maggio 2016
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Amici di Follereau Anno LV - n.5 / maggio 2016 - Poste Italiane SPA, Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv.in.L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, c.1, CN/BO - Filiale di Bologna – € 2 5 maggio 2016 per i diritti degli ultimi LA PRIORITÀ DELLO SVILUPPO INCLUSIVO DONAZIONE DEL MESE Mozambico: la felicità di Zakarias Lo scultore che ha “rivelato” Cristo since 1961 with the poorest il tuo 5 è per mille come me Destina il tuo 5x1000 ad AIFO, dal 1961 attiva sui temi di lebbra e disabilità. Foto di Maria Irene Carlos Leon Puoi trasformare la tua dichiarazione dei redditi in un atto di solidarietà concreta e contribuire alla realizzazione dei nostri progetti sociosanitari. Metti la tua firma nello spazio “Scelta per la destinazione del 5x1000 dell’Irpef” nell’area dedicata al “Sostegno del volontariato e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”. Scrivi il nostro codice fiscale 80060090372 AIFO - Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau Via Borselli n° 4/6 40135 Bologna Tel.: 051/4393211 Fax: 051/434046 [email protected] - www.aifo.it EDITO R I ALE Non c’è posto... “Eppure il suo cuore non conosceva l’odio. Capiva soltanto che occorreva, per vivere con gli altri, essere ‘come gli altri’. Non c’era posto per lui... Nel nostro secolo assurdo e crudele non c’è posto per i lebbrosi. Non c’è posto per i vinti dalla malattia e dalla miseria... Non c’è posto per i vecchi, questi esseri ‘improduttivi’... Non c’è posto per loro... non c’è posto per loro...” Raoul Follereau Ma è soprattutto il malato o l’ex malato che deve arrivare a sentirsi leader e costruttore della sua storia C are amiche, cari amici, potremmo continuare citando tante altre categorie di persone per le quali “non c’è posto” e che non sono considerate “come gli altri”: le osservazioni di Follereau sono più che mai attuali ed è sempre attuale e sempre più necessario il lavoro continuo per la difesa della dignità dell’uomo e dei suoi diritti nel sud e nel nord del mondo. Nel numero di questo mese alcuni importanti articoli vi diranno come la nostra Associazione, pur tra tanti problemi e nonostante le notevoli crisi economiche, si sta muovendo in modo sempre più efficace per la costruzione di una società inclusiva, disposta, preparata e in grado di accogliere ed eliminare barriere. Già nel Dossier di quest’anno sulla situazione della lebbra nel mondo il dr. Giovanni Gazzoli parte con un titolo programmatico : “La lebbra: dalla riabilitazione allo sviluppo inclusivo”. Rafforzare, con le altre associazioni sorelle l’impegno per un mondo senza lebbra, collaborare con i governi e con tutte le realtà del territorio: ma è soprattutto il malato o l’ex malato che deve arrivare a sentirsi “un uomo come gli altri”, leader e costruttore della sua storia. Programmi che già portavamo avanti da tempo, ma che stiamo cercando di rendere sempre più efficienti. Stesso passaggio, dalla riabilitazione allo sviluppo inclusivo su base comunitaria per tutti i progetti sulla disabilità: tantissime persone restano ancora escluse o ai margini della società, talvolta anche per problemi che, con un minimo di assistenza, sarebbero facilmente superabili. Il lavorare con loro stimolando le loro capacità, favorendo la formazione di gruppi di auto aiuto, facilitando il micro-credito, fa rinascere davvero con poco tante realtà che poi costruiranno sviluppo auto sostenibile. Stiamo cominciando a vederlo in alcuni paesi che, con la capace collaborazione delle associazioni locali (che Aifo sempre ricerca perché doverosa e importantissima) stanno diventando progetti da imitare. Ma una società di amore, una società più umana si costruisce a partire dai nostri paesi. Perciò, oltre alle tante iniziative dei soci e volontari, che si muovono con capacità e fantasia, oltre al Progetto “cooperare per includere” con l’importante mostra sulla disabilità, oltre all’attività nelle scuole, che quest’anno sta superando ogni previsione, voglio sottolineare il Progetto di Ponte San Nicolò “Migliorare la qualità della vita delle persone anziane”, fortemente voluto dall’OMS e dall’Aifo, e che è portato avanti da una efficientissima e preparatissima rete locale: è davvero un progetto pilota. Lavoriamo insieme perché chiunque possa sperare che ci sia “un posto per lui”. Anna Maria Pisano Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 3 5/ RI PE NSARE LA VEC C H IAIA 7/ M OZA MBIC O: LA F ELIC ITÀ DI Z A K A R I A S 9/ “ E CCO C OME H O RIVELATO C R I S TO ” di Federico Cerri di Paulo Hansine Inter vista di Felice Tagliaferri a cura di Nicola Rabbi 11/ L O SV I LU PPO IN C LU SIVO PRIO R I TÀ D E I N O S TR I P ROGETTI 15/ A RM I I TALIAN E: SOLO UN GRA N D E A FFA R E ? 17/ ND OKI , U N A VITA SEGN ATA DA LLA V I O LE N Z A 19/ I V OL ONTARI DELLA PAC E 21/ UN I NVEC C H IAMEN TO SAN O E ATTI V O a c ura d i Tu l g a m a a Da m d i n s u r e n , Ja yan th K umar, An gel o M ar r a a cura della redazione di Franco Barigozzi di Andrea Siccardi di Francesca Succu Ripensare la vecchiaia Le persone anziane dovrebbero essere amate e onorate, ma non sempre è cosi, come rivela anche la cronaca di Federico Cerri Fonte: Archivio fotografico di Aifo L e categorie più comuni di abuso sulla persona anziana sono quelle in ambito domestico, istituzionale (case di riposo, residenze sanitarieassistenziali), e il comportamento auto-lesivo dovuto a specifiche patologie o stati di abbandono. L’informazione sugli abusi è molto carente e le scarse indagini rivelano che nonostante il fenomeno sia diffuso non sempre viene denunciato. Tra gli abusi verso persone, come donne e bambini, quelli verso anziani sono i più sottaciuti nonostante costi umani ed economici rilevanti. Dalle poche indagini effettuate in Italia emerge che circa il 7% degli anziani subisce abusi all’interno della propria casa, soprattutto da parte di famigliari (figli o coniuge). Gli abusi domestici più diffusi sono: trascuratezza, maltrattamento, ab bandono, abusi finanziari, ricoveri coatti in strutture residenziali, impoverimento, deprivazione rela zionale, intimidazioni. Amici di Follereau N.5/ maggio 2016 5 È necessario un cambio di paradigma del modo stesso di pensare la vecchiaia Fonte: Natallia Romashova/shutterstock.com Con la crisi, sono aumentati i casi di abuso finanziario cioè l’uso improprio di beni della persona anziana senza il suo consenso e a beneficio di altri. I casi riportati dai media sono solo la punta dell’iceberg e manca una riflessione comune che porti ad appropriati ed efficaci interventi di prevenzione oltre che di riparazione del danno subito da persone spesso fragili, non autonome e con limitata capacità di autodifesa. Gli abusi sono una violazione dei diritti umani e per questo è necessario accrescere la consapevolezza dei diritti da parte delle stesse persone, della famiglia, dei servizi, delle comunità e degli stati attraverso strumenti legislativi e di buona politica fondata sulla persona come valore e come fine, mai come mezzo. Dignità e diritti Gli abusi istituzionali di cui abbia mo notizia colpiscono maggiormente l’immaginario collettivo perché messi in atto da personale formato e retribuito per curare e assistere persone anziane prive in tutto o in parte di autonomia. Per prevenire queste situazioni bisogna agire sul rafforzamento delle opportunità e delle condizioni positive fondate sul rispetto della dignità e dei diritti e nel contempo offrendo a chi svolge la professione di cura e 6 Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 di assistenza, gli strumenti utili non solo a prevenire i comportamenti inadeguati e lesivi, ma soprattutto a rafforzare le capacità di ascolto e di relazione con la persona nella sua globalità e centralità e non solo nella cura della malattia o della disabilità. L’aggiornamento permanente degli operatori sanitari e sociali, che operano nelle strutture di accoglienza, la supervisione costante del loro lavoro, l’organizzazione progettuale in equipe oltre che il rispetto dei diritti dei lavoratori da parte degli enti gestori, la vigilanza appropriata a tutela delle persone che ricevono cure, sono condizioni favorevoli a potenziare la qualità dell’assistenza e a prevenire i comportamenti di violenza, che in ogni caso vanno perseguiti e puniti severamente. È necessario un cambio di paradigma del modo stesso di pensare la vecchiaia. Se è vero che alcune persone anziane hanno bisogno di assistenza e sostegno, gli anziani in generale offrono molteplici contributi alla famiglia e alla società e si deve riconoscere che l’offerta di servizi forniti in risposta alle loro richieste, è da considerare più un investimento che un costo e che nessuna persona è un vuoto a perdere se non vogliamo perdere il senso della dignità e del valore di ogni diversità umana. ■ Taglio ai fondi per le persone con disabilità In Russia dal febbraio 2016 una nuova normativa ha stabilito che solo le persone con disabilità con un deficit superiore al 40% potranno avere aiuti finanziari per le loro spese sanitarie. Pazienti con patologie gravi come il diabete e l’asma cronica sono così esclusi dall’assistenza sanitaria. Genitori e organizzazioni civili denunciano questo tentativo di risparmiare sulle spese per la disabilità diminuendo a tavolino il numero dei disabili e ciò a fronte delle enormi spese belliche che la Russia sostiene. In Gran Bretagna invece cambierà da gennaio 2017 il calcolo dell’assegno settimanale che i disabili ricevono per la loro autonomia, a copertura dei costi aggiuntivi per le persone con problemi di salute cronica o con disabilità. Sono 640 mila le persone che ricevono l’aiuto economico e per il partito laburista all’opposizione ben 200 mila vedranno limitati i loro diritti a una vita autonoma. Il provvedimento, che durerà per quattro anni, ha portato alle dimissioni del ministro del welfare, il conservatore Iain Duncan Smith. DONAZION E DEL M E S E Fonte: Archivio fotografico di Aifo MOZAMBICO: la felicità di Zakarias Il Progetto Aifo nella provincia di Manica per la cura e la prevenzione della lebbra, ha esteso le sue attività agli orti biointensivi di Paulo Hansine Q uando l’ho incontrato per la prima volta, Zakarias aveva 29 anni. Era un uomo povero e ancora scapolo a causa delle conseguenze della lebbra che lo aveva colpito fin da ragazzo. Viveva ancora nel piccolo centro dove era nato, Dembe nel distretto di Susndenga nella provincia di Manìca, dove Aifo opera da tempo. La lebbra aveva colpito le sue dita erodendole, mentre i piedi avevano una profonda ulcerazione. Viveva in famiglia, ma le sue condizioni fisiche e lo stato di abbandono lo allontanavano dagli altri e non avrebbe certamente mai trovato una ragazza che lo volesse sposare. Sei anni fa, dopo un attento lavoro di ascolto e di coinvolgimento, lo abbiamo convinto ad apprendere alcune semplici tecniche per prevenire il peggioramento delle sue lesioni. Lo ha fatto all’interno di un piccolo gruppo dove ha imparato alcuni principi di autocura insieme ad altre dieci persone, tra le quali la madre ed il fratello. Incoraggiato a continuare e a perfezionare le tecniche, nel giro di sei mesi aveva notevolmente migliorato le sue condizioni che lo isolavano dagli altri, e ha potuto frequentare le persone del suo villaggio. Dopo un anno Zakarias si è sposato e ha avuto una bambina. Con l’aiuto del progetto Aifo ha potuto far fronte ai bisogni della famiglia. Dal gennaio di quest’anno Zacarias vive in una nuova casa con un orto. La Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 7 D ONAZ IO N E D EL M E S E sua famiglia trae le proprie risorse dall’agricoltura, un’attività parte integrante del progetto Aifo. Malgrado i segni della malattia, Zakarias oggi è finalmente una persona felice perché ha ritrovato la propria vita come le altre persone che sono attorno a lui. Soprattutto testimonia l’importanza dei gruppi di auto aiuto per includere le persone emarginate e dimenticate dal resto della comunità. Gli orti biointensivi Uno degli aspetti innovativi del Progetto che Aifo conduce nella provincia di Manìca è quello degli orti biointensivi. La cura della tubercolosi, della lebbra e delle altre malattie dimenticate è una parte importante dell’attività di Aifo, tanto più che si rivolge ad una popolazione, che vive in zone rurali, povera ed emarginata proprio a causa Il Progetto Il Progetto Aifo nella provincia di Manìca, nella parte centrooccidentale del Mozambico al confine con lo Zimbabwe, coinvolge alcune delle aree rurali più povere del Mozambico. Il tasso di mortalità infantile è significativa (84/ogni mille nati vivi), come pure l’incidenza della lebbra (10% tra i bambini da 0 a 14 anni) e di delle condizioni generali e delle condizioni di salute in cui versa. L’esperienza in Mozambico, e non solo, dimostra che la riabilitazione e l’inclusione delle persone all’interno delle comunità non può essere completamente efficace se non accompagnata da azioni per promuovere lo sviluppo sociale ed economico di quelle comunità. Le zone rurali in cui opera il progetto si prestano in primo luogo allo sviluppo agricolo. La scarsezza d’acqua, anche quest’anno la stagione delle piogge (da dicembre a marzo) è stata inferiore alle necessità, obbliga ad adottare un sistema sostenibile. Da qui l’esigenza di orientare l’agricoltura verso nuove attività su piccola scala come quelle degli orti biointensivi che riducono fino all’88% il consumo di acqua, e possono aumentare fino a sei volte la produzione, senza impiego di altre malattie. L’obiettivo generale è quello di contribuire con azioni multisettoriali al miglioramento delle condizioni generali della popolazione. Il Progetto, che riceve un contributo della Regione Emilia Romagna e del comune di Rimini, coinvolge partner locali ed è particolarmente attento alla promozione dei gruppi di auto aiuto, intesi come strumenti L’importanza dei gruppi di auto aiuto per includere le persone emarginate e dimenticate dal resto della comunità fertilizzanti chimici. Questo tipo di agricoltura è particolarmente indicato per rispondere alle necessità di piccole comunità con scarsa capacità di investimento. La formazione dei beneficiari è una tappa fondamentale essenziali dello sviluppo inclusivo, come l’esperienza di Zakarias dimostra. Ciò è particolarmente importante sia nella componente sanitaria che nelle attività produttrici di reddito come gli orti biointensivi. Il Progetto è affiancato da azioni di sensibilizzazione in Italia, come lo spettacolo teatrale “Ubuntu”, che abbiamo presentato nell’ultimo numero della rivista. non solo per la realizzazione del progetto ma anche per poter trasferire questa tecnica ad altre persone e diffonderla su base famigliare. ■ Grazie al progetto Aifo sostenuto dai donatori, Zakarias ha ritrovato la felicità insieme alla sua famiglia. Fonte: Archivio fotografico di Aifo 8 Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 Per un gesto concreto, leggi l’Appello del mese sul retro della rivista. CULTU R A CULTU R A “Ecco come ho rivelato Cristo” Felice Tagliaferri scultore affermato e non vedente, riesce a creare opere di marmo dal significato profondo di Nicola Rabbi Fonte: Nicola Rabbi “N on hanno voluto farmelo toccare, perché il direttore del museo Cappella Sansevero a Napoli diceva che potevo rovinarlo; ma stiamo parlando di marmo, il ‘Cristo velato’ è un unico pezzo di marmo”. Chi sta parlando è Felice Tagliaferri, è un artista, uno scultore e ha un’altra particolarità, è non vedente da quando all’età di 13 anni un’atrofia del nervo ottico lo ha colpito. Questo spiacevole episodio però diventa per lui l’inizio di una sfida che lo porterà a realizzare una copia dell’opera. “Un collaboratore del Museo Tattile Omero di Ancona mi ha descritto centimetro per centimetro come era fatta la statua e, mentre lui parlava, io me la figuravo e creavo un modello in creta. Siamo stati per tre giorni praticamente chiusi in una stanza, poi, una volta uscito, ho impiegato due anni a scolpirla”. Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 9 CULTU RA Le mie statue poi permettono di toccare ‘cose’ che nessuno ha mai toccato L’ha intitolata il “Cristo rivelato”, nel senso che, rifacendolo, l’aveva velato per la seconda volta ma anche che l’aveva reso accessibile, svelato, ai non vedenti che avrebbero potuto toccarlo a loro piacimento. Felice Tagliaferri abita a Taver nelle, poco fuori Bologna, è uno scultore attivo da una ventina di anni che dal 2006 ha un suo atelier nella “Chiesa dell’arte”, una piccola chiesa restaurata grazie ad una fondazione bancaria locale, dove sono raccolte le sue opere. “Lo scultore fa ciò che vede, lo scultore cieco vede ciò che sente” afferma Felice e in effetti è proprio così, le sue statue non sono solo da vedere ma anche da toccare e con il tatto ti accorgi del significato. Felice mi prende le mani e le porta su una palla di marmo bianco con un buco in mezzo. Poi me la fa percorrere con i polpastrelli fuori e dentro e mi dice: “Vedi fuori come è liscia ma dentro nel buco, profondo e difficile da raggiungere, diventa ruvida e tormentata” ed è un modo per farmi capire che quella palla rotta è l’uomo Fonte: Nicola Rabbi che fuori dà una certa immagine, mentre al suo interno ne ha un’altra, grossa testa di Cristo bendato attira ben diversa. la mia attenzione: “Mi è venuto in un momento di ironia - spiega Scolpire l’impegno per la sorridendo - solo io cieco? No, disabilità anche lui”. Questa testa sarà esposta “Le mie statue poi permettono prossimamente all’ingresso dei Musei di toccare ‘cose’ che nessuno ha Vaticani, cosa che farà del suo autore mai toccato” mi dice in modo l’unico artista vivente presente nelle enigmatico, poi mi fa tastare l’onda collezioni. Il suo ultimo progetto è del mare, i capelli mossi dal vento, invece dedicato alla Convenzione sui l’ombra dell’uomo e l’immagine Diritti delle persone con disabilità; nello specchio: in effetti tutte lo ha concretizzato in un’opera situa zioni non afferrabili, se non dove una grossa risma di fogli di grazie alle statue di Felice. Una carta – la Convenzione appunto – è 10 Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 tenuta in posizione verticale da due mani: “Nello spazio bianco voglio la firma scolpita delle persone che hanno delle grosse responsabilità civili; un modo per dire, questa è la Convenzione, è una cosa pesante, come questa opera di marmo, vuoi impegnarti per farla rispettare?”. I primi che vuole incontrare saranno il presidente della Repubblica Mattarella, Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma e Papa Francesco. Ci riuscirà di sicuro. ■ LO SVILUPPO INCLUSIVO PRIORITÀ DEI NOSTRI PROGETTI Aifo sta applicando nei suoi progetti un approccio innovativo per combattere la disabilità e l’esclusione a cura di Tulgamaa Damdinsuren, Jayanth Kumar, Angelo Marra Fonte: Archivio fotografico di Aifo L’ EVOLUZIONE DEL RIABILITAZIONE CONCETTO DI di Angelo Marra La Riabilitazione su base comunitaria (Rbc) è una strategia di sviluppo tesa a migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie cercando di soddisfare i loro bisogni attraverso la partecipazione e l’inclusione sociale di queste persone nel processo di sviluppo della comunità a cui appartengono. Come per la disabilità, l’influsso dell’approccio fondato sui diritti umani ha consentito una evoluzione anche del paradigma della Rbc: si è passati da una lettura in chiave prevalentemente medica ad una sociale, globale ed olistica. Da riabilitazione a Sviluppo inclusivo su base comunitaria (Sibc). Cosa significa e che implicazioni ha? Significa che la persona umana è percepita nella sua interezza e ne è valorizzata la dimensione di attore “politico” all’interno della propria comunità: la persona disabile non è un ammalato da proteggere ma titolare di diritti suoi propri che può contribuire al benessere della comunità cui appartiene. Il modello sociale della disabilità insegna che questa è una condizione umana “comune” ed è soggetta ad evoluzione: gli uomini e le donne sono – tutti – momentaneamente abili e ciò che oggi è una disabilità, domani potrebbe non esserlo più; non solo: ciò che ieri non comportava disabilità, oggi potrebbe esserlo. Si pensi all’incapacità di leggere o scrivere che diviene fattore emarginante solo in determinati contesti di tempo e di spazio. Cos’è, dunque, la disabilità? Essa è concetto in continua evoluzione, derivante dall’interazione tra le caratteristiche dell’individuo e barriere di diversa natura le quali impediscono alla persona di esercitare in modo pieno i propri diritti e partecipare alla comunità come chi disabile non è. Questa consapevolezza porta a comprendere che il problema è la mancanza di pari opportunità, la presenza di barriere e stigma che ostacolano la fioritura della persona. Amici di Follereau N.5/ maggio 2016 11 D O S S IE R Come fare inclusione? In questa prospettiva, la diversità è valore e non elemento deviante: la “salute” non è attributo di chi è “sano” ma di chi vive nel benessere psicofisico mantenendo la propria identità (diversità) senza essere oggetto di pregiudizio e marginalizzazione. Fondamentale è smettere di essere agiti da altri diventando protagonisti della propria vita godendo pienamente di diritti e libertà fondamentali per ciascuno. Questo significa fare inclusione. Come riuscirci? “Su Base comunitaria” significa trarre le risorse per il miglioramento della qualità di vita dalla comunità stessa e non dal di fuori. È questo il processo di empowerment sia personale che sociale - che implica un’assunzione di potere e responsabilità, una consapevolezza del proprio valore e l’acquisizione della capacità di esercitare la propria responsabilità per il bene comune e lo sviluppo locale. La metodologia è sperimentata: le comunità individuano i propri bisogni, scelgono le strategie e le adottano attraverso processi emancipativi e partecipativi di tipo democratico. I programmi di Sviluppo inclusivo possono essere attivati su piccola o larga scala. Una volta individuata l’area è necessario costituire un gruppo per mettere in pratica il metodo. Queste persone vengono adeguatamente formate su tematiche importanti quali: l’educazione, l’inclusione sociale, la non discriminazione o il microcredito per l’avvio di attività imprenditoriali. La formazione porta poi all’organizzazione di attività per potenziare le risorse locali già presenti sul territorio: questo garantisce una continuità sociale alle attività del programma. Il punto fondamentale è avere un approccio olistico, globale e multi-disciplinare, multi-settoriale che sappia mettere insieme le varie risorse in modo efficiente e centrato sui bisogni e le scelte espresse dalla comunità locale. Altro punto cruciale: le soluzioni adottate devono essere sostenibili per il contesto di riferimento. Il motto dello Sviluppo inclusivo è: “vedere la persona nella sua globalità. Non occuparsi di singoli ‘pezzi’ della persona, come fanno gli specialisti”. Fonte: Archivio fotografico di Aifo 12 Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 Trarre le risorse per il miglioramento della qualità di vita dalla comunità stessa e non dal di fuori L’ESPERIENZA DI AIFO INDIA di Jayanth Kumar Quando guardiamo la disabilità attraverso una lente sociale piuttosto che attraverso uno schema di tipo medico, cominciamo a vedere le disuguaglianze e le discriminazioni ovunque. Nel corso di parecchi anni, il nostro lavoro ci ha consentito di acquisire una particolare capacità di percezione, di cogliere attraverso le parole e le diverse manifestazioni delle persone che incontriamo il loro stato d’animo e la loro condizione. L’inclusione è un processo che aiuta le persone con disabilità o ogni altra persona esclusa ad esercitare i propri diritti, a compiere i propri doveri e sperimentare una vita nella dignità. Il percorso di inclusione può essere iniziato da una persona, un gruppo, una comunità, uno stato, e da agenzie interne o esterne. È un lungo processo, che si scontra con ostacoli, sfide, problemi e opposizione di pezzi della società. È un percorso sempre in movimento che accresce la solidarietà sociale e rafforza l’effettivo funzionamento delle istituzioni sociali. Più che risorse aggiuntive questo processo richiede sensibilità, volontà politica e un approccio consapevole. Si batte per una società ideale di equità e uguaglianza, dove ogni persona possa godere della vita senza ostacoli insieme agli altri. Un tema ricorrente nella comprensione dell’inclusione è “non cancellare le differenze ma tenerle insieme”. DOSSIER I programmi inclusivo di sviluppo Aifo India ha adattato i principi della Riabilitazione su base comunitaria (Rbc) allo Sviluppo inclusivo e ha promosso numerose iniziative di questo tipo attraverso tutto il paese già da tempo. Molte delle nostre iniziative adottano questo approccio nella riabilitazione dei malati di lebbra. Nei programmi Aifo di Rbc ci sono diverse componenti per promuovere il rafforzamento delle persone con vari tipi di disabilità. Tutte le iniziative sono pianificate e sostenute da diverse organizzazioni partner con il supporto tecnico e finanziario di Aifo. Nei programmi vengono seguiti alcuni indirizzi strategici comuni come la partecipazione in gruppi di auto aiuto, la partecipazione comunitaria, la tutela e la promozione dei diritti fondamentali, la creazione e lo sviluppo delle associazioni di persone con disabilità, la promozione di federazioni femminili, la ricerca emancipatoria e altre iniziative di sviluppo inclusivo. Questo approccio inclusivo ha avuto un impulso dall’adozione della Convenzione dell’Onu sui diritti delle persone con disabilità ed è adottato da tutti i programmi di Aifo India. I dati 2015 di Aifo India indicano che vi sono 1.291 gruppi di auto aiuto per persone con disabilità e le loro famiglie. In totale hanno beneficiato 18.288 persone, compresi 10.276 disabili e 334 tra volontari e membri delle famiglie. Ci sono 200 organizzazioni di persone con disabilità che comprendono 6.977 membri con disabilità e un migliaio tra famigliari e volontari. Le reti formate da queste diverse associazioni testimoniano l’inclusione di tutti i tipi di persone con disabilità. Malgrado tutti gli sforzi, ci sono atteggiamenti oppositivi nei confronti dei processi di inclusione. Per questo promuoviamo eventi Fonte: Archivio fotografico di Aifo comuni. Negli ultimi tre anni abbiamo organizzato incontri in occasione della Giornata mondiale della disabilità e della Giornata mondiale dei malati di lebbra. Questo consente di ridurre le barriere, di superare lo stigma e di affrontare i bisogni comuni delle persone con disabilità. L’ultima iniziativa di questo genere l’abbiamo tenuta a metà febbraio nello stato del Karnataka, con un grande meeting tra diverse persone ed associazioni, famigliari e volontari sulla base di una piattaforma condivisa. Ciò ha permesso di scambiare conoscenze ed esperienze. L’approccio dello Sviluppo inclusivo su base comunitaria è ai suoi inizi, ma risultati concreti si cominciano già a vedere. Oggi è utilizzato nei progetti Aifo in diversi stati indiani, tra cui Assam, Karnataka, Andhra Pradesh e Jhadkhand. È un percorso sempre in movimento che accresce la solidarietà sociale e rafforza l’effettivo funzionamento delle istituzioni sociali PROGETTARE L’INCLUSIONE SOCIALE IN MONGOLIA Intervista a Tulgamaa Damdinsuren, coordinatrice Aifo in Mongolia Si parla sempre più spesso di sviluppo inclusivo, in base alla tua esperienza che cos’è lo Sviluppo Inclusivo su Base Comunitaria? Lo sviluppo inclusivo significa semplicemente dare l’opportunità a tutte le persone, soprattutto quelle che stanno ai margini, di essere una parte attiva della società. Sono le persone con disabilità a essere più svantaggiate. Per costruire una società inclusiva occorre che tutti i cittadini, anche quelli con un deficit, siano parte di questo sviluppo. In cosa consiste la differenza tra la Riabilitazione su base comunitaria e lo Sviluppo inclusivo su base comunitaria? La Rbc è in un certo senso una buona base da cui si parte per avere uno sviluppo inclusivo, attraverso questa i cittadini, le persone con disabilità, le autorità e i tecnici prendono coscienza di certe cose. Questo è stato, ed è molto importante in un paese come la Mongolia, dove 25 anni fa, prima che si iniziasse la Rbc, le persone disabili non venivano viste come portatrici di diritti, ma casomai come persone da assistere. Questa pratica ha portato a un cambiamento di mentalità che Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 13 D O S S IE R Fonte: Archivio fotografico di Aifo La Rbc è in un certo senso una buona base da cui si parte per avere uno sviluppo inclusivo possiamo vedere nei giovani con disabilità. Non aspettano più una pensione dal governo ma lottano per i loro diritti, studiano le lingue straniere (inglese e giapponese) per comunicare con il mondo. E per quanto riguarda la progettazione inclusiva, in che modo Aifo la sta facendo in Mongolia? Negli ultimi due anni Aifo ha prestato attenzione soprattutto all’iter della legge nazionale sui diritti delle persone disabili che è stata approvata questo febbraio. Avere una legge significa avere anche una politica a favore delle persone con disabilità che non si basa tanto sul solo welfare ma sui diritti delle persone. Il prossimo passo sarà l’elaborazione del Piano di Azione nazionale per dare corpo a questa nuova legge. 14 Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 In questo piano oltre al Ministero per lo sviluppo e la protezione sociale saranno presenti le organizzazioni delle persone con disabilità e Aifo farà da facilitatore nei gruppi di lavoro. Ci puoi fare qualche esempio recente di sviluppo inclusivo in Mongolia? Mi viene subito in mente l’esperienza dell’associazione mon gola “Utenti delle carrozzine”. Dopo che sono venuti in Italia in occasione di Expo 2015 e hanno provato a viaggiare senza barriere architettoniche tra Milano e Bologna, hanno voluto incontrare il Ministro dei Trasporti per parlare di accessibilità ai treni, agli autobus e agli aeroporti. Bene l’incontro c’è stato nel dicembre del 2015 e a marzo del 2016 si sono visti i primi risultati. Le ferrovie nazionali hanno reso accessibili dei vagoni ferroviari. Nell’aeroporto invece è stato organizzato un servizio chiamato “SOS” per aiutare le persone con disabilità, ma anche anziani, donne incinte o con bambini piccoli. Infine gli autobus di Ulaan Baatar hanno deciso di riservare due posti per persone disabili in ogni mezzo. Molto spesso chi deve decidere non conosce i reali problemi delle persone disabili, ma quando li conosce, non dice quasi mai “Non abbiamo soldi per farlo”, ma opera un cambiamento e questo noi lo abbiamo sperimentato più volte. L’esperienza delle organizzazioni delle persone con disabilità in fatto di sviluppo inclusivo può portare anche a nuovi rapporti istituzionali o addirittura a nuovi rapporti con paesi sviluppati? Si certo. Sempre nel 2015 una delegazione dalla Mongolia ha preso parte a Ginevra a un incontro sulla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità; dopo quell’incontro, il presidente della Mongolia ha chiesto alla rappresentante della Federazione nazionale dei Non vedenti di diventare suo consigliere sui temi legati alla disabilità e ha anche invitato a colazione un gruppo di donne con disabilità per parlare delle loro esigenze. Sempre dopo l’esperienza di Ginevra, il responsabile di “Universal Progress”, il centro mongolo per la vita indipendente, è stato invitato in un’università di Tokio per parlare di quello che è stato detto a Ginevra e a condividerlo con le associazioni locali giapponesi. ■ PRIMO PI AN O Armi italiane: solo un grande affare? L’Italia è uno dei maggiori esportatori di armi nel mondo, alcuni paesi che le comprano hanno regimi autoritari e politiche aggressive l’esterno, com’è il caso dell’Arabia Saudita. Secondo i dati forniti da Giorgio Beretta dell’«Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa», dal 1990 al 2015 le autorizzazioni concesse dal governo italiano all’esportazione di sistemi d’arma si suddividono percentualmente così nelle seguenti zone geopolitiche: Unione Europea 35,9%, Medio Oriente - Nord Africa 23,2%, Asia 15,4%. I nostri maggiori clienti sono gli Stati Uniti e l’Inghilterra. Questi dati però, se aggregati in modo diverso, ci dicono molto altro. Se prendiamo in considerazione solo il periodo che va dal 2010 al 2014 le autorizzazioni per Fonte: petrmalinak /shutterstock.com a cura della redazione L ‘Italia è il nono esportatore di armi nel mondo, vende un po’ di tutto, dagli armamenti pesanti come elicotteri, navi, carri armati a sofisticati sistemi radar, ma in una cosa è prima, è il maggior esportatore di armi leggere (pistole, fucili). Ne ha vendute dal 2000 al 2013 per un importo di 5,9 miliardi di euro a più di 123 paesi. È un normale affare commerciale, potrebbe obiettare qualcuno, anche se le armi comunque si fanno per ammazzare le persone. Il problema è che, nonostante i paletti posti dalla legge 185 del 1990 che regola le esportazioni delle armi dall’Italia, vendiamo a paesi che hanno regimi autoritari e aggressivi verso Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 15 PR I MO P I A N O L’export militare I “lebbrosi” del XXI secolo dovrebbe essere Dall’inizio di aprile sono iniziate ammesso nell’UE. I modi delle espulsioni verso la Turchia dei espulsioni e il contesto in cui si in linea con la lemigranti “irregolari” arrivati sulle svolgono non consentono una isole greche. I timori della vigilia, reale valutazione della situazione politica estera del sull’applicazione dell’Accordo di ciascun migrante, come nostro paese, ma tra UE e Turchia del 18 marzo, denunciano le organizzazioni si stanno rivelando pienamente umanitarie presenti sul posto. I non sempre è così fondati e danno ragione alle migranti – pare che in molti se l’esportazione verso l’Unione Europea diminuiscono al 24,5% mentre aumentano quelle verso il Medio Oriente e il Nord Africa che salgono al 35,5%. Similmente aumentano le autorizzazioni di vendita d’armi verso l’Asia (16,2%) e l’America latina (5,2%). Sempre in questo quinquennio bisogna sottolineare il ruolo di primo piano come importatori dell’Algeria (1,4 miliardi di euro), seguita a ruota dall’Arabia Saudita (1,2 miliardi), dagli USA e dagli Emirati Arabi Uniti. Un export fuori controllo Prendendo spunto dalla relazione presentata dalla “Rete Italiana per il disarmo”, in occasione del venticinquesimo anniversario di approvazione della legge 185, si viene a sapere che le autorizzazioni del Ministero della Difesa per la vendita di armi sono state pari a 54 miliardi di euro, anche se poi l’effettiva vendita è ammontata “solo” a 36 miliardi. Il problema poi è a chi sono state vendute queste armi. “Secondo la legge e secondo il buonsenso, l’export militare dovrebbe essere in linea con la politica estera del nostro paese, ma non sempre è così. Negli ultimi anni la direzione è stata principalmente quella degli affari”, afferma Francesco Vignarca coordinatore della Rete. Infatti più della metà delle esportazioni sono state indirizzate a paesi al di fuori delle principali 16 Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 perplessità già sollevate sui suoi contenuti. L’Accordo prevede che gli “irregolari” arrivati sulle isole greche transitando dalla Turchia siano espulsi verso quest’ultima, e per ogni siriano espulso, un altro siriano venga alleanze politico-militari di Roma e cioè i paesi non appartenenti all’Unione europea o alla Nato. La legge 185 fa divieto di esportare armi in zone di conflitto e in paesi dove non sono rispettati i diritti ne stiano dimenticando – sono “persone come le altre”, tanto per riprendere una celebre frase di Raoul Follereau a proposito dei malati di lebbra. I migranti infatti sono diventati i “nuovi lebbrosi” del XXI secolo, respinti dai più. umani. Nella realtà si sono trovati trucchi per aggirare questi divieti. Del resto, come denuncia la “Rete per il disarmo”, le Relazioni annuali del governo sono diventate sempre meno trasparenti. ■ Esportazioni italiane di armamenti: Autorizzazioni per Zone geopolitiche Confronto tra quinquennio 2005-9 (cerchio interno) e quinquennio 2010-14 (cerchio esterno) (valori in miliardi di euro costanti rivalutati nel 2014) AFRICA SUBSAHARIANA 1,4% OCEANIA 2,1% AMERICA LATINA 5,2% ALTRI EUROPEI 5,6% NORD AMERICA ALTRI EUROPEI 11,3% 9,5% UNIONE EUROPEA 24,5% UNIONE EUROPEA 36,4% NORD AMERICA 8,6% ASIA 16,2% ASIA 13,7% MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA 23,2% MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA 35,5% Fonte: Sergey Uryadnikov/shutterstock.com Ndoki, una vita segnata dalla violenza I bambini “stregoni” nella Repubblica democratica del Congo rivelano la miseria materiale e morale di buona parte della popolazione di Franco Barigozzi I bambini stregoni, “ndoki” come vengono chiamati, perché considerati posseduti dal demonio e portatori di malattie e disgrazie in famiglia, sono un fenomeno ormai diffuso da anni nella Repubblica democratica del Congo. Sono bambini di strada che popolano le vie di Kinshasa e di altre città congolesi. Secondo l’Unicef ci sarebbero dai 40 ai 70 mila “ndoki” nella sola capitale. All’origine della loro situazione c’è la guerra che devasta da anni il paese e l’estrema povertà in cui vive gran parte della popolazione, malgrado le enormi ricchezze naturali di cui dispone il paese. Nella maggior parte dei casi i bambini e bambine “ndoki” hanno perso uno o entrambi i genitori, o vengono da famiglie divise. In genere il nuovo coniuge, del genitore sopravissuto o comunque risposato, non accetta i figli nati dall’unione precedente perché farebbero “concorrenza” alla nuova famiglia, costituiscono un peso, insomma una nuova bocca da sfamare. Basta un niente per essere considerato “ndoki”, e al bambino così segnato vengono poi attribuite ogni genere di disgrazie, da quelle più gravi a quelle più futili. E sono Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 17 Non è raro il Come vivere all’inferno caso in cui sia lo Sono passati 40 anni da quando dallo Stato. In Indonesia di fronte a le autorità indonesiane hanno una popolazione di 250 milioni di stesso bambino abolito la pratica del pasong, persone esistono solo 800 psichiatri ovvero la contenzione in catene e 40 ospedali specializzati; circa ad abbandonare o in un’altra forma di reclusione il 90% delle persone che ne persone con problemi di avrebbero bisogno, non possono la famiglia per delle salute mentale. Eppure ancora accedere a questo tipo di servizio. mila persone vivono in queste Ma anche quelli chiusi negli istituti sottrarsi alle vio 19 condizioni, secondo un recente vivono in condizioni precarie e rapporto di Human Rights Watch. sono a rischio di maltrattamenti e lenze e ai soprusi Sono gli stessi famigliari a tenerli di violenze sessuali. Human Rights solitamente i bambini più deboli ed indifesi, quelli “difficili” che avrebbero bisogno di un’attenzione particolare, a vedersi accusati del male che può accadere in famiglia, a diventare così il capro espiatorio di tutto. Quando un bambino viene accusato di essere uno stregone, generalmente attorno agli 8-10 anni, la famiglia si rivolge a uno dei guaritori tradizionali considerati detentori di poteri magici. Vengono sottoposti allora a esorcismi e riti vari, e se la loro “liberazione” non ha successo, rimangono segnati a vita. Il bambino o la bambina considerati “ndoki” vengono emarginati dalla famiglia, nella quale non possono partecipare al pari degli altri componenti, anzi sono picchiati, privati di cibo e di cure. Vengono allontanati e isolati dalla scuola ed anche all’interno del quartiere. Vivere nelle strade Sono sottoposti a violenze, fisiche e morali, a maltrattamenti. Queste violenze e privazioni di ogni tipo di cui sono vittime contribuiscono a rendere ancora più “difficili” questi bambini, che facilmente perdono la stabilità mentale, sviluppano malformazioni fisiche e disabilità. L’enorme pressione esercitata su di loro induce talvolta i bambini a ritenersi effettivamente posseduti e causa dei mali delle loro famiglie. Non è raro il caso in cui sia lo stesso bambino ad abbandonare la 18 Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 segregati, a volte per molti anni, per la vergogna che si prova ad aver un parente in quello stato ma anche per la mancanza d’informazione e di servizi offerti Watch ha lanciato una campagna www.hrw.org/breakthechains rivolta al governo perché metta fine alle violenze e istituisca dei servizi per la salute mentale decentrati. Fonte: Travel Stock/shutterstock.com famiglia per sottrarsi alle violenze e ai soprusi. Costretti per la maggior parte a vivere per strada, vivono di espedienti. Molti si prostituiscono e contraggono spesso l’Aids. Le bambine, in modo particolare, sono vittime di violenze sessuali. In strada i bambini si scontrano quindi con nuove violenze e, oltre che della prostituzione, rimangono vittime anche del giro della droga, sono coinvolti in atti di efferata brutalità. Le autorità governative non hanno piani di prevenzione e di intervento, anzi non raramente le autorità locali vengo accusate di abusi durante rastrellamenti sommari nelle strade. Ad occuparsi di “ndoki” ci sono solo le Ong, in particolare quelle religiose, che conducono azioni di assistenza nei confronti dei bambini di strada, portando loro cibo o cure mediche, o svolgono programmi di recupero psico-fisico in condizioni molto difficili. ■ STRUM E N TI I volontari della pace Dopo una lunga attesa parte la sperimentazione dei primi Corpi civili di pace italiani, mentre l’attività delle associazioni non si è mai fermata di Andrea Siccardi Fonte: Vitalinka/shutterstock.com D ovrebbero partire en tro l’estate i primi volontari dei Corpi civili di pace che per 12 mesi sperimenteranno con metodologie e interventi nonviolenti la possibilità di contribuire a superare situazioni di crisi. Ma il bando per l’individuazione dei primi 200 volontari, chiuso a metà febbraio, ha dato un risultato inaspettato poiché solo la metà dei posti disponibili è stato coperto. Il risultato non è del tutto una sorpresa, i progetti presentati sono stati inferiori alle attese poiché le associazioni pacifiste avevano già da tempo osservato i limiti burocratici ed economici imposti dal bando. I Corpi civili di pace sono stati istituiti nell’ambito del Servizio civile nazionale grazie a un fondo di sperimentazione triennale che ha sbloccato un obiettivo a lungo perseguito da diverse organizzazioni che da molti anni svolgono interventi di pace in situazioni di conflitto, accumulando una discreta esperienza. È stato Gandhi a lanciare per primo l’idea di brigate per la pace, ispirato alla nonviolenza come mezzo di risoluzione dei conflitti. L’idea prende forma soprattutto a partire dagli anni ’80. Nella sua Agenda per la pace del 1992, l’allora Segretario generale dell’Onu Boutros Ghali aveva ipotizzato l’impiego di civili accanto ai militari nelle diverse forme di intervento: prevenzione dei conflitti, mantenimento della pace, costruzione della pace dopo i conflitti. In contemporanea le guerre nella ex Jugoslavia all’inizio degli anni ‘90 costituiscono i primi terreni di sperimentazione con l’invio di volontari nei Balcani, in Medio Oriente, in Africa, in Centro America. Queste esperienze spingono per il riconoscimento Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 19 ST RU M E N TI istituzionale degli interventi civili di pace e dei diversi corpi di volontari diversamente denominati. Si deve soprattutto all’europarla mentare italiano Alex Langer l’idea di un Corpo civile di pace europeo. Formulato a metà degli anni ‘90 troverà una parziale concretizzazione solo all’inizio del nuovo millennio con l’invio di missioni civili dell’UE, nell’ambito della politica europea di sicurezza e difesa. In Italia il riconoscimento dei corpi civili di pace è passato attraverso l’istituzione del Servizio civile nazionale sia in Italia che all’estero, ed è approdato solo lo scorso anno alla sperimentazione in corso. Nel frattempo le organizzazioni italiane continuano a sviluppare le loro esperienze in diversi paesi e ambiti, dalla prevenzione dei Fonte: beeboys/shutterstock.com 20 Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 conflitti armati, alle iniziative di interposizione e di trasformazione dei conflitti e della violenza, ai processi di riconciliazione postbellica, ai conflitti sociali acuti, alla tutela dei difensori dei diritti umani, alla difesa dell’ambiente. I tratti comuni di queste esperienze sono la nonviolenza, la partecipazione popolare, la vicinanza alle vittime, unitamente alla diffusione di informazioni e alla sensibilizzazione sulle situazioni di crisi. Continua nel frattempo il percorso per l’istituzione di un Dipartimento per la difesa civile, non armata nonviolenta, portata avanti dalla campagna “Un’altra difesa è possibile” con una proposta di legge di iniziativa popolare, approdata all’inizio dell’anno alla Camera con un testo analogo depositato da un gruppo di deputati. ■ Le organizzazioni italiane continuano a sviluppare le loro esperienze in diversi paesi e in molteplici ambiti Tanti passi contro le mafie Giunta alla 21a edizione, la tradizionale “Giornata della memoria e dell’impegno” organizzata il 21 marzo da Libera in ricordo di tutte le vittime della mafia si è trasformata quest’anno in qualcosa di diverso al fine di portare un messaggio più incisivo in ogni regione italiana. Oltre alla manifestazione nazionale di Messina, infatti, iniziative simili si sono svolte un po’ ovunque. In particolare a Latina, Aifo è stata presente in una iniziativa dal titolo “Ponti di memoria, luoghi di impegno”. Nei giorni precedenti la manifestazione, si sono svolte in provincia e nell’agro pontino decine di iniziative preparatorie dell’evento, accomunate dal medesimo filo conduttore “100 passi verso il 21 marzo”. Nell’ambito di questa iniziativa Aifo Latina ha organizzato con Libera, presso la Casa del volontariato di Latina, un incontro con Rosario La Rossa sulla sua esperienza nel quartiere delle Vele a Scampia, nella periferia nord di Napoli, dove fa l’allenatore dei pulcini dell’Arci, sono partiti in 7 dieci anni fa ed oggi sono incredibilmente seicento. A IFO I N ITALI A I Fonte: Rus Limon/shutterstock.com Un invecchiamento sano e attivo Nel comune padovano di Ponte San Nicolò è in corso un’esperienza pilota internazionale che include le persone anziane nella ricerca di come migliorare la propria vita di Francesca Succu l Progetto “Inclusione su base comunitaria: migliorare la qualità di vita delle persone anziane” è in corso nel comune di Ponte San Nicolò, in provincia di Padova. È promosso dall’OMS che ha individuato come partner Aifo per la sua esperienza nel campo dell’inclusione comunitaria. L’iniziativa vede la partecipazione del comune e del sindaco Enrico Rinuncini, dell’Unità socio-sanitaria locale n. 16 di Padova, del Centro servizi per il volontariato della provincia di Padova e la collaborazione di diverse associazioni di volontariato e dell’Università di Padova. È un progetto del tutto innovativo di ricerca “emancipatoria”, a cui partecipa un gruppo di persone over 65 residenti nel comune padovano, che hanno accettato di collaborare, offrendo il loro apporto come protagonisti attivi della ricerca finalizzata all’inclusione e al miglioramento della qualità della vita nella comunità. Si vuole promuovere l’invecchiamento sano, che significa creare un futuro per vivere la propria vita in un modo che le generazioni passate non potevano neanche immaginare. Sarà un’opportunità per vedere cosa le persone, le famiglie e la comunità locale, mettono in atto per migliorare la qualità della vita delle persone anziane. Il progetto è partito dall’identificare i diversi gruppi di persone anziane per poi studiarne gli ambiti di vita. Per questo verranno rilevate le buone prassi, le soluzioni innovative e anche le criticità da superare. Ad esempio a proposito dell’ isolamento e della solitudine delle persone, si tratta di capire se sono rilevanti, come le persone interessate li vivono, quali soluzioni sono state trovate, cosa ne pensano le famiglie, quale sia il ruolo delle associazioni, dei gruppi parrocchiali, delle cooperative sociali e del volontariato. Rendere consapevoli le persone coinvolte Partendo da questo tipo di analisi il progetto si è dato come obiettivo quello di far diventare più consapevoli della propria situazione le persone coinvolte, e valorizzare ciò che vi è di positivo. È indispensabile capire chi sono le persone anziane più vulnerabili, perché e in quali contesti, quali sono le risorse disponibili e gli eventuali ostacoli, qual è la qualità della loro vita. Dalla ricerca partecipativa ed emancipatoria devono Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 21 A I FO I N ITALI A Fonte: Boryana Manzurova/shutterstock.com Creare un futuro per vivere la propria vita in un modo che le generazioni passate non potevano neanche immaginare nascere iniziative che rispondono ai bisogni, in particolare che cosa le persone, le famiglie e le comunità possono fare confrontandosi anche con altre realtà a livello nazionale e internazionale. Il progetto è stato presentato alla popolazione il 27 ottobre scorso ed ha raccolto molti consensi sia da parte delle persone anziane, che da parte delle istituzioni e delle associazioni e gruppi del volontariato e del terzo settore attivi nella comunità. I primi risultati sono una mappatura integrata dei bisogni e delle risorse, al fine di identificare il gruppo principale delle persone over 65 che saranno “decision maker” e veri protagonisti del progetto. Un gruppo di supporto scientifico affianca la ricerca. Si tratta poi di trovare sinergie e collaborazione con altre esperienze e progettualità in corso di realizzazione nella comunità di Ponte S. Nicolò. ■ Finestre sul mondo dei rifugiati Anche quest’anno il Progetto Finestre aperte, ideato dal Centro Astalli di Roma e che il gruppo di Aifo di Imperia ha realizzato, è stato portato a termine con grande soddisfazione dei docenti e degli studenti a Imperia e a Sanremo. Si sono svolti tanti interessanti incontri con i rifugiati. La loro testimonianza è stata accompa 22 Amici di Follereau N.5 / maggio 2016 gnata da presentazioni in power point per dare una visione più ampia dei problemi. Da questi incontri scaturiranno senz’altro dei lavori per il concorso “La Scrittura non va in esilio”. Osman, della Somalia, e Moussa dal Senegal sono stati veramente efficaci, hanno creato un’eccellente atmosfera con i ragazzi. Molto utile anche l’incontro con i richiedenti asilo ospitati dalla Cooperativa Goccia di Imperia. Care, come sempre, le suore di clausura delle Clarisse che da anni incontrano i tanti testimoni che portiamo nelle scuole. Novità importante, una nuova socia, Silvia, si è attivata nel Progetto, con un contributo davvero prezioso e di grande competenza. CAMPO ESTIVO AIFO “COSTRUIRE FRATELLANZA” 1 7-24 lug lio 2 0 1 6 Mirabeau Park Hotel - G ASPE RINA MON TE PAONE (CZ) Il Programma, dopo la sistemazione in hotel, inizia domenica 17 luglio alle ore 17.00 con l’incontro nella sede AIFO di Satriano Marina per la presentazione del campo estivo e il dibattito sul tema “Costruire fratellanza”. Durante la settimana si alterneranno momenti di svago nella spiaggia riservata a Montepaone Lido con ombrellone, sdraio ed animazione, visite al territorio e alle sue bellezze artistiche e Amici di Follereau Mensile per i diritti degli ultimi, dell’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau (Aifo) Via Borselli 4-6 – 40135 Bologna Tel. 051 4393211 – Fax 051 434046 [email protected] Lettere alla Redazione: [email protected] www.aifo.it Direttore Responsabile Mons. Antonio Riboldi Direttore Anna Maria Pisano Redazione Luciano Ardesi (Caporedattore), Nicola Rabbi naturali, e incontri con le realtà locali. La domenica 24 luglio: mattina a disposizione, pranzo in hotel e partenza. Quota individuale 430 €, comprensiva della pensione completa, servizio spiaggia, escursioni programmate. Per informazioni e prenotazioni: Generoso Scicchitano [email protected]; Programma completo su www.aifo.it Progetto Grafico e Impaginazione Swan&Koi srl Hanno collaborato a questo numero Franco Barigozzi, Federico Cerri, Tulgamaa Damdinsuren, Paulo Hansine, Jayanth Kumar, Angelo Marra, Andrea Siccardi, Francesca Succu, Felice Tagliaferri, Fotografie Archivio fotografico di Aifo, Shutterstock.com, Nicola Rabbi Abbonamenti - Amici di Follereau Le attività dell’Associazione sono il frutto della solidarietà e della condivisione di coloro che la sostengono. Puoi contribuire anche tu, sottoscrivendo l’abbonamento ad Amici di Follereau Ordinario 13 € / Simpatizzante 18 € / Sostenitore 30 € Tiratura xxxx copie Chiuso in tipografia il xx/xx/xxxx Il numero di Febbraio è stato spedito il xx/xx/xxxx Stampa: SAB – Trebbo di Budrio (BO) Postalizzazione DATA MEC srl, via Speranza, 31 – 40068 San Lazzaro (BO) Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana (USPI) Autorizzazione del Tribunale di Bologna N. 2993, del 19 aprile 1962 M OZ A M B I C O – M AN I C A Z A K A R IA S H A R IT R O VAT O L A FELIC I TÀ E CO LT IVA U N O R T O Z akarias era un giovane malato di lebbra, abbandonato a se stesso ed emarginato dal resto del villaggio. Quando Aifo lo ha inserito in un gruppo di auto aiuto le sue condizioni sono nettamente migliorate ed è For m ar e Un tecnico su diagnosi e trattamento della lebbra uscito dall’isolamento. Si è sposato e ha avuto una bambina. Abita una nuova casa e, nel quadro del Progetto Aifo, ora coltiva un orto per mantenere la famiglia. È un uomo felice e un esempio per tutti gli altri. Sost e n e r e Educar e Attività generatrici di reddito Incontri per realizzare orti comunitari biointensivi 70€ 50€ 90€ COME FARE LA TUA DONAZIONE • Bollettino postale n. 7484 intestato a: AIFO - Onlus, Bologna • Conto Banca Popolare Etica, IBAN: IT 89 B 05018 02400000000 505050 • Carta di credito: telefona al n. verde Aifo, oppure su www.aifo.it, clicca: Dona Online • Pagamento periodico bancario SEPA SDD (ex RID) richiedi il modulo al n. verde Aifo Le donazioni con queste modalità (non in contanti) sono fiscalmente deducibili Numero verde Aifo 800550303 PARTE CI PA A NC H E T U . D O N A O R A