da Casa Madre - CONSOLATA MISSIONARIES KENYA

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da Casa Madre - CONSOLATA MISSIONARIES KENYA
da Casa Madre
Anno 92 - N.9 - 2012
Istituto Missioni Consolata
Perstiterunt in Amore Fraternitatis
Moçambique, Miruru, Missão de São Pedro, Altar da Igreja
Editoriale
DIVENTARE MISSIONARI DISCEPOLI
P. Giuseppe Ronco, IMC
Il mese di settembre chiude il periodo delle
vacanze e ci riporta agli impegni quotidiani della
nostra vita. Come sarà programmato l’impegno
missionario e la vita in comunità del prossimo
futuro? Sarà un itinerario all’insegna della
monotona ripetitività del passato, spesso frutto
di lievito ormai rancido e inefficace, o avrà in
sé l’effervescenza frizzante e spumeggiante del
vino nuovo che fa scoppiare gli otri vecchi,
esigendo il travaso in otri nuovi?
rifiutandolo, staccandosi da lui, e rinnegando
così il motivo principale della sequela.
E’ l’eterna domanda che si ripropone all’inizio
di ogni cammino e che spesso non trova
un’energica decisione di vita nuova, ma si
ristagna in pii desideri che non si realizzano
mai.
La sequela di Gesù
Ogni nuovo cammino ci chiede di rifondare
la missione nella sequela di Gesù. Il
missionario discepolo non è soltanto colui
che impara (manthàno), ma colui che segue il
Maestro (akoluthéo), avendo come obiettivo
di immergersi nell’esperienza del Padre,
conformandosi a Gesù stesso. Non basta
più l’imitazione di Cristo: occorre consegnarsi
(paradidomi) a lui, condividendone la vita e
il destino fino alla morte. E’ l’ora di lasciare
(aphiemi) subito (euthys) le reti, ciò che spesso
consideriamo le nostre ricchezze, il nostro
egoismo. Lo stile di vita che ci attende è di
camminare con lui, insieme ad altri discepoli,
per andare ad annunciare a tutti la buona
notizia del suo Regno.
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Il modello opposto è Giuda, discepolo che
non si consegna, ma che consegna Gesù
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La nudità necessaria: un’icona originale
Giacomo Perego, ottenuta la licenza in Scienze
Bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico
di Roma, ha conseguito nel 2000 il Dottorato
a Gerusalemme, presso l’Ecole Biblique et
Archéologique Française di Gerusalemme.
Recentemente ha pubblicato la sua tesi di laurea
presso le Edizioni San Paolo con questo titolo:
La nudità necessaria. Il ruolo del giovane di Mc. 14,
51-52 nel racconto marciano della passione-morterisurrezione di Gesù.
Tema interessante, che ci permette di riflettere
in profondità sul missionario discepolo.
L’autore vede nel giovanotto (neaniskos) di Mc
14, 51-52 l’icona del discepolo che seguendo
Gesù fa l’esperienza della totale spogliazione di
sé.
"Il
giovane diventa il segno di quella “nudità
necessaria” evocata dallo stesso Maestro più volte
nel corso del suo ministero pubblico: in fondo,
rinnegare se stessi (8,34), assumere nella propria
vita la logica della croce (8,34), essere disponibili
a perdere ogni cosa per Cristo (8,35), scegliere gli
ultimi posti in un‘ottica di totale servizio (9,35;
10,43-44), essere disponibili all‘umiliazione e al
rifiuto (13,9-13), passare attraverso lo scandalo
e la fuga (14,27) sono tutte esigenze che possono
essere sintetizzate in un‘unica espressione: fare
esperienza della propria nudità".
Il cammino del neaniskos
Nel Getsemani il neaniskos si è spogliato di
ciò che aveva, ma per fuggire e non per seguire
Gesù. Ha ripetuto lo stesso comportamento
dei discepoli che hanno lasciato solo Gesù nel
momento cruciale del suo ministero (14,50).
Rifiutando il coinvolgimento nel destino del
Maestro che si stava consegnando nelle mani dei
peccatori, ha rinnegato la sequela.
buona notizia. Vengono meno a un compito
fondamentale: quello di trasformare la sequela
in annuncio, il discepolato in apostolato.
Sotto l‘ombra della fuga, del silenzio e della
paura, le donne come del resto i discepoli durante
la passione — escono di scena come un ulteriore
"modello imperfetto" di discepolato da cui ci si
deve guardare.
Ma ecco, alla fine, apparire un neaniskos
nuovo in Mc 16, 1-8. è lo stesso neaniskos
che nel Getsemani era fuggito, ma qui diventa
l'icona del vero missionario discepolo, capace
di testimoniare la risurrezione stando seduto
sulla destra della tomba, e di annunciare con
gioia alle donne: "è risorto, non è qui".
La risurrezione l’ha trasformato. Dalla nudità
è passato alla veste bianca, dalla fuga all’essere
seduto alla destra, simbolo della piena
partecipazione alla figliolanza di Dio (cf Ps
110,1); dalla paura di coinvolgersi nel destino
di Gesù al diventare vero missionario che
annuncia la bella notizia.
Egli diventa per Marco la figura universale del
discepolo che davanti alle difficoltà della sequela
sperimenta la propria debolezza e fragilità e sa
quanto sia arduo essere coerenti senza prima aver
ricevuto la forza dalla luce del mistero pasquale.
Nel vangelo di Marco, anche le donne alla tomba
fanno la stessa esperienza. Incapaci di credere,
chiudono gli occhi davanti al reale della tomba
vuota, restando legate a un vocabolario di morte,
legato all’unzione del corpo, del sepolcro e della
pietra che lo sigilla.
Il giovane consegna loro un preciso mandato:
ma esse, invece di recarsi dagli apostoli, escono
dal sepolcro dandosi alla fuga; invece di portare
l‘annuncio si chiudono nel silenzio; invece di
essere fortemente confermate nella loro fede,
restano scosse da una forte paura. Fuga, silenzio
e timore: tre atteggiamenti totalmente inadeguati
per chi si propone di essere testimone di una
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L’emblema del discepolo
"Il contrasto che si viene a creare tra le donne
e il giovane fa di quest‘ultimo l‘emblema del
discepolo che ha fatto esperienza del mistero
pasquale, vivendo sulla propria pelle l'esigente
logica della spoliazione e della rinascita in
Cristo.
Come il giovane, ogni discepolo è chiamato
a farsi portavoce di questa buona notizia,
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manifestando nei gesti e nelle parole il vivo
dinamismo della salvezza.
Marco, da questo punto di vista, è molto
concreto: non esiste annuncio di risurrezione
né proclamazione del Vangelo, se non a partire
dall‘esperienza personale che di essa possono
fare i discepoli".
L’Allamano nell’iconografia
SETTE DIPINTI DELLO STESSO AUTORE
P. Francesco Pavese, IMC
L’artista che ha dipinto il maggior numero
di quadri dell’Allamano in Italia, sette e uno
differente dall’altro, è senza dubbio Bruno
Traverso, importante pittore veneto ed egregio
ritrattista. Per primo ha realizzato l’arazzo della
beatificazione, poi altri 6 quadri, destinati a posti
diversi. Di per sé i quadri sarebbero otto, ma uno
non è esposto al pubblico.
Conviene fare un breve accenno alla loro
ubicazione, in quanto sono una ricchezza per
l’Istituto. L’arazzo si trova nella chiesa della
casa delle Missionarie della Consolata in Corso
Allamano, a Grugliasco; un altro dipinto di
notevoli dimensioni (cm 120 x 160), quello
con i due ragazzini coreani seduti ai piedi del
Fondatore, è esposto nel santuario del Beato
Allamano in Corso Ferrucci a Torino. Questi
due quadri sono molto conosciuti, essendo stati
pubblicati diverse volte sulle nostre riviste, e
non hanno bisogno di illustrazione. Il Traverso
aveva dipinto un quadro, olio su tela (cm 60 x 80
circa) del Fondatore seduto in poltrona, donato
poi al p. Candido Bona come omaggio per il
grande lavoro connesso con la pubblicazione
delle lettere; attualmente questo quadro si trova
in casa madre, nell’ufficio riservato al superiore
generale. Due altri quadri sarebbero nella casa
generalizia, mezzi busti del Fondatore con
espressioni differenti, olio su tela (cm 60 x 80); lo
dico al condizionale, perché uno, forse il migliore
di cui sono fatte cartoncini e immagini, non si
sa dove sia finito, dopo essere stato esposto
nella basilica di Santa Maria Maggiore durante
la Messa di ringraziamento il giorno dopo la
beatificazione. Due quadri sono all’estero:
uno di notevoli dimensioni nel santuario della
Consolata, a Nairobi, esposto nell’abside
accanto al quello della Consolata di uguali
dimensioni; un altro (cm 70 x 90 circa) è nella
chiesa parrocchiale di Kigamboni, in Tanzania.
Di queste sette quadri ne presento solo due, che
si ispirano a fotografie differenti del Fondatore
e che sono esposti in Africa.
Nel santuario della Consolata a Nairobi.
È un olio su tela di grandi dimensioni che ha
un evidente collegamento con le nostre origini.
L’ambiente è caratteristico dell’altopiano
africano, con sullo sfondo il monte Kenya.
Il Fondatore è dipinto al centro in grandi
dimensioni, con il dito della mano destra
puntato sul globo a indicare la missione dei
suoi figli e figlie. In basso e in primo piano, ma
in dimensioni ridotte rispetto al Fondatore, ci
sono tre personaggi importanti: il Capo Karoli,
che indica il card. M. Othunga, in quel tempo
arcivescovo di Nairobi, ad una mamma con i
suoi figli.
Il simbolismo di questo dipinto è evidente.
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dipinto dal Traverso. Ciò che conta è che la sua
presenza, esposta addirittura in un santuario,
è significativa per noi e ci ricorda un periodo
epico della nostra storia missionaria. Come
più significativa ancora è la figura del card. M.
Othunga, personaggio chiave nella Chiesa del
Kenya, che diventa quasi un sigillo all’operato
del nostro Istituto. Non dimentichiamo che
da Tuthu, piccolo villaggio quasi sperduto ai
margini della foresta dell’Aberdare, dove è stata
celebrata per la prima volta la S. Messa il 29
giugno del 1902, l’opera dei nostri confratelli si
è allargata a macchia d’olio ed ora sono sette le
diocesi nate e sviluppate da quel piccolo seme
gettato in un terreno fecondato dalla grazia di
Dio e da tanti sacrifici dei missionari.
È pure interessante l’idea dell’artista di avere
inserito, accanto a questi due personaggi, un’umile
mamma africana, con i suoi figli. I missionari
sono stati fin dall’inizio al servizio della gente e
questa figura sembra volerlo ricordare. È stato
felice il Fondatore quando la Santa Sede ha
approvato il metodo missionario dell’Istituto,
che prevedeva appunto la promozione umana
come parte integrante dall’evangelizzazione
propriamente detta. Accanto all’Allamano,
questa mamma, che rappresenta un’intera
popolazione, si trova a suo pieno agio.
Il 7 ottobre 2010, in occasione del 20°
anniversario della beatificazione dell’Allamano
e nel 100° anniversario della fondazione delle
Missionarie della Consolata, nella basilica della
“Sacra Famiglia”, cattedrale di Nairobi, è stato
inaugurato un altro dipinto dell’Allamano, opera
di Leonard Katete, artista ugandese.
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Il Capo Karoli ricorda l’origine della nostra
avventura missionaria in Kenya, perché è lui che
ha accolto i nostri pr9imi quattro a Tuthu, li ha
favoriti in tanti modi e, infine, si è convertito,
ricevendo i sacramenti del battesimo e del
matrimonio nella Chiesa Cattolica. Di questo
personaggio si è scritto molto, discutendo
i motivi veri che erano alla base dei suoi
favori ai missionari italiani. Non è questo che
interessa sapere mentre si contempla il quadro
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Non è senza significato che nel Kenya,
prima nazione evangelizzata dai figli e figlie
dell’Allamano, la sua effige possa essere venerata
nelle due principali chiese della Capitale. «Noi
cristiani siamo orgogliosi del Beato Allamano
che ha trasformato il Kenya con il dono della
fede e della promozione umana attraverso
l’opera generosa dei suoi missionari». Queste
parole di un cristiano di questa nobile terra sono
un dovuto riconoscimento e un omaggio per il
nostro Padre, ma anche un incoraggiamento
per noi a continuare con generosità la nostra
missione, non solo nel Kenya, ma ovunque nel
mondo.
Un quadro dell’Allamano accanto alle sue
reliquie.
Anche il quadro esposto nella nuova chiesa
parrocchiale di Kigamboni, in Tanzania, merita
di essere illustrato in modo particolare. Sulla
parete di fondo, a destra dell’altare, figura
un quadro della Consolata e a sinistra uno
dell’Allamano, entrambi dipinti dal Traverso.
Il quadro dipende da una fotografia del 50° di
ordinazione, in cui il Fondatore è debitamente
ringiovanito e addolcito nell’espressione, e lo
sfondo idealizzato con i colori del cielo. Perché
l’artista si sia ispirato a questa foto, che ha un
aspetto piuttosto intenso, per non dire severo,
piuttosto che ad altre, non è facile sapere.
Probabilmente, il pittore è stato colpito dallo
sguardo caratteristico del Fondatore, proprio
di un uomo volitivo. Tanto è vero che in casa
generalizia esiste un quadro analogo, ispirato
alla stessa foto, di cui ci sono le cartoline e buoni
ingrandimenti.
Anche molti dei nostri, in passato, sono stati
colpiti dallo sguardo del Padre e si sono spiegati
in diversi modi: «occhi che penetravano ad
interrogare il cuore». «sguardo penetrante come
vedesse l’interno delle anime»; «sguardo che
imponeva riverenza»; «gli bastava uno sguardo».
All’inizio di gennaio del 2006, la chiesa
parrocchiale di Kigamboni è stata consacrata
dal Nunzio Apostolico mons. Joseph Chenoth,
su incarico dell’Arcivescovo di Dar-es-Salaam,
card. Polycarp Pengo. Il parroco, p. Luciano
Scaccia, con pensiero delicato e coerente, ha
voluto che nel sacrario dell’altare, fosse sigillata
anche una preziosa reliquia del Fondatore. In
quella chiesa, perciò, non c’è solo un quadro,
ma anche qualcosa di più prezioso appartenuta
all’Allamano e un ciuffo dei suoi capelli.
Il Nunzio Apostolico, a testimonianza
dell’avvenuta consacrazione, ha rilasciato
un documento firmato e sigillato: «Sia noto
che in questo giorno, 29 gennaio 2006,
commemorativo della fondazione dell’Istituto
Missionari della Consolata, io […], in presenza
di sacerdoti, religiosi e di fedeli laici, ho
consacrato e dedicato la chiesa parrocchiale
di Kigamboni, sotto la protezione della Beata
Vergine Maria Consolata e del Beato Giuseppe
Allamano, le cui reliquie sono state sigillate
nell’altare».
Certamente i cristiani della comunità di
Kigamboni sentono l’Allamano un po’ di
famiglia. È il loro protettore,
assieme alla Consolata, ed è pure
loro modello. Chissà quante volte
si rivolgono a lui e gli parlano,
come gli parliamo noi. Questa
non è solo un’immaginazione
della fantasia, ma una realtà, come
attestano i nostri missionari. E
non solo in questa chiesa, ma
anche in tutte le altre, e sono
molte nel mondo, dedicate al
Fondatore.
L’Allamano, attraverso l’opera dei
suoi figli e figlie, è oggi inserito
in molte comunità ecclesiali
e le assiste nel loro sviluppo.
L’Allamano è vicino alle persone
e scruta i loro cuori con il suo
sguardo di Padre, infondendo
coraggio! Questo è l’Allamano
che il Traverso presenta in queste
opere.
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“L’utopia di Francesco si è fatta... Chiara“
(Raimon Panikkar)
LA CROCE E LE STIGMATE
P. Giuseppe Ronco, IMC
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Tutta la vita di Francesco si riassume, nel
linguaggio cristiano, in una parola: la croce.
Francesco d’Assisi fu ed è, per la Chiesa, un
richiamo perentorio alla centralità del kerygma
della croce.
giovannea, coniugando sul volto di Cristo il
dolore e la gloria. Inchiodato sulla croce, Cristo
è Vivente, trasfigurato dallo Spirito di Dio che
lo abita. I suoi occhi scrutano il cuore di chi lo
contempla e lo interpella.
Il Crocifisso accompagnò Francesco dall’inizio
alla fine della sua nuova vita, fino a segnarlo
anche esteriormente, sul La Verna, con
l’impressione delle sacre stimmate e fare
così di lui “una rappresentazione al vivo del
Crocifisso”. Tutto in lui è modellato sul Cristo
crocifisso; anche la sua povertà radicale ha
come movente ultimo la sequela del Crocifisso.
Vicino alla morte, Francesco riassunse la sua
straordinaria esperienza spirituale con queste
semplici ma profondissime parole: “Conosco
Cristo povero e crocifisso!”.
In questo crocifisso Francesco trova il senso
della sua vocazione al servizio della Chiesa
“Corpo di Cristo, e da quel giorno l’intera sua
vita ne sarà segnata.
Tutto era cominciato nel momento della
conversione, quando Francesco a S. Damiano
incontra l’icona di un crocifisso bizantino,
dipinta da un monaco siriano nell’XI secolo.
Icona di rara bellezza che sintetizza la teologia
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Si rivestì allora di un abito di penitenza a forma
di Tau. “Proprio perché si era racchiuso nella
stessa croce, indossò anche un abito di penitenza
fatto a forma di croce. In esso il santo testimoniò
il mistero della croce, in quanto che, come la sua
mente si era rivestita del Signore crocifisso, così
tutto il suo corpo si rivestiva esteriormente della
croce di Cristo ” (II Cel. 106: 969).
Adottò la lettera Tau, ultima dell’alfabeto greco,
come simbolo di salvezza (cfr Ez 9,4-6) e della
dignità dei figli di Dio. Con essa decorava le
pareti delle celle e di essa si serviva per firmare
biglietti e benedizioni.
Nel suo testamento Francesco ricorderà la
preghiera che recitava lui e i suoi compagni
quando incontravano lungo la via una chiesa o una
croce: “Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo,
in tutte le chiese che sono nel mondo, perché
con la tua santa croce hai redento il mondo”.
Le stigmate del dolore
La Verna è particolarmente segnata dal mistero
della Croce, perché lì S. Francesco,
”nel crudo sasso intra Tevero e Arno
da Cristo prese l’ultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno “
(Dante, Paradiso, XI,106-108)
Nel settembre del 1224, due anni prima della
morte, Francesco viveva nell’angoscia e nella
depressione, ritirato in solitudine in un eremo
dell’Appennino umbro. Era tormentato
dalla febbre quartana, gli occhi quasi ciechi,
abbandonato dai suoi frati che non lo
riconoscevano più come Padre. Sotto la guida
di frate Elia, che dirigeva da gran signore la
comunità, sembrava a Francesco che i suoi fratelli
si fossero allontanati dalla Regola primitiva, dal
Vangelo. Soffriva molto ed era notte nel suo
spirito. Solo Chiara e Leone gli erano vicini e lo
sostenevano.
Ai suoi occhi, tutto sembrava crollare, tutto
sembrava fallire, dopo un inizio così promettente.
Dio lo aspettava sul duro sasso della Verna,
come per dirgli che l’amava ancora, che non lo
aveva abbandonato e che si fidava di lui.
In una giornata di pioggia e di tormenti spirituali,
che lo divoravano come una carie, Francesco
ricevette nel suo corpo il dono delle stigmate,
piaghe sanguinolente e dolorose, rivelatrici
della presenza di Dio. Erano i segni del mistero
pasquale e annunciavano che dopo la notte,
l’alba di una vita nuova spuntava all’orizzonte.
Francesco celebrava sul La Verna la sua vera
Pasqua!
“Un mattino, verso la festa dell’Esaltazione
della santa Croce; raccolto in preghiera sulla
sommità del monte, mentre era trasportato
in Dio da ardori serafici, vide la figura di
un Serafino discendente dal cielo. Aveva
sei ali risplendenti e fiammanti. Con volo
velocissimo giunse e si fermò, sollevato
da terra, vicino all’uomo di Dio. Apparve
allora non solo alato ma anche crocifisso.
A questa vista Francesco fu ripieno di stupore e
nel suo animo c’erano, al tempo stesso, dolore
e gaudio. Provava una letizia sovrabbondante
vedendo Cristo in aspetto benigno, apparirgli in
modo tanto ammirabile quanto affettuoso ma
al mirarlo così confitto alla croce, la sua anima
era ferita da una spada di compaziente dolore.
Dopo un arcano e intimo colloquio, quando
la visione disparve, lasciò nella sua anima un
ardore serafico e, nello stesso tempo, lasciò nella
sua carne i segni esterni della passione, come
se fossero stati impressi dei sigilli sul corpo,
reso tenero dalla forza fondente del fuoco.
Subito incominciarono ad apparire nelle
sue mani e nei suoi piedi i segni dei chiodi;
nell’incàvo delle mani e nella parte superiore
dei piedi apparivano le capocchie, e dall’altra
parte le punte. Il lato destro del corpo, come
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se fosse stato trafitto da
un colpo di lancia, era
solcato da una cicatrice
rossa,
che
spesso
emetteva sangue.
Così il verace amore di
Cristo aveva trasformato
l’amante nella immagine
stessa
dell’amato.
Si compì, intanto, il
numero dei quaranta
giorni che egli aveva
stabilito di trascorrere
nella
solitudine
e
Francesco discese dal
monte.
Dopo che l’uomo nuovo
Francesco
apparve
insignito,
mediante
insolito e stupendo
miracolo, delle sacre
stimmate, discese dal
monte. Privilegio mai
concesso nei secoli
passati, egli portava
con sé l’immagine del
Crocifisso, non scolpita
da artista umano in
tavole di pietra o di
legno, ma tracciata nella
sua carne dal dito del
Dio vivente.
La croce di Cristo, che
ti fu proposta e che tu
subito hai abbracciato
agli inizi della tua
conversione e che, da
allora, durante la tua
vita hai sempre portato
in te stesso mediante
una condotta degna
d’ogni lode e hai sempre
mostrato agli altri come
esempio, sta a dimostrare
con perfetta certezza
che tu hai raggiunto
definitivamente l’apice
della
perfezione
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La sofferenza di Chiara
Seguendo Chiara nel percorso di sua clausura,
arriviamo al giaciglio della sofferenza, dell’
infermità. Esso inizia al tempo delle stimmate
del Poverello e si prolunga per circa metà della
sua vita. Chiara infatti rimase inferma per
ventotto anni, da trentadue a sessant’anni.
La lunga malattia di Chiara e le stigmate di
Francesco, continuano nella storia l’esperienza
di Paolo: “Porto nel mio corpo le stigmate di Gesù”
(Gal 6,17).
Che dire di Chiara, degli anni della sua
infermità, “inutili” secondo una mentalità del
risultato, ma tanto ricchi e significativi davanti
a Dio! Piaghe di dolore, di sofferenza, di croce,
che imprimono nel corpo il mistero pasquale
di Cristo. Vita evangelica di non-efficienza, di
non-spettacolarità, di risultati non-appariscenti.
Vita di persona che vive l’anzianità, cercando
di mettere in armonia i valori della Regola con
i limiti dell’età.
evangelica” (Bonaventura, Leggenda minor, 13,
passim).
Capì che Dio l’amava ancora e che la salvezza
dei fratelli passava attraverso l’abbandono totale
al Signore e il dono di sé. La sua conformazione
a Cristo era completa. “Scrivi, aveva detto in
altra occasione a Leone, qui sta la perfetta letizia”.
Si preparava a morire bene, lasciando a noi
un esempio sul come terminare la nostra vita:
“Concedimi, o Signore, di morire per amor tuo, come tu
sei morto per amor mio”.
“Le stigmate ci svelano il vero volto di
Francesco: un crocifisso per amore, un uomo
profondamente innamorato di Gesù. Francesco
contemplando la passione di Gesù ha capito
che Dio è amore e che questo Dio ci ha amato
con un amore tale che non ha risparmiato il suo
Figlio (cf. Gv 3,16)” (José Rodríguez Carballo, ofm,
2011).
Il suo giaciglio era diventato la sua cattedra.
Di lì insegnava, specialmente alle giovani, la
rassegnazione e la pazienza. E continuava a
vivere la povertà, lavorando a mano e tessendo
corporali per le chiese bisognose.
Ogni venerdì, meditando la passione di Gesù,
“s’inebriava di dolore” e andava in estasi.
“E come la sua meravigliosa virtù venisse
perfezionata nella malattia, da ciò è provato:
che in ventotto anni di continua sfinitezza, non
si ode una mormorazione, non un lamento,
ma sempre dalla sua bocca proviene un
santo conversare, sempre il ringraziamento”
(Legenda Sanctae Clarae Virginis).
Se con lui soffrirai, con lui regnerai; se con lui piangerai,
con lui godrai; se in compagnia di lui morirai sulla
croce, possederai con lui le celesti dimore nello splendore
dei santi” (Chiara, Lettera ad Agnese di Boemia).
Constatiamo ancora una volta una sorprendente
complementarietà del carisma: due strade
ugualmente “missionarie”, l’itineraqnza di
Francesco e la clausura di Chiara, che conducono
all’identica meta, quella della croce. L’amante
vuole restare vicino all’Amato, non solo nel
cammino della povertà, ma anche in quello della
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sofferenza (cfr. 2LAg 19), per completare nella
propria carne quello che manca ai patimenti
di Cristo (cfr. Col 1,24). Non basta ascoltare e
servire, occorre ancora condividere il destino di
Gesù e far propria la sua croce (cfr. Lc 9,23-24).
La logica è sempre sconvolgente: lo è stata
per i discepoli di Gesù e lo sarà per ogni
credente, in questo pellegrinaggio terreno.
La nostra vita
una partecipazione personale, una salvezza,
che diventa efficace nella misura dell’amore
presente.
Anche nel nostro cammino di missionari,
la sofferenza è là, con le malattie, le
incomprensioni e i tradimenti, le debolezze
e i fallimenti, e chiede di essere vissuta come
Gesù l’ha vissuta. Strumento efficace per la
salvezza del mondo: “Dalle sue piaghe siete stati
salvati” (! Pt 2,25).
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Ognuno leggerà l’esperienza di Francesco e
di Chiara con la precomprensione che gli è
propria, ma per tutti vale ricordare il principio
che ogni atto missionario ha un prezzo,
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Valga per tutti la testimonianza di Benedetto
XVI nel discorso preparato per il suo
pellegrinaggio alla Verna (13 maggio 2012):
“Contemplare la Croce di Cristo! Siamo saliti
pellegrini presso il Sasso Spicco della Verna
dove «due anni prima della sua morte» (Celano,
Vita Prima, III, 94: FF, 484) san Francesco
ebbe impresse nel suo corpo le piaghe della
gloriosa passione di Cristo. Il suo cammino di
discepolo lo aveva portato ad una unione così
profonda con il Signore da condividerne anche
i segni esteriori del supremo atto di amore della
Croce.
Rapiti dall’amore di Cristo! Non si sale a La
Verna senza lasciarsi guidare dalla preghiera
di san Francesco dell’absorbeat, che recita:
«Rapisca, ti prego o Signore, l’ardente e dolce
forza del tuo amore la mente mia da tutte le
cose che sono sotto il cielo, perché io muoia
per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato
di morire per amore dell’amor mio» (Preghiera
“absorbeat”, 1: FF, 277).
La contemplazione del Crocifisso ha una
straordinaria efficacia, perché ci fa passare
dall’ordine delle cose pensate, all’esperienza
vissuta; dalla salvezza sperata, alla patria beata.
San Bonaventura afferma: «Colui che guarda
attentamente [il Crocifisso]
… compie con lui la pasqua,
cioè il passaggio» (ibid.,
VII, 2). Questo è il cuore
dell’esperienza della Verna,
dell’esperienza che qui fece
il Poverello di Assisi. In
questo Sacro Monte, san
Francesco vive in se stesso la
profonda unità tra sequela,
imitatio e conformatio
Christi. E così dice anche a
noi che non basta dichiararsi
cristiani per essere cristiani, e
neppure cercare di compiere
le opere del bene. Occorre
conformarsi a Gesù, con un
lento, progressivo impegno
di
trasformazione
del
proprio essere, a immagine
del Signore, perché, per
grazia divina, ogni membro
del Corpo di Lui, che è la
Chiesa, mostri la necessaria
somiglianza con il Capo,
Cristo Signore.
figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?...
Pasci i miei agnelli » (Gv 21,15). E’ l’amore
per Cristo alla base della vita del Pastore, come
pure di quella del consacrato; un amore che non
ha paura dell’impegno e della fatica. Portate
questo amore all’uomo del nostro tempo,
spesso chiuso nel proprio individualismo; siate
segno dell’immensa misericordia di Dio. La
pietà sacerdotale insegna ai sacerdoti a vivere
ciò che si celebra, spezzare la propria vita per
chi incontriamo: nella condivisione del dolore,
nell’attenzione ai problemi, nell’accompagnare
il cammino di fede”.
“Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per
voi e do compimento nella mia carne a ciò che manca
ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la
Chiesa” (Col 1, 24).
Mi sono fatto pellegrino alla
Verna, come Successore di
Pietro, e vorrei che ognuno di
noi riascoltasse la domanda
di Gesù a Pietro: «Simone,
13
da Casa Madre 9/2012
attivitÀ della direzione generale
SULLE ORME DELLA MEMORIA:
viaggio da Tete a Miruru!
“ Il fiore dell’agave quando fiorisce muore!”
P. Stefano Camerlengo, IMC
una realtà diversa e altra, che ha tanto da donare
ed insegnare.
Un po’ di storia della missione in
Mozambico
14
Nei giorni dal 14 al 20 luglio 2012, ho avuto
la gioia di poter viaggiare verso Tete e da qui,
in compagnia del vescovo Dom Inace Saure
ed altri missionari visitare le antiche missioni
di Zumbu e Miruru a circa 500 kilometri dalla
città, nomi che evocano una storia, una presenza
missionaria: l’entrata dei missionari della
Consolata in terra mozambicana. Il percorso è
un momento d’incontro con un territorio e delle
realtà a noi lontane, ma presenti e vive dentro la
storia del nostro Istituto e con le tante persone
che con noi hanno condiviso frammenti più
o meno lunghi, sporadici o continuativi del
nostro viaggio missionario. Il territorio non
va solo visitato, ma va ascoltato per capire ed
entrare in un mondo a noi “sconosciuto”, in
da Casa Madre 9/2012
Da quanto possiamo apprendere dalla storia,
il Mozambico ha avuto i primi contatti con il
cristianesimo a partire dalla metà del XV secolo.
Ma è stato solo nella metà del secolo XVI che nel
Mozambico è cominciata una evangelizzazione
più sistematica. In questo i pionieri furono i
Gesuiti. In seguito ci fu un lungo periodo di
crisi, nel quale si può dire che l’evangelizzazione
fu praticamente insignificante. Dopo tale
periodo, l’evangelizzazione venne a riprendere
quota verso la fine del XIX secolo. Ma in
realtà l’evangelizzazione in Mozambico prese
un impulso decisivo solo nel 1940, dopo il
Concordato e l’Accordo Missionario firmati
tra il Governo Portoghese e la Santa Sede. A
partire dall’Accordo Missionario, missionari
di altri paesi, e quindi non solo i missionari
portoghesi, potevano andare a fare i missionari
in Mozambico. Infatti il Portogallo, con
tanti territori che aveva oltremare, non era in
grado di coprire in modo soddisfacente con la
presenza missionaria tutti questi territori. Così
possiamo dire che solo a partire dal 1940, con
la venuta di missionari da vari paesi, cominciò
in Mozambico un’evangelizzazione più intensa
e più sistematica; e l’evangelizzazione cominciò
anche ad entrare nella “brousse”.
Il Concordato e l’Accordo Missionario hanno
originato, dunque, un nuovo impulso all’attività
missionaria. La gerarchia ecclesiastica fu
modificata e furono create tre Diocesi: Lourenço
Marques, Beira e Nampula. Naturalmente, con
il Concordato e con l’Accordo Missionario,
la Chiesa fu costretta ad accettare certi
condizionamenti imposti dal Portogallo. Per il
Portogallo, l’evangelizzazione doveva essere
anche al servizio degli interessi del potere e
della dominazione portoghese oltremare. Per i
missionari, invece, a esempio di Paolo, quello che
importava era che Cristo fosse annunciato…È
difficile presentare delle statistiche su quanta
gente c’era, battezzata, prima del 1940.
Altrettanto difficile è immaginare quale fosse la
dimensione dell’intervento sociale della Chiesa
a quel tempo. Sappiamo solo che le percentuali
erano molto basse. Infatti, le zone rurali erano
state praticamente abbandonate a se stesse; era
raro che in quelle ci passasse qualche sacerdote;
non c’erano né scuole, né ambulatori. I pochi
cristiani neri che si potevano trovare erano quelli
nei piccoli centri abitati dai portoghesi; si trattava
di gente che si trovava presso i portoghesi ed
era al loro servizio, quindi, convertiti da loro.
La stragrande maggioranza della popolazione,
tolto qualche musulmano, seguiva la religione
tradizionale locale, cioè l’animismo. Allora,
dal 1940 in poi i pochi missionari portoghesi
che c’erano furono rinforzati dai missionari
stranieri. E così cominciò la penetrazione
dell’evangelizzazione nelle zone rurali, e, assieme
all’evangelizzazione, anche lo sviluppo sociale:
scuole, piccoli ambulatori…Fu l’inizio di una vera
“implantatio ecclesiae”. I missionari si misero
a lavorare in modo infaticabile; costruirono le
sedi delle missioni, i centri per la formazione
dei catechisti, le cappelle e le scuole nelle zone
rurali, i collegi nelle sedi delle Missioni,…Fecero
nascere, soprattutto, le Comunità Cristiane e
si misero ad accompagnarle, da vicino e anche
da lontano, aiutati dai Catechisti. Lo sforzo dei
missionari pian piano cominciò a dare i suoi
frutti. Le comunità cristiane a poco a poco
aumentarono di numero ed il movimento di
adesione alla fede prese un ritmo sempre
maggiore e costante; le scuole cattoliche
crebbero e, allo stesso tempo, anche il servizio
sanitario cominciò ad essere instaurato nelle
Missioni. A questo punto cominciò a farsi
sentire la necessità dell’esistenza del clero
locale.
Cominciarono a sorgere i Seminari Minori e poi
i Seminari Maggiori. Sorsero anche vocazioni
alla Vita Religiosa, sia presso i ragazzi che
presso le ragazze. Alla fine degli anni 60 si
vedevano ormai i segni di una Chiesa locale che
stava nascendo. Nel frattempo, è stato negli
anni sessanta che hanno cominciato a sorgere
anche i movimenti per l’indipendenza in tutti i
paesi dell’Africa.
Fu questo lo scenario che i missionari della
Consolata trovarono arrivando in Mozambico
nel 1925 quando arrivarono a Tete per poi con
un viaggio avventuroso recarsi fino a Miruru,
alla punta estrema di un fiume che fa incotrare
tre paese e diversi popoli e culture.
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da Casa Madre 9/2012
Cronologia dell’arrivo dei Missionari della
Consolata a Tete (29-8/25-9-1925):
29-8-1925: Ricevuta l’autorizzazione, Mons. F. Perlo
comunica a P. L. Perlo i nomi degli 8 missionari della
Consolata destinati in Mozambico.
14-9-1925: A Torino, il padre Fondatore G. Allamano
receve e consegna il crocefisso a tre missionari destrinati
in Mozambico: P. Borello, L. Sperta, S. Ghiglia...
Viaggio dei missionari da Beira a Miruru,
stralci dai diari dei missionari: diário del
chierico Ghiglia 1925, lettera di padre
Sandrone a padre Perlo 12.03.1926!
“Vi giungemmo all’alba del giorno 30 Ottobre. La
bella cittadina ( di Beira )sorride all’orizzonte indorata
dalla brezza marina che l’oceano incessantemente la
vapora… Finalmente dopo la verifica dei passaporti
potemmo scendere…Fatti ritirare i nostri bagagli in
dogana ci dirigemmo alla “Escola de Artes e Ofícios”
residenza della Missione Cattolica in questa città.
Vi si giunge per la strada maestra…Ci andavamo
scambiando le prime impressioni di Beira e senza pure
accorgerci si percorse il tratto di strada che dal porto
conduce alla Chiesa. Accolti con carità francescana
dal Rev. P. António Ribeiro superiore delle missioni
francescane in Mozambico, ci fu pieno di riguardi
e di premure. Fummo alla Chiesa a salutare il SS.
Sacramento e la Vergine SS. e a ringraziarli dell’ottimo
viaggio che la SS. Consolata si degni benedire ai suoi
alfieri che primi toccano questa terra percorsa già da
stuoli eletti di apostoli, e voglia rendere fecondo il nostro
apostolato. Siamo condotti a visitare la scuola, i vari
reparti di arti e mestieri, ove un centinaio di giovani
mulatti vanno apprendendo una professione che domani
darà loro in Colonia un posto onorato.
…Costretti ad una permanenza discretamente
lunga in questa città, data la mancanza di battelli che
fanno servizio sullo Zambezi che in questa stagione
per scarsità di acqua il fiume in alcuni punti non è
navigabile. Si ha occasione intanto d’approfondirci nella
dolce lingua de Camões mentre il Rev. P. Chiomio va
cogliendo informazioni di strade, tariffe, dogane, ecc…
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La vigilia dell’Immacolata, si lascia Beira alla volta
di Chupanga antica Missione dei PP. Gesuiti sullo
Zambezi. Un piccolo trenino apocalittico un po’ simile
da Casa Madre 9/2012
a certi nostri ordinari su alcune linee del nostro bel
paese che ora vanno scomparendo col trionfo del carbone
bianco. Sbuffa, s’affatica lungo un ambulacro selvoso
e solenne praticato nella foresta. Si giunge a Caia
piccola stazione ferroviaria che nella grande piena
dello Zambezi avvenuta l’anno passato fu allagata
completamente. Il termometro segna 49 gradi centigradi.
Un sole implacabile, un aria ardente, irrespirabile che si
direbbe uscita della gola di una fornace.
Si giunge a Chupanga verso le 2 pomeridiane. Accolti
benevolmente dal buon P. Mario che già avvertito del
nostro arrivo gentilmente aveva provveduto per le stanze
e tutto l’occorrente. Intanto potemmo ristorarci e pigliare
un po’ di fiato. La missione fu fondata nel 1895 dai
P.P. Gesuiti. É un’antica fortezza portoghese, i muri
tozzi, quadrati, portano già le avarie del tempo che
logora e distrugge. La chiesetta della Missione molto
povera e disadorna sarà presto sostituita dalla nuova
chiesa, bella costruzione in pietra che gli africani vanno
facendo sotto l’abile e competente direzione del buon
Padre.
“Puer natus est nobis…” Lo abbiamo invocato nei
giorni della grande Novena in intima comunione coi
fratelli lontani, e quest’anno ci parve essere più compresi
della umiliazione profonda del Presepio. L’umiltà della
chiesetta africana, che nella notte buia e silente leva la
voce della sua campanella a chiamare il piccolo gregge ad
adorare il Dio Bambino e diffonde all’intorno l’angelico
messaggio di pace agli uomini di buona volontà, la
monodia lenta, commossa che un coro di bimbi cantò
durante la SS. Messa, oh! Tutto ci fece un gran bene
Si parte sotto la protezione dei SS. Innocenti. Da un
pezzo pare che il diavolo ci ficchi la coda e salta fuori
con difficoltà contrattempi, a volte sconcertanti. Ma tutti
insieme ci si fa coraggio. Il battello ospitale è lo Zambezi.
Una grande casa a veranda costruita sopra una chiatta
di grandi proporzioni, a poppa una ruota motrice. …
Viaggiano con noi alcuni portoghesi, impiegati governativi
chi alla posta chi alla dogana di Tete. Non ci mancava
altro, quest’anno anche la stagione delle pioggie ci fa il
muso e ci regola un solleone implacabile. Quindi per la
grande scarsità di acqua andiamo a rischio d’incagliarci
con grande facilità.
avevano fondato un grande convento ove formavano e
preparavano missionari per tutta la Zambesia. Quanto
fervore d’apostolato coronato da frutti copiosi di fede e di
opere ove ora regna indisturbato squallido paganesimo.
Non più una sola pietra sussiste del grande edificio
testimone dell’attività e dello zelo instancabile di tanti
eroi. Non una voce che si leve grata e riconoscente a Dio
dal seno di questa selva selvaggia ed aspra e forte.
29-12-1925: Si va alla velocità quasi…fantastica!?
Di circa un miglio all’ora. Peraltro abbiamo il piacere
di goderci tutto il fascinio d’una vegetazione ricca,
esuberante, e l’incanto del gran fiume africano.
Tete. Vi giungemmo il mattino 10 gennaio. Una
pioggerella fine da un senso di melanconia alla
vecchia, storica cittadina. …Già nel 1500 spedizioni
colonizzatrici fecero capo a questa città oggi capitale
del distretto Alta Zambezia e sede del Governatore.
All’occhio del visitatore è una città morta. La
mancanza assoluta di comunicazioni ferroviarie colla
costa le impediscono sviluppo coloniale e industriale.
30-12-1925: Oggi sono le delizie dell’incaglio. Delizie
che non auguro a nessuno, per quanto vi sia da divertirsi.
…la ruota mulinava disperatamente, il fuochista cacciava
tronchi interi nel forno della caldaia e non si faceva un
pollice di strada, e si era sempre li a guardar le stesse
punte degli alberi e l’acqua azzurra fuggire indietro.
1-1-1926: È festa nazionale per i Portoghesi che la
chiamano “Fraternidade universal”. Ed anche noi,
sperduti sul grande fiume africano ricordiamo anime
care, tempi trascorsi, e salutiamo il novello anno foriero
di benessere morale e materiale.
2-1-1926: Fa un caldo da salina in evaporazione.
Non si parla più tanto si è a disagio…Si suda
terribilmente. Il Rev. P. Chiomio instancabile, a tracolla
ha l’inseparabile bussola, tiene una maiuscola borsa
da commesso viaggiatore gonfia di scartafacci, di carte
geografiche, ritagli di giornale… Colla carta alla mano
e un taccuino ove fissa indicazioni e rilievi, va chiedendo
informazioni, tariffe, distanze, strade.
Il fiume passa di fronte a Sena, crocevia dell’antico
impero del Monomotapa. Regione assai popolata…In
questa città i PP. Domenicani già verso la fine del 1500
…Dopo la colazione scendemmo dal battello e ci
avviamo alla parrocchiale di S. Tiago ove il P. Peyrani
celebra oggi la S. Messa. Nonostante la pioggarella
che persiste uggiosa v’è gran quantità di gente che viene
oggi a soddisfare il precetto domenicale e a riverire il
P. Italiano. Il suo tratto, la sua affabilità lasciano in
tutti ottima impressione. Dopo la S. Messa ci viene
consegnato un biglietto di S. Eccell. Il Governatore,
in cui ricambiandoci felicitazioni e ossequi, si dice
contento di ospitarci nel suo palazzo. Si va a fargli
visita e ci accoglie con signorilità e cortesia, si interessa
del nostro viaggio fin nei particolari più minuti, ci dice
essere da molto tempo al corrente della nostra venuta
al Mozambico e ci dà liete e ottimistiche informazioni
della stazione di Miruru ove egli fu l’anno passato
in un giro d’ispezione che fece dopo la sua elezione a
Governatore. Ci invita alla sua mensa nei due giorni
di nostra residenza al suo palazzo e ci è prodigo di
gentilezze senza numero. Grazie al suo interessamento
si poterono sbrigare senza difficoltà e senza spesa
passaggi di dogana assai fastidiosi e dispendiosi.
Dopo aver ringraziato S. Eccell. Il Governatore …
partimmo alla volta di Boroma ultima tappa avanti
di raggiungere la nostra lontana stazione di Miruru
affidataci dall’Eccell.mo Vescovo Dom Rafael. …
Partimmo verso le 4 pomeridiane su di un camion… La
strada assai accidentata, avariata ancora dal maltempo,
tutta una pozzanghera, non impressiona punto il nostro
ronzino che va all’impazzata. Ci teniamo uno coll’altro
per maggior sicurezza, che c’è da perdere l’equilibrio. Il
chauffeur, dopo qualche svolta improvvisa ad un sbalzo
che à messo lo scompiglio tra i passeggeri, chiede con
serietà mista di ironia: “Não falta ninguem?, e lancia
da Casa Madre 9/2012
17
nuovamente la macchina a tutta la forza. Grazie a Dio
non vi furono incidenti, ma che acrobatismo! ...Ad un
certo punto la strada à una leggera concavità di oltre
un centinaio di metri. La pioggia di questi giorni à
formato una pozzanghera. È qui il punto debole dove
incominciano le dolenti note. Il terreno cede al peso della
macchina che sprofonda sino a metà ruota. Si scende e
non senza fatica riusciamo a strapparla alla tenaglia
viscida, melmosa. Macchina indietro, si tenta un altro
cammino. Si va un centinaio di metri e il bel gioco si
ripete, ma questa volta per quanto il motore starnuti da
far pietà, non c’è rimedio, e “lasciate ogni speranza a
voi che tentate e ritentate” e si scende e questa volta per
non più salire. La stazione di Boroma dista soltanto
di qui tre km. Ci incamminiamo a piede commentando
lietamente l’incantevole gita in automobile nella regione
dell’Alta Zambezia.
Boroma: Ecco la Chiesa che artisti devoti
hanno saputo innalzare a Dio sul declivio d’una verde
collina selvosa e ridente. È sera. Dal campanile della
Chiesa echeggia la squilla annunziante la fine della
giornata. È l’Angelus. Su per la collina ragazzi della
Missione si sono fermati e raccolti in preghiera. …
Accanto alla Chiesa sta la casa dei Padri, costruzione
grandiosa, lunghi corridoi, stanzoni larghi, à l’aspetto
di un convento. Fraternamente accolti dai due RRi.
Padri ci fu assegnata una stanza ove depositate le cose
nostre potemmo riposarci dalla stanchezza durante la
maratona automobilistica.
18
Che costruzione colossale! Il pensiero mi porta
istintivamente agli artefici di quest’opera immane,
indice della non comune competenza e grande operosità
della non comune competenza e grande operosità dei
R.R.i P.P.i Gesuiti che per il periodo di parecchi
secoli colonizzarono e cristianizzarono questa colonia
lasciando tracce indelebili d’una operosità non comune.
da Casa Madre 9/2012
La Repubblica li à voluti sfrattare. …”Il fiore dell’agave
quando fiorisce muore”. Mi vengono spontanee queste
parole pensando alla fioritura d’opere religiose di cui
pullulava questa stazione di Boroma al tempo dei PP
Gesuiti. La costellazione di scuole che irradiavano da
questo centro per un raggio vastissimo. Ed ora? “sunt
lacrimae rerum”. Il solo ricordo sussiste amareggiato
dalla triste realtà. …Fummo a visitare lo splendido
laboratorio. Il reparto meccanico è ciò che di più completo
si può desiderare. Il bravo Coad. Giuseppe assai
competente in materia si trova nel suo ambiente. Non
cessa d’osservare e ammirare tanta ricchezza di macchine
e si vario assortimento di ferri e strumenti. Oggi per
mancanza di mano esperta che attenda al regolare
funzionamento del laboratorio, vi è tanto da riparare!
17-2-1926: La mancanza di portatori ci à obbligati
ad un riposo forzato di oltre un mese nella Missione di
Boroma. Il 17 di Febbraio finalmente abbiamo il piacere
di fare la conoscenza coi nostri amici. Paiano tutti ben
allenati per la maratona…Assegniamo subito i carichi.
18-2-1926: Si parte. M’immagino che questa nostra
prima carovana sarà il collaudo dei garretti e della
pazienza. Il percorso è lungo, sono circa 400 km per
una strada a cui mancano i requisiti per essere chiamata
tale, resa peggiore dalla stagione delle piogge che rovescia
a torrenti. …Salutati i RR, Padri, ci separiamo con
rincrescimento dal R. P. Peyrani e dal carissimo Coad.
Giuseppe. Poco per volta la piccola colonia mozambichese
si va spezzando, distacchi dolorosi forse senza arrivederci
e a due a due andiamo scaglionati come gli apostoli, a
distanza di centinaia di km gli uni degli altri. I caravanieri
usati e adulti come la pista millenaria che percorrono si
sono messi in cammino. ..Alle 6 del pomeriggio giungono
a Marara gli ultimi portatori. Al tempo dei Gesuiti
qui v’era una scuola-cappella molto bene organizzata
con piccolo laboratorio. I tempi cambiarono, i Gesuiti
espulsi, le scuole si chiusero la più parte. Un giovane
catechista andò a procurarci latte e frutta, consumammo
allegramente la nostra caruncola.
3-4 – 3- 1926: Ci avviciniamo alla meta. Il terreno
sale leggermente con gibbosità lente, continue. Il terreno
è meno sabbioso, la foresta pare più fitta. A tratti
appaiono baobab inargentati, colossali e grotteschi, i
pachidermi della flora africana.
6-3-1926: Miruru! Un negro ci mostra con soddisfazione
montagne chiomate di verde e fumiganti di nebbie. “Sono i
monti di Zumbo” ci dice. Ci fa l’effetto d’un ricostituente
e ci da forza a superare la stanchezza che ormai dopo 17
giorni di marcia faticosa e lunga quasi ci opprime. Oggi
l’ultimo giorno di marcia si è battuto il record sui giorni
precedenti e si sono percorsi circa 40 chilometri. …Si
marciò di buon passo tutta la giornata. …La Chiesa
finalmente appare sull’alto della collina. “Miruru”
grida con entusiasmo Escrivão che l’à vista per il primo.
E la voce si ripete come parola d’ordine lungo la colonna
serpeggiante dei nostri uomini. Un soffio di corrente
elettrica pare dia forza a quei corpi indolenziti dal lungo
viaggio e acceleriamo il passo al ritmo d’una nenia lenta
e monotona. Finalmente si giunse. Furono a incontrarci
i carissimi PP. Sandrone e Chiomio che già da alcuni
giorni erano arrivati. Ci pare davvero d’esser giunti in
una terra promessa. Dopo oltre 400 km di brughiera
folta e vergine foresta, questa stazione è un “resort”
incantevole, bellissimo. In una conca di smeraldo,
costellata d’abitazioni di indigeni, all’ombra di altissimi
kapock, quasi nascosta da una fitta selva d’aranci e
limoni che incessantemente le vaporano i loro profumi
e la fanno ricca dei loro ottimi frutti. …Costruzioni
tutte che hanno del colossale, dell’imponente. Chiese che
come questa bellissima a tre navate, puro gotico senza
applicazioni o riduzioni d’africanismo, potrebbero stare
benissimo in qualunque città d’Europa.. i Gesuiti le
seppero costruire nel cuore dell’Africa senza comodità
di comunicazione e trasporti, lontani da tutto e da tutti.
Questa la nostra prima tappa in Zambezia. Regione
solcata da centinaia d’apostoli, ancora porta l’impronta
loro di civiltà e redenzione lasciata in solchi ancor umidi
dei loro sudori e delle loro lagrime. Noi coll’aiuto della
SS. Consolata ne saremo emuli e continuatori. Voglia
Ella benedire e confermare volontà e propositi dei suoi
alfieri. Il lavoro è arduo e lungo e faticoso. Raccogliere
il gregge disperso dopo anni e anni d’assenza dei Padri
di queste povere anime, e continuare l’opera costruttrice
che la guerra coll’espulsione dei Padri tedeschi successi
ai Gesuiti à troncato. Forti della benedizione d’Iddio
e della SS. Consolata che qui ci vollero si rialzeranno
pianticelle che il soffio impuro del male à guaste e perdute.
la mancanza di portatori fu lasciato a Boroma con P.
Peyrani…non abbiamo più notizie di P. Calandri e P.
Sperta.
Miruro a 6 ore da Zumbo a 2 dal fiume Luanqwa
è in luogo pianeggiante – e abbastanza aperto -. In
lontananza si scorgono i monti della Rodesia. Come
in tutta la Zambezia così costà non vi hà grande
popolazione e ancora costà vivono raggruppati, ciò
che da un lato facilita l’evangelizzazione. Ha Chiesa
magnifica a tre navate. La casa Padri in buon stato ha
una ventina di stanze. La casa suore abitabile. Ha pure
numerosissime stanze e cappella. È a un cinque minuti
dalla casa Padri. I fabbricati anticamente adibiti per
l’internato alcuni sono in rovina, altri ancora in buon
stato. Al laboratorio stan carri per buoi, macchina a
vapore che serviva per fare funzionare il mulino che
esiste tuttora e la sega, ma tutto sta sotto. Al Cimitero
riposano una dozzina circa di Missionari, Coadiutori
e Suore morti quasi tutti di black water. Il frutteto da
abbondantissimi aranci, limoni, papai, anana.
Cominciai a visitare i dintorni della Miruro le antiche
scuole ove stan numerosi cristiani, e restai confermato
nella prima impressione che gli indigeni cioè, non vivono,
ordine sparso, ma raggruppati da formare quasi tanti
paeselli. …Degli antichi fabbricati, eccetto che a Risiko
e a Nyabunduka, non esistono neppur le tracce. Dagli
antichi cristiani un 1800 circa come consta dai registri,
la maggior parte vive a queste out schools in passato 15
e più, distante anche da giornate intere dalla Missione.
…La poligamia ha fatto stragi e sono molti quelli che di
cristiani hanno solo più il nome. Appena potremo farci
capire cominceranno in turno a visitare regolarmente i
centri cristiani e a portare i conforti della religione a
quanti non possono arrivare alla Chiesa.
Siamo arrivati finalmente a Miruru: P. Chiomio, P.
Borello, Ch. Ghiglia ed io. Il nostro viaggio fu fatto
con due carovane: P. Chiomio ed io (4 Febbraio a 2
Marzo) a piedi poiché stavamo bene a Boroma. P.
Borello e Ch. Ghiglia (18 Febbraio-6 Marzo) con una
maxilla e bicicletta perché a Boroma avevano avuto
febbre. Il viaggio fu buono per gli uni, cattivo per gli
altri. P. Chiomio e Ch. Ghiglia se la cavarono con alcuni
giorni di febbre, a me vennero addosso tutti i diavoli
del Mozambico (dissenteria, febbre, emorroidi) e diedi
a fare al Rev. P. Chiomio, ma grazie ad una maxilla
che l’ufficiale di Cachomba m’imprestò potei arrivare a
Miruro ed ora la va già bene. Il Cd. Giuseppe causa
19
da Casa Madre 9/2012
Oggi, 14 Agosto 1926, possiamo finalmente esclamare:
“La SS. Consolata ci ha fatta la grazia” nella
vigilia della sua Assunzione di installarci nella
Missione di Miruru. La consegna ci fu finalmente
fatta….Il paese ci piace molto, e se la popolazione si
trova in centri distanti, il paese bisogna prenderlo come
si trova, ma è più numerosa di quanto sia creduta dagli
stessi ufficiali.”
Diversi esperti della missione dicono che, oggi,
è finita quest’epoca della missione. L’epoca
appunto della visita alle campagne, ai villaggi
abbandonati in territori immensi. Oggi, si parla
di missione di città, o meglio di periferia delle
grandi città. La sfida è aperta e importante, la
gente è sempre la gente ovunque, ma le cose
cambiano e le persone pure…
Alcune riflessioni
La gente del villaggio vive ancora al ritmo delle
stagioni e, pur nella povertà, conserva ancora la
sua dignità, custodisce e coltiva i valori culturali,
umani e cristiani che possono ancora insegnare e
trasmettere alle nuove generazioni. I missionari
in Africa soffrono del mal d’Africa. È vero, è
difficile che i missionari si riaccasino in Europa
dopo aver speso qualche anno in Africa. Si sa
quanto essi insistono per rientrare in missione,
perché ,dicono, non riescono più ad adattarsi alla
realtà di casa loro. Questo a ben vedere, e salvo
sempre qualche eccezione, avviene perché non
riescono ad accettare la nuova situazione della
pastorale delle loro zone d’origine. Si sentono,
se non proprio stranieri in casa propria, quanto
meno estranei alla nuova situazione.
a. Missione dono della vita: sempre e comunque!
Anche io mi sono trovato a rivivere e non
solo visitare ma ascoltare questo territorio che
evoca missione e storia di testimoni. La nostra
comitiva si è recata direttamente a Zumbu da
Tete. Partiti in mattinata alle ore 4, siamo arrivati
a Zumbu alle ore 17.00 circa. La strada molto
difficile, con passaggi veramente da camel
trofhy. Tuttavia arrivati a Zumbu la stanchezza
come d’incanto scompare perché ci troviamo
di fronte ad uno spettacolo incredibile. Siamo
sulle rive del fiume Zambezi in un angolo
formato da tre paesi diversi ed uniti dallo stesso
fiume: lo Zambia, il Malawi e, naturalmente,
il Mozambico. La gente è molto accogliente e
disponibile, soprattutto verso i padri, in quanto
sono da 36 anni che non ne vedevano sul loro
territorio e facevano, soprattutto i più giovani
fatica a capire chi sono i preti e chi è e che cosa
fa il vescovo!!! Il giorno dopo visitiamo Miruru,
prima missione fondata dai padri Gesuiti ed
abitata anche dai missionari della Consolata negli
anni 1925-1930. La missione è situata su una
collina, dominando la valle, è costituita da una
grande e bella Chiesa e una casa per missionari
addirittura di due piani, più distante la casa delle
Suore ed il cimitero. Impressionante e toccante
entrare al Cimitero e vedere ancora delle tombe
con dei nomi quasi irriconoscibili di missionari
e missionarie che alla giovane età di 28/ 32/
39 hanno dato la vita per la missione. Giovani
vite donate senza fama, ma con molto onore e
importanza agli occhi di Dio e del Regno.
b. Missione di campagna e missione di città. Ciò che
conta è stare con la gente!
20
da Casa Madre 9/2012
Oggi nella nuova situazione urbana tutto è
messo in discussione e quindi in crisi, e tutto
sembra cambiato: la gioventù è affascinata e
sedotta dalle luci della città e dagli specchietti
della cultura della globalizzazione che vede
imperante al centro delle città. La saggezza
degli anziani non riesce a farsi ascoltare. Un
vuoto si crea nelle nuove generazioni riempito
da valori che vengono da fuori, superficiali ed
effimeri: sono i nuovi idoli della città che per
i giovani funzionano da droga alienante e da
diversivo pericoloso che sbocca quasi sempre
nella violenza.
È vero che la cultura originaria non viene
cancellata dalla coscienza della gente: per certi
avvenimenti i cittadini, sia i politici che gli
intellettuali, ritorneranno sempre al villaggio!
Ma ormai la generazione presente e certamente
la prossima è rivolta alla città, ma tuttavia
in queste zone continuano a vivere delle
persone che, comunque sia, meritano la nostra
stima, attenzione e, per quanto è possibile,
consolazione. Beata la missione che segue la
gente e non le mode, che cammina con popoli
e non con le idee, che costruisce la storia con le
persone e non con i progetti e le previsioni.
c. Missione annuncio e presenza: l’unico e vero
protagonista è Gesù Cristo!
La missione è sempre annuncio della parola
di Dio, e solo alla scuola di Gesù possiamo
reimparare la missione come presenza,
condivisione e consolazione, il resto rimane
cammino.
San Marco scrive: “Egli (Gesù) percorreva
i villaggi all’intorno e insegnava”(6,6b). La
modalità d´essere di Gesù è essere missionario.
Andare, incontrare, insegnare, condividere
il sogno del Regno di Dio, annunciare il
volto di Dio Padre, offrire gesti di amore e
perdono, di fraternità e di inclusione a chi
era marginalizzato ed escluso faceva parte
dell´attività normale di Gesù! Era il suo pane
quotidiano. Fare la volontà del Padre nell´amore
ai semplici, agli ultimi, ai poveri e ai malati.
• Gesù condivide il sogno e la realizzazione
della missione con i suoi discepoli. Gesù
chiama i Dodici e li invia. La vocazione dei
discepoli è essere apostoli, cioè missionari!
• I dettagli della “valigia missionaria” cambiano
con i tempi (anche tra gli evangelisti stessi!),
ma lo “spirito” rimane! Andare senza riserve
di alimenti, soldi, o vestiario: due tuniche sono
considerate lusso eccessivo! È un appello forte
alla semplicità, alla libertà interiore e esteriore.
Non è bene portar con sé troppe sicurezze
economiche: le scorte di qualsiasi tipo
diventano fardelli tranne quelle di fede, amore,
entusiasmo, coraggio, speranza, gioia, fiducia.
• Il missionario vive di provvidenza e per
questo fa affidamento alla generosità delle
comunità di invio e di ricezione. Quanto è bello
vivere come ospiti, affidati all´altrui sensibilità!
• La semplicità dei mezzi favorisce
l´accoglimento del Vangelo nella sua integrità:
contenuto e forma vanno di pari passo! Che
guardando ai missionari risplenda il Vangelo
dell´amore semplice e gratuito e non lo
splendore dei loro mezzi. Non sempre come
missionari siamo riusciti a mostrare questo
aspetto della missione: le povertà economiche
altrui, il nostro maggior potere economico e
la fretta di risolvere i problemi hanno spesso
offuscato il valore della presenza e della
condivisione fraterna. A volte la missione
è diventata una forma di colonizzazione al
contrario, ma sempre nociva, che lascia le
persone dipendenti da aiuti che vengono da fuori.
• Attività dei missionari: incontrare le
persone. Se ci sarà accoglienza, bene. Se non
ci sarà, il rifiuto stesso sarà giudizio per loro:
che occasione persa! Il rifiuto non rimanga
però come incollato ai piedi e ai cuori; il
missionario vive in pace, offre pace e anche
se qualcuno lo rifiuta, prosegue in pace!
• Predicazione: il Vangelo conduce alla
da Casa Madre 9/2012
21
conversione, alla liberazione dai demoni-malipeccati-schiavitù-vizi-tristezze-chiusure. Che
bello riconoscere come la presenza di Gesù
trasforma la vita delle persone. Come sarebbe
totalmente diversa la nostra vita, se avessimo
scelto diversamente. Che esperienza di libertà
e di apertura al mondo intero! E quante volte
abbiamo potuto constatare con mano la
forza trasformatrice e liberante del Vangelo.
• Olio degli infermi o di cura: comunque sia, con
olio o senza olio, è evangelicamente necessario
prendersi cura per curare, per esercitare il
potere di Gesù in questo ampio, multiforme,
difficile ma anche esaltante compito di
liberare l´umo da tutte le forme di schiavitù.
I missionari portano il «lieto annuncio».
Devono farlo stando dalla parte di chi ha più
bisogno di essere sollevato, colmato di gioia,
anche alleviando mali fisici e morali causati da
malattia, emarginazione, povertà, ignoranza.
L’Allamano raccomanda di «stare con la gente»,
andare a trovarla dove vive. È l’espressione
del cuore compassionevole di Dio che diventa
consolazione. È un programma iscritto nel nome
stesso che i missionari portano: quello della
«Consolata». Sul modello di Maria sollecita del
bene dell’umanità, la missione tende a instaurare
il regno di Dio, che è amore, bontà, misericordia.
Le Costituzioni dell’istituto hanno accolto tale
istanza, proponendo di «essere presenti tra la
gente con cui lavoriamo in modo semplice e
fraterno, con contatti personali e con attenzione
ai loro problemi e necessità concrete». (
Costituzioni n. 73)
L’accoglienza è proprio africana, calda e
fraterna, e mentre cala la notte con le stelle che
stanno a guardare pensi alla tua terra: alla crisi
dell’Europa, allo spread e a tutto e ti domandi.
Che cos’è la vita e dov’è la parte migliore?
Onore ai testimoni e alla loro memoria! Viva
sempre e comunque la missione!!!
Roma, 31.072012, festa di Sant’Ignazio di
Loyola!
Coraggio, avanti in Domino!
22
da Casa Madre 9/2012
casa
generalizia
LUGLIO - AGOSTO 2012
P. Vedastus Kwajaba, IMC
Nei mesi di luglio e di agosto la comunità è ridotta
in numero di presenze. Oltre al periodo di riposo
e di ferie, diversi Confratelli approfittano per
espletare servizi religiosi particolari e prolungati
(ritiri,campeggi, animazione di Capitoli generali,
animazione missionaria).
Anche la Direzione generale ha programmato
diversi viaggi e periodi di assenza, per partecipare
alle Conferenze regionali in programma nelle
varie circoscrizioni e per visite alle comunità. I
padri Stefano e Marini visitano il Mozambico,
Pozzoli l’Italia e la Polonia, Stefano e Cogliati il
Congo, Stefano Pendawazima Marini e Medina
il Nord America.
L’ultima settimana di luglio ha visto tutta la
Direzione generale riunita alla Certosa di Pesio,
insieme alle Direzioni generali degli altri Istituti
Missionari italiani, per vivere insieme gli Esercizi
Spirituali, animati da P.Francesco Peyron.
23
da Casa Madre 9/2012
Sono stati numerosi i Confratelli e gli ospiti
di passaggio durante questo periodo: tutti
sono sempre benvenuti. P.Daudi Kuzenza,
missionario tanzaniano in Portogallo, è restato
con noi durante i due mesi per apprendere
l’Italiano e visitare i luoghi del Fondatore.
Abbiamo celebrato, nella festa della
Trasfigurazione, diversi anniversari religiosi,
augurando ai festeggiati le grazie di cui
necessitano. P.Fedrigoni ha celebrato 30
anni di ordinazione, I padri Kota,Karuthi,
Pendawazima e Wamunyu l’anniversario della
loro professione.
Nei giorni precedenti la solennità dell’Assunta
abbiamo avuto la gioia di accogliere tra noi P.
Piero Trabucco. Ha lasciato il Sud Africa per il
nuovo compito di Postulatore che lo attende. A
lui i nostri migliori auguri!
Nota triste di questi mesi è stato il ricovero in
ospedale di P.Michael Wamunyu, subito dopo il
suo ritorno da Torino. Ora è tornato tra noi e
gli auguriamo tanta salute.
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da Casa Madre 9/2012
Missionários da Consolata realizam
Conferência e atualizam sua Missão no Brasil
P. Jaime C. Patias, IMC
Os missionários da Consolata no Brasil
reunidos em São Paulo, entre os dias 17 e 24
de julho, realizaram a sua XI Conferência
Regional. A reunião máxima da congregação
no Brasil acontece a cada seis anos, com a
finalidade de atualizar as diretrizes e propostas
vindas do Capítulo Geral (o último foi realizado
nos meses de maio e junho de 2011, em Roma,
Itália).
Após apresentação dos relatórios sobre as
atividades das várias secretarias, guiados
pelo documento de trabalho, os cerca de
50 membros da Conferência se debruçam
sobre os temas da Identidade e Carisma,
Missão, Animação Missionária Vocacional, a
organização do Instituto no Brasil, a formação,
os leigos e a economia, a comunicação, entre
outros. Cada um dos temas foi estudado em
grupos de trabalho onde eram elaboradas
propostas e apresentadas em plenário. No final,
a assembleia aprovou um Documento com as
prioridades e propostas operativas que deverão
orientar os missionários da Consolata no
Brasil, nos próximos seis anos. “Missionários
da Casa Madre 9/2012
Brasile
vita nelle circoscrizioni
25
da Consolata no Brasil, ode está
sua Missão?”. Esta pergunta os
desafiava a permanecerem fiéis
ao carisma da Missão Ad Gentes
além-fronteiras, segundo o
espírito do Fundador, o BemAventurado José Allamano.
Brasile
Durante os trabalhos, a
assembleia recebeu também a
visita da Superiora Geral das
Missionárias da Consolata MC, Irmã Simona Brambilla,
e da Superiora Regional, Irmã
Edite Cobalchini que falaram
da
sua
recém-concluída
Conferência Regional. Irmã
Edite explicou que a reunião
se concentrou sobre três áreas
principais: reavivar a essência
da congregação; privilegiar a
comunidade; viver a Missão ad
gentes de forma inculturada.
Por sua vez, Irmã Simona
recordou os dois mandatos
principais do Capítulo Geral
das MC de 2011, quais sejam:
“renovar as Constituições e
redesenhar as presenças”. Em
2014 as missionárias terão um
Capítulo extraordinário para
aprovar as novas Constituições.
“Nos próximos seis anos, a Ásia
será o lugar prioritário para o
envio de novas missionárias,
e se possível, em comunhão com o IMC”,
garantiu a Madre Geral.
26
No dia 24, ao encerrar os trabalhos, o presidente
da Conferência, padre Elio Rama, Superior
Regional do IMC no Brasil agradeceu e fez um
apelo a cada um dos membros da Conferência
a assumirem com empenho e coragem o
Documento aprovado por unanimidade. “As
decisões que aqui tomamos é o início de uma
nova caminhada. A realização das propostas
depende da cada um de nós, certos de que não
o faremos sozinhos, mas protegidos pelo nosso
Fundador, o Bem-aventurado José Allamano e a
nossa Mãe Consolata”, sublinhou para Elio.
Vindos de Roma, o Vice-Superior Geral, Pe.
da Casa Madre 9/2012
Dietrich Pendawazima, o Conselheiro Geral,
Pe. Salvador Medina e o Administrador Geral,
Pe. Rinaldo Cogliati, observaram o desenrolar
dos trabalhos. Padre Medina destacou os
últimos acontecimentos no Brasil e no
Continente como espaços propícios à reflexão
desde a Cúpula dos Povos e a Conferência da
ONU na Rio + 20, os encontros das CEBs,
Pastoral Afro-americana, Pastoral Indígena e
Congresso Missionário. “Tudo isso ajudou a
confrontar com a Missão Ad Gentes, com a
identidade e o Carisma e a elaborar propostas
para concretizar as decisões”. Falou também
da corresponsabilidade na construção coletiva
do Projeto Regional que, segundo ele, “exigiu
um espírito de corpo com a participação de
todos”. Para padre Cogliati, a crise econômica
Na missa de encerramento, padre Pendawazima
exortou os missionários a passarem para a
outra margem do rio, a pesar das correntes e
ventos contrários. “A Conferência Regional
do Brasil está em sintonia com esta estratégia.
Isso exige disposição de todos para cumprir o
mandato do último Capítulo Geral de buscar
um caminho radical de conversão. Que esta
Conferência, a exemplo do que Maria fez, seja
um ato de fé que ajude a passar para a outra
margem”, destacou.
A Congregação fundada em Turim, no norte
da Itália, em 1901, conta hoje com mais de
mil membros provenientes de 21 países e
trabalhando em quatro continentes. O IMC
chegou ao Brasil em 1937 e conta hoje com
cerca de 50 missionários atuando nos estados de
São Paulo, Paraná, Bahia e Distrito Federal. No
Seminário Teológico Internacional do bairro
Ipiranga, em São Paulo, estudam 28 seminaristas,
na sua grade maioria vindos da África.
Brasile
mundial nos ensina que as soluções não estão
nos políticos, nem em técnicos, mas “na
austeridade de viver segundo as condições de
vida que verdadeiramente podemos. Não somos
governo nem banco, mas uma Comunidade
Religiosa e devemos ver quais são os supérfluos
que estão atrapalhando o caminho da Missão”.
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da Casa Madre 9/2012
COMUNICAZIONE
P. Sandro Carminati, IMC
L’estate, tempo di riposo, è un dono del Signore;
gliene siamo grati. Non dimentichiamo però di
sentirci solidali con le tante persone e situazioni
che non hanno la possibilità di un riposo, prima
di tutto gli ammalati e i sofferenti.
spirituale, tre giorni la settimana. Il p. Lino
Tagliani, che ha rinunciato alla parrocchia di
Santa Maria a Mare per salute, ha accettato
di prestare questo importante servizio. Gli
auguriamo buon lavoro.
Estate è anche tempo di numerose attività di
animazione missionaria e di impegni pastorali;
tutte opportunità per testimoniare in modo
più significativo il nostro impegno missionario
dentro la chiesa.
Tenuta poi presente l’indicazione del XII Cap.
(62,1), sono stati destinati i seminaristi che,
terminato l’anno di servizio, iniziano la loro
specializzazione in sedi diverse dal seminario
di Bravetta: ARAYA CARMONA JUAN
CARLOS, a Vittorio V/Nervesa, Facoltà
teologica del Triveneto, Padova; HANDINO
DANIEL MATHEWOS e OMONDI
NICHOLAS ODHIAMBO a Bevera, Facoltà
Teologica Italia Settentrionale, Milano;
LICONA SIERRA DAWINSO e ORERO
KENNEDY OWUOR a Rivoli, Università
Salesiana, Torino.
Il cammino della Regione, dopo la Conferenza,
prosegue illuminato anche dallo spirito che ci ha
accompagnato durante la stessa Conferenza e
dai suggerimenti che ci ha lasciato. Per adeguarci,
ad ogni Consiglio regionale ci troviamo nella
necessità di chiedere ad alcuni Confratelli
la disponibilità a cambiare di comunità o ad
assumere altri ruoli.
La Direzione è cosciente dello sforzo che ogni
volta richiede ai missionari, ma ci tiene a ribadire
che i cambi nascono non semplicemente da
emergenze non previste e sono in aumento, ma
soprattutto dal desiderio di favorire le condizioni
utili perché ogni comunità possa portare avanti
nella forma migliore il piccolo o grande progetto
comunitario missionario locale, per costruire
insieme fraternità.
Italia
Anche nell’ultimo Consiglio (2-3 luglio) la
Direzione è intervenuta con alcuni cambi e scelte.
Ringrazia pertanto le persone e le comunità per
la comprensione, la disponibilità all’apertura,
alla reciproca accoglienza nella verità e sincerità.
28
Destinazioni. Sono stati destinati: P. Coppola
Osvaldo alla comunità di Galatina; P. Redaelli
Enrico alla comunità di Bevera; P. Massa Giorgio
alla comunità di Platì; p. Tagliani Lino alla
comunità di Cavi. Sono stati confermati i Padri
Basso Gianni a Olbia e P. Paladini Fernando in
Casa Madre. Altre destinazioni sono ancora in
dialogo.
Il seminario interdiocesano con sede in
Alessandria, ha chiesto il servizio di un padre
da Casa Madre 9/2012
A- per la Ristrutturazione. Dal verbale n.6: “Il
Superiore della Regione Italia, nell’adunanza
del suo Consiglio del 2-3 luglio 2012,
nell’adempimento del mandato della III
Confer circa la necessità di nominare alcuni
Confratelli per lo studio della ristrutturazione
e ridimensionamento della Regione: …una
ristrutturazione infine non si improvvisa,
anzi ha bisogno di tempo di riflessione e di
studio perchè quando sarà tempo di agire o
la situazione contingente lo esigerà, si potrà
procedere con tempestività e competenza. A
questo scopo si ritiene importante che venga
nominata una Commissione ad hoc per lo
studio della ristrutturazione in generale, la
quale periodicamente informi la comunità
regionale sui vari progetti e ne accompagni il
processo esecutivo (cfr. cap. 3.B), e avuto il
parere favorevole del suo Consiglio, nomina i
Padri ZANNI ALDO, TREGLIA GIANNI,
GALEONE GIUSEPPE, MAGGIONI
EMANUELE membri di tale commissione.
La Commissione sarà coordinata dal p. Zanni
Aldo, Amministratore regionale.
missionaria, con la presenza di tre giovani
missionari dei quali due preparati in missiologia;
- la comunità di Vittorio Veneto/Nervesa, per
una nuova animazione nella dimensione della
spiritualità e con la collaborazione dei laici”,
per rispondere operativamente prima in forma
separata e poi nel confronto, alla proposta fatta
dalla Confer.
Italia
Commissioni. La III Confer ha incaricato la
Direzione di procedere alla conformazione di
due commissioni:
Le due comunità, separatamente prima e poi
insieme, inizieranno a pensare al progetto, a
riflettere e a sperimentare sul campo il mandato
della Confer.
Il p. Vincenzo Salemi che sta partecipando
all’esperienza di “nuova evangelizzazione”
nella parrocchia di San Eustorgio a Milano, è
disponibile per condividere l’esperienza con le
due comunità e collaborare nella riflessione”.
La Commissione, nello spirito della III Confer.
organizzerà, appena possibile, il suo piano di
lavoro avvalendosi, a suo giudizio, anche di
altri Confratelli ed esperti nel settore, seguendo
le indicazioni/criteri dati dalla Conferenza”.
B- per l’Equipe nuova Evangelizzazione. Dal
Verbale n.6: “La Conferenza ha chiesto che sia
costituito un gruppo/equipe di riflessione e che
elabori proposte sulla nuova evangelizzazione
e/o animazione. Cogliendo lo spirito della
conferenza stessa, questa equipe deve essere,
oltre che di riflessione, frutto di esperienza a
partire dalle attività delle nostre comunità. Per
questo motivo, più che incaricare dei missionari
per questo servizio, il Consiglio ha fatto la
scelta di incaricare:
Conclusione. A settembre, terminato il tempo
e le attività estive, riprenderemo i nostri impegni
di programmazione e di riflessione partendo
dalle indicazioni della Confer senza dimenticare
quanto il p. Generale ci ha scritto nella
conclusione della sua lettera di approvazione alla
nostra Confer: “La riflessione mira a individuare
le direzioni verso cui presumibilmente si dirigerà
la missione nel futuro. A noi pare che in tale
contesto la missione dovrà caratterizzarsi per
una forte testimonianza personale e comunitaria
di fede e di vita cristiana, per una testimonianza
di vita comunitaria interculturale, per una “nuova
formazione” e per una “nuova” AMV e per una
economia di comunione per la missione.”
- La comunità di Galatina, che lavora tanto
nell’ambito parrocchiale come dell’animazione
Il Progetto Missionario Comunitario di Vita, di
cui ne sentiamo la necessità e l’urgenza, dovrà
Per lo studio delle ipotesi di ristrutturazione
della Casa Madre, il p. Cacciari Silvano ha già
avviato lo studio con alcuni tecnici.
da Casa Madre 9/2012
29
chiesa, all’Anno della Fede; preghiamo perchè
questa iniziativa voluta dal Santo Padre diventi
anch’essa occasione per crescere nella lode e
nel ringraziamento al Dio della misericordia
che continua, attraverso la sua chiesa, l’opera
della redenzione del mondo.
In ottobre, oltre a viverlo come mese
missionario, ci apprestiamo ad aprirci, come
In unione di preghiera, un caro saluto.
Italia
proprio partire da una rinnovata volontà di
essere prima di tutto dei testimoni di vita, di
fede e di fraternità. Come Direzione ci siamo
proposti di aiutare le comunità, attraverso una
traccia di lavoro che sarà inviata, a fare una lettura
della propria realtà in vista della formulazione
del Progetto. Sarà questo progetto che durante
il prossimo anno sarà tenuto presente come
strumento di riflessione e di confronto.
L’abbondante materiale in preparazione al
Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione già
esistente e le riflessioni/conclusioni che
seguiranno, ci saranno di valido aiuto.
30
da Casa Madre 9/2012
Il mese di ottobre, sabato 13, ci troverà pure
riuniti in preghiera a Cuneo per l’ordinazione
sacerdotale del diacono Piero Demaria al quale,
fin d’ora, esprimiamo tutta la nostra gioiosa
vicinanza.
P. Diamantino Guapo Antunes, IMC
Passados quase noventa anos da sua chegada
a Moçambique, os Missionários da Consolata, optaram por fazer uma nova fundação
missionária. Seguindo as pegadas dos seus
predecessores, preparam-se para regressar à
actividade missionária na província de Tete,
onde já haviam trabalhado de 1926 a 1933.
Nestes dias, o Superior Geral dos Missionários
da Consolata, P. Stefano Camerlengo,
acompanhado pelo Bispo de Tete, D. Inácio
Saúre, visita alguns lugares de primeira
evangelização, possíveis campos de trabalho a
assumir pelo Instituto num futuro próximo. Terminada a VIIIª Conferência Regional dos
padres da Consolata de Moçambique, realizada
no Centro de Guiúa, de 2 a 12 de Julho, os
missionários regressaram já às suas missões. Na bagagem levam indicações precisas para
continuarem a ser uma presença missionária
significativa no meio do povo e ao serviço da
Igreja local. A Conferência Regional reafirmou
a evangelização dos não cristãos como sua
finalidade específica em Moçambique, que
deve ser actualizada nos vários contextos da
missão, em cada Diocese. Depois de tantos
anos de actividade missionária nas missões das
dioceses de Lichinga, Nampula, Inhambane
e Maputo, os Missionários da Consolata
preparam-se para re-iniciar a sua actividade na
Diocese de Tete. Tratou-se da aceitação dum
convite do Bispo de Tete para assumir algum
compromisso pastoral na sua Diocese.
Na Conferência Regional, ficou decidido que,
no próximo ano, serão enviados para Tete dois
missionários que se irão juntar ao Padre Franco
Gioda, que já se encontra a trabalhar com Dom Inácio Saúre, missionário da Consolata
nomeado Bispo de Tete no ano passado. A Diocese de Tete, que celebra este no 50 anos de
vida, é uma das mais carenciadas de Moçambique.
A Diocese conta com 27 missões, sendo apenas
13 com missionários residentes, as restantes
são assistidas esporadicamente por equipas
missionárias itinerantes, enquanto outras estão
simplesmente abandonadas à sua própria sorte. A história dos Missionários da Consolata em
Moçambique é conhecida: a história futura irá
agora ser escrita. O que importa é não esquecer
que a acção missionária deve continuar a
contribuir para ajudar esta Igreja local a crescer
e a amadurecer até caminhar com as suas
próprias forças.
da Casa Madre 9/2012
Mozambico
Regresso a Tete dos imc
31
Missione di monitoraggio in Kenya
dell’ufficio progetti
Chiara Giovetti
Giugno – luglio 2012
UGCM
Durante i mesi di giugno e luglio sono stata
impegnata in una missione di monitoraggio in
Kenya. Questo tipo di missioni fanno parte del
lavoro dell’ufficio progetti di Missioni Consolata
Onlus (MCO) e sono i momenti di verifica sul
campo in cui è possibile fare il punto si progetti
in corso e raccogliere informazioni per quelli
futuri.
32
Da Nairobi a Maralal passando per
Mombasa
Il viaggio comincia da Westlands, alla Casa
Regionale, movimentata dal consueto via vai
di missionari e amici di IMC, e subito continua
verso Mombasa dove, grazie alla generosità di un
donatore privato, è stato possibile ristrutturare
tre asili intorno a Likoni. Dopo Mombasa e un
rapido passaggio per Nairobi, il vice-superiore
della Regione Kenya, p. Zachariah King’aru,
e Naomi Mwingi, responsabile dell’ufficio
da Casa Madre 9/2012
progetti dell’IMC Kenya, mi accompagnano
per una settimana di viaggio che ci porta a
Rumuruti, Maralal, Isiolo, Mukothima e Sagana.
A Maralal, Monsignor Virgilio Pante e p. Angelo
Riboli, come sempre squisiti padroni di casa,
illustrano l’avvio dei lavori del progetto per
l’Irene Girls’ Training Centre (IGTC), scuola
professionale per ragazze che si trova proprio di
fronte alla sede della Diocesi e che è diretta da
Suor Rosa Waeni, missionaria della Consolata.
La Diocesi, attraverso l’ufficio progetti di
Missioni Consolata Onlus, ha chiesto e ottenuto
un finanziamento dalla CEI per la costruzione
di nuove aule e l’ammissione di nuove allieve
all’IGTC, che rappresenta una delle poche
opportunità per molte giovani di formarsi come
segretarie, sarte, cuoche e personale di sala.
Le difficoltà sono tante”, spiega Suor Rosa,
“molte ragazze in città credono che studiare
qui serva per andare a fare le donne di servizio
UGCM
nelle case dei ricchi. Per fortuna il primo gruppo
di ragazze formate è appena tornato dallo
stage finale sulla costa, dove le allieve si sono
rese conto che potranno lavorare in strutture
altamente selettive e di qualità, guadagnando
bene e onestamente”.
I rifugiati di Camp Garba e i progetti agricoli
del Tharaka
Dopo Maralal è la volta di Isiolo. Durante la
sosta a Camp Garba, p. Simon Wambua e P.
Pietro Tallone fanno il punto della situazione
sull’emergenza rifugiati. La scorsa primavera
oltre tremila persone, quasi tutte di etnia
Turkana, fuggirono dai propri villaggi dopo gli
attacchi da parte dei pastori Borana e gli scontri
che ne seguirono.
Il Superiore Generale IMC, p. Stefano
Camerlengo, aveva scritto una lettera con
un appello a tutto l’Istituto per informare e
sensibilizzare sulla grave emergenza umanitaria.
MCO aveva poi lanciato una campagna per
fronteggiare l’emergenza e, grazie alla adesioni
di diversi donatori, era stato possibile acquistare
e distribuire generi di prima necessità. Allo stato
attuale l’emergenza sembra essere rientrata, ma
pochissimi rifugiati ha fatto ritorno alle zone di
provenienza. “La missione”, spiega padre Simon
Wambua, “cerca di incentivare i rientri fornendo
a chi accetta di tornare al proprio villaggio
il legno e mabati per ricostruirsi la casa, ma la
sicurezza non è ancora garantita e molti temono
nuovi attacchi”.
Dopo Camp Garba visitiamo Mukothima, nel
Tharaka, dove la locale scuola superiore aveva
ottenuto attraverso l’ufficio progetti di MCO
un finanziamento dalla Caritas con il quale
i missionari hanno realizzato un progetto di
irrigazione, poi ampliato grazie a un ulteriore
contributo di un’associazione calabrese. “Ora
vorremmo costruire un centro per l’informatica
e una biblioteca”, racconta Suor Idah, la preside
della scuola, “che siano fruibili dalle ragazze
della scuola ma anche dalle loro famiglie, dalla
comunità locale”. La realtà del Tharaka, spiega la
suora, è ancora molto chiusa e spesso le ragazze,
nonostante la formazione, si trovano a dover
fare i conti con un contesto tradizionalista che
limita le loro possibilità di aprirsi al mondo.
Il lungo cammino verso la pace
La missione si conclude con il monitoraggio
ufficiale da parte di una delegazione che
comprende MCO, funzionari della Provincia
Autonoma di Trento, membri dell’associazione
partner Africa Rafiki e p. James Lengarin in
rappresentanza dei missionari della Consolata in
Kenya. La delegazione riflette la composizione
del partenariato che sta portando avanti il
progetto Giovani Uniti per la Pace in Kenya,
finanziato dalla Provincia di Trento e con un
contributo della CEI. Il partner locale, oltre
ai missionari della Consolata, è l’ONG Youth
United for Peace in Kenya.
Il monitoraggio include la partecipazione a
quattro dei forum di riconciliazione – Githurai
Kisumu, Eldoret e Molo – che sono la principale
attività del progetto, il cui obiettivo è quello di
ricostruire il dialogo e la fiducia reciproca nelle
comunità che avevano visto l’emergere del
conflitto all’indomani delle elezioni del 2007.
La seconda fase, poi, prevederà la formazione
delle comunità in modo che queste siano
assistite nel loro sforzo di superare le divisioni
tribali e lavorare insieme alla risoluzione di
problemi comuni.
Terminata la missione vera e propria la
delegazione visita al Saint Martin di Nyahururu,
centro gestito dalla Diocesi. L’idea portante del
Saint Martin è che il target non sono le persone
bisognose e malate, ma quelle “sane” intorno
a loro. Prima di chiedere aiuti dall’esterno,
le comunità devono impegnarsi a cercare in
loro stesse le risorse per risolvere i problemi.
Applicando questo principio, e grazie al
sostegno di donatori e sostenitori, il Saint
da Casa Madre 9/2012
33
Martin – il cui slogan è Only through community,
solo attraverso la comunità – è riuscito a
creare una rete di circa un migliaio di volontari
che sono la vera spina dorsale dei progetti e
collaborano con le oltre novanta persone che
lavorano a tempo pieno nei cinque programmi.
Riflessioni e conclusioni
Il lungo cammino verso la liberazione dalla
dipendenza
Il progetto Giovani Uniti per la Pace in Kenya appare
come un’iniziativa sui generis se confrontata a
progetti più “classici” (scuole, ospedali, pozzi).
È infatti un intervento che punta molto su un
tipo di formazione che non ha a che fare con
una professione o con l’istruzione scolastica,
ma mira piuttosto ad aumentare nei beneficiari
la conoscenza della realtà socio-politica in cui
vivono e la consapevolezza dei propri diritti,
fornendo degli strumenti intangibili ma efficaci
per distinguere fra la propaganda asservita agli
interessi di questo o quel politico e il dibattito
politico serio che affronta problemi reali e
concreti del Paese.
UGCM
Un progetto come questo è difficilmente
“misurabile” nei suoi risultati: alla conclusione
delle attività, nel 2014, non ci saranno un
pozzo o un edificio da fotografare a riprova
dell’utilizzo dei fondi. Per questi motivi,
Giovani Uniti per la Pace in Kenya presta il fianco
alle critiche di eccessiva “teoricità” e vaghezza
dell’intervento. Tuttavia, occorre tener
presente che si sta sviluppando nei donatori
in Italia e nel nord del mondo in generale una
coscienza che predilige proprio questo tipo di
interventi dopo una riflessione sui limiti della
“cooperazione fatta con i container” e della
dipendenza che questa crea.
34
Gli atti del XII Capitolo generale IMC, in
diverse parti, riprendono temi e propongono
orientamenti che, al netto delle ovvie
differenze nel linguaggio, si avvicinano molto
a queste posizioni. Mi riferisco, ad esempio, ai
riferimenti all’”eccessivo fare” e al rischio che
“le troppe attività vadano a scapito della qualità
dell’operare” (pag. 16 degli Atti Capitolari,
versione italiana), oppure alle sfide individuate
dal capitolo per quanto riguarda l’economia di
comunione per la missione (pag. 27).
da Casa Madre 9/2012
Il lavoro sui progetti in Kenya
La regione Kenya è stata senz’altro una delle
più attive in questi quasi cinque anni di attività
dell’ufficio progetti. Certamente, la presenza
di un ufficio progetti regionale a Nairobi,
con un responsabile a tempo pieno, è stata
determinante nel favorire questo percorso
e la volontà dei consigli regionali che hanno
creduto e credono in questo modo di lavorare
ha facilitato enormemente il lavoro dell’ufficio
progetti di Roma e il successo nell’ottenimento
di fondi.
I progetti che ho visitato mostrano una maggiore
consapevolezza del mutato modo di concepire
la cooperazione e suggeriscono che il concetto
di “fare”, in Kenya, sta cominciando a cambiare
in direzione appunto, di un maggior peso
attribuito al lavoro con le persone (potremmo
dire: sulle menti) e un minor peso riservato alle
cose, agli oggetti, alle strutture.
Ringraziamenti
Al termine di questo intenso mese vorrei
ringraziare di cuore il superiore regionale p.
Hieronymus Joya e tutti i missionari della
Consolata in Kenya che, come sempre, mi hanno
accolto con affetto e grande disponibilità.
Un particolare ringraziamento vorrei poi
rivolgere alle persone con le quali ho condiviso
più tempo e scambi di idee e, in particolare:
all’infaticabile p. James Lengarin, che mi ha
seguito e assistito anche da lontano come un
vero “angelo custode”, a p. Gerardo Martinelli,
fonte inesauribile di informazioni, spunti di
riflessione e simpatia, a p. Pietro Guerini per la
che mi hanno dimostrato, a p. Franco Cellana
per il suo entusiasmo contagioso. Un pensiero,
infine, va ai missionari congolesi, i pp. Nestor
Nkulu, Jean Marie Bilwala, Simon Tshiani e Fr.
Patrick Kambale, che conosco da tanti anni
e ai quali non mi è stato purtroppo possibile
dedicare tutto il tempo che avrei voluto.
UGCM
pazienza e il supporto nelle questioni logistiche,
a p. Zachariah King’aru e a Naomi, che mi hanno
accompagnato per un’intensa settimana di visite,
a p. Angelo Riboli per l’accoglienza, l’efficienza
e le numerose occasioni di condivisione, ai pp.
Simon Wambua e Pietro Tallone per la passione
e la dedizione con cui stanno affrontando la
difficile situazione dei rifugiati e la disponibilità
35
da Casa Madre 9/2012
vita nelle comunitÀ
COMUNICAZIONE DI VITA E DI FEDE
P. Manuel Grau, IMC
Eccomi di nuovo, dopo una parentesi un po’
lunga, per continuare a mantenere con voi
questa semplice comunicazione che vuole
essere uno scambio di notizie, di vita e di fede.
Dianra
Questo periodo di silenzio è stato dovuto,
innanzitutto, ad alcuni problemi di salute, non
gravi, che mi hanno costretto a passare quasi
due mesi in Spagna. Tutto è andato bene, grazie
a Dio. Adesso, la salute va meglio.
36
Quest’anno pastorale, appena finito, è stato
intenso, pieno di attività, cambiamenti di
persone e situazioni non previste che hanno
messo alla prova la nostra capacità di accogliere
il nuovo e l’imprevisto che ci arriva, compresi
anche i problemi di salute. Veramente, cogliere
la nostra fragilità o sentire e accettare la
disproporzione delle nostre forze ci aiuta anche
a crescere. In questo momento, la comunità di
Dianra è composta di tre missionari: P. Matteo,
italiano, P. Ramón, spagnolo ed il sottoscritto.
La missione non è sempre un cammino di
successi scontati, la risposta che ci si aspetta
non si trova sempre, secondo i nostri schemi.
Troviamo molto sovente un’adesione di fede
iniziale, insieme a tante altre motivazioni che
bisogna anche cogliere ed accompagnare. Una
fede convinta, che impegna la vita, è più difficile
da Casa Madre 9/2012
ma, ringraziando Dio, non mancano persone
de una fede solida e trasparente, come quella
delle persone che provocavano l’ammirazione
di Gesù: “Donna, la tua fede è grande” (Mt
15,28). La missione, vissuta come sequela di
Gesù ci fa provare i suoi stessi sentimenti: lode
al Padre ed esultanza per la fede dei piccoli
(cfr. Lc 10,21), compassione verso le folle
stanche ed abbandonate come pecore senza
pastore (cfr. Mt 9,36) o anche lo stupore per
la mancanza di fede e la ricerca di segni per
credere (cfr. Mc 6,5-6). 8,11-12) Tutti questi
sentimenti ci accompagnano nella quotidianità
di una missione che ci mette sulle orme di Gesù
Dianra
e che ci richiede di rimanere vigilanti.
Anche le nostre iniziative di promozione umana
e sociale hanno, da parte nostra e dalla parte
della gente, una varietà di aspetti che mette in
evidenza il desiderio di soluzioni facili e senza
sforzo, il saper camminare, nel nostro caso, al
ritmo degli altri, o l’impegno serio di qui vuole
crescere e cambiare le proprie condizioni di
vita. Non ci mancano esempi incoraggianti
nelle nostre attività e progetti, sovente tra i
non cristiani. Un giovane musulmano ci a reso
una bellisima testimonianza del valore dei corsi
serali di alfabetizzazione mentre facciamo fatica
ad incoraggiare la partecipazione dei nostri
cristiani.
Con la festa patronale de San Paolo Apostolo
abbiamo concluso l’anno pastorale ed anche
la celebrazione dei dieci anni di vita della
parrocchia di Dianra. Questa celebrazione è
stata accompagnata da una novità importante: la
nostra parrocchia, giovane di dieci anni, genera
una nuova parrocchia. Il nostro vescovo a
deciso di creare la parrocchia di Dianra Village,
dedicata a San Pietro Apostolo, dividendo in
due l’attuale parrocchia e affidandola anche
ai Missionari della Consolata. In questa
celebrazione abbiamo ringraziato Dio per tutto
quanto Lui ha voluto realizzare con noi, con la
nostra gente. Abbiamo ricordato tante persone
che hanno contribuito dedicandovi vita, tempo,
salute, aiuto materiale, preghiera. A tutti loro, a
tutti voi diciamo un grazie di cuore.
Ci auguriamo di poter continuare a camminare
insieme, stringendo sempre di più i legami della
nostra comunione e della nostra amicizia.
37
da Casa Madre 9/2012
Bênção da nova capela de Nhaduga,
Paróquia de Guiúa-Inhambane
P. Diamantino Antunes, IMC
Na aldeia de Nhaduga, Paróquia de Santa
Isabel do Guiúa, Diocese de Inhambane, a
comunidade reuniu-se em festa para celebrar a
inauguração e bênção da nova capela que tem
como padroeiro São José.
A comunidade teve início com a fundação da
Escola Primária de Nhaduga em 1955. Esta
funcionava também como capela aos domingos,
até à nacionalização da escola em 1975.
Guiua
Os tempos difíceis da revolução socialista e
ateia desorganizaram a vida da comunidade que
deixou de ter lugar fixo para rezar, socorrendose das sombras das arvores As restrições
religiosas e a devastação infligida pela guerra
civil em, seguida que levou à dispersão dos
crentes.
38
Porém, com o fim da guerra, em 1992, a
comunidade cristã de Nhaduga reconstituise e construiu a sua palhota-capela, a qual
se tornou pequena à medida que os fiéis se
organizavam e cresciam em número. Em 2006,
sendo pároco do Guiúa
o P. Sandro Faedi, foi
construída uma nova
capela. Todavia, com o
crescimento do número
de baptizados e de
catecúmenos na capela
tá não havia espaço
para todos. Em 2011
decidiu-se a construção
de uma capela ampla e
em alvenaria. O trabalho
arrancou no início deste
ano com a colaboração
de todos.
O Bispo de Inhambane,
D. Adriano Langa,
da Casa Madre 9/2012
inaugurou e benzeu a nova capela e expressou o
desejo: “que esta igreja possa tornar-se pequena,
sinal de que o caminho que esta comunidade
começou e consolidou, continua e se multiplica”.
A inauguração da capela de Nhaduga foi uma
das muitas actividades realizadas ao longo
da visita pastoral do Bispo de Inhambane à
Paróquia de Guiúa. Durante a visita pastoral,
que durou uma semana, D. Adriano Langa
teve oportunidade de reunir-se com os
responsáveis das 14 comunidades cristãs e os
catequistas na reunião do conselho pastoral
paroquial, encontrar-se com os membros dos
diferentes movimentos de apostolados dos
leigos existentes na Paróquia. Visitou ainda 5
comunidades cristãs onde celebrou a Eucaristia
e administrou o sacramento do Crisma a 160
jovens e adultos. A Paróquia de Guiúa foi
fundada pelos Missionários da Consolata no dia
4 de Julho de 1973. A sua criação e a sua história
está ligada ao Centro Catequético do Guiúa, que
este ano celebra 40 anos de existência.
P. Marco Turra, IMC
Già è passato un anno da quando sono stato
ordinato prete nella parrocchia di Kidamali, il 12
luglio del 2012, insieme ad altri quattro giovani
della diocesi di Iringa. Così abbiamo deciso di
ritrovarci tutti a festeggiare nella parrocchia di
Itengule-Malangali, antica missione appartenuta
ai missionari della Consolata e consegnata nel
1965 alla diocesi di Iringa. Insieme ai miei
compagni di ordinazione, sono venuti con
me Simon, nostro teologo del seminario di
Nairobi, il quale e’ qui in Tanzania per una breve
esperienza pastorale, e Ivan, filosofo del nostro
seminario di Morogoro, originario della diocesi
di Iringa, parrocchia di Ifunda.
Per me e’ sempre un’emozione visitare le nostre
antiche missioni e ritrovare dopo tanti anni
i segni della nostra presenza: a Malangali c’è
una bella chiesa, grande, costruita come la casa
parrocchiale con mattoni a vista. L’impressione
e’ sempre di una rassicurante solidità, anche se gli
interni richiederebbero continua manutenzione
e miglioria, ma si sa, qui le risorse sono quelle
che sono. Dietro la chiesa, c’e’ anche la tomba
di un nostro missionario, p. Domenico Basso,
morto nel 1959.
Il momento centrale della festa e’ stato
naturalmente l’eucaristia, concelebrata da tutti
e cinque insieme al parroco e al collaboratore
della parrocchia. Mi hanno chiesto di predicare:
non so perché’ abbiano scelto me, forse per
sottolineare la mia presenza come missionario, e
la responsabilità che deriva da questa vocazione,
quella di annunciare il Vangelo in ogni situazione,
anche oltre i nostri limiti di origine, lingua e
tradizione culturale. Nell’omelia ho ricordato un
aneddoto che mi capitò molti anni fa: un prete
che festeggiava sessant’anni di ordinazione mi
disse questa frase: “La vita e’ breve, ma le ore
sono lunghe”. Questo mi ha dato la possibilità di
ricordare la brevità del periodo sin qui trascorso
come preti, solo un anno, ma anche la lunghezza
che sicuramente ognuno di noi ha già constatato
di alcune drammatiche ore delle nostre brevi
vite. Quando abbiamo pregato e vegliato un
ammalato, quando abbiamo intrapreso lunghi
Iringa
Festeggiamo un anno di ordinazione
viaggi per raggiungere i fedeli a cui siamo stati
destinati, nelle difficoltà del lavoro, nella fatica
a raccogliere frutti, nei piccoli e grandi crucci
delle nostre esistenze. E con tutto questo
siamo venuti a Malangali, ci siamo ritrovati qui
dopo un anno, per ringraziare Dio per questo
grande dono, il ministero di prete. Ho parlato
anche del senso di paternità che ci è stato
attribuito con questo ministero: uno solo e’ il
padre, e’ Dio che e’ nei cieli, ma noi in qualche
modo lo rappresentiamo, o meglio, cerchiamo
come Gesù di compiere ogni sforzo perché’
le persone attraverso i nostri gesti e le nostre
parole, si possano ritrovare avvolti dall’amore
di quell’unico Padre a cui tutti tendiamo.
Dopo la messa, abbiamo visitato la vicina
scuola secondaria da poco aperta dalla diocesi
di Iringa. Siamo stati condotti da p. Shija, prete
diocesano che si occupa a tempo pieno della
scuola per offrire ai giovanissimi studenti una
formazione all’altezza dei tempi. Ognuno di
noi ha incoraggiato gli studenti, attentissimi
e curiosi di ascoltare questi cinque giovani
da poco diventati preti, a profondere la loro
vitalità nello studio e nella propria crescita
umana e spirituale.
La festa si e’ conclusa con un bel pranzo
condiviso con un gruppetto di Cristiani
di Malangali e, dopo il pranzo, abbiamo
apprezzato l’ospitalità della gente che ci ha
mostrato la propria gioia con il “kiduo”, tipico
ballo della tribù dei Wahehe.
da Casa Madre 9/2012
39
Agosto in Polonia
P. Abebe Ashenafi Yonas, IMC
Agosto è un mese speciale per tanti polacchi.
E’ un mese di vacanze, ma anche mese di tanti
pellegrinaggi. Dal 25 maggio al 14 agosto ben
168 pellegrinaggi a piedi sono giunti al santuario
della Madonna Nera da agni punto della Polonia
per un totale circa di 104.500 persone. I dati sono
ufficiali del santuario perche tutti i participanti
sono iscritti ufficialmente. Inoltre, sempre in
questo periodo, altri 66 pellegrinaggi sono giunti
in bicicletta. Ancora 7 pellegrinaggi di corsa,
cioe marciando e 2 a cavallo. Da Varsavia ben
5 pellegrinaggi arrivano per un totale di quasi
20.000 persone.
Nel pellegrinaggio accademico di Varsavia, per la
32 volta si incaminano più di 3,000 giovani verso
Czestokova, sanctuario nazionale, dal 5 Agosto al
14 agosto, per affidare a Dio per l’intercessione di
Maria le questioni personali e comuni. Da quando
siamo arrivati quatro ani fa, agni anno vi abbiamo
participato. Cosi per la quinta volta siamo pronti.
Come ormai è tradizione, accompagniamo
il gruppo argento “SREBRNA”, uno dei 18
grupi que compongono questo pellegrinaggio.
Il gruppo argento proviene dalla parrocchia di
S. Pio in Varsavia e dalla communità giovanile e
amici della Consolata.
Warszawa
Per noi è realmente un’esperienza ricca. Come
sacerdoti si confessa molto e spesso si ascoltano
vere e proprie conversioni. Ogni giorno si fanno
conferenze camminando, si canta e si guidano
le preghiere, Rosario, Koronka alla Divina
Misericordia ecc... per noi è un campo opportuno
per l’animazione misionaria e vocazionale. Qui si
conoscono tantissimi giovani con i quali poi si
continua il cammino missionario ritornando in
città. Molti dei nostri provengono propio da qui.
Conosciamo quasi tutti gli oltre 60-70 sacerdoti
che accompagniano i diversi grupi. Molte volte
siamo invitati durante il camino in altri gruppi per
presentarci, condividere l’ esperienza missionaria
e animare con le preghiere e i canti missionari un
tratto del pellegrinaggio. Ormai in questo clima
ci sentiamo molto bene e ad agio! E’ una bella
occasione per ricordavi e affidarvi a Maria del
camino, anche noi chediamo vostra preghiera
cosi che possiamo eserci forti nel corpo e nello
spirito!
40
da Casa Madre 9/2012
P. Angelo Casadei, IMC
Vi scrivo da Quito la capitale dell’Ecuador
che si trova a 2800 metri sul livello del mare,
da una delle prime case dei padri Salesiani che
sono arrivati qui nel 1885, quando in Ecuador
vivevano un milione di abitanti, mentre oggi
ne conta 14 milioni dei quali 2 milioni nella
capitale senza contare i 3 milioni fuori dal paese.
Ecuador
Notizie dall’Ecuador
Vi domanderete perché sono qui.
Il mio superiore provinciale della Colombia
p. Joaquin Pinzon mi ha invitato ad
accompagnarlo a visitare le due missioni in
Ecuador che dipendono dalla Colombia.
Siamo partiti dalla parte amazzonica del paese,
che confina con la parte amazzonica della
Colombia, nella regione chiamata Sucumbio,
dove per 40 anni ha lavorato Mons. Gonzalo
López Marañon un vescovo che ha voluto
vivere e applicare il Concilio Vaticano II e le
varie conferenze Latino Americane, creando un
Vicariato (quasi diocesi) dove tutti partecipano
alla Evangelizzazione, togliendo le divisioni
in parrocchia e ponendo l’attenzione verso
la comunità cristiana e ciò che la caratterizza
appartenenti all’area indigena, i coloni coloro
che vivono nella frontiera, nella città… offrendo
così una pastorale adeguata alle persone.
Noi ci siamo impegnati con il vescovo nella
pastorale indigena per un un settore della
regione e la pastorale di frontiera nella parte di
confine con il vicariato di San Vicente Puerto
Leguizamo, mentre dalla parte colombiana con
la parrocchia di Puerto Ospina.
Abbiamo
incominciato il lavoro con molto entusiasmo.
Dopo poco tempo che siamo arrivati nel
territorio, il vescovo è stato rimosso per limiti
di età e al suo posto sono arrivati los “Heraldos
del Evangelio” una congregazione molto
ultra-tradizionalista, arrivata con lo scopo di
riportare il vicariato sul retto camino. Per farla
breve ciò ha creato un grande malessere nella
gente al punto che lo stesso Presidente della
Repubblica è dovuto intervenire e chiedere alla
Santa Sede di ritirare gli ultimi evangelizzatori
inviati e con loro sono dovuti uscire anche i
padri Carmelitani che avevano in mano il
Vicariato ed occupavano un ruolo importante.
Dopo questi fatti ci siamo accorti che la
pastorale indigena era rimasta totalmente
scoperta. Le stesse comunità ci hanno chiesto
di collaborare nella coordinazione della
zona. Oggi in questo accompagnamenti agli
indigeni di Sucumbio ci sono: P. Armando
Olaya, il diacono Julio Caldeira e il seminarista
Lawrence Ssimbwa, e dalla parte Colombiana
ci sono: il p. Antonio Benitez, p. Juan Antonio
Sozzi e la laica missionaria Maria Esperanza
Cordoba. La seconda missione che abbiamo in
Ecuador è nel cuore delle Ande a Licto nella
diocesi di Riobamba dove per 30 anni è stato
vescovo Mons. Leonida Proaño, un grande
difensore degli Indios d’Ecuador, è una diocesi
esclusivamente indigena. Ho letto molto di
questo grande Vescovo che ha fatto un processo
di conversione grandissimo. Formato prima del
Concilio trasformato dal Concilio Vaticano II e
dalle Conferenze Episcopali Latinoamericane,
ha fatto una scelta preferenziale per i poveri
e per gli indios dell’America Latina. Ha
incominciato ad ascoltare le persone indigene,
le comunità indigene, in una casa semplice ed
accogliente. Si è accorto dell’importanza del
trasmettere la fede dentro un cambio sociale
e ha fatto di tutto per elevare le comunità
indigene alla dignità umana. Per me è stata la
prima volta che mettevo piede in “Santa Cruz”
nei luoghi dove questo uomo di Dio ha tentato
da Casa Madre 9/2012
41
la trasformazione di una realtà ingiusta con la
forza della Sua Parola. Dopo 28 anni è ancora
vivo il suo ricordo. C’è un gruppo investigativo
che sta raccogliendo tutto il materiale e lo ha
ben catalogato ed esistono varie pubblicazioni
in merito.
Arrivando in questo paese ci si rende conto che
è totalmente diverso dalla Colombia.
L’ecuadoriano delle Ande è molto riservato,
però quando c’è qualcosa che non funziona
organizza manifestazioni che hanno destituito
più di un presidente. Si percepisce una grande
pace, è totalmente assente il conflitto armato
che c’è in Colombia. Da quando è al potere
l’attuale presidente Rafael Correa sembra che il
paese abbia avuto una ripresa straordinaria, lo
si vede nelle infrastrutture come le strade ben
asfaltate e in continuo aumento, ogni comunità
può presentare un progetto al governo ed è
garantito l’appoggio, l’educazione è gratuita e
per tutti ed è migliorata in qualità, la salute è
per tutti e l’attenzione è più efficiente. In questo
il presidente è stato aiutato con la scoperta di
nuovi pozzi petroliferi che aiutano questo paese
a progredire. Il pericolo è che con la fama che si
è fatta il presidente vuole governare a vita, ed ha
un stretto legame con il presidente Chavez del
Venezuela e con Cuba. Che cosa posso dire di
questa mia piccola visita in Ecuador. Condivido
3 considerazioni che mi fanno riflettere molto:
Ecuador
Mi ha impressionato la presenza indigena
che ha resistito per tanti secoli ad una cultura
dominante come quella occidentale e che deve
prepararsi al fenomeno della globalizzazione che
vuole uniformare tutti con il rischio di cancellare
tante ricchezze culturali importanti per l’umanità
ed è qui che gioca un ruolo importante la
formazione intellettuale e spirituale degli eredi
di queste comunità indigene. Nei pochi giorni
che sono stato con queste comunità indigene ho
percepito quello che tante volte mi ha detto p.
Antonio Bonanomi “gli indigeni sono il futuro
del continente Latino Americano” Stiamo
celebrando i 50 anni del Concilio Vaticano II,
a volte vedo che questa Chiesa di comunione e
partecipazione stenta ad andare avanti, sembra
che si voglia ritornare all’antico e cancellare
quegli sprazzi di incarnazione del vangelo nella
nostra era, in ogni caso la storia va avanti non
possiamo noi frenarla o perderci in nostalgici
rimpianti. Oggi la Chiesa non è la protagonista
in questo mondo moderno, deve essere una
levatura dentro la massa
Stando a Quito nella capitale ci siamo resi
conto della presenza di molti indios. Ci hanno
detto che su una popolazione di 2 milioni
300.000 sono indigene delle varie etnie, e
sarebbe interessante una nostra presenza
nella città accompagnando gli Indios immigrati,
e ci siamo resi conto che l’accompagnamento
della chiesa è minimo e sarebbe importante
aiutare la Chiesa locale in questo lavoro della
evangelizzazione della cultura indigena.
Concludo ringraziando il Signore per questa
opportunità che mi ha dato di conoscere
qualcosina di un paese così vicino alla Colombia
però allo stesso tempo molto differente,
l’Ecuador, sicuramente è una grande ricchezza
per America Latina e per il mondo intero.
42
da Casa Madre 9/2012
P. Giorgio Marengo, IMC
Lo scorso 17 giugno è stata per noi una
data particolarmente significativa: la nostra
piccola comunità cristiana di Arvaiheer infatti
è diventata ufficialmente parrocchia della
Prefettura Apostolica di Ulaanbaatar. Il vescovo
Wenceslao Padilla ha desiderato questo inizio
ufficiale della parrocchia in concomitanza con
le celebrazioni per il ventennale della Chiesa
nella terra di Gengis Khan. Solo nel 1992 infatti
entravano in Mongolia i primi tre missionari
cattolici, dopo che la Santa Sede aveva potuto
ristabilire relazioni ufficiali con questo grande
Paese dell’Asia centrale; veniva così a colmarsi
un grande vuoto storico, visto che passata
l’esperienza nestoriana e le legazioni pontificie
al tempo dei grandi Khaan medievali, non si
avevano più avuto tracce di vita ecclesiale in
queste terre. La nuova parrocchia, dedicata
a Maria, Madre di Misericordia, è un segno
di vitalità per questa giovanissima chiesa
particolare e noi siamo molto grati al Signore
per averci voluto parte di questo cammino di
evangelizzazione, che continua con rinnovato
entusiasmo.
Per noi concretamente questo cammino è
iniziato nel 2006, quando ci siamo trasferiti
ad Arvaiheer – capoluogo della provincia di
Uvurkhangai. Dopo aver trascorso i primi
tre anni (2003-2006) ad Ulaanbaatar per
l’apprendimento della lingua e lo studio della
realtà, ci siamo offerti di iniziare una nuova
presenza laddove la Chiesa non si era ancora
mai stabilita e il discernimento ci ha portati qui,
a 430 km dalla capitale, dove finisce una delle
pochissime strade asfaltate di tutto il Paese, ai
bordi del deserto del Gobi. Abbiamo allora
preso in affitto una locanda in paese ed avviato
le trattative per l’ottenimento del permesso
di svolgere attività religiose: si trattava di far
comprendere alle autorità locali l’identità e la
missione della Chiesa, oltre che di conoscere
la situazione locale e stringere relazioni di
amicizia e collaborazione. Dopo alterne
vicende e svariati traslochi siamo finalmente
giunti a Yagaan Tolgoi, il quartiere della
“collina rosa”, ai margini del centro abitato,
dove il comune nel 2008 ci ha assegnato un
terreno per svolgere le nostre attività. Già
dall’anno precedente, in un’altra zona dove
ci era stato temporaneamente concesso di
stare, avevamo iniziato ad incontrare la gente,
radunare i bambini per il dopo scuola e offrire
una semplice e discreta presenza di preghiera
e fraternità. Fin dall’inizio abbiamo scelto di
da Casa Madre 9/2012
Arvaiheer
INAUGURATA LA PARROCCHIA DI ARVAIHEER
43
renderlo sempre più vivo nei cuori di chi già
crede. La festa era iniziata il giorno prima, al
suono degli strumenti musicali tradizionali
di un gruppo di artisti locali, che nella nostra
gher dedicata alle attività ricreative avevano
offerto un piccolo concerto al vescovo e a un
ristretto numero di ospiti giunti dalla capitale; a
festeggiare la nuova parrocchia c’erano anche
la Madre Generale delle Missionarie della
Consolata, Sr. Simona Brambilla e la consigliera
Sr. Cecilia Pedrosa, che nei giorni precedenti
avevano potuto conoscere direttamente la
vita della nostra comunità ed offrire le loro
riflessioni durante la novena della Consolata.
Il 17 giugno dunque, in un clima semplice di
gioia, il vescovo è venuto a presiedere l’eucaristia
domenicale e a consegnarci l’atto ufficiale
che sancisce l’inizio della nuova parrocchia;
il testo, “dato presso la gher-chiesa dedicata
a Maria, Madre di Misericordia”, reca la data
del 20 giugno 2012: è infatti alla Consolata che
affidiamo questa nuova famiglia di credenti,
che la Chiesa ora riconosce ufficialmente e a cui
consegna il mandato di annunciare il vangelo e
Dopo la messa il vescovo ha anche benedetto
una statua della Consolata, fattaci arrivare
direttamente da Torino per il gentile
interessamento dei nostri confratelli (soprattutto
p. Carlo Garrone e p. Michelangelo Piovano).
E’ protetta da una nicchia posta al centro del
nostro terreno, ben visibile a chiunque vi entra
e realizzata dalla nostra gente, che nelle scorse
settimane si è data un gran da fare a raccogliere
pietre di varie dimensioni, prodigandosi per dare
Arvaiheer
svolgere le nostre attività in alcune gher, le
tradizionali tende in legno e feltro da sempre
utilizzate come dimora dai pastori mongoli. Sul
nuovo terreno abbiamo anche potuto costruire
una casa in mattoni, che in questi mesi stiamo
ampliando per poter accogliere il crescente
numero di persone che chiedono di venire a
trascorrere qualche tempo con noi missionari
e missionarie della Consolata. L’ampliamento
prevede anche una sala per la catechesi e le
svariate attività formative che offriamo. In
questi anni intanto si è formato un piccolo
gruppo di catecumeni, che a cominciare dal
2010 hanno ricevuto il battesimo.
44
da Casa Madre 9/2012
Arvaiheer
degna dimora alla statua; hanno persino preso
alcune zolle di prato dal fiume per trapiantarle
intorno al pilone e renderlo così il più bello
possibile. In una terra resa molto secca dai rigidi
inverni ventosi e dalla vicinanza del deserto, è un
segno molto bello vedere un piccolo fazzoletto
di prato verde! Anche questo aiuterà a trovare
attraverso Maria l’acqua viva.
Nell’omelia il vescovo ha incoraggiato la
piccola comunità a continuare in questo stile
semplice di testimonianza e annuncio, tradotto
in segni concreti di carità e compassione. Ha
inoltre sottolineato una caratteristica del nostro
apostolato: quella di viverlo in comunione,
missionari e missionarie che condividono gioie
e fatiche, manifestando in modo più completo
la missione della Chiesa. È quanto intendiamo
continuare a vivere, sperimentandone tutta la
ricchezza.
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da Casa Madre 9/2012
Congresso eucaristico nazionale
P. Francesco Bernardi, IMC
Comunione con Lui e con tutti
“Chi l’avrebbe detto, 50/60 anni fa, che la
Chiesa di Iringa avrebbe un giorno organizzato
e ospitato un Congresso eucaristico nazionale!
Oggi, per noi missionari di quei tempi andati,
è una grossa soddisfazione…”. Così si confida
con comprensibile orgoglio padre Egidio
Crema, un trevigiano ricco di 88 estati, di
cui 60 vissute sulle campagne e colline della
regione di Iringa, in Tanzania. Dicendo “oggi”,
padre Egidio si riferisce al 10 giugno scorso,
giorno della solenne chiusura del Congresso
eucaristico.
Una processione parte dalla maestosa chiesa
della Consolata di Iringa (dove il missionario
fu parroco per diversi anni) e raggiunge la
cattedrale della diocesi. è un corteo multicolore
e festoso di circa 7 mila persone, che si snoda
per tre ore attraverso le vie della città danzando
e cantando.
Iringa
Sulle onde di “Radio Maria”, padre Egidio
(ormai “in pensione”) segue con emozione lo
svolgimento dell’intero Congresso eucaristico
nazionale, iniziato il 6 giungo 2012, mentre a
Dublino (Irlanda) sta per celebrarsi il Congresso
eucaristico internazionale.
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da Casa Madre 9/2012
Circa 700 delegati, provenienti dall’intero
Tanzania, si danno appuntamento per quattro
giorni consecutivi in cinque saloni di Iringa,
divisi in altrettanti gruppi:
- i vescovi e i sacerdoti,
- i religiosi consacrati,
- i laici,
- i giovani,
- i bambini.
Ogni assemblea, guidata da un moderatore,
affronta e discute temi specifici, presentati
da vari relatori. Tre le relazioni principali
giornaliere, cui segue un dibattito. Gli interventi
sono anche “spettacolari”: gli oratori non solo
parlano, ma mimano, cantano e danzano, prelati
e preti compresi. Le relazioni pure lunghe:
troppo lunghe, secondo il cronista sottoscritto.
Infatti ogni intervento dura in media 90 minuti.
Però nessuno dice “beh!”. Neppure i giovani e i
bambini. Tuttavia non mancano occhi assenti e
teste sonnolenti.
Ecco alcuni temi trattati nei cinque gruppi:
- i religiosi affrontano “Vita consacrata e
missione della Chiesa”;
- i laici ragionano su “Eucaristia e sacramento
del matrimonio”;
- i giovani elencano “Le sfide di fronte alle tante
denominazioni religiose”;
- i bambini ricevono “Stimoli per l’educazione”.
Altri argomenti: “La venerazione dell’Eucaristia”,
“Eucaristia e unità della Chiesa”, “Eucaristia,
giustizia e dovere nel lavoro”, ecc. Tutti i relatori
e le relatrici sono tanzaniani.
Verso la fine del Congresso, sabato 9 giugno, i
700 delegati si ritrovano in assemblea plenaria
per ascoltare “i pensieri-chiave” emersi nei
gruppi, accompagnati da “proposte concrete”
Ad esempio: “i giovani possono essere ottimi
evangelizzatori dei loro coetanei” (pensierochiave); “i giovani approfondiscano la
conoscenza della loro fede attraverso lo studio
e la lettura” (proposta concreta).
Non mancano i rilievi critici: secondo padre
Francesco Bernardi, direttore della rivista
“Enendeni”, manca un “pensiero-chiave”
sul nesso tra Eucaristia e giustizia-e-pace:
padre Salutaris Lello Massawe, superiore dei
missionari della Consolata in Tanzania, lamenta
il silenzio sull’opera insostituibile dei catechisti.
Iringa
- i vescovi e i sacerdoti discutono “Eucaristia ed
evangelizzazione”;
Il Congresso eucaristico rappresenta una
grande sfida per l’intera Chiesa del Tanzania.
“Numerosi cristiani - dichiara ancora padre
Massawe - stanno perdendo la loro fede e
cadono nell’indifferenza. E, come se non
bastasse, molti cristiani sono diventati sincretisti,
ossia mescolano fede cristiana e stregoneria.
Il fenomeno dell’uccisione degli “albini” e di
anziani è inquietante ed eloquente…”.
Lo slogan del Congresso è : “Eucaristia,
comunione con Cristo e fra noi”.
Il cronista sottoscritto aggiungerebbe pure: “e
comunione con tutti gli uomini e le donne del
mondo”. Specialmente con gli impoveriti.
47
da Casa Madre 9/2012
CORDIALI SALUTI A TUTTI VOI
P. Noè Cereda, IMC In Madagascar l’anno scolastico non è ancora
terminato. Abbiamo ancora un mesetto di
scuola prima delle vacanze.
Tuttavia posso già fare una valutazione
dell’attività di questo anno scolastico che è
trascorso nella tranquillità. Nelle nostre scuole
cattoliche non abbiamo mai avuto scioperi o
disordini. e tutto egue la programmazione.
Ora gli scolari sono impegnati nella
preparazione degli esami di fine anno.
Ecco alcune fotografie delle nostre belle
scolaresche.
Abbiamo 5 grandi scuole: NOSY BE,
ALAKAMISY, ANDRANORO, ANDASIBE’,
MANDROSOA.
In uno dei suoi ultimi discorsi il Papa Benedetto
XVI ha detto:
“Il buio veramente minaccioso per l’uomo è il
fatto che egli non vede dove vada il mondo e
da dove venga. Che cosa sia il bene e che cosa
sia il male”
Non è facile per me vivere in mezzo alla miseria
di tutto un popolo.
Ebbene il popolo malgascio lo vedo contento
del poco che ha e non ha perso la speranza
nell’aiuto di Dio.
Madagascar
E noi, che non manchiamo di niente, ci diciamo
in crisi e vediamo nero e buio attorno a noi.
48
Per questo non mi perdo di coraggio e continuo
nel mio programma e vedo che gli amici non
mi hanno abbandonato e ringrazio il Signore.
Posso continuare a donare la bicicletta agli
scolari che abitano lontano dalla scuola, a dare
tutti i giorni il panino agli scolari ed a dare
un piatto di riso caldo con fagioli nelle mense
scolastiche.
Ora Vi dirò dei miei progetti che spero
realizzare durante le vacanze scolastiche.
da Casa Madre 9/2012
Il villaggio si chiama AMBANITSENA.
La scuola dovrebbe essere pronta per l’inizio
delle scuole in ottobre.
E’ una scuoletta di cinque aule, belle luminose.
In sostituzione di una vecchia scuola cadente.
3. Realizzare TRE AULE SCOLASTICHE di
SCUOLA MEDIA nel villaggio
di ALAKAMISY, rialzando di un piano una
costruzione già esistente.
Gli scolari sono talmente numerosi che non ci
stanno più nelle aule.
Madagascar
1. Spero di portare a termine il DORMITORIO
per le SCOLARETTE che abitano
lontano dalla scuola.
2. Vorrei costruire una nuova SCUOLA
ELEMENTARE sulla strada che da
TANANARIVE porta all’Oceano Indiano. Al
Km 23.
4. Nell’isola di NOSY BE le SUORE
DISCEPOLE hanno una scuola materna ed
elementare nel villaggio di ANDAMPY.
Orbene anche qui mancano due aule per la IV
e per la V elementare.
Ecco che abbiamo deciso di costruire DUE
AULE staccate dietro la scuola.
Sono 4 scuole che devo sistemare.
Fatte le aule dovrò sistemarle con tantissimi
banchi di scuola.
49
da Casa Madre 9/2012
MERRIVALE BIDS FAREWELL TO FR PIERO
STD Samuel- Francis Onyango, IMC
Merrivale
When he left Rome for his new appointment
to South Africa barely four years ago, Fr Piero
Trabucco was more than convinced that this
would be his last appointment as a missionary.
Having spent two decades in Rome and being
66 years old, he looked forward to spending
his sunset days in South Africa, doing what
he could before finally going on retirement.
But as things have turned out, he was wrong!
Interestingly, he remembers how he received
his appointment on November 2nd, whatever
that was meant to be is a matter of conjecture,
all we know is that November 2nd is All Souls
Day.
50
Fr Piero has spent most of his missionary life
in office, and so pastoral ministry was one the
things he missed as a missionary, and when
he got the opportunity, he did not disappoint;
he performed his duties with gusto. Together
with Fr Cassiano and the first six students to
Merrivale, Fr Piero pioneered the opening
of a new theologicum in South Africa. His
vast experience was an asset in establishing
Merrivale community from scratch. He has left
Merrivale a happy man even though his transfer
has happened rather too soon. At 70, beginning
a new office, a new job, something he never
did before remains his greatest challenge. He
jokingly said that may be once the founder is
canonized, he will be allowed to come back to
South Africa. It is not only the community of
Merrivale that will miss him, the delegation of
South Africa, the parishioners of St Martin de
Porres who described him as a good shepherd
and all those whom he had known during
his stay in South Africa will definitely feel his
absence.
Fr Piero’s farewell mass was celebrated
on 17th June by bishop Barry Wood, the
auxiliary bishop of Durban and the farewell
ceremony was attended by among others the
priest of the Anglican church and a number
of pastors within Woodlands community. Fr
Piero had struck a working relationship with
various pastors in Woodlands in the spirit of
da Casa Madre 9/2012
ecumenism. Together they organised joint
interdenominational prayers and worship,
Good Friday procession and joint spiritual
preparations for the feast of the Holy Spirit.
He has been a good example to us and a great
inspiration for all of us in formation and all the
Christians in the parish. Replacing Fr Piero at
the community and in the parish is Fr James
Githinji a man of vast experience too.
Such is the beauty of missionary vocation; just
when you feel that you are establishing your
roots, then comes the call to leave behind
everything and go to another land; it happened
to Abraham in the Old Testament, it happened
to the apostles during the time of Jesus and
it continues to happen even in our time. The
call to depart and leave for another mission
transcends human feelings. A missionary sets
out on a journey even when his human feelings
would rather push him to stay on. In conclusion,
Fr Piero says, ‘the mission is not ours, the
mission belongs to God. And so God is the
one addressing us, sending us and recalling us,
all we need to do is to open up to God and
try to do our best…’ We wish him a blessed
mission in Rome and also accord Fr James a
warm welcome as he embarks on his mission in
South Africa.
P. Daniel Wolde Sugamo, IMC
Encuentro y la comunión son las entrañas
de la Misión
Mexico
Fiesta de La Consolata
Aunque yo no era tan bueno, me acuerdo las
matemáticas cuando estaba en la secundaria y
me decían que una operación artimética es la
suma, dado que al sumar unimos cantidades.
Para sumar cantidades, vale la pena fijar en un
eje de integración, en función de este eje de
integración vamos sumando. Ésto facilita que la
integración sea una herramienta de matemática
poderosa. Pero al mismo tiempo recuerdo mis
estudios precarios de matematica, no era tan
fácil y tampoco he sido tan experto en integrales.
Pero qué importantes sugerentes y sencillos
habian detrás de estas poderosas herramientas!
Quien integraba, en el fondo, ya estaba sumando,
aunque no lo supiera.
Hasta aquí el cuento de las matemáticas.
El álgebra no nos dificulta para entender la
coordinación y articulación de nuestro quehacer
pastoral Consoladora y renovadora tanto con los
jovenes y como con el pueblo donde estamos
presentes.
Ahora bien, Si queremos multiplicar, necesitamos
no solo sumar, sino integrar. Sumar no siempre
es la operación más adecuada. En ocaciones lo
que tenemos que hacer es integrar. ¿Pero cuál
es el eje fundamental de integración? ¿Qué
metodos usar para sumar y así poder multiplicar?
Hemos de subrayar tres criterios que buscan
la integración y la aproximación en nuestro
quehacer pastoral Consoladora y renovadora en
el marco de la Fiesta “Nuestra”.
En primer lugar, para integrar bien nuestros
esfuerzos en pastoral en la tierra Mexicana,
hemos de tener en cuenta la propia identidad
de los sujetos y los grupos, lo que llamamos
Carisma. Dentro de este marco espiritual, válido
para todos los seguidores y seguidoras del Señor
Jesús, existen escuelas o líneas de espiritualidad
que se diferencian cuando enfatizan algún rasgo
específico de la persona de Cristo y hacen de
él el eje o hilo conductor de la vida personal
o de grupo. En esta línea de pensamiento
es que podemos hablar de espiritualidad de
la Consolata. Se trata de una línea que, sin
pretender ser una escuela, inspira hombres y
mujeres, misioneros y misioneras ordenados,
consagrados y laicos esparcidos por todo el
mundo. Pues, radicalizando lo que somos ( en
el sentido de ir a la raíz) sostenernos en ella y
aportar más y por eso queremos la Consolata,
la consolamos con nuestra vida y misión, tal
como los hijos buenos consuelan a sus madres,
y le celebramos hoy su fiesta, que es “nuestra
fiesta”. La fiesta de la “familia consolata”, pero
al mismo tiempo el carisma particular que
llevamos acabo con nuestro ser y quehacer, hay
que compartilo, hay que entregarlo a la iglesia,
en particular, de la que formamos parte. Pues,
nos enriquecemos siendo lo que somos.
Aunque el mero dia de la fiesta de la Consolata
era el 20 de junio, quisimos celebrar hoy el
sábado el 23 de junio con el pueblo, dado
que es el dia más adecuada para que todo el
pueblo participara y para hacer operación
de nuestras “matemáticas”, es decir, que la
Fiesta sea sumada, integrada y multiplicada.
da Casa Madre 9/2012
51
a la integración y a la multiplicación, el
testimonio público de la comunion a través de
las renovaciones de nuestros votos, no es la
superposición o uniformidad de gestos, usos
o maneras. El hecho de querer tender nuestra
mision hacia un mismo fin o meta y de intentar
llevar adelante algo juntos desde la pluralidad,
desde la internacionalidad es nuestro mejor
testimonio de comunión. De ahí la necesidad
de implicarnos en algo que todos consideremos
importante, la misión Consoladora.
Como enlace, se sumaron muchas personas
(niños, jovenes y adultos) de diferentes partes
de Guadalajara, en donde hemos echado
nuestras manos Consoladoras y renovadoras,
sembrando, cultivando, arando y regando con
nuestro Carisma misionera. Se integraron tanto
con nosotros ( los misioneros de la Consolata)
y como con el Pueblo San Antoneño pares de
personas provinientes de diferentes partes de la
ciudad como una familia viva y dinamica.
Mexico
En segundo lugar, para construir juntos
esa espritualidad, hemos hecho en el marco
de la Iglesia local, misionera e inculturada.
Acompañamos LA Virgen Consolata en el carro
alegorico en una procesion relativamente larga
y dinamica. Dado que todos pertenecemos a
una única Iglesia, extendida por todo el mundo,
concretada en una iglesia local. Por ello, unos
niños vistidos de diferentes colores, llevando
las semillas que respresanta los 5 continente y
signo de multiplicación, subieron en el carro
alegorico, mostrando su firme esperanza y
anhelo de salir de la Iglesia local a la Iglesia
Universal porque no se puede formar parte
de la Iglesia Universal si no se encarna en una
Iglesia concreta.
52
Niños, Jóvenes y adultos que se han identificado
con la espiritualidad de La Consolata
participaron muy activamente y dinamicamente
la procesion y la Santa Misa presedida por los
tres misioneros de la Consolata ( P. Rony, P.
Abishu y P. Daniel), por otros 3 sacerdotes
amigos de la Consolata, en total, 6 sacerdotes
celebraron y concelebraron.
En tercer lugar, para integrar las personas
provenientes y sumadas de diferentes lugares,
hemos de desarrollar el arte de la implicación y
de la aproximación. La llamada a la comunión,
da Casa Madre 9/2012
Hablamos de pluralidad, de construir la mision
de Mexico juntos y de compartir intensamente
un mapa de intentos. Reconocemos que
somos distintos y valorarlo es darse cuenta
de ese contexto de pluralismo, inculturación,
internacionalidad y multietinicidad. Construir
algo junto es un camino, una concreción
metodológica, es un camino de renovacion y de
conversión. Gracias el trabajo manocomunado,
hoy la Fiesta de Nuestra Señora de La Consolata,
se hizo en realidad.
Después de la Misa celebrada con una manera
netamente misionera, Como costumbre la gente
de san Antonio muy cariñosamente, brindaron
la cena para todas las personas, la cual tambien
fue acompañada con una banda de musica.
Disfrutamos todos y todas, y luego el mismo
pueblo brindó el huespidaje para más de 30
jovenes que vienieron fuera de San Antonio
a sumarse, integrarse y multiplicarse con la
espiritualidad de la Consolata.
Hablar de implicación, creo que hoy en dia es
un gran valor el ser capaces de implicar, de
incorporar fuerzas y confluir como misioneros.
Quizás sea uno de los carismas más necesarios
y desafiante en estos momentos en que vivimos.
Un desafio central en la misión debe centrarse
en encontrar, discernir y reforzar en el munod
la persencia de Cristo y la acción del Espiritu
Santo, verdadero protagonista de la Misión (XII
CG, N°36). Más que nunca, es el momento que
necesitamos, en todos los ámbitos, personas
hábiles en el arte de implicar. Creo que el grupo
de Imc en México está en camino recto de ser
capaz de formarse, formar y transformar como
o/y con las personas hábiles para esa fin.
P: Richard Larose, IMC
Non riesco mai a presentare in tempo il rapporto
annuale, è sempre la stessa cosa. Le continue
domande d’aiuto, i guasti, gli imprevisti sono
sempre più numerosi; più il nostro ospedale
si ingrandisce, più ci sono cose da fare. Come
potete constatare, il numero dei malati nel 2011
è notevolmente aumentato, il che vuol dire molte
più cartelle, molti più dati da raccogliere. E poi
c’è l’età!!!
Ogni anno devo scrivere più o meno le stesse
cose riguardo alla situazione socio-economica,
se qualcosa cambia è in peggio. Noi siamo
sempre isolati, le strade in realtà sono dei
sentieri, ma la crisi non ha bisogno di strade
per arrivare fin qui. Il prezzo del carburante
è proibitivo, 2,5$, al litro, a volte anche 3$. I
prezzi dei medicinali che possiamo acquistare
a Isiro sono ulteriormente aumentati e altri
da Casa Madre 9/2012
Neisu
RAPPORT ANNUEL 2011
DE L’HOPITAL NOTRE DAME DE LA CONSOLATA
53
sono introvabili. Rifornirsi a Kampala è molto
dispendioso a causa del costo del trasporto
che avviene per via aerea. I rari camion che
riescono ad arrivare a Isiro durante la stagione
secca restano in strada dalle due alle quattro
settimane, ammesso che non “ rendano
l’anima” prima di arrivare a destinazione. Ci
sono anche delle biciclette che ci riforniscono,
che percorrono fino a 700 km per arrivare a
destinazione, ma a quale prezzo? Al prezzo
della vita di qualche ciclista. Bisogna dire
che adesso ci sono sempre più spesso delle
moto che sostituisco le biciclette, può essere
un progresso. L’unica via regolare è quella
aerea, una volta alla settimana Isiro-KisanganiKinshasa, 500$ solo andata.
Malgrado una situazione che, sotto molti
aspetti, si sta degradando, l’ospedale Notre
Dame de la Consolata continua a giocare un
ruolo importante in campo sanitario nella
Provincia Orientale fornendo cure di qualità
e gode sempre di ottima fama, è apprezzato
dalle autorità nazionali. Noi facciamo dei
grandi sforzi per fornire una buona gamma
di medicinali a prezzi i più bassi possibili
e anche gratuitamente per i poveri che,
disgraziatamente, sono sempre più numerosi.
Neisu
Nel 2011, tra ottobre e dicembre abbiamo
dovuto affrontare una grave epidemia di malaria.
La nostra pediatria dispone normalmente di 36
posti letto, ma il numero dei bambini ricoverati
in quei mesi era compreso tra 150 e 180. E’ stato
necessario utilizzare due sale normalmente
riservate agli adulti e mettere due o tre bambini
per letto e anche tra il personale ci sono stati
molti casi di malaria. Dato il numero di ricoveri,
i medicinali comprati a Kampala (20000 $) in
Novembre sono spariti come neve al sole e ho
dovuto andare spesso a Isiro per acquistarne,
ma non sempre ho trovato tutti quelli di cui
avevo bisogno.
54
La malaria è causa di anemia e quando un
bambino, spesso malnutrito, si ammala, arriva
in ospedale quasi senza sangue. In alcune
giornate è stato necessario fare anche più di
venti di trasfusioni. Malgrado ciò la mortalità
è stata bassa e i decessi si sono verificati quasi
sempre prima che ci fosse il tempo di fare la
trasfusione.
da Casa Madre 9/2012
Noi continuiamo a potenziare la nostra rete
sanitaria su tutto il territorio a noi affidato,
territorio che ha una superficie di circa
2500 km2. Dopo aver inaugurato la nuova
costruzione del centro sanitario di Nembombi,
42 km a ovest di Neisu, grazie al Programme
Québécois de Développement International et
à Terre Sans Frontières, non ci sono state delle
nuove costruzioni anche se due posti di sanità
sono ancora in fango e paglia e almeno altri
due villaggi ci hanno chiesto di aprire un posto
sanitario. Questi sono progetti che realizzeremo
quando ne avremo le possibilità. Abbiamo
cominciato a scavare i pozzi in diversi centri e
posti sperando che i progetti saranno accettati,
e abbiamo anche comprato numerosi materassi
per i nostri centri.
Con grande gioia abbiamo potuto realizzare
il progetto che ci ha permesso di fornire una
moto a ogni centro e posto, indispensabile sia
per il trasporto dei medicinali che dei malati
da trasferire con urgenza in ospedale. Ciò è
stato possibile grazie al personale dell’ Hall
Notre Dame, le Coopératives d’ambulances du
Québec hanno finanziato l’acquisto di dodici
moto. Le prime sei sono arrivate in novembre,
con grande gioa dei nostri infermieri, le altre
in giugno. Sono necessarie molta pazienza e
perseveranza per realizzare completamente i
nostri progetti.
Il progetto della banca del sangue è iniziato
nel mese di luglio, ma bisogna ammettere che
non ha avuto la risonanza che noi speravamo,
soprattutto a causa della mentalità della
popolazione. La gente non ama lasciare una
parte di sé, il sangue, a qualcuno che potrebbe
fare loro un maleficio. Nonostante ciò, grazie a
dei benefattori abbiamo comprato un frigorifero
a pannelli solari che funziona da maggio 2011.
Abbiamo sensibilizzato i capi locali, ma la
risposta è stata scarsa, cercheremo altri mezzi per
far comprendere alla popolazione l’importanza
di avere una banca del sangue ben funzionante.
Noi continuiamo a sostenere degli studenti: un
medico che si sta specializzando in pediatria a
Kinshasa, uno studente in farmacia sempre a
Kinshasa, quattro in scienze infermieristiche
a Isiro. Sei giovani infermieri diplomati e un
medico neolaureato sono venuti a fare il tirocinio
Neisu
da noi e quattro sono stati assunti.
Ringrazio grandemente tutti i nostri benefattori
conosciuti e anonimi, attuali e precedenti, è
grazie a loro che abbiamo potuto ben attrezzare
il nostro ospedale e continuiamo a fornire un
servizio di qualità.
presentazione della
struttura
Posizione geografica
L’ospedale Notre Dame de la Consolata si
trova nell’area sanitaria di Neisu, nel territorio
di Rungu, nel distretto sanitario dell’alto Uélé,
nella Provincia Orientale della République
Démocratique du Congo.
L’ospedale è situato nel villaggio Ngbetu di
Neisu, a 2° di latitudine nord, in piena foresta
equatoriale, a 33 Km dalla città di Isiro, dove
ha sede l’ufficio centrale di coordinamento
dell’attività sanitaria dell’omonima zona sanitaria
urbano-rurale. Il clima è equatoriale con tre mesi
di stagione secca e nove di stagione delle piogge,
la popolazione vive dei prodotti dell’agricoltura
(arachidi, riso, fagioli, manioca), della raccolta
di banane, papaie, ananas e dell’allevamento di
bestiame di piccola taglia ( polli, maiali, capre).
Il collegamento con la città avviene
esclusivamente per mezzo di una strada di terra
battuta.
.
Storia
L’ospedale Notre Dame de la Consolata è
un’opera sociale dei Missionari della Consolata
che ha iniziato la sua attività come ambulatorio,
quando alcuni di loro si stabilirono a Neisu
aprendo una missione nel 1981-82.
Fu Padre Oscar Goapper imc, argentino, che
aprì l’ambulatorio. Resosi conto delle pessime
condizioni igienico-sanitarie in cui era costretta a
vivere la popolazione alla quale era stato inviato
come missionario, volle rispondere in modo
concreto alle necessità della gente. In quegli anni
chi era malato doveva recarsi a Isiro per essere
curato, ma, dato che ben pochi possedevano
i mezzi per farlo, nella quasi totalità dei casi,
malattia significava morte.
Quando P. Oscar aprì l’ambulatorio era
infermiere, successivamente, sotto la guida
del dottor Leta, fondatore della Clinique de
l’Est, ospedale diocesano di Isiro, imparò ad
eseguire interventi chirurgici di urgenza quali
cesarei e ernioraffie. Gli interventi venivano
eseguiti in una piccola costruzione in mattoni
precedentemente adibita a cappella e i malati
erano ospitati in capanne di bambù e fango.
Dato il numero crescente di malati che
venivano a farsi curare a Neisu, nel 1985 fu
iniziata la costruzione dell’ospedale che oggi
conta 146 letti.
Nel 1987 p. Oscar, desiderando offrire
un’assistenza sempre migliore ai malati, iniziò
gli studi di medicina presso l’università di
Milano, pur continuando la sua attività presso
l’ospedale, si recava periodicamente in Italia
a sostenere gli esami. Nel 1994 conseguì la
laurea “summa cum laude” e tornò a lavorare
da Casa Madre 9/2012
55
a tempo pieno a Neisu.
Purtroppo morì il 18 maggio 1999 in seguito
ad una breve malattia, all’età di 47 anni...
Dal 1996 al 2004, Neisu, come tutto il Congo,
ha conosciuto l’insicurezza della guerra
civile che per 8 anni ha insanguinato il paese.
Fortunatamente dal 2004 in poi è tornata
la pace e noi abbiamo potuto lavorare in
tranquillità, malgrado i numerosi problemi
dovuti all’isolamento della regione ed alle
conseguenze della guerra.
Le elezioni democratiche tenutesi nel 2006,
che si sono svolte, almeno nella nostra regione,
nella calma e nell’ordine, avevano suscitato
grandi speranze, ma purtroppo bisogna dire
che non si sono visti grandi cambiamenti.
Nonostante ciò la gente continua a sperare in
un miglioramento delle sue condizioni di vita.
Neisu
Il 13.12.2007, il vescovo della diocesi di Isiro,
l’ospedale di Neisu, pur essendo gestito e
mantenuto dai Missionari della Consolata, è
considerato ospedale diocesano, ha firmato
una convenzione con lo stato (convention
cadre de partenariat No MS 125/21/011)
che ha sancito l’integrazione dell’ospedale nel
sistema sanitario congolese. L’area sanitaria ha
il numero di codice 0504030114 e la struttura il
numero 051530.
56
da Casa Madre 9/2012
A tutt’oggi il nostro ospedale conta 5 medici, 51
infermieri (20 dei quali lavorano negli ambulatori
periferici) e 51 dipendenti impiegati nei servizi di
supporto.
L’ospedale dispone dei reparti di medicina interna,
pediatria, chirurgia, ostetricia e ginecologia, di
studi medici per le visite ambulatoriali, di un
laboratorio per gli esami ematici e batteriologici,
di un servizio di radiologia e di ecografia, di una
farmacia che provvede anche alla preparazione
di soluzioni per infusione endovena e di farmaci
galenici. E’ inoltre operativo, dato l’alto numero
di bambini malnutriti un centro nutrizionale,
Centro Bolingo, che prepara i pasti per la
pediatria, e per gli adulti affetti da AIDS e TBC
abbandonati dalla famiglia ( in Africa sono i
parenti che devono provvedere a fornire i pasti ai
malati). Sono attivi i servizi di medicina preventiva
ed igiene e sanità pubblica che comprendono le
visite pre-natali, le vaccinazioni, la promozione
dell’assistenza materno - infantile.
Necrologio
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P. OMAR JACINTO ANTONIO, IMC
Nato a Massangulo il 20 giugno 1978, frequentò le scuole elementari in paese, e le scuole medie a
Lichinga. Entrato nel seminario propedeutico di Nampula frequentò le scuole superiori e continuò
il ciclo di studi filosofici nel seminario IMC di Matola. Dopo l'anno di noviziato a Maputo, emise
la professione religiosa il 10 novembre 2005 e fu destinato al seminario di Nairobi per gli studi
teologici. Il 4 settembre 2011 fu ordinato sacerdote da Dom Francisco Lerma a Massangulo. Inviato
in Tanzania, svolse solo per qualche mese il lavoro missionario nella parrocchia di Kigamboni.
Dopo una breve malattia è deceduto il 24 Giugno 2012 presso l’ospedale di Aghakan a Dar es
Salaam, Tanzania.
Aveva 34 anni di età, di cui 6 di Professione Religiosa e 10 mesi di Sacerdozio.
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S. E. MONS. ANGELO CUNIBERTI, IMC
Nato il 6 febbraio 1921 a Mondovì Breo (Cuneo), fin da piccolo entrò nel seminario di Mondovì,
dove frequentò tutti i cicli di studio, teologia compresa. Il 29 giugno 1944 fu ordinato sacerdote
dal Vescovo della sua Diocesi e prestò servizio in diocesi come Vice Curato a Mondovì, a Ceva
e come Assistente spirituale di varie Associazioni diocesane. Entrò da sacerdote nell' Istituto e
dopo il noviziato alla Certosa di Pesio, emise la professione il 16 luglio 1952. Subito destinato alla
Colombia, fu vice cooperatore a Bogotà, direttore per sei anni della Casa Apostolica di San Felix
ed economo regionale a Bogotà, dal 1059 al 1961. In questo anno fu consacrato Vescovo per il
Vicariato di Florencia. L'ordinazione avvenne a Roma il 21 maggio 1961. Rimase a Florencia fino al
1978, svolgendo una mirabile attività pastorale e sociale. Terminato il mandato a Florencia si stabilì
a Bogotà dal 1978 al 1984. Tornato in Italia, aiutò nella diocesi di Mondovì, risiedendo nelle nostre
comunità di Fossano e Alpignano.
Deceduto nell' Ospedale di Rivoli il 26 giugno 2012, fu sepolto nel cimitero di Mondovì.
Aveva 91 anni di età, di cui 59 di Professione Religiosa, 68 di Sacerdozio e 51 di Episcopato.
59
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Sommario
Berber
by Hannah Hem
DIVENTARE MISSIONARI DISCEPOLI.. 2
SETTE DIPINTI
DELLO STESSO AuTORE................... 5
LA CROCE E LE STIGMATE................ 8
SULLE ORME DELLA MEMORIA:
viaggio da Tete a Miruru!........... 14
diario LUGLIO - AGOSTO 2012........ 23
Missionários da Consolata
realizam Conferência e atualizam
sua Missão no Brasil.................. 25
Regresso a Tete dos imc............. 31
Missione di monitoraggio in Kenya dell’ufficio progetti............ 32
COMUNICAZIONE DI VITA E DI FEDE. 36
Bênção da nova capela
de Nhaduga, Paróquia
de Guiúa-Inhambane.................... 38
Festeggiamo un anno
di ordinazione............................ 39
Agosto in Polonia....................... 40
Notizie dall’Ecuador.................. 41
INAUGURATA LA PARROCCHIA
DI ARVAIHEER................................ 43
Congresso eucaristico
nazionale.................................... 46
CORDIALI SALUTI A TUTTI VOI ........ 48
MERRIVALE BIDS FAREWELL
TO FR PIERO................................... 50
Fiesta de La Consolata .............. 51
RAPPORT ANNUEL 2011 DE L’HOPITAL
NOTRE DAME DE LA CONSOLATA....... 53
Sommario
necrologio.................................. 58
60
da Casa Madre
Mensile dell’Istituto Missioni Consolata
Redazione: Segretariato Generale per la Missione
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da Casa Madre 9/2012