a mari usque ad mare

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a mari usque ad mare
FOR YOUR CONSIDERATION © Francesco Cappellotto - [email protected]
FEAR
DO DI C E SI M O E P I SO D I O
A M A RI U S Q U E A D M A R E
FOR Y O U R C O NS ID E R ATIO N
© F r a n ces co C a p p ello tto
sto n eo cea n s@ y a ho o .it
fe a r s a g a . wo r dp r ess . it
r o m an zo a d e pi sodi
sette ragazzi, quattro elem e nti ,
un soffitto sconosciuto e un p e rcorso
in bilico fr a la vita e la m orte
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L’ al be r o d e lla v i t a - A ll Wr i g ht s r e served
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« Cambiagli il panno. È quasi asciutto. E lui è ancora
bollente. »
« Siamo sicuri che non ci sia altro che possiamo
fare? »
« Patrick, sono tre giorni che me lo chiedi. No. Dobbiamo solo aspettare! »
« Aspettare, aspettare, aspettare! Mi sono rotto di
aspettare! »
« Calmati, Cristo! Non è colpa nostra se sono ancora
in queste condizioni! »
« Avrei dovuto davvero spaccare quel cazzo di tappo... »
« Così ora c’eravamo noi al loro posto... E saremmo
punto e a capo. Vado a controllare Norma. »
Sento delle voci. Lontane ma le sento. Sembrerebbero Koji e Patrick... Sto sognando? Non riesco a muovere un singolo muscolo. Dove sono? Cosa mi è successo? Non ricordo nulla.
Ci siamo tuffati, abbiamo aiutato Joe ad arrivare a
fondo piscina. E poi? Ce l’ha fatta? O siamo tutti morti? Certo che sembrano davvero le voci di Patrick e
Kojiro quelle che ho sentito... Se riuscissi per lo meno
ad alzare le palpebre. Ho molto caldo. E sento tutti gli
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arti intorpiditi. Lo stomaco brontola.
Ma da quanto sono in questo stato? La stanchezza
è davvero troppa. Sento che sto scivolando di nuovo
verso le tenebre.
« Ehi, Ehi! Si sta svegliando! »
« Non stategli tutti così addosso! Fatevi un po’ indietro. »
« Silenzio, dai! Non fate confusione! »
« Samuel! »
Qualcuno mi chiama. Sento il mio nome. Una voce
dolce che cerca di destarmi dal mio sonno cieco e senza luna.
« Sammy, ci sei? »
Sento una mano nella mia. Me la stringe, non troppo forte. È morbida e vellutata ma ha un leggero tremolio, come se la persona a fianco a me fosse nervosa.
O emozionata. Con uno sforzo apro gli occhi e vedo
quattro figure oscure in controluce. Non riesco a distinguerle ad un primo sguardo. Devo lentamente socchiudere gli occhi per riabituare le pupille dilatate dalla fase REM alla visione diurna.
« Samuel, sei di nuovo con noi! »
« Lilith? Lilith ma tu... Patrick! Koji!... Ma dove...
Joe! Joe ce l’abbaiamo fatta?! »
« Sì, Sammy, ce l’abbiamo fatta! »
« E tu sei ancora vivo... E anche voi! » Cerco di alzarmi dal letto ma sento che Koji mi trattiene dolcemente
per le spalle.
« Calma calma, ogni cosa a suo tempo. Cerca di non
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sforzarti. Sei quasi morto cercando di uscire dal percorso dell’acqua. »
« Quasi morto? Ma dove siamo? »
« Siamo in casa, Sammy. I vari percorsi erano una
specie di circolo che partivano e finivano qui... »
« Oh cacchio... La testa! » interrompo la spiegazione
di Patrick. Al minimo ragionamento compiuto quasi
mi scoppia.
« Rimettiti giù, stai calmo. Il vostro cervello è stato
per un pò senza ossigeno. Credo che se non fossimo in
questo luogo strano ci avreste lasciato le penne. »
« Dove sono Norma e Jules?! »
« Tranquillo, sono nelle altre camere. Non ti preoccupare. »
« Ora ti prepariamo qualcosa da mangiare » mi rincuora Kojiro.
« Sono così debole... » Non mi piace far preoccupare
gli altri riguardo le mie condizioni fisiche, ma in questo momento davvero non sento alcun briciolo di forza
addosso.
« Sammy, avete dormito per cinque giorni consecutivi. Norma si è appena svegliata ed è nella tua stessa situazione. Lo credo che sei debole! Ma siete stati
grandi! »
Allora ce l’abbiamo davvero fatta! Abbiamo superato tutte le prove, tutte le vie degli elementi. Sono tutti così fieri e sorridenti. Ma... Che cosa ci succederà
ora?
« Sammy » richiama la mia attenzione Patrick. « Stai
calmo. Prenditi tutto il tempo che ti serve per ristabi4
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lirti. Poi potremo finalmente tornarcene a casa! »
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E’ passato un solo giorno dal mio risveglio e mi sento già meglio. Ora riesco ad alzarmi. Dopo un po’ che
sto in piedi comincia a girarmi lievemente la testa, ma
se davvero ho dormito per cinque giorni filati non potrebbe che essere altrimenti.
Patrick mi fa da infermiere personale. Lo stesso Patrick che prima pensava solo a se stesso spaccando
mobili e finestre con una furia incontrastata. Ho notato vari cambiamenti. Ma seppur la casa è rivoltata
simmetricamente come dicono gli altri, ciò non toglie
che siamo ancora qui dentro.
Ci stiamo dirigendo verso la camera in fondo a destra, voglio vedere come sta Julian, è stato l’ultimo
a riprendersi e, a quanto dice Joe, l’ultimo a svenire
perdendo i sensi.
« Bella fratello! » il piccolo tedesco urla con grande
entusiasmo quando mi vede. Ma è possibile che sia già
così carico?
« Senti, questi sono pazzi, vogliono segregarmi a letto seppur mi senta bene. Solo perchè prima mi sono
alzato e sono scivolato per terra... »
« Jules, le gambe non ti sorreggono ancora » lo corregge Lilith.
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« Sì, vabbè, vabbè... Allora, come procede? Sembriamo tre vecchietti in un ospizio. Norma ha molte pretese? » domanda rivolgendosi a Kojiro, che sta facendo
il suo giro di visite mattutino. « Me la vedo come una
marchesa rinascimentale che si lamenta della consistenza dei materassi. »
« Beh, tu stai zitto, che ti sei lamentato fino a tre
secondi fa per non mangiare la minestra » gli rinfaccia
Lilith.
« Ho fame, voglio mangiare qualcosa di vero, non i
prodotti della mensa di un ospedale. Vi prego! »
« E falla finita, Julian! Stasera mangerai cibo solido,
devi aspettare che lo stomaco si riabitui al cibo. »
« Uffa! Ma io sto bene! » Non riesco a non trattenere un sorriso acceso che mi spunta senza nemmeno
rendermene conto. Sembra di rivivere i primi giorni,
dopo che avevamo preso confidenza ed ancora lontani
dall’aver seriamente timore per la nostra situazione.
Con la differenza che ora tutti scherzano, hanno ritrovato la felicità e questo quadro mi scalda il cuore e mi
fa sentire dentro una di quelle commedie alla Happy
Days, dove i problemi erano solo dei pretesti scanzonati per scrivere un episodio e il messaggio stava
soprattutto sul ritratto di un mondo felice e cordiale,
dove la spensieratezza regna sovrana.
« Allora, Sammy, che ne dici del nuovo enigma della
casa simmetrica? » Julian non tace un solo secondo.
« Mah, una metafora per il nostro cambiamento...
Siamo sempre noi ma con qualcosa di diverso. Abbiamo superato le nostre paure. Abbiamo compiuto il no7
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stro percorso e ora ce ne torneremo tutti a casa. Si è
poi capito in che parte del mondo ci troviamo? »
« No, fermo! Aspetta, torniamo a casa? Brutta zozza,
non mi avevi detto che abbiamo aperto la via d’uscita
» rimprovera Jules ad una Lilith che quasi cade dalle
nuvole. « Allora, dov’è apparsa? »
Questo non lo so, mi giro verso Patrick ma lui alza le
sopracciglia come a dire che c’è?
« Patrick, sei tu che mi hai detto che possiamo andarcene a casa, no? » Noto una certa vena d imbarazzo. Koji sgattaiola fuori della camera con la scusa di
andare a controllare Norma, ma sembra più per non
essere coinvolto in questo discorso.
« Allora, Lilith, si è scoperta anche cos’è questa
grande verità? » supera l’empasse il tedesco.
« Patrick dice che sia l’aver visto in faccia la morte.
Ma ovviamente l’ha detto per farmi calmare... »
« No, no, io... Insomma... Potrebbe anche essere,
no? »
« Eddai, Patrick, l’ho capito subito che l’avevi inventato per me. Ora sei un libro aperto. » Sembra quasi
che ci nascondano qualcosa. « Patrick si riferiva sostanzialmente al sogno che abbiamo fatto prima di risvegliarci... »
« Quale sogno? » domanda Jules.
« Quello con l’angelo e il demone... Che ti strappano
il cuore e ti senti rivoltato... »
« Neppure io ho fatto sogni del genere » confido a
malincuore.
« Strano... Abbiamo fatto lo stesso in incubo terri8
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bilmente vivido sia noi due che Kojiro e Joe... »
« Ma forse vi dimenticate che voi siete morti. Mentre noi non lo siamo, pare... »
I due badanti si scambiano un occhiata dubbiosa.
« Ma siete entrambi qui ed il fulcro del sogno, oltre
che ad una rinascita, era il rivoltamento del proprio
corpo, proprio come è successo a questa stanza. Volete
dirmi che voi tre siete rimasti come prima? » domanda
con l’aria di qualcuno che si sente un diverso. «Julian,
prova a segnare il tuo nome col dito sulle lenzuola. »
« Sì, sì, ok... Sono lucido, Patrick. »
« Non è per quello, tu fallo! »
Con l’indice destro Julian inizia a tracciare in una
grande curva arrotondata una J immaginaria, completando il suo nome in corsivo con movimenti del
dito pari ad un sismografo.
« E una volta fatto questo? » domanda l’artista.
« Hai usato la mano destra. Ma allora siete davvero
rimasti quelli di prima! » Lo stupore misto a sconfitta
di Patrick è superato dall’espressione di sconcerto che
si accende in faccia al fisico.
« Cavolo, no! No, no, io sono mancino! »
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Bene, abbiamo così comprovato che tutti e sette siamo speculari a come lo eravamo prima. Chi attraverso
un sogno, chi - abbiamo tiraro ad indovinare - sotto
l’influsso della membrana rosa. Dopotutto era la prima volta che nel passaggio da una via all’altra non ci
siamo spostati fisicamente ma siamo passati attraverso qualcosa di solido. Fungeva quindi come una specie
di colino. Comunque il giochino di far scrivere il nome
a Julian per scoprire tutto ciò alla fine non era del tutto necessario. Noi tre non abbiamo nei, abbiamo già
controllato, ma qualcosa che verte da un lato io ce l’ho
ed ora mi conferma appunto che è come se fossimo
dall’altra parte dello specchio...
E per rimanere in tema di specchio, ecco che finalmente Julian ed io possiamo vedere con i nostri occhi
la fantomatica vitrea in soggiorno. Norma preferisce
farsi coccolare da Joseph e Lilith, sentendosi quasi più
martire di loro.
« Eh, già. Questi sono proprio dei pulsanti, come
tutti altri » esclamo senza sapere che altro poter dire.
« Avrete già provato di certo a schiacciarli, vero? »
« Tutte le combinazioni possibili ed immaginabili...
» risponde Kojiro.
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« Evvai! Allora noi tre non siamo poi le Cenerentole
del gruppo! Prova tu, dai, Sammy! » mi incita da dietro le spalle Julian.
« Però c’è un però... » richiama la mia attenzione
Patrick.
« Eddai, Patrick, ancora con quella storia? » cerca di
zittirlo Lilith.
« Che succede? »
« Vedete, quello sembra in tutto e per tutto un interruttore, ma non c’è da nessuna parte il simbolo della
strada a cui appartiene. In tutti questi giorni abbiamo cercato in ogni posto possibile ed immaginabile di
questo fottutissimo appartamento. »
« In effetti la figura a forma di L non fa parte della
Tetraktys, da qualsiasi verso la si guardi. E non l’ho
mai incontrata prima. »
« Abbiamo anche pensato fosse l’unione dei quattro
punti raffiguranti la terra e del punto del fuoco. E questo su mio consiglio! » dichiara tutto concitato Joe. «
Ma non è così... »
« Eddai, li vuoi schiacciare o no quei pulsanti? »
continua a martellarmi Julian.
Provare non costa nulla. Avanzo le dita con il palmo
della mano verso il basso per riempire i quattro fori
inferiori e metto il mignolo sopra all’anulare. Una posizione più scomoda non potevano trovarla? Sembra
quasi di giocare a Twister.
« Sammy, credo che sia più semplice se giri il palmo
verso l’alto... » mi corregge un po’ arrogantemente il
tedesco, assomigliando sempre di più ad un Patrick
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vecchio stile. In effetti però ha ragione: come ho fatto
a non pensarci prima? Forse è tutta causa di quel mix
di atomi avvenuto nella via dell’aria! In quel momento tutti sono cambiati, vedendosi livellare le proprie
personalità più che definite e presentando in sè una
sfumatura delle caratteristiche che contraddistinguono singolarmente gli altri. E siccome di solito ero considerato io il più attento - ed in un certo verso intelligente - credo di aver preso un po’ troppo da Joe.
Detto questo, anche seguendo l’indicazione di Julian non succede nulla.
« Ed ancora una volta il prescelto non sono io... »
ironizzo sulla mia mancata utilità operativa. « Comunque sembra proprio che sia l’impugnatura di una
specie di serranda, anche per il fatto di essere collocata così in basso... »
« Proprio per questo dico che quella è l’uscita di
questo posto! » sbotta Patrick. « E poi quella parete
getta una strana energia. »
« Quasi lo stesso richiamo che provavo io con l’acqua » conferma Joe.
« Maddai, Patrick, come fa quella ad essere un’uscita? Non è altro che un vetro con al di là la nostra vecchia casa. Mi pare che avevamo setacciato per bene
pure quella in cerca di una via d’uscita. » Anche Norma, seduta comodamente con una spremuta d’arancia
munita di cannuccetta da cocktail in mano, sembra
lasciar vagare la sua parte alla Joseph.
« Ma cazzo, Norma! Ora arrivi tu e chi ti ceredi di essere, la regina Elisabetta? » Patrick è davvero convinto
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che quella sia l’uscita e guai a dargli contro.
« Cerca di non guardare con gli occhi. Osserva col
cuore. » E Joe le snocciola dolcemente una spiegazione zen alla Kojiro.
« Oh, bando alle ciancie! Lascia spazio al prescelto,
Sammy » mi scansa via Jules.
« Uooo, arriva il Julian-time! » urla brindando al
vuoto Norma. Sono tutti così strani, spensierati, ma
nel contempo preoccupati di uscire di qui al più presto. Dopotutto nessuno di noi poteva lontanamente
immaginare che una volta giunti alla fine del percorso
dei quattro elementi ci saremmo ritrovati di nuovo fra
queste mura.
« Con la sola imposizione della mano... » recita come
fosse un mago il biondino. Avanza così il palmo destro
rivolto verso l’alto ed inserisce come ho fatto io prima
di lui le dita nei fori, senza nemmeno guardarli, fissando gli altri con la testa all’indietro come se stesse per
far nascere un vitellino.
All’improvviso dal suo mignolo viene emesso un
flash di luce azzurra quasi abbagliante.
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Come se nell’introdurre il dito mignolo avesse rotto una di quelle fialette glow che usano i pescatori la
sera nella loro attività il colpo di luce si trasforma in
una specie di liquido fluorescente dello stesso colore. Dopo l’ondata di luce questo inizia a colare verso
l’alto, estendendosi come se la parete ne venisse intrisa, solo nella sua parte sinistra, seguendo le venature
della finta roccia. Dalle curve e dai piegamenti che la
scia delle gocce seguono, troppo innaturali per essere
casuali, capiamo che sta solcando un percorso predefinito, creando una specie di pianta alberata: da un solo
seme esso dirama il suo essere in plurimi piccoli rami.
Arrivata fino all’apice del soffitto, si blocca per pochi
secondi per poi tornare repentinamente sui suoi passi
e venir riassorbita velocemente dal dito di Jules.
Piano piano estrae le dita.
Silenzio totale.
Tutti, incluso me, sono meravigliati da ciò a cui abbiamo appena assistito.
« Sacrosanto! » esclama Kojiro.
« Un bell’applauso per il piccolo Julian! » Urla Norma con la bibita ancora levata al cielo. Le va dietro
solo Joe, credo per partito preso. « Ora possiamo usci14
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re? » Sbaglio o davvero Norma è peggiorata?
« Ma che è successo? » domanda ancora meravigliata Lilith.
« Ve l’avevo detto quella è una porta! Ed ora abbiamo trovato anche la chiave. Il pezzo mancante su cui
concentrarci è il modo per poterla aprire » scoppia
quasi di gioia Patrick.
« No, dicevo, che è successo? Perchè il vetro si è illuminato senza aprirsi? »
« Forse ha solo messo male le dita... Ora ci voglio
provare anche io! » Norma trotterella verso il vetro,
posiziona le dita, inserisce e... Niente da fare.
« Vabbè, non si possono avere tutte le fortune, no?
»
« Ragazzi, credo che fosse questo quello a cui alludeva mia madre, la tanto importante verità. » Il suo
sguardo, di nuovo perso e spento, non preannuncia
nulla di buono. « La verità è che non ce l’abbiamo fatta. Qualcosa è andato storto. E questa porta per la salvezza non si è aperta. »
« Questa sarebbe la verità? » Julian si trattiene a
malapena dallo scoppiarle a ridere in faccia.
« La nostra convinzione che tutto quello che abbiamo passato fino ad ora avesse uno scopo, la storia del
superamento delle paure, della redenzione e dalla rinascita di alcuni di noi aiutati dagli altri, non è che
una vana sciocchezza. È tutto manovrato secondo le
logiche di quel gioco sadico che avevamo già scoperto
non appena svegliati qui dentro. Siamo morti. Siamo
tutti morti. »
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« Sì, Lilith, siamo morti e siamo resuscitati. Quindi
dacci un taglio con queste menate e spacchiamola noi
questa parete! » urla in preda all’ira Patrick.
« Ma che stanno cercando di fare? » domanda Joe a
Norma, sottovoce. Ed io penso, osservo. Senza interferire... No, no, non può succedere di nuovo!
« State calmi! State tutti calmi! Ma non ve ne rendete
conto? Stiamo tornando ad essere quelli di una volta!
Ma riuscite a sentirvi? » Mi impongo con forza, come
mai prima. « Patrick, metti giù quella spranga! Quel
vetro non si aprirà mai e tu lo sai. Joe... Cazzo, Joe, distogli un attimo gli occhi da Norma e cerca di prestare
attenzione a quello che succede: ne va anche della tua
di pelle. Lilith... Piccola Lilith, saranno parole dure e
me ne scuso, ma sei patetica. Basta! Lo so che è stata
tua madre a darci il grande aiuto parlandoci della verità, ma non cercare di assumerla come spiegazione alle
cose che apparentemente non ne hanno una. Pensaci.
Anzi, tutti noi dobbiamo pensarci. Siamo un gruppo. »
Bene. Penso di aver firmato la mia condanna a morte.
Troppo arrogante, troppo saccente, per i miei canoni.
E pensare che io ho un alto livello di sopportazione.
Ora le opzioni sono due: o mi scannano con le loro
mani, o mi osannano per aver tirato fuori le palle ed
averli riportati alla realtà.
Un applauso si innalza da dietro, sprezzante. Koji a
quanto pare è d’accordo ed ha deciso di dimostrarlo
senza parole. Così come lo sono tutti, nel trasformare
le loro faccia da sconcertate a fiere di qualcosa. Forse
di me.
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« Ora il podio lo prendo io » non vuole essere da
meno Julian, ma non ci vedo nessuna rivalità: è un ottima spalla e ci compensiamo bene a vicenda in queste
faccende. « Ma dico, morti? Intrappolati? Ma allora
non ci siete ancora arrivati? »
« Arrivati a cosa? » gli domando vedendomi spiazzato dalle sue parole che ero convinto fossero altre.
« Eddai, Sammy, ragiona. Un pulsante di forma mai
vista prima in libri o miti o in qualunque altro posto.
Questo, anche se così non appare, è senza dubbio un
percorso. Ed io sono il suo portante. »
« Che ti sei fumato, mi pare che l’abbiamo già fatto
otto volte questo discorso » gli da contro Norma.
« Ma mica ho finito qui! I simboli come tali vanno
letti ed interpretati. »
« Ma questa volta ti ho già detto che non c’è alcun
segno di inizio via, mi ci gioco... » irrompe Patrick.
« Le palle, sì. E anche questa volta le tue palle te le
tieni perchè hai ragione. Ma, come per la Tetraktys,
anche la disposizione dei fori è interpretabile come segno. » Non capisco dove voglia arrivare. Dopotutto gli
elementi sono quattro e li abbiamo esauriti.
« Lode a chi ha letto nelle due righe la presenza dei
fori del fuoco e della terra. Infatti nella Tetraktys essi
rappresentano la base e la vetta. L’inizio e la fine. Così
come questo luogo. Qui abbiamo iniziato e qui finiremo. » Come un ottimo leader politico tira fuori dalla
tasca un foglietto tutto spiegazzato e scolorito. Spero
vivamente che non si sia scritto persino il discorso da
pronunciare.
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« Vi ricordate questo? Il nastro di Mobius. Ecco, noi
abbiamo attraversato tutto il primo livello, in un movimento circolare e ci ritroviamo sopra - o sotto - lo
stesso punto da dove siamo partiti. »
« Sostanzialmente è così » conferma Kojiro, a cui
sembra non suonargli nuova questa teoria.
« Bene. Ma osservate con cura questa figura! Cosa
rappresenta il nastro di Mobius? »
« La figura da una sola faccia, questo lo sappiamo
già! » cerca di mettergli fretta Patrick, mentre come gli
altri pende dalle sue labbra.
« Sì, ma se ci dovessi camminare sopra, per quanto
potresti andare avanti? » getta alla folla una domanda
apparentemente senza senso.
« All’infinito » mi si accende una lampadina, o meglio, una candela. Con una sola e piccola scintilla mi si
illumina tutto, finalmente!
« E che cos’è il nastro di Mobius se non il simbolo
dell’infinito? Quindi, unite i puntini... »
« Quelli sulla parete di vetro? » domanda Joe.
« L’infinito... Simboleggiato sulla parete di vetro con
dei punti simili a quello della terra e del fuoco, i contorni della Tetraktys, i suoi margini. E l’elemento che
contiene e dà posto agli elementi classici è... » Ma è
vero! La cosa che tiene uniti l’acqua, l’aria, la terra e il
fuoco nell’infinito è...
« L’etere! »
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Julian sembra invasato. È un bambinone eccitato
nel sentirsi tutte le attenzioni addosso. Mentre tutti
gli chiedono spiegazioni sull’etere per dilettanti, io e
Kojiro sembriamo due vecchi operai seduti al bancone
del bar - leggasi isola della cucina - a centellinare il
bicchiere della staffa dopo una lunga e pesante giornata di lavoro.
« C’era da aspettarselo. L’etere è quella cosa che tutto pervade e che tutto contiene » esclama l’asiatico.
« L’unica cosa che non ho mai capito è come mai gli
alchimisti sostenevano che fosse l’ingrediente fondamentale per la pietra filosofale. »
« Beh, la pietra filosofale e l’elisir di lunga vita vanno
a braccetto. Mi azzarderei di dire che siano considerati
la stessa cosa. Quindi l’etere infinito nel senso di senza fine si contrappone agli elementi finiti e passeggeri
che contiene in esso. Ne è il sostrato. I quattro elementi quindi vengono considerati come fondatori della terra, del globo celeste, contrapposto all’immutabilità ed eternità dello spazio in cui è inserita. Quindi gli
alchimisti cercavano l’eternità inserita in un mondo
mutabile, vedendo come stella polare quindi l’etere. »
Caspita certo che quando comincio a parlare di cose
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che mi interessano non finisco nemmeno io!
« Non sono cose che si sentono tutti i giorni. »
« Ma neanche la nostra situazione lo è... »
« Ti diró, secondo la descrizione che hai dato di questa quintessenza non vedo come mai non sia tu il suo
reggente. »
« Caspita... Beh, se ci fai presente l’unico che sostanzialmente è sempre lo stesso dopo tutto questo cammino è proprio Julian... »
« Immutabile. Hai ragione. Ma vedi, la lente si sta
sempre più allargando. Siamo partiti da una stanza,
poi una casa, che si collega ad un percorso, agli elementi della terra, fino ad arrivare ora all’universo.
All’etere. »
« Un viaggio dal particolare al generale. »
« Ma parliamoci chiaro: ho sempre visto qualcosa
di speciale in te, Sam. Come se fossi su un livello superiore al nostro. E che cosa c’è di più grande dell’universo? »
« Beh, che ne so... Dio, forse? »
« Amico, alla faccia della modestia, ti dai della divinità ora? » Scoppiamo in una fragorosa risata. Mi piace far viaggiare la mente, l’inconoscibile è così vasto,
che là fuori potrebbe esserci qualsiasi cosa. E sembra
che piaccia anche a Kojiro.
« Io non la penso come te, Koji. Io mi vedo come
un tramite, io e Norma siamo una specie di Virgilio
e Beatrice che accompagnano voi cinque Danti per le
impervie vie delle vostre paure. »
« Forse era meglio la questione della divinità, sai?
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» ed ancora risate. Dall’altra parte della stanza si sta
parlando ancora di etere.
« ...quindi in questo mare fermo, che non cambia,
sta il nostro pianeta e tutti gli altri costituiti da questi quattro mattoncini di Lego, che cambiano continuamente fondendosi l’uno con gli altri. » Julian, con
l’aiuto di Lilith, è riuscito a spiegare ai tre ripetenti il
concetto di etere immutabile.
« Quindi credi che anche Julian debba superare le
sue paure? » domando a Koji.
« Credo sia difficile. Quello scavezzacollo sembra
non avere nessuna paura e diciamo che questo percorso è piuttosto singolare rispetto agli altri quattro. »
« Ma qualcosa deve succedere, altrimenti non si
spiegherebbe perchè la luce sia uscita solo da un foro
e non dagli altri... »
« Pazientiamo, Sammy. Quando sarà il momento
capiremo dove abbiamo sbagliato. »
« Come se non lo sapessimo » si intromette Patrick,
alzatosi alla fine della lezione di alchimia per prendere
una delle sue birre scure in dispensa. « Non dovevamo
intrometterci. Forse dovevamo solamente lasciar fare
a loro, senza aiutarli o indicargli la strada. »
« Ma se quella consolle è stata messa lì ci sarà stato
un perchè. A quanto ho capito tutto è così controllato
e ferreo. Una falla del genere non potrebbe essere accettata. Se non nascondesse dietro una volontà ovviamente. »
« Boom, colpito ed affondato » ammette Patrick suo
malgrado.
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Senza che ce ne accorgessimo la felicità per la scoperta del quinto elemento ha fatto scendere le inibizioni e ci ha regalato una serata tranquilla e scanzonata. Tutti sorridono, Norma e Joe si coccolano, Koji fa
a braccio di ferro con Patrick mentre tutti sorridiamo
e scherziamo.
« Allora come ci si sente ad essere l’uomo del giorno? » punzecchio Julian.
« Solo perché vi ho fatto vedere quel disegnino luminoso? »
« Beh, non ti sei mai chiesto perchè tutti sono felici
nel vedere le luminarie accese per strada a Natale? »
domanda Lily.
« Allora chiamatemi Babbo Natale! » sorride il tedesco.
« E dì un po’, Babbo Natale, quando accenderai l’altra parte della parete? »
« Io ed i miei elfi ci stiamo lavorando » mi fa l’occhiolino. « Credo di essere sulla buona strada, vedrete
che sorpresa che ho in serbo per voi... » Il modo in
cui lo dice è talmente genuino che gli voglio credere.
Penso che questa volta voglia fare tutto da solo. E non
sarò io a fermarlo.
« Allora, piccola Lilith, non dai un bacino al vecchio
Babbo Natale sotto il vischio? » domanda di punto il
bianco il tedesco alzando un ramoscello immaginario
sopra la sua testa e quella di Lilith.
« Sai, Babbo, forse sei un po’ troppo vecchio per i
miei gusti! » gli rifila il due di picche lei. Al che si gira
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verso di me.
« Posso astenermi? » metto le mani avanti prima
che mi rivolga la stessa domanda.
« Almeno tutti a nanna accoccolati assieme, stasera? » Io e lilith ci guardiamo. Ma è carenza di affetto o
estremo bisogno di fornicazione?!
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« Sammy, Sammy » Julian mi infila un dito dentro
al naso mentre ancora stavo dormendo.
« Jules, daii. »
« Shhhh. Non svegliare gli altri! »
« Ma ogni tanto tu dormi? »
« Tu invece non sei emozionato? »
« Eh? »
« Insomma, siamo ormai arrivati alla fine, manca
tanto così alla soluzione! »
« Mi stai dicendo che sei riuscito a capire come uscire di qui? »
« Beh, mi sa proprio di sì. Ma prima, ho bisogno del
tuo aiuto. »
« Cosa devo fare? »
« Fidarti di me e fare quello che ti dico. » Julian è
sempre stato sicuro di sè, ma questa volta se - è possibile - lo sembra ancora di più. Non mi giunge difficile
fidarmi di lui, in fondo abbiamo le stesse intenzioni.
Ho solo timore dei suoi modi, di cosa gli sia passato
per la testa questa volta.
« E che devi fare? »
« Devo assolutamente baciare alcune persone... Tre,
per l’esattezza! » Ecco, come volevasi dimostrare...
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« Julian, non so se è il caso in una situazione come
questa di avanzare certe pretese... »
« Vuoi davvero uscire di qui? »
« Che domande... »
« Allora accontentami senza chiedermi nulla ed io
accontenteró voi. » Quello che ha appena detto mi
suona molto da ricatto. Ma forse nel suo mondo strano il baciare tre persone è un rito di passaggio. Magari
un modo per darsi la carica per agire. Ma no, che sto
a pensare: Julian vorrà solo nutrire il suo ego ora che
ha scoperto di essere il reggente dell’elemento, in un
certo senso, supremo.
« Va bene, se è per uscire di qui... » chiudo gli occhi
con un po’ di timore, è la prima volta che bacio un ragazzo e non avrei mai pensato che sarebbe arrivato il
momento. Dopotutto, che sarà mai un bacetto a stampo... Sì, perchè spero lo voglia a stampo, non appena
apre la bocca io mi stacco. Non mi reputo un omofobo,
però...
« Ma che fai?! No! Che hai capito, non te! Tu devi
solamente aiutarmi! »
« Ah, non parlavi di me? » Che sollievo, almeno posso continuare a rispondere no alle domande del ce l’ho
mi manca ed evitare di bere uno shottino. Però... Ma
senti un po’, come mai non io? Non mi considera forse
bello alla stregua degli altri? Non mi sono mai posto
il problema sulla mia avenenza fisica, anzi: dopo una
vita vissuta a sentirmi appellare con il solito che tenero seguito dal consueto pizzicotto sulla guancia, diciamo che sarei un pazzo a star qui a farmi paranoie sul
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mio aspetto esteriore... Però...
« No, Sammy, non volevo dire che tu non mi piaci!
» I casi sono due. O mi ha letto nel pensiero o le mie
emozioni sono davvero troppo trasparenti. « Anzi, per
dirla tutta, se ti avessi trovato fuori di qui ti avrei tormentato al limite dello stalkeraggio. Sei così tenero! »
Però? Si è dimenticato di aggiungere il però di rito. Ma
allora davvero non vuole rendere nemmeno me partecipe del suo piano criminale?!
« Allora che dovrei fare? Dobbiamo cominciare ora?
»
« Assolutamente no. Domattina. Io fingerò uno svenimento o qualcosa del genere. Mi inventerò qualcosa
sul momento. »
« Devo spingerti dalle scale? »
« Sarebbe troppo scontato. Tu devi solo fare finta di
non saper fare la rianimazione. »
« Ah. » Questo mi sa che sta fuori come un balcone.
Sembra che si sia deciso a rendere realtà i suoi sogni
proibiti. Speriamo che non abbia in mente di far vestire Joseph con delle salopette da operaio ed ungerlo
d’olio da motore... « E il malcapitato chi sarebbe? »
« Il fortunato, intendi? Sorpresa! » Mi sembra di
essere in una sit-com alla Will e Grace. Patrick sta assomigliando sempre di più ad una checca esuberante,
proprio come Jack. « Ora dormiamo, domani scatta
l’operazione E. » Dicendo ciò si corica vicino a me sul
divano. Siamo rimasti solo noi due in soggiorno. A
mano a mano che finivamo di chiacchierare e ridere di
gusto chi si sentiva la testa pesante andava di sopra. Io
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ho preferito rimanere qui perchè Norma e Joe hanno
abbandonato la nave insieme e nel caso avessero strane intenzioni che comportano qualche ansimo o qualche rumore fastidioso, meglio prevenire che curare.
Ora però chi prende più sonno? Dormivo così bene
e mi sono ritrovato un dito nel naso... E poi, ho un
dubbio che mi attanaglia. Una cosa che davvero non
riesco a spiegarmi: che cosa mai ha inteso Julian?
Glielo chiedo? Ma poi ricomincia a parlare e non mi fa
più chiudere occhio... Ma se rimango nel dubbio non
dormo ugualmente. Una spada di Damocle pende sulla mia testa.
« Jules... »
« Dimmi?! »
« Senti, ma... Che cosa intendi con operazione E? »
« Di che cosa sono il reggente, Sammy? »
« Ah, già... »
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Tutti a colazione, preparata a quattro mani anche
oggi da Patrick e Kojiro. Questi ci viziano se continuano così.
« Sammy, ma hai dormito sul divano? » domanda
Lilith.
« Sì, bella moretta, e vicino a me! » le rinfaccia Julian.
« No, no! Eravamo staccati, noi non... »
« Beh, sempre meglio che dormire con Norma! »
controbatte lei spostando lo sguardo assonnato sulla
biondina iperattiva.
« Cheppalle, Lily! È tutta la mattina che dice che ho
scalciato tutta la notte! Che ci devo fare se sogno di
essere ancora nella piscina! » si giustifica lei. Quindi
non è andata con Joe? E, fra parentesi, credo che questo sia il pensiero di tutti visto che spostiamo in contemporanea i nostri sguardi su di lui, che sentendosi
imbarazzato si alza da tavola con fare offeso dicendo:
« Vado a fare pipì » per poi scomparire su per le scale.
Ora i nostri sguardi orfani si catalizzano su Norma.
« Che c’è? Non mi andava! Mica siamo una coppia!
» Povero Joe... Forse però ha fatto correre un po’ trop28
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po la fantasia, di questo devo darle atto.
« Bene, nessuno vuole dei pistacchi? » Julian scandisce bene le parole, come per farsi sentire da tutti
i presenti. Ora, a parte che non conosco che usanze
abbiano nella Germania del suo mondo, ma pistacchi a colazione... Qualcosa - chissà cosa - mi dice che
ha intenzione di far partire in questo momento la sua
fantomima. Sono quasi imbarazzato per lui. Afferra
un gran pugno di pistacchi già sgusciati, rimasti dalla
sera prima in mezzo al tavolo, per svuotarsela in bocca. Va bene. Ora, alla visione dei suo movimenti ampi
e teatrali, imbarazzato lo sono in pieno.
« Koji, mi versi altro té per favore? » gli domanda
con gli occhioni dolci Lilith. Forse un po’ dissentito
dal fatto che nessuno gli conceda la dovuta attenzione, Jules inizia a tossire nel pieno del brusio generale.
Per poi sputare alcuni dei pistacchi insalivati che stava
cercando di ingurgitare. Ho quasi un brivido freddo
sulla schiena.
« Julian, non mi morire! » lo deride Patrick, lanciandogli una sberla a piena mano sulla schiena. Credo che non se l’aspettasse dal momento che gli occhi
gli stavano per uscire dalle orbite.
« Tieni, bevine un sorso » continua l’irlandese porgendogli una birra già stappata. E il bello è che lui esegue. Vorrei quasi nascondermi. Soprattutto ora che
sta facendo finta di soffocare. Cavoli ora però in quanto a recitazione è totalmente su un altro livello. Sembra che stia davvero soffocando! Cade pure di schiena
dallo sgabello. Cavoli, ma gli sta succedendo sul serio!
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Lo so, ho promesso di non intervenire, ma non posso lasciarlo morire per un semplice bacio. Ma quando
mi accuccio per soccorrerlo nel panico generale delle
ragazze sento una mano che mi scansa in malomodo
all’indietro. È quella di Kojiro che, alla stregua del miglior Jason Bourne, ha saltato a piè pari l’isola della
cucina e si è precipitato per soccorrerlo.
« Julian! Resisti, Julian! » gli sussurra fermamente
apprestandosi ad eseguirgli un massagio cardiaco che
gli provoca l’uscita del bolo in toto dalla bocca. Visto
che il biondo non ha nessuna reazione, ecco che tutto
va secondo i suoi piani: il giapponese si accascia e le
loro labbra si toccano, per inspirargli dell’aria direttamente nel cavo orale.
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Tutto è bene quel che finisce bene. Ora Julian è sul
divano coccolato dal gentilsesso con fare da ruffiano.
Ed ha avuto il suo bacio. Ma ancora non sono riuscito
a capire se gli era davvero preso male.
« Allora, adesso che ti sei ripreso, hai novità sul
modo per aprire quella porta? » gli domanda Patrick.
« Ci sto pensando ma non ho ancora tutti gli elementi a disposizione per risolvere la questione. » Mente.
Ma che gli sarà preso per voler mantenerci all’oscuro
di tutto in questo modo?
« Sammy, andiamo in soffitta a vedere se ci può tornare utile qualcosa delle cianfrusaglie nascoste negli
scatoloni? » richiama la mia attenzione il reuccio della
casa. Qualcosa mi dice che vuole accordarsi con me
riguardo alla prossima mossa.
« Tempo sprecato. Abbiamo già scartabellato per
bene io e Koji » ci avverte Lilith.
« Ne sei sicura? » le lancia il guanto di sfida lui. «
Dai, vieni anche tu e vediamo un pò se hai ragione! »
« E’ forse una sfida? » le risponde ridacchiando la
bella islandese. Piano sventato. Se c’è anche lei dubito
che possiamo ancora accordarci.
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Che nostalgia questa camera. Pensare che tutto è
cominciato da qui... E da quando siamo tornati qui
non c’ero ancora rientrato. Non ricordo quasi più
quanto tempo fa mi sono risvegliato qui dentro, ma la
sensazione di panico e tremendo smarrimento che ho
provato quella volta è ancora viva, come se mi fosse
accaduto ieri.
« Guanti, ancora torce, scarponi... » Il tedesco sta facendo la cernita del contenuto degli scatoloni, già tutto arruffato dalla precedente ricerca di Lilith e Koji.
« Tic, tac. Mi sa che qui sto vincendo io... » gli fa
lei.
« E queste cosa sono? »
« Cavoli, le suppostone! Quasi me ne ero dimenticata! » stanno parlando di una specie di contenitori del
tutto simili a delle pillole medicinali, ma di dimensioni simili ad una gomma da cancellare. Sono quattro e
su di esse recano delle striature di diversi colori, che le
contraddistinguono. Alla loro estremità un pulsante.
« Koji credeva si trattasse di una specie di microbombe, maneggiale con cura, Jules, e non schiacciare
il bottone! »
« E non avete pensato di distruggere la parete con
queste? »
« Jules, quella è una porta, deve essere aperta inserendo le dita come tutte le altre volte! E Koji mi ha
detto di non parlarne con Patrick, altrimenti le avrebbe già fatte esplodere... E non conoscendone la gittata... »
« Ehi, ma quelle... » non ci posso credere! « Quelle
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sono delle capsule! »
« Capsule? No, assomigliano molto più a delle grande supposte colorate » mi fa Lilith.
« No, no. Quelle della Capsule Corporation! L’avete
mai visto Dragon Ball? »
« Oh, cavoli, è vero! Sono quelle fiale che possono
contenere un casino di cose assorbendole e riducendole totalmente di peso! » mi segue Jules. « Ma in quale
mondo è possibile questa cosa? È spettacolare! »
« Ehm.. Vedete... »
« Sammy, provengono dalla tua realtà? Mi devi assolutamente dare le loro caratteristiche di fabbrica
che me ne registro il brevetto e poi posso campare di
rendita! »
« Eh, no, non proprio... Insomma, ricordate che a
quanto pare qui, nel nuovo appartamento, ognuno ha
trovato una delle cose che avrebbe desiderato avere la
scorsa volta? Insomma, tu il videogioco, Koji il tostapane... »
« Patrick la birra scura, sì, ma ti prego: le capsule di
un cartone animato?! »
« Beh, quando abbiamo riempito gli zaini mi sono
venute in mente, tutto qui... Non potevo immaginare
che ne esistessero realmente e men che meno che ce
ne fornissero. Delle capsule vere, incredibile! » Evito
di correggere l’imprecisione della loro provenienza escono da un fumetto, il cartone animato come nella
maggior parte dei casi arriva in un secondo momento...
« Ma siete sicuri che funzionino? » rompe l’idillio
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Lilith.
« Ma sì, credo che basti schiacciare, in questo modo,
e lanciarlo vicino alle cose che vuoi immagazzinarci
dentro. Ecco, così. » Lanciata la capsula vicino agli scatoloni, ecco che dopo più o meno dieci secondi si sente
uno scoppiettio simile ad un pistone e le stesse scatole
scompaiono, miniaturizzandosi al suo interno.
« Non posso credere ai miei occhi! » dichiara Lilith,
visibilmente sconvolta.
« Allora, chi aveva ragione? Qui mi sa che qualcuno
ha perso la scommessa e deve pagare pegno! » le fa lui
con un tono fastidiosamente petulante. « Vero, Sammy? » ora ho capito dove voleva arrivare. Quello ne
sa una più del diavolo... Ma Lilith? Ma non era... Ah
già, nel suo mondo non è che si sposano fra uomini e
punto, ma non c’è praticamente distinzione etica fra
uomini e donne. Forse ero troppo abituato alla piega comportamentale che ha assunto in questi ultimi
giorni.
« Vero, vero... » gli do manforte come promesso.
« E sentiamo un po’ che cosa dovrei fare? » L’ha presa anche bene. Mi sa che in questo nuovo appartenento abbiano messo del valium nelle bottigliette d’acqua:
sono tutti così spensierati e felici...
« Un bacio! Bocca contro bocca! » Ecco sganciata la
bomba. E la sua reazione ora sarà...
« Hahaha! Ma tu hai la fissa con questi baci! » Il
sorriso proprio non le si vuole staccare dalla faccia. «
Dai, andiamo a dire agli altri di queste capsule, sono
stupende! » cerca di cambiare discorso lei, voltandosi
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verso la porta. Ma lui le agguanta fermamente il polso.
Con un’espressione incredibilmente seria e concentrata la guarda negli occhi intensamente.
« Lilith, una scommessa è una scommessa. » Ha preso così seriamente quello che alla fine dovrebbe essere
solo un gioco per alimentare il suo ego e aggiungergli
tre stanghette sul bordo del letto... Almeno, appunto,
dovrebbe...
« So già che se non te lo do mi tartasserai per tutta la
giornata. E allora, eccoti il tuo bacio! » Con fare spontaneo e sfuggente la ragazza si protrae verso di lui, per
regalargli un casto bacetto sulle labbra, quasi appena
a sfiorarle, di una dolcezza e innocenza invidiabili.
« Questo fattelo bastare. Detto fra noi, non sono
mica una come Norma, io. » Ed ecco che un altro sorriso da teppista le irradia il volto. »
« Ora però non andate a subito a spifferarglielo! »
dice girandosi verso di me, resasi conto della marachella appena combinata. E con fare leggero e saltellante se ne ritorna da basso con due delle capsule in
mano che teneva ancora ben salde in mano.
Ora che siamo rimasti soli, Julian si lecca le labbra,
come a voler sentire il sapore che gli ha lasciato sopra
la moretta.
« Ti prego, Julian, un po’ di compostezza! » lo rimprovero fraternamente.
« Due su tre. Manca solo il terzo. Dobbiamo muoverci. »
« Com’è tanta fretta tutto d’un tratto? »
« Etere è anche il nome di un medicinale, se tu non
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lo sapessi. Un anestetizzante. Da quando ho premuto
il pulsante la casa ha cominciato a riempirsene, non
ti sei accorto dei risultati? » Oh, cavolo! Ecco perchè
tutti sono così spensierati e contenti! Ecco perchè ragiono come Joseph...
« Ma allora finiamola con questo giochetto! Devi assolutamente aprire quella parete, Julian! Adesso! »
« E’ quello che sto facendo. Tu vedi di non allarmare
gli altri. » Sinceramente a me pare che il tedesco stia
facendo ben altro che cercare di scervellarsi nel conseguire una soluzione per l’enigma della porta. Il suo
comportamento però è così strano... Ricordo che nel
percorso dell’acqua non si è coricato prima di aver trovato il simbolo dell’elemento nascosto nella piscina. O
ancora, quando all’inizio, alla scoperta del tunnel della
terra, per andare a testare con mano cosa nascondesse alla sua estremità, si è calato arrampicandosi senza
nemmeno un’imbracatura o che altro. Quello è il Julian impulsivo che abbiamo imparato a conoscere, che
non si calmava fino a che non arrivava a capo del caso
che gli ronzava in quel momento per la testa. Quindi,
dopotutto, anche lui, padrone dell’etere immutabile, è
cambiato. Oppure...
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Nel frattanto i miei compagni si stanno divertendo
con le capsule portate giù da Lilith. A quanto pare esse
non esistono in nessuno dei nostri universi paralleli al contrario del fumetto da cui ho preso ispirazione - e
dal momento in cui Lilith ne ha dimostrato il funzionamento miniaturizzando l’intera dispensa, scaffalature
e celle frigorifere comprese. Tutti ne sono estasiati.
« Quella cosa sarebbe ottima per la costruzione di
sale operatorie mobili » esclama Kojiro.
« Mi farebbe risparmiare un enorme quantità di
tempo e salute mentale ogni volta che devo far la cernita di che vestiti portare con me ogni qual volta che
mi sposto! Devo assolutamente averlo! » preferisce
pensare Norma.
« Spiacente, il brevetto me lo sono già prenotato io!
» le tarpa le ali Julian.
« Senti, ma non viviamo in mondi paralleli, scusa?
Ognuno di noi potrebbe accaparrarsene i diritti una
volta tornato nel suo mondo, no? » esclama Patrick
con mente molto logica, all’occorrenza.
« Sì, e te la vedi una modella svampita presentarsi
all’ufficio brevetti e depositare una scoperta di questo
livello? » sogghigna Lilith.
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« Norma, Norma, tranquilla! Entra da un orecchio
ed esce dall’altro » le da man forte Julian.
« Ora che mi ci fate pensare... Una volta superata
quella parete, tutti ce ne torneremo a casa. Ma come
faremo ad arrivarci fisicamente? Insomma... Che sia
forse un passaggio interdimensionale, questo? » Credo di essermi risposto da solo. Ma forse non ho formulato bene il discorso che mi ronza in testa.
« Interdimensionale o no, io voglio aprire quella parete e portare le nostre chiappe fuori di qui! » Patrick
esprime come sempre il suo pensiero chiaramente e
senza troppi giri di parole.
« Non vorrei mettervi troppa pressione addosso,
ora... » con queste semplici parole tutti si girano verso di me. E già mi rendo conto che avrei fatto meglio
a mordermi la lingua. Ancora una volta. « Insomma... Una volta usciti di qui, tutti a casa ed arrivederci. Ognuno nel suo pianeta... Ciò vuol dire che... Insomma, non ci sarà più la possibilità di vederci?! » A
quanto pare sono riuscito a mandare tutti di nuovo nel
panico. Incredibile come in così poco tempo vissuto
insieme sia venuto a formarsi un sentimento così forte
fra noi. Fra tutti noi. Nessuno escluso. Lilith versa una
lacrima. Dopotutto è sempre stata la più sensibile del
gruppo. Anche se tutti sono visibilmente dispiaciuti.
« Ah, insomma, coraggio! E’ ovvio che tutto non può
continuare per sempre. I bei momenti si intervallano
a quelli brutti. Ma guai a voi se iniziate a piangervi
addosso. » Patrick ha ragione. Dice delle cose bellissime... Ma, per dire un’altra ovvietà, al cuor non si co38
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manda.
« Vi ricordate come siamo entrati qui dentro? »
prende il microfono Kojiro. « Qualcuno temeva gli
spazi aperti, qualcuno ciò che non conosceva. Altri ancora erano sgomentati dal rimanere soli, abbandonati.
O dal non essere all’altezza di sè stessi e delle situazioni. E guardiamoci ora. Siamo ancora qui. Migliorati,
uniti, pronti a scontrarci di nuovo col mondo a testa
alta. Quindi facciamo tesoro di questo nostro cammino, per quanto difficile e impervio potesse sembrarci
al momento, con il senno di poi tutto era rivolto ad un
fine. A portarci qui, a farci aprire questa porta, a farci
ritornare in noi stessi, persone migliori per un mondo migliore. » A parte questa ultima frase che almeno nel mio mondo è inflazionata nella maggior parte
delle campagne di sensibilizzazione sociale, Kojiro ha
usato il modo migliore per ridarci animo e riportare
un malinconico e nostalgico buonumore. Al costo di
sembrare patetico ora lo dico anche io: che sia questa
la vera verità che sta dietro a tutto questo?
« E’ facile rimanere qui dentro con tutti gli agi e le
coccole che questa casa sembra darci in questi ultimi
giorni. Quindi mettetevi tutti in moto e cerchiamo un
modo per aprire questa dannatissima parete! » chiosa
a suo modo Patrick.
« Ottimo discorso, Patrick! » Julian si alza in piedi
per avvicinarsi al suo interlocutore. « E credo di aver
davvero capito come fare a portarci tutti al di là del
vetro. » L’irlandese, nello strabuzzare gli occhi, quasi
li fa schizzare fuori dalle orbite.
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« Prima però, siccome forse dopo non ce ne sarà
tempo, credo sia giunto il momento dei saluti. »
« Aspetta, aspetta! Hai detto che hai scoperto come
farci uscire di qui? » sprizza sconvolto il genuino Patrick.
« Certo, ma prima un bel saluto a tutti quanti. Hai
detto bene Sammy, chissà che ne sarà di noi una volta
usciti da quella porta! » E’ giunto il momento o è tutta
una finta per farsi dare l’ultimo bacio che gli serve? Jules si avvicina a me e mi strizza in un abbraccio. Tutti ci
guardano come se non capissero cosa stia succedendo.
Io, ligio alla mia promessa, ricambio l’abbraccio con
delle pacche sulla schiena. E questo segnale è interpretato dagli altri come il mio assenso a quello che ha
detto. In men che non si dica anche Norma e Joseph si
abbracciano stretti. Lilith, si dirige di fronte a Kojiro e
gli fa un inchino.
« E’ così che si fa dalle vostre parti, non è vero? »
Kojiro abbozza un sorriso e apre le braccia, coccolandosi la dolce e fragile Lilith.
« Ma il vostro saluto è molto meglio, non credi? » le
sussurra in un orecchio. Una volta che Julian lascia la
presa su di me, Joseph mi agguanta da dietro le spalle
e mi stringe per bene le sue grosse braccione intorno
al collo, mentre Norma mi strizza le guance.
Patrick rimane tutto solo. Si guarda in giro per
trovare qualcuno libero per condividere la sua gioia.
Sembra che per lui la felicità di ritornare a casa superi di gran lunga la nostalgia del distacco dagli altri.
Come dopotutto è giusto che sia. Ma comunque faccio
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per avvicinarmi a lui, che mi fa un occhiolino con il
segno della pistola come per dirmi ce l’abbiamo fatta. Ma con una velocità spaziale gli arriva un Julian
volante spuntato da non ho capito nemmeno io dove
che gli si appiglia al collo e getta un urlo di felicità. Patrick, guardandolo in faccia, urla pure lui. Due ultras
in piena regola. Peccato che Julian coglie l’attimo e si
protrae verso di lui. Lanciandosi in un bacio a stampo
che sembra quasi una testata. Patrick, forse preso da
un’orgoglio incondizionato di maschilismo, reagisce
subito spintonandolo all’indietro. Jules si ritrova scaraventato proprio sulla parete di vetro al centro dei
nostri ultimi pensieri.
Il rito dei saluti si spezza. Tutti guardano in silenzio
l’autore di questo abominio che un po’ imbarazzato,
ma sempre continuando a recitare la parte dell’uomo
tutto d’un pezzo, lo guarda con un’espressione quasi
furibonda, pulendosi le labbra con un braccio, schifato.
« Ma Patrick, sei impazzito? » Norma prende subito
le difese dello strano pervertito.
« Cazzo, mi ha baciato in bocca! »
« Ma nel suo mondo tutto questo è normale! Caspita, Patrick, datti una calmata! »
« Forse nel suo ma nel mio quelli si chiamano ancora froci! »
« E’ tutto a posto! State calmi » cerca di placare gli
animi Julian, rialzandosi un po’ dolorante. « Non ti
giudico, Patrick... Anzi, me ne scuso. Anche nel mio
mondo, come dici tu, non ci si bacia così libertinamen41
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te. Ma questa volta ho dovuto farlo... »
« Dovuto? Oh, non metterti a trovare scuse, sai?! »
« Sì, ho dovuto. E quando capirai tutto mi ringrazierai. Ora possiamo finalmente uscire di qui. »
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Patrick si è calmato. O meglio, è stato colpito dalla
sincera ed innocente uscita di Jules. Quando capirai
tutto mi ringrazierai...
« Bene, siamo tutti pronti? » si assicura che qualcuno non abbia qualche strano ripensamento dell’ultimora.
« Ma allora non stavi scherzando? Hai finalmente
scoperto come uscire!? » si vuole rassicurare Lilith.
« Scoperto? L’ho capito dopo aver visto accendersi il
disegno! » Allora era proprio come credevo io! « Chiederemo a Sammy. Anche lui lo sapeva! » Cinque paia
di sguardi inquisitori puntano dritti su di me.
« No, no... Cioè, credevo che ci stesse ancora pensando, avevo il sospetto che l’avesse sempre saputo,
ma mai la certezza. »
« Prima di tutto mi scuso oltre che con Patrick anche
con Lilith: ho dovuto chiedertelo quel bacio in pegno.
E anche Kojiro. Mi hai salvato la vita: avevo architettato un soffocamento fasullo solo per poggiare le tue
labbra sulle mie ma poi la situazione mi è sfuggita di
mano e stavo soffocando sul serio. »
« Beh, me ne sarei accorto fosse stato altrimenti. Ma
come mai questa mania dei baci, Julian. »
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« Vi ricordate che il disegno si è acceso solo parzialmente? E la luce veniva scaturita dal mio mignolo. »
Sguardi sempre più interessati lo sbranano. « Beh,
chiedendomi il perchè ho pensato che il colore azzurro mi ha da sempre ricordato il mare. E così ho avuto
un illuminazione. Io, il portante dei quattro elementi,
devo entrare in contatto con loro per potermene appropriare e sostenere. E l’unico contatto davvero sensibile che ho avuto con Joe, il reggente dell’acqua è
stato quando, sott’acqua, gli ho riversato in bocca quel
che rimaneva del mio ossigeno, per potergli dare più
autonomia per arrivare in fondo al suo cammino e farci uscire tutti. E se allora fosse solamente con una specie di bacio che voi reggenti riversate in me un po’ del
vostro elemento? »
« Mah... Julian, potevi dircelo! » lo interrompe Lilith.
« E se tutto ciò funzionasse solo in caso di necessità o comunque al di là della vostra volontà? Una volta che ve l’avessi detto non sarei mai potuto tornare
indietro. » Ah, ma allora era per questo... Allora non
c’entra nulla il capriccio, era una vera necessità, per il
bene comune...
« E poi dubito che Patrick l’avrebbe fatto, altrimenti. »
« Beh... Preferisco avvalermi della facoltà di non rispondere » controbatte un po’ imbarazzato.
« Quindi ora credi di riuscire ad aprire la parete? »
cerca di tirare le file del discorso Kojiro.
« Aprire non saprei, ma far apparire tutto il dise44
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gno nella sua completezza, questo sì. » Julian ci gira
le spalle per fronteggiare la vetrata in finta roccia. Si
genuflette come di fronte ad un sacro altare ed arriva
all’altezza dei fori.
« Spero di rivedervi tutti, prima o poi. » Con questa
dichiarazione che suona come un ultimo saluto, come
se la convinzione di poter finalmente tornare ognuno
nel proprio mondo fosse ormai fondata, Julian introduce con fretta le dita nei cinque fori.
Lo stesso stridio dell’altra volta irrompe come un
fulmine in tutta la casa, seguito da alcuni sbuffi, come
il rumore di ventole in funzione oltre dei bocchettoni
dell’aria. Forse è in questo modo che è stato rilasciato l’etere nell’aria. Come se si trattasse di un congegno che ci concedesse di poter provare ad accendere
la parete solo per un determinato numero di volte. Se
avessimo sbagliato saremmo finiti narcotizzati? Non
voglio nemmeno pensarci e mi fido ancora una volta
di lui.
Dopo il rumorio ed un flash del tutto simile al precedente, dal mignolo ricomincia ad uscire quella sostanza liquida che segna il tracciato alberato. Tutto
regolare. Se non che, non appena la scia arriva a toccare il soffitto, il foro dell’anulare inizia a lampeggiare
anch’esso, liberando un altro tipo di inchiostro, questa
volta verde, che completa il disegno quasi simmetrico
dall’altra parte della parete. Alla fine, in una visione
globale dell’opera, sembra veramente un albero. Assomiglia senza dubbio a qualcosa di già visto. Ma non
riesco a fare mente locale. Anche stavolta, quando il
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percorso è concluso, dal dito medio appare un terzo inchiostro, di un arancione intenso. Esso apporta
delle migliorie al disegno, quali un grosso fascio di
radici che arrivano quasi fino a tre quarti dell’altezza. Come immaginavo, dopo questi perfezionamenti,
il dito indice rilascia l’ultimo colore, il rosso, questa
volta senza farlo sgorgare dall’ultimo dito allineato
ma facendo apparire un tracciato già definito, come
se stesse emergendo dall’interno del muro. Sono dei
circoli. Quattro. Disposti a semicerchio concavo verso
il basso. Si attorcigliano alle radici arancioni. Ed ora
capisco che cosa rappresenta questa pittura parietale.
« E’ l’albero della vita! » comunico i miei compagni
che lo fissano a bocca aperta.
« E’ lo stesso albero che abbiamo trovato nel mio
percorso, per terra! » dichiara Patrick.
« Sì, con la differenza che ora i cerchi sono solo quattro! » precisa Kojiro.
« E dentro a questi cerchi ci sono i simboli degli elementi... » commenta anche Lilith.
Il disegno sembra essere completato. Julian ha ancora le dita dentro ai fori e sono certo che se le togliesse il tutto svanirebbe. E la concentrazione di etere
nell’aria aumenterebbe ancor più.
« Io ho fatto il mio. Ora credo che è tempo che entriate anche voi in scena. »
« Secondo voi dovremmo premerli? » domanda Joseph.
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Siamo di fronte a qualcosa di grande. Mi sento ribollire il sangue nelle vene. Questa nostra avventura ha
preso la stessa piega del finale del Signore degli anelli. Quando sembra tutto concluso, l’anello bruciato lì
ed il ritorno in casa qui. Ecco che J.R. aggiunge una
piccola avventura di appendice, come il ritorno di Saruman nel villaggio degli hobbit. Come questo ultimo
mistero della parete luminosa. In questo momento mi
rendo conto di essere davvero un nerd.
« Io ci ho messo l’etere, ho creato il disegno, la base,
il luogo dove dovrete posizionarvi voi singoli elementi
» esclama Julian.
« Allora dobbiamo salire sul disegno?! » domanda
fra sè e sè Joseph.
« Poggiate la mano su quei cazzo di cerchi! Sto sudando sette camice per tenere tutto attivato, qui! » li
incita a muoversi Julian.
Patrick è il primo a porgere la mano toccando il suo
triangolo. Ma nel momento in cui lo fa tutto inizia a
tremare. Le pareti il pavimento. Al che, lascia la presa. E tutto si blocca.
« Che cazzo è successo? »
« Terremoto, Patrick! » gli risponde Koji.
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« La terra mi si rivolge contro? Ma sono il suo reggente! » si arrabbia Patrick. Infatti non ha molto senso...
« Forse non è così! » urla Lilith. « Fate spazio! » La
piccola, che si trovava in seconda fila, supera Patrick
ed appoggia il suo palmo aperto sul cerchio contenente il suo simbolo. Anche questo si accende e sprigiona
una tremenda folata di vento. I bicchieri sono gettati
a terra. I mobili vengono scaraventati in giro, i vetri
scoppiano verso l’esterno, riempendo i loculi al di là di
essi e distruggendo i neon e le luci sopra di noi. Ma in
tutto questo la piccola non toglie la mano.
« E’ l’apocalisse qui dentro! » esclama Norma rifugiandosi sotto il braccio di Joe.
« No, l’ho capito anche io. I vostri elementi non si
ribellano a voi. Ma alla casa stessa, che ci tiene prigionieri. Giungono in nostro aiuto. » Patrick si accende
in volto e con un movimento sicuro, come se stesse
impugnando una spada da samurai e volesse infilzare
l’avversario, appoggia di nuovo il palmo e la casa inizia nuovamente a tremare.
« Koji! Joe! » urla Julian nel baccano generale. Io
rimango a guardare il tutto dalle retrovie con Norma e
sdrammatizzo un momento come questo con:
« E noi stiamo ancora una volta a guardare... »
« Coraggio che qui rimaniamo schiacciati! » urla Lilith.
« Se ho sbagliato un solo calcolo qui ci rimaniamo
secchi! » crede di bisbigliare Julian, ma la sua voce arriva anche a me e non è propriamente ciò che si defi48
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nisce rassicurante.
« Joe, il fuoco e l’acqua si annullano. Dobbiamo lavorare di squadra. » Contemporaneamente Koji e Joseph poggiano il loro palmo. Scintille sfavillano dai
cavi elettrici scoperti dal turbine furioso di Lilith ed in
men che non si dica, a contatto con l’etere, diventano
una fiammata che si espande per tutto il soffitto, arroventando qualsiasi cosa incontri nel suo passaggio.
Nel mentre, uno scoppio fortissimo al piano superiore. Credo sia saltata la valvola dell’acqua in soffitta!
Questo vuol dire che saremo presto sommersi da litri
e litri di liquido...
In tutto questo la porta non si è aperta. Ma nel disegno sta succedendo qualcosa. Tutto in maniera veloce
e frenetica. Da ogni cerchio nel quale i portatori hanno
poggiato la mano fuoriesce una specie di passaggio,
quattro linee che si estendono con la stessa velocità.
Raggi del semicerchio ipotetico lungo il quale sono disposti. Al centro, nel loro punto d’incontro, ecco che
si viene a formare un altro cerchio. Il quinto. Vuoto.
Senza nessun simbolo al suo interno.
« Che cavolo è quello?! » sbraita Jiulian, con lo
sguardo verso l’alto.
« Cazzo,abbiamo sbagliato qualcosa?! » impreca
sconsolato Patrick.
« Questo è il vostro turno! Muovetevi! » conclude
Kojiro. Sono tutti sudati e stremati. Quel disegno gli
sta togliendo le energie. E dietro di noi cominciamo a
sentire il gorgoglio dell’acqua che arriva in piena velocità.
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« Norma, tocca a te! » La spingo avanti. Non si tratta di cavalleria o codardia: è lei la tessera mancante,
l’unione di tutti gli elementi sul sostrato dell’etere. La
vita. O meglio, dato la totale assenza di simboli all’interno del cerchio, lo spirito, invisibile ma fondamentale. Dopotutto io sono un semplice traghettatore. Un
aiutante che ha permesso a tutti i miei compagni di
esprimersi e cambiare.
« Ma tu, Sammy... »
« Vai e basta! Sii convinta! Non pensare a me. »
Ora che il mio compito è finito, non servo più. Norma poggerà la mano e tutti e sei i miei compagni scompariranno. E di nuovo tutti alle proprie vite. Un viaggio spaziale, il nostro. All’insegna del sacrificio e del
miglioramento. Julian direbbe che si tratta della selezione naturale: solo chi riesce ad evolvere sopravvive.
Ed io ho aiutato gli altri ad evolvere, ho assolto il mio
compito secondo le mie capacità e solo ora vedremo
se riusciranno a salvarsi. Intanto, un’onda anomala di
milioni di litri sta scendendo per le scale.
« Norma, ora! » le urlo con tutte le mie forze mentre
sento il freddo dell’acqua ormai sulla schiena. Istintivamente chiudo gli occhi e prendo un bel respiro.
Lo so. Ormai è inutile. Ma l’istinto di sopravvivenza
è una delle cose più forti, insite nella natura umana.
Spero solamente che gli altri ce l’abbiano fatta. Non
chiedo altro. Ormai sono sommerso dall’acqua. Rilascio il carico di anidride carbonica immagazzinato nei
polmoni e mi lascio andare. Inaspettatamente i miei
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polmoni, appena svuotati dall’ultimo carico di anidride carbonica immagazzinato, mi si riempiono di nuovo di freschissimo e vitale ossigeno. E non sono per
nulla bagnato. Che il trapasso sia stato una cosa così
tempestiva?
Apro lentamente gli occhi. Di fronte a me ancora
Patrick. Koji e tutti gli altri, poggianti al muro. Sopra
al cerchio di Norma si è formata un’altra figura. Un
cerchio con un uomo stilizzato al centro. Simile alla
figura che Patrick aveva stampato sulla sua canottiera
con il sangue. Intorno a me una bolla d’aria. Le stesse
bolle che ci hanno salvato nel percorso dell’acqua. Ma
allora il mio compito non è finito?! C’è posto anche per
me come elemento all’interno di questo albero della
vita reinventato.
« Sammy, credo che questa volta questo simbolo sia
il tuo » esclama Norma.
« Dopo gli elementi, l’uomo » sottolinea Kojiro.
Tutti sono allo stremo ma resistono come cristallizzati in questo infinito attimo di vittoria.
Avanzo passo dopo passo. La mano protesa verso
il mio cerchio. La gloria mi si avvicina. Sto per raggiungere il limite. Il compimento della nostra opera.
E finalmente appoggio il palmo sul vetro freddo e sento la mia energia defluire dal petto ed attraversare la
mia spalla, quindi il mio gomito, l’avambraccio, fino a
sgorgare dai polpastrelli. La siluette del piccolo essere umano stilizzato si accende di mille colori. In una
frazione di secondo il mio cerchio e quello di Norma
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entrano oltre il livello della parete, come dei grandi
pulsanti. Con un movimento quasi naturale scivolano
come su un binario immaginario a circonferenza, trascinando il nostro braccio con loro fino a posizionarsi
uno al posto dell’altro, in un movimento rotatorio. Ora
è l’uomo ad essere collocato sotto il cerchio vuoto, nel
vertice di collegamento fra i quattro elementi. Nello
stupore di tutti la grande scritta SEM al contrario si
illumina, lasciando scemare la grande pittura a forma
di albero.
All’improvviso, il vento si placa, le fiamme impazzite
si spengono, le vibrazioni del terremoto si addolciscono fino a fermarsi e la furia del maremoto si trasforma
in bonaccia.
L’energia che scorreva attraverso di noi si blocca
e ci invita silentemente a ritrarre la presa da quella
parete vitrea che emette uno scatto maestoso alle sue
estremità. Come se pesasse ora quanto una piuma librata nell’aria, il mingherlino Julian riesce ad alzarla,
trattenendo ben salda la presa nei suoi fori collocati a
maniglia.
Mentre la nostra via d’uscita si sta lentamente dischiudendo, tutti i nostri sguardi si incontrano a vicenda. Sguardi fieri. Immacolati. Carichi di gioia. La
via d’uscita si sta aprendo di fronte a noi. Siamo riusciti in quest’impresa e l’abbiamo fatto tutti insieme.
Spalleggiandoci, aiutandoci l’un l’altro. Come tanti organi di un solo corpo che lavorano con affiatamento
puntando ad uno scopo comune e superiore. La vita.
Julian ha alzato la parete fino a metà e già un refolo
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d’aria dal profumo di libertà ci accarezza le gambe. Il
piccolo è stremato.
« Tieni duro Julian! » I due macigni di Joe e Patrick
gli si schierano di fianco per aiutarlo nell’alzare il vetro ora piu corposo, le sbarre della nostra prigionia.
Che in questo modo raggiungono il soffitto.
Quello che si apre di fronte ai nostri occhi, però, è
qualcosa di completamente inaspettato.
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EPILOGO
24 luglio 2010 - ore 09:42
In data odierna i soggetti ALC481516 sono riusciti
a portare a termine la prova denominata “Etere divino”.
Le capacità cognitive del soggetto Schwinger si
sono rivelate all’altezza delle aspettative, senza venire minimamente intaccate dal rilascio dell’etere anestetico vaporizzato all’interno dell’Abitazione Natia.
I quattro soggetti Swift, Sasaki, Crowley e Mayof,
autodefinitosi “reggenti”, hanno superato le tenebre
delle loro paure recondite. Hanno acquisito i poteri e
le caratteristiche dei propri simboli e sono stati fondamentali nel superamento della corrente prova. La
capacità di servirsene a proprio favore è stata amplificata dal pittogramma parietale, ma non è ancora
stato verificato alcun rilascio delle suddette collegato
alla propria semplice volontà.
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Il soggetto Baker non ha ancora preso coscienza
del proprio ruolo superiore all’interno del microsistema instituito.
Il soggetto Goldfish è arrivato vicinissimo alla verità, sebbene dalle reazioni successive a tale dichiarazione non risulta essersene reso conto. Ricordarsi
di tenerlo strettamente sotto monitoraggio.
Nota a margine: sopprimere la signora Crowley.
Non le è mai stata concessa la libertà di avantaggiare i soggetti nel cammino dell’aria, senza eccezioni.
Investire come portatore del sigillo l’elemento incompleto Melis.
Le condizioni del Soggetto Alfa sono in costante
peggioramento. Anche se i sette selezionati sono riusciti a superare il livello “Genesi”, egli ha perso ogni
fiducia nei suoi figli e nel suo Dio. La sua fine sembra
essere vicina.
Juan Fuegarroy
Chissà se il male che sta distruggendo me riuscirà a
piegare anche loro...
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FINE
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