La Lega dello SPI-CGIL oggi di Maria Paola Del Rossi

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La Lega dello SPI-CGIL oggi di Maria Paola Del Rossi
La Lega dello SPI-CGIL oggi
di Maria Paola Del Rossi
Sul finire degli anni Ottanta, nel quadro dei profondi cambiamenti politici, sociali ed economici seguiti alla caduta del muro di
Berlino, la CGIL avviò una fase di rinnovamento delle proprie politiche, sia sul piano rivendicativo che organizzativo. Da un lato, infatti, i gruppi dirigenti decisero di elaborare un nuovo programma che
avesse al centro il tema fondamentale della tutela e della promozione dei diritti; da un altro lato, la fine delle tre componenti storiche
della CGIL (comunista, socialista e terza componente) ridisegnò la
geografia organizzativa del sindacato.
Anche lo SPI-CGIL dette un notevole contributo, in termini qualitativamente nuovi, a tale trasformazione. Innanzitutto, attraverso
la stesura nel 1990 di una «Carta dei diritti dei cittadini anziani»
come parte fondamentale del nuovo programma rivendicativo del
sindacato pensionati. In secondo luogo, attraverso il riconoscimento, avvenuto durante il XIV Congresso nazionale di Pesaro (1991),
della Lega quale struttura territoriale di base dello SPI. In questo
modo, e parallelamente ad un processo istituzionale di decentramento dei poteri dal centro verso la periferia, lo SPI poneva le basi
per l’affermazione della sua centralità nella politica italiana negli
anni Novanta. In particolare il sindacato dei pensionati, cogliendo
l’importanza del decentramento amministrativo e delle ricadute
sulle politiche di welfare territoriale, aprirà, contemporaneamente
ad un processo di adeguamento sin dalla legge 142/90 e poi con la
«Bassanini», una riflessione su queste tematiche che porterà alla costituzione di un osservatorio sul bilancio degli enti locali, alla costruzione di un nuovo modello di welfare equo e solidale e a forti investimenti sulla formazione.
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Poiché, infatti, la storia dello SPI si intreccia con la storia dello
stato sociale in Italia, la ricerca prenderà le mosse dall’analisi del
rapporto tra sindacato e welfare e proverà a indagare il ruolo peculiare svolto dalla Lega all’interno di tale relazione. Ciò è ancor più
vero se si considera il passaggio critico degli anni ’80 e ’90 in cui il
sindacato dei pensionati e la Confederazione ritrovano, di fronte agli
scenari interni e internazionali di messa in discussione delle conquiste sociali dei lavoratori, una convergente sintonia progettuale, a
partire dall’analisi della riforma dello stato sociale, condotta sul finire degli anni Ottanta lungo le linee dell’acquisizione dei diritti di
cittadinanza, sino all’introduzione della categoria concettuale, e per
alcuni versi etica, della cittadinanza attiva.
Allo stesso tempo un altro elemento caratterizzante il profilo dello
SPI, fondamentale nel rintracciare la sua matrice storico-politica, è
il costante rifiuto della frammentazione, del corporativismo di mestiere, di categoria e di territorio.
Il momento di rinnovamento dello SPI si innesta nel cuore della
strategia di riforme delineata nel 1989 alla Conferenza programmatica della CGIL a Chianciano. L’evoluzione delle politiche organizzative, viste nel loro complesso, hanno avuto per priorità il rafforzamento, l’allargamento, la riconquista della rappresentanza confederale (e quindi anche dello SPI) a livello di territorio.
Il «Progetto Lega» nasce, infatti, all’interno del vasto programma
di riforme che ha visto porre l’attenzione da parte del sindacato al
rafforzamento delle strutture territoriali come risposta al marcato
processo di decentramento amministrativo e di revisione in senso
federale della forma dello Stato avviato negli anni Novanta e, allo
stesso tempo, dalla chiara analisi e riflessione effettuata a livello
sindacale sulle ragioni politico-sociali dei primi fenomeni di desindacalizzazione.
Il processo di riforma della struttura della Lega, sia sul piano delle
riforme sociali, che dell’organizzazione, avviato sin da 1989 nel Consiglio generale dello SPI di Vico Equense, prosegue con la definizione, nel XIV Congresso di Pesaro nel 1991, della Lega quale «struttura territoriale di base dello SPI» (art. 17 Statuto confederale).
La scelta della Lega quale «struttura di base della autorganizzazione e della vertenzialità territoriale», grazie alla sua articolazione
capillare nel territorio, viene riaffermata in occasione del XV Congresso di Fiuggi (11-14 giugno 1996), parallelamente alla necessità
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di una «riqualificazione» delle sue funzioni, lavoro e gruppi dirigenti.
Tale esigenza si lega all’espansione e qualificazione dell’attività dell’azione sindacale sia nel campo tradizionale della tutela, individuale
e collettiva, che in quello dell’organizzazione, dei servizi, del tesseramento e della politica in materia di informazione e comunicazione.
Nell’evoluzione delle politiche organizzative la Lega, individuata
come motore primo di azione politica e organizzativa e, soprattutto,
come strumento di partecipazione democratica di iscritti, di pensionati e pensionate, alla vita del sindacato, sarà al centro di una lunga
e spesso travagliata discussione, che ha nel contempo visto crescere
e qualificarsi sul terreno sindacale migliaia di Leghe e quadri dirigenti di base (anche se con modelli e con esperienze assai differenziati così come emerge dalla ricerca effettuata dallo SPI-CGIL e presentata nel meeting nazionale di Perugia il 17-18 giugno 2003).
Tale dibattito troverà un approdo significativo nei lavori dell’Assemblea nazionale dei quadri e delegati dello SPI (Perugia, 28 febbraio - 2 marzo 2001), in cui nel tracciare il bilancio della stagione
contrattuale e nel riflettere sulle prospettive dell’attività sindacale,
il documento conclusivo, approvato all’unanimità e consegnato al
dibattito dei lavori preparatori del XVI Congresso della CGIL, dichiara:
L’Assemblea ribadisce l’esigenza di creare le condizioni affinché uomini e
donne, pensionati e anziani, vivano attivamente la vita del sindacato,
partecipino all’attività negoziale a tutti i livelli e a tutte le forme associative di volontariato, a partire dall’AUSER, che valorizzino il loro protagonismo e il sentimento di appartenenza alla CGIL. La lega vede, in tale
quadro, accresciuti i suoi compiti di rappresentanza collettiva, di contrattazione sociale, di tutela individuale, di attivazione della cittadinanza.
Tali compiti presuppongono leghe strutturate in modo adeguato, destinatarie di risorse umane e finanziarie e di formazione-informazione, detentrici di competenze, di funzioni e ruoli definiti. L’assemblea condivide
la scelta del Comitato direttivo nazionale dello SPI di finalizzare tutte le
risorse disponibili su tre progetti: l’informatizzazione delle leghe, la sperimentazione di leghe mobili, il rafforzamento del legame associativo.
L’Assemblea ritiene inoltre urgente una più puntuale definizione statutaria
della lega e a tale proposito invita il Comitato direttivo nazionale a completare, in tempi rapidi, il lavoro avviato, su suo mandato, dalla Commissione organizzativa del Direttivo stesso, da consegnare al dibattito congressuale, con l’obiettivo di rafforzare le certezza e gli ambiti di competenza
delle leghe, garantendo nel contempo le specialità territoriali.
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Un nuovo momento di riflessione sulla Lega e la sua struttura
prende avvio nell’assemblea delle Leghe svoltasi a Bellaria e poi ripresa ed ampliata nel «Documento della Commissione organizzazione del Comitato Direttivo nazionale SPI-CGIL nazionale» (26 settembre 2005). Nel Documento si pone l’accento sulla necessità e
funzionalità di una «lega flessibile nella sua articolazione territoriale
e nelle sue modalità di azione politica, capace di tenere insieme la
tutela individuale e la contrattazione collettiva», ma al contempo si
sottolinea l’esigenza di potenziare e sostenere «politiche di progetto» mirate verso realtà territoriali di maggiori potenzialità e problematicità sociali. Per cui partendo dalla premessa che «appare assolutamente inutile ricercare modelli organizzativi infallibili quando
si pensa, ad esempio, all’ambito ottimale territoriale per la lega»,
viene ribadito come occorra «sancire una sperimentazione politica
che, così come definita a Bellaria, allarghi la base e l’identità delle
leghe attraverso i coordinamenti per aggregare gli iscritti sulla base
di esperienze lavorative comuni. […] Le leghe […] possono così
realizzare un ulteriore processo evolutivo verso una più ampia rappresentanza confederale, modulando la loro dinamica interna anche sulla base di ulteriori forme di aggregazioni tematiche capaci di
esaltare il carattere e la natura di struttura di base del sindacato generale delle persone anziane e pensionate». Parallelamente viene
fatta la scelta di estendere anche alle Leghe l’esperienza del Coordinamento donne.
Nel Documento per il XVII Congresso SPI-CGIL (26 settembre
2005), in cui si ritessono le fila dopo quindici anni dall’avvio del
«Progetto Lega», vengono posti in evidenza i frutti di questo lavoro
riproponendoli in forma progettuale e programmatica. Viene, infatti, riconosciuto alle Leghe il merito di espandere e qualificare la
contrattazione sociale nel territorio e la capacità acquisita dal sindacato attraverso le Leghe di decentrarsi e collegarsi con la rappresentanza sindacale nella tutela individuale dei diritti sociali, sanitari,
previdenziali e fiscali. L’esperienza della Lega diviene quindi un
modello da cui ripartire per decentrare ulteriormente la presenza
del sindacato nel territorio, estendere le attività formative, migliorare le attività di informazione e di tutela ed accrescere l’efficacia
della contrattazione sociale.
La rappresentanza delle Leghe si basa sulla diversità dei modelli
territoriali, che si sviluppano adattandosi al diverso contesto geo106
grafico e alle differenti culture politiche e organizzative; questa «diversità» rappresenta il valore politico del modello.
Il riemergere della Lega come modello all’inizio degli anni Novanta è, infatti, strettamente connesso al tema della crisi della rappresentatività che matura nella CGIL in questa fase ed è ancora più
evidente se si segue il filo rosso della contrattazione.
Il territorio viene individuato come il momento di aggregazione
del processo di frammentazione in atto in una fase in cui la Lega
rappresenta uno strumento inedito rispetto al modello precedente e
può rappresentare la base di costruzione del sindacalismo unitario e
un elemento di diversificazione ed esplicitazione delle contraddizioni
confrontandosi con i problemi della complessità organizzativa della
CGIL. Come ha sottolineato Cazzato, segretario nazionale dello
SPI-CGIL, «queste ‘creature’ crescono fino a diventare una robusta
spina dorsale per tutta la Confederazione capaci di produrre, allo
stesso tempo, nuova militanza, tutela, insediamento territoriale e
rappresentanza».
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