ASPETTÉ IDROGEOLOGICÉ DEÌ PROBLEMÁ DELLÁ PRESENZÁ
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ASPETTÉ IDROGEOLOGICÉ DEÌ PROBLEMÁ DELLÁ PRESENZÁ
Relazioni fra sistema idrico superficiale e contaminazione delle acque sotterranee nella provincia di Cremona Vincenzo Francani 1 e Patrizia Trefiletti 2 1. Lo stato delle conoscenze e lo schema dello studio Le segnalazioni di contaminazioni diffuse nelle acque sotterranee della Provincia di Cremona, che nel passato hanno colpito aree di dimensioni sovracomunali, come i problemi connessi con la diffusione delle triazine alla fine degli anni’80, dei metalli (arsenico, ferro e manganese), dello ione ammonio ed altri più recenti episodi, ha prodotto da tempo la necessità di istituire controlli attenti della qualità delle acque superficiali e sotterranee, che hanno prodotto buoni risultati nel riconoscimento della provenienza di questi contaminanti. Questo studio è dedicato all’analisi degli effetti dell’estesa rete irrigua della pianura cremonese sull’alimentazione delle falde superficiali e profonde, anche in relazione con il complesso rapporto fra lo stato qualitativo delle risorse idriche sotterranee e la struttura idrogeologica dell’area. Questo tipo di contaminazione può riguardare i nitrati e l’ammoniaca, presente come ione ammonio nelle acque, la cui concentrazione massima ammissibile per le acque potabili è di 0,5 mg/l. Si può rilevare nella Provincia di Cremona una regolare evoluzione della concentrazione in ammoniaca. Infatti, mentre nella parte settentrionale della Provincia a Nord di Cremona tale sostanza è solo saltuariamente presente nelle acque delle falde superficiali e in tali casi ad essa può essere attribuita un’origine antropica, nei pozzi profondi si assiste a un graduale aumento dell’ammonica procedendo verso Sud. Nei pozzi che ricavano la loro alimentazione dagli acquiferi siti a profondità comprese fra 100 e 130 m si passa infatti da 0,1 mg/l del tratto più settentrionale a un’area come quella di Spino, in cui a seconda dei pozzi considerati si hanno valori simili al precedente o comunque inferiori ai 0,5 mg/l a un settore decisamente caratterizzato da valori crescenti (0,5 mg/l nel tratto centrale e 0,8 mg/l in quello posto in prossimità del F. Po). Questo tipo di evoluzione con valori crescenti nel senso di flusso della falda tende a escludere la presenza di un rilevante fenomeno di contaminazione di origine antropica e corrisponde invece all’aumento di concentrazione che può essere dovuto alla progressiva diminuzione del potenziale redox delle acque sotterranee. Nella parte meridionale si assiste a un ulteriore incremento del tenore di ammoniaca; procedendo infatti verso il F. Oglio si riducono gli spessore dei depositi alluvionali dotati di uno scarso spessore di livelli impermeabili, cosicchè i pozzi captano prevalentemente acquiferi ben separati dalla superficie. Si verificano così localmente valori molto elevati di ammoniaca anche in pozzi relativamente poco profondi. Appare quindi evidente che l’azoto nelle falde cremonesi è legato a contaminazioni agricole e industriali nella parte settentrionale dell’area, e all’arricchimento in ione ammonio delle falde nella parte centrale e meridionale, in coincidenza con acquiferi dotati di potenziale redox ridotto. Sussistono inoltre problemi legati all’interferenza della rete di flusso superficiale, che si desidera approfondire in questo lavoro, basato in gran parte su dati idrochimici rilevati negli anni 90. 1 Dipartimento di Ingegneria idraulica, ambientale, infrastrutture varie, rilevamento del Politecnico di Milano Assegnista di ricerca in Idrogeologia presso il Dipartimento di Ingegneria idraulica, ambientale, infrastrutture varie, rilevamento del Politecnico di Milano 2 1.1. Gli studi precedenti Sulla pianura lombarda sono stati eseguiti molti studi idrochimici che hanno interessato aree anche vaste del cui schema di circolazione è quindi possibile oggi formulare una logica interpretazione. Da tali indagini emergono due importanti conclusioni circa le modalità della circolazione idrica sotterranea nella pianura. che così possiamo sintetizzare: a) la presenza di livelli poco permeabili ha la capacità di rallentare o di impedire la ricarica delle falde profonde con acque di infiltrazione dalla superficie; b) le dorsali del substrato chiudono a valle gli acquiferi, rallentando notevolmente l’alimentazione delle falde poste più a valle. Dagli studi finora eseguiti sulla pianura emerge quindi uno schema di alimentazione delle falde che comporta 1’infiltrazione nella parte alta e media della pianura e lungo i corsi d’acqua naturali e artificiali; nella parte inferiore della pianura, invece, si ha una difficile rialimentazione delle falde profonde ad opera delle acque di infiltrazione per la netta separazione fra falda freatica e falde profonde lontano dai corsi d’acqua; L’area è stata oggetto di due studi (uno nel 1992 e uno nel 1994) nei quali si poneva in evidenza come l’ammoniaca dell’area sia di prevalente origine naturale. 2. Schema della circolazione idrica sotterranea Lo schema della circolazione idrica sotterranea e della evoluzione qualitativa delle acque sotterranee, in base all’analisi effettuata dagli Autori e approfondita nel corso di questo studio, risulta il seguente: a) infiltrazione delle acque nei corpi acquiferi sotterranei più vicini alla superficie su tutta la pianura, fatta eccezione per alcuni settori nei quali affiorano depositi fluvioglaciali impermeabilizzati in superficie; le acque così infiltrate risultano arricchite da nitrati derivanti da perdite fognarie e da pratiche agricole; procedendo verso Sud, in particolare a partire dai limiti fra le Provincie di Milano e Lodi a ovest e dalla parte mediana delle Provincie di Bergamo e Brescia (il limite può essere all’incirca stabilito dalla congiungente Melegnano con Crema e Manerbio) si assiste a una crescente impermeabilizzazione dei depositi superficiali, fatta eccezione per le aree coperte da alluvioni molto vicine ai fiumi e a una consistente riduzione dell’alimentazione per infiltrazione di acque di precipitazione dalla superficie; b) alla riduzione di importanza delle precipitazioni come fonte di alimentazione si accompagna la crescente incidenza delle irrigazioni sul bilancio idrico sotterraneo, peraltro già molto elevata nella parte settentrionale della pianura. Le separazioni fra i diversi acquiferi divengono più consistenti in spessore e continuità rendendo precaria l’alimentazione delle falde profonde che ricevono acqua solamente al contatto laterale con i depositi dei corsi d’acqua maggiori e da rare interruzioni delle bancate limosoargillose; si crea quindi nelle falde profonde un ambiente riducente, che favorisce lo sviluppo di ammoniaca, ferro e manganese, che diversamente non potrebbe avere luogo se non per immissione diretta di questi inquinanti tramite interventi antropici; negli stessi corpi acquiferi sotterranei più vicini alla superficie si riducono fortemente gli inquinanti di origine antropica precedentemente citati ( in particolare i nitrati e i solfati ), denunciando una scarsa infiltrazione di acque di precipitazione; c) dal momento che la separazione verticale fra gli acquiferi diviene sempre più marcata scendendo dalle unità idrogeologiche superiori verso quelle più antiche (depositi continentali e marini del Pleistocene inferiore), dove il sollevamento postdeposizionale di queste unità le ha portate vicine alla superficie (“dorsali” di Sergnano e Orizinuovi-Romanengo) le condizioni idonee allo sviluppo delle sostanze indesiderate si manifestano a profondità minore, interessando quindi pozzi finestrati in corrispondenza di acquiferi posti a 50-100 m dal piano campagna, si è ritenuto opportuno di programmare le indagini utilizzando anche il rilevante contributo che può fornire l’idrogeologia isotopica, sulla quale sono basate alcune delle conclusioni che vengono portate a conforto della ricostruzione ora descritta; d) appare molto probabile che la contaminazione derivi dalle concentrazioni di depositi vegetali posti in corrispondenza di livelli argillosi o limosi situati in punti particolarmente favorevoli a questo tipo di sedimentazione (antiche aree lacustri o paludose limitrofe ai corsi d’acqua o meandri abbandonati) . Di questo fatto si hanno numerose case-histories in letteratura che riportano esempi di elevatissime concentrazioni di ione ammonio nelle acque sotterranee in corrispondenza di strutture simili; una verifica di queste condizioni si ha quando falde profonde in acquiferi non costituiti da materiale organico, presentano concentrazioni di ione ammonio ridotte, nonostante che gli acquiferi superiori ed inferiori, ricchi di sostanze organiche, siano invece contaminati da queste sostanze. Dall’esame delle carte piezometriche deriva la convinzione che gli apporti alla falda profonda provengono dalle falde che si alimentano nell’alta pianura dalle falde di subalveo e da quelle direttamente connesse con i subalvei stessi. Per quanto riguarda le depressioni piezometriche prodotte dal prelievo nei centri abitati, si osserva solamente a Cremona una sensibile deformazione della superficie piezometrica, con una inflessione delle isopieze e una riduzione del gradiente idraulico a valle del centro abitato, a testimonianza della diminuzione delle portate della falda in uscita dall’area di prelievo. 2.1. Dati ricavabili dalla piezometria e dall’idrogeochimica tradizionale L’analisi della piezometria rende evidente che l’alimentazione delle falde profonde avviene prevalentemente grazie alle infiltrazioni dai corsi d’acqua principali, che mostrano una discreta influenza sulle oscillazioni piezometriche; analoga influenza hanno, sia pure con ritardo notevole, le piogge e le irrigazioni. Si devono attribuire a questi eventi il sia pur lentissimo movimento delle acque delle falde profonde, che hanno tempi di rinnovamento eccezionalmente elevati, salvo alcuni acquiferi che ricevono in modo più diretto alimentazione dai corsi d’acqua principali. Da questi dati emerge inoltre con chiarezza che nelle aree settentrionali l’ammoniaca ha la tendenza ad incrementi di concentrazione nel periodo irriguo e, dopo una discesa che generalmente si compie in agosto e in settembre, torna ad aumentare nel tardo autunno o addirittura nell’inverno. Non sono state riscontrate corrispondenze fra incremento delle concentrazioni di ammoniaca e precipitazioni. Questo andamento fa ritenere che il rilascio di ammoniaca nelle acque dipende da due fattori: a) l’aumento della portata delle falde per la risalita del livello piezometrico¬ con scarsi apporti di acque pure nei periodi irrigui; b) l’aumento della velocità di flusso delle falde per il richiamo esercitato dai pozzi nelle stagioni non irrigue. In questi casi si può infatti avere un aumento della concentrazione di inquinante proveniente dalle falde profonde, che non ricevono rialimentazione dalle infiltrazioni superficiali. Si osserva infatti che nei periodi in cui l’ammoniaca aumenta la propria concentrazione, non si registrano paralleli incrementi dei nitrati, che rappresentano le sostanze tipicamente presenti nelle acque superficiali. Pertanto gli aumenti delle concentrazioni di ammoniaca non dipende dall’afflusso alle falde profonde di cospicue quantità di acque provenienti dalla superficie, ma solamente dall’ incremento del gradiente idraulico per la deformazione piezometrica che si accompagna ai periodi di irrigazione. Si osserva altresì che in nessun caso ammoniaca e nitrati presentano il medesimo regime di concentrazione, rendendo così evidente la loro differente origine. Inoltre il primo esame dell’equilibrio idrochimico, indica come le acque superficiali siano sottosature rispetto a molti minerali del magnesio (anche della dolomite, dove la forza ionica risulta meno elevata), favorendone quindi un arricchimento in profondità fino alla saturazione, che avviene nei primi livelli degli acquiferi protetti. Tali considerazioni sembrano favorire un’interpretazione delle condizioni di circolazione idrica sotterranea che preveda che lo scambio fra acquiferi superficiali e acquiferi profondi sia molto lento. In effetti l’esame della struttura geologica consente di affermare che tale scambio sicuramente si attua in modo diretto solo in alcuni settori (in specie lungo i corsi d’acqua), e che può avvenire solo con qualche difficoltà e in misura ridotta dove sono presenti diaframmi non particolarmente spessi di limi e argille fra le falde di superficie e quelle profonde. Allo scopo di valutare la velocità di ricambio delle acque sotterranee, si è proceduto nel corso del 1995 a un’indagine isotopica condotta per la massima parte dalla Società Hydroter di Bolzano, sotto la responsabilità del dott. Valerio Maso, e interpretata ai fini idrogeologici dal prof. G.P. Beretta, che ha fornito una validissima collaborazione per il buon esito dello studio. 2.2. Indagini sugli isotopi e ricostruzione delle modalità di propagazione dell‘ammoniaca Lo studio idrogeochimico tradizionale permette quindi di verificare, comprovandolo in modo tangibile, l’esistenza di un interscambio fra acque superficiali e falde profonde, almeno per quanto riguarda i primi 100-150 m. Non è peraltro possibile ricavare da questo tipo di indagine se non il meccanismo di circolazione idrica nell’area considerata, mentre gli accertamenti circa l’origine dell’ammoniaca devono essere effettuati con tecniche dalle quali si possano evidenziare marcate differenze fra l’azoto di origine antropica e quello di origine naturale. Appartengono a questa categoria i metodi dell’idrogeologia isotopica sui quali riteniamo utile una breve premessa relativa alle modalità di interpretazione del tenore dei diversi isotopi presenti nelle acque sotterranee ai fini dell’identificazione dell’età delle acque e dell’origine dell’azoto ammoniacale. A. Datazione delle acque sotterranee Un chiarimento sull’età delle acque ci consente quindi di avere importanti orientamenti (anche se non precise conclusioni, che sono possibili solo tenendo conto anche di altri parametri) sulla loro origine. Il tritio, qui indicato di seguito come 3H è presente in grande concentrazione nelle acque recenti¬ dove si possono misurare diverse Unità Tritio, ed è in ridottissime concentrazioni nelle acque antiche, precedenti il 1950 (inizio delle esplosioni nucleari dalle quali esso in gran parte deriva). L’Unità Tritio (UT) rappresenta la presenza di un atomo di tritio per ± miliardo di miliardi di atomi di idrogeno (3,2 curie per litro). La relazione che consente un calcolo dell’età dell’acqua in base al tritio è la seguente: t =(T/0,693)ln (C / C 0) in cui t è il tempo in anni, T il tempo di dimezzamento del tritio pari a 12,43 anni, C la concentrazione misurata in UT, mentre la concentrazione in tritio della precipitazione che ha dato origine all’acqua di provenienza del campione su cui si effettua la misura è rappresentata da C0. La mancanza dati certi sulla composizione originale delle acque produce problemi quando si hanno a disposizione poche misure; ad essa infatti si supplisce con la conoscenza delle variazioni nell’arco del tempo del valore di C, e tramite i dati relativi alle concentrazioni in tritio nelle acque di pioggia sul bacino di alimentazione delle falde studiate. Altre relazioni consentono infatti di determinare con buona approssimazione l’età delle acque dal tenore di tritio. Nel caso della Provincia di Cremona, dove è per il momento soprattutto utile determinare se le acque campionate sono di infiltrazione relativamente recente dal 1960 a oggi, o precedente, la precisa indicazione dell’età non è utile. E’ infatti sufficiente controllare se il tritio è abbondante (acqua recente) o pressoché nullo (acqua di infiltrazione antica), elemento che si deduce direttamente dalle analisi effettuate. Un secondo fattore che consente interessanti approcci sulla determinazione dell’età delle acque sotterranee è fornito dalla concentrazione del 14C (carbonio 14) e dai suoi rapporti con il carbonio 13. Il 14C è contenuto infatti negli organismi viventi, dopo la morte dei quali il suo tenore comincia a decrescere secondo la legge del decadimento radioattivo: -at C = C0e in cui a rappresenta la costante di disintegrazione della sostanza, t il tempo in anni, C la concentrazione al tempo t mentre a concentrazione iniziale è indicata da C0 .Il calcolo dell’età delle acque viene effettuato tramite una relazione simile a quella precedente: t = 8,268 ln(C / C0) Un aumento rispetto alla concentrazione del 14C attesa in base a questa relazione si riscontra quando alle acque proviene 14C che deriva dalla decomposizione di sostanze organiche presenti negli acquiferi, fatto che si realizza abitualmente in acque molto antiche che scorrono a contatto con depositi torbosi. Deve quindi essere tenuta presente anche la concentrazione di 13C, che aiuta a fornire un valore più reale dell’età delle acque grazie a idonee formule correttive. Tutti questi parametri sono stati valutati al fine della determinazione dell’età delle acque del Cremonese fornendo risultati convincenti. Infatti si è riscontrata una situazione nella quale sono presenti due gruppi di acque: da un lato quelle molto recenti, in generale (salvo le eccezioni poi sottolineate) quelle di prima falda; dall’altro quelle molto antiche, tipiche delle falde profonde. La soluzione di una parte dei problemi presentati dalla situazione cremonese è stata quindi facilitata. B. La presenza nelle acque di azoto di origine antropica Si sono esaminate con attenzione anche le concentrazioni dell’isotopo 15N dell’azoto, che può permettere di risalire all’origine di questa sostanza nelle acque. E’ infatti da ritenere che i nitrati di origine naturale provenienti dalla dissoluzione della materia organica sviluppatasi in suoli concimati con fertilizzanti sintetici mostrano una differenza di valori δ15N” rispetto al contenuto atmosferico prossima a fino a 1-2 per mille,mentre il valore di δ15N nei nitrati che provengono dall’ossidazione di concimi organici che hanno subito una lunga maturazione con fermentazione ammoniacale e volatilizzzione di NH3 sono caratterizzati da δ15N superiore al 20%. Secondo Zuppi e Bortolami (1977), si possono identificare con buona aapprossimazione campi di valori in base alle concentrazioni rilevate e al valore del 15N, che rendono ragione dell’origine dei composti azotati, che riteniamo utile riportare qui di seguito. 1) δ15N negativi e concentrazioni elevate : apporti recenti in falda di concimi ammoniacali 2) δ15N leggermente positivi e concentrazioni elevate : apporti recenti di concimi artificiali 3) δ15N vicini a zero o leggermente superiori e concentrazioni basse : influenza netta e lunga nel tempo di prodotti azotati dovuti all’attività biologica dei suoli naturali (prati ecc.) 4) δ15N positivi elevati e concentrazioni basse : influenza dei nitrati prodotti nei suoli a coltura intensa e quindi biologicamente attivi 5) δ15N positivi elevati e concentrazioni forti : provenienza dei nitrati da materia organica fermentata (scarichi urbani, discariche) Sono state individuate le località più rappresentative per il campionamento delle acque all’interno delle aree precedentemente elencate, corrispondenti ciascuna a un pozzo che preleva acque provenienti da una sola falda. Sono state distinte tre falde: a) falda superficiale, direttamente alimentata dai corsi d’acqua e/o dalle acque meteoriche costituita da acque di infiltrazione recente; b) falda intermedia, non totalmente separata dalla falda superficiale, alimentata per lo più dalle aree poste a monte della provincia di Cremona, costituita da acque per lo più antiche, la cui infiltrazione risale molti anni; c) falda profonda, totalmente separata dalla falda superficiale, di alimentazione molto lontana e molto antica (decine di migliaia di anni). 2.2.1. Caratteri isotopici della prima falda Complessivamente le acque di prima falda, che si estende generalmente fino a 50-60 m di profondità presentano contenuti in tritio variabili fra 20 e 80 UT,e tenori in C1- superiori al 90%. Le concentrazioni di ammoniaca sono ridotte, in confronto con le falde profonde, e comunque inferiori a 0,3 mg/l. Anche se tale elemento non è stato verificato nei casi presi in esame, è possibile che l’ammoniaca che si rintraccia in prima falda sia di origine antropica, ma è da ritenere che l’infiltrazione dei nitrati che ne sono all’origine non derivi da infiltrazioni nelle adiacenze dei pozzi, che non hanno lamentato problemi batteriologici. I dati idrochimici e isotopici risalgono alla metà degli anni ‘90, ed è quindi possibile un loro cambiamento nelle condizioni attuali. 2.2.2 Falda intermedia Pozzo Formigara 1, profondità 150 m La falda intermedia ha in generale tenori in ammoniaca non molto elevati, e una antichità delle acque piuttosto accentuata. Si ritiene, in base alla ricostruzione della geologia della pianura, che in alcuni casi vi possano essere commistioni con acque di prima falda. In questo pozzo, le cui acque mostrano una concentrazione di NH3 di 0,6 mg/l, il tritio è in tenori molto ridotti (meno di ± UT), e sono modesti anche quelli di C1- (poco meno del 40%), confermando l’antichità delle acque captate dal pozzo, che risalirebbero al Pleistocene. Pozzo Pizzighettone - Ferie (160 m) Il contenuto in tritio di questa falda risulta decisamente ridotto (inferiore a ± UT) al confronto con quello della falda superficiale, mentre il tenore in C1- è discreto (circa 40%), pur mantenendosi largamente inferiore ai valori della prima falda. Si deve quindi ritenere che le acque in oggetto abbiano nel loro complesso età piuttosto antica e che l’alimentazione risalga al tardo Pleistocene. Anche il valore di δ15N è molto ridotto (0,16%); esso si concentra nell’azoto ammoniacale, in quanto anche i nitrati sono pressochè assenti, indicando che la miscelazione con acque di provenienza superficiale è irrilevante agli effetti della contaminazione. 2.2.3 Falda profonda I pozzi che captano da queste falde, che si distinguono per il tenore di ammoniaca particolarmente elevato, hanno una profondità generalmente superiore ai 150 m, e captano acque di infiltrazione ancora più antica di quelle precedentemente descritte, dalle quali sono separate tramite livelli semipermeabili di rilevante spessore. Pozzo di Izano In questo settore le acque, che provengono da 250 m di profondità, presentano un tenore di tritio estremamente ridotto (comunque inferiore a ± UT” e di C1- inferiore al 10%. Analogamente bassi sono i valori di δ15N (meno dello 0,1%). Il C1- mostra un apprezzabile aumento rispetto alle acque precedentemente descritte, indicando chiaramente l’esistenza di processi di decomposizione del materiale organico, probabilmente i medesimi dai quali proviene l’arricchimento in NH³ delle acque sotterranee. Pozzo di Torre de’ Picenardi, profondità 193 m Analogamente al campione descritto in precedenza, quello rappresentativo del pozzo di Torre ha tritio in tenori molto ridotti, che indicano un’origine antica dell’acqua; tuttavia la sia pure modesta percentuale di C1- e il tenore non elevato di 13C possono significare che ci si trova in presenza di un caso di miscelazione con acque di seconda falda, peraltro possibile considerando la non perfetta tenuta dei livelli semipermeabili di separazione in questo settore. In questo caso possono sussistere dubbi, in quanto il basso valore di δ15N riscontrato dalle analisi potrebbe derivare da nitrati sintetici (caratterizzati effettivamente da valori prossimi a zero di questo parametro), l’asssenza di carica batterica e l’ età determinata con 14 C e tritio tendono peraltro a escludere tale interpretazione. Pozzo Rivarolo, profondità 150 m In questo pozzo, che capta le falde profonde dei terreni immediatamente sovrastanti quelli terziari di una dorsale collocata nella zona di confluenza Oglio-Po, osserviamo un elevato tenore di ammoniaca (5 mg/l), alla quale è da attribuire tuttavia un’origine sicuramente naturale. Essa è dimostrata dall’antichità dell’acqua (testimoniata dalla ridottissima entità del tritio e del 14C) e dalla presenza di 13C in tenori molto sensibili, comprovanti una genesi derivante dal degrado di sedimenti organici di parte dei composti del carbonio e dell’azoto presenti nelle acque. Tali conclusioni sono suffragate dai risultati degli studi idrochimici compiuti con i metodi tradizionali. 2.3. Osservazioni conclusive sui risultati del campionamento idrogeochimico e isotopico In sostanza si osserva che alcuni valori della datazione delle acque sotterranee risultano sicuramente probanti: Offanengo (45 m di profondità): 20-25 anni Formigara cava (15 m): 18-23 anni Rivarolo privato (7 m): 12-15 anni. Formigara ± Pizzighettone 4, Izano, Torre Picenardi, Isola Dovarese, Isola Dovarese privato, Rivarolo del Re privato (7 m), Martignana, Cornaleto, Moscona presentano età databili con il 14C superiori ai 100 anni o addirittura ai mille anni. Minori, ma sempre molto elevate, risultano le età di questi pozzi se datate con il tritio. I valori rilevabili dall’ esame del δ15N permettono di osservare che nella massima parte dei casi l’azoto ammoniacale rivela un’origine profonda, mentre quello contenuto nei nitrati risulta di evidente origine antropica. Solamente i pozzi della falda superficiale, che ricadono nel campo caratterizzato da sensibile concentrazione di nitrati, vedono prevalere l’azoto di sintesi; nelle falde intermedie si verifica una presenza saltuaria anche se evidente di azoto di sintesi,derivante quindi da inquinamento, ma predomina l’azoto ammoniacale di origine naturale Tale comportamento conferma quanto indicato dall’idrochimica tradizionale, tramite la quale sono stati precisati i seguenti elementi: a) le acque profonde e intermedie hanno una rilevante maturità testimoniata dall’indice di squilibrio cloroalcalino e dall’incremento del magnesio rispetto al calcio b) l’incremento di ammoniaca pare dipendere da fattori geologici: si riscontra infatti un aumento di questa sostanza quando le unità più antiche (più ricche di sostanze organiche) si avvicinano alla superficie c) il bilancio dell’azoto evidenzia un duplice meccanismo di alimentazione- infiltrazione dalla superficie di nitrati fino al substrato della prima falda; alimentazione in ammoniaca per dissoluzione della sostanza organica naturale nelle falde intermedie e profonde. 3. Influenza della struttura idrogeologica sulla concentrazione dell’ammoniaca Le variazioni dei prelievi possono avere sulle falde semiconfinate e confinate l’effetto di produrre il rilascio delle acque che vi sono contenute. Si osserva nella maggior parte dei casi che il tetto di una falda artesiana non è perfettamente impermeabile, pur essendo costituito da materiali di granulometria fine (ad esempio da limi).Vi è quindi un flusso d’acqua sia pure limitato, dalla falda in pressione, attraverso questo diaframma semipermeabile (aquitard), se il livello della falda libera soprastante è inferiore al livello piezometrico della falda artesiana, e verso il basso in caso contrario. Tale fenomeno è noto con il nome di drenanza. Per determinarne le caratteristiche si utilizzano i seguenti parametri: b’: spessore del diaframma semipermeabile k’: suo coefficiente di permeabilità B: fattore di drenanza, ricavabile dalla relazione: B (T/k’/b’) 1/2 in cui k’/b’ è detto parametro di drenanza. Prendendo in considerazione una falda semiartesiana, sottoposta ad un prelievo costante Q, Walton ha fornito una delle più rapide soluzioni al problema del calcolo della trasmissività e dell’immagazzinamento in questo tipo di acquifero, utilizzando una tecnica molto simile a quella di “sovrapposizione” descritto in precedenza. Ciò avviene mediante l’utilizzo, in luogo della semplice funzione caratteristica di Theis, di una famiglia di curve nelle quali in ordinate sono riportati i valori di W (u, x/B), in ascisse quelli di 1/u; questo rende possibile ricavare dai valori di 1/u; questo rende possibile ricavare dai valori di 1/u quelli di x/B (che si leggono direttamente sulla curva). Per procedere ai calcoli, in base alla curva sperimentale di campagna, bilogaritmica, nella quale gli abbassamenti sono in ordinate e i tempi in ascisse, viene fatto coincidere un tratto il più possibile esteso della curva sperimentale con una delle curve standard. Successivamente, dopo aver scelto un punto del grafico della curva sperimentale, si ricavano le 4 coordinate del punto sui due sistemi di assi di riferimento e si ottiene la trasmissività T utilizzando la relazione di Theis modificata. Metodi analoghi sono presentati da Hantush e altri numerosi Autori. Le curve bilogaritmiche assumono una forma simile a quella delle curve delle falde in pressione, ma mostrano una crescita degli abbassamenti molto ridotta nel tempo. Questi metodi permettono di ottenere anche l’immagazzinamento S, cioè la quantità di acqua che si libera da un prisma dell’aquitard che ha superficie di base pari a un metro quadrato, quando l’altezza piezometrica della falda si riduce di un metro. In tali circostanze, l’aquitard rilascia una quantità d’acqua significativa che si mescola con quella dell’acquifero. 3.1. Problemi derivanti dalle irrigazioni e dalle conseguenti oscillazioni piezometriche della falda Nella Provincia di Cremona, le irrigazioni e gli afflussi dei corsi d’acqua determinano nel corso dell’anno frequenti oscillazioni piezometriche che nell’arco di poche settimane possono essere anche superiori al metro. Quando gli acquiferi e gli aquitard, dopo l’incremento di livello, subiscono gli effetti della depressione piezometrica, viene quindi rilasciata una quantità di acqua che, in base a quanto premesso, è funzione del coefficiente di immagazzinamento. Solitamente, il valore del coefficiente di immagazzinamento degli aquitard supera di almeno un ordine di grandezza quello degli acquiferi in pressione. I valori esistenti nell’area in esame, anche se in numero ridotto, indicano che i coefficienti di immagazzinamento degli acquiferi in pressione sono mediamente prossimi a 0,0001, e degli aquitard variano fra 0,005 e 0,004. Tale elemento, conforta l’ipotesi che una variazione di pressione negli acquiferi, comporti un rilascio di un volume idrico inferiore a quello degli aquitard, fatto che può avere un ruolo importante nel chimismo locale, se la concentrazione di contaminanti presenti negli aquitard è rilevante rispetto a quella degli acquiferi. 3.2. Effetti dell’immagazzinamento negli aquitard Nel corso della ricarica per effetto di una precipitazione o di un aumento delle irrigazioni, una consistente massa di acqua si trasferisce nel primo acquifero, esercitando una pressione maggiore sull’aquitard che ne costituisce la base. La quantità di acqua che entra nll’aquitard e che ne esce, sono fornite dalle seguenti relazioni: q’ = -k dh’/dz’ q” = -k dh”/dz” in cui h’ e h” rispettivamente rappresentano le altezze piezometriche del tetto e della base dell’aquitard, e z rappresenta l’altezza dalla base dell’aquitard alla quale si riferiscono i valori di h. Il volume totale di acqua rilasciata per effetto dell’immagazzinamento per unità orizzontale di superficie è data da : dU = I da z’ = 0 a z = B di S(h’(x,h,z’,t) – h”(x,y,z’,0) dz’ Il valore dell’abbassamento del livello piezometrico (h’-h”) è dato dalla relazione di Carslaw e Jaeger (1959): s/H = Sommatoria da n = 0 a infinito di: erfc [[ (2n+1)B – z’]/2(kt/S) 0,5 – erfc [(2n+1)B + z’]/2(kt/S)0,5] relazione di cui Bedoeft e Pinder (1970) forniscono anche una soluzione grafica. In base ai valori della riduzione di pressione all’interno dell’aquitard, si può ottenre il valore della portata rilasciata al tempo t, che è data dalla relazione : 1/2 = (kH/B(πkt/B q = k ds/dz’ = S)*[ 1+2 Sommatoria da n = 1 a n =infinito di exp (-n 2 /(kt/B 1/2 S ] 3.3 Effetti del rilascio Si è osservato che negli aquitard si ha una concentrazione di ammoniaca mediamente doppia di quella degli acquiferi. Il bilancio di massa del contaminante su una superficie di un Kmq sarebbe rappresentato da una relazione nella quale entrano: portata da monte della falda su una larghezza di 1 km di sezione = Q’ ; concentrazione contaminante nell’acquifero da monte = C’; rilascio di acqua dagli acquiferi su un kmq = S’.106 mq.1 m; concentrazione dell’acqua rilasciata = C’; rilascio dagli aquitard = S”.106.1 m di abbassamento ; concentrazione del rilascio dagli aquitard C”; concentrazione dell’acqua in uscita = c; portata in uscita = Q; volume di acqua presente negli acquiferi V; superficie dell’area considerata A= 106 mq Ipotizzando che non vi sia spostamento orizzontale di masse idriche negli aquitard, che il moto di filtrazione avvenga solamente negli acquiferi, e che il rilascio avvenga in un milione di secondi : c = Somma delle masse entranti / Somma delle portate entranti c = (C’Q’ + C”S”A/t + C’S’A/t)/Q’ + AS’ + AS” Se Q’ = 0,01 mc/s; C’ = 0,5; C” = 0,5 mg/l, c = (0,5mg/l* 0,01mc/s + 1mg/l*0,004 + 0,5mg/l*0,0001)/(0,01+0,004+0,0001) = 0,0095mg/l/0,0141 = 0,673 mg/l che comporta un incremento di 0,173 mg/l. Le oscillazioni piezometriche indotte dalle irrigazioni e dalle precipitazioni, che producono anche escursioni superiori al metro nell’ambito di poche settimane, possono produrre il rilascio di quantitativi di ammoniaca significativi, che aumentano con l’aumentare dello spessore degli aquitard. E’ attualmente in corso una ricerca volta a determinare l’effettiva validità dello schema proposto, che per il momento risulta confermato dalle prime rilevazioni. Si vuole anche controllare l’applicabilità dello schema proposto anche ad altri inquinanti immagazzinati negli aquitard per effetto dell’apporto di varie fonti, fra le quali anche quella delle acque superficiali. 4. Conclusioni La ricerca sulle cause della presenza di ammoniaca nelle falde della Provincia di Cremona iniziata nel 1992, porta a dimostrarne il collegamento con la presenza di sedimenti torbosi nei livelli di argille e limi che sono presenti prevalentemente a rilevanti profondità. La contaminazione risulta quindi avere un’origine naturale, come indica il fatto che le concentrazioni aumentano da monte a valle, scendendo verso il F. Po. Lo studio ha voluto esaminare le modalità con le quali l’inquinamento può ricevere impulso dalle rilevanti oscillazioni della superficie piezometrica, che possono favorire il rilascio delle sostanze indesiderate da parte degli aquitard verso le falde semiconfinate. Le ricerca è attualmente in corso, sia per valutare sulla base di un numero di analisi maggiore di quelle finora eseguite , sia per approfondire i legami fra la qualità e il regime delle acque di superficie e di quelle profonde. 5. Riferimenti bibliografici Bassi G., 1981, Le acque di superficie del territorio cremasco, Coop. di Lavoro, Crema. Beretta G.P. et al., 1992, Le acque sotterranee della Provincia di Cremona, Pitagora, Bologna. Francani V. et al., 1994, Aspetti idrogeologici del problema della presenza di azoto ammoniacale nelle acque sotterranee della Provincia di Cremona, Pitagora, Bologna. Kinzelbach W., 1986 Groundwater modelling, Elsevier, Paris. Romita L. et al., 1972, Lo stato delle irrigazioni in Lombardia, La Bonifica, Roma. Tagliavini S. et al., 1989, Carta della vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento. Conoide del F. Enza, Prov. Reggio Emilia e Parma. Zuppi G.M. e Bortolami G., 1977, “Utilizzazione degli isotopi ambientali in idrogeologia”, Boll. Ass. Min. Subalpina, n.3-4, Torino.