Alla ricerca delle origini, prima parte Ma davvero

Transcript

Alla ricerca delle origini, prima parte Ma davvero
Di Fabio Calabrese
Io non mi ritengo uno scientista né un anti-scientista. Il fatto è che su
quell’insieme di nozioni, teorie, ipotesi che conosciamo come “scienza” non si può
esprimere un’opinione positiva o negativa in blocco.
Il metodo galileiano consistente nell’indagare i fatti attraverso l’osservazione e
l’esperimento, ed elaborare in base ad essi le teorie da modificare quando emergono
nuovi fatti, è probabilmente il modo migliore per conoscere qualcosa della realtà, ma
il fatto è che spesso e volentieri “la scienza” non si attiene affatto ad esso.
Soprattutto quando si tratta delle scienze dell’uomo, la ricerca DEVE approdare alle
conclusioni precostituite ispirate dai dogmi democratici, che le razze non esistono,
che gli uomini sono tutti uguali, che se è possibile constatare qualche differenza,
essa è interamente riconducibile alla società e all’ambiente.
La questione delle origini, chiamiamola così, si suddivide in vari livelli: l’origine
della civiltà, quella dei popoli indoeuropei, prima ancora e più in generale quella
della nostra specie. Non si tratta, è bene ribadirlo una volta di più, di una questione
meramente accademica: l’azione degli uomini dipende dall’idea che si fanno di loro
stessi, e la percezione o la non percezione del proprio passato è una parte importante
di ciò. Secondo la versione comunemente accettata, quella che fa testo sui media e
sui libri di testo, la civiltà umana avrebbe origine in Medio Oriente, fra Egitto e
Mesopotamia, mediorientale sarebbe anche l’origine dei popoli indoeuropei che si
pretende siano stati agricoltori spintisi dalla Mezzaluna Fertile attraverso l’Anatolia
e i Balcani alla ricerca di nuove terre, mentre le origini della nostra specie
andrebbero ricercate in Africa. In ogni caso, si vede bene che l’Europa ci viene
presentata come un’appendice periferica e tardiva. Stranamente, tutte queste ipotesi
sembrano calcolate in modo da non alimentare ma semmai deprimere l’orgoglio degli
Europei per le proprie origini, e dare l’idea che se i popoli e le culture europei
sparissero, come minaccia oggi di avvenire con l’immigrazione e il meticciato, non è
che l’umanità perderebbe granché.
Si tratta di idee, ovviamente, troppo funzionali al progetto di dominazione
mondialista per non essere del tutto false, e ci consentono di vedere come meglio
non si potrebbe, quanto facilmente la scienza possa essere facilmente manipolata in
base a esigenze ideologiche e nel totale disprezzo dei fatti.
All’origine della civiltà, a mostrare i fatti che rendono insostenibile l’idea della
“luce da oriente”, ho dedicato gli otto articoli che compongono il saggio “Ex oriente
lux, ma sarà poi vero?”, più un nono, “Lo spirito dell’Europa” che affronta gli aspetti
spirituali ed etici della civiltà sorta sul nostro continente. All’origine degli
indoeuropei i tre articoli omonimi. Se esistono numerosi indizi, la cui esposizione mi
ha richiesto lo spazio di otto articoli, del fatto che l’origine della civiltà è da
ricercarsi in Europa e non in Medio Oriente, per quanto riguarda l’origine degli
indoeuropei, la sentenza è ancora più netta: se andasse cercata nella Mezzaluna
Fabio Calabrese
http://www.ereticamente.net/2014/02/alla-ricerca-delle-origini-prima-parte-ma-davvero-veniamo-dallafrica.html
Fertile, noi troveremmo oggi in Europa una forte presenza di geni mediorientali, ma
questo non si dà. Come ha chiarito uno studio sul DNA degli europei antichi e
moderni pubblicato su “Archaeology”, pubblicazione dell’Archaeological Institute di
Boston del 3 gennaio 2014, gli Europei di oggi discendono sostanzialmente dai
cacciatori che popolavano il nostro continente in età paleolitica, il tipo chiamato
“eurasiatico settentrionale”.
Ora proveremo invece ad esaminare lo strato di base della questione. E’ davvero
in Africa che vanno ricercate lo origini della nostra specie?
Bisogna capire che la questione ha due aspetti che non vanno assolutamente
confusi: un conto è il distacco di un un ramo ominide da un ceppo di antropoidi
scimmieschi avvenuto milioni di anni fa, un altro è il formarsi del lignaggio
specificamente umano, la nostra specie “homo sapiens”. Il primo è avvenuto
certamente in Africa, il ritrovamento della famosa Lucy e degli altri fossili
appartenenti al genere australopithecus non lasciano dubbi in proposito, ma in realtà
non significano molto, siamo ancora molto al di fuori dell’orizzonte umano.
Altra cosa è la comparsa della nostra specie che l’ortodossia scientifica
dominante ci dice essere anch’essa avvenuta in Africa fra 100.000 e 50.000 anni fa.
Stranamente, del secondo evento, sia pure molto più recente, ci sono molte meno
testimonianze che del primo.
Curiosamente, questa ipotesi (non so se la si possa chiamare teoria) dell’origine
africana, che è stata chiamata OOA (“Out Of Africa”, fuori dall’Africa), sembra
proprio una perorazione a favore dell’accettazione degli immigrati africani che i
nostri antenati europei avrebbero solo preceduto di qualche migliaio di anni o, per
quanto riguarda gli Stati Uniti, dell’accettazione dell’escalation degli afro-americani
oggi giunti, come sappiamo, alla presidenza.
Qui è forse il caso di introdurre un discorso la cui accettazione, me ne rendo
conto, sarà difficile per coloro che sono affetti da un eccesso di razionalismo. Quando
noi parliamo di mito, parliamo di qualcosa che non è sinonimo di leggenda o fiaba, e
che non è disgiunto da un valore euristico. Basti pensare per tutti all’uso del mito in
Platone.
Il mito, potremmo dire, è una sorta di materializzazione dell’istinto ancestrale dei
popoli, e quando i dati su cui basare una decisione in termini esclusivamente
razionali non sono sufficienti, o non sono sufficientemente chiari, molte esperienze
della vita lo dimostrano, è bene fidarsi dell’istinto.
I miti delle origini di tutte le culture europee, e non poche extraeuropee (si pensi
ad esempio ai Veda) indicano come ancestrale terra delle origini una direzione
opposta all’Africa, il nord, l’alto nord, all’ipotesi africana si contrappone il mito
iperboreo.
Noi cercheremo di vedere per prima cosa quale solidità abbia l’ipotesi africana da
un punto di vista scientifico (il noi, lo sottolineo, non è un plurale maiestatis, ma
vuole evidenziare il carattere di una ricerca condotta insieme), poi passeremo ad
esaminare le alternative che sono presenti sul tavolo, e alla fine magari finiremo per
scoprire che fra le varie possibilità, la prospettiva iperborea suggeritaci dal mito,
Fabio Calabrese
http://www.ereticamente.net/2014/02/alla-ricerca-delle-origini-prima-parte-ma-davvero-veniamo-dallafrica.html
dalle tradizioni intese realmente come istinto dei popoli, intuizione riguardo a loro
stessi, e i dati suggeriti dalla scienza una volta sfrondata dai paraocchi ideologici
“politicamente corretti”, sono assai più vicini di quel che avremmo potuto
immaginare in un primo momento.
Molti dubbi sull’OOA, sull’ipotesi africana si possono avanzare anche da un punto
di vista strettamente scientifico. Nell’orizzonte temporale dei centomila anni fa, tutto
il mondo a eccezione delle Americhe era abitato da diverse popolazioni definite dai
paleoantropologi pre-sapiens, ma già chiaramente umane. Se, come pretende
l’ipotesi africana, tutti noi discenderemmo da una sola di esse di origine africana,
tutte le altre che fine hanno fatto? Escludendo che, a differenza di quello che stiamo
facendo oggi noi con quest’ultima immigrazione africana (presumibilmente a quei
tempi non c’era la democrazia a rincoglionirli), abbiano deciso graziosamente di
estinguersi motu proprio per lasciare il posto ai nuovi venuti, le possibilità non sono
molte. Il rado popolamento consentito da un’economia di caccia e raccolta com’era
quella del paleolitico, ad esempio permette di escludere un’epidemia su larga scala.
Allora non restano che due possibilità, o queste popolazioni pre-sapiens si sono
fuse con i nuovi venuti, e tutti noi avremmo nella nostra eredità genetica
un’importante componente non africana, cioè proprio quel che l’OOA vorrebbe
escludere, oppure i sapiens venuti dall’Africa erano dei feroci assassini che hanno
sistematicamente sterminato le altre popolazioni. Quest’ultima ipotesi in termini
rigorosamente scientifici non si può escludere, e avrebbe il vantaggio di spiegare
certi comportamenti che vediamo fra gli immigrati di oggi: un Kabobo sarebbe
semplicemente un atavismo, ma sicuramente non fa fare una bella figura a un’ipotesi
che al di là e prima della spiegazione dei dati scientifici, voleva essere una
perorazione a favore dell’apertura e dell’accettazione dei nuovi venuti che oggi
impestano il nostro continente.
Come salvare capra e cavoli? Qualcuno a un certo punto ha avuto una genialata.
Poco prima della presunta espansione planetaria del sapiens africano, una catastrofe
mondiale avrebbe distrutto quasi tutta l’umanità allora esistente, lasciandolo unico
superstite e libero da concorrenti. La prova di ciò si troverebbe in quello che è stato
chiamato il collo di bottiglia genetico della nostra specie. Questa storia del collo di
bottiglia è di un’amenità assoluta: a dispetto delle evidenti differenze che esistono
come aspetto esteriore e come comportamenti fra gli esseri umani, si è preteso che
la nostra specie sia geneticamente pochissimo differenziata, e o sarebbe perché
attorno ai 50-70.000 anni fa un’immane catastrofe avrebbe cancellato quasi tutta
l’umanità allora esistente tranne un pugno di superstiti da cui tutti noi
discenderemmo.
Questa idea dell’uniformità genetica nasce dalla presunta mappatura del DNA
umano condotta nel 2001 dal ricercatore Craig Venter. Venter ha sostenuto di aver
mappato il DNA di centinaia di persone provenienti da ogni angolo del nostro pianeta
e appartenenti alle popolazioni più diverse, scoprendo che le differenze genetiche fra
tutti i miliardi di esseri umani che attualmente esistono sarebbero minime, inferiori a
quelle che esistono all’interno di una tribù di antropoidi composta da una ventina di
individui strettamente imparentati: troppo bello, troppo conforme ai dogmi e ai
pregiudizi democratici: le razze non esistono e tutti gli uomini sono fratelli!
La presunta ricerca di Venter è stata accettata senza ulteriori verifiche, fino a
quando una decina di anni dopo le inevitabili contraddizioni sono saltate fuori in
maniera vistosa, ed è stato costretto a confessare: si trattava di una bufala: Venter
non aveva mai mappato altro DNA all’infuori del proprio: ovvio che somigliasse a se
Fabio Calabrese
http://www.ereticamente.net/2014/02/alla-ricerca-delle-origini-prima-parte-ma-davvero-veniamo-dallafrica.html
stesso più di quanto si somigliano una ventina di parenti stretti! Una vicenda
esemplare che ci fa capire quanto siano facili le truffe nell’ambito scientifico:
soprattutto se vengono a coincidere cosi desiderata dell’ideologia democratica, un
ciarlatano che si spaccia per ricercatore ha altissime probabilità che le sue
“scoperte” non siano sottoposte a verifica.
Ma quale sarebbe stata la catastrofe che 50-70.000 anni fa avrebbe portato
l’umanità sull’orlo dell’estinzione? Anche riguardo a questo aspetto, la vicenda ha
assunto coloriture grottesche. Essa sarebbe stata individuata nell’eruzione avvenuta
all’epoca del vulcano Toba in Indonesia: si sarebbe trattato di una super-eruzione che
avrebbe prodotto effetti di dimensione planetaria, simili a quelli di un inverno
nucleare. A colpo d’occhio si capisce quanto un’ipotesi di questo genere sia poco
verosimile: davvero si può pensare a un’ecatombe mondiale che abbia colpito
selettivamente una sola specie, la nostra, senza lasciare segni visibili di alcun tipo sul
resto della fauna e della flora? Non è un po’ troppo sdrucciolevole lo specchio su cui
si sta cercando di arrampicarsi?
IL DIAVOLO FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI. Non molti anni fa, nell’isola
di Flores, sempre in Indonesia, sono stati scoperti i resti di un piccolo uomo che è
stato chiamato “hobbit” come i personaggi del “Signore degli anelli”. Non si trattava
di un nostro antenato, e neppure di un nostro parente stretto, era, a quanto pare,
una forma di homo erectus nana per adattamento alle condizioni insulari. Flores fa
parte dell’arcipelago indonesiano, esattamente come Sumatra dove si trova il
vulcano Toba, un’inezia come distanza su scala planetaria. Se veramente l’eruzione
di quest’ultimo fosse stata l’apocalisse globale ipotizzata dai sostenitori dell’OOA,
sarebbero dovuti essere spazzati via, invece hanno continuato a vivere
tranquillamente nella loro isola fino a 15.000 anni fa, vale a dire 55-35.000 anni dopo
l’eruzione del Toba. I piccoli hobbit di Flores hanno un grande merito, quello di aver
dato lo scrollone definitivo che mette a terra l’ipotesi africana.
O meglio, così sarebbe se l’ortodossia “scientifica” dominante fosse davvero
ispirata a criteri di obiettività, di analisi imparziale dei dati invece che di predicozzo
ideologico, di mistificazione democratica e “politicamente corretta”. Invece possiamo
essere sicuri che l’OOA continuerà a rimanere in circolazione assieme alla leggenda
dell’origine mediorientale della civiltà umana e alla bufala “nostratica” degli
indoeuropei pacifici agricoltori anch’essi di origine mediorientale.
Noi tuttavia continueremo la nostra indagine, e vedremo quali ipotesi si possono
formulare sull’origine della nostra specie, sulla base delle evidenze fornite dai fossili
e dall’analisi del DNA, dopo aver respinto quella africana nel dominio delle chimere e
delle illusioni “politicamente corrette” che le compete. Vedremo prossimamente cosa
offre di alternativo la ricerca scientifica, e se dopotutto la sua strada non finisce con
l’incontrarsi proprio con ciò che miti e tradizioni ci hanno sempre raccontato su noi
stessi e le nostre origini.
Fabio Calabrese
http://www.ereticamente.net/2014/02/alla-ricerca-delle-origini-prima-parte-ma-davvero-veniamo-dallafrica.html