Luglio/Agosto
Transcript
Luglio/Agosto
GERIATRIA ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA GERIATRI OSPEDALIERI (S.I.G.Os.) ISSN: 1122-5807 GERIATRIA RIVISTA BIMESTRALE - ANNO XXII n. 4 Luglio/Agosto 2010 – Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Roma ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA GERIATRI OSPEDALIERI (S.I.G.Os.) DIRETTORE LUIGI DI CIOCCIO DIRETTORE ESECUTIVO PIERLUIGI DAL SANTO COMITATO DI REDAZIONE Claudia Bauco Andrea Corsonello Filippo Fimognari Gianfranco Fonte Massimo Marci Stefano Ronzoni Bernardo Salani Francesco Vetta Cristiana Vitale (Cassino) (Cosenza) (Roma) (Torino) (Tivoli) (Roma) (Firenze) (Roma) (Roma) COMITATO SCIENTIFICO Samuel Bravo Williams Luisa Bartorelli Pier Ugo Carbonin Tommy Cederholm Domenico Cucinotta Ferdinando D’Amico Rodney Fisher Giuseppe Galetti Giovanni Gasbarrini Walter Lutri Vincenzo Marigliano Jean-Pierre Michel Luciano Motta Vittorio Nicita-Mauro (Mexico) (Roma) (Roma) (Stoccolma - Svezia) (Bologna) (Patti) (Toronto - Canada) (Monza) (Roma) (Siracusa) (Roma) (Geneve - Suisse) (Catania) (Messina) Vincenzo Pedone Franco Rengo Jacques Richard Felice Romano Mario Rubegni L.Z. Rubenstein Pier Luigi Scapicchio Sergio Semeraro Italo Simeone Giancarlo Stazi Bertil Steen Marco Trabucchi Vincenzo Vassallo (Bologna) (Napoli) (Geneve - Suisse) (Catania) (Siena) (Sepulveda - USA) (Roma) (Bologna) (Geneve - Suisse) (Roma) (Göteborg - Svezia) (Roma) (Noto) Direttore Responsabile ANTONIO PRIMAVERA Segreteria Scientifica Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 06.44.290.783 Editore C.E.S.I. - Via Cremona, 19 00161 Roma - Tel. 06.44.290.783 www.cesiedizioni.com E.mail: [email protected] Ufficio amministrativo e Pubblicità Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 06.44.290.783 - Fax 06.44.241.598 Fotocomposizione C.E.S.I. Stampa Litografica IRIDE - Via della Bufalotta, 224 Roma • Finito di stampare per conto della C.E.S.I. nel mese di Gennaio 2011. Progetto di copertina: Gaia Zuccaro Condizioni di abbonamento per il 2010: E 26,00 (Enti: E 52,00) da versare sul C/C N. 52202009 intestato a CESI - Estero E 70 • Un fascicolo singolo: E 11,00 - Estero E 15. Arretrato: E 22,00 • L'abbonamento non disdetto prima del 31 dicembre si intende rinnovato • Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 201/89 del 18/04/1989. ISSN: 1122-5807 Condotta professionale medica e responsabilità penale Gaetano Siscaro CASA EDITRICE SCIENTIFICA INTERNAZIONALE Volume in brossura, Edizione 2009 300 pagine circa E 30,00 Per ordini spedire a C.E.S.I. - Via Cremona, 19 • 00161 Roma anche via fax ✄ Sì, desidero ricevere CONDOTTA PROFESSIONALE MEDICA E RESPONSABILITÀ PENALE di Gaetano Siscaro al prezzo di E 30,00 Cognome ....................................…….......... Nome ……………………… Tel. ……………………………………………… Via .........................................................……………… CAP …………… Città ……………………………………………… Firma .................................………………….... Contributo fisso spese imballo e spediz E 5,00 ■ Anticipato a mezzo Assegno Bancario (non trasfer.) allegato intestato a CESI TO TALE E ..............……........... ■ A mezzo vers. C/C N. 52202009 intestato a CESI ■ American Express (c/c N. ………………… Validità ……………… Firma ………………………………………………) Per ordini telefonici 06.44.290.783 - 06.44.241.343 Fax 06.44.241.598 Via Cremona, 19 - 00161 Roma Partita IVA ........................................................ (solo per chi desidera la fattura) Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto 115 SOMMARIO AI LETTORI – Palleschi M. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117 EDITORIALE: QUALE FUTURO SI PROSPETTA PER GLI ANZIANI? Palleschi M. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119 IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER: SOLUZIONI TERAPEUTICHE A CONFRONTO Mossello E. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 UNA RARA ASSOCIAZIONE DI DERMATOMIOSITE E LIPOSARCOMA RETROPERITONEALE: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO INSORTO IN ETÀ AVANZATA Galanti A., Scolieri P., Marci M. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 PROGETTO COPE (CONTROL OF PAIN IN THE ELDERLY) Madaio R.A., Gianni W., Ceci M., Zuccaro S.M. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129 Sezione Nursing NURSING: ASSISTENZA INTRA ED EXTRA OSPEDALIERA AL PAZIENTE CARDIOPATICO Rosso B., Galleazzi M., Marin M., Gasparato F., Rebellato M. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133 RUBRICHE Vita agli anni Sabatini D. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 Geriatria nel mondo Zanatta A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141 Calendario Congressi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142 XIII Convegno Nazionale Geriatrico “Dottore Angelico” Città di Aquino - Città di Cassino La Geriatria Arte, Scie nza e Cuore a l servizio delle criticità d ell’Anziano: m ultimorbilità e danno cerebrale 9-10 Dicembre 2010 Segreteria Organizzativa CONGRESS LINE Via Cremona, 19 – 00161 Roma • Tel. 0644290783 – 0644241343 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] www.congressline.net Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto 117 AI LETTORI IL CONSENSO DEI FAMILIARI DEL MALATO VERSO IL GERIATRA Prof. Massimo Palleschi Carissimi, consentitemi di prendere l’argomento un po’ da lontano. Circa venti anni or sono sul Medico d’Italia io scrissi un articolo sul consenso accordato ai medici, esprimendo con amarezza il parere che il prestigio di cui godevano era in pieno declino. Essendo stato mio padre medico, ho potuto valutare la considerazione che circondava questa professione dedita a salvare vite umane e a lenire sofferenze. È anche per queste implicazioni che la Medicina veniva assimilata ad una vera e propria missione. Nei riguardi di aneddoti significativi, ricordo molto bene quello riferitomi da una mia infermiera che, durante la guerra, da bambina ricevette un sonoro ceffone dalla mamma. Si era in un paesino dell’Emilia Romagna e regnava la miseria più nera. In questo contesto, nel quale mancava tutto erano tenuti da parte per il medico curante l’asciugamano di lino più pregiato e la saponetta più raffinata della casa. La bambina, nella sua esuberanza e distrazione, avendo utilizzato quegli oggetti destinati ad una persona di grande riguardo, era stata aspramente rimproverata. In quell’articolo io cercavo di analizzare le ragioni del declino dei consensi, alcune essendo estranee ai comportamenti del medico, altre invece in relazione a questi ultimi, non sempre ineccepibili. Al di là delle cause, non vi è dubbio che la classe medica goda da molti anni di minori favori. Significativa al riguardo può essere l’opinione del Presidente Nazionale dell’Ordine dei Medici, Dott. Parodi, che ad un Convegno tenutosi alcuni anni fa a Palermo e consistente in una discussione aperta tra Medici e Magistrati, disse che vivevamo in un’epoca nella quale la medicina aveva raggiunto le più alte vette, ma nonostante questo, aveva ottenuto il minor consenso della sua storia. Il Medico, per recuperare interamente tutta la considerazione che di per sé merita, deve riappropiarsi di determinati valori (rettitudine, disponibilità, solidarietà, disinteresse verso il denaro, ecc.), soprattutto se si tratta di un Geriatra che rivolge la sua attenzione verso persone malate, gravemente compromesse sul piano funzionale, spesso destinate a concludere in breve tempo la propria esistenza, a volte emarginate, non proprio all’apice della condizione sociale. In sostanza se è vero che l’essenza stessa della medicina presupponga un grande rispetto della persona, indipendentemente dalle sue caratteristiche, questo appare ancor più evidente nel caso della Geriatria. Non sempre i requisiti nominati, essenziali nella professione del Geriatra, costituiscono in realtà un suo sicuro patrimonio. Ma quand’anche si tratti di Geriatri ineccepibili da ogni punto di vista ed in particolare da quello etico, come vengono apprezzate queste qualità e qual è il giudizio complessivo da parte dei familiari del malato anziano? Io sono convinto che chi compie una buona semina ha un buon raccolto e quindi ritengo che anche in questo caso, pur insieme ad inevitabili sconfitte ed amarezze, i consensi e le gratificazioni prevalgono senz’altro. Desidero però soffermarmi su due aspetti che possono ridurre, inquinare o ribaltare il consenso dei familiari verso il Geriatra. È noto che una delle attività fondamentali della nostra disciplina sia costituita dalle misure antiinvalidanti rivolte a conservare o recuperare l’autonomia del malato anziano. 118 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto Si tratta di un complesso di misure diverse da quelle fisiatriche e che pre s u ppongono una grande collaborazione dei familiari. In non rari casi la richiesta da parte del Geriatra di un ulteriore impegno può suscitare una notevole contrarietà da parte di familiari molto occupati e/o poco solidali. D’altra parte la partecipazione dei familiari ad un programma in grado di migliorare l’autonomia della persona anziana è indispensabile perché non prevede semplicemente la messa in atto di “esercizi”, ma l’attuazione di un’assistenza continuativa di tipo geriatrico, molto più adatta ad apporti di tipo familiare. Le difficoltà però possono essere notevoli e a volte riducono il potenziale favore accordato dai familiari dei malati anziani compromessi. Un altro possibile aspetto critico nei rapporti tra Geriatra e familiari del paziente è rappresentato dalla sua tendenza a non istituzionalizzare le persone anziane. A volte, soprattutto quando riteniamo che il paziente possa recuperare la sua autonomia e non avere più alcun bisogno di vivere per il resto della vita al di fuori del proprio domicilio, non possiamo per una questione di onestà pro f e ssionale non prospettare possibilità assistenziali diverse, anche se osteggiate dai familiari. In sostanza non sempre il bene per il malato anziano compromesso coincide con gli obiettivi e/o le possibilità dei familiari. Queste difficoltà possono essere superate con un grande equilibrio ed una forte disponibilità del medico geriatra che avrà dalla sua parte i risultati positivi del suo impegno antiinvalidante e la soddisfazione di aver operato corre ttamente. Quali sono state le vostre esperienze in questo senso? Sarebbe molto proficuo ricevere qualche vostra testimonianza. EDITORIALE Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto 119 QUALE FUTURO SI PROSPETTA PER GLI ANZIANI? Palleschi M. Presidente Onorario Fondatore Società Italiana Geriatri Ospedalieri Una prima risposta all’interrogativo posto nel titolo di questo elaborato riguarda la maggiore durata dell’esistenza per le generazioni future, un aumento di circa un anno dell’età media di vita, ogni 3-4 anni. Si ritiene che questo andamento si manterrà nei prossimi decenni, al di là di possibili accelerazioni determinate da innovazioni non facilmente prevedibili comprendenti quelle di ingegneria genetica. Ci si può chiedere se una previsione del genere, con un’aspettativa di vita così lunga, abbia implicazioni sicuramente e pienamente positive. Chi ama la vita, generalmente l’apprezza in tutte le fasi, anche in quelle avanzate, ma le aspettative possono essere molto diverse essendo quanto mai variegato il modo di vivere gli anni della vecchiaia. Il Prof. Carrel, premio Nobel per la Medicina ed autore del famoso libro “L’uomo questo sconosciuto” diceva “Bisogna aggiungere vita agli anni e non anni alla vita”. Questa frase, diventata celebre nel mondo geriatrico, testimonia l’importanza della qualità della vita più ancora della sua durata. Il binomio durata/qualità della vita non va comunque concepito in maniera alternativa nel senso che nei Paesi nei quali la vita è lunga generalmente si vive bene, viceversa in Biafra e in Sierra Leone, nazioni nelle quali l’età media di vita è bassissima, si vive molto male. Una prospettiva positiva sul futuro degli anziani ci perviene dal parere degli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo il quale attualmente non solo si vive molto di più, ma si sta meglio da un punto di vista funzionale. Ad esempio un uomo di 70-80 anni è oggi più efficiente, potremmo quasi dire è meno vecchio del corrispondente uomo delle generazioni precedenti. Queste conoscenze ci consentono di mandare un messaggio positivo ai giovani e di trasmettere a loro la gioia di sapere che ciascuno avrà una vita più lunga ed una migliore salute rispetto alle generazioni precedenti. La duplice condizione rappresentata da una maggiore durata della vita ed un più elevato livello di salute impone che vi sia un incremento dell’età del pensionamento. Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Massimo Palleschi Via Apuania, 13 – 00162 Roma Tel. 0644232969 Infatti, al di là dell’esigenza economica di un’elevazione dell’età pensionabile, determinata dall’invecchiamento della popolazione e dal conseguente restringimento della fascia di popolazione produttiva, vi sono inequivocabili ragioni mediche che consentono o addirittura suggeriscono un più tardivo abbandono del lavoro. Non era giustificato che negli ultimi decenni l’età del pensionamento fosse rimasta sostanzialmente la medesima, a fronte di una vita tanto più lunga e migliore per efficienza funzionale. Molti governi delle nazioni sviluppate hanno elevato o stanno per elevare l’età pensionabile, sia nell’uomo che nella donna, nel tentativo di tenere il passo con l’invecchiamento della popolazione. Alcuni Paesi prospettano anche settimane lavorative ridotte, con un numero maggiore di part-time. Il futuro potrebbe essere quello della ridistribuzione del lavoro tra le diverse età, con settimane lavorative ridotte, distribuite su una vita lavorativa più lunga. Inoltre il lavoro che si prospetta per le persone anziane, oltre a non essere obbligatorio, potrebbe avere peculiarità tali da non incidere negativamente sulla disoccupazione giovanile. Significativo in proposito è l’esempio dell’Assolombarda che ha offerto possibilità occupazionali a dirigenti d’azienda pensionati per svolgere opera di “divulgazione della cultura di impresa”. Una più lunga attività lavorativa potrà contribuire a rendere meno frequente ed intenso quel senso di inutilità che a volte colpisce le persone di età avanzata. Ricordo che negli USA è normativamente proibita la cosiddetta “Age Discrimination”: è infatti previsto che i contratti di lavoro non vengano interrotti per limiti di età. Ovviamente se un anziano è in condizioni di salute tali da essere incompatibile con l’attività lavorativa viene escluso dalla produzione, ma questo si verifica anche per il giovane. L’età in quanto tale però non può essere motivo di esclusione dal lavoro. Un’altra prospettiva sul futuro degli anziani è rappresentata dalla socializzazione e dal mantenimento delle capacità creative, più facili ad ottenersi in un determinato contesto socio-culturale: può essere ad esempio utile frequentare l’università della terza età o della libera età, od anche i centri sociali per gli anziani. Dopo le esperienze pioneristiche svolte in que- 120 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto sto settore in Francia da Vellas, a partire dall’inizio degli anni ’80, le Università della terza età si sono diffuse capillarmente a livello internazionale ed anche nel nostro Paese. Gli anziani desiderano essere valorizzati nella società e nelle singole realtà che la compongono: l’acquisizione di alcune capacità pratiche (lingue straniere, corsi di informatica, scuola di cucina, ecc.) può svolgere un ruolo significativo in questa direzione. Anche i centri sociali possono avere una funzione molto utile, ma devono prestare attenzione a non rispondere solo ad esigenze di passatempo. Numerose altre iniziative e misure potranno incidere positivamente sul futuro degli anziani che hanno il diritto ad una soddisfacente qualità di vita. In sostanza per il futuro la speranza dell’anziano è quella di poter mantenere un suo equilibrio individuale sia nei riguardi della salute, sia dell’ambiente sociale, economico e culturale. Si tratta di programmare una vecchiaia serena ed operosa e non preventivare od incoraggiare una “gerontocrazia” nella quale il dominio degli anziani è determinato oltreché dal numero crescente di soggetti appartenenti a questa fascia della popolazione, dalle possibilità di mantenere od incrementare il potere conquistato. È comunque difficile fare previsioni sul futuro degli anziani che forse più degli altri risentono della complessità dei cambiamenti a carico della società e dell’ambiente (sviluppo dell’informatica, delle biotecnologie, della robotica, ecc.). Alcuni di questi mezzi hanno già e ancor di più potranno avere un ruolo utilissimo nel migliorare la qualità di vita dell’anziano: basti pensare alla possibilità di compiere operazioni a distanza da parte di una persona immobilizzata od impedita. Queste innovazioni non dovranno però alterare l’equilibrio e l’armonia della persona anziana. In sede di conclusione sulle aspettative degli anziani, mi sembra indispensabile una precisazione. Quando si parla di condizione degli anziani, bisogna tenere sempre presenti che al loro interno esistono variazioni molto più ampie di quelle riscontrate nelle altre fasce di età della popolazione. Se ci riferiamo ai soggetti più ammalati, più compromessi funzionalmente, in condizioni socio-economiche svantaggiose, le prospettive, comunque non rosee, saranno in relazione da una parte all’affermarsi o meno di una cultura e di una prassi solidaristica, dall’altra alla maggiore o minore valorizzazione della Geriatria, della disciplina cioè che con un approccio di tipo globale è in grado di meglio valutare le esigenze della persona anziana fragile. 121 IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER: SOLUZIONI TERAPEUTICHE A CONFRONTO Mossello E. Unità Funzionale di Gerontologia e Geriatria, Dipartimento di Area Critica Medico-Chirurgica, Università degli Studi, Firenze Riassunto: Nell’anziano con Malattia di Alzheimer (AD), il trattamento farmacologico specifico deve essere collocato all’interno di un approccio clinico multidimensionale. I dati di letteratura dimostrano l’efficacia sintomatica degli inibitori delle colinesterasi (ChEI) sullo stato cognitivo e funzionale. Il rischio di effetti avversi e gli effetti terapeutici crescono entrambi all’aumentare della dose. Al momento della diagnosi di AD è sempre opportuno stabilire l’opportunità di intraprendere un trattamento con ChEI. Successivamente è necessario valutare la risposta al farmaco, avvalendosi sia della valutazione testistica che del giudizio clinico; in conseguenza, la terapia può essere adeguata, cambiando la molecola assunta, sostituendo i ChEI con la memantina o associando le due classi farmacologiche. La memantina sembra avere anche un effetto favorevole sui comportamenti agitati, oltre che sul livello cognitivo e funzionale, nella fase moderata-grave di malattia. Sono ancora incerti gli effetti a lungo termine di tali terapie e non è stato dimostrato che essi siano in grado di modificare la storia naturale della malattia. Parole chiave: malattia di Alzheimer, inibitori delle colinesterasi, memantina. Summary: In older patients with Alzheimer’s Disease (AD) specific drug treatment must be included within a comprehensi ve clinical approach. Literature data show the symptomatic effect of cholinesterase inhibitors (ChEI) on cognitive and functio nal status. Both risk of adverse events and therapeutic effects become greater at higher doses. At the time of diagnosis treat ment with ChEI should be considered. Afterwards it is necessary to assess drug response, using both cognitive testing and cli nical judgment; accordingly treatment may be tailored, changing the prescribed molecule, substituting ChEI with memanti ne or associating both pharmacologic classes. Memantine seems to have also favorable effects on agitated behaviors, besides cognitive and functional status, in moderate-to-severe phase of disease. Long term effects of such treatments are still uncer tain and a modifying effect on disease’s natural history has not been established yet. Key words: Alzheimer’s disease, cholinesterase inhibitors, memantine. PREMESSA In attesa che i numerosi trial in corso siano in grado di identificare una terapia in grado di arrestare il processo patologico alla base della Malattia di Alzheimer (AD), il trattamento di tale condizione nell’anziano richiede l’utilizzo di molteplici strumenti. È necessario prima di tutto identificare e compensare al meglio le patologie somatiche acute e croniche associate, secondo il modello che vede in esse una concausa rilevante dei disturbi cognitivi nel paziente geriatrico con demenza (1). D’altra parte il medico ha a disposizione un ventaglio di opzioni farmacologiche e non farmacologiche che hanno dimostrato una certa efficacia nel contenere i disturbi causati della malattia. Per quanto riguarda le terapie farmacologiche specifiche oggi a disposizione, la presente review prenderà in esame: – le evidenze e le problematiche relative al loro Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Enrico Mossello Unità Funzionale di Gerontologia e Geriatria Dipartimento di Area Critica Medico-Chirurgica Università degli Studi e A.O.U. Careggi Viale G. Pieraccini, 6 – 50139 Firenze Tel. 0554271470 – 0554271006 E.mail: [email protected] effetto sintomatico sul livello cognitivo e lo stato funzionale globale; – i dati relativi alla gestione del trattamento nella progressione della malattia e ai suoi possibili effetti a lungo termine; – l’effetto di tali terapie sui sintomi psicologici e comportamentali; – le ricadute sul carico assistenziale. A tale scopo saranno prese in esame con particolare attenzione: le meta-analisi di studi randomizzati relativi all’efficacia degli inibitori della colinesterasi nella AD; gli studi randomizzati ed osservazionali che abbiano valutato gli effetti a lungo termine di inibitori della colinesterasi e memantina sulla storia naturale di malattia ed in particolare sul rischio di istituzionalizzazione; gli studi randomizzati e le meta-analisi che abbiano valutato gli effetti di inibitori della colinesterasi e memantina sui sintomi psicologici e comportamentali; gli studi randomizzati che abbiano valutato gli effetti degli inibitori della colinesterasi sul carico assistenziale. TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELLA AD: EFFETTO SINTOMATICO N u m e rosi trial, sintetizzati nell’ambito di meta-analisi, hanno dimostrato in modo chiaro che il trattamento con inibitori delle colinesterasi 122 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto (ChEI, donepezil, rivastigmina, galantamina), rispetto al placebo, produce un effetto sintomatico limitato ma statisticamente significativo sui disturbi cognitivi nella AD dopo 6 mesi di trattamento. L’entità di tale effetto è pari in media a 2.5 punti della scala ADAS-Cog e a 1.5 punti del Mini Mental State Examination (2). In parallelo gli stessi studi hanno anche dimostrato che tale effetto si traduce in una lieve ma significativa riduzione del declino dell’autonomia funzionale (3). Tale effetto sintomatico risulta più evidente ai dosaggi maggiori dei diversi ChEI (4), sebbene al crescere del dosaggio aumenti anche il rischio di effetti avversi, in particolare quelli gastrointestinali. Tali effetti sono inferiori con il donepezil e massimi con la formulazione orale di rivastigmina (2). In tal senso appare un avanzamento la commercializzazione della rivastigmina transdermica, che produce una concentrazione stabile del farmaco nel sangue, invece delle fluttuazioni causate dalla somministrazione orale, riducendo così i “picchi” connessi alla somministrazione orale (5). Questo ha consentito di ridurre di 2/3 l’incidenza di effetti avversi rispetto alla formulazione per os, mantenendone la stessa efficacia e riuscendo a raggiungere nella quasi totalità dei casi il dosaggio massimo del farmaco (6). Il significato dell’effetto sintomatico dei ChEI, sebbene supportato dai dati statistici, è sempre di difficile valutazione nel singolo paziente, particolarmente in una malattia che è inevitabilmente p ro g ressiva malgrado le terapie disponibili, mostra una elevata variabilità inter-individuale nella risposta alle cure e d’altra parte dimostra negli studi una risposta positiva al placebo nel 17% dei casi (7). Tale dato è ben esemplificato dalla stima che è stata fatta del Number Needed to Treat (NNT), espressione del numero di soggetti che occorre in media trattare per dare beneficio ad un paziente in più rispetto al placebo. Tale valore è pari a 7 per i ChEI; per avere un confronto il NNT è circa 4 per gli inibitori del reuptake della serotonina nella depressione maggiore. Questo suggerisce la necessità di identificare i soggetti che rispondono efficacemente alla terapia rispetto a quelli che non rispondono. In tal senso, dati osservazionali suggeriscono che la stabilità o il miglioramento del MMSE dopo tre mesi di terapia sono predittivi di un mantenimento del livello cognitivo globale dopo 9 mesi di cura (8). D’altra parte il medico nella sua pratica clinica non sempre è guidato dalla sola valutazione testistica guida. Un approccio alternativo e complementare è quello proposto dagli autori del Goal Attainment Scale (GAS), che propongono, mediante tale strumento, l’individuazione di obiettivi personalizzati con paziente e caregiver e, in un secondo momento, la possibilità di valutare in che misura gli obiettivi prefissati siano stati raggiunti (9). Utilizzando il GAS, che è concettualmente vicino a quella che possiamo considerare una corretta relazione medico-paziente-caregiver, in un’ampia casistica di soggetti trattati con rivastigmina si è osservato un miglioramento dei problemi identificati nel 30-45% dei casi ed un loro peggioramento solo nel 5-10% dopo un anno (10). Una ulteriore problematica relativa alla scelta del trattamento è costituita dal fatto che, particolarmente nei pazienti più anziani, la presenza di malattia cerebrovascolare coesiste nella maggioranza dei casi con la neuropatologia di tipo Alzheimer (11). Tale dato sottolinea come solo la presenza di segni rilevanti di malattia cerebrovascolare debbano far porre la diagnosi di demenza vascolare: secondo i criteri NINDS-AIREN la presenza di infarti multipli dei grossi vasi, di infarti “strategici” (es. giro angolare, talamo, lobi frontali), di lacune multiple dei nuclei della base, di estese alterazioni della sostanza bianca (12). D’altra parte uno studio condotto con galantamina ha dimostrato che nel sottogruppo di pazienti con AD associata a malattia cerebrovascolare gli effetti sintomatici siano sovrapponibili rispetto a quanto osservato nei soggetti senza malattia cerebrovascolare (13). I dati riportati giustificano perché, nelle linee guida europee recentemente pubblicate re l a t i v amente alla diagnosi ed al trattamento della AD, costituisca “raccomandazione di livello A” il fatto che, al momento della diagnosi, debba sempre essere valutata la possibilità di istituire un trattamento con ChEI, discutendo con paziente care g iver i benefici attesi ed i possibili effetti avversi (14). IL TRATTAMENTO NELLA PROGRESSIONE DELLA MALATTIA Sono invece più limitati e tra loro contrastanti i dati relativi all’effetto a lungo termine dei ChEI. Secondo alcuni dati un inizio più precoce della terapia sarebbe in grado di ritardare il declino cognitivo a distanza di tempo, dato questo che suggerirebbe un possibile effetto di modifica della storia naturale di malattia oltre al semplice effetto sintomatico. Vanno in questo senso i dati delle “estensioni” in aperto dei trial randomizzati controllati, in cui è stato osservato che i soggetti inizialmente randomizzati all’assunzione del placebo, e che pertanto avevano iniziato il farmaco 6-12 mesi dopo il gruppo di trattamento attivo, rimanevano ad un livello cognitivo mediamente inferiore per 12-36 mesi rispetto al gruppo che aveva assunto il farmaco fin dall’inizio (15,16) ed avevano un rischio inferiore di istituzionalizzazione (17). Tali dati, seppur non dirimenti, in particolare per l’elevato tasso di soggetti perduti al follow-up, sono in accordo con gli studi naturalistici che hanno osservato un minor tasso di istituzionalizzazione nei soggetti in Mossello E. - Il trattamento farmacologico nella Malattia di Alzheimer: soluzioni… 123 trattamento con ChEI rispetto a soggetti appaiati ai precedenti in cui tale trattamento non era stato prescritto (18;19). Sono invece in contrasto con tale ipotesi i dati di AD2000, trial randomizzato sponsorizzato dal National Health System britannico, che ha confrontato gli effetti di donepezil e placebo in un trial in doppio cieco di lunga durata e che, pur confermando l’effetto sintomatico del farmaco sul livello cognitivo e l’autonomia fino a 2 anni di follow-up, non ha osservato alcuna riduzione del rischio di istituzionalizzazione a 3 anni (20). I limiti di tale studio sono stati tuttavia autorevolmente elencati nell’ambito della revisione Cochrane: la complessità del disegno, che prevedeva una seconda randomizzazione a distanza di 12 settimane dall’inizio dello studio e che rende i dati di difficile interpretazione; il limitato numero dei soggetti arruolati, largamente inferiore a quanto programmato (565 rispetto ai 3000 previsti); la successiva notevole perdita di soggetti nel follow-up (40% nel primo anno) (2). Per tutti questi motivi i revisori concludono che lo studio ha mancato di raggiungere i suoi obiettivi, lasciando così nell’incertezza quali siano gli effetti a lungo termine del trattamento con ChEI e non consentendo né di aff e r m are né di negare in modo definitivo un loro effetto di modifica della storia naturale della malattia. Un secondo problema che si pone nella progressione della malattia è come comportarsi di fronte ai pazienti che, malgrado il trattamento, mostrano una progressione dei deficit. Alla luce dei dati che suggeriscono la possibilità di una diversa risposta individuale a diversi ChEI (21), appare ragionevole cambiare la molecola assunta se si osserva fin dall’inizio della terapia un peggioramento cognitivo. Un’alternativa ai ChEI è costituita dalla memantina, che possiede un effetto modulatore sui recettori NMDA per il glutammato, la cui efficacia è stata dimostrata nei trial randomizzati controllati in fase moderata-grave di malattia, sia in monoterapia rispetto al placebo (22) che in associazione a donepezil rispetto al solo donepezil (23). La terapia di associazione appare pertanto ragionevole nei casi in cui, a distanza di tempo dall’inizio della terapia con ChEI, si osserva un peggioramento cognitivo dopo un’iniziale risposta positiva. Ancora una volta i dati sono confermati da studi osservazionali, che hanno mostrato un tasso di istituzionalizzazione significativamente inferiore nei soggetti trattati con l’associazione ChEI+memantina rispetto a quelli trattati con i soli ChEI (24). trial disponibili abbia evidenziato un beneficio lieve ma statisticamente significativo del farmaco rispetto al placebo (25), va ricordato che i pazienti con gravi disturbi del comportamento erano esclusi dai trial (il punteggio basale della Neuropsychiatric Inventory negli studi è compreso tra 9 e 13). Nell’unico trial che ha preso in esame come outcome primario gli effetti del donepezil sull’agitazione in pazienti con AD moderata-grave, gli effetti del farmaco sono risultati sovrapponibili a quelli del placebo (26). Sembra avere un miglior profilo di azione su tali sintomi la memantina, come dimostrato da una meta-analisi di tre trial randomizzati controllati che ha dimostrato un beneficio chiaramente significativo del farmaco su agitazione, allucinazioni e deliri dopo 3 e 6 mesi di trattamento nel sottogruppo di pazienti che mostravano tali sintomi alla valutazione basale (27). Tali dati di efficacia, seppure ancora limitati, rivestono una particolare importanza alla luce del fatto che il trattamento con antipsicotici atipici, la classe di farmaci che più di tutti ha dimostrazioni di efficacia nel trattamento di agitazione e psicosi in corso di AD (28), è risultato associato ad un incremento lieve ma statisticamente significativo della mortalità (29). Tale osservazione giustifica la raccomandazione di utilizzare tali farmaci solo nei casi di sintomi gravi o comunque non responsivi al trattamento non farmacologico, per il tempo minimo e alla dose minima necessaria (30). Vi è infine un numero limitato di studi che ha dimostrato l’efficacia del trattamento antidepressivo nel miglioramento a breve termine dei sintomi depressivi (31). Dati osservazionali suggeriscono che l’associazione di farmaci antidepressivi e ChEI potrebbe avere un beneficio anche sul profilo cognitivo (32,33). IL CONTROLLO DEI SINTOMI PSICOLOGICI E COMPORTAMENTALI CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Sono più limitate le prove di efficacia dei ChEI nel trattamento dei sintomi psicologici e comportamentali. Infatti, sebbene una meta-analisi dei LA RIDUZIONE DELLO STRESS ASSISTENZIALE Alcuni studi hanno infine incluso tra i loro outcome l’entità del carico assistenziale fornito dai caregiver. Nell’ambito di uno studio con donepezil è stato possibile dimostrare che il trattamento farmacologico di pazienti con AD moderata-grave si associa, dopo sei mesi, ad una riduzione di circa 50 minuti del tempo quotidiano di assistenza nelle attività della vita quotidiana rispetto a quanto osservato nel gruppo di pazienti in trattamento con il placebo (34). I dati riportati supportano l’efficacia sintomatica dei ChEI nel trattamento dei sintomi cognitivi e della disabilità nei pazienti con AD, senza significative differenze di efficacia tra le diverse molecole. 124 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto Limitatamente alla fase moderata-grave di malattia vi è un effetto dimostrato anche della memantina, che può essere associata ai ChEI, con un possibile beneficio anche sui sintomi psicologici e comportamentali. Non vi sono evidenze conclusive in rapporto ad un possibile effetto di questi farmaci nel modificare la storia naturale della malattia. Si può quindi concludere che gli strumenti farmacologici oggi disponibili costituiscono una parte del trattamento dell’anziano con AD, da inserire all’interno di un approccio multidimensionale che comprenda valutazione e trattamento della comorbilità, trattamento non farmacologico dei sintomi della malattia e supporto dei caregiver. Relazione presentata al XXII Congresso Nazionale della S.I.G.Os. – Roma 12-15 Maggio 2010. BIBLIOGRAFIA 1. RESNICK N.M., MARCANTONIO E.R.: How should clinical care of the aged differ? Lancet 1997; 350: 1157-1158. 2. BIRKS J.: Cholinesterase inhibitors for Alzheimer’s disease. Cochrane Data base Syst.Rev. 2006; CD005593. 3. HANSEN R.A., GARTLEHNER G., LOHR K.N., KAUFER D.I.: Functio nal outcomes of drug treatment in Alzheimer’s disease: A systematic review and meta-analysis. Drugs Aging 2007; 24: 155-167. 4. RITCHIE C.W., AMES D., CLAYTON T., LAI R.: Metaanalysis of rando mized trials of the efficacy and safety of donepezil, galantamine, and rivastig mine for the treatment of Alzheimer disease. Am. J. Geriatr. Psychiatry 2004; 12: 358-369. 5. KURZ A., FARLOW M., LEFEVRE G.: Pharmacokinetics of a novel tran sdermal rivastigmine patch for the treatment of Alzheimer’s disease: a review. Int. J. Clin. Pract. 2009; 63: 799-805. 6. WINBLAD B., GROSSBERG G., FROLICH L., FARLOW M., ZECHNER S., NAGEL J., LANE R.: IDEAL: a 6-month, double-blind, placebo-controlled study of the first skin patch for Alzheimer disease. Neurology 2007; 69: S14-S22. 7. LANCTOT K.L., HERRMANN N., YAU K.K., KHAN L.R., LIU B.A., LOULOU M.M., EINARSON T.R.: Efficacy and safety of cholinesterase inhi bitors in Alzheimer’s disease: a meta-analysis. CMAJ 2003; 169: 557-564. 8. MOSSELLO E., TONON E., CALERI V., TILLI S., CANTINI C., CAVAL LINI M.C., BENCINI F., MECACCI R., MARINI M., BARDELLI F., SAR CONE E., RAZZI E., BIAGINI C.A., MASOTTI G.: Effectiveness and safety of cholinesterase inhibitors in elderly subjects with Alzheimer’s disease: a “real world” study. Arch. Gerontol. Geriatr. Suppl. 2004; 297-307. 9. BOUWENS S.F., VAN HEUGTEN C.M., VERHEY F.R.: Review of goal attainment scaling as a useful outcome measure in psychogeriatric patients with cognitive disorders. Dement. Geriatr. Cogn. Disord. 2008; 26: 528-540. 10. GAUTHIER S., JUBY A., DALZIEL W., REHEL B., SCHECTER R.: Ef fects of rivastigmine on common symptomatology of Alzheimer’s disease (EXPLORE). Curr. Med. Res. Opin. 2010; 26: 1149-1160. 11. SCHNEIDER J.A., ARVANITAKIS Z., BANG W., BENNETT D.A.: Mixed brain pathologies account for most dementia cases in community-dwelling older persons. Neurology 2007; 69: 2197-2204. 12. ROMAN G.C., TATEMICHI T.K., ERKINJUNTTI T., CUMMINGS J.L., MASDEU J.C., GARCIA J.H., AMADUCCI L., ORGOGOZO J.M., BRUN A., HOFMAN A.: Vascular dementia: diagnostic criteria for research studies. Report of the NINDS-AIREN International Workshop. Neurology 1993; 43: 250-260. 13. ERKINJUNTTI T., KURZ A., GAUTHIER S., BULLOCK R., LILIEN FELD S., DAMARAJU C.V.: Efficacy of galantamine in probable vascular dementia and Alzheimer’s disease combined with cerebrovascular disease: a randomised trial. Lancet 2002; 359: 1283-1290. 14. HORT J., O’BRIEN J.T., GAINOTTI G., PIRTTILA T., POPESCU B.O., REKTOROVA I., SORBI S., SCHELTENS P.: EFNS guidelines for the dia gnosis and management of Alzheimer’s disease. Eur. J. Neurol. 2010. 15. FARLOW M., ANAND R., MESSINA J. Jr., HARTMAN R., VEACH J.: A 52-week study of the efficacy of rivastigmine in patients with mild to mode rately severe Alzheimer’s disease. Eur. Neurol. 2000; 44: 236-241. 16. WINBLAD B., WIMO A., ENGEDAL K., SOININEN H., VERHEY F., WALDEMAR G., WETTERHOLM A.L., HAGLUND A., ZHANG R., SCHINDLER R.: 3-year study of donepezil therapy in Alzheimer’s disease: effects of early and continuous therapy. Dement. Geriatr. Cogn. Disord. 2006; 21: 353-363. 17. GELDMACHER D.S., PROVENZANO G., MCRAE T., MASTEY V., IENI J.R.: Donepezil is associated with delayed nursing home placement in patients with Alzheimer’s disease. J. Am. Geriatr. Soc. 2003; 51: 937-944. 18. BEUSTERIEN K.M., THOMAS S.K., GAUSE D., KIMEL M., ARCO NA S., MIRSKI D.: Impact of rivastigmine use on the risk of nursing home placement in a US sample. CNS. Drugs 2004; 18: 1143-1148. 19. LOPEZ O.L., BECKER J.T., WISNIEWSKI S., SAXTON J., KAUFER D.I., DEKOSKY S.T.: Cholinesterase inhibitor treatment alters the natural history of Alzheimer’s disease. J. Neurol. Neurosurg. Psychiatry 2002; 72: 310-314. 20. COURTNEY C., FARRELL D., GRAY R., HILLS R., LYNCH L., SEL LWOOD E., EDWARDS S., HARDYMAN W., RAFTERY J., CROME P., LENDON C., SHAW H., BENTHAM P.: Long-term donepezil treatment in 565 patients with Alzheimer’s disease (AD2000): randomised double-blind trial. Lancet 2004; 363: 2105-2115. 21. AURIACOMBE S., PERE J.J., LORIA-KANZA Y., VELLAS B.: Efficacy and safety of rivastigmine in patients with Alzheimer’s disease who failed to bene fit from treatment with donepezil. Curr. Med. Res. Opin. 2002; 18: 129-138. 22. MCSHANE R., AREOSA S.A., MINAKARAN N.: Memantine for de mentia. Cochrane Database Syst. Rev. 2006; %19; CD003154. 23. TARIOT P.N., FARLOW M.R., GROSSBERG G.T., GRAHAM S.M., MCDONALD S., GERGEL I.: Memantine treatment in patients with mode rate to severe Alzheimer disease already receiving donepezil: a randomized controlled trial. JAMA 2004; 291: 317-324. 24. LOPEZ O.L., BECKER J.T., WAHED A.S., SAXTON J., SWEET R.A., WOLK D.A., KLUNK W., DEKOSKY S.T.: Long-term effects of the concomi tant use of memantine with cholinesterase inhibition in Alzheimer disease. J. Neurol. Neurosurg. Psychiatry 2009; 80: 600-607. 25. TRINH N.H., HOBLYN J., MOHANTY S., YAFFE K.: Efficacy of choli nesterase inhibitors in the treatment of neuropsychiatric symptoms and func tional impairment in Alzheimer disease: a meta-analysis. JAMA 2003; 289: 210-216. 26. HOWARD R.J., JUSZCZAK E., BALLARD C.G., BENTHAM P., BROWN R.G., BULLOCK R., BURNS A.S., HOLMES C., JACOBY R., JOHNSON T., KNAPP M., LINDESAY J., O’BRIEN J.T., WILCOCK G., KATONA C., JONES R.W., DECESARE J., RODGER M.: Donepezil for the treatment of agitation in Alzheimer’s disease. N. Engl. J. Med. 2007; 357: 1382-1392. 27. WILCOCK G.K., BALLARD C.G., COOPER J.A., LOFT H.: Memantine for agitation/aggression and psychosis in moderately severe to severe Alzheimer’s disease: a pooled analysis of 3 studies. J. Clin. Psychiatry 2008; 69: 341-348. 28. BALLARD C., WAITE J.: The effectiveness of atypical antipsychotics for the treatment of aggression and psychosis in Alzheimer’s disease. Cochrane Database Syst. Rev. 2006; CD003476. 29. SCHNEIDER L.S., DAGERMAN K.S., INSEL P.: Risk of death with aty pical antipsychotic drug treatment for dementia: meta-analysis of randomized placebo-controlled trials. JAMA 2005; 294: 1934-1943. 30. BALLARD C.G., GAUTHIER S., CUMMINGS J.L., BRODATY H., GROSSBERG G.T., ROBERT P., LYKETSOS C.G.: Management of agitation and aggression associated with Alzheimer disease. Nat. Rev. Neurol. 2009; 5: 245-255. 31. THOMPSON S., HERRMANN N., RAPOPORT M.J., LANCTOT K.L.: Efficacy and safety of antidepressants for treatment of depression in Alzhei mer’s disease: a metaanalysis. Can. J. Psychiatry 2007; 52: 248-255. 32. MOSSELLO E., BONCINELLI M., CALERI V., CAVALLINI M.C., PALERMO E., DI BARI M., TILLI S., SARCONE E., SIMONI D., BIAGI NI C.A., MASOTTI G., MARCHIONNI N.: Is antidepressant treatment associated with reduced cognitive decline in Alzheimer’s disease? Dement. Geriatr. Cogn. Disord. 2008; 25: 372-379. 33. ROZZINI L., CHILOVI B.V., CONTI M., BERTOLETTI E., ZANETTI M., TRABUCCHI M., PADOVANI A.: Efficacy of SSRIs on cognition of Alzheimer’s disease patients treated with cholinesterase inhibitors. Int. Psy chogeriatr. 2010; 22: 114-119. 34. FELDMAN H., GAUTHIER S., HECKER J., VELLAS B., EMIR B., MASTEY V., SUBBIAH P.: Efficacy of donepezil on maintenance of activities of daily living in patients with moderate to severe Alzheimer’s disease and the effect on caregiver burden. J. Am. Geriatr. Soc. 2003; 51: 737-744. 125 UNA RARA ASSOCIAZIONE DI DERMATOMIOSITE E LIPOSARCOMA RETROPERITONEALE: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO INSORTO IN ETÀ AVANZATA Galanti A., Scolieri P., Marci M. U.O.C. di Medicina Interna, Ospedale “San Giovanni Evangelista”, Tivoli - ASL Roma/G Riassunto: Le sindromi paraneoplastiche rappresentano per il clinico un vero problema diagnostico nella pratica quotidiana di corsia ospedaliera. Nel presente lavoro viene descritto il caso di una paziente anziana giunta alla nostra osservazione, nella quale era presente l’associazione tra dermatomiosite e liposarcoma retro-peritoneale; la singolarità del quadro clinico, non segnalato in precedenza, è stato arricchito da una breve, ma esaustiva, review della letteratura. La sintomatologia di presentazione della dermatomiosite, quando vi è associata una neoplasia, può talora essere subdola e trarre in inganno anche clinici molto esperti. Il sospetto diagnostico di tale patologia o comunque di una connettivite secondaria ad una forma neoplastica, va sempre preso in considerazione, quando di fronte al soggetto in età avanzata, vi è una presentazione improvvisa senza sintomi prodromici e la presenza di un’elevata velocità di eritrosedimentazione. Parole chiave: sindromi paraneoplastiche, dermatomiositi, liposarcoma, autoimmunità, tipi di cancro. Summary: The paraneoplastic syndromes are a real problem for the clinical diagnosis in everyday practice of hospital wards. This paper describes the case of an elderly patient came to our observation, in which there was an association between derma tomyositis and retroperitoneal liposarcoma, and the singularity of the clinical picture, not reported previously, has been enri ched by a brief but exhaustive review of the literature. The presenting symptoms of dermatomyositis when there is an associated neoplasia, can sometimes be deceptive and mislea ding also very experienced clinicians. The suspected diagnosis of the disease or at least a secondary connective tissue disease linked to cancers, must always be taken into consideration when we observe a subject with an advanced age, with a sudden presentation without prodromal symptoms and the presence of a high sedimentation rate. Key words: paraneoplastic syndromes, dermatomyiositis, liposarcoma, autoimmunity, cancer types. INTRODUZIONE La Dermatomiosite (DM) è una collagenopatia caratterizzata da un processo infiammatorio localizzato in corrispondenza della muscolatura e della cute, dovuta a cause ancora non del tutto conosciute. Colpisce prevalentemente il sesso femminile (2:1), in tutte le età, ma predilige l’infanzia e l’età media. Ha un’incidenza compresa tra 2 e 10 nuovi casi per milione di abitanti per anno con una prevalenza di 4 su 100.000 abitanti (1). L’ipotesi patogenetica di maggior credito, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, prevede una predisposizione genetica (HLA B7, DRw6 negli afro-americani e B8, DR3, DRw52 nella razza caucasica) sulla quale un fattore scatenante può innescare una reazione immunitaria con successiIndirizzo per la corrispondenza: Dott. Enrico Mossello Unità Funzionale di Gerontologia e Geriatria Dipartimento di Area Critica Medico-Chirurgica Università degli Studi e A.O.U. Careggi Viale G. Pieraccini, 6 – 50139 Firenze Tel. 0554271470 – 0554271006 E.mail: [email protected] vo danno muscolare (2). Virus quali echovirus, coxachie, influenza, epatite B, Herpes, rosolia, Epstein Barr, HIV, vaccini e la penicillamina sono stati annoverati in vari studi scientifici come possibili fattori esterni possibili “trigger” agenti su la suddetta predisposizione genetica (3,4). Al contrario quando tale patologia colpisce soggetti con età superiore a 60 anni si è notata un’associazione con vari tipi di neoplasie in circa il 15-25% dei casi (5) con predilezione per il sesso maschile. Non sembra esistere una stretta correlazione temporale tra le due manifestazioni: la neoplasia può precedere, concorrere o seguire l’episodio della miosite come fenomeno paraneoplastico; si considera come limite per la comparsa dei sintomi clinici del tumore, i due o tre anni che seguono o precedono la diagnosi di miosite. Il quadro clinico con il quale si presenta la DM è caratterizzato da astenia con esordio spesso subdolo coinvolgente la muscolatura prossimale degli arti e del cingolo scapolo-omerale progressivamente ubiquitaria sino ad interessare anche i muscoli del collo, della fonazione, masticatori e della deglutizione. Per meglio indagare sul sintomo astenia è utile chiedere al paziente se negli 126 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto ultimi tempi ha presentato difficoltà nello svolgimento di comuni atti quotidiani della vita quali posizionare un oggetto su di un piano rialzato, pettinarsi, salire o scendere delle scale, sollevarsi dalla posizione accovacciata, sollevare il capo. Nell’esame obiettivo bisogna andare a cercare con attenzione la riduzione della forza muscolare, l’eventuale dolorabilità esplicitata da una minima compressione muscolare sino all’evidenza di una franca atrofia muscolare. Il rash cutaneo patognomonico (eliotropo) è caratterizzato dalla colorazione violacea-rossastra delle palpebre superiori con associato edema delle stesse (l’edema può precedere di mesi, anni la sintomatologia muscolare). Si possono riscontrare anche le papule di Gottron ossia placche rossastre localizzate a livello delle nocche delle dita, ginocchia o gomiti, caviglie. Nella fase florida di malattia sono di frequente osservazione le artralgie, mentre nel 30% dei casi il paziente riferisce disfagia (causa l’interessamento già citato della muscolatura coinvolta nella deglutizione). La sintomatologia polmonare è tipicamente in relazione al coinvolgimento dell’interstizio con dispnea, tosse stizzosa, toracodinia come peraltro presente nelle altre forme di connettiviti. L’ i n t e ressamento polmonare ha un’incidenza di circa il 45%, si manifesta sotto forma di polmoniti (ab ingestis), infezioni delle basse ed alte vie respiratorie e rappresenta un’importante causa di mortalità nei pazienti affetti da DM (6). Sono descritti in letteratura casi di glomerulonefrite e conseguente insufficienza renale (1). Per quanto concerne la diagnostica di laboratorio oltre ad una elevazione degli indici di flogosi (VES, PCR, α·2globuline), sono alterati gli enzimi muscolari ed in particolare il CPK. Quest’ultimo è di fondamentale importanza perché le sue variazioni monitorizzano l’andamento della malattia; bisogna però ricordare che nelle primissime fasi della DM, o quando è già presente l’atrofia muscolare, le titolazioni del CPK possono risultare anche entro il range di normalità. La ricerca degli autoanticorpi condotta con metodiche ELISA ha dimostrato che nel 15-25% dei pazienti si riscontra una positività per gli anticorpi anti Mi2 (Mi2 è una proteina coinvolta nei processi regolatori di replicazione, riparazione ed espressione genetica), mentre in circa l’80% dei casi sono dimostrabili gli anticorpi anti-nucleo (ANA). L’elettromiografia-neurografia (EMGENG) viene eseguita per consentire di registrare il pattern tipico di danno a localizzazione muscolare, ma poi viene integrata con la biopsia muscolare. La sede idonea per eseguire la biopsia solitamente è a livello della muscolatura prossimale degli arti, preferibilmente dove l’interessamento muscolare è maggiormente evidente. L’istologia evidenzia aree di degenerazione focale o diffusa delle fibre muscolari scheletriche, alternate a zone di rigenerazione di fibre con grossi nuclei vescicolari, infiltrati infiammatori cronici; se la patologia è presente da tempo si possono osservare fibrosi interstiziale e perimisiale (7). Da segnalare che in una percentuale che oscilla dal 10 al 20% dei casi non sono evidenziabili alterazioni patologiche in particolare quando c’è associazione tra patologia neoplastica e DM. I criteri diagnostici attualmente più usati sono quelli di Bohan e Peter del 1975 (8); la diagnosi di D.M. è accertata quando sono presenti almeno tre dei seguenti: a) debolezza dei muscoli prossimali, b) elevati tassi di CPK, c) alterazioni elettromiografiche d) alterazioni istologiche e) presenza di rash cutaneo caratteristico. Quando sono presenti 2 criteri può definirsi probabile, mentre con un solo criterio, possibile. Rispetto ai classici criteri di Bohan, attualmente la biopsia muscolare è considerata il “gold standard” dal punto di vista diagnostico (con le dovute considerazioni già specificate). È importante considerare che non tutti i criteri diagnostici sovra elencati devono essere presenti all’esordio della DM, perché talora sono presenti i segni cutanei e la miosite si sviluppa mesi dopo (9), mentre le caratteristiche muscolari possono essere presenti anche senza o con un rash cutaneo molto sfumato (10). La diagnosi differenziale deve necessariamente includere tutte le patologie che coinvolgano l’apparato muscoloscheletrico. DESCRIZIONE DEL CASO CLINICO È giunta alla nostra osservazione nel mese di ottobre 2009 la sig. U.L. di anni 79, origine caucasica, presentando in anamnesi remota soltanto una pregressa colecistectomia nel 1972 per patologia litiasica ed un episodio lipotimico occorsole nel 2008 con conseguente trauma cranico minore e frattura rotulea destra senza peraltro alcun reliquato motorio e/o cognitivo. Assumeva saltuariamente FANS per riferite osteoartralgie alla colonna dorsale. La paziente riferiva da circa sette giorni astenia ingravescente con associata impotenza funzionale localizzata elettivamente alla muscolatura prossimale degli arti superiori (cingoli scapoloomerali) e degli inferiori. All’esame obiettivo si evidenziava uno “sfumato” rash cutaneo a livello delle palpebre superiori di colore violaceo con lieve imbibizione delle stesse. Apiretica, eupnoica ed in buon compenso emodinamico. Sottoposta alle prime indagini strumentali e laboratoristiche veniva rivelato un aumento considerevole di CPK totale con valori di 13.384 U/L (v.n. 24-180), AST 217 U/l (v.n. 2-5), ALT 109 U/l (v.n. 2-5), LDH 959 U/l (v.n. 60-22), VES 90 mm/h (v.n. 0-30), con normalità degli ormoni tiroidei. Venivano eseguiti prelievi per il dosaggio degli Galanti A., Scolieri P., Marci M. - Una rara associazione di dermatomiosite e liposarcoma… autoanticorpi (prima di iniziare terapia medica), che poi risultarono essere nei limiti della norma come peraltro i markers per epatite virale A, B, C e HIV. L’elettrocardiogramma, l’ecocardiogramma e l’Rx del torace non mostravano alcun reperto patologico. Dopo una attenta visita neurologica nella quale si riscontrava ipostenia prevalente a livello deltoideo e degli ileopsoas bilateralmente, la paziente veniva sottoposta ad elettromiografia ed elettroneurografia degli arti superiori ed inferiori che evidenziava “segni di denervazione a livello di ileopsoas e deltoide bilateralmente con rilievi elettrofisiologici indicativi di miosite”. Una biopsia muscolare rivelatrice di miosinolisi, atrofia perifascicolare e presenza di infiltrati di cellule infiammatorie (per lo più linfociti e rari macrofagi “ reattivi”) confermava il sospetto diagnostico di dermatomiosite. Nel frattempo alla paziente veniva somministrata terapia steroidea ed idratazione con cristalloidi e dieci giorni dopo l’ingresso in reparto presentava CPK 5604 U/l, AST 135 U/l, ALT 80 U/l, LDH 729 U/l. In considerazione del presupposto che nel soggetto anziano la dermatomiosite si associa a neoplasie nel 15-25% dei casi, a seconda delle diverse casistiche citate in letteratura scientifica (1), la paziente veniva sottoposta a diversi esami clinicostrumentali tra cui una TC total body che rilevava “… formazione espansiva retroperitoneale sinistra di aspetto ovoidale, dimensioni di 9,2 cm per 4,1 cm sita posteriormente alle anse intestinali ed inferiormente al muscolo psoas ed al polo inferiore del rene sinistro”. Tale immagine era suggestiva per liposarcoma, diagnosi che poi veniva confermata all’esame istologico con prelievo effettuato mediante biopsia TC guidata. La paziente non volle essere sottoposta immediatamente ad intervento chirurgico ed il decesso avvenne un mese dopo presso il proprio domicilio, per quanto è dato sapere, in seguito ad improvvisa insufficienza cardio-respiratoria (riscontro diagnostico non eseguito). DISCUSSIONE La correlazione esistente tra patologie reumatiche e varie forme di neoplasia è ben conosciuta in letteratura scientifica, ma l’individuazione nella pratica clinica è spesso fonte di sforzi notevoli per lo staff medico che si trova di fronte al caso clinico specifico. Le sindromi paraneoplastiche sono quadri clinici “reumatici” che compaiono in concomitanza ad una neoplasia, indotti dalla stessa mediante la produzione di ormoni, mediatori autocrini o paracrini, anticorpi e linfociti citotossici (con la mediazione del sistema immunitario). Quest’ultimo meccanismo si ritiene sia responsabile delle miopatie infiammatorie croniche (in par- 127 ticolare nel caso della DM) associate a neoplasie. Si ritiene che alcuni tumori presentino, durante il loro sviluppo, autoantigeni miosite specifici (anti Mi2, anti Jo1, anti Ku) espressi sui mioblasti, ma non evidenti nelle cellule muscolari normali. Con lo sviluppo del tumore l’aumentata espressione di suddetti antigeni produce linfociti T e B specifici per cui in certi pazienti l’effetto di un fattore esterno (virale, farmacologico o traumatico, come già discusso nell’introduzione), sul tessuto tumorale potrebbe innescare danno muscolare, comparsa di mioblasti, rigenerazione e induzione di livelli di autoantigeni miosite specifici tali da riattivare risposte immunitarie già sviluppate nella fase della risposta antitumorale iniziale. Questo modello di autoimmunità crociata, tumore indotta, può giustificare il miglioramento clinico-laboratoristico della DM che si osserva talora dopo la rimozione chirurgica della neoplasia. Il razionale potrebbe essere trovato nel fatto che alla riduzione/eliminazione della massa tumorale con conseguente riduzione/eliminazione degli autoantigeni miosite specifici possa determinare una riduzione della risposta autoimmune. Per quanto attiene al nostro caso clinico bisogna sottolineare che pazienti affetti dalla associazione DM/neoplasia possono presentare bassi valori di CPK se non addirittura compresi nel range di normalità e negatività degli autoanticorpi miosite specifici. La DM più comunemente si associa a tumore ovarico, polmonare, gastrico, colon retto, pancreas, linfomi non Hodgkin (11,12) e raramente al sarcoma di Kaposi (13,14). Il liposarcoma che rappresenta il secondo per diffusione dei sarcomi dei tessuti molli nell’adulto con localizzazione nel 2040% dei casi nel retroperitoneo non sembra mai essere stato messo in relazione con la dermatomiosite. CONCLUSIONI Dalla disamina della letteratura scientifica, per quanto è a nostra conoscenza, non è stata mai descritta l’associazione DM-liposarcoma. Le sindromi paraneoplastiche riconoscono come fattori di rischio l’età avanzata, motivo per il quale la presentazione improvvisa senza sintomi prodromici ed il riscontro di un’elevata velocità di eritrosedimentazione, deve sempre far pensare a questa possibilità diagnostica. L’associazione neoplasiaDM è così percentualmente elevata per cui in letteratura esiste ormai il consenso, specialmente per soggetti in età geriatrica, ad eseguire, dopo aver diagnosticato la DM, uno screening neoplastico sino a tre anni seguenti la diagnosi (TC toraceaddome-pelvi, mammografia per le donne e ricerca del sangue occulto nelle feci ecc.) (15). Il caso da noi descritto offre lo spunto per segnalare 128 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto come è fondamentale conoscere l’associazione esistente tra patologie del sistema immunitario e neoplasie (sotto forma di sindromi paraneoplastiche) quando le prime vengano osservate in età avanzata e non accontentarsi di una “apparente” diagnosi che potrebbe comportare danni irreparabili al paziente e, non da ultimo, problematiche medico legali a tutto lo staff medico intervenuto nel caso in oggetto. Comunicazione presentata al XXII Congresso Nazionale della S.I.G.Os. – Roma 12-15 Maggio 2010. BIBLIOGRAFIA 1. KLIPPEL J.H., DIEPPE P.A.: Rheumatology. II Ed., vol. 3, Cap. 7. 2. PACHMAN L.M., FRIEDMAN J.M., MARYJOWSKI-SWEENEY M.L., JONNASON O., RADVANY R.M., SHARP G.C., COBB M.A., BATTLES N.D., CROWE W.E., FINK C.W.: Immunogenetic studies of juvenile derma tomyositis. III. Study of antibody to organ-specific and nuclear antigens. Arthritis Rheum. 1985; 28: 151-157. 3. COTTERIL J.A., SHAPIRO H.: Dermatomyositis after immunisation. Lancet 1978; 25: 1158-1159. 4. JANI F.M., GRAY J.P., LANHAM J.: Influenza vaccine and dermatomyo sitis. Vaccine 1994; 12: 1484. 5. CALLEN J.P., WORTMANN R.L.: Dermatomyositis. Clin. Dermatol. 2006; 24: 363-373. 6. SELVA O’CALLAGHAN, LABRADOR-HORRILLO M., MUÑOZGALL X., MARTÍNEZ-GOMEZ X., MAJÓ-MASFERRER J., SOLANSLAQUE R., SIMEON-AZNAR C.P., MORELL-BROTARD F., VILAR DELL-TARRÉS M.: Polimyositis/Dermatomyositis- associated lung disease: analysis of series of 81 patients. Lupus 2005; 14: 534-542. 7. KAGEN L.J.: Polimyositis/Dermatomyositis. In: Mc Carty D.J.: Arthritis and allied conditions. 11 Ed. Philadelphia: Lea and Febiger 1989; pp. 1092. 8. BOHAN A., PETER J.B.: Polymyositis and dermatomyositis (first of two parts). N. Engl. J. Med. 1975; 292: 344-347. 9. WHITMORE S.E., WATSON R., ROSENSHEIN N.B., PROVOST T.T.: Dermatomyositis sine myositis: association with malignancy. J. Rheumatol. 1996; 23: 101-105. 10. DALAKAS M.C.: Polymyositis, dermatomyositis and inclusion-body myositis. N. Engl. J. Med. 1991; 325: 1487-1498. 11. BUCHBINDER R., FORBES A., HALL S., DENNETT X., GILES G.: Incidence of malignant disease in biopsy-proven inflammatory myopathy. A population-based cohort study. Ann. Int. Med. 2001; 134: 1087-1095. 12. HILL C.L., ZHANG Y., SIGURGEIRSSON B., PUKKALA E., MEL LEMKJAER L., AIRIO A., EVANS S.R., FELSON D.T.: Frequency of speci fic cancer types in dermatomyositis and polymyositis: a population-based study. Lancet 2001; 357: 96-100. 13. LOUTHRENOO W., KASITANON N., MAHANUPHAB P., BHOOPAT L., THONGPRASERT S.: Kaposi’s sarcoma in rheumatic disea ses. Seminar. Arthritis Rheum. 2003; 32: 326-333. 14. SIMEONI S., PUCCETTI A., MORUZZI S., TINAZZI E., PETERLANA D., LUNARDI C.: Dermatomyositis complicated with Kaposi sarcoma: a case report. Clin. Rheumatol. 2007; 26: 440-442. 15. DALAKAS M.C., HOHLFELD R.: Polimyositis and Dermatomyositis. Lancet 2003; 362: 971-982. 129 PROGETTO COPE (CONTROL OF PAIN IN THE ELDERLY) Madaio R.A., Gianni W.°, Ceci M., Zuccaro S.M. Ospedale Israelitico Roma ° I.N.R.C.A.-I.R.C.C.S. sede di Roma Riassunto: Il dolore cronico rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica nel mondo occidentale, arrivando a interessare fino al 36% della popolazione. Il 26% della popolazione adulta del nostro Paese, quindi 1 italiano su 4, soffre di dolore cronico, che risulta essere prevalentemente di natura non-oncologica. Un ulteriore dato di rilevante importanza, che emerge dagli studi epidemiologici, è quello relativo alla gestione della terapia antalgica per il trattamento del dolore moderato-severo: quasi il 70% dei pazienti che soffre di dolore cronico riceve una terapia antalgica a base di FANS. Queste tematiche hanno rappresentato il punto di partenza per lo sviluppo del progetto COPE (COntrol of Pain in the Elderly). Uno strumento cardine del progetto COPE è la cartella clinica informatizzata appositamente studiata da S.I.G.Os., con l’obiettivo di fornire uno strumento che guidi il clinico alla corretta gestione del dolore cronico, oncologico e non, nell’anziano e all’uso appropriato degli oppioidi per il paziente geriatrico “collaborante”. Parole chiave: dolore cronico, paziente anziano, oppioidi. Summary: Chronic pain is a major public health problem in the Western world, coming to affect up to 36% of the popula tion. 26% of the adult population of our country, and one Italian out of four suffers from chronic pain, being mostly non-onco logy. Another matter of great importance, which emerges from epidemiological studies, is on the management of analgesic the rapy in the treatment of moderate to severe pain, almost 70% of patients suffering from chronic pain received analgesic the rapy based NSAIDs. These issues have been the starting point for the development of the COPE project (Control of Pain in the Elderly). A central instrument of the COPE project is specifically designed to computerized medical records S.I.G.Os., with the aim of providing a tool to guide the clinician in the proper management of chronic pain, cancer and non-elderly and the appropriate use of opioids for the geriatric compliance of patient. Key words: chronic pain, elderly, opioid. Il dolore cronico rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica nel mondo occidentale, arrivando a interessare fino al 36% della popolazione. Recenti studi epidemiologici di ampia portata confermano questi dati sottolineando la rilevanza sociale del dolore cronico, ovvero un dolore che persiste da più di 6 mesi. In base ai dati di queste indagini, il 26% della popolazione adulta del nostro Paese, quindi 1 italiano su 4, soffre di dolore cronico, che risulta essere prevalentemente di natura non oncologica (Fig. 1) (1-2). Un ulteriore dato di rilevante importanza, che emerge dagli studi epidemiologici, è quello relativo alla gestione della terapia antalgica per il trattamento del dolore moderato-severo: quasi il 70% dei pazienti che soffre di dolore cronico riceve una terapia antalgica a base di FANS. L’uso improprio di questa classe farmacologica contribuisce a collocare il nostro Paese all’ultimo posto, insieme a Grecia e Portogallo, nell’impiego di oppioidi forti, unici analgesici indicati per il trattamento del dolore cronico d’intensità moderata-severa (Tab. 1) (3). Questi dati assumono ancora più rilievo se si considera che il dolore interferisce in modo significativo con il sonno, la mobilità, la postura e che un terzo dei pazienti associa la depressione con il dolore. Anche per questi motivi il dolore va trattato nel modo più tempestivo ed efficace possibile. Definito come il “quinto segno vitale” dal dipartimento del Veterans Affairs americano, il dolore deve essere valutato routinariamente, con la stessa attenzione con cui si valutano la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, la temperatura corporea e la frequenza respiratoria (4-9). Recentemente è stata approvata la legge 38 del 15 Marzo del 2010 che riconosce il dolore cronico come “malattia” e non solo come sintomo. Un Indirizzo per la corrispondenza: [email protected] Fig. 1 – Cause più comuni di dolore riferite da pazienti affetti da dolore cronico (n = 4.292). Artrite/osteoartrite Ernie/dischi deteriorati Lesioni traumatiche Artrite reumatoide Emicranie Frattura/deterioramento spinale Danni al nervo Danni alla cartilagine Colpo di frusta Chirurgia 4 4 4 3 8 7 6 12 15 34 130 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto Tab. 1 – Tipo di trattamento nella gestione del dolore cronico Peso totale FANS Oppioidi deboli Paracetamolo Inibitori COX-2 Oppioidi forti 44 23 18 6 5 UK Francia (n=300) (n=300) 23 50 38 3 12 25 19 38 6 4 Germania Italia (n=302) (n=300) 54 20 2 8 4 68 9 6 7 0 Spagna (n=301) Polonia (n=300) Svezia (n=300) Norvegia (n=304) Danimarca (n=303) 49 13 8 2 1 71 28 8 1 4 27 36 26 7 3 24 50 45 11 6 38 8 0 8 11 L’Italia si distingue per l’elevata percentuale di FANS utilizzati e la quasi inesistente percentuale di oppioidi forti passaggio importante della legge prevede che medici ed infermieri dovranno misurare e segnalare in cartella clinica il dolore riportato dai pazienti, oltre ai farmaci con i quali viene trattato. Un’indagine condotta dalla S.I.G.Os. nel 2006 presso reparti geriatrici di 7 città italiane ha dimostrato che il 67,3% dei pazienti anziani ricoverati in ospedale risultava affetto da dolore cronico, con un’intensità del dolore da moderata a grave (NRS ≥4). È importante sottolineare che la maggior parte di questi pazienti non riceveva alcun trattamento antalgico. L’undertreatment del dolore nel paziente anziano assume grande importanza dato che il dolore incide profondamente sulla qualità di vita di questi soggetti, compromettendo le capacità relazionali, i rapporti sociali, lo stato dell’umore e la sfera cognitiva (10). Da queste considerazioni emerge quanto sia importante affrontare in modo adeguato il dolore cronico nel paziente anziano. La necessità di una maggiore sensibilizzazione su queste tematiche ha rappresentato il punto di partenza per lo sviluppo del progetto COPE (COntrol of Pain in the Elderly). Patrocinato da S.I.G.Os. e realizzato in collaborazione con Grünenthal, questo progetto è specificatamente rivolto a geriatri e internisti. Come accennato inizialmente, molte sono le sfide da affrontare nella lotta al dolore cronico; una delle più importanti è quella di avere piena consapevolezza del “problema dolore” nel paziente geriatrico, in termini sia di prevalenza che di ripercussioni sulla qualità di vita. Indipendentemente dalla causa che genera il dolore cronico, quest’ultimo non deve essere considerato solo un sintomo ma una vera e propria malattia, con un pesante impatto sulla vita di re l a- zione e sugli aspetti psicosociali della persona, soprattutto se di età avanzata. Per questa ragione non deve essere sottovalutato ma trattato nel modo più tempestivo e completo possibile (Tab. 2) (11). Il razionale del progetto COPE nasce da quanto discusso fino ad ora: fornire un quadro esaustivo del dolore cronico nell’anziano, chiarire il ruolo della terapia con oppioidi, favorire la gestione del paziente nella pratica clinica quotidiana (Tab. 3). Uno strumento cardine del progetto COPE è la cartella clinica informatizzata appositamente studiata da S.I.G.Os, con l’obiettivo di fornire uno strumento che guidi il clinico alla corretta gestione del dolore cronico, oncologico e non, nell’anziano e all’uso appropriato degli oppioidi per il paziente geriatrico “collaborante”. Tramite la cartella clinica on line il clinico potrà raccogliere i dati indispensabili per un corretto inquadramento del dolore, per l’impostazione di un’adeguata terapia analgesica e per il monitoraggio della risposta a tale trattamento, sia in termini di efficacia che di tollerabilità. La pagina iniziale della cartella clinica permette di inserire tutti i dati anagrafici del paziente, il tipo di dolore e l'intensità del dolore mediante l’utilizzo della scala Number Rate Scale (NRS), la terapia antalgica e la terapia al bisogno che il paziente sta assumendo, e differenziare se il dolore è di tipo oncologico o non (Figg. 2, 3). Inoltre per una valutazione più accurata è preTab. 3 Progetto COPE Per sensibilizzare la classe medica nei confronti del dolore cronico Tab. 2 Tutti coloro che operano nel SSN hanno l’obbligo di conoscere di più sul dolore per consentire un più adeguato trattamento e un miglioramento della qualità di vita di 1 italiano su 4, affetto da una vera e propria malattia: il dolore cronico. Per ottimizzare la gestione del paziente anziano con dolore cronico Terapia consapevole con farmaci oppioidi Uso di strumenti semplici e validati nel follow-up Madaio R.A., Gianni W., Ceci M., Zuccaro S.M. - Progetto COPE… 131 Fig. 2 vista una valutazione geriatrica mediante l’utilizzo delle seguenti scale: – Mini Mental State Examination (MMSE), strumento rapido e sensibile per esplorare le funzioni cognitive e seguirne le modificazioni nel tempo; Fig. 3 – scala del dolore neuropatico (SDN), per una valutazione specifica del dolore di origine neuropatico; – Basic Activity Daily Living B-ADL, strumento utilizzato per valutare in modo accurato le sei attività di base come fare il bagno, vestirsi, toilette, spostarsi, continenza, alimentazione; 132 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto – SF-12 per una valutazione soggettiva dello stato di salute; – PBI Brief Pain Inventory- Mario Negri, strumento agevole per una rapida valutazione della complessità del dolore e le ricadute sull’umore e le principali attività quotidiane; – la Beck Depression Inventory BDI, è scala di autovalutazione per valutare lo stato depressivo. Successivamente il clinico imposterà la nuova terapia antalgica e l’eventuale terapia al bisogno. Ad ogni visita successiva il medico potrà riaprire la scheda del paziente e valutare di nuovo l’intensità e le caratteristiche del dolore ed even- tualmente somministrare di nuovo le scale somministrate inizialmente ed impostare la nuova terapia antalgica (12,13). In conclusione la cartella clinica informatizzata oltre ad essere uno strumento utile al clinico per un corretto inquadramento del dolore e per una impostazione e un monitoraggio adeguati della terapia analgesica, permette di controllare automaticamente gran parte dei dati che vengono immessi evitando dimenticanze, immettere in modo coerente ed omogeneo i dati ed infine avere la possibilità di un controllo continuo dell’intera raccolta dati. BIBLIOGRAFIA 1. BREIVIK H., COLLETT B., VENTAFRIDDA V., et al.: Survey of chronic pain in Europe: prevalence, impact on daily life, and treatment. Eur. J. Pain. 2006; 10: 287-333. 2. BROCHET B., et al.: Population-based study of pain in the elderly people: a descriptive survey. Age ageing 1998; 27: 279-284. 3. CHOU R., FANCIULLO G.J., FINE P.G., et al.: Clinical guidelines for the use of chronic opioid therapy in chronic noncancer pain. J. Pain. 2009; 10: 113-130. 4. FERRELL B.A., FERRELL B.R., OSTERWEIL D.: Pain in the nursing home. J. Am. Geriatr. Soc. 1990 Apr; 38: 409-414. 5. KALSO E., ALLAN L., DELLEMIJN P.L., et al.: Recommendations for using opioids in chronic non-cancer pain. Eur. J. Pain 2003; 7: 381-386. 6. KALSO E., EDWARDS J.E., MOORE R.A., et al.: Opioids in chronic noncancer pain: systematic review of efficacy and safety. Pain 2004; 112: 372-380. 7. KAMBOJ S.K., TOOKMAN A., JONES L., et al.: The effects of immedia te-release morphine on cognitive functioning in patients receiving chronic opioid therapy in palliative care. Pain 2005; 117: 388-395. 8. KURITA GP, DE MATTOS PIMENTA CA, NOBRE MR.: Opioids and cognition by patients with chronic pain: a systematic review. Rev. Assoc. Med. Bras. 2008; 54: 529-536. 9. KURITA G.P., LUNDORFF L., PIMENTA C.A. et al.: The cognitive effects of opioids in cancer: a systematic review. Support Care Cancer 2009; 17: 11-21. 10. GIANNI W., MADAIO R.A., DI CIOCCIO L., et al.: Prevalence of pain in elderly hospitalized patients. Arch. Gerontol. Geriatr. 2010 Nov-Dec; 51: 273-6. Epub 2009 Dec 23. 11. PERGOLIZZI J., BÖGER R.H., BUDD K., et al.: Opioids and the mana gement of chronic severe pain in the elderly: consensus statement of an International Expert Panel with focus on the six clinically most often used World Health Organization Step III opioids (buprenorphine, fentanyl, hydro morphone, methadone, morphine, oxycodone). Pain Pract. 2008; 8: 287-313. 12. www.sigos.it 13. www.progettoCOPE.com SEZIONE NURSING Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto 133 NURSING: ASSISTENZA INTRA ED EXTRA OSPEDALIERA AL PAZIENTE CARDIOPATICO Rosso B., Galleazzi M.*, Marin M.**, Gasparato F.°, Rebellato M.°° Infermiera S.C.U. Geriatria e M.M.O., A.O.U. S. Giovanni Battista, Torino * Coordinatrice Inferm.ca S.C.U. Geriatria e M.M.O., A.O.U. S. Giovanni Battista, Torino ** Dietista Ospedale S. Chiara, Trento ° Infermiera Ospedalizzazione a Domicilio, S.C.U. Geriatria, A.O.U. S. Giovanni Battista, Torino °° Responsabile Counselling Ospedalizzazione a Domicilio, S.C.U. Geriatria, A.O.U S. Giovanni Battista, Torino Riassunto: Nel nostro Paese le malattie dell’apparato cardiovascolare rappresentano un importante problema di Sanità Pubblica essendo la prima causa di decesso, con i tassi di mortalità più elevati nella fascia d’età tra 60 e 79 anni; si configurano inoltre come la principale causa di inabilità nella popolazione anziana. Tra le malattie cardiocircolatorie si evidenziano l’infarto del miocardio, le malattie valvolari, la fibrillazione atriale, lo stroke e lo scompenso cardiaco. La presa in carico ad opera del professionista, deve necessariamente tenere conto di un obiettivo fondamentale, rappresentato dal recupero o mantenimento dell’autonomia del paziente, al fine di supportare la continuità assistenziale. L’identificazione precoce di pazienti ad alto rischio può essere fondamentale per ottimizzare le strategie terapeutiche e, di conseguenza, migliorare l’outcome. Nell’ambito del Progetto Cuore l’Istituto Superiore di Sanità ha elaborato, quale “strumento predittivo” in regime di prevenzione primaria la Carta del rischio cardiovascolare. Sono stati rilevati i dati su una popolazione di 10233 uomini e 15895 donne di età compresa fra 35 e 74 anni: raccolti e validati 932 eventi coronarici (233 fatali) e 471 cerebrovascolari (152 fatali) occorsi in un tempo mediano di 10 anni. Le linee guida suggeriscono raccomandazioni che hanno lo scopo di ridurre i fattori di rischio attraverso la modificazione dello stile di vita acquisito dal paziente nel corso degli anni. Gli ambiti di educazione comprendono: adeguata alimentazione, attività fisica, cessazione del fumo, controllo del peso corporeo, valori pressori nella norma. Le attività di educazione terapeutica e counselling devono pertanto essere all’attenzione di tutti i professionisti coinvolti. Di particolare rilievo il ruolo educativo e di supporto svolto dall’infermiere, sia durante la fase di ricovero del paziente sia attraverso attività predisposte in regime non degenziale. Parole chiave: Rischio cardiovascolare, prevenzione, educazione terapeutica, intervento dietetico. Summary: In our Country cardiovascular system diseases represent an important Public Health trouble, because they’re the first cause of death, with the highest mortality rate in the age range from 60 to 79 years old; they’re also the main cause of disability in elderly people. Among cardiovascular diseases stand out myocardial infarction, valvular diseases, atrial fibrillation, stroke and cardiac decompensation. The patient admission, due to the work of professionals, must necessarily consider a fundamental target, which is recovery or conservation of residual autonomy of the patient. The early identification of high-risk patients can be vital to optimize therapeutic approaches and, consequently, improve the outcome. On the occasion of Progetto Cuore the Istituto Superiore di Sanità elaborated, as a predictive tool in primary prevention con text, the Paper of cardiovascular risk (Carta del rischio cardiovascolare). To the updating of the Paper, they considered data about a population of 10233 men and 15895 women, in the age range from 35 to 74 years old. The results obtained were: 932 coronary incidents (233 fatal) and 471 cerebrovascular (152 fatal), occurred in average 10 years. Guidelines suggest recom mendations with the aim to reduce risk factors through a variation of the lifestyle the patient’s adopted over the years. Areas of education include: correct diet, physical activity, smoking cessation, weight control and the maintenance of correct pressu re values. Every involved professional should be interested in therapeutic education and counselling. The educational and supporting nurse’s role has got a special importance, both during patient hospitalization and during extra hospital background care-activities. Key words: Cardiovascular risk, prevention, therapeutic education, dietary treatment. Nel nostro Paese le malattie cardiovascolari rappresentano un rilevante problema di Sanità Indirizzo per la corrispondenza: Manuela Rebellato Ospedalizzazione a Domicilio A. O. U. S. Giovanni Battista C.so Bramante, 88 – 10126 Torino Tel. 0116334771 Pubblica in quanto sono le principali cause di mortalità, morbilità e inabilità. Le priorità indicate dal Piano Sanitario Nazionale 2010-2012 sono dedicate alla promozione degli stili di vita sani, all’identificazione dei soggetti ad alto rischio, e alla gestione del paziente che ha già avuto un evento cardiovascolare. Lo studio longitudinale Hale (“Healthy A- 134 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto geing” comprendente 1507 uomini ed 832 donne di età compresa tra 70 e 90 anni), dopo aver valutato l’effetto dei singoli fattori separati (attività fisica, dieta mediterranea, moderata assunzione di alcool e astensione dal fumo) ha correlato i diversi stili di vita con la mortalità per tutte le cause a 10 anni, la morbilità coronarica e cardiovascolare. Lo studio ha dimostrato che le curve di sopravvivenza migliorano significativamente allorché ad uno stile di vita si assommano progressivamente gli altri (1). I risultati indicano che lo stile di vita sano nel soggetto anziano è positivamente correlato ad una riduzione del rischio di mortalità soprattutto per le patologie cardiovascolari (2). Nelle strategie di prevenzione un ruolo decisivo viene riconosciuto all’attività infermieristica in particolare per quanto riguarda l’educazione sanitaria all’utente e ai suoi familiari o a gruppi mirati, per il controllo e la correzione dei fattori di rischio. Nell’ambito del Progetto Cuore l’Istituto superiore di sanità ha elaborato, quale “strumento predittivo” in regime di prevenzione primaria la Carta del rischio cardiovascolare. I nuovi dati epidemiologici relativi alle malattie cardiovascolari sono stati presentati il 14 e 15 aprile 2010 nell’ambito della IV Conferenza Nazionale sulla Prevenzione Cardiovascolare in Italia. L’aggiornamento della carta del rischio è stato possibile grazie all’inclusione nel data-base del Progetto CUORE della coorte dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare arruolata nel 1998; ciò ha permesso di raggiungere la numerosità di 10233 uomini e 15895 donne di età compresa fra 35 e 74 anni, sui quali sono stati raccolti e validati 932 eventi coronarici (233 fatali) e 471 cerebrovascolari (152 fatali) occorsi in un tempo mediano di 10 anni. L’aggiornamento della carta contiene un quinquennio in più (70-74 anni) rispetto alla precedente effettuata nel 2003. Dai dati emerge che negli uomini aumentano in modo significativo obesità (dal 19% al 25%) e sindrome metabolica (dal 24 al 28%), si riduce l’abitudine al fumo (dal 31% al 24%); nelle donne l’obesità (24%), sindrome metabolica (22%) e diabete (8%) rimangono praticamente invariate, ai livelli già elevati registrati. Un dato interessante è che queste variazioni riguardano in modo particolare il livello socio-economico più basso, dove raddoppiano i valori della prevalenza di diabete (16% nel livello socio-economico più basso, 6% nel livello socioeconomico più elevato), sindrome metabolica (33% nel livello socio-economico più basso, 17% nel livello socioeconomico più elevato), obesità (32% nel livello socio-economico più basso rispetto al 19% nel livello socio-economico più alto) la prevalenza di ipertesi non trattati rimane alta (24% contro il 18%) e l’abitudine al fumo rimane elevata (23%). È stato possibile costruire funzioni di rischio specifiche per uomini e donne e per fasce di età 35- 54 anni e 55-74 anni (età, pressione arteriosa sistolica, colesterolemia, abitudine al fumo e diabete) (2). Per quanto riguarda l’andamento dei fattori di rischio e delle condizioni a rischio, infatti, si è rilevato, sia negli uomini che nelle donne, l’andamento in discesa della pressione arteriosa sia sistolica che diastolica, andamento dovuto non solo alla aumentata proporzione degli ipertesi trattati adeguatamente, ma in maggior misura all’aumento della proporzione di persone con valori di pressione arteriosa inferiori a 140/90 mmHg quindi ad un beneficio dovuto a strategie preventive di comunità; un aumento significativo della colesterolemia media e un aumento significativo della glicemia (3). Attualmente solo il 30% dei soggetti ultraottantenni è curato efficacemente per l’ipertensione che può condurre a complicanze cerebrali e disturbi cognitivi, e risulta essere un fattore predisponente per la demenza vascolare. La fibrillazione atriale colpisce 6,8 milioni di persone in Europa e negli U.S.A. con una prevalenza dell’8,8% nei soggetti con età compresa tra 80-99 anni. In Italia, i dati dell’ILSA (studio multicentrico sulla popolazione ultrasessantacinquenne) indicano una prevalenza di scompenso cardiaco del 5% in soggetti tra 65-69 anni che raggiunge la percentuale del 12% negli ultraottantenni (4). Il CHF (Congestive Heart Failure) studio condotto per tre anni in Italia, ha evidenziato quanto la comorbilità risulti significativamente più elevata nei pazienti con scompenso cardiaco. Un altro aspetto del medesimo studio sottolinea che i disturbi cognitivi e le condizioni di non autosufficienza si presentano con maggiore frequenza nei soggetti con scompenso e spesso il buon esito del trattamento è condizionato, oltre che dalla complessità clinica, anche dagli aspetti cognitivi, funzionali e sociali. Alla polipatologia si associa la polifarmacoterapia, l’età avanzata, la scarsa aderenza ai trattamenti con conseguente incremento del rischio di eventi a cascata e disabilità (5). Divengono pertanto necessari per questi pazienti ad alta complessità, la valutazione multidimensionale e l’intervento di molteplici figure sanitarie di tipo medico specialistico, infermieristico ed assistenziale (6). In questa tipologia di pazienti la probabilità di ospedalizzazione risulta del 41% rispetto ai tre anni dell’osservazione dello studio, con una mortalità intraospedaliera del 24,5% e di oltre il 50% a trentasei mesi. Aumenta inoltre la p robabilità di riospedalizzazione rispetto ai pazienti non scompensati (7,8). Lo scompenso cardiaco è l’unica patologia cardiovascolare maggiore a presentare un’incidenza in continuo aumento negli ultimi 40 anni. I fattori che hanno portato a questi progressivi incrementi sono molteplici: invecchiamento della popolazio- Rosso B., Galleazzi M., Marin M., et al. - Nursing: assistenza intra ed extra… ne, riduzione della mortalità per eventi acuti cardiovascolari, efficacia del trattamento delle malattie croniche (cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa e diabete mellito) ed aumentata sopravvivenza per malattie neoplastiche, trattate con chemioterapici potenzialmente cardiotossici e radioterapia (con successivo possibile sviluppo di cardiomiopatie attiniche). Diversi autori, probabilmente non a torto, hanno definito lo scompenso cardiaco l’“epidemia del millennio” (9,10). La diagnosi di scompenso cardiaco cronico non è generalmente percepita come quella di una malattia grave in termini di invalidità e di mortalità soprattutto da parte della popolazione. Tuttavia, i dati epidemiologici lo identificano come una patologia ad elevata incidenza e prevalenza, assai grave in termini di morbilità, mortalità, riduzione della qualità di vita con elevati costi sociali (11-12). Per la gestione ottimale di questa patologia, che vede frequenti riacutizzazioni e coinvolge differenti figure professionali nei diversi setting di cura, è di fondamentale importanza assicurare la continuità assistenziale secondo percorsi di cura condivisi. La gestione delle malattie card i o v a s c o l a r i necessita di un tipo di approccio multiprofessionale, attraverso una rete integrata di servizi intra ed extraospedalieri (13). La presa in carico ad opera del professionista, deve necessariamente tenere conto dell’obiettivo fondamentale rappresentato dal recupero o mantenimento dell’autonomia del paziente. La fase di assessment infermieristico e la conseguente identificazione dei bisogni del paziente, permette l’individuazione dei fattori di rischio su cui orientare l’educazione terapeutica (14). Le linee guida suggeriscono delle raccomandazioni che hanno lo scopo di ridurre notevolmente i fattori di rischio e che agiscono sullo stile di vita. Gli ambiti di educazione comprendono: adeguata alimentazione (Knoops et al.,2004 – level II), attività fisica (Netz et al.,2005 – level I), cessazione del fumo (U.S. Department of Health and Human Services, “The health consequences” 2004 – level I), controllo del peso corporeo (American hearth association Nutrition Committee et al., 2006 – level I), valori pressori nella norma (“Seventh report” 2004 – level I) (15). I pazienti affetti da scompenso cardiaco cronico vanno inoltre incontro a una significativa perdita dell’appetito con conseguente riduzione dell’intake alimentare (16). Per quanto le cause non siano ancora del tutto note includono una serie di fattori tra cui: le alterazioni del gusto e dell’olfatto, le indicazioni dietetiche sulla restrizione di sodio e liquidi, l’isolamento sociale, le alterazioni della perfusione e della barriera intestinale (17). L’evoluzione più grave nel paziente con scom- 135 penso cardiaco cronico è l’insorgenza della cachessia cardiaca che per gravità dei sintomi è assimilabile alla cachessia neoplastica. La prevenzione secondaria deve focalizzarsi su interventi atti a trattare per quanto possibile la cachessia (fattore di rischio indipendente per la mortalità) ritardandone ove possibile l’insorgenza e la progressione (17). Da un punto di vista clinico la cachessia cardiaca è costantemente caratterizzata da almeno tre elementi: anoressia, perdita di nutrienti attraverso il tratto gastro-enterico ed ipermetabolismo. L’edema intestinale (da insufficienza cardiaca destra) causa malassorbimento, mentre la dispnea e l’attivazione del sistema simpatico aumentano la spesa energetica a riposo del 20% con una perdita di azoto che può arrivare a 15-18 gN/die (18). Ne consegue un significativo calo di peso con perdita della massa muscolare, della massa grassa e, della massa ossea. Nessun intervento nutrizionale può ridurre la perdita della massa muscolare quando si è instaurata la cachessia cardiaca (19), Quando questa situazione clinica non si è instaurata, il recupero di peso nei pazienti con scompenso cardiaco cronico rappresenta un importante fattore prognostico. Per quanto riguarda i pazienti obesi affetti da scompenso cardiaco cronico è utile un calo di peso del 10 % al fine di evitare il sovraccarico cardiaco: il calo ponderale auspicato dovrebbe comunque essere graduale e avvenire sotto stretto monitoraggio clinico e metabolico. Le Linee Guida SINPE (Società Italiana di Nutrizione Enterale e Parenterale) ed ESPEN (The European Society for Clinical Nutrition and Metabolism) per il trattamento nutrizionale dello scompenso cardiaco cronico consigliano apporti energetici pari a 25 kcal/Kg die (REE x 1,5) proteici pari a 1,2-1,5 g /Kg di peso attuale die e infine apporti idrici di 20 ml /Kg/die in particolar modo nell’anziano (20). L’intervento dietetico, sebbene gli studi siano ancora limitati in questo senso, prevede una limitazione del sodio a 2 g die nelle condizioni più avanzate della patologia. In linea più generale l’indicazione è quella di escludere gli alimenti a maggior contenuto in sodio (come contenuto di base) nonché i cibi conservati sotto sale e già precucinati contenenti sale tra gli ingredienti. L’esclusione degli alimenti a maggior contenuto in sodio determina a sua volta l’esclusione di cibi a elevato contenuto in grassi saturi e colesterolo altra limitazione importante nella dieta del paziente con scompenso cardiaco. Il principale limite alla compliance presentato dalle diete a marcata restrizione sodica (esclusione del sodio aggiunto come Nacl) è dato dalla scarsa palatabilità degli alimenti “senza sale aggiunto” così come delle pietanze preparate senza aggiunta di sale (Nacl) in particolare se si tiene conto dell’al- 136 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto terazione del gusto che si riscontra nei pazienti con scompenso cardiaco (ageusia). Per quanto riguarda i liquidi, una moderata restrizione idrica è indicata particolarmente nei pazienti con sintomatologia più severa in quanto apporti idrici elevati negativizzano gli effetti positivi dei diuretici e inducono iponatremia. L’assunzione frazionata di liquidi è indicazione necessaria onde evitare il sovraccarico cardiaco così come la ripartizione dell’alimentazione in più pasti di ridotto volume e a maggior densità energetica. Alcuni studi segnalano come favorevole la somministrazione di antiossidanti e vitamine del gruppo B.e le vitamine C, E, A e D3. In particolare può essere utile come nel caso di altre patologie infiammatorie croniche la somministrazione di acidi grassi polinsaturi della serie omega 3 dalle ormai note proprietà antinfiammatorie e anticataboliche. È stato dimostrato da tempo che l’acido eicosapentanoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA) sono in grado di inibire la produzione di citochine pro infiammatorie e ridurre l’attivazione dei linfociti T e non solo. L’aderenza a diete iposodiche e in linea di massima a tutti i trattamenti nutrizionali che prevedano cambiamenti significativi nelle abitudini alimentari è senza dubbio più complicata nei pazienti di età avanzata che possono presentare tra l’altro (e non certo di minor importanza) problematiche di tipo socio-economico cui si associano spesso patologie neurologiche importanti quali la depressione, l’Alzheimer, la SLA ecc., con gravi conseguenze e limitazioni sull’autonomia e sulla qualità di vita della persona (20). Ove non risulti possibile la copertura dei fabbisogni di cui sopra mediante la sola dieta e in particolare nei pazienti più defedati e/o inappetenti e nel paziente anziano è indicato un supporto con integratori nutrizionali proteico-calorici (pool di aminoacidi) da inserire nell’ambito di un intervento terapeutico multidisciplinare allargato che preveda inoltre interventi di educazione terapeutica al paziente e interventi di counselling (allargato eventualmente ai familiari) al fine di garantire una migliore ed efficace compliance al trattamento medico e nutrizionale proposti (21-23). Un recente studio sulla prevalenza dell’ipertensione nei soggetti anziani nel post dimissione, evidenzia che al ritorno al proprio domicilio, i pazienti hanno avuto un ulteriore abbassamento dei livelli pressori, con un aumento del rischio delle cadute e di episodi sincopali (24). A questo proposito, le raccomandazioni suggeriscono particolare attenzione del rispetto dei tempi nelle variazioni posturali (Kenney, 2003 – level V). Al fine di ottimizzare l’approccio clinico-terapeutico, che comporta spesso la somministrazione di molteplici farmaci in associazione, è necessario prevedere un approccio globale che tenga conto delle priorità di intervento e della adesione al trattamento per periodi protratti. Assoluto rilievo all’interno di questo percorso di cura assume pertanto l’attività di nursing e di counseling, le quali dovranno essere attivate precocemente e ad ogni livello assistenziale. Il rischio di ricorrenti episodi di instabilizzazione della malattia richiede, fin dal momento dell’ingresso nel reparto di degenza, una valutazione complessiva delle problematiche cliniche e socio-assistenziali, un’azione di counseling (conoscenza della malattia, adeguato stile di vita, adesione alla terapia farmacologica con ottimizzazione della posologia, monitoraggio di parametri clinici di semplice rilevazione, comunicazione dei percorsi assistenziali da intraprendere in caso di peggioramento clinico) ed un’accurata programmazione delle dimissioni. Per i pazienti affetti da SC è necessario definire dei percorsi educativi che prendano in considerazione diversi aspetti legati a questa patologia: riconoscimento precoce dei segni e dei sintomi, corretta assunzione dei farmaci, controllo costante del peso corporeo, alimentazione corretta con dieta iposodica, appropriato esercizio fisico. Gli interventi educativi devono chiaramente essere appropriati e mirati in base alle condizioni del paziente e alla fase in cui si trova la sua patologia. Le attività di educazione terapeutica e counseling devono essere sempre all’attenzione di tutti i professionisti coinvolti. Di particolare rilievo il ruolo educativo e di supporto svolto dall’infermiere, sia durante la fase di ricovero del paziente sia durante la gestione territoriale. In entrambi i casi, l’intervento di educazione terapeutica dovrebbe essere avviato precocemente, da un lato anticipando il più possibile il momento di contatto con il paziente durante la fase di ricovero, dall’altro pianificando attività di consultazione in ambulatori dedicati attraverso “consulti telefonici”. Rosso B., Galleazzi M., Marin M., et al. - Nursing: assistenza intra ed extra… 137 BIBLIOGRAFIA 1. KNOOPS K.T.B., DE GROOT L.C.P.G.M., KROMHOUT D., PERRIN A.-E., MOREIRAS-VARELA O., MENOTTI A., VAN STAVEREN W.A.: Mediterranean Diet, Lifestyle Factors, and 10-Year Mortality in Elderly European Men and Women. JAMA 2004. 2. RENGO F., LEOSCO D., IACOVONI A., et al.: Epidemiologia clinica e fattori di rischio per scompenso cardiaco nell’anziano. Ital. Heart J. 2004; 5 (Suppl 10): 9S-16S. 3. THOM T.J., EPSTEIN F.H.: Evolving trends in the epidemiological factors of heart failure: rationale for preventive strategies and comprehensive disease management. Am. Heart J. 1997; 133: 703-712. 4. BRESSAN M., BORTOLAN G., CAVAGGION C., FUSARO S.: Normal electrocardiogram in the aged (the ILSA (Italian Longitudinal Study of Aging) Project. G. Ital. Cardiol. 1998 Jan; 28(1): 22-28. 5. GRAPPASONI I.: L’invecchiamento e la salute: incidenza di patologie car diovascolari negli anziani. www.telemeditalia.it 6. ARESS (AGENZIA REGIONALE PER I SERVIZI SANITARI): Percorso Integrato di Cura dello Scompenso Cardiaco Regione Piemonte 2009. 7. HO K.K.L., PINSKY J.L., KANNEL W.B., et al.: The epidemiology of heart failure: the Framingham study. J. Am. Coll. Cardiol. 1993; 22(Suppl A): 6-13A. 8. OJUKWU C., PATEL R., DATTA S.: Prevention of coronary heart disease (CHD) in general practice. www.ashfordstpeters.nhs.uk/…/1121_2009-03. 9. MAZZELLA F.: Marcatori di fragilità in età avanzata: ruolo della fragilità nel recupero funzionale del cardiopatico anziano. 2009 Dottorato thesis, Università degli Studi di Napoli Federico II. 10. HOES A.W., MOSTERD A., GROBBEE D.E.: An epidemic of heart fai lure? Recent evidence from Europe. Eur. Heart J. 1998; 19(Suppl L): L2-8. 11. BERRY C., MURDOCH D.R., McMURRAY J.J.V.: Economics of chronic heart failure. Eur. J. Heart Fail. 2001; 3: 283-291. 12. RENGO F., DELLA MORTE D., D’AMBROSIO G., et al.: Stili di vita e patologia cardiovascolare nell’anziano. G. Gerontol. 2006; LIV: 102-109. 13. Coke L.A.: Cardiac risk assessment of the older cardiovascular patient: the framingham global risk assessment tools. Best practice in Nursing Care to older adults. From the Hartford Institute Cardiovascular Nurse’s Association. SP3, 2010. 14. Consensus conference. Il percorso assistenziale del paziente con scompen so cardiaco. G. Ital. Cardiol. 2006; 7: 383-432. 15. National Guideline Clearinghouse 2008 (www.guideline.gov). 16. GIBSS C.R., JACKSON G., et al.: ABC of heart failure Non-drug manage ment. BMJ 320 (5 february 2000); 366-369. 17. SANDEK A., BAUDITZ J., et al.: Altered intestinal function in patients with cronic heart failure. J. Am. Coll. Cardiol. 2007; 50: 1561-1569. 18. Linee Guida SINPE – ESPEN. 19.von Haehling S., Lainscak M., et al.: Cardiac cachexia: A systematic over view. Pharmacology & Therapeutics 2009; 121: 227-252. 20. ANKER S.D., LAVIANO A., et al.: Guidelines on Parenteral Nutrition: On Cardiology and Pneumology. Clinical Nutrition 2009; 28: 455-460. 21. AQUILANI R., OPASICH C., et al.: Adequate energy-protein intake is not enough to improve nutritional and metabolic status in muscle-depleted patients with chronic heart failure. European Journal of Heart Failure 2008; 10: 1127-1135. 22. PRICE R.J.G., MILES D., et al.: Defining the nutritional status and die tary intake o folder heart failure patients. European Journal of Cardiovascular Nursing 2007; 6: 178-183. 23. PACCAGNELLA A.: La Cachessia Cardiaca in Cardiologia e Cardio chirurgia. In: Atti del Convegno dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica. Levico Terme (Aprile 2005) 141-154. 24. ASTENGO M., BONETTO M., ISAIA G., et al.: Blood pressure varia tions after hospital discharge in older adults with hypertension. JAGS 2010; vol 58, NO.7: 1406-1407. Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto 139 VITA AGLI ANNI a cura di: Sabatini D. IL BARBIERE DI SIVIGLIA OVVERO IL DISPREZZO DELLA VECCHIEZZA Non conosco le ragioni antropologiche che portano gli uomini anziani a desiderare e a sposare le donne giovani. Quando mi succede di interessarmene, rimango alle spiegazioni più facili: il piacere estetico, i riflessi della bellezza e della giovinezza su di sé, il bisogno di dimostrare la propria vitalità biologica. Chi affronta con più competenza le problematiche della coppia vecchio uomo - giovane donna, magari anche nei luoghi giusti della televisione, dopo un vasto e dotto preambolo, finisce sempre col riportare il fenomeno ai moventi essenziali: l’interesse economico di lei, le voglie inquiete di lui. Il quale, dovunque si collocasse nella scala delle scelte, è sempre derisibile per i suoi pensieri fuori età, come dicono abbondantemente l’esperienza di ognuno e le numerose opere di letteratura. Nei quadri, poi, tutto è chiarissimo: lui ha una mano sul corpo di lei, seno o glutei; lei ha una mano sul portafoglio di lui. Nei secoli dei secoli. Più complesso è lo studio della coppia, quando il vecchio dovrebbe avere verso la giovane un obbligo di protezione, come è, per esempio, un parente o un tutore. Proporsi con i sentimenti in mano ad una donna minorenne, di cui si devono difendere gli interessi, va oltre le espressioni della psicologia, e meriterebbe qualche spiegazione, anche di fronte alla legge. Tuttavia, per provare a parlarne con leggerezza, si può rimanere dentro lo schema vecchiaia giovinezza - sessualità - soldi, buono per tutto, dalle barzellette fino alle più elevate espressioni artistiche, come appunto “Il barbiere di Siviglia”. (…) il signore don Bàrtolo (in Spagna sono tutti “don”, dai preti in giù), é un anziano dottore in Medicina e tutore di una giovane ragazza, Rosina, descritta docile ma non remissiva, onesta ma non ingenua. Come talvolta succede ai tutori, Bartolo é avidissimo. Egli anela non solo al corpo della ragazza, che già sarebbe un bel desiderio proibito, ma soprattutto ai soldi. (…) Oltre alla vecchiaia, Bartolo ha mille altri difetti. È avaro, geloso, sospettoso; tiene segregata la ragazza a triplice mandata di chiavi, perennemente controllata dalla servitù, nell’attesa di murarle il balcone e di far costruire porte da cui “nemmen l’aria entrar potrà”. È subdolo, infido, brontolone, presuntuoso, convinto che nessuno possa “infinocchiarlo” neppure con “imposture” ben costruite. (…) Bartolo si circonda, ovviamente, di persone più cattive di lui. Una, in particolare, don Basilio, che sarebbe una specie di prete, visti gli abiti che indossa e la mano perennemente benedicente, insegna musica alla “pupilla”. Nonostante gli abiti talari o proprio in virtù di essi, Basilio è descritto come “un solenne imbroglion di matrimoni, un collo torto, un vero disperato, sempre senza un quattrino”. Più precisamente egli è un denigratore scientifico dell’umanità intera; infatti, per sbarazzarsi del rivale in amore, consiglia a Bartolo di distruggerlo con la diffamazione. Bartolo rifiuterà l’idea malsana, ma non per remore morali, non per un minimo senso di appartenenza alla specie umana, ma perché il sistema di diffusione e di amplificazione delle maldicenze, come gli viene proposto, fa perdere tempo, mentre “qui stringe il bisogno”. E però accetterà la calunnia come mezzo strategico, quando gli verrà proposta da don Alonso, finto allievo di don Basilio, per diffamare il conte Almaviva verso Rosina. (…..) Bene. Tanta cattiveria a piene mani e tanta vecchiaia “barbogia” e “rimbambita” toccano ancor più il nostro senso estetico e morale - gerontologicamente parlando - perché contrapposte ad una gioventù sempre pulita e generosa. La “pupilla” Rosina è innamorata di un giovane studente squattrinato e ne apprezza le tenerissime serenate. Alla fine della storia lei saprà che l’oggetto del suo amore, in realtà, è un ricco conte, mostratosi sotto mentite spoglie, solo per essere sicuro della sincerità dei suoi sentimenti. Tuttavia, allo svelamento dell’identità, Rosina non s’offenderà nemmeno un po’ per essere stata messa alla prova, anticipando quanto dirà un secolo dopo Cesare Pavese, che le donne amano sempre disinteressatamente, poiché anche quando sposano un uomo ricco, sanno prendersi cura - prima - di innamorarsene. L’altro giovane, il conte di Almaviva, che pure qualche piccolo raggiro lo combina, si muove soltanto sulla spinta dell’Amore, e tanto basta per scagionarlo dai peccatucci. Quanto egli sia vane- 140 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto sio e cascamorto con le donne ce lo dirà Mozart ne “Le nozze di Figaro”, ma con gli anni, sappiamo tutti, non si può che peggiorare (…). Infine Figaro (..) che non è un gran lavoratore, ma fa tutto, e se lo fa pagare bene. Antesignano di Bill Gate, si fa pagare anche le idee a suon di monete d’oro. Quasi come Robin Hood, egli ruba ai ricchi per tenere tutto per sé. Figaro sembra astutissimo. In realtà, nel seguito di Mozart, sarà la moglie a spiegargli che, se il conte di Almaviva ha preteso la sua camera da letto molto vicina alla sua, non è per eccesso di generosità, non è per avere servitori e servizi a portata di mano, ma per potergli insidiare e usare con maggiore facilità proprio la moglie. Comunque sia, anche quando mostrasse qualche defaillance, anche quando le sue azioni non avessero per fine né la giustizia né il bene, egli ha sempre dalla sua la simpatia. E questo, finché si è giovani, sembrerebbe bastare. Don Bartolo ha una governante, Berta, verso cui non nutre fiducia, non ritenendola neppure capace di sorvegliare una porta (atto II scena VII) o forse, ritenendola dalla parte della pupilla, come tutte le vecchie domestiche. Berta, diversamente dal padrone, nutre pensieri più rispettosi verso l’anagrafe. Lei impreca contro la vecchiaia, ma prima ancora contro l’amore che stravolge l’anima delle persone di qualunque età, che è “un male universale, una smania, un pizzicore, un solletico, un tormento”. Anche lei, Berta, sente l’amore dentro di sé, ma non può mostrarlo, perché alla “vecchiaia maledetta” non è concesso. E allora, è meglio morire. Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto 141 GERIATRIA NEL MONDO a cura di: Zanatta A. TROMBOEMBOLIA VENOSA RICORRENTE DOPO L’INTERVENTO CHIRURGICO CONTRO IL TROMBOEMBOLISMO IN PAZIENTE INTERNISTICO WHITE R.H., MURIN S., WUN T., DANIELSEN B. Journal of Thrombosis and Haemostatis, vol. 8, Issue 5, pages 987-997, May 2010. Background: l’incidenza di recidiva di tromboembolismo venoso (TEV) varia in base alla natura del fattore di rischio precipitante, soprattutto in pazienti chirurgici (provoked) o di tipo internistico (unprovoked). Obiettivi: confrontare l’incidenza e il decorso di recidiva di TEV in paziente internistico versus paziente chirurgico (sono stati valutati nove diversi tipi di intervento). Pazienti/Metodi: analisi retrospettiva in un ospedale della California e schede di dimissione di reparto. Tra il 1997 e il 2007, gli episodi analizzati di TEV conseguenti ad interventi chirurgici erano diagnosticati entro 60 giorni. L’incidenza di recidiva di tromboembolia venosa è stata confrontata con specifici periodi di follow up analizzando età, razza, sesso, evento di TEV, anno e co-morbidità. Risultati: l’incidenza cumulativa di recidiva di TEV a 4 anni secondo Kaplan-Meier è stata del 14,7% (95% CI: 14,2-15,1) nel gruppo di pazienti internistici e del 7.6% (CI: 7,0-8,2) in 11797 pazienti sottoposti a chirurgia (P <0,001). La riduzione del rischio complessivo è stato del 48% nei pazienti chirurgici rispetto a quelli internistici. Il rischio più basso (P <0,001) pari al 64% si ha dopo l’intervento chirurgico di bypass coronarico, inferiore del 25% (P = 0,06) rispetto alla chirurgia del disco. Il rischio di recidiva di TEV a 1-5 anni dopo il primo evento era significativamente più basso nel gruppo chirurgico (HR = 0.47, CI: 0,41-0,53). All’interno del gruppo chirurgico, il rischio di recidiva di tromboembolia venosa è risultata simile in uomini e donne (HR = 1.0; CI: 0,8-1,3). Conclusioni: il rischio di recidiva di tromboembolia venosa dopo chirurgia è stata di circa il 50% inferiore rispetto al paziente internistico. Ciò conferma l’opinione che la TEV dopo chirurgia è associata ad un più basso rischio di recidiva. Vi è però eterogeneità del rischio associata alle diverse tipologie di interventi chirurgici. Commento: la tromboembolia post chirurgica è un evento ampiamente probabile e prevenibile specie nei pazienti anziani dopo chirurgia ortopedica. La tromboembolia in pazienti internistici invece è causata da molteplici fattori (neoplasie, etc.) che rendono la prevenzione e il trattamento più complesso. In particolare per la prevenzione della tromboembolia nel paziente neoplastico è più utile l’eparina a bpm che l’anticoagulante. 142 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto CALENDARIO CONGRESSI XXII Congresso Nazionale S.I.G.Os. Gestione e Trattamento delle Malattie Geriatriche Roma 12-15 Maggio 2010 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net Convegno Regionale S.I.G.Os. La Geriatria sarda nella terra della longevità Sassari 12 Giugno 2010 Per informazioni: Congress Line Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net 5° Congresso Nazionale FIMeG Invecchiare bene si può Roma 14-16 Giugno 2010 Per informazioni: Congress Line Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net 21st International Congress on thrombosis 2010 Milano 6-9 Luglio 2010 Per informazioni: ARSEducandi Srl Viale Gian Galeazzo 20136 Milano Tel. 02 58189242/62 Fax 02 8373448 E.mail: [email protected] [email protected] Web: www.arseducandi.it Corso Nazionale SIC Sport San Daniele del Friuli 10-11 Settembre 2010 Per informazioni: Congress Line Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net 6° Corso Nazionale Teorico-Pratico per Medici, Ingegneri, Tecnici e Infermieri del Laboratorio di Aritmologia Conegliano 20-22 Ottobre 2010 Castelbrando - Cison di Valmarino TV Per informazioni: Congress Line Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net 55° Congresso SIGG Invecchiamento e longevità: più geni o più ambiente? Firenze 30 Novembre 2010 - 4 Dicembre 2010 Per informazioni: Promo Leader Service Congressi Via della Mattonaia 17, 50121 Firenze Tel. +39 055 2462201 Fax +39 055 2462270 E.mail: [email protected] Web: www.promoleader.com XIII Convegno Nazionale Geriatrico “Dottore Angelico” Città di Aquino - Città di Cassino La Geriatria Arte, Scienza e Cuore al servizio delle criticità dell’Anziano: multimorbilità e danno cerebrale Città di Aquino 9 Dicembre 2010 Città di Cassino 10 Dicembre 2010 Per informazioni: Congress Line Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto 143 NORME PER GLI AUTORI La rivista GERIATRIA prende in esame per la pubblicazione articoli contenenti argomenti di geriatria. I contributi possono essere redatti come editoriali, articoli originali, review, casi clinici, lettere al direttore. I manoscritti devono essere preparati seguendo rigorosamente le norme per gli Autori pubblicate di seguito, che sono conformi agli Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Editors editi a cura dell’International Committee of Medical Journal Editors (Ann Intern Med 1997; 126: 36-47). Non saranno presi in considerazione gli articoli che non si uniformano agli standards internazionali. I lavori in lingua italiana o inglese vanno spediti in triplice copia (comprendente pagina di titolo, riassunto in inglese, parole chiave in inglese, testo, figure, tabelle, didascalie, bibliografia) con relativo dischetto a: Geriatria - C.E.S.I. - Casa Editrice Scientifica Internazionale Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 06 44241343-44290783 Fax. 06 44241598 [email protected] www.cesiedizioni.com In caso di invio on-line si prega di salvare il testo in rich text format (rtf). L’invio del dattiloscritto sottintende che il lavoro non sia già stato pubblicato e che, se accettato, non verrà pubblicato altrove né integralmente né in parte. Tutto il materiale iconografico deve essere originale. L’iconografia tratta da altre pubblicazioni deve essere corredata da permesso dell’Editore. La rivista recepisce i principi presentati nella Dichiarazione di Helsinki e ribadisce che tutte le ricerche che coinvolgano esseri umani siano condotte in conformità ad essi. La rivista recepisce altresì gli International Guiding Principles for Biomedical Research Involving Animals raccomandati dalla WHO e richiede che tutte le ricerche su animali siano condotte in conformità ad essi. Il lavoro deve essere accompagnato dalla seguente dichiarazione firmata da tutti gli Autori: “I sottoscritti Autori trasferiscono la proprietà dei diritti di autore alla rivista Geriatria, nella eventualità che il loro lavoro sia pubblicato sulla stessa rivista. Essi dichiarano che l’articolo è originale, non è stato inviato per la pubblicazione ad altra rivista, e non è stato già pubblicato. Essi dichiarano di essere responsabili della ricerca, che hanno progettato e condotto e di aver partecipato alla stesura e alla revisione del manoscritto presentato, di cui approvano i contenuti. Dichiarano inoltre che la ricerca riportata nel loro lavoro è stata eseguita nel rispetto della Dichiarazione di Helsinki e dei Principi Internazionali che regolano la ricerca sugli animali”. Gli Autori accettano implicitamente che il lavoro venga sottoposto all’esame del Comitato di Lettura. In caso di richiesta di modifiche, la nuova versione corretta deve essere inviata alla redazione o per posta o per via e-mail sottolineando ed evidenziando le parti modificate. La correzione delle bozze di stampa dovrà essere limitata alla semplice revisione tipografica; eventuali modificazioni del testo saranno addebitate agli Autori. Le bozze corrette dovranno essere rispedite entro 10 giorni a Geriatria - C.E.S.I. - Casa Editrice Scientifica Internazionale, Via Cremona, 19 - 00161 Roma. In caso di ritardo, la Redazione della rivista potrà correggere d’ufficio le bozze in base all’originale pervenuto. I moduli per la richiesta di estratti vengono inviati insieme alle bozze. Gli articoli scientifici possono essere redatti nelle seguenti forme: Editoriale. Su invito del Direttore, deve riguardare un argomento di grande rilevanza in cui l’Autore esprime la sua opinione personale. Sono ammesse 10 pagine di testo dattiloscritto e 50 citazioni bibliografiche. Articolo originale. Deve portare un contributo originale all’argomento trattato. Sono ammesse 14 pagine di testo dattiloscritto e 80 citazioni bibliografiche. L’articolo deve essere suddiviso nelle sezioni: introduzione, materiali e metodi, risultati, discussione, conclusioni. Nell’introduzione sintetizzare chiaramente lo scopo dello studio. Nella sezione materiali e metodi descrivere in sequenza logica come è stato impostato e portato avanti lo studio, come sono stati analizzati i dati (quale ipotesi è stata testata, tipo di indagine condotta, come è stata fatta la randomizzazione, come sono stati reclutati e scelti i soggetti, fornire dettagli accurati sulle caratteristiche essenziali del trattamento, sui materiali utilizzati, sui dosaggi di farmaci, sulle apparecchiature non comuni, sul metodo stilistico...). Nella sezione dei risultati dare le risposte alle domande poste nell’introduzione. I risultati devono essere presentati in modo completo, chiaro, conciso eventualmente correlati di figure, grafici e tabelle. Nella sezione discussione riassumere i risultati principali, analizzare criticamente i metodi utilizzati, confrontare i risultati ottenuti con gli altri dati della letteratura, discutere le implicazioni dei risultati. Review. Deve trattare un argomento di attualità ed interesse, presentare lo stato delle conoscenze sull’argomento, analizzare le differenti opinioni sul problema 144 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 4 Luglio/Agosto trattato, essere aggiornato con gli ultimi dati della letteratura. Sono ammesse 25 pagine di testo dattiloscritto e 100 citazioni bibliografiche. Caso Clinico. Descrizioni di casi clinici di particolare interesse, Sono ammesse 8 pagine di testo e 30 citazioni bibliografiche. L’articolo deve essere suddiviso nelle sezioni: introduzione, caso clinico, discussione, conclusioni. Preparazione dei lavori I lavori inviati devono essere dattiloscritti con spazio due, su una sola facciata (circa 28 righe per pagina) e con margini laterali di circa 3 cm. Gli Autori devono inviare 3 copie complete del lavoro (un originale e due fotocopie) e conservare una copia dal momento che i dattiloscritti non verranno restituiti. Le pagine vanno numerate progressivamente: la pagina 1 deve contenere il titolo del lavoro; nome e cognome degli Autori; l’istituzione ove il lavoro è stato eseguito; nome, indirizzo completo di C.A.P. e telefono dell’Autore al quale dovrà essere inviata ogni corrispondenza. Nella pagina 2 e seguenti devono comparire un riassunto e le parole chiave in inglese; il riassunto deve essere al massimo di 150 parole. Nelle pagine successive il testo del manoscritto dovrà essere così suddiviso: Introduzione, breve ma esauriente nel giustificare lo scopo del lavoro. Materiali e metodi di studio: qualora questi ultimi risultino nuovi o poco noti vanno descritti detta-gliatamente. Risultati. Discussione. Conclusioni. Bibliografia: le voci bibliografiche vanno elencate e numerate nell’ordine in cui compaiono nel testo e compilate nel seguente modo: cognome e iniziali dei nomi degli Autori in maiuscolo, titolo completo del lavoro in lingua originale, nome abbreviato della Rivista come riportato nell’Index Medicus, anno, numero del volume, pagina iniziale e finale. Dei libri citati si deve indicare cognome e iniziali del nome dell’Autore (o degli Autori), titolo per esteso, nome e città dell’editore, anno, volume, pagina iniziale e finale. Ta b e l l e: vanno dattiloscritte su fogli separati e devono essere contraddistinte da un numero arabo (con riferimento dello stesso nel testo), un titolo breve ed una chiara e concisa didascalia. Didascalie delle illustrazioni: devono essere preparate su fogli separati e numerate con numeri arabi corrispondenti alle figure cui si riferiscono; devono contenere anche la spiegazione di eventuali simboli, frecce, numeri o lettere che identificano parti delle illustrazioni stesse. Illustrazioni: tutte le illustrazioni devono recar scritto sul retro, il numero arabo con cui vengono menzionate nel testo, il cognome del primo Autore ed una freccia indicante la parte alta della figura. I disegni ed i grafici devono essere eseguiti in nero su fondo bianco o stampati su carta lucida ed avere una base minima di 11 cm per un’altezza massima di 16 cm. Le fotografie devono essere nitide e ben contrastate. Le illustrazioni non idonee alla pubblicazione saranno rifatte a cura dell’Editore e le spese sostenute saranno a carico dell’Autore. I lavori accettati per la pubblicazione diventano di proprietà esclusiva della Casa editrice della Rivista e non potranno essere pubblicati altrove senza il permesso scritto dell’Editore. I lavori vengono accettati alla condizione che non siano stati precedentemente pubblicati. Gli Autori dovranno indicare sull’apposita scheda, che sarà loro inviata insieme alle bozze da correggere, il numero degli estratti che intendono ricevere e ciò avrà valore di contratto vincolante agli effetti di legge. Gli articoli pubblicati su GERIATRIA sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. N.B.: I lavori possono essere inviati via email a [email protected] oppure per posta su CD o pen drive salvati in word. Pietro Delise Elettrocardiografia clinica deduttiva CASA EDITRICE SCIENTIFICA INTERNAZIONALE Volume in brossura, Edizione 2011 E 30,00 Per ordini spedire a C.E.S.I. - Via Cremona, 19 • 00161 Roma anche via fax ✄ Sì, desidero ricevere ELETTROCARDIOGRAFIA CLINICA DEDUTTIVA di Pietro Delise al prezzo di E 70,00 Cognome ....................................…….......... Nome ……………………… Tel. ……………………………………………… Via .........................................................……………… CAP …………… Città ……………………………………………… Firma .................................………………….... Contributo fisso spese imballo e spediz E 5,00 ■ Anticipato a mezzo Assegno Bancario (non trasfer.) allegato intestato a CESI TOTALE E ..............……........... ■ A mezzo vers. C/C N. 52202009 intestato a CESI ■ American Express (c/c N. ………………… Validità ……………… Firma ………………………………………………) Per ordini telefonici 06.44.290.783 - 06.44.241.343 Fax 06.44.241.598 Via Cremona, 19 - 00161 Roma Partita IVA ........................................................ (solo per chi desidera la fattura) Aritmie Vol. I – Fisiopatologia e diagnosi… Volume rilegato, Edizione 2008 650 pagine circa E 150,00 Aritmie Vol. II – Prognosi e terapia… Volume rilegato, Edizione 2010 800 pagine circa E 150,00 Per ordini spedire a C.E.S.I. - Via Cremona, 19 • 00161 Roma anche via fax ✄ Sì, desidero ricevere A R I T M I E di PIETRO DELISE Volume 1 E 150,00 Volume 2 E 150,00 Opera completa E 260,00 Cognome ....................................…….......... Nome ……………………… Tel. ……………………………………………… Via .........................................................……………… CAP …………… Città ……………………………………………… Firma .................................………………….... Contributo fisso spese imballo e spediz E 5,00 ■ Anticipato a mezzo Assegno Bancario (non trasfer.) allegato intestato a CESI TOTALE E ..............……........... ■ A mezzo vers. C/C N. 52202009 intestato a CESI ■ American Express (c/c N. ………………… Validità ……………… Firma ………………………………………………) Per ordini telefonici 06.44.290.783 - 06.44.241.343 Fax 06.44.241.598 Via Cremona, 19 - 00161 Roma Partita IVA ........................................................ (solo per chi desidera la fattura) Offerta speciale per i Soci S.I.G.Os. in regola con la quota sociale Didona B. DERMATOLOGIA GERIATRICA Volume in brossura, Ed. 2004 350 pagine circa con figure a colori E 25,00 E 12,50 Camaioni A. OTORINOLARINGOIATRIA GERIATRICA Volume in brossura, Ed. 2004 110 pagine circa con figure a colori E 20,00 E 10,00 Sanguinetti C.M. BPCO NELL’ANZIANO Volume in brossura, Ed. 2005 200 pagine circa E 25,00 E 12,50 E 12,50 Scuteri A. CARDIOLOGIA GERIATRICA Volume in brossura, Ed. 2005 150 pagine circa E 25,00 E 12,50 E 12,50 Marci M. ANGIOLOGIA GERIATRICA Volume in brossura, Ed. 2006 400 pagine circa con figure a colori E 25,00 E 12,50 Zuppi P. ENDOCRINOLOGIA GERIATRICA Volume in brossura, Ed. 2006 370 pagine circa E 25,00 E 12,50 Cotroneo A.M. ORTOGERIATRIA Volume in brossura, Ed. 2006 270 pagine circa E 25,00 E 12,50 Madaio R.A. – Gianni W. ANZIANO SENZA DOLORE Volume in brossura, Ed. 2009 90 pagine circa E 25,00 E 12,50 Bacci M. MEMORY TRAINING E GINNASTICA MENTALE PER L’ANZIANO Volume in brossura, Ed. 2000 192 pagine circa E 13,00 E Cotroneo A.M. – Stralla U. URGENZE MEDICHE NELL’ANZIANO Volume in brossura, Ed. 2004 267 pagine circa E 20,00 Di Cioccio L. IL GIURAMENTO DI IPPOCRATE Volume rilegato, Ed. 2007 210 pagine circa Palleschi L. CODICE ARGENTO Volume in brossura, Ed. 2009 300 pagine circa Palleschi M. – Magnolfi S.U. GERIATRIA NEL MONDO Volume in brossura, Ed. 2009 250 pagine circa E 20,00 E 25,00 E 25,00 Palleschi M. – Zuccaro S.M. GUIDA AL TRATTAMENTO E ALLA GESTIONE DELLE MALATTIE GERIATRICHE Volume rilegato, Ed. 2008 1600 pagine circa E 100,00 Mercieri A. – Mercieri M. ACQUA ELETTROLITI E PH - II Edizione Volume in brossura, Ed. 2007 275 pagine circa E 20,00 Mercieri A. – Mercieri M. DIAGNOSI A COLPO D’OCCHIO Volume in brossura, Ed. 2007 130 pagine circa E 15,00 6,50 E 10,00 E 10,00 E 50,00 E 10,00 E 7,50 ✄ Sì, desidero ricevere ❑ Non Socio ❑ Socio (sconto del 50% se in regola con la quota sociale) Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E .................. .................. .................. .................. .................. .................. .................. .................. ................ Cognome ................................….......... Nome ……………………… Tel. …………………………………… Via ..........................................……...............……… CAP …………… Città ……………………..………… Firma .................................... Contributo fisso spese imballo e spediz E 5,00 Anticipato a mezzo Assegno Bancario (non trasfer.) allegato intestato a CESI TOTALE E ................ A mezzo vers. C/C N. 52202009 intestato a CESI American Express (c/c N. ………………… Validità ……………… Firma ………………………………………………) Per ordini telefonici 06.44.290.783 - 06.44.241.343 Fax 06.44.241.598 Via Cremona, 19 - 00161 Roma [email protected] • www.cesiedizioni.com Partita IVA ........................................................ (solo per chi desidera la fattura) Casa Editrice Scientifica Internazionale Volume in brossura, Edizione 2010 300 pagine E 35,00 Per ordini spedire a C.E.S.I. - Via Cremona, 19 • 00161 Roma anche via fax ✄ Sì, desidero ricevere ARGOMENTI DI GERIATRIA di Massimo Marci al prezzo di E 35,00 Cognome ....................................…….......... Nome ……………………… Tel. ……………………………………………… Via .........................................................……………… CAP …………… Città ……………………………………………… Firma .................................………………….... Contributo fisso spese imballo e spediz E 5,00 ■ Anticipato a mezzo Assegno Bancario (non trasfer.) allegato intestato a CESI TOTALE E ..............……........... ■ A mezzo vers. C/C N. 52202009 intestato a CESI ■ American Express (c/c N. ………………… Validità ……………… Firma ………………………………………………) Per ordini telefonici 06.44.290.783 - 06.44.241.343 Fax 06.44.241.598 Via Cremona, 19 - 00161 Roma Partita IVA ........................................................ (solo per chi desidera la fattura)