare costante la concentrazione a 250Bq/m3, i valori
scendono a 400±75Bq/m3 e 330±50Bq/m3 rispettivamente. Si tratta
di stime compatibili con i dati effettivamente misurati nel tardo
periodo invernale. Valori più bassi, analoghi a quelli trovati nei mesi
di inizio inverno, possono essere spiegati con una concentrazione
minore di quella stimata per la sala centrale.
Per il secondo tratto del tunnel, una modellizzazione analoga fornisce
un rapporto superficie/volume prossimo a 13, ben superiore a quello
501
trovato in precedenza, così come la concentrazione all‟equilibrio:
29±5kBq/m3, compatibile per difetto con i massimi valori registrati
nella porzione iniziale del tunnel. Se consideriamo l‟ipotesi di un
intervallo di tempo sufficientemente lungo in cui i flussi d‟aria entro
la grotta siano prossimi a zero, è ragionevole aspettarsi che in questo
tratto della galleria si raggiungano concentrazioni di Rn prossime a
quelle di saturazione. D‟altra parte, nel momento in cui ha inizio un
eventuale flusso d‟aria dal fondo del tunnel verso la sala centrale, è
lecito prevedere di trovare anche nella porzione iniziale della
Galleria Nuova (la zona di misura) tali concentrazioni, poichè l‟aria
avrebbe traslato senza aver modo di diluirsi significativamente.
Supponiamo quindi ora che nel cunicolo s‟instauri un minimo flusso
d‟aria così diretto, ad esempio di 0.1cm/min, (0.6m/h), tale quindi
che il tempo di contatto tra aria e roccia permetta di raggiungere
concentrazioni elevate di radon nonostante l‟aria sia in moto. Se
l‟aria proviene dall‟esterno, possiamo porre pari a zero la
concentrazione di Rn nell‟aria che entra nel tunnel, ottenendo una
concentrazione all‟equilibrio (flusso stazionario) di 1.5±0.5kBq/m 3:
questo fa capire come un flusso d‟aria anche minimo possa
influenzare significativamente la presenza di Rn.
Riassumendo, i valori nel periodo invernale risultano compatibili con
l‟ipotesi di un sensibile scambio d‟aria con la sala principale della
grotta: ciò è vero a maggior ragione se si considera che, nei mesi
freddi, semplici esperimenti per una stima di massima della direzione
dei flussi d‟aria hanno sempre mostrato l‟esistenza di un lieve flusso
nella direzione dalla sala centrale verso l‟interno del tunnel.
Analoghe osservazioni hanno mostrato che si tratta in realtà
prevalentemente di moti convettivi, con ogni probabilità influenzati
dalla presenza, all‟interno della galleria e a pochi metri dall‟ingresso,
di un faretto alogeno a elevata potenza. Ciò porta a pensare che
questi scambi d‟aria con la sala centrale coinvolgano la sola porzione
iniziale della galleria nuova, permettendo al radon presente più in
profondità di raggiungere, come detto, valori prossimi a quelli di
saturazione e quindi compatibili con i repentini aumenti della
concentrazione osservabili qualora s‟inneschi un flusso diretto verso
la sala centrale.
502
CONCLUSIONI
Giungere a una completa ed esaustiva spiegazione di un fenomeno
complesso come le anomalie di radon in una cavità subaerea è un
obiettivo ambizioso, data la molteplicità di agenti e parametri
ambientali coinvolti e variamente intercorrelati. L‟analisi svolta ha
permesso tuttavia di mettere in luce i principali aspetti
dell‟interazione tra la grotta, l‟ambiente esterno e i fattori meteoclimatici di riferimento, con i conseguenti risvolti sulle
concentrazioni di radon misurate:
a. Da un'analisi spettrale è apparso come una ciclicità diurna, ben
visibile nella stagione calda, tenda a diminuire nel periodo invernale,
quando più basse sono anche le concentrazioni del gas. È ragionevole
supporre che tale ciclicità sia da porre in correlazione ai gradienti
termico e barometrico con l'esterno, i cui spettri presentano
andamenti analoghi nel corso dell'anno. Altre periodicità riscontrate
nello spettro del radon, in ogni caso più accentuate durante il periodo
estivo, sono a 12 ore, verosimilmente legate all‟andamento
semidiurno della pressione atmosferica;
b. La correlazione con parametri ambientali quali umidità e vento in
superficie appare insignificante (e non se ne sono perciò riportati i
risultati in dettaglio). Se si considera la caratteristica forte ventosità
della zona in cui si trova la grotta, con velocità sia di punta sia medie
orarie che possono permanere particolarmente elevate anche per più
giorni consecutivi, sorprende come la concentrazione del radon ne
sia scarsamente influenzata. Ciò può essere spiegato considerando la
posizione in cui si trovano i due accessi principali: il fatto che siano a
un‟altezza simile rispetto al fondo della grotta, oltre che
relativamente vicini in linea d‟aria, può in gran parte inibire l‟effetto
venturi che ci si sarebbe potuto aspettare indotto dal vento in
superficie. Un‟azione diretta del vento, ovvero un ingresso di masse
d‟aria in moto direttamente nella cavità, è invece da escludersi a
priori a causa della posizione relativamente protetta degli accessi.
c. Si è trovata una significativa corrispondenza con le precipitazioni
al suolo. In particolare, si è osservato come le brusche diminuzioni di
concentrazione di cui si è accennato sopra tendano a seguire periodi
d‟intense precipitazioni senza che tuttavia vi sia un oggettivo legame
503
di causalità tra i due fenomeni. Una giustificazione di ciò non può
limitarsi a considerare la saturazione delle fratture nella roccia
dovuta alla percolazione dell'acqua nel suolo, poiché ciò lascerebbe
inspiegata la rapidità delle oscillazioni: anche un'ipotetica (e
irrealistica) totale interruzione dell'emanazione della roccia dovuta
all‟effetto schermo ad opera dell‟acqua determinerebbe tutt‟al più un
decremento della concentrazione di radon su più giorni, in quanto
legato al decadimento del gas già presente nell‟ambiente. Inoltre, la
rapidità con la quale la concentrazione si riporta ai valori iniziali non
è compatibile con una semplice de-saturazione della fratturazione
rocciosa, poiché l'ipotetica quantità di gas che le rocce dovrebbero
emettere nell'unità di tempo per giustificare un tale aumento (oltre
3kBq/m3∙ora), oltre a implicare un'emissività inusuale per la roccia
calcarea, comporterebbe anche una concentrazione all'equilibrio
nell‟aria ben oltre 100kBq/m3, compatibile con i valori caratteristici
del geogas ma improbabile (oltre che non verificata) per una grotta di
tale vastità. Tutto ciò porta a supporre l‟esistenza di una causalità
indiretta tra piovosità e variabilità del radon, causalità sulla quale
sono state sviluppate le ipotesi descritte in precedenza.
d. Un'analisi del livello idrometrico del fiume Timavo, una cui
diramazione passa in prossimità della grotta (sebbene il percorso
esatto del fiume nel sottosuolo rimanga tuttora ignoto) porta a
escludere una correlazione con tra variazioni della portata del fiume
e oscillazioni del radon. Se una correlazione fosse stata trovata, si
sarebbe potuto supporre che eventuali rapide variazioni del livello
del fiume, legate alla piovosità in superficie, incidessero sui flussi
d'aria nella grotta e quindi sulla concentrazione del gas.
e. Né le oscillazioni periodiche del tilt della grotta indotte dalle
maree terrestri (o perlomeno dalle loro componenti orizzontali
misurate presso la stazione geofisica nella grotta), né quelle
aperiodiche dovute ad altri fenomeni quali variazioni della portata
del Timavo, appaiono influenzare in alcun modo le concentrazioni di
radon misurate. Ciò è ragionevole, in quanto le deformazioni indotte,
di minima entità, non sono tali da alterare lo stato di fratturazione
della roccia né quindi la relativa emissività.
504
Ulteriori analisi si mostrano necessarie per giungere a una
comprensione più completa delle variazioni spazio-temporali del
radon nella Grotta Gigante, analisi che dovranno concentrarsi in
primo luogo sulla misura dei flussi d'aria e del livello igrometrico
nella cavità. Da quanto descritto finora emerge infatti come siano i
flussi dell‟aria l‟elemento maggiormente influente sulle oscillazioni
del radon, flussi la cui conoscenza permettere di spiegare con
maggiore precisione l‟effetto indiretto di parametri ambientali in sé
facilmente misurabili quali, appunto, temperatura e pressione
atmosferica.
505
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506
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
MONITORAGGIO IN TEMPO REALE CON FREQUENZA
ORARIA DELLA CONCENTRAZIONE DI RADON
AMBIENTALE, NELL‟AMBITO DEL PROGETTO
INTERREG RADICAL
L.M. Panero*°, M. Caccia°, F. Risigo°, V.Chmill°, E. Chiaberto*,
E.Serena*, A. Prandstatter* e M. Magnoni*
*ARPA Piemonte – Dipartimento Radiazioni
Via Jervis, 30 – 10015 Ivrea (TO)
° Università degli studi dell’Insubria - Como
INTRODUZIONE
Lo studio presentato di seguito è stato realizzato nell‟ambito del
progetto RADICAL (RADon: Integrating Capabilities of Associated
Labs), una cooperazione trans-frontaliera Italia-Svizzera che vede la
partecipazione di Università e Agenzie Regionali per l‟Ambiente.
Le attività del progetto includono il monitoraggio della
concentrazione radon indoor in edifici pubblici e privati, al fine di
studiare i parametri che ne influenzano l‟andamento e attuare delle
azioni di rimedio. Per individuare con maggior precisione le
problematiche connesse all‟ingresso e all‟accumulo del radon in un
edificio occorre disporre di strumenti che forniscano in tempo reale
la concentrazione di attività. Per questo motivo, in un una prima fase
è stata analizzata in dettaglio la risposta del Radim, lo strumento di
misura utilizzato e sviluppato nell‟ambito del progetto.
La seconda parte del lavoro riguarda l‟analisi dei dati raccolti durante
i monitoraggi in Valle Cervo. Sono ormai noti gli alti livelli di radon
che caratterizzano gli edifici di questa valle piemontese, a causa
dell‟abbondante presenza della sienite della Balma sia nel sottosuolo
sia nei materiali da costruzione.
STRUMENTI DI MISURA
I monitoraggi della concentrazione di 222Rn sono stati eseguiti
mediante l‟utilizzo di uno strumento attivo denominato Radim 5B.
Esso fornisce la concentrazione media oraria di 222Rn misurando
507
l‟attività dei figli emettitori α, 218Po e 214Po, grazie ad un rivelatore al
silicio. La raccolta dei figli è resa particolarmente efficiente
dall‟applicazione di un campo elettrico nel volume sensibile del
dispositivo.
Alcuni tra gli aspetti più vantaggiosi di questo strumento riguardano
il basso costo e il suo ridotto consumo energetico, che consente
monitoraggi di lunga durata in luoghi non raggiunti dalla rete
elettrica. I lunghi monitoraggi sono resi possibili anche grazie alla
capacità della memoria, che permette di immagazzinare grandi
quantità di dati.
RISULTATI
Studio della risposta del Radim 5B
La maggior parte dei monitori in continuo disponibili in commercio
rispondono non in tempo reale ad una variazione di radon
nell‟ambiente: un certo tempo intercorre, infatti, affinché il radon
diffonda internamente al volume sensibile del dispositivo. Inoltre, la
misura è influenzata dalla formazione dei figli a breve emivita del
radon internamente allo strumento.
Lo strumento Radim 5B fornisce la concentrazione di attività di
radon in modo indiretto, misurando l‟attività dei suoi figli α
emettitori, 218Po e 214Po. Tale attività coincide con quella del radon
solo quando essi sono in condizioni di equilibrio secolare con il
progenitore comune. Occorre tener conto, tuttavia, che il tempo di
raggiungimento dell‟equilibrio secolare è maggiore rispetto al tempo
tipico di campionamento dello strumento, pari a 1 ora. Di
conseguenza, a seconda dell‟andamento temporale del radon in
ingresso, è lecito ipotizzare che lo strumento sottostimi o sovrastimi
la concentrazione di radon, nel caso in cui nell‟ambiente stia
aumentando o diminuendo rapidamente. Per cercare di correggere
questo ritardo di risposta è necessario valutare quantitativamente il
tempo di risposta effettivo dello strumento. Occorre quindi risolvere
le equazioni del decadimento dei figli a vita breve del radon α
emettitori (218Po e 214Po),vedi figura 1
508
Figura 1: Catena di decadimento dei figli a vita breve del radon.
Considerando la brevissima emivita del 214Po, si può fare senz‟altro
la semplificazione di ammettere che tra 214Bi e 214Po si instauri
immediatamente l‟equilibrio secolare. In tal modo il sistema di
dNj
 jNj  0
j0
dt
dNj  1
 j  1 Nj  1  jNj j  1,2,3
dt
equazioni differenziali da risolvere si riduce da cinque a quattro
equazioni:
dove la variabile Nj indica la concentrazioni di atomi nell‟unità di
volume, j=0 individua il radon, mentre j=1,2,3 i figli della catena.
Come condizioni iniziali si è assunto che: NRn(0)=N° e Nfigli(0)=0.
Questo sistema descrive la crescita dei figli a seguito dell‟immissione
in un determinato volume di una certa quantità di radon (Figura ):
come si vede l‟equilibrio tra la concentrazione del radon e dei suoi
figli si raggiunge dopo circa 200 minuti. Tendendo però conto del
fatto che le misure vengono effettuate con cadenza oraria, quello che
viene fornito dallo strumento è in realtà il valor medio dell‟attività
presente nel tempo d‟integrazione. Per valutare dunque
509
quantitativamente il raggiungimento dell‟equilibrio tra radon e figli
bisogna calcolare i seguenti integrali (fc,i=1,2,3):
f c ,1


f c ,3


1
0
3

Po (t ) 218Po (t ) dt
214
1
222
 (2  Rn(t ))dt
0


2
; fc,2

Po (t ) 218Po (t ) dt
214
1
1
222
 (2  Rn(t ))dt
;
0

Po(t ) 218Po(t ) dt
214
2
1
 (2 
0
222
Rn(t ))dt
Risolvendo tali integrali si trova che essi differiscono dall‟unità solo
per le prime 3 ore (Tabella ).
Intervallo di
integrazione (h)
0-1
1-2
2-3
Transitorio crescente
fc,i
0,564
0,856
0,966
Tabella 1: Fattori fc nella fase crescente.
Figura 2: Transitorio crescente:come si vede le concentrazioni dei figli del radon raggiungono
l’equilibrio dopo circa 3 ore dall’input di una certa quantità di 222Rn.
510
In modo del tutto analogo si possono calcolare i fattori che
descrivono il transitorio decrescente: in lo strumento tende a
sovrastimare la concentrazione di radon effettivamente presente per
effetto dei prodotti di decadimento a vita breve ancora presenti.
Anche in questo caso tale “effetto memoria” risulta significativo solo
per 3 ore, come si può vedere dalla seguente Tabella
Intervallo di
integrazione (h)
0-1
1-2
2-3
Transitorio decrescente
fd,i
0,434
0,146
0,038
Tabella 2: Fattori fd nella fase decrescente.
In base a questi fattori è quindi possibile scrivere delle formule
ricorsive che correggono la concentrazione misurata dallo strumento
cm(t) e forniscono la concentrazione di radon corretta cc(t):
cc (t )  cm (t )  c(t )k0  c(t  1)k1  ...  c(t  T  1)kT 1
dove Δc(t)=cm(t)-cc(t-1), i ki sono invece nuovi parametri algoritmici
calcolati utilizzando i fattori fc e fd a seconda che Δc sia maggiore o
minore di zero e T è il tempo di raggiungimento dell‟equilibrio
valutabile in tre ore circa.
La correzione teorica sopra descritta è stata quindi dapprima
applicata al caso semplice di una esposizione controllata dove lo
strumento è stato esposto ad una funzione a gradino di radon e
successivamente a misure reali in edifici. In questo caso (Figura 3),
la risposta del Radim viene confrontata con la risposta di un altro
strumento attivo, l‟Alphaguard e comparata con la curva corretta.
511
Figura 3: Risposta del Radim5B ad un gradino di concentrazione.
La risposta al gradino può essere interpolata con una funzione
esponenziale decrescente:

t
c(t )  c(0)(1  e  )
Il best fit permette di ottenere la costante di tempo τ dello strumento
in esame con e senza l‟uso dell‟algoritmo che compensa l‟effetto
memoria. Dalla curva “Radim corretta” e dalle costanti di tempo
calcolate si osserva che la risposta strumentale migliora anche se non
del tutto, in quanto resta un ritardo, dovuto alla diffusione, valutabile
in circa ¾ d‟ora.
Dati interpolati
Radim
Radim corretta
Alphaguard
τ (h)
1,30
0,75
0,24
Tabella 3: Costanti di tempo ottenute interpolando sia la concentrazione misurata che quella
corretta.
A questo punto, si può utilmente rappresentare lo strumento Radim
come un sistema che rispetto ad una concentrazione funzione del
tempo si comporta come un filtro passa basso. Volendo, si può
512
stabilire un parallelismo tra l‟apparato di misura e un filtro RC,
interpretando la risposta dello strumento come la tensione ai capi di
un condensatore.
Il vantaggio che si ottiene è di poter stabilire una relazione
matematica tra la concentrazione radon in ingresso allo strumento e
la concentrazione misurata (in uscita), detta funzione di
trasferimento.
La funzione (4), utilizzata come fit esponenziale della risposta al
gradino, è di fatto identica a quella della risposta di un filtro passa
basso e da essa è stata ricavata la costante di tempo (Tabella 3).
Nel caso in cui la funzione in ingresso del sistema “Radim” non
segua un andamento periodico, si ricorrerebbe al metodo operatoriale
che applica la trasformata di Laplace. Spesso però, nei grafici delle
concentrazioni radon misurate in ambienti confinati, si riscontra una
periodicità giornaliera e perciò, in molti casi, è possibile ricorrere al
metodo simbolico, sostituendo alle grandezze sinusoidali i loro
corrispondenti fasori. La funzione di trasferimento del sistema in
questione diventa più semplicemente:
H ( j ) 
cout
1

cin 1  j
Il cui modulo e fase sono espresse da:
H
1
1  ( ) 2
H  arctg ( )
dove ω indica la pulsazione del segnale e τ la costante di tempo del
sistema “Radim”. Se la funzione in uscita, rappresentata dalla
misura, è assimilabile ad una sinusoide, significa che rispetto alla
concentrazione in ingresso nello strumento è modificata in ampiezza
e fase secondo le precedenti espressioni (6). La concentrazione
realmente presente in ingresso al variare del tempo è quindi
facilmente ottenibile.
513
Si consideri, per esempio, il seguente caso reale in cui lo strumento
ha monitorato una concentrazione radon indoor. Il grafico in figura 4
rappresenta la risposta dello strumento, il cui l‟andamento temporale
è ben approssimato da una funzione sinusoidale.
Figura 4: Risposta del Radim5B ad un andamento sinusoidale.
Come si osserva dal grafico, il periodo del segnale analizzato è
all‟incirca pari a 24 ore. Infatti, calcolando la trasformata di Fourier
(figura 5), si osserva che ad una delle componenti principali del
segnale corrisponde una frequenza pari a 0.041 h-1.
A questo punto, è possibile calcolare il modulo e la fase di H, da cui
si ricavano i risultati mostrati in Tabella 4.
Radim
Radim corretta
cout / cin
0,95
0,98
Δφ=φin - φout
0,32
0,19
Δt = Δφ/ω
1,25 h = 1h 15min
0,74 h = 44 min
Tabella 4: Modulo e fase della funzione di trasferimento.
514
Figura 5: Trasformata di Fourier del segnale in uscita dallo strumento.
Dai risultati ottenuti si può notare che l‟andamento della
concentrazione radon in ingresso nel Radim ha un‟ampiezza di poco
superiore a quella misurata dallo strumento ed è sfasata, in relazione
al tempo di risposta dello strumento, influenzato dai tempi di
formazione dei figli a vita breve e dalla diffusione del radon.
Tuttavia, applicando la correzione “per l‟effetto memoria” lo
sfasamento diminuisce di circa mezz‟ora e si ritrova soltanto il tempo
di diffusione (circa ¾ d‟ora) già valutato dalla risposta al gradino.
Il grafico in figura 6 mostra invece l‟andamento della concentrazione
radon indoor in un luogo di lavoro, considerando il giorno medio su
un periodo di campionamento di 13 giorni. I dati sperimentali sono
stati interpolati con una funzione sinusoidale (fit Radim), da cui è
stata ricavata mediante la funzione di trasferimento una stima del
segnale radon in ingresso (figura 7).
515
Figura 6: Dati sperimentali e fit del giorno medio.
Figura 7: Stima dell'andamento medio giornaliero del radon in ingresso (nero) utilizzando la
funzione di trasferimento del sistema “RADIM”.
Studio dei tassi di ingresso del radon e dei tassi di ventilazione in
un edificio pubblico
In un periodo compreso tra aprile e maggio 2011, sono stati condotti
alcuni monitoraggi di radon indoor in municipi e scuole localizzati in
Valle Cervo (BI).
516
Molti di questi edifici hanno mostrato concentrazioni di radon
piuttosto elevate. Al fine di intraprendere delle azioni di rimedio, si è
cercato di stimare, per ogni locale monitorato, il tasso di ingresso del
radon e i tassi di ventilazione.
Per mostrare il metodo adottato, di seguito è riportata l‟analisi dei
dati riferiti al municipio di Quittengo (BI).
Figura 8: Concentrazione di radon in un ufficio del municipio di Quittengo.
Si osserva che l‟andamento generale ha una periodicità di circa 24
ore. Pertanto si è preso in considerazione il giorno medio, riportato in
figura 9 ottenuto mediando le concentrazioni di radon per ciascuna
ora del giorno su tutto l‟arco temporale del monitoraggio.
Figura 9: Giorno medio.
517
Dal grafico si osserva quindi che dalla seconda metà del pomeriggio
la concentrazione di radon aumenta fino al mattino, quando inizia la
sua fase decrescente. Si possono quindi individuare due fasi: una fase
di salita e una di discesa. Per stimare il tasso di ingresso del radon, si
considera la fase di salita. Si assuma che la concentrazione di attività
di radon vari secondo la seguente legge:
dc(t )
K
 (Rn  v, s )c(t ) 
dt
V
dove c(t) indica la concentrazione di attività di radon, λRn la costante
di decadimento del 222Rn, λv,s il tasso di ventilazione nella fase di
salita, K il tasso di ingresso del radon e V il volume del locale.
Integrando si ottiene:
K
(    ) t
c(t ) 
(1  e Rn v ,s )
V (Rn  v , s )
Dalla (7) si osserva che la pendenza iniziale della curva di crescita
del radon è una buona stima di K. Si esegue il best fit lineare dei
primi punti della curva e si considera il coefficiente angolare (figura
10 a). A questo punto è possibile valutare λv,s interpolando la fase di
salita con una funzione del tipo (8), come riportato in 10 b. Durante
la fase di discesa, invece, il fenomeno dominante è la rimozione del
radon, per motivi legati alle variazioni di condizioni atmosferiche e
all‟uso del locale. Pertanto, questa fase decrescente può essere
descritta dalla seguente equazione:
dc(t )
 (Rn  v ,d )c(t )
dt
La soluzione analitica della (9) è riportata di seguito:
c(t ) c(0)e
 ( Rn v , d ) t
Interpolando i dati con una funzione del tipo (10) si può quindi
valutare il tasso di ventilazione della fase di discesa (figura 11).
518
Figura 10: (a) Fit lineare e stima di K. (b) Fit esponenziale e stima di λv,d
Figura 4: Fit esponenziale e stima diλv,s
In Tabella sono riportati i parametri ottenuti per i due uffici
monitorati. e la concentrazione media calcolata nel periodo
considerato.
Locale
cmedia
(Bq/m3)
K (Bq/h)
χ2/DF
λv,i (h-1)
Ufficio 1
7074 ± 3188
(2,96 ± 0,14)*104
0,36/3
0,052 ± 0,003
10,76/13 0,101 ± 0,004
Ufficio 2
1562 ± 574
(1,40 ± 0,23) *104 3,09/3
0,075 ± 0,005
16,98/13 0,141 ± 0,012 14,94/6
χ2/DF
λv,d (h-1)
χ2/DF
5,13/7
Tabella 5: Tassi di ingresso e di ventilazione per i due locali considerati.
I risultati evidenziano che il tasso di ingresso del radon nell‟ufficio 1
è circa il doppio rispetto a quello nell‟ufficio 2. Dal momento che i
locali sono adiacenti e i dati si riferiscono allo stesso periodo di
misura, si possono considerare uguali le condizioni atmosferiche. Di
519
conseguenza, questa differenza tra i due valori è probabilmente
imputabile a caratteristiche specifiche dell‟ufficio 1. Infatti, sulle
pareti di questo locale sono presenti delle bocchette di aerazione, a
diretto contatto con l‟intercapedine presente tra l‟edificio e una
parete rocciosa, che favorirebbero l‟ingresso del radon.
Inoltre, il tasso di ventilazione raddoppia per entrambi i locali
durante le ore lavorative, ma indica, comunque, un ricambio d‟aria
molto scarso.
CONCLUSIONI
Il lavoro svolto ha permesso di elaborare un metodo che corregge la
risposta del Radim a un impulso di radon, tenendo conto
dell‟accrescimento dei figli; ciò ha permesso inoltre di stimare
quantitativamente il tempo di diffusione all‟interno del volume
sensibile dello strumento.
Inoltre, nel corso dei monitoraggi pilota eseguiti in Valle del Cervo,
si è studiato un metodo per la stima di alcuni fondamentali parametri
(tassi di ingresso e di ventilazione), specifici per ogni edificio e assi
utili al fine di intraprendere delle azioni di rimedio. Il monitoraggio
verrà anche approfondito nella stagione autunno-inverno, per
studiare le variazioni stagionali dell‟andamento del radon e dei
parametri stimati nel presente articolo.
BIBLIOGRAFIA
[1] N.Jonassen, The determination of radon exhalation rates, Health Physics,
45, 369-376 (1983).
[2] T.Keskikuru, H.Kokotti, S.Lammi, P.Kalliokoski, Effect of various factors
on the rate of radon entry into two different types of houses, Building and
Environment, 36, 1091-1098 (2001).
[3] C.E.Andersen, Numerical modelling of radon-222 entry into houses: an
outline of techniques and results, Building and Environment, 272, 33-42
(2001).
520
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
INTERLABORATORY COMPARISONS FOR PASSIVE
RADON MEASUREMENT DEVICES AT THE RADON
CALIBRATION SERVICE LABORATORY OF THE
GERMAN FEDERAL OFFICE FOR RADIATION
PROTECTION (BFS)
T.R. Beck, H. Buchröder, J. Döring, E. Foerster and V. Schmidt
Lecturer: Elisabeth Foerster, Federal Office for Radiation Protection (BfS)
Contact: [email protected]
ABSTRACT
Since 2003 Interlaboratory Comparisons for Passive Radon Measurement
Devices using track-etch detectors, electret ionisation chambers or charcoal
annually are conducted by the Radon Calibration Service Laboratory at the
German Federal Office for Radiation Protection (BfS) in order to assure the
quality of measurements. Until now the number of participants has more
than tripled. In 2011 took 33 laboratories from several European countries
part with 48 sets of passive radon measurement instruments. Laboratories,
which possess or wish to acquire an accreditation for measuring the activity
concentration of Radon-222 fulfil the obligation to validate their measuring
method in accordance with EN ISO/IEC 17025 by participating in the
intercomparison.
The exposures are carried out in the Radon Calibration Service Laboratory
at BfS, which is accredited by the German accreditation body Deutsche
Akkreditierungsstelle GmbH (DAkkS) for measuring the activity
concentration of radon-222 in air and the potential alpha energy
concentration of short-lived decay products. The measurands are traced
back to the National Standard at the German National Metrology Institute
Physikalisch-Technische Bundesanstalt (PTB) as secondary standard. All
relevant measurements concerning the Interlaboratory Comparisons are
subject to an accredited quality management system according to DIN EN
ISO/IEC 17025:2005.
During the Interlaboratory Comparison 2011 the passive radon
measurement devices were exposed to reference atmospheres with
different radon-222 activity concentrations of up to 10 kBq/m³ under
normal indoor climate. The exposures to radon reached values of 241
521
kBq·h/m³, 1769 kBq·h/m³. , 1849 kBq·h/m³ and 3294 kBq·h/m³
respectively.
All participants obtain a certificate of participation stating their
measurement results and the corresponding reference exposures. Annual
reports, which include the results of all participants in anonymous form
with detailed information on the conditions of exposure for
intercomparisons,
are
published
at
BfS
website
http://www.bfs.de/de/ion/radon/Fachinfo_messung/vergleichspruefungen.ht
ml.
522
The Radon Calibration Service Laboratory
Since 2003 Interlaboratory Comparisons for Passive Radon
Measurement Devices using track detectors (SSNTD), electret
ionisation chambers (EIC) or activated charcoal (AC) are conducted
annually by the Radon Calibration Service Laboratory of the German
Federal Office for Radiation Protection (BfS) in order to assure the
quality of measurements.
The Federal Office for Radiation Protection is hosting a Coordinating
Office for the monitoring of elevated levels of natural radioactivity.
Among other tasks the Coordinating Office is responsible for the
determination of radiation exposures resulting from radon and radon
progenies. The Radon Calibration Service Laboratory represents the
metrological reference laboratory for radon-222 and its short-lived
progenies within the scope of this Coordinating Office. The
laboratory performs a comprehensive program to assure the quality
standard of radon and radon progeny measurements with regard to
the protection against elevated levels of exposures of radon at
workplaces and in dwellings in Germany [1].
The program comprises scientific investigations on metrological
fundamentals, development and evaluation of measurement methods,
type testing of devices [2], calibration service [3] and interlaboratory
comparisons for passive radon monitors [4], [5], [6].
The offers for quality assurance of measurements of radon-222 and
radon-222 progenies are ordered by both national and international
institutions as well.
Technique and equipment
The Radon Calibration Service Laboratory of BfS is accredited
according to norm DIN EN ISO/IEC 17025 (German version of EN
ISO/IEC 17025, [7]) by the German Accreditation Body “Deutsche
Akkreditierungsstelle GmbH” for the measurands activity
concentration of radon-222 in air (CRn) and potential alpha energy
523
concentration of short-lived decay products (Cp). The Service
Laboratory consists of two branches: the radon laboratory and the
radon progeny laboratory. Reference atmospheres for investigations
and calibration are provided in two chambers and several stainless
steel containers.
In the radon laboratory a walk-in chamber with a volume of 11 m³
(“radon chamber”) and a set of stainless steel containers with a
volume of 0.4 m³ each are used. In the laboratory for radon progenies
a walk-in chamber is used with a volume of 30 m³ (“PAEC
chamber”). The calibration containers are connected to flow-through
sources containing radium-226 for continually compensation of the
loss of radon-222 due to radioactive decay, see figure 1. By means of
pumps and ventilators the activity concentration of radon-222 in the
containers can be kept sufficiently homogenous and temporally
constant during the tests.
Errore. Non si possono creare oggetti dalla modifica di codici di
campo.
Figure 1: Scheme of the technique and equipment of the BfS Radon Calibration Service Laboratory
Every unit is equipped with a flow-through scintillation cell for the
measurement of radon activity concentration and with sensors to
measure the quantities of temperature and humidity. All parameters
are monitored and registered quasi-continuously every 10 minutes
using a control panel. Additionally every working day measurements
of the radon-222 activity concentration are carried out by manually
sampling from the reference atmosphere. This is done to check the
monitored data and to secure redundancy. All measured values,
which are obtained during the tests, are recorded in data bases and
can be managed centrally. Thus the repeatability and traceability are
guaranteed.
The indoor climate conditions in both walk-in chambers can be
controlled and adjusted by means of in-floor heating, cooling
elements, humidifier and ventilators controllable in direction and
intensity.
524
For the measurements of radon progenies the PAEC chamber with a
volume of 30 m³ is used to assure the homogeneity of the reference
conditions within the chamber volume during the measurements and
to reduce the influence of interfering parameters. The generation of a
reference atmosphere for the calibration of radon-222 progeny
measurement devices is technical more sophisticated than that of
radon measurement devices. The PAEC chamber is additionally
equipped with aerosol generators, a facility for continually dosing of
aerosols and a clean-up circuit to reduce the aerosol concentration by
means of a HEPA filter. A multitude of further parameters
influencing the measurement of short-lived progenies have to be
accounted for and monitored, including aerosol particle
concentration, particle size distribution, relation between the aerosolattached part and the unattached part of the short-lived progenies,
temperature, relative humidity, air pressure, flow velocity, degree of
turbulence of the air in the chamber and measuring position within
the chamber.
All relevant parameters are detected by sensors and logged
automatically for calibration and quality assurance purposes. The
measured parameters of the reference atmosphere in the walk-in
chambers can be kept sufficiently constant during the calibration
process and can be adjusted in certain ranges, see table 1.
525
Measurement
parameter
Range of adjustment
Radon
chamber
PAEC
Chamber
Radon-222 activity
concentration (CRn)
50 … 100 000 Bq∙m-³


Air temperature
-5 … 50 °C


Relative humidity
10 … 95 %


Atmospheric pressure
(not adjustable)


Potential alpha energy
concentration of the
short-lived radon-222
progenies (Cp)
0.3 …640 µJ∙m-³
-

Particle concentration
of the aerosol
200 … 200 000
particles∙cm-³
-

0.1 … 0.9
-

Unattached fraction of
PAEC
< 1 … 90 %
-

Air flow velocity
0 … 1 m∙s-1
-

Air pressure
Equilibrium factor
Table 1: Measurement parameters and their range of adjustment
Traceability
The measurands activity concentration of radon-222 in air (CRn) and
potential alpha energy concentration of short-lived decay products
(Cp) are traced back as secondary standards to the National Standard
at the German National Metrology Institute Physikalisch-Technische
Bundesanstalt (PTB). For example a scheme of the traceability of CRn
is given in figure 2.
526
Traceability CRn
PhysikalischTechnische
Bundesanstalt (PTB)
Radon Calibration
Service Laboratory of BfS
Calibration
chamber
Calibration
chamber
National
radon-222
standard
SK
Radon-222 reference
standard
(“transfer standard”)
DSK
Equipment
under test
SK : Scintillation
chamber
DSK: Flow-through
scintillation
chamber
Figure 2: Scheme of the traceability of the measurand radon-222 activity concentration in air
During routine operation the reference value of the radon-222
activity concentration in the calibration containers and/or chambers
is determined by the working standards:

scintillation cells and

flow-through scintillation cells.
A commercial radon measuring device is used as transfer standard. It
is calibrated against the primary standard of the German National
Metrology Institute. Thus the radon measuring device becomes the
reference standard of the BfS Calibration Service Laboratory.
The working standards are internally calibrated against the reference
standard periodically.
527
Best measurement uncertainty
In table 2 the best measurement uncertainty of the measurand radon222 activity concentration, which can be achieved during
calibrations, is assigned according to the accreditation certificate. It
is given as the extended relative measurement uncertainty resulting
from the standard uncertainty of measurement multiplied with a
coverage factor k=2 (95 % confidence interval). It is determined in
accordance with DAkkS-DKD-3 [8].
Table 2: Best measurement uncertainty of the radon-222 activity concentration (extended relative
measurement uncertainty, 95 % confidence interval)
Working standard
Specified
measuring range
of CRn
[kBq∙m-3]
Scintillation
chamber
Flow-through
scintillation
chamber
Alphaguard®
0.05 – 1.0
12 %
12 %
8%
1.0 - 10
7%
7%
6%
10 - 100
6%
6%
6%
Interlaboratory Comparison for Passive Radon Measurement
Devices 2011
The interlaboratory comparison is designed for passive radon
measurement of type SSNTD, EIC or AC. The intercomparison has
been announced at the BfS website for all participants and by letter
to participants of the previous year. Both national and international
institutions have been invited to take part in the intercomparison.
Quality Assurance
The exposures to radon are subject to the accredited quality
management system of the Radon Calibration Service Laboratory.
The interlaboratory comparison meets requirements of ISO/IEC
528
Guide 43 [9]. The organisational course has been laid down as
process instruction containing a documented plan, test item
management, preparation and issuing reports and stating the
confidentiality of the identity of participants.
Participants
From the year 2003 until now the number of participants has more
than tripled. During the first years the number of measurements
services from Germany prevailed the number of foreign participants.
In the year 2011 33 laboratories from several European countries
took part in the BfS Interlaboratory Comparison for Passive Radon
Detectors.
Organisational course
The measurement services submit their labelled devices for testing to
BfS. Submitted sets are divided at random into a certain number of
exposure groups and are exposed to different radon-222 activity
concentrations of up to 10 kBq·m-³ under normal room conditions.
Devices using charcoal are returned to the participants right after
exposure, while the other devices are returned after all exposures
have been accomplished. Afterwards the laboratories evaluate their
devices and report the measurement results to the Federal Office for
Radiation Protection. The participants are not informed on the
devices group allocations and exposure data before they all have
returned the indication values of their instruments. As soon as the
return is complete, the measurement results are compared with the
reference exposures.
All measurement services obtain a certificate of participation
including description of the procedure, parameters of the reference
atmospheres, their own measurement results and the corresponding
reference exposures. A comprehensive report on the results is
published at BfS homepage and can be downloaded [6]. Results are
published exclusively in anonymous form.
529
The organisational course varies in detail depending on the type of
detectors. Radon measurement devices with solid state nuclear track
detectors and electret ionisation chambers are handled and exposed
according to procedure 1 and radon measurement devices using
activated charcoal as detector are handled and exposed according to
procedure 2.
Procedure 1 for SSNTD or EIC
Radon services which intend to participate have to submit a
sufficient number of devices of the same type to BfS. In table 3 the
numbers of devices, needed for intercomparison, are given
depending on the detector type.
Table 3: Number of devices, which have to be submitted
Type of
detector
Number
of devices
of one set
Number
of
exposure
groups
Solid state
nuclear
track
detector
(SSNTD)
35
4
Electret
ionisation
chambers
(EIC)
24
Number
of transit
groups
Exposure
duration
Radon-222
activity
concentration
in kBq·m-³
Exposure
in
kBq·h∙m-³
1
1…3
weeks
≤ 10
100 - 3500
3
Submitted sets are divided at random into several groups of the same
size. Passive radon monitors with SSNTD are separated into 5 groups
with 7 devices each. Monitors with electret detectors were separated
into 4 groups with 6 devices each. One of these groups is used to
determine the effects of transportation and storage during the
intercomparison („transit group”). This group comprises devices
530
which are transported and stored under the same conditions as the
other devices but are not exposed in reference atmospheres. After
delivery the submitted devices are initially kept in a storage room
with low radon concentration, whereas they are still remaining in
their original packaging (figure 3). The values of radon-222 activity
concentration, temperature, relative humidity and gamma dose rate in
the storage room are monitored and stored.
At the beginning of the intercomparison all radon measurement
devices are unpacked, made ready for measurement and are brought
into an air-conditioned room with low radon-222 activity
concentration (storage room). The values of radon-222 activity
concentration, temperature, relative humidity and gamma-ray dose
rate in the storage room are monitored. Before the beginning and
after the end of exposure in reference atmospheres devices stay in the
storage room.
The exposure groups are exposed to several, certified radon-222
activity concentrations at normal indoor climate. Exposures to radon
of track or electret detectors take at least 1 and up to 3 weeks and
reach values from 100 kBq·h·m-³ up to 3500 kBq·h·m-³.
The instruments of the transit group are not exposed in reference
atmospheres, but remain in the storage room over the entire period of
interlaboratory comparison. The mean exposure value of the transit
group is a measure of the effects of transportation and storage, which
all submitted measurement devices have been exposed to (“transit
background”).
After all exposures are accomplished all exposed and transit
instruments are removed from the storage room at the same time.
Radon measurement devices, which are adjustable into ON/OFF
mode, are turned into OFF mode at the end of the interlaboratory
comparison. Devices, which had been sent in within a radon-proof
packaging, are repacked in the same manner. Together with their
devices the participants are provided a handout containing
information, which devices belong to the transit group. It is the
responsibility of the participants to take account of the transit
background and to determine the net radon-222 exposure values. The
531
participating laboratories determine the value of radon exposure for
each single instrument and report them to the BfS.
Figure 3: Time course of the BfS Interlaboratory Comparison of Passive Radon Detectors using
SSNTD or EIC in the year 2011
Procedure 2 for instruments using activated charcoal
Radon services which intend to participate with activated charcoal
detectors have to submit 8 devices of the same type to BfS. A transit
group is not used. The radon measuring instruments with charcoal
are exposed in the walk-in calibration chamber with a volume of
30 m³ separately from the instruments with SSNTD or electrets. All
charcoal radon monitors are opened immediately before they are
brought into the calibration container. Radon activity concentrations
reach up to 10 kBq∙m-³. The exposure to radon of all charcoal
instruments starts at the same time. The instruments are taken out
from the calibration chamber at the end of the desired exposure time
(48 or 72 hours). After retaining the instruments they are closed
immediately, repacked and sent back to the participating laboratories.
The participating laboratories determine the values of the radon-222
activity concentration. The indicated values are reported to the BfS.
Exposure conditions for SSNTD and EIC
In table 4 exposure data for SSNTD and EIC for the intercomparison
of the year 2011 are summarised.
532
Table 4: Exposure conditions for instruments using solid state nuclear track detectors or electrets
in 2011
Exposure
group
Date
from - to
t
in
hours
CRn,Ref
in Bq·m-3
PRn,Ref
in kBq·h·m-3
U
in %
r.H.
in %
T
in °C
1
09.03. – 16.03.2011
169.5
1422
241
7
27
23
2
08.03. – 22.03.2011
344.0
5221
1796
7
26
23
3
08.03. – 16.03.2011
193.5
9555
1849
7
26
23
4
16.03. – 30.03.2011
332.3
9914
3294
7
24
24
CRn,Ref : Mean activity concentration of radon-222 during
exposure time t
PRn,Ref : Reference exposure to radon, calculated by
integrating the curve of radon-activity
concentration during exposure time t with 10minute time intervals
U:
Extended relative uncertainty of the radon
concentration resulting from the standard
uncertainty of measurement multiplied with a
coverage factor 2 (95% confidence interval)
r.H.:
Mean value of the relative humidity of reference
atmospheres
T:
Mean value of the temperature of reference
atmospheres
In figures 4 and 5 the time variation of radon activity concentrations
of the different reference atmospheres are plotted. The concentrations
are kept nearly constant.
533
Radon-Aktivitätskonzentration [Bq/m³]
Radon activity concentration
Referenzatmosphäre 3
Reference atmosphere 3
104
Referenzatmosphäre 2
Reference atmosphere 2
Referenzatmosphäre 1
Reference atmosphere 1
103
102
0
50
100
150
200
250
300
Expositionszeit [h]
Time of exposure
350
400
450
Radon-Aktivitätskonzentration [Bq/m³]
Radon activity concentration
Figure 4: Radon-222 activity concentrations versus time of exposure for exposure groups 1 to 3
Referenzatmosphäre 4
Reference atmosphere 4
104
103
102
0
50
100
150
200
250
300
Expositionszeit [h]
Time of exposure
350
400
450
Figure 5: Radon-222 activity concentration versus time of exposure for exposure group 4
534
Exposure conditions for instruments using activated charcoal
In table 5 exposure data for devices with activated charcoal
depending on the exposure duration t are summarised.
Table 5: Exposure conditions for instruments using activated charcoal in 2011
Number
Date
from - to
t
in hours
CRn,Ref
in Bq·m-3
U
in %
r.H.
in %
T
in °C
p
in hPa
F
fp
1
28.02. – 02.03.2011
48
2533
7
15
25
1035
0.4
0.07
2
28.02. – 03.03.2011
72
2547
7
15
25
1036
0.6
0.07
CRn,Ref : Mean activity concentration of radon-222 during
exposure time t
U:
Extended relative uncertainty of the radon
concentration resulting from the standard
uncertainty of measurement multiplied with a
coverage factor 2 (95% confidence interval)
r.H.:
Mean value of the relative humidity of reference
atmospheres
T:
Mean value of the temperature of reference
atmospheres
p:
Mean value of the air pressure
F:
Mean value of the equilibrium factor
fp:
Mean value of the unattached fraction
The flow speed was adjusted to a value of 12 cm∙s-1 and the degree of
turbulence to 0.8. In figure 6 the time variation of the radon-222
activity concentration is given.
535
Radon-Aktivitätskonzentration [Bq/m³]
Radon activity concentration
104
103
102
0
10
20
30
40
50
Expositionszeit [h]
Time of exposure
60
70
Figure 6: Radon-222 activity concentration versus time of exposure
Storage conditions
The parameters of the atmosphere in the storage room during
intercomparison 2011 are given in table 6.
Table 6: Parameters of the atmosphere in the storage room
CRn
inBq·m-3
5.3
CRn,EG
in Bq·m-
r.H.
in %
Ur.H.
in %
T
in °C
UT
in K
H * (10)
3
in nSv·h
in nSv·h-1
5
24
8
22.1
0.6
46.3
2.4
-1
U H * (10)
CRn is the mean radon activity concentration determined during the
storage of instruments in the air-conditioned storage room. CRn,EG is
the detection limit of the measuring system used for monitoring.
Furthermore, the mean value of relative humidity (r.H.), expanded
relative uncertainty of relative humidity Ur.H .(k=2), mean value of
temperature (T), and expanded relative uncertainty of temperature
UT (k=2) during the storage of instruments are given.
The parameter H * (10) is the mean ambient dose rate with the
expanded relative uncertainty U H * (10) (k=2).
536
Measurement results
This year 33 laboratories with 47 sets of passive radon measurement
devices (35 SSNTD, 7 EIC, 5 AC) participated. A total of 31 from
33 participating laboratories reported the measurement values of
42 exposed instrument sets. The reported values of each instrument
set were grouped according to their exposure group affiliation.
Results of SSNTD and EIC
For each instrument set the mean values and standard deviations of
the determined radon exposures were calculated for each exposure
group. If the values of the transit instruments were reported, than
their mean values and standard deviations were calculated. The mean
value of the transit group was not subtracted from the mean value of
the exposure group by BfS staff. It was the responsibility of the
participants to consider the transit background for the determination
of the indicated values of exposure. The mean value of the radon-222
exposure of each exposure group of the instrument set is compared
with the reference value of the corresponding radon-222 reference
exposure and the relative error is calculated. The relative error is the
difference between the mean value of exposure and the reference
exposure related to the reference exposure.
In the figures 7 to 10 the relative errors of the instruments using
nuclear track detectors or electrets in relation to the reference
exposures are given as boxplots. Within the boxes are 50 % of the
results. The ratio of exposure to radon measured and reference
exposure is assigned to the ordinate. Test code at abscissa means the
instrument type of one participating laboratory.
537
2,0
1,8
1,6
1,4
1,2
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
A2a
A2b
A3
A6
B1
B2
B4
B6
C1
D1
GA2
GA3
GB4
GA5
GB6
GA7
GA8
J1
K1
L1
L2
N1
N2
N3a
N3b
N3c
N3d
N4
N5
P1
P2
P4
S1
S2
T1
U1
V1
V2
Y1
Z1
Messgeräteanzeige/Referenzwert
Exposure to Radon measured/ Reference Exposure
Referenzexposition
Reference Exposure
241 kBq h/m³
Prüfcode
Test Code
Figure 7: Indication of the instruments using nuclear track detectors or electrets relative to the
reference exposure 241 kBq∙h∙m-3 , given as box plots [10] (within the boxes are 50 % of the
results), Test codes GAx and GBx: EIC, all other test codes: SSNTD
2,0
1,8
1,6
1,4
1,2
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
A2a
A2b
A3
A6
B1
B2
B4
B6
C1
D1
GA2
GA3
GB4
GA5
GB6
GA7
GA8
J1
K1
L1
L2
N1
N2
N3a
N3b
N3c
N3d
N4
N5
P1
P2
P4
S1
S2
T1
U1
V1
V2
Y1
Z1
Messgeräteanzeige/Referenzwert
Exposure to Radon measured/ Reference Exposure
Referenzexposition
Reference Exposure
1796 kBq h/m³
Prüfcode
Test Code
Figure 8: Indication of the instruments using nuclear track detectors or electrets relative to the
reference exposure 1796 kBq∙h∙m-3 , given as box plots [10] (within the boxes are 50 % of the
results), Test codes GAx and GBx: EIC, all other test codes: SSNTD
538
2,0
1,8
1,6
1,4
1,2
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
A2a
A2b
A3
A6
B1
B2
B4
B6
C1
D1
GA2
GA3
GB4
GA5
GB6
GA7
GA8
J1
K1
L1
L2
N1
N2
N3a
N3b
N3c
N3d
N4
N5
P1
P2
P4
S1
S2
T1
U1
V1
V2
Y1
Z1
Messgeräteanzeige/Referenzwert
Exposure to Radon measured/ Reference Exposure
Referenzexposition
Reference Exposure
1849 kBq h/m³
Prüfcode
Test Code
Figure 9: Indication of the instruments using nuclear track detectors or electrets relative to the
reference exposure 1849 kBq∙h∙m-3 , given as box plots [10] (within the boxes are 50 % of the
results), Test codes GAx and GBx: EIC, all other test codes: SSNTD
2,0
1,8
1,6
1,4
1,2
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
A2a
A2b
A3
A6
B1
B2
B4
B6
C1
D1
GA2
GA3
GB4
GA5
GB6
GA7
GA8
J1
K1
L1
L2
N1
N2
N3a
N3b
N3c
N3d
N4
N5
P1
P2
P4
S1
S2
T1
U1
V1
V2
Y1
Z1
Messgeräteanzeige/Referenzwert
Exposure to Radon measured/ Reference Exposure
Referenzexposition
Reference Exposure
3294 kBq h/m³
Prüfcode
Test Code
Figure 10: Indication of the instruments using nuclear track detectors or electrets relative to the
reference exposure 3294 kBq∙h∙m-3 , given as box plots [10] (within the boxes are 50 % of the
results), Test codes GAx and GBx: EIC, all other test codes: SSNTD
Results of instruments using activated charcoal
For each instrument set the mean value and standard deviation of
indicated radon-222 activity concentration are calculated. The
relative error is the difference between the mean value of the
indicated radon-222 activity concentration of the exposure group and
539
the reference value of radon-222 activity concentration CRn,Ref related
to CRn,Ref .
2,0
1,8
1,6
1,4
1,2
1,0
0,8
0,6
0,4
cB7
cB6
cB3
0,0
cB2
0,2
cA2
Messgeräteanzeige/Referenzwert der Radon-222-Aktivitätskonzentration
Indicated value/ Reference value of radon-222 aczivity concentration
In figure 11 the indications of the radon measurement devices with
activated charcoal in relation to the reference radon-222 activity
concentration are given as boxplots. Within the boxes are 50 % of the
results. The ratio of exposure to radon measured and reference
exposure is assigned to the ordinate. Test code at abscissa means the
instrument type of one participating laboratory. The devices with test
code cA1 are of type PicoRad® and test codes cBx comprise
charcoal canisters with a diameter of about 10 cm and a height of
about 3 cm. The set with test code cA1 was exposed for 72 hours, all
others were exposed for 48 hours.
Prüfcode
Test Code
Figure 11: Indication of the instruments using activated charcoal as detector relative to the
reference exposure, given as box plots [10] (within the boxes are 50 % of the results), Test code
cA1: type PicoRad®, test codes cBx: charcoal canister (diameter 10 cm)
540
Conclusions
In general, results of most of the participating laboratories are in
good agreement with the reference exposures, independently on the
device type (see figures 7 to 11).
Neither an official appraisal of results nor ranking of laboratories are
applied. The BfS Interlaboratory Comparison for Passive Radon
Measurement Devices provides an opportunity to test passive radon
measurement devices under laboratory conditions with reference
values, which are traced back to the National standard. It is the
responsibility of each participant to judge the outcome of the
comparison and to draw their own conclusions for their further work.
For the quality assurance of individual radon measurements it is
expected [11] that a single measurement value shall deviate maximal
± 20 % from a reference value above a radon exposure of
approximately 3000 kBq∙h∙m-³, if the measurement services control
their processes carefully and operate an effective quality
management system. For a reference value less than 650 kBq∙h∙m -³ a
single measurement value shall not under- or over-estimate the
reference value by a factor in the range 0.5 to 1.5 [11].
The performance of some of the measurement systems with
unexpected large relative errors could be improved by re-calibration.
In any case, the participating measurement services fulfil the
requirement to validate their measurement method for the
determination of radon-222 activity concentration in accordance with
EN ISO/IEC 17025.
A comprehensive report on the intercomparison 2011 is in
preparation and will be published at BfS website
http://www.bfs.de/de/ion/radon/Fachinfo_messung/vergleichspruefu
ngen.html.
541
References
[1] Hamel, P., Schmidt, V.,
The Calibration Laboratories for the Measurement of Radon and short-lived Radon
Decay Products at the Federal Office for Radiation Protection (BfS), Kerntechnik
66 (2001), no. 4, pp. 202-205
[2] Beck, T.R., Buchröder, H.; Schmidt, V.,
Performance Tests for Instruments Measuring Radon Activity Concentration,
Applied Radiation and Isotopes 67 (2009), issue 5, pp. 876-880, doi:
10.1016/j.apradiso.2009.01.049
[3] http://www.bfs.de/en/ion/radon/fachinfo_messung/service.html
[4] Beck, T. R.; Buchröder, H.; Foerster, E.; Schmidt, V. ,
Interlaboratory Comparisons for Passive Radon Measuring Devices at BfS,
Radiation Protection Dosimetry, 125 (2007), pp. 572-575, doi: 10.1093/rpd/ncm201
[5] Beck, T.R.; Buchröder, H.; Döring, J.; Foerster, E.; Schmidt, V.,
Messgeräte zur Bestimmung der Radon-Aktivitätskonzentration oder der
Radonexposition - Vergleichsprüfung 2010, BfS-SW-08/10, Bundesamt für
Strahlenschutz, Salzgitter, 2010,
urn:nbn:de:0221-201008113016
[6] http://www.bfs.de/en/ion/radon/fachinfo_messung/vergleichspruefungen.html
[7] EN ISO/IEC 17025:2005, General requirements for the competence of testing
and calibration laboratories
[8] DAkkS-DKD-3,
Angabe der Messunsicherheit bei Kalibrierungen, 2010, Deutsche
Akkreditierungsstelle GmbH, Braunschweig, -German translation of publication
EAL-R2 „Expression of the Uncertainty of Measurement in Calibration“
[9] ISO/IEC Guide 43-1, 1997, Proficiency testing by interlaboratory comparison,
Part 1: Development and operation of proficiency testing schemes
[10] Sigmaplot® 9, Systat Software Inc., California
[11] Beck, T.R., Schwedt, J., Hamel, P.,
Quality assurance of individual radon measurements, Radioactivity in the
environment, volume 7, pp. 731-739, Elsevier Ltd., 2005
542
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE DEL RISCHIO:
ASPETTI PSICOSOCIALI
B. Zani
Facoltà di Psicologia, Università di Bologna
1. DEFINIZIONI
Per comunicazione del rischio si intende “lo scambio di
informazioni e di valutazioni sul rischio tra gli esperti, le
pubbliche amministrazioni, i mass media, i gruppi di interesse ed i
cittadini, finalizzato ad aiutare a prendere decisioni circa
l‟accettare, ridurre od evitare il rischio” (Leiss, 1996).
Rientra quindi tra le comunicazioni di tipo tecnico o scientifico, che
hanno lo scopo di informare, educare o persuadere i riceventi, ma
con una differenza sostanziale, legata all‟incertezza associata a un
possibile esito negativo. Inoltre gli scopi di tale tipo di
comunicazione possono essere molto diversi tra loro: motivare le
persone ad adottare determinate precauzioni, stimolare la
popolazione a raggiungere un determinato consenso rispetto a
decisioni da prendere, tranquillizzare rispetto a un rischio o al
contrario allertare i destinatari, sollecitando un adeguato grado di
preoccupazione e di azione. La scelta di comunicare il rischio può
dipendere, in qualche caso, anche da ragioni non strettamente legate
alla gestione del rischio, come ad esempio i vincoli normativi .
La definizione di Leiss, consensualmente accettata è l‟esito di una
evoluzione della concezione di comunicazione dall‟essere
considerata
un‟attività
di
persuasione,
prevalentemente
unidirezionale, centrata sul messaggio, rivolta ad uno o più
destinatari ad una concezione più dinamica e interattiva, che vede la
comunicazione come processo di scambio, tra più attori, centrato sul
contenuto e sul rapporto tra le parti, collocato culturalmente. Questa
diversa concezione della comunicazione ha portato a riconsiderare il
543
ruolo delle variabili in gioco nel processo di comunicazione del
rischio. L‟attenzione iniziale al contenuto e alla forma del messaggio
si è spostata e allargata agli attori e al loro ruolo attivo nel processo
di comunicazione del rischio. Questo ha messo la fiducia al primo
posto tra i principi guida della comunicazione del rischio (Albanesi ,
Pietrantoni, Zani, Cicognani, Prati, Porretta, 2011)..
2. MODELLI DI COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
Un modello processuale che ha enfatizzato il ruolo attivo giocato
dagli attori nel processo di comunicazione del rischio è stato
elaborato da Kasperson e collaboratori, che hanno enfatizzato il
potenziale di amplificazione/attenuazione del rischio delle “stazioni
sociali” coinvolte nel processo di comunicazione . Il modello
chiamato dell‟amplificazione sociale del rischio (SARF, Kasperson
J.X., Kasperson R.E., Pidgeon, Slovic, 2003) si propone di
descrivere il processo di diffusione di un determinato rischio in una
comunità. Parte dal presupposto che, una volta costruito il rischio, si
può assistere a fenomeni di una sua amplificazione o attenuazione.
Secondo questo modello, l'impatto di una notizia negativa (per
esempio un incidente) non si limita a coinvolgere solo i diretti
interessati, ma può dar luogo a un processo di amplificazione, simile
a quello che si osserva gettando un sasso in un lago: le onde
concentriche che si generano all‟inizio sono di piccole dimensioni
ma poi, man mano che si allontanano dal punto di inizio, si allargano
ingigantendosi. In altri casi, si può assistere invece ad una
sottovalutazione del rischio che porta, ad esempio, le persone a non
prendere precauzioni o a non adottare stili di vita più sani, mettendo
in pericolo la propria incolumità o salute (Zani e Cicognani, 2000). Il
modello, quindi, si propone di spiegare come mai alcuni rischi,
giudicati molto bassi secondo gli esperti, diventano di grande
interesse per una comunità (amplificazione del rischio) e come mai,
al contrario, altri rischi giudicati dagli esperti più gravi non
attraggono l‟attenzione del pubblico 8attenuazione del rischio). La
risposta fornita dagli autori è basata sulla presenza di stazioni di
544
amplificazione,cioè persone, gruppi sociali, organizzazioni,
istituzioni e mass media che ricevono, generano, interpretano e
trasmettono le informazioni su un determinato rischio.
L‟amplificazione e l‟attenuazione sono, così, il frutto dei diversi
processi sociali che sottostanno dinamicamente alla percezione e
comunicazione del rischio (Prati e Pietrantoni, 2011).
Un altro modello processuale, messo a punto dal Center of Desease
Control di Atlanta (USA), ha posto l‟attenzione non tanto al ruolo
attivo in termini di amplificazione o attenuazione del rischio, ma
piuttosto alle diverse necessità comunicative che accompagnano lo
sviluppo di una crisi,specie in ambito sanitario, considerando che
Una che anche il processo comunicativo evolve in relazione
all‟evoluzione della crisi. Il modello è articolato in 5 fasi a cui
corrispondono a differenti bisogni informativi e obiettivi
comunicativi.
Durante la fase di pre-crisi le attività di promozione della salute e di
comunicazione del rischio sono adeguate sia per educare il pubblico
su pericoli potenziali, sia per incoraggiare il pubblico ad adottare
comportamenti volti a ridurre il rischio.
• Nella fase di crisi iniziale la pressione temporale è maggiore ed è
necessario comunicare tempestivamente e in modo diretto, in
particolare con coloro che sono personalmente coinvolti. La
comunicazione deve rispondere anche al bisogno del
grande pubblico di avere informazioni essenziali, di solito attraverso
i mass media, che garantiscano una comprensione di base di ciò che
sta accadendo e permettano di agire in modo adeguato. Le persone,
siano esse direttamente o indirettamente coinvolte, in assenza delle
informazioni di base possono facilmente agire aggravando il rischio.
• Nella fase di mantenimento, occorre fornire informazioni su come
ridurre il rischio e su dove rivolgersi in caso di bisogno, ridurre le
ansie di coloro che tendono a preoccuparsi troppo benché non
direttamente coinvolti (es., persone che finiscono per intasare i
pronto soccorsi o gli studi medici pur non facendo parte dei gruppi a
rischio).
• Le fasi di post-crisi sono quelle in cui hanno luogo la risoluzione e
la valutazione. In assenza di minaccia, la comunicazione è
focalizzata su ciò che si è appreso in termini di comprensione del
545
rischio e sulla definizione di politiche pubbliche per la riduzione di
rischi futuri. Il pubblico e i media, invece, possono interrogarsi su
errori e responsabilità legati alla gestione del processo nel suo
complesso.
FASE INIZIALE
PRECRISI




Essere preparati
Stringere
alleanze
Sviluppare
raccomandazioni
consensuali
Verificare i
messaggi





Riconoscere la
portata dell’evento
e le preoccupazioni
del pubblico
Spiegare ed
informare il
pubblico sul rischio
utilizzando la
forma più semplice
possibile
Scegliere un
rappresentante
istituzionale
credibile
Offrire indicazioni
sul da farsi
(compreso come e
dove trovare altre
informazioni)
Impegnarsi a
continuare la
comunicazione con
gli stakeholders e
con il pubblico
MANTENIMENTO






Aiutare il pubblico a
comprendere
maggiormente i propri
rischi
Fornire informazioni di
base comprensibili a chi
ne ha bisogno
Favorire la
comprensione e il
sostegno ai piani di
intervento proposti
Ascoltare il feedback
degli stakeholders e del
pubblico e correggere la
disinformazione
Spiegare le
raccomandazioni di
emergenza
Migliorare la capacità di
valutare rischi/benefici
e prendere decisioni in
merito
VALUTAZIONE
RISOLUZIONE




Insegnare
attraverso
l’educazione
risposte
appropriate per
emergenze
future
Esaminare
onestamente le
criticità
dell’attuazione
dei piani di
intervento e
consolidarne gli
aspetti positivi
Persuadere il
pubblico a
sostenere le
policy adottate
anche mettendo
a disposizione
risorse
Promuovere le
attività e
l’immagine dell’
istituzione



Valutare la
performance
del piano
comunicativo
Documentare
ciò che si è
imparato
Stabilire
azioni
specifiche
volte a
perfezionare
il piano e i
sistemi di
gestione della
crisi
Tab. 1 Il modello “Crisis and Emergency Risk Communication” (CERC) Fonte: Centre for
Disease Control and Prevention (2002)
3. UN ASPETTO CENTRALE: LA FIDUCIA
Focalizziamo la nostra attenzione sulla fase iniziale della crisi che
risulta strategica in relazione all‟evoluzione successiva della
comunicazione. E riportiamo l‟attenzione a 3 principi
Tempestività/trasparenza/credibilità, il rispetto dei quali garantisce
l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra comunicatori e i loro
destinatari. La fiducia è conditio sine qua non per un‟efficace
comunicazione del rischio.
Già gli studi sulla comunicazione persuasiva della scuola di Yale
avevano dimostrato che ci sono due caratteristiche della fonte che
influenzano l‟efficacia comunicativa del messaggio: il livello di
expertise e la sincerità. Una fonte molto esperta può essere giudicata
meno credibile se ne vengono percepiti degli intenti manipolativi,
546
mentre se la fonte sembra agire per tutelare gli interessi altrui è
giudicata più credibile.
La fiducia rappresenta il principale mediatore del processo di
comunicazione del rischio, modula il rapporto tra gli attori in gioco e
il modo in cui vengono recepiti/interpretati i contenuti di un
messaggio.
Oggi si registra un calo notevole di fiducia da parte della popolazione
nei confronti delle fonti esperte e delle istituzioni pubbliche, in
primis i politici. Le ragioni sono note rimandano a due componenti
della credibilità: la convinzione che le persone, anche nei ruoli
istituzionali, tutelino interessi di parte; la difficoltà a destreggiarsi in
una realtà a più voci, da parte di tecnici e scienziati, dovuto al mutare
continuo dei progressi della ricerca scientifica, con risultati non
univoci. Le persone, specie quando le fonti di informazione sono
molteplici e divergenti, tendono a fidarsi maggiormente di quelle che
esprimono valori coerenti con i propri, resi salienti dalla situazione
specifica.
La fiducia rappresenta un elemento critico per accettare le strategie
di mitigazione del rischio proposte da un‟organizzazione, in
particolare quando il rischio non è direttamente sotto il controllo
degli individui. Spesso di fronte ad una situazione controversa e
complessa, le persone adottano i comportamenti di coloro che
sentono più vicini, di cui si fidano e che rispecchiano i propri valori e
le proprie credenze: i genitori, ad esempio, in assenza di indicazioni
precise del pediatra, possono decidere di vaccinare i loro figli in età
prescolare confrontandosi con gli amici che hanno bambini piccoli.
I fattori che incidono sulla fiducia sono diversi in condizioni
di bassa o elevata preoccupazione dei cittadini verso il rischio
oggetto di attenzione (Covello, 2009): . In condizioni di bassa
preoccupazione da parte dei cittadini, il fattore più importante è la
competenza percepita della fonte. Invece, in condizioni di elevata
preoccupazione diventa determinante la capacità di ascoltare e di
mostrare empatia (importanza del 50%), mentre la competenza o
expertise diventa meno rilevante (importanza del 15-20%). Anche
altri fattori come onestà e trasparenza, capacità di rendere conto delle
proprie azioni (accountability), impegno, dedizione e imparzialità
sono importanti.
547
Si evince che nelle situazioni più critiche, è fondamentale che il
comunicatore istituzionale sappia mostrare empatia, nel senso di
mettersi nella posizione del proprio interlocutore e cercare di
comprenderla, senza per questo necessariamente condividerla o
sperimentarla
Nella tabella 2, sono riportate le indicazioni più rilevanti di
Lundgren Mcmakin (2009) Bennet, Calman , Curtis e Smith (2010),
Bevitori (2004) Sellnow,Ulmer, Seeger e Littlefield (2009), relative
ai comportamenti da evitare e a quelli da incoraggiare rispetto sia
agli aspetti di processo di comunicazione del rischio (il come) , sia
agli aspetti di contenuto (il cosa).
COSA NON FARE








COSA FARE
Aspetti di processo
Ignorare il pubblico

Considerare il punto di vista del
pubblico, i valori che esprime e le
Trascurare i suggerimenti e le
sue credenze.
preoccupazione
degli
stakeholders

Fare attenzione al livello di
preoccupazione percepita
Mettersi sulla difensiva
Esprimere empatia rispetto alle
Agire in modo da tutelare i 
posizioni del pubblico
propri interessi piuttosto che
quelli del pubblico

Essere aperti; spiegare perchè e in
che modo si è deciso di adottare
Agire in ritardo
quella particolare strategia di
prevenzione del rischio

Considerare interessi e motivazioni
del pubblico

Fornire le informazioni di cui si
dispone in modo tempestivo
Aspetti di contenuto
Mentire

Essere onesti; chiarire i limiti delle
proprie informazioni e conoscenze
Omettere informazioni
Fornire le informazioni di cui si è in
Divulgare informazioni non 
possesso; evitare un linguaggio
supportate da dati
eccessivamente tecnico che non
favorisce la comprensione del
contenuto

Fornire dati empirici a supporto
delle informazioni che vengono
diffuse
Tab. 2. Cosa fare e cosa non fare per rafforzare la fiducia
Ricordiamoci anche, come suggerito da Slovic (2000) che in base al
principio di asimmetria sono necessari più sforzi e più tempo per
548
costruire la fiducia che per distruggerla. Riguadagnare fiducia, una
volta che questa sia stata perduta, non è semplice. Tuttavia, sia
quando la perdita o il decremento di fiducia sono imputabili a
responsabilità dell‟organizzazione, sia a eventi esterni (un incidente
di cui non si ha alcuna responsabilità, “l‟accanimento” dei media), si
possono mettere in atto tre strategie:
1. assumere le proprie responsabilità sia rispetto a ciò che è stato
fatto, sia a ciò chenon è stato fatto; 2. chiedere scusa per i propri
errori;
3. mostrare, dati alla mano, l‟impegno profuso nel passato e
l‟investimento sul futuro.
La credibilità di una organizzazione è strettamente correlata alla
tempistica con la quale si comunica il rischio. Il principio di
precauzione suggerisce che quando il rischio è potenzialmente grave,
anche a fronte di un‟incompleta valutazione dello stesso, è opportuno
intervenire tempestivamente.
Tuttavia vi può essere la tentazione da parte delle istituzioni di
aspettare a comunicare il rischio per: il timore di creare un allarme
ingiustificato o il bisogno di avere ulteriori prove. In realtà vi sono
sia ragioni pratiche che ragioni etiche per comunicare il rischio da
subito: sul piano etico, le persone hanno diritto di essere informate
sui rischi che le riguardano; inoltre fornire informazioni tempestive
può evitare che la stessa situazione si produca in un altro contesto.
Sul piano pratico, se il pubblico avrà la percezione che
l‟informazione è stata “trattenuta” o occultata, sarà pieno di
risentimento, probabilmente sovrastimerà il rischio e sarà meno
disponibile ad accogliere la comunicazione e a fidarsi di chi la
propone. Il caso dell‟Uranio impoverito ha rappresentato un esempio
emblematico di questa situazione.
4. CARATTERISTICHE DEL PROCESSO COMUNICATIVO:
IL MESSAGGIO E I DESTINATARI
La comunicazione è un atto cooperativo fondato su due principi
fondamentali: il principio di pertinenza, in base al quale si deve dare
un contributo nel momento opportuno come richiesto dagli scopi del
discorso in cui si è impegnati, e il principio di cooperazione, in base
549
a cui chi comunica, per il solo atto di comunicare, assume
implicitamente di avere qualcosa da dire (Rumiati e Lotto, 2007).
Un messaggio per essere efficace deve essere basato sulla
conoscenza delle preoccupazioni comuni ai diversi stakeholders
(pubblico, esperti, tecnici e dovrebbe utilizzare uno schema di
message mapping. (Centre for Disease Control and Prevention,
2011).
Le preoccupazioni più importanti, una volta individuate, devono
essere tradotte in domande:, facendo uso di un linguaggio semplice e
mirato, tecnico (ma non tecnicistico). Il messaggio a sua volta
dovrebbe comporsi di tre parti: la prima deve contenere una
dichiarazione delle preoccupazioni, una descrizione chiara delle
attività, degli scopi e dell‟impegno dell‟organizzazione e una
dichiarazione degli obiettivi della comunicazione; la seconda deve
sviluppare i messaggi chiave, in un massimo di tre punti principali
che includono anche le informazioni a supporto dei messaggi chiave.
Infine, la terza parte deve prevedere una dichiarazione riassuntiva di
quanto affermato.
Covello (2009), inoltre, suggerisce che per essere efficace la
comunicazione deve contenere un numero di messaggi positivi
(orientati alla soluzione del problema) pari o superiori a quelli
negativi per controbilanciarne l‟effetto, in quanto: è dimostrato che le
informazioni negative hanno un impatto maggiore e suscitano una
maggiore attenzione rispetto alle informazioni positive.
Nella comunicazione del rischio, si tratta spesso di comunicare
l’incertezza. Soprattutto nelle scelte importanti per la salute, le
decisioni spesso vengono prese sulla base di conoscenze imprecise e
incomplete: di qui l‟importanza di ridurre le incertezze attraverso la
semplificazione, l‟osservazione degli, lo studio delle probabilità e la
costruzione di modelli di previsione. Questa consapevolezza sembra
accomunare esperti, tecnici e persone comuni, tanto che se la gente
chiede sicurezza al 100%, dunque senza margine di errore,
probabilmente ciò accade non perché sta mettendo in discussione i
dati e la loro scientificità, ma perché si interroga sul processo di
costruzione della conoscenza, sui modi che l‟hanno sostenuta e sui
valori dell‟organizzazione che la comunica. La cosa migliore di
fronte a un dato mancante, è ammettere onestamente che ci sono cose
550
non note, rassicurando, al contempo, che si sta facendo quanto è
possibile per riempire le lacune nelle conoscenze attuali. L‟onestà,
l‟ammissione dei limiti della conoscenza e della ricerca scientifica,
comunicata apertamente, favorisce l‟instaurarsi di una relazione di
fiducia con l‟interlocutore.
La storia della comunicazione del rischio per lungo tempo è
stata dominata prima dall‟attenzione al contenuto del messaggio, poi
alle forme di comunicazione (persuasiva) del messaggio e solo più
recentemente alla prospettiva dei destinatari e del suo ruolo nella
costruzione degli scambi comunicativi (Morgan, Fischhoff.,
Bostrom, Atman, 2002).
Partner, stakeholders, parti sociali sono termini che indicano
la complessità del rapporto con parti terze (rispetto al comunicatore
istituzionale e al pubblico generale). Ci si riferisce con questi termini
ai media, alle organizzazioni che a vario titolo fanno comunicazione
del rischio nell‟ambito delle loro attività nel privato sociale (ONG,
associazioni di volontariato, culturali, ambientali), le organizzazioni
che sono nate per difendersi dal rischio, e sono diventate, magari
senza una volontà precisa in tale senso, strategiche sul piano della
comunicazione. Poi ci sono tutte le altre organizzazioni/ istituzioni
che si occupano di gestione del rischio nel settore pubblico e privato.
Un panorama variegato, complicato dal fatto che in relazione al tipo
di rischio, queste parti terze si moltiplicano, specie quando sono in
ballo interessi politici ed economici (pensiamo ad esempio alla
produzione di energia, o allo stoccaggio di rifiuti).
La moltiplicazione degli stakeholders è l‟esito di un duplice
processo: da un lato l‟aumento della domanda di partecipazione
diretta dei cittadini alle scelte delle amministrazioni locali
(Lombardi, 1997), dall‟altro il riconoscimento del loro ruolo
strategico, che ha reso necessario incrementarne la consultazione e
favorirne il coinvolgimento. Una sorta di circolarità virtuosa che ha
conferito anche maggiore identità agli attori in gioco.
551
5.
PIANIFICARE
COMUNICATIVO
E
VALUTARE
IL
PROCESSO
Comunicare il rischio significa fronteggiare la complessità: ci si
confronta con una pluralità di destinatari e stakeholders, di idee,
percezioni e rappresentazioni diverse dei problemi e delle soluzioni;
si devono costruire i messaggi tenendo conto dei processi psicologici
che sottendono l‟elaborazione delle informazione, prestando
attenzione al linguaggio, alla forma, al contenuto; si devono adattare
i messaggi a diversi veicoli di comunicazione; si deve lavorare con i
mass media e si devono fare scelte tenendo conto di diritti e interessi
diversi. Senza un attento lavoro di pianificazione, nessuna di queste
attività potrà riuscire bene. La valutazione oltre a dirci se alla fine
siamo riusciti nel nostro intento, ci può aiutare nel lavoro di
pianificazione. Pianificare e valutare possono essere considerate le
due facce di uno stesso processo, indispensabili alla comunicazione.
Nell‟ambito della pianificazione strategica si dice che
programmazione e gestione diventano momenti di un unico agire,
suggellato da una terza parola-chiave, che è quella della valutazione.
L‟agire di cui si parla è costituito fondamentalmente da prendere
decisioni: si fa pianificazione (strategica) per prendere decisioni
migliori e migliorare la gestione del rischio. La buona
comunicazione, si potrebbe dire, è il mezzo (importante) ma non il
fine. Tutte le attività di comunicazione istituzionale (informare, dare
indicazioni sulle misure precauzionali da adottare, rispondere alle
preoccupazioni del pubblico, individuare gli stakeholders e stabilire
rapporti di collaborazione con loro) richiedono molteplici decisioni e,
cosa molto importante, devono essere coordinate tra loro. Questo
suggerisce da subito alcuni punti fermi sulla pianificazione:
l‟investimento di risorse umane e materiali, una buona attività di
coordinamento, formazione e lavoro in team. Il gruppo e il
coordinatore devono definire gli obiettivi del piano di
comunicazione, stabilire come raggiungerli (strategie e azioni) e
fissare metodi e strumenti per misurarli. Un aspetto centrale del
piano di comunicazione riguarda l‟attribuzione di compiti e
responsabilità: devono essere chiari, altrimenti la macchina
organizzativa si inceppa.
552
Predisporre il piano significa anche predisporre gli strumenti per la
sua valutazione, distinguendo ciò che viene fatto/valutato prima,
durante e dopo la realizzazione delle attività del piano.
La valutazione ex ante. Si riferisce all‟analisi fatta preliminarmente
alla stesura di un piano di comunicazione. Serve a rilevare la
coerenza complessiva del piano, a identificare i servizi, le istituzioni,
i gruppi che rivestono un ruolo di potenziali stakeholders e conoscere
le loro opinioni, i loro bisogni informativi. In questa fase può essere
utile protestare i messaggi, per vedere come le persone reagiscono al
contenuto e ai diversi tipi di strumento informativo proposti, prima
della loro diffusione
Valutazione in itinere. Consente di capire se il piano di
comunicazione sta andando nella direzione desiderata. Si avvale di
questionari, interviste individuali e di gruppo con i destinatari della
comunicazione, gli operatori, e gli stakeholders coinvolti. Può dare
informazioni sui punti di forza e di criticità delle strategie adottate
(perché la comunicazione sta oppure non sta funzionando), sul grado
di copertura (la comunicazione raggiunge oppure non raggiunge i
target previsti). Anche l‟analisi della stampa può rivelarsi utile per
capire l‟andamento della percezione del rischio e ricavare feedback
sulle strategie comunicative messe in atto. Questo tipo di
valutazione, che ha luogo mentre il piano di comunicazione è in
corso, è molto importante, dal momento che permette di introdurre
correttivi alle attività che vengono ritenute insoddisfacenti o
inefficaci.
La valutazione ex post (o sommativa). È la valutazione comunemente
intesa e mira a indagare quali risultati sono stati raggiunti. Sono
particolarmente importanti rispetto a un piano di comunicazione del
rischio, la misurazione dell‟efficacia, ovvero la capacità di ottenere i
risultati attesi (cambiamento di atteggiamenti; acquisizione di
conoscenze e di abilità; riduzione/incremento di specifici
comportamenti) e la misurazione dell‟impatto,ovvero la capacità
della comunicazione di incidere sul bisogno di partenza (es., ridurre
l‟esposizione al rischio).
Per concludere, vale la pena ricordare le sette regole cardinali per la
comunicazione del rischio proposte da Covello e Allen (1988):
553
1. Accettare e coinvolgere il pubblico come partner legittimo
2. Programmare con cura e valutare gli sforzi
3. Ascoltare le preoccupazioni specifiche del pubblico
4. Essere chiari, franchi e aperti
5. Coordinarsi e collaborare con altre fonti credibili
6. Andare incontro alle esigenze dei mezzi di comunicazione
7. Esprimersi chiaramente e con sensibilità
Come si vede sono regole chiare, molto conosciute e apparentemente
banali: tuttavia spesso sono ancora disattese: il caso “uranio
impoverito”, da noi analizzato in modo approfondito (Cicognani,
Prati, Zani, 2011),.mostra quanto in realtà sia difficile osservare
queste “semplici” raccomandazioni e come la violazione di alcuni
principi abbia “incrinato” la fiducia nella comunicazione
.istituzionale.
È mancata totalmente la comunicazione preventiva e si è lasciato
che i media creassero un caso a partire dal racconto delle storie dei
militari malati e sopravvissuti. Il vuoto della comunicazione
istituzionale è stato infatti riempito dalla comunicazione mediatica:
che ha fatto nascere “il caso uranio impoverito”. L‟informazione da
parte dei mass media segue le proprie regole: ci sono le inchieste e le
trasmissioni di approfondimento, ma si enfatizza la comunicazione
allarmistica,specie quella destinata al grande pubblico, come
testimonia un giornalista da noi intervistato. Il processo di
amplificazione sociale del rischio si è innestato sulla densità emotiva
della comunicazione, sulla paurosità del rischio uranio e sulla sue
diverse rappresentazioni sociali. A questo punto la comunicazione
istituzionale è risultata “emergenziale”, per lo più orientata alla
rassicurare. La rassicurazione però è stata prevalente
sull‟informazione, andando a minare la percezione di trasparenza e di
onestà del comunicatore istituzionale, con un effetto retroattivo
potente anche rispetto allo scopo della rassicurazione
Le istituzioni non sono riuscite a far valere la loro credibilità: la
pressione temporale e mediatica ha condizionato la capacità delle
fonti di presentarsi in modo autorevole, di dare informazioni chiare e
complete sul modo in cui si era arrivati a produrre certi risultati e a
formulare determinate conclusioni. L‟esperto, pur riconoscendo la
554
possibilità degli interlocutori di ascoltare “selettivamente”, ammette
gli errori, in particolare l‟incapacità di comunicare l‟incertezza.
L‟effetto è stato critico anche perché le istituzioni sono state
accusate di farsi carico dei propri interessi di parte, e di non tutelare
quelli delle persone coinvolte. I militari si sono sentiti traditi, hanno
continuato a chiedersi “Come potevano non sapere? Perché non ci
hanno avvisato?”La comunicazione si è fatta poco carico delle
preoccupazioni dei militari e del personale impegnato nelle missioni
di pace, nella convinzione che fornire numeri cifre e dati potesse
bastare a rassicurarli. Il risultato è stato che i militari si sono sentiti
doppiamente traditi. La presenza di informazioni divergenti prodotte
da fonti diverse ha ridotto ulteriormente la credibilità delle
istituzioni, in particolare tra i militari. Se ci fossero state convergenze
tra le informazioni prodotte da fonti diverse o fossero state istituite
parti terze in grado di verificare l‟attendibilità delle informazioni
prodotte, la credibilità istituzionale ne avrebbe beneficiato.
Il caso Uranio è emblematico dell‟importanza della fiducia nella
comunicazione istituzionale. Segnale errori da evitare e conferma
l‟utilità di alcuni criteri e strategie da adottare nella comunicazione.
Tra gli aspetti fondamentali vale la pena ricordare quelli legati ai
contenuti dei messaggi: chiarezza, esaustività, rispetto per il proprio
interlocutore, ammissione del limiti delle proprie conoscenze
rafforzano la dimensione fiduciaria del rapporto tra i comunicatori
istituzionale e i loro interlocutori.
555
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.
556
AIRP - CONVEGNO NAZIONALE DI RADIOPROTEZIONE 12 - 14 OTTOBRE 2011
AUDITORIUM NICOLA CALIPARI, PALAZZO TOMMASO CAMPANELLA - REGGIO CALABRIA
CODICE AGENAS 1031-15033– CODICE ISBN 978-88-88648-29-3
EXISTING EXPOSURE SITUATIONS: A NEW
CHALLENGE IN RADIATION PROTECTION
CONCERNING ENVIRONMENTAL IMPACTS OF
RADIOACTIVITY AND ASSOCIATED RISKS
C. Murith
Swiss Federal Office of Public Health (OFSP), 3003 Berne
1.
Introduction
Existing exposure situations open new challenges in radiation
protection; the protection of the public against indoor exposure to
natural sources of radiation and the protection of affected populations
against exposure to artificial sources of radiation in contaminated
areas resulting from either a nuclear accident or a radiation
emergency are particularly concerned.
Recent knowledge concerning radon risk and post accident
consequences of Fukushima are two events which oblige radiation
protection to re-examine paradigms concerning the long term
strategies to be developed to control the environmental impact of the
radioactivity in question and to reduce the associated risks from a
public health perspective. The object of this paper consists in
indicating updated approaches at international level as well as
ongoing reflections in Switzerland to take up these new challenges.
2.
Radon risk management
Based upon a review of epidemiological studies of underground
miners and worldwide residential-case control studies the
International Commission on Radiological Protection (ICRP)
adopted a statement on radon summarizing its updated position on
radon exposure at home and in workplaces, with revisited risk
557
detriment values and reference levels (ICRP, 2009). The
Commission findings are consistent with the estimates of the United
Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation
(UNSCEAR, 2006) and with the handbook published by the World
Health Organization dealing with indoor radon exposure from a
public health perspective (WHO, 2009). The new situation can be
summarize as follows:




An excess relative risk (ERR) of 16% per 100 Bq/m 3 may be
considered as a reasonable estimate for risk management
purposes at relatively low and prolonged radon exposures in
homes, considering that the risk is linked to an exposure
period of at least 25 years;
The risk is about 25 times higher for smokers than for nonsmokers;
Radon is the second most important cause of lung cancer
after smoking;
Radon is one of the main sources of radiation exposure; with
an increase in effective dose per unit exposure of around a
factor of two, radon represents for example more than 50%
of the average annual dose to the public in Switzerland.
According to the updated knowledge, the International Atomic
Energy Agency (IAEA) and the European Commission (EC) initiated
a revision of their Basic Safety Standards (BSS) in which the
requirements on radon exposure management were consolidated.
The next two paragraphs present on one hand the main points that
meet international consensus to define and implement an effective
radon strategy based on both ambition and realism and on the other
hand the measures and objectives of the Swiss national radon action
plan 2012-2020 accepted by the Federal Council on May 25, 2011 to
manage long term risks from radon exposures.
558
MAIN POINTS TO FIGHT AGAINST RADON AT
INTERNATIONAL LEVEL
In the new context ICRP decided to mandate a task Group (TG81) to
provide an updated guidance against radon exposure describing and
clarifying the application of its system to the protection of the
members of the public and the workers against radon 222 and radon
220 exposures in dwellings, workplaces and other types of locations
according to the three radiation protection principles:
- Justification of protection strategies:
1. Radon exposure is a significant source of exposure;
2. Radon exposures can be controlled ;
3. Radon policy may have positive consequences on the
overall indoor air quality;
4. Radon strategies should address both smokers and
non smokers together.
- Optimization of protection for all buildings in a graded
approach :
1. Radon exposures in dwellings and workplaces have
the characteristics of existing exposure situations
excepted in mines where the control of workers‟
radon exposure is managed as for a planned exposure
situation;
2. On the basis of the 10 mSv per year value, ICRP
recommends 300 Bq/m3 as the upper value of the
reference level for concentration of radon gas in
dwellings and mixed-use buildings with access for
both members of the public and workers;
3. A national action plan should be established by
national authorities with the involvement of relevant
interested parties in order to frame the
implementation of the national radon protection
strategy in dwellings, places open to the public and
workplaces ;
4. The optimization process should include a prevention
part for new buildings and for renovation of old
buildings (building codes, coherence with energy
559
saving policy…) and mitigation part for existing
buildings (radon prone area identification, methods
for measurements and mitigation, information and
training of concerned parties).
- Limitation for planned exposure situations:
1. According to the principle of limitation an upper
value of the tolerable risk for occupational exposure
(on the order of 20 mSv per year, possibly averaged
over 5 years) should not be exceeded;
2. The ICRP will published revised dose coefficients for
the radon inhalation for different reference conditions
of occupational exposure situations using biokinetic
and dosimetric models like for the other
radionuclides (Task Group TG 64).
To implement the new system of Radiological Protection (ICRP,
2007) in the radon policy according to the principles just mentioned
above, the BSS of the European Commission requires that “Member
States shall establish an action plan to manage long term risks from
radon exposures in dwellings, buildings with public access and
workplaces for any source of radon ingress, whether from soil,
building materials and water”. An indicative list of issues in the
action plan is given below:
 Fix long term goals of reducing lung cancer ;
 Assign responsibilities and allocate resources for
implementation;
 Define criteria for delineation of radon prone areas;
 Develop strategies for surveys and management of data;
 Identify the building with public access, e.g. schools,
underground workplaces (risk assessment including
occupancy rates);
 Establish reference levels;
 Develop strategies for reducing radon exposure including
prevention and mitigation;
 Develop strategies for communicating risks to public and
local decision makers including the risk related to smoking ;
 Warrant the financial support for surveys and corrective
actions.
560
In addition it is recommendable to consider some interesting advices
of the IAEA DS421:
- When setting a reference level, the national authority should consult
interested parties;
- In the case of rental accommodation, the national authority should
consider a mandatory requirement for the owners of dwellings to
ensure that radon concentrations are below the reference level;
- The national authority should consider requiring radon
measurement and, where necessary, remediation at the time of sale of
dwellings;
- The success of a programme must be estimated on the basis of the
reduction of radon exposure.
2.1
MEASURES AND OBJECTIVES OF THE SWISS
NATIONAL RADON ACTION PLAN
Since 1994 the Division of Radiological protection of the Swiss
Federal Office of Public Health (SFOPH) has the responsibility for
the national radon strategy; taking into account both the updated
scientific evidence and the experience gained during the current
program, the new paradigms in dealing with radon lead us to fix five
emerging objectives:
1. From 2014, no new construction should lead to a radon
problem (the prevention is in place).
2. From now on, no subsidized energy saving measures lead to
a radon problem.
3. Until 2020 all buildings with public access are measured and,
the government gives the example for the realization of their
mitigation if appropriate.
4. For existing buildings out of the public sector, a strategy will
be developed for an autonomous management of the private
individuals (owners and tenants) in taking into account
radon. This implies that radon becomes a recognized
criterion in the real estate.
5. From 2020, no value exceeding 1000 Bq/m3 occurs at
workplaces and a corresponding control is implemented.
561
The corresponding national radon action plan 2012-2020 (SFOPH,
2011) approved by the Federal Council on May 25, 2001 includes
following steps :
 Revision of the legal regulations;
 Improvement of the knowledge of radon exposures;
 Prevention for new buildings and renovation (also linked to
the energy saving program);
 Mitigation for existing buildings;
 Professional training and education;
 Overall increasing awareness of the radon problematic ;
 Development of methods and tools to improve quality and
interpretation of the results.
The ideas and reasons beyond these objectives are briefly
commented below:
Objective 1: setting the principal effort on the search for building
with high concentrations and on the persuasion of owners for
their mitigation as in the precedent swiss program is not bearable
any more considering the new international recommended upper
reference value of 300 Bq/m3. With the revised BSS, new
constructions become a priority to guarantee an effective solution
of the radon problem in the next decades. One should at least be
able to check that the use of modern methods of construction
complies with these standards in particular in areas with the
highest radon concentration. That can appear not very ambitious,
but seems realistic depending on financial circumstances and on
sensitizing of the political, societal and professionals actors.
Objective 2: concerning the second objective, it is absolutely
necessary that the State does not create new radon problems
through its energy saving support. Even if it would have been
more judicious to integrate this step in the legislative framework
which lay down the subsidizing of the energy saving program, it
is a least required to follow and to control the situation.
Objective 3: the importance of the third objective is linked to the
fact that the government cannot solve the radon problem in its
562
globalism. So the government must at least insure that in the
buildings where it takes the direct responsibility, the solution of
the radon problem is warranted. Mainly schools and places with
high public occupancy are concerned.
Objective 4: objective four implies that the principal
responsibility for radon changes from the government to the
owners and requires that the public and the professionals are
really informed on the radon exposure and on the problem it
might represent (radon is on the public place). One of the
methods could consist to integrate radon into the rental value of a
building. The government brings an indirect help to building
owners in the monitoring of measurement methods, the training
and education of building specialists and the expertise in the
event of litigation.
Objective 5: the fifth objective takes also importance compared
to the preceding situation considering the reduction of the limit
of concentration at workplaces. Here the authorities of radiation
safety will have initially to develop measurement campaigns at
workplaces where a radon risk is likely to intervene. The
mitigation will be responsibility of the company and the control
will belong to the regulatory authority.
3.
Risk management of post accident situations
Following the serious nuclear accident which has occurred in
TEPCO‟s Nuclear power station Fukushima Daiichi in Japan,
consecutive to the seism and the tsunami of March 11 2011, many
countries were mobilized to answer many requests of their fellowcitizens concerning the potential health hazards. It is essential to
learn the lessons from this accident, as that was the case in particular
after that of Three Mile Island due to a technical failure and after that
of Chernobyl caused by a human failure. The questions concerning
the safety of nuclear installations as well as the measures to be taken
after a major nuclear catastrophe quickly arised. Circumstances and
563
evolution of the accident highlighted gaps at the level of the
preparedness and of the means necessary to deal with durable
environmental contamination and with exposed people living in
contaminated areas. After having briefly reviewed fundamental
principles of the application of the ICRP recommendations (ICRP,
2009) on protection of concerned members of the public we will
present the subjects of reflection in progress in Switzerland.
3.1
APPLICATION OF THE ICRP SYSTEM
Living or working in a contaminated area is considered as an existing
exposure situation. The fundamental protection principles include the
justification of implementing protection strategies and the
optimization of the protection achieved by these strategies.
- Justification of protection strategies:
1. The radiation protection conditions allowing people
living in contaminated areas are not too complex to
managed and do more good than harm;
2. The protective actions allow further human activities
and provide a net benefit taking into account various
economic, political, environmental, social and
psychological consequences;
3. The inhabitants are properly informed on the risks
and the associated rules of behavior aiming to reduce
them;
- Optimisation of protection strategies:
1. The Commission recommends that the reference
level for the optimization of protection of people
living in contaminated areas should be selected from
the lower part of the 1-20 mSv/year band;
2. The protection strategy should be based on
controlling the predominant ingestion pathway in
relation to relevant groups of the population;
3. The
government
constantly
evaluates
the
effectiveness of the protection strategy in place;
564
4. The participation of relevant interested parties in the
process of selecting strategies for protecting people is
essential.
Whereas the main concern of the public authorities, during the
emergency phase, is to protect the public from immediate exposure
to the radioactive cloud formed by accidental release, there are more
issues to be addressedduring the post-accidental phase from the very
first week following the end of release. An indicative list of main
issues taken from CODIRPA Guide is given below:
– Issues related to protecting individuals from land or food
contamination, resulting from radioactive deposition:
1. the general public, residing or working in the territories
significantly affected by radioactive fallout;
2. specific categories of the population (small children, the
elderly, individuals with a medical condition, campers,
etc.) and, extending from this, establishments dedicated
to public service (schools, hospitals, retirement homes,
campgrounds, etc.)
3. psycho-social public health considerations;
– Issues relating to infrastructure maintenance, resources and supply
thereof;
1. transport infrastructures (roads, railways, waterways,
airports, etc.);
2. power supply grids;
3. drinking water supply (water towers, DWS capture,
tanks, etc.);
4. food supply issues;
5. waste collection, treatment and disposal chains;
6. buildings and property;
7. human resources
– Economic and social activity issues, including, in particular:
1. industrial activity;
2. farming activity;
3. economic activity zones;
4. service sector activity, in particular relating to tourism;
5. trade and movement of goods
565
6. psycho-social economic and social considerations.
The engagement of the affected population in the development and
implementation of actions defined by authorities will be key to their
effectiveness; on one hand establishing local mapping through ambient
dose rates monitoring will mainly help to reduce external exposure by
knowing the levels of contamination in the different places and on the other
hand quality measurements of foodstuffs will help to reduce internal
exposure by classifying the more sensitive products to radioactive
contamination.
3.2
SUBJECTS
SWITZERLAND
OF
REFLEXION
IN
PROGRESS
IN
A revision of the organization, at the national level, of the emergency
prepardness and response in the event of radiological accident was
undertaken since 2009 and one new legislation was put into force at
the beginning of 2011. The new ordinance includes in particular a
concept of measures to be taken according to the doses applicable
during the emergency phase. The principal elements of this concept
are the following:
1. the sheltering of the most fragile fraction of the population
(children, teenagers, expectant
mothers) intervenes already
for a predicted effective dose exceed of 1 mSv during the emergency
phase, of which the duration is estimated at 2 days;
2. as soon as the effective dose can exceed 10 mSv during the
emergency phase, the protected sheltering applies to all;
3. the intake of iodine tablets is considered as of 50 mSv and
relates to the whole of the population;
4. the preventive evacuation intervenes only as of 100 mSv with
a graded plan;
5. a prohibition of harvest and setting in grazing is ordered with
preventive measure in the zones for which protection measures
were taken as in those which are located in the direction of the
wind to the national border and the alpine arc. Other measures
concern the legislation on the foodstuffs. The accident of
566
Fukushima highlighted that a state of emergency can be
prolonged during weeks, even months, which is not taken into
account in the strategy of intervention considered to date in
Switzerland. Thus, parallel to measures to consider on the level
of nuclear plants themselves to prevent such a situation, a
revision of the emergency prepardness and response concept is
to be considered .
In addition to the aspects of the safety of nuclear installation itself
which are not approached here, the Fukushima accident highlighted
many new elements that the intervention organization will have to
analyze in the coming months. It moreover called in question old
problems which one considered as solved. We will present here some
already identified critical aspects and which are subject of reflections
currently in Switzerland. Let us raise that part of these aspects had
been discussed already before March 11 2011.
1. The duration of the emergency phase can be prolonged
during weeks, even months, which is not taken into account in the
intervention strategy considered to date in Switzerland;
2. Until now sheltering on the spot was always regarded in
Switzerland as the most adequate
preventive
measure.
A
reflection is launched to analyze the feasibility of preventive
evacuation
which has important advantages, in particular if the
emergency phase is brought to be prolonged.
3. Preparedness in Switzerland mainly concentrated on the
emergency phase, and post-accidental
management
was
neglected, the idea being one will have enough time to set up the
protection
measures. From the work carried out in France on
post-accidental management (2011, CODIR- PA)
and
lessons
learned from Fukushima, an approach on the need for preparing a
post-accidental
strategy considering a transition phase must
be developed at national level.
4. The decision of a very broad prohibition of harvest and
setting in grazing as of the end of the emergency phase is largely
confirmed. The criteria of relaxation of this prohibition measure must
567
however
be specified in the phase of preparation. In
this context the maximum acceptable activity levels into force in
Europe appear relatively high. Moreover Japan used values
appreciably lower.
Here also a reflection is to be engaged.
5. The registration of the populations which would be
exposed at the time of a radiological accident is a step which must
be committed as of the end of the emergency phase and which, for
this reason, must be the subject of a strategy to be developed
in the phase of preparedness.
6. Certain problems, such as the compensation or the
assumption of responsibility of radioactive waste following an
accident, cannot reasonably be regulated in detail in phase of
preparation
because their application strongly depends on the
circumstances of the accident. It would be
however
judicious to establish the broad outlines of their strategy.
4. CONCLUDING REMARKS
4.1. The management of radon
Radon is not a fate against which nothing can be done; it is possible
to reduce the indoor air quality deterioration generated by building in
asking the prevention and mitigation techniques what they can give
us. It is necessary to recognize the importance of the challenge, to
distinguish the possibilities of reducing the radon concentrations in
an efficient way, even if the health consequence is not directly seen
and that its effects could appear only after a few decades; then it will
be too late.
In addition to the medical impact, a good indoor air quality is a right
for the tenant. Optimization has a central place in protection against
radon. That is due to the fact that it is an existing exposure situation
and that the private sphere of the individuals is touched where the
strategy of protection must be based more on incentives that coercive
actions. This irrefutable fact should not however lead to a timide
attitude of the authorities, nor to avoid informing the population
568
about the associated risk under the pretext not to panic it. In spite of
the constraints associated with this situation, the State must assume
its responsibility for protecting members of the public based on an
active and transparent policy, and not in expecting the good will of
the individuals. Within this framework a minimal protection is to be
warranted leaving a margin to the individual who wishes to still
reduce the residual risk. Here the State can bring expertise and
advice.
4.2. The management of post accidental situations
The probability of a nuclear accident is relatively weak according to
the probabilistic safety analyses. Only a preparation will make it
possible to face such crises and their consequences. However more
the robustness of the methods should be aimed that optimization of
the effectiveness and of the cost of the intervention dispositive.
Many actors are involved in the intervention and their coordinated
engagement is a key of success for the crisis management. Under
these conditions the implication of all the actors should be warranted
as of the prepardness phase.
The intervention dispositiv must be maintained and trained by the
means of exercises. One noticed in certain cases that every twenty
years a restoring is operated, associated with the fact that the people
which prepared the planification are not any more in service. To
avoid these ruptures, an effort of continuity of the intervening teams
and pooling of the reflexion is necessary.
In spite of a serious preparation, it should be accepted that the
strategy of intervention shall be reconsidered and adapted to the
temporary situation at the time of the accident (weather conditions,
period of the year, other collateral damage, etc). This point must be
present at the spirit of the planners who are required to limit
themselves to organize what is reasonable and to leave the inevitable
part to improvisation.
Also let us remember that at the time of the accident the people to the
orders of the intervention will probably not be those which carried
out planning (sindrome del deserto dei tartari di Buzzati). This also
speaks for the robustness and the clearness of the strategy.
569
4.
BIBLIOGRAPHIE
ICRP, 2009
Prior to consultation and subsequent publication in the Annals, ICRP wishes to
make the Statement on Radon available for information. It can be downloaded
below.
ICRP Statement on Radon
UNSCEAR, 2006
Report: "Effects of ionizing radiation"
Volume II, Annex E - Sources-to-effects assessment for radon in homes and
workplaces
WHO, 2009
WHO Handbook on Indoor Radon
ICRP, 2007
- ICRP Publication 103
The 2007 Recommendations of the International Commission on Radiological
Protection
SFOPH, 2011
“Radon Action plan 2012-2020” approved by the Swiss Federal council under
following link:
Radon action plan 2012-2020
Piano di azione radon 2012-2020
ICRP, 2009
- ICRP Publication 109
Application of the Commission's Recommendations for the Protection of People in
Emergency Exposure Situations
- ICRP Publication 111
Application of the Commission's Recommendations to the Protection of People
Living in Long-term Contaminated Areas After a Nuclear Accident or a Radiation
Emergency
CODIRPA, 2011
Steering committee (CODIRPA) for the management of the post-accident phase of
a nuclear or radiological accident.
Contrôle review n° 180 - Post-nuclear-accident management
Download the .pdf file
570
© Copyright 2011 Dott Sandro Sandri
Responsabile della Pubblicazione Dott. Sandro Sandri
Libro pubblicato dall‟autore
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