Crescita dimensionale e qualitativa delle imprese venete

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Crescita dimensionale e qualitativa delle imprese venete
CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA
DELLE IMPRESE VENETE
Rapporto di Ricerca Ires Veneto
Aprile 2006
Riconoscimenti
La presente ricerca è stata realizzata nel periodo luglio 2005-marzo 2006 nell’ambito del
progetto “Crescita qualitativa e dimensionale delle imprese Venete” promosso da Siav e
finanziato dall’Iniziativa Comunitaria Equal. Il gruppo di ricerca organizzato dall’Ires Veneto è
stato diretto congiuntamente da Giancarlo Corò, del Dipartimento di Scienze Economiche
dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, e da Roberto Grandinetti, del Dipartimento di Economia
dell’Università di Padova. Al gruppo di ricerca hanno preso parte Andrea Vaona (Università di
Verona) che ha condotto la rassegna sulla letteratura economica, mentre Andrea Furlan
(Università di Padova) e Monica Plechero (Ires Veneto) hanno sviluppato gli studi caso e
redatto la parte di analisi sulle aziende.
Si ringraziano i responsabili delle imprese analizzate che hanno fornito informazioni
fondamentali per la ricerca. Si ringrazia inoltre l’Ires Veneto – e in particolare Alfiero Boschiero
e Fiorella Maggio – per avere messo a disposizione servizi tecnici e amministrativi, nonché
attrezzature e competenze necessarie alla realizzazione della ricerca. Un ringraziamento è
ovviamente rivolto a Siav, nelle figure della dott.sa Bettiol e del dott. Dalla Pozza, per avere
costantemente seguito la ricerca e per avere organizzato gli incontri di verifica sugli stati di
avanzamento. In questi incontri è risultato fondamentale il sostegno all’impostazione e il
contributo critico sui risultati assicurato dal Comitato tecnico-scientifico del progetto Equal: fra i
componenti del Comitato riteniamo doveroso rivolgere un ringraziamento particolare al Dott.
Bruno Anastasia, al Prof. Giorgio Brunetti e al Prof. Giovanni Bernardi.
LA CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA
DELLE IMPRESE VENETE
INTRODUZIONE
pag.
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Introduzione
Dimensione e confini dell’impresa: alcuni problemi di definizione
Economie di scala e forme di integrazione produttiva
Gli incentivi e gli ostacoli alla crescita delle imprese
Dalla piccola impresa alla grande corporation: un’evoluzione necessaria?
Dimensione d’impresa e globalizzazione
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6. Integrazione della produzione e dimensione d’impresa: l’approccio neoistituzionalista
7. Dimensione d’impresa e ambiente esterno: distretti, finanza e mercato del
lavoro
8. Innovazione tecnologica e dimensione d’impresa
9. R&S e dimensione d’impresa
10. Dimensione d’impresa, brevetti e numero di innovazioni: l’importanza dei
settori economici
11. Le indagini europee sull’innovazione
12. Tendenze della struttura dimensionale nell’economia italiana ed europea
Riferimenti bibliografici
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PARTE I
LA DIMENSIONE DELL’IMPRESA NELL’ANALISI ECONOMICA
1.
2.
3.
4.
5.
PARTE II
I PERCORSI DI CRESCITA DELLE IMPRESE: UN MODELLO EVOLUTIVO
PLURI-DIMENSIONALE
1. Tra i giganti e i nani: una via italiana alla crescita dimensionale?
2. Le dimensioni della crescita aziendale: scala, relazioni e qualità delle risorse
2.1
2.2
2.3
2.4
Crescita dimensionale e crescita relazionale
La crescita qualitativa
Lo sviluppo di relazioni cooperative nella rete del valore
Le interdipendenze tra le dimensioni della crescita aziendale: un quadro
d'insieme
3. Continuità e discontinuità nei percorsi di crescita aziendale
3.1 Discontinuità dimensionale e shock organizzativo
3.2 Quando la crescita qualitativa precede la crescita dimensionale: il modello
crisi-crescita di Greiner
3.3 Quando la crescita qualitativa precede la crescita dimensionale:
riposizionamenti strategici e strategie "oceano blu"
3.4 Una tassonomia del rapporto tra crescita dimensionale e crescita qualitativa
4. La proiezione internazionale della crescita aziendale
4.1 Investimenti esteri e global networking
4.2 Il modello di impresa trasnanzionale di Bartlett e Ghoshal
5. I processi di crescita aziendale nei distretti industriali: le imprese
distrettuali-globali
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5.1 La crescita dimensionale-relazionale delle imprese distrettuali-globali
5.2 La crescita qualitativa delle imprese distrettuali globali
Riferimenti bibliografici
PARTE III
I CASI AZIENDALI
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Introduzione
Il percorso e la tipologia di crescita
La crescita qualitativa
L’evoluzione della rete del valore
Tavola sinottica
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IL CASO ALLISON
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IL CASO ANODICA TREVIGIANA-UNIELDOM
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IL CASO CARRARO
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IL CASO GRUPPO MASTROTTO
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IL CASO GROTTO SPA
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IL CASO INFORMATICA PALESA-ALDEBRA
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IL CASO MAINETTI
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IL CASO OFFICINE AERONAVALI
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INTRODUZIONE
La questione dimensionale dell’economia italiana è stata negli ultimi anni al centro
dell’attenzione di studiosi, centri di ricerca e istituzioni di politica economica. Il fatto che
in Italia persista rispetto alle altre economie industriali moderne un quota decisamente
maggiore di piccole e medie imprese, viene sempre più spesso indicato come causa
principale delle difficoltà competitive che il sistema produttivo nazionale sta
attraversando. Anche se la “questione dimensionale” non costituisce un tema
particolarmente nuovo nel dibattito italiano, il generale cambiamento di valutazione
rispetto al recente passato segna una novità di rilievo. È questo un primo aspetto di
fronte al quale si è posta la presente ricerca. In particolare, l’obiettivo è stato quello di
verificare le spiegazioni economiche che portano a considerare la “crescita
dimensionale” come percorso necessario per superare le difficoltà competitive ma nella
convinzione che i percorsi di crescita sono, tuttavia, molteplici e molto più complessi di
un aumento generalizzato delle dimensioni degli impianti produttivi. Inoltre, questa
ricerca assume l’ipotesi che ogni processo allargato di sviluppo e innovazione non può
essere disegnato in astratto ma nasce da una specifica base economica, istituzionale e
cognitiva che contribuisce a definire la struttura di vincoli e possibilità concrete. Se,
oltre ad analizzare un fenomeno, si ha anche l’obiettivo di trarne indicazioni di policy,
allora tenere conto dei vincoli storici dello sviluppo economico – che gli economisti
dello sviluppo chiamano path dependence – non è solo un’opzione teorica ma,
soprattutto, un’esigenza pratica.
INTRODUZIONE
Fine dell’anomalia dimensionale dell’economia italiana?
La cosiddetta “anomalia dimensionale” dell’economia italiana parte da lontano e aveva
trovato una spiegazione nella costruzione di condizioni di vantaggio comparato su
industrie con limitate economie di scala ma la cui competitività internazionale veniva
assicurata da due condizioni specifiche. Da un lato il posizionamento “qualitativo” del
Made in Italy su beni differenziati e sulle fasce medio-alte del prodotto – dai beni per la
persona, a quelli per la casa, all’alimentare di qualità, alla meccanica specializzata –
dove la variabilità della domanda richiede capacità di adattamento flessibile e abilità
nell’introdurre continuamente innovazioni incrementali nei prodotti e nei processi. Si
tratta di situazioni in cui la scala efficiente d’impresa rimane limitata, in quanto non
sono richiesti elevati costi fissi degli impianti (dati i potenziali di frammentazione tecnica
dei cicli) e in cui i costi marginali della produzione tendono a diventare subito crescenti
(data l’esigenza di mantenere un controllo diretto sulla qualità). A questa situazione
produttiva corrispondeva una rete commerciale e dei servizi altrettanto frammentata
(dal credito, ai servizi alle imprese, alle utilities), che poteva mantenersi al riparo dalla
concorrenza internazionale in conseguenza di una sostanziale chiusura del settore
terziario all’interno di mercati locali. La struttura dimensionale dell’economia italiana
rifletteva, perciò, una specializzazione coerente con il posizionamento internazionale
dell’industria e dei servizi.
Dall’altro lato, i rendimenti di scala su alcuni fattori di produzione strategici – come il
capitale umano, la conoscenza tecnologica, i servizi dedicati e gli input intermedi, i beni
di capitale specializzati, ecc. – venivano in molti casi assicurati dall’organizzazione
delle piccole imprese in reti produttive locali, in particolare nei “distretti industriali”, vera
e propria infrastruttura economica, sociale e cognitiva della produzione che si è
affermata come alternativa funzionale all’integrazione verticale della grande impresa.
Non è un caso se sono stati proprio i settori manifatturieri nei quali l’Italia misura un
vantaggio comparato a manifestare i più significativi fenomeni di localizzazione
(Beccattini 1988).
Modello di specializzazione dell’industria e organizzazione distrettuale hanno perciò a
lungo assicurato una crescita sostenibile dell’economia italiana pur in presenza di una
struttura dimensionale decisamente anomala rispetto agli altri paesi industriali moderni.
Infatti, nonostante la storica “anomalia dimensionale”, l’economia italiana ha mostrato
per un lungo periodo che va dagli anni ’50 ai primi anni ’90, tassi di crescita superiori
alla media Ocse (Corò 2001).
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INTRODUZIONE
Perché, allora, un così rapido e profondo cambiamento di valutazione rispetto al ruolo
della piccola e media impresa?
Dimensione d’impresa, crescita economica, produttività
Una risposta a questa domanda comporta, innanzitutto, un’analisi sulle cause della
bassa crescita dell’economia italiana negli ultimi dieci anni, in larga parte imputabile
alla modesta dinamica della produttività. Del resto, fra le componenti della crescita
aggregata del reddito, la produttività rappresenta il fattore di gran lunga più importante
nelle economie moderne, e la sua rilevanza tende ad aumentare con il tendenziale
rallentamento della crescita demografica e la difficoltà di elevare oltre certe soglie il
tasso di attività della popolazione. Per queste ragioni la dinamica della produttività – sia
quella relativa al fattore lavoro (misurata dal rapporto fra valore aggiunto e ore
lavorate), sia quella riferibile all’insieme dei fattori impiegati nella produzione (nota
come Tfp, misurabile come residuo del processo di crescita non spiegato dalla
variazione di quantità dei fattori) – costituisce oggi il principale indicatore della
competitività di un sistema economico. Come è stato efficacemente osservato da
Michael Porter, la competitività di un sistema economico corrisponde, alla fine, alla
capacità di accrescere la produttività delle organizzazioni localizzate in quel sistema
(Porter 2000).
Per quanto riguarda l’Italia, il confronto internazionale su questo indicatore risulta, negli
ultimi anni, alquanto deludente: fra 1995 e 2004 la produttività per ora lavorata è
cresciuta complessivamente del 4,4%, un quarto di quanto avvenuto in Germania e
addirittura cinque volte meno che in Francia. Se poi consideriamo la capacità di
combinare in modo efficiente l’insieme dei fattori produttivi (Tfp) – lavoro, risorse
naturali, capitale, competenze tecniche – l’economia italiana risulta ancora più
penalizzata (Rossi 2006, pp. 76-81).
L’altra faccia di questo risultato è un aspetto altrimenti sorprendente, costituito dalla
considerevole crescita dell’occupazione che si manifesta nonostante la bassa crescita
aggregata dell’economia italiana. Il tasso di occupazione, infatti, è salito nell’ultimo
decennio dell’11%, un risultato che se anche non penalizza il lavoro dipendente,
rimane tuttavia difficilmente attribuibile alle maggiori imprese, che nel periodo
continuano a segnare un’erosione nel numero degli addetti.
Ma in che misura la produttività è collegata, dal punto di vista economico, alla
dimensione d’impresa?
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INTRODUZIONE
Un risposta fin troppo semplice a questa domanda è quella di osservare come ogni
statistica economica metta in evidenza una relazione diretta fra dimensione d’impresa
e produttività del lavoro. Ad esempio, Onida (2004) rileva come le grandi imprese (con
più di 250 occupati) misurino un rapporto del valore aggiunto per addetto tre volte
superiore a quello delle micro-imprese (meno di 10 addetti) e comunque doppio delle
piccole imprese vere e proprie (10-20 addetti).
Tuttavia, ci sono almeno due obiezioni a tale osservazione. La prima è che la diversa
produttività del lavoro non spiega che una parte della redditività dell’impresa e che,
anzi, è stato in diversi casi osservato come il saggio di profitto – che costituisce un
incentivo difficilmente trascurabile nella valutazione delle scelte imprenditoriali – non
risulta affatto correlato alla dimensione. Tattara (2005), mettendo a confronto tassi di
produttività e indici di redditività delle imprese per dimensione ricavati dai dati Capitalia
sui bilanci aziendali, ha infatti criticato le conclusioni a cui arriva Onida. Secondo
Tattara: “se il valore aggiunto rappresenta in qualche modo la ricchezza prodotta dal
sistema, un giudizio sull’efficienza della produzione non può prescindere dalla misura
del saggio di profitto sul capitale investito: produrre un valore aggiunto per dipendente
positivo ma in perdita, sono capaci tutti”.
Una valutazione analoga era stata proposta anche da Rullani (2004) a commento del
rapporto sui bilanci di Mediobanca, dove nel rilevare indici di redditività delle medie
imprese superiori rispetto alle grandi, veniva rilanciata l’ipotesi che è nell’economia
della filiera, piuttosto che all’interno delle singole imprese, cui sarebbe giusto riferire
l’analisi economica, perciò anche le misure di produttività.
La seconda obiezione all’ipotesi di una relazione lineare fra produttività e dimensione è
che, dal punto di vista della crescita economica, il problema non sta tanto nei livelli di
produttività bensì nelle sue variazioni nel tempo. Per tale ragione, l’obiettivo di questa
ricerca è stato quello di esplorare le relazioni fra percorsi di crescita dimensionale e
qualitativa delle imprese e capacità di innovazione, a partire dall’ipotesi che proprio
l’innovazione è alla base della dinamica della produttività. Se, infatti, dal punto di vista
microeconomico, la produttività rappresenta la capacità di un’organizzazione di
accrescere il valore degli input produttivi attraverso la loro trasformazione in output
valutati dal mercato, allora la consistenza e la diffusione dei processi di innovazione
assumono un ruolo cruciale nel meccanismo macroeconomico della crescita (Helpman,
2005).
Com’è noto fin dagli studi originari di Schumpeter, l’innovazione può intervenire
congiuntamente o separatamente su più piani. Può accrescere i livelli di efficienza
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INTRODUZIONE
nell’uso degli input produttivi, tramite innovazioni di processo, di organizzazione, nelle
fonti di approvvigionamento, ecc. Può elevare il valore dell’output attraverso
miglioramenti nella qualità dei prodotti esistenti, e in questo caso l’innovazione si rivela
nel mercato con l’aumento dei prezzi relativi dei beni e servizi sui quali è incorporato il
miglioramento. Oppure l’innovazione si manifesta in misura più radicale con la
creazione di nuovi prodotti che, per definizione, operano su mercati in espansione, e
assicurano perciò un più elevato tasso di crescita dell’economia.
Cambiamenti dello scenario competitivo e nuove economie di scala
In questo modo possiamo allora riformulare la relazione fra bassa crescita economica,
dovuta a scarsa dinamica della produttività, e mancata crescita dimensionale delle
imprese. Gli investimenti in innovazione, che sono alla base della dinamica della
produttività, sono infatti caratterizzati da elevati costi fissi – in termini di ricerca,
sviluppo
dei
prodotti,
dotazioni
tecnologiche,
capitale
umano
qualificato,
organizzazione internazionale, ecc. – e da rendimenti crescenti che contribuiscono a
spostare verso l’alto la scala efficiente di produzione. Nel momento in cui l’innovazione
diventa la principale “arma competitiva” a disposizione delle imprese (Baumol 2002), la
crescita dimensionale diventa una strategia che non può essere elusa. Un problema
rilevante è in quali forme si può esprimere il percorso di crescita, che non
necessariamente
porta
all’integrazione
verticale
o
alla
semplice
espansione
quantitativa della produzione. Tuttavia, il problema della scala di produzione diventa
sempre più importante.
La presenta ricerca parte dunque dall’assunto che la “questione dimensionale” è
espressione di un problema più generale, costituito dalla necessità poste dal nuovo
scenario competitivo di investire di più e meglio in innovazione. In altri termini, l’oggetto
dell’analisi non è tanto la diversa struttura dimensionale dell’economia italiana bensì la
“difficoltà di crescere” delle piccole imprese a fronte del mutamento dello scenario
competitivo. Si potrebbe infatti sostenere che la struttura dimensionale dell’economia
italiana – e di quella veneta in particolare – aveva raggiunto un equilibrio competitivo
tutto sommato “sostenibile” all’interno di un quadro macro e geo-economico che si era
venuto a definire fra la fine degli anni ’60 e i primi anni ‘90. È in questo periodo che la
piccola impresa manifesta, soprattutto in Italia, le migliori condizioni di sviluppo, grazie
in particolare alle doti di maggiore flessibilità che le consentono di inserirsi in nuovi
spazi di mercato che le organizzazioni di dimensione maggiore non sono in grado di
cogliere con la stessa velocità ed efficacia. Questa situazione favorevole poteva
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INTRODUZIONE
contare anche sui difficili processi di ristrutturazione nella grande impresa, nonché su
un contesto competitivo relativamente chiuso in conseguenza del permanere dei
vecchi blocchi geo-politici, che escludevano di fatto intere regioni economiche dalla
divisione internazionale del lavoro. Inoltre, la piccola impresa può sfruttare in Italia la
possibilità di usare la svalutazione come strumento di sostegno alle esportazioni: alla
fine degli anni ’60 si esaurisce, infatti, il sistema di cambi fissi nato con gli accordi di
Bretton Woods e basato sulla convertibilità del dollaro. Si apre, per contro, un lungo
periodo di instabilità valutaria nel quale in Europa gioca un ruolo centrale la forza del
marco.
Questo quadro, tuttavia, risulta oggi profondamente modificato. Per almeno tre ragioni.
La prima è costituita dalla pervasività del cambiamento tecnologico le cui conseguenze
si manifestano sia all’interno che all’esterno delle imprese. All’interno delle aziende non
è infatti più sufficiente un modello di apprendimento essenzialmente basato
sull’esperienza, in cui la “conoscenza utile” costituiva un sotto-prodotto o una
esternalità che poteva comportare bassi investimenti specifici. Sempre più, invece, si
rende necessario accrescere la capacità di assorbimento tecnico attraverso
investimenti in capitale umano, ricerca, sviluppo dei prodotti, nuovi servizi, relazioni con
altre imprese e con istituzioni specializzate. La crescita del contenuto tecnologico della
produzione non ha effetti solo sui costi fissi ma anche sull’altra causa dei rendimenti di
scala, rappresentata dai costi marginali: tanto più aumenta la “componente informativa”
della produzione, tanto meno la quantità incide sui costi totali, con effetti rilevanti anche
nella trasformazione delle strutture di mercato, le quali tendono sempre più ad
assumere configurazioni oligopolistiche (Baumol 2002). Il contenuto della ricerca, lo
sviluppo di brevetti, l’implementazione di sistemi informativi aziendali, le politiche di
marketing e comunicazione, l’investimento sui servizi post-vendita, ecc. sono tutti
fattori che contribuiscono a cambiare le funzioni di costo delle imprese, spingendo in
avanti le soglie di produzione minima efficiente.
All’esterno delle aziende la diffusione delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione ha contribuito a ridurre i costi di transazione internazionale,
accrescendo la commerciabilità sia nei mercati dei beni e dei servizi, sia in quelli dei
fattori produttivi. Quest’ultimo fenomeno, congiuntamente agli straordinari cambiamenti
dello scenario geo-politico, ha concorso in misura rilevante nell’aumentare la pressione
concorrenziale da parte di economie in via di sviluppo che per molto tempo erano state
escluse dalla divisone internazionale del lavoro. È questa una seconda causa di
cambiamento che modifica gli equilibri competitivi raggiunti nel secondo dopoguerra e
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INTRODUZIONE
che avevano consentito all’Italia di sviluppare propri vantaggi comparati in settori
“tradizionali” con basse economie di scala. Non a caso il nuovo protagonismo
internazionale delle economie emergenti sembra colpire oltre misura proprio il Made in
Italy, le cui minori barrire tecniche all’entrata – che spiegano anche la maggiore
presenza di piccole imprese – spingono una concorrenza di prezzo difficilmente
sostenibile per un’economia ad alto costo del lavoro (Fortis 2005). Diversamente da
quanto sembra emergere dal dibattito sul declino dell’industria italiana, questa
situazione non comporta, necessariamente, l’abbandono dei tradizionali settori di
vantaggio comparato. Tuttavia, si rendono necessari processi di riposizionamento
qualitativo e lo sviluppo di nuove funzioni all’interno di catene sempre più globali del
valore che, in ogni caso, contribuiscono ad elevare i costi fissi di investimento e ad
aumentare il contenuto immateriale della produzione (Corò 2005). D’altro canto, anche
il semplice allargamento dei mercati genera effetti di scala per le imprese che – come
avviene in presenza di beni differenziati – operano in condizioni di concorrenza
monopolistica: la crescita del numero di imprese aumenta l’elasticità della domanda e
alza la soglia di produzione efficiente. In altri termini, anche per mantenere e sviluppare
il presidio del Made in Italy bisogna considerare la tendenza verso una crescita dei
rendimenti di scala.
Il cambiamento del regime macro-economico – con la creazione dell’euro e la
fissazione di rigidi vincoli alle politiche fiscali nazionali – è la risposta che l’Europa
cerca di dare al mutato quadro dell’economia globale. L’impossibilità di ricorrere a
svalutazioni competitive per recuperare i margini di inefficienza del sistema-paese
scarica così sulle imprese più esposte alla concorrenza internazionale i recuperi di
produttività, che diventano possibili anche attraverso la crescita della scala di
produzione e una più dura selezione competitiva. Inoltre, il regime macro-economico
dell’euro incide sulla dimensione d’impresa in altri due modi: da un lato attraverso la
riduzione dei tassi di interesse, che abbassano così i prezzi relativi del capitale
investito; dall’altro, favorendo un’organizzazione multinazionale della produzione grazie
al minore costo sia degli investimenti diretti esteri, sia delle importazioni di beni e input
intermedi. In entrambi i casi ad avvantaggiarsi sono le imprese più strutturate e più
pronte a rispondere al nuovo sistema di incentivi macroeconomici. Inoltre, la proiezione
internazionale che le imprese leader tendono ad assumere anche all’interno dei
distretti e delle reti produttive locali, genera effetti di sostituzione delle attività di
fornitura, tradizionalmente assicurate dalle imprese minori.
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INTRODUZIONE
Nuovi vincoli ma anche opportunità per le imprese minori: i precorsi non lineari
della crescita dimensionale
Da quanto fin qui affermato, la questione dimensionale dell’economia italiana
sembrerebbe allora confermata come la causa prima delle difficoltà competitive che il
paese sta attraversando. Tuttavia, pur partendo dal riconoscimento dei cambiamenti
intervenuti nel quadro economico, nella presente ricerca si assume con molta cautela
l’ipotesi che la crescita dimensionale delle imprese sia la principale, se non addirittura
l’unica strada da percorrere per rilanciare l’economia italiana, e quella veneta in
particolare. Le ragioni che giustificano questa cautela derivano, oltre che dalle
conoscenze ricavate nell’ambito della ricerca stessa, anche da considerazioni di ordine
teorico. Se, infatti, il mutamento dello scenario competitivo accresce l’importanza delle
economie di scala, non sempre la risposta più efficiente a questa esigenza si esprime
attraverso una espansione dei confini proprietari delle imprese. Per riprendere le tre
ragioni di cambiamento appena discusse – progresso tecnico, globalizzazione, rigidità
valutarie – possiamo infatti osservare che in ognuna di esse si presenta non solo un
quadro di vincoli per le piccole imprese ma anche un insieme di opportunità da
cogliere.
Il cambiamento tecnologico interviene, infatti, non solo nell’accrescere i rendimenti di
scala ma anche nel favorire processi di scomposizione e modularizzazione dei cicli
produttivi, e nella complementare formazione di “mercati della tecnologia”, che
forniscono anche alle piccole imprese rilevanti possibilità di accedere ai risultati
applicativi della ricerca scientifico-tecnologica (Arora, Fosfuri, Gambardella 2000). In
questo modo anche le imprese di dimensione minore possono partecipare alle reti
dell’innovazione senza essere costrette ad integrare al proprio interno i costosi
processi di ricerca e sviluppo non direttamente afferenti il proprio core business. Se,
infatti, si guarda al progresso tecnologico in corso congiuntamente allo sviluppo di
istituzioni internazionali a tutela della proprietà intellettuale e dei brevetti, se ne ricava
un’immagine tutt’altro che univoca sulle forme efficienti di innovazione: non è solo la
grande impresa manageriale a dominare la scena ma anche nuovi “sistemi
imprenditoriali” – basati su processi molto spesso localizzati di creazione di nuove
imprese mediante start-up, spin-off o evoluzione di attività esistenti – che riescono ad
esplorare le frontiere tecnologiche con maggiore velocità e minore avversione al rischio
rispetto alle organizzazioni maggiori (Gambardella 2005; Camuffo, Grandinetti 2005).
Inoltre, bisogna ricordare che l’economia della conoscenza richiede un’attivazione
personale che le piccole imprese sono in grado di assicurare meglio dei grandi
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INTRODUZIONE
apparati, e non è un caso che la riorganizzazione delle grandi corporations proceda, in
molti casi, mediante esternalizzazione dei cicli produttivi, una de-verticalizzazione dei
livelli gerarchici e l’attribuzione di crescenti margini di autonomia interna ai gruppi di
lavoro e ai singoli individui (Nonaka, Takeuchi 1997; Bonomi, Rullani 2005). I sempre
più frequenti processi di “consorziamento tecnologico” (Baumol 2002) costituiscono
un’altra conferma del tentativo, non solo delle piccole imprese ma anche dei grandi
gruppi multinazionali di cercare strutture di condivisione della conoscenza nelle attività
a maggior contenuto di innovazione. Per queste ragioni, anche i minori costi di
investimento garantiti dai bassi tassi di interesse non seguono solo la direzione della
crescita quantitativa delle aziende ma anche di quella relazionale, di cui le “medie
imprese” costituiscono per l’economia italiana, e per quella veneta in particolare, uno
snodo decisivo. Come infatti viene documentato dalla ricerca, le medie imprese non
rappresentano affatto l’ibrido incompiuto di una grande impresa bensì il motore
dell’evoluzione di una forma di organizzazione a rete, destinata a diventare sempre più
importante in futuro.
Anche la globalizzazione dei mercati e la crescita di nuove piattaforme manifatturiere
nelle economie emergenti è un fenomeno che può generare effetti non sfavorevoli alle
imprese di dimensione minore. Se, come abbiamo già ricordato, la capacità di
partecipare a reti internazionali di produzione rende necessario accrescere la
dimensione minima efficiente, dall’altro lato proprio la disponibilità di decentrare
all’estero le lavorazioni a maggiore intensità di lavoro “trasferibile” consente anche alle
piccole imprese di espandere la produzione senza accrescere la dimensione tecnica
degli impianti e la correlata rigidità dei processi. Ciò comporta, tuttavia, la capacità di
crescere all’interno del “sistema del valore”, sviluppando nuove funzioni di intelligenza
terziaria nella base domestica. Un processo, quest’ultimo, che presuppone non solo
investimenti interni su nuove tecnologie e capitale umano ma anche nel sistema di
relazioni con l’ambiente esterno – infrastrutture ad elevata accessibilità internazionale,
centri di ricerca scientifica, servizi evoluti, comunità professionali, ecc. – che non
sempre i tradizionali distretti industriali sono in grado di assicurare.
L’articolazione della ricerca
Questa ricerca, nata dalla precisa esigenza di fornire informazioni utili per interventi a
sostegno della crescita dimensionale e qualitativa delle piccole imprese venete, si è
articolata in tre parti, le quali definiscono anche la struttura del presente Rapporto. La
prima parte raccoglie un’analisi della letteratura economica, di natura sia teorica che
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INTRODUZIONE
empirica, sulla “questione dimensionale”. La seconda parte affronta il tema dei diversi
percorsi della crescita delle imprese e propone alcune chiavi interpretative utili per
collocare la “questione dimensionale” nell’ambito dei processi concreti di creazione del
valore. La terza parte, infine, documenta otto studi di caso condotti su imprese venete
che costituiscono possibili modelli di crescita da guardare con particolare interesse.
L’analisi economica della questione dimensionale
La prima parte della ricerca cerca di chiarire alcuni aspetti concettuali e metodologici
relativi al tema della dimensione d’impresa, procedendo sia con un richiamo ai termini
dell’economia industriale, sia con una rassegna della letteratura economica
internazionale, concentrando l’attenzione soprattutto sul rapporto fra innovazione e
crescita dimensionale delle imprese. Da questa lettura emerge come tra processi di
innovazione e dimensioni d’impresa non ci sia affatto una relazione lineare: oltre una
certa soglia, i rendimenti dell’innovazione in rapporto agli investimenti in R&S risultano
inversamente proporzionali alla scala di produzione, anche se questa soglia può
variare a seconda delle attività considerate. È allora necessario specificare bene il
contesto economico e istituzionale all’interno del quale l’impresa opera per
comprendere a fondo vincoli e opportunità di un percorso di crescita. Ad esempio, il
sistema finanziario può giocare un ruolo cruciale nel favorire il raggiungimento di un
assetto dimensionale efficiente. Così vale anche per il sistema della giustizia civile e
per il diritto societario, nonché per il sistema fiscale, che può svolgere una funzione
importante negli incentivi diretti e indiretti alle concentrazioni (Isae 2003-2005).
Un aspetto fondamentale è comunque rappresentato dalla pressione concorrenziale,
che contribuisce in misura notevole a diffondere nel sistema economico incentivi che
portano le imprese a cercare una dimensione efficiente. Non è certo un caso che i
settori che in Italia hanno maggiormente rafforzato nel corso degli ultimi trent’anni la
struttura dimensionale (magari anche solo attraverso il rallentamento nella tendenza
storica verso la frammentazione) non siano tanto quelli che la teoria classifica come
scale intensive, bensì quelli tradizionali, in ragione del fatto che questi più degli altri
sono stati esposti ad una forte concorrenza internazionale, ulteriormente accentuata
con l’entrata delle economie emergenti nella scena mondiale. In questa prospettiva,
non è un caso nemmeno che alcuni settori che hanno a lungo goduto di mercati protetti
– come in Italia è stato per il sistema del credito, per il commercio e le public utilitiy –
siano
oggi
sottoposti
a
processi
di
selezione
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
concorrenziale,
che
stanno
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INTRODUZIONE
profondamente ridisegnando attraverso alleanze, fusioni o acquisizioni, gli assetti
proprietari e i confini dimensionali delle imprese.
L’interdipendenza dei percorsi di crescita
Nella seconda parte vengono proposte le principali chiavi interpretative per impostare
un’analisi appropriata della questione dimensionale dell’economia italiana. Lo sforzo è
quello di argomentare, alla luce di alcune analisi economiche recenti e di numerosi casi
aziendali, come esista non solo una notevole varietà ma anche una forte
interdipendenza dei percorsi di crescita dimensionale. La crescita delle dimensioni
d’impresa si può infatti esprimere attraverso un’espansione interna o esterna dei confini
proprietari, come avviene con la crescita in senso stretto dei volumi di produzione o
tramite fusioni e acquisizioni. Ma avviene anche con l’ampliamento della rete del valore a
cui l’impresa partecipa, da intendersi come sviluppo dell’insieme di relazioni utili al
vantaggio competitivo dell’impresa stessa. Anche in questo caso i percorsi della crescita
possono risultare articolati: dalle joint venture alle partecipazioni di controllo, dalla
creazione di gruppi formali a quelli informali, dai consorzi tecnologici e di fornitura alle
alleanze strategiche su progetti di innovazione e internazionalizzazione. Anche il distretto
o cluster produttivo costituisce, di fatto, un sistema del valore cui l’impresa partecipa e
che consente di sfruttare le economie di scala della filiera. Questa formula non viene
affatto meno con lo sviluppo di nuove catene di fornitura internazionale – e, in
particolare, con la formazione di “imprese distrettuali globali” – anche se la domanda di
relazioni locali diventa sempre più selettiva ed esigente, e tende perciò ad assumere un
carattere più progettuale rispetto a quello, per così dire naturale, su cui aveva
concentrato l’attenzione la vasta letteratura sulle economie esterne distrettuali.
Tuttavia, ciò che la presente ricerca intende mettere in evidenza con particolare vigore e
documentare con i casi studiati, è che al di là dei diversi percorsi che la crescita
dimensionale dell’impresa può assumere, è difficile che questa si realizzi senza un
processo di differenziazione organizzativa e di sviluppo di nuove competenze interne. In
altri termini, non c’è crescita quantitativa o relazionale senza una corrispondente crescita
qualitativa delle imprese.
I casi aziendali
Questa conclusione, che potrebbe apparire un po’ generica, costituisce in realtà un
risultato tutt’altro che scontato, ed è su questo tema di analisi che gli studi di caso
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hanno in particolare concentrato l’attenzione. La terza parte della ricerca documenta
infatti i percorsi di crescita che otto imprese venete hanno raggiunto con successo o
stanno cercando di realizzare. Fra queste imprese rientrano modelli più consolidati e
forse anche tradizionali di crescita dimensionale, come nel caso di Carraro (sistemi di
trasmissione meccanica) o di Grotto (abbigliamento casual con marchio Gas), dove la
focalizzazione sul prodotto si è accompagnata ad un buon equilibrio fra aumento
dell’occupazione e dei volumi di fatturato e processi di crescita esterna, realizzati sia
attraverso acquisizioni (Carraro), sia con lo sviluppo di reti di fornitura internazionale
(Gas).
Un processo di crescita spinto notevolmente dall’esigenza di assumere una posizione
leader a livello internazionale è quello di Mainetti (produzione di appendini per abiti e di
tecnologie dedicate) che dalla fine degli anni ’70, sull’onda della crescita delle grandi
catene distributive del retail e anticipando la nuova geografia mondiale dell’industria
dell’abbigliamento, avvia una configurazione multinazionale attraverso una coraggiosa
operazione di riassetto proprietario.
Un percorso di riorganizzazione internazionale della produzione, che tuttavia rimane
nell’ambito del controllo familiare, è quello che caratterizza anche lo sviluppo recente
del gruppo Mastrotto (industria conciaria), il cui ancoraggio al distretto di origine
costituisce, tuttavia, un fattore di riferimento costante.
Gli altri quattro casi che la ricerca ha analizzato escono dai canoni più consolidati dei
percorsi di sviluppo aziendale e indicano la possibilità di strade più originali di crescita
dimensionale. Tuttavia, proprio per questo, si tratta di strade ancora incomplete e
certamente più rischiose. Palesa-Aldebra (informatica) rappresenta un interessante
caso di crescita orizzontale nell’ambito dei servizi per le imprese, realizzato tramite
fusione di aziende differenziate dai diversi mercati originari di riferimento. Questa
differenziazione aveva favorito anche una certa specializzazione funzionale e di
competenze di mercato, che a sua volta ha giocato un ruolo importante nell’assicurare
condizioni di complementarietà nel processo di aggregazione. La crescita è stata in
questo caso spinta dall’esigenza di effettuare un salto di scala in un settore
tradizionalmente frammentato, con l’obiettivo di seguire il percorso di consolidamento
dimensionale dei clienti maggiori i quali, altrimenti, avrebbero dovuto rivolgersi a nuovi
fornitori, molto probabilmente scelti nell’ambito della concorrenza internazionale.
Allison (occhialeria) è invece un caso interessante di ri-posizionamento all’interno del
sistema del valore che non ha comportato una crescita dimensionale in senso proprio,
quanto una diversa qualità delle funzioni aziendali, sempre più orientate verso attività
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creative, tecnologiche e di governo di catene estese di fornitura, in particolare per
garantire il presidio delle reti logistiche e distributive.
Nell’ambito di un progetto di consorziamento tecnologico e di mercato fra imprese si
colloca invece il caso Anodica-Unieldom (industria degli elettrodomestici). Questa
esperienza, il cui sviluppo è ancora in corso, mostra tutte le potenzialità ma anche le
molte difficoltà di un progetto di associazione di imprese per l’innovazione. Anche per
questo si tratta di un progetto da tenere sotto osservazione e il cui sostegno finora
fornito da Unindustria Treviso può risultare decisivo.
L’ultimo caso analizzato è Officine Aeronavali (manutenzione e riconversione cargo di
vettori aerei), una grande impresa che opera all’interno di uno dei principali gruppi
industriali italiani, quale Alenia-Finmeccanica. Anche in questo caso il processo di
crescita è molto più qualitativo che dimensionale, ed è mosso dalla necessità di
rafforzare la propria posizione nelle catene globali del valore in un mercato fortemente
concentrato. L’aspetto originale è in questo caso rappresentato dall’idea di sviluppare
nuove relazioni di fornitura con l’ambiente imprenditoriale esterno, sfruttando
competenze tecnologiche in parte già esistenti nel tessuto produttivo locale, anche se
generalmente attive su filiere più tradizionali. Si tratta, in altri termini, di un progetto di
crescita per linee esterne di tipo distrettuale, promosso da parte di un’impresa ad
elevato contenuto tecnologico e che, anche per questo, assume un interesse più
generale per il territorio.
Difficoltà e necessità di crescere
Gli otto casi analizzati costituiscono un insieme di esperienze e progetti di crescita
dimensionale da cui c’è molto da imparare. Dall’esame di tutti i casi considerati si
comprende come, innanzitutto, crescere sia difficile. Lo è perché la crescita delle
dimensioni e delle relazioni dell’impresa porta ad accrescere i rischi connessi a nuovi
investimenti ma anche perché comporta la rottura dei vecchi equilibri e delle routines
organizzative consolidate, la messa in discussione delle posizioni personali di potere, il
cambiamento delle competenze tecniche e manageriali. Date queste difficoltà, si
capisce come nell’avviare il processo di crescita dell’impresa risulti determinante non
solo la volontà dell’imprenditore – le sue ambizioni, la visione del futuro dell’azienda, la
percezione delle opportunità di mercato, la propensione al rischio – ma anche un
insieme di condizioni esterne che incentivano, e in parte anche costringono, a mettere
in moto il cambiamento. Fra queste condizioni, come abbiamo già ricordato, è
fondamentale la pressione concorrenziale che rende necessario attrezzare l’impresa a
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rispondere alle sfide dell’innovazione e dei continui cambiamenti nella struttura e
geografia dei mercati internazionali. Proprio perché ogni impresa è inserita in un
sistema di interdipendenze tecnologiche e di mercato, il mutare di queste condizioni
diventa motivo per ridefinire il proprio posizionamento.
I casi esaminati hanno tutti messo in luce come la spinta alla crescita sia rappresentata
da un mix di vincoli e opportunità in cui l’impresa si viene a trovare: la prima mossa per
avviare il cambiamento è, tuttavia, che qualcuno sappia riconoscere l’esistenza delle
nuove condizioni tecnologiche e di mercato, assumendosi la responsabilità di cambiare
gioco.
Un secondo aspetto importante che la ricerca ha messo in luce è che i percorsi della
crescita sono numerosi e, molto spesso, fra loro intrecciati. Si può crescere per
espansione orizzontale o integrazione verticale, tramite acquisizioni o fusioni, con
gruppi, alleanze, consorzi o progetti di filiera. Ciò che tuttavia sembra accomunare le
esperienze esaminate è che la crescita per vie interne rende necessario anche lo
sviluppo di un nuovo sistema di relazioni con altre imprese e, in molti casi, con
l’ambiente sociale e istituzionale in cui l’impresa opera. Quest’ultimo aspetto si collega
anche ad un altro tema risultato fin da subito centrale per questa ricerca, quello del
rapporto fra crescita dimensionale e crescita qualitativa. Per crescere, l’impresa ha
bisogno di competenze tecniche, manageriali, finanziarie, legali, logistiche, di cui
difficilmente dispone all’avvio del processo. La capacità dell’ambiente esterno
all’impresa di mettere a disposizione queste competenze risulta perciò di fondamentale
importanza per l’efficacia dell’iniziativa. In questa prospettiva, dal confronto con le
imprese sono emerse alcune preoccupazioni sulla capacità dell’ambiente economico
regionale di sostenere un diffuso processo di crescita, innovazione e riposizionamento
competitivo. Quasi mai, ad esempio, i processi di crescita hanno visto partecipare in
modo consapevole il sistema formativo tecnico e universitario, né è emerso un ruolo
particolarmente incisivo del sistema bancario. Così come si deve riconoscere che solo
in rari casi il sistema associativo è stato indicato come supporto decisivo dei progetti di
crescita. I servizi a cui le imprese hanno potuto fare riferimento sono per lo più quelli
forniti dalla consulenza organizzativa e fiscale ma sempre più spesso emerge
l’insufficienza dell’offerta locale di competenze specializzate, alle quali si rende invece
necessario ricorrere soprattutto per guidare l’espansione internazionale delle imprese e
il loro riposizionamento nella catena del valore.
Lo sviluppo di un mercato di servizi in grado di accompagnare la crescita qualitativa e
dimensionale deve perciò diventare un obiettivo che imprese, istituzioni e associazioni
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imprenditoriali dovranno in futuro assumere con maggiore impegno. Senza lo sviluppo
di questi servizi, difficilmente l’industria può continuare a svolgere in Veneto quel ruolo
nel processo di crescita che ha avuto nel corso degli ultimi trent’anni.
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PARTE I
PARTE I
LA DIMENSIONE DELL’IMPRESA NELL’ANALISI ECONOMICA
Introduzione
Il problema della dimensione delle imprese e, in particolare, di come essa si collega
con l’attività innovativa è uno dei grandi temi che ha alimentato l’analisi economica. In
questa prima parte del Rapporto si intende riprendere alcune delle analisi che sono
state effettuate sia a livello empirico che teorico. Inoltre, verranno discusse anche
alcune evidenze empiriche per valutare, sia pure in modo preliminare, quali siano le
tendenze in atto in Italia, confrontando sia la situazione delle diverse aree regionali, sia
allargando la comparazione agli altri paesi europei.
Questa prima sezione del rapporto è a sua volta articolata in tre parti. La prima (§ 1-7)
affronta una lettura micro-economica del problema della crescita dimensionale delle
imprese e si propone di chiarire alcuni termini di economia industriale che risultano
fondamentali per analizzare sia le caratteristiche interne alle imprese, sia i fattori
esterni che ne condizionano lo sviluppo. La seconda parte (§ 8-11) fornisce, invece,
una rassegna della letteratura sulla relazione tra dimensione d’impresa e innovazione,
cercando di delineare i differenti risultati che sono stati ottenuti a seconda di come
l’innovazione è stata misurata (R&S, brevetti e numero di innovazioni). Infine, la terza
parte (§ 12) si concentra sulle evidenze empiriche ricavabili da tre distinte fonti
informative: i dati censuari italiani, quelli dell’indagine comunitaria sull’innovazione e
quelli dell’osservatorio europeo sulle piccole e medie imprese.
1. Dimensione e confini dell’impresa: alcuni problemi di definizione
Nell’affrontare l’analisi economica della dimensione d’impresa un primo problema che
si incontra è quello di definire a quale unità ci si riferisce. Non è solo una scelta relativa
al tipo di misura – il numero di addetti, il valore del fatturato o del patrimonio netto: le
tre variabili impiegate congiuntamente dalla Commissione Europea per definire le
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PARTE I
classi dimensionali delle imprese – bensì di individuazione dell’oggetto stesso
dell’analisi. Per analizzare la struttura dimensionale di un’economia è infatti possibile
riferirsi all’impresa come unità economica e giuridica ma anche allo stabilimento, che
rappresenta invece l’unità tecnica dell’organizzazione produttiva. L’analisi della
dimensione d’impresa potrebbe tuttavia riferirsi anche al gruppo, che costituisce un
soggetto economico che può di fatto coordinare in modo unitario l’attività di più impianti
produttivi: la Commissione Europea stabilisce, infatti, che le reti di partecipazione attive
e passive fra imprese creino organizzazioni economiche associate o collegate da
considerare, dal punto di vista della politica industriale europea, come entità unitarie.
Più controverso è il riferimento a sistemi produttivi nei quali più imprese entrano in
relazioni stabili di divisione e integrazione del lavoro, come avviene con le alleanze o le
joint venture, oppure nei casi che la letteratura indica con i concetti di filiera industriale,
catene del valore, reti produttive, distretti o cluster, ecc.
E’ facile capire che queste distinzioni non sono solamente nominalistiche. La scelta
dell’oggetto di analisi su cui misurare la dimensione economica dell’impresa
condiziona, infatti, non solo l’ambito della ricerca ma i suoi stessi risultati. Se, infatti, la
logica economica che regola la dimensione d’impresa è rappresentata dalle economie
di scala, sarà molto diverso misurare queste ultime a livello di singolo impianto, per cui
vale il principio di efficienza tecnica del costo medio minimo, piuttosto che considerare
il numero complessivo di impianti cui fa capo una strategia di integrazione produttiva
che può rispondere a obiettivi economici diversi da quelli della solo efficienza tecnica,
come, ad esempio, accrescere il potere di mercato, ridurre i costi di transazione o
acquisire conoscenze esclusive.
In realtà, il primo problema di fronte al quale si trova ogni analisi economica sulla
dimensione d’impresa è quello di definire i confini dell’impresa stessa. Possiamo a
questo proposito riprendere un’utile definizione proposta da Grillo e Silva, i quali
nell’analizzare le diverse teorie economiche dell’impresa – neo-classica, istituzionalista
e cognitivo-evoluzionista – arrivano alla conclusione che in tutte è comune la seguente
idea:
“l’impresa è un insieme di conoscenze e di rapporti, informali e contrattuali, facenti
capo ad un unico soggetto che esercita un autorità sui proprietari degli inputs. I
confini dell’impresa sono dunque quelli dell’autorità, del controllo, e
dell’applicabilità di certe conoscenze. Questi confini sono assai sfumati, in quanto
questi rapporti assumono forme varie, solo alcune delle quali hanno la veste
istituzionale dell’impresa, intesa come unità economica e giuridica.” (Grillo e Silva
1998, p. 377)
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PARTE I
Se, come sostengono gli autori, a definire i confini dell’impresa interviene una qualche
forma di autorità o l’applicabilità di certe conoscenze, allora l’oggetto su cui misurare le
economie di scala può variare in misura significativa. Può essere un gruppo formale,
all’interno del quale il principio di autorità continua a funzionare anche in termini
giuridici e dove l’insieme delle imprese coinvolte si presenta con un bilancio
consolidato. Ma potrebbe anche essere un gruppo informale, dove pur in presenza di
un intreccio azionario, i legami di interdipendenza risultano meno evidenti e possono
più facilmente sfuggire all’analisi (Bigarelli, Ginzburg 2005). A bene vedere, tuttavia,
una qualche forma di autorità o l’applicabilità di certe conoscenze non passano
solamente attraverso la proprietà del capitale, bensì anche tramite contratti relativi a
scambi di inputs. È il caso dei contratti di fornitura, del franchising, della cessione di
licenze, delle joint venture, delle diverse forme di alleanze produttive e di
consorziamento fra imprese. Il caso estremo è quello di un’impresa i cui confini sono
definiti da relazioni contrattuali di fatto, cioè da rapporti di mercato. Nella misura in cui
tali rapporti vengono strutturati, il sistema di mercato può assumere diverse
configurazioni, fra cui le catene del valore, le reti produttive, i distretti, ecc. In tutti
questi casi, si possono ottenere economie di scala rilevanti – se riferite all’insieme del
sistema produttivo – anche attraverso la partecipazione di imprese di dimensione molto
piccola. Ciò che cambia, tuttavia, sono i meccanismi di governance del sistema, che
svolgono un ruolo fondamentale nelle decisioni di investimento. Tanto più il sistema è
decentrato (o l’autorità distribuita), tanto più complesso risulterà il processo decisionale
che porta a definire una strategia comune, come ad esempio sul fronte
dell’innovazione. D’altro canto, tanto maggiore è la concentrazione dell’autorità, tanto
più deboli gli incentivi che le diverse parti ricevono nell’attivare processi di innovazione
o nell’assicurare la qualità delle singole produzioni.
Proprio la presenza di costi di coordinamento nelle organizzazioni economiche e
l’esistenza di un trade-off quantità/qualità è alla base degli interrogativi dell’economia
neo-istituzionalista: la nota domanda posta da Ronald Coase – “Perché tutta la
produzione non viene effettuata in un’unica grande impresa?” – è stata poi riformulata
da Oliver E. Williamson nel modo seguente: “Perché una grande impresa non può fare
tutto ciò che è possibile ad un insieme di piccolissime imprese, ed anche di più?”
(Williamson 1986).
Il problema dei confini dell’impresa, come si può capre, non è perciò di facile soluzione.
Ciò che è importante ai fini di questa ricerca non è risolvere il problema in modo
univoco, quanto avere consapevolezza della complessità della materia. Nella seconda
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PARTE I
e terza parte di questo rapporto, si farà spesso riferimento al concetto di sistema del
valore come ambito all’interno del quale misurare la crescita dell’impresa: non tanto,
perciò, come crescita delle dimensioni quantitative degli impianti, bensì come posizione
che l’impresa assume in termini di potere di mercato e come capacità di creare
conoscenze critiche per lo sviluppo del sistema stesso.
2. Economie di scala e forme di integrazione produttiva
Nella letteratura economica le forme della crescita dimensionale dell’impresa vengono
solitamente distinte in tre tipologie. Può infatti essere di tipo orizzontale, e rispondere
così ad una esigenza di espansione della produzione che si misura attraverso la
crescita della quota di mercato dell’impresa. Oppure di tipo verticale, quando il
processo produttivo viene integrato da attività a monte e valle della filiera, e in questo
caso la misura viene ad essere solitamente il rapporto fra valore aggiunto e fatturato.
Può essere anche di tipo conglomerale, quando la crescita avviene per diversificazione
di attività o produzione congiunta di beni o servizi differenziati.
Le economie di scala possono in realtà essere riferite a tutte e tre le forme di
integrazione, anche se a rigore si è soliti attribuirle alla sola crescita orizzontale.
L’integrazione verticale viene infatti spiegata anche attraverso altri tipi di economie,
come quelle attribuibili alla riduzione dei costi di transazione (o costi d’uso del
mercato), mentre la crescita conglomerale risponde alle esigenze di ottimizzare le
economie di scopo (condivisione degli stessi assets nella produzione congiunta di beni
differenziati).
Avremo modo nei prossimi paragrafi di tornare sui costi di transazione, mentre le
economie di scopo verranno di fatto considerate nella seconda parte della ricerca da
una prospettiva diversa di quella tradizionalmente assunta dall’economia industriale:
verranno infatti analizzati i processi di ri-posizionamento dell’impresa all’interno del
sistema del valore, che corrispondono alle capacità dell’impresa di creare e replicare
conoscenze critiche. In questo paragrafo, invece, si è ritenuto utile concentrare
l’attenzione sulle economie di scala come determinanti della crescita dell’impresa.
Tecnicamente si hanno economie di scala quando al crescere della quantità prodotta si
riduce il costo medio totale di lungo periodo. Il lungo periodo è l’arco temporale che
consente all’impresa di variare tutti i fattori di produzione: il costo medio minimo è
dunque il risultato della decisione dell’impresa sulla quantità da produrre, che in
equilibrio concorrenziale – tenendo conto delle diverse forme di mercato – tenderà a
corrispondere alla scala ottima.
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PARTE I
La decisione dell’impresa sarà condizionata sia dal livello dei costi fissi, sia dai
rendimenti marginali della produzione. Ad influenzare il livello dei costi fissi
intervengono aspetti importanti quali l’indivisibilità tecnica degli impianti, i costi di
avviamento, l’investimento in R&S, in marketing, comunicazione, ecc., ovvero tutti costi
indipendenti dalla quantità prodotta nel breve periodo.
I rendimenti marginali intervengono, invece, nel decidere la forma della curva dei costi
totali e, di conseguenza, di quelli medi unitari: rendimenti decrescenti, come nel caso di
produzioni manifatturiere di elevata qualità, denotano l’esistenza di elevati costi di
coordinamento e controllo interno, per cui, a parità di costi fissi, la scala di produzione
efficiente tende a ridursi e ad assumere la nota forma a U; rendimenti costanti o
crescenti, come avviene nell’ambito dei beni di informazione (software, editoria,
licenze, ecc.), rendono invece i costi totali meno sensibili alla quantità prodotta, e la
forma della curva dei costi medi assomiglia invece ad una L. Nel primo caso (curva a
U) esisterà perciò un solo punto di minimo dei costi medi, corrispondente alla
dimensione ottima dell’impresa; la scala minima efficiente si avrà invece solo nel
secondo caso, e corrisponde al livello minimo di produzione (punto di angolo della
curva ad L) che consente di minimizzare i costi medi.
La diversità dei rendimenti porta a diverse strutture di mercato. La concorrenza
aumenta in presenza di rendimenti decrescenti della produzione, mentre con
rendimenti costanti e crescenti tendono a crearsi mercati di concorrenza imperfetta
(monopoli, oligopoli o, in assenza di barriere all’entrata, di concorrenza monopolistica).
Nel primo caso le dimensioni del mercato non modificano in misura rilevante la scala
efficiente di produzione: per definizione, ogni impresa ha una quota di mercato molto
piccola e la libertà di entrata ristabilisce costantemente gli equilibri concorrenziali
(equivalenza del prezzo al costo marginale). Invece, in presenza di concorrenza
imperfetta, la dimensione del mercato cambia anche la scala di produzione: un
mercato più ampio – come avviene con la riduzione di barriere tariffarie al commercio o
con l’abbattimento dei costi di trasporto internazionale – contribuisce così ad
aumentare la dimensione efficiente delle imprese. Di conseguenza, con l’ampliamento
del mercato saranno avvantaggiate le imprese che hanno già una scala di produzione
maggiore o che riescono ad adeguare la propria dimensione ai nuovi equilibri di
efficienza. In mancanza di capacità di adattamento dimensionale delle imprese, la
crescita del mercato può causare, paradossalmente, anche un processo di uscita
(fallimento) delle imprese.
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PARTE I
3. Gli incentivi e gli ostacoli alla crescita delle imprese
Quali sono, allora, le ragioni che spingono un’impresa a crescere? Quali gli ostacoli
che essa trova sul proprio percorso di crescita? Questa sezione è dedicata a
rintracciare le risposte che la letteratura economica ha dato a queste domande.
Per lungo tempo un contributo centrale per la teoria economica è stato Viner (1932).
Secondo Viner, le imprese di ogni settore tenderebbero ad un’unica dimensione, sotto
l’ipotesi che esse abbiano una funzione di costo di lungo periodo prima declinante e poi
ascendente (assumendo una forma, come si è già visto, ad U). In equilibrio, l’entrata e
l’uscita delle imprese dal mercato contribuirebbero a stabilire come la produzione del
settore è allocata alle varie imprese.
Da questa teoria conseguono anche delle raccomandazioni di policy: imprese troppo
piccole rispetto alla loro scala efficiente implicano dei costi che devono essere
controbilanciati dai benefici derivanti dalla riduzione delle inefficienze del monopolio.
Ricordiamo, infatti, che tanto più bassa è la concorrenza – o tanto più elevato il grado
di monopolio – tanto meno il prezzo di equilibrio corrisponde ai costi marginali, con la
produzione di extraprofitti a solo beneficio del produttore.
La teoria di Viner (1932) ha ricevuto notevoli critiche, riassumibili in tre punti:
1. non è direttamente applicabile alle imprese multi-prodotto;
2. cambiamenti nella domanda per i prodotti portano spesso ad una variazione
della dimensione dell’impresa piuttosto che all’entrata e all’uscita delle imprese
da un settore;
3. non sembra esistere una relazione inversa tra crescita dell’impresa e la sua
dimensione iniziale (Lucas, 1972).
In particolare per quanto riguarda il terzo punto, Simon e Bonini (1958) hanno mostrato
dal punto di vista empirico che, sia pure con qualificazioni importanti, la probabilità di
un dato accrescimento proporzionale, in un certo periodo, è la stessa per tutte le
imprese di una data industria, indipendentemente dalla loro dimensione all’inizio del
periodo.
Lucas (1967) ha inoltre evidenziato il fatto che abbandonando l’ipotesi di una funzione
di costo di lungo periodo a forma di U e presupponendo, invece, ritorni di scala costanti
a livello di settore, ogni distribuzione della dimensione di impresa può essere un
equilibrio competitivo e derivare dalla minimizzazione dei costi. Di conseguenza, una
politica anti-trust non può che avere effetti benefici perché ridurrebbe le distorsioni
derivanti dal monopolio senza indurre inefficienze di costo.
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PARTE I
Altri contributi teorici si sono soffermati, invece, sulle capacità produttive intrinseche
alle imprese. Ad esempio, Jovanovic (1982) ha teorizzato che esse sarebbero un
fattore esogeno, che le imprese stesse scoprono gradualmente durante la loro vita e
da cui dipenderebbero le dimensioni delle singole imprese e la loro distribuzione.
Hopenhayn (1992), invece, ha costruito un modello secondo cui le capacità produttive
delle imprese sono loro note, ma sono soggette a shock stocastici nel corso del tempo.
Infine Ericson e Pakes (1995) e Pakes e McGuire (1994) hanno endogenizzato le
capacità produttive delle imprese, considerate come determinate stocasticamente dalle
scelte d’investimento delle imprese. D’altro canto Lucas (1978) ha elaborato
un’intuizione di Manne (1965) secondo cui la distribuzione della dimensione delle
imprese sarebbe il risultato di quella dell’abilità dei loro manager, che sarebbe
connessa positivamente con l’intensità di capitale dell’economia e con la sua
ricchezza. Di conseguenza, primo, a manager di abilità superiore corrisponderebbero
imprese di dimensioni più grandi e viceversa; secondo, alla maggiore abilità dei
manager corrisponderebbe una maggiore rapporto capitale/lavoro e un più alto
prodotto pro capite.
Al di là delle specifiche formalizzazioni analitiche, è chiaro che questi contributi hanno
in comune l’idea per cui ciascuna impresa avrebbe un proprio motore interno di
crescita e che sarebbero le differenze tra le varie caratteristiche interne all’impresa a
determinarne la futura crescita o assenza di crescita.
L’attenzione alle economie interne all’impresa è condivisa anche da Steindl (1952),
secondo il quale: “Se certe economie di costo sono disponibili per impianti di una certa
dimensione, solo quelle imprese che sono abbastanza grandi da potersi consentire
l’investimento di capitale richiesto per tale impianto si potranno appropriare di quelle
economie […]. D’altro canto, se ci sono economie accessibili ad impianti piccoli […]
ogni impresa più grande può avvalersene”. Di conseguenza, le grandi imprese
guadagnerebbero saggi di profitto più alti delle piccole.
4. Dalla piccola impresa alla grande corporation: un’evoluzione necessaria?
Il punto di vista interno all’impresa è condiviso in parte anche da Braverman (1974),
quando sostiene che “la dimensione dell’impresa capitalistica, prima dello sviluppo
della moderna società per azioni, era limitata sia dalla disponibilità di capitale che dalle
capacità organizzative del capitalista o del gruppo di soci, padroni dell’impresa”.
Riallacciandosi alla distinzione marxiana tra centralizzazione e concentrazione del
capitale, Braverman (1974) distingue tre casi di crescita dimensionale dell’impresa: un
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PARTE I
primo caso è quando la crescita della scala di produzione è il risultato
dell’accumulazione del capitale; il secondo è quando la crescita è conseguenza
dell’eliminazione dei concorrenti; il terzo quando la crescita è condizionata dal sistema
creditizio.
Torneremo più tardi sul ruolo svolto dal sistema del credito nella struttura dimensionale
dell’economia. Per il momento conviene seguire Braverman (1974) che ripercorre le
tappe del passaggio dalla piccola impresa alla corporation. Quest’ultima costituisce
una formula di organizzazione economica capace di superare i limiti delle disponibilità
individuali di capitale e, fino ad un certo punto, anche di capacità imprenditoriali. Il
primo mutamento organizzativo verificatosi mano a mano che questo passaggio prese
piede è stato l’allargamento del ruolo del management. Citando Pollard (1965),
Braverman (1974) scrive che nella prima metà dell’ottocento: “Il grande imprenditore di
quel tempo iniziò la propria attività con un personale amministrativo, gestionale e
impiegatizio molto limitato: egli scriveva le sue lettere, intratteneva i rapporti con la
clientela e sorvegliava i propri dipendenti con il suo bastone da passeggio”.
Al formarsi della grande corporation, non solo il management assunse maggiore
importanza, ma anche al suo interno presero forma varie unità produttive divise lungo
caratteristiche funzionali: il settore “design”, quello “ricerca e sviluppo”, il settore
“progettazione”, quello “controllo di qualità” e così via.
Tuttavia, i settori che si svilupparono maggiormente furono quello marketing e quello
finanziario. Mentre le piccole imprese si affidavano a rappresentanti o grossisti, le
grandi società per azioni crearono una propria unità addetta alle vendite per sfruttare al
meglio le economie di scala derivanti dal miglioramento delle vie di comunicazione e
dei trasporti, ma anche dalla crescita degli aggregati urbani. Il settore finanziario
assurse a cervello della grande impresa, dove venne centralizzato il controllo sul
capitale e sulla sua accumulazione grazie alla creazione al suo interno di ulteriori
divisioni addette ai prestiti, ai crediti, al controllo della cassa o alle relazioni con gli
azionisti.
5. Dimensione d’impresa e globalizzazione
L’ipotesi dell’importanza delle economie di scala per la crescita dimensionale delle
imprese ha ricevuto più recentemente nuova forza dal fenomeno della globalizzazione.
Secondo Beck, Demirgüc-Kunt and Maksimovic (2003) mercati più grandi e più aperti
favorirebbero la crescita delle imprese, in quanto queste sarebbero in grado di sfruttare
meglio le risultanti economie di scala. Questo ragionamento dovrebbe poi essere
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
27
PARTE I
particolarmente calzante per i settori basati sulla conoscenza, dove i costi fissi
affondati derivanti dalla ricerca dovrebbero essere recuperati tramite lo sfruttamento
delle economie di scala o ampliando la gamma delle produzioni.
Tuttavia, considerando le 100 maggiori imprese in un dataset annuale che copre il
periodo 1988-1997 per 44 paesi, Beck et al. non riescono ad ottenere supporto
empirico per questa tesi. Molto debole è anche l’evidenza empirica che riescono a
produrre circa l’effetto del capitale umano sulla dimensione d’impresa, non riuscendo a
distinguere se esso avvantaggi più le imprese piccole, favorendo una più diffusa
imprenditorialità, o quelle grandi, favorendo la diffusione dei saperi necessari alla
gestione di organizzazioni complesse.
Secondo Traù (2005), per fronteggiare l’accresciuta incertezza economica le imprese
cercano di abbattere i costi fissi riducendo l’integrazione verticale e abbandonando le
attività no-core. Secondo l’autore, esiste tuttavia un limite alla deverticalizzazione.
Infatti, l’ampliamento dei mercati è tornato a porre con forza la questione dimensionale
perché l’esternalizzazione di determinate funzioni può rendere più difficile lo sviluppo di
competenze strategiche necessarie ad affrontare le nuove condizioni concorrenziali.
Inoltre, l’eccessiva focalizzazione su attività core può ridurre la capacità delle imprese
di adattarsi ai diversi contesti.
In questa prospettiva, la forma del “gruppo” di imprese consente, invece, proprio una
maggiore adattabilità perché, pur replicando la forma organizzativa multidivisionale,
consente una maggiore dotazione di fattore imprenditoriale grazie ad un più alto grado
di decentralizzazione delle responsabilità. Questo punto di vista, che mette in luce il
sistema di incentivi che la struttura dell’impresa fornisce agli agenti economici, ci porta
a considerare la teoria dei costi di transazione.
6. Integrazione della produzione e dimensione d’impresa: l’approccio neoistituzionalista
Secondo la nota formulazione di Alchian e Demsetz (1972), l’impresa nasce come
mezzo per ovviare ai comportamenti opportunistici intrinseci al lavoro di squadra. In
altre parole, ogni lavoratore che sia inserito in una squadra dove il prodotto marginale
di ciascun membro non sia immediatamente distinguibile da quello degli altri, avrà un
incentivo a ridurre il proprio sforzo lavorativo. L’impresa riesce ad ovviare a questo
inconveniente affidando la remunerazione residua ad un agente esterno alla
produzione, il cui compito è quello di monitorare gli altri membri della squadra.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
28
PARTE I
Più in generale, secondo la scuola neo-istituzionalista (Williamson, 1985, 1991 e
2000), l’impresa è, oltre che un mezzo per ovviare all’opportunismo, anche un rimedio
all’incompletezza contrattuale, vale a dire all’impossibilità, data la razionalità limitata
propria degli agenti economici, che i contratti possano prevedere ogni possibile stato
futuro del mondo. Tramite la gerarchia, allora, è possibile fare fronte a possibili
imprevisti.
Insieme ad opportunismo e incompletezza contrattuale, l’altra parola chiave della
scuola neo-istituzionalista è quella della specificità delle risorse: in altri termini, la
gerarchia sostituisce il mercato e l’organizzazione si estende laddove sia in gioco una
risorsa irrinunciabile per il funzionamento dell’organizzazione stessa. L’integrazione
verticale all’interno di un’impresa (opzione make), in alternativa allo sviluppo di
relazioni di mercato (opzione buy), tende così a prevalere in presenza di elevati costi di
transazione – opportunismo, a-simmetrie informative, specificità delle risorse – e bassi
costi di coordinamento. Laddove, invece, i costi di coordinamento sono elevati – come
nel caso di produzioni di elevata qualità, di tecnologie fluide o dell’esigenza di
distribuire gli incentivi all’innovazione – e i costi d’uso del mercato contenuti – come in
presenza di fiducia e di efficienti istituzioni di tutela della proprietà – tendono a
prevalere imprese specializzate e, dunque, di dimensione minore.
Secondo Williamson è inoltre necessario distinguere l’analisi statica delle strutture
dimensionali dell’economia – il cui equilibrio dipende da un dato assetto istituzionale e
dalle condizioni di efficienza tecnica della produzione – dal problema della crescita
dimensionale dell’impresa. La crescita dell’impresa costituisce, infatti, un cambiamento
di equilibrio che implica, come conseguenza della razionalità limitata, la crescita dei
costi di controllo. Secondo Williamson (1986, p. 49): “ad ogni decisione di espansione
si verifica necessariamente un trade-off qualità-quantità”. Ciò è dovuto alla perdita di
qualità informativa che l’aumento dei livelli gerarchici comporta: se i vertici aziendali si
allontanano
dalle
dell’organizzazione,
condizioni
diventano
operative,
più
come
imprecise
sia
avviene
le
con
informazioni
l’espansione
critiche
sul
funzionamento dell’impresa (bottom-up), sia le istruzioni ai subordinati (top-down). Ciò
definisce, secondo, Williamson, il problema della “perdita di controllo” del processo di
espansione aziendale.
Sviluppando le intuizioni della scuola neo-istituzionalista, Rajan e Zingales (2000)
spostano l’attenzione dal talento dei manager agli incentivi che si generano all’interno
dell’impresa date le condizioni legali esterne di tutela del know how specifico di ogni
impresa o delle risorse, tangibili o intangibili, che sono alla base del suo vantaggio
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
29
PARTE I
competitivo. In particolare, Rajan e Zingales (2000) portano l’esempio della nascita di
Intel, che sarebbe stata creata da due top manager della Fairchild Semiconductor,
dopo essersi appropriati di una delle tecnologie prodotte all’interno di quest’ultima
impresa.
Di conseguenza, Rajan e Zingales (2000) ipotizzano che se i sistemi legale e
giudiziario non sono in grado di tutelare il diritto di proprietà su queste risorse, le
imprese rischiano di non essere in grado di crescere perché la loro stessa crescita
genera le condizioni per cui le loro risorse specifiche vengono appropriate dai loro
manager, che fondano imprese concorrenti. D’altro canto, in settori caratterizzati da
risorse intangibili scarsamente tutelabili anche da sistemi legali e giudiziari molto
efficienti, le imprese tenderebbero ad avere una struttura orizzontale, che
permetterebbe una maggiore parcellizzazione dell’accesso di ciascun manager alle
risorse specifiche dell’impresa, tutelandone maggiormente la sicurezza.
Un ulteriore fattore che tenderebbe ad ovviare alla maggiore difficoltà a contrastare i
comportamenti opportunistici in presenza di risorse difficilmente monitorabili sarebbe la
partecipazione dei dipendenti agli utili, come sottolineato da Alchian e Demsetz (1972).
Jensen e Meckling (1976), invece, sottolineano come non sia solo il lavoro di squadra,
ma ogni tipo di contratto ad implicare i costi di agenzia e la presenza di comportamenti
opportunistici. Quindi, quando il management stabilisce la dimensione dell’impresa
deve fare fronte ad un trade-off tra i maggiori utili derivanti dall’espansione dell’impresa
e i maggiori costi di agenzia che essa implica. Non è sufficiente valutare i vantaggi
strettamente produttivi della crescita dimensionale, bisogna tenere contro anche delle
sue possibili complicazioni organizzative, compresi i rischi di spin-off conseguenti alla
non-escludibilità interna delle conoscenze critiche.
Non sempre, tuttavia, l’esistenza degli spin-off imprenditoriali va visto criticamente per
le stesse imprese che li generano. Alla visione pessimistica di Rajan e Zingales (2000)
si può infatti contrapporre quella di Annalee Saxenian (1994), secondo la quale il
sistema imprenditoriale che si è venuto a creare nella Silicon Valley durante gli anni
novanta ha diverse caratteristiche peculiari:
1. i ricercatori, gli ingegneri e i manager impiegati nelle varie imprese della Silicon
Valley non si sentivano dipendenti di una impresa in particolare, ma della
Silicon Valley nel suo complesso, muovendosi da impresa ad impresa,
formando proprie imprese e alla fine, in diversi casi, tornando all’interno
dell’impresa originaria;
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
30
PARTE I
2. un’elevata propensione al rischio d’impresa si coniugava con un atteggiamento
economico e sociale che non penalizzava il fallimento imprenditoriale.
Di conseguenza, anche valutando la questione della prevalenza delle grandi o delle
piccole imprese all’interno dei settori basati sulla conoscenza, non bisogna dimenticare
l’importanza del contesto istituzionale esterno. La diffusione dei brevetti e lo sviluppo
dei mercati delle tecnologie, implicando una più precisa definizione dei diritti di
proprietà, rendono perciò possibile anche una scala efficiente più ridotta (Arora, Fosfuri
1999; Cesaroni 2004; Gambradella 2005; Giarretana 2004).
7. Dimensione d’impresa e ambiente esterno: distretti, finanza e mercato del
lavoro
Del resto, il punto di vista interno all’impresa, seppur a lungo dominante, non è l’unico
presente in economia e nell’ultimo ventennio del novecento si è assistito ad una
riscoperta dei concetti di distretto e di economie esterne all’impresa così come
inizialmente formulate da Marshall (1919). Non è detto che sia necessario concentrare
grandi masse di lavoratori nello stesso stabilimento, i vantaggi della produzione su
larga scala si possono sfruttare anche raggruppando in uno stesso distretto una gran
numero di piccoli produttori, che creerebbero uno milieu produttivo capace di creare
esternalità positive in termini di circolazione delle informazioni, di formazione di abilità
personali specifiche, di riduzione dei comportamenti opportunistici e di un buon
rapporto con il credito, tali da assicurare comunque alti livelli di redditività e produttività
(Becattini, 1991).
Proprio la domanda se la crescita delle imprese possa essere frenata da fattori di
carattere finanziario e giuridico - sia in termini di sovranità del diritto che degli incentivi
che esso offre agli agenti economici – è un’ulteriore questione su cui la letteratura si è
soffermata con attenzione. Demirgüc-Kunt e Maksimovic (1998) mostrano che grandi
imprese che si trovano in paesi con un sistema finanziario e legale più evoluto ed
efficiente riescono a trovare maggiori finanziamenti. Beck, Demirgüc-Kunt e
Maksimovic (2003) trovano, invece, che i sistemi finanziari meno evoluti spingono le
imprese ad internalizzare molte funzioni creditizie. Questo, però, non è sufficiente a
favorire dimensioni d’impresa più grandi dato che gli stessi paesi che hanno sistemi
finanziari meno sviluppati hanno anche sistemi legali e giudiziari più deboli, dove c’è
meno tutela per i diritti di proprietà delle imprese sui loro asset specifici, favorendone
l’espropriazione da parte degli insider.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
31
PARTE I
Beck, Demirgüc-Kunt e Maksimovic (2005), grazie all’utilizzo di un dataset della Banca
Mondiale frutto di un’indagine che ha coinvolto più di 4.000 imprese in 54 paesi,
riescono ad ottenere risultati maggiormente dettagliati. Innanzitutto, sono le imprese
più piccole a soffrire maggiormente a causa degli ostacoli di natura finanziaria e legale,
nonché a causa della corruzione. Nel dettaglio, gli ostacoli di carattere finanziario e
legale individuati da Beck, Demirgüc-Kunt e Maksimovic (2005) sono:
1. difficoltà amministrative e la necessità di avere canali privilegiati nel rapporto
con le banche dettate dal loro funzionamento burocratico,
2. le richieste di garanzie percepite come eccessive;
3. fattori di carattere macroeconomico, quali tassi di interesse troppo alti e la
mancanza di liquidità nel sistema bancario;
4. l’ammontare di “mazzette” pagate;
5. il tempo speso dal management presso gli enti regolatori;
6. la necessità di corrompere i consulenti bancari.
Inoltre, Beck, Demirgüc-Kunt e Maksimovic (2005) riescono ad individuare quali sono i
fattori che vengono indicati dalle imprese come forti ostacoli alla crescita, ma che poi
non risultano influenzarla negativamente in modo statisticamente sensibile, come lo
scarso accesso a finanziamenti di lungo periodo o la celerità dei tribunali. Questi
risultati punterebbero alla validità degli interventi a favore delle imprese medio-piccole,
attuati dalle istituzioni, come la Banca Mondiale, che hanno come scopo la promozione
dello sviluppo economico.
Un’ulteriore fattore che può svantaggiare la crescita delle piccole imprese è la
concentrazione del sistema bancario. Infatti, banche molto grandi possono da un lato
preferire il finanziamento a piccole imprese per avere un maggior potere contrattuale e
avere, di conseguenza, meno costi nell’acquisizione di informazioni circa le imprese.
D’altro canto esse possono avere una maggior incentivo ad intrattenere maggiori
rapporti con grandi imprese piuttosto che con le piccole in quanto queste sarebbero
meno in grado di fornire le informazioni necessarie per effettuare uno screening
efficiente tra progetti remunerativi e non. L’evidenza empirica prodotta da Beck,
Demirgüc-Kunt and Maksimovic (2003) porterebbe a propendere per la seconda
ipotesi, per cui sistemi bancari molto concentrati favorirebbero le grandi imprese
piuttosto che le piccole (vedi anche Guelpa, 2005).
Schivardi e Torrini (2003) spostano l’attenzione dagli ostacoli finanziari alla crescita
dell’impresa a quelli derivanti dal mercato del lavoro, cercando di rispondere alla
domanda se la legislazione a protezione del lavoro e in particolare i costi di
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
32
PARTE I
licenziamento possano impedire in modo significativo alle imprese di crescere. Il loro
contributo si concentra sul caso italiano, dove, com’è noto, le imprese con più di 15
dipendenti possono licenziare solo per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (un
comportamento scorretto del lavoratore) o per giustificato motivo oggettivo (la
necessità di ridurre o riorganizzare l’attività produttiva da parte dell’impresa). A
conferma dei risultati ottenuti da Borgarello et al. (2002) l’effetto della legislazione a
protezione del lavoro è trovato essere statisticamente significativo, ma di dimensioni
ridotte, non tale da spiegare la dimensione mediamente inferiore delle imprese italiane
rispetto a quelle degli altri paesi europei.
8. Innovazione tecnologica e dimensione d’impresa
L’innovazione tecnologica è un’attività multiforme, spesso sfuggente e di difficile
misurazione. Con questa realtà si sono dovuti confrontare coloro che hanno tentato di
analizzare l’esistenza di possibili differenze nei sistemi innovativi fra grandi e piccole
imprese.
Le variabili che più spesso sono state prese in considerazione sono la spesa per R&S,
la quota del personale dedicato all’R&S, i brevetti, nonché il numero di innovazioni.
Non solo, i vari studi si distinguono per le diverse variabili che vengono usate come
proxy per l’innovazione o come variabili esplicative, ma si è anche assistito ad una
diversificazione tra chi ha preso come unità di osservazione l’impresa e chi il settore,
nel tentativo di andare oltre possibili effetti di spiazzamento che le imprese più
innovative possono causare nei confronti di quelle meno innovative e catturare in
questo modo l’effetto netto che la struttura dei mercati o le specificità settoriali hanno
sull’innovazione.
9. R&S e dimensione d’impresa
Per venire agli studi che si sono concentrati sulla spesa per R&S, Cohen (1995) e
Whittington et al. (1999) hanno mostrato che le grandi imprese tendono ad avere ritorni
più
alti
sulle
spese
per
R&S
perché
possono
sfruttare
maggiormente
le
complementarietà tra queste e le attività di marketing. Scherer (1965) ha trovato, a
livello d’impresa, che la spesa in R&S cresce più che proporzionalmente della
dimensione d’impresa fino ad un livello soglia dove emerge una relazione
proporzionale. Questo è stato spiegato da vantaggio dimensionale che le imprese più
grandi hanno in termini di conoscenza interna, risorse finanziarie per l’innovazione,
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
33
PARTE I
numero di vendite su cui fare affidamento e il potere di mercato (Cohen e Klepper,
1996).
Arrow (1983), invece, individua il fatto che imprese di dimensioni diverse hanno diversi
incentivi all’innovazione. Le piccole imprese non possono fare fronte ad innovazioni di
grande scala, sia per mancanza di risorse interne che per mancanza di finanziamenti
esterni, ma nelle piccole imprese ci sarebbe una minore distanza organizzativa tra
coloro che propongono e realizzano le innovazioni e coloro che le vagliano, riducendo i
costi di agenzia. Quest’ultimo punto è stato ribadito anche da Scherer e Ross (1990),
secondo cui l’efficienza e l’efficacia della spesa in R&S vengono ridotte nelle imprese
più grandi dall’eccessivo controllo burocratico che incentiva il comportamento
opportunistico dei “tecnici”, che, ad esempio, possono usare l’ammontare della spesa
di un progetto come mezzo per segnalarne la qualità determinando un eccesso di
spesa in R&S.
Di conseguenza, la dimensione d’impresa può avere un effetto ambivalente
sull’innovatività e, infatti, Tsai e Wang (2005), focalizzando l’attenzione sull’elasticità
dell’output rispetto alla spesa in R&S, hanno mostrato che esiste una relazione a forma
di U inversa tra la produttività in R&S e la dimensione d’impresa. Analizzando i dati di
un campione di imprese manifatturiere quotate sulla borsa di Taiwan tra gli anni 1994 e
2000, concludono che la produttività dell’R&S cresce con la dimensione d’impresa a
livelli bassi, ma poi cala per le imprese più grandi. Alle economie “produttive” di scala si
sostituirebbero, insomma, delle diseconomie di carattere organizzativo dopo una certa
dimensione soglia.
Al contrario, van Dijk et al. (1997) hanno spostato l’attenzione sulla quota del personale
dedicato a Ricerca & Sviluppo sul totale dei dipendenti in un panel di imprese olandesi.
La concentrazione del mercato risulta avere un effetto positivo, indipendentemente
dalla dimensione d’impresa, mentre la crescita del mercato ha una grande importanza
sia per le imprese più grandi che per quelle più piccole. Love e Ashcroft (1999) hanno
analizzato non tanto dati sulle singole imprese, quanto dati sugli stabilimenti
(considerando 3000 stabilimenti manifatturieri scozzesi) e hanno trovato che la
struttura del mercato è meno rilevante per l’innovazione che la struttura dell’impresa, in
termini di dimensione dell’impianto, proprietà straniera e presenza di R&S, tutti con un
impatto positivo sull’innovazione, definita come ogni prodotto nuovo o migliorato
introdotto nei cinque anni precedenti lo studio.
In definitiva, la letteratura sulla relazione tra dimensione d’impresa e spesa in R&S,
non ha raggiunto conclusioni univoche. Secondo, Cohen e Levin (1989) questo
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
34
PARTE I
potrebbe essere il risultato di una serie di problemi empirici come distorsioni derivanti
dalla selezione del campione e la probabile collinearietà tra le caratteristiche delle
imprese e la loro dimensione, dovute anche all’effetto dell’innovazione sulla crescita
dimensionale delle imprese. Tuttavia, come sottolineato anche da Arvanitis (1997)
questo potrebbe anche essere l’effetto dell’eccessivo empirismo che pervade questa
letteratura. In altri termini, la mancanza di teorie formali o modelli che possano
suggerire quali sono i fattori determinanti della spesa in R&S e come questi siano
connessi alla dimensione d’impresa ha causato l’uso arbitrario di diverse specificazioni
che sono vulnerabili a distorsioni derivanti dall’omissione di variabili esplicative e che
non possono che aumentare la probabilità di risultati contraddittori.
Un tentativo di ovviare a questo problema è stato effettuato da Lee e Sung (2005), che
hanno proposto un modello secondo cui la relazione tra l’intensità di R&S, definita
come il rapporto tra la spesa in R&S e il fatturato, e la dimensione d’impresa non
sarebbe diretta, ma passerebbe tramite l’influenza che la dimensione d’impresa ha
sulle capacità tecnologiche specifiche all’impresa, definite come le sue capacità di
apprendimento e di assorbire informazioni esterne. In particolare, Lee e Sung (2005),
testando il loro modello su dati della Banca Mondiale, raggiungono la conclusione che
esiste una relazione non lineare tra dimensione d’impresa e spesa in R&S: questa
sarebbe maggiore per le imprese medie ma non varrebbe per le imprese con una più
alta capacità tecnologica per cui la spesa in R&S crescerebbe più che
proporzionalmente della dimensione d’impresa. In questo modo, esse sfuggirebbero
alle diseconomie di scala che sorgono per le altre imprese quando superano una certa
dimensione soglia.
10. Dimensione d’impresa, brevetti e numero di innovazioni: l’importanza dei
settori economici
Se le spese in R&S costituiscono un input del processo di innovazione, i brevetti e il
numero di innovazioni rappresentano un possibile output. Il rapporto fra le due misure
può allora restituire un indice di produttività del processo di innovazione. L’interrogativo
da porsi, allora, è se esista una relazione fra produttività dell’innovazione e dimensione
d’impresa.
Alcuni studi hanno rilevato che all’aumentare della dimensione d’impresa, la
produttività dell’R&S tende a declinare sia se viene misurata come rapporto tra il
numero di brevetti e spesa per R&S (Bound et al., 1984), sia quando è misurata dalle
innovazioni per unità di R&S (Acs e Audretsch, 1990, 1991). Le conclusioni di questa
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
35
PARTE I
letteratura sono che i fattori determinanti dell’innovazione possono variare per diverse
dimensioni d’impresa e a seconda delle specificità tecnologiche e settoriali (Rogers,
2004).
Anche se molta letteratura si è focalizzata sul modo in cui la struttura di mercato
influenza la performance innovativa delle imprese di diverse dimensioni, il legame tra
innovazione e struttura di mercato può essere capito meglio come una relazione
biunivoca. Infatti, c’è un consenso crescente circa il fatto che piccole e grandi imprese
rispondono in modo differente alle opportunità per l’innovazione date da particolari
ambienti, strutture di mercato e specificità settoriali (Rothwell and Dodgson, 1994).
Fattori settoriali, complementarietà dinamiche e l’evoluzione del ciclo di vita dei settori
sono stati individuati come fattori chiave nello spiegare la relazione tra innovazione e
dimensione d’impresa. Utilizzando i dati SPRU sull’attività innovativa nel Regno Unito,
Rothwell and Dodgson (1994) hanno mostrato l’esistenza di una relazione ad U inversa
tra la dimensione d’impresa e la quota di innovazioni prodotto da imprese di classi
dimensionali differenti. Le differenze di carattere settoriale suggeriscono che il ruolo
delle imprese più piccole è più rilevante dove i costi di entrata sono più bassi e dove
esistono mercati di nicchia, tuttavia, le forme di interazione tra imprese di classi
differenti (dall’ appalto alla licenza all’innovazione collaborativi) influenzano i risultati
finali. Lungo il ciclo vitale del settore, questa relazione evolve di solito da un ambiente
più favorevole per le imprese più piccole nei primi stadi di sviluppo, ad una situazione
matura dove si può trovare una maggiore concentrazione sia nell’innovazione che nei
mercati.
Del resto l’influenza delle componenti settoriali sul rapporto tra dimensione d’impresa e
innovazione è ormai largamente riconosciuta e viene illustrata da Malerba (2005),
ricollegandosi alla distinzione propria di Nelson e Winter (1982) tra “Schumpeter Mark
I” (Schumpeter, 1911) e “Schumpeter Mark II” (Schumpeter, 1942). Secondo questa
distinzione, esistono settori dove l’innovazione è caratterizzata dalla “distruzione
creativa” – come avviene, in particolare, tramite start up, ovvero con la crescita di
nuove imprese di piccola dimensione che scalzano gli incumbent – e altri dove prevale
“l’accumulazione creativa”, raggiunta da imprese di grandi dimensioni anche grazie alla
presenza di barriere all’entrata. I settori del macchinario e delle biotecnologie sono
esempi di settori “Schumpeter Mark I”, mentre l’industria dei semiconduttori negli anni
90 o quella dei computer mainframe tra il 1950 e il 1990 costituiscono esempi di settori
“Schumpeter Mark II”.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
36
PARTE I
L’introduzione del numero di innovazioni, come indicatore di capacità innovativa, ha
ulteriormente gettato luce su questo dibattito. Acs e Audretsch (1987), concentrandosi
su un’analisi di tipo settoriale, hanno mostrato che le grandi imprese sono più
innovative nei mercati monopolistici e nei settori maggiormente concentrati, con grandi
barriere di entrata, mentre le imprese più piccole hanno performance migliori nei
mercati più competitivi. È stato anche trovato che le imprese più piccole riescono a
sfruttare meglio le economie esterne che derivano da un ambiente innovativo migliore,
dovuto alla prossimità con centri di Ricerca e Sviluppo appartenenti a grandi imprese o
con Università (Acs et al. 1994, Audrestch e Vivarelli, 1994).
Risultati simili sono stati ottenuti da Rogers (2004), secondo il quale nei settori
manifatturieri le piccole imprese riescono a sfruttare meglio le economie esterne per
l’innovazione, mentre per le imprese non manifatturiere accade il contrario. Conclusioni
non molto diverse vengono raggiunte anche da De Jong e Vermeulen (2004).Altri studi,
che si concentrano anch’essi sui settori piuttosto che sulle imprese, trovano che il
vantaggio delle grandi imprese in termini di spesa in R&S tende a scomparire (Soete,
1979; Scherer, 1984): l’output innovativo (in termini di numero di innovazioni) tende a
diminuire con la crescita della concentrazione del settore, mentre l’efficacia degli input
di R&S decresce con la dimensione d’impresa (Acs e Audretsch, 1988). Inoltre, Cohen
(1995) ribadisce che le specificità industriali sono fattori chiave per comprendere la
performance innovativa di un’impresa
Questa linea di analisi ha portato a sottolineare l’importanza dei regimi tecnologici
come determinanti sia della struttura di mercato che della performance innovativa. Le
opportunità tecnologiche, le condizioni di appropriabilità, i sistemi innovativi settoriali, il
potenziale di crescita e la domanda effettiva influenzano allo stesso tempo
l’innovazione e la struttura di mercato (Malerba, 2004).
11. Le indagini europee sull’innovazione
Ulteriori progressi sono possibili usando le indagini europee sull’innovazione che
forniscono dati non solo sugli indicatori di input (R&S e spese innovative di genere
differente) e di output (domande di brevetti), ma anche sulle innovazioni effettive di
vario genere (nuovi prodotti, nuovi processi e il loro impatto di mercato) e sulle
strategie messe in atto (accordi di cooperazione, ricerca di nuovi mercati, flessibilità di
produzione, etc.). Usando i dati selle indagini sulle innovazioni, Evangelista, Perani,
Rapiti e Archibugi (1998) trovano che le imprese piccole e medie fanno soprattutto
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
37
PARTE I
affidamento a innovazioni incorporate nei nuovi macchinari, mentre le imprese grandi
sono impegnate direttamente nella generazione di nuova conoscenza.
Questa distinzione ripropone quella originariamente proposta da Schumpeter fra
innovazioni di prodotto e di processo. Le innovazioni di prodotto, incrementali o
radicali, sviluppate tramite attività innovative interne o esterne all’impresa, aumentano
la qualità e la varietà dei prodotti e possono offrire nuove opportunità di crescita alle
imprese attraverso un aumento della quantità prodotta. Invece, le innovazioni di
processo portano ad aumenti dell’efficienza nella produzione di beni particolari,
abbassando i prezzi, e sono connesse all’investimento in macchinari che incorporano
nuove tecnologie (Scherer 1991; Cohen, Klepper 1994; Pianta 2001, Antonucci, Pianta
2002; Edquist, Hommen, McKelvey 2001).
I primi studi sull’innovazione in imprese di differenti dimensioni hanno mostrato che
l’investimento in R&S di processo cresce rispetto a quello di prodotto all’aumentare
della dimensione dell’impresa (Scherer, 1991) e che, nei settori a grande intensità di
R&S, si verifica lo stesso fenomeno al crescere della concentrazione del mercato (Link,
1982). A partire da questa evidenza empirica, Cohen e Klepper (1994) hanno mostrato
che le grandi imprese tendono ad essere avvantaggiate nell’innovazione di processo
perché i loro costi possono essere distribuiti su una produzione di scala maggiore.
I due tipi di innovazione, sebbene molto legati ed entrambi presenti nelle imprese più
innovative, sono il risultato di processi innovativi separati, che tendono ad obiettivi
differenti e utilizzano mezzi diversi. Ad esempio, la terza Indagine sulla Innovazione
nella Comunità Europea per gli anni 1998 – 2000 ha mostrato che il 41% delle imprese
Europee hanno realizzato innovazioni di successo, delle quali il 23% erano sia
innovazioni di prodotto che di processo, il 10% erano solo innovazioni di prodotto e il
7% erano solo innovazioni di processo. Nella seconda Indagine sull’Innovazione nella
Comunità Europea, per gli anni 1994-1996, il 51% delle imprese ha realizzato
un’innovazione di prodotto e un’innovazione di processo; il 13% ha innovato solo nei
prodotti e il 7% ha innovato solo nei processi. (European Commission-Eurostat,
2001:20; 2004:18).
Le innovazioni di prodotto sono solitamente associate con la ricerca di competitività
tecnologica, basata sull’alta produttività che discende da vantaggi qualitativi in mercati
di nicchia per le imprese più piccole e dal controllo di mercati nuovi e dinamici per le
imprese più grandi.
Le innovazioni di processo emergono soprattutto da strategie attive di prezzo,
dominate dalla ricerca di una maggiore efficienza, dove la crescita della produttività è
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
38
PARTE I
radicata nella crescita dell’intensità di capitale, con l’acquisizione di nuovi macchinari
da piccole imprese o con ristrutturazioni volte a ridurre i costi nelle grandi imprese:
entrambe le scelte sono frequenti nei mercati maturi con una competizione più intensa
(Pianta, 2001).
Questa distinzione offre un nuovo punto di vista per l’analisi delle relazioni fra
innovazione e dimensione d’impresa. Partendo da questo punto di vista, Pianta e
Vaona (2005) hanno compiuto un nuovo passo nell’identificazione delle determinanti
dell’innovazione in imprese di dimensione diversa e hanno mostrato che mentre le
determinanti dell’innovazione di prodotto sono le stesse per le diverse classi
dimensionali d’impresa, esse differiscono per l’innovazione di processo.
Infatti, le imprese grandi, medie e piccole che introducono innovazioni di prodotto
rientrano tutte in un paradigma di competitività tecnologica, contrassegnato dalla
rilevanza delle strategie di apertura di nuovi mercati e dalla realizzazione di nuove
attività innovative anche in cooperazione con altre imprese. Invece, per l’innovazione di
processo, le piccole imprese fanno affidamento soprattutto all’introduzione di nuovi
macchinari, mentre le grandi utilizzano maggiormente ristrutturazioni di carattere
organizzativo.
12. Tendenze della struttura dimensionale nell’economia italiana ed europea
Questa sezione è dedicata a mostrare, in primo luogo, alcune evidenze empiriche circa
la dimensione media delle unità produttive nelle regioni italiane ed in Italia attraverso i
censimenti dell’industria e dei servizi dal 1971 al 2001. In secondo luogo, si effettuerà
una comparazione della performance innovativa delle imprese italiane rispetto a quelle
di altri paesi europei per classe dimensionale, analizzando dati derivanti dalla terza
indagine comunitaria sull’innovazione e dall’osservatorio europeo sulle piccole e medie
imprese.
Le tabelle dall’1 al 4 mostrano la dimensione media delle unità produttive per regione in
Italia dal 1971 al 2001, dapprima in generale e poi per macro-settore. Innanzitutto, la
dimensione media delle unità produttive in Italia si aggira intorno ai quattro addetti per
unità produttiva. Come del resto largamente noto, la dimensione media è andata
calando negli ultimi tre decenni, interessando maggiormente le regioni dove la
dimensione media era più grande: a questo andamento aggregato fanno eccezione
regioni appartenenti all’Italia centrale e meridionale (Emilia Romagna, Toscana,
Marche, Abruzzo, Puglia, Basilicata e Calabria) dove nel 1971 la dimensione media era
minore.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
39
PARTE I
Inoltre, la deviazione standard della dimensione media per regione è andata calando, a
testimonianza della sua convergenza territoriale. Tuttavia, la regione con la più piccola
dimensione media è sempre stata nell’Italia meridionale (prima il Molise e, a partire dal
1981, la Calabria), mentre quella con la dimensione media maggiore rimane sempre la
Lombardia.
Indicazioni simili emergono anche considerando le tabelle dalla 2 alla 4, che
suddividono i dati per settore (Industria, Commercio e Altri Servizi). La dimensione
media inferiore si registra nel commercio, anche se essa, a differenza che per
l’Industria e per gli Altri Servizi, è andata aumentando, a testimonianza della diffusione
dei strutture commerciali complesse. Il processo di convergenza territoriale sotto il
punto di vista della dimensione media delle unità produttive emerge significativamente
considerando che nel 2001 la regione con la dimensione media maggiore, il FriuliVenezia Giulia, non apparteneva più al Nord-Ovest, ma al Nord-Est (tab. 2).
Le differenze settoriali appaiono nuovamente considerando una classificazione delle
attività economiche per settore un po’ più dettagliata. I settori che non hanno
partecipato alla diminuzione della dimensione media delle imprese sono stati la
produzione e la distribuzione di energia elettrica, acqua e gas, il commercio, gli
alberghi e ristoranti e i servizi pubblici, sociali e personali esclusa l’istruzione. Il settore
della pesca è evidenziato perché ha attraversato un mutamento diverso ai livelli
regionale e nazionale: in Veneto la dimensione media è andata calando, mentre in
Italia è accaduto il contrario.
La tabella 6 mostra la dimensione media delle unità produttive in Italia ed in Veneto per
classe dimensionale. Come si può notare, la diminuzione della dimensione media ha
interessato soprattutto le unità produttive con più di 500 dipendenti. Inoltre, la
dimensione media si colloca in genere molto più vicino al limite inferiore che a quello
superiore di ogni classe dimensionale.
La tabella 7 mostra alcuni indicatori di performance delle imprese medie e piccole in
vari paesi europei. In primo luogo, per dimensione d’impresa l’Italia si colloca al
penultimo posto prima della Grecia e assieme all’Islanda. Tuttavia, mentre in Islanda la
maggioranza relativa degli occupati lavora in imprese grandi, in Italia lavora invece in
micro imprese. Tuttavia, l’Italia è nella parte medio-alta della classifica per produttività
delle piccole e medie imprese, misurata in termini di valore aggiunto per occupato, e
per la loro propensione all’export.
Infine il grafico 1, mostra che nei paesi europei la percentuale di imprese con attività
innovativa è più bassa per le imprese più piccole, più alta per le imprese più grandi e
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
40
PARTE I
media per le imprese tra i 50 ed i 249 dipendenti. L’Italia si colloca in una posizione
intermedia per tutte e tre le classi dimensionali, ma non è avvantaggiata da questo
quadro, considerando che è un paese a maggioranza di micro-imprese.
Il quadro, poi, peggiora nettamente considerando la percentuale di imprese con accordi
di cooperazione in materia di innovazione (Grafico 2). L’Italia è penultima per le
imprese più piccole, ultima per le medie e quart’ultima tra le grandi. Considerando la
vocazione distrettuale dell’economia italiana, quest’ultimo dato potrebbe ad una prima
lettura apparire sorprendente. In realtà, proprio l’esperienza dei distretti ha mostrato
come la cooperazione fra imprese si sviluppi principalmente attraverso relazioni
informali. Anzi, la formazione di un mercato comunitario sta a significare che la
cooperazione fra imprese insorge senza che le imprese si muovano intenzionalmente
per ottenerla. Tuttavia, come viene documentato da recenti ricerche sui distretti
tecnologici (Trigilia 2005), la crescita di complessità delle conoscenze coinvolte nella
produzione rende sempre più importanti gli accordi formali fra imprese, e accresce il
ricorso da parte delle imprese sia a rapporti stabili con le istituzioni scientifiche, sia agli
strumenti di tutela della proprietà intellettuale.
Per concludere anche i dati mostrati in questa sezione sottolineano l’importanza delle
differenze settoriali per spiegare la dimensione d’impresa, nonché la sua crescita o
diminuzione. Le differenze geografiche, almeno a livello nazionale, sono andate,
invece attenuandosi. Infine, la preponderanza delle micro imprese in Italia se non
sembra essere stata particolarmente problematica in passato sul fronte della
produttività e della propensione all’export, lo è sul fronte dell’innovatività del sistema
economico anche tenendo conto della cooperazione tra imprese diverse.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
41
PARTE I
Tab. 1 - Dimensione media d'impresa per regione e anno (Totale Italia)
Piemonte
Valle d'Aosta
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Liguria
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
ITALIA
DEV.ST.
1971
6,03
4,16
6,43
4,44
5,06
5,17
4,46
4,11
4,31
4,03
3,77
4,70
3,24
2,32
3,63
3,13
2,62
2,46
2,97
3,31
4,57
1,09
TOTALE
1981
1991
5,15
4,81
3,96
3,84
5,60
5,19
4,01
3,95
4,45
4,54
4,48
4,29
4,12
3,80
4,06
4,23
4,11
3,90
4,22
3,92
3,83
3,82
4,75
4,67
3,77
3,85
3,00
3,17
3,96
3,52
3,43
3,44
2,98
3,12
2,63
2,84
3,15
3,20
3,35
3,26
4,34
4,19
0,71
0,63
2001
4,24
3,55
4,55
3,95
4,35
4,43
3,39
4,19
3,64
3,69
3,88
3,85
3,74
3,27
3,13
3,18
3,41
2,58
2,81
3,16
3,87
0,53
Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT
Nota: il valore massimo della distribuzione è scitto in carattere
sottolineato mentre il valore minimo è scritto in doppio sottolineato
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
42
PARTE I
Tab. 2 - Dimensione media d'impresa per regione e anno
(Industria - Italia)
INDUSTRIA
1971
1981
1991
2001
Piemonte
13,93
9,08
8,22
6,51
Valle d'Aosta
9,66
6,96
5,51
4,62
Lombardia
13,20
9,11
7,95
6,66
Trentino-Alto Adige
7,72
6,34
5,90
5,59
Veneto
9,93
7,04
6,83
6,56
Friuli-Venezia Giulia
10,05
7,10
6,52
6,80
Liguria
9,10
7,25
5,88
4,40
Emilia-Romagna
7,44
6,48
6,64
6,32
Toscana
7,47
6,14
5,50
4,95
Umbria
7,80
7,38
6,14
5,47
Marche
6,76
5,95
5,79
6,09
Lazio
8,54
7,80
6,97
4,60
Abruzzo
5,82
7,18
6,86
6,23
Molise
3,22
4,98
5,33
5,46
Campania
7,84
8,80
6,60
4,95
Puglia
5,35
6,26
6,02
5,02
Basilicata
4,32
5,19
5,10
5,68
Calabria
3,89
5,24
4,26
3,50
Sicilia
4,82
5,26
5,13
3,85
Sardegna
6,87
5,81
4,93
4,27
ITALIA
9,08
7,38
6,70
5,74
DEV.ST.
2,77
1,23
0,98
0,96
Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT
Nota: il valore massimo della distribuzione è scitto in carattere
sottolineato mentre il valore minimo è scritto in doppio sottolineato
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
43
PARTE I
Tab. 3 - Dimensione media d'impresa per regione e anno
(Commercio - Italia)
COMMERCIO
1971
1981
1991
2001
Piemonte
2,22
2,31
2,48
2,41
Valle d'Aosta
2,01
2,17
2,51
2,44
Lombardia
2,64
2,78
3,00
2,98
Trentino-Alto Adige
2,82
2,91
3,16
3,08
Veneto
2,38
2,43
2,63
2,63
Friuli-Venezia Giulia
2,52
2,53
2,60
2,63
Liguria
2,29
2,37
2,40
2,32
Emilia-Romagna
2,25
2,40
2,59
2,68
Toscana
2,14
2,33
2,45
2,43
Umbria
1,92
2,07
2,29
2,33
Marche
1,97
2,10
2,20
2,26
Lazio
2,43
2,45
2,49
2,32
Abruzzo
1,85
1,96
2,06
2,09
Molise
1,61
1,71
1,79
1,83
Campania
1,81
1,92
1,91
1,74
Puglia
1,81
1,92
1,99
1,85
Basilicata
1,56
1,67
1,73
1,81
Calabria
1,58
1,72
1,70
1,73
Sicilia
1,82
1,95
2,02
1,90
Sardegna
1,88
1,99
2,10
2,15
ITALIA
2,18
2,28
2,40
2,35
DEV.ST.
0,35
0,34
0,39
0,39
Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT
Nota: il valore massimo della distribuzione è scitto in carattere
sottolineato mentre il valore minimo è scritto in doppio sottolineato
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
44
PARTE I
Tab. 4 - Dimensione media d'impresa per regione e anno (Altri
servizi - Italia)
ALTRI SERVIZI
1971
1981
1991
2001
Piemonte
3,83
4,06
4,09
3,83
Valle d'Aosta
2,87
3,36
3,60
3,42
Lombardia
3,97
4,45
4,37
3,92
Trentino-Alto Adige
3,34
3,19
3,20
3,38
Veneto
3,68
3,56
3,77
3,57
Friuli-Venezia Giulia
4,16
3,92
3,91
3,94
Liguria
4,70
4,35
4,19
3,76
Emilia-Romagna
2,97
3,12
3,56
3,54
Toscana
3,65
3,59
3,82
3,49
Umbria
3,36
3,31
3,54
3,35
Marche
2,84
3,02
3,22
3,06
Lazio
6,61
6,80
6,62
4,89
Abruzzo
3,03
3,40
3,32
3,20
Molise
2,39
2,67
2,94
2,91
Campania
4,39
4,53
4,27
3,84
Puglia
3,53
3,71
3,66
3,44
Basilicata
2,57
2,66
3,10
3,20
Calabria
3,30
3,52
3,33
3,19
Sicilia
3,94
4,13
4,07
3,38
Sardegna
3,41
3,57
3,59
3,46
ITALIA
3,92
4,02
4,09
3,75
DEV.ST.
0,90
0,88
0,76
0,42
Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT
Nota: il valore massimo della distribuzione è scitto in carattere
sottolineato mentre il valore minimo è scritto in doppio sottolineato
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
45
PARTE I
Tab. 5 - Dimensione media d'impresa per settore nel 1971 e nel 2001 in Veneto ed in Italia
SETTORE
AGRICOLTURA, CACCIA E
SILVICOLTURA
ANNO
1971
2001
Veneto
3,29
2,02
ITALIA
3,10
2,32
PESCA, PISCICOLTURA E SERVIZI
CONNESSI
1971
3,21
3,07
7,88
5,13
4,14
4,63
11,69
6,85
11,75
9,89
9,97
8,29
17,02
27,70
5,86
2,77
2,38
2,63
17,43
22,46
6,31
2,89
2,18
2,35
ESTRAZIONE DI MINERALI
ATTIVITA' MANIFATTURIERE
2001
1971
2001
1971
2001
PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DI
ENERGIA ELETTRICA, GAS E
ACQUA
COSTRUZIONI
COMMERCIO INGROSSO E
DETTAGLIO; RIPARAZIONE DI
1971
2001
1971
2001
1971
2001
SETTORE
ALBERGHI E RISTORANTI
TRASPORTI, MAGAZZINAGGIO E
COMUNICAZIONI
INTERMEDIAZIONE MONETARIA E
FINANZIARIA
ATTIVITA' IMMOBILIARI, NOLEGGIO,
INFORMATICA, RICERCA, PROFESS.
ED IMPRENDIT.
ISTRUZIONE
ALTRI SERVIZI PUBBLICI, SOCIALI E
PERSONALI
ANNO
1971
2001
Veneto
2,69
3,67
ITALIA
2,65
3,26
1971
6,88
5,40
7,91
4,55
7,06
6,30
8,77
5,02
3,33
2,90
3,49
3,26
2,27
2,10
2,04
2,64
2,32
1,98
2,22
2,46
2001
1971
2001
1971
2001
1971
2001
1971
2001
Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
46
PARTE I
Tab. 6 - Dimensione media d'impresa per
classe dimensionale ed anno in Veneto
ed in Italia
1-19
20-100
100-500
>500
Addetti
1971
Addetti
2001
Addetti
1971
Addetti
2001
Addetti
1971
Addetti
2001
Addetti
1971
Addetti
2001
Veneto
Italia
3
2
3
2
40
39
38
38
183
192
182
188
1.194
1.358
849
947
Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
47
PARTE I
Tab. 7 - Indicatori sulle PMI nei paesi europei, 2003
Numero di
imprese
Persone
occupate per
impresa
Classe
dimensionale
dominante*
Valore aggiunto Propensione
all'export,
per occupato,
PMI***
PMI**
Austria
Belgio
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
Lussemburgo
Paesi Bassi
Portogallo
Spagna
Svezia
Regno Unito
EU - 15
1000
270
440
210
220
2500
3020
770
100
4490
20
570
690
2680
490
2230
18700
11
7
10
7
8
10
2
10
4
9
12
5
6
7
11
7
Micro
Micro
PMI
Large
Micro
Large
Micro
PMI
Micro
PMI
Large
PMI
Micro
Micro
Large
Micro
78
93
93
85
76
90
98
50
89
101
95
74
82
87
69
74
%
-3
-6
-3
-6
-7
-6
-1
6
-4
-1
-4
-2
-4
-3
-4
-5
Islanda
Norvegia
30
240
4
7
Large
Micro
75
68
-3
-2
* Si dice che un paese o settore è dominato da imprese micro, piccole e medie assieme (PMI) o grandi quando
una di queste tre classi ha la quota maggiore di occupati.
** Indice, Totale paese = 100
*** Quota dell'export sul turnover nelle piccole e medie imprese meno la quota dell'export sul turnover nel totale
del paese (%);
Fonte: Observatory of European SMEs (2003)
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
48
PARTE I
Grafico 1 - Percentuale di imprese con attività innovativa, per classe dimensionale (1998 -2000) Fonte: ns. elaborazione su dati Eurostat CIS 3
100
10-49
50-249
90
>250
80
70
%
60
50
40
30
20
10
0
Norvegia
Islanda
Regno Unito
Svezia
Spagna
Portogallo
Paesi Bassi
Lussemburgo
Italia
Irlanda
Grecia
Germania
Francia
Finlandia
Danimarca
Belgio
Austria
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
49
PARTE I
Graf. 2 Percentuale di imprese con accordi di cooperazione in materia di innovazione per classe
d'impresa (1998-2000) - Fonte: ns. elaborazione su dati Eurostat CIS 3.
90
10-49
80
50-249
70
>250
60
%
50
40
30
20
10
0
Norvegia
Islanda
Regno Unito
Svezia
Spagna
Portogallo
Paesi Bassi
Lussemburgo
Italia
Irlanda
Grecia
Germania
Francia
Finlandia
Danimarca
Belgio
Austria
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
50
PARTE I
Riferimenti bibliografici
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Economics and Statistics, 69, 567-575.
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IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
53
PARTE II
PARTE II
I PERCORSI DI CRESCITA DELLE IMPRESE:
UN MODELLO EVOLUTIVO PLURI-DIMENSIONALE
1. Tra i giganti e i nani: una via italiana alla crescita dimensionale?
Il profilo dimensionale dell’industria italiana viene spesso stilizzato in una forma
estremamente polarizzata: da un lato, pochissime grandi imprese di tipo “chandleriano”
(manageriali, multinazionali, diversificate); dall’altro, moltissime micro-imprese e
piccole imprese familiari.
Questa immagine, utilizzata per rappresentare una delle debolezze più marcate e
preoccupanti del nostro sistema-paese nello scenario della competizione globale,
appare però del tutto parziale, non cogliendo il segmento che collega i due poli. Ed è
proprio da questa fascia dimensionale che è utile iniziare il nostro viaggio lungo le
traiettorie della crescita aziendale.
In tempi recenti, si è iniziato a colmare il vuoto conoscitivo relativo al segmento
centrale della piramide dimensionale dell’industria italiana (Guerci, 1998; Corbetta,
2000). In particolare, l’Ufficio Studi di Mediobanca e il Centro Studi di Unioncamere
effettuano insieme da alcuni anni un’indagine sulle medie imprese industriali italiane,
partendo dalla corretta constatazione che «mentre abbondano studi e analisi delle
vicende aziendali delle grandi imprese e dei processi evolutivi delle piccole unità,
mancano sia una visione complessiva del fenomeno della media impresa, sia
conseguentemente un approfondimento della sua genesi e dei suoi percorsi di
crescita» (Coltorti, 2004).
La nuova e preziosa fonte informativa definisce medie le imprese che appartengono
alla classe 50-499 addetti e al contempo realizzano un fatturato compreso tra 13 e 260
milioni di euro. Per entrambi i parametri i limiti superiori eccedono quindi i valori stabiliti
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
54
PARTE II
dalla normativa comunitaria1. I settori di riferimento inclusi nell’indagine sono quelli
manifatturieri.
L’edizione 2005 presenta i dati relativi al periodo 1996-2002 e registra 3.893 medie
imprese, ricordando che questo numero non comprende le medie imprese italiane
controllate da società di grandi dimensioni italiane ed estere (Mediobanca Unioncamere, 2005 e 2006).
Del totale di 3.893 imprese, 886 sono a capo di un gruppo e presentano conti
consolidati: l’area di consolidamento comprende 4.027 società operative. Ne discende
che, riportando i gruppi aziendali alle unità che li compongono, l’area della media
impresa risulta decisamente più estesa come numero di imprese coinvolte rispetto al
totale di 3.893, che assume infatti come unità di riferimento la società singola o, se
presente, il gruppo aziendale. Va sottolineato che, nell’elaborazione dei dati,
l’indagine utilizza i conti consolidati, ove disponibili, e quindi consente di fotografare
l’area della media impresa nella sua reale consistenza2. In ogni caso, il numero delle
medie “imprese” (in effetti, imprese o gruppi) risulta sottostimato dall’indagine
Mediobanca - Uniocamere per la presenza di gruppi che, solo in quanto tali, superano
le due soglie dimensionali di occupati e fatturato.
Tra il 1998 e il 2002 il numero delle medie imprese italiane è aumentato di 533 unità.
Tra le componenti positive e negative che hanno determinato questo significativo
incremento, quella più consistente è rappresentata dai passaggi dalla piccola alla
media dimensione3. Come mostra la fig. 1, le entrate dall’area delle piccole imprese
sono infatti 1.633 nel quadriennio considerato. Da notare anche i 291 passaggi dalla
media alla grande dimensione. I due dati evidenziano che i processi di crescita
dimensionale caratterizzano in modo esteso le dinamiche dell’industria italiana nel
periodo recente. Va però aggiunto che anche le regressioni dalla dimensione media a
quella piccola sono numerose (738 casi), a segnalare che l’ambiente competitivo nel
quale
le
imprese
operano
risulta
fortemente
selettivo,
determinando
il
1
I limiti della media impresa stabiliti dalla normativa comunitaria e vigenti dall’inizio del 2005
sono: fatturato da più di 10 milioni a 50 milioni di euro, numero di addetti da 50 a 249, totale di
bilancio da più di 10 milioni a 43 milioni di euro.
2
Solo i dati per regione sono stati elaborati assumendo i bilanci delle singole società (3.966 nel
2002), allo scopo di limitare l’effetto dei gruppi plurilocalizzati.
3
Tutti i flussi rappresentati nella fig. 1 includono le eventuali acquisizioni e gli scorpori, anche
se questa componente presenta un’incidenza non trascurabile solo nei passaggi dalla media
alla grande dimensione (acquisizioni) e in quelli inversi (scorpori). Aggiungiamo che i flussi in
oggetto non portano al saldo di 533 imprese, per la presenza di nuove costituzioni, fusioni e altri
tipi di variazioni.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
55
PARTE II
ridimensionamento di molte imprese che hanno raggiunto la media dimensione in
tempi più o meno recenti.
Le medie imprese rappresentano una componente dinamica dell’industria italiana,
come si evince dalla lettura dell’andamento dei principali indici di sviluppo nel periodo
1996-2002 (tab. 1). Il fatturato è aumentato del 40,1% nel periodo considerato, con un
forte rilievo della componente export (+49,0%), il valore aggiunto del 32,3%, il numero
dei dipendenti del 16,2% e infine il margine operativo netto (al netto degli
ammortamenti dovuti a immobilizzazioni materiali e immateriali) del 13,0%. Nell’area
del Nord-Est (Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna)
gli indici di sviluppo delle medie imprese risultano superiori ai valori medi nazionali, in
misura accentuata con riguardo al MON (+17,7%).
Tutti gli indici di sviluppo delle medie imprese italiane si collocano su valori
decisamente superiori rispetto a quelli registrati dall’aggregato delle grandi imprese,
che segna anche variazioni negative per gli indici relativi ai dipendenti e al MON. È
opportuno aggiungere che questo divario non sussiste se il confronto viene effettuato
tra grandi e medie imprese del solo Nord-Est, che presentano infatti performances
molto più vicine.
Passando dai risultati alla consistenza del fenomeno, va ricordato che le medie
imprese sono particolarmente numerose in Lombardia (1.265), in Veneto (727) e in
Emilia-Romagna (561) (tab. 2). È anche utile calcolare a livello regionale l’indice di
specializzazione nella classe delle medie imprese, rapportando l’incidenza delle
medie imprese di una regione sul totale nazionale all’incidenza delle imprese
manifatturiere della regione sul totale nazionale. Le tre regioni che si qualificano per il
maggiore numero assoluto di medie imprese si caratterizzano anche per una più
elevata presenza relativa delle stesse, con il Veneto al primo posto in graduatoria
(1,63). Si aggiunge, significativamente, il Friuli-Venezia Giulia, con un indice di
specializzazione molto vicino alla Lombardia. In definitiva, nel Nord-Est le medie
imprese compongono un segmento non solo, come si è visto in precedenza,
particolarmente dinamico, ma anche di notevole peso sulla struttura produttiva
dell’area.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
56
PARTE II
Fig. 1 - Piccole imprese crescono (fonte: Mediobanca, 2005)
MEDIE IMPRESE
738
291
1998
3.360
GRANDI
IMPRESE
PICCOLE IMPRESE
MEDIE IMPRESE
2002
1.633
60
3.893
Tab. 1 - Variazioni % 1996-2002 di alcuni indici di sviluppo delle medie e delle grandi imprese
industriali. Totale Italia e Nord-Est (fonte: Mediobanca, 2005)
Fatturato
Medie imprese
Italia
Medie imprese
Nord-Est
Grandi imprese
Italia
Grandi imprese
Nord-Est
Esportazioni Valore aggiunto
Dipendenti
MON
+40,1
+49,0
+32,3
+16,2
+13,0
+41,7
+50,0
+35,7
+18,4
+17,7
+25,3
+32,2
+9,8
-8,7
-8,3
+41,3
+58,7
+28,6
+8,5
+18,7
Tab. 2 - Le regioni con la presenza più significativa di medie imprese industriali. Dati relativi
al 2002 (fonte: Mediobanca, 2005)
Medie imprese
% A Totale imprese
%B
A/B
1.265
31,9
113.552
20,3
1,57
727
18,3
62.447
11,2
1,63
Emilia-Romagna
561
14,1
52.317
9,4
1,50
Piemonte
381
9,6
45.680
8,2
1,17
Lombardia
Veneto
Toscana
209
5,3
53.398
9,5
0,56
Marche
169
4,3
22.007
3,9
1,10
Friuli-Venezia Giulia
124
3,1
11.429
2,0
1,55
Altre regioni
Italia
530
13,4
198.346
35,5
0,38
3.966
100,0
559.176
100,0
1,00
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
57
PARTE II
2. Le dimensioni della crescita aziendale: scala, relazioni e qualità delle risorse
La crescita delle imprese è un tema che ha attirato l’attenzione degli studiosi di
management a partire dagli anni sessanta. L’ampia mole di studi dedicati a questo
fenomeno ha prodotto un elevato numero di modelli evolutivi4.
Si tratta di schemi che definiscono la crescita come estensione della scala produttiva e
la descrivono sulla base di alcune fasi comuni attraversate in sequenza dalle imprese
nei loro percorsi di sviluppo. Nel passaggio da uno stadio all’altro vengono affrontati
problemi diversi, che hanno implicazioni rilevanti sul piano delle competenze
manageriali richieste e delle strutture organizzative.
I modelli in oggetto assumono come riferimento il paradigma del ciclo di vita e vengono
pertanto costruiti in analogia, più o meno stretta, con lo sviluppo degli organismi
biologici. L’approccio seguito è dunque in linea con la teoria del ciclo di vita del
prodotto (Levitt, 1965), anche se non tutti i modelli prevedono come fase finale il
declino dell’impresa.
Un’analisi comparata dei diversi modelli proposti in letteratura evidenzia alcune
differenze, a cominciare dal numero e dalla caratterizzazione degli stadi. Inoltre, alcuni
modelli sono stati concepiti per descrivere la crescita delle piccole imprese, altri
affrontano la crescita delle grandi imprese e altri ancora hanno valenza generale.
Inoltre, la gran parte degli schemi ha una focalizzazione prevalente o esclusiva su
fattori interni all’impresa, come lo stile direzionale e la struttura organizzativa, mentre
un numero più circoscritto assume come rilevanti anche i fattori esogeni, e in
particolare la struttura concorrenziale del settore o dei settori in cui opera l’impresa.
Al di là di queste differenze, i modelli dedicati alla crescita risultano accomunati dal
fatto di descrivere la crescita (dimensionale) come una sequenza di stadi ben
determinati, per quanto diversi nei vari modelli. La logica riduzionistica di questa
modellistica si esplica dunque in due direzioni: da un lato, il fenomeno della crescita
viene ridotto alla sola crescita dimensionale; dall’altro, la varietà dei percorsi di crescita
4
Tra gli altri, in ordine cronologico: Chandler, 1962; Steinmetz, 1969; Scott, 1971; Greiner,
1972 e 1990; Kroeger, 1974; Barnes, Hershon, 1976; Massari, 1977; Danco, Jonovic, 1981;
Danco, 1982; Galbraith, 1982, Beckard, Dyer, 1983; Churchill, Lewis, 1983; Peiser, Wooten,
1983; Quinn, Cameron, 1983, Miller, Friesen, 1984; Smith, Mitchell, Summer, 1985; Flamholtz,
1986; Scott, Bruce, 1987; Kazanjian, 1988; Ward, 1988; Adizes, 1989; Hanks, 1990; Kazanjian,
Drazin, 1990; Hanks, Watson, Jansen, Chandler, 1993; Hanks, Chandler, 1994; Boldizzoni,
Serio, 1996; Mazzola, 2002.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
58
PARTE II
viene ridotta a un solo pattern o, in alcuni modelli, a un numero determinato e molto
circoscritto di varianti5.
L’analisi dei casi aziendali inclusi nella presente ricerca, in linea con diversi studi che
hanno approfondito i percorsi di sviluppo di singole imprese6, suggerisce invece di
inquadrare il fenomeno della crescita aziendale nell’ambito di un modello evolutivo più
articolato e aperto.
L’assunto fondamentale intorno al quale il modello si costruisce è il seguente: la
crescita dimensionale è solo una delle dimensioni della crescita aziendale, che a volte
coincide con la crescita aziendale, ma più spesso entra in combinazione con altre
dimensioni.
Un elementare esercizio può aiutare a comprendere l’assunto di base del nostro
modello e a identificare le dimensioni della crescita. Utilizzando come indicatore per
misurare la crescita aziendale la variazione del fatturato, immaginiamo di individuare
alcune imprese che operano nel medesimo settore, appartengono in un determinato
anno alla stessa classe dimensionale e riescono nell’arco del successivo biennio a
realizzare una crescita significativa del fatturato, compresa tra il 50 e il 100%.
Un’impresa, a fronte di un mercato caratterizzato da una forte espansione della
domanda, ha sfruttato questa opportunità realizzando, nel periodo precedente a quello
di misurazione della performance, investimenti espansivi della propria capacità
produttiva. Gli investimenti, essendo di natura replicativa, non implicano cambiamenti
significativi della struttura organizzativa e dell’assetto manageriale. Un’altra impresa,
all’opposto della precedente, ha addirittura disinvestito nell’area produttiva, creando un
robusto sistema esterno di subfornitura (crescita relazionale). Con ogni probabilità,
questo cambiamento avrà comportato lo sviluppo interno di nuove competenze di
supply chain management (crescita qualitativa)7.
5
Come nel modello di Hanks, Watson, Jansen, Chandler (1993). Sulla base di una ricerca empirica
condotta su un campione di imprese high-tech, gli autori individuano un ciclo di vita articolato in
quattro fasi: start-up, espansione, maturità, diversificazione. Non tutte le imprese però seguono la
sequenza descritta, potendosi discostare dal percorso standard dopo la prima o la seconda fase,
per indirizzare le loro strategie verso configurazioni stabili e sostenibili. Gli autori definiscono queste
configurazioni disengagement stages, a segnalare una sorta di disimpegno dell’impresa nei
confronti dell’ulteriore crescita.
6
Brunetti, Camuffo, 2000; Camuffo, Cappellari, 1997; Camuffo, Furlan, Romano, Vinelli, 2004;
Chiarvesio, Grandinetti, 2002; Compagno, 2003; Costa, Gubitta, 2001; Garzia, Moretti, 2004;
Grandinetti, 1999 e 2003°; Grandinetti, Nassimbeni, 2006.
7
Da notare che se si fosse misurata la crescita come variazione del numero dei dipendenti o del
valore aggiunto, ossia gli indicatori tipici della crescita dimensionale, la seconda impresa non
sarebbe stata inclusa nel gruppo caratterizzato da una crescita significativa nel periodo considerato.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
59
PARTE II
La ricerca di variazioni sul tema potrebbe continuare. Se poi rimuovessimo il vincolo
dato da un determinato settore osservato in una fase specifica del suo ciclo di vita, si
perverrebbe agevolmente alla conclusione che le vie della crescita, se non sono
infinite, compongono un disegno estremamente variegato.
In definitiva, le dimensioni della crescita aziendale sono tre:
1. la crescita dimensionale,
2. la crescita relazionale,
3. la crescita qualitativa.
Le dimensioni indicate non vengono impiegate per ipotizzare una sequenza di stadi
idealtipici ciascuno dei quali caratterizzato da una combinazione specifica di
determinazioni delle tre dimensioni. Al contrario, nello spazio cartesiano che esse
consentono di definire è possibile tracciare una pluralità di percorsi evolutivi.
L’approccio alla crescita proposto appare più realistico e anche più fertile sotto il profilo
delle implicazioni manageriali rispetto ai tentativi di comprimere la fenomenologia della
crescita entro un’unica dimensione e un modello sequenziale univoco. In particolare,
come emergerà nel corso della trattazione, le dimensioni della crescita risultano
interdipendenti ed è proprio la gestione appropriata di queste interdipendendenze che
costituisce uno snodo critico delle strategie di crescita delle imprese, determinando il
successo, il fallimento o l’interruzione temporanea dei percorsi intrapresi.
2.1 Crescita dimensionale e crescita relazionale
La crescita dimensionale (crescita in senso stretto) consiste nell’ampliamento dei
confini proprietari dell’impresa, per linee interne o per linee esterne. La crescita per
linee interne è realizzabile attraverso diverse modalità: gli investimenti espansivi della
capacità produttiva all’interno delle strutture esistenti, di tipo replicativo o corrispondenti
all’introduzione di nuove linee di prodotto; la creazione di unità produttive, logistiche o
commerciali addizionali; la creazione di nuove imprese controllate dalla casa-madre, in
particolare promuovendo l’imprenditorialità interna8. Anche la crescita per linee esterne
può assumere diverse forme: la fusione in senso proprio, in cui entrambe le imprese
perdono la loro individualità giuridica ed economica; la fusione per incorporazione, in
cui l’impresa incorporata perde la propria identità; l’acquisizione dell’intero capitale
sociale di un’impresa; l’acquisizione della quota di controllo del capitale sociale di
8
Nel qual caso, la casa-madre opera come un incubatore di imprenditorialità (Sorrentino,
1996).
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
60
PARTE II
un’impresa; l’acquisizione di un ramo d’azienda, ossia di una parte di un’altra impresa
(Rispoli, 1998).
La crescita relazionale può essere invece definita come ampliamento della rete del
valore dell’impresa. La rete del valore è l’insieme di relazioni utili per il vantaggio
competitivo che fanno capo all’impresa stessa. In quest’ottica, il valore diventa il
risultato della rete o costellazione di attori impegnati nella sua co-produzione
(Grandinetti, 1993; Normann, Ramirez, 1994; Parolini, 1996; Normann, 2001).
Come è noto, le relazioni inter-firm compongono una tipologia estremamente articolata,
che va dai rapporti di subfornitura alla partecipazione (non di controllo) di un’impresa
nel capitale di rischio di un’altra e alle joint ventures. Tra i criteri proposti in letteratura
per classificarle, oltre alla forma giuridica, sono stati indicati: la direzione della
relazione nella rete del valore (orizzontale, verticale, laterale); lo scope della relazione
(focalizzato in un’attività specifica o più complesso); la presenza o meno di
partecipazioni azionarie (relazioni equity e non equity); il numero di soggetti legati dalla
relazione (Faulkner, 1995)9.
Si deve notare che gli investimenti in alleanze di tipo equity rappresentano una forma
ibrida tra la crescita dimensionale e la crescita relazionale, collocandosi al confine tra
le due dimensioni della crescita.
La crescita relazionale richiama il concetto di rete del valore, che è opportuno delineare
nei suoi contorni. Facendo riferimento come organizzazione focale a un’impresa
industriale, la rete del valore include innanzitutto i fornitori di input materiali e
immateriali a monte e i clienti diretti e indiretti a valle, nella logica porteriana del
sistema verticale del valore (Porter, 1985). Si aggiungono i rapporti con i partner di
affari e gli alleati, che estendono la trama delle relazioni di valore in direzione
orizzontale o laterale, a seconda che le imprese coinvolte appartengano o meno allo
stesso settore dell’impresa focale. D’altra parte, l’ambiente rilevante per il vantaggio
competitivo di un’impresa non è occupato solo da questi soggetti, ma corrisponde a un
più ampio e complesso sistema di attori, con i quali l’impresa può sviluppare relazioni
utili. Ad esempio, l’impresa può avere attivato una trama di relazioni con istituzioni
scientifiche, laboratori di ricerca, organizzazioni culturali, per scambiare informazioni e
conoscenze nell’area di proprio interesse. Ancora, la collaborazione con determinate
9
I criteri indicati possono essere utilizzati per classificare le alleanze, ossia le forme di
cooperazione, o più in generale le relazioni inter-firm. Naturalmente, le relazioni equity rientrano
per definizione nell’ambito della cooperazione.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
61
PARTE II
strutture formative consente di migliorare la qualità della formazione erogata da queste
e facilita il reclutamento delle risorse umane da parte dell’impresa.
Oltre alle relazioni di valore dirette, va richiamata l’attenzione sulle relazioni indirette,
che estendono l’ambito dei processi di produzione, circolazione e uso della
conoscenza ai quali una determinata organizzazione partecipa. Su questo principio si
basa in particolare lo sviluppo di supply chains e di canali distributivi incentrati su
un’elevata interazione comunicativa in tutte le interfacce tra soggetti collegati. Partendo
dalle relazioni verticali, si pensi poi a un fornitore di servizi ad alta valenza strategica
che risulta condiviso da un certo numero di clienti industriali, oppure a un produttore di
macchine utensili che coinvolge in un progetto di innovazione alcuni fornitori di
componenti, ciascuno dei quali ha sviluppato nel proprio campo di attività un elevato
patrimonio di conoscenze e competenze specialistiche anche grazie alle learning
relationships con altri clienti industriali, concorrenti o meno del produttore.
Nella prospettiva della rete del valore, un aspetto di notevole importanza è il significato
strategico che viene ad assumere la posizione della singola impresa nella rete. Il
concetto di network position è stato approfondito in modo particolare da Johanson e
Mattsson (1988; 1992)10, secondo i quali è necessario distinguere tra le microposizioni,
ciascuna riferita alla relazione tra un’impresa e una specifica controparte, e la
macroposizione, che si allarga all’insieme di relazioni che fanno capo a una
determinata impresa focale. Precisamente, una macroposizione è caratterizzata da:
1. il numero e l’identità delle altre imprese con cui l’impresa focale ha relazioni
dirette e indirette;
2. il ruolo svolto dall’impresa focale nell’ambito della divisione del lavoro di rete,
con riferimento alle risorse specializzate che essa controlla;
3. l’importanza (e quindi il potere) dell’impresa nella rete, in termini di quantità
relativa di risorse controllate;
4. la “forza” delle relazioni intrattenute dall’impresa focale, che dipende non solo
da fattori strutturali ma anche da elementi di tipo soggettivo che influiscono sulle
10
Entrambi gli autori appartengono alla cosiddetta scuola scandinava di industrial marketing,
che ha focalizzato l’attenzione sulla natura interattiva delle relazioni venditore/acquirente nei
mercati dei beni destinati alla produzione (Ford, 1990 e 2002). In effetti, l’approdo alla rete
costituisce una “naturale” estensione ed evoluzione dell’approccio interattivo, sviluppato
inizialmente con riferimento alle singole relazioni diadiche buyer-seller (Håkansson, 1987;
Axelsson, Easton, 1992; Håkansson, Snehota, 1995).
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
62
PARTE II
caratteristiche delle relazioni stesse, in particolare sulla loro stabilità nel
tempo11.
La posizione relazionale offre un duttile riferimento per interpretare il comportamento
strategico degli attori “immersi” (embedded) nella rete. In quest’ottica, le azioni
strategiche sono definite come gli sforzi realizzati dalle imprese per mantenere o
modificare le loro posizioni (micro e macro) nella rete del valore. L’agire strategico
punta pertanto a riprodurre o a variare la configurazione della rete e a influenzare gli
attori (compreso il loro modo di concepire la rete), le interdipendenze e le relazioni.
2.2 La crescita qualitativa
La terza dimensione contemplata dal modello evolutivo presentato in questa sede
attiene alla crescita qualitativa. Sia la crescita dimensionale che la crescita relazionale,
per risultare sostenibili e quindi qualificare un’effettiva evoluzione competitiva
dell’impresa, devono incorporare una dimensione qualitativa.
L’aspetto qualitativo della crescita dimensionale è rappresentato dal potenziamento
delle competenze aziendali esistenti e/o dallo sviluppo di nuove competenze interne,
con conseguente aumento del livello di specializzazione delle risorse. Lo sviluppo delle
capabilities aziendali assorbe una quota della crescita della dimensione12 e al
contempo supporta tale processo. Ad esempio, una forte espansione delle vendite in
ambito internazionale, attraverso la penetrazione di nuovi mercati esteri e il presidio
diretto di tali mercati, implica l’incremento dello stock di risorse manageriali di
marketing dell’impresa e l’introduzione di nuove figure specializzate.
Anche la crescita relazionale incorpora una dimensione qualitativa, legata alla varietà
dei soggetti che partecipano alla rete del valore dell’impresa. Alcuni di questi soggetti
presentano infatti un valore potenziale superiore in termini di vantaggio competitivo, in
dipendenza della qualità e della criticità strategica delle conoscenze e delle
competenze esterne a cui l’impresa accede attraverso le relazioni sviluppate con essi.
Riprendendo l’esempio utilizzato sopra, l’impresa può associare l’obiettivo di crescita
alla riqualificazione del portafoglio-prodotti sotto il profilo del design e allo sviluppo di
una comunicazione coerente con la differenziazione ricercata. A tal fine, vengono
attivate nuove relazioni con alcuni studi di progettazione e con risorse di marketing
11
12
Questo punto viene ripreso nel secondo paragrafo di questa sezione e approfondito nel terzo.
Sotto questo profilo, la crescita qualitativa è anche quantitativa.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
63
PARTE II
esterne, ad esempio un’agenzia di pubblicità e una società specializzata in ricerche di
mercato.
Come si vedrà nel successivo paragrafo, le imprese tendono a sviluppare con gli
interlocutori ad elevato valore competitivo rapporti di natura cooperativa. In definitiva, la
dimensione qualitativa della crescita relazionale può essere riassunta in due punti: la
qualità dei partner (il loro valore competitivo) e la qualità delle relazioni13.
Ricongiungendo i due aspetti o sotto-dimensioni della crescita qualitativa, si può allora
parlare di qualità delle risorse interne o esterne coinvolte nel processo di crescita
aziendale.
In quest’ottica, è opportuno rilevare che le relazioni intrattenute dall’impresa nella rete
del valore rientrano, insieme alle conoscenze e alle competenze capitalizzate,
nell’ambito della dotazione di risorse immateriali di cui dispone l’impresa. Rullani
(1992) le definisce mezzi di governo della complessità. Quando la complessità
dell’ambiente competitivo cresce, la necessità di affrontarla spinge infatti l’impresa in
due direzioni: da una parte, a sviluppare i circuiti cognitivi interni (produzione,
distribuzione e utilizzazione delle informazioni e delle conoscenze all’interno
dell’impresa); dall’altra, a sviluppare relazioni efficaci con soggetti esterni, detentori di
conoscenze e competenze rilevanti per il vantaggio competitivo dell’impresa.
Con riferimento alle capabilities aziendali, ai fini della nostra analisi esse possono
venire classificate in tre principali categorie:
a. le classiche competenze funzionali, come la produzione, il marketing o la
gestione delle risorse umane;
b. le competenze di interfaccia o relationship management capabilities;
c. le competenze che hanno valenza più generale rispetto alle precedenti e
possono essere definite trasversali.
Dalle competenze di interfaccia dipende la crescita relazionale e la sua dimensione
qualitativa, con riferimento quindi alla ricerca attiva dei soggetti esterni, alla loro
selezione e alla qualità delle relazioni. Lo sviluppo di queste competenze, in quanto
componente della dimensione qualitativa interna alla crescita dimensionale, segnala in
modo emblematico l’interdipendenza tra crescita relazionale e crescita dimensionale.
La fig. 2 illustra le competenze relative alla gestione delle relazioni con riferimento alle
13
Nel contesto della nostra analisi, il riferimento è alle relazioni con i soggetti detentori di
conoscenze e competenze rilevanti per il vantaggio competitivo dell’impresa, anche se l’impresa
deve gestire in modo efficiente ed efficace (con qualità) tutte le relazioni della rete del valore.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
64
PARTE II
tre fondamentali aree della produzione, del marketing e della R&S, con il supply chain
management, il customer relationship management e la gestione della rete
dell’innovazione come rispettive funzioni di interfaccia con l’ambiente competitivo.
Le competenze trasversali possono venire distinte a loro volta in competenze
strategiche e in competenze relative ai processi organizzativi. Le prime sono
necessarie per definire un disegno strategico coerente e sostenibile, identificando in
particolare un matching appropriato tra le opportunità dell’ambiente competitivo e i
punti di forza dell’impresa, proteggendo nello stesso tempo i punti di debolezza dalle
minacce ambientali (Andrews, 1971). In termini dinamici, le competenze strategiche
includono la capacità di ridefinire il disegno strategico per adattarsi alle variazioni
dell’ambiente competitivo, o per anticiparle secondo un atteggiamento pro-attivo
(Valdani, 2000). Con riguardo poi alle organizational capabilities e seguendo il
contributo seminale di Teece, Pisano e Shuen (1985), esse riguardano tre aspetti
fondamentali:
1. il cordinamento e l’integrazione tra le parti dell’organizzazione;
2. l’apprendimento, che porta a migliorare le performances, anche riducendo i
punti di debolezza dell’impresa, a trasformare le minacce in opportunità e a
individuare nuove opportunità di business;
3. la riconfigurazione delle risorse aziendali che deve accompagnare i
riposizionamenti strategici in un ambiente mutevole.
Con ogni evidenza, in una prospettiva dinamica, le due sotto-categorie delle
competenze trasversali, strategiche e organizzative, risultano fortemente interrelate.
Va infine ricordato che le competenze trasversali svolgono un ruolo a sostegno della
crescita relazionale, insieme alle competenze di interfaccia. Infatti, nella prospettiva
della rete del valore e ricordando il concetto di network position, emerge una duplice
esigenza: da un lato, garantire collegamenti efficaci con i diversi attori che,
simultaneamente o in momenti diversi, partecipano ai processi di creazione del valore
in cui l’impresa è coinvolta (competenze di interfaccia); dall’altro, disporre di una
visione d’insieme (strategica) dell’intreccio di relazioni che si addensano all’intorno di
una specifica impresa. Inoltre, come sottolineano gli stessi Teece, Pisano e Shuen
(1985), le organizational capabilities possiedono una proiezione sia interna che esterna
all’impresa.
2.3 Lo sviluppo di relazioni cooperative nella rete del valore
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
65
PARTE II
Come si è detto, le imprese tendono a sviluppare con i soggetti caratterizzati da un più
elevato valore competitivo rapporti di natura cooperativa. In questo paragrafo
focalizziamo l’attenzione sulla cooperazione inter-firm come strumento utilizzabile
dall’impresa per acquisire un vantaggio competitivo attraverso le relazioni della rete del
valore.
Portando a sintesi gli studi che hanno affrontato il fenomeno della cooperazione tra
imprese si può trarre un modello generale, applicabile ad esempio al rapporto tra un
produttore e un distributore, a una relazione di subfornitura oppure allo sviluppo di un
nuovo prodotto attraverso un progetto congiunto realizzato da due imprese che
operano nello stesso settore o in settori laterali (Grandinetti, Chiarvesio, Paiola, 2005).
Il modello è estendibile alle forme di cooperazione che coinvolgono più di due imprese,
come nel caso di un progetto di penetrazione commerciale in un determinato mercato
estero messo in campo da più imprese che operano nello stesso settore.
Ogni impresa può utilizzare i collegamenti con altri soggetti come leva per acquisire un
vantaggio competitivo. Spesso, però, il raggiungimento di questo obiettivo diventa
possibile, e sostenibile nel tempo, solo attraverso un processo dinamico di interazione
tra le parti in causa. Ciò è vero al sussistere di una o più tra le seguenti tre condizioni:
la presenza di fattori di complessità che portano a ridurre la probabilità di conseguire
l’obiettivo desiderato; la razionalità limitata dei soggetti; la presenza di asimmetria
informativa tra i soggetti.
Nel processo di interazione, che qualifica un rapporto di tipo cooperativo tra due (o più)
imprese, entrano in gioco diverse dimensioni critiche, che corrispondono alle seguenti
variabili (processi) relazionali:
a. il commitment dei partner,
b. la trasparenza informativa,
c. l’adattamento reciproco,
d. la fiducia reciproca.
La disamina di queste relazioni consente di chiarire il modo in cui la cooperazione, come
modalità specifica di gestione di una relazione interorganizzativa, agisce sui fattori
(complessità, razionalità limitata, asimmetria informativa) che inibiscono l’efficacia delle
relazioni come fonte di vantaggio competitivo.
Innanzitutto, l’intero percorso che porta al raggiungimento dell’obiettivo generale
(vantaggio competitivo) e degli obiettivi specifici di una relazione interorganizzativa (ad
esempio, lo sviluppo congiunto di un’importante innovazione di prodotto) implica una
serie di attività di gestione del collegamento, a partire dai primi contatti propedeutici
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
66
PARTE II
all’avvio della relazione stessa. Tali attività richiedono, in misura correlata alla
complessità degli obiettivi perseguiti, l’impegno (commitment) dei partner, nel duplice
significato di disponibilità all’impiego di risorse e di promessa reciproca di continuità del
rapporto. Proprio in questa accezione preventiva o prospettica, il concetto di impegno
rivela la sua natura di prima dimensione rilevante della cooperazione, misurando in
sintesi la disponibilità reciproca a collaborare da parte di due organizzazioni autonome.
Sempre a fronte di obiettivi complessi, il commitment costituisce a sua volta la
base da un lato per lo scambio di informazioni e di conoscenze tra i partner
(trasparenza informativa), dall’altro per l’attivazione di un meccanismo di
coordinamento che esula dalle normali transazioni di mercato tra imprese, ma
che al tempo stesso risulta difficile formalizzare in rigide norme contrattuali. In
merito a quest’ultimo aspetto, la complessità impedisce che la definizione di un
programma condiviso, la realizzazione del programma e lo stesso controllo degli
effetti ottenuti possano risolversi in una serie di automatismi pianificabili in
partenza. Nella condizione data, queste attività disegnano invece un percorso di
adattamento reciproco che ha la natura di un processo a elevata interattività.
L’adattamento reciproco costituisce dunque la modalità di coordinamento tipica
nello sviluppo di una relazione cooperativa e identifica la terza dimensione critica
del modello, che si aggiunge all’impegno e alla trasparenza informativa (fig. 3).
Gli strumenti che consentono di tradurre l’impegno preventivo in impegno effettivo,
nelle forme indicate della trasparenza informativa e dell’adattamento reciproco,
sono la definizione di codici e linguaggi comuni e la comunicazione interattiva.
Una seconda fonte di complessità, che si aggiunge a quella associabile agli obiettivi da
perseguire, è rappresentata dall’incertezza che può gravare sul progetto di conquistare
in modo congiunto un vantaggio competitivo.
L’incertezza, almeno per la parte derivante dalla razionalità limitata dei soggetti, può
venire ridotta dall’interazione cooperativa. Si supponga a tal proposito che sussistano
“teoricamente” opportunità vantaggiose per entrambi i partner. Tuttavia, queste
opportunità potrebbero essere genericamente riconosciute ma non adeguatamente
apprezzate da uno o entrambi gli attori, a causa di una ridotta comprensione dei
vantaggi conseguibili e/o della sopravalutazione dei costi da sostenere. Inoltre, ciascun
partner potenziale potrebbe risultare incerto sulle competenze e l’affidabilità dell’altro.
Questi aspetti problematici possono bloccare l’avvio del progetto congiunto. D’altra
parte, considerando la relazione come un processo che si dispiega nel tempo, la
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
67
PARTE II
riduzione dell’incertezza va letta in termini dinamici, dove costi e benefici sono
dapprima valutabili solo ex ante in sede previsionale, per incominciare a fornire poi
espressioni parziali o venire anche valutati in primi bilanci dei risultati conseguiti
attraverso il collegamento cooperativo da ciascuno degli attori coinvolti. In quest’ottica,
la riduzione degli elementi di incertezza richiede comunque livelli elevati di trasparenza
informativa, in un contesto che si conferma di adattamento reciproco: ciò è vero in
condizioni di asimmetria informativa, quando il partner più informato deve “convincere”
l’altro o fornirgli gli strumenti di valutazione corretti, oppure nella situazione in cui la
condivisione di informazioni complementari porta a dissolvere le incertezze di entrambi.
La fig. 3 include un’ultima importante dimensione, rappresentata dalla fiducia reciproca.
La fiducia è alla base dell’impegno e quindi costituisce la risorsa-chiave di un rapporto
cooperativo14. D’altro canto, solo attraverso la trasparenza informativa e l’adattamento
reciproco il rapporto di fiducia seleziona le ragioni per riprodursi.
Da quanto detto è agevole poi riconoscere che lo sviluppo di una relazione cooperativa
può essere interpretato come un processo di apprendimento. Nello specifico,
l’apprendimento attraverso la relazione porta ai seguenti output di conoscenza:
1. la conoscenza delle valenze strategiche della cooperazione;
2. la conoscenza reciproca (ciascun partner conosce meglio l’altro) e le competenze
relazionali (ciascun partner è in grado di gestire meglio la relazione);
3. le conoscenze relative ai contenuti specifici dell’accordo, ad esempio nel progetto
di sviluppo di un nuovo prodotto.
Suddividendo lo sviluppo dell’accordo cooperativo in una fase progettuale e in una fase
realizzativa, lo svolgimento positivo della prima (fiducia e impegno di attivazione,
trasparenza, adattamento) porta a chiarire gli obiettivi, le regole e il percorso da
intraprendere, rinsaldando la fiducia e quindi l’impegno per il passaggio alla fase
realizzativa. Nella misura in cui la cooperazione in azione produce risultati positivi
rispetto agli obiettivi, la fiducia reciproca si rafforza. Inoltre, la pratica del lavorare
insieme migliora la conoscenza reciproca e le competenze relazionali, con effetti
analoghi sulla fiducia. In questo modo, si creano le condizioni per la riproduzione del
rapporto, per gestire eventuali discontinuità (riprogettazione del rapporto), e inoltre per
individuare nuove opportunità strategiche di cooperazione (evoluzione del rapporto).
14
In particolare, gli autori della citata scuola scandinava di industrial marketing hanno sempre
considerato la fiducia come la componente più “pregiata” delle relazioni interattive
venditore/acquirente nei mercati dei beni destinati alla produzione (Ford, 1990 e 2002).
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
68
PARTE II
Nella fase progettuale, come in quella realizzativa, la trasparenza e l’adattamento
svolgono un ruolo critico.
Il circuito della cooperazione genera l’energia relazionale necessaria all’alimentazione
del rapporto cooperativo, in particolare nella fase di avvio, nei suoi momenti evolutivi e
nel superamento dei blocchi che i partner possono incontrare in questo percorso
dinamico. L’attivazione del circuito può avvenire nella fase di progettazione del
rapporto cooperativo tra due imprese in precedenza non collegate, ma spesso gli
atteggiamenti e i comportamenti in esso implicati sono un portato ancora precedente:
un caso tipico è offerto da un subfornitore e un cliente industriale che intrattengono una
positiva relazione di scambio, ma a basso o nullo contenuto di cooperazione strategica,
base sulla quale si innesta il successivo passaggio evolutivo.
Con riferimento alle possibili difficoltà e all’eventualità che queste determinino
l’interruzione del rapporto cooperativo, non va naturalmente sottaciuta la presenza di
un elemento comunque contrattuale e di potenziale frizione, che consiste nella
ripartizione più o meno equa dei costi e dei benefici tra i soggetti. Va piuttosto
osservato che il potenziale di asimmetria nei vantaggi netti e di conflitto tra i partner
dovrebbe convivere in forme progressivamente attenuate con il processo interattivo
descritto, il quale introduce fattori di riequilibrio in tal senso. In particolare, le dimensioni
del circuito della cooperazione riducono il rischio dell’innescarsi di comportamenti
opportunistici e depotenziano gli effetti immediatamente negativi di squilibri emergenti,
offrendo un contesto favorevole al loro riconoscimento bilaterale, alla ricerca di
correttivi e di compensazioni, all’innalzamento della soglia di attivazione dei conflitti e
alla mediazione ed evoluzione in positivo dei conflitti stessi.
Le variabili processuali della cooperazione15 conferiscono dunque stabilità ai rapporti.
Esse consentono, infatti, di accumulare una risorsa relationship specific e composita
(formata da conoscenze, competenze e fiducia), che riduce la probabilità di
interruzione del rapporto.
2.4 Le interdipendenze tra le dimensioni della crescita aziendale: un quadro d’insieme
Come è emerso nel corso della sezione e in particolare nel paragrafo 2.2, un aspetto
qualificante del modello evolutivo proposto consiste nel riconoscere l’importanza delle
15
Si noti che ciascuna di esse (fiducia, impegno, trasparenza, adattamento) può essere letta
come input, come output e come processo.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
69
PARTE II
interdipendenze che legano le diverse dimensioni della crescita aziendale. In questo
paragrafo conclusivo si vuole completare l’analisi delle interdipendenze.
Spesso, in letteratura, la crescita dimensionale e la crescita relazionale vengono
considerate come alternative decisionali che si escludono a vicenda. In effetti, questa
dicotomia “secca” tra la logica make e la logica buy viene affrontata in svariate
situazioni. Ad esempio, se un’impresa che utilizza una rete di subfornitori locali si
orienta a delocalizzare la produzione di determinati semilavorati, deve decidere se
replicare la politica di outsourcing all’estero oppure integrare verticalmente il ciclo
produttivo attraverso investimenti proprietari.
In verità esiste una terza via “ibrida”, rappresentata dalla creazione di una joint venture
paritetica con un partner estero. Ma, al di là di questo caso particolare, è più importante
ricordare che nei percorsi reali di crescita-evoluzione delle imprese spesso
l’allargamento dei confini proprietari e lo sviluppo di relazioni con soggetti esterni sono
processi complementari e interdipendenti, come visualizzato nella parte destra della
fig. 4.
Da un lato, infatti, la crescita dimensionale può portare all’attivazione di nuove
relazioni, oppure venire realizzata in parallelo con la crescita relazionale (P1). Così, gli
investimenti in attività commerciali all’estero determinano l’incremento del numero degli
intermediari con cui l’impresa intrattiene rapporti nei canali distributivi. Gli stessi
investimenti possono anche costituire la base per allacciare relazioni di tipo diverso, ad
esempio con altre imprese di produzione. Per citare un caso di crescita parallela, una
strategia molto spinta di diversificazione della gamma offerta implica spesso
investimenti in attività produttive e al contempo la moltiplicazione delle relazioni nella
supply chain.
Simmetricamente, lo sviluppo di relazioni può offrire nuove opportunità di crescita
dimensionale (P2). In particolare, ciò accade quando una forma di collaborazione si
conclude con l’acquisizione dell’impresa partner. In altri casi, attraverso le relazioni
l’impresa intercetta informazioni e assorbe conoscenze che risultano utili per progettare
nuovi investimenti.
Lo sviluppo delle capabilities aziendali, segnatamente le competenze trasversali e
quelle funzionali, sono parte della crescita dimensionale e supportano la crescita
dimensionale (P3).
A questa interdipendenza si è già fatto cenno nel definire la crescita qualitativa come
componente “incorporata” nella crescita dimensionale. In alcuni casi, lo sviluppo delle
competenze interne precede la crescita dimensionale e/o procede con la stessa,
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
70
PARTE II
mentre in altre situazioni la crescita qualitativa è costretta a “inseguire” la crescita
dimensionale. In ogni caso, deve sussistere un matching appropriato tra le due
dimensioni e il rispetto di questo vincolo non emerge in modo automatico. Lo dimostra
il riscontro non infrequente di processi di crescita dimensionale che hanno come esito
la crisi strutturale dell’impresa. Spesso, dietro questi insuccessi, vi sono appunto
processi di “crescita senza qualità”.
Le ultime proposizioni contenute nella fig. 4 sono state già formulate e analizzate nei
precedenti paragrafi.
Le capabilities aziendali, segnatamente le competenze trasversali e le competenze di
interfaccia, supportano anche la crescita relazionale (P4a) e consentono di presidiare
la dimensione qualitativa della stessa (P4b), individuando i partner dotati di valore
competitivo (qualità dei soggetti) e utilizzando le relazioni al fine di trarre vantaggio da
tale potenziale (qualità delle relazioni).
Infine, la dimensione qualitativa della crescita relazionale consente di ampliare il pool di
risorse cognitive a cui l’impresa può accedere (qualità dei soggetti) e ha ricadute
positive sulle competenze aziendali nella misura in cui si instaurano delle learning
relationships (qualità delle relazioni) (P5a). La stessa dimensione può anche
contribuire direttamente alla crescita dimensionale, come accade con determinati
fornitori di servizi di valenza strategica (P5b).
Leggendo insieme le proposizioni P4 e P5, si può affermare che le competenze
aziendali e le relazioni esterne non rappresentano risorse disgiunte, ma operano in
modo congiunto e interdipendente come mezzi di governo della complessità nei
percorsi di sviluppo delle imprese.
Un’implicazione importante del modello delineato in questa sezione consiste nel
riconoscere l’esistenza di diverse “formule” di crescita aziendale. Semplificando, la fig.
5 propone due formule opposte e una intermedia, che possiamo considerare come
traguardi (sempre provvisori in ambienti competitivi caratterizzati da elevata variabilità)
di percorsi divergenti:
−
la formula S (scala) è il risultato di una elevata crescita entro i confini
proprietari e di una limitata crescita relazionale;
−
la formula R (rete) è invece il risultato di una elevata estensione della rete
del valore e di una limitata crescita dimensionale16.
16
I dati di bilancio possono rivelare le due formule sulla base del diverso rapporto tra fatturato e
valore aggiunto aziendale.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
71
PARTE II
Se le formule sono di successo, entrambi i percorsi saranno stati sostenuti da una
crescita qualitativa la cui composizione risulta specifica di ciascuna delle due formule.
Un percorso di tipo R è stato sicuramente seguito da Grotto, l’impresa di
abbigliamento che gestisce il marchio Gas. Il caso è presentato in questo
rapporto di ricerca.
Un percorso di tipo R, centrato su relazioni di cooperazione di tipo
orizzontale, è stato avviato anche da Anodica Trevigiana e dalle altre imprese
di componentistica che hanno dato vita al progetto Unieldom nella filiera
dell’elettrodomestico.
Un percorso di tipo R, centrato su relazioni di cooperazione di tipo verticale,
è stato avviato con il progetto Venice Wing da Officine Aeronavali, impresa il
cui business principale è la trasformazione di aerei passeggeri in velivoli
cargo.
Il caso Allison (occhialeria) rappresenta invece una soluzione intermedia tra
la formula R e la formula S. La crescita dimensionale riguarda infatti
soprattutto lo sviluppo della struttura commerciale, attraverso la creazione di
numerose filiali estere, mentre la produzione è stata in larga misura
esternalizzata a imprese di produzione cinesi.
Fig. 2 - Le relationship management capabilities
Imprese di
produzione
Servizi
specializzati
Istituti di
ricerca
Gestione
della rete
dellÕinnovazione
Ricerca &
Sviluppo
Coordinamento
inter-funzionale
Produzione
Marketing
Supply
Chain
Management
Customer
Relationship
Management
Subfornitori
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
Clienti
72
PARTE II
Fig. 3 - Lo sviluppo di una relazione cooperativa tra imprese
Conoscenza
strategica
Trasparenza
informativa
Conoscenza
sui contenuti
Conoscenza
relazionale
Adattamento
reciproco
Trasparenza
informativa
Commitment
Adattamento
reciproco
Commitment
Conseguimento
degli obiettivi
Fiducia
reciproc a
Fiducia
reciproc a
Riconoscimento iniziale
delle opportunit strategiche
della cooperazione
Definizione degli
obiettivi specifici,
delle regole e delle attivit
Fig. 4 - Un modello evolutivo della crescita aziendale: le interdipendenze tra le
dimensioni della crescita
Qualit delle
relazioni
P4b
Qualit dei
soggetti esterni
Ricerca attiva di
soggetti esterni
P4a
Competenze
di interfaccia
Crescita relazionale
P5a
Competenze
trasversali
P2
P1
P5a
Crescita dimensionale
Competenze
funzionali
P3
P5b
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
73
PARTE II
Fig. 5 - Le formule della crescita aziendale
Formula R
Crescita
reticolare
Formula S
Crescita
proprietaria
Crescita Dimensionale
3. Continuità e discontinuità nei percorsi di crescita aziendale
Nella precedente sezione si è data enfasi al fatto che la crescita dimensionale deve
essere supportata da un’adeguata crescita qualitativa relativa alle capabilities
aziendali.
Per cogliere la reale portata del problema è opportuno concentrare innanzitutto
l’attenzione sulle discontinuità che talvolta caratterizzano i percorsi di crescita delle
imprese. Osservando il profilo temporale della crescita dimensionale di singole
imprese, misurata in termini di dipendenti o di valore aggiunto, è possibile infatti
imbattersi in una o più fasi di discontinuità dimensionale, ossia in periodi in cui la
variazione della scala produttiva risulta significativamente superiore rispetto a quanto si
osserva nelle altre sezioni del profilo.
3.1 Discontinuità dimensionale e shock organizzativo
Queste discontinuità della dimensione spesso si accompagnano a discontinuità
dell’organizzazione. Ciò accade quando la differenza tra il grado di complessità
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
74
PARTE II
dell’organizzazione di “arrivo” rispetto a quella di “partenza” risulta particolarmente alta
e quindi, utilizzando le variabili del nostro modello, la crescita dimensionale incorpora
un’intensa crescita qualitativa. Sotto il profilo dei costi, la crescita qualitativa può
essere definita come l’incremento dei costi di gestione dell’organizzazione che si rende
necessario al fine di affrontare l’incremento di complessità connesso all’aumento della
dimensione. Si tratta nello specifico di costi fissi e quindi la loro crescita comporta un
irrigidimento della struttura dei costi dell’impresa.
Un recente studio di Confindustria (2005a e 2005b), basato su fonti statistiche e su un
ampio numero di casi aziendali, porta a riconoscere che nelle situazioni di discontinuità
dimensionale-organizzativa si viene a determinare uno shock organizzativo. Infatti, il
tempo in cui si realizza la crescita dimensionale è in genere inferiore al tempo di
adattamento dell’organizzazione alla nuova dimensione, necessario per pervenire a
una
soluzione
efficiente.
Questa
sfasatura,
che
possiamo
qualificare come
disaccoppiamento tra crescita dimensionale e crescita qualitativa, determina appunto
uno squilibrio organizzativo.
Un esempio può servire a chiarire i concetti utilizzati per inquadrare le situazioni o fasi
di disaccoppiamento. Si tratta di un caso teorico, ma riscontrabile con una certa
frequenza nei percorsi di crescita dimensionale delle piccole e medie imprese.
L’impresa in oggetto decide di entrare in nuove aree strategiche di affari, penetrando
nuovi segmenti del proprio mercato di riferimento (differenziazione interna) o anche
affacciandosi in nuovi mercati correlati (diversificazione omogenea). Al contempo, per
recuperare efficienza sotto il profilo dei costi di produzione, l’impresa delocalizza
determinate attività manifatturiere in paesi a basso costo del lavoro. Le scelte
strategiche a valle vengono realizzate attraverso una crescita per linee esterne,
acquisendo imprese esistenti; le scelte a monte sostituendo almeno in parte la rete dei
subfornitori locali con investimenti diretti in attività manifatturiere (integrazione
verticale), attraverso la creazione ex novo o l’acquisizione di imprese di produzione. Il
complesso di queste scelte porta al passaggio dall’impresa singola a un gruppo
aziendale abbastanza articolato e configurato in ambito internazionale. La crescita è
chiaramente associata all’incremento dei costi di gestione dell’organizzazione. Inoltre,
la necessità di integrare in un modello efficiente ed efficace realtà aziendali eterogenee
per diversi aspetti (produttivo, organizzativo, culturale, ambientale) richiede un tempo
più o meno lungo, comunque superiore a quello richiesto per effettuare gli investimenti.
In questo periodo critico il problema principale che l’impresa deve affrontare «è quello
di “tenere insieme” le sue diverse parti, ovvero di evitare che l’ingresso in nuove attività
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
75
PARTE II
agisca da forza centrifuga, destabilizzando l’assetto raggiunto fino a quel momento. La
transizione da uno “stato” dimensionale a un altro, cioè, richiede la capacità di
governare gli effetti di un vero e proprio shock organizzativo» (Traù, 1999).
Un esempio reale di crescita dimensionale che ha imposto un processo
impegnativo di riorganizzazione è illustrato dalla fusione tra Informatica
Palesa e il Gruppo Aldebra, inclusa tra i casi aziendali analizzati nella nostra
ricerca.
3.2 Quando la crescita qualitativa precede la crescita dimensionale: il modello crisicrescita di Greiner
Non sempre una crescita significativa della dimensione determina uno squilibrio
organizzativo. Infatti, vi sono casi in cui lo sviluppo delle capabilities aziendali precede
una fase di crescita dimensionale, anche di proporzioni rilevanti (paragrafo 2.4).
Questa situazione, del tutto diversa da quella descritta nel paragrafo precedente, è
contemplata nel modello di crescita a stadi di Greiner. Depurato dalla sua componente
deterministica, il modello illustra in modo efficace la situazione in cui è la crescita
qualitativa a innescare la crescita dimensionale, e non viceversa.
Lo schema “Evolution and Revolution” di Larry E. Greiner (1972) è basato sull’assunto
che la storia di un’impresa si dispiega lungo una serie di fasi di crescita, ciascuna delle
quali sfocia inevitabilmente in un periodo di crisi. Queste discontinuità marcano quindi,
a intervalli regolari, la traiettoria evolutiva delle imprese (fig. 6).
Il modello è chiaramente deterministico: ciascuna fase rappresenta la declinazione
specifica di un set chiuso di variabili organizzative; le singole fasi sono collocate in una
sequenza canonica; ogni crisi è contenuta in nuce nella fase evolutiva che l’ha
preceduta e al contempo indica il suo superamento, che corrisponde a una nuova e
specifica
declinazione delle
variabili utilizzate
nel
modello.
Naturalmente,
il
superamento del blocco all’ulteriore crescita costituito dalla crisi richiede una corretta
lettura della crisi stessa da parte dell’impresa e la capacità di gestire il cambiamento
organizzativo che avvia la nuova fase di crescita. Greiner indica con precisione quello
che l’impresa deve fare in ciascuna fase per trasformare la crisi in trampolino di lancio
per un ulteriore sviluppo17.
17
Si deve notare il modo particolare in cui Greiner rielabora l’analogia biologica del ciclo di vita.
Le imprese sono infatti “costrette” a crescere nell’intero percorso della loro vita: in ogni stadio
del ciclo l’alternativa alla crescita è semplicemente il declino e la fuoriuscita dal mercato.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
76
PARTE II
L’autore individua cinque fasi, che descrive sulla base di altrettanti parametri (l’obiettivo
primario della direzione, la struttura dell’organizzazione, lo stile direzionale, il sistema
di controllo, i riconoscimenti da parte della direzione):
1. crescita attraverso la creatività, interrotta da una crisi di leadership;
2. crescita attraverso l’autorità, interrotta da una crisi di autonomia;
3. crescita attraverso la delega, interrotta da una crisi di controllo;
4. crescita attraverso il coordinamento, interrotta da una crisi di burocrazia;
5. crescita attraverso la collaborazione, interrotta da una crisi i cui contorni l’autore
lascia indefiniti.
Nella fase di avvio dell’impresa, lo sviluppo è sostenuto dalla creatività del fondatore o
dei fondatori, le cui energie sono interamente assorbite dall’obiettivo di produrre e
vendere il nuovo prodotto che ha portato alla nascita dell’impresa. La struttura
dell’organizzazione è tipicamente informale e lo stile di direzione individualistico ed
imprenditoriale. Al crescere dell’impresa emerge un fabbisogno di conoscenze,
competenze e strumenti di management che i fondatori non sono in grado di affrontare.
La formula imprenditoriale della prima fase entra pertanto in una crisi di leadership,
dalla quale è possibile uscire in un solo modo: introducendo uno “strong manager” che
prenda in mano l’impresa e l’accompagni verso l’approdo di una nuova fase di crescita.
Nella seconda fase la leadership manageriale sostituisce la leadership imprenditoriale.
L’obiettivo principale della direzione è ricercare la massima efficienza delle operazioni,
lo stile direzionale è autoritario e il potere decisionale si mantiene accentrato, anche se
la struttura organizzativa assume la tipica configurazione funzionale, basata sulla
specializzazione delle competenze e dei compiti. Vengono introdotte procedure e
modalità di comunicazione formali e un sistema di controllo basato su standard e centri
di costo. Nel tempo l’impresa cresce in dimensione e complessità e si creano le
condizioni che innescano una crisi di autonomia. In particolare, le conoscenze
accumulate nei livelli inferiori dell’organizzazione vengono compresse entro le maglie
di una rigida e centralizzata gerarchia e quindi rimangono un potenziale non utilizzato.
Durante la crisi, risorse umane molto qualificate possono decidere di abbandonare
l’organizzazione.
La successiva fase di evoluzione è caratterizzata dalla delega. L’impresa può quindi
riprendere a crescere adottando una struttura organizzativa decentrata, in genere su
base geografica. L’obiettivo primario è infatti l’espansione del mercato, perseguito
attraverso l’internazionalizzazione e l’ampliamento della gamma produttiva. Lo stile
direzionale si ispira al principio del managing by exception, basato a sua volta su
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
77
PARTE II
un’attività periodica di reporting dalle unità periferiche, che per il resto godono di
elevata autonomia. La responsabilità, l’autonomia e gli incentivi sui risultati assegnati ai
manager periferici favoriscono la penetrazione dei mercati, la rapidità di risposta alle
esigenze dei clienti e lo svuppo di nuovi prodotti. Tuttavia, alla lunga la libertà genera
un atteggiamento che Greiner definisce “parrocchiale”, ossia improntato a un eccessivo
localismo. Al crescere della diversificazione geografica e produttiva, e quindi della
complessità sottesa allo scope dell’impresa, si viene pertanto a determinare una
inevitabile crisi di controllo.
L’introduzione di sistemi formali di coordinamento, orientata al consolidamento
dell’organizzazione, porta a una nuova fase di crescita. Lo stile direzionale è orientato
al controllo (watchdog). La struttura organizzativa viene modificata con l’introduzione di
staff alla direzione centrale, che hanno il compito di attivare programmi di controllo
estesi all’intera organizzazione. Vengono anche sviluppate procedure formali di
pianificazione e le unità periferiche, riorganizzate in aggregazioni omogenee sotto il
profilo del prodotto, sono assimilate a centri di investimento, dove i ritorni sul capitale
investito diventano un criterio importante per l’allocazione delle risorse all’interno
dell’organizzazione. Con il passare del tempo l’organizzazione è diventata troppo
grande e complessa per poter essere governata da procedure e programmi
rigidamente formalizzati. Ha inizio così la crisi di burocrazia (red-tape crisis).
Nella successiva fase di crescita gli obiettivi sono la risoluzione dei problemi e
l’innovazione, perseguiti attraverso la collaborazione interpersonale. Lo stile direzionale
diventa quindi partecipativo. Il principale cambiamento del modello organizzativo
consiste nell’alleggerimento degli staff alla direzione centrale e nella contemporanea
introduzione di gruppi di lavoro interfunzionali formati per portare a temine compiti
specifici. I gruppi di lavoro sono temporanei e l’organizzazione tende ad assumere una
configurazione di tipo matriciale. Un altro meccanismo di coordinamento “leggero”
viene individuato nelle conferenze di key managers per mettere a fuoco i principali
problemi. La crisi in cui sbocca la crescita improntata al coordinamento non ha dei
contorni precisi. All’inizio degli anni settanta, molte grandi imprese statunitensi si
ritrovavano infatti, secondo Greiner, in piena evoluzione nell’ambito della quinta fase.
L’autore prevede comunque che la crisi sarà legata alla progressiva saturazione
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
78
PARTE II
psicologica delle risorse umane aziendali nei confronti dell’intensità del lavoro di
gruppo e della pressione verso la ricerca di soluzioni innovative18.
Nell’ambito dei modelli evolutivi citati nella premessa alla sezione 2, lo schema
proposto da Greiner si distingue per l’introduzione del concetto di crisi. In ogni stadio la
crescita è sostenuta da un determinato modello in termini di logica manageriale e di
struttura organizzativa. Si giunge ad un punto, però, in cui lo sviluppo invalida il
modello consolidato, innescando una crisi. Nel suo sviluppo naturale, dunque,
l’organizzazione attraversa dei periodi di instabilità che sono dovuti ai mutamenti
all’interno della azienda stessa, che cresce e quindi cambia. Così, il modello della
delega risponde alle istanze di autonomia emerse nella fase di crescita precedente.
D’altra parte, la crescita attraverso la delega crea una diversità interna che porta
l’organizzazione fuori controllo. Esiste, dunque, uno strettissimo legame tra crescita e
crisi.
Ma l’approccio di Greiner alla crescita (dimensionale) si distingue anche per un altro
aspetto, che è poi quello più rilevante nel contesto della nostra analisi. Si tratta del
riconoscimento che ogni transizione da una fase di crescita dimensionale all’altra
implica l’acquisizione di nuove competenze manageriali, ossia una crescita di tipo
qualitativo dell’impresa.
3.3 Quando la crescita qualitativa precede la crescita dimensionale: riposizionamenti
strategici e strategie “oceano blu”
Uscendo dal determinismo del modello a stadi di Greiner, in ogni periodo del suo ciclo
di vita l’impresa può progettare e affrontare con successo una discontinuità
organizzativa, o meglio strategico-organizzativa. E lo può fare in modo che la crescita
qualitativa preceda e poi accompagni la crescita dimensionale, evitando l’innescarsi di
uno squilibrio organizzativo.
18
È interessante notare che in una revisione del classico articolo del 1972 Greiner sostitusce
alla saturazione psicologica, come fattore determinante della crisi, il riconoscimento che non
esistono più soluzioni interne per promovere un’ulteriore crescita. Su questa base, l’autore
prevede una sesta fase «in which growth depends on the design of extra-organizational
solutions, such as creating a holding company or a network organization composed of alliances
and cross-ownership» (Greiner, 1998). Poiché il primo tipo di esito porta l’impresa a
interrompere il percorso di crescita autonomo, la fase finale ipotizzata è quella dell’impresa-rete.
Nella versione più aggiornata del modello emergono dunque le relazioni inter-organizzative.
Greneir le presenta come vera e propria modalità di crescita, pur relegandole a caratterizzare
una fase in cui l’impresa ha raggiunto una dimensione oltre la quale diventa impossibile
crescere ulteriormente in condizioni di efficienza, in quanto tutti i meccanismi di coordinamento
interno risultano inefficaci (Arrow, 1974; Grandori, 1999).
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
79
PARTE II
In questo ambito, un primo riferimento è dato dai riposizionamenti strategici, che
possiamo distinguere in due tipi.
Il primo tipo consiste nel riposizionamento all’interno del mercato esistente, attraverso il
trasferimento da un segmento all’altro o anche lo sviluppo di un nuovo segmento. Ad
esempio, negli anni passati diverse piccole e medie imprese dei tipici settori del Made
in Italy hanno intrapreso con successo il riposizionamento nei segmenti superiori (in
termini di prezzo/qualità) dei mercati di riferimento, stimolate dall’intensa e diffusa
concorrenza nazionale e da quella emergente dei paesi di nuova industrializzazione
nella fascia bassa e medio-bassa dei mercati.
Ai riposizionamenti “orizzontali” si aggiungono quelli nel sistema verticale del valore o
nella più ampia rete del valore. In particolare, si possono ricordare i passaggi a valle
che hanno caratterizzato i percorsi evolutivi di diverse imprese di subfornitura
(Grandinetti, Bortoluzzi, 2004), dalla produzione di un componente elementare alla
realizzazione di sotto-assiemi o assiemi, ossia di output più articolati e complessi.
Meno frequenti sono invece i passaggi in direzione inversa, verso una posizione più
arretrata nel sistema verticale del valore19.
Un riposizionamento “a ritroso”, dal prodotto finito alla componentistica, è
stato effettuato negli anni settanta dall’impresa Carraro. Quel passaggio fu
alla base di un lungo percorso di crescita dimensionale, diversificazione
produttiva e internazionalizzazione. Attualmente il Gruppo Carraro è leader
mondiale nella produzione di sistemi di trasmissione per applicazioni
agricole, macchine per il movimento terra, carrelli elevatori, automobili e
veicoli commerciali.
La discontinuità strategico-organizzativa può anche risultare più drastica rispetto ai casi
di riposizionamento esaminati. Entriamo allora nell’ambito delle innovazioni descritte da
Kim e Mauborgne nel loro bel libro Blue Ocean Strategy (2005).
Gli autori suddividono i mercati in due tipi: gli oceani rossi e gli oceani blu. Nei primi i
confini di settore sono consolidati e le regole del gioco competitivo definite. Le imprese
cercano di superare la performance dei concorrenti, in termini di efficienza o di
differenziazione, per incrementare la propria quota di mercato, ma i margini per
raggiungere questo obiettivo sono molto ridotti. Gli oceani blu rappresentano invece
spazi di mercato incontestati, in quanto le imprese che riescono a crearli intercettano
19
Riprendendo il concetto di network position illustrato nel paragrafo 2.1, i riposizionamenti
descritti nel testo fanno riferimento soprattutto al ruolo svolto dall’impresa nella divisione del
lavoro all’interno del sistema.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
80
PARTE II
una domanda nuova. Si tratta evidentemente di una condizione molto vantaggiosa, per
quanto difficile da realizzare, che porta a un’intensa crescita dimensionale.
Al cuore di una strategia vincente “oceano blu” troviamo un’innovazione radicale. Gli
autori la definiscono innovazione di valore «perché invece di concentrarsi sull’obiettivo
di battere la concorrenza, essa richiede di concentrarsi sull’obiettivo di neutralizzarla
offrendo agli acquirenti e all’azienda stessa un aumento significativo del valore e, per
ciò stesso, aprendo uno spazio di mercato nuovo e incontestato».
Per Kim e Mauborgne l’innovazione di valore è dunque alla base della creazione di un
oceano blu. Questo tipo di innovazione non si risolve in uno sforzo puramente
tecnologico oppure in un approccio commerciale pionieristico, ma corrisponde a un
modo nuovo di concepire il prodotto e il mercato e a una creazione di valore
significativa. In quest’ottica, l’innovazione di valore supera il trade off porteriano tra
riduzione dei costi e differenziazione20.
Le imprese che riescono a creare oceani blu possono essere industriali o di servizi,
come Cirque du Soleil, la cui innovazione di valore è stata costruita intorno all’idea di
combinare elementi del tradizionale spettacolo circense e dello spettacolo teatrale in
una originale esperienza di intrattenimento. Come riassumono Kim e Mauborgne,
Cirque du Soleil «ha dato vita a un oceano blu e inventato una nuova forma di
intrattenimento dal vivo – una forma notevolmente diversa sia dal circo tradizionale, sia
dal teatro. Allo stesso tempo, eliminando molti degli elementi più costosi del circo, ha
ridotto drasticamente la sua struttura dei costi, raggiungendo insieme l’obiettivo della
differenziazione e quello del contenimento dei costi», ricordando anche che il prezzo
del biglietto è stato allineato al prezzo di uno spettacolo teatrale, molto superiore al
prezzo medio del settore circense.
In conclusione, è importante notare che l’innovazione di valore corrisponde a un
approccio strategico che coinvolge nel suo complesso la catena del valore interna
all’impresa e le relazioni della rete del valore21. Essa, infatti, impone di riorientare e
riconfigurare l’intero sistema delle attività per arrivare a un aumento significativo del
valore creato, per gli acquirenti e per l’impresa. La tab. 3 delinea le caratteristiche
fondamentali che definiscono le strategie legate agli oceani rossi e quelle legate agli
oceani blu.
20
Un’impresa che cerca di perseguire contemporaneamente i due obiettivi strategici rimarrebbe
infatti, secondo Porter (1985), “bloccata in mezzo al guado”.
21
Anche se Kim e Mauborgne non fanno esplicito riferimento alla rete del valore.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
81
PARTE II
3.4 Una tassonomia del rapporto tra crescita dimensionale e crescita qualitativa
Nei paragrafi precedenti ci siamo occupati solo delle fasi di discontinuità nei percorsi di
sviluppo delle imprese, precisamente di una discontinuità dimensionale seguita da una
discontinuità sotto il profilo qualitativo e della situazione inversa. Possiamo ora
comporre le considerazioni emerse nel corso dell’analisi in un quadro più ampio, in
modo da contemplare anche le fasi di crescita che si caratterizzano in modo diverso.
La fig. 7 propone al riguardo una tassonomia del rapporto tra crescita dimensionale e
crescita qualitativa. Per tutte le situazioni descritte, il riferimento è un intervallo
temporale relativamente breve t0 – t1, in cui si registrano variazioni di analoga o diversa
consistenza del valore aggiunto (crescita dimensionale) e dello stock di competenze
(crescita qualitativa). In alcuni casi, l’osservazione si estende al successivo periodo t1 –
t2. Le semirette CQ* e CD* indicano rispettivamente la crescita qualitativa necessaria a
supportare una determinata crescita dimensionale, e la crescita dimensionale attesa da
un determinato investimento in capabilities aziendali.
Il grafico in alto a sinistra presenta in effetti due situazioni. L’impresa realizza un
piccolo incremento della dimensione, ad esempio l’ampliamento di un reparto
produttivo, che comporta un adattamento organizzativo nullo o molto modesto. In
alternativa, l’impresa effettua un piccolo investimento in capabilities, a supporto di una
certa crescita dimensionale. In entrambi i casi – ed è questo l’aspetto importante – il
fattore causale e il suo effetto sono contenuti all’interno dell’intervallo di tempo
considerato. Le situazioni descritte possono anche costellare in sequenza il ciclo di vita
delle imprese, giustificando i tratti di crescita (ed evoluzione) gradualistica.
Il secondo grafico illustra invece il caso di un incremento significativo della scala,
dovuto ad esempio alla creazione di un nuovo stabilimento di produzione. Si tratta
tuttavia di un’estensione omogenea della capacità produttiva esistente che non pone
problematiche inedite sotto il profilo manageriale e organizzativo22. Come nel caso
precedente, l’adattamento marginale si risolve nell’intervallo t0 – t1. Si può allora parlare
di crescita replicativa.
Il grafico in basso a sinistra schematizza la situazione esaminata in dettaglio nel
paragrafo 3.1. La crescita dimensionale è consistente e le sue caratteristiche
specifiche impongono una crescita qualitativa altrettanto significativa. L’impresa può
anche avere potenziato lo stock delle risorse umane qualificate reclutando nuovi
22
Si ricordi l’esempio riportato nella parte introduttiva della sezione 2.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
82
PARTE II
manager, ma il tempo di adattamento dell’organizzazione supera comunque t123. Nel
primo periodo si verifica quindi uno shock organizzativo, che può essere superato solo
in t1 – t2.
L’ultimo grafico riassume le situazioni in cui nel periodo t0 – t1 viene conseguita una
crescita qualitativa rilevante, in cui la dimensione organizzativa spesso affianca una
discontinuità strategica. La crescita dimensionale si realizza in larga misura
nell’intervallo di tempo successivo e la distanza rispetto alla semiretta CD* è una
misura inversa dell’efficacia dell’investimento in capabilities rispetto alle aspettative di
crescita.
Fig. 6 - Il modello crescita-crisi di Greiner (1972)
Fase 1
Creativitˆ
Fase 2
Autoritˆ
Fase 3
Delega
Fase 4
Fase 5
Coordinamento Collaborazione
CR
Burocrazia
Controllo
Autonomia
Leadership
CR
?
CR
CR
CR
Età dell’organizzazione
23
Si noti che gli eventuali manager assunti dall’impresa sono portatori di nuove conoscenze e
competenze, che però si traducono in effettive capabilities aziendali solo nella misura in cui i
manager stessi si “immergono” nel contesto aziendale di arrivo e imparano ad operare in modo
efficace al suo interno. Anche questo tempo di apprendimento incide sul disaccoppiamento tra
crescita dimensionale e crescita qualitativa.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
83
PARTE II
Tab. 3 - Strategia oceano rosso e strategia oceano blu (Kim, Mauborgne, 2005)
STRATEGIA OCEANO ROSSO
STRATEGIA OCEANO BLU
Competere nell’attuale spazio di mercato
Creare uno spazio di mercato incontestato
Battere la concorrenza
Aggirare la concorrenza
Sfruttare la domanda esistente
Creare e conquistare una nuova domanda
Assecondare il trade off tra costo e differenziazione
Allineare l’intero sistema delle attività dell’azienda
con la sua scelta strategica a favore della
differenziazione oppure del contenimento dei costi
Spezzare il trade off tra costo e differenziazione
Allineare l’intero sistema delle attività dell’azienda
con il doppio obiettivo della differenziazione e del
contenimento dei costi
Fig. 7 - Il rapporto tra crescita dimensionale e crescita qualitativa
CD*
Crescita
replicativa
Crescita
gradualistica
t1
t1
t0
CQ*
CQ*
Crescita Dimensionale
t0
Crescita Dimensionale
CQ* = Crescita qualitativa necessaria CD* = Crescita dimensionale attesa
CD*
t1
t2
t2
CQ*
La discontinuit
organizzativa
prepara la
crescita
dimensionale
Shock
organizzativo
e successivo
riallineamento
t1
t0
Crescita Dimensionale
t0
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
Crescita Dimensionale
84
PARTE II
4. La proiezione internazionale della crescita aziendale
Sia la crescita dimensionale che la crescita relazionale (e quindi la crescita qualitativa)
presentano, soprattutto nella fase recente, una forte proiezione internazionale. Infatti,
considerando la globalizzazione come la nuova forma assunta dal processo
competitivo – una forma che rende sempre più ininfluenti le barriere geografiche alla
circolazione delle merci, delle persone, dei capitali e delle conoscenze – e assumendo
il punto di vista dell’impresa, adottare un orizzonte strategico globale significa
proiettare la catena interna del valore e la rete del valore in ambito internazionale.
4.1 Investimenti esteri e global networking
Il riferimento è all’intero spettro delle attività interdipendenti che compongono la catena
del valore dell’impresa (operazioni manifatturiere, vendite e marketing, ricerca e
sviluppo, gestione delle risorse umane ecc.). Può trattarsi di attività che l’impresa
svolge
al
suo
interno
(o
all’interno
del
gruppo),
di
attività
realizzate
in
compartecipazione con qualche partner, oppure di attività rispetto alle quali l’impresa si
approvvigiona presso un fornitore esterno di input materiali o di servizi. Nel primo caso
possiamo parlare di catena interna del valore (entro i confini proprietari), nel secondo e
nel terzo di rete del valore24.
Quindi, la localizzazione delle attività di un’impresa globale – nella duplice accezione
interna/esterna di cui sopra – coinvolge tipicamente paesi diversi. Scelte di questo tipo
sono state assunte da molte imprese del Nord-Est in varie forme: da investimenti
produttivi e commerciali all’estero alla delocalizzazione di alcuni rapporti di
subfornitura, dallo sviluppo di joint ventures e di altre forme di cooperazione con
partner esteri allo sviluppo di relazioni con fornitori esteri di servizi strategici.
Le imprese che assumono un comportamento attivo nei confronti della globalità,
piuttosto che subirla come minaccia, sono dunque quelle che adottano ampi gradi di
libertà nel definire le proprie scelte localizzative per ogni specifica attività della catenarete del valore.
È importante osservare che nel nostro modello evolutivo l’internazionalizzazione non
corrisponde a una fase che segue la crescita dell’impresa nel mercato domestico e a
sua volta si dispiega lungo una sequenza di stadi caratterizzati da livelli crescenti di
impegno-coinvolgimento nelle operazioni estere, come nel modello elaborato dagli
24
Inseriamo convenzionalmente le relazioni equity nella rete del valore.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
85
PARTE II
studiosi della cosiddetta scuola di Uppsala (Johanson, Vahlne, 1977; WiedersheimPaul,
Holson,
Welch,
1978)25.
Al
contrario,
nell’’era
dell’economia
globale,
l’internazionalizzazione rappresenta il modo di essere “normale” delle imprese, di
quelle di nuova formazione come delle imprese che hanno alle spalle una lunga storia.
In un tale contesto, tutto ciò che ha a che fare con la posizione competitiva e l’agire
strategico dell’impresa è contenuto nello spazio internazionale.
La nostra visione dell’internazionalizzazione è coerente con il modello di impresa
transnazionale di Bartlett e Ghoshal (1989), proposto come traguardo evolutivo delle
imprese multinazionali a fronte del mutamento di scenario determinato dalla
globalizzazione. Risulta utile esaminare questo modello perché da esso emerge con
grande chiarezza la compresenza di tutte e tre le dimensioni della crescita: la
dimensione, le competenze e le relazioni (interne ed esterne).
4.2 Il modello di impresa transnazionale di Bartlett e Ghoshal
Analizzando la storia competitiva delle multinazionali di diversi paesi e settori, gli autori
pervengono alla conclusione che in passato i settori mondiali si presentavano
unidimensionali in termini strategici, cioè richiedevano una competenza strategica
dominante per operare in essi.
In particolare, nei settori multidomestici l’obiettivo strategico dominante era
rappresentato dalla reattività ai mercati locali, caratterizzati da profonde differenze
innanzitutto nella struttura dei consumi. Quando il mercato mondiale rappresenta la
somma di mercati nazionali separati, la capacità di adattarsi alle differenze locali
diventa una forza centrifuga dell’assetto organizzativo, spingendolo verso il modello
della “federazione decentralizzata” (fig. 8):
a. le attività estere sono assimilate a un portafoglio di imprese indipendenti;
b. prevale la decentralizzazione delle risorse, delle responsabilità e delle decisioni;
c.
il controllo si basa su rapporti informali tra sede centrale e consociate.
Nel settore che i due autori definiscono globale, ma che risulterebbe più appropriato
denominare globale omogeneo, sussistono invece condizioni tecnologiche e di
domanda che spingono alla realizzazione di grandi volumi di prodotto standardizzati.
L’imperativo strategico è dunque l’efficienza globale, cioè lo sfruttamento di economie
25
Gli stadi sono quelli di una sequenza che procede dall’esportazione irregolare
all’esportazione organizzata tramite agenti, alla creazione in loco di filiali o di sussidiarie
commerciali, per finire con lo stadio della classica impresa multinazionale, che localizza
stabilimenti di produzione in alcuni paesi esteri.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
86
PARTE II
di scala su base mondiale. In questo tipo di settore, il corrispondente modello
organizzativo:
a. tratta le attività estere come appendici logistiche per operare nel mercato
globale, al contempo unificato e omogeneo;
b. centralizza le risorse, le responsabiltià e le decisioni;
c.
esercita un controllo stretto ed esteso sulle sedi estere.
Esiste anche un terzo tipo di settore mondiale, che Bartlett e Ghoshal denominano
internazionale. In un tale contesto, la competenza strategica dominante è costituita
dalla capacità di trasferire le conoscenze dalla casa-madre alle sedi periferiche.
Quando l’appropriatezza organizzativa non è rapportabile al problema dell’efficienza
globale o della reattività locale, ma deve misurarsi con l’obiettivo dell’apprendimento a
livello mondiale (anche se solo nella forma del trasferimento unidirezionale centroperiferia), il modello vincente assume caratteristiche intermedie tra i due modelli
precedenti: le attività estere configurano appendici “intelligenti” nel complessivo
sistema aziendale, alle quali la casa-madre decentra risorse, responsabilità e decisioni,
ma entro le maglie di un collegamento/controllo stretto e generalmente formalizzato.
A partire dalla seconda metà degli anni ottanta queste distinzioni vengono travolte da
mutamenti che coinvolgono tutti i settori, sia dal lato della domanda che dell’offerta. Per
la singola impresa, il risultato consiste in un notevole incremento della complessità da
gestire nell’ambiente competitivo di riferimento, che non può più essere affrontato da
un orientamento strategico unidimensionale.
L’impresa transnazionale (o globale nel significato non restrittivo del termine)
rappresenta la risposta sul piano delle competenze strategiche e del modello
organizzativo a tale incremento di complessità. Sotto il primo profilo, essa cerca di
mettere a sintesi esigenze differenziate e di risolvere i relativi trade-offs, optando per
un approccio pluridimensionale, orientato allo sviluppo integrato di efficienza globale,
flessibilità multinazionale e apprendimento internazionale.
Il modello organizzativo è quello di una rete integrata “interna”. In quest’ottica,
l’impresa
non
sceglie
univocamente
la
centralizzazione
delle
risorse
(delle
responsabilità e delle decisioni), oppure la loro decentralizzazione, ma opera con una
logica selettiva. L’impresa transnazionale centralizza pertanto alcune risorse nel paese
di origine, mentre altre vengono centralizzate in altri (specifici) contesti nazionali, e
altre ancora risultano distribuite tra le imprese del gruppo-rete aziendale. In generale,
si ottiene una configurazione diffusa delle risorse e delle capacità, insieme alla loro
relativa specializzazione (fig. 8).
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
87
PARTE II
La specializzazione implica la differenziazione dei ruoli e delle responsabilità delle
consociate, recuperando in tal modo sia i benefici della divisione internazionale del
lavoro, sia una superiore flessibilità nell’operare in diversi mercati-paese comunque
globalmente interdipendenti26.
La differenziazione organizzativa rappresenta un passaggio cruciale nella costruzione
della soluzione transnazionale, che la pone in alternativa alla reattività “locale per
locale” del modello multidomestico, come pure all’insensibilità “centro per locale” del
modello globale basato sulla centralizzazione e standardizzazione. In questo modo, la
periferia acquista centralità, non solo in funzione di specifici contesti nazionali (laddove
queste specificità si presentano), ma anche in funzione (al servizio) della rete nel suo
complesso. Infatti, i nodi della rete diventano selettivamente:
-
luoghi di reattività locale, in funzione delle specificità che caratterizzano (nei
mercati-paese dove i nodi sono localizzati) i sistemi distributivi, le preferenze
dei consumatori, le legislazioni nazionali ed altri aspetti influenti;
-
luoghi di monitoraggio innovativo e/o innovazione vera e propria, perché
operanti in paesi elettivi per il processo innovativo di un determinato settore
(inclusa la presenza di una domanda innovativa, che anticipa bisogni e
tendenze che si diffonderanno successivamente in altri paesi), oppure perché le
innovazioni comunque realizzate si rivelano trasferibili;
-
luoghi di accentuato confronto competitivo, in relazione alla posizione che nei
corrispondenti mercati-paese detengono i concorrenti globali.
Non si deve poi tralasciare un ulteriore aspetto importante relativo alla differenziazione:
le consociate dispongono di risorse e capacità interne, che hanno accumulato nel
corso della loro storia e che possono venire messe al servizio della rete (integrata). In
definitiva, la differenziazione selettiva dei ruoli e delle responsabilità delle consociate
riflette le differenze relative da un lato ai contesti in cui operano, dall’altro alle
risorse/competenze di cui sono dotate.
26
«L’organizzazione transnazionale sviluppa la propria reattività creandosi in vari modi una
flessibilità multinazionale. Prevede un certo sottoimpiego delle capacità produttive e adotta
un’automazione flessibile al fine di rispondere a improvvisi mutamenti nella domanda o
nell’offerta. Crea prodotti con strutture modulari, in modo da poter differenziare caratteristiche e
stili a seconda dei mercati, mentre mantiene la standardizzazione dei componenti di base e del
design centrale. Ma, soprattutto, la società transnazionale attua una sistematica
differenziazione dei ruoli e delle responsabilità nelle varie parti della propria organizzazione»
(Bartlett, Ghoshal, 1989).
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
88
PARTE II
Alla luce delle caratteristiche descritte, l’impresa transnazionale deve poter integrare le
entità specializzate attraverso interdipendenze reciproche, piuttosto che sequenziali.
Queste interdipendenze discendono in parte dalla divisione del lavoro all’interno del
sistema, ma in parte sono orientate specificamente a sviluppare rapporti cooperativi
che autorafforzano il sistema. Secondo i due autori, la differenziazione interna e
l’integrazione
non
gerarchica
delle
parti
(attraverso
le
interdipendenze,
la
comunicazione, la cooperazione, i sistemi formali e informali di coordinamento) sono le
fondamentali risposte strategiche e organizzative dell’impresa multinazionale alla sfida
della complessità/globalità27.
Il concetto di rete integrata esprime dunque l’importanza dei flussi di componenti e
prodotti finiti, persone, informazioni e conoscenze, risorse finanziarie, nonché del
governo di tale complesso intreccio di transazioni, nel modello organizzativo che i due
studiosi identificano alla fine degli anni ottanta come emergente nelle grandi imprese
internazionalizzate.
Bartlett e Ghoshal, facendo proprie le considerazioni sviluppate da Porter (1986) e da
Kogut (1985a e 1985b), riconoscono l’importanza che la distribuzione geografica delle
attività e delle risorse può svolgere ai fini della competizione globale. Non si tratta solo
della capacità di rispondere alle esigenze differenziate dei mercati locali, dell’opportunità
di sfruttare i differenziali sui costi dei tradizionali fattori produttivi, della necessità di
ridurre diverse tipologie di rischi o anche della possibilità di tradurre le imperfezioni dei
mercati in vantaggiose azioni di arbitraggio (di beni, capitali e informazioni). L’aspetto più
qualificante consiste infatti nella possibilità di presidiare la pluralità dei luoghi che
elettivamente compongono il pool internazionale settorialmente significativo di risorse
manageriali e tecnologiche, di fonti di innovazione, di tendenze innovative della
domanda, di segnali competitivi. In altri termini, in un’impresa transnazionale il processo
di knowledge management si sviluppa su scala globale. Questa opzione risulta coerente
27
Esiste una certa sovrapposizione tra l’approccio dei due autori alla globalità e la teoria
porteriana del valore nella sua proiezione internazionale. Per Porter (1986) la configurazione e il
coordinamento delle attività della catena del valore rappresentano le due dimensioni che
consentono di qualificare una strategia competitiva in ambito internazionale. La prima concerne la
localizzazione delle attività della catena: da un lato, ogni attività può essere concentrata in una
sola sede o decentrata attraverso investimenti diretti in vari paesi; dall’altro, si pone il problema
della scelta dei luoghi specifici in cui ubicare le attività. Il coordinamento delle attività dislocate nei
vari paesi può essere effettuato in diversi modi, compresi tra i due estremi della massima
autonomia concessa alle unità periferiche e la completa standardizzazione dei processi produttivi,
dei sistemi informativi e di controllo, delle procedure operative. Il problema del coordinamento
internazionale si pone sia tra attività dello stesso tipo distribuite in paesi diversi, sia tra attività
distinte della catena del valore caratterizzate da una localizzazione elettiva in determinati paesi.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
89
PARTE II
con una lettura in chiave cognitiva della globalizzazione, che interpreta il fenomeno come
estensione a scala mondiale della base su cui si dispiegano i processi di produzione,
circolazione e utilizzo delle conoscenze rilevanti per il vantaggio competitivo delle
imprese (Grandinetti, Rullani, 1996).
Il modello organizzativo transnazionale è una rete che integra leader specializzati (le
consociate nazionali). Esso riconosce dunque il valore differenziale dei singoli ambienti
nazionali attraverso la differenziazione dei ruoli e delle responsabilità delle consociate
che operano in tali contesti, dove la considerazione strategica principale che sottende il
modello «è quella dell’importanza complessiva degli ambienti nazionali rispetto alla
strategia globale dell’azienda» (Bartlett, Ghoshal, 1989). In definitiva, è la varietà dei
paesi il dato da organizzare, attraverso il coordinamento di consociate autonome che
possono attingere a tale varietà e alimentare con questa le competenze e le strategie
dell’intera organizzazione multinazionale28.
Un punto di notevole importanza del modello descritto consiste nel fatto che la
prospettiva teorica della rete transnazionale ha come sbocco necessario l’apertura
dell’organizzazione reticolare interna in una rete più ampia, che comprende una pluralità
di imprese autonome (Vaccà, Zanfei, 1989). Come gli stessi Bartlett e Ghoshal
riconoscono in un lavoro successivo a Managing across Borders, dove invece le
multinazionali sono ancora concettualizzate con riferimento alle sole relazioni tra unità
organizzative collocate all’interno dei confini di proprietà, la rete interna entra a far parte
di un external network, «il quale consiste di tutte le organizzazioni con cui le varie unità
della multinazionale devono interagire, dai clienti ai fornitori, dagli enti di regolazione alle
imprese concorrenti» (Ghoshal, Bartlett, 1990).
Ricordiamo infine che il modello strategico-organizzativo della rete transnazionale
interna-esterna non interpreta solo l’evoluzione delle grandi imprese multinazionali, come
Procter & Gamble, Unilever, Philips ed Ericsson29. Infatti, anche imprese che si
collocano ben al di sotto di queste dimensioni lo hanno seguito.
Due esempi di “piccole” imprese transnazionali sono offerti dal Gruppo
Mainetti, leader mondiale nella produzione di appendiabiti, e dal Gruppo
Carraro, leader mondiale nella produzione di sistemi di trasmissione.
Entrambi i casi sono presentati in questo rapporto di ricerca.
28
Una conclusione in perfetta sintonia con la contemporanea definizione del concetto di
strategia globale proposta da Bruce Kogut: «Ciò che distingue il contesto internazionale della
globalità, oltre alla più ampia dimensione del mercato, è la varianza degli ambienti nazionali e
l’abilità nel trarre vantaggio dalla gestione a tutto campo di tale varianza» (Kogut, 1989).
29
Sono queste, secondo Bartlett e Ghoshal (1989), le imprese più rappresentative del modello
trnsnazionale.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
90
PARTE II
Fig. 8 - Modelli dell’impresa multinazionale: la soluzione multidomestica e la soluzione
transnazionale (Bartlett, Ghoshal, 1989)
Federazione decentralizzata
Decentralizzazione di molte risorse,
responsabilit e decisioni importanti
Controllo personale
Rapporti informali tra sede
e consociate, integrati da
semplici controlli finanziari
Mentalit multinazionale
Le attivit estere sono considerate come
un portafoglio di imprese indipendenti
Rete integrata
Risorse e competenze
distribuite e specializzate
Rete integrata
Flussi di input materiali,
risorse, persone e
informazioni tra i nodi
della rete
Mentalit transnazionale
Complesso processo di coordinamento e
collaborazione, processo decisionale collegiale
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
91
PARTE II
5. I processi di crescita aziendale nei distretti industriali: le imprese distrettualiglobali
Tornando per un momento alla statistica delle medie imprese di MediobancaUnioncamere, è interessante notare che 953 imprese delle 3.966 selezionate
dall’indagine sono localizzate nei distretti industriali, in cui peraltro sono presenti anche
imprese di grandi dimensioni30. In effetti, i distretti industriali italiani hanno ospitato in
tempi relativamente recenti numerosi processi di crescita aziendale, che risultano
interessanti non solo sotto il profilo dimensionale ma anche in relazione alle altre due
dimensioni della crescita e alla proiezione internazionale della stessa.
5.1 La crescita dimensionale-relazionale delle imprese distrettuali-globali
In particolare, la sfida della crescita nello scenario della competizione globale è stata
raccolta in modo tempestivo e a tutto campo da alcune imprese distrettuali, che è
opportuno definire distrettuali-globali (IDG). Si tratta di entità aziendali che hanno
raggiunto dimensioni considerevoli, anche attraverso l’acquisizione di altre imprese del
distretto in cui hanno sede. Inoltre, la catena interna del valore e la rete del valore di
queste imprese, la cui presenza è stata documentata in diversi distretti inustriali
italiani31, assumono una configurazione internazionale (Camuffo e Grandinetti, 2005).
Infatti, le attività e le relazioni che rimangono nel distretto vengono integrate in un
disegno più complesso, che comprende (fig. 9):
a. la delocalizzazione di alcune fasi della filiera produttiva attraverso accordi di
subfornitura, la creazione di joint ventures di produzione o l’insediamento di
stabilimenti produttivi;
b. il presidio dei canali distributivi in varie forme, dallo sviluppo di una rete di agenzie di
vendita a modalità anche più impegnative, in particolare nei principali mercati esteri di
sbocco, come la creazione di joint ventures di vendita, l’insediamento di filiali
commerciali, l’acquisizione di catene di vendita al dettaglio;
30
L’indagine ha individuato 72 distretti industriali in Italia, attraverso un’analisi incrociata delle
diverse fonti disponibili.
31
In particolare nell’area del Nord-Est: Corò e Grandinetti, 1999 e 2001; Grandinetti, 1999 e 2003b;
Brunetti e Camuffo, 2000; Camuffo, 2003; Nassimbeni, 2003; Camuffo, Furlan, Romano e Vinelli,
2004.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
92
PARTE II
c.
lo sviluppo di relazioni con fornitori extradistrettuali di servizi di rilevanza strategica,
in attività come l’innovazione tecnologica, lo sviluppo dei nuovi prodotti, la gestione
della qualità, il marketing, i servizi finanziari;
d. in alcuni casi, la cooperazione con partner industriali localizzati all’esterno del
distretto, che operano nello stesso settore o in settori collegati, per lo sviluppo
congiunto di progetti di innovazione o di strategie di penetrazione commerciale.
Con riferimento alla prima direttrice di internazionalizzazione e in particolare agli
investimenti produttivi in paesi esteri, va osservato che alcuni sono guidati da un
orientamento al mercato di sbocco, al fine di servire in modo efficace nuovi e importanti
mercati. Altri seguono invece un orientamento al mercato degli approvvigionamenti e
sono motivati in via esclusiva dall’opportunità di sfruttare differenziali favorevoli nei
costi di produzione, che peraltro possono sussistere e rafforzare anche il primo tipo di
motivazione. Nel primo caso tuttavia, a differenza del secondo, gli investimenti esteri
non risultano di norma sostitutivi di capacità produttiva presente nel distretto, in quanto
la logica sottesa è di tipo espansivo.
Riprendendo una visione d’insieme, si può dunque affermare che l’internazionalizzazione
delle IDG coinvolge le attività della catena del valore entro i confini proprietari
dell’impresa, e all’esterno di tali confini le relazioni con altre imprese, seguendo una
logica strategica di global networking. Sotto il profilo cognitivo, l’impresa che assume la
forma distrettuale-globale trasferisce e assorbe conoscenze su base internazionale.
Sulla stessa base, combina le proprie conoscenze con quelle di altri soggetti con cui
entra in relazione, producendo nuove conoscenze.
Le IDG fuoriescono dunque dal modello basato sulla spinta internalizzazione nel
contesto locale dei mercati dei beni intermedi e dei servizi, con effetti di sostituzione e
di pressione evolutiva che coinvolgono l’offerta distrettuale di subforniture, i tradizionali
intermediari commerciali e gli altri operatori terziari del distretto, dalle banche alle
imprese del settore logistico. In generale, le IDG tendono a selezionare tutte le
relazioni intradistrettuali: la qualità e il prezzo degli output offerti nei mercati interni
diventano, infatti, oggetto di confronto costante con quanto risulta accessibile o può
essere direttamente prodotto all’esterno. Nella forma estrema, l’IDG non intrattiene più
relazioni con altre imprese locali e mantiene la connotazione “distrettuale” solo per le
attività proprietarie localizzate nel distretto.
Un caso emblematico di impresa distrettuale-globale, analizzato in profondità
in questo rapporto di ricerca, è il Gruppo Mastrotto nel distretto conciario di
Arzignano.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
93
PARTE II
5.2 La crescita qualitativa delle imprese distrettuali-globali
Oltre alla riconfigurazione delle attività e delle relazioni in ambito internazionale, un
ulteriore elemento di grande rilievo nel distinguere il comportamento strategico delle
IDG è rappresentato dalla natura dei processi innovativi che esse sono in grado di
sviluppare (Camuffo, Grandinetti, 2005). Si tratta, infatti, di innovazioni complesse
rispetto alle tipiche innovazioni puntuali di processo e prodotto. Il riferimento è a
progetti che modificano in profondità la struttura organizzativa dell’impresa e l’insieme
delle sue relazioni, come in particolare l’introduzione di un approccio strutturato di
marketing, di un modello di produzione just in time o di un sistema di Total Quality
Management. Nello stesso tempo, si tratta di innovazioni che richiedono il dominio
delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, l’assorbimento di conoscenze
codificate spesso complesse e la loro ricodificazione per poterle adattare alle
caratteristiche specifiche del contesto aziendale. In genere, questo processo di
adattamento-ricodificazione implica la combinazione delle conoscenze codificate
assorbite con conoscenze tacite presenti nell’impresa.
Lo sviluppo di innovazioni di questo tipo spiega le relazioni allacciate dalle IDG oltre i
confini del distretto con determinati fornitori di servizi strategici o con eventuali partner
industriali (fig. 9), venendosi in questo modo a potenziare i collegamenti con le fonti
esterne di conoscenza. D’altra parte, il trasferimento della conoscenza (in entrata)
diventa possibile se l’impresa è in grado di interagire con questi soggetti, tenendo
conto che la comunicazione non poggia più sulla base comunitaria che favorisce
l’interazione tra gli operatori dello stesso distretto. L’impresa distrettuale in movimento
verso la globalità deve dunque sviluppare una superiore capacità di accedere a
linguaggi universali e di codificare le conoscenze tacite. Più in generale,
l’internazionalizzazione delle attività e delle relazioni impone questo passaggio, al fine
di consentire gli investimenti proprietari su scala internazionale (trasferimento della
conoscenza in uscita) e l’interazione cognitiva con le imprese collegate a monte e a
valle nella supply chain e con gli altri soggetti che partecipano alla rete globale del
valore.
Si noti come la codificazione delle conoscenze occupi uno snodo critico nei percorsi
evolutivi che hanno portato alla formazione delle IDG. Da un lato, infatti, questa
competenza entra in gioco nei processi di innovazione descritti, dall’altro serve a
potenziare la capacità di investimento e di relazione dell’impresa in ambito globale. Ciò
non significa che le conoscenze tacite e il loro sviluppo attraverso processi di learning
by doing individuali e meccanismi di socializzazione intersoggettivi perdano la loro
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
94
PARTE II
importanza. Al contrario, per conquistare e difendere il vantaggio competitivo, l’impresa
deve mantenere la capacità endogena di produzione di conoscenze tacite e rafforzarsi
al contempo sui due fronti collegati dell’assorbimento e della codificazione delle
conoscenze.
Fig. 9 - Le direttrici di internazionalizzazione delle imprese distrettuali-globali
Cooperazione
orizzontale o laterale
con altri produttori
Delocalizzazione
delle subforniture
Relazioni con
subfornitori qualificati
e service providers
Presidio
dei mercati
GRUPPO
DISTRETTO
Relazioni tra
imprese del gruppo
Relazioni con
fornitori di
servizi strategici
Relazioni con imprese
esterne al gruppo
L’introduzione di innovazioni complesse da parte delle IDG mette a dura prova la
capacità delle altre imprese del distretto di assorbire la relativa conoscenza, e
divengono pertanto più selettivi i processi di diffusione locale delle innovazioni tramite
l’osservazione imitativa, le relazioni intradistrettuali, la mobilità interaziendale delle
risorse umane e la creazione di imprese per gemmazione da imprese esistenti32.
Inoltre, i processi innovativi risultano intimamente connessi con l’innalzamento del
profilo qualitativo delle risorse umane impiegate nell’impresa. Di conseguenza, cresce
l’interesse a ridurre la mobilità in uscita delle risorse umane più qualificate, il che
contribuisce a indebolire il meccanismo generativo di nuove imprese mediante spin-off.
32
Si tratta dei tradizionali meccanismi attraverso i quali le conoscenze si diffondono all’interno
degli ambienti distrettuali: Grandinetti, Tabacco, 2003; Camuffo, Grandinetti, 2005.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
95
PARTE II
Il quadro delineato solleva un interrogativo sul futuro dei distretti industriali. Infatti, se i
processi di crescita dimensionale e relazionale su scala internazionale, e lo sviluppo di
risorse e competenze che accompagna tali processi, si concentrano in una o poche
imprese di ciascun distretto, le IDG appunto, è difficile ipotizzare che questi sistemi
produttivi si potranno riprodurre a lungo nel tempo. L’osservazione della realtà non
sembra tuttavia prefigurare un esito così drastico. In verità, come afferma Enzo Rullani
(2005), i distretti stanno “cambiando pelle” e il cambiamento coinvolge un segmento
più ampio e variegato rispetto alle sole imprese leader (le IDG). In ogni caso, si tratta di
processi fortemente selettivi, dove lo snodo critico è rappresentato nuovamente dalla
capacità dell’impresa di associare una visione strategica chiara a un’appropriata
combinazione di crescita dimensionale, relazionale e qualitativa.
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IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
99
PARTE III
PARTE III
I CASI AZIENDALI
Introduzione
Nel presente capitolo vengono presentati otto casi di aziende venete di successo,
particolarmente interessanti per il percorso di crescita intrapreso (Allison, Anodica
Trevigiana-Unieldom, Gruppo Carraro, Gruppo Mastrotto, Grotto spa, Informatica
Palesa-Aldebra, Mainetti, Officine Aereonavali).
È sembrato opportuno analizzare il percorso di crescita sviluppato da ogni singola
impresa sotto vari punti di vista. Lo studio dei casi è stato quindi teso a mettere in
evidenza il modello di crescita seguito da ciascuna impresa evidenziando come nel
tempo si siano venuti a modificare struttura e confini proprietari, le scelte e motivazioni
sottostanti alle diverse tipologie di crescita intraprese, e le problematiche affrontate da
ogni azienda. È sembrato poi utile studiare le modalità di crescita delle aziende non
solo dal punto di vista dimensionale, ma anche dal punto di vista qualitativo e
relazionale. La dimensione raggiunta da ogni impresa è, infatti, solo una delle variabili
che descrivono la crescita. L’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione, e del
ruolo dell’impresa nella rete del valore sono variabili altrettanto necessarie per mettere
meglio a fuoco la qualità e la sostenibilità del modello di crescita.
L’arco di tempo considerato, e su cui si è in gran parte focalizzato lo studio dei case
histories, riguarda gli ultimi 10 anni. Il bisogno di crescita delle imprese che
accompagna questo periodo nasce da discontinuità importanti nello scenario
economico e competitivo. In questi ultimi 10 anni cambia infatti in modo dirompente la
geografia dello spazio competitivo delle imprese. Il fenomeno della globalizzazione
diventa un fattore di contesto che inevitabilmente le aziende si trovano a dover
considerare nelle loro scelte economiche: mercato globale, cliente globale,
globalizzazione dei fattori (lavoro e materie prime) sono tutte potenzialità su cui le
aziende possono innescare percorsi di crescita positivi, ma rappresentano anche
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
100
PARTE III
minacce per le aziende che decidono di rimanere ferme su modelli di business
tradizionale lasciando agli altri le possibilità di sfruttare quei vantaggi comparati o le
opportunità di cogliere dai diversi contesti nicchie di mercato su cui replicare le proprie
specializzazioni. Per non rimanere tagliate fuori del mercato, le aziende si trovano
quindi a dover rigenerare la propria formula competitiva su almeno due delle variabili di
crescita sopra descritte. Le aziende necessitano di crescere in dimensioni e/o in
relazioni all’interno della supply chain, supplendo, in questo secondo caso, anche ad
una limitata dimensione con la capacità di fare sistema e divenire un nodo importante
nella rete del valore. Essenziale è poi la crescita qualitativa, che si traduce in un
miglioramento della qualità del capitale intellettuale e relazionale delle imprese e
nell’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione, necessaria per raggiungere
una determinata soglia dimensionale e una determinata posizione nella rete del valore.
Un altro fenomeno che in questi ultimi 10 anni ha portato le imprese a intraprendere
percorsi di crescita riguarda poi la crescente rilevanza che nella generazione del valore
assumono gli asset immateriali dei diversi modelli di business. Il valore non sta più
prevalentemente nel prodotto venduto, ma soprattutto nella capacità di garantire, ad
esempio, un servizio distintivo al cliente che può assumere un significato diverso a
seconda del settore di appartenenza dell’impresa, o a seconda del fatto che l’azienda
operi nel business to business o nel business to consumer. Nel sistema moda o nei
beni destinati al consumatore finale il prodotto materiale si accompagna e si arricchisce
di elementi immateriali (significato, esperienze e concetti evoluti di consumo) che
possono richiedere ad esempio una crescita attraverso un riposizionamento a valle (es.
Grotto). Nelle attività business to business o in altri settori assumono sempre più
rilevanza, ad esempio, l’attività di co-progettazione, di co-partnership, di logistica
integrata, l’abilità di garantire un servizio adeguato al cliente globale, la capacità di
offrire un sistema funzionale del prodotto (es. Carraro, Palesa-Aldebra, AnodicaUnieldom) che può spingere le aziende a crescere attraverso linee esterne o alleanze
per meglio assicurarsi la gestione delle competenze complementari o utili per garantire
un servizio distintivo al proprio cliente (tempi rapidi di consegna, vicinanza geografica,
servizi aggiuntivi, pacchetto completo).
Infine è da considerare la rilevanza e la rapidità con cui si propagano le innovazioni
tecnologiche negli ultimi anni (ICT, innovazioni tecnologiche di prodotto e di processo)
che richiedono alle imprese investimenti in conoscenza o nelle capacità di accesso alle
conoscenze altrui per evitare un invecchiamento rapido delle formule competitive e per
sviluppare attività di exploration ed exploitation capaci di generare nuovo valore
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
101
PARTE III
aggiunto. Anche in questo caso è quindi necessaria una crescita importante attraverso
il raggiungimento di determinate scale dimensionali, l’accesso a risorse complementari
(es. Palesa-Aldebra) o attraverso un investimento nella crescita qualitativa dell’impresa
(es. Anodica Trevigiana).
Tenendo conto di questo scenario che ha influenzato e determinato le scelte di crescita
di tutte le imprese (anche se per alcune in modo più rilevante di altre) lo studio dei casi
ha voluto mettere in evidenza, come detto in precedenza:
1. Il percorso e la tipologia di crescita di ciascuna impresa
2. La crescita qualitativa (evoluzione delle competenze e dell’organizzazione)
3. L’evoluzione dell’impresa nella rete del valore
Il percorso e la tipologia di crescita
In tutti i casi analizzati si evidenzia una crescita positiva nel tempo in termini di numero
di addetti. Interessante è però notare come la crescita dimensionale delle imprese, o i
progetti di crescita in corso, si siano realizzati spesso attraverso l’accesso ad una
pluralità di percorsi. Non si può quindi stabilire una best practice, ossia una via di
crescita che risulti migliore di altre, poiché ogni percorso sviluppato dalle singole
aziende risponde alle contestualità e agli obiettivi specifici di ognuna, e mette in moto
di volta in volta la strategia più adatta.
La crescita può quindi avvenire attraverso linee interne, ossia attraverso l’investimento
in capacità produttiva sostenuta e gestita direttamente dall’azienda; attraverso linee
esterne, ossia tramite acquisizioni, incorporazioni e alleanze di vario genere (formali e
informali). Nella tavola sinottica che descrive sinteticamente i casi, è sembrato
opportuno tenere distinta la tipologia alleanze dalla tipologia linee esterne, seppure la
prima venga solitamente fatta rientrare nella seconda. La crescita attraverso alleanze
risulta essere una modalità che nel sistema veneto è a volte sostenuta con molte
difficoltà, perché richiede spesso da parte della proprietà la capacità di allentare la
presa sulle leve di comando a favore di una maggiore attività di cooperazione. È quindi
parso utile dar risalto a questa modalità di crescita poiché, una volta superate le
difficoltà iniziali, essa facilita complementarietà importanti, e soprattutto permette di
superare facilmente i limiti dimensionali di imprese di piccole e medie dimensioni che
caratterizzano fortemente il territorio (es. Anodica-Unieldom, Informatica PalesaAldebra).
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
102
PARTE III
I motivi e le strategie che sono alla base delle varie modalità di crescita sono diverse.
Esse dipendono quindi da una serie di condizioni specifiche: dal settore di
appartenenza, dalle pressioni competitive alle quali può essere soggetta la singola
impresa, dalla velocità alla quale le imprese possono dover rispondere a tali pressioni
(es. Allison), dai singoli obiettivi perseguiti dalle imprese, dalla dotazione di risorse e
competenze, dal bisogno di accedere a risorse complementari (es. Informatica PalesaAldebra).
In generale possiamo tuttavia rilevare un percorso di crescita in cui gli obiettivi tendono
a mettere in evidenza il bisogno di migliorare il proprio posizionamento sul mercato sia
sui fattori di costo che di differenziazione.
Le strategie di costo rispondono quindi a obiettivi legati all’innalzamento del livello di
efficienza sui costi produttivi, in particolare del lavoro e delle materie prime, attraverso
lo sviluppo di economie di scala e soprattutto attraverso lo sfruttamento di vantaggi
comparati all’interno della nuova geografia dello spazio competitivo (es. Allison,
Mastrotto, Grotto).
Le strategie di differenziazione rispondono invece ad obiettivi più complessi di
diversificazione e di riposizionamento. Non sono quindi perseguite per ragioni di costo,
ma per creare distinzioni difendibili dalla concorrenza.
Un riposizionamento strategico di filiera, ad esempio, può essere legato alla necessità
di fornire al cliente un servizio o un sistema completo (es. Carraro, Informatica PalesaAldebra); un riposizionamento a valle alla necessità di avvicinarsi al consumatore finale
attraverso il brand (es. Grotto). Strategie di diversificazione possono essere ottenute
poi sviluppando, attraverso la crescita dimensionale, un completamento della gamma o
linee di business in grado di servire un cliente globale (es. Mainetti) o un mercato
globale (es. Mastrotto).
Le strategie di differenziazione possono poi essere perseguite anche attraverso un
aumento del controllo verticale, dunque non solo mediante una crescita per linee
esterne in cui rimane predominante il ruolo dell’azienda, ma attraverso un aumentato
grado di integrazione verticale legato alla volontà di mantenere il controllo dei processi
critici di produzione, delle tecnologie e della qualità (es. Mastrotto, Anodica Trevigiana).
La crescita qualitativa
Per crescita qualitativa delle imprese si intende l’evoluzione delle competenze e
dell’organizzazione all’interno dell’azienda che dovrebbe accompagnare il percorso più
generale di crescita. Bisogna comunque dire che la crescita qualitativa nei casi
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
103
PARTE III
analizzati ha messo in evidenza diversi gradi di evoluzione raggiunta che hanno
permesso alle imprese qualche volta di anticipare, ma soprattutto di accompagnare,
più o meno velocemente, la crescita dimensionale e relazionale.
La crescita qualitativa è stata analizzata nelle sue due dimensioni più rilevanti:
a. le competenze trasversali (competenze organizzative e gestionali)
Per quanto riguarda le competenze organizzative ci si riferisce in particolare ai
cambiamenti riscontrati dalle imprese nella loro macrostruttura organizzativa,
solitamente sviluppati in direzione di un’aumentata capacità di delega e/o delle
attività di coordinamento. In particolare nei casi di gestione proprietaria, l’aumento
del grado di delega risponde all’esigenza di aumentare il controllo sulla raggiunta
complessità organizzativa attraverso l’introduzione di manager o la concessione di
maggiore autonomia ai quadri presenti o ai responsabili di funzione (es. Grotto,
Mastrotto, Unieldom), anche se in alcuni di questi casi la proprietà ha dimostrato a
volte una certa difficoltà a ridimensionare il proprio verticismo decisionale.
Nei casi di aziende già più strutturate a livello organizzativo (es. Carraro, Mainetti)
l’evoluzione organizzativa è avvenuta in favore di una maggiore autonomia delle
divisioni quando è servita, ad esempio, a garantire un maggiore servizio al cliente.
Un altro elemento critico per attuare la crescita dimensionale o relazionale è dato
dall’attività di coordinamento necessaria per gestire fusioni di imprese diverse che
hanno richiesto l’omogeneizzazione di routines, metodi e procedure (es.
Informatica Palesa-Aldebra), o filiere integrate a scala internazionale (es. Grotto), o
ancora il coordinamento di progetti specifici che attivino di volta in volta le singole
unità chiamate in quel momento ad operare (es. Allison, Mainetti).
Per quanto riguarda poi le competenze gestionali, negli ultimi anni l’utilizzo di nuovi
sistemi informatici e dallo sviluppo delle ICT ha favorito in tutti i casi analizzati
un’importante evoluzione, che ha portato ad un aumento della formalizzazione e
omogeneizzazione dei sistemi operativi e ad un’implementazione dei processi di
codificazione delle conoscenze interne all’azienda o nella rete.
b. le competenze funzionali
Per quanto riguarda le competenze funzionali necessarie a presidiare meglio
determinate aree critiche (ad esempio quella commerciale e tecnologica), si nota
che l’intensità con cui sono stati intrapresi gli investimenti è dipesa da diversi fattori:
dal settore di appartenenza, dalla dotazione di risorse umane delle singole
imprese, dal posizionamento e dalla strategia scelta per il percorso di crescita. Ad
esempio, Allison e Grotto, appartenenti entrambe al settore moda, hanno investito
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
104
PARTE III
in modo significativo soprattutto nelle competenze creative, di marketing e logisticodistributive legate alle loro specifiche strategie di riposizionamento. Mastrotto e
Anodica-Unieldom, cercando di sviluppare politiche di penetrazione sui mercati
internazionali, hanno investito, e stanno investendo, soprattutto nello sviluppo di
competenze commerciali. Aziende come il Gruppo Carraro o Aldebra, data le
specificità del loro settore, hanno invece investito significativamente in competenze
tecnologiche.
L’evoluzione della rete del valore
In generale in tutti i casi è stata registrata una crescita e uno sviluppo delle relazioni
oltre i confini non solo territoriali, ma anche nazionali. Questa crescita che ha portato
ad un allungamento dei confini della rete del valore è nata dalle strategie di
esportazione o di rilocalizzazione sui mercati esteri, di sviluppo di joint-venture o di
alleanze internazionali (es. Carraro, Mastrotto), di approvvigionamento di materie prime
(es. Allison) o di lavoro (es. Grotto) in paesi a più basso costo dei fattori produttivi.
L’allungamento della catena del valore e i rapporti con nuovi contesti geograficamente
e culturalmente diversi hanno reso necessaria una gestione della rete del valore più
complessa e il conseguente sviluppo di una serie di competenze di interfaccia in grado
di gestire l’evoluzione geografica e culturale dei rapporti.
Evoluzioni e cambiamenti nella rete del valore si sono quindi avuti sia a monte (con i
fornitori) che a valle (con i clienti e distributori).
Per quanto riguarda le relazioni a monte si è riscontrato un generale un aumento
nell’utilizzo di fornitori esteri (es. Allison, Grotto) localizzati in paesi a basso costo di
manodopera, anche se non solo ed esclusivamente per ragioni strettamente legate a
fattori di costo. Ci sono casi di aziende (es. Mainetti, Carraro) che hanno aumentato i
rapporti con fornitori esteri per ragioni funzionali a mantenere invece un buon livello di
servizio al cliente. Nell’evoluzione dei rapporti di fornitura non sono mancate poi
riduzioni del parco fornitori da parte di qualche azienda che ha scelto strategie di
integrazione verticale per mantenere il controllo della qualità e delle tecnologie di
prodotto (es. Mastrotto, Anodica Trevigiana). Interessante è poi l’avvio da parte di
alcuni di partnership collaborative (es. Aldebra, Carraro) per accedere a risorse
complementari e sviluppare nuova conoscenza.
Per quanto riguarda le relazioni a valle, come detto, anche in questo caso c’è stato un
aumento e uno sviluppo delle relazioni fuori dai confini nazionali dovute a strategie di
diversificazione del portafoglio clienti anche in un’ottica internazionale o semplicemente
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
105
PARTE III
per catturare nuovi potenziali clienti o per gestire una logistica distributiva differenziata
in base alle singole specificità territoriali (es. Allison). Si riscontra poi un aumento dei
livelli di servizio e un aumento delle attività di co-progettazione e collaborazione con il
cliente (es. Anodica-Unieldom, Mainetti) che a volte hanno portato allo sviluppo anche
di attività di apprendimento utile per accrescere il livello di conoscenze interne (es.
Mastrotto, Carraro).
Degno di attenzione è poi lo sviluppo, in alcuni casi aziendali, di relazioni con altri nodi
della rete, in particolare con i fornitori di servizi avanzati (università, scuole formative,
enti di ricerca, società di consulenza) con cui le aziende hanno intrecciato rapporti per
sostenere e rafforzare il proprio percorso di crescita. Tali soggetti non erano però
sempre reperibili sul territorio locale. Se aziende come il Gruppo Mastrotto hanno
potuto sfruttare positivamente i vantaggi storici che il proprio territorio fornisce nella
ricerca, nella tecnologia e nella formazione relative allo specifico settore, altre, come
Grotto, hanno saputo intensificare i rapporti con altri territori per poter usufruire di
conoscenze e servizi non presenti invece nel locale.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
106
PARTE III
Tavola sinottica
CARATTERISTICHE GENERALI
PERCORSO DI CRESCITA
Tappe
Azienda e
1994/1995
2004/2005
principali Anno Tipologia
anno Fatturato
Fatturato
fondaz mil di € Dipendenti mil di € Dipendenti dal 1995
Allison
Anni ‘60
n.d
n.d
82
300
Allison
viene
acquisita
del gruppo
IT Holding
IT Holding 1999
acquisisce
Opti Project
Linee
esterne
Fusione tra
Allison e
Optiproject
Acquisizion 2001
e
e 3 unità
produttive 2002
Linee
esterne
Motivi
e strategie
EVOLUZIONE DELLE
COMPETENZE E
DELL’ORGANIZZAZIONE
Descrizione
Obiettivo
EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE
Fornitori
Motivi
Clienti
Motivi
Altro
Motivi
Vantaggi Cambiamento Copertura
Avvio
Maggiore
Organigramma:
Passaggio da
capillare del
struttura a
rafforzamento presidio aree rapporti con comparati
subfornitore a
mercato
valle: ricorso
fornitori
creatività,
della funzione
produttore
Efficienza di a tre diversi
cinesi
commerciale e
logistica e
indipendente
canali
costo
commerciale/co distributiva
distributivi
Riduzione
municazione
Fusione
approvvigion Aumento
competenze
flessibilità
amento da
Sviluppo
complementari
fornitori
competenze
produttive e
Allentamento
Italiani
creative,
commerciali
vincoli
commerciali e
capacità
Avvio
distributive
rapporto con produttiva
griffe
Spersonalizza
Aumento della
zione del
capacità
prodotto
produttiva
effetto moda
Vantaggi
comparati
Avvio
rapporti con
subfornitori
Dal
cinesi e
Alleanze
2003
riduzione
produzione
in Italia
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
Efficienza di
costo
Aumento
flessibilità
Allentamento
vincoli
capacità
produttiva
107
PARTE III
CARATTERISTICHE GENERALI
PERCORSO DI CRESCITA
Tappe
Azienda e
1994/1995
2004/2005
principali Anno Tipologia
anno Fatturato
Fatturato
fondaz mil di € Dipendenti mil di € Dipendenti dal 1995
AnodicaUnieldom
1962
2
20
10
50
Motivi
e strategie
EVOLUZIONE DELLE
COMPETENZE E
DELL’ORGANIZZAZIONE
Descrizione
Obiettivo
EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE
Fornitori
Motivi
Clienti
Motivi
Altro
Motivi
Aumento del
CoRiduzione Organigramma: Aumento delega Riduzione n° Fornitori locali
livello di
da forma
non adeguati progettazione
complessità
fornitori
servizio al
semplice a Formalizzazione
organizzativa
Rifocalizza
cliente
forma
Partnership
Linee
sistemi operativi Aumento del
zione in un Inizi
funzionale
grado di
mercato
‘90
Interne Specializzazio
Penetrazione
Aumento
ne tecnologica
integrazione
d’uso
Sviluppo
clienti esteri mercati esteri
verticale
Posizionament competenze
tecniche e
o sul mercato
commerciali
Progetto
Efficienza di
sourcing in 2005 Alleanza
costo
Sviluppo
Cina
software
Efficienza di
gestionali
costo
Progetto
unità
2005 Alleanza
produttiva
Avvicinamento
ai mercati di
in Turchia
sbocco
Progetto di
aggregazio
2004 Alleanza
ne Gruppo
Unieldom
Penetrazione
mercati
internazionali
Economie di
scala
Sinergie
tecnologiche
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
108
PARTE III
CARATTERISTICHE GENERALI
PERCORSO DI CRESCITA
Tappe
Azienda e
1994/1995
2004/2005
principali Anno Tipologia
anno Fatturato
Fatturato
fondaz mil di € Dipendenti mil di € Dipendenti dal 1995
Gruppo
Carraro
1932
231
1.126
514
2.237
Linee
Acquisizione
1996
DPF e
esterne
Trenton
Filiale
Linee
commerciale 1997
interne
Giappone
Motivi
e strategie
Integrazione
verticale a
monte
Penetrazione
mercati
internazionali
Penetrazione/
Joint
avvicinamento
Venture con 1997 Alleanze
mercati
Escort ltd
internazionali
Acquisizione
Linee
Fabryka Osi
1998
Napedowyc
esterne
h
Penetrazione/
avvicinamento
mercati
internazionali
Diversificazione
EVOLUZIONE DELLE
COMPETENZE E
DELL’ORGANIZZAZIONE
Descrizione
Obiettivo
EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE
Fornitori
Motivi
Clienti
Motivi
Altro
Motivi
Riduzione n° Razionalizzazi Coprogettazio Apprendiment
Maggiore
Organigramma:
o dal cliente
ne
one/
fornitori
autonomia
da forma
selezione/svil
divisioni
funzionale a
Partnership Aumento del
uppo
Partnership
forma
livello di
rapporti di
Aumento
divisionale con
Avvicinament servizio al
fornitura
Cofunzioni critiche servizio cliente
cliente
o ai clienti
progettazione
Presidio
Sviluppo
tecnologico
competenze
tecnologiche
Accentramento
funzione
critiche
Acquisizione
Investimento
partecipazio 1998 Alleanze
in ricerca
ne Elcon
Acquisizione
Linee
Carraro 1999
Diversificazione
Esterne
Korea
Linee
Acquisizione
2000
Diversificazione
O&K
esterne
Linee
Acquisizione
2003
Diversificazione
A.E.
esterne
Efficienza di
costo
Costituzione
Carraro 2004
Cina
Linee
interne
Costituzione
sito
2005
produttivo
India
Linee
interne
Penetrazione
/avvicinamento
mercati
internazionali
Penetrazione
mercati
internazionali
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
109
PARTE III
CARATTERISTICHE GENERALI
PERCORSO DI CRESCITA
EVOLUZIONE DELLE
COMPETENZE E
DELL’ORGANIZZAZIONE
EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE
Tappe
Azienda e
1994/1995
2004/2005
Motivi
principali dal Anno Tipologia
Descrizione
Obiettivo
Fornitori
Motivi
Clienti
Motivi
Altro
Motivi
anno Fatturato
Fatturato
e strategie
1995
fondaz mil di € Dipendenti mil di € Dipendenti
Linee
Costituzione
Partnership Apprendiment Intensificazi Importanza
Organigramma Accentramento Diminuzione Maggiore
interne
80
241
250
696
Gruppo
Diversificazione
1995
risorse
o
o dal cliente
controllo ciclo
terzisti
funzioni critiche
da forma
(ramo
Mastrotto
DUMA
ne rapporti umane e
Aumento
produttivo e
funzionale a
familiare)
clienti esteri Aumento del territorio tecnologich
qualità
Aumento del
Deleghe
forma
Linee
Diversificazione
Costituzione
e locali
locale
livello di
prodotto
grado di
familiari
divisionale con
1958
interne
Integrazione a funzioni critiche
Mastrotto 1996
Avvicinament servizio al
integrazione
(ramo
valle
Italia
cliente
o ai clienti
verticale
Presidio
familiare)
Integrazione Investimento in tecnologico
Acquisizione
Fine Linee
R&D
Tecnoconciar
verticale a
‘90 esterne
Aumento
ia
monte
servizio al
Sviluppo
Acquisizione Fine Linee
Diversificazione competenze
cliente
Ellepi
‘90 esterne
commerciali
Integrazione a
Acquisizione
Linee
monte
unità
Sviluppo
2000
produttiva
Efficienza di
esterne
software
in Croazia
costo
gestionali
Vantaggi
comparati
Efficienza di
costo
Jointventure
Brasile
2001 Alleanze
Presidio mercato
di
approvvigionam
ento
Penetrazione
mercati
internazionali
Fusione
concerie
Italiane:
Linee
2003
costituzione
esterne
Gruppo
Mastrotto
Economie di
scala
Penetrazione/
Jointavvicinamento
Venture 2005 Alleanze
mercati
Indonesia
internazionali
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
110
PARTE III
CARATTERISTICHE GENERALI
PERCORSO DI CRESCITA
Tappe
Azienda e
1994/1995
2004/2005
principali Anno Tipologia
anno Fatturato
Fatturato
Dipendenti
Dipendenti
dal 1995
fondaz mil di €
mil di €
Grotto
Spa
26,5
104
152
526
Unità di
sourcing in 1995 Alleanze
Cina
Inizi ’80
Fornitore
monomand
1996 Alleanze
atario
Romania
Filiali
distributive
Europee e
Far-East
Anni
’90
Anni
‘00
Linee
esterne
Fornitore
monomand
2001 Alleanze
atario
Tunisia
Accordi di
franchising
Italia e
Estero nel
Retail
Costituzion
e negozi
monomarca
Italia e
Estero
Motivi
e strategie
Descrizione
Obiettivo
EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE
Fornitori
Motivi
Clienti
Motivi
Altro
Motivi
Penetrazione Intensificazi Assorbimen
Sviluppo
Efficienza di
Sviluppo
Maggiore
Integrazione Organigramma:
o
rapporti con mercati esteri
costo
coordinamento rapporti in
da forma
verticale a
to
ne rapporti conoscenze
distributori
esclusiva
semplice a
monte
Smaterializza con altri
esteri
Sfruttamento
Smaterializzazio
forma
esterne
zione del
vantaggi
Aumento
ne
funzionale
Efficienza di
territori
Maggiore prodotto finale
del prodotto outsourcing comparati
costo
coinvolgiment
fornitori
finale
Entrata
Integrazione
o
Trasferimento
esteri
manager
verticale a
del cliente
dei rischi ai
esterni
monte
finale
fornitori
Aumento dei
fornitori di
Sviluppo
Efficienza di
commercializ
competenze
costo
zato
stilistiche e
Integrazione
marketing
verticale a
valle
Sviluppo
software
Integrazione
gestionali
verticale a
monte
Efficienza di
costo
Anni
‘00
Alleanze
Integrazione
verticale a
valle
Anni
‘00
Linee
interne
Integrazione
verticale a
valle
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
EVOLUZIONE DELLE
COMPETENZE E
DELL’ORGANIZZAZIONE
111
PARTE III
CARATTERISTICHE GENERALI
Azienda e
anno
fondaz
Informatica
Palesa/
Aldebra
1971
PERCORSO DI CRESCITA
Tappe
1994/1995
2004/2005
Tipologi
principali Anno
Fatturato
Fatturato
a
Dipendenti
Dipendenti dal 1995
mil di €
mil di €
5
15
30
220
Motivi
e strategie
EVOLUZIONE DELLE
COMPETENZE E
DELL’ORGANIZZAZIONE
Descrizione
Organigramma: da
Completamen
forma semplice a
to gamma
forma matriciale
prodotti
Fusione di
Informatica
Alleanz Complementa
Palesa con 2004
rità delle
e
il Gruppo
competenze
Aldebra
Sviluppo
competenze
manageriali e
tecnologiche
Penetrazione
Sviluppo software
mercato
gestionali
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
Obiettivo
EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE
Fornitori
Riduzione
Maggiore n° fornitori
coordinament
Partnershi
o
p
Presidio
tecnologico Fornitori di
servizi
Motivi
Clienti
Motivi
Altro
Motivi
Sfruttamento
delle
Razionalizzazion
e/selezione/svilu Diversificazione complementarità
ppo rapporti di portafoglio clienti
fornitura
Aumento del
livello di servizio
al cliente
Apprendimento
dal fornitore
112
PARTE III
CARATTERISTICHE GENERALI
PERCORSO DI CRESCITA
Tappe
Azienda e
1994/1995
2004/2005
principali
anno Fatturato
Fatturato
Dipendenti
Dipendenti
dal 1995
fondaz mil di €
mil di €
Costituzion
35
308
65
486
Mainetti
e Mainetti
Tecnologie
Acquisizion
1961
e unità
produttiva
in Turchia
Anno Tipologia
1996
Metà
anni
‘90
Espansione Metà
anni
nel Far
‘90
East
Motivi
e strategie
EVOLUZIONE DELLE
COMPETENZE E
DELL’ORGANIZZAZIONE
Descrizione
Obiettivo
EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE
Fornitori
Motivi
Clienti
Motivi
Altro
Motivi
Linee
Interne
Investimenti in
ricerca
Organigramma:
Razionalizzazi
da forma
Penetrazione/
one/selezione
divisionale a Coordinamento
avvicinamento
Linee
/sviluppo
dell’offerta
forma
Smaterializza
mercati
esterne
globale
zione del
Aumento dei rapporti di
divisionale con
Diversificazio
internazionali
Sviluppo di
prodotto
fornitura
fornitori
alto grado di
Sviluppo
ne
Penetrazione/ coordinamento
rapporti con
esteri
Presidio
conoscenze
portafoglio
avvicinamento
Efficienza di
tecnologico
Sfruttamento Centri di
tecnologich
clienti
mercati
ricerca e
costo
Sviluppo
delle
Coe
internazionali competenze di
Aumento
complementar Università
progettazion
Co-sviluppo
Linee
Sfruttamento
servizio al
prodotto
ità
e
esterne/line Economie di
vantaggi
cliente
scala sugli
e interne
comparati
Sviluppo
acquisti
competenze
tecnologiche
Offerta globale
al cliente
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
113
PARTE III
CARATTERISTICHE GENERALI
PERCORSO DI CRESCITA
Tappe
Azienda e
1994/1995
2004/2005
principali dal Anno Tipologia
anno Fatturato
Fatturato
Dipendenti
Dipendenti
1995
fondaz mil di €
mil di €
OAN
1947
143
1.436
166
1.520
Motivi
e strategie
EVOLUZIONE DELLE
COMPETENZE E
DELL’ORGANIZZAZIONE
Descrizione
Obiettivo
EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE
Fornitori
Motivi
Clienti
Motivi
Altro
Motivi
Rapporti Otteniment
Evoluzione
Perso il
Contratto di
Organigramma: Crescita volumi Aumento Riduzione dei
Sviluppo
o delle
contatto con il del mercato e con enti
costi
fornitori
subfornitura
passaggio da di produzione
business
cliente diretto liberalizzazion certificatori necessarie
con Boieng
criterio
Alleanze
trasformazioni
1997
certificazion
e del settore
Maggiore
per la
funzionale al Maggiore livello Riduzione
in subfornitura
i
controllo delle OEM (Boeing)
del
di servizio al
trasformazio
criterio per
come
forniture
contenuto di
cliente
ne dei
prodotto nella
committente
collaborazion
DC 10
gestione delle
e
operations;
Acquisizione
Aumento
Offrire al cliente
stabilimento
Linee
2001
capacità
un servizio
di Brindisi
esterne
produttiva
completo
Progetto:
rafforzamento
Accordo per
competenze di
la
Sviluppo del
design
trasformazio
business delle
ne Boieng 2003 Alleanze
trasformazioni
767-200
in licenza
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
114
PARTE III
IL CASO ALLISON
1. Il percorso di crescita di Allison
Allison fu fondata a Volta Mantovana in provincia di Mantova negli anni ‘60. Fino a
buona parte degli anni ’90, Allison operò solamente come terzista, producendo occhiali
in iniettato (materie plastiche) per conto di alcune grandi aziende italiane (quali Safilo,
De Rigo, Marcolin) e per Nike.
Nel 1999 Allison fu acquisita dal gruppo I.T. Holding, polo del lusso con un portafoglio
prodotti e clienti estremamente diversificato. Questa acquisizione segnala un
cambiamento importante nel percorso di crescita e nella strategia dell’azienda: verso la
fine degli anni ’90, a causa di una forte diminuzione del fatturato realizzato dalla
produzione per conto terzi e dei margini di guadagno, il management di Allison decise
di cambiare radicalmente strategia rivolgendosi direttamente al mercato con i propri
prodotti realizzati con marchi prevalentemente in licenza. Inizialmente il mercato cui il
management indirizzo i propri sforzi fu quello italiano e qualche paese Europeo.
Per implementare questa strategia, il manegement capì subito che serviva una
consolidata struttura commerciale e un approccio attivo al mercato ciò che ad Allison
mancava data la natura produttiva che aveva contraddistinto l’azienda fin dalla sua
fondazione. Il management iniziò quindi la ricerca di un’azienda con una struttura
commerciale avviata alla quale aggiungere le competenze produttive di Allison.
L’azienda individuata fu Optiproject, società manageriale di Padova (fondata da ex
dirigenti Safilo) dotata di una consolidata rete di vendita, sia in Italia che in Europa.
Optiporject aveva saputo in pochi anni conquistarsi una significativa posizione nel
mercato sia nazionale che internazionale, con la distribuzione di marchi in licenza ma,
soprattutto, con l’affermazione del proprio marchio Try divenuto sinonimo di occhiale
leggero e tecnologico. Dopo l’acquisizione da parte del gruppo I.T. Holding le due
aziende vennero fuse creando un’unica azienda con ragione sociale Allison. Nel primo
anno seguente alla fusione il fatturato era di circa 28 miliardi di lire.
Dal 2000 il percorso di crescita dell’azienda è stato tumultuoso e proprio per questo di
estremo interesse nello studio delle dinamiche sottostanti alla crescita aziendale.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
115
PARTE III
Coerentemente con il veloce tasso di crescita che si voleva imprimere alla società, il
management optò per una crescita per linee esterne. Infatti dal 2000 al 2002, le tappe
di questo veloce percorso di crescita sono scandite da tre importanti eventi. Nel 2001
venne creata una joint-venture tra Allison ed una società localizzata nel distretto
dell’occhiale del Cadore specializzata nella produzione di montature in metallo. Nel
2002, Allison acquisì un’azienda specializzata nella coloritura di occhiali in metallo
nella zona di Pederobba (Valdobbiadene). Sempre nel 2002 venne acquisita Desil
società specializzata nella produzione di occhiali in laminato oro.
Al termine del 2002 Allison produceva l’80% del fabbisogno produttivo in Italia mentre il
20% veniva importato da subfornitori Cinesi. Anche se la crescita dei volumi prodotti e
del fatturato era evidente, la dinamica degli utili non fu altrettanto entusiasmante. I
margini di guadagno erano infatti erosi dai costi troppo elevati della produzione. Il
management optò quindi per un’altra decisione drastica: si decise di esternalizzare la
maggior parte della produzione a subfornitori localizzati in Cina e, contemporaneamente,
di ridurre radicalmente la produzione in Italia. Questa decisione fu supportata dalle
seguenti considerazioni:
-
i costi di produzione in Italia erano alti e non permettevano di rimanere
competitivi;
-
gli stabilimenti in Italia riducevano la flessibilità operativa in un settore in cui la
flessibilità è strategica dato i cambiamenti repentini della moda;
-
la struttura produttiva Italiana non riusciva a industrializzare un numero di
modelli sufficienti per far fronte alle richieste del mercato (800/1000 nuovi
modelli l’anno circa).
Accanto a questo cambiamento nell’architettura della rete del valore dell’impresa,
venne triplicato il numero di persone dedicate alla ricerca e allo sviluppo del prodotto,
assumendo nuovi tecnici, nuovi designers e altrettanti product managers. Si concentrò
a Padova il design, la ricerca e lo sviluppo dei modelli, delocalizzando in Cina la sola
produzione per circa il 70% del fabbisogno produttivo.
Oltre agli ovvi vantaggi in termini di costo e di flessibilità operativa, la delocalizzazione
permise all’azienda di allentare i vincoli derivanti dalla capacità produttiva installata
negli impianti produttivi in Italia. Come riportato dal direttore logistica e produzione di
Allison “le aziende Italiane produttrici di occhiali in conto terzi difficilmente superano le
100 unità di personale dipendente mentre in Cina, un’azienda produttrice di occhiali è
considerata piccola quando ha 600/800 persone nel proprio organico”. In altre parole, i
subfornitori Cinesi offrivano a Allison una capacità tale da gestire qualsiasi picco di
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
116
PARTE III
produzione e, al contempo, potevano diversificare il rischio producendo anche per altre
imprese dell’occhialeria.
A seguito del ridisegno dell’architettura della suply network di Allison, la catena di
fornitura e logistica, da cu deriva buona parte del vantaggio competitivo dell’azienda,
venne quindi a configurarsi nel seguente modo:
-
buona parte della produzione era realizzata in Cina da subfornitori esterni;
-
gli occhiali venivano trasportati nell’impianto produttivo Mantova per le
operazioni di finissaggio;
-
il prodotto finito veniva stoccato nel centro logistico di Padova da cui veniva
smistato nei vari mercati.
Nel 2004 il 91% del capitale di Allison venne acquistato da Paladin Capital Partners
SpA del gruppo Carisma, una società leader nella consulenza strategica e
organizzativa in Italia, mentre il restante 9% venne acquisito dal management
attraverso un buying out che segnalò la continuità e la coerenza nelle politiche di
gestione e distribuzione.
Sempre nel 2004, nacque Allison Usa filiale commerciale con sede direzionale e
magazzino situati a Miami (Florida). Fu quindi la volta di Allison UK, la prima filiale
commerciale europea controllata direttamente dalla sede centrale, che diede l’avvio ad
un progetto di sviluppo della rete distributiva nei principali paesi europei.
Allison è oggi uno dei cinque nomi più importanti nel mondo dell’ottica. È presente in
tutto il mondo con 12 griffes delle quali solo una (Try) è di proprietà mentre le restanti
sono in licenza. L’azienda possiede diverse filiali commerciali (oltre alla filiale
commerciale americana sono ora attive le filiali dirette in Spagna, Portogallo, Belux,
Francia e Grecia) e gestisce una rete di circa 190 rappresentati monomandatari. La
Società ha chiuso il 2004 con un fatturato di circa 82 milioni di € e conta circa 300
dipendenti.
2. L’evoluzione delle competenze nella crescita di Allison
2.1 Le competenze di prodotto e commerciali
La fusione tra Allison e Otiproject consentì di unire le competenze tecno-qualitative
possedute da Allison e la competenza commerciale e logistica possedute da
Optiproject. Questa unione avviò uno sviluppo straordinario con una crescita che portò
a raddoppiare il fatturato negli anni 2000, 2001 e 2002.
La figura 1 sintetizza la attuale configurazione della catena del valore verticale di
Allison distinguendo quattro grandi aree: l’area della produzione, l’area della
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
117
PARTE III
distribuzione, l’area della creatività e infine l’area relativa alla gestione del portafoglio
marchi.
Fig. 1: Configurazione della catena del valore verticale di Allison (fonte: documenti
aziendali)
Come
detto
l’area
produzione
è
caratterizzata
da
un
forte
orientamento
all’esternalizzazione a subfornitori internazionali sia per avvantaggiarsi dei bassi costi
del lavoro sia per aumentare la flessibilità operativa e superare i vincoli derivanti dalla
capacità produttiva installata in Italia. Lo stabilimento di Mantova si occupa solo della
produzione di una parte degli occhiali (circa il 30% del fabbisogno) e delle operazioni
finali di produzione (finissaggio e controllo qualità). Nel corso del 2001 è stata richiesta
ed ottenuta la Certificazione ISO 9001, la quale ha permesso di ottimizzare il sistema
informativo e di introdurre la tracciabilità sia del prodotto che del processo. L’attuale
capacità di assorbimento dell’azienda è di oltre 5.000 occhiali da vista e sole, in
plastica e in metallo, ripartita tra produzione propria e terzismo di alta qualità
localizzato per la maggior parte in Cina. Nonostante il notevole incremento di capacità
produttiva, i volumi di vendita generati hanno richiesto il ricorso ad un indotto
specializzato
reperito
principalmente
nei
distretti
storici
dell’occhialeria.
La
realizzazione della nuova sede direzionale, commerciale e logistica nella zona
Industriale di Padova inoltre ha consentito di assorbire e gestire il crescente flusso
logistico collegato alla vertiginosa crescita aziendale.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
118
PARTE III
L’area distribuzione è gestita attraverso diversi canali. Allison possiede una capillare
rete formata da agenti monomandatari e da filiali commerciali. La figura 3 sintetizza la
rete di vendita dell’azienda.
Fig. 2 - La rete di vendita di Allison (fonte: documenti aziendali)
Allison non possiede né direttamente, né in outsourcing, centri logistici di smistamento
esterni all’Italia. Ciò è giustificato da una struttura retail che in Italia vede per oltre
l’80% la presenza di negozi di ottici indipendenti, mentre il mercato europeo è
caratterizzato per oltre il 60% da catene di distribuzione di ottici. Per quanto riguarda
l’Italia, Allison vende e distribuisce i suoi propri prodotti, attraverso una rete di agenti
monomandatari, direttamente ai dettaglianti. L’area Europea e il mercato americano
sono gestite attraverso filiali commerciali mentre il resto del mondo è servito attraverso
distributori selezionati.
Relativamente all’area creatività, Allison idea, produce, promuove e distribuisce i suoi
modelli. Esiste una forte integrazione di processo che parte dal centro stile (dove
nascono le idee), passa attraverso la realizzazione dei prodotti e giunge ai differenti
centri di distribuzione, principalmente in Europa e Nord America. Il centro stile è
organizzato per marchi: ciascun marchio ha il suo product manager e designer
prototipista.
Infine, un'altra risorsa importante per Allison sono i marchi attraverso i quali
commercializza il suo prodotto. Allison ha adottato una politica di gestione dei marchi
soprattutto in licenza avendo solo un marchio di proprietà (Try) che ha ereditato dalla
fusione con Optiproject.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
119
PARTE III
La configurazione della catena del valore di Allison è rispecchiata nella divisione per
funzioni del personale operante nella sede di Padova (circa 220 persone). La maggior
parte dei dipendenti sono infatti incardinati nella funzione design (circa il 14% del
personale), nella funzione distribuzione (circa il 20% del personale) e nella funzione
commerciale (circa il 23% del personale).
Nel corso degli ultimi 10 anni so è verificato un sostanziale riposizionamento
dell’azienda sotto il profilo della aree di competenza presidiate direttamente nella
catena del valore. Se nel 1995 Allison era sostanzialmente un’azienda di produzione
che realizzava occhiali in subfornitura oggi Allison è diventata un’azienda che, da un
lato, sviluppa e commercializza i propri prodotti e, dall’altro, gestisce e coordina il
flusso di produzione realizzato soprattutto dai suoi subfornitori internazionali. La figura
3 evidenzia questo cambiamento, rappresentando le fasi del processo (che dall’idea
portano alla vendita all’occhiale al cliente finale) presidiate da Allison rispettivamente
nel 1995 e nel 2005.
Fig. 3 - Le aree del processo produttivo presidiate da Allison
Fase
1995
2005
Rapporto con lo stilista
Svolta dal committente
Svolta da Allison
Prototipazione dei
modelli
Industrializzazione
Svolta dal committente
In-sourcing
Svolta da Allison
Svolta da Allison
Realizzazione di Stampi Svolta da Allison
Svolta da Allison
Realizzazione della
Svolta da Allison
parte dell’occhiale
Finissaggio e controllo
Realizzata da Allison
qualità
Logistica e distribuzione Realizzato dal
committente
Vendita al cliente finale Realizzato dal
committente/Retailers
Svolta prevalentemente da
subfornitori coordinati da Allison
Realizzata da Allison
Realizzato da Allison
Realizzata dai Retailers
Come si nota nel corso dell’ultimo decennio Allison ha rafforzato il suo controllo nelle fasi
creative (sviluppo prodotto e gestione dei marchi) e nelle fasi di commercializzazione e
distribuzione. Al contempo l’azienda è diventata un coordinatore delle fasi relative alla
produzione e alla logistica. Ovviamente questa fotografica semplifica la situazione reale
in quanto parte del fabbisogno (circa il 30%) è oggi ancora realizzato dallo stabilimento di
Mantova.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
120
PARTE III
2. 2 Le competenze organizzative
Per quanto riguarda la dimensione squisitamente organizzativa, nel corso degli ultimi
dieci anni Allison ha cambiato diverse volte la propria struttura organizzativa in seguito
un forte ripensamento sia dei sistemi operativi sia dei principi di divisione del lavoro al
proprio interno.
Nel 1995 Allison era un’azienda di produzione che operava per pochi grandi
committenti. Era dotata di un solo sito produttivo e di alcune funzioni di servizio per il
supporto operativo dell’azienda. La figura 4 rappresenta il relativo organigramma.
Fig. 4 - Organigramma del 1995
Direzione
Generale
Controllo di
gestione
Amministrazio
ne
Ufficio
personale
Produzione
(sito Mantova)
Commerciale
Fig. 5 - Organigramma attuale
Direzione
Generale
Controllo di
gestione
Amministrazio
ne
Ufficio
personale
Commercial
e
Logistica
Marketing &
Stile
Sito produttivo
di Mantova
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
121
PARTE III
Il radicale ripensamento strategico avvenuto negli anni seguenti si è riflesso in un
cambiamento anche organizzativo. L’attuale organigramma dell’azienda è sintetizzato
nella figura 5.
Il passaggio dall’organigramma del 1995 alla struttura organizzativa del 2005 evidenzia
due aspetti fondamentali. In primo luogo, la funzione logistica è diventata una delle
funzioni principali. La funzione logistica si occupa della gestione e del coordinamento
dell’intera supply chain gestendo sia il flusso logistico derivante dai fornitori
internazionali sia il processo produttivo realizzato nel sito di Mantova. Tale funzione
rappresenta quindi la capacità dell’azienda di occupare il ruolo di coordinatore di una
rete del valore diventata globale. Dato il prodotto fashion oriented e il target di mercato
scelto da Allison (medio-alto), l’altra funzione critica per il vantaggio competitivo
dell’azienda è la funzione marketing e stile che si occupa sia dello sviluppo e
dell’industrializzazione dei prodotti sia delle attività di promozione e comunicazione.
3. L’evoluzione della rete del valore nella crescita di Allison
3.1 Le relazioni con i clienti
Il mercato degli occhiali può essere diviso in due segmenti principali: il segmento degli
occhiali da vista e il segmento degli occhiali da sole (fig. 6).
Fig. 6 - Il mercato degli occhiali
IL MERCATO<
I due segmenti sono accomunati dalle tecnologie produttive e dai materiali utilizzati,
sostanzialmente analoghi. Le differenze, si evidenziano soprattutto con riguardo al
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
122
PARTE III
canale distributivo e per la presenza di un brand che “sponsorizza” l’occhiale. Da un
lato, le montature da vista, avendo una funzione correttiva della stessa, vengono
offerte all’utilizzatore finale tipicamente attraverso canali specializzati (negozi di ottica).
Dall’altro, gli occhiali da sole possono essere commercializzati oltre che nei negozi di
ottica, anche nelle boutiques, nella grande distribuzione e nei negozi ambulanti. Il mix
di variabili che influenza i due segmenti sono: la presenza di un brand, il prezzo, il
design e la qualità. Sono elementi strettamente correlati e legati al fattore “moda”che si
configura come la variabile cruciale dei due segmenti.
Allison commercializza occhiali di entrambi i segmenti posizionandosi in una fascia di
mercato medio-alta. Ovviamente la qualità del prodotto (direttamente proporzionale alla
percezione del marchio dell’occhiale sul mercato) e la tipologia/ design del prodotto (
classic, fashion e tecnico/sport) condiziona il tipo di canali distributivi attivabili
dall’azienda. Ad esempio un paio di occhiali da sole e/o montatura da vista classica, di
lusso avrà un prezzo elevato e non sarà venduto tramite la G.D.O. o dai negozi
ambulanti ma attraverso dettaglianti specializzati. Il rivenditore tipico di Allison è in
effetti il dettagliante specializzato. I canali distributivi attivati dall’azienda sono di tre tipi:
-
Canale corto per il mercato italiano: le relazioni con i dettaglianti presenti nel
territorio
nazionale
sono
gestite
dalla
rete
di
agenti
monomandatari
dell’azienda;
-
Utilizzo delle filiali commerciali per parte del mercato Europeo e Americano:
buona parte delle relazioni con dettaglianti presenti in Europa e in America
sono gestite della filiali commerciali di proprietà dell’azienda;
-
Utilizzo di distributori per il resto del mercato: il resto del mercato è invece
coperto attraverso il ricorso a distributori indipendenti a cui vengono delegate le
funzioni commerciali e distributive.
Come detto più volte la struttura distributiva di Allison ha subito una radicale
trasformazione dal 1995 a oggi. Nel 1995 Allison operava nel mercato industriale
essendo un’azienda subfornitrice di alcune grandi società operanti nel settore degli
occhiali o della moda. Ad esempio, uno dei clienti principali di Allison nel 1995 era Nike
che assorbiva buona parte della capacità produttiva dello stabilimento di Mantova.
3.2 Relazioni con i fornitori
Coerentemente con il passaggio da subfornitore a produttore indipendente anche la
struttura a monte del supply network di Allison ha subito una radicale trasformazione.
Oggi Allison si approvvigiona per la maggiore parte del suo fabbisogno produttivo da
dieci subfornitori cinesi. Queste imprese impiegano mediamente dalle 2.000 alle 6.000
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
123
PARTE III
persone ed hanno una capacità produttiva media di 15.000-45.000 unità al giorno.
Tuttavia, al fine di mantenere il controllo sulla qualità del prodotto finale, la forte
esternalizzazione a fornitori esteri è corretta in due modi. Da un lato, parte delle
materie prime vengono spedite direttamente da fornitori Italiani localizzati nelle
province di Treviso e Belluno. Dall’altro, l’ultima fase del ciclo produttivo (finissaggio) e
il controllo della qualità sono svolti da Allison nello stabilimento produttivo di Mantova.
Nel 1995 la struttura a monte della filiera produttiva era completamente diversa: Allison
faceva ricorso a una rete di subfornitori locali e si riforniva delle materie prime da
fornitori esclusivamente Italiani.
4. Ostacoli e strategia future di crescita
In definitiva, il successo di Allison è legato ai seguenti fattori:
-
creatività nello sviluppo dei prodotti;
-
flessibilità nella catena di produzione, non avendo eccessivi vincoli derivanti
dalla strutture produttiva in Italia;
-
focalizzazione sulla qualità e sul know-how tecnico;
-
capacità di acquisire licenze prestigiose a lungo termine;
-
strutture di vendita europea centralizzate.
La strategia futura dell’azienda sarà orientata a rafforzare l’immagine e il prestigio e a
acquisire una copertura distributiva globale. In questo modo l’azienda cerca di
raggiungere una massa di fatturato tale da diventare appetibile per le grandi griffe da
cui dipende buona parte del potenziale di crescita dell’azienda. Il raggiungimento di
questo obiettivo è ostacolato dalla struttura del settore caratterizzato dalla presenza di
poche grandi aziende: un grande produttore tedesco (Metzler International) e quattro
produttori Italiani (Luxottica, Safilo, De Rigo e Marcolin). Luxottica, ad esempio, ha
attuato una chiara strategia di integrazione verticale a valle attraverso l’acquisizione di
importanti catene distributive internazionali. Questo crea forti barriere all’entrata per le
aziende che intendono penetrare nei mercati dove è presente l’azienda di Agordo. La
strategia di integrazione a valle potrà essere una delle opzioni strategiche future anche
per Allison. Tuttavia per rendere questa opzione reale sarà necessario una crescita
dimensionale ulteriore dell’azienda e un posizionamento del prodotto coerente con la
vendita attraverso catene distributive di proprietà.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
124
PARTE III
IL CASO ANODICA TREVIGIANA-UNIELDOM
1. Il percorso di crescita
1.1 Le origini di Anodica Trevigiana
Anodica Trevigiana nasce nel ’62 a Serano (TV) ad opera del padre dell’attuale
imprenditore come spin-off della Zoppas. All’inizio l’azienda rimane principalmente un
fornitore della stessa. L’attività produttiva si compone del trattamento e della
lavorazione di parti di alluminio, ed in particolare della produzione di componentistica
(maniglie, pomelli, finiture, pannelli). Successivamente Anodica, sfruttando la
specializzazione nel settore degli elettrodomestici e i rapporti di collaborazione con una
realtà territorialmente importante come la Zoppas allarga la propria clientela ad altre
aziende di elettrodomestici come la Zanussi e la Merloni.
Il tipo di componentistica in metallo prodotta da Anodica poteva però rivolgersi anche
ad un altro mercato d’uso: il settore del mobile, che durante gli anni ’70 iniziava a
svilupparsi sul territorio. L’azienda, sempre servendo il bacino locale, inizia quindi ad
ingrandirsi passando dalla monocommittenza alla pluricommittenza. Nel ’73, con la
crescita dell’attività produttiva, l’azienda viene spostata nella sede attuale allo scopo di
ingrandire i propri impianti.
Nello stesso periodo, Anodica continua la diversificazione in termini di opportunità di
mercato. L’azienda aveva, infatti, iniziato a diminuire la sua presenza nel settore
dell’elettrodomestico, in particolare durante gli anni ’80, anni in cui sul territorio si
iniziava a registrare una crisi del settore e la stessa Zanussi, importante azienda
cliente, iniziava a manifestare problemi di solvibilità. Anodica riduce notevolmente
l’impegno su questo mercato a favore non solo del settore del mobile, ma anche di tutti
i settori basati sul trattamento superficiale.
1.2 La nuova conduzione e la fase della ristrutturazione
Nel 1986, dopo un’esperienza lavorativa alla Nordica, Giorgio Zanchetta decide di
entrare nell’azienda di famiglia spinto anche dal fatto che il padre aveva intenzione di
diminuire la propria partecipazione e di dare l’azienda in mano ai figli o, in alternativa,
di cederla.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
125
PARTE III
Nei primi due-tre anni Giorgio Zanchetta inizia a perfezionare le proprie competenze
occupandosi sia della parte tecnico-commerciale che della parte amministrativofinanziaria fino ad arrivare, nel 1989, a prendere in mano la direzione dell’azienda e a
proporre una vera e propria ristrutturazione.
Giorgio Zanchetta aveva compreso che la gestione di più mercati d’uso per la propria
produzione aveva permesso la diversificazione del rischio, ma aveva anche creato
un’organizzazione troppo complessa per un “giro d’affari” e una dimensione aziendale
ancora piuttosto modesti. Per rispondere alle esigenze dei diversi clienti l’azienda si
era dovuta dotare di 3 impianti, un’officina meccanica e una rete di subfornitura per le
lavorazioni in outsourcing. L’imprenditore dunque era convinto che la complessità
organizzativa a cui era arrivata Anodica sotto il profilo commerciale, gestionale e di
controllo, nonché produttivo, non poteva essere più governata da una gestione che era
rimasta familiare, basata sulle giovani esperienze di Giorgio e del fratello, che a quel
tempo si occupava della parte produttiva. L’imprenditore decide quindi di realizzare un
drastico ridimensionamento dell’azienda. Con la ristrutturazione viene attuata una
prima semplificazione della struttura produttiva e organizzativa che porta come
conseguenza la chiusura di alcuni impianti e la riduzione del personale a circa 20
dipendenti1.
Per semplificare l’organizzazione e permettere una più efficiente divisione dei compiti
fra lui e i suoi familiari l’imprenditore propone una scissione dell’attività. Vengono quindi
create due società distinte con leve di comando che lo stesso imprenditore definisce
“strette e corte”. Alla prima società se ne affianca un’altra sotto la guida del fratello in
cui viene realizzata la fase di verniciatura, trasformata grazie alla ristrutturazione in una
fase produttiva a sé stante.
Giorgio Zanchetta, decide inoltre di ripercorrere all’inverso la strada seguita dal padre,
e torna a rifocalizzarsi sul mercato degli elettrodomestici, con l’intenzione di
concentrare nuovamente le risorse su quello che era comunque rimasto il core
business dell’azienda, in termini di competenze tecnologiche e manifatturiere maturate
negli anni.
La scelta di ritornare sul mercato degli elettrodomestici è stata dettata anche da altri
motivi, tra i quali il fatto che il settore del mobile, in cui Anodica aveva guadagnato una
quota di mercato importante, non era tuttavia in grado di valorizzare a pieno la
tecnologia, la qualità, la complessità del prodotto e la capacità del servizio dell’azienda,
1
L’azienda aveva precedentemente occupato fino a 50-60 dipendenti.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
126
PARTE III
cosa che invece non accadeva nei rapporti con i fornitori del settore degli
elettrodomestici.
Passati gli anni della generale crisi del mercato (il biennio 1991-1992, in cui anche
Anodica
aveva
toccato
i
minimi
storici
in
termini
di
fatturato),
il
settore
dell’elettrodomestico rimaneva comunque un settore importante sul mercato italiano,
con potenzialità di sviluppo.
Graf. 1 - Fatturato
L’azienda torna quindi a lavorare nuovamente per la Zanussi e ad attuare una politica
commerciale volta all’acquisizione di nuovi clienti. Tuttavia, non avendo l’imprenditore
ampia conoscenza nel settore, decide di avvalersi di una consulenza specifica esterna
per implementare l’attività commerciale2 (formazione del personale, impostazione
commerciale e nell’utilizzo delle regole del marketing). Inoltre, Giorgio Zanchetta
comincia una collaborazione con un ex direttore commerciale di un’altra azienda che,
avendo anch’essa come cliente la Zanussi, era in grado di catturare le conoscenze dei
clienti e dei bisogni del territorio. Dopo questa prima fase, in azienda entra il primo
tecnico commerciale3.
A partire dagli anni ’90 l’azienda inizia quindi ad accrescere la propria quota di mercato
nel settore dell’elettrodomestico, sia localmente che sui mercati esteri, guadagnando
maggiori competenze specialistiche e puntando in modo più professionale alla qualità,
anche attraverso un percorso di certificazione, di servizio al cliente, e tramite la
costituzione di una nuova politica logistica (a partire dalla fine degli anni ’90).
2
Per garantire la continuità nella consulenza commerciale, il consulente è divenuto poi socio di minoranza
di Anodica e ricopre a p/time il ruolo di responsabile Marketing.
3
Questa nuova figura commerciale proveniva, come il precedente consulente, da un’azienda concorrente
di Anodica ed anche in questo caso viene ceduta una piccola quota del capitale sociale.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
127
PARTE III
1.3 Il nuovo progetto di crescita
Sebbene in questo ultimo decennio la crescita dell’azienda sia stata positiva, le limitate
dimensioni di Anodica Trevigiana e il suo essere fondamentalmente legata, tramite il
suo bacino di subfornitura, al territorio sono elementi che possono essere d’ostacolo ad
una crescita di lungo periodo. Secondo Giorgio Zanchetta, l’attuale situazione del
mercato e la logica della competizione globale chiedono alle aziende una nuova
capacità di posizionamento sui mercati attraverso lo sviluppo di politiche di
internazionalizzazione.
È questa la direzione verso cui Anodica ha iniziato, a partire dal 2004, a muoversi,
adottando un documento di strategia aziendale che mira a considerare nuove
opportunità di crescita, e iniziando alcuni progetti che prevedono un ampliamento della
geografia del proprio mercato competitivo. Fino al 2003 il mercato estero dell’azienda
era comunque rimasto limitato alle attività di esportazione all’interno dell’Europa
occidentale. L’intenzione dell’azienda è perciò di estendere i mercati di sbocco e
trovare nuove fonti di approvvigionamento, o in generale nuove fonti produttive, in
grado di assicurare una maggiore competitività anche dal punto di vista della riduzione
dei costi di produzione.
Oggi l’azienda conta un progetto di sourcing in Cina4 e un progetto di apertura di una
sede produttiva in Turchia attraverso una joint venture con un partner locale (di
minoranza) utile ad avere una persona in loco su cui far affidamento e che conosce la
cultura, le pratiche del posto, dove reperire la manodopera e dove cercare eventuali
fornitori e clienti. La scelta di avere un’unità produttiva in Turchia è dettata anche
dall’opportunità di accedere più agilmente ai mercati geograficamente vicini dell’Est
Europa, paesi in cui le prestazioni e la qualità del prodotto possono essere offerti a
standard qualitativamente minori rispetto a quelli cui si riferisce la produzione italiana.
La Turchia rappresenta inoltre un mercato di sbocco molto interessante, per la
presenza di molte importanti aziende dell’elettrodomestico5 ed è un bacino
manifatturiero esperto nel settore dei metalli, grazie alla massiccia presenza di aziende
automobilistiche (es. Fiat, Renault, Toyota).
Per aziende di piccole dimensioni l’azione solitaria su mercati internazionali risulta
assai difficile poiché richiede la disponibilità di capitali, ampi investimenti iniziali il cui
4
L’intenzione per ora è di capire meglio questo mercato osservandolo più da vicino, e creare
eventualmente una rete di fornitura. È da poco stata avviata una collaborazione con una società locale per
la ricerca dei fornitori con i quali si stanno avviando le prime campionature di prodotti.
5
Il 5° gruppo di elettrodomestici europeo è turco.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
128
PARTE III
ritorno può essere solo nel lungo periodo, una cultura e una conoscenza di realtà
diverse dal quotidiano contesto territoriale di riferimento, e competenze interne in grado
di interfacciarsi con interlocutori cognitivamente, geograficamente e culturalmente
lontani. È per questo che Giorgio Zanchetta nel 2004, viste le difficoltà di andare da
solo ad esplorare nuovi mercati, inizia a pensare che una via di crescita possibile sia
l’aggregazione con altre aziende spinte dalle stesse esigenze e problematiche di
settore.
Le aziende coinvolte nel progetto Unieldom
ANODICA Trevigiana (TV)
maniglie, finiture, pannelli, pomelli, per l’industria dell’elettrodomestico
ASG International (BS)
spiedi, forchette, accessori vari destinati per l’uso dei forni
FPD (TV)
Profili plastici estrusi e coestrusi, lavorazione materiale plastico, attrezzature per
estrusione
GENERAL PLAST srl (TV)
Prodotti termoplastici iniettati per diversi settori d’uso tra cui l’elettrodomestico
(es. vaschette verdura per frigoriferi)
METEOR (TV)
serrature, barre, stampaggio, assiemi e accessori, motoriduttori per l’industria degli
elettrodomestici destinati ai forni tradizionali, ai forni a microonde ed alla costruzione di
serrature motorizzate.
MONTECAVI SRL (TV)
fabbricazione di cablaggi e di impianti elettrici per produzioni di grandi serie,
principalmente focalizzata sulla fornitura di impianti per elettrodomestici
NUOVA STAR SPA (BO)
disegni e produzione di stampi e matrici per piccoli componenti metallici
Una crescita attraverso forme di cooperazione, infatti, permetterebbe di acquisire
economie di scala importanti, condividere conoscenze e strategie, e acquisire
maggiore visibilità sui mercati internazionali. L’imprenditore cerca quindi di costituire un
gruppo omogeneo di imprese, operanti nello stesso mercato degli elettrodomestici con
prodotti tradizionali di componentistica, e di dimensioni ridotte. Un altro requisito che
Giorgio Zanchetta cerca nelle aziende con cui costruire il nuovo progetto è poi la
condivisione di alcuni clienti, in modo da avere stimoli simili e uno stesso modo di
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
129
PARTE III
affrontare il mercato mantenendo un omogeneo livello della qualità e del servizio al
cliente.
Nel 2004, attraverso il supporto di Unindustria Treviso, Giorgio Zanchetta coinvolge
altre 5 aziende con i requisiti sopra descritti (tre nella realtà di Treviso, una nella realtà
bolognese e una nella realtà bresciana), nella costruzione di un progetto comune di
sviluppo nel campo degli elettrodomestici. Recentemente si è aggiunta inoltre la
General Plast srl di Tezze di Piave (TV).
La carta di intenti del progetto Unieldom
Il gruppo Unieldom intende combinare esperienze e capacità distintive di aziende italiane
produttrici di componenti per applicazioni industriali, in modo da offrire un completo
range di prodotti e servizi posizionandosi come interfaccia locale per specifiche richieste
di mercato.
Il primo obiettivo è avvantaggiarsi delle sinergie del gruppo per valorizzare specifiche
conoscenze di settore e i successi ottenuti da ogni azienda in un contesto di
globalizzazione e internazionalizzazione dei mercati.
Le aziende partecipanti focalizzano le proprie energie sui mercati internazionali
assumendo strategie comuni attraverso la condivisione di conoscenza e competenze
professionali, accordi di vendita e l’attribuzione di responsabilità operative costituite per
migliorare l’efficienza e la competitività.
Le specializzazioni acquisite, la costante ricerca e l’innovazione nei processi e prodotti
del settore dell’applicazione dell’elettrodomestico permette alle aziende partecipanti di
sviluppare e suggerire produzioni in coprogettazione con i propri clienti garantendo alti
standard di qualità e realizzazione con particolari attenzioni al prezzo.
Unieldom ha lo scopo di estendere nel mondo i valori del made in Italy attraverso il
sostegno delle delocalizzazioni, interpretazione e adattamento alle domande di mercato,
creando opportunità di impiego e sviluppo nei paesi in cui interviene.
L’idea di Zanchetta è in pratica quella di utilizzare il gruppo per iniziare a costruire una
comune forza economica e strategica per acquisire la conoscenza necessaria ad
operare su nuovi mercati, prevedendo possibili progetti di internazionalizzazione e
sviluppo sia a monte che a valle della filiera (conoscenza per vendere, produrre,
acquistare e gestire la clientela).
Prima della costituzione formale di un consorzio avvenuta a marzo 2006, al quale
hanno aderito per ora solo 4 delle aziende coinvolte nel progetto6, le imprese si sono
associate inizialmente ad Unint, consorzio dell’associazione industriali di Treviso, a cui
6
Hanno per ora aderito al consorzio Anodica trevigiana, ASG International, General Plast srl e Meteor.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
130
PARTE III
eventuali gruppi egualmente informali possono appoggiarsi per la gestione
amministrativa delle spese comuni.
Fin’ora il progetto di aggregazione, ancora allo stato iniziale, ha previsto la condivisione
di alcune ricerche di mercato volte ad esplorare i mercati dell’Est, ed in particolare della
Russia, alla ricerca di potenziali nuovi clienti o fornitori.
In questo periodo Zanchetta vuole però dare maggiore consolidamento al gruppo
proprio attraverso il consorzio che ha lo scopo di stimolare una più stretta alleanza fra
le varie realtà. L’idea è stata quindi di sviluppare una vera e propria entità giuridica con
un nucleo amministrativo comune. L’intenzione è di coinvolgere le aziende in modo più
stringente laddove le possibilità di crescita convergano verso una visione e
un’operatività condivise, con la messa in comune di responsabilità, competenze e
conoscenze di cui le aziende possano realmente beneficiare attraverso strategie
comuni.
Box 1 – Il percorso di crescita dal 1995 al 2005 di Anodica Trevigiana
1995
Produzione
per settore
elettrodom.
50%
Dipendenti
20
2005
Produzione
per settore
elettrodom.
99%
Dipendenti
50
Anodica
Trevigiana
Anodica
Trevigiana
Produzione per
altri settori (es.
mobili) 50%
Fatturato
< 2 milioni
Fatturato
10 milioni
Rifocalizzazione nel
settore elettrodomestici
(specializzazione di risorse, qualità, servizio, tecnologia)
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
131
PARTE III
Box 2 – I progetti di crescita
Necessità di crescere sui mercati internazionali:
Progetto
di sourcing
in Cina
Progetto
unità produttiva in
Turchia
Iniziata una collaborazione con una società locale per la
ricerca di fornitori; avviate le prime campionature di prodotti
(ricerca di efficienze di costo)
Costituzione di una joint venture con un partner locale di
minoranza per avviare una sede produttiva in loco (ricerca
di efficienze di costo e possibilità di avvicinarsi ai mercati di
sbocco dell’Est Europa, Turchia compresa)
Progetto di
aggregazione:
Gruppo Unieldom
Il gruppo Unieldom
Aggregazione con altre imprese del settore per acquisire
economie di scala e strategie per operare sui mercati
internazionali (costituzione di un consorzio, marzo 2006)
Consorzio
(le aziende che hanno per ora aderito al consorzio)
trasformazione in consorzio
Anodica Trevigiana (TV)
ASG International (BS)
Anodica Trevigiana (TV)
General Plast srl (TV)
ASG International (BS)
Montecavi srl (TV)
General Plast srl (TV)
FPD (TV)
Meteor (TV)
Meteor (TV)
Nuova Star spa (BO)
2. L’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione di Anodica Trevigiana
Anodica Trevigiana è un’azienda di piccole dimensioni nata come azienda familiare
che conta oggi una cinquantina di dipendenti. Fin dall’inizio la conduzione e le
responsabilità critiche erano affidate ai componenti di famiglia: il padre di Giorgio
Zanchetta si occupava della direzione generale, il fratello seguiva la parte produttiva
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
132
PARTE III
con l’ausilio di un collaboratore, la sorella seguiva invece la parte amministrativocommerciale.
Sebbene ancora oggi la conduzione dell’azienda sia affidata a Giorgio Zanchetta,
l’imprenditore è stato in grado di cogliere positivamente l’opportunità di far crescere la
propria realtà inserendo figure di responsabilità esterne che hanno contribuito a
importare competenze di carattere soprattutto commerciale7 che l’azienda, improntata
più a far crescere le competenze tecnico-produttive, aveva in parte tralasciato. A
questo proposito, interessante è stata la scelta di Giorgio Zanchetta di coinvolgere
nella storia aziendale alcuni dei suoi collaboratori commerciali e produttivi8 dando loro
la possibilità di divenire soci di minoranza nell’azienda.
Con il tempo la struttura organizzativa dell’azienda, pur nei limiti di una piccola
dimensione, ha assunto un carattere più completo. Oggi sono infatti presenti un
responsabile acquisti, un responsabile qualità, un responsabile commerciale, tutte
funzioni che all’inizio degli anni ’90 ricopriva invece in gran parte l’imprenditore. Prima
che Giorgio Zanchetta prendesse le redini dell’azienda le opportunità di business
nascevano dalle occasioni che il mercato offriva. L’azienda era quindi cresciuta senza
un’attività di pianificazione rivolta al lungo periodo, e non avvertiva la necessità di
focalizzare il proprio core business su di una determinata tecnologia. Le tecnologie
presenti erano numerose, ma vi erano scarse economie di scopo in quanto le
opportunità di mercato raccolte riguardavano diversi settori e diverse fasi di
produzione.
Negli ultimi 10 anni, con la conduzione di Giorgio Zanchetta, l’azienda ha invece
implementato l’attività di co-progettazione9 e accresciuto le proprie capacità
tecnologiche, che sono divenute più specialistiche. Tra il 1995 al 2005 si passa da un
unico ufficio tecnico con un’unica persona responsabile anche della qualità a tre uffici
distinti: due tecnici (un ufficio industrializzazione, un ufficio qualità) e un ufficio ricerca e
prodotto, in cui le attività di progettazione e di co-progettazione hanno assunto, nel
servizio al cliente, un ruolo strategico.
Dal punto di vista del capitale umano nel ’95 l’azienda contava circa una ventina di
dipendenti con la presenza di alcuni periti (tecnico della produzione e tecnico
commerciale). L’inserimento di nuovo personale negli anni successivi è stato teso
7
Allo scopo di penetrare maggiormente i mercati esteri, è stata inserita nel 2000 un’altra figura
commerciale.
8
Anche il responsabile dell’area logistico-produttiva è socio di minoranza.
9
Nell’organigramma aziendale sta per essere inserita un’altra figura incaricata della co-progettazione.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
133
PARTE III
all’acquisizione di persone con competenze tecniche o specialistiche sempre più
evolute.
Oggi, su cinquanta dipendenti sono presenti tre laureati (responsabile commerciale
estero, responsabile galvanico, responsabile acquisti), mentre è aumentata la
presenza di periti tecnici e diplomati10.
L’attività formativa è stata poi ampliamente implementata negli ultimi anni. Oggi i corsi
per il personale sono ritenuti fondamentali dall’imprenditore, sia per migliorare le
10
Periti tecnici: responsabile commerciale Italia, responsabile qualità, responsabile ufficio prodotto,
responsabile produzione, responsabile pianificazione, un addetto al controllo qualità, responsabile officina,
responsabile industrializzazione; diplomati: responsabile e addetti amministrativi, addetti vendite.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
134
PARTE III
capacità di gestione11 che di uso delle tecnologie, e per far fronte all’aumentata
complessità tecnologica e dei mercati12.
Le politiche e le strategie d’innovazione dell’azienda sono oggi inoltre tese soprattutto
al miglioramento continuo dell’organizzazione.
Box 3 – L’evoluzione delle competenze dal 1995 al 2005
Le competenze organizzative:
- inserimento di responsabili esterni
- partecipazione di alcuni responsabili al capitale societario
- maggior capacità di pianificazione e controllo
Le competenze produttive e tecnologiche:
- implementazione delle attività di co-progettazione
La qualità delle risorse
umane:
- aumento del capitale
intellettuale (inserimento
di diplomati e laureati)
- aumento dei periti
tecnici
- aumento dei corsi di
formazione
- specializzazione tecnologica in un particolare mercato d’uso
- costituzione degli uffici industrializzazione, qualità, ricerca & prodotto
- ammodernamento degli impianti e sviluppo dell’automazione
Le competenze commerciali e di marketing:
- inserimento di responsabili commerciali
Le competenze gestionali:
- inserimento di un sistema gestionale
11
Il primo sistema gestionale è stato inserito in azienda nel ’96-97.
I corsi di formazione del 2005, in cui è stato investito circa il 10% del reddito, hanno riguardato varie
tematiche (inglese, conoscenza e strategie di mercato, tempi e metodi, gestione del personale e
amministrativa, acquisti, valutazione dei fornitori, gestione della supply chain) e sono stati seguiti
soprattutto dall’imprenditore e dai suoi collaboratori più stretti.
12
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
135
PARTE III
Oltre ad aver ottenuto la certificazione di qualità, già a partire dal ’97 l’azienda ha
seguito un percorso di ammodernamento degli impianti e di sviluppo dell’automazione,
supportato da un ulteriore rafforzamento organizzativo attraverso la certificazione
ambientale ISO 14000 e la creazione di un sistema di gestione della sicurezza sulla
base delle norme UNI-Inail.
3.L’evoluzione della rete del valore
3.1 Le relazioni con i clienti
Per quanto riguarda i rapporti con i clienti, Anodica Trevigiana è un’azienda che,
nascendo come spin-off di un’azienda dell’elettrodomestico locale, rimane per molti
anni ancorata al territorio. All’inizio i clienti che l’azienda acquisisce, anche negli altri
settori, sono frutto più che altro di opportunità di mercato che si presentavano
occasionalmente. È solo a partire dalla prima metà degli anni ’90, attraverso la
partecipazione ad una serie di fiere, che nel portafoglio clienti inizia ad entrare qualche
azienda estera.
Nel ’95 l’azienda lavorava con Francia, Inghilterra e Germania13, dove la presenza di
alcuni importanti clienti nel settore dei mobili aveva dato l’opportunità di aumentare le
esportazioni
fino
al
30%
del
fatturato.
Per
quanto
riguarda
il
settore
dell’elettrodomestico, le esportazioni erano limitate al 5% in quanto l’azienda
continuava a contare sulla vicinanza geografica di specializzazioni distrettuali in questo
campo.
La politica di espansione commerciale all’estero si sviluppa quindi più tardi14,
soprattutto negli anni 2000, quando l’ingresso di un nuovo direttore commerciale,
inserito allo scopo, ha contribuito ad aumentare le politiche di esportazione.
Oggi l’azienda, che per il 99% produce per il settore elettrodomestico, attraverso uno
sviluppo crescente sui mercati di tutta l’Europa Occidentale e di qualche frangia
esterna come la Polonia, può contare su esportazioni pari al 55% del fatturato. Inoltre i
rapporti con i clienti sono sempre più tesi ad attività di collaborazione, di coprogettazione e di servizio.
13
In Germania l’azienda lavorava principalmente servendo un grosso cliente sulla base di una licenza di
produzione americana di mobili metallici da giardino.
14
Un altro grosso cliente per il settore mobili acquisito con l’entrata di Giorgio Zanchetta è l’azienda
svedese Ikea con cui poi il rapporto viene a cessare alla fine degli anni 2000 iniziando Ikea a rivolgersi a
fornitori cinesi più competitivi dal punto di vista dei prezzi.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
136
PARTE III
Evoluzione dell’esportazione
Area geografica
Settore di destinazione
% di esportazione
1995
Francia, Inghilterra, Germania
25% settore mobili,
5% settore elettrodomestico
30%
2005
Europa Occidentale e Polonia
settore elettrodomestico
55%
3.2 Le relazioni con i fornitori
Sia per i materiali da lavorare, che per le lavorazioni conto terzi, Anodica ha sempre
utilizzato il bacino territoriale come bacino di fornitura.
Con la ristrutturazione dell’azienda, iniziata con l’entrata di Giorgio Zanchetta nei primi
anni ’90, vengono inizialmente chiusi due impianti e portata all’esterno parte della
produzione per semplificare l’attività e meglio concentrarsi nelle fasi meccaniche.
Nel ’95 tutte le lavorazioni di finitura superficiale erano esterne e l’azienda aveva una
percentuale di lavorazioni in conto terzi del 30% circa dell’intero fatturato. All’esterno
veniva svolta completamente la fase di pulitura (spazzolatura), la fase di
anodizzazione, di verniciatura, e le galvaniche.
Negli ultimi anni, la maggiore focalizzazione nel settore elettrodomestico ha però
comportato
un
ridimensionamento
dell’utilizzo
dell’outsourcing.
Nel
settore
elettrodomestico la clientela più attenta al servizio e alla qualità della produzione ha
indotto l’azienda a restringere il proprio bacino di fornitura, poiché i fornitori locali non
sono stati in grado di seguire l’adeguamento agli standard richiesti dal mercato
essendo per la maggioranza ancora legati a lavori di tipo artigianale e non avendo
investito nella modernizzazione degli impianti. Anodica Trevigiana ha fatto quindi la
scelta di aumentare il grado d’integrazione verticale, per essere meglio capace di
rispondere alle esigenze dei propri clienti attraverso tecnologie di prodotto di tipo più
avanzato.
Una volta raggiunta la specializzazione nel settore degli elettrodomestici, il conto terzi
ha quindi iniziato a creare alcuni problemi, in particolare in alcune fasi critiche come la
fase di anodizzazione dove l’azienda si rivolgeva principalmente ad un fornitore che
non riusciva tuttavia, con l’aumento dei volumi e le politiche di miglioramento del
servizio attuate da Anodica, a dare all’azienda la tempestività e la qualità di cui essa
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
137
PARTE III
aveva bisogno, continuando a mantenere delle alte tolleranze sulla qualità non più
ammesse sul mercato di Anodica15.
Agli inizi del 2000 il mercato divenuto sempre più esigente costringe l’azienda a portare
all’interno sia la fase di anodizzazione, attraverso l’investimento in un nuovo impianto,
sia una parte della fase di pulitura (spazzolatura), che veniva prima svolta al 100%
esternamente16.
L’attività svolta in outsourcing ha quindi iniziato progressivamente a ridursi, pur
restando ancora importante, e oggi rappresenta il 20% del fatturato.
Nel 2005 le fasi svolte internamente dall’azienda sono quindi gran parte dell’attività
meccanica e alcune fasi di finitura (l’anodizzazione e una piccola percentuale di
pulitura che verrà implementata a partire dal 2006). All’esterno sono state invece
mantenute le fasi di verniciatura e le galvaniche, mai internalizzate perché
richiederebbero investimenti troppo elevati rispetto ai volumi marginali di produzione
previsti
Avendo dovuto investire negli ultimi anni in impianti di finitura, l’azienda, non avendo
più capitali da investire negli impianti di meccanica, si è vista però costretta a portare
all’esterno una parte di questa fase. Con i nuovi investimenti di quest’anno,
quest’ultima fase dovrebbe comunque tornare quasi completamente interna.
La politica di integrazione verticale attuata dall’azienda in questi ultimi anni è stata
quindi essenzialmente sviluppata a partire dalla mancanza sul territorio di fornitori
capaci di seguire l’azienda nel suo percorso di crescita, anche dal punto di vista dei
prezzi ormai non più competitivi sul mercato globale, ma anche dalla necessità di
accorciare i flussi produttivi per ridurre i lead times di produzione ed i magazzini,
migliorando la capacità di risposta e servizio al cliente.
La necessità di competere sul mercato globale ha inoltre spinto Giorgio Zanchetta a
cercare nuove risorse produttive in nuovi territori geograficamente più competitivi
attraverso i progetti di internazionalizzazione che sta attuando autonomamente
e
tramite il progetto Unieldom.
15
Con questo fornitore l’azienda tenta senza successo di intessere qualche forma di rapporto più stretto.
Giorgio Zanchetta era infatti disposto a contribuire, con qualche forma di partecipazione, ad un
ammodernamento degli impianti dell’azienda ormai obsoleti.
16
Anche nella fase pulitura Giorgio Zanchetta, prima di decidere di internalizzare, aveva tentato di
ampliare la gamma di fornitori per trovare chi fosse in grado di garantirgli un certo standard tecnologico e
di qualità, ma la ricerca si è conclusa negativamente e ha portato alla decisione di ridurre l’attività di
outsourcing.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
138
PARTE III
Box 4 – L’evoluzione delle rete del valore dal 1995 al 2005 di Anodica Trevigiana
Clienti:
- aumento della quota di clienti esteri
- aumento delle attività di collaborazione e co-progettazione
Fornitori:
- difficoltà di alcuni fornitori locali di seguire l’azienda nel suo percorso di crescita
- riduzione dell’outsourcing e aumento dell’integrazione verticale
L’evoluzione dell’integrazione verticale
1995
Anodizzazione
Pulitura
Galvanica
Verniciatura
Fasi
quota outsourcing 30%
meccaniche
2005
Pulitura
Fasi
Pulitura
meccaniche
Insorcing
quota outsourcing 20%
Anodizzazione
Galvanica
Verniciatura
Outsourcing
4. Gli ostacoli al percorso di crescita
Il progetto Unieldom, che permetterebbe all’azienda di creare importanti sinergie con
altre aziende del settore, è un progetto che può senza dubbio favorire il percorso di
crescita su mercati internazionali di imprese, come Anodica Trevigiana, di piccola
dimensione ed in possesso di competenze tecnologiche sedimentate e di importanti
capacità relazionali con i clienti (capacità di servizio). Uno degli ostacoli alla
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
139
PARTE III
sperimentazione di percorsi di crescita di piccole aziende a livello internazionale è
infatti la difficoltà nell’investire ed impegnare capitale finanziario e umano nella ricerca
di mercati alternativi in territori spesso geograficamente lontani. In tali ambiti, la
presenza diretta e il contatto con potenziali nuovi clienti e fornitori avvengono al di fuori
degli usuali contesti di riferimento. Tuttavia, essi si rivelano critici, non solo per
raggiungere efficienze produttive e un costo più competitivo sul mercato, ma anche
perché possono rappresentare elementi di “contaminazione culturale” determinanti per
dare il via allo sviluppo e all’esplorazione di nuovi business e di nuovi mercati d’uso. La
piccola azienda manifatturiera si trova quindi ad avere spesso problemi di scala per
inserirsi in modo non marginale su un mercato globalizzato, ma anche problemi di
disponibilità di risorse umane (troppo prese dall’operatività quotidiana) e di capitale
intellettuale in grado di interfacciarsi con mondi nuovi.
L’aggregazione fra imprese o la costituzione di un gruppo possono quindi essere un
ottimo modo per le aziende di creare economie di scala, condividendo il rischio degli
investimenti e potendo usufruire di un bacino di conoscenza comune che, ricontestualizzato nelle singole specificità o in singoli mercati d’uso, permette ad ogni
singola azienda di sfruttare le dinamiche di replicazione tipiche della conoscenza.
Il gruppo, composto da aziende della stessa dimensione, con simili problematiche di
mercato, con produzioni se non totalmente complementari almeno non concorrenti, e
con possibili sviluppi sugli stessi mercati, rende possibile quindi l’esplorazione
congiunta di nuovi mercati e di nuove forme di collaborazione.
Una delle difficoltà nella costruzione della collaborazione, a causa della quale il
progetto ha inizialmente rischiato di non portare vantaggi significativi alle aziende
partecipanti, è però costituita dalle diffidenze che gli imprenditori tendono ad avere nei
confronti l’uno dell’altro. La possibilità di usufruire di conoscenza comune può essere
limitata dalla difficoltà di mettere in condivisione i propri saperi temendo che non tutte
le aziende possano alla fine ottenere lo stesso equo vantaggio. Nello stesso gruppo è
sorta una certa difficoltà di cooperazione quando si è trattato di trasferire, o addirittura
di aver solamente la possibilità di trasferire, le proprie conoscenze e competenze alle
altre aziende, non comprendendo che questa stessa conoscenza non va a concorrere
sulle quote di mercato di un’impresa ai danni dell’altra, ma contribuisce in modo
positivo a creare un bacino di conoscenza comune a favore di tutte. Proprio per questo
motivo fra i primi progetti di esplorazione di nuovi mercati l’interesse è stato rivolto al
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
140
PARTE III
mercato russo, essendo un mercato in cui nessuno, per ora, ha già investito17. Ciò
limita comunque non di poco la possibilità del gruppo di usufruire di strutture,
conoscenze, relazioni già sedimentate o sperimentate.
È inoltre necessario che le aziende abbiano la stessa visione comune delle potenzialità
di mercato e dei problemi da affrontare insieme. Alcune aziende mancano di una
visione di lungo periodo relativa alla situazione di mercato, poiché sono abituate ad
operare sul breve e senza un reale intento strategico comune, rischiando in questo
modo di depotenziare le opportunità generate dall’aggregazione. Ciò rappresenta uno
dei maggiori ostacoli che Giorgio Zanchetta ha evidenziato in questo tipo di percorso di
crescita e uno dei motivi che hanno indotto a dare al gruppo una forma giuridica
formale (costituzione del consorzio) allo scopo appunto di rafforzare questa visione
comune. Un altro problema è costituito dal fatto che la costituzione di un’entità
giuridicamente formale è comunque avvenuta solo recentemente, per cui la divisione
delle competenze e dei ruoli degli stessi imprenditori coinvolti nel progetto non era
precedentemente molto chiara ed è stata definita in modo più preciso solo attualmente.
Il fatto di non avere giuridicamente una propria struttura, ma essersi ancorati fino a
poco tempo fa semplicemente ad una società di appoggio di Unindustria Treviso, ha
quindi limitato i potenziali contatti che le attività pubblicistiche attuate fino ad oggi
potevano dare. Le imprese si sono infatti limitate ad investire alcune migliaia di euro
nello sviluppo di una brochure comune e in ricerche di mercato poco impegnative, e
quindi anche poco efficaci. È necessario invece che venga creato almeno un punto di
riferimento per i primi contatti, e venga attuata un’analisi delle possibilità di rendere
concretizzabili gli obiettivi che si è dato il gruppo. Se ad oggi l’alleanza potrebbe essere
in grado di portare ad una più concreta condivisione delle conoscenze su nuovi mercati
(possibilità di acquisizione di nuovi clienti o fornitori, possibilità di sviluppo di unità
produttive o di affermare la propria presenza tramite uffici all’estero), potrebbe in futuro,
una volta delineata la fattibilità di eventuali progetti, portare a più concrete forme di
cooperazione commerciale e produttiva anche attraverso lo sviluppo di attività di
progettazione comune.
Lo spirito iniziale con cui è stato promosso il progetto di aggregazione non ha posto
vincoli troppo rigidi alla partecipazione delle aziende. Le riunioni successive a cui i vari
imprenditori hanno partecipato hanno mostrato tuttavia come, per rendere più concreta
17
È anche vero comunque che il mercato russo è un mercato in cui si stanno spostando alcune aziende
clienti. La penetrazione di questo mercato può risultare vantaggiosa invece se il gruppo con i propri servizi
riesce a seguire i propri clienti su questi mercati.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
141
PARTE III
e più efficace l’attività del gruppo in base agli intenti e agli obiettivi fissati, le aziende
hanno avuto bisogno di allinearsi meglio per comunione di intenti e per visione
strategica attraverso la costituzione del consorzio e quindi di un’entità formale.
Box 5 – Gli ostacoli al percorso di crescita
Gli ostacoli alla crescita nelle aziende di piccole dimensioni
Mancanza di economie di scala utili ad
affrontare la nuova geografia dello spazio
competitivo (limitati capitali e competenze di
interfaccia)
Gli ostacoli iniziali alla piena realizzazione del progetto Unieldom
Difficoltà di mettere in discussione il ruolo di
ogni imprenditore nel gruppo e diffidenza
reciproca
Difficoltà
di
condividere
nel
gruppo
conoscenze e competenze (problema
culturale e mancanza di obiettivi precisi)
Mancanza di un’entità giuridica formale e di
un’organizzazione operativa del gruppo
Attuale superamento del
problema con la costituzione
del consorzio
Mancanza di una visione strategica comune
di gruppo
5 Le strategie future di crescita
Con la costituzione del recente consorzio l’intenzione di Anodica Trevigiana è di
proseguire lungo la strada dell’aggregazione coinvolgendo le aziende in modo più
stringente nella costituzione di progetti comuni, dove le possibilità di crescita abbiano
uno scopo chiaro e condiviso con la messa in comune di responsabilità, competenze e
conoscenze da cui le aziende possano realmente beneficiare. Gli investimenti fino ad
ora attuati dal gruppo, prima della costituzione dell’attuale consorzio, hanno previsto la
spesa di poche migliaia di euro e qualche incontro di confronto. Ciò non basta per
sfruttare in modo pieno le economie di scala che potrebbero derivare invece da
un’aggregazione maggiormente vincolante, sia dal punto di vista finanziarioamministrativo, che in generale nell’impiego delle risorse, in grado di portare realmente
contributi positivi di crescita (es. costituzione di una rappresentanza o di un ufficio
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
142
PARTE III
all’estero, pagamento di un temporary manager per sondare in modo approfondito i
mercati, sviluppo e crescita sui mercati attraverso strategie collettive, sviluppo di attività
comuni di progettazione).
La strategia del gruppo multi-tecnologico non è poi ancora sufficiente a dare le
necessarie economie di scala su progetti di manufacturing all’estero. Per questo motivo
è intenzione di Anodica ricercare anche altre possibili alleanze con competitori in modo
da:
-
ottimizzare gli investimenti nazionali nel manufacturing liberando risorse
finanziarie ed umane per lo sviluppo di nuove facilities produttive all’estero.
-
ottimizzare i flussi produttivi relativi a prodotti ampiamente appoggiati in
outsourcing, presidiando al contempo competenze tecnologiche oggi fuori
controllo.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
143
PARTE III
IL CASO CARRARO
1. Il percorso di crescita del Gruppo Carraro
L’attività dell’azienda iniziò nei primi anni del secolo, quando il fondatore Giovanni
Carraro subentrò al padre nella piccola attività di riparazione e costruzione di attrezzi
agricoli. Partendo da questo mestiere, Giovanni Carraro iniziò gradualmente ad uscire
dal ruolo di artigiano, aumentando i volumi e allargando la gamma dei prodotti e servizi
offerti.
Nel 1932 fu introdotta la prima seminatrice in linea, che segnò la nascita e lo sviluppo
della Carraro. A metà degli anni ’30, nel piccolo capannone adiacente alla casa di
Giovanni Carraro, lavoravano una dozzina di operai e vi si producevano, oltre alle
seminatrici, aratri e erpici. Già in questo periodo iniziò la produzione in serie (di circa
300-400 pezzi l’anno).
All’inizio degli anni ’50, la guida dell’azienda passò al figlio Oscar, il quale spinse per
l’espansione nei mercati europei e per la motorizzazione. Nel 1958 uscì dalla catena di
montaggio il primo trattore agricolo, grazie alla conoscenza e all’esperienza acquisita
già dal 1951 con la produzione della prima autoseminatrice. La produzione del primo
trattore con marchio “Tre Cavallini” comportò il passaggio dalla produzione “artigianale”
a quella “industriale”.
A metà degli anni ’50, entrarono attivamente in azienda anche i figli Mario e Antonio e il
6 Dicembre 1960, si giunse alla costituzione della Società in accomandita semplice
sotto la ragione sociale “Officine Meccaniche di Campodarsego di Oscar e Mario
Carraro e fratelli”.
Le neonate “Officine meccaniche G. Carraro” ebbero, negli anni ’60, un rapido
sviluppo. La produzione del trattore superò rapidamente per importanza quella delle
seminatrici (per i primi due anni la produzione di trattori si attestò intorno alle 200-250
unità). A metà circa degli anni ’60, Carraro (con circa 400 dipendenti e progetti di
espansioni ulteriori) era ormai, non solo nel settore metalmeccanico, una delle aziende
più importanti dell’Alta Padovana (Vedovato 1992).
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
144
PARTE III
La crescita di questi anni fu confermata dallo sviluppo del trattore a quattro ruote
motrici, che permise all’industria padovana di affacciarsi con i propri prodotti sui
mercati esteri (Francia, Spagna, Grecia).
Continuando nel processo di diversificazione produttiva, che sembra caratterizzare
questo periodo, Carraro sfruttò le conoscenze acquisite grazie alla produzione di
macchine agricole, per entrare nel settore delle macchine movimento terra, con le
prime fresatrici ed il successivo sviluppo dell’erpice rotante.
Negli anni ’70 il settore dei trattori entrò in crisi, il management Carraro percepì di non
poter continuare a competere con i grossi costruttori (es. Case, Caterpillar) e iniziò un
processo di riconversione industriale: dalla produzione di trattori si passò,
gradualmente, alla produzione e commercializzazione di parti componenti del trattore
stesso. In modo particolare l’azienda cominciò a focalizzarsi su particolari componenti
della trasmissione.
Nel 1973 nacque la divisione “Assali e trasmissioni”, che si specializzò nella
progettazione e costruzione di assali e trasmissioni per trattori agricoli e macchine
movimento terra.
L’azienda di Campodarsego aveva quindi decisamente imboccato la strada della
focalizzazione produttiva sulla componentistica risalendo un gradino nella filiera
produttiva del proprio settore di riferimento e diventando fornitore dei suoi ex.
concorrenti. Nel 1979 la divisione “Assali e trasmissioni” sviluppava già il 36% del
fatturato totale dell’azienda e nel frattempo si erano stabiliti rapporti commerciali con
Ford, Case, Massey Ferguson.
Negli anni ’80 anche i maggiori costruttori attraversarono un forte periodo di crisi. Dato
la maggiore complessità dei mercati finali e il cambiamento continuo delle tecnologie, i
produttori avvertirono una esigenza di maggiore flessibilità. Inoltre essi non potevano
più governare le conoscenze necessarie a sviluppare e produttore tutte le componenti
di un prodotto complesso come un trattore. Tale congiuntura accentua la dinamica
competitiva e alimenta due distinti fenomeni. Per far fronte alle nuove sfide, le imprese,
soprattutto quelle di maggiori dimensioni, rispondono rinnovando gli impianti. Tale
tendenza alimenta implicitamente un processo di concentrazione, che rende ancora più
rilevante il fattore dimensionale nel settore. Una seconda strategia che caratterizza
questo periodo è il forte decentramento produttivo finalizzato a ridurre i costi fissi e
aumentare la flessibilità operativa.
Queste dinamiche hanno un forte impatto nell’evoluzione delle relazioni di fornitura con
i fornitori di componenti/sistemi critici che da relazioni di mercato cominciano a
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
145
PARTE III
incorporare elementi di collaborazione e partenrship (es. co-development nello
sviluppo del prodotti, integrazione logistica, TQM).
Nel 1978 Carraro, diventata S.p.A., rilevò un’azienda di Rovigo, la Felisatti (in seguito
Agritalia S.p.A) dove nel 1984 venne spostata l’intera produzione di trattori con il
conseguente
impegno
totale
della
superficie
dell’unità
produttiva
madre
di
Campodarsego nella produzione di assali e trasmissioni. Dall’esigenza di creare
rapporti sempre più stabili con i propri clienti, presero avvio i primi passi verso la
Qualità Totale, ritenuta un valido strumento per creare dei veri rapporti evoluti di
fornitura con i clienti principali e per omogeneizzare la struttura interna che stava
crescendo per effetto delle acquisizioni che si stavano susseguendo.
Nella seconda metà degli anni ’80 Carraro attua una strategia di decentramento delle
produzioni accessorie attraverso l’acquisizione e la costituzione di società che
svolgono specifiche attività funzionali rispetto al core business (produzione di assali e
trasmissioni). Seguendo questa strategia nel 1988 venne costituita la PNH S.p.A. di
Gorizia, per la produzione di scatole presa di movimento e assali anteriori per veicoli a
due ruote motrici. Sempre nello stesso anno, avvenne un’altra acquisizione di rilievo:
quella della SIAP di Maniago (PN), che produceva ingranaggi, coppie coniche e alberi
scanalati, per macchine movimento terra e agricole. Al fine di costituire un polo
integrato degli ingranaggi vengono create nella stessa area due nuove unità, la STM
(stampati) e la TQT (trattamenti termici).
Nel 1991 Carraro fu premiato da Ford come fornitore migliore (“Q1 Award”) dell’anno e
questo costituì un formidabile biglietto da visita per l’azienda, riuscendo ad avvalorare
l’intenzione di creare con i clienti rapporti di fornitura orientati alla co-makership. Nel
1992 venne inaugurata a Chicago la Carraro North America Inc., società creata con
l’obiettivo di promuovere i rapporti commerciali e consolidare quelli esistenti con il
mercato nordamericano, nonché monitorare il mercato attraverso la partecipazione a
fiere. Nel Maggio 1994, il Gruppo riuscì ad ottenere la certificazione ISO 9001 da parte
di un organismo internazionale come il BSI (British Standards Institution), un passo
molto importante per il riconoscimento dell’assoluta affidabilità qualitativa del prodotto
del Gruppo.
Il 1995 è stato l’anno di ammissione alla borsa con il lancio dell’offerta pubblica di
sottoscrizione e di vendita di 6 milioni di titoli (1.3 milioni di stock option riservata ai
dipendenti) e di rimanenti 9 milioni destinati a investitori istituzionali italiani ed esteri al
prezzo di collocamento di 4.500 Lire. Dal 1995 Carraro intraprende un forte percorso di
crescita per linee esterne che lo porta nel giro di pochi anni ad assumere una struttura
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
146
PARTE III
operativa e organizzativa tipica di una multinazionale. Nel 1996 venne acquisita DPF
azienda di Poggiofiorito (CH), che produceva ingranaggeria, e Trenton di Frassinoro
(MO), che fabbricava e assemblava componentistica meccanica. Nel 1997 fu aperta
una filiale commerciale in Giappone per la vendita in tutto il far east e un ufficio di
rappresentanza in Turchia. Nel marzo dello stesso anno, inoltre, venne firmata una
joint-venture al 51% con Escort ltd (uno dei maggiori gruppi industriali indiani),
realizzando il primo passo verso la globalizzazione produttiva. Tale joint-venture
prevedeva la costituzione di una società (Carraro India ltd), per la produzione di
trasmissioni e assali per trattori destinati al mercato indiano. Il 1998 segnò un altro
passo importante nel processo di globalizzazione con l’acquisizione della maggioranza
della Fabryka Osi Napedowych S.A. L’acquisizione di questa società fu strategica per
la penetrazione dei mercati dell’Europa centrale ed orientale e per la possibilità di
entrare in un nuovo segmento di mercato rappresentato dagli assali pesanti per
autobus e camion. Nello stesso anno ci fu l’acquisizione dello stabilimento argentino di
Haedo, nell'area di Buenos Aires da Agco, per una più forte penetrazione dei mercati
dell'America del Sud e l’instaurazione di un rapporto di fornitura a lungo termine con
Agco su scala mondiale.
Nell’ aprile del 1999, è stata ufficializzata la costituzione di Carraro Korea Co. Ltd.,
società con sede ad Ulsan, a circa 300 Km. da Seoul, per la produzione di sistemi di
trasmissione per veicoli dedicati al material handling. Nel Giugno 2000 il Gruppo
Carraro acquisì O&K Antriebstechnik una società tedesca specializzata nella
produzione di riduttori, assali e sistemi di trasmissione per macchine "heavy duty"
(macchine da costruzione cingolate). La società acquisita è una divisione di O&K
Orenstein & Koppel AG, società controllata dal Gruppo multinazionale Case New
Holland (CNH Global N.V.) Nel Dicembre 2003 viene siglato un accordo con Same
Deutz-Fahr, uno dei maggiori costruttori mondiali di trattori, per l’acquisizione della
società A.E., con sede a Castello d’Argile (Bologna) e la fornitura di assali agricoli per
tutta la gamma trattori del gruppo Same Deutz-Fahr. L’ultimo biennio è stato
caratterizzato dal sorgere di due nuove unità produttive, nel dicembre 2004 la
costituzione
di Carraro Quingdao Drive Syistem in Cina e nel dicembre 2005
l’inaugurazione negli del secondo sito produttivo in India: Turbo Gears Ltd.
La figura 1 evidenzia alcune tappe della crescita legate all’internazionalizzazione
sottolineando i driver che hanno spinto il gruppo ad adottare una struttura globale.
Come si può notare i motivi sono sempre legati al mercato. Da un lato alcune
operazioni (es. Carraro Korea) sono state poste in essere per avvicinarsi ai maggiori
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
147
PARTE III
clienti in modo da garantire un livello di servizio elevato. Dall’altro, altre operazioni
hanno avuto come ratio fondamentale la volontà del gruppo di sfruttare le potenzialità
di alcuni mercati (es. Carraro India). Infine alcune operazioni sono state giustificate da
entrambe queste motivazioni (es. Carraro Argentina)
Fig. 1 - l’internazionalizzazione e i suoi drivers (fonte: Costa, Gubitta, 2001)
Drivers
Carraro Korea
(1999)
O&K Antrienstechnick
(1992)
Vicinanza
al cliente
Entrambi
Potenzialità
dei mercati
Carrao N.
America
(1992)
Carrao
Germania
(1995)
Ufficio Turchia
e sede Giappone
(1997)
Carraro Argentina
(1998)
Acquisizione Torrington
company
(1999)
Carraro India
(1998)
Fabryca Osi N. S.A.
(1999)
Exp e
decentramento mkt
Investimento estero
e coordinamento
Strategie di internazionalizzazione
Attualmente il Gruppo conta 13 insediamenti produttivi di cui 6 in Italia e i rimanenti
dislocati tra India, Cina, Polonia, Argentina, Germania e Stati Uniti e quattro centri di
ingegneria tra Italia, Germania e Argentina per lo sviluppo di assali e trasmissioni per
trattori agricoli, macchine movimento terra e carrelli elevatori, accanto a riduttori
epicicloidali, variatori di fase per automobili, ingranaggi e componenti meccanici.
Con una quota di mercato di circa 25% nella produzione di assali e di circa il 30% nella
produzioni di trasmissioni è leader mondiale nelle applicazioni agricole. Il Gruppo è
leader mondiale, inoltre, nel settore di applicazione “Construction Equipment”con una
quota di mercato di circa il 44%. A livello mondiale si riconoscono principalmente 2
concorrenti (ZF e Dana) che insieme a Carraro alla fine degli anni ’90 detenevano circa
il 60% del mercato della produzione di assali per le applicazioni agricole (Carraro
21%). Una quota rilevante era coperta dai captive (ossia i costruttori che continuano ad
avere parte o tutta la produzione di sistemi di trasmissione al proprio interno), con una
percentuale di circa il 28%.
Nel 2004 Carraro ha realizzato un fatturato consolidato di circa 514 milioni di Euro, con
un incremento del 31.8% sull’esercizio precedente. A questo importante risultato hanno
contribuito tutte le società del Gruppo in particolare Carraro Argentina con un aumento
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
148
PARTE III
del 44,9% e Carraro India e O&KA entrambe con un aumento del 29,8%. L’esercizio
2004 ha chiuso con un utile di 12,73 milioni di Euro in crescita del +129% rispetto
all’esercizio 2003. La tabella 1 contiene alcuni indicatori che evidenziano il percorso di
crescita e la redditività del Gruppo Carraro nel periodo 1994-2004.
Tab. 1 - Alcuni numeri del Gruppo Carraro 1994-2004
1994
156.155
1204
289
915
33.137
21,22%
10.635
7.011
7,44%
21,14%
Fatturato
Dipendenti
- impiegati, quadri, dirigenti
- Operai
CdL
CdL/Fatturato
Reddito Operativo
Utile Netto
ROA
ROE
1995
231.778
1126
294
932
38.883
16,77%
16.234
10.744
7,92%
18,94%
2003
389.874
2132
504
1628
62.262
15,97%
19.113
5.560
5,09%
19,30%
2004
513.668
2237
513
1724
68.340
13,30%
29.621
12.738
7,41%
13,42%
Il mercato di sbocco presenta una dimensione globale: l’84,2% del fatturato è infatti
rivolto all’estero, con una prevalenza del mercato del Nord America (26,5%), della
Gran Bretagna (12,3%), della Germania (12,1%), della Francia (9,5%) e del Sud
America (7,6%).
Fig. 2 - Fatturato Consolidato 2004 per principali aree di destinazione (fonte: Bilancio
Gruppo Carraro 2004)
Altri extra UE;
0,52%
Nord America;
26,53%
Italia; 15,82%
UK; 12,28%
India; 4,02%
Polonia; 2,77%
Cina; 1,18%
Sud America;
7,57%
Altri area Ue;
7,09%
Francia; 9,49%
Germania;
12,07%
Rispetto alle destinazioni di mercato del decennio precedente si ha una differenza in
negativo per l’area del Nord America alla quale nel 1997 era destinato il 38.2% del
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
149
PARTE III
fatturato (fig. 2). A contrario risulta una variazione in positivo per quelle arre che hanno
visto successivamente al 2007 la presenza attiva di stabilimenti Carraro (Germania,
Polonia, Sud America, Paesi Asiatici).
2. L’evoluzione delle competenze nella crescita del Gruppo Carraro
2.1 Le competenze organizzative
Il Gruppo Carraro dopo la ristrutturazione a metà degli anni Novanta (immediatamente
successiva alla quotazione) assunse una nuova struttura organizzativa (fig. 3). La sede
di Campodarsego mantenne una posizione centrale nel Gruppo sia per la valenza delle
sue attività produttive, sia per la concentrazione delle operazioni generali di gestione
riguardanti finanza, marketing, acquisti, qualità ricerca e tecnologia. Queste attività
furono coordinate con le altre società del Gruppo, che partecipavano alla definizione
delle linee di sviluppo, mantenendo l’autonomia per le specifiche competenze
gestionali (Costa, Gubitta 2001). La struttura organizzativa adottata può essere definita
come una struttura divisionale con accentramento di alcune funzioni critiche.
Fig. 3 - Struttura Corporate del Gruppo Carraro nel 1997 (fonte: Costa, Gubitta 2001)
Presidenza
Comitato di
presidenza
Direzione
Generale
Comitato
Operativo
Assicurazione
Qualità
Risorse
Risorse umane
umane
ee Sistemi
Sistemi
Finanza e
Amministrazione
Controllo
Controllo di
di
gestione
gestione
Direzione
Direz. Operazioni
Direz. Operazioni
Direzione
Commerciale
Assali-Trasmissioni
Automotive
Ingegneria Integrata
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
150
PARTE III
Nel settembre 2003 è stata varata l’attuale struttura organizzativa del gruppo (fig. 3),
che ora prevede cinque distinte Business Units (centri di profitto)18, fortemente
focalizzate e autonome. Le Business Unit (BU) sono responsabili del risultato operativo
del processo di ideazione, produzione e commercializzazione dei prodotti di propria
competenza, comprendono una rete di vendita (Sales & Product Planning) ed un
insieme di stabilimenti a loro dedicate. Tali BU sono coordinate da “Centri di
competenza” e da “Centri di servizi” che garantiscono innovazione e creatività, qualità
di processi e condivisione delle conoscenze.
Entrando maggiormente nel dettaglio, fanno parte della Business Unit “Drivelines” la
Carraro SpA di Campodarsego, Assali Emiliani Srl, Carraro India Ltd, Carraro
Argentina S.A., Fabryka Osi Napedowych S.A. Questi sono gli stabilimenti che hanno
in se le competenze tecnologiche e la capacità manifatturiera per focalizzare la propria
produzione sui cosiddetti “sistemi” per applicazioni agricole e industriali, ovvero su
assali e trasmissioni e sulle loro combinazioni.
La Business Unit “Drives” comprende invece lo stabilimento O&K Antriebstechnik
Gmbh & Co. KG e Carraro Quingdao Drive Syistem in Cina, costituito nel Dicembre
2004 e prossimo ad entrare operativo. Questa area di business è dedicata a prodotti
quali i riduttori per applicazioni cingolate e per macchine per la preparazione delle
strade oltre per applicazioni stazionarie, scale mobili, ascensori, tapis roulants.
La Business Unit “Components” conta i due stabilimenti SIAP SpA a Maniago e
Poggiofiorito e da luglio 2005 anche il nuovo stabilimenti indiano, è specializzata
prevalentemente nella produzione di numerose tipologie di ingranaggi per una varietà
di applicazioni, dal settore automotive a quello tessile, da quello ferroviario a quello
della robotica.
La BU “Vehicles & powertrains”, che si colloca alle dirette dipendenze del CEO del
Gruppo Carraro, ha come sede produttiva lo stabilimento Agritalia di Rovigo. Da ultima
la Business Unit “Spare Parts” presso uno stabilimento di Rovigo. A supporto delle
attività delle Business Units la nuova struttura prevede la presenza di “Centri di
competenza” e “Centri di spesa”. La prima categoria comprende le direzioni che anno
in sé le competenze strategiche utili a definire, guidare, e migliorare l’efficienza
gestionale delle Business Unit, nello specifico di questa area fanno parte le direzioni:
Group Engineering, ovvero Ricerca e Sviluppo, Business Strategy, Manufacturing
18
In origine le BU erano quattro, non esisteva l’unità di Business denominata “Vehicles & powertrains”,
presente dal 1 Aprile 2005 attraverso l’accordo d’affitto con Agritalia, controllata al 100% da Fianaid,
holding di controllo del Gruppo
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151
PARTE III
Strategy e Global Sourcing, prima conosciuta come Direzione Acquisti. Tra i Centri di
Servizio invece rientrano le direzioni: Finance, Administration & Business Control,
Human Resources, Systems & Corporate Image, Quality. Tali enti hanno il compito di
garantire il buon funzionamento delle Business Unit, supportando le stesse con i mezzi
e persone, ciascuno nel proprio ambito.
Fig. 4 - Organizzazione Gruppo Carraro (fonte: documenti interni con adattamenti)
Chairman
Board of Directors
Chief Executive Officer
Competence
Centers
Group
Engineering
Finance
Administration &
Business Control
Profit
Centers
Business
Strategy
Manufacturing
Strategy
Service
Centers
Human Resources
Systems &
Corporate Image
General Manager
Systems
Quality
Business Unit
Powertrains
& Vehicles
Business Unit
Drivelines
Business Unit
Drives
Business Unit
Components
Business Unit
Parts
Global
Sourcing
Conseguentemente alla revisione dell’organizzazione generale del Gruppo anche
l’organizzazione interna dei singoli centri e stata rivista. Per sempio al centro Global
Sourcing è stata riconosciuta non solo una funzione puramente di servizio d’acquisto
ma anche di ricerca del vantaggio competitivo. La struttura organizzativa interna del
Centro di Competenza Global Sourcing (fig. 5), prevede uno Staff Centrale con lo
scopo di assicurare un avanzamento veloce dei programmi stabiliti, attraverso
un’adeguata visibilità dei piani di Gruppo a tutte le persone responsabili del
raggiungimento degli obiettivi preposti. La funzione è distinta in cinque commodity
(categorie) di acquisto. Il Global Sourcing Commodity Manager (GSM), figura nuova
dell’organizzazione, è lo specialista di una commodity d’acquisto a livello globale. Il
valore aggiunto che può portare questa figura è la ricerca di nuove localizzazioni di
componenti in aree “cost competitive”. Tra i suoi compiti: formulazione di strategie
d’acquisto; ricerche di mercato; negoziazione con fornitori comuni e più importanti;
responsabilità dei cost reduction; coordinamento delle risorse.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
152
PARTE III
Fig. 5 - Organigramma Global Sourcing (fonte: nostra elaborazione)
Staff
centrale
Direzione
Global Sourging
Control &
System
GSM
Cast
Components
Commodity
Steel
Steel Components
Components
Commodity
Commodity
Bearings
Bearings &
& Hidraulics
Hidraulics
Components
Components
Commodity
Commodity
Auxiliary
Auxiliary &
&
Services
Services
Commodity
Commodity
Buyer
Buyer
Buyer
Buyer
A ciascuna delle quattro “Commodity” sono assegnati dei Buyer specifici in ciascuno
stabilimento del Gruppo. I buyer devono intraprendere le azioni per raggiungimento
degli obiettivi di “cost reduction”, razionalizzazione parco fornitori e ricerca di nuovi
fornitori. Oltre a questi compiti uno dei buyer per ciascun sito del Gruppo svolge il
compito d’interfaccia con il plant manager per le funzioni acquisti locali.
2.2 L’evoluzione delle competenze tecniche
La Vision del Gruppo Carraro, riportata nel Piano Strategico 2004 – 2007 dichiara:
“Vogliamo essere il miglior partner strategico per gli O.E.M. (Original Equipment
Manufacturers) un fornitore globale di tecnologia avanzata per soluzioni di guida e
sistemi integrati nell’industria dell’off-highway”.
Per essere partner strategico e mantenere questo ruolo nel tempo, il Gruppo Carraro
ha dovuto offrire un’offerta globale attraverso una sua presenza nei mercati, realizzata
attraverso l’insediamento produttivo e commerciale nei luoghi vicini a quelli dei suoi
clienti o addirittura acquisendo stabilimenti degli stessi (dal 1998 ad oggi Carraro si è
insediata in ben cinque diverse realtà mondiali), permettendo comprensione e risposta
in tempi brevi alle loro esigenze.
Con la ristrutturazione organizzativa avvenuta nel 2003 il Gruppo Carraro ha voluto
evidenziare questo ultimo concetto rendendo indipendenti le Business Unit in modo da
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
153
PARTE III
rispondere in modo personalizzato alle diverse esigenze, anche di tipo commerciale,
dei diversi clienti.
Altra leva strategica del Gruppo Carraro è l’innovazione e lo sviluppo continuo di nuovi
prodotti sempre più richiesti dai clienti. Il Gruppo Carraro ha in vestito negli anni una
quota sempre maggiore in Ricerca e Sviluppo, in media il 2.5% del fatturato totale (fig.
6).
Fig. 6 - Spese Ricerche e Innovazione Gruppo Carraro - in migliaia di Euro (fonte: Bilanci
Gruppo Carraro)
9.996
9.299
8.326
8.254 8.199
6.970 7.017
6.210
5.116
4.389
1995 1996 1997 1988 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Nel giugno del 1998 Carraro PNH di Gorizia acquisì una partecipazione del 24,9% di
ELCON, una piccola società di ricerca di Trieste con cui sono stati studiati piani di
collaborazione nel settore dell’elettronica applicata alla meccanica. Tale acquisizione
segnò un importante e necessario passo nella diversificazione anche nel campo della
ricerca, essendo indispensabile seguire sempre da vicino le innovazioni scientifiche
(soprattutto nel campo elettronico e elettrico), al fine di applicarle prontamente alla
produzione.
L’anno 2004 ha segnato la nascita di una nuova funzione denominata “Group
Engieering” con l’obiettvo strategico di fare percepire Carraro sempre più come un
partner in grado di affiancare all’offerta di componenti quella di sistemi sempre più
evoluti ed altamente tecnologici. L’ingegneria Integrata è infatti un punto chiave per
comprendere le politiche di innovazione e le performance dell’impresa.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
154
PARTE III
3. L’evoluzione della rete del valore nella crescita del Gruppo Carraro
3.1 Relazioni con i clienti
Con la focalizzazione avvenuta negli anni ’80, Carraro si è posizionata nel mercato
come first tier supplier (fornitore di primo livello) nei confronti delle grandi case
produttrici di trattori, macchine movimento terra, macchine industriali. Tali produttori
sono i principali clienti del Gruppo, che ricorrendo all’outsourcing hanno cercato
fornitori con elevata capacità progettuale e nonostante, il loro forte potere contrattuale,
sono giunti a forme di patnerships e rapporti di comarkership.
Dalla metà degli anni ’80 si assiste a rilevanti cambiamenti del mercato. Da un lato i
grandi costruttori americani avviano pesanti processi di razionalizzazione, finalizzati a
diminuire i costi di produzione, per liberare risorse destinate al supporto delle funzioni
critiche (es. politiche commerciali). Dall’altro, soprattutto nei mercati occidentali, cresce
l’attenzione per la sicurezza e le prestazioni dei mezzi, che dipende in modo
preponderante dalla qualità dei componenti. Il portato di queste tendenze porta i
produttori del settore automotive (sia fuori strada - off-highway che su strada - onhighway) a concentrarsi sulle attività critiche e accentuare il processo di
esternalizzazione della produzione della componentistica, limitandosi ad assemblare i
veicoli. La strategia seguita dal Gruppo Carraro risponde a queste esigenze: dalla
produzione di assali si passa alla progettazione dell’intero e alla fornitura dell’intero
sistema di trasmissione sviluppando competenze specifiche in ogni sua parte e
capacità di gestirne le differenti applicazioni.
Attualmente i clienti principali di Carraro si dividono in due grandi categorie: gli OEM
che operano nel settore agricolo (es. John Deere, New Holland, Agco, Same, Deutz,
Claas) e gli OEM che operano nel costruction equipment (es. Komatsu , Caterpillar,
Case). Con i clienti di questi settori di applicazione Carraro copre il 77,4% del fatturato
consolidato 2004.
Il cliente del Gruppo Carraro necessita oggi di prodotti ad alta qualità e con elevate
performance, ma anche di uno stretto rapporto di collaborazione (partnership). Per
rispondere a queste esigenze l’azienda compie ampi investimenti nell’attività di ricerca
e rende partecipe il cliente che entra direttamente negli stabilimenti della Carraro per
essere presente nelle scelte tecnologiche e nella definizione delle caratteristiche del
prodotto da fornire. Inoltre l’esigenza di globalizzazione e di localizzazione vicina agli
stabilimenti dei costruttori ha decretato il passaggio al cosiddetto parco mobile, che
presuppone una gerarchizzazione dei fornitori (first e second tier suppliers) e l’apertura
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
155
PARTE III
del parco all’inserimento di nuovi operatori per supportare la convergenza di più
tecnologie nella componentistica.
L’organizzazione e le risorse dell’azienda si sono plasmate per garantire uno standard
eccellente al cliente. Le funzioni di Product Planning in sinergia con la direzione R&D
trasversale a ciascuna delle tre Business Unit del Gruppo hanno proprio l’obiettivo di
assicurare un valido supporto alle richieste del cliente attraverso uno scambio
reciproco di informazioni ed esperienze. Nell’ottica di orientamento al cliente la
produzione è organizzata secondo criteri estremamente flessibili, una costante analisi
degli ordini ed una pianificazione delle forniture eseguite tramite evoluti applicativi
informatici, permettono di reagire velocemente ad improvvise variazioni di programma
da parte dei clienti. Oltre alla capacità di garantire prodotti evoluti, in modo competitivo
e flessibile Carraro offre ai suoi clienti prodotti di qualità. Nel 1994 ottenne la
certificazione ISO 9001 e nel 1996 ottenne il riconoscimento QS 9000, certificazione di
qualità basata sui criteri dei tre maggiori costruttori di automobili USA: Ford-ChryslerGeneral Motors. Oltre alle certificazioni ISO, Carraro ha ottenuto anche la certificazione
TS richiesta dal settore automotive.
3. 2 Relazioni con i fornitori
Il Gruppo Carraro suddivide i suoi fornitori in diretti e indiretti, i primi sono i fornitori che
forniscono prodotti usati direttamente nella produzione e selezionati in base a qualità
del prodotto/servizio, flessibilità e prezzo (Second/Third tier fornitori). Il Gruppo Carraro
ha negli anni ridotto il numero di fornitori nell’ottica di una razionalizzazione del parco di
fornitura; attualmente i fornitori di materiali e componenti sono 733. Le arre di
provenienza sono riportate nella figura 7 che mette in luce come più della metà sono
ancora fornitori Europei anche se la tendenza è quella d9 cercare nuovi fornitori nelle
aree low cost. I fornitori forniscono quattro categorie di componenti: “cost components”,
“stell componente”, “bearings & hidraulic components” e “auxiliary & service
commodity”.
All’interno di ogni categoria i fornitori sono classificati a seconda della merceologia di
materiale che forniscono. L’analisi della curva di Pareto evidenzia come, suddividendo
i fornitori in tre classi in base al valore monetario della loro fornitura, il solo 11% dei
fornitori garantisce l’80% del valore di tutti gli acquisti. Coerentemente con il passaggio
da fornitore di componenti a fornitori di sistemi integrati di trasmissioni, la rete di
fornitura di Carraro ha subito rilevanti modifiche. Diventano un fornitore di sistemi il
Gruppo di Campodarsego ha iniziato ad approvvigionarsi di componenti e moduli da
fornitori di secondo livello.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
156
PARTE III
Fig. 7 - Aree di provenienza fornitori Gruppo Carraro (fonte: Bilanci budget Acquisti 2005)
Asia
11%
Nord America
2%
America Latina
13%
Europa Centrale
13%
Europa Occidentale
61%
Questo ha provocato un allungamento della filiera (gerarchizzazione) con la creazione
di uno stadio aggiuntivo e ha spinto l’azienda a selezionare i fornitori in modo da
avviare rapporti di partnerhsip solo con alcuni di essi. Attualmente i prodotti strategici
sono costituiti da moduli ad alta tecnologia forniti dai fornitori di secondo livello con i
quali è necessario stabilire rapporti collaborativi caratterizzati da contratti pluriennali e
dalla condivisione del rischio di business. I rapporti con questi fornitori sono inquadrati
all’interno di una decisa ottica di globalizzazione a livello di corporate strategy ma
anche di investimento per rendere i rapporti maggiormente interattivi e spesso di
comakership (termine con cui si intende un rapporto evoluto fornitore-cliente).
Nella figura 8 sono indicate le fasi svolte internamente ed esternalizzate da parte di
Carraro S.p.A. (plant di Campodarsego). Dal 1995, il grado di integrazione verticale è
rimasto invariato tranne che per la verniciatura, che proprio dal 2005 è stata
esternalizzata.
Fig. 8 - Make or Buy
Fase
1995
Realizzazione componenti
2005
Buy
buy
make/buy
make/buy
Assemblaggio
Make
make
Verniciatura
Make
buy
Lavorazioni meccaniche
Il Gruppo Carraro, al fine di rendere più facile e tempestivo il rapporto con i suoi
principali fornitori, ha attivato per la loro gestione dal 2002 “Carraro Private Network”,
portale Internet degli acquisti nato dalla collaborazione fra Carraro, Esa Net e
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
157
PARTE III
Finmatica (ora AF soluzioni). Il sistema EDI “Electronic Data Interchange” del Gruppo
Carraro utilizza un sito extranet accessibile tramite il sito internet del Gruppo e quindi
non richiede un significativo investimento in tecnologia permettendo l’acceso con il
passare del tempo a tutti i fornitori. Potenzialità di CPN sono la gestione di Rdo,
Offerte, Ordini, listini e disegni, ma anche l’integrazione e condivisione tra fornitori e
logistica dei programmi di produzione, nonché degli indicatori del livello di servizio,
condivisione delle politiche e degli indicatori di qualità, comunicazione d’informative e
statistiche.
4. Strategie di crescita: tra passato e futuro
Molte delle decisioni assunte dal Gruppo Carraro negli ultimi anni sono coerenti con lo
scenario competitivo in cui l’azienda opera.
In primo luogo il processo di focalizzazione (avviata nel 1983 con la focalizzazione del
sito di Campodarsego sugli assali) è coerente con la strategia di esternalizzazione
seguita dagli OEMs. Il percorso sulla qualità iniziato a metà degli anni ’80 ha portato il
Gruppo a ottenere diverse certificazioni, condizione necessaria per diventare
interlocutori privilegiati dei grandi produttori mondiali di macchine agricole e movimento
terra. Il processo di diversificazione avviato con l’acquisizione di Siap e la successiva
creazione del polo dell’ingranaggeria, era necessario per passare da fornitore di
componenti a fornitore di moduli. La politica di gestione dei fornitori con la quale
Carraro formalizza la procedura di qualificazione dei suoi fornitori, è il presupposto per
diventare un fornitore di primo livello (first tier supplier), che organizza una rete di
fornitori di secondo livello e quindi candidarsi a diventare un fornitore di sistemi. Infine il
processo di globalizzazione ha portato il Gruppo Carraro a diventare un player
mondiale con stabilimenti sparsi in tutto il mondo sia per garantire un adeguato livello
di servizio al cliente sia per godere dei vantaggi comparati offerti dai vari paesi.
La strategia di crescita futura sarà orientata a rafforzare questa posizione di leadership
nella fornitura di sistemi di trasmissione nel settore dell’off highway e a crescere il
posizionamento nel settore dell’on hihgway. La diversificazione in questo segmento,
iniziata nel 1986 con l’acquisizione di OMG, ha l’obiettivo di entrare in un business ad
elevata redditività, sfruttando le sinergie tecnologiche con il settore tradizionale del
Gruppo. Diversificando la produzione, il Gruppo risucirebbe inoltre a ridurre la propria
dipendenza dall’andamento del settore agricolo e di macchine industriali che durante
gli ultimi anni ha mostrato qualche segnale di cedimento.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
158
PARTE III
IL CASO GRUPPO MASTROTTO
1. Il percorso di crescita
1. 1 Le origini
L’azienda fondata da Arciso Mastrotto nasce nel 1958 come “Conceria Mastrotto”. La
famiglia Mastrotto all’epoca fu una delle prime a dedicarsi alla lavorazione della crosta,
un sottoprodotto della pelle che non aveva a quel tempo nessun valore di mercato.
Fino a quel momento, della pelle destinata in particolare al settore della calzatura,
veniva quindi lavorato il fiore, parte superiore e più pregiata, mentre la crosta, la parte
inferiore, veniva scartata.
La famiglia Mastrotto ebbe quindi l’abilità di vedere della crosta non solo le potenzialità
d’uso, ma di sfruttare anche la facilità di reperimento dalle altre concerie locali sul
territorio che la producevano come materiale di scarto. Inoltre, poiché il valore
intrinseco di questo prodotto era modesto, richiedeva un basso impegno finanziario.
L’azienda entra così nel mercato delle pelli per calzatura, in particolare destinate alle
scarpe scamosciate, da ginnastica e da trekking dove poteva essere utilizzata la
crosta.
Nel 1981 il bilancio dell’azienda si chiude già con 19 miliardi delle vecchie lire di
attivo19. Un tale successo si deve al fatto che la Conceria Mastrotto è stata la prima, ed
all’inizio, unica azienda ad utilizzare la crosta. Ciò ha permesso una notevole crescita
dell’impresa soprattutto tra gli anni ‘80 e fino alla metà degli anni ‘90, quando
l’esperienza accumulata nel settore, le tecnologie di prodotto utilizzate e l’avvento della
moda delle scarpe da tennis bianche20 e delle scarpe da trekking scamosciate di vari
colori, hanno garantito all’azienda una considerevole espansione sul mercato.
19
Intanto nel 1975 Arciso Mastrotto si ritira e decide di lasciare l’azienda in mano ai figli.
Per la produzione di scarpe da tennis bianche era stata sviluppata una tecnologia in grado di “spalmare”
sopra la crosta un prodotto poliuretano.
20
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
159
PARTE III
La maggior parte delle vendite, in questa prima fase d’espansione avvengono
comunque sul mercato italiano21.
1.2 Gli anni dello sviluppo
Fino alla metà degli anni ‘90 il settore progrediva e la domanda trainava l’offerta. La
Conceria Mastrotto aveva ormai raggiunto fatturati di 120-140 miliardi, ed era limitata
nella sua espansione da capacity constrain, cioè da una capacità produttiva ormai
saturata.
È quindi a partire dagli anni ‘90 che avvengono i primi importanti cambiamenti. La
conduzione della Conceria Mastrotto che era in mano ai 5 figli di Arciso passa ai due
soli fratelli Bruno e Santo, mentre gli altri tre fratelli lasciano l’azienda e costituiscono,
capeggiati da Rino Mastrotto, un nuovo gruppo sempre nel settore delle pelli (Rino
Mastrotto Group).
Prima che i fratelli Rino Mastrotto, Angelo e Mario decidessero di fare un percorso
diverso da quello dei due fratelli Bruno e Santo22, era già iniziato in realtà da parte della
famiglia Mastrotto un percorso di sviluppo dettato soprattutto dalle varie opportunità
che si venivano con il tempo a creare sul mercato. La famiglia Mastrotto aveva infatti
costituito alla fine degli anni ’60 la Basmar una conceria per il settore calzaturiero con
sede a Trissino (passata poi a Rino Mastrotto).
Sempre insieme i fratelli Mastrotto avevano acquisito poi la conceria Calbe della
famiglia Celadon23
e la Conceria Brusarosco24. Anche queste passate più tardi
ambedue al gruppo di Rino Mastrotto. Nel 1989, allo scopo di diversificare la
produzione, viene creata, da Santo e Bruno Mastrotto, la Midac, una società di Soave
che produce batterie elettriche per trazione, avviamento e stazionarie e che oggi ha un
fatturato di circa sessanta milioni di euro.
È comunque a partire dagli anni ‘90 che i due fratelli Bruno e Santo, rimasti alla
conduzione della Conceria Mastrotto, decidono di intraprendere un percorso di crescita
importante acquisendo altre realtà del settore. Con l’acquisizione di altre aziende la
produzione esce dal solo ambito calzaturiero e inizia a rivolgersi anche al settore
dell’arredamento e della carrozzeria.
21
I mercati più importanti per l’azienda erano la zona di Barletta, dove si producevano scarpe da tempo
libero, di Montebelluna, e poi di Verona.
22
Oggi Rino Mastrotto Group comprende le concerie Basmar, Brusarosco, Calbe, Galassia, Mipel, Pomari
e Calbe Sud.
23
Una delle più grosse concerie ad Arzignano.
24
La più vecchia conceria di Arzignano
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
160
PARTE III
In quegli anni infatti la società godeva di buona salute sotto il profilo economico
finanziario, e gli utili supportavano la crescita. Anche se il mercato stava cambiando
soprattutto a causa della nuova concorrenza da parte di Paesi emergenti, la possibilità
di avere capitale da investire ha comunque favorito l’acquisizione di altre realtà
produttive da parte della Conceria Mastrotto. I motivi che hanno spinto la crescita sono
legati in particolare alla scelta di entrare in settori diversi dal calzaturiero, quale
l’arredamento e la carrozzeria che hanno permesso un ampliamento della gamma e
una divisione del rischio di mercato.
Nel 1996 viene così costituita una nuova società, Mastrotto Italia25, che si specializza
nella produzione di pelli per l’arredamento e nella fase finale del ciclo di lavorazione
(rifinizione delle pelli) e viene lasciata la conduzione a Fabio Soldà, marito di una figlia
di Bruno Mastrotto.
Quello dell’arredamento era un settore che in quegli anni era in fase di espansione.
L’azienda di nuova costituzione ha quindi avuto un successo abbastanza immediato
anche perché, dal punto di vista produttivo, la lavorazione richiesta per i prodotti in
pelle destinati all’arredamento era basata su tecnologie più semplici, ed era quindi
facilmente avvicinabile da chi, come Mastrotto, proveniva da un’esperienza nel settore
più complesso della calzatura. Da questa esperienza positiva nasce poi l’opportunità di
acquisire un’azienda, la Tecnoconciaria, che già operava nel settore dell’arredamento
e che viene così incorporata nella Mastrotto Italia26. L’opportunità di crescita questa
volta viene colta sotto un profilo più strategico perché l’azienda acquisita, avendo un
ciclo completo di lavorazione, aveva anche la prima fase di lavorazione della pelle (wet
blue, semilavorato, fino alla produzione del crust), diversamente dalla Mastrotto Italia
che era invece specializzata nella fase di rifinizione.
Dopo questa acquisizione Mastrotto Italia si trovava in possesso quindi di due
stabilimenti nella zona industriale di Arzignano: uno in Via Terza Strada, e uno in Via
Quinta Strada per la fase di rifinizione27. Sempre intorno a quegli anni, Graziano
25
Inizialmente Mastrotto Italia è nata come reparto produttivo della Conceria Mastrotto e solo in seguito è
divenuta una società autonoma fino alla fusione nel 2003
26
Mastrotto Italia ha acquisito anche Linea Pelle, che inizialmente era una società operativa che effettuava
l’asciugaggio della pelle per Mastrotto in conto terzi. Linea Pelle mantiene oggi solo la proprietà del
fabbricato industriale in locazione alla Mastrotto Italia, mentre a quest’ultima è stato ceduto di Linea Pelle
interamente il ramo aziendale.
27
Lo stabilimento in Terza strada è stato poi ampliato. È stata istituita una linea di commercializzazione
differenziata per le pelli di arredamento con il marchio Tecnoconciaria, mentre Mastrotto Italia riceveva le
pelli già conciate dalla Tecnoconciaria e le rifiniva come pelli di arredamento con il marchio Mastrotto
Italia.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
161
PARTE III
Mastrotto, figlio del sig. Santo Mastrotto aveva inoltre costituito la Duma S.p.a.28, per la
lavorazione delle pelli rivolte al settore arredamento. Seguendo questa strada viene poi
acquisita e incorporata nella Duma un’altra società, la Ellepi, presente non solo nel
settore delle pelli di arredamento, ma anche nel settore delle pelli per la carrozzeria. La
carrozzeria era un settore vicino al settore dell’arredamento dal punto di vista
produttivo, ma molto più difficile dal punto di vista tecnologico. La decisione di acquisire
l’azienda Ellepi è stata dettata soprattutto dall’intenzione di arrivare ad una
completezza nelle lavorazioni del settore conciario.
Alla fine degli anni ‘90 inizio 2000 erano state costituite pertanto, da una parte del ramo
familiare Mastrotto, tre Società:
-
la Conceria Mastrotto S.p.a., specializzata nella produzione di pelli per
calzature e nella lavorazione della crosta29 e del Wet Blue;
-
Duma S.p.a., con acquisita e la società Ellepi che produce pelli30 per
arredamento e per carrozzeria;
-
Mastrotto Italia, con acquisita ed incorporata Tecnoconciaria, specializzata nella
produzione di pelli31 per arredamento32.
1. 3 I primi sviluppi sui mercati internazionali
A partire dal 2000, con l’entrata in azienda della generazione più giovane della
famiglia, il Gruppo inizia inoltre un percorso di crescita internazionale, attraverso lo
sviluppo di unità produttive all’estero in Brasile, in Croazia e da ultimo in Indonesia.
Alla fine degli anni 90, inizi del 2000, la crescente presenza di Paesi concorrenti come
la Cina, l’India, la Corea cambia seriamente la situazione sul mercato. Il mercato delle
materie prime inizia ad oscillare accentuando in alcuni momenti le difficoltà nel
reperimento della pelle da lavorare. Per Mastrotto era quindi in questo periodo
estremamente importante avere una fonte di approvvigionamento che fosse continua,
per mantenere un equilibrio nel ciclo produttivo.
28
La Duma spa viene costituita nel 1995.
A partire dal 2002, soprattutto a causa della concorrenza di paesi come la Cina nei prodotti lavorati della
crosta, anche nella conceria Mastrotto si inizia ad introdurre la lavorazione del fiore per calzatura che oggi
rappresenta circa il 30% del fatturato.
30
Lavorazione del fiore.
31
Lavorazione del fiore.
32
Per un certo periodo la produzione si è rivolta anche alle pelli per abbigliamento. Essendo però un
settore in cui la concorrenza di paesi quali India e Cina è molto aggressiva, la produzione è stata
abbandonata. Nell’abbigliamento sono inoltre richieste la lavorazione di pelli particolari (es. caprine e
ovine), mentre Mastrotto ha sempre mantenuto la lavorazione di pelli bovine.
29
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
162
PARTE III
In azienda si era nel frattempo inserita la generazione più giovane della famiglia
Mastrotto che ha contribuito a far iniziare all’azienda un percorso di crescita diverso,
relativo alla presenza del Gruppo all’estero.
All’inizio l’Azienda, per poter accedere direttamente alla materia prima, si era
concentrata a valutare il possibile sviluppo di un’unità produttiva in paesi come
Argentina o Austrialia. Nel 2000 la scelta ricade però sul Brasile, il Paese con la
maggior produzione mondiale di pelli che potevano adattarsi bene per i mercati di
sbocco dell’arredamento. La decisione di avere un’unità produttiva su questo mercato
era stata dettata anche dalla possibilità di trarre vantaggio dal più basso costo del
lavoro e soprattutto dalla vicinanza di un importante mercato di sbocco per i prodotti
conciari dell’arredamento: gli Stai Uniti. In quel periodo c’era inoltre la possibilità di
sfruttare accordi favorevoli in termini doganali fra Brasile e Usa. Viene quindi decisa la
costituzione ex novo di una conceria in Brasile sfruttando però le tecnologie italiane.
Bruno e Santo Mastrotto poi, avendo intuito che in Italia il mercato di fascia bassa per il
settore arredamento si andava via via assottigliando a causa del prezzo concorrenziale
di altri Paesi, avevano deciso di far muovere lo stabilimento brasiliano su questa fascia
di mercato con l’intenzione di mantenere ad Arzignano la produzione di più alta qualità.
La decisione strategica è stata quindi di costruire una conceria che potesse svolgere il
ciclo produttivo in modo completamente autonomo, partendo dalla materia prima ed
arrivando al prodotto finito.
Nel 2001 viene quindi costituita una joint venture33 (Mastrotto Reichert s.a.) a
Cachoeira nello stato di Bahia con un partner locale che possiede numerosi ed
importanti calzaturifici. Questo partner era solido sotto il profilo finanziario, con una
buona conoscenza della pelle, sebbene legata al prodotto finito, ed era interessato a
svilupparsi anche nel settore della concia. Per la nuova costituzione della conceria
viene utilizzato un fabbricato di 34 mila metri quadrati e viene sviluppato un impianto
che permette di produrre a regime fino a 6000 pelli al giorno. Vengono inoltre divisi i
compiti fra i soci: mentre il partner brasiliano doveva occuparsi dell’aspetto di carattere
gestionale e amministrativo, la Conceria Mastrotto doveva invece occuparsi
dell’aspetto più tecnico-produttivo. La realizzazione di un progetto di così ampia
dimensione ha comunque incontrato alcune difficoltà. La prima dal punto di vista
tecnico, legata al capitale umano specializzato che doveva dare supporto al personale
33
La joint venture di nuova costituzione ha potuto usufruire di un accordo con il governo regionale per
l’ottenimento di contributi per un periodo di 14 anni.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
163
PARTE III
brasiliano per la realizzazione soprattutto della parte tecnologica. Per Mastrotto era
infatti difficile mandare i propri tecnici migliori così lontano essendo risorse strategiche
per la sede di Arzignano. Inoltre vi era anche una scarsa propensione alla mobilità dei
tecnici italiani rispetto ad una regione del Brasile molto isolata.
La conceria brasiliana, in cui oggi sono impiegate circa 800 persone, ha sempre avuto
degli utili superiori al 10%, ma non ha ancora raggiunto una capacità produttiva tale da
poter essere autonoma sul mercato e poter rispondere a pieno alle strategie previste.
Nel frattempo nel 2000 la famiglia aveva acquisito un’importante conceria in Croazia,
nei pressi di Zagabria. Qui la possibilità di reperimento dell’acqua in loco, strategica per
il settore della concia, ha permesso ai Mastrotto di utilizzare la conceria per la prima
fase di lavorazione dal grezzo fino al wet blue nel settore delle pelli di arredamento e
della carrozzeria.
Per quanto riguarda alcuni settori come la carrozzeria e la calzatura il passaggio della
pelle grezza alle prime fasi di lavorazione è strategico per un’azienda conciaria, per
creare un prodotto di qualità. Nella prima fase di avviamento in Croazia sono così stati
ristrutturati gli impianti di produzione, e oggi è in corso l’ampliamento della fase di
lavorazione che permetterà di sfruttare il vantaggio del minor costo della manodopera
anche per le fasi più a valle34. Questa unità produttiva conta oggi un centinaio di operai
e ha una capacità di lavorazione di circa 2500 pelli giornaliere.
In questo caso diversamente dall’esperienza brasiliana, la possibilità di acquisire
un’azienda già avviata ha permesso di avvalersi fin da subito di alcune competenze di
carattere tecnico, critiche per garantire una buona qualità della lavorazione. Inoltre la
vicinanza del paese non solo geografica, ma anche culturale, alla base di Arzignano ha
permesso e tuttora permette ai tecnici di Mastrotto di seguire senza particolari difficoltà
anche questa azienda, e di occuparsi della formazione dei tecnici croati e del
personale in loco, garantendo così un maggior e più facile trasferimento di conoscenze
dalla base alla nuova unità produttiva.
1. 4 La costituzione del Gruppo Mastrotto e il proseguo del percorso di
internazionalizzazione
Negli anni 2001-2002 la famiglia Mastrotto si convince che avendo ad Arzignano più
società nello stesso settore poteva essere interessante recuperare alcune economie di
34
Parte della fase di asciugaggio delle pelli ad Arzignano verrà trasferita in questa sede produttiva.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
164
PARTE III
scala soprattutto legate all’accorpamento di alcune attività comuni35. Nel 2003 avviene
così la fusione tra la Conceria Mastrotto, Mastrotto Italia e Duma rimaste fino a quel
momento dal punto di vista giuridico tre realtà aziendali separate. Viene quindi istituito
il Gruppo Mastrotto Spa e vengono concentrati alla Conceria Mastrotto i servizi
amministrativo, acquisti, controllo di gestione e personale. La struttura del Gruppo
viene organizzata in modo multidivisionale e pur con la fusione vengono mantenuti i
vari stabilimenti produttivi e vengono mantenute diversificate anche le linee di vendita e
le linee produttive.
L’evoluzione del fatturato e degli occupati dal 1995 al 2004
1995
Conceria
Mastrotto
Fatturato
in lire
Dipendenti
Duma
Fatturato
in lire
Dipendenti
2000
155
miliardi
di lire
241
81
miliardi
di lire
87
2004
Conceria
Mastrotto
Fatturato in
lire
142 miliardi
di lire
Gruppo
Mastrotto
Fatturato
in euro
Dipendenti
269
Dipendenti
Duma
Fatturato in
lire
2005
209 milioni
(escluso
società estere)
Gruppo
Mastrotto
Fatturato
in euro
(previsioni)
619
Dipendenti
250
milioni
696
173,5
miliardi di
lire
Dipendenti
205
Mastrotto
Italia
Fatturato in
lire
203 miliardi
di lire
Dipendenti
165
Oggi il gruppo in Italia conta quasi 700 dipendenti ed un fatturato di circa 250 milioni di
euro36. Se comunque negli ultimi anni la crisi generale del mercato conciario italiano ha
visto una limitata crescita dei fatturati, nell’ultimo anno sia il numero di dipendenti, che
il fatturato è cresciuto in modo cospicuo. Questo probabilmente è dovuto alla recente
35
Anche prima della fusione la Conceria Mastrotto agiva già da capogruppo per quanto concerne
l’assistenza connessa agli aspetti di carattere amministrativo, gestionale e finanziario sia della Mastrotto
Italia, sia della Duma.
36
Recentemente è nata poi un’altra società del gruppo: la Mtech specializzata nel campo
dell’abbigliamento ed accessori sportivi in pelle per motociclisti che fattura oggi circa 3 milioni di euro.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
165
PARTE III
ripresa del mercato della calzatura, alle politiche di ottimizzazione degli acquisti, e
all’influenza delle nuove strategie commerciali messe in atto.
Nel 2005 il Gruppo Mastrotto, perseguendo gli obiettivi di crescita sui mercati
internazionali, decide inoltre di costituire una conceria per pelli di arredamento e
calzatura anche nei paesi del Far East, ed in particolare in Indonesia, sfruttando il fatto
che da 4 anni era presente nell’area un’importante cliente del gruppo divenuto poi il
partner37 di questo progetto. Nasce Mastrotto Indonesia pt. La scelta si rivela strategica
per penetrare il mercato interno, in via di sviluppo, soprattutto per la carrozzeria per
auto38. Inoltre, la posizione scelta permette di sfruttare la vicinanza di paesi come la
Malesia e il Vietnam altri importanti mercati di sbocco in espansione, o come la Cina,
quest’ultima importante soprattutto per il settore arredamento39.
Forti dalla prima esperienza in Brasile, la nuova unità produttiva viene sviluppata di
dimensioni molto più limitate e vengono trasferiti dalla sede di Arzignano tre tecnici
molto esperti con un contratto di permanenza di due anni. Fra la sede di Arzignano e la
nuova unità produttiva avviene inoltre un continuo e costante rapporto di scambio di
conoscenze tra i tecnici trasferiti e quelli rimasti in sede, favorendo una più facile
soluzione dei problemi soprattutto tecnici di lavorazione. Personale indonesiano è stato
poi chiamato per un’esperienza di alcuni mesi in Italia, favorendo così processi di
apprendimento legati alle conoscenze contestuali del luogo.
La Conceria di nuova costituzione in Indonesia conta oggi 60 dipendenti, e sebbene di
recente nascita, sta rispettando gli obiettivi prefissati. Per il prossimo anno Mastrotto
vede la possibilità di raggiungere i 100 dipendenti.
Il Gruppo Mastrotto conta poi molte unità commerciali all’estero, soprattutto nel
mercato statunitense, canadese, polacco e cinese.
37
Il partner seguirà la parte commerciale, mentre l’aspetto tecnico e l’attività di acquisto rimane gestita da
Mastrotto. La tecnologia delle macchine è sempre di Mastrotto.
38
In Indonesia e nei paesi vicini sta avvenendo un processo di decentramento di fabbriche giapponesi,
cinesi e coreane nel settore automobilistico garantendo in questo modo al settore delle pelli per
carrozzeria un importante mercato in espansione. La tecnologia italiana nella lavorazione della pelle è
inoltre molto apprezzata in questi mercati.
39
In Indonesia la conceria avendo la possibilità di ottenere dall’unità produttiva in Brasile il semitermitato
svolge le ultime fasi di lavorazioni della pelle.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
166
PARTE III
Box 1 – Il percorso di crescita dal 1995 al 2005
1995
2000
Conceria Mastrotto
2005
Gruppo Mastrotto:
Conceria
Mastrotto spa
Divisione
Conceria Mastrotto
Duma
Divisione
Duma spa
Elle Pi
Duma
Divisione
Mastrotto Italia
Mastrotto Italia
Tecnoconciaria
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
167
PARTE III
Box 2 – I processi di Internazionalizzazione intrapresi dal gruppo
2. L’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione
A livello organizzativo la famiglia Mastrotto ha sempre mantenuto la conduzione
dell’azienda. I ruoli chiave sono quindi rimasti presidiati dalla proprietà. Anche con la
fusione all’interno del Gruppo i componenti della famiglia hanno quindi scelto di
mantenere la conduzione dell’azienda e non introdurre manager esterni per i ruoli più
alti di direzione40 .
La Conceria Mastrotto rimane gestita ancora dai due fratelli Bruno e Santo, ma è a
partire soprattutto dagli anni 2000, che la nuova generazione della famiglia inizia a
presidiare alcuni ruoli direzionali.
Lo sviluppo delle competenze manageriali in ambito familiare è avvenuto attraverso un
percorso di in gran parte di apprendimento interno. Sia Chiara Mastrotto, nuovo
direttore commerciale della Conceria Mastrotto, che Rossella Mastrotto, nuovo
direttore amministrativo del Gruppo, sono oggi affiancate dai rispettivi ex direttori di tali
funzioni della Conceria Mastrotto che hanno oggi il compito di trasmettere le proprie
conoscenze al fine di agevolare il passaggio dei compiti direzionali. Allo scopo di
40
Alla Midac, azienda elettromeccanica della famiglia, sebbene siano garantite sinergie con il gruppo a
livello amministrativo, organizzativo e di controllo di gestione, la scelta è stata invece di introdurre nella
conduzione manager esterni, essendo l’azienda attiva in un settore diverso da quello conciario, in cui
l’esperienza familiare non è particolarmente rilevante per il presidio dei ruoli chiave.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
168
PARTE III
implementare le competenze manageriali la famiglia Mastrotto è supportata, a seconda
delle esigenze, da qualificati Studi di Consulenza esterni.
Il presidio dei ruoli direzionali da parte della nuova generazione:
Settore commerciale
Direzione commerciale della
Conceria Mastrotto: Chiara
Mastrotto
Percorso di apprendimento
interno con affiancamento dell’ex
direttore commerciale
Settore amministrativo
Direzione amministrativafinanziaria del gruppo Mastrotto:
Rossella Mastrotto
Percorso di apprendimento
interno con affiancamento dell’ex
direttore amministrativo
Con l’avvenuta fusione la struttura del Gruppo risulta oggi di tipo multidivisionale, con
l’accentramento di alcune funzioni critiche:
Servizi accentrati:
- ufficio amministrativo (Dott.ssa Rossella Mastrotto)
- ufficio acquisti41 (Sig. Santo Mastrotto e Sig.ra Renata Sartori)
- ufficio controllo di gestione, ufficio Risorse Umane e Personale42, EDP 43 (Sig. Menon
Lucio)
Divisioni:
Conceria Mastrotto S.p.a. - Gestione: Bruno e Santo Mastrotto
Mastrotto Italia S.p.a. – Gestione: Fabio Soldà (marito di Rossella Mastrotto, figlia di
Bruno Mastrotto)
Duma S.p.a. – Gestione: Graziano Mastrotto (figlio di Santo Mastrotto)
Nella crescita dell’azienda fondamentali sono state comunque le competenze familiari
e in particolare il connubio tra le diverse competenze presidiate fin dal principio dai due
fratelli Bruno e Santo. Bruno Mastrotto si è sempre occupato delle questioni di
carattere amministrativo e commerciale, interessandosi soprattutto ai processi di
vendita, mentre Santo Mastrotto si è sempre occupato delle questioni di carattere
tecnico legate al prodotto e quindi all’attività d’acquisto della materia prima.
41
L’area acquisti gestisce gli approvvigionamenti anche delle filiali estere in Brasile e in Indonesia.
Nell’ufficio personale, cui responsabile è il sig. Menon, sono impiegate tre persone.
43
Per quanto riguarda il controllo di gestione, per facilitare la gestione e lo scambio tra le varie unità del
gruppo, l’azienda utilizza un sistema ERP (SAP) oggi in fase di implementazione.
42
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
169
PARTE III
L’evoluzione dell’organigramma aziendale
1995
Conceria Mastrotto: squadra manageriale/ruoli chiave:
Direzione
Generale
Bruno e Santo
Presidio area amministrativa
e commerciale
Bruno Mastrotto
Dott. Castelli
Responsabile
finanziario
Amministrativo
Presidio area acquisto e
produzione
Santo Mastrotto
Sig. Menon
Responsabile controllo
gestione area tecnica e
produttiva
Direttore
Commerciale
2005
Gruppo Mastrotto: squadra manageriale/ruoli chiave:
Consiglio di Amministrazione
Bruno Mastrotto, Santo Mastrotto,
Graziano Mastrotto, Fabio Soldà
Direzione amministrativa –
finanziaria
Dott.ssa Rossella Mastrotto
Divisione
Conceria Mastrotto
(Bruno e Santo Mastrotto)
Area
Produzione
Area
commerciale
Avv. Chiara
Mastrotto
Direzione controllo di
gestione, EDP, personale
R.U.
Divisione
Duma
(Graziano Mastrotto)
Area
Produzione
Area
Commerciale
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
Direzione acquisti
Sig. Santo Mastrotto e
Sig.ra Renata Sartori
Divisione
Mastrotto Italia
(Fabio Soldà)
Area
produzione
Area
Commerciale
170
PARTE III
Nella crescita dell’azienda fondamentali sono state comunque le competenze familiari
e in particolare il connubio tra le diverse competenze presidiate fin dal principio dai due
fratelli Bruno e Santo. Bruno Mastrotto si è sempre occupato delle questioni di
carattere amministrativo e commerciale, interessandosi soprattutto ai processi di
vendita, mentre Santo Mastrotto si è sempre occupato delle questioni di carattere
tecnico legate al prodotto e quindi all’attività d’acquisto della materia prima.
“Il signor Bruno, che per competenze si occupava delle vendite, riusciva ad indirizzare
gli acquisti sapendo cosa era necessario per il mercato. Il signor Santo, che invece
conosceva bene la pelle, sapeva da chi acquistare e ottenere così particolari rese sulla
pelle. Anche in termini qualitativi, sulla base delle esigenze di mercato, lui sapeva
quale pelle andava acquistata su quale mercato, paese e fornitore. Questo è stato un
elemento vincente, perché per le aziende conciarie la conoscenza del prodotto rimane
un fattore strategico”.
Nel settore conciario la materia prima (pelle e prodotti chimici) rappresenta circa il 65%
del costo del prodotto, e la scelta della qualità vincola il tipo di lavorazione e la tipologia
del prodotto finale. In questo settore la scelta delle pelli è quindi uno dei fattori di
vantaggio competitivo. Il prodotto in pelle che viene lavorato dipende dal percorso
produttivo e tecnologico sviluppato su una certa materia prima, sulle conoscenze e
sulla condivisione di conoscenze fra chi acquista e chi vende.
Questa divisione di competenze da parte dei due imprenditori nelle due aree che sono
considerate più critiche per le aziende conciarie, e il continuo rapporto di scambio
quotidiano delle informazioni che avviene anche sulla base di un rapporto familiare,
sono state quindi una leva fondamentale nel percorso di crescita.
Questo tipo di conoscenze sono le core competences dell’azienda, che non si
riproducono solamente attraverso l’acquisizione di competenze tecniche, ma
soprattutto attraverso l’apprendimento di una conoscenza tacita che può essere
ottenuta solo attraverso l’esperienza legata strettamente all’attività aziendale44. Questo
è uno dei motivi per cui al Gruppo Mastrotto la conoscenza viene riprodotta soprattutto
attraverso l’esperienza produttiva, contestuale e familiare. Tuttavia, l’apprendimento
solo attraverso esperienza interna o trasferimento di conoscenze acquisite tramite
processi di learning by doing tra persone, soprattutto nelle competenze non legate
all’attività strettamente manifatturiera, può precludere la via a importanti processi di
44
Santo Mastrotto si sta oggi occupando di trasferire le proprie conoscenze ad alcune persone che
lavorano in azienda, in modo da garantire una continuità nel presidio del knowledge strategico.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
171
PARTE III
contaminazione con l’esterno, che possono garantire una maggior conoscenza delle
problematiche attuali e dare impulso ad importanti processi innovativi.
La presenza oggi in azienda della terza generazione della famiglia ha comunque dato
un impulso positivo allo sviluppo e miglioramento delle competenze commerciali e di
marketing. L’entrata di Chiara Mastrotto, ad esempio, nel settore commerciale,
coniugato ad un potenziamento del personale adibito all’attività, ha permesso di
modificare in modo positivo la struttura commerciale tradizionale, indirizzando l’azienda
verso i processi di internazionalizzazione.
Evoluzione dell’organico
31/12/1995
Conceria
Mastrotto
Dirigenti
Quadri
Impiegati
operai
1
0
35
205
Duma
Dirigenti
Quadri
31/12/2000
Conceria
Mastrotto
Dirigenti
3
Quadri
Impiegati
operai
0
41
225
31/10/2005
Gruppo
Mastrotto
Dirigenti
Quadri
11
11
Impiegati
120
operai
554
Duma
0
0
Dirigenti
3
Quadri
0
Impiegati
16
Impiegati
33
Operai
71
Operai
Mastrotto
Italia
Dirigenti
169
% operai sul totale dipendenti:
84%
2
Quadri
Impiegati
0
24
Operai
139
% operai sul totale dipendenti:
83%
% operai sul totale dipendenti:
79,5%
Con la fusione delle aziende del Gruppo Mastrotto e con lo sviluppo negli ultimi anni
dell’attività di internazionalizzazione stanno avvenendo alcuni cambiamenti nell’ambito
delle risorse umane. Negli ultimi anni il Gruppo ha aumentato il numero di dirigenti,
quadri e impiegati45 in corrispondenza quindi di un’aumentata necessità di presidiare in
modo più mirato le attività amministrative, gestionali e commerciali di una struttura
cresciuta non solo dimensionalmente ma anche qualitativamente nei rapporti con la
propria catena del valore. In particolare per l’attività gestionale fondamentale è stata
45
L’incremento del numero di impiegati dipende non solo dall’assunzione di nuovo personale ma di una
crescita professionale interna da parte di alcuni operai.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
172
PARTE III
l’implementazione del sistema informatico. Annualmente viene svolta poi un’attività di
monitoraggio sulle performance dei dipendenti. La crescita professionale dei dipendenti
avviene comunque ancora soprattutto attraverso i percorsi di apprendimento interno46,
anche perché la percentuale di operai sul totale dipendenti mostra come le
competenze manifatturiere siano rimaste assolutamente prevalenti.
Nel corso degli anni la decisione di presidiare comunque tutte le fasi di lavorazione
necessarie per avere un controllo sulla qualità della produzione ha comportato un
aumento del grado di integrazione in particolare in Mastrotto Italia. Mastrotto Italia,
acquisendo la Tecnoconciaria, ha integrato l’attività di rifinizione con le lavorazioni a
monte. L’acquisizione poi del ramo aziendale della Linea Pelle, azienda che
precedentemente faceva asciugaggio in conto terzi per la Mastrotto, ha permesso
un’integrazione anche a valle. Le problematiche legate all’ambiente e alle limitate
risorse idriche hanno però portato in generale per il Gruppo all’aumento degli acquisti
di wet blue anziché di pelle grezza e quindi ad una riduzione in Italia della fase di
lavorazione del grezzo, gestita oggi in minima parte in conto terzi e per la maggioranza
attraverso l’unità produttiva croata.
Al di là di una presenza ancora importante di operai, si assiste negli ultimi anni ad una
sempre maggiore presenza di tecnici legati all’attività produttiva o di ricerca con un
percorso formativo di periti tecnici o conciari. Questi provengono in maggior parte dall’
Istituto Tecnico Conciario G. Galilei, importante bacino locale di risorse con
competenze specifiche nel settore. Per quanto concerne strettamente l’attività di
ricerca e sviluppo oggi nel Gruppo Mastrotto sono presenti laboratori47 in ogni divisione
con impegnate mediamente 5-6 persone per le prove chimiche e fisiche sui prodotti,
nati dalla necessità di avere un maggior controllo sui risultati delle ricerche tecniche48.
Per le prove, ricerche e campionature relative ai nuovi prodotti sono impegnate poi
altre 5-6 persone nel reparto bottalini e 4-5 persone nel reparto rifinizione. L’incremento
dell’attività interna di sviluppo in particolare di nuovi prodotti è direttamente
conseguente all’innalzamento delle esigenze e richiesta di novità da parte della
clientela.
46
Negli ultimi anni è anche aumentata la partecipazione a corsi e a seminari da parte dei dipendenti.
Il laboratorio svolge essenzialmente un’attività di controllo dei prodotti chimici che vengono utilizzati e
controllo dei risultati sulle pelli
48
Nel ’95 tutta l’attività relativa alle prove fisiche veniva svolta esternamente attraverso i laboratori di
ricerca esterni. L’attività di sviluppo di nuovi prodotti era inoltre più semplice e limitata in quanto meno
pressanti erano le esigenze dei clienti e il mercato in generale risultava meno aggressivo e meno
diversificato.
47
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
173
PARTE III
Box 3 – L’evoluzione delle competenze dal 1995 al 2005
Le competenze organizzative:
- passaggio da un organigramma funzionale a un organigramma multidivisionale
- allargamento della squadra manageriale ai nuovi entranti della famiglia
- appoggio a società di consulenza esterne di supporto per l’attività manageriale
- aumento del numero di dirigenti, quadri e impiegati
Le competenze produttive e tecnologiche:
- aumento dell’integrazione verticale per un miglior presidio del ciclo produttivo e della qualità
della produzione
- aumento del numero di tecnici a presidio dell’attività produttiva e di ricerca
- sviluppo di laboratori interni per le prove fisiche e chimiche sui prodotti
- aumento del numero di nuovi prodotti per soddisfare un mercato sempre più esigente
- sviluppo di marchi per innovazioni di processo
- sviluppo dell’absorptive capacity
Le competenze commerciali e di marketing:
- sviluppo di competenze commerciali per il presidio dei processi di internazionalizzazione
Le competenze gestionali:
- passaggio al sistema gestionale SAP
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
174
PARTE III
L’innovazione riguarda soprattutto i processi di lavorazione e di rifinizione che hanno
portato allo sviluppo anche di marchi aziendali che hanno avuto un particolare
successo sul mercato: il marchio Maspel, ad esempio, sviluppato intorno alla metà
degli anni ’90 ed evolutosi poi negli anni successivi, indica un particolare processo di
nobilitazione della crosta; il marchio Mastrotech, sviluppato intorno al 2000, attraverso
un processo di rifinizione particolare, consente di ottenere dei prodotti lavabili e
resistenti alle macchie. Evoluzioni particolari dei prodotti si sono avute poi nelle
caratteristiche di idrorepellenza.
La ricerca chimica di base, essendo troppo costosa per essere mantenuta
internamente, viene invece svolta in gran parte dalle case chimiche multinazionali
insediate localmente e che sviluppano appunto attività di ricerca per conto delle
aziende del polo conciario. Sebbene quindi i nuovi prodotti chimici siano acquisibili da
tutte le aziende del polo, il mantenimento del vantaggio competitivo del Gruppo
Mastrotto nell’utilizzo dei nuovi prodotti sviluppati esternamente viene garantito
dall’abilità dei tecnici interni nel selezionare e mettere assieme i vari prodotti delle
diverse case, ottenendo così soluzioni poco replicabili.
3. L’evoluzione della rete del valore
3.1 Le relazioni con i clienti
Nel corso del tempo, a partire soprattutto dagli anni 2000 per poi accentuarsi negli
ultimi anni, è avvenuta per il Gruppo un’importante evoluzione nei rapporti con i clienti
non solo a livello di qualità delle relazioni (aumento del grado di servizio e di pronta
risposta ad esigenze sempre più sofisticate, aumento del grado di coinvolgimento e
collaborazione), ma anche geograficamente, avendo l’azienda sviluppato una presenza
estera importante. L’Azienda non ha solo inseguito un ciclo naturale di evoluzioni dei
settori di destinazione sul mercato globale, ma ha anche accompagnato i processi di
delocalizzazione di clienti importanti o potenziali che hanno indotto il Gruppo Mastrotto
a entrare strategicamente in precisi mercati come in quello dell’Est Europa, rilevante
mercato di delocalizzazione per il settore calzaturiero, o quello del Far East, in
particolare per il settore arredamento e carrozzeria con lo scopo di servire clienti, ad
esempio americani, che hanno iniziato una propria delocalizzazione in mercati come
quello cinese.
L’evoluzione dei rapporti con la clientela si nota in particolare modo nel settore
calzaturiero. Infatti, prendendo a riferimento l’ultimo decennio, dal 1995 ad oggi il
mercato delle pelli per calzatura è stato principalmente allacciato al mercato italiano e
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
175
PARTE III
alla presenza storica dei distretti calzaturieri in Italia: comprensorio marchigiano,
veronese, Montebelluna, Riviera del Brenta e distretto di Barletta. La produzione
rispondeva però inizialmente ad esigenze standard ed era legata sostanzialmente ai
grandi volumi.
Le aumentate esigenze dei clienti, a partire soprattutto dalla fine degli anni ’90, sempre
più connesse a cicli stagionali, al fattore moda, alla necessità di accompagnare il
prodotto con particolari funzionalità tecniche, sono state uno stimolo importante per
l’incremento dell’attività di sviluppo di nuovi prodotti da parte del Gruppo Mastrotto,
oggi in grado di offrire, ad esempio, una gamma di ben 12000 varianti di colori per la
pelle, oltre che pelli con determinate caratteristiche o certificazioni di funzionalità
tecnica (idrorepellenza, traspirabilità ecc.). Questo ha portato ad intensificare le
relazioni idiosincratiche con i clienti, ma non solo. Rispondere alle esigenze sempre più
legate agli stimoli, anticipazioni e tendenze della moda ha fatto sì che si siano
intensificati i rapporti oltre che con i calzaturifici anche con gli stessi stilisti49 per lo
studio delle tendenze future dei colori e delle caratteristiche della pelle. L’attenzione
che gli stessi calzaturifici hanno nei confronti del prodotto ha intensificato l’interazione,
gli scambi di conoscenza e i contatti a tutti i livelli dell’organizzazione. Capita, ad
esempio, che gli stessi clienti mandino i propri dipendenti al Gruppo Mastrotto per fare
“cultura della pelle” e formazione del personale. Sono poi aumentate le attenzioni che i
clienti hanno per il rispetto dell’ambiente e dell’etica, due punti su cui il Gruppo
Mastrotto si sta oggi impegnando, per esempio con l’introduzione del bilancio sociale, e
che risultano un’ulteriore leva per la fidelizzazione della clientela.
Dal ’95 al 2005 è inoltre completamente cambiata la struttura commerciale, in
particolare della divisione Conceria Mastrotto. Nel ’95 la struttura commerciale era
ridotta, e vedeva impegnate nell’attività una o due persone.
Successivamente la
struttura si è rafforzata, soprattutto con l’entrata di Chiara Mastrotto e l’assunzione di
nuovo personale. Ciò ha favorito l’acquisizione di importanti clienti e l’intensificazione
della presenza del Gruppo sui mercati internazionali, che vengono oggi costantemente
monitorati anche grazie al supporto del sistema gestionale o l’avvallo di società esterne
per ricerche di mercato.
49
Oggi, ad esempio, l’azienda collabora con uno stilista italiano e uno estero, e vengono tenute riunioni
periodiche dove vengono discusse le nuove tendenze di mercato. Da quest’anno è stato poi introdotto un
giornale aziendale “Newsleather” contenente una serie di newsletter della conceria Mastrotto su
innovazioni, informazioni aziendali e nuove collezioni rivolte in particolare ai clienti del gruppo.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
176
PARTE III
Per quanto invece riguarda il settore delle pelli destinate all’arredamento, la minor
presenza di clienti italiani importanti ha portato l’Azienda a seguire fin da subito i
mercati esteri. Nel ’95 con la presenza della Duma il settore dell’arredamento si
rivolgeva già per più del 60% al mercato estero, ed in particolare a quei paesi in cui era
possibile trovare produttori di arredamento importanti come il Nord America. Oggi la
quota export ha raggiunto più dell’80% del fatturato.
Il tipo di clientela legata al settore dell’arredamento è però diversa da quella del settore
calzaturiero. Ciò che conta nel primo è soprattutto la produzione su grandi volumi a
prezzi contenuti. Per questo la strategia del Gruppo è stata quella di lasciare in Italia la
produzione qualitativamente migliore e spostare all’estero, in Brasile, la produzione
invece più standard.
Infine, nel settore della carrozzeria il tipo di clientela si divide sostanzialmente in due
branche. Da una parte si trovano le grandi case automobilistiche, che spesso
impongono alte barriere all’entrata per i propri fornitori imponendo una produzione
incentrata sulla qualità, e i clienti dell’after market, un mercato in cui il brand ha minore
rilevanza e ciò che conta è invece la produzione di grandi volumi.
La percentuale di produzione nel 1995 per settori divisa per mercato italiano ed estero
Settore
Italia
Estero
Calzatura
60%
40%
Arredamento
36,5%
63,5%
Esportazioni totali (48%)
Calzatura 56%
Arredamento 44%
La percentuale di produzione nel 2005 per settori divisa per mercato italiano ed estero
Settore
Italia
Estero
Calzatura
50%
50% (principali paesi di esportazione: Europa ed Est Europa)
Arredamento
18%
82% (principali paesi di esportazione: Cina, Usa, Nord Europa)
Carrozzeria
5%
95%
Esportazioni totali (67%)
Calzatura 26%
Carrozzeria 7%
Arredamento 57%
Bycast (pelli sia per calzatura che per arredamento coperte da un film di poliuretano) 10%
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
177
PARTE III
3.2 Le relazioni con i fornitori
Anche le relazioni con i fornitori hanno subito alcuni cambiamenti nel corso del tempo.
Nel ’95 il fatto che nelle aziende Mastrotto si lavorasse per l’80% pelle grezze e 20%
wet blue vedeva le aziende della famiglia impegnate nei rapporti soprattutto con
fornitori di pelle grezza. Dal ’95 al 2005, a causa di un aumento della difficoltà di
utilizzo delle risorse idriche, si attua un graduale passaggio dalla lavorazione delle pelli
grezze alla lavorazione e acquisto del wet blue. Ad oggi, quindi, gli acquisti riguardano
solo il 5% le pelli grezze50, mentre il restante 95% è legato all’acquisto diretto del wet
blue.
Dal ’95 al 2005 è dunque aumentato il bisogno di pelli lavorate, in valore assoluto, ma
è anche diminuito in proporzione l’uso di terzisti. La strategia intrapresa dalla Mastrotto
è stata di aumentare il grado di integrazione verticale per aver un maggior controllo del
ciclo di produzione e della qualità del prodotto. Da una parte il wet blue viene fornito
dall’unità produttiva in Croazia. Dall’altra la stessa fase di asciugaggio prima svolta
interamente in conto terzi è stata in parte integrata internamente. La divisione
Mastrotto Italia ha, ad esempio, acquisito il ramo aziendale di Linea Pelle, un’azienda
che prima faceva in conto terzi questa lavorazione per la Mastrotto. Oggi le lavorazioni
in outsourcing riguardano quindi solamente una parte della fase di asciugaggio e la
fase di stampa. Essendo queste lavorazioni non particolarmente critiche, i rapporti con
i terzisti non sono vincolanti e i terzisti stessi possono quindi essere facilmente
sostituiti. In generale quindi i subfornitori servono al Gruppo come serbatoio da
utilizzare nei momenti di maggior attività.
Per quanto riguarda invece i fornitori di macchinari, essi sono soprattutto della zona di
Arzignano51, importante polo tecnologico legato al settore conciario, che rimane uno
dei fondamentali motivi del legame che la Mastrotto ha con il territorio locale essendo il
know how tecnologico uno dei principali vantaggi competitivi del Gruppo. L’acquisto dei
macchinari avviene quindi di norma da fornitori abituali. Per mantenere il vantaggio di
tipo produttivo e qualitativo, l’acquisizione di macchinari da un selezionato pool di
aziende è considerata un’attività strategica. I macchinari vengono poi assemblati da
altre aziende esterne. Migliorie ai macchinari vengono anche sviluppate dai tecnici
interni al Gruppo Mastrotto.
50
Alcuni dei fornitori di pelle grezza adattandosi alle nuove esigenze dei clienti hanno iniziato la
lavorazione del wet blue.
51
Altri fornitori sono della provincia di Vicenza e dalla Toscana. Un ridotto numero di fornitori sono
tedeschi.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
178
PARTE III
La crescita dimensionale che il Gruppo Mastrotto ha avuto nell’ultimo decennio ha
comportato un aumento del potere contrattuale nei confronti di questi ultimi fornitori dai
quali, non solo riesce ad ottenere prezzi concorrenziali, ma anche un’ottima assistenza
post vendita.
3. 3 Le relazioni con il territorio e l’ambiente
Il fatto che il know how distintivo del Gruppo sia legato all’applicazione della chimica e
alla tecnologia legata al processo, e quindi al parco macchine, fa sì che fondamentale
rimanga il rapporto con il territorio. Nel polo conciario di Arzignano si sono formate
competenze importanti, legate non solo alle meccanica conciaria, ma anche per il
reperimento del personale tecnico e per l’utilizzo delle esternalità provenienti dalla
ricerca chimica di base.
La maggior parte dei tecnici presenti in azienda proviene dall’Istituto Tecnico Conciario
Galilei, un supporto formativo importante per il polo essendo un bacino in cui
l’esperienza territoriale in campo conciario viene codificata e trasferita attraverso il
percorso educativo della scuola.
La presenza ben radicata delle case chimiche multinazionali presenti in zona, che
attraverso la propria attività di ricerca di base servono le aziende conciarie del luogo, è
poi un bacino di know how fondamentale per il Gruppo. Dal 1995 al 2005 i rapporti con
le case chimiche si sono via via intensificati in corrispondenza di una crescita che il
gruppo ha avuto dal punto di vista delle innovazioni dei prodotti in pelle. Se nel 1995 la
maggior parte dei tecnici della Mastrotto erano operai specializzati con conoscenze
limitate che bastavano per occuparsi dell’attività di ricerca di allora, oggi il livello di
absorptive capacity52 è aumentato, e i tecnici che dialogano con le case produttrici
necessitano di conoscenze più complesse. I tecnici del Gruppo Mastrotto hanno quindi
una maggior specializzazione, un più alto livello di know how, e sono in grado di
interfacciarsi con l’esterno con maggior competenza.
Il Gruppo, impegnato a risolvere i problemi di ecocompatibilità ambientale, ha oggi
ottimi rapporti anche con gli enti locali, ad esempio con l’Arpav, le USL e con il
Consorzio per le acque di scarico. Oltre ad essersi dotato di un Bilancio Sciale, il
Gruppo Mastrotto è l’unica azienda conciaria che ad Arzignano ha sviluppato un
impianto per l’abbattimento di più del ’98% dei solventi.
52
Cohen W., Levinthal D., (1989) Innovation and Learning: The Two Faces of R&D, Economic Journal 99,
p. 569-596.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
179
PARTE III
Box 4 – L’evoluzione della rete del valore dal 1995 al 2005
Clienti:
- aumento del grado di servizio, collaborazione, interazione con i clienti
- le nuove esigenze dei clienti divengono uno stimolo per l’innovazione dei prodotti e per lo
sviluppo dell’attività di ricerca
- sviluppo sui mercati esteri e sui principali paesi di delocalizzazione dei clienti
Fornitori:
- riduzione delle forniture di pelle grezza e aumento delle forniture di wet blue
- aumento dell’integrazione verticale
- mantenimento di subfornitori non strategici per il ciclo di lavorazione (fase di stampa e
asciugaggio)
Territorio/ ambiente:
- il territorio rimane un importante bacino per il reperimento delle risorse umane, utilizzo delle
esternalità di ricerca e delle competenze meccanico conciarie locali
- generale intensificazione dei rapporti con il territorio
- sviluppo di politiche ambientali e dei rapporti con gli enti locali
4. Gli ostacoli al percorso di crescita
Una delle difficoltà nel processo di crescita attraverso la fusione delle varie unità nel
Gruppo nasce dalla necessità di integrare visioni e strategie della dirigenza aziendale,
soprattutto quando questa si rispecchia nella proprietà familiare.
Per ora la fusione ha permesso la completa integrazione solo di alcune attività. Non è
ancora avvenuta l’integrazione delle linee di produzione e di vendita. La struttura
multidivisionale si caratterizza infatti nel lasciare un ampio grado di autonomia delle
singole Divisioni ai rispettivi componenti della famiglia Mastrotto che presidiano in
modo autonomo le vendite e la produzione delle singole unità. Ciò rischia di portare a
delle perdite di efficienza in quanto le responsabilità rimangono suddivise ancora per
area operativa anziché per servizi. La fusione delle società nel Gruppo Mastrotto è
quindi avvenuta, per il momento, solo in modo parziale attraverso una centralizzazione
dell’attività amministrativa e non ancora accompagnata da un’attività di coordinamento
centrale anche dell’area produttiva e dell’area vendite.
Un altro ostacolo, legato soprattutto alla specificità del settore, è rappresentato poi
dalle difficoltà che in generale le aziende conciarie locali hanno nel trasferimento delle
conoscenze embedded sviluppate attraverso processi di learning by doing in loco alle
nuove unità produttive all’estero. Nelle sedi estere, ad esempio, un’eventuale
mancanza di personale tecnico come quello già formato nella casa madre può divenire
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
180
PARTE III
un ostacolo al trasferimento delle conoscenze soprattutto tecnologiche che possono
garantire un vantaggio competitivo importante.
Box 5 – Gli ostacoli al percorso di crescita
Alcune problematiche di crescita
Difficoltà interne di seguire un percorso di
fusione completa fra le varie unità
Conseguenza:
Minore sfruttamento delle
efficienze
Difficoltà di trasferimento delle conoscenze
embedded di natura tecnica, e sviluppate
soprattutto attraverso processi di learning by
doing, alle unità produttive estere
Conseguenza:
Possibile rallentamento nello
sviluppo di competenze critiche
nelle nuove aree geografiche
5. Le strategie future di crescita
Le strategie future di crescita dell’azienda sono legate al consolidamento del Gruppo in
particolare attraverso il proseguimento dei processi d’internazionalizzazione in paesi
come la Cina o India, in cui il Gruppo può far valere la propria prossimità guadagnata
negli anni precedenti. L’intenzione è quindi quella di continuare in direzione di uno
sviluppo delle unità produttive vicino ai potenziali e nuovi mercati di sbocco.
Per quanto riguarda invece eventuali strategie di posizionamento verso fasce di qualità
più elevata per il settore calzaturiero queste risultano limitate dal tipo di produzione e
lavorazione cui il Gruppo Mastrotto è legato nel momento della scelta della materia
prima. Ad esempio, l’utilizzo della sola pelle bovina preclude la possibilità di inserirsi su
un mercato di fascia più alta. La scelta di lavorare altri tipi di pelli, come il vitello o il
caprino, richiederebbe poi una diversa tipologia di macchinari per la lavorazione. Esiste
quindi anche un vincolo tecnologico. Sempre per quanto riguarda questo settore la
lavorazione a monte del grezzo o del wet blue è ancora oggi per l’azienda una fase
importante da presidiare, perché è la qualità della pelle in queste prime fasi che
determinata il tipo di prodotto.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
181
PARTE III
Per quanto riguarda invece la produzione destinata al settore dell’arredamento e della
carrozzeria, la strada che il Gruppo sta seguendo è quella di concentrare la produzione
sulla fase di rifinizione. Diversamente dal settore della calzatura in questi settori questa
è la fase più critica, perché risulta essere il momento in cui si tipicizza l’articolo e si può
più facilmente veicolare il posizionamento del prodotto su fasce di qualità medio alta e
alta.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
182
PARTE III
IL CASO GROTTO SPA
1. Il percorso di crescita
1.1 Le origini
Grotto Gas, oggi azienda leader nel mercato dell’abbigliamento casual, è un’azienda
storica del vicentino che ha conosciuto un percorso di crescita in continua ascesa: da
piccola realtà di produzione in conto terzi degli anni ’80 è divenuta oggi, attraverso un
riposizionamento strategico sul mercato, una realtà multinazionale raggiungendo nel
2004 un fatturato di oltre 130 milioni di euro. Oggi l’azienda conta oltre 300 dipendenti
diretti nella sede di Chiuppano e ben 1500 collaboratori suddivisi tra filiali e unità
produttive presenti all’estero.
Per comprendere sia il tipo di percorso di crescita dell’azienda, sia i motivi del
successo di questo caso aziendale è necessario rifarsi alla figura del suo fondatore
Claudio Grotto.
Claudio Grotto, che incalza le caratteristiche peculiari dell’imprenditore veneto
(capacità di rischio, creatività, intuizione), dopo aver fatto esperienza nel negozio di
merceria della madre a Piovene (VI) intuisce la possibilità di sviluppare un business
importante nel mondo dell’abbigliamento cogliendo quelli che all’epoca erano i primi
segnali delle tendenze giovanili nel settore.
Tornato dal militare, presa la gestione della merceria, decide di trasformare il negozio
di famiglia, che vendeva stoffe e vestiti classici, in una realtà commerciale rivolta alle
tendenze moda dei giovani. Già alla fine degli anni ’60 Claudio Grotto si fa quindi
portavoce delle nuove inclinazioni del mercato giovanile e incomincia a vendere jeans
d’importazione. Anziché limitarsi all’attività di compra-vendita tipica del negozio al
dettaglio decide di scavalcare i passaggi di fornitura per recuperare margini e avere
capitale da poter reinvestire nella sua impresa arrivando a presentarsi direttamente al
produttore.
Questa nuova condizione porta Claudio Grotto ad assumere il ruolo di terzista di
confezione e a creare all’inizio degli anni ’70 la prima società produttiva “Confezioni
Joe” gestita inizialmente a livello familiare. In questo periodo inizia a guardare con
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
183
PARTE III
sempre più interesse ai processi di integrazione sia a monte che a valle della filiera
come possibilità di crescita della sua realtà.
In questa prima fase iniziale per l’attività di produzione Grotto si avvale già di un
piccolo gruppo di aziende in maggior parte di proprietà dei suoi familiari nate per dare
supporto alla sua attività. La spinta verso l’integrazione lo porta così agli inizi degli anni
‘80 a incorporare queste unità in un'unica azienda sotto il nome di Grotto sas. Per
Grotto diviene importante avere propri clienti e non sentirsi più terzista, ma produttore
diretto. È la fase in cui inizia a produrre anche con marchi propri e a produrre i primi
pezzi originali sotto il marchio Joe.
Durante gli anni ’80 Grotto inizia a crescere non solo per linee interne, ma anche
attraverso l’acquisizione di quote di mercato di altre aziende nel territorio. La stessa
crisi degli anni ’70 che aveva segnato il territorio aveva liberato risorse (dipendenti,
marchi, opportunità) che Grotto sfrutta a suo favore facendone un uso efficiente per le
nuove opportunità di business che si stavano aprendo sul mercato. Sempre in quegli
anni, infatti, Grotto si concentra in alcuni mercati in espansione pronti a raccogliere
positivamente le nuove tendenze giovanili.
Il primo mercato ad essere sensibile a queste nuove tendenze è la Germania dove
l’imprenditore acquisisce i primi clienti importanti. Da lì Grotto inizia ad entrare anche in
altri mercati europei producendo sia con marchi propri (Joe, Volare con Joe) che con
marchi di terzi.
1.2 L’affermazione del marchio Gas e la prima fase di sviluppo a valle
Nell’86 con la trasformazione di Grotto in spa e con gli utili derivanti da questa prima
fase di crescita Grotto possedeva già un portafoglio marchi rilevante, ma intuisce che
per valorizzare i capi di abbigliamento prodotti era necessario possedere un marchio
capace di raccogliere in modo unico i valori e la filosofia che si ispiravano al lavoro di
Grotto e alla sua conosceva delle nuove tendenze giovanili. E’ all’inizio degli anni ‘90
che nasce il marchio Gas, che l’imprenditore riesce fin da subito a valorizzare in
particolare sui mercati esteri in quanto nel ’91 e ’92 in Italia si assiste ad un periodo di
sofferenza e di svalutazioni che poco lasciano spazio a beni e consumi di seconda
necessità.
Se all’inizio la produzione attraverso il marchio Gas era legata essenzialmente alla
produzione di jeans e di abbigliamento sportivo per creare un’identità stilistica completa
inizia in questi anni lo sviluppo di collezioni connesse alle varie occasioni del vestire
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
184
PARTE III
giovane e lo sviluppo di collezioni total look che si riferiscono ai valori di semplicità
della vita1. “Keep it simple” è infatti uno degli slogan comunicativi più famosi
dell’azienda in cui determinati target di consumatori possono identificare il loro stile di
vita e di pensiero. L’abilità dell’azienda sta quindi nel costruire intorno ai propri prodotti
un’identità in cui i consumatori possono rispecchiare i propri valori e la propria
personalità. Come altre aziende del settore moda e abbigliamento Grotto coglie
l’opportunità di arricchire il bene di significati. Il bene diventa in questo caso la
componente di un consumare inteso in senso più vasto, il vivere l’esperienza creata
dall’impresa attraverso la costruzione di uno specifico mondo in cui il consumatore può
identificarsi. Intorno al marchio si sviluppa un’identità comunicativa attraverso un
linguaggio di codici e simboli specifici con il quale l’azienda costruisce un immaginario
comune con il cliente.
I valori del marchio Gas e della filosofia aziendale
positività, essenzialità, funzionalità, immediatezza, praticità e non spreco
L’opportunità di diffondere il nuovo marchio arriva dapprima con un cliente tedesco
(Exagom Gmbh) con una forte struttura di vendita al dettaglio non solo in Germania,
ma anche in altri paesi come la Spagna.
Per l’affermazione del marchio l’imprenditore intuisce infatti che è necessario allacciare
rapporti importanti anche a valle della filiera. Attraverso lo sviluppo di legami
commerciali con altri clienti/distributori, che alcuni dei quali arriverà ad acquisire come
filiali di distribuzione più tardi, inizia una vera e propria fase di espansione sui mercati
internazionali. Con la stabilità della lira dopo i primi anni ’90 anche l’Italia, che fino ad
allora aveva avuto un ruolo marginale nell’espansione dell’azienda, inizia a divenire un
mercato ricettivo. Il marchio Gas inizia in questo periodo di ripresa dell’economia ad
avere una dimensione di appetibilità anche nel sistema italiano che eredita dagli altri
2
paesi elementi di gusto e di sensibilità nuovi tanto che oggi quasi il 65 % dei ricavi
viene raggiunto con le vendite domestiche.
1
La gamma dei prodotti Gas è oggi estesa non solo al capi di vestiario nelle varie tendenze del vestire (casual, formale,
sportivo ecc.) ma anche agli accessori.
2
Dato riferito al 2004.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
185
PARTE III
Lo sviluppo a valle
Iniziale sviluppo di
rapporti con importanti
distributori: Germania
(1987); Ungheria
(1994); Spagna (1995);
UK (1997)
Sviluppo della rete di
vendita tramite agenti:
Italia (1991)
Sviluppo di altre filiali di
distribuzione Francia
(2001); Austria (2001);
Honk Kong (2003)
Futura trasformazione
in filiali di distribuzione
di proprietà
1.3 La filiera integrata, lo sviluppo del vertical retail e l’espansione internazionale
La possibilità di aumentare così rapidamente i volumi di vendita da parte dell’azienda e
conoscere una così forte crescita dei fatturati è stato possibile perché fin da subito
l’imprenditore ha posto le basi per lo sviluppo di una filiera integrata, premessa
fondamentale per soddisfare la forte domanda in un momento in cui i prodotti Gas
erano riusciti a trovare una nicchia importante sul mercato.
Fondamentale, a partire dalla metà degli anni ’90 è stato infatti in parallelo allo sviluppo
a valle, lo sviluppo di rapporti esclusivi con strutture esterne in grado di supportare la
produzione. Nel momento in cui l’azienda inizia a raggiungere numeri interessanti di
vendita, Grotto, non solo inizia a sviluppare una rete di terzisti sia locale che estera
avendo la capacità di cogliere le specializzazioni produttive dei vari contesti territoriali,
ma inizia a costruire rapporti privilegiati con presenze produttive strategiche in alcuni
paesi a basso costo di manodopera permettendo così alla produzione Gas di sfruttare
elementi di flessibilità, efficienza e di velocità produttiva e di mantenere un controllo
importante sulla filiera produttiva.
Grotto identifica, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, le sorgenti produttive più
appropriate.
Anticipando ancora una volta con intuizione potenziali futuri mercati di sbocco per il
marchio Gas nel 1995, ausiliandosi di un importante partner in loco, viene costituito a
Hong Kong un ufficio di controllo qualità e programmazione allo scopo di coordinare un
bacino locale di produttori nel Far East adibiti direttamente alla commercializzazione
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
186
PARTE III
del prodotto3. La presenza ad Honk Kong si rivelerà poi strategica per penetrare più
tardi il mercato del Far East.
In Romania già nel 1996, con la possibilità di sfruttare differenziali di costo della
manodopera importanti vengono allacciati rapporti esclusivi con un fornitore locale
monomandatario per le fasi di industrializzazione del prodotto.
Nel 2001, in Tunisia, allo stesso scopo, viene invece avviato un altro rapporto di
4
fornitura esclusiva sempre con un partner locale .
A partire dagli anni ’90 la Grotto spa conclude così la fase di produzione diretta
iniziando ad espandersi attraverso una filiera produttiva governata in modo accentrato
dall’azienda. La sede di Chiuppano rimane quindi oggi la sede logistica, creativa e di
sviluppo delle collezioni Gas. Tutta l’attività di produzione viene invece gestita in
outsourcing attraverso la produzione di industrializzato, soprattutto sul mercato
europeo, e di commercializzato in particolare sul mercato asiatico e canadese.
Lo sviluppo a monte
Sviluppo di rapporti privilegiati
Sviluppo di una rete di
fornitura locale ed estera a
seconda del bacino di
specializzazione
(rete di industrializzazione
e commercializzazione del
prodotto)
Unità commissionaria di
controllo
e programmazione della
produzione (Hong Kong
1995) per lo sviluppo di
sourcing nel Far East
Rapporti esclusivi con
fornitori monomandatari
(Romania 1996 e
Tunisia 2001)
La strategia di crescita degli ultimi anni vede l’azienda orientata ancora all’espansione
sui mercati internazionali soprattutto attraverso politiche di vertical retail con la
costituzione di negozi monomarca, corner in franchising e flagship store.
La fine del 2002 inizio 2003 è un periodo che è coinciso poi con grossi progetti nel
mondo in particolare con un’espansione volta a penetrare il mercato asiatico. Siglando
un accordo con uno dei principali gruppi di grossisti del Giappone (Cross Plus)
l’azienda si è garantita ad esempio diritti esclusivi di importazione e distribuzione in
questo paese. Sono poi degli ultimi anni l’apertura di negozi di vertical retail in altre
città del Far East (es. Honk Kong, Shangai, Tokyo, nelle Filippine e a Dubai) e le
3
La società appartenente inizialmente a terzi è stata rilevata dalla Grotto spa nel 1999 che ne detiene oggi il 98% della
proprietà.
4
Dalla Romania proviene oggi il 30% dell’intera produzione. Dalla Tunisia invece il 20%.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
187
PARTE III
strategie di penetrazione sempre attraverso progetti di vertical retail nei mercati del Est
Europa (Mosca, Belgrado, Salonicco).
La presenza di Grotto nel vertical retail
6 Flagship Store a Milano, Londra, Madrid, Colonia, Hong Kong e Budapest
30 Store monomarca (di recente apertura: Tokyo, Osaka, Fukuoka, Taipei, Singapore, Seoul,
Manila, Doha nel Qatar; Kuwait City, Abu Dhabi (UAE), Dubai, Jeddah in Arabia Saudita,
Valencia, Mallorca e Kiev
230 Negozi monomarca e corner in franchising distribuiti nel mondo.
-
-
Attraverso filiali, negozi retail diretti e in franchising, distributori e agenti il marchio Gas
è oggi presente in 85 paesi nel mondo e le vendite hanno raggiunto i 6 milioni di capi
annui.
Grotto spa nel corso degli ultimi 10 anni ha sestuplicato i propri fatturati raggiungendo
nel 2005 un fatturato consolidato di oltre 152 milioni di euro. Anche gli indici di
redditività del gruppo Grotto mostrano un andamento positivo.
La crescita del fatturato in milioni di euro
Fatturato
160
140
120
100
80
Fatturato
60
40
20
0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
L’azienda crescendo attraverso lo sviluppo a monte di una filiera integrata ha avuto la
possibilità di concentrare il proprio core business in tutte le attività immateriali legate
alla diffusione e sviluppo del marchio sul mercato, disponendo quindi di una rete di
produzione capace di supportare con flessibilità la crescente quota di volumi di vendita
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
188
PARTE III
e la gestione del time to market che nel settore moda risulta determinante per il refresh
della produzione.
Gli indici di redditività del Gruppo Gas
Indici di redditività:
Anno 2004 (bilancio consolidato)
ROI
ROE
ROS
Tasso di rotazione attiva
Fatturato per addetto
11,96%
17,99%
10,63%
1,12
280.466
Per Grotto la velocità nei tempi di consegna del prodotto sul mercato è fondamentale
per imporre le tendenze in modo puntale. Grotto si distingue da altre aziende del
settore abbigliamento, che pur seguono le tendenze moda, perché capace di rinnovare
con velocità l’immagine all’interno della filosofia e del concept Gas. Pur nella ciclicità
della collezione l’azienda con la gestione integrata della filiera, il presidio crescente dei
rapporti a valle (sviluppo di filiali di vendita e del vertical retail) e il coordinamento tra le
varie fasi di creazione e produzione riesce a garantire nel punto vendita un’offerta di
refresh della vetrina per stagione di almeno 6 volte.
Le fasi di sviluppo dell’impresa
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
189
PARTE III
Box 1 – Il percorso di crescita dal 1995 al 2005
1995: Grotto spa e i rapporti di filiera
Rete fornitori di
commercializzato
nel Far East
2005: Grotto spa e i rapporti di filiera
Fatturato ‘95:
26,5 milioni di euro
Dipendenti 1995: 104
Valore
aggiunto/fatturato
1995: 5,62%
Fatturato per
addetto 1995:
252.615
Distributori
esteri:
Spagna
Germania
Ungheria
Rete
fornitori
esteri
Fornitore
esclusivo
monomandatari
o: Tunisia
Distributori
e agenti
Rete fornitori di
commercializzato
nel Far East
Grotto spa
Rete
fornitori
locali
Fornitore
esclusivo
monomandatari
o: Romania
Grotto spa
Rete agenti
Italia
Filiali
distributive di
proprietà
< Rete
fornitori
locali
Sviluppo a monte
> Rete
forntitori
esteri
Sviluppo a valle
1995: Organigramma societario
Vertical
Retail:
diretto e in
franchising
2005: Organigramma societario
Grotto spa
Nessuna altra società posseduta
Fatturato 2005:
133,7 milioni di euro
152 milioni di euro
(consolidato)
Dipendenti 2005:
315 (526 consolidato)
Valore
aggiunto/fatturato
2004: 10,26%
Fatturato per
addetto 2004:
280.466
Grotto spa
Grotto
International
lda Hong
Kong 100%
Gas Far
East 98%
Laurentes
kft HU
99,52%
Hungaro
Capital kft
HU
99,97%
O,48%
Gas
clothing
d.o.o 100%
Pentagon
Textil gmbh
100%
(Austria)
Gas
Clothing
Germany
gmbh
100%
Gas
Clothing
Iberica srl
Spagna
100%
Gas
Clothing UK
ltd
100%
Exagon srl
(gestione
outlet)
Italia 100%
E-mail
Group srl
(negozi)
Italia 100%
Gas
clothing
France sarl
100%
Società distributiva
0.03%
Società di altro tipo (finanziaria o immobiliare)
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
190
PARTE III
2. L’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione
In questa azienda a segnare in modo importante il percorso di evoluzione
dell’organizzazione e delle competenze aziendali è la figura di Claudio Grotto ed il
contesto familiare.
Le abilità imprenditoriali di Claudio Grotto, che danno il via allo sviluppo dell’azienda,
trovano nelle precedenti esperienze di famiglia un importante bacino dove apprendere
il mestiere, sperimentare idee innovative e raccogliere competenze e risorse utili
soprattutto nei primi anni di attività5.
Nel momento in cui decide di costituire la Grotto l’imprenditore coinvolge in modo
importante la sua famiglia che diviene anche il primo serbatoio dove attingere la forza
lavoro6.
Le stesse relazioni familiari permettono a Grotto poi di sperimentare le abilità di
gestione e le prime forme di integrazione di filiera attraverso le aziende che gli altri due
fratelli Roberto e Giuseppe Grotto possedevano. Tali aziende, con cui veniva gestita
inizialmente
l’attività
di
produzione
dei
jeans,
erano
entità
legali
separate
principalmente per ragioni amministrative, e dunque configuravano la struttura
aziendale come un’azienda familiare sotto il controllo di Claudio Grotto.
Il percorso di crescita iniziale dell’attività viene quindi supportato dal sistema familiare.
L’intenzione di Grotto fin dall’inizio è poi quella di crearsi un’identità produttiva e quindi
trovare la maniera più efficiente ed efficace per produrre il capo. Il controllo della filiera,
è un altro elemento che Claudio Grotto considera fondamentale per raggiungere
dimensioni non solo di volumi, ma di riconoscimento sul mercato. Trova quindi utile
costituire accordi preferenziali a monte per avere capacità produttive specifiche
dedicate all’azienda con le quali riuscire a governare il processo di produzione e
approvvigionamento materiali (accessori e tessuti) e raggiungere rilevanti capacità
produttive. Mentre a valle trova utile concentrare le energie dell’azienda per un maggior
presidio dei punti vendita.
Con la costituzione della Grotto spa i consiglieri delegati divengono poi i due fratelli:
Giuseppe Grotto delegato per la logistica e Roberto Grotto delegato per la produzione
5
Claudio Grotto impara il mestiere di imprenditore non solo nel negozio della madre, ma anche dal padre che
possedeva un negozio di frutta, da dove l’imprenditore acquisirà parte della sua cultura logistica.
6
Con lo sviluppo dell’attività produttiva a cucire i bottoni dei jeans era addetto, ad esempio, il fratello più giovane che
inizia a collaborare già dai primi anni settanta; la moglie di Claudio Grotto si occupava invece delle fasi di stiraggio e
cucito; la prima dipendente della spa è invece Marzia Grotto la stessa moglie del fratello Roberto.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
191
PARTE III
e gli acquisti, ma nel continuo della storia aziendale Claudio Grotto rimane il principale
conduttore decisionale dell’impresa. Ancora oggi l’azienda si caratterizza, infatti, per
un’organizzazione in cui i processi decisionali strategici rimangono in gran parte
accentrati
nella
figura
del
fondatore,
sebbene
compiti
e
ruoli
all’interno
dell’organigramma aziendale siano comunque oggi ripartiti non solo tra i familiari, ma
tra alcuni manager di alto livello che fungono da supporto per le aree critiche7.
La Grotto spa è oggi posseduta da una holding italiana (Luna srl)
8
alla quale si fa
riferimento per le politiche societarie e di sviluppo, ma per l’azienda Claudio Grotto è
7
Oggi in azienda è inoltre presente un consiglio di amministrazione composto dai tre fratelli Grotto (Claudio, Roberto e
Giuseppe), da Barbara Grotto, figlia di Claudio Grotto che si occupa dell’immagine e della comunicazione, ma anche dal
vice presidente Aldo Palmeri, ex manager Benetton, e da Gabriele Bartolucci, avvocato di fama internazionale.
8
L’azienda negli ultimi 10 anni ha subito delle modifiche nella struttura della proprietà. Nel 1995 la Grotto spa
apparteneva per il 40% alla persona di Claudio Grotto, mentre il restante era suddiviso tra la famiglia (20% Roberto
Grotto, 15% Giuseppe Grotto, 5% Rosanna Girardin e una società (Giro srl) appartenente sempre a Claudio Grotto.
Oggi la Grotto spa appartiene a Luna srl (holding finanziaria dell’azienda e comunque di proprietà della famiglia) a
seguito di acquisizioni nel 2004 di tutte le azioni dai soci persone fisiche e del 100% della società Giro, con una sua
fusione per incorporazione nel 2005.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
192
PARTE III
ancora al vertice dei processi decisionali di tipo strategico. Nella continuità della storia
aziendale della famiglia, anche lo stesso nipote di Claudio Grotto, Daniele Grotto, si
trova oggi ad assumere un importante ruolo all’interno della stessa holding. Dopo aver
fatto esperienza nel settore amministrazione e controllo della Grotto spa ha poi
guardato con maggior attenzione alla finanza del vertice del gruppo con la
responsabilità di chi dovrà assumere compiti futuri di conduzione dell’azienda di
famiglia.
Le posizioni di responsabilità sono comunque cresciute con la complessificazione
dell’azienda. La necessità, ad esempio, di presidiare i processi informatici e gestionali
ha richiesto l’entrata di manager esterni. La stessa funzione di gestione del personale,
fintanto che l’azienda non aveva le dimensioni per permettersi una funzione centrale,
era inizialmente gestita da più responsabili a seconda delle specifiche situazioni. Oggi
questa funzione, allo scopo di creare un’omogenizzazione dei rapporti, è responsabilità
di un dirigente appositamente dedicato.
E’ soprattutto tra il 2002-2004 che l’azienda attraverso nuovi investimenti in politiche di
internazionalizzazione più mirate necessita di consolidare la propria struttura
organizzativa. Sono quindi cresciute negli ultimi anni le capacità di corporate
governance che riconoscono alla proprietà una maggiore capacità di relazionarsi con
l’ambiente esterno.
Guardando all’evoluzione dell’organico tra il 1995 e il 2005 si nota come siano
aumentati i dirigenti (assenti totalmente nel 1995) e il numero di quadri (adibiti però
solamente alle funzioni operative). Considerandone tuttavia la percentuale rispetto
all’organico totale si intuisce che per l’organizzazione complessa a cui è oggi arrivata
l’azienda sarà opportuno in futuro un ulteriore aumento di queste due categorie. Il fatto
di avere una dimensione internazionale con una presenza diretta sui mercati porta la
Grotto spa obbligatoriamente verso la necessità di aumentare le capacità di
interloquire, condividere e coordinare l’attività all’interno della filiera estesa e di
governare in modo centrale i processi tra distribuzione, vendita, produzione, ideazione
e creazione del prodotto, il che richiede la presenza di un maggior numero di figure di
interfaccia e di personale capace di assumere decisioni.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
193
PARTE III
Evoluzione dell’organico
1995
2000
2005
N° Dirigenti
0
4
5
N° Quadri
1
6
17
N° Impiegati
49
134
241
N° Operai
54
64
52
Totale dipendenti
104
208
315
Funzione di supporto alle decisioni della proprietà
Livello operativo fiduciario
In questi ultimi anni, oltre ad essere cresciuto il capitale intellettuale dell’azienda,
9
anche gli stessi sistemi informativi hanno maturato un ruolo più moderno essenziale
per permettere la condivisione delle conoscenze non solo all’interno della sede di
Chiuppano, ma all’interno della filiera. Mentre fino al 2002 ogni filiale aveva un proprio
calcolatore e gli allineamenti venivano eseguiti di notte, per aumentare il livello di
integrazione tutto il sistema informativo viene oggi gestito a livello centrale dalla sede
di Chiuppano ed è stato sviluppato un sistema gestionale che sta prevedendo anche
10
l’unificazione del sistema contabile .
Le relazioni e i rapporti all’interno della Grotto rimangono comunque di tipo informale,
lo scambio di conoscenze avviene in modo quotidiano fra i vari dipendenti soprattutto
nell’area stile e prodotto dove vengono realizzate le nuove collezioni. In tale area in cui
l’organico tra il 1995 e il 2005 è passato da 3 a 35 dipendenti
11
la condivisione delle
conoscenze tra stilisti, modellisti, uomini prodotto è fondamentale per lo sviluppo del
capo.
Negli ultimi anni è cresciuta poi l’attività di formazione del personale, e sono cresciute
le esperienze culturali dei dipendenti anche attraverso l’incentivo a vivere esperienze di
9
Sulla performance dei dipendenti è stato inoltre appena concluso uno studio e sono state attivate nuove politiche di
incentivazione mirate a premiare e a incentivare il lavoro del personale su obiettivi specifici.
10
L’unificazione del programma di contabilità permette di aumentare la capacità di codificazione delle conoscenze
aziendali e di standardizzare i processi. Dalla sede di Chiuppano è possibile mantenere così il controllo di tutte le attività
e i processi delle filiali, inoltre il programma di contabilità permette di essere visualizzato nelle varie lingue in cui la
Grotto spa è presente territorialmente.
11
Importante per la caratterizzazione del capo è il lavoro dello stilista. La Grotto spa ha oggi due stilisti interni
coadiuvati da vari assistenti e due esterni.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
194
PARTE III
viaggio all’estero, un modo per permettere soprattutto al capitale creativo dell’azienda
di vivere le contaminazioni con l’esterno, conoscere quindi gusti e culture dei mercati,
le possibili prospettive di sviluppo e le tendenze di consumo e di moda da valutare
come nuove opportunità di business. Per aumentare le capacità di cogliere le nuove
tendenze i creativi vengono spinti a svolgere viaggi di ricerca in aree metropolitane
come Hong Kong, Los Angeles, New York, città cosmopolite in cui è possibile trovare
maggiori spunti per lo sviluppo delle nuove collezioni e la realizzazione di nuove idee12.
Anche per quanto riguarda l’attività innovativa relativa allo sviluppo di nuovi prodotti e
collezioni l’azienda negli ultimi anni ha aumentato le proprie competenze. Da qualche
anno l’azienda ha iniziato a lavorare non solo sullo sviluppo del capo, ma anche sullo
sviluppo di specifiche trame o disegni dei tessuti13. L’azienda diviene così proprietaria
non solo dello stile, ma anche della tendenza del tessuto. All’interno della sede di
Chiuppano è poi in sviluppo una artigianal room, un laboratorio dove gli stilisti, gli
uomini prodotto e il responsabile lavaggi potranno realizzare direttamente le prototipie,
accelerando così i tempi di realizzazione dei capi. Evitando di aspettare la
realizzazione dei prototipi presso i fornitori, oltre ad ottimizzare i temi di produzione,
sarà possibile vedere fin da subito i risultati e quindi rafforzare l’effetto dell’azione
creativa trasferita sul prodotto e trasferire poi attraverso il processo informatico
direttamente i progetti alle unità produttive14.
Essendo un’azienda market oriented, oltre all’importanza che assume il presidio delle
competenze stilistiche e creative, fondamentali sono gli investimenti pubblicitari non
solo attraverso gli strumenti classici della stampa e della tv, ma attraverso forme di
comunicazioni in grado di coinvolgere maggiormente il consumatore che vengono
sempre più utilizzate dall’azienda. Queste attività si sviluppano, ad esempio, attraverso
gli sponsor e la presenza nelle attività sportive15, musicali16 e culturali17, luoghi in cui le
12
Sempre per aumentare la capacità dell’azienda di raccogliere spunti dall’esterno e dall’ambiente vengono spesso
inseriti nel reparto Stile & Prodotto stagisti anche di altri paesi, soprattutto da quelli che partecipando maggiormente ai
circuiti della moda possono fornire stimoli importanti all’azienda. Attualmente sono presenti in Grotto alcuni stagisti
giapponesi. Importante è poi la collaborazione che l’azienda ha attivato soprattutto negli ultimi anni con importanti
scuole di design o di comunicazione che vengono coinvolte dall’azienda in particolari progetti.
13
Anche l’attività di ricerca di tessuti per le collezioni è particolarmente significativa. La ricerca non viene sviluppata nel
momento della fiera, ma in modo anticipato attraverso un dialogo diretto con le aziende fornitrici di tessuti. Mentre però
l’inclinazione fino a qualche anno fa era di seguire il fornitore che anticipava le tendenze, la Grotto sta iniziando a
sviluppare propri disegni da stampare sui tessuti svolgendo quindi un ruolo proattivo anche nello sviluppo delle
tendenze sui tessuti da lavorare.
14
Normalmente invece nel caso dei capi in denim, ad esempio, in sede viene realizzato il progetto che viene affidato al
responsabile lavaggi e che a sua volta si reca nelle lavanderie presso i produttori per valutarne l’effetto. Questa attività
implica però temi lunghi per riportare il prototipo in azienda e ricevere l’ok per la produzione.
15
Sponsorizzazioni nel ciclismo, nel rugby, nel calcio e prevalentemente nel motociclismo.
16
Sponsorizzazioni, ad esempio, di eventi musicali come il Flippaut Festival.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
195
PARTE III
tendenze giovanili si raccolgono intorno alla condivisione di esperienze identitarie
precise, in cui catturare e promuovere l’arte del vestire secondo simbologie e
condivisioni di stili di vita precisi18.
L’evoluzione degli investimenti in marketing e comunicazione
Dipendenti dedicati al marketing e alla comunicazione
1995
N° dipendenti dedicati
% di dipendenti sull’organico
2005
1
16
0,96%
5%
4,37%
7,36%
Spese in marketing e comunicazione
% sul fatturato
Box 2 – L’evoluzione delle competenze dal 1995 al 2005
Le competenze organizzative:
- entrata di manager esterni
- sviluppo di attività di corporate governance
Le competenze produttive e tecnologiche:
- evoluzione nell’integrazione della filiera a monte
- aumento delle contaminazioni creative dall’ambiente (stagisti, mobilità personale, rapporti con
le scuole di design)
- recente sviluppo dell’attività creativa anche sui tessuti
- in sviluppo un laboratorio interno di prototipia
Le competenze commerciali e di marketing:
- aumento del personale adibito all’attività di comunicazione e marketing
- aumento del presidio dei processi a valle (filiali di vendita, vertical retail)
- aumento degli investimenti in sponsorizzazioni
- maggior coinvolgimento del consumatore (community on line, eventi, sviluppo di magazine)
Le competenze gestionali:
- sviluppo di un sistema informatico centralizzato
- sviluppo di un gestionale integrato (CRM; EDI)
- unificazione del sistema contabile di tutto il gruppo
17
Sponsorizzazioni, ad esempio, di eventi come la Notte della Danza a Milano o il restauro di alcuni importanti edifici.
Da alcuni anni l’azienda ha anche introdotto una rivista rivolta al pubblico Gas (MaGASine) in cui non vengono solo
pubblicizzate le collezioni, ma lasciato spazio alle notizie che possono interessare il target giovanile dell’azienda. Nel
sito aziendale è poi presente una sezione community che ha lo scopo di mantenere un rapporto attivo e un legame di
identità culturale con il consumatore.
18
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
196
PARTE III
3. L’evoluzione della rete del valore
3.1 Le relazioni con i fornitori
Il percorso produttivo dell’azienda si è sviluppato a monte attraverso la costituzione di
una rete di fornitura selezionata in cui l’azienda mantiene un potere contrattuale
19
importante .
Se i fornitori dei prodotti Grotto erano inizialmente locali, potendo l’azienda sfruttare il
tessuto produttivo territoriale vicentino che era in grado di mettere a disposizione le
proprie qualità manifatturiere, più tardi assumono sempre più rilevanza per l’azienda le
relazioni con fornitori internazionali individuati su territori che per il settore
abbigliamento, hanno sviluppato specificità produttive importanti. La scelta è stata così
quella di mantenere in Italia e nel contesto locale rapporti con fornitori con determinate
competenze sedimentate. Sul territorio rimangono, ad esempio, alcune delle lavanderie
20
in cui vengono richiesti lavaggi particolari, e i confezionisti di capi formali , meno
competitivi dal punto di vista dei prezzi, ma che per le loro specificità sono in grado di
garantire un offerta qualificata. Sul territorio rimangono poi anche i fornitori che
fungono da polmoni per le emergenze di produzione dovute, ad esempio, ai picchi
stagionali nell’attività di chiusura del ciclo produttivo.
L’azienda ha poi iniziato a seguire gradualmente i territori in cui le aziende di
abbigliamento si rivolgono per determinate specializzazioni. Territori certamente più
competitivi per il costo della manodopera, ma scelti dalle aziende di abbigliamento che
operano a livello internazionale, anche perché sono stati in grado di crearsi, per effetto
dei processi di delocalizzazione e sviluppo di un imprenditoria locale diffusa, specifiche
21
competenze . Inoltre gli stessi paesi emergenti, se fino a qualche anno fa potevano
non risultare affidabili in termini di qualità e di consegna, iniziano oggi a divenire
importanti fornitori mondiali per le aziende di abbigliamento. Anche la domanda di
fornitura da parte della Grotto spa cresce quindi nei confronti dei produttori di questi
paesi e in particolare di quelli emergenti.
19
Come abbiamo già avuto modo di dire l’azienda mantiene rapporti di fornitura esclusiva ad esempio in Romania e in
Turchia.
20
A Castelfranco rimangono, ad esempio, i confezionisti di giacche.
21
Le isole Mauritius e il Portogallo sono, ad esempio, importanti bacini di produzione delle Polo, la Corea, un bacino
per la produzione di scarpe, il Far East per la produzione di Denim.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
197
PARTE III
Variazione delle quote di produzione in conto terzi
22
Quota lavorazioni in outsourcing da fornitori locali sul totale fatturato
1995
2005
26,40%
21,60%
Quota lavorazioni in outsourcing da fornitori esteri sul totale fatturato
1995
2005
33,60%
46,70%
L’azienda conta poi una rete di relazioni non solo con produttori c/terzi, ma anche
conto vendite. È da distinguere infatti le relazioni che l’azienda ha sviluppato con
fornitori che fanno oggi industrializzato, da quelle invece che sviluppano direttamente
commercializzato.
Nel bacino europeo la Grotto ha mantenuto sostanzialmente rapporti con fornitori di
industrializzato. Da una parte è quindi l’azienda che seleziona per i propri fornitori i
tessuti e gli accessori necessari per la produzione e presidia anche l’attività logistica.
Tutte le merci finite passano quindi per la sede di Chiuppano dove viene svolto il
controllo qualità e viene gestito il confezionamento dei pacchi destinati ad essere
distribuiti nei negozi.
Progressivamente l’azienda ha riconosciuto poi l’importanza del commercializzato che
oltre a scaricare gli elementi di flessibilità sui fornitori (stock, gestione della produzione
e dell’efficienza, cambi di linea produttiva …) ne trasferisce maggiormente anche gli
elementi di rischio. Le merci non passano quindi dalla sede di Chiappano, ma vengono
gestite direttamente dai depositi allocati nei territori dove viene svolta la fornitura di
prodotto commercializzato. Ciò che è importante per la Grotto è quindi in questo caso
la conformità all’eccellenza del produttore nel momento in cui viene prodotto e
commercializzato il capo con marchio Gas. Necessario è in questo caso che il fornitore
risponda ai criteri fondamentali della marca (requisiti tecnici, finanziari, di affidabilità).
Per le attività di commercializzazione la Grotto seleziona quindi con particolare
attenzione i produttori attraverso l’ausilio di agenti che nei vari paesi hanno l’incarico di
fare attività di scouting per quanto riguarda la ricerca di fornitori di prodotto finito che
23
rispondano ai criteri Gas .
22
Viene qui intesa solo la quota di industrializzato.
Gli agenti hanno anche il compito di individuare sui nuovi territori i fornitori di tessuti e di accessori, che sia per
convenienza di prezzo che di qualità possono divenire partner dell’azienda.
23
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
198
PARTE III
La produzione attraverso il commercializzato, che viene oggi svolta sul mercato del Far
East e canadese, è una politica che l’azienda intende perseguire anche sui mercati
europei, in particolare in quelli dell’Est Europa (Ucraina, Russia, Romania) in cui
l’intenzione è di diminuire il conto lavoro in favore del conto vendite.
3.2 Le relazioni con i clienti e i distributori
Come precedentemente spiegato il marchio Gas diviene fin da subito un marchio da
spendere sui mercati europei. Il primo mercato ad essere esplorato è, ad esempio,
quello tedesco, non solo per la vicinanza geografica all’Italia, ma perché risulta un
mercato pronto a recepire positivamente le collezioni Gas. Il mercato italiano, nel
momento in cui i consumatori italiani iniziano a rivolgere maggiore interesse nei
confronti delle tendenze giovanili rimane comunque nel corso degli ultimi 10 anni il
mercato più importante, tanto che riassorbe parte della quota destinata inizialmente al
mercato europeo. Le politiche di internazionalizzazione attuate dall’azienda a partire
dal 2002 e 2003, volte a penetrare anche altri mercati fuori dai confini europei, stanno
comunque dando i primi frutti, in particolare nel Far East e nei mercati arabi dove il
marchio Gas inizia ad essere apprezzato da consumatori di tendenze moda e con una
maggiore capacità di spesa.
Evoluzione dell’esportazione
Percentuale di esportazione per area geografica
1995
2005
38,54%
25,02%
America
0%
1,32%
Asia
0%
4,28%
Altri continenti
0%
0,59%
Europa
Il cliente tipo a cui i prodotti Gas si rivolge viene individuato nel consumatore giovane
compreso nella fascia di età tra i 24 e i 35 anni. La capacità dell’azienda è di cogliere
comunque tutte le potenzialità della filosofia a cui il marchio si ispira, non solo nella
produzione casual, ma anche nella produzione più formale attraverso collezioni come
Urban o Blu Label e attraverso l’ampliamento delle vendite del marchio anche agli
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
199
PARTE III
24
accessori e ad una serie di articoli di oggettistica . Nel 2004 è stata, ad esempio,
lanciata anche una linea di profumo Gas.
Seppure il capo di abbigliamento rimane il principale prodotto venduto, con la vendita
tramite licenza anche degli accessori, l’azienda nel corso del tempo ha ampliato le
capacità di vendere più che un prodotto, un concept e una filosofia di riferimento del
marchio capace di generare, una volta trasmessa al consumatore, fedeltà di marca.
Proprio perché rilevanti per caratterizzare la produzione sono i valori e la filosofia a cui
si ispira il mondo Gas, fondamentale è stato per l’azienda iniziare a presidiare i rapporti
a valle in modo più diretto. Nel tempo alcuni clienti/distributori sono stati acquisiti come
filiali distributive e, come visto in precedenza, è in corso una forte politica di retail
attraverso lo sviluppo nel mondo di negozi monomarca e in franchising.
3.3 Le relazioni con il territorio e l’ambiente
Ci si chiede se aziende come la Grotto che oggi hanno assunto una dimensione
internazionale abbiano oggi la convenienza a far rimanere l’head quarter sul territorio
locale. Ammirando l’affezione che la proprietà ha per il luogo storico da cui è partita la
storia aziendale e da cui trae origine il mondo di valori a cui la produzione Grotto si
ispira, probabilmente la forte specializzazione creativa dell’azienda potrebbe ricevere
maggiori stimoli dalla vicinanza a territori in cui queste risorse si formano e
costruiscono le proprie esperienze. Il territorio veneto risulta, nel confronto con altri
territori, poco attrattivo per stilisti e designer piuttosto che uomini prodotto abituati a
frequentare il mondo della fashion delle grandi metropoli o posti in cui vi è un certo
fermento creativo. Come altre aziende di abbigliamento del territorio anche la Grotto
lamenta infatti una certa difficoltà a reperire queste risorse umane25 in loco e la difficoltà
di far giungere queste risorse da fuori, sebbene comunque molto positiva sia la capace
dell’azienda di assorbire fortemente gli stimoli ambientali dagli altri contesti territoriali26.
24
Vengono venduti con il marchio Gas attraverso le licenze anche prodotti di cartoleria, oggettistica da scrittura e
scrivania, zaini, astucci e accessori per la scuola.
25 Il capitale creativo e intellettuale all’interno delle aziende storiche del settore abbigliamento locale è spesso conteso
dalle stesse.
26
Frequenti sono i viaggi di ricerca nelle città della moda che i creativi dell’azienda fanno per raccogliere stimoli
dall’ambiente, sono incentivati poi i rapporti con le scuole di design e di comunicazione non solo italiane, e la presenza
in azienda di stagisti da altri paesi.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
200
PARTE III
Box 3 – L’evoluzione della rete del valore dal 1995 al 2005
Fornitori:
- sviluppo di rapporti esclusivi con alcuni fornitori
- aumento delle quote di produzione in outsourcing da fornitori esteri in specifici bacini di
specializzazione
- mantenimento in loco di fornitori specializzati soprattutto nel capo formale e pronti a
rispondere alle emergenze
- evoluzione nella tipologia dei fornitori ( dall’industrializzato al commercializzato)
- maggior trasferimento del rischio al fornitore
Clienti/distributori:
- espansione del prodotto sul mercato italiano
- espansione verso i mercati extraeuropei
- dalla vendita di un prodotto alla vendita di un “concept”
- presidio diretto dei mercati di sbocco (filiali di vendita e retail diretto) e sviluppo del
franchising
Territorio/ambiente:
- difficoltà di reperire risorse umane sul territorio
- abilità dell’azienda di assorbire gli stimoli ambientali da altri contesti territoriali
4. Gli ostacoli al percorso di crescita
In tema del passaggio generazionale nella conduzione aziendale risulta oggi un tema
critico per aziende come la Grotto spa nate inizialmente come realtà familiare, ma che
hanno seguito un percorso di crescita così importante. Claudio Grotto è oggi ancora
presidente, fondatore, direttore generale, amministratore delegato e azionista di
maggioranza, fondendo quindi in un tutt’uno le funzioni di proprietà e controllo e
caratterizzando personalmente il successo dell’azienda. L’unicum tra la storia
aziendale, familiare e personale dell’imprenditore pone quindi interrogativi sulla
successione e sulle fasi future dell’azienda che devono essere mappate, riconosciute,
e gestite con anticipo.
L’evoluzione futura dell’azienda attraverso un percorso di crescita ancora oggi in
evoluzione e che vede da una parte il continuo sviluppo di una filiera a monte, e
dall’altra un maggior presidio da parte dell’azienda dei processi distributivi, richiederà
probabilmente una maggiore capacità di delega da parte della proprietà e una
maggiore presenza di figure chiave oltre che un’implementazione delle attività di
coordinamento. Nel momento, ad esempio, in cui vengono messe in gioco società
diverse partecipate dall’azienda che hanno rapporti con gli stessi fornitori si necessita
che il nucleo centrale di intelligent all’head quarter nella sede di Chiuppano (VI) sia in
grado di pianificare ancora più con efficienza ed efficacia la movimentazione delle
merci e garantire il coordinamento tra le varie unità di produzione e di vendita.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
201
PARTE III
Il presidio del sistema logistico (che corrisponde a controllare la filiera in modo
efficiente) richiede, infatti, prima di un sistema gestionale in grado di mettere in
comunicazione e far condividere la conoscenza tra i vari attori della rete, un
organizzazione strutturata in grado di rispondere alle istanze e alle richieste all’interno
della supply chain. Ad esempio, la stessa attività di refresh dei negozi, politica sulla
quale la Grotto sta puntando per fidelizzare la clientela e rendere forte il concept
intorno al quale ruotano le collezioni Gas, richiede un controllo molto forte sia dei
processi a monte che a valle. All’head quarter, per garantire questa attività di refresh, è
necessario, ad esempio, che ci sia un continuo riscontro tra il reparto stile & prodotto,
commerciale e marketing. In ogni momento della vita aziendale della sede centrale
sono da gestire almeno tre collezioni: quella che viene spedita, quella che viene
prodotta e quella che viene pensata. Pur mantenendo l’indipendenza di ogni fase la
capacità di coordinamento tra il percepire i segnali e le tendenze, la produzione e la
distribuzione rimane l’attività più critica da presidiare in futuro anche attraverso una
maggiore capacità di delega.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
202
PARTE III
Box 4 – Gli ostacoli al percorso di crescita
Leve di comando fortemente accentrate
nella figura dell’imprenditore (Verticismo
decisionale della proprietà)
Minore propensione alla delega
L’imprenditore caratterizza
fortemente il successo
dell’azienda ponendo
interrogativi sulla
successione e sul futuro
Possibile difficoltà nel creare
forme efficienti di coordinamento
e mantenere il pieno controllo e
monitoraggio di un’attività con
aumentato grado di
complessificazione
Minore possibilità di
recepire schemi e procedure
nuove che possono
rinnovare positivamente le
routine organizzative
5. Le strategie future di crescita
Fra le strategie future di crescita uno dei primi obiettivi dell’azienda rimane lo sviluppo
del vertical retail e in generale il perseguimento delle strategie di internazionalizzazione
verso paesi come l’India, dove da poco è stata aperta una filiale in joint venture e dove
è previsto lo sviluppo di una vera e propria attività produttiva. La sfida che la Grotto spa
intende affrontare nel futuro sarà di consolidare il proprio percorso di crescita sempre
più attraverso il consolidamento della filiera integrata con preferenza per l’outsourcing
di commercializzato in grado di meglio abbattere barriere doganali, dazi e costi di
produzione e questo richiederà un’implementazione importante delle competenze
rivolte al presidio dell’attività di coordinamento e di logistica fra le varie unità produttive
e distributive.
IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
203
PARTE III
IL CASO INFORMATICA PALESA – ALDEBRA
1. Il percorso di crescita
1. 1 La storia di Informatica Palesa
L’azienda Informatica Palesa di Treviso nasce più di 30 anni fa nel 1971 ad opera di
Giorgio Palesa, attuale presidente. L’imprenditore, perito industriale, dopo un periodo
di lavoro nei cantieri edili, inizia a lavorare come capo ufficio presso un’azienda di
macchine per ufficio, decidendo poi di intraprendere questa attività per conto proprio.
All’inizio l’attività era molto semplice e riguardava soprattutto la commercializzazione di
calcolatrici, macchine da scrivere e in generale macchine contabili. Sebbene solo agli
inizi, Informatica Palesa riesce ad entrare nel mercato già conquistato da aziende
come l’Olivetti e ad agganciarsi a importanti clienti come Benetton.
Con il passaggio dalle macchine da scrivere al PC l’azienda comincia a percepire la
necessità di sviluppare anche il settore dei servizi connessi allo sviluppo delle
tecnologie informatiche, dapprima assumendo tecnici in grado di garantire una certa
attività di assistenza, fino alla ricerca via via più consistente di personale qualificato ed
esperto nel campo dell’informatica.
Una svolta decisiva avviene negli ultimi anni ’90 con lo sviluppo di internet e con
l’esplosione della ICT. Forte nell’idea che con l’avvento di Internet chi avrebbe
realmente guadagnato non sarebbe stato chi puntava sul business on line, ma chi
capace di costruire intorno a questo nuovo evento i servizi necessari alle aziende,
Informatica Palesa inizia a decrescere l’attività connessa alla commercializzazione dei
prodotti hardware, aumentando invece l’attività connessa ai prodotti software, ai servizi
tecnici e di sviluppo competenze in particolare nell’attività sistemistica per garantire ai
clienti, oltre che i prodotti, anche servizi e soluzioni nell’ambito dell’information
technology a supporto dell’attività aziendale. Specializzandosi nel ruolo di dealer
l’azienda cresce nell’assistenza tecnica e nell’offerta di consulenze e servizi di
outsourcing informatico attraverso contratti che prevedono la gestione dell’infrastruttura
per conto del cliente.
Il successo dell’azienda nasce comunque in primis dal ruolo centrale dell’imprenditore
nello sviluppo di rapporti di fiducia con la propria clientela. Giorgio Palesa, attraverso la
sua creatività, la capacità di rischiare e di rimettersi in discussione e la capacità di
204
IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE
PARTE III
cogliere i rapporti con il territorio e le istituzioni e metterli a frutto per la sua azienda,
diviene insostituibile nel contribuire con la sua attività allo sviluppo di Informatica
Palesa sul mercato assumendo un vero e proprio ruolo di trust interface.
Nel
rafforzamento di tale ruolo Giorgio Palesa assume nel tempo importanti posizioni
istituzionali nella provincia di Treviso, tra cui la carica di presidente artigiani di Treviso
per 10 anni, ricoprendo anche poi un ruolo fondamentale per la creazione e lo sviluppo
del Terziario Innovativo che facilitano relazioni e rapporti con il territorio locale.
Fondamentale è infatti la sua spiccata capacità di creare rapporti personali con i clienti
di tipo informale, amicale e diretto. Grazie anche a questo ruolo di trust interface
l’azienda può contare oggi tra i propri clienti importanti gruppi come Benetton, De
Longhi, le industrie aereonavali di Finmeccanica.
1.2 La fusione con il gruppo Aldebra
Il cambiamento più importante avviene tuttavia nel 2004 quando Palesa decide di far
crescere ulteriormente la propria realtà, sviluppando un accordo di aggregazione con il
gruppo Aldebra, un’altra importante realtà nel campo dei servizi informatici del Nordest. Attraverso la fusione Palesa Informatica, oltre ad ampliare il proprio parco clienti,
coglie così la possibilità di aumentare la gamma di servizi offerti che divengono sempre
più complessi e sofisticati facendo fare all’azienda un salto di qualità e di
posizionamento competitivo sul mercato: da dealer a system integrator1.
Il motivo principale della crescita attraverso l’aggregazione con il gruppo Aldebra è da
ricercarsi prima di tutto nel progetto ambizioso e personale dell’imprenditore di riuscire
a creare un importante polo informatico sul mercato italiano e divenire in breve tempo
una realtà importante in Italia nel settore dell’Information e Communication
Technology. Il problema di Informatica Palesa era infatti di non aver ancora consolidato
abbastanza la propria struttura per affrontare terreni diversi dal territorio locale.
Un secondo obiettivo era quello di riuscire a legare assieme, attraverso il percorso di
crescita, competenze diverse e servizi complementari per poter migliorare la gestione
clienti di una certa dimensione. Sebbene negli ultimi anni l’azienda fosse riuscita ad
affermarsi nel mercato locale, infatti, aveva raggiunto una certa stabilità nella gestione
della propria clientela. La difficoltà era quindi riuscire a gestire nuovi importanti clienti
1
Mentre il dealer ha tipicamente un’attività focalizzata sui prodotti hardware e parzialmente sui
prodotti software e servizi professionali, il system integrator ha un’attività focalizzata in area
integrazione sistemi e gestione progetti e una forte capacità di generazione di valore aggiunto in
termini di competenze software.
205
IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE
PARTE III
come Banca Veneta, acquisita recentemente proprio grazie all’avvenuto percorso di
aggregazione con Aldebra.
È la necessità quindi di catturare nuovi segmenti di mercato, di differenziare e di fornire
una gamma completa di servizi ai propri e potenziali clienti ad indurre Giorgio Palesa
ad intraprendere una crescita dell’azienda attraverso il percorso di aggregazione
descritto. Spiega infatti l’imprenditore: “L’idea era di fare un ristorante capace di offrire
non uno, ma una varietà di piatti tradizionali. Mettendo insieme le varie specializzazioni
si ha la possibilità di sviluppare economie di scala e di offrire un prodotto differenziato e
completo.”.
Crescere non da soli, ma con altre realtà, è per Giorgio Palesa anche un modo per
avere un confronto e apprendere dall’esperienza degli altri anche mettendosi in
discussione, al fine di sostenere un miglioramento continuo delle performances e
competenze.
Prima dell’esperienza di crescita con Aldebra l’imprenditore aveva già tentato di
intraprendere la via della crescita attraverso aggregazioni con realtà più localizzate e in
particolar modo con 13 dealers insediati soprattutto nella realtà territoriale veneta. A
detta dell’imprenditore, ciò che in questi casi ha determinato il fallimento dell’iniziativa è
stato principalmente un “gap culturale”. Secondo Giorgio Palesa, infatti, per riuscire a
crescere bisogna sapere prima di tutto mettere in discussione il personalismo
imprenditoriale e riuscire a fare squadra sviluppando un approccio più manageriale e
quindi più idoneo alla gestione di grandi realtà. “Bisogna saper togliersi il cappello da
paron e saper indossare quello dell’azionista”. Ciò in quanto le difficoltà incontrare nella
realtà locale, che poi hanno portato al fallimento del primo processo di crescita, sono
state causate dagli ostacoli trovati nel mettere d’accordo i diversi imprenditori
sull’organigramma aziendale e sulla necessità di rivedere le posizioni di comando di
ognuno.
Nel modello di sviluppo veneto la personalità e il vissuto personale degli imprenditori
hanno da sempre caratterizzato le aziende locali. Se da una parte però la forte
identificazione dell’imprenditore con la propria azienda è spesso una componente
essenziale per il successo, poiché mette in moto creatività, capacità di rischio, capacità
di legare con il contesto di riferimento, dall’altra può risultare un limite ogni volta che si
richiede all’azienda un approccio ai problemi di tipo più formale, la gestione di
conoscenze codificate, il confronto con realtà complesse fuori dal contesto di
riferimento. Perché queste strategie abbiano successo, infatti, è necessario che gli
imprenditori limitino il proprio personalismo e riescano a dotarsi di cultura manageriale
206
IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE
PARTE III
che non risponda solo a logiche di breve, ma anche e soprattutto a logiche di redditività
e fatturato di lungo periodo.
Informatica Palesa trova quindi in Aldebra il partner ideale non solo per la
complementarietà nelle competenze di cui il gruppo dispone, ma anche perché
l’approccio culturale alla crescita risponde a logiche più manageriali ed è consolidato
dalla stessa esperienza che Aldebra ha avuto nei suoi precedenti percorsi di
aggregazione sebbene anche questi di recente costituzione.
Prima della fusione con Informatica Palesa, Aldebra raggruppava già altre importanti
realtà del Nordest. La società è infatti a sua volta frutto dell’aggregazioni di più aziende
diffuse nel territorio: due software house milanesi (Hintersoft e Atlantis Software
Group), una software house trentina (Sia), Verona Sud Sistemi di Verona, System B di
Bolzano, Studio Logica di Castelfranco Veneto.
Dunque la crescita attraverso linee esterne e nel caso specifico, attraverso la fusione di
Informatica Palesa con il gruppo Aldebra, è risultata la scelta più appropriata per
l’azienda per importare cultura manageriale, per creare forti economie di scala su un
territorio geograficamente più allargato e per sfruttare a proprio vantaggio le
complementarietà e le differenze culturali e di competenze con un’azienda che già di
per se aveva già avviato questo percorso di crescita.
Il gruppo Aldebra nasce infatti a Trento nel 2002 da prima con la fusione di due società
concorrenti sul mercato, ma che avevano bisogno di darsi economie di scala in termini
tecnologici e di competenza e per affrontare i problemi legati alla maturazione di certi
servizi e prodotti informatici e per anticipare, con adeguati investimenti, l’innovazione
nelle attività sempre più complesse legate al rapido sviluppo dell’ICT. Dopo il successo
di questa prima fusione il gruppo decide di espandersi e di continuare la crescita
aggregando nella propria realtà anche altre aziende del settore sul territorio nordestino
(Bolzano,
Milano,
Verona
e
Castelfranco
Veneto)
accrescendo
così
la
razionalizzazione di alcuni processi, aumentando ulteriormente la complementarietà
delle competenze e allargando il bacino di mercato. Nel 2004 viene inoltre acquisita
una piccola software house a Udine.
Informatica Palesa trova quindi nel Gruppo Aldebra un ottimo partner per crescere
sotto molti punti di vista. Palesa Informatica ha come punto di forza le proprie
competenze commerciali, mentre Aldebra, con le competenze legate alle tecnologie di
prodotto, è stata in grado di fornire un know how prezioso dal punto di vista delle
conoscenze tecniche, permettendo di aggiungere competenze anche nell’attività di
ricerca e sviluppo. Il processo di aggregazione porta quindi a Informatica Palesa vari
207
IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE
PARTE III
vantaggi, ed in particolare una nuova presenza territoriale e l’opportunità di spostarsi
sul segmento dei servizi software. Per Aldebra il valore aggiunto si esprime invece in
un maggior sviluppo commerciale e nel poter sfruttare le competenze di Palesa già
acquisite nell’ambito dell’attività sistemistica.
I dati relativi al primo anno di attività mostrano i segni positivi della crescita. Se
l’incremento totale del fatturato per quanto riguarda il primo semestre 2005 rispetto al
fatturato 2004 è per l’intero gruppo di 5,6%, solo Palesa informatica riesce a
raggiungere il 40,6%. Visti i primi dati positivi e le prospettive concrete di crescita, il
gruppo Palesa-Aldebra, che oggi conta 220 dipendenti, prevede di raggiungere entro
fine anno i 30 milioni di fatturato e i 50 milioni entro due anni2.
Dati fatturato primo anno attività del gruppo Palesa -Aldebra:
Fatturato 2004
Fatturato 2005 (primo semestre)
Variazione
4.280.330
40,56%
17.030.613
5,6%
Palesa Treviso
3.045.174
Tot Gruppo
16.121.661
Palesa/Aldebra
Totale nuovi ordini in portafoglio: 2.138.948
Dettagli variazione fatturato Informatica Palesa/Aldebra sede di Treviso al 31/06
2004/2005
Delta %
Vendita software
46%
Vendita hardware
52%
Totale beni
51%
Contratti
19%
Totale prestazioni
0,40%
Con il processo di aggregazione il gruppo Aldebra ha iniziato in parallelo anche
un’espansione della propria attività fuori dai confini nazionali. L’intenzione del gruppo
non è infatti solo accrescere le quote di mercato italiano, ma espandere l’attività verso i
paesi dell’est in cui alcuni dei loro prodotti possono trovare un potenziale di
applicazione notevole. In particolare nel mercato bancario un software da loro
sviluppato (BOS) e specifico per piccole banche è già utilizzato da alcune banche
albanesi e attraverso, alcune trattative in corso con alcune banche italiane che si sono
inserite in questi paesi, troverà probabile mercato anche in Croazia e Romania.
2
La valutazione del nuovo valore patrimoniale del gruppo è stata effettuata tendendo conto di
vari asset (fatturato, sviluppo, servizi tecnici e prodotti software proprietari).
208
IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE
PARTE III
Box 1 – Il percorso di crescita dal 1995 al 2005
1995
2005
Informatica Palesa
Posizionamen
to sul
mercato:
Attività:
95%
hardware
5% servizi e
Fatturato:
9,5 miliardi di
lire
Informatica
Palesa
Gruppo Aldebra
Attività:
raggiungimento
quota 20%
software e servizi
Udine:
acquisita
dal gruppo
nel 2004
Milano
Hintersoft
2002
Fatturato I° semestre
2005: 4,3 milioni di
euro
Previsioni fine 2005 8
milioni di euro
Treviso
Informatica
Palesa
2005
Trento
SIA
2002
Castelfranco
Veneto
Studio
Logica
Dipendenti:
15
Dipendenti:
20
Fatturato gruppo
I° semestre 2005:
17 milioni di euro
Previsioni fine
2005: 30 milioni di
209
IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE
Milano
Atlantis
Software
Group
2002
Dipendenti
gruppo 2005:
220
Verona
Sistemi Sud
2004
Bolzano
System B
2002
Attività:
65%
hardware
35% software
Posizionamento
sul
mercato:
system
integrator/Norde
st-Italia
PARTE III
Box 2 – I processi di internazionalizzazione intrapresi dal gruppo
Potenziali sviluppi del gruppo nei paesi dell’Est Europa:
Nuovo mercato
Albania
Inizio
sviluppo
mercato software
bancario
Progetti in corso
Romania
Progetti in corso
di
viluppo:
mercato software
bancario
Progetti in corso
di sviluppo:
mercato privato e
delocalizzazione
produttiva
Croazia
Progetti in corso
di sviluppo:
mercato
software
bancario
Obiettivi futuri
Altri paesi
dell’Est
Possibili sviluppi
futuri sul
mercato
bancario e
privato
A Timisoara (Romania) è in corso un altro importante progetto che prevede una futura
penetrazione e sviluppo dell’azienda in questo mercato posto in essere allo scopo di:
- seguire alcuni clienti nei loro processi di delocalizzazione che porterà probabilmente
in futuro ad un’espansione dell’azienda anche in altri paesi soggetti a processi di
delocalizzazione da parte di imprese italiane.
- produrre su questi mercati applicazioni software grazie alle competenze tecniche
esistenti nell’area e in particolare alle competenze ingegneristiche che a pari livello di
produttività rimangono comunque ad un costo di molto inferiore a quello italiano.
- sfruttare il potenziale di sviluppo dell’area con la prossima entrata della Romania
nell’Unione Europea.
Per raggiungere tali obiettivi è in corso da parte dell’azienda lo studio della possibilità di
costituire un’unità produttiva direttamente sul posto e che avrà personale locale
coadiuvato in termini di gestione e controllo da personale italiano che sarà inserito in
loco. L’unità sarà poi oggetto di verifiche anche attraverso un’attività di controllo remoto
da parte del management del gruppo.
2. L’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione
Informatica Palesa ha sempre avuto come punto di forza il saper gestire conoscenze
contestuali, tacite, embedded, che hanno permesso all’azienda di creare nel territorio
rapporti di fiducia soprattutto informali e diretti con i propri clienti, sviluppando così
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
210
PARTE III
competenze di natura prettamente commerciale. Le competenze di prodotto erano al
contrario cresciute limitatamente, rispondendo a bisogni ed esigenze relativamente
standard, così come la struttura aziendale, rispecchiando lo stile di direzione di Giorgio
Palesa. L’azienda aveva mantenuto una forma semplice dove responsabilità, processi
decisionali e attività commerciali venivano gestiti in gran parte dall’imprenditore stesso.
“Calzando” il ruolo tradizionale di dealer, le competenze dei tecnici e dei sistemisti
erano limitate soprattutto alla gestione di tecnologie semplici e allo sviluppo di sistemi
operativi software poco complessi.
Il percorso di crescita attraverso l’alleanza con il gruppo Aldebra ha permesso ad
Informatica Palesa di iniziare a presidiare contesti più complessi aggiungendo alle
capacità commerciali e relazionali sul territorio, che rimangono comunque strategiche
per il gruppo, anche competenze che richiedono il presidio di conoscenze più formali e
codificate già presenti in Aldebra, in cui centrali risultano essere soprattutto le
competenze tecnologiche e dove la proprietà diffusa tra numerosi soci ha creato un
miglior presidio delle funzioni manageriali e organizzative.
Senz’altro quindi il processo di crescita ha permesso ad Informatica Palesa di
accrescere la propria abilità di presidiare conoscenze e competenze di natura più
formale e la propria capacità di organizzazione e gestione dei processi aziendali,
rendendola più consona allo stile manageriale già presente in Aldebra.
Il gruppo Aldebra infatti, essendo già somma di più realtà, ha dovuto fin da subito
dotarsi di una struttura che permettesse una razionalizzazione più efficiente delle varie
competenze e complementarietà presenti nelle varie unità e che allo stesso tempo
permettesse di presidiare in modo accentrato le aree critiche e di innovazione3.
L’attuale organigramma aziendale prevede un consiglio di amministrazione di cui fanno
parte i 6 imprenditori che hanno condiviso l’aggregazione e che costituisce gran parte
della direzione aziendale in modo di assicurare ad ognuno una funzione operativa
legata alle specifiche competenze personali. Per ora la divisione dei compiti fra lo staff
prevede una direzione generale, il presidio di alcune aree critiche e la direzione delle
varie sedi. Giorgio Palesa ha assunto oggi il ruolo di vice presidente del gruppo e di
direttore per la sede di Treviso4.
3
La ridefinizione di competenze e ruoli chiave e il ridisegno dell’organigramma aziendale è oggi
tuttora in corso attraverso l’ausilio di una società di consulenza: Gaio Associati.
4
L’intenzione di Giorgio Palesa è oggi trasferire il suo ruolo di direzione della sede di Treviso
alla figlia Linda Palesa, concentrando la sua attività, visto le competenze di natura commerciale
e relazionale, nella funzione di sviluppo delle pubbliche relazioni del gruppo.
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
211
PARTE III
Consiglio di Amministrazione e staff
Presidente
Ing. Giordano
Tamanini
Direttore Generale
Ing. Giordano Tamanini
Direttore
Commerciale
Sig. Mario Molinari
Vicepresidente
Giorgio Palesa
Vicepresidente
Sig. Mario Molinari
Responsabile
Marketing
Dott. Nicola Rovea
Sig. Ruggero Cordini
Direttore Servizi
Interni
Sig.ra Nadia Gelmetti
Consiglieri
Sig. Alessandro
Storari
Sig. Dario Bonfioli
Responsabile Servizi
Dott. Oreste Detassis
Amministrativi
Resp. Software e
Area Finanza
Sig. Marco Calliari
Direttore Sede Milano Sig. Ruggero Cordini
Direttore Sede
Verona
Sig. Alessandro Storari
Direttore Sede di
Treviso
Sig. Giorgio Palesa
Direttore di
Produzione
Sig. Dario Bonfioli
Funzioni chiave assunte da Giorgio Palesa all’interno del gruppo:
Carica:
Presidio competenze:
Vicepresidente del gruppo
Pubbliche relazioni:
collaborare con la direzione generale nella
ricerca di partner per eventuali alleanze e/o
aggregazioni
collaborare con la Direzione commerciale nella
ricerca di nuovi rivenditori e/o veicoli di diffusione
commerciale
collaborare con la Direzione commerciale per lo
sviluppo del mercato
Direzione dell’Unità di Treviso
Graduale trasferimento delle competenze di direzione di
zona alla figlia
Le funzioni legate al presidio di conoscenze organizzative, gestionali e tecnologiche
complesse (investimento, sviluppo, innovazione di prodotto) sono state accentrate
nell’area di Trento in due uffici: uno in cui sono sviluppate le competenze di carattere
amministrativo e commerciale e legate all’attività di marketing, e l’altro in cui sono
concentrate invece le competenze tecnologiche di prodotto e vengono presidiate quasi
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
212
PARTE III
tutte le attività di ricerca e sviluppo con un numero di persone impiegate variabile a
seconda del fabbisogno e del tipo di progetto in corso5 .
Attività di ricerca e sviluppo sono poi presenti anche nell’unità di Milano che conta un
laboratorio dove lavorano 4 persone.
Mentre le aree critiche di ricerca e sviluppo e la gestione generale sono gestite a livello
centrale, in ogni unità vengono sviluppate competenze progettuali di natura più
semplice o specifiche. Il personale locale rimane fondamentale per l’assistenza e il
rapporto diretto con il cliente del territorio di riferimento, mentre la gestione di servizi
più complessi viene gestita in modo infra-unitario o con spostamenti ad hoc del
personale o con il sistema gestionale proprietario integrato sviluppato per le esigenze
specifiche di diffusione e condivisione di conoscenza all’interno del gruppo, in modo da
creare una sorta di comunità virtuale6. Per migliorare il trasferimento di conoscenze e
competenze tra le varie risorse umane dislocate nei vari territori, e per sviluppare
coesione sociale e culturale, viene data particolare importanza anche ai momenti di
incontro ludici tra il personale delle diverse unità7. In ogni unità dislocata sul territorio
sono presenti importanti figure chiave, come i middle manager8, i quali hanno il compito
specifico di gestire i gruppi locali e affinare la capacità di interazione con gli altri gruppi.
Per assicurare il coordinamento e il presidio delle problematiche delle varie aree,
periodicamente vengono organizzati comitati trasversali in tutte le sedi, rappresentando
a livello sistemico un momento di incontro e confronto importante.
Un altro ruolo chiave all’interno delle varie unità del gruppo è oggi rappresentato dal
project manager, che in base alle esigenze viene di volta in volta individuato tra i
tecnici e ingegneri in particolare per la gestione di singoli progetti nell’area di
sistemistica o di software, e che rappresenta anche una spinta motivazionale ad
5
Il fatturato del gruppo investito in ricerca è sviluppo è attualmente il 2% La crescita attraverso
aggregazioni da parte del gruppo Aldebra ha consentito di aumentare gli specifici investimenti
per lo sviluppo di nuovi prodotti, occupando mediamente una quindicina fra tecnici e ingegneri.
Ad esempio, l’azienda ha recentemente esteso un software patrimonio comune fra 4 delle unità
del gruppo realizzando dei verticali di nicchia su settori differenti. È stato realizzato un software
proprietario ex novo per la gestione dei flussi operativi aziendali in ambiente internet e
personalizzabile. Nell’ambito della privacy è stata inoltre realizzata e strutturata una consulenza
specifica. A quest’ultimo progetto sono oggi dedicati 3 dipendenti.
6
È stato ultimamente integrato il sistema informativo con il sistema telefonico che permette di
gestire l’assistenza clienti anche a livello remoto nel caso le competenze necessarie non
fossero presenti in loco o necessitassero di supporto.
7
Vengono organizzate non solo cene aziendali, ma tornei di calcetto, biciclettate, settimane
bianche.
8
In ogni unità sono presenti mediamente 2-3 middle manager, ad eccezione di Trento dove
sono 5.
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
213
PARTE III
assumere incarichi e responsabilità da parte del personale. Il Project manager,
nominato dal middle manager, viene incaricato sia di sviluppare un progetto specifico
per il cliente, sia di realizzarlo e di coordinare il personale coinvolto.
Attraverso il processo di aggregazione il gruppo Aldebra è in grado di offrire un ampia
gamma di servizi informatici coprendo tutte le aree tecniche, sistemistiche e strategiche
aziendali e assicurando così un’efficace integrazione delle ICT nei processi aziendali,
offrendo al cliente prodotti, servizi e progetti anche personalizzati.
I prodotti del gruppo Aldebra sono infatti relativi a: architetture hardware, soluzioni e
servizi infrastrutturali integrati di networking, soluzioni sulla connettività, sistemi e
servizi per la sicurezza informatica, applicazioni software ERP, Supply Chain
Management,
strumenti
di
Business
Intelligence
e
Customer
Relationship
Management. Fra i principali servizi offerti troviamo poi la progettazione dei sistemi, le
attività di consulenza ed analisi per lo sviluppo di SW, sicurezza ed efficienza del
sistema, consulenza e assistenza telefonica, assistenza hardware e formazione, servizi
e software per server applicativi.
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
214
PARTE III
Gruppo Aldebra 2005
Direzione Generale
Giordano Tamanini
Direzione
Servizi interni
Nadia Gelmetti
Direzione
Commerciale
Mario Molinari
Direzione
produzione
Dario Bonfioli
Direzione di zona –
Milano
Ruggero Cordini
Direzione di zona –
Verona
Alessandro Storari
Direzione di zona –
Treviso
Giorgio Palesa
Direzione software
area finanza
Mario Calliari
Sistema gestionale
qualità
Nadia Gelmetti
Area vendite
Bolzano
Massimo Bertinato
Settore software
Orion- tn
Marco Bertol
Area vendite
Milano
Ruggero Cordini
Area vendite
Verona
Alessandro Storari
Area Vendite
Treviso
Fabrizio Pilotto
Settore software
Bos-Fos
Marco Calliari
Sistema informativo
Sartori Moreno
Area vend.Trento
Luciano De Gasperi
Settore Software
Met. Europa TN
Federico Ranzi
Sviluppo Software
Milano
Bruno Preti
Settore software
Met. Verona
Andrea Nodari
Settore Manutenzi.
TV
Linda Palesa
Contabilità e finanza
Oreste Detassis
Progetto Speciale
Udine
Ruggero Rossi
Settore Manutenz.
TN
Silvano Bertotti
Settore software
metodo Milano
Fausto Cobianchi
Settore Software
OSRA
Enrico Centomo
Amministr. E log.
Locale
Linda Palesa
Amministrazione
del personale
Rosanna Murari
Sviluppo Prodotto
area TV Eros
Andriolo
Settore sistemisti
TN
Luca Sabattini
Settore software
met. Olimpix Mi
Luca Mariani
Settore
Manutenz.VR
Paolo Melotto
Settore
Software
Metodo TV
Mauro Meneghin
Help Desk
Laura Braito
Marketing
Operativo
Nicola Rovea
Settore Manutenz.
BZ
Marco Stancher
Ufficio Acquisti
logistica
Giuliano Weiss
Set. sistem. BZ
Massimiliano
Baldessarini
Ufficio Contratti
Cristina Campaner
Progetti speciali
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
Settore sistemi TV
Massimo
Pagliarotto
215
PARTE III
L’aggregazione permette quindi a Palesa di fare un ulteriore salto di qualità
trasformandosi in System Integrator, ossia azienda capace di integrare la tecnologia
anche con le proprie soluzioni, rivendendole in termini di progetto.
Con la nuova aggregazione viene poi realizzata una rete di servizi diffusa sul territorio
capace di sfruttare le specializzazione e le competenze delle varie unità dislocate per
coprire poi a livello sistemico tutti i servizi inerenti le ICT. Le sedi operative del gruppo
sono oggi a Bolzano, Montebelluna, Milano, Trento Udine, Verona, e Treviso ognuna
con le proprie competenze distintive messe al servizio di tutta la rete.
Alcune delle competenze distintive divise per area geografica:
Trento:
sviluppo e gestione dei sistemi informatici,
creazione di applicativi e soluzioni
gestionali aziendali,
implementazione delle tecnologie di
Networking,
realizzazione del software web-oriented,
Bolzano:
gestione dell’organizzazione commerciale e
marketing, istallazione e configurazione
hardware oltre che logistica
manutenzione dei parchi informatici,
rete assistenza e distribuzione
organizzazione aziendale
Milano:
sviluppo software applicativo
creazione soluzioni verticali su misura
assistenza su applicativi
Verona:
applicativi per professionisti e consulenti del
lavoro
analisi e sviluppo del software su misura
assistenza e manutenzione dei parchi
hardware
Treviso:
Implementazione di tecnologie di base,
istallazione strutture hardware avanzate,
configurazione soluzioni di comunicazione e
messaging,
assistenza e manutenzione parchi
Negli ultimi anni, e in particolare dopo l’ultimo accordo fra Aldebra e Informatica
Palesa, è cresciuta da parte del gruppo l’attenzione verso lo sviluppo del capitale
umano dell’azienda soprattutto attraverso un costante investimento nell’attività di
formazione.9
9
Mediamente per l’attività di formazione il gruppo investe 1-1,2% del proprio fatturato.
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
216
PARTE III
Numero di addetti e presidio di competenze divise per area geografica
Competenze
Reparto commerciale TN
Reparto Metodo/Europa Trento
Reparto Orion/Olimpix/UP TN
Reparto Tecnologie di base TN
Reparto servizi sistemici TN
Progetto APT Trento
Progetto Plose Trento
Progetto Nixidorf Trento
Progetto Asia
Progetto PAt –S.I
Trento
Reparto commerciale BZ
Reparto tecnologie di base BZ
Reparto servizi sistemici BZ
Bolzano
Reparto commerciale VR
Reparto metodo VR
Reparto Sispac stu VR
Reparto servizi sistemici VR
Direzione zona VR
Verona
Reparto commerciale TV
Reparto Metodo TV
Reparto sistemisti TV
Castelfranco Veneto
Reparto commerciale UD
Reparto UP UD
Reparto sistemisti UD
Direzione zona UD
Udine
Reparto commerciale MI
Reparto Metodo/Europa MI
Reparto Tecnologie di base MI
Reparto servizi sistemici MI
Direzione zona MI
Milano
direzione
tecnici
venditori
servizi
agenti
Treviso (compreso Montebelluna)
Direzione Generale
Direz. Servizi interni
Contabilità finanza
Ufficio Paghe
Sistema informativo
Help Desk
Direzione commerciale
Acquisti logistica
Marketing Operativo
Direzione Produzione
Ufficio contratti-fatt.
TOT
N° di addetti
5,00
8,55
9,05
11.30
4,00
2,00
1,35
6,30
4,00
3,15
0,70
55,40
10,75
15,91
3,00
29,66
4,20
3,00
6,29
2,60
7,83
2,10
26,03
6,20
2,00
8,20
1,00
2,00
2,00
0,75
5.75
3,00
12,75
2,00
2,00
19,75
1
10
5
4,5
16
36,5
1,00
2,54
4,90
1,90
3,00
4,92
1,00
7,75
1,00
3,71
3,75
216,75*
* Alcuni addetti lavorano part time
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
217
PARTE III
La formazione viene sviluppata sia internamente, sia esternamente e riguarda attività
di apprendimento sia di natura gestionale, che organizzativa e commerciale, che
tecnica.10
Nell’area tecnica il diploma rimane il requisito minimo per entrare a far parte del
gruppo. Inoltre, i laureati, sono destinati a crescere a miglior presidio delle aree più
critiche (progettazione, gestione, commerciale). Proprio allo scopo di dotarsi di
personale interno altamente qualificato, per le assunzioni il gruppo si avvale anche di
un servizio di selezione esterno. La selezione dei dipendenti avviene attraverso
un’attenta attività di screening in cui vengono individuati profili professionali ad hoc e
privilegiate alcune caratteristiche personali (orientamento progettuale e all’innovazione,
capacità di lavorare in squadra, capacità relazionali, autostima, autosufficienza e
creatività).
Box 3 – L’evoluzione delle competenze dal 1995 al 2005
INFORMATICA PALESA 1995
GRUPPO ALDEBRA 2005
Knowledge:
- focus conoscenze contestuali
Knowledge:
focus
conoscenze
formalicodificate
- presenza di unità di ricerca e
Competenze:
-ruolo dealer
- tecniche standard
- commerciali
Competenze:
- ruolo system integrator
- tecniche complesse
- gestionali/organizzative
- commerciali/marketing
Apprendimento:
- principalmente attraverso processi
di learning by doing
Apprendimento:
- corsi interni ed esterni: (area
gestionale,
organizzativa,
commerciale, tecnica)
EVOLUZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE:
- PASSAGGIO AD UNA STRUTTURA MANAGERIALIZZATA
- PRESENZA DI FIGURE CHIAVE: IL MIDDLE MANAGER E IL PROJECT MANAGER
LA CONDIVISIONE DELLE CONOSCENZE NEL GRUPPO:
- SPOSTAMENTI DEL PERSONALE
- UTILIZZO DEL SISTEMA GESTIONALE INTEGRATO
- RIUNIONI PERIODICHE E COMITATI TRASVERSALI
-
ATTIVITÀ SOCIALI E CULTURALI INFRAUNITARIE
Il gruppo dimostra inoltre un’ottima gestione delle competenze e dei compiti aziendali
applicando un monitoraggio e una valutazione costante delle performance. Attraverso
l’utilizzo di indici di produttività e di prestazione vengono analizzate le performance dei
10 Per le competenze più tecniche il gruppo forma il proprio personale anche attraverso corsi
attivati dagli stessi fornitori di tecnologia.
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
218
PARTE III
dipendenti e di conseguenza attivate azioni di riposizionamento. Le certificazioni ISO
9000 9001 e Vision 2000 di cui il gruppo è oggi dotato hanno rappresentato poi
un’opportunità anche sotto il profilo del miglioramento nell’attività di valutazione dei
compiti e delle procedure. Ad esempio, le varie attività svolte dal personale vengono
oggi documentate e viene tenuto un data base che permette di identificare
velocemente, attraverso una ricerca ipertestuale, le competenze utilizzate in specifiche
aree o progetti, rendendo così facilmente individuabili le persone con competenze
specializzate idonee a seguire specifici progetti aziendali.
3. L’evoluzione della rete del valore
3.1 Le relazioni con i fornitori
L’entrata di Informatica Palesa in Aldebra ha portato un beneficio in termini di network
position per entrambe le società, sia nelle relazioni a monte con i fornitori, che a valle,
con i clienti.
Per quanto riguarda i fornitori, l’aggregazione ha portato il gruppo a fare scelte di
selezione dei rapporti di fornitura, mantenendo i rapporti con i fornitori più qualificati e
più importanti sul mercato, con un risparmio notevole dal punto di vista delle economie
di scala e di aumento di forza contrattuale 11.
Con alcuni fornitori, che il gruppo considera insostituibili e veri e propri partner
dell’azienda, c’è infatti un importante scambio di conoscenze, soprattutto attraverso
l’attività di formazione sviluppata dai fornitori stessi per l’uso dei propri prodotti. Tale
conoscenza viene anche trasformata in conoscenza riutilizzabile per altre applicazioni
non attinenti al solo prodotto del fornitore. I fornitori aiutano poi indirettamente l’azienda
ad investire in ricerca. Le conoscenze acquisite tramite formazione gestita dal fornitore
o direttamente dallo studio del prodotto comprato si traducono infatti in esperienza
professionale anche per le attività di ricerca e sviluppo interno. Non solo, i fornitori,
grazie all’economia di scala acquisita dal gruppo, sono diventati essi stessi dei
promotori del mercato di Aldebra.
“Prima eravamo noi ad andare dai fornitori, ora sono i fornitori stessi che vengono da
noi. Non ci darebbero le risorse che ci danno se fossimo rimasti da soli. I fornitori
strategici sono anche diventati nostri produttori di contatti, ci segnalano se se ci sono
11
I fornitori dei prodotti del gruppo sono oggi ridotti a circa un quinto. Fra i più importanti
fornitori: Microsoft, Simens HP, Cisco e Trendmicro, NRG.
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
219
PARTE III
clienti sul territorio, ci permettono di avere vantaggi di prezzo che ci aiutano a rimanere
competitivi e abbiamo con loro degli ottimi rapporti”.
Il gruppo, oltre ad avere fornitori di hardware e software, utilizza anche alcuni fornitori
di servizi per alcune competenze di nicchia che all’azienda non conviene mantenere
internamente, ma che sono importanti risorse in termini di outsourcing per fornire un
servizio sempre più completo al cliente. Tali fornitori, allocati soprattutto nella zona fra
Trento e Milano, sono circa 40 e vengono coinvolti nei progetti ogni volta che si ritiene
necessario attingere a conoscenze specifiche esterne12.
3.2 Le relazioni con i clienti
Per quanto riguarda le relazioni a valle il processo di aggregazione ha permesso di
allargare territorialmente il bacino di mercato, aumentare il numero di nuovi ordini,
acquisire clienti di un certo rilievo come Veneto Banca, e differenziare il portafoglio
clienti.
Mentre infatti Palesa Informatica annovera nel parco clienti soprattutto grandi aziende
che coprono l’80% del fatturato, il gruppo Aldebra ha mantenuto rapporti in
maggioranza con realtà medio piccole. L’aggregazione ha portato un duplice
vantaggio: una forza contrattuale positiva per acquisire clienti dimensionalmente difficili
da gestire da realtà di limitate dimensioni, ed un parco clienti costituito da aziende di
piccola/media dimensione che non avendo le competenze informatiche interne devono
avvalersi della collaborazione di società esterne capaci di gestire servizi e progetti
informatici di un certo rilievo. Mentre le grandi aziende dispongono di norma già
internamente di ingegneri o tecnici informatici e necessitano di rapporti più connessi
con la fornitura hardware e software, il servizio alla piccola e media azienda risulta
legato anche ai servizi di consulenza e progettazione e quindi più difficilmente
sostituibile dalla concorrenza.
Sia sotto il profilo tecnico che commerciale, l’investimento che il gruppo sta effettuando
nelle risorse umane rende comunque migliore la qualità dei rapporti con la clientela
creando potenziali barriere all’entrata di nuovi concorrenti attraverso risposte
tecnologicamente più avanzate, e attraverso la capacità di gestire servizi connessi alla
progettazione, alla consulenza e all’assistenza, a parità di prodotto.
12
I fornitori di servizi (come designer di siti internet) sono attentamente selezionati da Dario
Bonfioli - responsabile di produzione del gruppo - e vengono accreditati in una lista aziendale.
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
220
PARTE III
Box 4 – L’evoluzione nella rete del valore dal 1995 al 2005
1995
2005
Informatica Palesa
Gruppo Aldebra
Leggenda:
O mercato locale
O mercato Nord-Centro Italia
Fornitori
prodotti e
software
Fornitori
selezionati
prodotti e
software
Fornitori
servizi
informatici
Gruppo
Aldebra
Informatica
Palesa
Clienti:
Grandi
aziende
50% fatturato
Clienti:
Pubblica
amministraz.
50% fatturato
Fornitori
servizi
strategici:
selezione,
consulenza
Treviso
Informatica
Palesa
Distributori
del prodotto
proprietario
-
-
Fornitori:
selezione dei rapporti di fornitura
aumento del grado di partnership
contributo allo sviluppo di nuovi mercati e alla salvaguardia delle quote di mercato
contributo allo sviluppo di nuova conoscenza
aumento dei servizi in outsourcing
Clienti:
differenziazione portafoglio clienti
ampliamento geografico dei mercati
aumento della capacità di gestione delle problematiche del cliente
IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
Clienti:
grandi
imprese
15% fat.
Clienti
esteri:
banche
Clienti:
Piccole e medie
imprese
65% fatturato
Clienti:
Pubblica
amministr.
20% fatturato
221
PARTE III
L’azienda punta quindi a qualificare maggiormente il personale per mantenere un
rapporto di qualità sia nell’assistenza, sia nella capacità di saper individuare le
esigenze e i bisogni aziendali del cliente e trovare le specifiche soluzioni anche con
prodotti personalizzati o con la ricerca di nuovi prodotti attraverso la propria unità
interna di R & S, sia sviluppando nel personale oltre che capacità tecniche anche
capacità di gestione del cliente e di mediazione cognitiva necessari per tradurre i
linguaggi informatici in risposte concrete alle problematiche aziendali.
La vendita dei prodotti e dei servizi del gruppo sono generalmente gestiti attraverso i
commerciali dell’azienda, anche se lo sviluppo di un nuovo software proprietario (Asia)
ha fatto nascere l’esigenza di costituire una piccola rete di distributori esterna, per ora
affiancata da personale interno, ma che dopo un primo periodo di apprendimento e di
affiancamento verrà resa autonoma.
4. Gli ostacoli al percorso di crescita
“L’Italia è un popolo di campanili e bisogna lottare contro la mentalità che ne deriva,
altrimenti non si riesce a crescere insieme”. Questo è un problema che Giorgio Palesa
identifica a livello generale nei processi di crescita per vie esterne. E’ per questo che
Informatica Palesa, dopo i problemi soprattutto culturali, affrontati nel primo tentativo di
aggregazione con alcune imprese venete in cui la cultura imprenditoriale locale non
lasciava spazio alla possibilità di rimettere in discussione ruoli e attività di comando,
sceglie di aggregarsi con un gruppo in cui lo stile di direzione manageriale risulta
essere un incentivo invece alla fusione di culture diverse, alla messa in discussione di
ruoli e competenze di direzione e ad una concezione della diversità culturale presente
nelle varie realtà come arricchimento. Una delle necessità più sentite dal gruppo risulta
essere proprio quella di aumentare l’osmosi fra le due realtà soprattutto in termini
culturali, mantenendo in questo modo un equilibrio fra tradizione e innovazione.
Un processo di crescita attraverso linee esterne richiede comunque una revisione degli
skills e delle competenze già presenti in azienda, non solo direttive, ma anche
generalmente connesse alla riqualifica del personale ai vari livelli. Quando due o più
realtà si fondono è necessario avviare un percorso di razionalizzazione delle risorse
umane per evitare la presenza di competenze ridondanti. È necessario poi avviare un
percorso di omogeneizzazione di routines, metodi e procedure relative ai modi con cui
il personale, soprattutto impiegatizio, svolge attività commerciali, amministrative,
progettuali. Aumentando le complessità legate alla gestione di una realtà dimensionale
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
222
PARTE III
più grande e allo sviluppo di azioni di accorpamento delle varie complementarietà
viene richiesto soprattutto un upgrading delle competenze e delle capabilities del
capitale umano aziendale. A questo si affianca la necessità di mobilizzazione del
personale, allo scopo di trasferire conoscenza tacita e localizzata.
Il problema che il gruppo di nuova costituzione si trova ad affrontare non è quindi tanto
legato agli aspetti giuridici e fiscali, in cui la direzione è riuscita a trovare, anche
attraverso servizi di consulenza esterna, le soluzioni più ottimali, ma è legato
soprattutto alla ridefinizione di ruoli e alla crescita di competenze del personale interno
in particolare nell’attività commerciale e della stessa direzione. Attualmente il gruppo
conta 220 dipendenti e la ridefinizione delle competenze risulta fondamentale anche
per evitare tagli al personale.
Box 5 – Gli ostacoli al percorso di crescita
Alcune problematiche di crescita legate allo sviluppo del capitale umano
Condivisione culturale della mission, degli
obiettivi e dell’approccio al mercato da parte
del management
Omogeneizzazione di routines, metodi e
procedure interne
Ridefinizione dei ruoli di direzione
Ridefinizione dei ruoli chiave (middle
management, project management, capi
area)
Razionalizzazione dei compiti ed
eliminazione delle competenze ridondanti
Upgrading delle competenze e delle
capabilities
(gestionali,
organizzative,
amministrative, tecniche commerciali…) del
personale
Importante in questi primi anni di crescita risultano quindi essere gli interventi per
riqualificare il personale e per gestire in modo ottimale le risorse umane, anche con lo
sviluppo di importanti ruoli chiave in azienda. Le esigenze sentite dal gruppo sono
perciò legate soprattutto allo sviluppo di attività formativa da parte di fornitori di servizi
esterni in grado di affiancare l’azienda nel miglioramento delle competenze di
direzione, nello sviluppo delle competenze del middle management, nello sviluppo
delle figure professionali di capo area, nello sviluppo di competenze di project
manager, permettendo di gestire meglio attività di pianificazioni, risorse e strumenti
anche complessi. Attività di miglioramento delle competenze sono poi richieste in
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
223
PARTE III
generale per il personale (soprattutto tecnici e sistemisti), allo scopo di migliorare il
rapporto con i clienti e facilitare il trasferimento di conoscenze e la capacità di tradurre
le esigenze e le problematiche del cliente in attività di assistenza adeguate.
5. Le strategie future di crescita
Per ora il primo obiettivo del gruppo Aldebra rimane il consolidamento del percorso di
crescita avviato, anche se sono già al vaglio alcuni progetti di crescita attraverso
l’acquisizione
di
altre
realtà
aziendali,
soprattutto
allo
scopo
di
presidiare
geograficamente alcune aree. Il progetto prevede infatti la possibilità di acquisizione di
software house in Piemonte, Emilia Romagna e Friuli-Venezia Giulia. Quest’ultima
localizzazione risulta particolarmente importante per creare una testa di ponte allo
scopo di rafforzare il mercato in Romania ed Albania.
Un’idea innovativa di Giorgio Palesa, anche questa ancora in fase progettuale, è
sviluppare un mercato di “Reverse Franchising” coinvolgendo molte piccole aziende
del nord-est con ottime competenze informatiche, ma incapaci di passare da una
produzione artigiana a una produzione più industriale. “Molti operatori di informatica
anche con ottime competenze tecniche nel campo si trovano oggi a non avere il
capitale necessario per riuscire a sopravvivere e soprattutto non sono capaci di fare il
salto di qualità per passare da essere “artigiani” a essere “industria” e quindi riuscire ad
offrire un servizio che sebbene personalizzabile sia poi replicabile. Penso quindi che
raccogliere queste competenze sul territorio sia importante anche dal punto di vista di
acquisizione di nuove e importanti risorse”.
Box 6 – Strategie future di crescita
Gli obiettivi di crescita del gruppo Aldebra
Consolidament
Acquisizione di
“Reverse
o dell’attuale
realtà aziendali
franchising”
percorso di
in territori
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
224
PARTE III
IL CASO MAINETTI
1. Il percorso di crescita di Mainetti
Il
gruppo
Mainetti
è
leader
mondiale
nel
settore
della
produzione
e
commercializzazione di portabiti. L’azienda fu fondata nel Maggio del 1961 da quattro
fratelli originari dell’Emilia Romagna: Gianni, Luigi, Romeo e Mario Mainetti.
L’idea imprenditoriale fu di Romeo Mainetti che, verso la fine degli anni ’60, lavorava
come meccanico del reparto corse della famiglia Marzotto e che proprio da un
componente della famiglia Marzotto ebbe l’idea di iniziare a produrre grucce in plastica
sfruttando la competenza di uno dei fratelli Mainetti (Mario) che lavorava in un’impresa
Emiliana operante nel settore dello stampaggio della plastica.
L’intuizione di produrre grucce in plastica fu il frutto dalla capacità di Romeo Mainetti di
comprendere le potenzialità di questo mercato. A cavallo degli anni ‘50 e ’60, gli anni
del miracolo economico, molti produttori di vestiti (tra cui Marzotto) iniziarono la
produzione in serie di abiti incrementando notevolmente i volumi di produzione e
vendita. Questo sviluppo fu accompagnato da una crescita parallela del fabbisogno di
portabiti che in quagli anni erano fatti in legno e venivano importati quasi
esclusivamente dall’estero (soprattutto dalla Croazia).
Con la creazione della prima serie di grucce in plastica (la serie "S" il cui nome deriva
dalla particolare forma che la contraddistingueva) i fratelli Mainetti diventarono i primi
produttori Europei di grucce in plastica iniziando un lungo percorso di crescita che li
porterà a diventare leader mondiale del settore. Questo successo è sottolineato dal
fatto che, nonostante la prima serie di grucce sia stata sviluppata cinque decenni fa,
essa continua ancora oggi ad essere prodotta nelle fabbriche Mainetti in Italia, in Cina
ed in Gran Bretagna ed ha venduto oltre 500 milioni di pezzi dalla sua introduzione.
Durante i primi anni di attività l’azienda conobbe una crescita vorticosa che portò nel
1967 i fratelli Mainetti ad acquistare 23 nuove presse e a incrementare la forza lavoro a
circa 100 persone. Il successo dell’azienda si portò anche presto anche sui mercati
esteri. In questi anni, il vantaggio competitivo dell’azienda derivava per la maggior
parte dalla complementarità delle competenze dei fratelli Manietti che occuparono in
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
225
PARTE III
modo sinergico e non conflittuale le diverse aree della gestione aziendale (funzione
tecnico/produttiva, funzione amministrativa e funzione commerciale).
Alla fine degli anni ’60 la crescita dell’azienda ricevette un forte impulso da alcuni
grandi gruppi distributivi (es. Marks&Spencer) che cominciarono ad acquistare grossi
volumi (nel 1971, l’80% del prodotto Mainetti veniva esportato sui mercati Inglese,
Francese e Tedesco). Proprio in questi anni l’azienda conobbe una primo periodo di
crisi causato, da un lato, dalla scarsa capacità dei fratelli Mainetti di relazionarsi con le
grosse
catene
internazionali
e,
dall’altro,
dall’esplosione
della
concorrenza
internazionale trainata dalla crescita del mercato delle confezione.
La concorrenza internazionale fu inoltre supportata dallo svilupparsi della filiera della
gruccia in plastica. Mentre negli anni ’60 l’azienda vicentina svolgeva internamente
tutte le fasi del processo produttivo (dallo stampaggio della plastica alla produzione di
ganci in ferro) duranti gli anni ’70 cominciarono a comparire diverse figure specializzate
nella realizzazione di singole fasi del processo produttivo come la produzione di stampi
e di ganci. La creazione di questo indotto costituì un efficace viatico per la nascita di
imprese specializzate nella produzione di grucce.
All’interno di questo scenario competitivo nacque l’esigenza di localizzare le attività di
produzione più vicino ai clienti in modo da minimizzare i costi logistici che, dato il basso
valore unitario del prodotto, avevano una incidenza rilevante sul costo del prodotto.
Una produzione vicina ai mercati di destinazione avrebbe permesso inoltre di ridurre i
tempi di fornitura.
Le necessità di lavorare con i mercati esteri e di spostare la produzione spinse i fratelli
Mainetti a cedere, all’inizio degli anni ’70, la maggioranza delle azioni dell’azienda a
una società finanziara Indiana. Questa acquisizione permise all’azienda di accedere
sia a risorse finanziarie sia a competenze manageriali e relazionali necessarie a
supportare il processo di crescita internazionale. Negli anni successivi al take-over
indiano, l’azienda infatti inizia un percorso di internazionalizzazione attraverso
investimenti diretti che l’avrebbe portata nel giro di pochi anni a diventare una grande
realtà multinazionale.
Nel 1974 nacquero due nuove aziende del gruppo, Mainetti UK e Mainetti Francia.
Entrambe le aziende erano dotate di autonoma capacità produttiva e vennero costituite
ex-novo (greenfiled) con a capo management esclusivamente locale.
Sempre nel 1974 Mainetti avviò la sua prima divisione produttiva estera in Scozia
rafforzando la vocazione alla crescita dell’azienda che tuttavia era ancora fortemente
radicata nel nord-Europa dove vendeva circa il 60% della produzione. Durante anni ’80
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
226
PARTE III
Mainetti si espanse oltre confine acquistando la canadese Joy Displays, che diventò
Mainetti Canada nel 1988. Nel 1987 Mainetti rafforzò ulteriormente la sua presenza in
Europa costituendo uno stabilimento in Spagna.
Alla fine degli anni ’80, Mainetti era un gruppo che fatturava circa ha 40 milardi di lire
ed era composto da sei aziende (Mainetti Italia, Mainetti UK, Mainetti Francia, Mainetti
Scozia, Mainetti Canada, Mainetti Spagna). Le aziende del gruppo avevano pochi
rapporti con la casa madre ed erano gestite in modo fortemente autonomo. Questo
portò le aziende a realizzare prodotti diversi a seconda delle specificità dei mercati,
rappresentato dai produttori o distributori nazionali di riferimento. In Italia, ad esempio,
si sviluppò un prodotto di fascia alta adatto alle grandi firme Italiane mentre in
Inghilterra si sviluppò un prodotto di fascia bassa adatto alla domanda espressa delle
catene distributive inglesi. A capo del gruppo esisteva un C.E.O. che svolgeva tuttavia
solo una mera funzione di coordinamento senza influenzare le decisioni operative delle
singole divisioni geografiche.
La forte autonomia delle società del gruppo portò al delinearsi di percorsi di crescita
diversificati delle varie aziende del gruppo. Nel 1986, ad esempio, Mainetti GB acquisì
Dependable Extrusion, una ditta di produzione di grucce e recupero dei sottoprodotti,
entrando di fatto nel settore del riciclaggio. Sempre Mainetti GB, iniziò in quegli anni un
percorso di espansione della capacità produttiva al di fuori dei confini Europei. Infatti
l’azienda inglese aveva l’esigenza di seguire i clienti inglesi che stavano imponendo la
delocalizzazione della produzione di abbigliamento in paesi a più basso costo. Proprio
per questo Mainetti GB iniziò a produrre in Portogallo e in India.
È proprio la spinta alla frammentazione produttiva che segnò un secondo periodo di
crisi nella crescita dell’azienda. Il modello di gruppo composto da aziende autonome
entrò infatti in crisi in quanto nacque l’esigenza di sviluppare sinergie tra le varie
divisioni geografiche. La divisione del lavoro del gruppo (ogni impresa era specializzata
sui prodotti richiesti dai vari clienti nazionali) non permetteva alle varie aziende di
seguire in modo sinergico i clienti che erano ormai player globali, con attività produttive
(proprie o di fornitori esterni) localizzate in zone geografiche a basso costo dei fattori
(es. India, Far-East). Il cliente imponeva di essere presente vicino ai propri stabilimenti
produttivi (nel caso dei clienti-produttori di confezioni) o agli stabilimenti dei propri
fornitori (nel caso dei clienti-catene distributive).
Proprio a fronte di queste dinamiche nacquero in questo periodo alcune imprese (il
principale è anche l’attuale maggiore concorrente di Mainetti, Braitrim) che adottavano
un modello di business completamente diverso da Mainetti. Queste imprese si
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
227
PARTE III
limitavano a produrre gli stampi dei portabiti e esternalzzavano l’intero processo
produttivo a subcontractors localizzati vicini agli stabilimenti dei clienti. Questa strategia
era finalizzata a servire il cliente globalmente attraverso una maggiore flessibilità
operativa e una riduzione dei rischi legati agli investimenti in capitale fisso. Tuttavia
comportava uno scarso controllo del processo produttivo, un aumento dei costi di
transazione legati alla gestione di un network globale e un potenziale peggioramento
dei tempi di risposta al cliente.
Per rispondere a queste nuove sfide, il gruppo Mainetti cambia la sua strategia. Se per
tutti gli anni ’70 e ‘80, Mainetti aveva mantenuto una struttura produttiva con base in
Europea e di tipo multidomestico, dagli anni ’90 le sue scelte localizzative
cominciarono a estendersi fuori dall’Europa proprio per soddisfare le esigenze dei
clienti (sia le grosse catene distributive sia i produttori) che avevano ormai una
importante presenza produttiva in quelle aree.
Innanzitutto si aggredì il mercato Cinese. La domanda per portabiti in Cina era
soddisfatta, a partire dal 1987, tramite l'esportazione di portabiti dalla sede inglese a
Hong Kong e da qui i prodotti venivano distribuiti nell'entroterra. Nel 1989 la ditta di
importazione fu sostituita da un ufficio commerciale che si affidava a un fornitore locale
per la produzione degli appendiabiti.
L'espansione continuò in altre parti dell'Asia, con la costituzione di stabilimenti in
Singapore nel 1992 ed in Sri Lanka nel 1993. Mentre nel primo caso fu costituita una
unità ex-novo nel secondo caso si sviluppò una partnership con un partner locale. Per
far fronte al continuo aumento nella produzione di indumenti in Cina e nel mercato
Asiatico, il gruppo Mainetti avviò un altro stabilimento manifatturiero, a Shanghai, nel
1998.
Un altro forte impulso alla globalizzazione del gruppo fu l’acquisizione, nel 1994, del
gruppo olandese Pendì che aveva già un’articolazione produttiva globale (in Spagna,
Olanda, Portogallo e Cina).
A metà degli anni ’90 i clienti del gruppo Mainetti erano, per circa il 60%, retailer e, per
il restante 40%, produttori. La Mainetti UK era nel frattempo diventata più grande
(copriva circa il 60% del fabbisogno dei clienti inglesi) della Mainetti Italia anche a
causa del proliferare in Italia di piccole imprese che si specializzarono nel soddisfare il
fabbisogno dei produttori nazionali.
Nel 1996, per rispondere all'aumento delle richieste provenienti dall'organizzazione
aziendale nacque Mainetti Tecnologie come scorporo di una officina di Mainetti Italia.
L’azienda si specializzò nella realizzazione di impianti e attrezzature robotiche ed
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
228
PARTE III
automatiche per la produzione di portabiti e accessori e ancora oggi permette a tutte le
divisioni del gruppo di accedere in qualsiasi momento ad una fonte importante di
innovazioni e conoscenza.
Sempre a metà degli anni ’90 si verifica nell’azienda Italiana un evento di rottura: i
fratelli Mainetti si ritirarono completamente dalla gestione e lasciarono le redini della
divisione ai Manager. Alcuni anni dopo (nel 2000) anche a livello di gruppo ci fu un
ricambio con l’entrata a capo dell’azienda di un nuovo CEO che diede nuova linfa alla
crescita dell’azienda portandola nel giro di pochi anni alle dimensioni attuali, ossia un
gruppo che fattura 250 milioni di € di fatturato, con circa 3000 dipendenti e composto
da 30 aziende sparse in tutto il mondo.
A seguito di questa crescita cambia il disegno strategico e organizzativo dell’azienda. Il
mercato globale venne diviso in aree geografiche ciascuna delle quali gestita da un
regional manager. Coerentemente con la natura del business, le aree geografiche in
cui fu diviso il gruppo erano le stesse interessate dal processo di globalizzazione del
settore delle confezioni.
In particolare, per quanto riguarda le aree in via di sviluppo le nuove divisioni furono:
-
Far East (Malesia, Thailandia, Indonesia). Questa area venne gestita dalla
divisione Inglese. La crescita in questa area è stata caratterizzata o da
investimenti greenfield o attraverso acquisizioni. In entrambi i casi il supporto
del gruppo (attraverso tecnici che venivano mandati negli stabilimenti per
diversi mesi al fine di avviare la attività produttive) era molto importante.
-
Middle East. Questo mercato fu seguito dalla divisione Italiana che acquisì una
partecipazione di maggioranza (70%) di un produttore Turco mantenendo i
manager locali nell’azienda acquisita. Tuttavia, al fine di aumentare il controllo
sulla divisione turca nelle funzioni commerciale e finanziaria (chiave rispetto al
business dei portabiti) furono inserì manager esterni.
La nuova organizzazione del gruppo aumentò la capacità di soddisfare in modo
sinergico le esigenze del cliente. La divisione Turca (gestita dall’Italia), ad esempio,
vende il 70% dei suoi prodotti a clienti inglesi per la produzione che questi realizzano in
Turchia. La Turchia quando nacque importava il 40% dei prodotti dalla divisione
Inglese. Attualmente ne importa meno del 10%.
In altri termini, grazie al nuovo disegno organizzativo cominciarono a svilupparsi
rilevanti sinergie commerciali tra le divisioni che servivano il cliente che operava nella
loro area geografica a prescindere dalla sua nazionalità. Questo comportò un aumento
del fabbisogno di coordinamento tra le divisioni rispetto a prima, in quanto i clienti
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
229
PARTE III
cominciarono a essere serviti globalmente e in modo coordinato da più divisioni del
gruppo. Uno stesso cliente (es. Marks&PSencer), in relazione a una particolare
commessa, può essere fornito da diverse divisioni (Far East, Turchia, America) a
seconda dei luoghi di produzione dei capi destinatari dei portabiti Mainetti. In questi
anni si cominciarono a sfruttare anche sinergie nelle materie prime (es. plastica o ferro)
con la creazione di gruppi di acquisto tra le divisioni geografiche.
Nei primi anni 2000 il gruppo Mainetti aggredì in modo pesante anche il mercato
statunitense. Tuttavia, la logica di entrata fu da subito molto diversa rispetto agli altri
mercati. Negli USA Mainetti possiede solo una filiale commerciale che importa i
prodotti dal resto del gruppo soprattutto dalle aree a basso costo. Questa strategia è
coerente con le caratteristiche del mercato americano che è composto soprattutto da
grossi retailer, come Wall Mart, che richiedono un prodotto standard in grossi volumi. I
portabiti entrano nel mercato Statunitense già all’interno degli abiti facilitando le attività
logistiche di movimentazione delle confezioni all’interno dei magazzini di stoccaggio.
Oggi il gruppo Mainetti realizza circa 250 milioni di € di fatturato e con una quota di
mercato di circa il 17% è il leader mondiale nel settore dei portabiti. I concorrenti
principali sono due imprese statunitensi che realizzano circa 180 milioni di $ ciascuna.
Tuttavia, come già evidenziato in precedenza, questi concorrenti operano in modo
diverso rispetto a Minetti esternalizzando tutte le fasi della produzione a subcontractors
internazionali. In questo modo aumentano la loro flessibilità ma perdono il controllo
della qualità e la tecnica produttiva. Inoltre, la maggiore integrazione produttiva
permette a Mainetti di accumulare esperienza e cambiare in modo più veloce e efficace
le condizioni di offerta al cliente.
La tabella 1 contiene alcuni indicatori che evidenziano il percorso di crescita e la
redditività del gruppo Mainetti nel periodo 1994-2004.
Tab. 1 - Alcuni numeri di Mainetti Italia 1994-2004
Fatturato
Dipendenti
- Dirigenti
- Impiegati
- Operai
CdL
CdL/Fatturato
Reddito Operativo
Utile Netto
ROA
ROE
1994
35.413
308
3
68
240
7.798
22%
1.635
524
7,3%
2,3%
1995
44.071
309
3
65
238
8.207
18%
2.074
686
8,2%
2,7%
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
2003
57.445
440
12
116
312
10.950
19%
1.610
96
2,8%
0,17%
2004
65.280
486
14
96
376
11.307
17%
937
-113
1,7%
-0,2%
230
PARTE III
2. L’evoluzione delle competenze nella crescita di Mainetti
2.1 Le competenze tecniche e commerciali
2.1.1 Design di prodotto e marketing del cliente
Mainetti produce una gamma versatile e tecnicamente avanzata di portabiti. I prodotti
Mainetti sono usati da molti dei più famosi produttori di marca ma sono anche presenti
in catene distributive di massa in cui la qualità e il design del portabiti è meno rilevante.
Soprattutto nei portabiti desinati a capi ad alto contenuto moda una delle core
competence che ha acquisito una importanza crescente per Mainetti è le capacità di
sviluppo nuovi prodotti. Nell’ultimo decennio questa tendenza è stata rafforzata e
trainata dallo svilupparsi dei nuovi Retailer/produttori (es. Zara) che hanno
nell’atmosfera del punto vendita e nella velocità di introduzione delle collazioni due dei
loro principali fattori critici di successo. Il portabiti si inserisce infatti a pieno titolo nel
processo di marketing di questo tipo di clienti costituendo un elemento importante del
mix di comunicazione soprattutto con riferimento al visual merchandising dei punti
vendita in cui i capi vengono esposti.
Per inserirsi con successo nel processo di marketing del cliente, durante l’ultimo
decennio, Mainetti ha anche attuato una strategia di diversificazione correlata al fine di
poter offrire al cliente una offerta non solo globale (i.e. realizzata in luoghi vicini ai
luoghi di produzione del capo) ma anche completa (i.e. non solo grucce ma anche
accessori di vario tipo). Attualmente il portafoglio prodotti va dalle classiche grucce ai
sigilli, dagli accessori alle aggiunte.
Per far fronte all'aumento della varietà nel campo dei tessuti e degli stili degli abiti,
Mainetti ha sviluppato una vasta gamma di opzioni di grucce. Il design risponde alle
esigenze delle nuove generazioni di prodotti e spesso incorpora l'uso di moderne
tecnologie nel campo della gomma e prodotti innovativi. Soprattutto per i produttori di
fascia alta, il portabito è interpretato come veicolo per aumentare le vendite. Usando
una tecnologia di stampaggio che include il rilievo (stampato tridimensionalmente), il
bassorilievo (stampato tridimensionalmente) o lo stampaggio piano, Mainetti riesce ad
offrire al produttore un servizio in grado di rafforzare il suo brand. Il rafforzamento della
marca veicolata dal portabiti continua anche in un momento successivo alla vendita,
quando il cliente porta a casa il portabito stampato ed ha così un ricordo permanente
della marca dell'indumento che ha acquistato.
I sigilli e gli accessori di Mainetti offrono un metodo semplice ed efficace per il
marketing del prodotto. Mainetti offre una vasta gamma di accessori, per esporre una
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
231
PARTE III
grande varietà di prodotti di ogni tipo: scarpe, cravatte, sciarpe, cinture e calze, opzioni
che sono disponibili sia per presentazione separata che come parte di un set di prodotti
complementari.
Infine, molti dei prodotti Mainetti possono essere realizzati presentando alcune
aggiunte come lo stemma esclusivo dei clienti e informazioni sulla produzione.
In molti casi questi prodotti sono sviluppati assieme al cliente che collabora con
Mainetti per adattare il design del prodotto sia al tipo di capo a cui sarà destinato sia al
punto vendita dove questo capo verrà esposto. Infatti, il portabiti costituisce un
importante accessorio del punto vendita e contribuisce in modo rilevante alla
presentazione del capo. Deve quindi essere pensato in simbiosi con la filosofia di
vendita del distributore e il contenuto simbolico della griffe venduta.
Anche per categorie di clienti diversi dai produttori o dai distributori (come gli alberghi),
il design del portabiti si inserisce nel processo di marketing mix del cliente in quanto
importante strumento del mix di comunicazione
2.1.2. Le competenze di processo e Mainetti tecnologia
La filosofia di Mainetti è essere produttore globale di appendini in contrasto con la
filosofia adottata dai principali competitors americani di essere dei meri coordinatori
della produzione svolta da subcontractors esterni. L’integrazione produttiva di Maientti
permette all’azienda di controllare in modo più efficace la qualità dei prodotti, di ridurre i
lead time, di aumentare l’affidabilità delle forniture anche a scapito delle rigidità
strutturali tipiche di una strategia di integrazione verticale.
Il processo di R&D del gruppo è supportato da Mainetti Tecnologie (nata nel 1996).
Mainetti Tecnologie è una divisione del gruppo che realizza stampi e impianti mettendo
a disposizione di tutto il gruppo il proprio servizio di progettazione. Il lavoro di
progettazione CAD (Computer Aided Design) si concretizza attraverso una macchina
elettronica di prototipizzazione rapida che, nel giro di poche ore, realizza e produce
prototipi in resina di elevata qualità, consentendo ai clienti di vedere e testare nuovi
modelli, utilizzandoli direttamente con i capi di abbigliamento di loro specifica
produzione.
La tipologia dei macchinari e le tecniche di prototipizzazione veloce consentono
all’azienda di apportare qualsiasi tipo di modifica anche molto urgente, riducendo in
modo rilevante il lead time di sviluppo nuovi prodotti. Oltre alla progettazione
informatizzata, Mainetti Tecnologia beneficia della creatività di Mario Mainetti, la cui
esperienza ed abilità rappresentano ancora un patrimonio importante per la società.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
232
PARTE III
Mainetti Tecnologie è inoltre costantemente impegnata nella ricerca di nuovi materiali
da impiegare per la produzione degli appendini, allo scopo di valorizzarne l’estetica e la
funzionalità.
La tabella 2 mette in evidenza le aree di competenza governate da Mainetti e
l’investimento in termini di risorse umane in ognuna delle diverse aree.
Tab. 2 - Risorse umane e capabilities di Mainetti
Capabilities
Design Capabilities
Marketing e Vendite
Acquisti
Risorse umane dedicate
50 (Gruppo)
25 (Italia)
300 (Gruppo)
30 (Italia)
50 (Gruppo)
5 (Italia)
Dal punto di vista evolutivo le capabilities tecniche (di prodotto e di processo) negli
ultimi 10 anni, coerentemente con il processo di globalizzazione, sono aumentate di
circa del 30%. Contestualmente al fenomeno di crescita dello stock di capabilities
dell’azienda,
si
è
verificato
una
loro
diffusione
intragruppo
dall’Europa
(tradizionalmente le divisioni più avanzate) all’Asia e agli Stati Uniti.
2.2 Le competenze organizzative
La natura di impresa globale è una delle caratteristiche che ha permesso al gruppo
Mainetti di diventare leader mondiale nel suo settore. Nell’ambito di questa strategia un
ruolo cruciale è stato giocato dalla struttura organizzativa dell’azienda.
L’evoluzione dell’organizzazione di Mainetti da metà degli anni ’90 alla prima metà del
duemila riflette in modo emblematico la trasformazione del gruppo da un’azienda
multinazionale che adotta una strategia locale con unità dislocate in ciascun mercato
(come era a metà degli anni ’90 quando le sinergie tra le sette divisioni geografiche
erano bassissime) a un’impresa che adotta un modello di investimenti all’estero con
altro grado di coordinamento delle consociate..
Agli inizi degli anni ’90 il gruppo Mainetti era organizzato secondo una struttura
divisionale: ogni unità produttiva era gestita in modo autonomo rispetto alle altre. Ogni
unità aveva al proprio interno tutte le funzioni (acquisti, produzione, commerciale) che
la rendevano autosufficiente. Il gruppo era coordinato da un CEO che svolgeva solo
una funzione di coordinamento. I mercati di ciascuna unità erano composti
prevalentemente dai clienti provenienti dalla nazione in cui operavano le varie unità e
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
233
PARTE III
le interdipendenze interdivisionali erano minime. L’unica funzione centralizzata era lo
sviluppo della tecnologia che è sempre stata localizzata nella divisione Italiana (fig. 1).
Fig.1 - L’organizzazione di Mainetti nel 1995
CEO
R&D
Divisione
Divisione
Divisione
Divisione
Divisione
Divisione
Inghilterra
Francia
Italia
Spagna
Olanda
Canada
Fig. 2 -L’organizzazione di Mainetti nel 2005
CEO
Divisione
Divisione
Divisione
Divisione
Asia
Area
N.Europa
America
Unità
Unità
Unità
La forte crescita dei primi anni 2000 porta il gruppo Mainetti a diventare un gruppo
multinazionale composto da più di 30 società. Come sottolineato nel primo paragrafo la
struttura organizzativa in questi anni cambio radicalmente. L’obiettivo era di creare una
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
234
PARTE III
struttura in grado nel suo complesso di soddisfare in modo globale il cliente. La
strategia organizzativa quindi venne radicalmente rivista inserendo gradi crescenti di
coordinamento tra le divisioni del gruppo. È proprio nella struttura organizzativa che
oggi il gruppo Mainetti fonda il suo principale fattore critico di successo.
L’organigramma attuale di Mainetti è sintetizzato nella figura 2.
La nuova organizzazione adottata dal gruppo è una struttura divisionale con quattro
divisioni di area ciascuna gestita da un Regional Manager. Le varie unità locali
riportano a uno dei quattro regional manager che svolgono un’importante attività di
coordinamento con le altre divisioni regionali. Oggi il gruppo infatti opera in modo
coordinato in modo da offrire al cliente un servizio globale attraverso il coordinamento
tra le varie divisioni di area.
In questo nuovo disegno organizzativo, l’attività commerciale funziona da collante e da
organizzatore primo e ultimo dell’intera attività aziendale. I direttori commerciali
Europei o Amercani lavorano infatti in modo coordinato su specifici progetti in modo da
realizzare un’offerta globale. I direttori commerciali delle altre unità produttive (nei
paesi a basso costo) hanno invece il compito di gestire i produttori locali e di interagire
con i direttore commerciali Europei (o Americani) che sono gli unici ad avere il contatto
con il cliente finale e a concludere in contratti.
Come detto nel primo paragrafo Mainetti è entrata pesantemente nel mercato USA
solo negli ultimi due anni. Mainetti è entrata in questo mercato solo attraverso una
unità commerciale e non unità produttive. Il mercato americano richiede un prodotto
standard che viene importato all’interno del vestito facilitando le attività di logistica in
entrata del cliente. L’Unità americana è di natura esclusivamente commerciale ed è
formata da un direttore commerciale e 4 project manager che curano l’acquisizione
delle commesse. Dal punto di vista logistico l’Unità commerciale è dotata di due
magazzini che stoccano gli appendini realizzati al di fuori dell’America. Il prodotto
americano è acquistato soprattutto da grossi Retaier (es. Wall Mart, Call) che
acquistano un prodotto molto standardizzato che viene importato già all’interno del
capo. Questo agevola la gestione della logistica distributiva da parte del Retailer.
Per concludere, la nuova struttura organizzativa del gruppo permette di avere, da un
lato, una consolidata e coordinata presenza in Europa (e una crescente presenza
commerciale in America) per catturare i più grandi clienti (Retailer o produttori) e,
dall’altro, di realizzare i prodotti nei luoghi vicini alla produzione dei suoi principali
clienti in modo da minimizzare i costi di produzione e logistici. In definitiva, la struttura
organizzativa di Mainetti è una delle fonte principali del suo vantaggio competitivo
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
235
PARTE III
perché permette al gruppo di usare in modo coordinato le sue risorse commerciali,
produttive e logistiche. È proprio in questo coordinamento che risiede il vantaggio
competitivo di un’impresa che realizza un prodotto di scarso valore come il portabiti.
3. L’evoluzione della rete del valore nella crescita di Mainetti
3.1 Le relazioni con i clienti
Oggi il gruppo Mainetti produce circa 2 miliardi di portabiti all’anno e globalmente ha
migliaia di clienti (circa 3000). I clienti si dividono in due grandi categorie: i retailer e i
produttori. I maggiori clienti fanno parte della categoria dei retailer e sono
Marks&Spencer (circa 10% del fatturato), Old Nevy, Wall Mart, H&M (Svedese). I primi
cinque clienti rappresentano circa il 30% del fatturato del gruppo.
Con i clienti più importanti gli accordi (su una gamma di prodotti) sono di media durata
(due o tre anni) e sono previsti dei programmi specifici che vanno dalla scelta del
portabiti (fatta in co-sviluppo o a catalogo) alla consegna dei portabiti direttamente ai
produttori degli abiti stessi (vedi Box 1).
Box 1 - I Programmi specifici per i clienti Retailer
Il principio base di questi programmi per portabiti è quello di offrire al rivenditore la
possibilità di ottimizzare il trasporto e la distribuzione in maniera efficiente e quindi
massimizzare le opportunità di vendita esponendo gli indumenti in una maniera molto
attraente ed al tempo stesso uniforme.
Per raggiungere questo scopo molti dei prodotti Mainetti sono realizzati in tutto il mondo,
in quanto sistemi diversi sono disegnati nelle varie zone del mondo. Lo staff Mainetti
aiuta a decidere il portabito che meglio risponda alle varie necessità, o il cliente può
essere autonomo nel sceglierne uno dalla gamma. Una volta che è stato raggiunto un
accordo sulle specifiche del portabito, il rivenditore comunica al produttore gli abiti il
prodotto da loro scelto. I portabiti sono consegnati direttamente alla fabbrica del
produttore dove gli abiti stessi sono appesi sui portabiti scelti e poi consegnati ai centri di
distribuzione del rivenditore o direttamente ai negozi.
Aderendo ad uno specifico programma per i portabiti il rivenditore gode di un costo ridotto
in quanto il portabito di trasporto è anche il portabito di esposizione e non è necessario
comprare portabiti per l'esposizione nel negozio. Il programma specifico per portabiti
assicura inoltre che gli abiti siano esposti sullo stile di portabito corretto ogni volta,
evitando di dover riappendere l'articolo, risparmiando così denaro e migliorando la
presentazione all'interno del negozio. I capi sono consegnati al negozio sul portabito che
viene usato per esporli e non è quindi più necessario avere uno stock di portabiti nel
punto vendita. Il programma specifico per portabiti libera il team di commessi nel negozio
e permette loro di concentrarsi sulla vendita dei capi invece che sulla preparazione dei
capi alla vendita.
Con i clienti più importanti Mainetti co-sviluppa il prodotto. Il co-sviluppo in particolare
interessa circa il 30% dei nuovi prodotti. Nel processo di creazione di un nuovo
prodotto il cliente si immagina il design del negozio dove verrà venduto il capo incluso i
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
236
PARTE III
vari accessori tra cui i portabiti. Questo contatto, permette di realizzare soluzioni
innovative che tengono conto della più ampia gamma di funzioni necessarie, come
anche dello stile e delle considerazioni ambientali del cliente. Inoltre la relazione con il
cliente permette a Mainetti di acquisire conoscenze che vengono applicate anche in
prodotti realizzati per altri clienti.
Tuttavia all’interno della categoria dei Retailer bisogna fare una profonda distinzione tra
i Rettiler Europei e i Retailer Americani. I primi richiedono un prodotto personalizzato
che si adatta all’immagine del punto vendita i secondi richiedono, invece, un prodotto
standard a basso costo. Proprio per questo la penetrazione di Mainetti nel mercato
statunitense è stata effettuata solo attraverso una filiale commerciale che si limita a
concludere il contratto e a organizzare la logistica distributiva. In particolare i portabiti
vengono prodotti nelle vicinanze del produttore delle confezioni inseriti nei capi,
importati negli Stati Uniti e destinati ai punti vendita.
Negli ultimi anni si è aggiunta un'altra categoria di clienti costituta dagli utilizzatori
professionali di portabiti. Anche per alcuni di questi clienti (ad esempio gli alberghi) il
portabiti può rappresentare un efficace veicolo di promozione.
3.2 Relazioni con i fornitori
Nella figura 3 sono indicate le fasi svolte internamente e esternalizzate da Mainetti.
Con particolare riferimento alla divisione italiana del gruppo, dal 1995 a oggi il grado di
integrazione verticale è rimasto sostanzialmente invariato. L’azienda mantiene al
proprio interno lo stampaggio e la tintura del portabito mentre ha esternalizzato alcune
fasi legate alla produzione di ganci o altre fasi dove la componenti del lavoro è
prevalente (ad esempio applicazione della spugna alla barre del portabiti). Per queste
fasi del ciclo produttivo sono nate nel tempo delle piccole imprese locali specializzate.
Il ciclo produttivo per l’80% dei prodotti è composto da poche fasi: realizzazione delle
materie prime, la realizzazione e applicazione del gancio, finissaggio e verniciatura.
Per il restante 20% della produzione di Mainetti (i prodotti fortemente personalizzati)
vengono realizzate delle fasi aggiuntive (floccaggio o applicazione della spugna)
necessaria alla personalizzazione del prodotto. Queste fasi vengono svolte da
subfornitori esterni.
In generale, i fornitori possono essere divisi in due categorie: i fornitori di materie prime
e i fornitori di lavorazioni.
Fig. 3 - Insourcing e Outsourcing
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
237
PARTE III
Fase
Realizzazione materie prime (ferro plastica)
Produzione di ganci
Stampaggio
Introduzione del gancio
Applicazione spugna (solo per il 20% dei prodotti)
Floccaggio (solo per il 20% dei prodotti)
Finissaggio e Verniciatura
Personalizzazione del prodotto (es. timbratura)
1995
Outsourcing
Outsourcing
Insourcing
Insourcing
Outsourcing
Outsourcing
Insourcing/Outsourcing
Insourcing
2005
Outsourcing
Outsourcing
Insourcing
Insourcing
Outsourcing
Outsourcing
Insourcing/Outsourcing
Insourcing
I fornitori delle materie prime sono grandi player globali (es. Fina). Al fine di aumentare
il potere contrattuale nei confronti di questi fornitori, dal metà degli anni ’90 si sono
formate dei centri di acquisto (complessivamente Mainetti trasforma a livello di gruppo
circa 40.000 tonnellate di materie prime). Con questi fornitori il rapporto è regolato dai
meccanismi tipici del mercato.
I fornitori di lavorazione sono invece piccole imprese locali. Il 90% delle lavorazioni
esterne è eseguito invece da circa 10 fornitori locali che non sono cambiati nel corso
degli ultimi dieci anni. Questi fornitori sono cresciuti con Mainetti e 8 di questi sono nati
da processi di spin-off da Mainetti Italia. Sette di questi fornitori lavorano solo per
Mainetti mentre la restante parte si è aperta sul mercato anche se continua ad avere
Mainetti come cliente principale. Queste realtà sono prevalentemente di piccole
dimensioni e hanno natura artigianale. Metà di queste forniture è realizzata in c/lavoro
mentre per la restante parte si tratta di acquisti di componenti realizzati dai fornitori
stessi.
La gestione dei subcontractors cambia molto in funzione della zona geografica. In Cina
ad esempio la maggior parte del valore viene creato internamente (circa il 5% del
valore viene acquistato dall’esterno) mentre in Italia la maggior parte del valore viene
realizzato esternamente (circa il 30% del valore del portabito viene realizzato
internamente)1. Mainetti Italia attua una politica di sviluppo dei fornitori locali in quanto
la vicinanza geografica diventa un elemento essenziale per ridurre i costi di trasporto.
Circa nella metà dei nuovi prodotti i subfornitori sono coinvolti nella fase di sviluppo. In
questi casi i fornitori collaborano con Mainetti sul design del prodotto, sull’elaborazione
dei tempi di approntamento della produzione, i tempi di produzione e la determinazione
del costi di produzione. Questo permette di aumentare qualità e precisione dell’offerta
al cliente oltre che ridurre i tempi di sviluppo. La tendenza al co-sviluppo è molto
1
Il breakdown di costo di un portabito realizzato in Italia 30% materie prime, 30% lavoro, 30%
ammortamenti, 10% altri costi e margine
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
238
PARTE III
aumentata nel tempo. Infatti nel 1995, la quasi totalità degli portabiti veniva sviluppata
internamente da Mainetti mentre i fornitori locali erano solo esecutori delle specifiche
fornite dal produttore Vicentino.
Fig. 4 - La mappa del valore nel 1995
Fornitori di
Materie Prime
Produttori
Mainetti
Fornitori
di lavorazioni
Retailer
Fig. 5 - La mappa del valore del 2005
Fornitori di
Materie Prime
Produttori
Mainetti
Retailer
Altre imprese
(es. alberghi)
Fornitori
di lavorazioni
Produttori di
accessori
Università e
centri di ricerca
3.3 Relazioni con altri soggetti
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
239
PARTE III
L’evoluzione delle relazioni con soggetti diversi dai clienti e fornitori sono soprattutto
legate al completamento della gamma dei prodotti. Ad esempio nel 2005 è stata stretta
un’alleanza con un’azienda di Tiene che produce custodie per abiti. Questo accordo
prevede la commercializzazione del prodotto Mainetti con i prodotti di questa azienda.
Un'altra categoria di soggetti è rappresentata da Università e Centri di ricerca per la
realizzazione di progetti su nuovi materiali o la condivisione/formazione di risorse
umane (es. progetti di stage).
4. Gli ostacoli al percorso di crescita
Nel percorso di crescita di Mainetti si possono riscontrare due momenti di
discontinuità/crisi che sono il preludio di periodi di forte crescita. Il primo avviene alla
fine degli anni ’60 ed è stata causato, da un lato, dalla mancanza di competenze
manageriali e relazionali della famiglia che era gestita dai fratelli Mainetti incapaci di
relazionarsi con le grosse catene internazionali e, dall’altro, dall’esplosione della
concorrenza internazionale trainata dalla crescita del mercato delle confezione.
Questo periodo di crisi fu superato con la cessione da parte dei fratelli Mainetti la
maggioranza delle azioni dell’azienda a una società finanziara Indiana. Questa
cessione aveva come scopo principale l’acquisizione di risorse complementari
(finanziarie, manageriali e relazione) a quelle possedute dall’azienda e necessarie a
supportare il processo di crescita internazionale. Negli anni successivi alla cessione,
l’azienda infatti inizia un percorso di internazionalizzazione soprattutto attraverso
investimenti diretti.
Il secondo momento di crisi è legata alla frammentazione produttiva derivante dalla
crescita degli anni ’80 e ’90. La creazione di un gruppo composto da aziende
autonome entrò infatti in crisi in quanto non in grado di seguire in modo sinergico e
globale i clienti Per superare questa crisi venne cambiato il disegno strategico e
organizzativo dell’azienda. Si passò da una strategia e organizzazione con unità
autonome dislocate in ciascun territorio a un modello organizzativo flessibile
caratterizzato da un maggior coordinamento tra le unità divisionali. In questo modo si
aumentò la capacità dell’azienda di soddisfare il cliente in modo globale e flessibile.
Anche gli anni successivi a questo cambiamento (metà degli anni ’90) sono segnati da
un forte impulso alla crescita.
5. Le strategia future di crescita
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
240
PARTE III
La strategia futura di Mainetti è rimanere focalizzati sulla produzione di appendiabiti e
accessori (ad esempio i sigilli). È la focalizzazione che permette di mantenere la
leadership nel settore diventando in questa nicchia player globale. La focalizzazione
infatti permette a Mainetti di seguire il cliente, di diventare leader nella tecnologia, dare
un servizio globale al cliente, e ridurre i costi di produzione.
La strategia generale del gruppo Mainetti è di essere un global player. Questa capacità
di Mainetti rappresenta la principale fonte di vantaggio competitivo sia perché
rappresenta la principale fonte di barriera all’entrata sia perché permette di offrire ai
clienti un servizio globale. All’interno di questa strategia generale, la divisione Italiana
di è specializzata nella fascia alta del mercato. Mainetti Italia è il più grande player in
Italia, mentre il secondo produttore è un’azienda di Treviso (PMP) molto più piccola.
Oltre al Retailer esiste una fascia di clientela che vuole un prodotto di fascia alta.
Mainetti Italia serve questi clienti che alle volte usa prodotti solo nel ciclo produttivo e
altre a volte solo in negozio. Nel primo caso, il portabiti serve come strumento
funzionale alla movimentazione del capo (prodotto standard con un prezzo di circa 10
centesimi) mentre nel secondo caso è un vero e proprio veicolo di marketing (prodotto
personalizzato che costa al cliente circa 1 €). Il prodotto di fascia alta incide per circa
60 milioni sul fatturato complessivo. Oggi i clienti di fascia alta sono soprattutto Retailer
(es.Zara) che utilizzano un portabiti di qualità per aumentare la qualità della
presentazione del capo facendo leva sul visual merchandasing.
All’interno di questa strategia una possibile leva per lo sviluppo futuro è la ricerca di
nuovi materiali cioè fonti alternative di materiale plastico o materiali alternativi (es.
particolari impasti di legno, materiali biologici biodegradabili).
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
241
PARTE III
IL CASO OFFICINE AERONAVALI
1. Il percorso di crescita di OAN
Officine Aereonavali (OAN) è un’azienda di Tessera (Venezia) operante nel settore
delle manutenzione dei velivoli commerciali (o cargo) e militari e nel settore delle
trasformazioni di aerei passeggeri in cargo. Nata a Lido di Venezia nel 1947 come
azienda per la revisione e riparazione degli aerei militari delle basi vicine, l’azienda ha
intrapreso un continuo percorso di crescita che la ha portata a diventare leader
mondiale nella trasformazione dei velivoli prodotti da Boeing.
Il Box 1 riassume le caratteristiche generali del settore delle trasformazioni di velivoli
passeggeri in cargo, settore che oggi con il 42% di peso sul fatturato costituisce il core
business di OAN1.
Box 1 - Lo Scenario Competitivo
Attualmente la maggior parte dei cargo utilizzati da vettori logistici (es. FedEx, UPS) sono
derivati dalla conversione di velivoli precedentemente utilizzati per il trasporto civile: solo
il 25% dei cargo sono aerei di nuova fabbricazione mentre il 75% sono aeroplani che,
essendo diventati obsoleti per il trasporto civile, sono stati trasformati in velivoli
commerciali.
Il settore della trasformazione di aerei civili in cargo è quindi strettamente legato al ciclo
di vita delle flotte di aereoplani ad uso civile. Le trasformazioni dei velivoli civili vengono
infatti realizzate sulle flotte di aereoplani sufficientemente numerose il cui valore, a causa
dell’obsolescenza tecnica, scende al di sotto della soglia che rende convenente la loro
trasformazione in cargo.
Le attività di trasformazione su queste flotte possono essere eseguite solo da imprese
che sono in possesso di certificazioni che garantiscono l’affidabilità e quindi la sicurezza
delle trasformazioni stesse. Tali certificazioni sono speculari alle certificazioni che il
costruttore del velivolo (o Original Equipment Manufacturer – O.E.M.) deve ottenere
prima di immettere sul mercato il velivolo stesso: infatti, qualsiasi modifica effettuata sul
velivolo successivamente alla sua immissione sul mercato deve essere anch’essa
certificata.
Solo le aziende in possesso delle idonee competenze progettuali e della D.O.A. (design
original agreement), ossia dei dati di disegno originali del velivolo, possono operare nel
settore delle trasformazioni.
Tali aziende possono essere:
1
L’altra quota importante di fatturato (circa il 37%) è invece assorbita dalla più tradizionale
attività di manutenzione degli aerei militari
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
242
PARTE III
Gli stessi O.E.M. che possedendo le necessarie competenze tecniche e avendo i disegni
originali possono modificare il velivolo autonomamente.
Le imprese che realizzano la trasformazione come subfornitrici dell’OEM. In questo caso
tutte le fasi di sviluppo, compreso l’ingenerizzazione di produzione, vengono gestite
dall’impresa costruttrice e l’impresa realizzatrice diventa un mero esecutore delle
istruzione fornite dall’OEM.
Le imprese che ottengono dall’OEM la licenza per la modifica del velivolo. Anche in
questo caso la modifica è sviluppata dall’OEM che continua ad essere l’esclusivo
detentore delle competenze di design della modifica e ne mantiene la proprietà
intellettuale. Tuttavia l’ingegnerizzazione di produzione e la successiva realizzazione
vengono realizzati dall’impresa che ha ottenuto la licenza. Le licenze si riferiscono a
singoli tipi di aeroplani (es. Boeing 767-200) e danno il diritto alle imprese trasformatrici di
realizzare le modifiche per i clienti terzi proprietari dei velivoli (es. società logistiche).
L’OEM continua ad essere responsabile per il buon funzionamento del velivolo e durante
la fase di ingegegnerizzazione e realizzazione della modifica controlla l’operato
dell’impresa trasformatrice fornendole il supporto tecnico di cui necessita.
Le imprese che hanno ottenuto una STC (supplement type certificate). La STC è
rilasciata da enti certificatori nazionali su singoli tipi di velivoli immatricolati in una
determinata area geografica. Per ottenere una STC la condizione necessaria è che
l’impresa richiedente sia in possesso dei dati originali di disegno dell’aereomobile. In
questo caso il disegno della modifica è sviluppato dall’impresa modificatrice che ne ha la
proprietà intellettuale mentre l’OEM è completamente svincolato da ogni responsabilità
sul funzionamento del velivolo. L’attuale leader mondiale nelle trasformazioni tramite STC
è I.A.I (Israel Aircraft Industry), grande conglomerata israeliana diversificata in molti
settori tra cui anche quello delle trasformazioni. I.A.I. ha ottenuto dell’ente certificatore
Israeliano la STC per modificare autonomamente i Boeing 767 e 747 immatricolati negli
Stati Uniti.
Fino agli anni ’90 il settore delle trasformazioni era costituito prevalentemente da aziende
che operavano su licenza esclusiva degli OEM. Il settore era quindi caratterizzato da una
ridotta pressione competitiva interna in quanto i competitors operavano in un sostanziale
regime di monopolio almeno nell’ambito delle trasformazioni relative alle licenze di cui
erano in possesso.
La globalizzazione dei mercati e la correlata crescita dei traffici commerciali registrata
durante gli anni ’90 ha portato a forti cambiamenti nelle dinamiche competitive del
settore. L’appetibilità del settore ha infatti spinto gli OEM (attualmente solo Boeing e
Airbus) a intraprendere percorso di diversificazione nel settore delle trasformazioni.
Questa strategia è stata accompagnata, da un lato, alla riduzione della concessione di
licenze a imprese trasformatrici e, dall’altro, dal crescente ricorso a imprese di
subfornitura per la realizzazione operativa delle trasformazioni. Il cambiamento di
strategia degli OEM, unito alla crescente minaccia rappresentata dalle imprese di
subfornitura a basso costo asiatiche, ha causato un aumento della pressione competitiva
all’interno del settore delle trasformazioni.
A fronte di questi cambiamenti molte aziende, tra cui OAN, hanno subito un
indebolimento della loro posizione nella rete del valore: da imprese operanti su licenza
sono diventare subfornitrici in competizione con imprese che possono beneficiare di costi
del lavoro e di regimi normativi estremamente più vantaggiosi. Alla luce di questo
scenario competitivo, i tradizionali competitors hanno di fronte due opzioni strategiche:
- ottenere le STC, in modo da svincolarsi dall’OEM e operare in modo autonomo. Questa
strategia comporta non solo lo sviluppo di un pacchetto completo di competenze di
progettazione ma anche l’ottenimento dei dati originali di progetto dell’aereomobile.
- sviluppare con l’OEM una relazione di partnership nell’ambito della quale le imprese
trasformatrici apportano tutte le competenze necessarie allo sviluppo della modifica e
l’OEM, sgravato delle attività di sviluppo, garantisce la concessione in esclusiva delle
licenze sulle trasformazioni.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
243
PARTE III
Nel 1963 la produzione fu spostata nella zona dell’aeroporto Internazionale a Tessera
(Venezia) dove attualmente l’azienda ha il suo più grande stabilimento produttivo con 7
baie dedicate alla trasformazione e manutenzione di aerei civili e militari.
Nel 1981 l’azienda fu acquisita da Aeritalia (oggi Alenia Aerospazi) entrando a far parte
di Finmeccanica, gruppo a partecipazione pubblica le cui attività spaziano
dall’aeronautica, agli elicotteri all’elettronica per la difesa.
Fino a metà degli anni ‘80 OAN svolgeva esclusivamente attività di manutenzione di
velivoli civili. Successivamente OAN diversificò la sua produzione nel settore delle
trasformazioni, acquisendo nel 1985 da McDonnell Daglas (che oggi fa parte del
gruppo Boeing) la licenza esclusiva (con durata 1985-1993) per la trasformazione da
aerei civili a cargo dei DC8. Questa operazione da l’imprinting al successiva crescita
dell’azienda.
Da allora, infatti,
il percorso di crescita dell’azienda nel settore delle modifiche
commerciali è legata a doppio filo ai costruttori di aereomobili e in particolare a Boeing.
Il rapporto con l’OEM è infatti importante per due motivi. Da un lato è fonte di supporto
tecnico nella fasi di industrializzazione e di realizzazione della modifica. Dall’altro,
rappresenta una garanzia in termini di performance e di mantenimento del valore del
velivolo nel tempo in quanto l’OEM, mantenendo la proprietà intellettuale della
modifica, continua ad essere responsabile della sicurezza del velivolo.
Il contratto di licenza con McDonnell Daglas prevedeva il pagamento di un ammontare
fisso più una percentuale per ogni velivolo per assistenze sulle modifiche che
McDonnell Daglas continuava a fornire a OAN. Per completare il quadro già nel 85
esistevano svariate imprese che operavano trasformazioni del DC8 attraverso STC.
Nel 1991 OAN acquisisce la licenza esclusiva per le modifiche sul Boeing DC10. Nel
1994 OAN acquisì l’impianto di Capdichino (Napoli).
La nuova licenza per i Boeing DC10 durò fino al 2001, anno nel quale l’impresa
sostiene un’altra importante acquisizione, acquisendo l’impianto di Brindisi.
Nella fase di phase-out del DC10 nasce l’esigenza di individuare un nuovo velivolo da
sottoporre a trasformazione, velivolo che viene identificato nel 2003 quando OAN firma
con Boeing l’accordo di licenza per la trasformazione del Boeing 767-200.
Attualmente la maggior parte delle trasformazioni ancora in corso è relativo ai DC-10.
Tali attività tuttavia non vengono effettuate su licenza ma nell’ambito di un accordo di
subfornitoura in cui Boeing mantiene il contatto con il cliente utilizzatore e OAN è un
semplice subfornitore di Boeing.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
244
PARTE III
Il legame tra OAN e Boeing ha quindi costituito il principale motore di crescita
dell’azienda ma anche il principale freno. Infatti lo stretto legame con Boeing, ha
precluso a OAN la possibilità di stringere rapporti con Airbus che con Boeing si
spartisce il mercato mondiale degli aeromobili.
La tabella 1 contiene alcuni indicatori che evidenziano il percorso di crescita e la
redditività di OAN nel periodo 1995-2004.
Tab. 1 - Alcuni numeri di OAN 1995-2004
Fatturato
Dipendenti
- Dirigenti
- Quadri
- Operai
- Impiegati
CdL
CdL/Fatturato
Reddito Operativo
Utile Netto
ROA
ROE
1995
143,909
1436
36,963
25%
2,210
0,254
1,6%
0,9%
1996
128,172
1361
8
31
907
414
41,856
32%
1,536
0,319
1,1%
1,2%
2003
138,490
62,192
45%
-12,540
-15,899
-6,8%
-33%
2004
166,002
1520
20
37
896
567
63,972
38%
-3,960
-8,745
-1,7%
-26%
2. L’evoluzione delle competenze nella crescita di OAN
L’attività di trasformazione dei velivoli passeggeri in cargo può essere suddivisa in
cinque fasi:
1. sviluppo della modifica: realizzazione del disegno della trasformazione partendo
dalla DOA;
2. sviluppo degli adattamenti per il cliente: realizzazione delle personalizzazioni
del disegno della trasformazione sulla base delle specifiche richieste dal cliente;
3. ingegneria di produzione: realizzazione dei documenti (distine basi, manuali
operativi sviluppo dell’equipment e dei tools) necessari a rendere operativo il
disegno della trasformazione;
4. attrezzature per la produzione: sviluppo e realizzzazione di attrezzature di
fabbricazione (es. stampi e mandrini di formatura, dime di posizionamento,
porta pezzi di saldatura o fresatura) e di attrezzi di installazione (es. banchi
prova, scale e ponteggi).
5. trasformazione: realizzazione di tutte le attività (es. ispezione, disinfestazione,
realizzazione serbatoi, costruzione del kit di modifica) che fanno parte della
trasformazione;
6. post-vendita: esecuzione di attività di assistenza post-vendita.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
245
PARTE III
Anche se la qualità è sempre stato uno dei punti di forza di OAN, l’azienda veneziana
non ha mai presidiato le fasi di sviluppo della modifica ma ha sempre mantenuto una
forte focalizzazione sulle alle fasi di ingegnerizzazione, di realizzazione della modifica e
di attività post-vendita.
Fino a metà degli anni ’90 il regime di licenza esclusiva ha garantito a OAN una certo
grado di protezione nei confronti della concorrenza nazionale ma soprattutto
internazionale. Da un lato, infatti, il regime di monopolio relativo in cui operava OAN la
proteggeva dalla presenza di imprese competitive almeno nell’ambito della
trasformazione dei DC10. Dall’altro, i clienti erano per la maggior parte società
finanziarie che acquistavano i velivoli per rivenderli a operatori logistici. Tali clienti
richiedevano la trasformazione “chiavi in mano” senza entrare nel processo tecnico.
OAN, oltre alla realizzazione operativa della trasformazione, si occupava dello sviluppo
di quelle attività complementari che permettevano di adattare il prodotto alle specifiche
esigenze del cliente (figura 1). Queste ulteriori attività supportavano i margini di OAN
che faceva leva anche sulla forte asimmetria informativa di prodotto che esisteva tra se
e i clienti.
Fig. 1 - Le aree di competenze governate da OAN nel 1995
Design
modifica
Industrializzazione
interna
Modifica
Sviluppo
adattamenti
per i clienti
Attrezzatur
Post Vendita
e
Governata da OEM
Governata da OAN
Dal 2000 lo scenario competitivo cambia. Le spinte della globalizzazione portano
all’entrata nel settore di nuovi competitori estremamente aggressivi sul lato dei costi.
Oltre all’aumentata concorrenza internazionale, la globalizzazione ha anche l’effetto di
cambiare radicalmente la filiera produttiva. Il cliente di OAN diventa l’OEM che le affida
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
246
PARTE III
in subfornitura la trasformazione. In sostanza, nell’ambito di questi rapporti, l’impresa
trasformatrice diventa un mero esecutore delle specifiche tecniche fornite da Boeing. E’
Boieng che ha il contatto diretto con il cliente e si occupa di tutte le attività di sviluppo
comprese quelle relative adattamenti secondo le specifiche richieste dai clienti (fig. 2).
Fig. 2 - Le aree di competenza governata dal OAN nel 2005
Design
modifica
Industrializzazione
interna
Sviluppo
adattamenti
per i clienti
Modifica
Post Vendita
Attrezzatur
Governata da OEM
Governata da OAN
Dato i cambiamenti dello scenario competitivo, OAN avverte l’esigenza di sviluppare
nuovi fattori critici di successo che ruotano attorno allo sviluppo di competenze
tecniche che garantiscano piena di autonomia nello sviluppo dei nuovi prodotti.
L’obiettivo di OAN è quindi di sviluppare competenze di progettazione che le
permetteranno di potenziare e diversificare l’offerta di prestazioni e servizi. Solo così
l’azienda potrà conquistare un ruolo di partnership con l’OEM fin dalla fase di sviluppo
della modifica.
Ovviamente l’obiettivo di allargare le competenze nell’area di design deve essere
accompagnato da un parallelo rafforzamento delle competenze operative che
permettono all’azienda di mantenere un vantaggio competitivo in termini di puntualità,
qualità e prezzi nei confronti della concorrenza.
Da questo punto di vista, data la complessità tecnica del processo di trasformazione,
ricoprono fondamentale importanza le competenze organizzative e in modo particolare
il tipo di organizzazione adottato nella produzione.
Le operations di OAN nel tempo hanno subito diverse riorganizzazioni.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
247
PARTE III
Fino alla metà degli anni 90, la produzione era organizzata secondo un criterio
funzionale.
Al direttore di produzione facevano capo tre reparti: il reparto
trasformazione, il reparto manutenzione e il reparto fabbricazione. Ogni reparto era
organizzato in team di prodotto ognuno dei quali si occupava delle operazioni relative a
singoli velivoli.
Per far fronte alla crescita dei volumi di produzione e garantire una maggiore livello di
servizio, OAN ha introdotto una riorganizzazione delle operations adottando il criterio di
specializzazione per prodotto. Attualmente nelle operations di Venezia esistono 7 UDV
(Unità di Velivolo). Ogni UDV è dedicata esclusivamente a un singolo velivolo e
contiene in se tutte le risorse (operai, tecnologi, risorse per logistica e gli acquisti)
necessarie a svolgere le attività di produzione di cui necessita ogni velivolo.
Complessivamente ogni UDV è composta da un numero variabile di persone (dalle 50
alle 70 unità) ed è organizzata in squadre operative a seconda del tipo di
specializzazione
(ad
es.
meccanica,
idraulica,
elettronica).
Questo
tipo
di
organizzazione ha permesso di supportare il percorso di crescita di OAN ma ha
causato delle inefficienze legate sia alla perdita di economie di scala sia alla rigidità
nella gestione delle risorse umane. Il primo tipo di inefficienze sono dovutie alla
replicazione di risorse tecniche dedicate a ciascuna UDV. Il secondo tipio di
inefficienze è legato ai costi organizzativi interni che l’azienda deve sopportare per
trasferire le risorse umane da una UDV all’altra a seconda dei fabbisogni.
Al fine di aumentare la flessibilità e l’efficienza dell’organizzazione, la direzione sta
implementando una nuova organizzazione basata su un doppio criterio che cerca di
unire i vantaggi della specializzazione funzionale (efficienza) con i vantaggi della
specializzazione per prodotto (flessibilità). Coerentemente con gli obiettivi perseguiti,
questo tipo di organizzazione dovrebbe, da un lato, garantire lo sviluppo di competenze
tecnico-specialistiche e ottenere una elevata efficienza nei processi operativi (obiettivo
di efficienza) e, dall’altro, applicare queste risorse e competenze a obiettivi
organizzativi diversi e mutevoli (obiettivo di flessibilità).
3. L’evoluzione della rete del valore nella crescita di OAN
3. 1 Relazioni con i clienti
OAN attualmente opera su 4 linee di business differenti: conversione di veicoli
passeggeri in cargo (43% del fatturato), manutenzione militare per la Difesa Italiana e
la Nato (37% del fatturato), manutenzione commerciale su velivoli civili (15% del
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
248
PARTE III
fatturato ) e produzione di parti vendute ai costruttori di velivoli (circa il 5%). L’ultima
linea di business è rappresentata per la maggior parte dalla realizzazione dei kit di
modifica e porte carco vendute alla Boeing (ad esempio il kit di trasformazione o i
portelloni cargo).
Anche se l’azienda prevede di mantenere questo grado di diversificazione in futuro, il
business delle conversioni dei velivoli passeggeri in cargo rappresenta, oltre che la
maggiore fonte di ricavi per OAN, anche la linea di business sui cui OAN affida
maggiormente la sua crescita futura.
Il mercato delle trasformazioni è strettamente legato alla crescita dell’economia globale
e fortemente sensibile agli shock esterni (es. crisi del Far-East, 11/9). Un’altra
caratteristica di questo mercato è il ciclo di vita delle trasformazioni. Esso è infatti
strettamente legato al ciclo di vita degli aeromobili utilizzati per il trasporto passeggeri:
attualmente la maggior parte dell’attività di OAN di conversione è concentrata sui DC10
la cui conversione durerà fino al 2007, anno in cui dovrebbe iniziare l’attività di
conversione de Boeing 767-200 le cui flotte nel frattempo saranno diventate appetibili
per la conversione in cargo.
I clienti di OAN nel mercato della trasformazione possono essere distinti in tre tipologie:
-
Operatori ossia aziende che utilizzano il veicolo per svolgere le attività di
trasporto commerciale. Gli operatori possono essere compagnie aeree che
decidono per ragioni strategiche di diversificare la loro attività nella logistica
oppure vettori logistici. Alcuni clienti di AON che appartengono a questa
categoria sono Gemina Cargo, United Airlines e UPS.
-
Società finanziarie. Questa aziende acquistano i velivoli dalle compagnie aeree,
fanno esguire la trasformazione di questi velivoli in cargo e vendono o
concedono in leasing i velivoli agli operatori logistici. Esempi di clienti di OAN
di questa categoria sono Finova, I.L.F.C., Capital Cargo, Gecas, Pegasus,
GPA;
-
OEM. Gli stessi costruttori di aerei hanno la possibilità di gestire direttamente la
trasformazione degli aerei stessi. Come detto in precedenza, gli OEM possono
ottenere la licenza di trasformazione (STC) in quanto detentori dei dati e del
know-how originale del velivolo. L’OEM può quindi decidere di svolgere
direttamente anche le fasi di industrializzazione e di realizzazione delle
modifiche oppure esternalizzare queste fasi a subfornitori esterni. Per quanto
riguarda OAN, nel 1997 è stato firmato un contratto di subfornitura con Boeing
per la realizzazione operativa della trasformazione dei DC10 da destinare a
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
249
PARTE III
FedEx. Il contratto, del valore di circa un miliardo di €, prevede la realizzazione
di 39 modifiche Cargo e 47 modifiche di avionica. Le prime sono relative alla
traformazione della carlinga dei velivoli mentre le seconde si riferiscono al
rinnovamento delle cabine piloti che passano dalla versione analogica (nei
DC10) alla versione digitale (nella versione MD10 voluta da FedEx). Questo
contratto di subfornitura di FedEx satura buona parte (circa l’80%) della
capacità produttiva di OAN.
Nel l995, il 90% dell’attività di modifica civile era rappresentato da operatori e società
finanziarie (il maggiore cliente era Gemini, società finanziaria che rappresentava circa il
20% del fatturato OAN). Come detto nel precedente paragrafo, le società finanziarie
richiedevano il pacchetto completo e quindi OAN doveva sviluppare e realizzare una
serie di attività complementari (es. studiare le configuraizoni, realizzare i bollettini delle
manutenzioni) necessarie alla personalizzazione del velivolo. Questo tipo di cliente non
possedeva alcuna competenza tecnica e l’elevata asimmetria informativa che
caratterizzava il suo acquisto ne riduceva sensibilmente il potere contrattuale.
Negli ultimi dieci anni, il business di OAN si è spostato da clienti dei primi due tipi
(soprattutto società finanziarie) a clienti del terzo tipo. OAN ha, in un certo senso,
risalito la filiera produttiva ed è diventata da partner a subfornitore di Boeing. Oggi,
infatti, l’80% del business delle trasformazioni (circa il 30% sul fatturato totale di OAN)
è rappresentato dal contratto di trasformazione dei DC10 per FedEx stipulato con
Boeing. Boeing si rivolge a OAN per realizzare solo una parte delle operazioni di
trasformazione e acquista da altri fornitori, o realizza internamente, le altre parti o fasi
necessarie alla completa realizzazione dell’intervento.
Ovviamente questo tipo di evoluzione, ha indebolito la posizione di OAN nella filiera
produttiva. Questo indebolimento può essere così sintetizzato:
-
OAN ha perso il contatto diretto con il cliente che acquista il velivolo;
-
Boeing, dato le sue dimensioni e il know-how tecnico di cui è detentore, ha un
forte potere contrattuale;
-
Boieng si rivolge a più subfornitori facendo leva sulla competizione tra fornitori
per ridurre i costi.
3.2 Relazioni con i fornitori
La tabella 2 sintetizza le macro-fasi che caratterizzano il processo di trasformazione di
velivoli passeggeri in cargo.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
250
PARTE III
Tab. 2 - Insourcing e Outsourcing
Fase
1995
2005
Ispezione Iniziale
In-sourcing
In-sourcing
Pulizie di disinfestazione
In-sourcing
In-sourcing
Sverniciatura (eventuale)
Outsourcing
Outsourcing
In-sourcing
In-sourcing
Outsourcing
Outsourcing
In-sourcing
In-sourcing
Outsourcing
Outsourcing
Outsourcing
Outsourcing (95%)
In-sourcing
In-sourcing (5%)
Smontaggi
Pulizie tecniche
Ispezioni strutturali meccaniche
Realizzazione modifica
Modifica serbatoi alari
Produzione Kit (5000/6000 pezzi)
OAN ha mantenuto nel periodo ’95-05 lo stesso grado di integrazione verticale (attività
svolte all’interno vs attività esternalizzate) anche si i volumi prodotti sono sensibilmente
aumentati.
Nel complesso i fornitori ai quali OAN si rivolge possono essere distinti in tre tipologie:
-
Rivenditori: organizzazioni che svolgono pura attività di intermediazione,
acquistando
materiali
e
rivendendoli
direttamente
a
chi
realizza
la
trasformazione (ad esempio parti di ricambio);
-
Fornitori approved source: Organizzazioni dotate di certificazioni di prodotto alle
quali OAN si rivolge per acquistare dei servizi che l’azienda non realizza al suo
interno (ad esempio Alitalia ha un centro di manutenzione da cui OAN si
approvvigiona);
-
Subfornitori: Questa tipologia è la più numerosa (circa 100 subfornitori) e la più
eterogenea. Infatti possiamo individuare cinque categorie di subfornitori ai quali
OAN si rivolge. La prima categoria è rappresentata dai fornitori di servizi
ingegneria di produzione e attività di supporto. OAN si rivolge infatti a una serie
di studi di ingegneria con i quali sviluppa le specifiche e le procedure tecniche
di supporto a tutte le attività operative relative alla trasformazione. La seconda
categoria è rappresentata dai subfornitori che eseguono alcune lavorazioni
presso gli stabilimenti di OAN. Ad esempio le pulizie tecniche, le disinfestazioni
e, in alcuni casi, la sverniciatura delle carlinghe viene realizzata da subfornitori
che operano direttamente nei siti produttivi di OAN data l’impossibilità di
spostare il velivolo. La terza categoria è rappresentata dai fornitori che
forniscono prestazioni di lavoro (come ad esempio l’installazione di elementi
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
251
PARTE III
strutturali o la cablatura dell’aeromobile) presso gli stabilimenti di OAN. La
quarta categoria sono i fornitori del cossiddetti kit di modifica ossia l’insieme di
nuove parti (mediamente 5000-6000 parti per ogni modifica) necessarie alla
realizzazione della trasformazione. Il fornitore di queste parti può eseguire solo
singole fasi del ciclo di trasformazione con materiale fornito da OAN in c/lavoro
o vendere la parte lavorata a OAN acquistando in modo autonomo le materie
prime (soprattutto acciaio). Infine, la quinta categoria è rappresentata dai
fornitori di attrezzature necessarie alle attività di trasformazione. Per fare parte
dell’albo fornitori di OAN, tutti i fornitori devono avere ottenuto una certificazione
interna di OAN che viene ottenuta al termine di un processo volto a assicurare
sia la affidabilità tecnica che la solidità economico-finanziaria del fornitore.
Tra tutti i fornitori di OAN, la categoria più importante, sia dal punto di vista del valore
che da quello della criticità delle forniture, è rappresentata dai fornitori del kit di
modifica. Infatti, è di fondamentale importanza che le parti che vengono montate sul
velivolo rispondano a rigidi standard tecnici (ad es. resistenza alla pressione
atmosferica) volti a garantire la sicurezza del velivolo stesso. Ogni OEM specifica nel
dettaglio tutti i processi di produzione che devono essere seguiti nella produzione del
kit. Ciascun fornitore deve avere le conoscenze tecniche e procedurali per eseguire tali
processi. Proprio per certificare che il fornitore sia in possesso di tali conoscenze,
l’OEM richiede che il fornitore dimostri di avere un personale addestrato secondo le
proprie specifiche di addestramento. Inoltre, per alcune processi speciali, l’OEM
richiede che il fornitore debba ottenere una certificazione rilasciata dell’OEM stesso. In
ogni caso tutti i fornitori devono ottenere una qualificazione interna da parte di OAN e
devono possedere, oltre alle tecnologie specifiche per la competa fabbricazione delle
parti, tutte le capacità necessarie alla completa gestione del processo produttivo (es.
ingegneria di produzione, controllo qualità, gestione del magazzino).
Anche se le categorie di fornitori non sono cambiate nel corso degli ultimi 10 anni, dal
punto di vista relazionale si è riscontrata un forte cambiamento dovuto soprattutto a un
cambiamento nelle politiche di approvvigionamento dell’azienda. Con particolare
riferimento ai fornitori del kit di modifica, agli inizi degli anni ’90, OAN intratteneva un
rapporto di partnership in single sourcing. Per ogni parte fornita OAN si rivolgeva
perciò a un solo fornitore che si occupava autonomamente di acquisire le materie
prime e di svolgere le attività di fabbricazione. Nell’ambito di questi rapporti OAN
assumeva un ruolo di supporto e coordinamento tipico del capo filiera.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
252
PARTE III
L’aumento dei lead time di fornitura dell’acciaio registrato durante gli anni ’90 spinse,
nel 1994, la direzione a cambiare le politiche di approvvigionamento. Prima di tutto
venne abbandonata la politica di single sourcing a favore di un ricorso a più fornitori
per ogni parte del kit. I subfornitori quindi aumentarono di numero passando da 3 a 15.
In secondo luogo, OAN iniziò ad acquistare direttamente la materia prima (soprattutto
acciaio) al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e di sfruttare il suo
maggior potere contrattuale nei confronti dei grandi produttori di acciaio. Questo portò
a un cambiamento radicale nel rapporto con i subfornitori che diventarono fornitori di
parti in c/lavoro su specifica OAN. In definitiva, nel corso degli anni ’90, i rapporti di
subfornitura si sono evoluti verso una subfornitura tradizionale, in cui il subfornitore è
intepretato come una pura estensione della capacità produttiva del cliente e la
relazione di fornitura è caratterizzata da una forte componente di dipendenza
gerarchica.
Dal punto di vista della localizzazione, i fornitori sono localizzati soprattutto nel bacino
di Napoli (circa 70%), Torino (20%) e Varese (10%). Nel corso degli anni ’90 la
fornitura locale (provincia di Venezia) si è molto ridotta ed oggi costituisce una parte
marginale del parco fornitura complessivo.
3.3 Relazioni con altre organizzazioni: gli enti certificatori
Oltre ai clienti e ai fornitori, una terza categoria di soggetti di fondamentale importanza
nella rete del valore di OAN è rappresentata dagli enti certificatori.
Il settore dell’aeronautica è governato da un corpo complesso di regole che hanno
come obiettivo ultimo di garantire la qualità e quindi l’affidabilità di qualsiasi velivolo.
Queste regole sono state recipe da ogni continente e espresse in un codice
aeronautico per i vari paesi.
Negli USA il dipartimento che ha il compito di far rispettare tali regole è il FAA (Federal
Aviation Administration). Nell’ambito dei settori della manutenzione, ispezione e
alterazione degli aerei si richiede che le aziende che eseguono queste attività su aerei
immatricolati in USA debbano ottenere un certificato rilasciato dalla stessa FAA. Tale
certificazioni sono relativi a singoli tipi di aeroplani. OAN ha ottenuto le certificazione
per vari tipi di velivoli Boeing, tra cui il DC10, DC8, MD10, MD11, 767-200. OAN ha
ottenuto anche una certificazione rilasciata dall’ente di certificazione Europeo, EASA (e
il cui rappresentante in Italia è l’ENAC) che ha rilasciato la certificazione per svolgere
attività di manutenzione e modifica su aerei immatricolati in Europa.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
253
PARTE III
Fig. 3 - La mappa del valore nel 1995
Rivenditori
Approved
sources
Clienti
OAN
(Soc. finanziarie)
Subfornitori
•
•
Prestazione presso OAN
Lavorazioni c/terzi
Boeing
Enti
certificatori
Fig. 4 - la mappa del valore del 2005
Rivenditori
Approved
sources
OAN
Clienti
Boeing
(Operatori es. FedEx)
Subfornitori
•
•
Prestazione presso OAN
Lavorazioni c/terzi
Altri
trasformatori
Enti
certificatori
Le figure 3 e 4 mostrano l’evoluzione della rete del valore di OAN nel corso degli ultimi
dieci anni. Come si può facilmente osservare OAN ha subito un arretramento della sua
posizione nella rete del valore: se agli inizi degli anni ’90 aveva il contatto diretto con il
cliente, nel duemila, per la maggior parte della sua attività, si trova nella situazione di
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
254
PARTE III
subfornitore nei confronti del suo unico committente, ossia Boeing. In questa posizione,
OAN si trova a dover competere con subfornitori provenienti dall’Asia e dall’Aemerica
Latina che possono godere di un basso costo della manodopera.
4. Gli ostacoli del percorso di crescita
A causa delle particolari caratteristiche del settore delle trasformazioni, tutto il percorso
di crescita di OAN è stato dettato dal suo principale cliente (Boeing). I momenti di
difficoltà (riscontrati soprattutto negli ultimi anni) nella crescita sono legati
sostanzialmente a fattori che hanno indebolito il rapporto tra l’azienda Veneziana e il
costruttore Americano.
Questi fattori sono legati, da un lato, ai cambiamenti negli scenari competitivi (anni ’90)
e, dall’altro, alla mancanza da parte di OAN di un pacchetto di competenze progettuali
necessarie a offrire al cliente un servizio di trasformazione completo.
Per quanto riguarda il primo aspetto, la globalizzazione dei mercati e la correlata
crescita dei traffici commerciali registrata durante gli anni ’90 ha spinto gli OEM
(Boeing e Airbus) a intraprendere un percorso di diversificazione nel settore delle
trasformazioni.
Questa
strategia
è
stata
accompagnata
alla
riduzione
della
concessione di licenze a imprese trasformatrici e alla crescente ricorso a imprese di
subfornitura per la realizzazione operativa delle trasformazioni. Il cambiamento di
strategia degli OEM, unito alla crescente minaccia rappresentata dalle imprese di
subfornitura a basso costo asiatiche, ha causato un indebolimento della posizione
competitiva di OAN nella rete del valore: da impresa operante su licenza è diventata
per la maggior parte del suo business subfornitore in competizione con imprese che
possono beneficiare di costi del lavoro e di regimi normativi estremamente più
vantaggiosi.
Questo indebolimento è legato a doppio filo al secondo motivo (interno) di difficoltà nel
percorso di crescita ossia l’incapacità di OAN sviluppare con l’OEM una relazione di
partnership nell’ambito della quale l’imprese trasformatrici apporti tutte le competenze
necessarie allo sviluppo della modifica. Proprio per uscire da queste difficoltà è stata
sviluppata una strategia che prevede la ri-progettazione di tutto il supply network per lo
sviluppo di un pacchetto di competenze completo e complementare necessario a OAN
per riconquistare un ruolo di rilievo nella catena del valore.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
255
PARTE III
5. Le strategia future di crescita
Al fine di uscire dalla situazione di debolezza nella catena del valore schiacciata tra i
fornitori a basso costo e il suo principale cliente, OAN intende sviluppare nuove
capacità di progettazione per offrire a Boeing un servizio completo di progettazione e
industrializzazione delle trasformazioni. Coerentemente con il suo orientamento
strategico di fondo, l’azienda intende continuare a crescere con l’OEM, lavorando in
partnership con quest’ultimo. L’OEM avverte il fabbisogno di ottenere un servizio
completo da parte delle aziende trasformatrici in quanto, in mancanza di questo, deve
dedicare, al segmento delle trasformazioni, risorse finanziarie e umane più utilmente
impiegabili nel suo core business, ossia nel settore della costruzione di velivoli.
Lo sviluppo delle core competence di OAN dovrà passare attraverso una
ristrutturazione di tutto il supply network dell’azienda. La complessità tecnica dei
processi produttivo infatti impedisce a OAN di governare tutte le conoscenze
necessarie alla realizzazione della trasformazione. Tale conoscenze sono invece
frammentate sull’intera catena di fornitura che deve garantire nel suo complesso le
necessarie competenze di progettazione, di ingegnerizzazione e di produzione. OAN
intende assumete un ruolo di capo filiera e di coordinatore di questa complesso
network che dovrà garantire, nel suo complesso, un vantaggio competitivo in termini di
qualità, di velocità e di costo del servizio venduto.
IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE
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