I simboli segreti della Mille e una Notte: la Conoscenza nascosta

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I simboli segreti della Mille e una Notte: la Conoscenza nascosta
Il sapere, le sue implicazioni di ordine
simbolico e la sua dottrina segreta sono
celati all’interno di edifici, testi, monumenti
che ne custodiscono il volto primigenio e ne
preservano l’immagine occulta e riposta che
non deve e non può essere dissacrata dalla
mentalità profana, che altrimenti ne
violerebbe l’essenza più intima e sacra. La
sua autentica veste, il corpus dottrinale che
costituisce il cuore e il centro di ogni
manifestazione trascendente ed ermetica, è
racchiusa nello scrigno prezioso che gli
antichi iniziati hanno creato per difendere il
patrimonio sapienziale dalle spire del volgo,
dalla corrente volgare e contaminante. Così,
Ereticamente
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quasi nascosto, questo
tesoro di Conoscenza assoluta è stato
smembrato, suddiviso e inserito in ambiti
apparentemente inusuali affinché chi sa ed è
in grado di decifrarne l’anima secretata,
disveli i simboli e prosegua l’opera di
conservazione e di parziale diffusione.
Divulgazione che deve essere diretta a coloro
che si dimostrino degni di raccogliere il
testimone di tale immane eredità. Il mistero
della morte e dell’ignoto che ne segna le
dinamiche oscure e sconosciute sembra
condizionare la vita degli esseri umani, e a
nulla vale una religione che non è capace di
fornire
risposte,
ma
sulla
paura
dell’inconoscibile ha costruito il suo impero.
Il sapere tenta di indicare il cammino,
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rischiara il sentiero buio, ma i quesiti
possono essere compresi solo da colui che
conquista faticosamente la sua evoluzione, da
chi non si accontenta di semplici verità a
buon mercato, ma deve lottare per capire, e
capire per crescere.
Il mistero nel Mistero: appunti di frammenti
perduti
Le misteriose atmosfere dell’Oriente fascinoso e arcano non devono trarre in inganno con la loro
ridda di suoni, colori, leggende, racconti che rasentano il fantastico. Non bisogna lasciarsi sviare da
quella magica malia che sembra avvolgere le mente sconvolgendo i sensi, ma guardare oltre, al di là
delle facili considerazioni, più avanti dell’orizzonte limitato che certe storie pregne di visioni e di
fantasia fanciullesca paiono veicolare. Dietro la fiaba si annida l’allegoria che tutto circonda di
mistero e addita la meta altissima da raggiungere. Chi non si ferma di fronte alla superficie
ingannatrice dell’oceano cartaceo fatto di pura apparenza, vedrà infine la Luce, contemplerà il volto
segreto del Dio occulto che dimora in ciascun uomo illuminato e progredito, sentirà il vero Amore
privo di egoismi pervadergli l’animo. E proprio un racconto antico dai contorni magico-fiabeschi è il
guardiano di una soglia proibita, oltre la quale è situato il mondo riflesso che risplende al di là dello
specchio. Si tratta di una fantasmagoria di storie meravigliose: Le Mille e una Notte. Attraverso
questo mezzo di realizzazione si opera il viaggio, l’avventura che consentirà di sollevare il velo
polveroso dei luoghi comuni e guiderà alla scoperta della Verità. Saliamo sul magico tappeto volante
e prepariamoci a partire. La prima stesura delle Mille e una Notte tradotta in francese si deve a
Antoine Galland, che nel 1713 eseguì una traduzione abbastanza fedele dell’originale. Un’opera che
ha conquistato tutti, che è penetrata nei cuori dei semplici e in quelli delle persone maggiormente
complesse ed erudite. Basti pensare al celebre scrittore Stendhal, il quale, stregato dal fascino
sensuale emanato dai racconti della bella Shahrazàd, così scriveva: “Le Mille e una Notte che io
adoro occupano più di un quarto della mia testa”. L’arabista Silvestre de Sacy fu il pioniere che
nel 1817 diede inizio alle ricerche storiche mirate a fare luce sulla genesi di questo capolavoro. Già
nel 1814, a Calcutta, e successivamente a Bulàq, nel 1835, facevano la loro comparsa in Oriente le
prime edizioni del testo in arabo, fino ad allora diffusi esclusivamente mediante manoscritti. Le
origini del testo, i primi frammenti e le prime testimonianze relative alla sua esistenza ed a una sua
forma letteraria già compiuta risalgono ai secoli IX-X. Non a caso gli storici arabi citavano una
raccolta di favole persiane conosciuta come Hazàr afsane (Mille racconti), che con ogni probabilità
iniziava con la storia di Shahrazàd e dei due re traditi dalle rispettive sovrane e consorti. Nel XII
secolo, a quanto pare, la raccolta venne fissata nella sua forma e veste attuale, eccettuate alcune
aggiunte inserite nei secoli successivi, nell’Egitto dei Mamelucchi. Le Mille e una Notte sono in
realtà un’antologia di materiali narrativi di varia provenienza, in cui è possibile ravvisare però tre
fonti letterarie o cicli principali: il ciclo indo-persiano (che risulta essere il più antico), quello
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denominato di Baghdàd e infine il ciclo egiziano riconducibile all’epoca dei Fatimidi e dei
Mamelucchi.
Alì Baba e la caverna delle iniziazioni:
la metafora del mondo di sotto
Chi è che non ricorda la famosa formula magica pronunciata dal più celebre dei ladroni, Alì Baba, la
mitica: “Apriti Sesamo”? Nella lingua originale suonava in questo modo: “Iftha Yà simsim”. La
caverna che custodiva un tesoro inimmaginabile, invero, allude metaforicamente alle antiche
iniziazioni misteriche che si svolgevano in cavità sotterranee. La storia di Alì Baba è circonfusa di
simboli, di allusioni che permeano il racconto e rimandano a una cultura di ordine iniziatico. Come
sappiamo Alì Baba era un povero taglia alberi che aveva sposato una donna povera quanto lui. Con il
suo lavoro, dunque, doveva mantenere la sua sposa e i suoi figli. Baba aveva un fratello, Cassim, che
inizialmente povero, in seguito aveva sposato la proprietaria di una bottega ben fornita, un
magazzino colmo di ogni genere di mercanzia e di beni immobili, tutte cose che quest’ultima aveva
ereditate qualche tempo dopo essersi accasata con Cassim. Un giorno, mentre Baba caricava il
legname da vendere al mercato sui suoi tre asini, unico bene che possedeva, fu testimone di un
evento prodigioso.Mentre si approssimava a tornare verso la sua dimora, infatti, scorse un gran
numero di uomini a cavallo che avanzavano velocemente. Intuendo che si trattava di individui
disonesti, dei ladroni, lasciò gli asini e si rifugiò sopra un grande albero i cui rami, a poca altezza da
terra, si aprivano formando un circolo talmente fitto che lasciava libero solo un piccolissimo spazio.
Baba si collocò nel mezzo, sicuro di vedere ciò che accadeva senza essere visto. Il ladroni, quaranta,
tanti ne aveva contati, smontarono da cavallo e posarono al suolo delle pesanti bisacce. Quello che
sembrava vestito con maggiore cura ed eleganza rispetto agli altri, il capo forse, si avvicinò ad una
roccia posta in prossimità dell’albero sul quale stava Alì Baba, e dopo avere scostato alcuni
ramoscelli pronunciò distintamente le seguenti parole: “Sesamo apriti!”. Ad un tratto si aprì una
porta lasciando intravedere una profonda caverna, all’interno della quale i cavalieri si diressero.
Dopo un certo periodo di tempo, i ladroni uscirono senza bisacce e il loro capo pronunciò
nuovamente la parola d’ordine: “Sesamo chiuditi!”, e la pesante soglia di pietra si richiuse alle
spalle degli uomini che montati di nuovo in sella ripresero il cammino. Alì Baba, sceso dall’albero, si
diresse verso la caverna e formulata la frase fatidica vide schiudersi dinanzi a sé la roccia che celava
la caverna. Al suo interno vi erano ricchezze favolose, monete d’oro, gioielli e altri tesori. La storia
prosegue, ma noi ci fermiamo qui, è la caverna che ci interessa per le sue valenze iniziatiche. Qui,
nelle viscere della Terra, dentro la caverna delle iniziazioni è celato il tesoro sapienziale costituito
dal celebre motto alchimico VITRIOL, che gli alchimisti affermavano essere composto da una
formula latina: “Visita interiora terrae, rectificando invenies occultum lapidem”, e cioè:
“Visita le viscere della Terra, operando rettamente troverai la pietra nascosta, la Pietra dei
Filosofi”. Ecco il vero tesoro, l’entrata nel tempio misterico, la possibilità di perire e rinascere
penetrando nell’utero primordiale della Grande Madre. Il tema allegorico della discesa nelle
regioni sotterranee è presente in tutti i culti iniziatici, ed era la prova più importante che l’iniziando
doveva affrontare. Solo penetrando nel cuore segreto della Terra è possibile rivenire la Luce che
tutto rischiara. Si tratta dell’antico e universale motivo del viaggio nel ventre della balena (la Terra),
che fin dai primordi delle iniziazioni misteriche si ripete in mille varianti, come nel caso dello
splendido Viaggio al centro della Terra, di Jules Verne. Con in mano la preziosa Pietra Filosofale
si può riemergere dalla cripta iniziatica e proseguire il cammino. A questo allude il racconto di Alì
Baba e i dei quaranta ladroni. Anche il sommo Dante Alighieri nella sua immortale opera, la
Divina Commedia, ci parla della discesa nelle regioni infere finalizzata a trasmutare il neofita e a
farlo rinascere trasformato, rinnovato. Questa l’allegoria della resurrezione cristica e di quella
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mitraica. La grotta simboleggia la cavità amniotica, il luogo dove si opera la nuova esistenza, la
nascita che apporterà consapevolezza e conoscenza. In Egitto, la leggendaria Alkemy (Terra Nera),
le iniziazioni volte ad ottenere la morte simbolica e la conseguente rinascita erano officiate in un
luogo sotterraneo e buio, oscuro come l’Astrale. Qui il futuro iniziato veniva condotto nella parte più
profonda e nascosta, e adagiato in un sarcofago che veniva sigillato ermeticamente. Per tre giorni
giaceva in uno stato di trance, poi il grande sacerdote lo traeva fuori e lo riportava alla luce. La
visione connessa con la trasmutazione subita (morte simbolica) veniva trasferita al grande
sacerdote, l’unico che era autorizzato ad ascoltare il racconto del viaggio e della totale
trasmutazione che il neofita aveva subito. Anche nei Misteri Orfici la discesa nei regni infernali di
Persefone – divinità intimante connessa con i Misteri Eleusini – la regina dell’Oltretomba sposa
di Plutone, signore del regno infero, rivestiva notevole importanza. Il viaggio alle radici dell’Io,
quindi, rappresenta da sempre l’incontro con l’ignoto, con la morte della parte profana e volgare a
favore della parte sottile, la veste di luce che deve conferire la trasformazione, la Nigredo
Alchemica o fase al Nero dell’Alchimia.
Aladino e la Lampada meravigliosa:
il segreto dell’Ermete interiore
Non meno nota la storia di Aladino, il figlio del sarto Mustafà e del Genio della Lampada. Aladino,
scapestrato adolescente, morto suo padre era sempre più dedito alla vita sconclusionata e ai giochi
con i suoi coetanei. Il padre aveva fatto del tutto per insegnargli la professione, ma senza risultato,
per questa ragione sua madre era stata costretta a chiudere la bottega del defunto consorte e a
vendere i ferri del mestiere per poter tirare avanti. Un giorno, nella vita di Aladino e di sua madre
fece la comparsa un ipotetico fratello dello scomparso Mustafà, un uomo ricchissimo, noto come il
mago africano. Il resto lo conosciamo,
il perfido mago
conduce Aladino fra due monti non molto alti e simili tra loro, separati da una valle piuttosto stretta
e qui, dopo avere bruciato uno strano profumo, fece tremare la terra. Subito dopo si aprì nel terreno
una profonda fenditura che lasciava intravedere una pietra di un piede è mezzo circa di profondità,
posata orizzontalmente con un anello di bronzo sigillato nel mezzo che serviva a sollevarla. Il mago
ordina ad Aladino di alzare la pietra, il ragazzo obbedisce e la pone da una parte, sorpreso di
possedere tanta forza. Levata che fu apparve una caverna di tre o quattro piedi di profondità, con
una porta e diversi gradini per scendere. L’uomo sfila dal suo dito un anello e lo affida al ragazzo
dicendo che si tratta di un potente amuleto, quindi lo istruisce sul da farsi. Gli dice che deve
penetrare nella grotta dove si trova un grande ambiente a volta, in cui sono ubicate tre stanze in
successione (il tre è un numero dalle profonde valenze iniziatiche). Ed ecco che ancora una volta al
centro del racconto si palesa una caverna, con gli ovvi simbolismi che precedentemente abbiamo già
espressi. La cosa interessante sono i gradini, la porta, l’anello e la lampada. I gradini, in effetti,
rappresentano i differenti gradi iniziatici, i gradini dell’altare, l’ascendere e il discendere dell’animo
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che penetra nella terra e sale verso il cielo, come nel caso della Scala sognata dal biblico
Giuseppe, che alludeva, tra le altre cose, al ciclico eterno divenire. La porta, invece, simboleggia la
soglia dei Misteri al di là della quale è custodito il Tempio iniziatico. Configura anche le finte porte
che ritroviamo nelle tombe egizie, etrusche e romane, scolpite o semplicemente dipinte. Queste
configuravano la discesa agli inferi e la capacità da parte del defunto di uscire ancora una volta
alla luce del giorno, processo trasmutativo che nei papiri egizi viene definito il ritorno a casa.
L’anello è l’elemento più significativo in tale contesto, l’oggetto magico per eccellenza, il suggello
che lega l’iniziato alle arti magiche. Esso ci riporta alla mente la superba saga di Tolkien, Il Signore
degli Anelli e le valenze occulte e simboliche che l’autore della storia dipana con sapiente maestria.
La lampada, infine, incarna l’illuminazione interiore, il lampo ermetico che dona sapienza. Allude
anche all’Ermete interiore, il Nume che dimora nell’uomo illuminato, il Maestro o Adam kadmon
cabalistico. La lampada può essere messa in relazione con la Nona Lama dei Tarocchi,
l’Eremita, che viene rappresentato con una lanterna in mano, volta a rischiarare le tenebre interiori
e a disperdere il pensiero profano e superstizioso. Il Genio della Lampada è l’ente che il mago evoca,
il Genio Planetario o più esseri che abitano nell’invisibile e che il potere del mago materializza e
richiama di fronte a sé. Come si evince dietro la trama fantastica si cela ben altro. Le Mille e una
Notte, con il loro potente incantamento, suscitano straordinarie emozioni, rimandano ai cieli
notturni d’Oriente di un blu cobalto intenso, trapunti di stelle brillanti come diamanti. Ci parlano
delle corti d’amore, dove la sensualità non è mai tiepida ma è un fuoco che arde e divora, che
accende i sensi in un sussulto amoroso, lo stesso che il mago prova quando si unisce con la parte
femminea che è in lui, il medesimo che sente quando cerca la Luce, unica ineguagliabile via di
realizzazione.
(articolo di Stefano Mayorca apparso sul G.D.M. 431, ottobre 2007- I Libri del Casato Editore,
Siena)
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