Requiem per una Corte

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Requiem per una Corte
Osservatorio Balcani e Caucaso
Requiem per una Corte
Christophe Solioz , Srđa Pavlović
11 marzo 2013
Cos'è più importante? Amministrare la
giustizia o ottenere un qualche tipo di
pace? Il Tribunale dell'Aja ha scritto la
storia della dissoluzione della
Jugoslavia attraverso la lottizzazione,
politicamente motivata, delle
responsabilità tra gli ex belligeranti.
Questa nuova narrazione storica avrà
conseguenze negative di vasta portata.
Un commento
(Questo testo è stato originariamente
pubblicato su OpenDemocracy.net il 5
marzo 2013)
Shutterstock.com
Nel 2011 il Tribunale Penale
Internazionale per l'ex Jugoslavia dell'Aja (ICTY) ha condannato l'ex Capo di Stato
Maggiore dell'esercito jugoslavo, il generale Momčilo Perišić, per favoreggiamento in
crimini di guerra in Croazia e Bosnia-Erzegovina, a scontare 27 anni di carcere. Il 28
febbraio 2013 la Corte d'Appello dell'ICTY lo ha prosciolto da ogni accusa. La
decisione della corte è l'ultima di una serie di sentenze molto controverse del corpo
giuridico internazionale.
È ora di chiusura all'Aja e le potenze che stanno dietro all'autorità giudiziaria hanno
deciso di perdonare, dimenticare e chiudere gli archivi della Corte sulle guerre nell'ex
Jugoslavia. La comunità internazionale e il Tribunale sono stanchi di fare i conti con i
fantasmi del crollo jugoslavo e desiderano allontanarsi da questa famiglia divisa il più
presto possibile.
Ogni parte in guerra ha ricevuto i regali di addio del
Il dibattito
ICTY. Questi includono i verdetti sulla Operazione
Tempesta croata, e la mancanza di colpevolezza della
OBC, ha dedicato un dibattito on-line al
Serbia nel genocidio di Srebrenica, ma anche le
tema riconciliazione e Tribunale
assoluzioni dell'ex ufficiale dell'esercito bosniaco,
dell'Aja. Sono intervenuti numerosi
esperti in materia e lettori di
Naser Orić e dei generali croati Gotovina e Markač,
Osservatorio. Per saperne di più
così come dell'ex-primo Ministro del Kosovo Ramush
Haradinaj. Bisogna sperare che l'ultimo rovesciamento
della sentenza su Perišić fosse l'ultimo regalo rimasto
nel cestino, prima che il negozio all'Aja chiuda i battenti per sempre.
Nonostante le polemiche che circondano il lavoro svolto dall'ICTY, bisogna riconoscere
che sono emersi anche aspetti positivi, nel corso degli ultimi venti anni. Il più
evidente è l'accumulo di prove sul genocidio e i crimini di guerra commessi, e i
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processi fatti ad alcuni dei responsabili. Il corpo di dati disponibili negli archivi del
Tribunale è un deposito significativo di informazioni cruciali per i ricercatori che
desiderino comprendere appieno la complessità delle guerre jugoslave. Inoltre l'ICTY
ha creato un precedente, portando in tribunale il presidente di un paese. Al di fuori
della Corte, esperti di diritto hanno lavorato sulla modernizzazione e il potenziamento
delle infrastrutture legali negli stati nati dallo scioglimento della Jugoslavia, ed hanno
anche aiutato a creare nuove entità giuridiche per affrontare questioni legate alla
guerra a livello locale.
È altrettanto importante sottolineare però che le molte decisioni adottate dalla Corte
d'Appello gettano un'ombra sul mandato esplicito di questa Corte. L'assoluzione del
generale Momčilo Perišić allunga quest'ombra e dà nuova linfa al vecchio argomento
dei nazionalisti che vede l'ICTY come un tribunale politico. Anche se la natura politica
dell'ICTY non differisce molto da quella dei precedenti organismi legali internazionali
che si occupavano di crimini di guerra e genocidio, la liberazione di Perišić ha messo
in luce una serie di carenze strutturali della corte, evidenziando la miopia politica che
le ha prodotte.
Dalla sua nascita, l'ICTY ha favorito speranze non realistiche delle comunità locali: che
la loro sofferenza individuale e collettiva sarebbe stata pienamente riconosciuta e
affrontata con una condanna diretta ai responsabili e a coloro che progettarono le
politiche che hanno portato ai crimini di guerra. Inoltre, l'ICTY è stato dipinto come
l'istituzione che avrebbe potuto e dovuto dispensare la giustizia assoluta contro tutti
coloro che avevano fatto del male.
L'ICTY ha fallito su entrambi i fronti, perché il suo lavoro è stato principalmente
guidato da considerazioni politiche e dalla logica del compromesso. Tali considerazioni
hanno spesso causato forti divergenze tra pubblico ministero e giudici, su quale fosse
la via più efficace e desiderabile di avanzamento nel realizzare la giustizia. Questa
serie di assoluzioni problematiche non solo ha eroso lo strato sempre più sottile di
fiducia nell'imparzialità della giustizia internazionale, ma ha reso doppiamente vittime
coloro che sono sopravvissuti alla pulizia etnica dell'Operazione Tempesta, al
genocidio di Srebrenica, al bombardamento di Zara e Mostar, o a molti altri campi di
sterminio in Bosnia e Croazia. Si sono sentiti abbandonati anche dal diritto
internazionale.
Per essere onesti nei confronti dell'ICTY, tuttavia, si dovrebbe sottolineare che le
vittime non sono state trattate molto meglio nei loro rispettivi stati. I governi
nazionali in Croazia, Serbia e Bosnia Erzegovina hanno dimostrato anch'essi disprezzo
notevole per le esigenze dei propri veterani di guerra, rifugiati e sfollati. Mentre hanno
stanziato fondi significativi per il sostegno e la difesa dei loro ex funzionari e per gli
ufficiali sotto processo all'Aja, questi governi hanno fatto ben poco per alleviare le
sofferenze di migliaia di cittadini le cui vite sono state alterate per sempre dalla
guerra.
Nel corso degli ultimi due decenni i diplomatici occidentali hanno combattuto con il
problema di come porre fine al conflitto jugoslavo nel dilemma se fosse più
importante amministrare la giustizia o ottenere un qualche tipo di pace. La politica di
pacificazione e le proiezioni dei futuri processi integrativi della regione hanno guidato
le azioni della Corte. Era anche importante dimostrare l'imparzialità e l'assenza di una
specifica polarizzazione nazionale dell'ICTY. Questo è stato ottenuto assolvendo
ufficiali sia croati che serbi, in sentenze molto controverse. La speranza era che tali
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azioni giudiziarie favorissero la pace e prevenissero rappresaglie future.
Inesorabilmente, questa logica profondamente sbagliata di costruzione della pace ha
vinto sulla speranza di ottenere giustizia per le vittime.
Lungo il percorso la comunità internazionale si è compromessa con le locali élite
politiche nazionali e si è adattata alle loro esigenze, al fine di garantire il loro
adeguarsi agli organismi internazionali giuridici come l'ICTY e la Corte Internazionale
di Giustizia. Le decisioni degli organi giuridici internazionali di non utilizzare le
registrazioni delle riunioni del Consiglio supremo di difesa, nel caso "Bosnia
Erzegovina contro Serbia", e di rigettare l'infame "Memorandum Brioni" nel caso
dell'Operazione Tempesta, sono esempi sorprendenti di tale compromesso.
In questo modo la corte internazionale ha rafforzato le rivendicazioni delle élite
nazionaliste nelle repubbliche ex jugoslave sulla natura difensiva delle loro guerre,
mentre ha contribuito a rappresentare “l'altro” come un aggressore. Ha inoltre reso
difficile, se non impossibile, per i giudici nazionali affrontare casi di crimini di guerra in
futuro. Dopo che l'ICTY ha assolto gli ex funzionari e ufficiali kosovari, croati, bosniaci
e serbi, è difficile immaginare un tribunale in uno di questi stati che possa procedere
con eventuali futuri casi, in quanto tali sentenze di proscioglimento saranno prese
come una conferma di innocenza assoluta.
Queste decisioni dell'ICTY avranno conseguenze negative di vasta portata. La Corte
ha scritto la storia della dissoluzione della Jugoslavia non seguendo le tracce di
elementi di prova, ma guidata dalla lottizzazione, politicamente motivata, delle
responsabilità tra gli ex belligeranti. Questa nuova narrazione storica riflette un
compromesso tra la comunità internazionale e le élite nazionali della ex Jugoslavia. È
il compromesso sul minimo grado di verità necessario affinché tutti siano in grado di
conviverci. L'ICTY, in tal modo, ha contribuito a creare una storia della guerra
jugoslava in cui la maggior parte delle vittime sono morte per colpa di proiettili
vaganti o per mano di gruppi paramilitari guidati da psicopatici e assassini di massa,
non affiliati a nessuno Stato o esercito.
Le sentenze giudiziarie avranno anche un forte impatto sullo sviluppo delle
meta-narrazioni di base sul passato recente fra le diverse comunità nazionali nella ex
Jugoslavia. Queste saranno, senza dubbio, narrazioni di vittimismo, in cui “l'altro” è il
colpevole assoluto, mentre la comunità in questione non ha sentito alcun male, visto
alcun male, e non ha fatto alcun male.
Grazie alla miopia politica della comunità internazionale e alla sua impazienza
nell'affrontare le complesse problematiche delle guerre jugoslave, l'ICTY, a fine
giornata, ha prodotto eroi e criminali di varie comunità nazionali negli Stati eredi della
Jugoslavia. Questi popoleranno nuove storie nazionali e le loro biografie diventeranno
elementi essenziali nei programmi scolastici. Questa è una ricetta per conservare
l'odio e la riproduzione di un desiderio di vendetta, piuttosto che per invitare le parti
interessate ad un dialogo che potrebbe portare alla riconciliazione.
URL
www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Requiem-per-una-Corte-131852
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