maggio 2016

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maggio 2016
Amici di Follereau
Anno LV - n.5 / maggio 2016 - Poste Italiane SPA, Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv.in.L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, c.1, CN/BO - Filiale di Bologna – € 2
5
maggio
2016
per i diritti degli ultimi
LA PRIORITÀ
DELLO SVILUPPO
INCLUSIVO
DONAZIONE DEL MESE
Mozambico:
la felicità di Zakarias
Lo scultore che
ha “rivelato” Cristo
since 1961 with the poorest
il tuo 5
è per mille
come me
Destina il tuo
5x1000 ad AIFO,
dal 1961 attiva sui temi
di lebbra e disabilità.
Foto di Maria Irene Carlos Leon
Puoi trasformare la tua
dichiarazione dei redditi
in un atto di solidarietà
concreta e contribuire
alla realizzazione
dei nostri progetti
sociosanitari.
Metti la tua firma nello spazio “Scelta per la
destinazione del 5x1000 dell’Irpef”
nell’area dedicata al “Sostegno del
volontariato e delle organizzazioni non
lucrative di utilità sociale”.
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AIFO - Associazione Italiana
Amici di Raoul Follereau
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Fax: 051/434046
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EDITO R I ALE
Non c’è posto...
“Eppure il suo cuore non conosceva l’odio.
Capiva soltanto che occorreva, per vivere con gli altri,
essere ‘come gli altri’.
Non c’era posto per lui...
Nel nostro secolo assurdo e crudele non c’è posto per i lebbrosi.
Non c’è posto per i vinti dalla malattia e dalla miseria...
Non c’è posto per i vecchi, questi esseri ‘improduttivi’...
Non c’è posto per loro... non c’è posto per loro...”
Raoul Follereau
Ma è
soprattutto
il malato o
l’ex malato
che deve
arrivare a
sentirsi leader
e costruttore
della sua
storia
C
are amiche, cari amici,
potremmo continuare citando tante altre categorie di persone per le quali
“non c’è posto” e che non sono considerate “come gli altri”: le osservazioni
di Follereau sono più che mai attuali ed è sempre attuale e sempre più necessario il
lavoro continuo per la difesa della dignità dell’uomo e dei suoi diritti nel sud e nel
nord del mondo.
Nel numero di questo mese alcuni importanti articoli vi diranno come la nostra
Associazione, pur tra tanti problemi e nonostante le notevoli crisi economiche,
si sta muovendo in modo sempre più efficace per la costruzione di una società
inclusiva, disposta, preparata e in grado di accogliere ed eliminare barriere.
Già nel Dossier di quest’anno sulla situazione della lebbra nel mondo il dr.
Giovanni Gazzoli parte con un titolo programmatico : “La lebbra: dalla riabilitazione
allo sviluppo inclusivo”. Rafforzare, con le altre associazioni sorelle l’impegno per
un mondo senza lebbra, collaborare con i governi e con tutte le realtà del territorio:
ma è soprattutto il malato o l’ex malato che deve arrivare a sentirsi “un uomo come
gli altri”, leader e costruttore della sua storia. Programmi che già portavamo avanti
da tempo, ma che stiamo cercando di rendere sempre più efficienti.
Stesso passaggio, dalla riabilitazione allo sviluppo inclusivo su base comunitaria
per tutti i progetti sulla disabilità: tantissime persone restano ancora escluse o ai
margini della società, talvolta anche per problemi che, con un minimo di assistenza,
sarebbero facilmente superabili. Il lavorare con loro stimolando le loro capacità,
favorendo la formazione di gruppi di auto aiuto, facilitando il micro-credito,
fa rinascere davvero con poco tante realtà che poi costruiranno sviluppo auto
sostenibile.
Stiamo cominciando a vederlo in alcuni paesi che, con la capace collaborazione
delle associazioni locali (che Aifo sempre ricerca perché doverosa e importantissima)
stanno diventando progetti da imitare.
Ma una società di amore, una società più umana si costruisce a partire dai nostri
paesi. Perciò, oltre alle tante iniziative dei soci e volontari, che si muovono con
capacità e fantasia, oltre al Progetto “cooperare per includere” con l’importante
mostra sulla disabilità, oltre all’attività nelle scuole, che quest’anno sta superando
ogni previsione, voglio sottolineare il Progetto di Ponte San Nicolò “Migliorare la
qualità della vita delle persone anziane”, fortemente voluto dall’OMS e dall’Aifo, e
che è portato avanti da una efficientissima e preparatissima rete locale: è davvero
un progetto pilota.
Lavoriamo insieme perché chiunque possa sperare che ci sia “un posto per lui”.
Anna Maria Pisano
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5/
RI PE NSARE LA VEC C H IAIA
7/
M OZA MBIC O: LA F ELIC ITÀ DI Z A K A R I A S
9/
“ E CCO C OME H O RIVELATO C R I S TO ”
di Federico Cerri
di Paulo Hansine
Inter vista di Felice Tagliaferri a cura di Nicola Rabbi
11/
L O SV I LU PPO IN C LU SIVO PRIO R I TÀ D E I N O S TR I
P ROGETTI
15/
A RM I I TALIAN E: SOLO UN GRA N D E A FFA R E ?
17/
ND OKI , U N A VITA SEGN ATA DA LLA V I O LE N Z A
19/
I V OL ONTARI DELLA PAC E
21/
UN I NVEC C H IAMEN TO SAN O E ATTI V O
a c ura d i Tu l g a m a a Da m d i n s u r e n , Ja yan th K umar, An gel o M ar r a
a cura della redazione
di Franco Barigozzi
di Andrea Siccardi
di Francesca Succu
Ripensare
la vecchiaia
Le persone anziane
dovrebbero essere
amate e onorate, ma
non sempre è cosi, come
rivela anche la cronaca
di Federico Cerri
Fonte: Archivio fotografico di Aifo
L
e categorie più comuni di
abuso sulla persona anziana
sono quelle in ambito
domestico,
istituzionale
(case
di riposo, residenze sanitarieassistenziali), e il comportamento
auto-lesivo dovuto a specifiche
patologie o stati di abbandono.
L’informazione sugli abusi è
molto carente e le scarse indagini
rivelano che nonostante il fenomeno
sia diffuso non sempre viene
denunciato. Tra gli abusi verso
persone, come donne e bambini,
quelli verso anziani sono i più
sottaciuti nonostante costi umani ed
economici rilevanti.
Dalle poche indagini effettuate in
Italia emerge che circa il 7% degli
anziani subisce abusi all’interno
della propria casa, soprattutto da
parte di famigliari (figli o coniuge).
Gli abusi domestici più diffusi sono:
trascuratezza, maltrattamento, ab­
ban­dono, abusi finanziari, ricoveri
coatti in strutture residenziali,
impoverimento, deprivazione rela­
zionale, intimidazioni.
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È necessario
un cambio di
paradigma del modo
stesso di pensare la
vecchiaia
Fonte: Natallia Romashova/shutterstock.com
Con la crisi, sono aumentati i
casi di abuso finanziario cioè l’uso
improprio di beni della persona
anziana senza il suo consenso e a
beneficio di altri.
I casi riportati dai media sono
solo la punta dell’iceberg e manca
una riflessione comune che porti ad
appropriati ed efficaci interventi di
prevenzione oltre che di riparazione
del danno subito da persone spesso
fragili, non autonome e con limitata
capacità di autodifesa. Gli abusi sono
una violazione dei diritti umani e
per questo è necessario accrescere la
consapevolezza dei diritti da parte
delle stesse persone, della famiglia,
dei servizi, delle comunità e degli
stati attraverso strumenti legislativi
e di buona politica fondata sulla
persona come valore e come fine, mai
come mezzo.
Dignità e diritti
Gli abusi istituzionali di cui abbia­
mo notizia colpiscono maggiormente
l’immaginario collettivo perché
messi in atto da personale formato
e retribuito per curare e assistere
persone anziane prive in tutto o in
parte di autonomia. Per prevenire
queste situazioni bisogna agire sul
rafforzamento delle opportunità e
delle condizioni positive fondate
sul rispetto della dignità e dei
diritti e nel contempo offrendo a
chi svolge la professione di cura e
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di assistenza, gli strumenti utili non
solo a prevenire i comportamenti
inadeguati e lesivi, ma soprattutto
a rafforzare le capacità di ascolto e
di relazione con la persona nella sua
globalità e centralità e non solo nella
cura della malattia o della disabilità.
L’aggiornamento
permanente
degli operatori sanitari e sociali,
che operano nelle strutture di
accoglienza, la supervisione costante
del loro lavoro, l’organizzazione
progettuale in equipe oltre che il
rispetto dei diritti dei lavoratori da
parte degli enti gestori, la vigilanza
appropriata a tutela delle persone
che ricevono cure, sono condizioni
favorevoli a potenziare la qualità
dell’assistenza e a prevenire i
comportamenti di violenza, che in
ogni caso vanno perseguiti e puniti
severamente.
È necessario un cambio di
paradigma del modo stesso di
pensare la vecchiaia. Se è vero che
alcune persone anziane hanno
bisogno di assistenza e sostegno,
gli anziani in generale offrono
molteplici contributi alla famiglia e
alla società e si deve riconoscere che
l’offerta di servizi forniti in risposta
alle loro richieste, è da considerare
più un investimento che un costo
e che nessuna persona è un vuoto
a perdere se non vogliamo perdere
il senso della dignità e del valore di
ogni diversità umana. ■
Taglio ai fondi per le
persone con disabilità
In Russia dal febbraio 2016
una nuova normativa ha
stabilito che solo le persone
con disabilità con un deficit
superiore al 40% potranno
avere aiuti finanziari per le loro
spese sanitarie. Pazienti con
patologie gravi come il diabete
e l’asma cronica sono così
esclusi dall’assistenza sanitaria.
Genitori e organizzazioni civili
denunciano questo tentativo
di risparmiare sulle spese per
la disabilità diminuendo a
tavolino il numero dei disabili e
ciò a fronte delle enormi spese
belliche che la Russia sostiene.
In Gran Bretagna invece
cambierà da gennaio 2017 il
calcolo dell’assegno settimanale
che i disabili ricevono per la
loro autonomia, a copertura dei
costi aggiuntivi per le persone
con problemi di salute cronica o
con disabilità.
Sono 640 mila le persone che
ricevono l’aiuto economico
e per il partito laburista
all’opposizione
ben
200
mila vedranno limitati i loro
diritti a una vita autonoma.
Il provvedimento, che durerà
per quattro anni, ha portato
alle dimissioni del ministro del
welfare, il conservatore Iain
Duncan Smith.
DONAZION E
DEL M E S E
Fonte: Archivio fotografico di Aifo
MOZAMBICO:
la felicità di Zakarias
Il Progetto Aifo nella
provincia di Manica per
la cura e la prevenzione
della lebbra, ha esteso
le sue attività agli orti
biointensivi
di Paulo Hansine
Q
uando l’ho incontrato per
la prima volta, Zakarias
aveva 29 anni. Era un uomo
povero e ancora scapolo a
causa delle conseguenze della lebbra
che lo aveva colpito fin da ragazzo.
Viveva ancora nel piccolo centro
dove era nato, Dembe nel distretto
di Susndenga nella provincia di
Manìca, dove Aifo opera da tempo.
La lebbra aveva colpito le sue dita
erodendole, mentre i piedi avevano
una profonda ulcerazione. Viveva
in famiglia, ma le sue condizioni
fisiche e lo stato di abbandono lo
allontanavano dagli altri e non
avrebbe certamente mai trovato una
ragazza che lo volesse sposare.
Sei anni fa, dopo un attento lavoro
di ascolto e di coinvolgimento, lo
abbiamo convinto ad apprendere
alcune semplici tecniche per
prevenire il peggioramento delle sue
lesioni. Lo ha fatto all’interno di un
piccolo gruppo dove ha imparato
alcuni principi di autocura insieme
ad altre dieci persone, tra le quali
la madre ed il fratello. Incoraggiato
a continuare e a perfezionare le
tecniche, nel giro di sei mesi aveva
notevolmente migliorato le sue
condizioni che lo isolavano dagli
altri, e ha potuto frequentare le
persone del suo villaggio.
Dopo un anno Zakarias si è sposato
e ha avuto una bambina. Con l’aiuto
del progetto Aifo ha potuto far
fronte ai bisogni della famiglia. Dal
gennaio di quest’anno Zacarias vive
in una nuova casa con un orto. La
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D ONAZ IO N E
D EL M E S E
sua famiglia trae le proprie risorse
dall’agricoltura, un’attività parte
integrante del progetto Aifo.
Malgrado i segni della malattia,
Zakarias oggi è finalmente una
persona felice perché ha ritrovato
la propria vita come le altre persone
che sono attorno a lui. Soprattutto
testimonia l’importanza dei gruppi
di auto aiuto per includere le
persone emarginate e dimenticate
dal resto della comunità.
Gli orti biointensivi
Uno degli aspetti innovativi del
Progetto che Aifo conduce nella
provincia di Manìca è quello degli
orti biointensivi. La cura della
tubercolosi, della lebbra e delle
altre malattie dimenticate è una
parte importante dell’attività di
Aifo, tanto più che si rivolge ad una
popolazione, che vive in zone rurali,
povera ed emarginata proprio a causa
Il Progetto
Il Progetto Aifo nella provincia
di Manìca, nella parte centrooccidentale
del
Mozambico
al confine con lo Zimbabwe,
coinvolge alcune delle aree rurali
più povere del Mozambico. Il tasso
di mortalità infantile è significativa
(84/ogni mille nati vivi), come
pure l’incidenza della lebbra (10%
tra i bambini da 0 a 14 anni) e di
delle condizioni generali e delle
condizioni di salute in cui versa.
L’esperienza in Mozambico, e non
solo, dimostra che la riabilitazione
e l’inclusione delle persone
all’interno delle comunità non può
essere completamente efficace se
non accompagnata da azioni per
promuovere lo sviluppo sociale ed
economico di quelle comunità.
Le zone rurali in cui opera il
progetto si prestano in primo luogo
allo sviluppo agricolo. La scarsezza
d’acqua, anche quest’anno la
stagione delle piogge (da dicembre a
marzo) è stata inferiore alle necessità,
obbliga ad adottare un sistema
sostenibile. Da qui l’esigenza di
orientare l’agricoltura verso nuove
attività su piccola scala come quelle
degli orti biointensivi che riducono
fino all’88% il consumo di acqua, e
possono aumentare fino a sei volte
la produzione, senza impiego di
altre malattie. L’obiettivo generale
è quello di contribuire con azioni
multisettoriali al miglioramento
delle condizioni generali della
popolazione. Il Progetto, che
riceve un contributo della Regione
Emilia Romagna e del comune di
Rimini, coinvolge partner locali
ed è particolarmente attento alla
promozione dei gruppi di auto
aiuto, intesi come strumenti
L’importanza
dei gruppi di
auto aiuto
per includere
le persone
emarginate e
dimenticate
dal resto della
comunità
fertilizzanti chimici.
Questo tipo di agricoltura è
particolarmente
indicato
per
rispondere alle necessità di piccole
comunità con scarsa capacità di
investimento. La formazione dei
beneficiari è una tappa fondamentale
essenziali dello sviluppo inclusivo,
come l’esperienza di Zakarias
dimostra. Ciò è particolarmente
importante sia nella componente
sanitaria che nelle attività produttrici
di reddito come gli orti biointensivi.
Il Progetto è affiancato da azioni di
sensibilizzazione in Italia, come lo
spettacolo teatrale “Ubuntu”, che
abbiamo presentato nell’ultimo
numero della rivista.
non solo per la realizzazione del
progetto ma anche per poter
trasferire questa tecnica ad altre
persone e diffonderla su base
famigliare. ■
Grazie al progetto Aifo sostenuto
dai donatori, Zakarias ha ritrovato
la felicità insieme alla sua famiglia.
Fonte: Archivio fotografico di Aifo
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Per un gesto concreto, leggi l’Appello del
mese sul retro della
rivista.
CULTU R A
CULTU R A
“Ecco come
ho rivelato
Cristo”
Felice Tagliaferri
scultore affermato e
non vedente, riesce a
creare opere di marmo
dal significato profondo
di Nicola Rabbi
Fonte: Nicola Rabbi
“N
on hanno voluto farmelo toccare,
perché il direttore del museo
Cappella Sansevero a Napoli diceva
che potevo rovinarlo; ma stiamo parlando di
marmo, il ‘Cristo velato’ è un unico pezzo di
marmo”. Chi sta parlando è Felice Tagliaferri,
è un artista, uno scultore e ha un’altra
particolarità, è non vedente da quando all’età
di 13 anni un’atrofia del nervo ottico lo ha
colpito. Questo spiacevole episodio però
diventa per lui l’inizio di una sfida che lo
porterà a realizzare una copia dell’opera.
“Un collaboratore del Museo Tattile Omero
di Ancona mi ha descritto centimetro per
centimetro come era fatta la statua e, mentre
lui parlava, io me la figuravo e creavo un
modello in creta.
Siamo stati per tre giorni praticamente
chiusi in una stanza, poi, una volta uscito, ho
impiegato due anni a scolpirla”.
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CULTU RA
Le mie statue poi
permettono di
toccare ‘cose’ che
nessuno ha mai
toccato
L’ha intitolata il “Cristo rivelato”,
nel senso che, rifacendolo, l’aveva
velato per la seconda volta ma anche
che l’aveva reso accessibile, svelato,
ai non vedenti che avrebbero potuto
toccarlo a loro piacimento.
Felice Tagliaferri abita a Taver­
nelle, poco fuori Bologna, è uno
scultore attivo da una ventina di
anni che dal 2006 ha un suo atelier
nella “Chiesa dell’arte”, una piccola
chiesa restaurata grazie ad una
fondazione bancaria locale, dove
sono raccolte le sue opere. “Lo
scultore fa ciò che vede, lo scultore
cieco vede ciò che sente” afferma
Felice e in effetti è proprio così, le
sue statue non sono solo da vedere
ma anche da toccare e con il tatto
ti accorgi del significato. Felice mi
prende le mani e le porta su una
palla di marmo bianco con un buco
in mezzo. Poi me la fa percorrere
con i polpastrelli fuori e dentro e mi
dice: “Vedi fuori come è liscia ma
dentro nel buco, profondo e difficile
da raggiungere, diventa ruvida e
tormentata” ed è un modo per farmi
capire che quella palla rotta è l’uomo Fonte: Nicola Rabbi
che fuori dà una certa immagine,
mentre al suo interno ne ha un’altra, grossa testa di Cristo bendato attira
ben diversa.
la mia attenzione: “Mi è venuto
in un momento di ironia - spiega
Scolpire l’impegno per la
sorridendo - solo io cieco? No,
disabilità
anche lui”. Questa testa sarà esposta
“Le mie statue poi permettono prossimamente all’ingresso dei Musei
di toccare ‘cose’ che nessuno ha Vaticani, cosa che farà del suo autore
mai toccato” mi dice in modo l’unico artista vivente presente nelle
enigmatico, poi mi fa tastare l’onda collezioni. Il suo ultimo progetto è
del mare, i capelli mossi dal vento, invece dedicato alla Convenzione sui
l’ombra dell’uomo e l’immagine Diritti delle persone con disabilità;
nello specchio: in effetti tutte lo ha concretizzato in un’opera
situa­
zioni non afferrabili, se non dove una grossa risma di fogli di
grazie alle statue di Felice. Una carta – la Convenzione appunto – è
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tenuta in posizione verticale da due
mani: “Nello spazio bianco voglio
la firma scolpita delle persone che
hanno delle grosse responsabilità
civili; un modo per dire, questa è
la Convenzione, è una cosa pesante,
come questa opera di marmo, vuoi
impegnarti per farla rispettare?”. I
primi che vuole incontrare saranno
il presidente della Repubblica
Mattarella, Riccardo Di Segni,
rabbino capo della Comunità ebraica
di Roma e Papa Francesco. Ci riuscirà
di sicuro. ■
LO SVILUPPO INCLUSIVO
PRIORITÀ DEI NOSTRI
PROGETTI
Aifo sta applicando nei
suoi progetti un approccio
innovativo per combattere
la disabilità e l’esclusione
a cura di Tulgamaa
Damdinsuren,
Jayanth Kumar,
Angelo Marra
Fonte: Archivio fotografico di Aifo
L’
EVOLUZIONE DEL
RIABILITAZIONE
CONCETTO
DI
di Angelo Marra
La Riabilitazione su base comunitaria (Rbc) è una strategia
di sviluppo tesa a migliorare la qualità della vita delle
persone con disabilità e delle loro famiglie cercando di
soddisfare i loro bisogni attraverso la partecipazione
e l’inclusione sociale di queste persone nel processo
di sviluppo della comunità a cui appartengono. Come
per la disabilità, l’influsso dell’approccio fondato sui
diritti umani ha consentito una evoluzione anche del
paradigma della Rbc: si è passati da una lettura in
chiave prevalentemente medica ad una sociale, globale
ed olistica. Da riabilitazione a Sviluppo inclusivo su
base comunitaria (Sibc).
Cosa significa e che implicazioni ha? Significa che la
persona umana è percepita nella sua interezza e ne è
valorizzata la dimensione di attore “politico” all’interno
della propria comunità: la persona disabile non è un
ammalato da proteggere ma titolare di diritti suoi propri
che può contribuire al benessere della comunità cui
appartiene.
Il modello sociale della disabilità insegna che questa
è una condizione umana “comune” ed è soggetta
ad evoluzione: gli uomini e le donne sono – tutti –
momentaneamente abili e ciò che oggi è una disabilità,
domani potrebbe non esserlo più; non solo: ciò che
ieri non comportava disabilità, oggi potrebbe esserlo.
Si pensi all’incapacità di leggere o scrivere che diviene
fattore emarginante solo in determinati contesti di tempo
e di spazio. Cos’è, dunque, la disabilità? Essa è concetto
in continua evoluzione, derivante dall’interazione tra
le caratteristiche dell’individuo e barriere di diversa
natura le quali impediscono alla persona di esercitare in
modo pieno i propri diritti e partecipare alla comunità
come chi disabile non è. Questa consapevolezza porta
a comprendere che il problema è la mancanza di pari
opportunità, la presenza di barriere e stigma che
ostacolano la fioritura della persona.
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D O S S IE R
Come fare inclusione?
In questa prospettiva, la diversità
è valore e non elemento deviante:
la “salute” non è attributo di
chi è “sano” ma di chi vive nel
benessere psicofisico mantenendo
la propria identità (diversità) senza
essere oggetto di pregiudizio e
marginalizzazione. Fondamentale
è smettere di essere agiti da altri
diventando protagonisti della
propria vita godendo pienamente
di diritti e libertà fondamentali
per ciascuno. Questo significa fare
inclusione.
Come riuscirci? “Su Base
comunitaria” significa trarre le
risorse per il miglioramento della
qualità di vita dalla comunità
stessa e non dal di fuori. È questo
il processo di empowerment
sia personale che sociale - che
implica un’assunzione di potere e
responsabilità, una consapevolezza
del proprio valore e l’acquisizione
della capacità di esercitare la
propria responsabilità per il bene
comune e lo sviluppo locale.
La metodologia è sperimentata:
le comunità individuano i propri
bisogni, scelgono le strategie e
le adottano attraverso processi
emancipativi e partecipativi di
tipo democratico. I programmi di
Sviluppo inclusivo possono essere
attivati su piccola o larga scala.
Una volta individuata l’area è
necessario costituire un gruppo per
mettere in pratica il metodo. Queste
persone vengono adeguatamente
formate su tematiche importanti
quali: l’educazione, l’inclusione
sociale, la non discriminazione o il
microcredito per l’avvio di attività
imprenditoriali. La formazione
porta poi all’organizzazione di
attività per potenziare le risorse
locali già presenti sul territorio:
questo garantisce una continuità
sociale alle attività del programma.
Il punto fondamentale è avere
un approccio olistico, globale e
multi-disciplinare, multi-settoriale
che sappia mettere insieme le varie
risorse in modo efficiente e centrato
sui bisogni e le scelte espresse
dalla comunità locale. Altro punto
cruciale: le soluzioni adottate
devono essere sostenibili per il
contesto di riferimento. Il motto
dello Sviluppo inclusivo è: “vedere
la persona nella sua globalità. Non
occuparsi di singoli ‘pezzi’ della
persona, come fanno gli specialisti”.
Fonte: Archivio fotografico di Aifo
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Amici di Follereau N.5 / maggio 2016
Trarre le risorse per
il miglioramento
della qualità di vita
dalla comunità
stessa e non dal di
fuori
L’ESPERIENZA DI AIFO INDIA
di Jayanth Kumar
Quando guardiamo la disabilità
attraverso una lente sociale piuttosto
che attraverso uno schema di tipo
medico, cominciamo a vedere le
disuguaglianze e le discriminazioni
ovunque. Nel corso di parecchi anni,
il nostro lavoro ci ha consentito di
acquisire una particolare capacità
di percezione, di cogliere attraverso
le parole e le diverse manifestazioni
delle persone che incontriamo il loro
stato d’animo e la loro condizione.
L’inclusione è un processo che
aiuta le persone con disabilità o ogni
altra persona esclusa ad esercitare
i propri diritti, a compiere i propri
doveri e sperimentare una vita nella
dignità. Il percorso di inclusione
può essere iniziato da una persona,
un gruppo, una comunità, uno stato,
e da agenzie interne o esterne.
È un lungo processo, che si
scontra con ostacoli, sfide, problemi
e opposizione di pezzi della società.
È un percorso sempre in movimento
che accresce la solidarietà sociale e
rafforza l’effettivo funzionamento
delle istituzioni sociali. Più che
risorse aggiuntive questo processo
richiede sensibilità, volontà politica
e un approccio consapevole. Si batte
per una società ideale di equità e
uguaglianza, dove ogni persona
possa godere della vita senza ostacoli
insieme agli altri. Un tema ricorrente
nella comprensione dell’inclusione
è “non cancellare le differenze ma
tenerle insieme”.
DOSSIER
I programmi
inclusivo
di
sviluppo
Aifo India ha adattato i principi
della Riabilitazione su base
comunitaria (Rbc) allo Sviluppo
inclusivo e ha promosso numerose
iniziative di questo tipo attraverso
tutto il paese già da tempo. Molte
delle nostre iniziative adottano
questo approccio nella riabilitazione
dei malati di lebbra. Nei programmi
Aifo di Rbc ci sono diverse
componenti per promuovere il
rafforzamento delle persone con vari
tipi di disabilità. Tutte le iniziative
sono pianificate e sostenute da
diverse organizzazioni partner con
il supporto tecnico e finanziario di
Aifo. Nei programmi vengono seguiti
alcuni indirizzi strategici comuni
come la partecipazione in gruppi
di auto aiuto, la partecipazione
comunitaria, la tutela e la promozione
dei diritti fondamentali, la creazione
e lo sviluppo delle associazioni di
persone con disabilità, la promozione
di federazioni femminili, la ricerca
emancipatoria e altre iniziative di
sviluppo inclusivo. Questo approccio
inclusivo ha avuto un impulso
dall’adozione della Convenzione
dell’Onu sui diritti delle persone
con disabilità ed è adottato da tutti
i programmi di Aifo India.
I dati 2015 di Aifo India indicano
che vi sono 1.291 gruppi di auto
aiuto per persone con disabilità e
le loro famiglie. In totale hanno
beneficiato
18.288
persone,
compresi 10.276 disabili e 334 tra
volontari e membri delle famiglie. Ci
sono 200 organizzazioni di persone
con disabilità che comprendono
6.977 membri con disabilità
e un migliaio tra famigliari e
volontari. Le reti formate da queste
diverse associazioni testimoniano
l’inclusione di tutti i tipi di persone
con disabilità.
Malgrado tutti gli sforzi, ci
sono atteggiamenti oppositivi nei
confronti dei processi di inclusione.
Per questo promuoviamo eventi
Fonte: Archivio fotografico di Aifo
comuni. Negli ultimi tre anni
abbiamo organizzato incontri in
occasione della Giornata mondiale
della disabilità e della Giornata
mondiale dei malati di lebbra.
Questo consente di ridurre le
barriere, di superare lo stigma e di
affrontare i bisogni comuni delle
persone con disabilità. L’ultima
iniziativa di questo genere l’abbiamo
tenuta a metà febbraio nello stato del
Karnataka, con un grande meeting
tra diverse persone ed associazioni,
famigliari e volontari sulla base di
una piattaforma condivisa. Ciò ha
permesso di scambiare conoscenze
ed esperienze.
L’approccio
dello
Sviluppo
inclusivo su base comunitaria è
ai suoi inizi, ma risultati concreti
si cominciano già a vedere. Oggi
è utilizzato nei progetti Aifo in
diversi stati indiani, tra cui Assam,
Karnataka, Andhra Pradesh e
Jhadkhand.
È un percorso sempre in
movimento che accresce
la solidarietà sociale
e rafforza l’effettivo
funzionamento delle
istituzioni sociali
PROGETTARE L’INCLUSIONE
SOCIALE IN MONGOLIA
Intervista
a
Tulgamaa
Damdinsuren, coordinatrice Aifo in
Mongolia
Si parla sempre più spesso di sviluppo
inclusivo, in base alla tua esperienza
che cos’è lo Sviluppo Inclusivo su Base
Comunitaria?
Lo sviluppo inclusivo significa
semplicemente dare l’opportunità a
tutte le persone, soprattutto quelle
che stanno ai margini, di essere
una parte attiva della società. Sono
le persone con disabilità a essere
più svantaggiate. Per costruire una
società inclusiva occorre che tutti i
cittadini, anche quelli con un deficit,
siano parte di questo sviluppo.
In cosa consiste la differenza tra la
Riabilitazione su base comunitaria e lo
Sviluppo inclusivo su base comunitaria?
La Rbc è in un certo senso una
buona base da cui si parte per avere
uno sviluppo inclusivo, attraverso
questa i cittadini, le persone con
disabilità, le autorità e i tecnici
prendono coscienza di certe cose.
Questo è stato, ed è molto importante
in un paese come la Mongolia, dove
25 anni fa, prima che si iniziasse
la Rbc, le persone disabili non
venivano viste come portatrici di
diritti, ma casomai come persone da
assistere. Questa pratica ha portato
a un cambiamento di mentalità che
Amici di Follereau N.5 / maggio 2016
13
D O S S IE R
Fonte: Archivio fotografico di Aifo
La Rbc è in un certo
senso una buona
base da cui si parte
per avere uno
sviluppo inclusivo
possiamo vedere nei giovani con
disabilità. Non aspettano più una
pensione dal governo ma lottano
per i loro diritti, studiano le lingue
straniere (inglese e giapponese) per
comunicare con il mondo.
E per quanto riguarda la progettazione
inclusiva, in che modo Aifo la sta facendo
in Mongolia?
Negli ultimi due anni Aifo ha
prestato attenzione soprattutto
all’iter della legge nazionale sui
diritti delle persone disabili che è
stata approvata questo febbraio.
Avere una legge significa avere
anche una politica a favore delle
persone con disabilità che non si
basa tanto sul solo welfare ma sui
diritti delle persone. Il prossimo
passo sarà l’elaborazione del Piano
di Azione nazionale per dare corpo
a questa nuova legge.
14
Amici di Follereau N.5 / maggio 2016
In questo piano oltre al Ministero
per lo sviluppo e la protezione sociale
saranno presenti le organizzazioni
delle persone con disabilità e Aifo
farà da facilitatore nei gruppi di
lavoro.
Ci puoi fare qualche esempio recente di
sviluppo inclusivo in Mongolia?
Mi viene subito in mente
l’esperienza dell’associazione mon­
gola “Utenti delle carrozzine”.
Dopo che sono venuti in Italia in
occasione di Expo 2015 e hanno
provato a viaggiare senza barriere
architettoniche tra Milano e
Bologna, hanno voluto incontrare il
Ministro dei Trasporti per parlare di
accessibilità ai treni, agli autobus e
agli aeroporti.
Bene l’incontro c’è stato nel
dicembre del 2015 e a marzo del
2016 si sono visti i primi risultati.
Le ferrovie nazionali hanno reso
accessibili dei vagoni ferroviari.
Nell’aeroporto invece è stato
organizzato un servizio chiamato
“SOS” per aiutare le persone con
disabilità, ma anche anziani, donne
incinte o con bambini piccoli.
Infine gli autobus di Ulaan Baatar
hanno deciso di riservare due posti
per persone disabili in ogni mezzo.
Molto spesso chi deve decidere
non conosce i reali problemi delle
persone disabili, ma quando li
conosce, non dice quasi mai “Non
abbiamo soldi per farlo”, ma opera
un cambiamento e questo noi lo
abbiamo sperimentato più volte.
L’esperienza delle organizzazioni delle
persone con disabilità in fatto di sviluppo
inclusivo può portare anche a nuovi
rapporti istituzionali o addirittura a nuovi
rapporti con paesi sviluppati?
Si certo. Sempre nel 2015 una
delegazione dalla Mongolia ha
preso parte a Ginevra a un incontro
sulla Convenzione Onu sui diritti
delle persone con disabilità; dopo
quell’incontro,
il
presidente
della Mongolia ha chiesto alla
rappresentante della Federazione
nazionale dei Non vedenti di
diventare suo consigliere sui temi
legati alla disabilità e ha anche
invitato a colazione un gruppo di
donne con disabilità per parlare
delle loro esigenze. Sempre
dopo l’esperienza di Ginevra,
il responsabile di “Universal
Progress”, il centro mongolo per la
vita indipendente, è stato invitato
in un’università di Tokio per parlare
di quello che è stato detto a Ginevra
e a condividerlo con le associazioni
locali giapponesi. ■
PRIMO PI AN O
Armi italiane: solo un
grande affare?
L’Italia è uno dei
maggiori esportatori di
armi nel mondo, alcuni
paesi che le comprano
hanno regimi
autoritari e politiche
aggressive
l’esterno, com’è il caso dell’Arabia
Saudita. Secondo i dati forniti da
Giorgio Beretta dell’«Osservatorio
Permanente sulle Armi Leggere e
Politiche di Sicurezza e Difesa»,
dal 1990 al 2015 le autorizzazioni
concesse dal governo italiano
all’esportazione di sistemi d’arma si
suddividono percentualmente così
nelle seguenti zone geopolitiche:
Unione Europea 35,9%, Medio
Oriente - Nord Africa 23,2%, Asia
15,4%. I nostri maggiori clienti sono
gli Stati Uniti e l’Inghilterra.
Questi dati però, se aggregati in
modo diverso, ci dicono molto altro.
Se prendiamo in considerazione
solo il periodo che va dal 2010
al 2014 le autorizzazioni per
Fonte: petrmalinak /shutterstock.com
a cura della
redazione
L
‘Italia è il nono esportatore
di armi nel mondo, vende un
po’ di tutto, dagli armamenti
pesanti come elicotteri, navi,
carri armati a sofisticati sistemi
radar, ma in una cosa è prima, è il
maggior esportatore di armi leggere
(pistole, fucili). Ne ha vendute dal
2000 al 2013 per un importo di 5,9
miliardi di euro a più di 123 paesi.
È un normale affare commerciale,
potrebbe obiettare qualcuno, anche
se le armi comunque si fanno per
ammazzare le persone. Il problema
è che, nonostante i paletti posti
dalla legge 185 del 1990 che regola
le esportazioni delle armi dall’Italia,
vendiamo a paesi che hanno
regimi autoritari e aggressivi verso
Amici di Follereau N.5 / maggio 2016
15
PR I MO P I A N O
L’export militare I “lebbrosi” del XXI secolo
dovrebbe essere Dall’inizio di aprile sono iniziate ammesso nell’UE. I modi delle
espulsioni verso la Turchia dei espulsioni e il contesto in cui si
in linea con la lemigranti
“irregolari” arrivati sulle svolgono non consentono una
isole
greche.
I timori della vigilia, reale valutazione della situazione
politica estera del sull’applicazione
dell’Accordo di ciascun migrante, come
nostro paese, ma tra UE e Turchia del 18 marzo, denunciano le organizzazioni
si stanno rivelando pienamente umanitarie presenti sul posto. I
non sempre è così fondati e danno ragione alle migranti – pare che in molti se
l’esportazione
verso
l’Unione
Europea diminuiscono al 24,5%
mentre aumentano quelle verso
il Medio Oriente e il Nord Africa
che salgono al 35,5%. Similmente
aumentano le autorizzazioni di
vendita d’armi verso l’Asia (16,2%)
e l’America latina (5,2%). Sempre
in questo quinquennio bisogna
sottolineare il ruolo di primo piano
come importatori dell’Algeria (1,4
miliardi di euro), seguita a ruota
dall’Arabia Saudita (1,2 miliardi),
dagli USA e dagli Emirati Arabi
Uniti.
Un export fuori controllo
Prendendo spunto dalla relazione
presentata dalla “Rete Italiana
per il disarmo”, in occasione del
venticinquesimo anniversario di
approvazione della legge 185, si
viene a sapere che le autorizzazioni
del Ministero della Difesa per la
vendita di armi sono state pari a
54 miliardi di euro, anche se poi
l’effettiva vendita è ammontata
“solo” a 36 miliardi. Il problema poi
è a chi sono state vendute queste
armi.
“Secondo la legge e secondo
il buonsenso, l’export militare
dovrebbe essere in linea con la
politica estera del nostro paese, ma
non sempre è così. Negli ultimi anni
la direzione è stata principalmente
quella degli affari”, afferma
Francesco Vignarca coordinatore
della Rete. Infatti più della metà delle
esportazioni sono state indirizzate
a paesi al di fuori delle principali
16
Amici di Follereau N.5 / maggio 2016
perplessità già sollevate sui suoi
contenuti. L’Accordo prevede
che gli “irregolari” arrivati sulle
isole greche transitando dalla
Turchia siano espulsi verso
quest’ultima, e per ogni siriano
espulso, un altro siriano venga
alleanze politico-militari di Roma
e cioè i paesi non appartenenti
all’Unione europea o alla Nato.
La legge 185 fa divieto di esportare
armi in zone di conflitto e in paesi
dove non sono rispettati i diritti
ne stiano dimenticando – sono
“persone come le altre”, tanto
per riprendere una celebre frase
di Raoul Follereau a proposito dei
malati di lebbra. I migranti infatti
sono diventati i “nuovi lebbrosi”
del XXI secolo, respinti dai più.
umani. Nella realtà si sono trovati
trucchi per aggirare questi divieti.
Del resto, come denuncia la “Rete
per il disarmo”, le Relazioni annuali
del governo sono diventate sempre
meno trasparenti. ■
Esportazioni italiane di armamenti: Autorizzazioni per Zone geopolitiche
Confronto tra quinquennio 2005-9 (cerchio interno) e quinquennio 2010-14 (cerchio esterno)
(valori in miliardi di euro costanti rivalutati nel 2014)
AFRICA SUBSAHARIANA
1,4%
OCEANIA
2,1%
AMERICA LATINA
5,2%
ALTRI EUROPEI
5,6%
NORD AMERICA ALTRI EUROPEI
11,3%
9,5%
UNIONE EUROPEA
24,5%
UNIONE EUROPEA
36,4%
NORD AMERICA
8,6%
ASIA
16,2%
ASIA
13,7%
MEDIO ORIENTE
E NORD AFRICA
23,2%
MEDIO ORIENTE
E NORD AFRICA
35,5%
Fonte: Sergey Uryadnikov/shutterstock.com
Ndoki, una vita segnata
dalla violenza
I bambini “stregoni”
nella Repubblica
democratica del
Congo rivelano la
miseria materiale
e morale di
buona parte della
popolazione
di Franco Barigozzi
I
bambini stregoni, “ndoki”
come vengono chiamati,
perché considerati posseduti
dal demonio e portatori di malattie
e disgrazie in famiglia, sono un
fenomeno ormai diffuso da anni
nella Repubblica democratica del
Congo. Sono bambini di strada che
popolano le vie di Kinshasa e di altre
città congolesi. Secondo l’Unicef ci
sarebbero dai 40 ai 70 mila “ndoki”
nella sola capitale.
All’origine della loro situazione
c’è la guerra che devasta da anni
il paese e l’estrema povertà in cui
vive gran parte della popolazione,
malgrado le enormi ricchezze
naturali di cui dispone il paese. Nella
maggior parte dei casi i bambini e
bambine “ndoki” hanno perso uno
o entrambi i genitori, o vengono da
famiglie divise. In genere il nuovo
coniuge, del genitore sopravissuto
o comunque risposato, non accetta
i figli nati dall’unione precedente
perché farebbero “concorrenza” alla
nuova famiglia, costituiscono un
peso, insomma una nuova bocca da
sfamare.
Basta un niente per essere
considerato “ndoki”, e al bambino
così segnato vengono poi attribuite
ogni genere di disgrazie, da quelle
più gravi a quelle più futili. E sono
Amici di Follereau N.5 / maggio 2016
17
Non è raro il Come vivere all’inferno
caso in cui sia lo
Sono passati 40 anni da quando dallo Stato. In Indonesia di fronte a
le
autorità indonesiane hanno una popolazione di 250 milioni di
stesso bambino abolito
la pratica del pasong, persone esistono solo 800 psichiatri
ovvero la contenzione in catene e 40 ospedali specializzati; circa
ad abbandonare o in un’altra forma di reclusione il 90% delle persone che ne
persone con problemi di avrebbero bisogno, non possono
la famiglia per delle
salute mentale. Eppure ancora accedere a questo tipo di servizio.
mila persone vivono in queste Ma anche quelli chiusi negli istituti
sottrarsi alle vio­ 19
condizioni, secondo un recente vivono in condizioni precarie e
rapporto di Human Rights Watch. sono a rischio di maltrattamenti e
lenze e ai soprusi Sono gli stessi famigliari a tenerli di violenze sessuali. Human Rights
solitamente i bambini più deboli
ed indifesi, quelli “difficili” che
avrebbero bisogno di un’attenzione
particolare, a vedersi accusati del
male che può accadere in famiglia,
a diventare così il capro espiatorio
di tutto. Quando un bambino viene
accusato di essere uno stregone,
generalmente attorno agli 8-10
anni, la famiglia si rivolge a uno dei
guaritori tradizionali considerati
detentori di poteri magici. Vengono
sottoposti allora a esorcismi e riti
vari, e se la loro “liberazione” non ha
successo, rimangono segnati a vita.
Il bambino o la bambina considerati
“ndoki” vengono emarginati dalla
famiglia, nella quale non possono
partecipare al pari degli altri
componenti, anzi sono picchiati,
privati di cibo e di cure. Vengono
allontanati e isolati dalla scuola ed
anche all’interno del quartiere.
Vivere nelle strade
Sono sottoposti a violenze, fisiche
e morali, a maltrattamenti. Queste
violenze e privazioni di ogni tipo di
cui sono vittime contribuiscono a
rendere ancora più “difficili” questi
bambini, che facilmente perdono
la stabilità mentale, sviluppano
malformazioni fisiche e disabilità.
L’enorme pressione esercitata su
di loro induce talvolta i bambini a
ritenersi effettivamente posseduti e
causa dei mali delle loro famiglie.
Non è raro il caso in cui sia lo
stesso bambino ad abbandonare la
18
Amici di Follereau N.5 / maggio 2016
segregati, a volte per molti anni,
per la vergogna che si prova
ad aver un parente in quello
stato ma anche per la mancanza
d’informazione e di servizi offerti
Watch ha lanciato una campagna
www.hrw.org/breakthechains
rivolta al governo perché metta fine
alle violenze e istituisca dei servizi
per la salute mentale decentrati.
Fonte: Travel Stock/shutterstock.com
famiglia per sottrarsi alle violenze e
ai soprusi. Costretti per la maggior
parte a vivere per strada, vivono di
espedienti. Molti si prostituiscono
e contraggono spesso l’Aids. Le
bambine, in modo particolare, sono
vittime di violenze sessuali.
In strada i bambini si scontrano
quindi con nuove violenze e, oltre
che della prostituzione, rimangono
vittime anche del giro della droga,
sono coinvolti in atti di efferata
brutalità. Le autorità governative
non hanno piani di prevenzione e
di intervento, anzi non raramente
le autorità locali vengo accusate
di abusi durante rastrellamenti
sommari nelle strade.
Ad occuparsi di “ndoki” ci sono
solo le Ong, in particolare quelle
religiose, che conducono azioni di
assistenza nei confronti dei bambini
di strada, portando loro cibo o cure
mediche, o svolgono programmi di
recupero psico-fisico in condizioni
molto difficili. ■
STRUM E N TI
I volontari
della pace
Dopo una lunga
attesa parte la
sperimentazione dei
primi Corpi civili di pace
italiani, mentre l’attività
delle associazioni non si
è mai fermata
di Andrea Siccardi
Fonte: Vitalinka/shutterstock.com
D
ovrebbero partire en­
tro
l’estate i primi volontari dei
Corpi civili di pace che per
12 mesi sperimenteranno con
metodologie e interventi nonviolenti
la possibilità di contribuire a
superare situazioni di crisi. Ma il
bando per l’individuazione dei
primi 200 volontari, chiuso a metà
febbraio, ha dato un risultato
inaspettato poiché solo la metà dei
posti disponibili è stato coperto.
Il risultato non è del tutto una
sorpresa, i progetti presentati sono
stati inferiori alle attese poiché le
associazioni pacifiste avevano già da
tempo osservato i limiti burocratici
ed economici imposti dal bando.
I Corpi civili di pace sono stati
istituiti nell’ambito del Servizio
civile nazionale grazie a un fondo
di sperimentazione triennale che
ha sbloccato un obiettivo a lungo
perseguito da diverse organizzazioni
che da molti anni svolgono
interventi di pace in situazioni di
conflitto, accumulando una discreta
esperienza. È stato Gandhi a lanciare
per primo l’idea di brigate per la
pace, ispirato alla nonviolenza come
mezzo di risoluzione dei conflitti.
L’idea prende forma soprattutto
a partire dagli anni ’80. Nella sua
Agenda per la pace del 1992, l’allora
Segretario generale dell’Onu Boutros
Ghali aveva ipotizzato l’impiego di
civili accanto ai militari nelle diverse
forme di intervento: prevenzione
dei conflitti, mantenimento della
pace, costruzione della pace dopo
i conflitti. In contemporanea le
guerre nella ex Jugoslavia all’inizio
degli anni ‘90 costituiscono i primi
terreni di sperimentazione con
l’invio di volontari nei Balcani,
in Medio Oriente, in Africa, in
Centro America. Queste esperienze
spingono per il riconoscimento
Amici di Follereau N.5 / maggio 2016
19
ST RU M E N TI
istituzionale degli interventi civili di
pace e dei diversi corpi di volontari
diversamente denominati.
Si deve soprattutto all’europarla­
mentare italiano Alex Langer
l’idea di un Corpo civile di pace
europeo. Formulato a metà degli
anni ‘90 troverà una parziale
concretizzazione solo all’inizio
del nuovo millennio con l’invio di
missioni civili dell’UE, nell’ambito
della politica europea di sicurezza
e difesa. In Italia il riconoscimento
dei corpi civili di pace è passato
attraverso l’istituzione del Servizio
civile nazionale sia in Italia che
all’estero, ed è approdato solo lo
scorso anno alla sperimentazione in
corso.
Nel frattempo le organizzazioni
italiane continuano a sviluppare
le loro esperienze in diversi paesi
e ambiti, dalla prevenzione dei
Fonte: beeboys/shutterstock.com
20
Amici di Follereau N.5 / maggio 2016
conflitti armati, alle iniziative di
interposizione e di trasformazione
dei conflitti e della violenza, ai
processi di riconciliazione postbellica, ai conflitti sociali acuti, alla
tutela dei difensori dei diritti umani,
alla difesa dell’ambiente. I tratti
comuni di queste esperienze sono
la nonviolenza, la partecipazione
popolare, la vicinanza alle vittime,
unitamente alla diffusione di
informazioni e alla sensibilizzazione
sulle situazioni di crisi.
Continua nel frattempo il percorso
per l’istituzione di un Dipartimento
per la difesa civile, non armata
nonviolenta, portata avanti dalla
campagna “Un’altra difesa è
possibile” con una proposta di legge
di iniziativa popolare, approdata
all’inizio dell’anno alla Camera con
un testo analogo depositato da un
gruppo di deputati. ■
Le organizzazioni
italiane continuano
a sviluppare le loro
esperienze in diversi
paesi e in molteplici
ambiti
Tanti passi contro le
mafie
Giunta alla 21a edizione, la
tradizionale “Giornata della
memoria
e
dell’impegno”
organizzata il 21 marzo da Libera
in ricordo di tutte le vittime della
mafia si è trasformata quest’anno
in qualcosa di diverso al fine di
portare un messaggio più incisivo
in ogni regione italiana. Oltre
alla manifestazione nazionale di
Messina, infatti, iniziative simili
si sono svolte un po’ ovunque.
In particolare a Latina, Aifo è
stata presente in una iniziativa
dal titolo “Ponti di memoria,
luoghi di impegno”. Nei giorni
precedenti la manifestazione,
si sono svolte in provincia
e nell’agro pontino decine
di
iniziative
preparatorie
dell’evento, accomunate dal
medesimo filo conduttore “100
passi verso il 21 marzo”.
Nell’ambito
di
questa
iniziativa Aifo Latina ha
organizzato con Libera, presso
la Casa del volontariato di
Latina, un incontro con Rosario
La Rossa sulla sua esperienza
nel quartiere delle Vele a
Scampia, nella periferia nord di
Napoli, dove fa l’allenatore dei
pulcini dell’Arci, sono partiti
in 7 dieci anni fa ed oggi sono
incredibilmente seicento.
A IFO I N ITALI A
I
Fonte: Rus Limon/shutterstock.com
Un
invecchiamento
sano e attivo
Nel comune padovano
di Ponte San Nicolò è in
corso un’esperienza pilota
internazionale che include le
persone anziane nella ricerca di
come migliorare la propria vita
di Francesca Succu
l Progetto “Inclusione su base
comunitaria: migliorare la qualità
di vita delle persone anziane” è in
corso nel comune di Ponte San Nicolò,
in provincia di Padova. È promosso
dall’OMS che ha individuato come partner
Aifo per la sua esperienza nel campo
dell’inclusione comunitaria. L’iniziativa vede
la partecipazione del comune e del sindaco
Enrico Rinuncini, dell’Unità socio-sanitaria
locale n. 16 di Padova, del Centro servizi per
il volontariato della provincia di Padova e
la collaborazione di diverse associazioni di
volontariato e dell’Università di Padova.
È un progetto del tutto innovativo di
ricerca “emancipatoria”, a cui partecipa
un gruppo di persone over 65 residenti nel
comune padovano, che hanno accettato di
collaborare, offrendo il loro apporto come
protagonisti attivi della ricerca finalizzata
all’inclusione e al miglioramento della qualità
della vita nella comunità. Si vuole promuovere
l’invecchiamento sano, che significa creare un
futuro per vivere la propria vita in un modo
che le generazioni passate non potevano
neanche immaginare. Sarà un’opportunità
per vedere cosa le persone, le famiglie e
la comunità locale, mettono in atto per
migliorare la qualità della vita delle persone
anziane. Il progetto è partito dall’identificare
i diversi gruppi di persone anziane per poi
studiarne gli ambiti di vita. Per questo
verranno rilevate le buone prassi, le soluzioni
innovative e anche le criticità da superare. Ad
esempio a proposito dell’ isolamento e della
solitudine delle persone, si tratta di capire se
sono rilevanti, come le persone interessate
li vivono, quali soluzioni sono state trovate,
cosa ne pensano le famiglie, quale sia il ruolo
delle associazioni, dei gruppi parrocchiali,
delle cooperative sociali e del volontariato.
Rendere consapevoli le persone coinvolte
Partendo da questo tipo di analisi il
progetto si è dato come obiettivo quello di
far diventare più consapevoli della propria
situazione le persone coinvolte, e valorizzare
ciò che vi è di positivo. È indispensabile capire
chi sono le persone anziane più vulnerabili,
perché e in quali contesti, quali sono le
risorse disponibili e gli eventuali ostacoli,
qual è la qualità della loro vita. Dalla ricerca
partecipativa ed emancipatoria devono
Amici di Follereau N.5 / maggio 2016
21
A I FO I N ITALI A
Fonte: Boryana Manzurova/shutterstock.com
Creare un futuro
per vivere la propria
vita in un modo
che le generazioni
passate non
potevano neanche
immaginare
nascere iniziative che rispondono
ai bisogni, in particolare che cosa
le persone, le famiglie e le comunità
possono fare confrontandosi anche
con altre realtà a livello nazionale
e internazionale. Il progetto è stato
presentato alla popolazione il 27
ottobre scorso ed ha raccolto molti
consensi sia da parte delle persone
anziane, che da parte delle istituzioni
e delle associazioni e gruppi del
volontariato e del terzo settore attivi
nella comunità. I primi risultati sono
una mappatura integrata dei bisogni
e delle risorse, al fine di identificare il
gruppo principale delle persone over
65 che saranno “decision maker”
e veri protagonisti del progetto.
Un gruppo di supporto scientifico
affianca la ricerca. Si tratta poi di
trovare sinergie e collaborazione con
altre esperienze e progettualità in
corso di realizzazione nella comunità
di Ponte S. Nicolò. ■
Finestre sul mondo dei rifugiati
Anche quest’anno il Progetto
Finestre aperte, ideato dal Centro
Astalli di Roma e che il gruppo
di Aifo di Imperia ha realizzato, è
stato portato a termine con grande
soddisfazione dei docenti e degli
studenti a Imperia e a Sanremo.
Si sono svolti tanti interessanti
incontri con i rifugiati. La loro
testimonianza è stata accompa­
22
Amici di Follereau N.5 / maggio 2016
gnata da presentazioni in power
point per dare una visione più
ampia dei problemi. Da questi
incontri scaturiranno senz’altro dei
lavori per il concorso “La Scrittura
non va in esilio”. Osman, della
Somalia, e Moussa dal Senegal sono
stati veramente efficaci, hanno
creato un’eccellente atmosfera
con i ragazzi. Molto utile anche
l’incontro con i richiedenti asilo
ospitati dalla Cooperativa Goccia
di Imperia. Care, come sempre, le
suore di clausura delle Clarisse che
da anni incontrano i tanti testimoni
che portiamo nelle scuole. Novità
importante, una nuova socia,
Silvia, si è attivata nel Progetto, con
un contributo davvero prezioso e
di grande competenza.
CAMPO ESTIVO AIFO
“COSTRUIRE FRATELLANZA”
1 7-24 lug lio 2 0 1 6
Mirabeau Park Hotel - G ASPE RINA
MON TE PAONE (CZ)
Il Programma, dopo la sistemazione in hotel,
inizia domenica 17 luglio alle ore 17.00
con l’incontro nella sede AIFO di Satriano
Marina per la presentazione del campo estivo
e il dibattito sul tema “Costruire fratellanza”.
Durante la settimana si alterneranno momenti di
svago nella spiaggia riservata a Montepaone
Lido con ombrellone, sdraio ed animazione,
visite al territorio e alle sue bellezze artistiche e
Amici di Follereau
Mensile per i diritti degli ultimi, dell’Associazione Italiana
Amici di Raoul Follereau (Aifo)
Via Borselli 4-6 – 40135 Bologna
Tel. 051 4393211 – Fax 051 434046
[email protected]
Lettere alla Redazione: [email protected]
www.aifo.it
Direttore Responsabile
Mons. Antonio Riboldi
Direttore
Anna Maria Pisano
Redazione
Luciano Ardesi (Caporedattore), Nicola Rabbi
naturali, e incontri con le realtà locali.
La domenica 24 luglio: mattina a disposizione,
pranzo in hotel e partenza.
Quota individuale 430 €, comprensiva
della pensione completa, servizio spiaggia,
escursioni programmate.
Per informazioni e prenotazioni:
Generoso Scicchitano [email protected];
Programma completo su www.aifo.it
Progetto Grafico e Impaginazione
Swan&Koi srl
Hanno collaborato a questo numero
Franco Barigozzi, Federico Cerri, Tulgamaa Damdinsuren, Paulo
Hansine, Jayanth Kumar, Angelo Marra, Andrea Siccardi, Francesca
Succu, Felice Tagliaferri,
Fotografie
Archivio fotografico di Aifo, Shutterstock.com, Nicola Rabbi
Abbonamenti - Amici di Follereau
Le attività dell’Associazione sono il frutto della solidarietà
e della condivisione di coloro che la sostengono.
Puoi contribuire anche tu, sottoscrivendo
l’abbonamento ad Amici di Follereau
Ordinario 13 € / Simpatizzante 18 € / Sostenitore 30 €
Tiratura xxxx copie
Chiuso in tipografia il xx/xx/xxxx
Il numero di Febbraio è stato spedito il xx/xx/xxxx
Stampa: SAB – Trebbo di Budrio (BO)
Postalizzazione
DATA MEC srl, via Speranza, 31 – 40068 San Lazzaro (BO)
Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana (USPI)
Autorizzazione del Tribunale di Bologna N. 2993, del 19 aprile 1962
M OZ A M B I C O
–
M AN I C A
Z A K A R IA S H A
R IT R O VAT O L A FELIC I TÀ
E CO LT IVA U N O R T O
Z
akarias era un giovane malato di lebbra,
abbandonato a se stesso ed emarginato
dal resto del villaggio. Quando Aifo lo
ha inserito in un gruppo di auto aiuto le sue
condizioni sono nettamente migliorate ed è
For m ar e
Un tecnico su diagnosi e
trattamento della lebbra
uscito dall’isolamento. Si è sposato e ha avuto
una bambina. Abita una nuova casa e, nel
quadro del Progetto Aifo, ora coltiva un orto
per mantenere la famiglia. È un uomo felice e
un esempio per tutti gli altri.
Sost e n e r e
Educar e
Attività generatrici di
reddito
Incontri per realizzare orti
comunitari biointensivi
70€
50€
90€
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AIFO - Onlus, Bologna
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oppure su www.aifo.it, clicca: Dona Online
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richiedi il modulo al n. verde Aifo
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sono fiscalmente deducibili
Numero verde Aifo 800550303
PARTE CI PA A NC H E T U . D O N A O R A