Novità Librarie lunedì 6 maggio 2013

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Novità Librarie lunedì 6 maggio 2013
Biblioteca Comunale
P. P. Pasolini
Novità Librarie
lunedì 6 maggio 2013
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Titolo
Da bambina Leila abitava a Haifa, in una piccola casa che
i suoi possedevano vicino al quartiere ebraico di Hadar
Hacarmel. I vicini si chiamavano Abramovitch, Aronstein o
Eisenberg. Una delle sue migliori compagne di giochi si
chiamava Tamara. Era ebrea, e la loro vita era dolce,
poiché a Haifa vivevano allora semplicemente degli esseri
umani che non si curavano più di tanto del fatto di essere
ebrei o palestinesi. Poi arrivò quel maledetto 29 novembre
1947, il giorno in cui alcuni stranieri riuniti in una casa di
vetro e d'acciaio in qualche parte nel mondo decisero di
concedere il cinquantasei per cento della terra palestinese
ai parenti di Tamara. Leila dovette lasciare la sua terra, e
rifugiarsi con la famiglia e settemila suoi compatrioti nel
campo profughi di Borj el-Shemali, in Libano. Un posto
paradisiaco, con la spiaggia più bella del Paese dei Cedri
e il mare cangiante di mille colori meravigliosi. Un posto
perfetto per qualsiasi bambina, ma non per Leila. Una
frase atroce, ripetuta all'infinito dai suoi genitori e dai
vecchi del campo, avvolse nel sudario del lutto la sua
adolescenza: Siamo nati rifugiati, moriremo rifugiati.
Cresciuta con l'idea di ribellarsi al destino di polvere e
sangue della sua gente, e di sovrastare i lamenti con le
grida di pietra della sua terra, Leila Khaled, alla fine degli
anni Sessanta, dirottò due aerei, prima donna in assoluto a
prendere parte a un'azione simile...
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Titolo
È notte fonda, a Santiago de Compostela, e Julia Álvarez
sta lavorando al restauro del Portico della gloria, nella
cattedrale. Ancora non sa che le settantadue ore
successive la vedranno impegnata in una drammatica
corsa contro il tempo: suo marito, un famoso climatologo,
è stato rapito vicino alla frontiera tra Turchia e Iran, dove si
trovava per lavoro. Ma come mai la notizia le viene data
addirittura da un colonnello della NSA, la Sicurezza
Nazionale degli Stati Uniti? E chi è il personaggio
enigmatico che si è intrufolato nella cattedrale, cercando
disperatamente di comunicare con lei in una lingua
stranissima che Julia non capisce? Tutto sembra ruotare
intorno a una coppia di piccole pietre scure ricevute in
regalo da Julia e dal marito il giorno del loro matrimonio,
due pietre così preziose da scatenare le brame di una
setta pericolosa e governi potenti come quello degli Stati
Uniti. Tra messaggi cifrati e simboli antichi, inseguimenti e
fughe che ripercorrono la rotta di un'Arca leggendaria,
Julia si renderà conto che da lei dipende non solo la
salvezza dell'uomo che ama, ma quella dell'umanità intera.
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Quella che sta cominciando non sarà per Guido una
giornata come le altre. Arrivato in ufficio, nella casa editrice
dove lavora come editor, lo attende una busta. Ma non è il
solito aspirante scrittore in cerca di attenzione. Il tempo di
leggere il mittente e il cuore di Guido ha un sussulto.
Sergio Casagrande. Un nome che porta con sé le ferite di
un passato sepolto. Il grande amico di infanzia, perso per
sempre dopo un dramma terribile e mai dimenticato.
Bastano le prime parole del libro per capire che le
sorprese non sono finite: "Mercoledì mattina ho visto
Guido" scrive Sergio. Sarà vero? Che Sergio l'abbia
seguito? E da quanto tempo? Per scoprirlo non resta che
immergersi nella lettura. E rendersi conto che, davvero, il
romanzo parla di lui, di loro, dall'infanzia fino al presente.
Per Guido comincia un viaggio nella memoria, in un tempo
lontano, l'estate in cui nacque la sua amicizia con Sergio,
nelle campagne del Friuli abitate dalle loro famiglie. I giri in
motorino, la caccia alle rane, fino all'incidente che ha
cambiato ogni cosa. D'improvviso però la narrazione dei
ricordi si interrompe e il romanzo-nel-romanzo comincia a
parlare di un dramma coniugale, una storia di infedeltà che
apparentemente non ha legami con quanto raccontato fino
a quel momento. E poi, con un altro salto, ci troviamo nel
presente, intere settimane in cui Sergio pedina Guido, ne
segue ogni mossa, scava negli angoli più in ombra della
sua vita...
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Edie Burchill ha un'anima appassionata e un bruciante
amore per i libri. Forse per questo non capisce sua madre
Meredith, una donna fredda, scostante e silenziosa, che
ha passato una vita intera assorta in pensieri che solo lei
conosce. Ma un giorno a casa Burchill arriva una lettera
con il timbro di cinquant'anni prima: sulla busta, l'indirizzo
di Milderhurst Castle, la dimora di campagna dove
Meredith, sfollata da Londra, trovò accoglienza quando
aveva tredici anni. Di fronte a quella lettera ingiallita dal
tempo, Meredith è sconvolta. E la figlia comprende che
sua madre nasconde un segreto. È così che Edie comincia
un viaggio nel passato di quella donna che non ha mai
conosciuto davvero; un viaggio che inizia proprio
dall'imponente castello ormai in rovina, con il suo giardino
vasto e impenetrabile, dove Meredith ha vissuto i giorni
che hanno segnato il suo destino. Il castello è ancora
abitato dalle tre figlie del famoso scrittore Raymond Blythe,
allora giovani e bellissime, con una vita piena di promesse
davanti a sé. Ma di quelle promesse la vita non ne ha
mantenuta nessuna, e loro oggi non sono che tre ombre,
prigioniere di una lontana follia, destinate a vagare senza
pace tra i corridoi dell'antica dimora. Un luogo che,
scoprirà Edie, porta impresso il ricordo di un incendio
rovinoso, e di una morte che non ha mai trovato un senso.
Solo immergendosi nei misteri di Milderhurst Castle, Edie
potrà liberare sua madre da ciò che la opprime.
Imparando, finalmente, a volerle bene.
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La stella di David è la storia di una frontiera, ignorata nei
tempi di pace e temuta nei tempi di guerra: la frontiera tra il
Montenegro e l’Albania, luogo di incontri e di scontri, di
amori e di paura.
Numerosi personaggi popolano il romanzo, come fosse un
fiabesco, affollato suk in cui si incrociano popoli e lingue.
David, illuminato della luce di una stella, la “sua” stella,
simbolo di tutti i visionari, pare raccontarci in chiave
moderna la storia delle Mille e una notte, anch’essa un
simbolo… Incontreremo lungo il percorso personaggi
storici, profeti e sultani, zingari e partigiani, poeti ed eroi,
ma anche molta gente comune non menzionata nei libri di
storia.
Nella Stella di David, la linearità del corso narrativo del
romanzo viene meno: il tempo non scorre
progressivamente, ma segue un percorso ciclico,
racchiudendo diversi strati di passato e di futuro, mentre
ambedue le dimensioni acquistano una rilevante
dimensione mitica, strettamente legata ai modelli
dell’archetipo e alla memoria comune, in altre parole
all’inconscio collettivo. Il modellamento secondario della
realtà, e la sua codificazione artistica, diventano più
importanti della realtà stessa.
L’arte del racconto è concepita come essenza e senso
stesso dell’esistenza, l’unica difesa contro la morte e la
fugacità della vita. Facendo vacillare la linea divisoria tra le
varie vicende che si susseguono, il racconto e il suo
mistico e magico potere diventano i veri protagonisti del
romanzo di Hodzic.
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All'èra dei pirati della finanza e dell'industria, degli imperi
economici costruiti sui campi di battaglia, dello sperpero e
dell'abiezione è succeduto lo scenario desolante degli anni
Trenta: "Disoccupazione... Crisi... Svalutazione del
dollaro... Deficit di bilancio..." e "tutti quegli scandali infami,
quei processi, quelle bancarotte indecorose" in cui
sprofonda la finanza internazionale... Modesto impiegato
nell'azienda un tempo appartenuta a suo padre - "il Bohun
dell'acciaio, il Bohun del petrolio", una sorta di "re
misterioso e malefico" - e poi passata nelle mani di colui
che era solo un faccendiere e un prestanome, Christophe
Bohun non ha né ambizioni, né speranze, né desideri, né
nostalgie. Si lascia svogliatamente amare da una moglie di
irritante perfezione e da una cugina da sempre infatuata di
lui. "È la pedina" annota ancora la Némirosky sulla minuta
del romanzo " che viene manovrata sulla scacchiera, che
per due o tremila franchi al mese sacrifica il suo tempo, la
sua salute, la sua anima, la sua vita". Alla morte del padre,
però, Christophe trova in un cassetto, ben in evidenza, una
busta sigillata: dentro, una lista di parlamentari, giornalisti,
banchieri che, all'epoca del crac finanziario, avevano
ricevuto dal vecchio Bohun somme ingenti per convincere
il governo a incentivare i preparativi bellici. Riuscirà questa
potenziale arma di ricatto, e di riscatto, a scuoterlo dal suo
"molle torpore"?
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Edipo e Narciso sono due personaggi centrali del teatro
freudiano. Il figlio-Edipo è quello che conosce il conflitto
con il padre e l'impatto beneficamente traumatico della
Legge sulla vita umana. Il figlio-Narciso resta invece
fissato sterilmente alla sua immagine, in un mondo che
sembra non ospitare più la differenza tra le generazioni. Le
nuove generazioni appaiono sperdute tanto quanto i loro
genitori. Questi non vogliono smettere di essere giovani,
mentre i loro figli annaspano in un tempo senza orizzonte.
Telemaco, il figlio di Ulisse, attende il ritorno del padre;
prega affinché sia ristabilita nella sua casa invasa dai Proci
la Legge della parola. In primo piano una domanda inedita
di padre, una invocazione, una richiesta di testimonianza
che mostri come si possa vivere con slancio e vitalità su
questa terra. Il processo dell'ereditare, della filiazione
simbolica, sembra venire meno e senza di esso non si dà
possibilità di trasmissione del desiderio da una
generazione all'altra e la vita umana appare priva di senso.
Eppure è ancora possibile, nell'epoca della evaporazione
del padre, un'eredità autenticamente generativa: Telemaco
ci indica la nuova direzione verso cui guardare, perché
Telemaco è la figura del giusto erede. Il suo è il compito
che attende anche i nostri figli: come si diventa eredi
giusti? E cosa davvero si eredita se un'eredità non è fatta
né di geni né di beni, se non si eredita un regno?
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Algeciras (Portogallo), poco lontano da Lisbona. Parte da
qui il viaggio-inchiesta degli autori di questo libro,
attraverso i buchi e le incompiute dell'Alta velocità. Un
reportage narrativo, l'occasione per raccontare la
decadenza dell'Europa a partire da quel sogno partorito
all'inizio degli anni Novanta (con il nome altisonante di
Corridoio 5) e naufragato oggi, tra nazioni che si defilano
(nel marzo scorso il Portogallo ha annunciato l'abbandono
definitivo di ogni progetto di Alta velocità) e altre che non
ne vogliono sentir parlare (l'Ucraina, per esempio). Quello
dell'Alta velocità che voleva unire l'Atlantico alle steppe
russe oggi è un incubo. A ovest una ragnatela di
infrastrutture. A est si viaggia con mezzi di fortuna. Da
Trieste a Lubiana in corriera. E poi un dedalo di stradine
che portano agli snodi cruciali dell'Alta velocità che non c'è.
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"Il libro segue con ottocentesca, tolstojana generosità
molteplici destini individuali spostandosi da Stalingrado
(città doppia: simbolo di difesa e libertà contro la violenza
nazista e insieme luogo-emblema dell'Urss staliniana; solo
nella 'casa di Grekov' si vive secondo onore e senza
gerarchie) ai lager sovietici e ai mattatoi nazisti, da Mosca
(le stanze del potere, le celle della Lubjanka) alla provincia
russa. E raccontando la 'crudele verità' della guerra, le
storie intrecciate di eroi e traditori, automi di partito ed
esseri pensanti, delatori, burocrati, intriganti, carnefici,
martiri, personaggi fittizi e reali, inframmezzando la
narrazione con numerosi dialoghi (di ascendenza, questi,
dostoevskiana), Grossman continua a interrogarsi
sull'essenza di sistemi che uccidono la realtà - di
conseguenza anche gli uomini - falsificandola,
sostituendola con l'idea. Al posticcio e menzognero 'bene'
di Stato lo scrittore può opporre soltanto, per quanto ardua
e apparentemente impossibile in tempi disumani, la bontà
individuale, rivendicando - sommessamente, ma con
tenacia - l'irripetibilità del singolo destino umano. Giacché
'Ciò che è vivo non ha copie... E dove la violenza cerca di
cancellare varietà e differenze, la vita si spegne'." (Serena
Vitale).
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"Ferrovie delle Meraviglie" vuol essere un viaggia
attraverso i colori della nostra penisola, le tonalità delle
nostre isole. Con testi che raccontano un "ieri, un oggi e
un domani" delle singole linee ferroviarie; nonché della
passione che varie Associazioni donano alle stesse, per
infondere nuova linfa al proprio territorio. E con immagini
che descrivono, "sentono" le peculiarità delle zone trattate,
abbiamo stilato un primo, non esaustivo censimento di
alcune "linee ferroviarie dismesse". Con il vivo augurio che
ciò possa trasmettere memoria, orgoglio e motivazioni a
Comunità e Paesaggi che non vorremmo perdere. Buon
viaggio.
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"Per anni ho creduto che mia madre fosse assolutamente
unica, completamente diversa da tutte le madri, da tutte le
donne che avessi mai avuto occasione di incontrare.
Diversa in tutto: nella lingua dall'accento assurdo e così
astrusamente costruita, nei giudizi severi e senza appello,
nell'aspetto così poco comune, nella mancanza di trucco,
nel modo curioso e stravagante di vestirsi. Nell'assoluta
indifferenza per il giudizio degli altri." Antonietta Raphaël
nasce il 29 luglio 1895 in un piccolo paese, quasi un
villaggio, ben dodici fra fratelli e sorelle. Da qui cominciano
le peripezie che la porteranno a Londra, poi in Francia e a
Roma, negli anni tormentati dei due conflitti mondiali. È la
storia di una donna forte e non convenzionale; della sua
tenace dedizione alla musica e all'arte, dei suoi mille
incontri e quasi altrettanti scontri, del suo amore per Mario
Mafai.
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