Crescita dimensionale e qualitativa delle imprese venete
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Crescita dimensionale e qualitativa delle imprese venete
CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE Rapporto di Ricerca Ires Veneto Aprile 2006 Riconoscimenti La presente ricerca è stata realizzata nel periodo luglio 2005-marzo 2006 nell’ambito del progetto “Crescita qualitativa e dimensionale delle imprese Venete” promosso da Siav e finanziato dall’Iniziativa Comunitaria Equal. Il gruppo di ricerca organizzato dall’Ires Veneto è stato diretto congiuntamente da Giancarlo Corò, del Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, e da Roberto Grandinetti, del Dipartimento di Economia dell’Università di Padova. Al gruppo di ricerca hanno preso parte Andrea Vaona (Università di Verona) che ha condotto la rassegna sulla letteratura economica, mentre Andrea Furlan (Università di Padova) e Monica Plechero (Ires Veneto) hanno sviluppato gli studi caso e redatto la parte di analisi sulle aziende. Si ringraziano i responsabili delle imprese analizzate che hanno fornito informazioni fondamentali per la ricerca. Si ringrazia inoltre l’Ires Veneto – e in particolare Alfiero Boschiero e Fiorella Maggio – per avere messo a disposizione servizi tecnici e amministrativi, nonché attrezzature e competenze necessarie alla realizzazione della ricerca. Un ringraziamento è ovviamente rivolto a Siav, nelle figure della dott.sa Bettiol e del dott. Dalla Pozza, per avere costantemente seguito la ricerca e per avere organizzato gli incontri di verifica sugli stati di avanzamento. In questi incontri è risultato fondamentale il sostegno all’impostazione e il contributo critico sui risultati assicurato dal Comitato tecnico-scientifico del progetto Equal: fra i componenti del Comitato riteniamo doveroso rivolgere un ringraziamento particolare al Dott. Bruno Anastasia, al Prof. Giorgio Brunetti e al Prof. Giovanni Bernardi. LA CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE INTRODUZIONE pag. 5 pag. 20 Introduzione Dimensione e confini dell’impresa: alcuni problemi di definizione Economie di scala e forme di integrazione produttiva Gli incentivi e gli ostacoli alla crescita delle imprese Dalla piccola impresa alla grande corporation: un’evoluzione necessaria? Dimensione d’impresa e globalizzazione » » » » » » 6. Integrazione della produzione e dimensione d’impresa: l’approccio neoistituzionalista 7. Dimensione d’impresa e ambiente esterno: distretti, finanza e mercato del lavoro 8. Innovazione tecnologica e dimensione d’impresa 9. R&S e dimensione d’impresa 10. Dimensione d’impresa, brevetti e numero di innovazioni: l’importanza dei settori economici 11. Le indagini europee sull’innovazione 12. Tendenze della struttura dimensionale nell’economia italiana ed europea Riferimenti bibliografici » 20 20 23 25 26 27 28 » 31 » » » 33 33 35 » » » 37 39 51 pag. 54 » » » » » 54 58 60 63 66 » 69 » pag. 74 74 » 76 » 79 » » 82 85 85 86 92 PARTE I LA DIMENSIONE DELL’IMPRESA NELL’ANALISI ECONOMICA 1. 2. 3. 4. 5. PARTE II I PERCORSI DI CRESCITA DELLE IMPRESE: UN MODELLO EVOLUTIVO PLURI-DIMENSIONALE 1. Tra i giganti e i nani: una via italiana alla crescita dimensionale? 2. Le dimensioni della crescita aziendale: scala, relazioni e qualità delle risorse 2.1 2.2 2.3 2.4 Crescita dimensionale e crescita relazionale La crescita qualitativa Lo sviluppo di relazioni cooperative nella rete del valore Le interdipendenze tra le dimensioni della crescita aziendale: un quadro d'insieme 3. Continuità e discontinuità nei percorsi di crescita aziendale 3.1 Discontinuità dimensionale e shock organizzativo 3.2 Quando la crescita qualitativa precede la crescita dimensionale: il modello crisi-crescita di Greiner 3.3 Quando la crescita qualitativa precede la crescita dimensionale: riposizionamenti strategici e strategie "oceano blu" 3.4 Una tassonomia del rapporto tra crescita dimensionale e crescita qualitativa 4. La proiezione internazionale della crescita aziendale 4.1 Investimenti esteri e global networking 4.2 Il modello di impresa trasnanzionale di Bartlett e Ghoshal 5. I processi di crescita aziendale nei distretti industriali: le imprese distrettuali-globali » » » 5.1 La crescita dimensionale-relazionale delle imprese distrettuali-globali 5.2 La crescita qualitativa delle imprese distrettuali globali Riferimenti bibliografici PARTE III I CASI AZIENDALI » » » 92 94 96 pag. 100 Introduzione Il percorso e la tipologia di crescita La crescita qualitativa L’evoluzione della rete del valore Tavola sinottica » » » » » 100 102 103 105 107 IL CASO ALLISON » 115 IL CASO ANODICA TREVIGIANA-UNIELDOM » 125 IL CASO CARRARO » 144 IL CASO GRUPPO MASTROTTO » 159 IL CASO GROTTO SPA » 183 IL CASO INFORMATICA PALESA-ALDEBRA » 204 IL CASO MAINETTI » 225 IL CASO OFFICINE AERONAVALI » 246 INTRODUZIONE La questione dimensionale dell’economia italiana è stata negli ultimi anni al centro dell’attenzione di studiosi, centri di ricerca e istituzioni di politica economica. Il fatto che in Italia persista rispetto alle altre economie industriali moderne un quota decisamente maggiore di piccole e medie imprese, viene sempre più spesso indicato come causa principale delle difficoltà competitive che il sistema produttivo nazionale sta attraversando. Anche se la “questione dimensionale” non costituisce un tema particolarmente nuovo nel dibattito italiano, il generale cambiamento di valutazione rispetto al recente passato segna una novità di rilievo. È questo un primo aspetto di fronte al quale si è posta la presente ricerca. In particolare, l’obiettivo è stato quello di verificare le spiegazioni economiche che portano a considerare la “crescita dimensionale” come percorso necessario per superare le difficoltà competitive ma nella convinzione che i percorsi di crescita sono, tuttavia, molteplici e molto più complessi di un aumento generalizzato delle dimensioni degli impianti produttivi. Inoltre, questa ricerca assume l’ipotesi che ogni processo allargato di sviluppo e innovazione non può essere disegnato in astratto ma nasce da una specifica base economica, istituzionale e cognitiva che contribuisce a definire la struttura di vincoli e possibilità concrete. Se, oltre ad analizzare un fenomeno, si ha anche l’obiettivo di trarne indicazioni di policy, allora tenere conto dei vincoli storici dello sviluppo economico – che gli economisti dello sviluppo chiamano path dependence – non è solo un’opzione teorica ma, soprattutto, un’esigenza pratica. INTRODUZIONE Fine dell’anomalia dimensionale dell’economia italiana? La cosiddetta “anomalia dimensionale” dell’economia italiana parte da lontano e aveva trovato una spiegazione nella costruzione di condizioni di vantaggio comparato su industrie con limitate economie di scala ma la cui competitività internazionale veniva assicurata da due condizioni specifiche. Da un lato il posizionamento “qualitativo” del Made in Italy su beni differenziati e sulle fasce medio-alte del prodotto – dai beni per la persona, a quelli per la casa, all’alimentare di qualità, alla meccanica specializzata – dove la variabilità della domanda richiede capacità di adattamento flessibile e abilità nell’introdurre continuamente innovazioni incrementali nei prodotti e nei processi. Si tratta di situazioni in cui la scala efficiente d’impresa rimane limitata, in quanto non sono richiesti elevati costi fissi degli impianti (dati i potenziali di frammentazione tecnica dei cicli) e in cui i costi marginali della produzione tendono a diventare subito crescenti (data l’esigenza di mantenere un controllo diretto sulla qualità). A questa situazione produttiva corrispondeva una rete commerciale e dei servizi altrettanto frammentata (dal credito, ai servizi alle imprese, alle utilities), che poteva mantenersi al riparo dalla concorrenza internazionale in conseguenza di una sostanziale chiusura del settore terziario all’interno di mercati locali. La struttura dimensionale dell’economia italiana rifletteva, perciò, una specializzazione coerente con il posizionamento internazionale dell’industria e dei servizi. Dall’altro lato, i rendimenti di scala su alcuni fattori di produzione strategici – come il capitale umano, la conoscenza tecnologica, i servizi dedicati e gli input intermedi, i beni di capitale specializzati, ecc. – venivano in molti casi assicurati dall’organizzazione delle piccole imprese in reti produttive locali, in particolare nei “distretti industriali”, vera e propria infrastruttura economica, sociale e cognitiva della produzione che si è affermata come alternativa funzionale all’integrazione verticale della grande impresa. Non è un caso se sono stati proprio i settori manifatturieri nei quali l’Italia misura un vantaggio comparato a manifestare i più significativi fenomeni di localizzazione (Beccattini 1988). Modello di specializzazione dell’industria e organizzazione distrettuale hanno perciò a lungo assicurato una crescita sostenibile dell’economia italiana pur in presenza di una struttura dimensionale decisamente anomala rispetto agli altri paesi industriali moderni. Infatti, nonostante la storica “anomalia dimensionale”, l’economia italiana ha mostrato per un lungo periodo che va dagli anni ’50 ai primi anni ’90, tassi di crescita superiori alla media Ocse (Corò 2001). IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 6 INTRODUZIONE Perché, allora, un così rapido e profondo cambiamento di valutazione rispetto al ruolo della piccola e media impresa? Dimensione d’impresa, crescita economica, produttività Una risposta a questa domanda comporta, innanzitutto, un’analisi sulle cause della bassa crescita dell’economia italiana negli ultimi dieci anni, in larga parte imputabile alla modesta dinamica della produttività. Del resto, fra le componenti della crescita aggregata del reddito, la produttività rappresenta il fattore di gran lunga più importante nelle economie moderne, e la sua rilevanza tende ad aumentare con il tendenziale rallentamento della crescita demografica e la difficoltà di elevare oltre certe soglie il tasso di attività della popolazione. Per queste ragioni la dinamica della produttività – sia quella relativa al fattore lavoro (misurata dal rapporto fra valore aggiunto e ore lavorate), sia quella riferibile all’insieme dei fattori impiegati nella produzione (nota come Tfp, misurabile come residuo del processo di crescita non spiegato dalla variazione di quantità dei fattori) – costituisce oggi il principale indicatore della competitività di un sistema economico. Come è stato efficacemente osservato da Michael Porter, la competitività di un sistema economico corrisponde, alla fine, alla capacità di accrescere la produttività delle organizzazioni localizzate in quel sistema (Porter 2000). Per quanto riguarda l’Italia, il confronto internazionale su questo indicatore risulta, negli ultimi anni, alquanto deludente: fra 1995 e 2004 la produttività per ora lavorata è cresciuta complessivamente del 4,4%, un quarto di quanto avvenuto in Germania e addirittura cinque volte meno che in Francia. Se poi consideriamo la capacità di combinare in modo efficiente l’insieme dei fattori produttivi (Tfp) – lavoro, risorse naturali, capitale, competenze tecniche – l’economia italiana risulta ancora più penalizzata (Rossi 2006, pp. 76-81). L’altra faccia di questo risultato è un aspetto altrimenti sorprendente, costituito dalla considerevole crescita dell’occupazione che si manifesta nonostante la bassa crescita aggregata dell’economia italiana. Il tasso di occupazione, infatti, è salito nell’ultimo decennio dell’11%, un risultato che se anche non penalizza il lavoro dipendente, rimane tuttavia difficilmente attribuibile alle maggiori imprese, che nel periodo continuano a segnare un’erosione nel numero degli addetti. Ma in che misura la produttività è collegata, dal punto di vista economico, alla dimensione d’impresa? IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 7 INTRODUZIONE Un risposta fin troppo semplice a questa domanda è quella di osservare come ogni statistica economica metta in evidenza una relazione diretta fra dimensione d’impresa e produttività del lavoro. Ad esempio, Onida (2004) rileva come le grandi imprese (con più di 250 occupati) misurino un rapporto del valore aggiunto per addetto tre volte superiore a quello delle micro-imprese (meno di 10 addetti) e comunque doppio delle piccole imprese vere e proprie (10-20 addetti). Tuttavia, ci sono almeno due obiezioni a tale osservazione. La prima è che la diversa produttività del lavoro non spiega che una parte della redditività dell’impresa e che, anzi, è stato in diversi casi osservato come il saggio di profitto – che costituisce un incentivo difficilmente trascurabile nella valutazione delle scelte imprenditoriali – non risulta affatto correlato alla dimensione. Tattara (2005), mettendo a confronto tassi di produttività e indici di redditività delle imprese per dimensione ricavati dai dati Capitalia sui bilanci aziendali, ha infatti criticato le conclusioni a cui arriva Onida. Secondo Tattara: “se il valore aggiunto rappresenta in qualche modo la ricchezza prodotta dal sistema, un giudizio sull’efficienza della produzione non può prescindere dalla misura del saggio di profitto sul capitale investito: produrre un valore aggiunto per dipendente positivo ma in perdita, sono capaci tutti”. Una valutazione analoga era stata proposta anche da Rullani (2004) a commento del rapporto sui bilanci di Mediobanca, dove nel rilevare indici di redditività delle medie imprese superiori rispetto alle grandi, veniva rilanciata l’ipotesi che è nell’economia della filiera, piuttosto che all’interno delle singole imprese, cui sarebbe giusto riferire l’analisi economica, perciò anche le misure di produttività. La seconda obiezione all’ipotesi di una relazione lineare fra produttività e dimensione è che, dal punto di vista della crescita economica, il problema non sta tanto nei livelli di produttività bensì nelle sue variazioni nel tempo. Per tale ragione, l’obiettivo di questa ricerca è stato quello di esplorare le relazioni fra percorsi di crescita dimensionale e qualitativa delle imprese e capacità di innovazione, a partire dall’ipotesi che proprio l’innovazione è alla base della dinamica della produttività. Se, infatti, dal punto di vista microeconomico, la produttività rappresenta la capacità di un’organizzazione di accrescere il valore degli input produttivi attraverso la loro trasformazione in output valutati dal mercato, allora la consistenza e la diffusione dei processi di innovazione assumono un ruolo cruciale nel meccanismo macroeconomico della crescita (Helpman, 2005). Com’è noto fin dagli studi originari di Schumpeter, l’innovazione può intervenire congiuntamente o separatamente su più piani. Può accrescere i livelli di efficienza IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 8 INTRODUZIONE nell’uso degli input produttivi, tramite innovazioni di processo, di organizzazione, nelle fonti di approvvigionamento, ecc. Può elevare il valore dell’output attraverso miglioramenti nella qualità dei prodotti esistenti, e in questo caso l’innovazione si rivela nel mercato con l’aumento dei prezzi relativi dei beni e servizi sui quali è incorporato il miglioramento. Oppure l’innovazione si manifesta in misura più radicale con la creazione di nuovi prodotti che, per definizione, operano su mercati in espansione, e assicurano perciò un più elevato tasso di crescita dell’economia. Cambiamenti dello scenario competitivo e nuove economie di scala In questo modo possiamo allora riformulare la relazione fra bassa crescita economica, dovuta a scarsa dinamica della produttività, e mancata crescita dimensionale delle imprese. Gli investimenti in innovazione, che sono alla base della dinamica della produttività, sono infatti caratterizzati da elevati costi fissi – in termini di ricerca, sviluppo dei prodotti, dotazioni tecnologiche, capitale umano qualificato, organizzazione internazionale, ecc. – e da rendimenti crescenti che contribuiscono a spostare verso l’alto la scala efficiente di produzione. Nel momento in cui l’innovazione diventa la principale “arma competitiva” a disposizione delle imprese (Baumol 2002), la crescita dimensionale diventa una strategia che non può essere elusa. Un problema rilevante è in quali forme si può esprimere il percorso di crescita, che non necessariamente porta all’integrazione verticale o alla semplice espansione quantitativa della produzione. Tuttavia, il problema della scala di produzione diventa sempre più importante. La presenta ricerca parte dunque dall’assunto che la “questione dimensionale” è espressione di un problema più generale, costituito dalla necessità poste dal nuovo scenario competitivo di investire di più e meglio in innovazione. In altri termini, l’oggetto dell’analisi non è tanto la diversa struttura dimensionale dell’economia italiana bensì la “difficoltà di crescere” delle piccole imprese a fronte del mutamento dello scenario competitivo. Si potrebbe infatti sostenere che la struttura dimensionale dell’economia italiana – e di quella veneta in particolare – aveva raggiunto un equilibrio competitivo tutto sommato “sostenibile” all’interno di un quadro macro e geo-economico che si era venuto a definire fra la fine degli anni ’60 e i primi anni ‘90. È in questo periodo che la piccola impresa manifesta, soprattutto in Italia, le migliori condizioni di sviluppo, grazie in particolare alle doti di maggiore flessibilità che le consentono di inserirsi in nuovi spazi di mercato che le organizzazioni di dimensione maggiore non sono in grado di cogliere con la stessa velocità ed efficacia. Questa situazione favorevole poteva IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 9 INTRODUZIONE contare anche sui difficili processi di ristrutturazione nella grande impresa, nonché su un contesto competitivo relativamente chiuso in conseguenza del permanere dei vecchi blocchi geo-politici, che escludevano di fatto intere regioni economiche dalla divisione internazionale del lavoro. Inoltre, la piccola impresa può sfruttare in Italia la possibilità di usare la svalutazione come strumento di sostegno alle esportazioni: alla fine degli anni ’60 si esaurisce, infatti, il sistema di cambi fissi nato con gli accordi di Bretton Woods e basato sulla convertibilità del dollaro. Si apre, per contro, un lungo periodo di instabilità valutaria nel quale in Europa gioca un ruolo centrale la forza del marco. Questo quadro, tuttavia, risulta oggi profondamente modificato. Per almeno tre ragioni. La prima è costituita dalla pervasività del cambiamento tecnologico le cui conseguenze si manifestano sia all’interno che all’esterno delle imprese. All’interno delle aziende non è infatti più sufficiente un modello di apprendimento essenzialmente basato sull’esperienza, in cui la “conoscenza utile” costituiva un sotto-prodotto o una esternalità che poteva comportare bassi investimenti specifici. Sempre più, invece, si rende necessario accrescere la capacità di assorbimento tecnico attraverso investimenti in capitale umano, ricerca, sviluppo dei prodotti, nuovi servizi, relazioni con altre imprese e con istituzioni specializzate. La crescita del contenuto tecnologico della produzione non ha effetti solo sui costi fissi ma anche sull’altra causa dei rendimenti di scala, rappresentata dai costi marginali: tanto più aumenta la “componente informativa” della produzione, tanto meno la quantità incide sui costi totali, con effetti rilevanti anche nella trasformazione delle strutture di mercato, le quali tendono sempre più ad assumere configurazioni oligopolistiche (Baumol 2002). Il contenuto della ricerca, lo sviluppo di brevetti, l’implementazione di sistemi informativi aziendali, le politiche di marketing e comunicazione, l’investimento sui servizi post-vendita, ecc. sono tutti fattori che contribuiscono a cambiare le funzioni di costo delle imprese, spingendo in avanti le soglie di produzione minima efficiente. All’esterno delle aziende la diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha contribuito a ridurre i costi di transazione internazionale, accrescendo la commerciabilità sia nei mercati dei beni e dei servizi, sia in quelli dei fattori produttivi. Quest’ultimo fenomeno, congiuntamente agli straordinari cambiamenti dello scenario geo-politico, ha concorso in misura rilevante nell’aumentare la pressione concorrenziale da parte di economie in via di sviluppo che per molto tempo erano state escluse dalla divisone internazionale del lavoro. È questa una seconda causa di cambiamento che modifica gli equilibri competitivi raggiunti nel secondo dopoguerra e IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 10 INTRODUZIONE che avevano consentito all’Italia di sviluppare propri vantaggi comparati in settori “tradizionali” con basse economie di scala. Non a caso il nuovo protagonismo internazionale delle economie emergenti sembra colpire oltre misura proprio il Made in Italy, le cui minori barrire tecniche all’entrata – che spiegano anche la maggiore presenza di piccole imprese – spingono una concorrenza di prezzo difficilmente sostenibile per un’economia ad alto costo del lavoro (Fortis 2005). Diversamente da quanto sembra emergere dal dibattito sul declino dell’industria italiana, questa situazione non comporta, necessariamente, l’abbandono dei tradizionali settori di vantaggio comparato. Tuttavia, si rendono necessari processi di riposizionamento qualitativo e lo sviluppo di nuove funzioni all’interno di catene sempre più globali del valore che, in ogni caso, contribuiscono ad elevare i costi fissi di investimento e ad aumentare il contenuto immateriale della produzione (Corò 2005). D’altro canto, anche il semplice allargamento dei mercati genera effetti di scala per le imprese che – come avviene in presenza di beni differenziati – operano in condizioni di concorrenza monopolistica: la crescita del numero di imprese aumenta l’elasticità della domanda e alza la soglia di produzione efficiente. In altri termini, anche per mantenere e sviluppare il presidio del Made in Italy bisogna considerare la tendenza verso una crescita dei rendimenti di scala. Il cambiamento del regime macro-economico – con la creazione dell’euro e la fissazione di rigidi vincoli alle politiche fiscali nazionali – è la risposta che l’Europa cerca di dare al mutato quadro dell’economia globale. L’impossibilità di ricorrere a svalutazioni competitive per recuperare i margini di inefficienza del sistema-paese scarica così sulle imprese più esposte alla concorrenza internazionale i recuperi di produttività, che diventano possibili anche attraverso la crescita della scala di produzione e una più dura selezione competitiva. Inoltre, il regime macro-economico dell’euro incide sulla dimensione d’impresa in altri due modi: da un lato attraverso la riduzione dei tassi di interesse, che abbassano così i prezzi relativi del capitale investito; dall’altro, favorendo un’organizzazione multinazionale della produzione grazie al minore costo sia degli investimenti diretti esteri, sia delle importazioni di beni e input intermedi. In entrambi i casi ad avvantaggiarsi sono le imprese più strutturate e più pronte a rispondere al nuovo sistema di incentivi macroeconomici. Inoltre, la proiezione internazionale che le imprese leader tendono ad assumere anche all’interno dei distretti e delle reti produttive locali, genera effetti di sostituzione delle attività di fornitura, tradizionalmente assicurate dalle imprese minori. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 11 INTRODUZIONE Nuovi vincoli ma anche opportunità per le imprese minori: i precorsi non lineari della crescita dimensionale Da quanto fin qui affermato, la questione dimensionale dell’economia italiana sembrerebbe allora confermata come la causa prima delle difficoltà competitive che il paese sta attraversando. Tuttavia, pur partendo dal riconoscimento dei cambiamenti intervenuti nel quadro economico, nella presente ricerca si assume con molta cautela l’ipotesi che la crescita dimensionale delle imprese sia la principale, se non addirittura l’unica strada da percorrere per rilanciare l’economia italiana, e quella veneta in particolare. Le ragioni che giustificano questa cautela derivano, oltre che dalle conoscenze ricavate nell’ambito della ricerca stessa, anche da considerazioni di ordine teorico. Se, infatti, il mutamento dello scenario competitivo accresce l’importanza delle economie di scala, non sempre la risposta più efficiente a questa esigenza si esprime attraverso una espansione dei confini proprietari delle imprese. Per riprendere le tre ragioni di cambiamento appena discusse – progresso tecnico, globalizzazione, rigidità valutarie – possiamo infatti osservare che in ognuna di esse si presenta non solo un quadro di vincoli per le piccole imprese ma anche un insieme di opportunità da cogliere. Il cambiamento tecnologico interviene, infatti, non solo nell’accrescere i rendimenti di scala ma anche nel favorire processi di scomposizione e modularizzazione dei cicli produttivi, e nella complementare formazione di “mercati della tecnologia”, che forniscono anche alle piccole imprese rilevanti possibilità di accedere ai risultati applicativi della ricerca scientifico-tecnologica (Arora, Fosfuri, Gambardella 2000). In questo modo anche le imprese di dimensione minore possono partecipare alle reti dell’innovazione senza essere costrette ad integrare al proprio interno i costosi processi di ricerca e sviluppo non direttamente afferenti il proprio core business. Se, infatti, si guarda al progresso tecnologico in corso congiuntamente allo sviluppo di istituzioni internazionali a tutela della proprietà intellettuale e dei brevetti, se ne ricava un’immagine tutt’altro che univoca sulle forme efficienti di innovazione: non è solo la grande impresa manageriale a dominare la scena ma anche nuovi “sistemi imprenditoriali” – basati su processi molto spesso localizzati di creazione di nuove imprese mediante start-up, spin-off o evoluzione di attività esistenti – che riescono ad esplorare le frontiere tecnologiche con maggiore velocità e minore avversione al rischio rispetto alle organizzazioni maggiori (Gambardella 2005; Camuffo, Grandinetti 2005). Inoltre, bisogna ricordare che l’economia della conoscenza richiede un’attivazione personale che le piccole imprese sono in grado di assicurare meglio dei grandi IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 12 INTRODUZIONE apparati, e non è un caso che la riorganizzazione delle grandi corporations proceda, in molti casi, mediante esternalizzazione dei cicli produttivi, una de-verticalizzazione dei livelli gerarchici e l’attribuzione di crescenti margini di autonomia interna ai gruppi di lavoro e ai singoli individui (Nonaka, Takeuchi 1997; Bonomi, Rullani 2005). I sempre più frequenti processi di “consorziamento tecnologico” (Baumol 2002) costituiscono un’altra conferma del tentativo, non solo delle piccole imprese ma anche dei grandi gruppi multinazionali di cercare strutture di condivisione della conoscenza nelle attività a maggior contenuto di innovazione. Per queste ragioni, anche i minori costi di investimento garantiti dai bassi tassi di interesse non seguono solo la direzione della crescita quantitativa delle aziende ma anche di quella relazionale, di cui le “medie imprese” costituiscono per l’economia italiana, e per quella veneta in particolare, uno snodo decisivo. Come infatti viene documentato dalla ricerca, le medie imprese non rappresentano affatto l’ibrido incompiuto di una grande impresa bensì il motore dell’evoluzione di una forma di organizzazione a rete, destinata a diventare sempre più importante in futuro. Anche la globalizzazione dei mercati e la crescita di nuove piattaforme manifatturiere nelle economie emergenti è un fenomeno che può generare effetti non sfavorevoli alle imprese di dimensione minore. Se, come abbiamo già ricordato, la capacità di partecipare a reti internazionali di produzione rende necessario accrescere la dimensione minima efficiente, dall’altro lato proprio la disponibilità di decentrare all’estero le lavorazioni a maggiore intensità di lavoro “trasferibile” consente anche alle piccole imprese di espandere la produzione senza accrescere la dimensione tecnica degli impianti e la correlata rigidità dei processi. Ciò comporta, tuttavia, la capacità di crescere all’interno del “sistema del valore”, sviluppando nuove funzioni di intelligenza terziaria nella base domestica. Un processo, quest’ultimo, che presuppone non solo investimenti interni su nuove tecnologie e capitale umano ma anche nel sistema di relazioni con l’ambiente esterno – infrastrutture ad elevata accessibilità internazionale, centri di ricerca scientifica, servizi evoluti, comunità professionali, ecc. – che non sempre i tradizionali distretti industriali sono in grado di assicurare. L’articolazione della ricerca Questa ricerca, nata dalla precisa esigenza di fornire informazioni utili per interventi a sostegno della crescita dimensionale e qualitativa delle piccole imprese venete, si è articolata in tre parti, le quali definiscono anche la struttura del presente Rapporto. La prima parte raccoglie un’analisi della letteratura economica, di natura sia teorica che IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 13 INTRODUZIONE empirica, sulla “questione dimensionale”. La seconda parte affronta il tema dei diversi percorsi della crescita delle imprese e propone alcune chiavi interpretative utili per collocare la “questione dimensionale” nell’ambito dei processi concreti di creazione del valore. La terza parte, infine, documenta otto studi di caso condotti su imprese venete che costituiscono possibili modelli di crescita da guardare con particolare interesse. L’analisi economica della questione dimensionale La prima parte della ricerca cerca di chiarire alcuni aspetti concettuali e metodologici relativi al tema della dimensione d’impresa, procedendo sia con un richiamo ai termini dell’economia industriale, sia con una rassegna della letteratura economica internazionale, concentrando l’attenzione soprattutto sul rapporto fra innovazione e crescita dimensionale delle imprese. Da questa lettura emerge come tra processi di innovazione e dimensioni d’impresa non ci sia affatto una relazione lineare: oltre una certa soglia, i rendimenti dell’innovazione in rapporto agli investimenti in R&S risultano inversamente proporzionali alla scala di produzione, anche se questa soglia può variare a seconda delle attività considerate. È allora necessario specificare bene il contesto economico e istituzionale all’interno del quale l’impresa opera per comprendere a fondo vincoli e opportunità di un percorso di crescita. Ad esempio, il sistema finanziario può giocare un ruolo cruciale nel favorire il raggiungimento di un assetto dimensionale efficiente. Così vale anche per il sistema della giustizia civile e per il diritto societario, nonché per il sistema fiscale, che può svolgere una funzione importante negli incentivi diretti e indiretti alle concentrazioni (Isae 2003-2005). Un aspetto fondamentale è comunque rappresentato dalla pressione concorrenziale, che contribuisce in misura notevole a diffondere nel sistema economico incentivi che portano le imprese a cercare una dimensione efficiente. Non è certo un caso che i settori che in Italia hanno maggiormente rafforzato nel corso degli ultimi trent’anni la struttura dimensionale (magari anche solo attraverso il rallentamento nella tendenza storica verso la frammentazione) non siano tanto quelli che la teoria classifica come scale intensive, bensì quelli tradizionali, in ragione del fatto che questi più degli altri sono stati esposti ad una forte concorrenza internazionale, ulteriormente accentuata con l’entrata delle economie emergenti nella scena mondiale. In questa prospettiva, non è un caso nemmeno che alcuni settori che hanno a lungo goduto di mercati protetti – come in Italia è stato per il sistema del credito, per il commercio e le public utilitiy – siano oggi sottoposti a processi di selezione IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE concorrenziale, che stanno 14 INTRODUZIONE profondamente ridisegnando attraverso alleanze, fusioni o acquisizioni, gli assetti proprietari e i confini dimensionali delle imprese. L’interdipendenza dei percorsi di crescita Nella seconda parte vengono proposte le principali chiavi interpretative per impostare un’analisi appropriata della questione dimensionale dell’economia italiana. Lo sforzo è quello di argomentare, alla luce di alcune analisi economiche recenti e di numerosi casi aziendali, come esista non solo una notevole varietà ma anche una forte interdipendenza dei percorsi di crescita dimensionale. La crescita delle dimensioni d’impresa si può infatti esprimere attraverso un’espansione interna o esterna dei confini proprietari, come avviene con la crescita in senso stretto dei volumi di produzione o tramite fusioni e acquisizioni. Ma avviene anche con l’ampliamento della rete del valore a cui l’impresa partecipa, da intendersi come sviluppo dell’insieme di relazioni utili al vantaggio competitivo dell’impresa stessa. Anche in questo caso i percorsi della crescita possono risultare articolati: dalle joint venture alle partecipazioni di controllo, dalla creazione di gruppi formali a quelli informali, dai consorzi tecnologici e di fornitura alle alleanze strategiche su progetti di innovazione e internazionalizzazione. Anche il distretto o cluster produttivo costituisce, di fatto, un sistema del valore cui l’impresa partecipa e che consente di sfruttare le economie di scala della filiera. Questa formula non viene affatto meno con lo sviluppo di nuove catene di fornitura internazionale – e, in particolare, con la formazione di “imprese distrettuali globali” – anche se la domanda di relazioni locali diventa sempre più selettiva ed esigente, e tende perciò ad assumere un carattere più progettuale rispetto a quello, per così dire naturale, su cui aveva concentrato l’attenzione la vasta letteratura sulle economie esterne distrettuali. Tuttavia, ciò che la presente ricerca intende mettere in evidenza con particolare vigore e documentare con i casi studiati, è che al di là dei diversi percorsi che la crescita dimensionale dell’impresa può assumere, è difficile che questa si realizzi senza un processo di differenziazione organizzativa e di sviluppo di nuove competenze interne. In altri termini, non c’è crescita quantitativa o relazionale senza una corrispondente crescita qualitativa delle imprese. I casi aziendali Questa conclusione, che potrebbe apparire un po’ generica, costituisce in realtà un risultato tutt’altro che scontato, ed è su questo tema di analisi che gli studi di caso IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 15 INTRODUZIONE hanno in particolare concentrato l’attenzione. La terza parte della ricerca documenta infatti i percorsi di crescita che otto imprese venete hanno raggiunto con successo o stanno cercando di realizzare. Fra queste imprese rientrano modelli più consolidati e forse anche tradizionali di crescita dimensionale, come nel caso di Carraro (sistemi di trasmissione meccanica) o di Grotto (abbigliamento casual con marchio Gas), dove la focalizzazione sul prodotto si è accompagnata ad un buon equilibrio fra aumento dell’occupazione e dei volumi di fatturato e processi di crescita esterna, realizzati sia attraverso acquisizioni (Carraro), sia con lo sviluppo di reti di fornitura internazionale (Gas). Un processo di crescita spinto notevolmente dall’esigenza di assumere una posizione leader a livello internazionale è quello di Mainetti (produzione di appendini per abiti e di tecnologie dedicate) che dalla fine degli anni ’70, sull’onda della crescita delle grandi catene distributive del retail e anticipando la nuova geografia mondiale dell’industria dell’abbigliamento, avvia una configurazione multinazionale attraverso una coraggiosa operazione di riassetto proprietario. Un percorso di riorganizzazione internazionale della produzione, che tuttavia rimane nell’ambito del controllo familiare, è quello che caratterizza anche lo sviluppo recente del gruppo Mastrotto (industria conciaria), il cui ancoraggio al distretto di origine costituisce, tuttavia, un fattore di riferimento costante. Gli altri quattro casi che la ricerca ha analizzato escono dai canoni più consolidati dei percorsi di sviluppo aziendale e indicano la possibilità di strade più originali di crescita dimensionale. Tuttavia, proprio per questo, si tratta di strade ancora incomplete e certamente più rischiose. Palesa-Aldebra (informatica) rappresenta un interessante caso di crescita orizzontale nell’ambito dei servizi per le imprese, realizzato tramite fusione di aziende differenziate dai diversi mercati originari di riferimento. Questa differenziazione aveva favorito anche una certa specializzazione funzionale e di competenze di mercato, che a sua volta ha giocato un ruolo importante nell’assicurare condizioni di complementarietà nel processo di aggregazione. La crescita è stata in questo caso spinta dall’esigenza di effettuare un salto di scala in un settore tradizionalmente frammentato, con l’obiettivo di seguire il percorso di consolidamento dimensionale dei clienti maggiori i quali, altrimenti, avrebbero dovuto rivolgersi a nuovi fornitori, molto probabilmente scelti nell’ambito della concorrenza internazionale. Allison (occhialeria) è invece un caso interessante di ri-posizionamento all’interno del sistema del valore che non ha comportato una crescita dimensionale in senso proprio, quanto una diversa qualità delle funzioni aziendali, sempre più orientate verso attività IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 16 INTRODUZIONE creative, tecnologiche e di governo di catene estese di fornitura, in particolare per garantire il presidio delle reti logistiche e distributive. Nell’ambito di un progetto di consorziamento tecnologico e di mercato fra imprese si colloca invece il caso Anodica-Unieldom (industria degli elettrodomestici). Questa esperienza, il cui sviluppo è ancora in corso, mostra tutte le potenzialità ma anche le molte difficoltà di un progetto di associazione di imprese per l’innovazione. Anche per questo si tratta di un progetto da tenere sotto osservazione e il cui sostegno finora fornito da Unindustria Treviso può risultare decisivo. L’ultimo caso analizzato è Officine Aeronavali (manutenzione e riconversione cargo di vettori aerei), una grande impresa che opera all’interno di uno dei principali gruppi industriali italiani, quale Alenia-Finmeccanica. Anche in questo caso il processo di crescita è molto più qualitativo che dimensionale, ed è mosso dalla necessità di rafforzare la propria posizione nelle catene globali del valore in un mercato fortemente concentrato. L’aspetto originale è in questo caso rappresentato dall’idea di sviluppare nuove relazioni di fornitura con l’ambiente imprenditoriale esterno, sfruttando competenze tecnologiche in parte già esistenti nel tessuto produttivo locale, anche se generalmente attive su filiere più tradizionali. Si tratta, in altri termini, di un progetto di crescita per linee esterne di tipo distrettuale, promosso da parte di un’impresa ad elevato contenuto tecnologico e che, anche per questo, assume un interesse più generale per il territorio. Difficoltà e necessità di crescere Gli otto casi analizzati costituiscono un insieme di esperienze e progetti di crescita dimensionale da cui c’è molto da imparare. Dall’esame di tutti i casi considerati si comprende come, innanzitutto, crescere sia difficile. Lo è perché la crescita delle dimensioni e delle relazioni dell’impresa porta ad accrescere i rischi connessi a nuovi investimenti ma anche perché comporta la rottura dei vecchi equilibri e delle routines organizzative consolidate, la messa in discussione delle posizioni personali di potere, il cambiamento delle competenze tecniche e manageriali. Date queste difficoltà, si capisce come nell’avviare il processo di crescita dell’impresa risulti determinante non solo la volontà dell’imprenditore – le sue ambizioni, la visione del futuro dell’azienda, la percezione delle opportunità di mercato, la propensione al rischio – ma anche un insieme di condizioni esterne che incentivano, e in parte anche costringono, a mettere in moto il cambiamento. Fra queste condizioni, come abbiamo già ricordato, è fondamentale la pressione concorrenziale che rende necessario attrezzare l’impresa a IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 17 INTRODUZIONE rispondere alle sfide dell’innovazione e dei continui cambiamenti nella struttura e geografia dei mercati internazionali. Proprio perché ogni impresa è inserita in un sistema di interdipendenze tecnologiche e di mercato, il mutare di queste condizioni diventa motivo per ridefinire il proprio posizionamento. I casi esaminati hanno tutti messo in luce come la spinta alla crescita sia rappresentata da un mix di vincoli e opportunità in cui l’impresa si viene a trovare: la prima mossa per avviare il cambiamento è, tuttavia, che qualcuno sappia riconoscere l’esistenza delle nuove condizioni tecnologiche e di mercato, assumendosi la responsabilità di cambiare gioco. Un secondo aspetto importante che la ricerca ha messo in luce è che i percorsi della crescita sono numerosi e, molto spesso, fra loro intrecciati. Si può crescere per espansione orizzontale o integrazione verticale, tramite acquisizioni o fusioni, con gruppi, alleanze, consorzi o progetti di filiera. Ciò che tuttavia sembra accomunare le esperienze esaminate è che la crescita per vie interne rende necessario anche lo sviluppo di un nuovo sistema di relazioni con altre imprese e, in molti casi, con l’ambiente sociale e istituzionale in cui l’impresa opera. Quest’ultimo aspetto si collega anche ad un altro tema risultato fin da subito centrale per questa ricerca, quello del rapporto fra crescita dimensionale e crescita qualitativa. Per crescere, l’impresa ha bisogno di competenze tecniche, manageriali, finanziarie, legali, logistiche, di cui difficilmente dispone all’avvio del processo. La capacità dell’ambiente esterno all’impresa di mettere a disposizione queste competenze risulta perciò di fondamentale importanza per l’efficacia dell’iniziativa. In questa prospettiva, dal confronto con le imprese sono emerse alcune preoccupazioni sulla capacità dell’ambiente economico regionale di sostenere un diffuso processo di crescita, innovazione e riposizionamento competitivo. Quasi mai, ad esempio, i processi di crescita hanno visto partecipare in modo consapevole il sistema formativo tecnico e universitario, né è emerso un ruolo particolarmente incisivo del sistema bancario. Così come si deve riconoscere che solo in rari casi il sistema associativo è stato indicato come supporto decisivo dei progetti di crescita. I servizi a cui le imprese hanno potuto fare riferimento sono per lo più quelli forniti dalla consulenza organizzativa e fiscale ma sempre più spesso emerge l’insufficienza dell’offerta locale di competenze specializzate, alle quali si rende invece necessario ricorrere soprattutto per guidare l’espansione internazionale delle imprese e il loro riposizionamento nella catena del valore. Lo sviluppo di un mercato di servizi in grado di accompagnare la crescita qualitativa e dimensionale deve perciò diventare un obiettivo che imprese, istituzioni e associazioni IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 18 INTRODUZIONE imprenditoriali dovranno in futuro assumere con maggiore impegno. Senza lo sviluppo di questi servizi, difficilmente l’industria può continuare a svolgere in Veneto quel ruolo nel processo di crescita che ha avuto nel corso degli ultimi trent’anni. Riferimenti bibliografici Arora A., Fosfuri A. e Gambardella A. (2001), Markets for Technology: The Economics of Innovation and Corporate Strategy, Cambridge, Mit Press Baumol W. (2002), The Free-Market Innovation Machine: Analyzing the Growth Miracle of Capitalism, Princeton University Press Bonomi A., Rullani E. (2005), Il Capitalismo Personale, Torino, Einaudi Camuffo A., Grandinetti R. (2005), “I distretti industriali come economie della conoscenza”, Argomenti, 15 Centro Studi Confindustria (2005), Crescere. Materiali di riflessione sullo sviluppo delle imprese italiane, Bari, Fiera del Levante Corò G. (2001), Processi produttivi, Stato sociale, modelli di sviluppo, Roma, Ediesse Corò G. (2005), “Dopo il declino: nuovi percorsi di sviluppo per le economie di piccola impresa”, Argomenti, 13 Fortis M. 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La prima (§ 1-7) affronta una lettura micro-economica del problema della crescita dimensionale delle imprese e si propone di chiarire alcuni termini di economia industriale che risultano fondamentali per analizzare sia le caratteristiche interne alle imprese, sia i fattori esterni che ne condizionano lo sviluppo. La seconda parte (§ 8-11) fornisce, invece, una rassegna della letteratura sulla relazione tra dimensione d’impresa e innovazione, cercando di delineare i differenti risultati che sono stati ottenuti a seconda di come l’innovazione è stata misurata (R&S, brevetti e numero di innovazioni). Infine, la terza parte (§ 12) si concentra sulle evidenze empiriche ricavabili da tre distinte fonti informative: i dati censuari italiani, quelli dell’indagine comunitaria sull’innovazione e quelli dell’osservatorio europeo sulle piccole e medie imprese. 1. Dimensione e confini dell’impresa: alcuni problemi di definizione Nell’affrontare l’analisi economica della dimensione d’impresa un primo problema che si incontra è quello di definire a quale unità ci si riferisce. Non è solo una scelta relativa al tipo di misura – il numero di addetti, il valore del fatturato o del patrimonio netto: le tre variabili impiegate congiuntamente dalla Commissione Europea per definire le IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 20 PARTE I classi dimensionali delle imprese – bensì di individuazione dell’oggetto stesso dell’analisi. Per analizzare la struttura dimensionale di un’economia è infatti possibile riferirsi all’impresa come unità economica e giuridica ma anche allo stabilimento, che rappresenta invece l’unità tecnica dell’organizzazione produttiva. L’analisi della dimensione d’impresa potrebbe tuttavia riferirsi anche al gruppo, che costituisce un soggetto economico che può di fatto coordinare in modo unitario l’attività di più impianti produttivi: la Commissione Europea stabilisce, infatti, che le reti di partecipazione attive e passive fra imprese creino organizzazioni economiche associate o collegate da considerare, dal punto di vista della politica industriale europea, come entità unitarie. Più controverso è il riferimento a sistemi produttivi nei quali più imprese entrano in relazioni stabili di divisione e integrazione del lavoro, come avviene con le alleanze o le joint venture, oppure nei casi che la letteratura indica con i concetti di filiera industriale, catene del valore, reti produttive, distretti o cluster, ecc. E’ facile capire che queste distinzioni non sono solamente nominalistiche. La scelta dell’oggetto di analisi su cui misurare la dimensione economica dell’impresa condiziona, infatti, non solo l’ambito della ricerca ma i suoi stessi risultati. Se, infatti, la logica economica che regola la dimensione d’impresa è rappresentata dalle economie di scala, sarà molto diverso misurare queste ultime a livello di singolo impianto, per cui vale il principio di efficienza tecnica del costo medio minimo, piuttosto che considerare il numero complessivo di impianti cui fa capo una strategia di integrazione produttiva che può rispondere a obiettivi economici diversi da quelli della solo efficienza tecnica, come, ad esempio, accrescere il potere di mercato, ridurre i costi di transazione o acquisire conoscenze esclusive. In realtà, il primo problema di fronte al quale si trova ogni analisi economica sulla dimensione d’impresa è quello di definire i confini dell’impresa stessa. Possiamo a questo proposito riprendere un’utile definizione proposta da Grillo e Silva, i quali nell’analizzare le diverse teorie economiche dell’impresa – neo-classica, istituzionalista e cognitivo-evoluzionista – arrivano alla conclusione che in tutte è comune la seguente idea: “l’impresa è un insieme di conoscenze e di rapporti, informali e contrattuali, facenti capo ad un unico soggetto che esercita un autorità sui proprietari degli inputs. I confini dell’impresa sono dunque quelli dell’autorità, del controllo, e dell’applicabilità di certe conoscenze. Questi confini sono assai sfumati, in quanto questi rapporti assumono forme varie, solo alcune delle quali hanno la veste istituzionale dell’impresa, intesa come unità economica e giuridica.” (Grillo e Silva 1998, p. 377) IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 21 PARTE I Se, come sostengono gli autori, a definire i confini dell’impresa interviene una qualche forma di autorità o l’applicabilità di certe conoscenze, allora l’oggetto su cui misurare le economie di scala può variare in misura significativa. Può essere un gruppo formale, all’interno del quale il principio di autorità continua a funzionare anche in termini giuridici e dove l’insieme delle imprese coinvolte si presenta con un bilancio consolidato. Ma potrebbe anche essere un gruppo informale, dove pur in presenza di un intreccio azionario, i legami di interdipendenza risultano meno evidenti e possono più facilmente sfuggire all’analisi (Bigarelli, Ginzburg 2005). A bene vedere, tuttavia, una qualche forma di autorità o l’applicabilità di certe conoscenze non passano solamente attraverso la proprietà del capitale, bensì anche tramite contratti relativi a scambi di inputs. È il caso dei contratti di fornitura, del franchising, della cessione di licenze, delle joint venture, delle diverse forme di alleanze produttive e di consorziamento fra imprese. Il caso estremo è quello di un’impresa i cui confini sono definiti da relazioni contrattuali di fatto, cioè da rapporti di mercato. Nella misura in cui tali rapporti vengono strutturati, il sistema di mercato può assumere diverse configurazioni, fra cui le catene del valore, le reti produttive, i distretti, ecc. In tutti questi casi, si possono ottenere economie di scala rilevanti – se riferite all’insieme del sistema produttivo – anche attraverso la partecipazione di imprese di dimensione molto piccola. Ciò che cambia, tuttavia, sono i meccanismi di governance del sistema, che svolgono un ruolo fondamentale nelle decisioni di investimento. Tanto più il sistema è decentrato (o l’autorità distribuita), tanto più complesso risulterà il processo decisionale che porta a definire una strategia comune, come ad esempio sul fronte dell’innovazione. D’altro canto, tanto maggiore è la concentrazione dell’autorità, tanto più deboli gli incentivi che le diverse parti ricevono nell’attivare processi di innovazione o nell’assicurare la qualità delle singole produzioni. Proprio la presenza di costi di coordinamento nelle organizzazioni economiche e l’esistenza di un trade-off quantità/qualità è alla base degli interrogativi dell’economia neo-istituzionalista: la nota domanda posta da Ronald Coase – “Perché tutta la produzione non viene effettuata in un’unica grande impresa?” – è stata poi riformulata da Oliver E. Williamson nel modo seguente: “Perché una grande impresa non può fare tutto ciò che è possibile ad un insieme di piccolissime imprese, ed anche di più?” (Williamson 1986). Il problema dei confini dell’impresa, come si può capre, non è perciò di facile soluzione. Ciò che è importante ai fini di questa ricerca non è risolvere il problema in modo univoco, quanto avere consapevolezza della complessità della materia. Nella seconda IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 22 PARTE I e terza parte di questo rapporto, si farà spesso riferimento al concetto di sistema del valore come ambito all’interno del quale misurare la crescita dell’impresa: non tanto, perciò, come crescita delle dimensioni quantitative degli impianti, bensì come posizione che l’impresa assume in termini di potere di mercato e come capacità di creare conoscenze critiche per lo sviluppo del sistema stesso. 2. Economie di scala e forme di integrazione produttiva Nella letteratura economica le forme della crescita dimensionale dell’impresa vengono solitamente distinte in tre tipologie. Può infatti essere di tipo orizzontale, e rispondere così ad una esigenza di espansione della produzione che si misura attraverso la crescita della quota di mercato dell’impresa. Oppure di tipo verticale, quando il processo produttivo viene integrato da attività a monte e valle della filiera, e in questo caso la misura viene ad essere solitamente il rapporto fra valore aggiunto e fatturato. Può essere anche di tipo conglomerale, quando la crescita avviene per diversificazione di attività o produzione congiunta di beni o servizi differenziati. Le economie di scala possono in realtà essere riferite a tutte e tre le forme di integrazione, anche se a rigore si è soliti attribuirle alla sola crescita orizzontale. L’integrazione verticale viene infatti spiegata anche attraverso altri tipi di economie, come quelle attribuibili alla riduzione dei costi di transazione (o costi d’uso del mercato), mentre la crescita conglomerale risponde alle esigenze di ottimizzare le economie di scopo (condivisione degli stessi assets nella produzione congiunta di beni differenziati). Avremo modo nei prossimi paragrafi di tornare sui costi di transazione, mentre le economie di scopo verranno di fatto considerate nella seconda parte della ricerca da una prospettiva diversa di quella tradizionalmente assunta dall’economia industriale: verranno infatti analizzati i processi di ri-posizionamento dell’impresa all’interno del sistema del valore, che corrispondono alle capacità dell’impresa di creare e replicare conoscenze critiche. In questo paragrafo, invece, si è ritenuto utile concentrare l’attenzione sulle economie di scala come determinanti della crescita dell’impresa. Tecnicamente si hanno economie di scala quando al crescere della quantità prodotta si riduce il costo medio totale di lungo periodo. Il lungo periodo è l’arco temporale che consente all’impresa di variare tutti i fattori di produzione: il costo medio minimo è dunque il risultato della decisione dell’impresa sulla quantità da produrre, che in equilibrio concorrenziale – tenendo conto delle diverse forme di mercato – tenderà a corrispondere alla scala ottima. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 23 PARTE I La decisione dell’impresa sarà condizionata sia dal livello dei costi fissi, sia dai rendimenti marginali della produzione. Ad influenzare il livello dei costi fissi intervengono aspetti importanti quali l’indivisibilità tecnica degli impianti, i costi di avviamento, l’investimento in R&S, in marketing, comunicazione, ecc., ovvero tutti costi indipendenti dalla quantità prodotta nel breve periodo. I rendimenti marginali intervengono, invece, nel decidere la forma della curva dei costi totali e, di conseguenza, di quelli medi unitari: rendimenti decrescenti, come nel caso di produzioni manifatturiere di elevata qualità, denotano l’esistenza di elevati costi di coordinamento e controllo interno, per cui, a parità di costi fissi, la scala di produzione efficiente tende a ridursi e ad assumere la nota forma a U; rendimenti costanti o crescenti, come avviene nell’ambito dei beni di informazione (software, editoria, licenze, ecc.), rendono invece i costi totali meno sensibili alla quantità prodotta, e la forma della curva dei costi medi assomiglia invece ad una L. Nel primo caso (curva a U) esisterà perciò un solo punto di minimo dei costi medi, corrispondente alla dimensione ottima dell’impresa; la scala minima efficiente si avrà invece solo nel secondo caso, e corrisponde al livello minimo di produzione (punto di angolo della curva ad L) che consente di minimizzare i costi medi. La diversità dei rendimenti porta a diverse strutture di mercato. La concorrenza aumenta in presenza di rendimenti decrescenti della produzione, mentre con rendimenti costanti e crescenti tendono a crearsi mercati di concorrenza imperfetta (monopoli, oligopoli o, in assenza di barriere all’entrata, di concorrenza monopolistica). Nel primo caso le dimensioni del mercato non modificano in misura rilevante la scala efficiente di produzione: per definizione, ogni impresa ha una quota di mercato molto piccola e la libertà di entrata ristabilisce costantemente gli equilibri concorrenziali (equivalenza del prezzo al costo marginale). Invece, in presenza di concorrenza imperfetta, la dimensione del mercato cambia anche la scala di produzione: un mercato più ampio – come avviene con la riduzione di barriere tariffarie al commercio o con l’abbattimento dei costi di trasporto internazionale – contribuisce così ad aumentare la dimensione efficiente delle imprese. Di conseguenza, con l’ampliamento del mercato saranno avvantaggiate le imprese che hanno già una scala di produzione maggiore o che riescono ad adeguare la propria dimensione ai nuovi equilibri di efficienza. In mancanza di capacità di adattamento dimensionale delle imprese, la crescita del mercato può causare, paradossalmente, anche un processo di uscita (fallimento) delle imprese. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 24 PARTE I 3. Gli incentivi e gli ostacoli alla crescita delle imprese Quali sono, allora, le ragioni che spingono un’impresa a crescere? Quali gli ostacoli che essa trova sul proprio percorso di crescita? Questa sezione è dedicata a rintracciare le risposte che la letteratura economica ha dato a queste domande. Per lungo tempo un contributo centrale per la teoria economica è stato Viner (1932). Secondo Viner, le imprese di ogni settore tenderebbero ad un’unica dimensione, sotto l’ipotesi che esse abbiano una funzione di costo di lungo periodo prima declinante e poi ascendente (assumendo una forma, come si è già visto, ad U). In equilibrio, l’entrata e l’uscita delle imprese dal mercato contribuirebbero a stabilire come la produzione del settore è allocata alle varie imprese. Da questa teoria conseguono anche delle raccomandazioni di policy: imprese troppo piccole rispetto alla loro scala efficiente implicano dei costi che devono essere controbilanciati dai benefici derivanti dalla riduzione delle inefficienze del monopolio. Ricordiamo, infatti, che tanto più bassa è la concorrenza – o tanto più elevato il grado di monopolio – tanto meno il prezzo di equilibrio corrisponde ai costi marginali, con la produzione di extraprofitti a solo beneficio del produttore. La teoria di Viner (1932) ha ricevuto notevoli critiche, riassumibili in tre punti: 1. non è direttamente applicabile alle imprese multi-prodotto; 2. cambiamenti nella domanda per i prodotti portano spesso ad una variazione della dimensione dell’impresa piuttosto che all’entrata e all’uscita delle imprese da un settore; 3. non sembra esistere una relazione inversa tra crescita dell’impresa e la sua dimensione iniziale (Lucas, 1972). In particolare per quanto riguarda il terzo punto, Simon e Bonini (1958) hanno mostrato dal punto di vista empirico che, sia pure con qualificazioni importanti, la probabilità di un dato accrescimento proporzionale, in un certo periodo, è la stessa per tutte le imprese di una data industria, indipendentemente dalla loro dimensione all’inizio del periodo. Lucas (1967) ha inoltre evidenziato il fatto che abbandonando l’ipotesi di una funzione di costo di lungo periodo a forma di U e presupponendo, invece, ritorni di scala costanti a livello di settore, ogni distribuzione della dimensione di impresa può essere un equilibrio competitivo e derivare dalla minimizzazione dei costi. Di conseguenza, una politica anti-trust non può che avere effetti benefici perché ridurrebbe le distorsioni derivanti dal monopolio senza indurre inefficienze di costo. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 25 PARTE I Altri contributi teorici si sono soffermati, invece, sulle capacità produttive intrinseche alle imprese. Ad esempio, Jovanovic (1982) ha teorizzato che esse sarebbero un fattore esogeno, che le imprese stesse scoprono gradualmente durante la loro vita e da cui dipenderebbero le dimensioni delle singole imprese e la loro distribuzione. Hopenhayn (1992), invece, ha costruito un modello secondo cui le capacità produttive delle imprese sono loro note, ma sono soggette a shock stocastici nel corso del tempo. Infine Ericson e Pakes (1995) e Pakes e McGuire (1994) hanno endogenizzato le capacità produttive delle imprese, considerate come determinate stocasticamente dalle scelte d’investimento delle imprese. D’altro canto Lucas (1978) ha elaborato un’intuizione di Manne (1965) secondo cui la distribuzione della dimensione delle imprese sarebbe il risultato di quella dell’abilità dei loro manager, che sarebbe connessa positivamente con l’intensità di capitale dell’economia e con la sua ricchezza. Di conseguenza, primo, a manager di abilità superiore corrisponderebbero imprese di dimensioni più grandi e viceversa; secondo, alla maggiore abilità dei manager corrisponderebbe una maggiore rapporto capitale/lavoro e un più alto prodotto pro capite. Al di là delle specifiche formalizzazioni analitiche, è chiaro che questi contributi hanno in comune l’idea per cui ciascuna impresa avrebbe un proprio motore interno di crescita e che sarebbero le differenze tra le varie caratteristiche interne all’impresa a determinarne la futura crescita o assenza di crescita. L’attenzione alle economie interne all’impresa è condivisa anche da Steindl (1952), secondo il quale: “Se certe economie di costo sono disponibili per impianti di una certa dimensione, solo quelle imprese che sono abbastanza grandi da potersi consentire l’investimento di capitale richiesto per tale impianto si potranno appropriare di quelle economie […]. D’altro canto, se ci sono economie accessibili ad impianti piccoli […] ogni impresa più grande può avvalersene”. Di conseguenza, le grandi imprese guadagnerebbero saggi di profitto più alti delle piccole. 4. Dalla piccola impresa alla grande corporation: un’evoluzione necessaria? Il punto di vista interno all’impresa è condiviso in parte anche da Braverman (1974), quando sostiene che “la dimensione dell’impresa capitalistica, prima dello sviluppo della moderna società per azioni, era limitata sia dalla disponibilità di capitale che dalle capacità organizzative del capitalista o del gruppo di soci, padroni dell’impresa”. Riallacciandosi alla distinzione marxiana tra centralizzazione e concentrazione del capitale, Braverman (1974) distingue tre casi di crescita dimensionale dell’impresa: un IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 26 PARTE I primo caso è quando la crescita della scala di produzione è il risultato dell’accumulazione del capitale; il secondo è quando la crescita è conseguenza dell’eliminazione dei concorrenti; il terzo quando la crescita è condizionata dal sistema creditizio. Torneremo più tardi sul ruolo svolto dal sistema del credito nella struttura dimensionale dell’economia. Per il momento conviene seguire Braverman (1974) che ripercorre le tappe del passaggio dalla piccola impresa alla corporation. Quest’ultima costituisce una formula di organizzazione economica capace di superare i limiti delle disponibilità individuali di capitale e, fino ad un certo punto, anche di capacità imprenditoriali. Il primo mutamento organizzativo verificatosi mano a mano che questo passaggio prese piede è stato l’allargamento del ruolo del management. Citando Pollard (1965), Braverman (1974) scrive che nella prima metà dell’ottocento: “Il grande imprenditore di quel tempo iniziò la propria attività con un personale amministrativo, gestionale e impiegatizio molto limitato: egli scriveva le sue lettere, intratteneva i rapporti con la clientela e sorvegliava i propri dipendenti con il suo bastone da passeggio”. Al formarsi della grande corporation, non solo il management assunse maggiore importanza, ma anche al suo interno presero forma varie unità produttive divise lungo caratteristiche funzionali: il settore “design”, quello “ricerca e sviluppo”, il settore “progettazione”, quello “controllo di qualità” e così via. Tuttavia, i settori che si svilupparono maggiormente furono quello marketing e quello finanziario. Mentre le piccole imprese si affidavano a rappresentanti o grossisti, le grandi società per azioni crearono una propria unità addetta alle vendite per sfruttare al meglio le economie di scala derivanti dal miglioramento delle vie di comunicazione e dei trasporti, ma anche dalla crescita degli aggregati urbani. Il settore finanziario assurse a cervello della grande impresa, dove venne centralizzato il controllo sul capitale e sulla sua accumulazione grazie alla creazione al suo interno di ulteriori divisioni addette ai prestiti, ai crediti, al controllo della cassa o alle relazioni con gli azionisti. 5. Dimensione d’impresa e globalizzazione L’ipotesi dell’importanza delle economie di scala per la crescita dimensionale delle imprese ha ricevuto più recentemente nuova forza dal fenomeno della globalizzazione. Secondo Beck, Demirgüc-Kunt and Maksimovic (2003) mercati più grandi e più aperti favorirebbero la crescita delle imprese, in quanto queste sarebbero in grado di sfruttare meglio le risultanti economie di scala. Questo ragionamento dovrebbe poi essere IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 27 PARTE I particolarmente calzante per i settori basati sulla conoscenza, dove i costi fissi affondati derivanti dalla ricerca dovrebbero essere recuperati tramite lo sfruttamento delle economie di scala o ampliando la gamma delle produzioni. Tuttavia, considerando le 100 maggiori imprese in un dataset annuale che copre il periodo 1988-1997 per 44 paesi, Beck et al. non riescono ad ottenere supporto empirico per questa tesi. Molto debole è anche l’evidenza empirica che riescono a produrre circa l’effetto del capitale umano sulla dimensione d’impresa, non riuscendo a distinguere se esso avvantaggi più le imprese piccole, favorendo una più diffusa imprenditorialità, o quelle grandi, favorendo la diffusione dei saperi necessari alla gestione di organizzazioni complesse. Secondo Traù (2005), per fronteggiare l’accresciuta incertezza economica le imprese cercano di abbattere i costi fissi riducendo l’integrazione verticale e abbandonando le attività no-core. Secondo l’autore, esiste tuttavia un limite alla deverticalizzazione. Infatti, l’ampliamento dei mercati è tornato a porre con forza la questione dimensionale perché l’esternalizzazione di determinate funzioni può rendere più difficile lo sviluppo di competenze strategiche necessarie ad affrontare le nuove condizioni concorrenziali. Inoltre, l’eccessiva focalizzazione su attività core può ridurre la capacità delle imprese di adattarsi ai diversi contesti. In questa prospettiva, la forma del “gruppo” di imprese consente, invece, proprio una maggiore adattabilità perché, pur replicando la forma organizzativa multidivisionale, consente una maggiore dotazione di fattore imprenditoriale grazie ad un più alto grado di decentralizzazione delle responsabilità. Questo punto di vista, che mette in luce il sistema di incentivi che la struttura dell’impresa fornisce agli agenti economici, ci porta a considerare la teoria dei costi di transazione. 6. Integrazione della produzione e dimensione d’impresa: l’approccio neoistituzionalista Secondo la nota formulazione di Alchian e Demsetz (1972), l’impresa nasce come mezzo per ovviare ai comportamenti opportunistici intrinseci al lavoro di squadra. In altre parole, ogni lavoratore che sia inserito in una squadra dove il prodotto marginale di ciascun membro non sia immediatamente distinguibile da quello degli altri, avrà un incentivo a ridurre il proprio sforzo lavorativo. L’impresa riesce ad ovviare a questo inconveniente affidando la remunerazione residua ad un agente esterno alla produzione, il cui compito è quello di monitorare gli altri membri della squadra. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 28 PARTE I Più in generale, secondo la scuola neo-istituzionalista (Williamson, 1985, 1991 e 2000), l’impresa è, oltre che un mezzo per ovviare all’opportunismo, anche un rimedio all’incompletezza contrattuale, vale a dire all’impossibilità, data la razionalità limitata propria degli agenti economici, che i contratti possano prevedere ogni possibile stato futuro del mondo. Tramite la gerarchia, allora, è possibile fare fronte a possibili imprevisti. Insieme ad opportunismo e incompletezza contrattuale, l’altra parola chiave della scuola neo-istituzionalista è quella della specificità delle risorse: in altri termini, la gerarchia sostituisce il mercato e l’organizzazione si estende laddove sia in gioco una risorsa irrinunciabile per il funzionamento dell’organizzazione stessa. L’integrazione verticale all’interno di un’impresa (opzione make), in alternativa allo sviluppo di relazioni di mercato (opzione buy), tende così a prevalere in presenza di elevati costi di transazione – opportunismo, a-simmetrie informative, specificità delle risorse – e bassi costi di coordinamento. Laddove, invece, i costi di coordinamento sono elevati – come nel caso di produzioni di elevata qualità, di tecnologie fluide o dell’esigenza di distribuire gli incentivi all’innovazione – e i costi d’uso del mercato contenuti – come in presenza di fiducia e di efficienti istituzioni di tutela della proprietà – tendono a prevalere imprese specializzate e, dunque, di dimensione minore. Secondo Williamson è inoltre necessario distinguere l’analisi statica delle strutture dimensionali dell’economia – il cui equilibrio dipende da un dato assetto istituzionale e dalle condizioni di efficienza tecnica della produzione – dal problema della crescita dimensionale dell’impresa. La crescita dell’impresa costituisce, infatti, un cambiamento di equilibrio che implica, come conseguenza della razionalità limitata, la crescita dei costi di controllo. Secondo Williamson (1986, p. 49): “ad ogni decisione di espansione si verifica necessariamente un trade-off qualità-quantità”. Ciò è dovuto alla perdita di qualità informativa che l’aumento dei livelli gerarchici comporta: se i vertici aziendali si allontanano dalle dell’organizzazione, condizioni diventano operative, più come imprecise sia avviene le con informazioni l’espansione critiche sul funzionamento dell’impresa (bottom-up), sia le istruzioni ai subordinati (top-down). Ciò definisce, secondo, Williamson, il problema della “perdita di controllo” del processo di espansione aziendale. Sviluppando le intuizioni della scuola neo-istituzionalista, Rajan e Zingales (2000) spostano l’attenzione dal talento dei manager agli incentivi che si generano all’interno dell’impresa date le condizioni legali esterne di tutela del know how specifico di ogni impresa o delle risorse, tangibili o intangibili, che sono alla base del suo vantaggio IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 29 PARTE I competitivo. In particolare, Rajan e Zingales (2000) portano l’esempio della nascita di Intel, che sarebbe stata creata da due top manager della Fairchild Semiconductor, dopo essersi appropriati di una delle tecnologie prodotte all’interno di quest’ultima impresa. Di conseguenza, Rajan e Zingales (2000) ipotizzano che se i sistemi legale e giudiziario non sono in grado di tutelare il diritto di proprietà su queste risorse, le imprese rischiano di non essere in grado di crescere perché la loro stessa crescita genera le condizioni per cui le loro risorse specifiche vengono appropriate dai loro manager, che fondano imprese concorrenti. D’altro canto, in settori caratterizzati da risorse intangibili scarsamente tutelabili anche da sistemi legali e giudiziari molto efficienti, le imprese tenderebbero ad avere una struttura orizzontale, che permetterebbe una maggiore parcellizzazione dell’accesso di ciascun manager alle risorse specifiche dell’impresa, tutelandone maggiormente la sicurezza. Un ulteriore fattore che tenderebbe ad ovviare alla maggiore difficoltà a contrastare i comportamenti opportunistici in presenza di risorse difficilmente monitorabili sarebbe la partecipazione dei dipendenti agli utili, come sottolineato da Alchian e Demsetz (1972). Jensen e Meckling (1976), invece, sottolineano come non sia solo il lavoro di squadra, ma ogni tipo di contratto ad implicare i costi di agenzia e la presenza di comportamenti opportunistici. Quindi, quando il management stabilisce la dimensione dell’impresa deve fare fronte ad un trade-off tra i maggiori utili derivanti dall’espansione dell’impresa e i maggiori costi di agenzia che essa implica. Non è sufficiente valutare i vantaggi strettamente produttivi della crescita dimensionale, bisogna tenere contro anche delle sue possibili complicazioni organizzative, compresi i rischi di spin-off conseguenti alla non-escludibilità interna delle conoscenze critiche. Non sempre, tuttavia, l’esistenza degli spin-off imprenditoriali va visto criticamente per le stesse imprese che li generano. Alla visione pessimistica di Rajan e Zingales (2000) si può infatti contrapporre quella di Annalee Saxenian (1994), secondo la quale il sistema imprenditoriale che si è venuto a creare nella Silicon Valley durante gli anni novanta ha diverse caratteristiche peculiari: 1. i ricercatori, gli ingegneri e i manager impiegati nelle varie imprese della Silicon Valley non si sentivano dipendenti di una impresa in particolare, ma della Silicon Valley nel suo complesso, muovendosi da impresa ad impresa, formando proprie imprese e alla fine, in diversi casi, tornando all’interno dell’impresa originaria; IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 30 PARTE I 2. un’elevata propensione al rischio d’impresa si coniugava con un atteggiamento economico e sociale che non penalizzava il fallimento imprenditoriale. Di conseguenza, anche valutando la questione della prevalenza delle grandi o delle piccole imprese all’interno dei settori basati sulla conoscenza, non bisogna dimenticare l’importanza del contesto istituzionale esterno. La diffusione dei brevetti e lo sviluppo dei mercati delle tecnologie, implicando una più precisa definizione dei diritti di proprietà, rendono perciò possibile anche una scala efficiente più ridotta (Arora, Fosfuri 1999; Cesaroni 2004; Gambradella 2005; Giarretana 2004). 7. Dimensione d’impresa e ambiente esterno: distretti, finanza e mercato del lavoro Del resto, il punto di vista interno all’impresa, seppur a lungo dominante, non è l’unico presente in economia e nell’ultimo ventennio del novecento si è assistito ad una riscoperta dei concetti di distretto e di economie esterne all’impresa così come inizialmente formulate da Marshall (1919). Non è detto che sia necessario concentrare grandi masse di lavoratori nello stesso stabilimento, i vantaggi della produzione su larga scala si possono sfruttare anche raggruppando in uno stesso distretto una gran numero di piccoli produttori, che creerebbero uno milieu produttivo capace di creare esternalità positive in termini di circolazione delle informazioni, di formazione di abilità personali specifiche, di riduzione dei comportamenti opportunistici e di un buon rapporto con il credito, tali da assicurare comunque alti livelli di redditività e produttività (Becattini, 1991). Proprio la domanda se la crescita delle imprese possa essere frenata da fattori di carattere finanziario e giuridico - sia in termini di sovranità del diritto che degli incentivi che esso offre agli agenti economici – è un’ulteriore questione su cui la letteratura si è soffermata con attenzione. Demirgüc-Kunt e Maksimovic (1998) mostrano che grandi imprese che si trovano in paesi con un sistema finanziario e legale più evoluto ed efficiente riescono a trovare maggiori finanziamenti. Beck, Demirgüc-Kunt e Maksimovic (2003) trovano, invece, che i sistemi finanziari meno evoluti spingono le imprese ad internalizzare molte funzioni creditizie. Questo, però, non è sufficiente a favorire dimensioni d’impresa più grandi dato che gli stessi paesi che hanno sistemi finanziari meno sviluppati hanno anche sistemi legali e giudiziari più deboli, dove c’è meno tutela per i diritti di proprietà delle imprese sui loro asset specifici, favorendone l’espropriazione da parte degli insider. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 31 PARTE I Beck, Demirgüc-Kunt e Maksimovic (2005), grazie all’utilizzo di un dataset della Banca Mondiale frutto di un’indagine che ha coinvolto più di 4.000 imprese in 54 paesi, riescono ad ottenere risultati maggiormente dettagliati. Innanzitutto, sono le imprese più piccole a soffrire maggiormente a causa degli ostacoli di natura finanziaria e legale, nonché a causa della corruzione. Nel dettaglio, gli ostacoli di carattere finanziario e legale individuati da Beck, Demirgüc-Kunt e Maksimovic (2005) sono: 1. difficoltà amministrative e la necessità di avere canali privilegiati nel rapporto con le banche dettate dal loro funzionamento burocratico, 2. le richieste di garanzie percepite come eccessive; 3. fattori di carattere macroeconomico, quali tassi di interesse troppo alti e la mancanza di liquidità nel sistema bancario; 4. l’ammontare di “mazzette” pagate; 5. il tempo speso dal management presso gli enti regolatori; 6. la necessità di corrompere i consulenti bancari. Inoltre, Beck, Demirgüc-Kunt e Maksimovic (2005) riescono ad individuare quali sono i fattori che vengono indicati dalle imprese come forti ostacoli alla crescita, ma che poi non risultano influenzarla negativamente in modo statisticamente sensibile, come lo scarso accesso a finanziamenti di lungo periodo o la celerità dei tribunali. Questi risultati punterebbero alla validità degli interventi a favore delle imprese medio-piccole, attuati dalle istituzioni, come la Banca Mondiale, che hanno come scopo la promozione dello sviluppo economico. Un’ulteriore fattore che può svantaggiare la crescita delle piccole imprese è la concentrazione del sistema bancario. Infatti, banche molto grandi possono da un lato preferire il finanziamento a piccole imprese per avere un maggior potere contrattuale e avere, di conseguenza, meno costi nell’acquisizione di informazioni circa le imprese. D’altro canto esse possono avere una maggior incentivo ad intrattenere maggiori rapporti con grandi imprese piuttosto che con le piccole in quanto queste sarebbero meno in grado di fornire le informazioni necessarie per effettuare uno screening efficiente tra progetti remunerativi e non. L’evidenza empirica prodotta da Beck, Demirgüc-Kunt and Maksimovic (2003) porterebbe a propendere per la seconda ipotesi, per cui sistemi bancari molto concentrati favorirebbero le grandi imprese piuttosto che le piccole (vedi anche Guelpa, 2005). Schivardi e Torrini (2003) spostano l’attenzione dagli ostacoli finanziari alla crescita dell’impresa a quelli derivanti dal mercato del lavoro, cercando di rispondere alla domanda se la legislazione a protezione del lavoro e in particolare i costi di IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 32 PARTE I licenziamento possano impedire in modo significativo alle imprese di crescere. Il loro contributo si concentra sul caso italiano, dove, com’è noto, le imprese con più di 15 dipendenti possono licenziare solo per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (un comportamento scorretto del lavoratore) o per giustificato motivo oggettivo (la necessità di ridurre o riorganizzare l’attività produttiva da parte dell’impresa). A conferma dei risultati ottenuti da Borgarello et al. (2002) l’effetto della legislazione a protezione del lavoro è trovato essere statisticamente significativo, ma di dimensioni ridotte, non tale da spiegare la dimensione mediamente inferiore delle imprese italiane rispetto a quelle degli altri paesi europei. 8. Innovazione tecnologica e dimensione d’impresa L’innovazione tecnologica è un’attività multiforme, spesso sfuggente e di difficile misurazione. Con questa realtà si sono dovuti confrontare coloro che hanno tentato di analizzare l’esistenza di possibili differenze nei sistemi innovativi fra grandi e piccole imprese. Le variabili che più spesso sono state prese in considerazione sono la spesa per R&S, la quota del personale dedicato all’R&S, i brevetti, nonché il numero di innovazioni. Non solo, i vari studi si distinguono per le diverse variabili che vengono usate come proxy per l’innovazione o come variabili esplicative, ma si è anche assistito ad una diversificazione tra chi ha preso come unità di osservazione l’impresa e chi il settore, nel tentativo di andare oltre possibili effetti di spiazzamento che le imprese più innovative possono causare nei confronti di quelle meno innovative e catturare in questo modo l’effetto netto che la struttura dei mercati o le specificità settoriali hanno sull’innovazione. 9. R&S e dimensione d’impresa Per venire agli studi che si sono concentrati sulla spesa per R&S, Cohen (1995) e Whittington et al. (1999) hanno mostrato che le grandi imprese tendono ad avere ritorni più alti sulle spese per R&S perché possono sfruttare maggiormente le complementarietà tra queste e le attività di marketing. Scherer (1965) ha trovato, a livello d’impresa, che la spesa in R&S cresce più che proporzionalmente della dimensione d’impresa fino ad un livello soglia dove emerge una relazione proporzionale. Questo è stato spiegato da vantaggio dimensionale che le imprese più grandi hanno in termini di conoscenza interna, risorse finanziarie per l’innovazione, IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 33 PARTE I numero di vendite su cui fare affidamento e il potere di mercato (Cohen e Klepper, 1996). Arrow (1983), invece, individua il fatto che imprese di dimensioni diverse hanno diversi incentivi all’innovazione. Le piccole imprese non possono fare fronte ad innovazioni di grande scala, sia per mancanza di risorse interne che per mancanza di finanziamenti esterni, ma nelle piccole imprese ci sarebbe una minore distanza organizzativa tra coloro che propongono e realizzano le innovazioni e coloro che le vagliano, riducendo i costi di agenzia. Quest’ultimo punto è stato ribadito anche da Scherer e Ross (1990), secondo cui l’efficienza e l’efficacia della spesa in R&S vengono ridotte nelle imprese più grandi dall’eccessivo controllo burocratico che incentiva il comportamento opportunistico dei “tecnici”, che, ad esempio, possono usare l’ammontare della spesa di un progetto come mezzo per segnalarne la qualità determinando un eccesso di spesa in R&S. Di conseguenza, la dimensione d’impresa può avere un effetto ambivalente sull’innovatività e, infatti, Tsai e Wang (2005), focalizzando l’attenzione sull’elasticità dell’output rispetto alla spesa in R&S, hanno mostrato che esiste una relazione a forma di U inversa tra la produttività in R&S e la dimensione d’impresa. Analizzando i dati di un campione di imprese manifatturiere quotate sulla borsa di Taiwan tra gli anni 1994 e 2000, concludono che la produttività dell’R&S cresce con la dimensione d’impresa a livelli bassi, ma poi cala per le imprese più grandi. Alle economie “produttive” di scala si sostituirebbero, insomma, delle diseconomie di carattere organizzativo dopo una certa dimensione soglia. Al contrario, van Dijk et al. (1997) hanno spostato l’attenzione sulla quota del personale dedicato a Ricerca & Sviluppo sul totale dei dipendenti in un panel di imprese olandesi. La concentrazione del mercato risulta avere un effetto positivo, indipendentemente dalla dimensione d’impresa, mentre la crescita del mercato ha una grande importanza sia per le imprese più grandi che per quelle più piccole. Love e Ashcroft (1999) hanno analizzato non tanto dati sulle singole imprese, quanto dati sugli stabilimenti (considerando 3000 stabilimenti manifatturieri scozzesi) e hanno trovato che la struttura del mercato è meno rilevante per l’innovazione che la struttura dell’impresa, in termini di dimensione dell’impianto, proprietà straniera e presenza di R&S, tutti con un impatto positivo sull’innovazione, definita come ogni prodotto nuovo o migliorato introdotto nei cinque anni precedenti lo studio. In definitiva, la letteratura sulla relazione tra dimensione d’impresa e spesa in R&S, non ha raggiunto conclusioni univoche. Secondo, Cohen e Levin (1989) questo IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 34 PARTE I potrebbe essere il risultato di una serie di problemi empirici come distorsioni derivanti dalla selezione del campione e la probabile collinearietà tra le caratteristiche delle imprese e la loro dimensione, dovute anche all’effetto dell’innovazione sulla crescita dimensionale delle imprese. Tuttavia, come sottolineato anche da Arvanitis (1997) questo potrebbe anche essere l’effetto dell’eccessivo empirismo che pervade questa letteratura. In altri termini, la mancanza di teorie formali o modelli che possano suggerire quali sono i fattori determinanti della spesa in R&S e come questi siano connessi alla dimensione d’impresa ha causato l’uso arbitrario di diverse specificazioni che sono vulnerabili a distorsioni derivanti dall’omissione di variabili esplicative e che non possono che aumentare la probabilità di risultati contraddittori. Un tentativo di ovviare a questo problema è stato effettuato da Lee e Sung (2005), che hanno proposto un modello secondo cui la relazione tra l’intensità di R&S, definita come il rapporto tra la spesa in R&S e il fatturato, e la dimensione d’impresa non sarebbe diretta, ma passerebbe tramite l’influenza che la dimensione d’impresa ha sulle capacità tecnologiche specifiche all’impresa, definite come le sue capacità di apprendimento e di assorbire informazioni esterne. In particolare, Lee e Sung (2005), testando il loro modello su dati della Banca Mondiale, raggiungono la conclusione che esiste una relazione non lineare tra dimensione d’impresa e spesa in R&S: questa sarebbe maggiore per le imprese medie ma non varrebbe per le imprese con una più alta capacità tecnologica per cui la spesa in R&S crescerebbe più che proporzionalmente della dimensione d’impresa. In questo modo, esse sfuggirebbero alle diseconomie di scala che sorgono per le altre imprese quando superano una certa dimensione soglia. 10. Dimensione d’impresa, brevetti e numero di innovazioni: l’importanza dei settori economici Se le spese in R&S costituiscono un input del processo di innovazione, i brevetti e il numero di innovazioni rappresentano un possibile output. Il rapporto fra le due misure può allora restituire un indice di produttività del processo di innovazione. L’interrogativo da porsi, allora, è se esista una relazione fra produttività dell’innovazione e dimensione d’impresa. Alcuni studi hanno rilevato che all’aumentare della dimensione d’impresa, la produttività dell’R&S tende a declinare sia se viene misurata come rapporto tra il numero di brevetti e spesa per R&S (Bound et al., 1984), sia quando è misurata dalle innovazioni per unità di R&S (Acs e Audretsch, 1990, 1991). Le conclusioni di questa IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 35 PARTE I letteratura sono che i fattori determinanti dell’innovazione possono variare per diverse dimensioni d’impresa e a seconda delle specificità tecnologiche e settoriali (Rogers, 2004). Anche se molta letteratura si è focalizzata sul modo in cui la struttura di mercato influenza la performance innovativa delle imprese di diverse dimensioni, il legame tra innovazione e struttura di mercato può essere capito meglio come una relazione biunivoca. Infatti, c’è un consenso crescente circa il fatto che piccole e grandi imprese rispondono in modo differente alle opportunità per l’innovazione date da particolari ambienti, strutture di mercato e specificità settoriali (Rothwell and Dodgson, 1994). Fattori settoriali, complementarietà dinamiche e l’evoluzione del ciclo di vita dei settori sono stati individuati come fattori chiave nello spiegare la relazione tra innovazione e dimensione d’impresa. Utilizzando i dati SPRU sull’attività innovativa nel Regno Unito, Rothwell and Dodgson (1994) hanno mostrato l’esistenza di una relazione ad U inversa tra la dimensione d’impresa e la quota di innovazioni prodotto da imprese di classi dimensionali differenti. Le differenze di carattere settoriale suggeriscono che il ruolo delle imprese più piccole è più rilevante dove i costi di entrata sono più bassi e dove esistono mercati di nicchia, tuttavia, le forme di interazione tra imprese di classi differenti (dall’ appalto alla licenza all’innovazione collaborativi) influenzano i risultati finali. Lungo il ciclo vitale del settore, questa relazione evolve di solito da un ambiente più favorevole per le imprese più piccole nei primi stadi di sviluppo, ad una situazione matura dove si può trovare una maggiore concentrazione sia nell’innovazione che nei mercati. Del resto l’influenza delle componenti settoriali sul rapporto tra dimensione d’impresa e innovazione è ormai largamente riconosciuta e viene illustrata da Malerba (2005), ricollegandosi alla distinzione propria di Nelson e Winter (1982) tra “Schumpeter Mark I” (Schumpeter, 1911) e “Schumpeter Mark II” (Schumpeter, 1942). Secondo questa distinzione, esistono settori dove l’innovazione è caratterizzata dalla “distruzione creativa” – come avviene, in particolare, tramite start up, ovvero con la crescita di nuove imprese di piccola dimensione che scalzano gli incumbent – e altri dove prevale “l’accumulazione creativa”, raggiunta da imprese di grandi dimensioni anche grazie alla presenza di barriere all’entrata. I settori del macchinario e delle biotecnologie sono esempi di settori “Schumpeter Mark I”, mentre l’industria dei semiconduttori negli anni 90 o quella dei computer mainframe tra il 1950 e il 1990 costituiscono esempi di settori “Schumpeter Mark II”. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 36 PARTE I L’introduzione del numero di innovazioni, come indicatore di capacità innovativa, ha ulteriormente gettato luce su questo dibattito. Acs e Audretsch (1987), concentrandosi su un’analisi di tipo settoriale, hanno mostrato che le grandi imprese sono più innovative nei mercati monopolistici e nei settori maggiormente concentrati, con grandi barriere di entrata, mentre le imprese più piccole hanno performance migliori nei mercati più competitivi. È stato anche trovato che le imprese più piccole riescono a sfruttare meglio le economie esterne che derivano da un ambiente innovativo migliore, dovuto alla prossimità con centri di Ricerca e Sviluppo appartenenti a grandi imprese o con Università (Acs et al. 1994, Audrestch e Vivarelli, 1994). Risultati simili sono stati ottenuti da Rogers (2004), secondo il quale nei settori manifatturieri le piccole imprese riescono a sfruttare meglio le economie esterne per l’innovazione, mentre per le imprese non manifatturiere accade il contrario. Conclusioni non molto diverse vengono raggiunte anche da De Jong e Vermeulen (2004).Altri studi, che si concentrano anch’essi sui settori piuttosto che sulle imprese, trovano che il vantaggio delle grandi imprese in termini di spesa in R&S tende a scomparire (Soete, 1979; Scherer, 1984): l’output innovativo (in termini di numero di innovazioni) tende a diminuire con la crescita della concentrazione del settore, mentre l’efficacia degli input di R&S decresce con la dimensione d’impresa (Acs e Audretsch, 1988). Inoltre, Cohen (1995) ribadisce che le specificità industriali sono fattori chiave per comprendere la performance innovativa di un’impresa Questa linea di analisi ha portato a sottolineare l’importanza dei regimi tecnologici come determinanti sia della struttura di mercato che della performance innovativa. Le opportunità tecnologiche, le condizioni di appropriabilità, i sistemi innovativi settoriali, il potenziale di crescita e la domanda effettiva influenzano allo stesso tempo l’innovazione e la struttura di mercato (Malerba, 2004). 11. Le indagini europee sull’innovazione Ulteriori progressi sono possibili usando le indagini europee sull’innovazione che forniscono dati non solo sugli indicatori di input (R&S e spese innovative di genere differente) e di output (domande di brevetti), ma anche sulle innovazioni effettive di vario genere (nuovi prodotti, nuovi processi e il loro impatto di mercato) e sulle strategie messe in atto (accordi di cooperazione, ricerca di nuovi mercati, flessibilità di produzione, etc.). Usando i dati selle indagini sulle innovazioni, Evangelista, Perani, Rapiti e Archibugi (1998) trovano che le imprese piccole e medie fanno soprattutto IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 37 PARTE I affidamento a innovazioni incorporate nei nuovi macchinari, mentre le imprese grandi sono impegnate direttamente nella generazione di nuova conoscenza. Questa distinzione ripropone quella originariamente proposta da Schumpeter fra innovazioni di prodotto e di processo. Le innovazioni di prodotto, incrementali o radicali, sviluppate tramite attività innovative interne o esterne all’impresa, aumentano la qualità e la varietà dei prodotti e possono offrire nuove opportunità di crescita alle imprese attraverso un aumento della quantità prodotta. Invece, le innovazioni di processo portano ad aumenti dell’efficienza nella produzione di beni particolari, abbassando i prezzi, e sono connesse all’investimento in macchinari che incorporano nuove tecnologie (Scherer 1991; Cohen, Klepper 1994; Pianta 2001, Antonucci, Pianta 2002; Edquist, Hommen, McKelvey 2001). I primi studi sull’innovazione in imprese di differenti dimensioni hanno mostrato che l’investimento in R&S di processo cresce rispetto a quello di prodotto all’aumentare della dimensione dell’impresa (Scherer, 1991) e che, nei settori a grande intensità di R&S, si verifica lo stesso fenomeno al crescere della concentrazione del mercato (Link, 1982). A partire da questa evidenza empirica, Cohen e Klepper (1994) hanno mostrato che le grandi imprese tendono ad essere avvantaggiate nell’innovazione di processo perché i loro costi possono essere distribuiti su una produzione di scala maggiore. I due tipi di innovazione, sebbene molto legati ed entrambi presenti nelle imprese più innovative, sono il risultato di processi innovativi separati, che tendono ad obiettivi differenti e utilizzano mezzi diversi. Ad esempio, la terza Indagine sulla Innovazione nella Comunità Europea per gli anni 1998 – 2000 ha mostrato che il 41% delle imprese Europee hanno realizzato innovazioni di successo, delle quali il 23% erano sia innovazioni di prodotto che di processo, il 10% erano solo innovazioni di prodotto e il 7% erano solo innovazioni di processo. Nella seconda Indagine sull’Innovazione nella Comunità Europea, per gli anni 1994-1996, il 51% delle imprese ha realizzato un’innovazione di prodotto e un’innovazione di processo; il 13% ha innovato solo nei prodotti e il 7% ha innovato solo nei processi. (European Commission-Eurostat, 2001:20; 2004:18). Le innovazioni di prodotto sono solitamente associate con la ricerca di competitività tecnologica, basata sull’alta produttività che discende da vantaggi qualitativi in mercati di nicchia per le imprese più piccole e dal controllo di mercati nuovi e dinamici per le imprese più grandi. Le innovazioni di processo emergono soprattutto da strategie attive di prezzo, dominate dalla ricerca di una maggiore efficienza, dove la crescita della produttività è IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 38 PARTE I radicata nella crescita dell’intensità di capitale, con l’acquisizione di nuovi macchinari da piccole imprese o con ristrutturazioni volte a ridurre i costi nelle grandi imprese: entrambe le scelte sono frequenti nei mercati maturi con una competizione più intensa (Pianta, 2001). Questa distinzione offre un nuovo punto di vista per l’analisi delle relazioni fra innovazione e dimensione d’impresa. Partendo da questo punto di vista, Pianta e Vaona (2005) hanno compiuto un nuovo passo nell’identificazione delle determinanti dell’innovazione in imprese di dimensione diversa e hanno mostrato che mentre le determinanti dell’innovazione di prodotto sono le stesse per le diverse classi dimensionali d’impresa, esse differiscono per l’innovazione di processo. Infatti, le imprese grandi, medie e piccole che introducono innovazioni di prodotto rientrano tutte in un paradigma di competitività tecnologica, contrassegnato dalla rilevanza delle strategie di apertura di nuovi mercati e dalla realizzazione di nuove attività innovative anche in cooperazione con altre imprese. Invece, per l’innovazione di processo, le piccole imprese fanno affidamento soprattutto all’introduzione di nuovi macchinari, mentre le grandi utilizzano maggiormente ristrutturazioni di carattere organizzativo. 12. Tendenze della struttura dimensionale nell’economia italiana ed europea Questa sezione è dedicata a mostrare, in primo luogo, alcune evidenze empiriche circa la dimensione media delle unità produttive nelle regioni italiane ed in Italia attraverso i censimenti dell’industria e dei servizi dal 1971 al 2001. In secondo luogo, si effettuerà una comparazione della performance innovativa delle imprese italiane rispetto a quelle di altri paesi europei per classe dimensionale, analizzando dati derivanti dalla terza indagine comunitaria sull’innovazione e dall’osservatorio europeo sulle piccole e medie imprese. Le tabelle dall’1 al 4 mostrano la dimensione media delle unità produttive per regione in Italia dal 1971 al 2001, dapprima in generale e poi per macro-settore. Innanzitutto, la dimensione media delle unità produttive in Italia si aggira intorno ai quattro addetti per unità produttiva. Come del resto largamente noto, la dimensione media è andata calando negli ultimi tre decenni, interessando maggiormente le regioni dove la dimensione media era più grande: a questo andamento aggregato fanno eccezione regioni appartenenti all’Italia centrale e meridionale (Emilia Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo, Puglia, Basilicata e Calabria) dove nel 1971 la dimensione media era minore. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 39 PARTE I Inoltre, la deviazione standard della dimensione media per regione è andata calando, a testimonianza della sua convergenza territoriale. Tuttavia, la regione con la più piccola dimensione media è sempre stata nell’Italia meridionale (prima il Molise e, a partire dal 1981, la Calabria), mentre quella con la dimensione media maggiore rimane sempre la Lombardia. Indicazioni simili emergono anche considerando le tabelle dalla 2 alla 4, che suddividono i dati per settore (Industria, Commercio e Altri Servizi). La dimensione media inferiore si registra nel commercio, anche se essa, a differenza che per l’Industria e per gli Altri Servizi, è andata aumentando, a testimonianza della diffusione dei strutture commerciali complesse. Il processo di convergenza territoriale sotto il punto di vista della dimensione media delle unità produttive emerge significativamente considerando che nel 2001 la regione con la dimensione media maggiore, il FriuliVenezia Giulia, non apparteneva più al Nord-Ovest, ma al Nord-Est (tab. 2). Le differenze settoriali appaiono nuovamente considerando una classificazione delle attività economiche per settore un po’ più dettagliata. I settori che non hanno partecipato alla diminuzione della dimensione media delle imprese sono stati la produzione e la distribuzione di energia elettrica, acqua e gas, il commercio, gli alberghi e ristoranti e i servizi pubblici, sociali e personali esclusa l’istruzione. Il settore della pesca è evidenziato perché ha attraversato un mutamento diverso ai livelli regionale e nazionale: in Veneto la dimensione media è andata calando, mentre in Italia è accaduto il contrario. La tabella 6 mostra la dimensione media delle unità produttive in Italia ed in Veneto per classe dimensionale. Come si può notare, la diminuzione della dimensione media ha interessato soprattutto le unità produttive con più di 500 dipendenti. Inoltre, la dimensione media si colloca in genere molto più vicino al limite inferiore che a quello superiore di ogni classe dimensionale. La tabella 7 mostra alcuni indicatori di performance delle imprese medie e piccole in vari paesi europei. In primo luogo, per dimensione d’impresa l’Italia si colloca al penultimo posto prima della Grecia e assieme all’Islanda. Tuttavia, mentre in Islanda la maggioranza relativa degli occupati lavora in imprese grandi, in Italia lavora invece in micro imprese. Tuttavia, l’Italia è nella parte medio-alta della classifica per produttività delle piccole e medie imprese, misurata in termini di valore aggiunto per occupato, e per la loro propensione all’export. Infine il grafico 1, mostra che nei paesi europei la percentuale di imprese con attività innovativa è più bassa per le imprese più piccole, più alta per le imprese più grandi e IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 40 PARTE I media per le imprese tra i 50 ed i 249 dipendenti. L’Italia si colloca in una posizione intermedia per tutte e tre le classi dimensionali, ma non è avvantaggiata da questo quadro, considerando che è un paese a maggioranza di micro-imprese. Il quadro, poi, peggiora nettamente considerando la percentuale di imprese con accordi di cooperazione in materia di innovazione (Grafico 2). L’Italia è penultima per le imprese più piccole, ultima per le medie e quart’ultima tra le grandi. Considerando la vocazione distrettuale dell’economia italiana, quest’ultimo dato potrebbe ad una prima lettura apparire sorprendente. In realtà, proprio l’esperienza dei distretti ha mostrato come la cooperazione fra imprese si sviluppi principalmente attraverso relazioni informali. Anzi, la formazione di un mercato comunitario sta a significare che la cooperazione fra imprese insorge senza che le imprese si muovano intenzionalmente per ottenerla. Tuttavia, come viene documentato da recenti ricerche sui distretti tecnologici (Trigilia 2005), la crescita di complessità delle conoscenze coinvolte nella produzione rende sempre più importanti gli accordi formali fra imprese, e accresce il ricorso da parte delle imprese sia a rapporti stabili con le istituzioni scientifiche, sia agli strumenti di tutela della proprietà intellettuale. Per concludere anche i dati mostrati in questa sezione sottolineano l’importanza delle differenze settoriali per spiegare la dimensione d’impresa, nonché la sua crescita o diminuzione. Le differenze geografiche, almeno a livello nazionale, sono andate, invece attenuandosi. Infine, la preponderanza delle micro imprese in Italia se non sembra essere stata particolarmente problematica in passato sul fronte della produttività e della propensione all’export, lo è sul fronte dell’innovatività del sistema economico anche tenendo conto della cooperazione tra imprese diverse. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 41 PARTE I Tab. 1 - Dimensione media d'impresa per regione e anno (Totale Italia) Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli-Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna ITALIA DEV.ST. 1971 6,03 4,16 6,43 4,44 5,06 5,17 4,46 4,11 4,31 4,03 3,77 4,70 3,24 2,32 3,63 3,13 2,62 2,46 2,97 3,31 4,57 1,09 TOTALE 1981 1991 5,15 4,81 3,96 3,84 5,60 5,19 4,01 3,95 4,45 4,54 4,48 4,29 4,12 3,80 4,06 4,23 4,11 3,90 4,22 3,92 3,83 3,82 4,75 4,67 3,77 3,85 3,00 3,17 3,96 3,52 3,43 3,44 2,98 3,12 2,63 2,84 3,15 3,20 3,35 3,26 4,34 4,19 0,71 0,63 2001 4,24 3,55 4,55 3,95 4,35 4,43 3,39 4,19 3,64 3,69 3,88 3,85 3,74 3,27 3,13 3,18 3,41 2,58 2,81 3,16 3,87 0,53 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT Nota: il valore massimo della distribuzione è scitto in carattere sottolineato mentre il valore minimo è scritto in doppio sottolineato IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 42 PARTE I Tab. 2 - Dimensione media d'impresa per regione e anno (Industria - Italia) INDUSTRIA 1971 1981 1991 2001 Piemonte 13,93 9,08 8,22 6,51 Valle d'Aosta 9,66 6,96 5,51 4,62 Lombardia 13,20 9,11 7,95 6,66 Trentino-Alto Adige 7,72 6,34 5,90 5,59 Veneto 9,93 7,04 6,83 6,56 Friuli-Venezia Giulia 10,05 7,10 6,52 6,80 Liguria 9,10 7,25 5,88 4,40 Emilia-Romagna 7,44 6,48 6,64 6,32 Toscana 7,47 6,14 5,50 4,95 Umbria 7,80 7,38 6,14 5,47 Marche 6,76 5,95 5,79 6,09 Lazio 8,54 7,80 6,97 4,60 Abruzzo 5,82 7,18 6,86 6,23 Molise 3,22 4,98 5,33 5,46 Campania 7,84 8,80 6,60 4,95 Puglia 5,35 6,26 6,02 5,02 Basilicata 4,32 5,19 5,10 5,68 Calabria 3,89 5,24 4,26 3,50 Sicilia 4,82 5,26 5,13 3,85 Sardegna 6,87 5,81 4,93 4,27 ITALIA 9,08 7,38 6,70 5,74 DEV.ST. 2,77 1,23 0,98 0,96 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT Nota: il valore massimo della distribuzione è scitto in carattere sottolineato mentre il valore minimo è scritto in doppio sottolineato IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 43 PARTE I Tab. 3 - Dimensione media d'impresa per regione e anno (Commercio - Italia) COMMERCIO 1971 1981 1991 2001 Piemonte 2,22 2,31 2,48 2,41 Valle d'Aosta 2,01 2,17 2,51 2,44 Lombardia 2,64 2,78 3,00 2,98 Trentino-Alto Adige 2,82 2,91 3,16 3,08 Veneto 2,38 2,43 2,63 2,63 Friuli-Venezia Giulia 2,52 2,53 2,60 2,63 Liguria 2,29 2,37 2,40 2,32 Emilia-Romagna 2,25 2,40 2,59 2,68 Toscana 2,14 2,33 2,45 2,43 Umbria 1,92 2,07 2,29 2,33 Marche 1,97 2,10 2,20 2,26 Lazio 2,43 2,45 2,49 2,32 Abruzzo 1,85 1,96 2,06 2,09 Molise 1,61 1,71 1,79 1,83 Campania 1,81 1,92 1,91 1,74 Puglia 1,81 1,92 1,99 1,85 Basilicata 1,56 1,67 1,73 1,81 Calabria 1,58 1,72 1,70 1,73 Sicilia 1,82 1,95 2,02 1,90 Sardegna 1,88 1,99 2,10 2,15 ITALIA 2,18 2,28 2,40 2,35 DEV.ST. 0,35 0,34 0,39 0,39 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT Nota: il valore massimo della distribuzione è scitto in carattere sottolineato mentre il valore minimo è scritto in doppio sottolineato IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 44 PARTE I Tab. 4 - Dimensione media d'impresa per regione e anno (Altri servizi - Italia) ALTRI SERVIZI 1971 1981 1991 2001 Piemonte 3,83 4,06 4,09 3,83 Valle d'Aosta 2,87 3,36 3,60 3,42 Lombardia 3,97 4,45 4,37 3,92 Trentino-Alto Adige 3,34 3,19 3,20 3,38 Veneto 3,68 3,56 3,77 3,57 Friuli-Venezia Giulia 4,16 3,92 3,91 3,94 Liguria 4,70 4,35 4,19 3,76 Emilia-Romagna 2,97 3,12 3,56 3,54 Toscana 3,65 3,59 3,82 3,49 Umbria 3,36 3,31 3,54 3,35 Marche 2,84 3,02 3,22 3,06 Lazio 6,61 6,80 6,62 4,89 Abruzzo 3,03 3,40 3,32 3,20 Molise 2,39 2,67 2,94 2,91 Campania 4,39 4,53 4,27 3,84 Puglia 3,53 3,71 3,66 3,44 Basilicata 2,57 2,66 3,10 3,20 Calabria 3,30 3,52 3,33 3,19 Sicilia 3,94 4,13 4,07 3,38 Sardegna 3,41 3,57 3,59 3,46 ITALIA 3,92 4,02 4,09 3,75 DEV.ST. 0,90 0,88 0,76 0,42 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT Nota: il valore massimo della distribuzione è scitto in carattere sottolineato mentre il valore minimo è scritto in doppio sottolineato IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 45 PARTE I Tab. 5 - Dimensione media d'impresa per settore nel 1971 e nel 2001 in Veneto ed in Italia SETTORE AGRICOLTURA, CACCIA E SILVICOLTURA ANNO 1971 2001 Veneto 3,29 2,02 ITALIA 3,10 2,32 PESCA, PISCICOLTURA E SERVIZI CONNESSI 1971 3,21 3,07 7,88 5,13 4,14 4,63 11,69 6,85 11,75 9,89 9,97 8,29 17,02 27,70 5,86 2,77 2,38 2,63 17,43 22,46 6,31 2,89 2,18 2,35 ESTRAZIONE DI MINERALI ATTIVITA' MANIFATTURIERE 2001 1971 2001 1971 2001 PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA, GAS E ACQUA COSTRUZIONI COMMERCIO INGROSSO E DETTAGLIO; RIPARAZIONE DI 1971 2001 1971 2001 1971 2001 SETTORE ALBERGHI E RISTORANTI TRASPORTI, MAGAZZINAGGIO E COMUNICAZIONI INTERMEDIAZIONE MONETARIA E FINANZIARIA ATTIVITA' IMMOBILIARI, NOLEGGIO, INFORMATICA, RICERCA, PROFESS. ED IMPRENDIT. ISTRUZIONE ALTRI SERVIZI PUBBLICI, SOCIALI E PERSONALI ANNO 1971 2001 Veneto 2,69 3,67 ITALIA 2,65 3,26 1971 6,88 5,40 7,91 4,55 7,06 6,30 8,77 5,02 3,33 2,90 3,49 3,26 2,27 2,10 2,04 2,64 2,32 1,98 2,22 2,46 2001 1971 2001 1971 2001 1971 2001 1971 2001 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 46 PARTE I Tab. 6 - Dimensione media d'impresa per classe dimensionale ed anno in Veneto ed in Italia 1-19 20-100 100-500 >500 Addetti 1971 Addetti 2001 Addetti 1971 Addetti 2001 Addetti 1971 Addetti 2001 Addetti 1971 Addetti 2001 Veneto Italia 3 2 3 2 40 39 38 38 183 192 182 188 1.194 1.358 849 947 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 47 PARTE I Tab. 7 - Indicatori sulle PMI nei paesi europei, 2003 Numero di imprese Persone occupate per impresa Classe dimensionale dominante* Valore aggiunto Propensione all'export, per occupato, PMI*** PMI** Austria Belgio Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Italia Lussemburgo Paesi Bassi Portogallo Spagna Svezia Regno Unito EU - 15 1000 270 440 210 220 2500 3020 770 100 4490 20 570 690 2680 490 2230 18700 11 7 10 7 8 10 2 10 4 9 12 5 6 7 11 7 Micro Micro PMI Large Micro Large Micro PMI Micro PMI Large PMI Micro Micro Large Micro 78 93 93 85 76 90 98 50 89 101 95 74 82 87 69 74 % -3 -6 -3 -6 -7 -6 -1 6 -4 -1 -4 -2 -4 -3 -4 -5 Islanda Norvegia 30 240 4 7 Large Micro 75 68 -3 -2 * Si dice che un paese o settore è dominato da imprese micro, piccole e medie assieme (PMI) o grandi quando una di queste tre classi ha la quota maggiore di occupati. ** Indice, Totale paese = 100 *** Quota dell'export sul turnover nelle piccole e medie imprese meno la quota dell'export sul turnover nel totale del paese (%); Fonte: Observatory of European SMEs (2003) IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 48 PARTE I Grafico 1 - Percentuale di imprese con attività innovativa, per classe dimensionale (1998 -2000) Fonte: ns. elaborazione su dati Eurostat CIS 3 100 10-49 50-249 90 >250 80 70 % 60 50 40 30 20 10 0 Norvegia Islanda Regno Unito Svezia Spagna Portogallo Paesi Bassi Lussemburgo Italia Irlanda Grecia Germania Francia Finlandia Danimarca Belgio Austria IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 49 PARTE I Graf. 2 Percentuale di imprese con accordi di cooperazione in materia di innovazione per classe d'impresa (1998-2000) - Fonte: ns. elaborazione su dati Eurostat CIS 3. 90 10-49 80 50-249 70 >250 60 % 50 40 30 20 10 0 Norvegia Islanda Regno Unito Svezia Spagna Portogallo Paesi Bassi Lussemburgo Italia Irlanda Grecia Germania Francia Finlandia Danimarca Belgio Austria IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 50 PARTE I Riferimenti bibliografici Acs, Z. 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Il profilo dimensionale dell’industria italiana viene spesso stilizzato in una forma estremamente polarizzata: da un lato, pochissime grandi imprese di tipo “chandleriano” (manageriali, multinazionali, diversificate); dall’altro, moltissime micro-imprese e piccole imprese familiari. Questa immagine, utilizzata per rappresentare una delle debolezze più marcate e preoccupanti del nostro sistema-paese nello scenario della competizione globale, appare però del tutto parziale, non cogliendo il segmento che collega i due poli. Ed è proprio da questa fascia dimensionale che è utile iniziare il nostro viaggio lungo le traiettorie della crescita aziendale. In tempi recenti, si è iniziato a colmare il vuoto conoscitivo relativo al segmento centrale della piramide dimensionale dell’industria italiana (Guerci, 1998; Corbetta, 2000). In particolare, l’Ufficio Studi di Mediobanca e il Centro Studi di Unioncamere effettuano insieme da alcuni anni un’indagine sulle medie imprese industriali italiane, partendo dalla corretta constatazione che «mentre abbondano studi e analisi delle vicende aziendali delle grandi imprese e dei processi evolutivi delle piccole unità, mancano sia una visione complessiva del fenomeno della media impresa, sia conseguentemente un approfondimento della sua genesi e dei suoi percorsi di crescita» (Coltorti, 2004). La nuova e preziosa fonte informativa definisce medie le imprese che appartengono alla classe 50-499 addetti e al contempo realizzano un fatturato compreso tra 13 e 260 milioni di euro. Per entrambi i parametri i limiti superiori eccedono quindi i valori stabiliti IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 54 PARTE II dalla normativa comunitaria1. I settori di riferimento inclusi nell’indagine sono quelli manifatturieri. L’edizione 2005 presenta i dati relativi al periodo 1996-2002 e registra 3.893 medie imprese, ricordando che questo numero non comprende le medie imprese italiane controllate da società di grandi dimensioni italiane ed estere (Mediobanca Unioncamere, 2005 e 2006). Del totale di 3.893 imprese, 886 sono a capo di un gruppo e presentano conti consolidati: l’area di consolidamento comprende 4.027 società operative. Ne discende che, riportando i gruppi aziendali alle unità che li compongono, l’area della media impresa risulta decisamente più estesa come numero di imprese coinvolte rispetto al totale di 3.893, che assume infatti come unità di riferimento la società singola o, se presente, il gruppo aziendale. Va sottolineato che, nell’elaborazione dei dati, l’indagine utilizza i conti consolidati, ove disponibili, e quindi consente di fotografare l’area della media impresa nella sua reale consistenza2. In ogni caso, il numero delle medie “imprese” (in effetti, imprese o gruppi) risulta sottostimato dall’indagine Mediobanca - Uniocamere per la presenza di gruppi che, solo in quanto tali, superano le due soglie dimensionali di occupati e fatturato. Tra il 1998 e il 2002 il numero delle medie imprese italiane è aumentato di 533 unità. Tra le componenti positive e negative che hanno determinato questo significativo incremento, quella più consistente è rappresentata dai passaggi dalla piccola alla media dimensione3. Come mostra la fig. 1, le entrate dall’area delle piccole imprese sono infatti 1.633 nel quadriennio considerato. Da notare anche i 291 passaggi dalla media alla grande dimensione. I due dati evidenziano che i processi di crescita dimensionale caratterizzano in modo esteso le dinamiche dell’industria italiana nel periodo recente. Va però aggiunto che anche le regressioni dalla dimensione media a quella piccola sono numerose (738 casi), a segnalare che l’ambiente competitivo nel quale le imprese operano risulta fortemente selettivo, determinando il 1 I limiti della media impresa stabiliti dalla normativa comunitaria e vigenti dall’inizio del 2005 sono: fatturato da più di 10 milioni a 50 milioni di euro, numero di addetti da 50 a 249, totale di bilancio da più di 10 milioni a 43 milioni di euro. 2 Solo i dati per regione sono stati elaborati assumendo i bilanci delle singole società (3.966 nel 2002), allo scopo di limitare l’effetto dei gruppi plurilocalizzati. 3 Tutti i flussi rappresentati nella fig. 1 includono le eventuali acquisizioni e gli scorpori, anche se questa componente presenta un’incidenza non trascurabile solo nei passaggi dalla media alla grande dimensione (acquisizioni) e in quelli inversi (scorpori). Aggiungiamo che i flussi in oggetto non portano al saldo di 533 imprese, per la presenza di nuove costituzioni, fusioni e altri tipi di variazioni. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 55 PARTE II ridimensionamento di molte imprese che hanno raggiunto la media dimensione in tempi più o meno recenti. Le medie imprese rappresentano una componente dinamica dell’industria italiana, come si evince dalla lettura dell’andamento dei principali indici di sviluppo nel periodo 1996-2002 (tab. 1). Il fatturato è aumentato del 40,1% nel periodo considerato, con un forte rilievo della componente export (+49,0%), il valore aggiunto del 32,3%, il numero dei dipendenti del 16,2% e infine il margine operativo netto (al netto degli ammortamenti dovuti a immobilizzazioni materiali e immateriali) del 13,0%. Nell’area del Nord-Est (Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna) gli indici di sviluppo delle medie imprese risultano superiori ai valori medi nazionali, in misura accentuata con riguardo al MON (+17,7%). Tutti gli indici di sviluppo delle medie imprese italiane si collocano su valori decisamente superiori rispetto a quelli registrati dall’aggregato delle grandi imprese, che segna anche variazioni negative per gli indici relativi ai dipendenti e al MON. È opportuno aggiungere che questo divario non sussiste se il confronto viene effettuato tra grandi e medie imprese del solo Nord-Est, che presentano infatti performances molto più vicine. Passando dai risultati alla consistenza del fenomeno, va ricordato che le medie imprese sono particolarmente numerose in Lombardia (1.265), in Veneto (727) e in Emilia-Romagna (561) (tab. 2). È anche utile calcolare a livello regionale l’indice di specializzazione nella classe delle medie imprese, rapportando l’incidenza delle medie imprese di una regione sul totale nazionale all’incidenza delle imprese manifatturiere della regione sul totale nazionale. Le tre regioni che si qualificano per il maggiore numero assoluto di medie imprese si caratterizzano anche per una più elevata presenza relativa delle stesse, con il Veneto al primo posto in graduatoria (1,63). Si aggiunge, significativamente, il Friuli-Venezia Giulia, con un indice di specializzazione molto vicino alla Lombardia. In definitiva, nel Nord-Est le medie imprese compongono un segmento non solo, come si è visto in precedenza, particolarmente dinamico, ma anche di notevole peso sulla struttura produttiva dell’area. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 56 PARTE II Fig. 1 - Piccole imprese crescono (fonte: Mediobanca, 2005) MEDIE IMPRESE 738 291 1998 3.360 GRANDI IMPRESE PICCOLE IMPRESE MEDIE IMPRESE 2002 1.633 60 3.893 Tab. 1 - Variazioni % 1996-2002 di alcuni indici di sviluppo delle medie e delle grandi imprese industriali. Totale Italia e Nord-Est (fonte: Mediobanca, 2005) Fatturato Medie imprese Italia Medie imprese Nord-Est Grandi imprese Italia Grandi imprese Nord-Est Esportazioni Valore aggiunto Dipendenti MON +40,1 +49,0 +32,3 +16,2 +13,0 +41,7 +50,0 +35,7 +18,4 +17,7 +25,3 +32,2 +9,8 -8,7 -8,3 +41,3 +58,7 +28,6 +8,5 +18,7 Tab. 2 - Le regioni con la presenza più significativa di medie imprese industriali. Dati relativi al 2002 (fonte: Mediobanca, 2005) Medie imprese % A Totale imprese %B A/B 1.265 31,9 113.552 20,3 1,57 727 18,3 62.447 11,2 1,63 Emilia-Romagna 561 14,1 52.317 9,4 1,50 Piemonte 381 9,6 45.680 8,2 1,17 Lombardia Veneto Toscana 209 5,3 53.398 9,5 0,56 Marche 169 4,3 22.007 3,9 1,10 Friuli-Venezia Giulia 124 3,1 11.429 2,0 1,55 Altre regioni Italia 530 13,4 198.346 35,5 0,38 3.966 100,0 559.176 100,0 1,00 IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 57 PARTE II 2. Le dimensioni della crescita aziendale: scala, relazioni e qualità delle risorse La crescita delle imprese è un tema che ha attirato l’attenzione degli studiosi di management a partire dagli anni sessanta. L’ampia mole di studi dedicati a questo fenomeno ha prodotto un elevato numero di modelli evolutivi4. Si tratta di schemi che definiscono la crescita come estensione della scala produttiva e la descrivono sulla base di alcune fasi comuni attraversate in sequenza dalle imprese nei loro percorsi di sviluppo. Nel passaggio da uno stadio all’altro vengono affrontati problemi diversi, che hanno implicazioni rilevanti sul piano delle competenze manageriali richieste e delle strutture organizzative. I modelli in oggetto assumono come riferimento il paradigma del ciclo di vita e vengono pertanto costruiti in analogia, più o meno stretta, con lo sviluppo degli organismi biologici. L’approccio seguito è dunque in linea con la teoria del ciclo di vita del prodotto (Levitt, 1965), anche se non tutti i modelli prevedono come fase finale il declino dell’impresa. Un’analisi comparata dei diversi modelli proposti in letteratura evidenzia alcune differenze, a cominciare dal numero e dalla caratterizzazione degli stadi. Inoltre, alcuni modelli sono stati concepiti per descrivere la crescita delle piccole imprese, altri affrontano la crescita delle grandi imprese e altri ancora hanno valenza generale. Inoltre, la gran parte degli schemi ha una focalizzazione prevalente o esclusiva su fattori interni all’impresa, come lo stile direzionale e la struttura organizzativa, mentre un numero più circoscritto assume come rilevanti anche i fattori esogeni, e in particolare la struttura concorrenziale del settore o dei settori in cui opera l’impresa. Al di là di queste differenze, i modelli dedicati alla crescita risultano accomunati dal fatto di descrivere la crescita (dimensionale) come una sequenza di stadi ben determinati, per quanto diversi nei vari modelli. La logica riduzionistica di questa modellistica si esplica dunque in due direzioni: da un lato, il fenomeno della crescita viene ridotto alla sola crescita dimensionale; dall’altro, la varietà dei percorsi di crescita 4 Tra gli altri, in ordine cronologico: Chandler, 1962; Steinmetz, 1969; Scott, 1971; Greiner, 1972 e 1990; Kroeger, 1974; Barnes, Hershon, 1976; Massari, 1977; Danco, Jonovic, 1981; Danco, 1982; Galbraith, 1982, Beckard, Dyer, 1983; Churchill, Lewis, 1983; Peiser, Wooten, 1983; Quinn, Cameron, 1983, Miller, Friesen, 1984; Smith, Mitchell, Summer, 1985; Flamholtz, 1986; Scott, Bruce, 1987; Kazanjian, 1988; Ward, 1988; Adizes, 1989; Hanks, 1990; Kazanjian, Drazin, 1990; Hanks, Watson, Jansen, Chandler, 1993; Hanks, Chandler, 1994; Boldizzoni, Serio, 1996; Mazzola, 2002. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 58 PARTE II viene ridotta a un solo pattern o, in alcuni modelli, a un numero determinato e molto circoscritto di varianti5. L’analisi dei casi aziendali inclusi nella presente ricerca, in linea con diversi studi che hanno approfondito i percorsi di sviluppo di singole imprese6, suggerisce invece di inquadrare il fenomeno della crescita aziendale nell’ambito di un modello evolutivo più articolato e aperto. L’assunto fondamentale intorno al quale il modello si costruisce è il seguente: la crescita dimensionale è solo una delle dimensioni della crescita aziendale, che a volte coincide con la crescita aziendale, ma più spesso entra in combinazione con altre dimensioni. Un elementare esercizio può aiutare a comprendere l’assunto di base del nostro modello e a identificare le dimensioni della crescita. Utilizzando come indicatore per misurare la crescita aziendale la variazione del fatturato, immaginiamo di individuare alcune imprese che operano nel medesimo settore, appartengono in un determinato anno alla stessa classe dimensionale e riescono nell’arco del successivo biennio a realizzare una crescita significativa del fatturato, compresa tra il 50 e il 100%. Un’impresa, a fronte di un mercato caratterizzato da una forte espansione della domanda, ha sfruttato questa opportunità realizzando, nel periodo precedente a quello di misurazione della performance, investimenti espansivi della propria capacità produttiva. Gli investimenti, essendo di natura replicativa, non implicano cambiamenti significativi della struttura organizzativa e dell’assetto manageriale. Un’altra impresa, all’opposto della precedente, ha addirittura disinvestito nell’area produttiva, creando un robusto sistema esterno di subfornitura (crescita relazionale). Con ogni probabilità, questo cambiamento avrà comportato lo sviluppo interno di nuove competenze di supply chain management (crescita qualitativa)7. 5 Come nel modello di Hanks, Watson, Jansen, Chandler (1993). Sulla base di una ricerca empirica condotta su un campione di imprese high-tech, gli autori individuano un ciclo di vita articolato in quattro fasi: start-up, espansione, maturità, diversificazione. Non tutte le imprese però seguono la sequenza descritta, potendosi discostare dal percorso standard dopo la prima o la seconda fase, per indirizzare le loro strategie verso configurazioni stabili e sostenibili. Gli autori definiscono queste configurazioni disengagement stages, a segnalare una sorta di disimpegno dell’impresa nei confronti dell’ulteriore crescita. 6 Brunetti, Camuffo, 2000; Camuffo, Cappellari, 1997; Camuffo, Furlan, Romano, Vinelli, 2004; Chiarvesio, Grandinetti, 2002; Compagno, 2003; Costa, Gubitta, 2001; Garzia, Moretti, 2004; Grandinetti, 1999 e 2003°; Grandinetti, Nassimbeni, 2006. 7 Da notare che se si fosse misurata la crescita come variazione del numero dei dipendenti o del valore aggiunto, ossia gli indicatori tipici della crescita dimensionale, la seconda impresa non sarebbe stata inclusa nel gruppo caratterizzato da una crescita significativa nel periodo considerato. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 59 PARTE II La ricerca di variazioni sul tema potrebbe continuare. Se poi rimuovessimo il vincolo dato da un determinato settore osservato in una fase specifica del suo ciclo di vita, si perverrebbe agevolmente alla conclusione che le vie della crescita, se non sono infinite, compongono un disegno estremamente variegato. In definitiva, le dimensioni della crescita aziendale sono tre: 1. la crescita dimensionale, 2. la crescita relazionale, 3. la crescita qualitativa. Le dimensioni indicate non vengono impiegate per ipotizzare una sequenza di stadi idealtipici ciascuno dei quali caratterizzato da una combinazione specifica di determinazioni delle tre dimensioni. Al contrario, nello spazio cartesiano che esse consentono di definire è possibile tracciare una pluralità di percorsi evolutivi. L’approccio alla crescita proposto appare più realistico e anche più fertile sotto il profilo delle implicazioni manageriali rispetto ai tentativi di comprimere la fenomenologia della crescita entro un’unica dimensione e un modello sequenziale univoco. In particolare, come emergerà nel corso della trattazione, le dimensioni della crescita risultano interdipendenti ed è proprio la gestione appropriata di queste interdipendendenze che costituisce uno snodo critico delle strategie di crescita delle imprese, determinando il successo, il fallimento o l’interruzione temporanea dei percorsi intrapresi. 2.1 Crescita dimensionale e crescita relazionale La crescita dimensionale (crescita in senso stretto) consiste nell’ampliamento dei confini proprietari dell’impresa, per linee interne o per linee esterne. La crescita per linee interne è realizzabile attraverso diverse modalità: gli investimenti espansivi della capacità produttiva all’interno delle strutture esistenti, di tipo replicativo o corrispondenti all’introduzione di nuove linee di prodotto; la creazione di unità produttive, logistiche o commerciali addizionali; la creazione di nuove imprese controllate dalla casa-madre, in particolare promuovendo l’imprenditorialità interna8. Anche la crescita per linee esterne può assumere diverse forme: la fusione in senso proprio, in cui entrambe le imprese perdono la loro individualità giuridica ed economica; la fusione per incorporazione, in cui l’impresa incorporata perde la propria identità; l’acquisizione dell’intero capitale sociale di un’impresa; l’acquisizione della quota di controllo del capitale sociale di 8 Nel qual caso, la casa-madre opera come un incubatore di imprenditorialità (Sorrentino, 1996). IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 60 PARTE II un’impresa; l’acquisizione di un ramo d’azienda, ossia di una parte di un’altra impresa (Rispoli, 1998). La crescita relazionale può essere invece definita come ampliamento della rete del valore dell’impresa. La rete del valore è l’insieme di relazioni utili per il vantaggio competitivo che fanno capo all’impresa stessa. In quest’ottica, il valore diventa il risultato della rete o costellazione di attori impegnati nella sua co-produzione (Grandinetti, 1993; Normann, Ramirez, 1994; Parolini, 1996; Normann, 2001). Come è noto, le relazioni inter-firm compongono una tipologia estremamente articolata, che va dai rapporti di subfornitura alla partecipazione (non di controllo) di un’impresa nel capitale di rischio di un’altra e alle joint ventures. Tra i criteri proposti in letteratura per classificarle, oltre alla forma giuridica, sono stati indicati: la direzione della relazione nella rete del valore (orizzontale, verticale, laterale); lo scope della relazione (focalizzato in un’attività specifica o più complesso); la presenza o meno di partecipazioni azionarie (relazioni equity e non equity); il numero di soggetti legati dalla relazione (Faulkner, 1995)9. Si deve notare che gli investimenti in alleanze di tipo equity rappresentano una forma ibrida tra la crescita dimensionale e la crescita relazionale, collocandosi al confine tra le due dimensioni della crescita. La crescita relazionale richiama il concetto di rete del valore, che è opportuno delineare nei suoi contorni. Facendo riferimento come organizzazione focale a un’impresa industriale, la rete del valore include innanzitutto i fornitori di input materiali e immateriali a monte e i clienti diretti e indiretti a valle, nella logica porteriana del sistema verticale del valore (Porter, 1985). Si aggiungono i rapporti con i partner di affari e gli alleati, che estendono la trama delle relazioni di valore in direzione orizzontale o laterale, a seconda che le imprese coinvolte appartengano o meno allo stesso settore dell’impresa focale. D’altra parte, l’ambiente rilevante per il vantaggio competitivo di un’impresa non è occupato solo da questi soggetti, ma corrisponde a un più ampio e complesso sistema di attori, con i quali l’impresa può sviluppare relazioni utili. Ad esempio, l’impresa può avere attivato una trama di relazioni con istituzioni scientifiche, laboratori di ricerca, organizzazioni culturali, per scambiare informazioni e conoscenze nell’area di proprio interesse. Ancora, la collaborazione con determinate 9 I criteri indicati possono essere utilizzati per classificare le alleanze, ossia le forme di cooperazione, o più in generale le relazioni inter-firm. Naturalmente, le relazioni equity rientrano per definizione nell’ambito della cooperazione. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 61 PARTE II strutture formative consente di migliorare la qualità della formazione erogata da queste e facilita il reclutamento delle risorse umane da parte dell’impresa. Oltre alle relazioni di valore dirette, va richiamata l’attenzione sulle relazioni indirette, che estendono l’ambito dei processi di produzione, circolazione e uso della conoscenza ai quali una determinata organizzazione partecipa. Su questo principio si basa in particolare lo sviluppo di supply chains e di canali distributivi incentrati su un’elevata interazione comunicativa in tutte le interfacce tra soggetti collegati. Partendo dalle relazioni verticali, si pensi poi a un fornitore di servizi ad alta valenza strategica che risulta condiviso da un certo numero di clienti industriali, oppure a un produttore di macchine utensili che coinvolge in un progetto di innovazione alcuni fornitori di componenti, ciascuno dei quali ha sviluppato nel proprio campo di attività un elevato patrimonio di conoscenze e competenze specialistiche anche grazie alle learning relationships con altri clienti industriali, concorrenti o meno del produttore. Nella prospettiva della rete del valore, un aspetto di notevole importanza è il significato strategico che viene ad assumere la posizione della singola impresa nella rete. Il concetto di network position è stato approfondito in modo particolare da Johanson e Mattsson (1988; 1992)10, secondo i quali è necessario distinguere tra le microposizioni, ciascuna riferita alla relazione tra un’impresa e una specifica controparte, e la macroposizione, che si allarga all’insieme di relazioni che fanno capo a una determinata impresa focale. Precisamente, una macroposizione è caratterizzata da: 1. il numero e l’identità delle altre imprese con cui l’impresa focale ha relazioni dirette e indirette; 2. il ruolo svolto dall’impresa focale nell’ambito della divisione del lavoro di rete, con riferimento alle risorse specializzate che essa controlla; 3. l’importanza (e quindi il potere) dell’impresa nella rete, in termini di quantità relativa di risorse controllate; 4. la “forza” delle relazioni intrattenute dall’impresa focale, che dipende non solo da fattori strutturali ma anche da elementi di tipo soggettivo che influiscono sulle 10 Entrambi gli autori appartengono alla cosiddetta scuola scandinava di industrial marketing, che ha focalizzato l’attenzione sulla natura interattiva delle relazioni venditore/acquirente nei mercati dei beni destinati alla produzione (Ford, 1990 e 2002). In effetti, l’approdo alla rete costituisce una “naturale” estensione ed evoluzione dell’approccio interattivo, sviluppato inizialmente con riferimento alle singole relazioni diadiche buyer-seller (Håkansson, 1987; Axelsson, Easton, 1992; Håkansson, Snehota, 1995). IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 62 PARTE II caratteristiche delle relazioni stesse, in particolare sulla loro stabilità nel tempo11. La posizione relazionale offre un duttile riferimento per interpretare il comportamento strategico degli attori “immersi” (embedded) nella rete. In quest’ottica, le azioni strategiche sono definite come gli sforzi realizzati dalle imprese per mantenere o modificare le loro posizioni (micro e macro) nella rete del valore. L’agire strategico punta pertanto a riprodurre o a variare la configurazione della rete e a influenzare gli attori (compreso il loro modo di concepire la rete), le interdipendenze e le relazioni. 2.2 La crescita qualitativa La terza dimensione contemplata dal modello evolutivo presentato in questa sede attiene alla crescita qualitativa. Sia la crescita dimensionale che la crescita relazionale, per risultare sostenibili e quindi qualificare un’effettiva evoluzione competitiva dell’impresa, devono incorporare una dimensione qualitativa. L’aspetto qualitativo della crescita dimensionale è rappresentato dal potenziamento delle competenze aziendali esistenti e/o dallo sviluppo di nuove competenze interne, con conseguente aumento del livello di specializzazione delle risorse. Lo sviluppo delle capabilities aziendali assorbe una quota della crescita della dimensione12 e al contempo supporta tale processo. Ad esempio, una forte espansione delle vendite in ambito internazionale, attraverso la penetrazione di nuovi mercati esteri e il presidio diretto di tali mercati, implica l’incremento dello stock di risorse manageriali di marketing dell’impresa e l’introduzione di nuove figure specializzate. Anche la crescita relazionale incorpora una dimensione qualitativa, legata alla varietà dei soggetti che partecipano alla rete del valore dell’impresa. Alcuni di questi soggetti presentano infatti un valore potenziale superiore in termini di vantaggio competitivo, in dipendenza della qualità e della criticità strategica delle conoscenze e delle competenze esterne a cui l’impresa accede attraverso le relazioni sviluppate con essi. Riprendendo l’esempio utilizzato sopra, l’impresa può associare l’obiettivo di crescita alla riqualificazione del portafoglio-prodotti sotto il profilo del design e allo sviluppo di una comunicazione coerente con la differenziazione ricercata. A tal fine, vengono attivate nuove relazioni con alcuni studi di progettazione e con risorse di marketing 11 12 Questo punto viene ripreso nel secondo paragrafo di questa sezione e approfondito nel terzo. Sotto questo profilo, la crescita qualitativa è anche quantitativa. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 63 PARTE II esterne, ad esempio un’agenzia di pubblicità e una società specializzata in ricerche di mercato. Come si vedrà nel successivo paragrafo, le imprese tendono a sviluppare con gli interlocutori ad elevato valore competitivo rapporti di natura cooperativa. In definitiva, la dimensione qualitativa della crescita relazionale può essere riassunta in due punti: la qualità dei partner (il loro valore competitivo) e la qualità delle relazioni13. Ricongiungendo i due aspetti o sotto-dimensioni della crescita qualitativa, si può allora parlare di qualità delle risorse interne o esterne coinvolte nel processo di crescita aziendale. In quest’ottica, è opportuno rilevare che le relazioni intrattenute dall’impresa nella rete del valore rientrano, insieme alle conoscenze e alle competenze capitalizzate, nell’ambito della dotazione di risorse immateriali di cui dispone l’impresa. Rullani (1992) le definisce mezzi di governo della complessità. Quando la complessità dell’ambiente competitivo cresce, la necessità di affrontarla spinge infatti l’impresa in due direzioni: da una parte, a sviluppare i circuiti cognitivi interni (produzione, distribuzione e utilizzazione delle informazioni e delle conoscenze all’interno dell’impresa); dall’altra, a sviluppare relazioni efficaci con soggetti esterni, detentori di conoscenze e competenze rilevanti per il vantaggio competitivo dell’impresa. Con riferimento alle capabilities aziendali, ai fini della nostra analisi esse possono venire classificate in tre principali categorie: a. le classiche competenze funzionali, come la produzione, il marketing o la gestione delle risorse umane; b. le competenze di interfaccia o relationship management capabilities; c. le competenze che hanno valenza più generale rispetto alle precedenti e possono essere definite trasversali. Dalle competenze di interfaccia dipende la crescita relazionale e la sua dimensione qualitativa, con riferimento quindi alla ricerca attiva dei soggetti esterni, alla loro selezione e alla qualità delle relazioni. Lo sviluppo di queste competenze, in quanto componente della dimensione qualitativa interna alla crescita dimensionale, segnala in modo emblematico l’interdipendenza tra crescita relazionale e crescita dimensionale. La fig. 2 illustra le competenze relative alla gestione delle relazioni con riferimento alle 13 Nel contesto della nostra analisi, il riferimento è alle relazioni con i soggetti detentori di conoscenze e competenze rilevanti per il vantaggio competitivo dell’impresa, anche se l’impresa deve gestire in modo efficiente ed efficace (con qualità) tutte le relazioni della rete del valore. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 64 PARTE II tre fondamentali aree della produzione, del marketing e della R&S, con il supply chain management, il customer relationship management e la gestione della rete dell’innovazione come rispettive funzioni di interfaccia con l’ambiente competitivo. Le competenze trasversali possono venire distinte a loro volta in competenze strategiche e in competenze relative ai processi organizzativi. Le prime sono necessarie per definire un disegno strategico coerente e sostenibile, identificando in particolare un matching appropriato tra le opportunità dell’ambiente competitivo e i punti di forza dell’impresa, proteggendo nello stesso tempo i punti di debolezza dalle minacce ambientali (Andrews, 1971). In termini dinamici, le competenze strategiche includono la capacità di ridefinire il disegno strategico per adattarsi alle variazioni dell’ambiente competitivo, o per anticiparle secondo un atteggiamento pro-attivo (Valdani, 2000). Con riguardo poi alle organizational capabilities e seguendo il contributo seminale di Teece, Pisano e Shuen (1985), esse riguardano tre aspetti fondamentali: 1. il cordinamento e l’integrazione tra le parti dell’organizzazione; 2. l’apprendimento, che porta a migliorare le performances, anche riducendo i punti di debolezza dell’impresa, a trasformare le minacce in opportunità e a individuare nuove opportunità di business; 3. la riconfigurazione delle risorse aziendali che deve accompagnare i riposizionamenti strategici in un ambiente mutevole. Con ogni evidenza, in una prospettiva dinamica, le due sotto-categorie delle competenze trasversali, strategiche e organizzative, risultano fortemente interrelate. Va infine ricordato che le competenze trasversali svolgono un ruolo a sostegno della crescita relazionale, insieme alle competenze di interfaccia. Infatti, nella prospettiva della rete del valore e ricordando il concetto di network position, emerge una duplice esigenza: da un lato, garantire collegamenti efficaci con i diversi attori che, simultaneamente o in momenti diversi, partecipano ai processi di creazione del valore in cui l’impresa è coinvolta (competenze di interfaccia); dall’altro, disporre di una visione d’insieme (strategica) dell’intreccio di relazioni che si addensano all’intorno di una specifica impresa. Inoltre, come sottolineano gli stessi Teece, Pisano e Shuen (1985), le organizational capabilities possiedono una proiezione sia interna che esterna all’impresa. 2.3 Lo sviluppo di relazioni cooperative nella rete del valore IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 65 PARTE II Come si è detto, le imprese tendono a sviluppare con i soggetti caratterizzati da un più elevato valore competitivo rapporti di natura cooperativa. In questo paragrafo focalizziamo l’attenzione sulla cooperazione inter-firm come strumento utilizzabile dall’impresa per acquisire un vantaggio competitivo attraverso le relazioni della rete del valore. Portando a sintesi gli studi che hanno affrontato il fenomeno della cooperazione tra imprese si può trarre un modello generale, applicabile ad esempio al rapporto tra un produttore e un distributore, a una relazione di subfornitura oppure allo sviluppo di un nuovo prodotto attraverso un progetto congiunto realizzato da due imprese che operano nello stesso settore o in settori laterali (Grandinetti, Chiarvesio, Paiola, 2005). Il modello è estendibile alle forme di cooperazione che coinvolgono più di due imprese, come nel caso di un progetto di penetrazione commerciale in un determinato mercato estero messo in campo da più imprese che operano nello stesso settore. Ogni impresa può utilizzare i collegamenti con altri soggetti come leva per acquisire un vantaggio competitivo. Spesso, però, il raggiungimento di questo obiettivo diventa possibile, e sostenibile nel tempo, solo attraverso un processo dinamico di interazione tra le parti in causa. Ciò è vero al sussistere di una o più tra le seguenti tre condizioni: la presenza di fattori di complessità che portano a ridurre la probabilità di conseguire l’obiettivo desiderato; la razionalità limitata dei soggetti; la presenza di asimmetria informativa tra i soggetti. Nel processo di interazione, che qualifica un rapporto di tipo cooperativo tra due (o più) imprese, entrano in gioco diverse dimensioni critiche, che corrispondono alle seguenti variabili (processi) relazionali: a. il commitment dei partner, b. la trasparenza informativa, c. l’adattamento reciproco, d. la fiducia reciproca. La disamina di queste relazioni consente di chiarire il modo in cui la cooperazione, come modalità specifica di gestione di una relazione interorganizzativa, agisce sui fattori (complessità, razionalità limitata, asimmetria informativa) che inibiscono l’efficacia delle relazioni come fonte di vantaggio competitivo. Innanzitutto, l’intero percorso che porta al raggiungimento dell’obiettivo generale (vantaggio competitivo) e degli obiettivi specifici di una relazione interorganizzativa (ad esempio, lo sviluppo congiunto di un’importante innovazione di prodotto) implica una serie di attività di gestione del collegamento, a partire dai primi contatti propedeutici IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 66 PARTE II all’avvio della relazione stessa. Tali attività richiedono, in misura correlata alla complessità degli obiettivi perseguiti, l’impegno (commitment) dei partner, nel duplice significato di disponibilità all’impiego di risorse e di promessa reciproca di continuità del rapporto. Proprio in questa accezione preventiva o prospettica, il concetto di impegno rivela la sua natura di prima dimensione rilevante della cooperazione, misurando in sintesi la disponibilità reciproca a collaborare da parte di due organizzazioni autonome. Sempre a fronte di obiettivi complessi, il commitment costituisce a sua volta la base da un lato per lo scambio di informazioni e di conoscenze tra i partner (trasparenza informativa), dall’altro per l’attivazione di un meccanismo di coordinamento che esula dalle normali transazioni di mercato tra imprese, ma che al tempo stesso risulta difficile formalizzare in rigide norme contrattuali. In merito a quest’ultimo aspetto, la complessità impedisce che la definizione di un programma condiviso, la realizzazione del programma e lo stesso controllo degli effetti ottenuti possano risolversi in una serie di automatismi pianificabili in partenza. Nella condizione data, queste attività disegnano invece un percorso di adattamento reciproco che ha la natura di un processo a elevata interattività. L’adattamento reciproco costituisce dunque la modalità di coordinamento tipica nello sviluppo di una relazione cooperativa e identifica la terza dimensione critica del modello, che si aggiunge all’impegno e alla trasparenza informativa (fig. 3). Gli strumenti che consentono di tradurre l’impegno preventivo in impegno effettivo, nelle forme indicate della trasparenza informativa e dell’adattamento reciproco, sono la definizione di codici e linguaggi comuni e la comunicazione interattiva. Una seconda fonte di complessità, che si aggiunge a quella associabile agli obiettivi da perseguire, è rappresentata dall’incertezza che può gravare sul progetto di conquistare in modo congiunto un vantaggio competitivo. L’incertezza, almeno per la parte derivante dalla razionalità limitata dei soggetti, può venire ridotta dall’interazione cooperativa. Si supponga a tal proposito che sussistano “teoricamente” opportunità vantaggiose per entrambi i partner. Tuttavia, queste opportunità potrebbero essere genericamente riconosciute ma non adeguatamente apprezzate da uno o entrambi gli attori, a causa di una ridotta comprensione dei vantaggi conseguibili e/o della sopravalutazione dei costi da sostenere. Inoltre, ciascun partner potenziale potrebbe risultare incerto sulle competenze e l’affidabilità dell’altro. Questi aspetti problematici possono bloccare l’avvio del progetto congiunto. D’altra parte, considerando la relazione come un processo che si dispiega nel tempo, la IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 67 PARTE II riduzione dell’incertezza va letta in termini dinamici, dove costi e benefici sono dapprima valutabili solo ex ante in sede previsionale, per incominciare a fornire poi espressioni parziali o venire anche valutati in primi bilanci dei risultati conseguiti attraverso il collegamento cooperativo da ciascuno degli attori coinvolti. In quest’ottica, la riduzione degli elementi di incertezza richiede comunque livelli elevati di trasparenza informativa, in un contesto che si conferma di adattamento reciproco: ciò è vero in condizioni di asimmetria informativa, quando il partner più informato deve “convincere” l’altro o fornirgli gli strumenti di valutazione corretti, oppure nella situazione in cui la condivisione di informazioni complementari porta a dissolvere le incertezze di entrambi. La fig. 3 include un’ultima importante dimensione, rappresentata dalla fiducia reciproca. La fiducia è alla base dell’impegno e quindi costituisce la risorsa-chiave di un rapporto cooperativo14. D’altro canto, solo attraverso la trasparenza informativa e l’adattamento reciproco il rapporto di fiducia seleziona le ragioni per riprodursi. Da quanto detto è agevole poi riconoscere che lo sviluppo di una relazione cooperativa può essere interpretato come un processo di apprendimento. Nello specifico, l’apprendimento attraverso la relazione porta ai seguenti output di conoscenza: 1. la conoscenza delle valenze strategiche della cooperazione; 2. la conoscenza reciproca (ciascun partner conosce meglio l’altro) e le competenze relazionali (ciascun partner è in grado di gestire meglio la relazione); 3. le conoscenze relative ai contenuti specifici dell’accordo, ad esempio nel progetto di sviluppo di un nuovo prodotto. Suddividendo lo sviluppo dell’accordo cooperativo in una fase progettuale e in una fase realizzativa, lo svolgimento positivo della prima (fiducia e impegno di attivazione, trasparenza, adattamento) porta a chiarire gli obiettivi, le regole e il percorso da intraprendere, rinsaldando la fiducia e quindi l’impegno per il passaggio alla fase realizzativa. Nella misura in cui la cooperazione in azione produce risultati positivi rispetto agli obiettivi, la fiducia reciproca si rafforza. Inoltre, la pratica del lavorare insieme migliora la conoscenza reciproca e le competenze relazionali, con effetti analoghi sulla fiducia. In questo modo, si creano le condizioni per la riproduzione del rapporto, per gestire eventuali discontinuità (riprogettazione del rapporto), e inoltre per individuare nuove opportunità strategiche di cooperazione (evoluzione del rapporto). 14 In particolare, gli autori della citata scuola scandinava di industrial marketing hanno sempre considerato la fiducia come la componente più “pregiata” delle relazioni interattive venditore/acquirente nei mercati dei beni destinati alla produzione (Ford, 1990 e 2002). IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 68 PARTE II Nella fase progettuale, come in quella realizzativa, la trasparenza e l’adattamento svolgono un ruolo critico. Il circuito della cooperazione genera l’energia relazionale necessaria all’alimentazione del rapporto cooperativo, in particolare nella fase di avvio, nei suoi momenti evolutivi e nel superamento dei blocchi che i partner possono incontrare in questo percorso dinamico. L’attivazione del circuito può avvenire nella fase di progettazione del rapporto cooperativo tra due imprese in precedenza non collegate, ma spesso gli atteggiamenti e i comportamenti in esso implicati sono un portato ancora precedente: un caso tipico è offerto da un subfornitore e un cliente industriale che intrattengono una positiva relazione di scambio, ma a basso o nullo contenuto di cooperazione strategica, base sulla quale si innesta il successivo passaggio evolutivo. Con riferimento alle possibili difficoltà e all’eventualità che queste determinino l’interruzione del rapporto cooperativo, non va naturalmente sottaciuta la presenza di un elemento comunque contrattuale e di potenziale frizione, che consiste nella ripartizione più o meno equa dei costi e dei benefici tra i soggetti. Va piuttosto osservato che il potenziale di asimmetria nei vantaggi netti e di conflitto tra i partner dovrebbe convivere in forme progressivamente attenuate con il processo interattivo descritto, il quale introduce fattori di riequilibrio in tal senso. In particolare, le dimensioni del circuito della cooperazione riducono il rischio dell’innescarsi di comportamenti opportunistici e depotenziano gli effetti immediatamente negativi di squilibri emergenti, offrendo un contesto favorevole al loro riconoscimento bilaterale, alla ricerca di correttivi e di compensazioni, all’innalzamento della soglia di attivazione dei conflitti e alla mediazione ed evoluzione in positivo dei conflitti stessi. Le variabili processuali della cooperazione15 conferiscono dunque stabilità ai rapporti. Esse consentono, infatti, di accumulare una risorsa relationship specific e composita (formata da conoscenze, competenze e fiducia), che riduce la probabilità di interruzione del rapporto. 2.4 Le interdipendenze tra le dimensioni della crescita aziendale: un quadro d’insieme Come è emerso nel corso della sezione e in particolare nel paragrafo 2.2, un aspetto qualificante del modello evolutivo proposto consiste nel riconoscere l’importanza delle 15 Si noti che ciascuna di esse (fiducia, impegno, trasparenza, adattamento) può essere letta come input, come output e come processo. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 69 PARTE II interdipendenze che legano le diverse dimensioni della crescita aziendale. In questo paragrafo conclusivo si vuole completare l’analisi delle interdipendenze. Spesso, in letteratura, la crescita dimensionale e la crescita relazionale vengono considerate come alternative decisionali che si escludono a vicenda. In effetti, questa dicotomia “secca” tra la logica make e la logica buy viene affrontata in svariate situazioni. Ad esempio, se un’impresa che utilizza una rete di subfornitori locali si orienta a delocalizzare la produzione di determinati semilavorati, deve decidere se replicare la politica di outsourcing all’estero oppure integrare verticalmente il ciclo produttivo attraverso investimenti proprietari. In verità esiste una terza via “ibrida”, rappresentata dalla creazione di una joint venture paritetica con un partner estero. Ma, al di là di questo caso particolare, è più importante ricordare che nei percorsi reali di crescita-evoluzione delle imprese spesso l’allargamento dei confini proprietari e lo sviluppo di relazioni con soggetti esterni sono processi complementari e interdipendenti, come visualizzato nella parte destra della fig. 4. Da un lato, infatti, la crescita dimensionale può portare all’attivazione di nuove relazioni, oppure venire realizzata in parallelo con la crescita relazionale (P1). Così, gli investimenti in attività commerciali all’estero determinano l’incremento del numero degli intermediari con cui l’impresa intrattiene rapporti nei canali distributivi. Gli stessi investimenti possono anche costituire la base per allacciare relazioni di tipo diverso, ad esempio con altre imprese di produzione. Per citare un caso di crescita parallela, una strategia molto spinta di diversificazione della gamma offerta implica spesso investimenti in attività produttive e al contempo la moltiplicazione delle relazioni nella supply chain. Simmetricamente, lo sviluppo di relazioni può offrire nuove opportunità di crescita dimensionale (P2). In particolare, ciò accade quando una forma di collaborazione si conclude con l’acquisizione dell’impresa partner. In altri casi, attraverso le relazioni l’impresa intercetta informazioni e assorbe conoscenze che risultano utili per progettare nuovi investimenti. Lo sviluppo delle capabilities aziendali, segnatamente le competenze trasversali e quelle funzionali, sono parte della crescita dimensionale e supportano la crescita dimensionale (P3). A questa interdipendenza si è già fatto cenno nel definire la crescita qualitativa come componente “incorporata” nella crescita dimensionale. In alcuni casi, lo sviluppo delle competenze interne precede la crescita dimensionale e/o procede con la stessa, IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 70 PARTE II mentre in altre situazioni la crescita qualitativa è costretta a “inseguire” la crescita dimensionale. In ogni caso, deve sussistere un matching appropriato tra le due dimensioni e il rispetto di questo vincolo non emerge in modo automatico. Lo dimostra il riscontro non infrequente di processi di crescita dimensionale che hanno come esito la crisi strutturale dell’impresa. Spesso, dietro questi insuccessi, vi sono appunto processi di “crescita senza qualità”. Le ultime proposizioni contenute nella fig. 4 sono state già formulate e analizzate nei precedenti paragrafi. Le capabilities aziendali, segnatamente le competenze trasversali e le competenze di interfaccia, supportano anche la crescita relazionale (P4a) e consentono di presidiare la dimensione qualitativa della stessa (P4b), individuando i partner dotati di valore competitivo (qualità dei soggetti) e utilizzando le relazioni al fine di trarre vantaggio da tale potenziale (qualità delle relazioni). Infine, la dimensione qualitativa della crescita relazionale consente di ampliare il pool di risorse cognitive a cui l’impresa può accedere (qualità dei soggetti) e ha ricadute positive sulle competenze aziendali nella misura in cui si instaurano delle learning relationships (qualità delle relazioni) (P5a). La stessa dimensione può anche contribuire direttamente alla crescita dimensionale, come accade con determinati fornitori di servizi di valenza strategica (P5b). Leggendo insieme le proposizioni P4 e P5, si può affermare che le competenze aziendali e le relazioni esterne non rappresentano risorse disgiunte, ma operano in modo congiunto e interdipendente come mezzi di governo della complessità nei percorsi di sviluppo delle imprese. Un’implicazione importante del modello delineato in questa sezione consiste nel riconoscere l’esistenza di diverse “formule” di crescita aziendale. Semplificando, la fig. 5 propone due formule opposte e una intermedia, che possiamo considerare come traguardi (sempre provvisori in ambienti competitivi caratterizzati da elevata variabilità) di percorsi divergenti: − la formula S (scala) è il risultato di una elevata crescita entro i confini proprietari e di una limitata crescita relazionale; − la formula R (rete) è invece il risultato di una elevata estensione della rete del valore e di una limitata crescita dimensionale16. 16 I dati di bilancio possono rivelare le due formule sulla base del diverso rapporto tra fatturato e valore aggiunto aziendale. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 71 PARTE II Se le formule sono di successo, entrambi i percorsi saranno stati sostenuti da una crescita qualitativa la cui composizione risulta specifica di ciascuna delle due formule. Un percorso di tipo R è stato sicuramente seguito da Grotto, l’impresa di abbigliamento che gestisce il marchio Gas. Il caso è presentato in questo rapporto di ricerca. Un percorso di tipo R, centrato su relazioni di cooperazione di tipo orizzontale, è stato avviato anche da Anodica Trevigiana e dalle altre imprese di componentistica che hanno dato vita al progetto Unieldom nella filiera dell’elettrodomestico. Un percorso di tipo R, centrato su relazioni di cooperazione di tipo verticale, è stato avviato con il progetto Venice Wing da Officine Aeronavali, impresa il cui business principale è la trasformazione di aerei passeggeri in velivoli cargo. Il caso Allison (occhialeria) rappresenta invece una soluzione intermedia tra la formula R e la formula S. La crescita dimensionale riguarda infatti soprattutto lo sviluppo della struttura commerciale, attraverso la creazione di numerose filiali estere, mentre la produzione è stata in larga misura esternalizzata a imprese di produzione cinesi. Fig. 2 - Le relationship management capabilities Imprese di produzione Servizi specializzati Istituti di ricerca Gestione della rete dellÕinnovazione Ricerca & Sviluppo Coordinamento inter-funzionale Produzione Marketing Supply Chain Management Customer Relationship Management Subfornitori IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE Clienti 72 PARTE II Fig. 3 - Lo sviluppo di una relazione cooperativa tra imprese Conoscenza strategica Trasparenza informativa Conoscenza sui contenuti Conoscenza relazionale Adattamento reciproco Trasparenza informativa Commitment Adattamento reciproco Commitment Conseguimento degli obiettivi Fiducia reciproc a Fiducia reciproc a Riconoscimento iniziale delle opportunit strategiche della cooperazione Definizione degli obiettivi specifici, delle regole e delle attivit Fig. 4 - Un modello evolutivo della crescita aziendale: le interdipendenze tra le dimensioni della crescita Qualit delle relazioni P4b Qualit dei soggetti esterni Ricerca attiva di soggetti esterni P4a Competenze di interfaccia Crescita relazionale P5a Competenze trasversali P2 P1 P5a Crescita dimensionale Competenze funzionali P3 P5b IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 73 PARTE II Fig. 5 - Le formule della crescita aziendale Formula R Crescita reticolare Formula S Crescita proprietaria Crescita Dimensionale 3. Continuità e discontinuità nei percorsi di crescita aziendale Nella precedente sezione si è data enfasi al fatto che la crescita dimensionale deve essere supportata da un’adeguata crescita qualitativa relativa alle capabilities aziendali. Per cogliere la reale portata del problema è opportuno concentrare innanzitutto l’attenzione sulle discontinuità che talvolta caratterizzano i percorsi di crescita delle imprese. Osservando il profilo temporale della crescita dimensionale di singole imprese, misurata in termini di dipendenti o di valore aggiunto, è possibile infatti imbattersi in una o più fasi di discontinuità dimensionale, ossia in periodi in cui la variazione della scala produttiva risulta significativamente superiore rispetto a quanto si osserva nelle altre sezioni del profilo. 3.1 Discontinuità dimensionale e shock organizzativo Queste discontinuità della dimensione spesso si accompagnano a discontinuità dell’organizzazione. Ciò accade quando la differenza tra il grado di complessità IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 74 PARTE II dell’organizzazione di “arrivo” rispetto a quella di “partenza” risulta particolarmente alta e quindi, utilizzando le variabili del nostro modello, la crescita dimensionale incorpora un’intensa crescita qualitativa. Sotto il profilo dei costi, la crescita qualitativa può essere definita come l’incremento dei costi di gestione dell’organizzazione che si rende necessario al fine di affrontare l’incremento di complessità connesso all’aumento della dimensione. Si tratta nello specifico di costi fissi e quindi la loro crescita comporta un irrigidimento della struttura dei costi dell’impresa. Un recente studio di Confindustria (2005a e 2005b), basato su fonti statistiche e su un ampio numero di casi aziendali, porta a riconoscere che nelle situazioni di discontinuità dimensionale-organizzativa si viene a determinare uno shock organizzativo. Infatti, il tempo in cui si realizza la crescita dimensionale è in genere inferiore al tempo di adattamento dell’organizzazione alla nuova dimensione, necessario per pervenire a una soluzione efficiente. Questa sfasatura, che possiamo qualificare come disaccoppiamento tra crescita dimensionale e crescita qualitativa, determina appunto uno squilibrio organizzativo. Un esempio può servire a chiarire i concetti utilizzati per inquadrare le situazioni o fasi di disaccoppiamento. Si tratta di un caso teorico, ma riscontrabile con una certa frequenza nei percorsi di crescita dimensionale delle piccole e medie imprese. L’impresa in oggetto decide di entrare in nuove aree strategiche di affari, penetrando nuovi segmenti del proprio mercato di riferimento (differenziazione interna) o anche affacciandosi in nuovi mercati correlati (diversificazione omogenea). Al contempo, per recuperare efficienza sotto il profilo dei costi di produzione, l’impresa delocalizza determinate attività manifatturiere in paesi a basso costo del lavoro. Le scelte strategiche a valle vengono realizzate attraverso una crescita per linee esterne, acquisendo imprese esistenti; le scelte a monte sostituendo almeno in parte la rete dei subfornitori locali con investimenti diretti in attività manifatturiere (integrazione verticale), attraverso la creazione ex novo o l’acquisizione di imprese di produzione. Il complesso di queste scelte porta al passaggio dall’impresa singola a un gruppo aziendale abbastanza articolato e configurato in ambito internazionale. La crescita è chiaramente associata all’incremento dei costi di gestione dell’organizzazione. Inoltre, la necessità di integrare in un modello efficiente ed efficace realtà aziendali eterogenee per diversi aspetti (produttivo, organizzativo, culturale, ambientale) richiede un tempo più o meno lungo, comunque superiore a quello richiesto per effettuare gli investimenti. In questo periodo critico il problema principale che l’impresa deve affrontare «è quello di “tenere insieme” le sue diverse parti, ovvero di evitare che l’ingresso in nuove attività IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 75 PARTE II agisca da forza centrifuga, destabilizzando l’assetto raggiunto fino a quel momento. La transizione da uno “stato” dimensionale a un altro, cioè, richiede la capacità di governare gli effetti di un vero e proprio shock organizzativo» (Traù, 1999). Un esempio reale di crescita dimensionale che ha imposto un processo impegnativo di riorganizzazione è illustrato dalla fusione tra Informatica Palesa e il Gruppo Aldebra, inclusa tra i casi aziendali analizzati nella nostra ricerca. 3.2 Quando la crescita qualitativa precede la crescita dimensionale: il modello crisicrescita di Greiner Non sempre una crescita significativa della dimensione determina uno squilibrio organizzativo. Infatti, vi sono casi in cui lo sviluppo delle capabilities aziendali precede una fase di crescita dimensionale, anche di proporzioni rilevanti (paragrafo 2.4). Questa situazione, del tutto diversa da quella descritta nel paragrafo precedente, è contemplata nel modello di crescita a stadi di Greiner. Depurato dalla sua componente deterministica, il modello illustra in modo efficace la situazione in cui è la crescita qualitativa a innescare la crescita dimensionale, e non viceversa. Lo schema “Evolution and Revolution” di Larry E. Greiner (1972) è basato sull’assunto che la storia di un’impresa si dispiega lungo una serie di fasi di crescita, ciascuna delle quali sfocia inevitabilmente in un periodo di crisi. Queste discontinuità marcano quindi, a intervalli regolari, la traiettoria evolutiva delle imprese (fig. 6). Il modello è chiaramente deterministico: ciascuna fase rappresenta la declinazione specifica di un set chiuso di variabili organizzative; le singole fasi sono collocate in una sequenza canonica; ogni crisi è contenuta in nuce nella fase evolutiva che l’ha preceduta e al contempo indica il suo superamento, che corrisponde a una nuova e specifica declinazione delle variabili utilizzate nel modello. Naturalmente, il superamento del blocco all’ulteriore crescita costituito dalla crisi richiede una corretta lettura della crisi stessa da parte dell’impresa e la capacità di gestire il cambiamento organizzativo che avvia la nuova fase di crescita. Greiner indica con precisione quello che l’impresa deve fare in ciascuna fase per trasformare la crisi in trampolino di lancio per un ulteriore sviluppo17. 17 Si deve notare il modo particolare in cui Greiner rielabora l’analogia biologica del ciclo di vita. Le imprese sono infatti “costrette” a crescere nell’intero percorso della loro vita: in ogni stadio del ciclo l’alternativa alla crescita è semplicemente il declino e la fuoriuscita dal mercato. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 76 PARTE II L’autore individua cinque fasi, che descrive sulla base di altrettanti parametri (l’obiettivo primario della direzione, la struttura dell’organizzazione, lo stile direzionale, il sistema di controllo, i riconoscimenti da parte della direzione): 1. crescita attraverso la creatività, interrotta da una crisi di leadership; 2. crescita attraverso l’autorità, interrotta da una crisi di autonomia; 3. crescita attraverso la delega, interrotta da una crisi di controllo; 4. crescita attraverso il coordinamento, interrotta da una crisi di burocrazia; 5. crescita attraverso la collaborazione, interrotta da una crisi i cui contorni l’autore lascia indefiniti. Nella fase di avvio dell’impresa, lo sviluppo è sostenuto dalla creatività del fondatore o dei fondatori, le cui energie sono interamente assorbite dall’obiettivo di produrre e vendere il nuovo prodotto che ha portato alla nascita dell’impresa. La struttura dell’organizzazione è tipicamente informale e lo stile di direzione individualistico ed imprenditoriale. Al crescere dell’impresa emerge un fabbisogno di conoscenze, competenze e strumenti di management che i fondatori non sono in grado di affrontare. La formula imprenditoriale della prima fase entra pertanto in una crisi di leadership, dalla quale è possibile uscire in un solo modo: introducendo uno “strong manager” che prenda in mano l’impresa e l’accompagni verso l’approdo di una nuova fase di crescita. Nella seconda fase la leadership manageriale sostituisce la leadership imprenditoriale. L’obiettivo principale della direzione è ricercare la massima efficienza delle operazioni, lo stile direzionale è autoritario e il potere decisionale si mantiene accentrato, anche se la struttura organizzativa assume la tipica configurazione funzionale, basata sulla specializzazione delle competenze e dei compiti. Vengono introdotte procedure e modalità di comunicazione formali e un sistema di controllo basato su standard e centri di costo. Nel tempo l’impresa cresce in dimensione e complessità e si creano le condizioni che innescano una crisi di autonomia. In particolare, le conoscenze accumulate nei livelli inferiori dell’organizzazione vengono compresse entro le maglie di una rigida e centralizzata gerarchia e quindi rimangono un potenziale non utilizzato. Durante la crisi, risorse umane molto qualificate possono decidere di abbandonare l’organizzazione. La successiva fase di evoluzione è caratterizzata dalla delega. L’impresa può quindi riprendere a crescere adottando una struttura organizzativa decentrata, in genere su base geografica. L’obiettivo primario è infatti l’espansione del mercato, perseguito attraverso l’internazionalizzazione e l’ampliamento della gamma produttiva. Lo stile direzionale si ispira al principio del managing by exception, basato a sua volta su IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 77 PARTE II un’attività periodica di reporting dalle unità periferiche, che per il resto godono di elevata autonomia. La responsabilità, l’autonomia e gli incentivi sui risultati assegnati ai manager periferici favoriscono la penetrazione dei mercati, la rapidità di risposta alle esigenze dei clienti e lo svuppo di nuovi prodotti. Tuttavia, alla lunga la libertà genera un atteggiamento che Greiner definisce “parrocchiale”, ossia improntato a un eccessivo localismo. Al crescere della diversificazione geografica e produttiva, e quindi della complessità sottesa allo scope dell’impresa, si viene pertanto a determinare una inevitabile crisi di controllo. L’introduzione di sistemi formali di coordinamento, orientata al consolidamento dell’organizzazione, porta a una nuova fase di crescita. Lo stile direzionale è orientato al controllo (watchdog). La struttura organizzativa viene modificata con l’introduzione di staff alla direzione centrale, che hanno il compito di attivare programmi di controllo estesi all’intera organizzazione. Vengono anche sviluppate procedure formali di pianificazione e le unità periferiche, riorganizzate in aggregazioni omogenee sotto il profilo del prodotto, sono assimilate a centri di investimento, dove i ritorni sul capitale investito diventano un criterio importante per l’allocazione delle risorse all’interno dell’organizzazione. Con il passare del tempo l’organizzazione è diventata troppo grande e complessa per poter essere governata da procedure e programmi rigidamente formalizzati. Ha inizio così la crisi di burocrazia (red-tape crisis). Nella successiva fase di crescita gli obiettivi sono la risoluzione dei problemi e l’innovazione, perseguiti attraverso la collaborazione interpersonale. Lo stile direzionale diventa quindi partecipativo. Il principale cambiamento del modello organizzativo consiste nell’alleggerimento degli staff alla direzione centrale e nella contemporanea introduzione di gruppi di lavoro interfunzionali formati per portare a temine compiti specifici. I gruppi di lavoro sono temporanei e l’organizzazione tende ad assumere una configurazione di tipo matriciale. Un altro meccanismo di coordinamento “leggero” viene individuato nelle conferenze di key managers per mettere a fuoco i principali problemi. La crisi in cui sbocca la crescita improntata al coordinamento non ha dei contorni precisi. All’inizio degli anni settanta, molte grandi imprese statunitensi si ritrovavano infatti, secondo Greiner, in piena evoluzione nell’ambito della quinta fase. L’autore prevede comunque che la crisi sarà legata alla progressiva saturazione IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 78 PARTE II psicologica delle risorse umane aziendali nei confronti dell’intensità del lavoro di gruppo e della pressione verso la ricerca di soluzioni innovative18. Nell’ambito dei modelli evolutivi citati nella premessa alla sezione 2, lo schema proposto da Greiner si distingue per l’introduzione del concetto di crisi. In ogni stadio la crescita è sostenuta da un determinato modello in termini di logica manageriale e di struttura organizzativa. Si giunge ad un punto, però, in cui lo sviluppo invalida il modello consolidato, innescando una crisi. Nel suo sviluppo naturale, dunque, l’organizzazione attraversa dei periodi di instabilità che sono dovuti ai mutamenti all’interno della azienda stessa, che cresce e quindi cambia. Così, il modello della delega risponde alle istanze di autonomia emerse nella fase di crescita precedente. D’altra parte, la crescita attraverso la delega crea una diversità interna che porta l’organizzazione fuori controllo. Esiste, dunque, uno strettissimo legame tra crescita e crisi. Ma l’approccio di Greiner alla crescita (dimensionale) si distingue anche per un altro aspetto, che è poi quello più rilevante nel contesto della nostra analisi. Si tratta del riconoscimento che ogni transizione da una fase di crescita dimensionale all’altra implica l’acquisizione di nuove competenze manageriali, ossia una crescita di tipo qualitativo dell’impresa. 3.3 Quando la crescita qualitativa precede la crescita dimensionale: riposizionamenti strategici e strategie “oceano blu” Uscendo dal determinismo del modello a stadi di Greiner, in ogni periodo del suo ciclo di vita l’impresa può progettare e affrontare con successo una discontinuità organizzativa, o meglio strategico-organizzativa. E lo può fare in modo che la crescita qualitativa preceda e poi accompagni la crescita dimensionale, evitando l’innescarsi di uno squilibrio organizzativo. 18 È interessante notare che in una revisione del classico articolo del 1972 Greiner sostitusce alla saturazione psicologica, come fattore determinante della crisi, il riconoscimento che non esistono più soluzioni interne per promovere un’ulteriore crescita. Su questa base, l’autore prevede una sesta fase «in which growth depends on the design of extra-organizational solutions, such as creating a holding company or a network organization composed of alliances and cross-ownership» (Greiner, 1998). Poiché il primo tipo di esito porta l’impresa a interrompere il percorso di crescita autonomo, la fase finale ipotizzata è quella dell’impresa-rete. Nella versione più aggiornata del modello emergono dunque le relazioni inter-organizzative. Greneir le presenta come vera e propria modalità di crescita, pur relegandole a caratterizzare una fase in cui l’impresa ha raggiunto una dimensione oltre la quale diventa impossibile crescere ulteriormente in condizioni di efficienza, in quanto tutti i meccanismi di coordinamento interno risultano inefficaci (Arrow, 1974; Grandori, 1999). IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 79 PARTE II In questo ambito, un primo riferimento è dato dai riposizionamenti strategici, che possiamo distinguere in due tipi. Il primo tipo consiste nel riposizionamento all’interno del mercato esistente, attraverso il trasferimento da un segmento all’altro o anche lo sviluppo di un nuovo segmento. Ad esempio, negli anni passati diverse piccole e medie imprese dei tipici settori del Made in Italy hanno intrapreso con successo il riposizionamento nei segmenti superiori (in termini di prezzo/qualità) dei mercati di riferimento, stimolate dall’intensa e diffusa concorrenza nazionale e da quella emergente dei paesi di nuova industrializzazione nella fascia bassa e medio-bassa dei mercati. Ai riposizionamenti “orizzontali” si aggiungono quelli nel sistema verticale del valore o nella più ampia rete del valore. In particolare, si possono ricordare i passaggi a valle che hanno caratterizzato i percorsi evolutivi di diverse imprese di subfornitura (Grandinetti, Bortoluzzi, 2004), dalla produzione di un componente elementare alla realizzazione di sotto-assiemi o assiemi, ossia di output più articolati e complessi. Meno frequenti sono invece i passaggi in direzione inversa, verso una posizione più arretrata nel sistema verticale del valore19. Un riposizionamento “a ritroso”, dal prodotto finito alla componentistica, è stato effettuato negli anni settanta dall’impresa Carraro. Quel passaggio fu alla base di un lungo percorso di crescita dimensionale, diversificazione produttiva e internazionalizzazione. Attualmente il Gruppo Carraro è leader mondiale nella produzione di sistemi di trasmissione per applicazioni agricole, macchine per il movimento terra, carrelli elevatori, automobili e veicoli commerciali. La discontinuità strategico-organizzativa può anche risultare più drastica rispetto ai casi di riposizionamento esaminati. Entriamo allora nell’ambito delle innovazioni descritte da Kim e Mauborgne nel loro bel libro Blue Ocean Strategy (2005). Gli autori suddividono i mercati in due tipi: gli oceani rossi e gli oceani blu. Nei primi i confini di settore sono consolidati e le regole del gioco competitivo definite. Le imprese cercano di superare la performance dei concorrenti, in termini di efficienza o di differenziazione, per incrementare la propria quota di mercato, ma i margini per raggiungere questo obiettivo sono molto ridotti. Gli oceani blu rappresentano invece spazi di mercato incontestati, in quanto le imprese che riescono a crearli intercettano 19 Riprendendo il concetto di network position illustrato nel paragrafo 2.1, i riposizionamenti descritti nel testo fanno riferimento soprattutto al ruolo svolto dall’impresa nella divisione del lavoro all’interno del sistema. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 80 PARTE II una domanda nuova. Si tratta evidentemente di una condizione molto vantaggiosa, per quanto difficile da realizzare, che porta a un’intensa crescita dimensionale. Al cuore di una strategia vincente “oceano blu” troviamo un’innovazione radicale. Gli autori la definiscono innovazione di valore «perché invece di concentrarsi sull’obiettivo di battere la concorrenza, essa richiede di concentrarsi sull’obiettivo di neutralizzarla offrendo agli acquirenti e all’azienda stessa un aumento significativo del valore e, per ciò stesso, aprendo uno spazio di mercato nuovo e incontestato». Per Kim e Mauborgne l’innovazione di valore è dunque alla base della creazione di un oceano blu. Questo tipo di innovazione non si risolve in uno sforzo puramente tecnologico oppure in un approccio commerciale pionieristico, ma corrisponde a un modo nuovo di concepire il prodotto e il mercato e a una creazione di valore significativa. In quest’ottica, l’innovazione di valore supera il trade off porteriano tra riduzione dei costi e differenziazione20. Le imprese che riescono a creare oceani blu possono essere industriali o di servizi, come Cirque du Soleil, la cui innovazione di valore è stata costruita intorno all’idea di combinare elementi del tradizionale spettacolo circense e dello spettacolo teatrale in una originale esperienza di intrattenimento. Come riassumono Kim e Mauborgne, Cirque du Soleil «ha dato vita a un oceano blu e inventato una nuova forma di intrattenimento dal vivo – una forma notevolmente diversa sia dal circo tradizionale, sia dal teatro. Allo stesso tempo, eliminando molti degli elementi più costosi del circo, ha ridotto drasticamente la sua struttura dei costi, raggiungendo insieme l’obiettivo della differenziazione e quello del contenimento dei costi», ricordando anche che il prezzo del biglietto è stato allineato al prezzo di uno spettacolo teatrale, molto superiore al prezzo medio del settore circense. In conclusione, è importante notare che l’innovazione di valore corrisponde a un approccio strategico che coinvolge nel suo complesso la catena del valore interna all’impresa e le relazioni della rete del valore21. Essa, infatti, impone di riorientare e riconfigurare l’intero sistema delle attività per arrivare a un aumento significativo del valore creato, per gli acquirenti e per l’impresa. La tab. 3 delinea le caratteristiche fondamentali che definiscono le strategie legate agli oceani rossi e quelle legate agli oceani blu. 20 Un’impresa che cerca di perseguire contemporaneamente i due obiettivi strategici rimarrebbe infatti, secondo Porter (1985), “bloccata in mezzo al guado”. 21 Anche se Kim e Mauborgne non fanno esplicito riferimento alla rete del valore. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 81 PARTE II 3.4 Una tassonomia del rapporto tra crescita dimensionale e crescita qualitativa Nei paragrafi precedenti ci siamo occupati solo delle fasi di discontinuità nei percorsi di sviluppo delle imprese, precisamente di una discontinuità dimensionale seguita da una discontinuità sotto il profilo qualitativo e della situazione inversa. Possiamo ora comporre le considerazioni emerse nel corso dell’analisi in un quadro più ampio, in modo da contemplare anche le fasi di crescita che si caratterizzano in modo diverso. La fig. 7 propone al riguardo una tassonomia del rapporto tra crescita dimensionale e crescita qualitativa. Per tutte le situazioni descritte, il riferimento è un intervallo temporale relativamente breve t0 – t1, in cui si registrano variazioni di analoga o diversa consistenza del valore aggiunto (crescita dimensionale) e dello stock di competenze (crescita qualitativa). In alcuni casi, l’osservazione si estende al successivo periodo t1 – t2. Le semirette CQ* e CD* indicano rispettivamente la crescita qualitativa necessaria a supportare una determinata crescita dimensionale, e la crescita dimensionale attesa da un determinato investimento in capabilities aziendali. Il grafico in alto a sinistra presenta in effetti due situazioni. L’impresa realizza un piccolo incremento della dimensione, ad esempio l’ampliamento di un reparto produttivo, che comporta un adattamento organizzativo nullo o molto modesto. In alternativa, l’impresa effettua un piccolo investimento in capabilities, a supporto di una certa crescita dimensionale. In entrambi i casi – ed è questo l’aspetto importante – il fattore causale e il suo effetto sono contenuti all’interno dell’intervallo di tempo considerato. Le situazioni descritte possono anche costellare in sequenza il ciclo di vita delle imprese, giustificando i tratti di crescita (ed evoluzione) gradualistica. Il secondo grafico illustra invece il caso di un incremento significativo della scala, dovuto ad esempio alla creazione di un nuovo stabilimento di produzione. Si tratta tuttavia di un’estensione omogenea della capacità produttiva esistente che non pone problematiche inedite sotto il profilo manageriale e organizzativo22. Come nel caso precedente, l’adattamento marginale si risolve nell’intervallo t0 – t1. Si può allora parlare di crescita replicativa. Il grafico in basso a sinistra schematizza la situazione esaminata in dettaglio nel paragrafo 3.1. La crescita dimensionale è consistente e le sue caratteristiche specifiche impongono una crescita qualitativa altrettanto significativa. L’impresa può anche avere potenziato lo stock delle risorse umane qualificate reclutando nuovi 22 Si ricordi l’esempio riportato nella parte introduttiva della sezione 2. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 82 PARTE II manager, ma il tempo di adattamento dell’organizzazione supera comunque t123. Nel primo periodo si verifica quindi uno shock organizzativo, che può essere superato solo in t1 – t2. L’ultimo grafico riassume le situazioni in cui nel periodo t0 – t1 viene conseguita una crescita qualitativa rilevante, in cui la dimensione organizzativa spesso affianca una discontinuità strategica. La crescita dimensionale si realizza in larga misura nell’intervallo di tempo successivo e la distanza rispetto alla semiretta CD* è una misura inversa dell’efficacia dell’investimento in capabilities rispetto alle aspettative di crescita. Fig. 6 - Il modello crescita-crisi di Greiner (1972) Fase 1 Creativitˆ Fase 2 Autoritˆ Fase 3 Delega Fase 4 Fase 5 Coordinamento Collaborazione CR Burocrazia Controllo Autonomia Leadership CR ? CR CR CR Età dell’organizzazione 23 Si noti che gli eventuali manager assunti dall’impresa sono portatori di nuove conoscenze e competenze, che però si traducono in effettive capabilities aziendali solo nella misura in cui i manager stessi si “immergono” nel contesto aziendale di arrivo e imparano ad operare in modo efficace al suo interno. Anche questo tempo di apprendimento incide sul disaccoppiamento tra crescita dimensionale e crescita qualitativa. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 83 PARTE II Tab. 3 - Strategia oceano rosso e strategia oceano blu (Kim, Mauborgne, 2005) STRATEGIA OCEANO ROSSO STRATEGIA OCEANO BLU Competere nell’attuale spazio di mercato Creare uno spazio di mercato incontestato Battere la concorrenza Aggirare la concorrenza Sfruttare la domanda esistente Creare e conquistare una nuova domanda Assecondare il trade off tra costo e differenziazione Allineare l’intero sistema delle attività dell’azienda con la sua scelta strategica a favore della differenziazione oppure del contenimento dei costi Spezzare il trade off tra costo e differenziazione Allineare l’intero sistema delle attività dell’azienda con il doppio obiettivo della differenziazione e del contenimento dei costi Fig. 7 - Il rapporto tra crescita dimensionale e crescita qualitativa CD* Crescita replicativa Crescita gradualistica t1 t1 t0 CQ* CQ* Crescita Dimensionale t0 Crescita Dimensionale CQ* = Crescita qualitativa necessaria CD* = Crescita dimensionale attesa CD* t1 t2 t2 CQ* La discontinuit organizzativa prepara la crescita dimensionale Shock organizzativo e successivo riallineamento t1 t0 Crescita Dimensionale t0 IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE Crescita Dimensionale 84 PARTE II 4. La proiezione internazionale della crescita aziendale Sia la crescita dimensionale che la crescita relazionale (e quindi la crescita qualitativa) presentano, soprattutto nella fase recente, una forte proiezione internazionale. Infatti, considerando la globalizzazione come la nuova forma assunta dal processo competitivo – una forma che rende sempre più ininfluenti le barriere geografiche alla circolazione delle merci, delle persone, dei capitali e delle conoscenze – e assumendo il punto di vista dell’impresa, adottare un orizzonte strategico globale significa proiettare la catena interna del valore e la rete del valore in ambito internazionale. 4.1 Investimenti esteri e global networking Il riferimento è all’intero spettro delle attività interdipendenti che compongono la catena del valore dell’impresa (operazioni manifatturiere, vendite e marketing, ricerca e sviluppo, gestione delle risorse umane ecc.). Può trattarsi di attività che l’impresa svolge al suo interno (o all’interno del gruppo), di attività realizzate in compartecipazione con qualche partner, oppure di attività rispetto alle quali l’impresa si approvvigiona presso un fornitore esterno di input materiali o di servizi. Nel primo caso possiamo parlare di catena interna del valore (entro i confini proprietari), nel secondo e nel terzo di rete del valore24. Quindi, la localizzazione delle attività di un’impresa globale – nella duplice accezione interna/esterna di cui sopra – coinvolge tipicamente paesi diversi. Scelte di questo tipo sono state assunte da molte imprese del Nord-Est in varie forme: da investimenti produttivi e commerciali all’estero alla delocalizzazione di alcuni rapporti di subfornitura, dallo sviluppo di joint ventures e di altre forme di cooperazione con partner esteri allo sviluppo di relazioni con fornitori esteri di servizi strategici. Le imprese che assumono un comportamento attivo nei confronti della globalità, piuttosto che subirla come minaccia, sono dunque quelle che adottano ampi gradi di libertà nel definire le proprie scelte localizzative per ogni specifica attività della catenarete del valore. È importante osservare che nel nostro modello evolutivo l’internazionalizzazione non corrisponde a una fase che segue la crescita dell’impresa nel mercato domestico e a sua volta si dispiega lungo una sequenza di stadi caratterizzati da livelli crescenti di impegno-coinvolgimento nelle operazioni estere, come nel modello elaborato dagli 24 Inseriamo convenzionalmente le relazioni equity nella rete del valore. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 85 PARTE II studiosi della cosiddetta scuola di Uppsala (Johanson, Vahlne, 1977; WiedersheimPaul, Holson, Welch, 1978)25. Al contrario, nell’’era dell’economia globale, l’internazionalizzazione rappresenta il modo di essere “normale” delle imprese, di quelle di nuova formazione come delle imprese che hanno alle spalle una lunga storia. In un tale contesto, tutto ciò che ha a che fare con la posizione competitiva e l’agire strategico dell’impresa è contenuto nello spazio internazionale. La nostra visione dell’internazionalizzazione è coerente con il modello di impresa transnazionale di Bartlett e Ghoshal (1989), proposto come traguardo evolutivo delle imprese multinazionali a fronte del mutamento di scenario determinato dalla globalizzazione. Risulta utile esaminare questo modello perché da esso emerge con grande chiarezza la compresenza di tutte e tre le dimensioni della crescita: la dimensione, le competenze e le relazioni (interne ed esterne). 4.2 Il modello di impresa transnazionale di Bartlett e Ghoshal Analizzando la storia competitiva delle multinazionali di diversi paesi e settori, gli autori pervengono alla conclusione che in passato i settori mondiali si presentavano unidimensionali in termini strategici, cioè richiedevano una competenza strategica dominante per operare in essi. In particolare, nei settori multidomestici l’obiettivo strategico dominante era rappresentato dalla reattività ai mercati locali, caratterizzati da profonde differenze innanzitutto nella struttura dei consumi. Quando il mercato mondiale rappresenta la somma di mercati nazionali separati, la capacità di adattarsi alle differenze locali diventa una forza centrifuga dell’assetto organizzativo, spingendolo verso il modello della “federazione decentralizzata” (fig. 8): a. le attività estere sono assimilate a un portafoglio di imprese indipendenti; b. prevale la decentralizzazione delle risorse, delle responsabilità e delle decisioni; c. il controllo si basa su rapporti informali tra sede centrale e consociate. Nel settore che i due autori definiscono globale, ma che risulterebbe più appropriato denominare globale omogeneo, sussistono invece condizioni tecnologiche e di domanda che spingono alla realizzazione di grandi volumi di prodotto standardizzati. L’imperativo strategico è dunque l’efficienza globale, cioè lo sfruttamento di economie 25 Gli stadi sono quelli di una sequenza che procede dall’esportazione irregolare all’esportazione organizzata tramite agenti, alla creazione in loco di filiali o di sussidiarie commerciali, per finire con lo stadio della classica impresa multinazionale, che localizza stabilimenti di produzione in alcuni paesi esteri. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 86 PARTE II di scala su base mondiale. In questo tipo di settore, il corrispondente modello organizzativo: a. tratta le attività estere come appendici logistiche per operare nel mercato globale, al contempo unificato e omogeneo; b. centralizza le risorse, le responsabiltià e le decisioni; c. esercita un controllo stretto ed esteso sulle sedi estere. Esiste anche un terzo tipo di settore mondiale, che Bartlett e Ghoshal denominano internazionale. In un tale contesto, la competenza strategica dominante è costituita dalla capacità di trasferire le conoscenze dalla casa-madre alle sedi periferiche. Quando l’appropriatezza organizzativa non è rapportabile al problema dell’efficienza globale o della reattività locale, ma deve misurarsi con l’obiettivo dell’apprendimento a livello mondiale (anche se solo nella forma del trasferimento unidirezionale centroperiferia), il modello vincente assume caratteristiche intermedie tra i due modelli precedenti: le attività estere configurano appendici “intelligenti” nel complessivo sistema aziendale, alle quali la casa-madre decentra risorse, responsabilità e decisioni, ma entro le maglie di un collegamento/controllo stretto e generalmente formalizzato. A partire dalla seconda metà degli anni ottanta queste distinzioni vengono travolte da mutamenti che coinvolgono tutti i settori, sia dal lato della domanda che dell’offerta. Per la singola impresa, il risultato consiste in un notevole incremento della complessità da gestire nell’ambiente competitivo di riferimento, che non può più essere affrontato da un orientamento strategico unidimensionale. L’impresa transnazionale (o globale nel significato non restrittivo del termine) rappresenta la risposta sul piano delle competenze strategiche e del modello organizzativo a tale incremento di complessità. Sotto il primo profilo, essa cerca di mettere a sintesi esigenze differenziate e di risolvere i relativi trade-offs, optando per un approccio pluridimensionale, orientato allo sviluppo integrato di efficienza globale, flessibilità multinazionale e apprendimento internazionale. Il modello organizzativo è quello di una rete integrata “interna”. In quest’ottica, l’impresa non sceglie univocamente la centralizzazione delle risorse (delle responsabilità e delle decisioni), oppure la loro decentralizzazione, ma opera con una logica selettiva. L’impresa transnazionale centralizza pertanto alcune risorse nel paese di origine, mentre altre vengono centralizzate in altri (specifici) contesti nazionali, e altre ancora risultano distribuite tra le imprese del gruppo-rete aziendale. In generale, si ottiene una configurazione diffusa delle risorse e delle capacità, insieme alla loro relativa specializzazione (fig. 8). IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 87 PARTE II La specializzazione implica la differenziazione dei ruoli e delle responsabilità delle consociate, recuperando in tal modo sia i benefici della divisione internazionale del lavoro, sia una superiore flessibilità nell’operare in diversi mercati-paese comunque globalmente interdipendenti26. La differenziazione organizzativa rappresenta un passaggio cruciale nella costruzione della soluzione transnazionale, che la pone in alternativa alla reattività “locale per locale” del modello multidomestico, come pure all’insensibilità “centro per locale” del modello globale basato sulla centralizzazione e standardizzazione. In questo modo, la periferia acquista centralità, non solo in funzione di specifici contesti nazionali (laddove queste specificità si presentano), ma anche in funzione (al servizio) della rete nel suo complesso. Infatti, i nodi della rete diventano selettivamente: - luoghi di reattività locale, in funzione delle specificità che caratterizzano (nei mercati-paese dove i nodi sono localizzati) i sistemi distributivi, le preferenze dei consumatori, le legislazioni nazionali ed altri aspetti influenti; - luoghi di monitoraggio innovativo e/o innovazione vera e propria, perché operanti in paesi elettivi per il processo innovativo di un determinato settore (inclusa la presenza di una domanda innovativa, che anticipa bisogni e tendenze che si diffonderanno successivamente in altri paesi), oppure perché le innovazioni comunque realizzate si rivelano trasferibili; - luoghi di accentuato confronto competitivo, in relazione alla posizione che nei corrispondenti mercati-paese detengono i concorrenti globali. Non si deve poi tralasciare un ulteriore aspetto importante relativo alla differenziazione: le consociate dispongono di risorse e capacità interne, che hanno accumulato nel corso della loro storia e che possono venire messe al servizio della rete (integrata). In definitiva, la differenziazione selettiva dei ruoli e delle responsabilità delle consociate riflette le differenze relative da un lato ai contesti in cui operano, dall’altro alle risorse/competenze di cui sono dotate. 26 «L’organizzazione transnazionale sviluppa la propria reattività creandosi in vari modi una flessibilità multinazionale. Prevede un certo sottoimpiego delle capacità produttive e adotta un’automazione flessibile al fine di rispondere a improvvisi mutamenti nella domanda o nell’offerta. Crea prodotti con strutture modulari, in modo da poter differenziare caratteristiche e stili a seconda dei mercati, mentre mantiene la standardizzazione dei componenti di base e del design centrale. Ma, soprattutto, la società transnazionale attua una sistematica differenziazione dei ruoli e delle responsabilità nelle varie parti della propria organizzazione» (Bartlett, Ghoshal, 1989). IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 88 PARTE II Alla luce delle caratteristiche descritte, l’impresa transnazionale deve poter integrare le entità specializzate attraverso interdipendenze reciproche, piuttosto che sequenziali. Queste interdipendenze discendono in parte dalla divisione del lavoro all’interno del sistema, ma in parte sono orientate specificamente a sviluppare rapporti cooperativi che autorafforzano il sistema. Secondo i due autori, la differenziazione interna e l’integrazione non gerarchica delle parti (attraverso le interdipendenze, la comunicazione, la cooperazione, i sistemi formali e informali di coordinamento) sono le fondamentali risposte strategiche e organizzative dell’impresa multinazionale alla sfida della complessità/globalità27. Il concetto di rete integrata esprime dunque l’importanza dei flussi di componenti e prodotti finiti, persone, informazioni e conoscenze, risorse finanziarie, nonché del governo di tale complesso intreccio di transazioni, nel modello organizzativo che i due studiosi identificano alla fine degli anni ottanta come emergente nelle grandi imprese internazionalizzate. Bartlett e Ghoshal, facendo proprie le considerazioni sviluppate da Porter (1986) e da Kogut (1985a e 1985b), riconoscono l’importanza che la distribuzione geografica delle attività e delle risorse può svolgere ai fini della competizione globale. Non si tratta solo della capacità di rispondere alle esigenze differenziate dei mercati locali, dell’opportunità di sfruttare i differenziali sui costi dei tradizionali fattori produttivi, della necessità di ridurre diverse tipologie di rischi o anche della possibilità di tradurre le imperfezioni dei mercati in vantaggiose azioni di arbitraggio (di beni, capitali e informazioni). L’aspetto più qualificante consiste infatti nella possibilità di presidiare la pluralità dei luoghi che elettivamente compongono il pool internazionale settorialmente significativo di risorse manageriali e tecnologiche, di fonti di innovazione, di tendenze innovative della domanda, di segnali competitivi. In altri termini, in un’impresa transnazionale il processo di knowledge management si sviluppa su scala globale. Questa opzione risulta coerente 27 Esiste una certa sovrapposizione tra l’approccio dei due autori alla globalità e la teoria porteriana del valore nella sua proiezione internazionale. Per Porter (1986) la configurazione e il coordinamento delle attività della catena del valore rappresentano le due dimensioni che consentono di qualificare una strategia competitiva in ambito internazionale. La prima concerne la localizzazione delle attività della catena: da un lato, ogni attività può essere concentrata in una sola sede o decentrata attraverso investimenti diretti in vari paesi; dall’altro, si pone il problema della scelta dei luoghi specifici in cui ubicare le attività. Il coordinamento delle attività dislocate nei vari paesi può essere effettuato in diversi modi, compresi tra i due estremi della massima autonomia concessa alle unità periferiche e la completa standardizzazione dei processi produttivi, dei sistemi informativi e di controllo, delle procedure operative. Il problema del coordinamento internazionale si pone sia tra attività dello stesso tipo distribuite in paesi diversi, sia tra attività distinte della catena del valore caratterizzate da una localizzazione elettiva in determinati paesi. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 89 PARTE II con una lettura in chiave cognitiva della globalizzazione, che interpreta il fenomeno come estensione a scala mondiale della base su cui si dispiegano i processi di produzione, circolazione e utilizzo delle conoscenze rilevanti per il vantaggio competitivo delle imprese (Grandinetti, Rullani, 1996). Il modello organizzativo transnazionale è una rete che integra leader specializzati (le consociate nazionali). Esso riconosce dunque il valore differenziale dei singoli ambienti nazionali attraverso la differenziazione dei ruoli e delle responsabilità delle consociate che operano in tali contesti, dove la considerazione strategica principale che sottende il modello «è quella dell’importanza complessiva degli ambienti nazionali rispetto alla strategia globale dell’azienda» (Bartlett, Ghoshal, 1989). In definitiva, è la varietà dei paesi il dato da organizzare, attraverso il coordinamento di consociate autonome che possono attingere a tale varietà e alimentare con questa le competenze e le strategie dell’intera organizzazione multinazionale28. Un punto di notevole importanza del modello descritto consiste nel fatto che la prospettiva teorica della rete transnazionale ha come sbocco necessario l’apertura dell’organizzazione reticolare interna in una rete più ampia, che comprende una pluralità di imprese autonome (Vaccà, Zanfei, 1989). Come gli stessi Bartlett e Ghoshal riconoscono in un lavoro successivo a Managing across Borders, dove invece le multinazionali sono ancora concettualizzate con riferimento alle sole relazioni tra unità organizzative collocate all’interno dei confini di proprietà, la rete interna entra a far parte di un external network, «il quale consiste di tutte le organizzazioni con cui le varie unità della multinazionale devono interagire, dai clienti ai fornitori, dagli enti di regolazione alle imprese concorrenti» (Ghoshal, Bartlett, 1990). Ricordiamo infine che il modello strategico-organizzativo della rete transnazionale interna-esterna non interpreta solo l’evoluzione delle grandi imprese multinazionali, come Procter & Gamble, Unilever, Philips ed Ericsson29. Infatti, anche imprese che si collocano ben al di sotto di queste dimensioni lo hanno seguito. Due esempi di “piccole” imprese transnazionali sono offerti dal Gruppo Mainetti, leader mondiale nella produzione di appendiabiti, e dal Gruppo Carraro, leader mondiale nella produzione di sistemi di trasmissione. Entrambi i casi sono presentati in questo rapporto di ricerca. 28 Una conclusione in perfetta sintonia con la contemporanea definizione del concetto di strategia globale proposta da Bruce Kogut: «Ciò che distingue il contesto internazionale della globalità, oltre alla più ampia dimensione del mercato, è la varianza degli ambienti nazionali e l’abilità nel trarre vantaggio dalla gestione a tutto campo di tale varianza» (Kogut, 1989). 29 Sono queste, secondo Bartlett e Ghoshal (1989), le imprese più rappresentative del modello trnsnazionale. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 90 PARTE II Fig. 8 - Modelli dell’impresa multinazionale: la soluzione multidomestica e la soluzione transnazionale (Bartlett, Ghoshal, 1989) Federazione decentralizzata Decentralizzazione di molte risorse, responsabilit e decisioni importanti Controllo personale Rapporti informali tra sede e consociate, integrati da semplici controlli finanziari Mentalit multinazionale Le attivit estere sono considerate come un portafoglio di imprese indipendenti Rete integrata Risorse e competenze distribuite e specializzate Rete integrata Flussi di input materiali, risorse, persone e informazioni tra i nodi della rete Mentalit transnazionale Complesso processo di coordinamento e collaborazione, processo decisionale collegiale IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 91 PARTE II 5. I processi di crescita aziendale nei distretti industriali: le imprese distrettualiglobali Tornando per un momento alla statistica delle medie imprese di MediobancaUnioncamere, è interessante notare che 953 imprese delle 3.966 selezionate dall’indagine sono localizzate nei distretti industriali, in cui peraltro sono presenti anche imprese di grandi dimensioni30. In effetti, i distretti industriali italiani hanno ospitato in tempi relativamente recenti numerosi processi di crescita aziendale, che risultano interessanti non solo sotto il profilo dimensionale ma anche in relazione alle altre due dimensioni della crescita e alla proiezione internazionale della stessa. 5.1 La crescita dimensionale-relazionale delle imprese distrettuali-globali In particolare, la sfida della crescita nello scenario della competizione globale è stata raccolta in modo tempestivo e a tutto campo da alcune imprese distrettuali, che è opportuno definire distrettuali-globali (IDG). Si tratta di entità aziendali che hanno raggiunto dimensioni considerevoli, anche attraverso l’acquisizione di altre imprese del distretto in cui hanno sede. Inoltre, la catena interna del valore e la rete del valore di queste imprese, la cui presenza è stata documentata in diversi distretti inustriali italiani31, assumono una configurazione internazionale (Camuffo e Grandinetti, 2005). Infatti, le attività e le relazioni che rimangono nel distretto vengono integrate in un disegno più complesso, che comprende (fig. 9): a. la delocalizzazione di alcune fasi della filiera produttiva attraverso accordi di subfornitura, la creazione di joint ventures di produzione o l’insediamento di stabilimenti produttivi; b. il presidio dei canali distributivi in varie forme, dallo sviluppo di una rete di agenzie di vendita a modalità anche più impegnative, in particolare nei principali mercati esteri di sbocco, come la creazione di joint ventures di vendita, l’insediamento di filiali commerciali, l’acquisizione di catene di vendita al dettaglio; 30 L’indagine ha individuato 72 distretti industriali in Italia, attraverso un’analisi incrociata delle diverse fonti disponibili. 31 In particolare nell’area del Nord-Est: Corò e Grandinetti, 1999 e 2001; Grandinetti, 1999 e 2003b; Brunetti e Camuffo, 2000; Camuffo, 2003; Nassimbeni, 2003; Camuffo, Furlan, Romano e Vinelli, 2004. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 92 PARTE II c. lo sviluppo di relazioni con fornitori extradistrettuali di servizi di rilevanza strategica, in attività come l’innovazione tecnologica, lo sviluppo dei nuovi prodotti, la gestione della qualità, il marketing, i servizi finanziari; d. in alcuni casi, la cooperazione con partner industriali localizzati all’esterno del distretto, che operano nello stesso settore o in settori collegati, per lo sviluppo congiunto di progetti di innovazione o di strategie di penetrazione commerciale. Con riferimento alla prima direttrice di internazionalizzazione e in particolare agli investimenti produttivi in paesi esteri, va osservato che alcuni sono guidati da un orientamento al mercato di sbocco, al fine di servire in modo efficace nuovi e importanti mercati. Altri seguono invece un orientamento al mercato degli approvvigionamenti e sono motivati in via esclusiva dall’opportunità di sfruttare differenziali favorevoli nei costi di produzione, che peraltro possono sussistere e rafforzare anche il primo tipo di motivazione. Nel primo caso tuttavia, a differenza del secondo, gli investimenti esteri non risultano di norma sostitutivi di capacità produttiva presente nel distretto, in quanto la logica sottesa è di tipo espansivo. Riprendendo una visione d’insieme, si può dunque affermare che l’internazionalizzazione delle IDG coinvolge le attività della catena del valore entro i confini proprietari dell’impresa, e all’esterno di tali confini le relazioni con altre imprese, seguendo una logica strategica di global networking. Sotto il profilo cognitivo, l’impresa che assume la forma distrettuale-globale trasferisce e assorbe conoscenze su base internazionale. Sulla stessa base, combina le proprie conoscenze con quelle di altri soggetti con cui entra in relazione, producendo nuove conoscenze. Le IDG fuoriescono dunque dal modello basato sulla spinta internalizzazione nel contesto locale dei mercati dei beni intermedi e dei servizi, con effetti di sostituzione e di pressione evolutiva che coinvolgono l’offerta distrettuale di subforniture, i tradizionali intermediari commerciali e gli altri operatori terziari del distretto, dalle banche alle imprese del settore logistico. In generale, le IDG tendono a selezionare tutte le relazioni intradistrettuali: la qualità e il prezzo degli output offerti nei mercati interni diventano, infatti, oggetto di confronto costante con quanto risulta accessibile o può essere direttamente prodotto all’esterno. Nella forma estrema, l’IDG non intrattiene più relazioni con altre imprese locali e mantiene la connotazione “distrettuale” solo per le attività proprietarie localizzate nel distretto. Un caso emblematico di impresa distrettuale-globale, analizzato in profondità in questo rapporto di ricerca, è il Gruppo Mastrotto nel distretto conciario di Arzignano. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 93 PARTE II 5.2 La crescita qualitativa delle imprese distrettuali-globali Oltre alla riconfigurazione delle attività e delle relazioni in ambito internazionale, un ulteriore elemento di grande rilievo nel distinguere il comportamento strategico delle IDG è rappresentato dalla natura dei processi innovativi che esse sono in grado di sviluppare (Camuffo, Grandinetti, 2005). Si tratta, infatti, di innovazioni complesse rispetto alle tipiche innovazioni puntuali di processo e prodotto. Il riferimento è a progetti che modificano in profondità la struttura organizzativa dell’impresa e l’insieme delle sue relazioni, come in particolare l’introduzione di un approccio strutturato di marketing, di un modello di produzione just in time o di un sistema di Total Quality Management. Nello stesso tempo, si tratta di innovazioni che richiedono il dominio delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, l’assorbimento di conoscenze codificate spesso complesse e la loro ricodificazione per poterle adattare alle caratteristiche specifiche del contesto aziendale. In genere, questo processo di adattamento-ricodificazione implica la combinazione delle conoscenze codificate assorbite con conoscenze tacite presenti nell’impresa. Lo sviluppo di innovazioni di questo tipo spiega le relazioni allacciate dalle IDG oltre i confini del distretto con determinati fornitori di servizi strategici o con eventuali partner industriali (fig. 9), venendosi in questo modo a potenziare i collegamenti con le fonti esterne di conoscenza. D’altra parte, il trasferimento della conoscenza (in entrata) diventa possibile se l’impresa è in grado di interagire con questi soggetti, tenendo conto che la comunicazione non poggia più sulla base comunitaria che favorisce l’interazione tra gli operatori dello stesso distretto. L’impresa distrettuale in movimento verso la globalità deve dunque sviluppare una superiore capacità di accedere a linguaggi universali e di codificare le conoscenze tacite. Più in generale, l’internazionalizzazione delle attività e delle relazioni impone questo passaggio, al fine di consentire gli investimenti proprietari su scala internazionale (trasferimento della conoscenza in uscita) e l’interazione cognitiva con le imprese collegate a monte e a valle nella supply chain e con gli altri soggetti che partecipano alla rete globale del valore. Si noti come la codificazione delle conoscenze occupi uno snodo critico nei percorsi evolutivi che hanno portato alla formazione delle IDG. Da un lato, infatti, questa competenza entra in gioco nei processi di innovazione descritti, dall’altro serve a potenziare la capacità di investimento e di relazione dell’impresa in ambito globale. Ciò non significa che le conoscenze tacite e il loro sviluppo attraverso processi di learning by doing individuali e meccanismi di socializzazione intersoggettivi perdano la loro IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 94 PARTE II importanza. Al contrario, per conquistare e difendere il vantaggio competitivo, l’impresa deve mantenere la capacità endogena di produzione di conoscenze tacite e rafforzarsi al contempo sui due fronti collegati dell’assorbimento e della codificazione delle conoscenze. Fig. 9 - Le direttrici di internazionalizzazione delle imprese distrettuali-globali Cooperazione orizzontale o laterale con altri produttori Delocalizzazione delle subforniture Relazioni con subfornitori qualificati e service providers Presidio dei mercati GRUPPO DISTRETTO Relazioni tra imprese del gruppo Relazioni con fornitori di servizi strategici Relazioni con imprese esterne al gruppo L’introduzione di innovazioni complesse da parte delle IDG mette a dura prova la capacità delle altre imprese del distretto di assorbire la relativa conoscenza, e divengono pertanto più selettivi i processi di diffusione locale delle innovazioni tramite l’osservazione imitativa, le relazioni intradistrettuali, la mobilità interaziendale delle risorse umane e la creazione di imprese per gemmazione da imprese esistenti32. Inoltre, i processi innovativi risultano intimamente connessi con l’innalzamento del profilo qualitativo delle risorse umane impiegate nell’impresa. Di conseguenza, cresce l’interesse a ridurre la mobilità in uscita delle risorse umane più qualificate, il che contribuisce a indebolire il meccanismo generativo di nuove imprese mediante spin-off. 32 Si tratta dei tradizionali meccanismi attraverso i quali le conoscenze si diffondono all’interno degli ambienti distrettuali: Grandinetti, Tabacco, 2003; Camuffo, Grandinetti, 2005. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 95 PARTE II Il quadro delineato solleva un interrogativo sul futuro dei distretti industriali. Infatti, se i processi di crescita dimensionale e relazionale su scala internazionale, e lo sviluppo di risorse e competenze che accompagna tali processi, si concentrano in una o poche imprese di ciascun distretto, le IDG appunto, è difficile ipotizzare che questi sistemi produttivi si potranno riprodurre a lungo nel tempo. L’osservazione della realtà non sembra tuttavia prefigurare un esito così drastico. In verità, come afferma Enzo Rullani (2005), i distretti stanno “cambiando pelle” e il cambiamento coinvolge un segmento più ampio e variegato rispetto alle sole imprese leader (le IDG). In ogni caso, si tratta di processi fortemente selettivi, dove lo snodo critico è rappresentato nuovamente dalla capacità dell’impresa di associare una visione strategica chiara a un’appropriata combinazione di crescita dimensionale, relazionale e qualitativa. Riferimenti bibliografici Adizes I. (1989), Corporate lifecycles. How and why corporations grow and die and what to do about it, Englewood Cliffs, Prentice-Hall. Andrews K. (1971), The concept of corporate strategy, Homewood, Dow Jones-Irwin. Arrow K.J. (1974), The limits of organization, New York, Norton. Axelsson B., Easton G. (1992) (eds.), Industrial networks. A new view of reality, London, Routledge. Barnes L.B., Hershon S.A. (1976), “Trasferring power in the family business”, Harward Business Review, 54 (4). Bartlett C.A., Ghoshal S. 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Lo studio dei casi è stato quindi teso a mettere in evidenza il modello di crescita seguito da ciascuna impresa evidenziando come nel tempo si siano venuti a modificare struttura e confini proprietari, le scelte e motivazioni sottostanti alle diverse tipologie di crescita intraprese, e le problematiche affrontate da ogni azienda. È sembrato poi utile studiare le modalità di crescita delle aziende non solo dal punto di vista dimensionale, ma anche dal punto di vista qualitativo e relazionale. La dimensione raggiunta da ogni impresa è, infatti, solo una delle variabili che descrivono la crescita. L’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione, e del ruolo dell’impresa nella rete del valore sono variabili altrettanto necessarie per mettere meglio a fuoco la qualità e la sostenibilità del modello di crescita. L’arco di tempo considerato, e su cui si è in gran parte focalizzato lo studio dei case histories, riguarda gli ultimi 10 anni. Il bisogno di crescita delle imprese che accompagna questo periodo nasce da discontinuità importanti nello scenario economico e competitivo. In questi ultimi 10 anni cambia infatti in modo dirompente la geografia dello spazio competitivo delle imprese. Il fenomeno della globalizzazione diventa un fattore di contesto che inevitabilmente le aziende si trovano a dover considerare nelle loro scelte economiche: mercato globale, cliente globale, globalizzazione dei fattori (lavoro e materie prime) sono tutte potenzialità su cui le aziende possono innescare percorsi di crescita positivi, ma rappresentano anche IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 100 PARTE III minacce per le aziende che decidono di rimanere ferme su modelli di business tradizionale lasciando agli altri le possibilità di sfruttare quei vantaggi comparati o le opportunità di cogliere dai diversi contesti nicchie di mercato su cui replicare le proprie specializzazioni. Per non rimanere tagliate fuori del mercato, le aziende si trovano quindi a dover rigenerare la propria formula competitiva su almeno due delle variabili di crescita sopra descritte. Le aziende necessitano di crescere in dimensioni e/o in relazioni all’interno della supply chain, supplendo, in questo secondo caso, anche ad una limitata dimensione con la capacità di fare sistema e divenire un nodo importante nella rete del valore. Essenziale è poi la crescita qualitativa, che si traduce in un miglioramento della qualità del capitale intellettuale e relazionale delle imprese e nell’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione, necessaria per raggiungere una determinata soglia dimensionale e una determinata posizione nella rete del valore. Un altro fenomeno che in questi ultimi 10 anni ha portato le imprese a intraprendere percorsi di crescita riguarda poi la crescente rilevanza che nella generazione del valore assumono gli asset immateriali dei diversi modelli di business. Il valore non sta più prevalentemente nel prodotto venduto, ma soprattutto nella capacità di garantire, ad esempio, un servizio distintivo al cliente che può assumere un significato diverso a seconda del settore di appartenenza dell’impresa, o a seconda del fatto che l’azienda operi nel business to business o nel business to consumer. Nel sistema moda o nei beni destinati al consumatore finale il prodotto materiale si accompagna e si arricchisce di elementi immateriali (significato, esperienze e concetti evoluti di consumo) che possono richiedere ad esempio una crescita attraverso un riposizionamento a valle (es. Grotto). Nelle attività business to business o in altri settori assumono sempre più rilevanza, ad esempio, l’attività di co-progettazione, di co-partnership, di logistica integrata, l’abilità di garantire un servizio adeguato al cliente globale, la capacità di offrire un sistema funzionale del prodotto (es. Carraro, Palesa-Aldebra, AnodicaUnieldom) che può spingere le aziende a crescere attraverso linee esterne o alleanze per meglio assicurarsi la gestione delle competenze complementari o utili per garantire un servizio distintivo al proprio cliente (tempi rapidi di consegna, vicinanza geografica, servizi aggiuntivi, pacchetto completo). Infine è da considerare la rilevanza e la rapidità con cui si propagano le innovazioni tecnologiche negli ultimi anni (ICT, innovazioni tecnologiche di prodotto e di processo) che richiedono alle imprese investimenti in conoscenza o nelle capacità di accesso alle conoscenze altrui per evitare un invecchiamento rapido delle formule competitive e per sviluppare attività di exploration ed exploitation capaci di generare nuovo valore IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 101 PARTE III aggiunto. Anche in questo caso è quindi necessaria una crescita importante attraverso il raggiungimento di determinate scale dimensionali, l’accesso a risorse complementari (es. Palesa-Aldebra) o attraverso un investimento nella crescita qualitativa dell’impresa (es. Anodica Trevigiana). Tenendo conto di questo scenario che ha influenzato e determinato le scelte di crescita di tutte le imprese (anche se per alcune in modo più rilevante di altre) lo studio dei casi ha voluto mettere in evidenza, come detto in precedenza: 1. Il percorso e la tipologia di crescita di ciascuna impresa 2. La crescita qualitativa (evoluzione delle competenze e dell’organizzazione) 3. L’evoluzione dell’impresa nella rete del valore Il percorso e la tipologia di crescita In tutti i casi analizzati si evidenzia una crescita positiva nel tempo in termini di numero di addetti. Interessante è però notare come la crescita dimensionale delle imprese, o i progetti di crescita in corso, si siano realizzati spesso attraverso l’accesso ad una pluralità di percorsi. Non si può quindi stabilire una best practice, ossia una via di crescita che risulti migliore di altre, poiché ogni percorso sviluppato dalle singole aziende risponde alle contestualità e agli obiettivi specifici di ognuna, e mette in moto di volta in volta la strategia più adatta. La crescita può quindi avvenire attraverso linee interne, ossia attraverso l’investimento in capacità produttiva sostenuta e gestita direttamente dall’azienda; attraverso linee esterne, ossia tramite acquisizioni, incorporazioni e alleanze di vario genere (formali e informali). Nella tavola sinottica che descrive sinteticamente i casi, è sembrato opportuno tenere distinta la tipologia alleanze dalla tipologia linee esterne, seppure la prima venga solitamente fatta rientrare nella seconda. La crescita attraverso alleanze risulta essere una modalità che nel sistema veneto è a volte sostenuta con molte difficoltà, perché richiede spesso da parte della proprietà la capacità di allentare la presa sulle leve di comando a favore di una maggiore attività di cooperazione. È quindi parso utile dar risalto a questa modalità di crescita poiché, una volta superate le difficoltà iniziali, essa facilita complementarietà importanti, e soprattutto permette di superare facilmente i limiti dimensionali di imprese di piccole e medie dimensioni che caratterizzano fortemente il territorio (es. Anodica-Unieldom, Informatica PalesaAldebra). IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 102 PARTE III I motivi e le strategie che sono alla base delle varie modalità di crescita sono diverse. Esse dipendono quindi da una serie di condizioni specifiche: dal settore di appartenenza, dalle pressioni competitive alle quali può essere soggetta la singola impresa, dalla velocità alla quale le imprese possono dover rispondere a tali pressioni (es. Allison), dai singoli obiettivi perseguiti dalle imprese, dalla dotazione di risorse e competenze, dal bisogno di accedere a risorse complementari (es. Informatica PalesaAldebra). In generale possiamo tuttavia rilevare un percorso di crescita in cui gli obiettivi tendono a mettere in evidenza il bisogno di migliorare il proprio posizionamento sul mercato sia sui fattori di costo che di differenziazione. Le strategie di costo rispondono quindi a obiettivi legati all’innalzamento del livello di efficienza sui costi produttivi, in particolare del lavoro e delle materie prime, attraverso lo sviluppo di economie di scala e soprattutto attraverso lo sfruttamento di vantaggi comparati all’interno della nuova geografia dello spazio competitivo (es. Allison, Mastrotto, Grotto). Le strategie di differenziazione rispondono invece ad obiettivi più complessi di diversificazione e di riposizionamento. Non sono quindi perseguite per ragioni di costo, ma per creare distinzioni difendibili dalla concorrenza. Un riposizionamento strategico di filiera, ad esempio, può essere legato alla necessità di fornire al cliente un servizio o un sistema completo (es. Carraro, Informatica PalesaAldebra); un riposizionamento a valle alla necessità di avvicinarsi al consumatore finale attraverso il brand (es. Grotto). Strategie di diversificazione possono essere ottenute poi sviluppando, attraverso la crescita dimensionale, un completamento della gamma o linee di business in grado di servire un cliente globale (es. Mainetti) o un mercato globale (es. Mastrotto). Le strategie di differenziazione possono poi essere perseguite anche attraverso un aumento del controllo verticale, dunque non solo mediante una crescita per linee esterne in cui rimane predominante il ruolo dell’azienda, ma attraverso un aumentato grado di integrazione verticale legato alla volontà di mantenere il controllo dei processi critici di produzione, delle tecnologie e della qualità (es. Mastrotto, Anodica Trevigiana). La crescita qualitativa Per crescita qualitativa delle imprese si intende l’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione all’interno dell’azienda che dovrebbe accompagnare il percorso più generale di crescita. Bisogna comunque dire che la crescita qualitativa nei casi IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 103 PARTE III analizzati ha messo in evidenza diversi gradi di evoluzione raggiunta che hanno permesso alle imprese qualche volta di anticipare, ma soprattutto di accompagnare, più o meno velocemente, la crescita dimensionale e relazionale. La crescita qualitativa è stata analizzata nelle sue due dimensioni più rilevanti: a. le competenze trasversali (competenze organizzative e gestionali) Per quanto riguarda le competenze organizzative ci si riferisce in particolare ai cambiamenti riscontrati dalle imprese nella loro macrostruttura organizzativa, solitamente sviluppati in direzione di un’aumentata capacità di delega e/o delle attività di coordinamento. In particolare nei casi di gestione proprietaria, l’aumento del grado di delega risponde all’esigenza di aumentare il controllo sulla raggiunta complessità organizzativa attraverso l’introduzione di manager o la concessione di maggiore autonomia ai quadri presenti o ai responsabili di funzione (es. Grotto, Mastrotto, Unieldom), anche se in alcuni di questi casi la proprietà ha dimostrato a volte una certa difficoltà a ridimensionare il proprio verticismo decisionale. Nei casi di aziende già più strutturate a livello organizzativo (es. Carraro, Mainetti) l’evoluzione organizzativa è avvenuta in favore di una maggiore autonomia delle divisioni quando è servita, ad esempio, a garantire un maggiore servizio al cliente. Un altro elemento critico per attuare la crescita dimensionale o relazionale è dato dall’attività di coordinamento necessaria per gestire fusioni di imprese diverse che hanno richiesto l’omogeneizzazione di routines, metodi e procedure (es. Informatica Palesa-Aldebra), o filiere integrate a scala internazionale (es. Grotto), o ancora il coordinamento di progetti specifici che attivino di volta in volta le singole unità chiamate in quel momento ad operare (es. Allison, Mainetti). Per quanto riguarda poi le competenze gestionali, negli ultimi anni l’utilizzo di nuovi sistemi informatici e dallo sviluppo delle ICT ha favorito in tutti i casi analizzati un’importante evoluzione, che ha portato ad un aumento della formalizzazione e omogeneizzazione dei sistemi operativi e ad un’implementazione dei processi di codificazione delle conoscenze interne all’azienda o nella rete. b. le competenze funzionali Per quanto riguarda le competenze funzionali necessarie a presidiare meglio determinate aree critiche (ad esempio quella commerciale e tecnologica), si nota che l’intensità con cui sono stati intrapresi gli investimenti è dipesa da diversi fattori: dal settore di appartenenza, dalla dotazione di risorse umane delle singole imprese, dal posizionamento e dalla strategia scelta per il percorso di crescita. Ad esempio, Allison e Grotto, appartenenti entrambe al settore moda, hanno investito IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 104 PARTE III in modo significativo soprattutto nelle competenze creative, di marketing e logisticodistributive legate alle loro specifiche strategie di riposizionamento. Mastrotto e Anodica-Unieldom, cercando di sviluppare politiche di penetrazione sui mercati internazionali, hanno investito, e stanno investendo, soprattutto nello sviluppo di competenze commerciali. Aziende come il Gruppo Carraro o Aldebra, data le specificità del loro settore, hanno invece investito significativamente in competenze tecnologiche. L’evoluzione della rete del valore In generale in tutti i casi è stata registrata una crescita e uno sviluppo delle relazioni oltre i confini non solo territoriali, ma anche nazionali. Questa crescita che ha portato ad un allungamento dei confini della rete del valore è nata dalle strategie di esportazione o di rilocalizzazione sui mercati esteri, di sviluppo di joint-venture o di alleanze internazionali (es. Carraro, Mastrotto), di approvvigionamento di materie prime (es. Allison) o di lavoro (es. Grotto) in paesi a più basso costo dei fattori produttivi. L’allungamento della catena del valore e i rapporti con nuovi contesti geograficamente e culturalmente diversi hanno reso necessaria una gestione della rete del valore più complessa e il conseguente sviluppo di una serie di competenze di interfaccia in grado di gestire l’evoluzione geografica e culturale dei rapporti. Evoluzioni e cambiamenti nella rete del valore si sono quindi avuti sia a monte (con i fornitori) che a valle (con i clienti e distributori). Per quanto riguarda le relazioni a monte si è riscontrato un generale un aumento nell’utilizzo di fornitori esteri (es. Allison, Grotto) localizzati in paesi a basso costo di manodopera, anche se non solo ed esclusivamente per ragioni strettamente legate a fattori di costo. Ci sono casi di aziende (es. Mainetti, Carraro) che hanno aumentato i rapporti con fornitori esteri per ragioni funzionali a mantenere invece un buon livello di servizio al cliente. Nell’evoluzione dei rapporti di fornitura non sono mancate poi riduzioni del parco fornitori da parte di qualche azienda che ha scelto strategie di integrazione verticale per mantenere il controllo della qualità e delle tecnologie di prodotto (es. Mastrotto, Anodica Trevigiana). Interessante è poi l’avvio da parte di alcuni di partnership collaborative (es. Aldebra, Carraro) per accedere a risorse complementari e sviluppare nuova conoscenza. Per quanto riguarda le relazioni a valle, come detto, anche in questo caso c’è stato un aumento e uno sviluppo delle relazioni fuori dai confini nazionali dovute a strategie di diversificazione del portafoglio clienti anche in un’ottica internazionale o semplicemente IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 105 PARTE III per catturare nuovi potenziali clienti o per gestire una logistica distributiva differenziata in base alle singole specificità territoriali (es. Allison). Si riscontra poi un aumento dei livelli di servizio e un aumento delle attività di co-progettazione e collaborazione con il cliente (es. Anodica-Unieldom, Mainetti) che a volte hanno portato allo sviluppo anche di attività di apprendimento utile per accrescere il livello di conoscenze interne (es. Mastrotto, Carraro). Degno di attenzione è poi lo sviluppo, in alcuni casi aziendali, di relazioni con altri nodi della rete, in particolare con i fornitori di servizi avanzati (università, scuole formative, enti di ricerca, società di consulenza) con cui le aziende hanno intrecciato rapporti per sostenere e rafforzare il proprio percorso di crescita. Tali soggetti non erano però sempre reperibili sul territorio locale. Se aziende come il Gruppo Mastrotto hanno potuto sfruttare positivamente i vantaggi storici che il proprio territorio fornisce nella ricerca, nella tecnologia e nella formazione relative allo specifico settore, altre, come Grotto, hanno saputo intensificare i rapporti con altri territori per poter usufruire di conoscenze e servizi non presenti invece nel locale. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 106 PARTE III Tavola sinottica CARATTERISTICHE GENERALI PERCORSO DI CRESCITA Tappe Azienda e 1994/1995 2004/2005 principali Anno Tipologia anno Fatturato Fatturato fondaz mil di € Dipendenti mil di € Dipendenti dal 1995 Allison Anni ‘60 n.d n.d 82 300 Allison viene acquisita del gruppo IT Holding IT Holding 1999 acquisisce Opti Project Linee esterne Fusione tra Allison e Optiproject Acquisizion 2001 e e 3 unità produttive 2002 Linee esterne Motivi e strategie EVOLUZIONE DELLE COMPETENZE E DELL’ORGANIZZAZIONE Descrizione Obiettivo EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE Fornitori Motivi Clienti Motivi Altro Motivi Vantaggi Cambiamento Copertura Avvio Maggiore Organigramma: Passaggio da capillare del struttura a rafforzamento presidio aree rapporti con comparati subfornitore a mercato valle: ricorso fornitori creatività, della funzione produttore Efficienza di a tre diversi cinesi commerciale e logistica e indipendente canali costo commerciale/co distributiva distributivi Riduzione municazione Fusione approvvigion Aumento competenze flessibilità amento da Sviluppo complementari fornitori competenze produttive e Allentamento Italiani creative, commerciali vincoli commerciali e capacità Avvio distributive rapporto con produttiva griffe Spersonalizza Aumento della zione del capacità prodotto produttiva effetto moda Vantaggi comparati Avvio rapporti con subfornitori Dal cinesi e Alleanze 2003 riduzione produzione in Italia IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE Efficienza di costo Aumento flessibilità Allentamento vincoli capacità produttiva 107 PARTE III CARATTERISTICHE GENERALI PERCORSO DI CRESCITA Tappe Azienda e 1994/1995 2004/2005 principali Anno Tipologia anno Fatturato Fatturato fondaz mil di € Dipendenti mil di € Dipendenti dal 1995 AnodicaUnieldom 1962 2 20 10 50 Motivi e strategie EVOLUZIONE DELLE COMPETENZE E DELL’ORGANIZZAZIONE Descrizione Obiettivo EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE Fornitori Motivi Clienti Motivi Altro Motivi Aumento del CoRiduzione Organigramma: Aumento delega Riduzione n° Fornitori locali livello di da forma non adeguati progettazione complessità fornitori servizio al semplice a Formalizzazione organizzativa Rifocalizza cliente forma Partnership Linee sistemi operativi Aumento del zione in un Inizi funzionale grado di mercato ‘90 Interne Specializzazio Penetrazione Aumento ne tecnologica integrazione d’uso Sviluppo clienti esteri mercati esteri verticale Posizionament competenze tecniche e o sul mercato commerciali Progetto Efficienza di sourcing in 2005 Alleanza costo Sviluppo Cina software Efficienza di gestionali costo Progetto unità 2005 Alleanza produttiva Avvicinamento ai mercati di in Turchia sbocco Progetto di aggregazio 2004 Alleanza ne Gruppo Unieldom Penetrazione mercati internazionali Economie di scala Sinergie tecnologiche IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 108 PARTE III CARATTERISTICHE GENERALI PERCORSO DI CRESCITA Tappe Azienda e 1994/1995 2004/2005 principali Anno Tipologia anno Fatturato Fatturato fondaz mil di € Dipendenti mil di € Dipendenti dal 1995 Gruppo Carraro 1932 231 1.126 514 2.237 Linee Acquisizione 1996 DPF e esterne Trenton Filiale Linee commerciale 1997 interne Giappone Motivi e strategie Integrazione verticale a monte Penetrazione mercati internazionali Penetrazione/ Joint avvicinamento Venture con 1997 Alleanze mercati Escort ltd internazionali Acquisizione Linee Fabryka Osi 1998 Napedowyc esterne h Penetrazione/ avvicinamento mercati internazionali Diversificazione EVOLUZIONE DELLE COMPETENZE E DELL’ORGANIZZAZIONE Descrizione Obiettivo EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE Fornitori Motivi Clienti Motivi Altro Motivi Riduzione n° Razionalizzazi Coprogettazio Apprendiment Maggiore Organigramma: o dal cliente ne one/ fornitori autonomia da forma selezione/svil divisioni funzionale a Partnership Aumento del uppo Partnership forma livello di rapporti di Aumento divisionale con Avvicinament servizio al fornitura Cofunzioni critiche servizio cliente cliente o ai clienti progettazione Presidio Sviluppo tecnologico competenze tecnologiche Accentramento funzione critiche Acquisizione Investimento partecipazio 1998 Alleanze in ricerca ne Elcon Acquisizione Linee Carraro 1999 Diversificazione Esterne Korea Linee Acquisizione 2000 Diversificazione O&K esterne Linee Acquisizione 2003 Diversificazione A.E. esterne Efficienza di costo Costituzione Carraro 2004 Cina Linee interne Costituzione sito 2005 produttivo India Linee interne Penetrazione /avvicinamento mercati internazionali Penetrazione mercati internazionali IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 109 PARTE III CARATTERISTICHE GENERALI PERCORSO DI CRESCITA EVOLUZIONE DELLE COMPETENZE E DELL’ORGANIZZAZIONE EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE Tappe Azienda e 1994/1995 2004/2005 Motivi principali dal Anno Tipologia Descrizione Obiettivo Fornitori Motivi Clienti Motivi Altro Motivi anno Fatturato Fatturato e strategie 1995 fondaz mil di € Dipendenti mil di € Dipendenti Linee Costituzione Partnership Apprendiment Intensificazi Importanza Organigramma Accentramento Diminuzione Maggiore interne 80 241 250 696 Gruppo Diversificazione 1995 risorse o o dal cliente controllo ciclo terzisti funzioni critiche da forma (ramo Mastrotto DUMA ne rapporti umane e Aumento produttivo e funzionale a familiare) clienti esteri Aumento del territorio tecnologich qualità Aumento del Deleghe forma Linee Diversificazione Costituzione e locali locale livello di prodotto grado di familiari divisionale con 1958 interne Integrazione a funzioni critiche Mastrotto 1996 Avvicinament servizio al integrazione (ramo valle Italia cliente o ai clienti verticale Presidio familiare) Integrazione Investimento in tecnologico Acquisizione Fine Linee R&D Tecnoconciar verticale a ‘90 esterne Aumento ia monte servizio al Sviluppo Acquisizione Fine Linee Diversificazione competenze cliente Ellepi ‘90 esterne commerciali Integrazione a Acquisizione Linee monte unità Sviluppo 2000 produttiva Efficienza di esterne software in Croazia costo gestionali Vantaggi comparati Efficienza di costo Jointventure Brasile 2001 Alleanze Presidio mercato di approvvigionam ento Penetrazione mercati internazionali Fusione concerie Italiane: Linee 2003 costituzione esterne Gruppo Mastrotto Economie di scala Penetrazione/ Jointavvicinamento Venture 2005 Alleanze mercati Indonesia internazionali IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 110 PARTE III CARATTERISTICHE GENERALI PERCORSO DI CRESCITA Tappe Azienda e 1994/1995 2004/2005 principali Anno Tipologia anno Fatturato Fatturato Dipendenti Dipendenti dal 1995 fondaz mil di € mil di € Grotto Spa 26,5 104 152 526 Unità di sourcing in 1995 Alleanze Cina Inizi ’80 Fornitore monomand 1996 Alleanze atario Romania Filiali distributive Europee e Far-East Anni ’90 Anni ‘00 Linee esterne Fornitore monomand 2001 Alleanze atario Tunisia Accordi di franchising Italia e Estero nel Retail Costituzion e negozi monomarca Italia e Estero Motivi e strategie Descrizione Obiettivo EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE Fornitori Motivi Clienti Motivi Altro Motivi Penetrazione Intensificazi Assorbimen Sviluppo Efficienza di Sviluppo Maggiore Integrazione Organigramma: o rapporti con mercati esteri costo coordinamento rapporti in da forma verticale a to ne rapporti conoscenze distributori esclusiva semplice a monte Smaterializza con altri esteri Sfruttamento Smaterializzazio forma esterne zione del vantaggi Aumento ne funzionale Efficienza di territori Maggiore prodotto finale del prodotto outsourcing comparati costo coinvolgiment fornitori finale Entrata Integrazione o Trasferimento esteri manager verticale a del cliente dei rischi ai esterni monte finale fornitori Aumento dei fornitori di Sviluppo Efficienza di commercializ competenze costo zato stilistiche e Integrazione marketing verticale a valle Sviluppo software Integrazione gestionali verticale a monte Efficienza di costo Anni ‘00 Alleanze Integrazione verticale a valle Anni ‘00 Linee interne Integrazione verticale a valle IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE EVOLUZIONE DELLE COMPETENZE E DELL’ORGANIZZAZIONE 111 PARTE III CARATTERISTICHE GENERALI Azienda e anno fondaz Informatica Palesa/ Aldebra 1971 PERCORSO DI CRESCITA Tappe 1994/1995 2004/2005 Tipologi principali Anno Fatturato Fatturato a Dipendenti Dipendenti dal 1995 mil di € mil di € 5 15 30 220 Motivi e strategie EVOLUZIONE DELLE COMPETENZE E DELL’ORGANIZZAZIONE Descrizione Organigramma: da Completamen forma semplice a to gamma forma matriciale prodotti Fusione di Informatica Alleanz Complementa Palesa con 2004 rità delle e il Gruppo competenze Aldebra Sviluppo competenze manageriali e tecnologiche Penetrazione Sviluppo software mercato gestionali IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE Obiettivo EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE Fornitori Riduzione Maggiore n° fornitori coordinament Partnershi o p Presidio tecnologico Fornitori di servizi Motivi Clienti Motivi Altro Motivi Sfruttamento delle Razionalizzazion e/selezione/svilu Diversificazione complementarità ppo rapporti di portafoglio clienti fornitura Aumento del livello di servizio al cliente Apprendimento dal fornitore 112 PARTE III CARATTERISTICHE GENERALI PERCORSO DI CRESCITA Tappe Azienda e 1994/1995 2004/2005 principali anno Fatturato Fatturato Dipendenti Dipendenti dal 1995 fondaz mil di € mil di € Costituzion 35 308 65 486 Mainetti e Mainetti Tecnologie Acquisizion 1961 e unità produttiva in Turchia Anno Tipologia 1996 Metà anni ‘90 Espansione Metà anni nel Far ‘90 East Motivi e strategie EVOLUZIONE DELLE COMPETENZE E DELL’ORGANIZZAZIONE Descrizione Obiettivo EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE Fornitori Motivi Clienti Motivi Altro Motivi Linee Interne Investimenti in ricerca Organigramma: Razionalizzazi da forma Penetrazione/ one/selezione divisionale a Coordinamento avvicinamento Linee /sviluppo dell’offerta forma Smaterializza mercati esterne globale zione del Aumento dei rapporti di divisionale con Diversificazio internazionali Sviluppo di prodotto fornitura fornitori alto grado di Sviluppo ne Penetrazione/ coordinamento rapporti con esteri Presidio conoscenze portafoglio avvicinamento Efficienza di tecnologico Sfruttamento Centri di tecnologich clienti mercati ricerca e costo Sviluppo delle Coe internazionali competenze di Aumento complementar Università progettazion Co-sviluppo Linee Sfruttamento servizio al prodotto ità e esterne/line Economie di vantaggi cliente scala sugli e interne comparati Sviluppo acquisti competenze tecnologiche Offerta globale al cliente IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 113 PARTE III CARATTERISTICHE GENERALI PERCORSO DI CRESCITA Tappe Azienda e 1994/1995 2004/2005 principali dal Anno Tipologia anno Fatturato Fatturato Dipendenti Dipendenti 1995 fondaz mil di € mil di € OAN 1947 143 1.436 166 1.520 Motivi e strategie EVOLUZIONE DELLE COMPETENZE E DELL’ORGANIZZAZIONE Descrizione Obiettivo EVOLUZIONE DELLA RETE DEL VALORE Fornitori Motivi Clienti Motivi Altro Motivi Rapporti Otteniment Evoluzione Perso il Contratto di Organigramma: Crescita volumi Aumento Riduzione dei Sviluppo o delle contatto con il del mercato e con enti costi fornitori subfornitura passaggio da di produzione business cliente diretto liberalizzazion certificatori necessarie con Boieng criterio Alleanze trasformazioni 1997 certificazion e del settore Maggiore per la funzionale al Maggiore livello Riduzione in subfornitura i controllo delle OEM (Boeing) del di servizio al trasformazio criterio per come forniture contenuto di cliente ne dei prodotto nella committente collaborazion DC 10 gestione delle e operations; Acquisizione Aumento Offrire al cliente stabilimento Linee 2001 capacità un servizio di Brindisi esterne produttiva completo Progetto: rafforzamento Accordo per competenze di la Sviluppo del design trasformazio business delle ne Boieng 2003 Alleanze trasformazioni 767-200 in licenza IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 114 PARTE III IL CASO ALLISON 1. Il percorso di crescita di Allison Allison fu fondata a Volta Mantovana in provincia di Mantova negli anni ‘60. Fino a buona parte degli anni ’90, Allison operò solamente come terzista, producendo occhiali in iniettato (materie plastiche) per conto di alcune grandi aziende italiane (quali Safilo, De Rigo, Marcolin) e per Nike. Nel 1999 Allison fu acquisita dal gruppo I.T. Holding, polo del lusso con un portafoglio prodotti e clienti estremamente diversificato. Questa acquisizione segnala un cambiamento importante nel percorso di crescita e nella strategia dell’azienda: verso la fine degli anni ’90, a causa di una forte diminuzione del fatturato realizzato dalla produzione per conto terzi e dei margini di guadagno, il management di Allison decise di cambiare radicalmente strategia rivolgendosi direttamente al mercato con i propri prodotti realizzati con marchi prevalentemente in licenza. Inizialmente il mercato cui il management indirizzo i propri sforzi fu quello italiano e qualche paese Europeo. Per implementare questa strategia, il manegement capì subito che serviva una consolidata struttura commerciale e un approccio attivo al mercato ciò che ad Allison mancava data la natura produttiva che aveva contraddistinto l’azienda fin dalla sua fondazione. Il management iniziò quindi la ricerca di un’azienda con una struttura commerciale avviata alla quale aggiungere le competenze produttive di Allison. L’azienda individuata fu Optiproject, società manageriale di Padova (fondata da ex dirigenti Safilo) dotata di una consolidata rete di vendita, sia in Italia che in Europa. Optiporject aveva saputo in pochi anni conquistarsi una significativa posizione nel mercato sia nazionale che internazionale, con la distribuzione di marchi in licenza ma, soprattutto, con l’affermazione del proprio marchio Try divenuto sinonimo di occhiale leggero e tecnologico. Dopo l’acquisizione da parte del gruppo I.T. Holding le due aziende vennero fuse creando un’unica azienda con ragione sociale Allison. Nel primo anno seguente alla fusione il fatturato era di circa 28 miliardi di lire. Dal 2000 il percorso di crescita dell’azienda è stato tumultuoso e proprio per questo di estremo interesse nello studio delle dinamiche sottostanti alla crescita aziendale. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 115 PARTE III Coerentemente con il veloce tasso di crescita che si voleva imprimere alla società, il management optò per una crescita per linee esterne. Infatti dal 2000 al 2002, le tappe di questo veloce percorso di crescita sono scandite da tre importanti eventi. Nel 2001 venne creata una joint-venture tra Allison ed una società localizzata nel distretto dell’occhiale del Cadore specializzata nella produzione di montature in metallo. Nel 2002, Allison acquisì un’azienda specializzata nella coloritura di occhiali in metallo nella zona di Pederobba (Valdobbiadene). Sempre nel 2002 venne acquisita Desil società specializzata nella produzione di occhiali in laminato oro. Al termine del 2002 Allison produceva l’80% del fabbisogno produttivo in Italia mentre il 20% veniva importato da subfornitori Cinesi. Anche se la crescita dei volumi prodotti e del fatturato era evidente, la dinamica degli utili non fu altrettanto entusiasmante. I margini di guadagno erano infatti erosi dai costi troppo elevati della produzione. Il management optò quindi per un’altra decisione drastica: si decise di esternalizzare la maggior parte della produzione a subfornitori localizzati in Cina e, contemporaneamente, di ridurre radicalmente la produzione in Italia. Questa decisione fu supportata dalle seguenti considerazioni: - i costi di produzione in Italia erano alti e non permettevano di rimanere competitivi; - gli stabilimenti in Italia riducevano la flessibilità operativa in un settore in cui la flessibilità è strategica dato i cambiamenti repentini della moda; - la struttura produttiva Italiana non riusciva a industrializzare un numero di modelli sufficienti per far fronte alle richieste del mercato (800/1000 nuovi modelli l’anno circa). Accanto a questo cambiamento nell’architettura della rete del valore dell’impresa, venne triplicato il numero di persone dedicate alla ricerca e allo sviluppo del prodotto, assumendo nuovi tecnici, nuovi designers e altrettanti product managers. Si concentrò a Padova il design, la ricerca e lo sviluppo dei modelli, delocalizzando in Cina la sola produzione per circa il 70% del fabbisogno produttivo. Oltre agli ovvi vantaggi in termini di costo e di flessibilità operativa, la delocalizzazione permise all’azienda di allentare i vincoli derivanti dalla capacità produttiva installata negli impianti produttivi in Italia. Come riportato dal direttore logistica e produzione di Allison “le aziende Italiane produttrici di occhiali in conto terzi difficilmente superano le 100 unità di personale dipendente mentre in Cina, un’azienda produttrice di occhiali è considerata piccola quando ha 600/800 persone nel proprio organico”. In altre parole, i subfornitori Cinesi offrivano a Allison una capacità tale da gestire qualsiasi picco di IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 116 PARTE III produzione e, al contempo, potevano diversificare il rischio producendo anche per altre imprese dell’occhialeria. A seguito del ridisegno dell’architettura della suply network di Allison, la catena di fornitura e logistica, da cu deriva buona parte del vantaggio competitivo dell’azienda, venne quindi a configurarsi nel seguente modo: - buona parte della produzione era realizzata in Cina da subfornitori esterni; - gli occhiali venivano trasportati nell’impianto produttivo Mantova per le operazioni di finissaggio; - il prodotto finito veniva stoccato nel centro logistico di Padova da cui veniva smistato nei vari mercati. Nel 2004 il 91% del capitale di Allison venne acquistato da Paladin Capital Partners SpA del gruppo Carisma, una società leader nella consulenza strategica e organizzativa in Italia, mentre il restante 9% venne acquisito dal management attraverso un buying out che segnalò la continuità e la coerenza nelle politiche di gestione e distribuzione. Sempre nel 2004, nacque Allison Usa filiale commerciale con sede direzionale e magazzino situati a Miami (Florida). Fu quindi la volta di Allison UK, la prima filiale commerciale europea controllata direttamente dalla sede centrale, che diede l’avvio ad un progetto di sviluppo della rete distributiva nei principali paesi europei. Allison è oggi uno dei cinque nomi più importanti nel mondo dell’ottica. È presente in tutto il mondo con 12 griffes delle quali solo una (Try) è di proprietà mentre le restanti sono in licenza. L’azienda possiede diverse filiali commerciali (oltre alla filiale commerciale americana sono ora attive le filiali dirette in Spagna, Portogallo, Belux, Francia e Grecia) e gestisce una rete di circa 190 rappresentati monomandatari. La Società ha chiuso il 2004 con un fatturato di circa 82 milioni di € e conta circa 300 dipendenti. 2. L’evoluzione delle competenze nella crescita di Allison 2.1 Le competenze di prodotto e commerciali La fusione tra Allison e Otiproject consentì di unire le competenze tecno-qualitative possedute da Allison e la competenza commerciale e logistica possedute da Optiproject. Questa unione avviò uno sviluppo straordinario con una crescita che portò a raddoppiare il fatturato negli anni 2000, 2001 e 2002. La figura 1 sintetizza la attuale configurazione della catena del valore verticale di Allison distinguendo quattro grandi aree: l’area della produzione, l’area della IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 117 PARTE III distribuzione, l’area della creatività e infine l’area relativa alla gestione del portafoglio marchi. Fig. 1: Configurazione della catena del valore verticale di Allison (fonte: documenti aziendali) Come detto l’area produzione è caratterizzata da un forte orientamento all’esternalizzazione a subfornitori internazionali sia per avvantaggiarsi dei bassi costi del lavoro sia per aumentare la flessibilità operativa e superare i vincoli derivanti dalla capacità produttiva installata in Italia. Lo stabilimento di Mantova si occupa solo della produzione di una parte degli occhiali (circa il 30% del fabbisogno) e delle operazioni finali di produzione (finissaggio e controllo qualità). Nel corso del 2001 è stata richiesta ed ottenuta la Certificazione ISO 9001, la quale ha permesso di ottimizzare il sistema informativo e di introdurre la tracciabilità sia del prodotto che del processo. L’attuale capacità di assorbimento dell’azienda è di oltre 5.000 occhiali da vista e sole, in plastica e in metallo, ripartita tra produzione propria e terzismo di alta qualità localizzato per la maggior parte in Cina. Nonostante il notevole incremento di capacità produttiva, i volumi di vendita generati hanno richiesto il ricorso ad un indotto specializzato reperito principalmente nei distretti storici dell’occhialeria. La realizzazione della nuova sede direzionale, commerciale e logistica nella zona Industriale di Padova inoltre ha consentito di assorbire e gestire il crescente flusso logistico collegato alla vertiginosa crescita aziendale. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 118 PARTE III L’area distribuzione è gestita attraverso diversi canali. Allison possiede una capillare rete formata da agenti monomandatari e da filiali commerciali. La figura 3 sintetizza la rete di vendita dell’azienda. Fig. 2 - La rete di vendita di Allison (fonte: documenti aziendali) Allison non possiede né direttamente, né in outsourcing, centri logistici di smistamento esterni all’Italia. Ciò è giustificato da una struttura retail che in Italia vede per oltre l’80% la presenza di negozi di ottici indipendenti, mentre il mercato europeo è caratterizzato per oltre il 60% da catene di distribuzione di ottici. Per quanto riguarda l’Italia, Allison vende e distribuisce i suoi propri prodotti, attraverso una rete di agenti monomandatari, direttamente ai dettaglianti. L’area Europea e il mercato americano sono gestite attraverso filiali commerciali mentre il resto del mondo è servito attraverso distributori selezionati. Relativamente all’area creatività, Allison idea, produce, promuove e distribuisce i suoi modelli. Esiste una forte integrazione di processo che parte dal centro stile (dove nascono le idee), passa attraverso la realizzazione dei prodotti e giunge ai differenti centri di distribuzione, principalmente in Europa e Nord America. Il centro stile è organizzato per marchi: ciascun marchio ha il suo product manager e designer prototipista. Infine, un'altra risorsa importante per Allison sono i marchi attraverso i quali commercializza il suo prodotto. Allison ha adottato una politica di gestione dei marchi soprattutto in licenza avendo solo un marchio di proprietà (Try) che ha ereditato dalla fusione con Optiproject. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 119 PARTE III La configurazione della catena del valore di Allison è rispecchiata nella divisione per funzioni del personale operante nella sede di Padova (circa 220 persone). La maggior parte dei dipendenti sono infatti incardinati nella funzione design (circa il 14% del personale), nella funzione distribuzione (circa il 20% del personale) e nella funzione commerciale (circa il 23% del personale). Nel corso degli ultimi 10 anni so è verificato un sostanziale riposizionamento dell’azienda sotto il profilo della aree di competenza presidiate direttamente nella catena del valore. Se nel 1995 Allison era sostanzialmente un’azienda di produzione che realizzava occhiali in subfornitura oggi Allison è diventata un’azienda che, da un lato, sviluppa e commercializza i propri prodotti e, dall’altro, gestisce e coordina il flusso di produzione realizzato soprattutto dai suoi subfornitori internazionali. La figura 3 evidenzia questo cambiamento, rappresentando le fasi del processo (che dall’idea portano alla vendita all’occhiale al cliente finale) presidiate da Allison rispettivamente nel 1995 e nel 2005. Fig. 3 - Le aree del processo produttivo presidiate da Allison Fase 1995 2005 Rapporto con lo stilista Svolta dal committente Svolta da Allison Prototipazione dei modelli Industrializzazione Svolta dal committente In-sourcing Svolta da Allison Svolta da Allison Realizzazione di Stampi Svolta da Allison Svolta da Allison Realizzazione della Svolta da Allison parte dell’occhiale Finissaggio e controllo Realizzata da Allison qualità Logistica e distribuzione Realizzato dal committente Vendita al cliente finale Realizzato dal committente/Retailers Svolta prevalentemente da subfornitori coordinati da Allison Realizzata da Allison Realizzato da Allison Realizzata dai Retailers Come si nota nel corso dell’ultimo decennio Allison ha rafforzato il suo controllo nelle fasi creative (sviluppo prodotto e gestione dei marchi) e nelle fasi di commercializzazione e distribuzione. Al contempo l’azienda è diventata un coordinatore delle fasi relative alla produzione e alla logistica. Ovviamente questa fotografica semplifica la situazione reale in quanto parte del fabbisogno (circa il 30%) è oggi ancora realizzato dallo stabilimento di Mantova. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 120 PARTE III 2. 2 Le competenze organizzative Per quanto riguarda la dimensione squisitamente organizzativa, nel corso degli ultimi dieci anni Allison ha cambiato diverse volte la propria struttura organizzativa in seguito un forte ripensamento sia dei sistemi operativi sia dei principi di divisione del lavoro al proprio interno. Nel 1995 Allison era un’azienda di produzione che operava per pochi grandi committenti. Era dotata di un solo sito produttivo e di alcune funzioni di servizio per il supporto operativo dell’azienda. La figura 4 rappresenta il relativo organigramma. Fig. 4 - Organigramma del 1995 Direzione Generale Controllo di gestione Amministrazio ne Ufficio personale Produzione (sito Mantova) Commerciale Fig. 5 - Organigramma attuale Direzione Generale Controllo di gestione Amministrazio ne Ufficio personale Commercial e Logistica Marketing & Stile Sito produttivo di Mantova IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 121 PARTE III Il radicale ripensamento strategico avvenuto negli anni seguenti si è riflesso in un cambiamento anche organizzativo. L’attuale organigramma dell’azienda è sintetizzato nella figura 5. Il passaggio dall’organigramma del 1995 alla struttura organizzativa del 2005 evidenzia due aspetti fondamentali. In primo luogo, la funzione logistica è diventata una delle funzioni principali. La funzione logistica si occupa della gestione e del coordinamento dell’intera supply chain gestendo sia il flusso logistico derivante dai fornitori internazionali sia il processo produttivo realizzato nel sito di Mantova. Tale funzione rappresenta quindi la capacità dell’azienda di occupare il ruolo di coordinatore di una rete del valore diventata globale. Dato il prodotto fashion oriented e il target di mercato scelto da Allison (medio-alto), l’altra funzione critica per il vantaggio competitivo dell’azienda è la funzione marketing e stile che si occupa sia dello sviluppo e dell’industrializzazione dei prodotti sia delle attività di promozione e comunicazione. 3. L’evoluzione della rete del valore nella crescita di Allison 3.1 Le relazioni con i clienti Il mercato degli occhiali può essere diviso in due segmenti principali: il segmento degli occhiali da vista e il segmento degli occhiali da sole (fig. 6). Fig. 6 - Il mercato degli occhiali IL MERCATO< I due segmenti sono accomunati dalle tecnologie produttive e dai materiali utilizzati, sostanzialmente analoghi. Le differenze, si evidenziano soprattutto con riguardo al IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 122 PARTE III canale distributivo e per la presenza di un brand che “sponsorizza” l’occhiale. Da un lato, le montature da vista, avendo una funzione correttiva della stessa, vengono offerte all’utilizzatore finale tipicamente attraverso canali specializzati (negozi di ottica). Dall’altro, gli occhiali da sole possono essere commercializzati oltre che nei negozi di ottica, anche nelle boutiques, nella grande distribuzione e nei negozi ambulanti. Il mix di variabili che influenza i due segmenti sono: la presenza di un brand, il prezzo, il design e la qualità. Sono elementi strettamente correlati e legati al fattore “moda”che si configura come la variabile cruciale dei due segmenti. Allison commercializza occhiali di entrambi i segmenti posizionandosi in una fascia di mercato medio-alta. Ovviamente la qualità del prodotto (direttamente proporzionale alla percezione del marchio dell’occhiale sul mercato) e la tipologia/ design del prodotto ( classic, fashion e tecnico/sport) condiziona il tipo di canali distributivi attivabili dall’azienda. Ad esempio un paio di occhiali da sole e/o montatura da vista classica, di lusso avrà un prezzo elevato e non sarà venduto tramite la G.D.O. o dai negozi ambulanti ma attraverso dettaglianti specializzati. Il rivenditore tipico di Allison è in effetti il dettagliante specializzato. I canali distributivi attivati dall’azienda sono di tre tipi: - Canale corto per il mercato italiano: le relazioni con i dettaglianti presenti nel territorio nazionale sono gestite dalla rete di agenti monomandatari dell’azienda; - Utilizzo delle filiali commerciali per parte del mercato Europeo e Americano: buona parte delle relazioni con dettaglianti presenti in Europa e in America sono gestite della filiali commerciali di proprietà dell’azienda; - Utilizzo di distributori per il resto del mercato: il resto del mercato è invece coperto attraverso il ricorso a distributori indipendenti a cui vengono delegate le funzioni commerciali e distributive. Come detto più volte la struttura distributiva di Allison ha subito una radicale trasformazione dal 1995 a oggi. Nel 1995 Allison operava nel mercato industriale essendo un’azienda subfornitrice di alcune grandi società operanti nel settore degli occhiali o della moda. Ad esempio, uno dei clienti principali di Allison nel 1995 era Nike che assorbiva buona parte della capacità produttiva dello stabilimento di Mantova. 3.2 Relazioni con i fornitori Coerentemente con il passaggio da subfornitore a produttore indipendente anche la struttura a monte del supply network di Allison ha subito una radicale trasformazione. Oggi Allison si approvvigiona per la maggiore parte del suo fabbisogno produttivo da dieci subfornitori cinesi. Queste imprese impiegano mediamente dalle 2.000 alle 6.000 IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 123 PARTE III persone ed hanno una capacità produttiva media di 15.000-45.000 unità al giorno. Tuttavia, al fine di mantenere il controllo sulla qualità del prodotto finale, la forte esternalizzazione a fornitori esteri è corretta in due modi. Da un lato, parte delle materie prime vengono spedite direttamente da fornitori Italiani localizzati nelle province di Treviso e Belluno. Dall’altro, l’ultima fase del ciclo produttivo (finissaggio) e il controllo della qualità sono svolti da Allison nello stabilimento produttivo di Mantova. Nel 1995 la struttura a monte della filiera produttiva era completamente diversa: Allison faceva ricorso a una rete di subfornitori locali e si riforniva delle materie prime da fornitori esclusivamente Italiani. 4. Ostacoli e strategia future di crescita In definitiva, il successo di Allison è legato ai seguenti fattori: - creatività nello sviluppo dei prodotti; - flessibilità nella catena di produzione, non avendo eccessivi vincoli derivanti dalla strutture produttiva in Italia; - focalizzazione sulla qualità e sul know-how tecnico; - capacità di acquisire licenze prestigiose a lungo termine; - strutture di vendita europea centralizzate. La strategia futura dell’azienda sarà orientata a rafforzare l’immagine e il prestigio e a acquisire una copertura distributiva globale. In questo modo l’azienda cerca di raggiungere una massa di fatturato tale da diventare appetibile per le grandi griffe da cui dipende buona parte del potenziale di crescita dell’azienda. Il raggiungimento di questo obiettivo è ostacolato dalla struttura del settore caratterizzato dalla presenza di poche grandi aziende: un grande produttore tedesco (Metzler International) e quattro produttori Italiani (Luxottica, Safilo, De Rigo e Marcolin). Luxottica, ad esempio, ha attuato una chiara strategia di integrazione verticale a valle attraverso l’acquisizione di importanti catene distributive internazionali. Questo crea forti barriere all’entrata per le aziende che intendono penetrare nei mercati dove è presente l’azienda di Agordo. La strategia di integrazione a valle potrà essere una delle opzioni strategiche future anche per Allison. Tuttavia per rendere questa opzione reale sarà necessario una crescita dimensionale ulteriore dell’azienda e un posizionamento del prodotto coerente con la vendita attraverso catene distributive di proprietà. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 124 PARTE III IL CASO ANODICA TREVIGIANA-UNIELDOM 1. Il percorso di crescita 1.1 Le origini di Anodica Trevigiana Anodica Trevigiana nasce nel ’62 a Serano (TV) ad opera del padre dell’attuale imprenditore come spin-off della Zoppas. All’inizio l’azienda rimane principalmente un fornitore della stessa. L’attività produttiva si compone del trattamento e della lavorazione di parti di alluminio, ed in particolare della produzione di componentistica (maniglie, pomelli, finiture, pannelli). Successivamente Anodica, sfruttando la specializzazione nel settore degli elettrodomestici e i rapporti di collaborazione con una realtà territorialmente importante come la Zoppas allarga la propria clientela ad altre aziende di elettrodomestici come la Zanussi e la Merloni. Il tipo di componentistica in metallo prodotta da Anodica poteva però rivolgersi anche ad un altro mercato d’uso: il settore del mobile, che durante gli anni ’70 iniziava a svilupparsi sul territorio. L’azienda, sempre servendo il bacino locale, inizia quindi ad ingrandirsi passando dalla monocommittenza alla pluricommittenza. Nel ’73, con la crescita dell’attività produttiva, l’azienda viene spostata nella sede attuale allo scopo di ingrandire i propri impianti. Nello stesso periodo, Anodica continua la diversificazione in termini di opportunità di mercato. L’azienda aveva, infatti, iniziato a diminuire la sua presenza nel settore dell’elettrodomestico, in particolare durante gli anni ’80, anni in cui sul territorio si iniziava a registrare una crisi del settore e la stessa Zanussi, importante azienda cliente, iniziava a manifestare problemi di solvibilità. Anodica riduce notevolmente l’impegno su questo mercato a favore non solo del settore del mobile, ma anche di tutti i settori basati sul trattamento superficiale. 1.2 La nuova conduzione e la fase della ristrutturazione Nel 1986, dopo un’esperienza lavorativa alla Nordica, Giorgio Zanchetta decide di entrare nell’azienda di famiglia spinto anche dal fatto che il padre aveva intenzione di diminuire la propria partecipazione e di dare l’azienda in mano ai figli o, in alternativa, di cederla. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 125 PARTE III Nei primi due-tre anni Giorgio Zanchetta inizia a perfezionare le proprie competenze occupandosi sia della parte tecnico-commerciale che della parte amministrativofinanziaria fino ad arrivare, nel 1989, a prendere in mano la direzione dell’azienda e a proporre una vera e propria ristrutturazione. Giorgio Zanchetta aveva compreso che la gestione di più mercati d’uso per la propria produzione aveva permesso la diversificazione del rischio, ma aveva anche creato un’organizzazione troppo complessa per un “giro d’affari” e una dimensione aziendale ancora piuttosto modesti. Per rispondere alle esigenze dei diversi clienti l’azienda si era dovuta dotare di 3 impianti, un’officina meccanica e una rete di subfornitura per le lavorazioni in outsourcing. L’imprenditore dunque era convinto che la complessità organizzativa a cui era arrivata Anodica sotto il profilo commerciale, gestionale e di controllo, nonché produttivo, non poteva essere più governata da una gestione che era rimasta familiare, basata sulle giovani esperienze di Giorgio e del fratello, che a quel tempo si occupava della parte produttiva. L’imprenditore decide quindi di realizzare un drastico ridimensionamento dell’azienda. Con la ristrutturazione viene attuata una prima semplificazione della struttura produttiva e organizzativa che porta come conseguenza la chiusura di alcuni impianti e la riduzione del personale a circa 20 dipendenti1. Per semplificare l’organizzazione e permettere una più efficiente divisione dei compiti fra lui e i suoi familiari l’imprenditore propone una scissione dell’attività. Vengono quindi create due società distinte con leve di comando che lo stesso imprenditore definisce “strette e corte”. Alla prima società se ne affianca un’altra sotto la guida del fratello in cui viene realizzata la fase di verniciatura, trasformata grazie alla ristrutturazione in una fase produttiva a sé stante. Giorgio Zanchetta, decide inoltre di ripercorrere all’inverso la strada seguita dal padre, e torna a rifocalizzarsi sul mercato degli elettrodomestici, con l’intenzione di concentrare nuovamente le risorse su quello che era comunque rimasto il core business dell’azienda, in termini di competenze tecnologiche e manifatturiere maturate negli anni. La scelta di ritornare sul mercato degli elettrodomestici è stata dettata anche da altri motivi, tra i quali il fatto che il settore del mobile, in cui Anodica aveva guadagnato una quota di mercato importante, non era tuttavia in grado di valorizzare a pieno la tecnologia, la qualità, la complessità del prodotto e la capacità del servizio dell’azienda, 1 L’azienda aveva precedentemente occupato fino a 50-60 dipendenti. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 126 PARTE III cosa che invece non accadeva nei rapporti con i fornitori del settore degli elettrodomestici. Passati gli anni della generale crisi del mercato (il biennio 1991-1992, in cui anche Anodica aveva toccato i minimi storici in termini di fatturato), il settore dell’elettrodomestico rimaneva comunque un settore importante sul mercato italiano, con potenzialità di sviluppo. Graf. 1 - Fatturato L’azienda torna quindi a lavorare nuovamente per la Zanussi e ad attuare una politica commerciale volta all’acquisizione di nuovi clienti. Tuttavia, non avendo l’imprenditore ampia conoscenza nel settore, decide di avvalersi di una consulenza specifica esterna per implementare l’attività commerciale2 (formazione del personale, impostazione commerciale e nell’utilizzo delle regole del marketing). Inoltre, Giorgio Zanchetta comincia una collaborazione con un ex direttore commerciale di un’altra azienda che, avendo anch’essa come cliente la Zanussi, era in grado di catturare le conoscenze dei clienti e dei bisogni del territorio. Dopo questa prima fase, in azienda entra il primo tecnico commerciale3. A partire dagli anni ’90 l’azienda inizia quindi ad accrescere la propria quota di mercato nel settore dell’elettrodomestico, sia localmente che sui mercati esteri, guadagnando maggiori competenze specialistiche e puntando in modo più professionale alla qualità, anche attraverso un percorso di certificazione, di servizio al cliente, e tramite la costituzione di una nuova politica logistica (a partire dalla fine degli anni ’90). 2 Per garantire la continuità nella consulenza commerciale, il consulente è divenuto poi socio di minoranza di Anodica e ricopre a p/time il ruolo di responsabile Marketing. 3 Questa nuova figura commerciale proveniva, come il precedente consulente, da un’azienda concorrente di Anodica ed anche in questo caso viene ceduta una piccola quota del capitale sociale. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 127 PARTE III 1.3 Il nuovo progetto di crescita Sebbene in questo ultimo decennio la crescita dell’azienda sia stata positiva, le limitate dimensioni di Anodica Trevigiana e il suo essere fondamentalmente legata, tramite il suo bacino di subfornitura, al territorio sono elementi che possono essere d’ostacolo ad una crescita di lungo periodo. Secondo Giorgio Zanchetta, l’attuale situazione del mercato e la logica della competizione globale chiedono alle aziende una nuova capacità di posizionamento sui mercati attraverso lo sviluppo di politiche di internazionalizzazione. È questa la direzione verso cui Anodica ha iniziato, a partire dal 2004, a muoversi, adottando un documento di strategia aziendale che mira a considerare nuove opportunità di crescita, e iniziando alcuni progetti che prevedono un ampliamento della geografia del proprio mercato competitivo. Fino al 2003 il mercato estero dell’azienda era comunque rimasto limitato alle attività di esportazione all’interno dell’Europa occidentale. L’intenzione dell’azienda è perciò di estendere i mercati di sbocco e trovare nuove fonti di approvvigionamento, o in generale nuove fonti produttive, in grado di assicurare una maggiore competitività anche dal punto di vista della riduzione dei costi di produzione. Oggi l’azienda conta un progetto di sourcing in Cina4 e un progetto di apertura di una sede produttiva in Turchia attraverso una joint venture con un partner locale (di minoranza) utile ad avere una persona in loco su cui far affidamento e che conosce la cultura, le pratiche del posto, dove reperire la manodopera e dove cercare eventuali fornitori e clienti. La scelta di avere un’unità produttiva in Turchia è dettata anche dall’opportunità di accedere più agilmente ai mercati geograficamente vicini dell’Est Europa, paesi in cui le prestazioni e la qualità del prodotto possono essere offerti a standard qualitativamente minori rispetto a quelli cui si riferisce la produzione italiana. La Turchia rappresenta inoltre un mercato di sbocco molto interessante, per la presenza di molte importanti aziende dell’elettrodomestico5 ed è un bacino manifatturiero esperto nel settore dei metalli, grazie alla massiccia presenza di aziende automobilistiche (es. Fiat, Renault, Toyota). Per aziende di piccole dimensioni l’azione solitaria su mercati internazionali risulta assai difficile poiché richiede la disponibilità di capitali, ampi investimenti iniziali il cui 4 L’intenzione per ora è di capire meglio questo mercato osservandolo più da vicino, e creare eventualmente una rete di fornitura. È da poco stata avviata una collaborazione con una società locale per la ricerca dei fornitori con i quali si stanno avviando le prime campionature di prodotti. 5 Il 5° gruppo di elettrodomestici europeo è turco. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 128 PARTE III ritorno può essere solo nel lungo periodo, una cultura e una conoscenza di realtà diverse dal quotidiano contesto territoriale di riferimento, e competenze interne in grado di interfacciarsi con interlocutori cognitivamente, geograficamente e culturalmente lontani. È per questo che Giorgio Zanchetta nel 2004, viste le difficoltà di andare da solo ad esplorare nuovi mercati, inizia a pensare che una via di crescita possibile sia l’aggregazione con altre aziende spinte dalle stesse esigenze e problematiche di settore. Le aziende coinvolte nel progetto Unieldom ANODICA Trevigiana (TV) maniglie, finiture, pannelli, pomelli, per l’industria dell’elettrodomestico ASG International (BS) spiedi, forchette, accessori vari destinati per l’uso dei forni FPD (TV) Profili plastici estrusi e coestrusi, lavorazione materiale plastico, attrezzature per estrusione GENERAL PLAST srl (TV) Prodotti termoplastici iniettati per diversi settori d’uso tra cui l’elettrodomestico (es. vaschette verdura per frigoriferi) METEOR (TV) serrature, barre, stampaggio, assiemi e accessori, motoriduttori per l’industria degli elettrodomestici destinati ai forni tradizionali, ai forni a microonde ed alla costruzione di serrature motorizzate. MONTECAVI SRL (TV) fabbricazione di cablaggi e di impianti elettrici per produzioni di grandi serie, principalmente focalizzata sulla fornitura di impianti per elettrodomestici NUOVA STAR SPA (BO) disegni e produzione di stampi e matrici per piccoli componenti metallici Una crescita attraverso forme di cooperazione, infatti, permetterebbe di acquisire economie di scala importanti, condividere conoscenze e strategie, e acquisire maggiore visibilità sui mercati internazionali. L’imprenditore cerca quindi di costituire un gruppo omogeneo di imprese, operanti nello stesso mercato degli elettrodomestici con prodotti tradizionali di componentistica, e di dimensioni ridotte. Un altro requisito che Giorgio Zanchetta cerca nelle aziende con cui costruire il nuovo progetto è poi la condivisione di alcuni clienti, in modo da avere stimoli simili e uno stesso modo di IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 129 PARTE III affrontare il mercato mantenendo un omogeneo livello della qualità e del servizio al cliente. Nel 2004, attraverso il supporto di Unindustria Treviso, Giorgio Zanchetta coinvolge altre 5 aziende con i requisiti sopra descritti (tre nella realtà di Treviso, una nella realtà bolognese e una nella realtà bresciana), nella costruzione di un progetto comune di sviluppo nel campo degli elettrodomestici. Recentemente si è aggiunta inoltre la General Plast srl di Tezze di Piave (TV). La carta di intenti del progetto Unieldom Il gruppo Unieldom intende combinare esperienze e capacità distintive di aziende italiane produttrici di componenti per applicazioni industriali, in modo da offrire un completo range di prodotti e servizi posizionandosi come interfaccia locale per specifiche richieste di mercato. Il primo obiettivo è avvantaggiarsi delle sinergie del gruppo per valorizzare specifiche conoscenze di settore e i successi ottenuti da ogni azienda in un contesto di globalizzazione e internazionalizzazione dei mercati. Le aziende partecipanti focalizzano le proprie energie sui mercati internazionali assumendo strategie comuni attraverso la condivisione di conoscenza e competenze professionali, accordi di vendita e l’attribuzione di responsabilità operative costituite per migliorare l’efficienza e la competitività. Le specializzazioni acquisite, la costante ricerca e l’innovazione nei processi e prodotti del settore dell’applicazione dell’elettrodomestico permette alle aziende partecipanti di sviluppare e suggerire produzioni in coprogettazione con i propri clienti garantendo alti standard di qualità e realizzazione con particolari attenzioni al prezzo. Unieldom ha lo scopo di estendere nel mondo i valori del made in Italy attraverso il sostegno delle delocalizzazioni, interpretazione e adattamento alle domande di mercato, creando opportunità di impiego e sviluppo nei paesi in cui interviene. L’idea di Zanchetta è in pratica quella di utilizzare il gruppo per iniziare a costruire una comune forza economica e strategica per acquisire la conoscenza necessaria ad operare su nuovi mercati, prevedendo possibili progetti di internazionalizzazione e sviluppo sia a monte che a valle della filiera (conoscenza per vendere, produrre, acquistare e gestire la clientela). Prima della costituzione formale di un consorzio avvenuta a marzo 2006, al quale hanno aderito per ora solo 4 delle aziende coinvolte nel progetto6, le imprese si sono associate inizialmente ad Unint, consorzio dell’associazione industriali di Treviso, a cui 6 Hanno per ora aderito al consorzio Anodica trevigiana, ASG International, General Plast srl e Meteor. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 130 PARTE III eventuali gruppi egualmente informali possono appoggiarsi per la gestione amministrativa delle spese comuni. Fin’ora il progetto di aggregazione, ancora allo stato iniziale, ha previsto la condivisione di alcune ricerche di mercato volte ad esplorare i mercati dell’Est, ed in particolare della Russia, alla ricerca di potenziali nuovi clienti o fornitori. In questo periodo Zanchetta vuole però dare maggiore consolidamento al gruppo proprio attraverso il consorzio che ha lo scopo di stimolare una più stretta alleanza fra le varie realtà. L’idea è stata quindi di sviluppare una vera e propria entità giuridica con un nucleo amministrativo comune. L’intenzione è di coinvolgere le aziende in modo più stringente laddove le possibilità di crescita convergano verso una visione e un’operatività condivise, con la messa in comune di responsabilità, competenze e conoscenze di cui le aziende possano realmente beneficiare attraverso strategie comuni. Box 1 – Il percorso di crescita dal 1995 al 2005 di Anodica Trevigiana 1995 Produzione per settore elettrodom. 50% Dipendenti 20 2005 Produzione per settore elettrodom. 99% Dipendenti 50 Anodica Trevigiana Anodica Trevigiana Produzione per altri settori (es. mobili) 50% Fatturato < 2 milioni Fatturato 10 milioni Rifocalizzazione nel settore elettrodomestici (specializzazione di risorse, qualità, servizio, tecnologia) IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 131 PARTE III Box 2 – I progetti di crescita Necessità di crescere sui mercati internazionali: Progetto di sourcing in Cina Progetto unità produttiva in Turchia Iniziata una collaborazione con una società locale per la ricerca di fornitori; avviate le prime campionature di prodotti (ricerca di efficienze di costo) Costituzione di una joint venture con un partner locale di minoranza per avviare una sede produttiva in loco (ricerca di efficienze di costo e possibilità di avvicinarsi ai mercati di sbocco dell’Est Europa, Turchia compresa) Progetto di aggregazione: Gruppo Unieldom Il gruppo Unieldom Aggregazione con altre imprese del settore per acquisire economie di scala e strategie per operare sui mercati internazionali (costituzione di un consorzio, marzo 2006) Consorzio (le aziende che hanno per ora aderito al consorzio) trasformazione in consorzio Anodica Trevigiana (TV) ASG International (BS) Anodica Trevigiana (TV) General Plast srl (TV) ASG International (BS) Montecavi srl (TV) General Plast srl (TV) FPD (TV) Meteor (TV) Meteor (TV) Nuova Star spa (BO) 2. L’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione di Anodica Trevigiana Anodica Trevigiana è un’azienda di piccole dimensioni nata come azienda familiare che conta oggi una cinquantina di dipendenti. Fin dall’inizio la conduzione e le responsabilità critiche erano affidate ai componenti di famiglia: il padre di Giorgio Zanchetta si occupava della direzione generale, il fratello seguiva la parte produttiva IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 132 PARTE III con l’ausilio di un collaboratore, la sorella seguiva invece la parte amministrativocommerciale. Sebbene ancora oggi la conduzione dell’azienda sia affidata a Giorgio Zanchetta, l’imprenditore è stato in grado di cogliere positivamente l’opportunità di far crescere la propria realtà inserendo figure di responsabilità esterne che hanno contribuito a importare competenze di carattere soprattutto commerciale7 che l’azienda, improntata più a far crescere le competenze tecnico-produttive, aveva in parte tralasciato. A questo proposito, interessante è stata la scelta di Giorgio Zanchetta di coinvolgere nella storia aziendale alcuni dei suoi collaboratori commerciali e produttivi8 dando loro la possibilità di divenire soci di minoranza nell’azienda. Con il tempo la struttura organizzativa dell’azienda, pur nei limiti di una piccola dimensione, ha assunto un carattere più completo. Oggi sono infatti presenti un responsabile acquisti, un responsabile qualità, un responsabile commerciale, tutte funzioni che all’inizio degli anni ’90 ricopriva invece in gran parte l’imprenditore. Prima che Giorgio Zanchetta prendesse le redini dell’azienda le opportunità di business nascevano dalle occasioni che il mercato offriva. L’azienda era quindi cresciuta senza un’attività di pianificazione rivolta al lungo periodo, e non avvertiva la necessità di focalizzare il proprio core business su di una determinata tecnologia. Le tecnologie presenti erano numerose, ma vi erano scarse economie di scopo in quanto le opportunità di mercato raccolte riguardavano diversi settori e diverse fasi di produzione. Negli ultimi 10 anni, con la conduzione di Giorgio Zanchetta, l’azienda ha invece implementato l’attività di co-progettazione9 e accresciuto le proprie capacità tecnologiche, che sono divenute più specialistiche. Tra il 1995 al 2005 si passa da un unico ufficio tecnico con un’unica persona responsabile anche della qualità a tre uffici distinti: due tecnici (un ufficio industrializzazione, un ufficio qualità) e un ufficio ricerca e prodotto, in cui le attività di progettazione e di co-progettazione hanno assunto, nel servizio al cliente, un ruolo strategico. Dal punto di vista del capitale umano nel ’95 l’azienda contava circa una ventina di dipendenti con la presenza di alcuni periti (tecnico della produzione e tecnico commerciale). L’inserimento di nuovo personale negli anni successivi è stato teso 7 Allo scopo di penetrare maggiormente i mercati esteri, è stata inserita nel 2000 un’altra figura commerciale. 8 Anche il responsabile dell’area logistico-produttiva è socio di minoranza. 9 Nell’organigramma aziendale sta per essere inserita un’altra figura incaricata della co-progettazione. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 133 PARTE III all’acquisizione di persone con competenze tecniche o specialistiche sempre più evolute. Oggi, su cinquanta dipendenti sono presenti tre laureati (responsabile commerciale estero, responsabile galvanico, responsabile acquisti), mentre è aumentata la presenza di periti tecnici e diplomati10. L’attività formativa è stata poi ampliamente implementata negli ultimi anni. Oggi i corsi per il personale sono ritenuti fondamentali dall’imprenditore, sia per migliorare le 10 Periti tecnici: responsabile commerciale Italia, responsabile qualità, responsabile ufficio prodotto, responsabile produzione, responsabile pianificazione, un addetto al controllo qualità, responsabile officina, responsabile industrializzazione; diplomati: responsabile e addetti amministrativi, addetti vendite. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 134 PARTE III capacità di gestione11 che di uso delle tecnologie, e per far fronte all’aumentata complessità tecnologica e dei mercati12. Le politiche e le strategie d’innovazione dell’azienda sono oggi inoltre tese soprattutto al miglioramento continuo dell’organizzazione. Box 3 – L’evoluzione delle competenze dal 1995 al 2005 Le competenze organizzative: - inserimento di responsabili esterni - partecipazione di alcuni responsabili al capitale societario - maggior capacità di pianificazione e controllo Le competenze produttive e tecnologiche: - implementazione delle attività di co-progettazione La qualità delle risorse umane: - aumento del capitale intellettuale (inserimento di diplomati e laureati) - aumento dei periti tecnici - aumento dei corsi di formazione - specializzazione tecnologica in un particolare mercato d’uso - costituzione degli uffici industrializzazione, qualità, ricerca & prodotto - ammodernamento degli impianti e sviluppo dell’automazione Le competenze commerciali e di marketing: - inserimento di responsabili commerciali Le competenze gestionali: - inserimento di un sistema gestionale 11 Il primo sistema gestionale è stato inserito in azienda nel ’96-97. I corsi di formazione del 2005, in cui è stato investito circa il 10% del reddito, hanno riguardato varie tematiche (inglese, conoscenza e strategie di mercato, tempi e metodi, gestione del personale e amministrativa, acquisti, valutazione dei fornitori, gestione della supply chain) e sono stati seguiti soprattutto dall’imprenditore e dai suoi collaboratori più stretti. 12 IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 135 PARTE III Oltre ad aver ottenuto la certificazione di qualità, già a partire dal ’97 l’azienda ha seguito un percorso di ammodernamento degli impianti e di sviluppo dell’automazione, supportato da un ulteriore rafforzamento organizzativo attraverso la certificazione ambientale ISO 14000 e la creazione di un sistema di gestione della sicurezza sulla base delle norme UNI-Inail. 3.L’evoluzione della rete del valore 3.1 Le relazioni con i clienti Per quanto riguarda i rapporti con i clienti, Anodica Trevigiana è un’azienda che, nascendo come spin-off di un’azienda dell’elettrodomestico locale, rimane per molti anni ancorata al territorio. All’inizio i clienti che l’azienda acquisisce, anche negli altri settori, sono frutto più che altro di opportunità di mercato che si presentavano occasionalmente. È solo a partire dalla prima metà degli anni ’90, attraverso la partecipazione ad una serie di fiere, che nel portafoglio clienti inizia ad entrare qualche azienda estera. Nel ’95 l’azienda lavorava con Francia, Inghilterra e Germania13, dove la presenza di alcuni importanti clienti nel settore dei mobili aveva dato l’opportunità di aumentare le esportazioni fino al 30% del fatturato. Per quanto riguarda il settore dell’elettrodomestico, le esportazioni erano limitate al 5% in quanto l’azienda continuava a contare sulla vicinanza geografica di specializzazioni distrettuali in questo campo. La politica di espansione commerciale all’estero si sviluppa quindi più tardi14, soprattutto negli anni 2000, quando l’ingresso di un nuovo direttore commerciale, inserito allo scopo, ha contribuito ad aumentare le politiche di esportazione. Oggi l’azienda, che per il 99% produce per il settore elettrodomestico, attraverso uno sviluppo crescente sui mercati di tutta l’Europa Occidentale e di qualche frangia esterna come la Polonia, può contare su esportazioni pari al 55% del fatturato. Inoltre i rapporti con i clienti sono sempre più tesi ad attività di collaborazione, di coprogettazione e di servizio. 13 In Germania l’azienda lavorava principalmente servendo un grosso cliente sulla base di una licenza di produzione americana di mobili metallici da giardino. 14 Un altro grosso cliente per il settore mobili acquisito con l’entrata di Giorgio Zanchetta è l’azienda svedese Ikea con cui poi il rapporto viene a cessare alla fine degli anni 2000 iniziando Ikea a rivolgersi a fornitori cinesi più competitivi dal punto di vista dei prezzi. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 136 PARTE III Evoluzione dell’esportazione Area geografica Settore di destinazione % di esportazione 1995 Francia, Inghilterra, Germania 25% settore mobili, 5% settore elettrodomestico 30% 2005 Europa Occidentale e Polonia settore elettrodomestico 55% 3.2 Le relazioni con i fornitori Sia per i materiali da lavorare, che per le lavorazioni conto terzi, Anodica ha sempre utilizzato il bacino territoriale come bacino di fornitura. Con la ristrutturazione dell’azienda, iniziata con l’entrata di Giorgio Zanchetta nei primi anni ’90, vengono inizialmente chiusi due impianti e portata all’esterno parte della produzione per semplificare l’attività e meglio concentrarsi nelle fasi meccaniche. Nel ’95 tutte le lavorazioni di finitura superficiale erano esterne e l’azienda aveva una percentuale di lavorazioni in conto terzi del 30% circa dell’intero fatturato. All’esterno veniva svolta completamente la fase di pulitura (spazzolatura), la fase di anodizzazione, di verniciatura, e le galvaniche. Negli ultimi anni, la maggiore focalizzazione nel settore elettrodomestico ha però comportato un ridimensionamento dell’utilizzo dell’outsourcing. Nel settore elettrodomestico la clientela più attenta al servizio e alla qualità della produzione ha indotto l’azienda a restringere il proprio bacino di fornitura, poiché i fornitori locali non sono stati in grado di seguire l’adeguamento agli standard richiesti dal mercato essendo per la maggioranza ancora legati a lavori di tipo artigianale e non avendo investito nella modernizzazione degli impianti. Anodica Trevigiana ha fatto quindi la scelta di aumentare il grado d’integrazione verticale, per essere meglio capace di rispondere alle esigenze dei propri clienti attraverso tecnologie di prodotto di tipo più avanzato. Una volta raggiunta la specializzazione nel settore degli elettrodomestici, il conto terzi ha quindi iniziato a creare alcuni problemi, in particolare in alcune fasi critiche come la fase di anodizzazione dove l’azienda si rivolgeva principalmente ad un fornitore che non riusciva tuttavia, con l’aumento dei volumi e le politiche di miglioramento del servizio attuate da Anodica, a dare all’azienda la tempestività e la qualità di cui essa IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 137 PARTE III aveva bisogno, continuando a mantenere delle alte tolleranze sulla qualità non più ammesse sul mercato di Anodica15. Agli inizi del 2000 il mercato divenuto sempre più esigente costringe l’azienda a portare all’interno sia la fase di anodizzazione, attraverso l’investimento in un nuovo impianto, sia una parte della fase di pulitura (spazzolatura), che veniva prima svolta al 100% esternamente16. L’attività svolta in outsourcing ha quindi iniziato progressivamente a ridursi, pur restando ancora importante, e oggi rappresenta il 20% del fatturato. Nel 2005 le fasi svolte internamente dall’azienda sono quindi gran parte dell’attività meccanica e alcune fasi di finitura (l’anodizzazione e una piccola percentuale di pulitura che verrà implementata a partire dal 2006). All’esterno sono state invece mantenute le fasi di verniciatura e le galvaniche, mai internalizzate perché richiederebbero investimenti troppo elevati rispetto ai volumi marginali di produzione previsti Avendo dovuto investire negli ultimi anni in impianti di finitura, l’azienda, non avendo più capitali da investire negli impianti di meccanica, si è vista però costretta a portare all’esterno una parte di questa fase. Con i nuovi investimenti di quest’anno, quest’ultima fase dovrebbe comunque tornare quasi completamente interna. La politica di integrazione verticale attuata dall’azienda in questi ultimi anni è stata quindi essenzialmente sviluppata a partire dalla mancanza sul territorio di fornitori capaci di seguire l’azienda nel suo percorso di crescita, anche dal punto di vista dei prezzi ormai non più competitivi sul mercato globale, ma anche dalla necessità di accorciare i flussi produttivi per ridurre i lead times di produzione ed i magazzini, migliorando la capacità di risposta e servizio al cliente. La necessità di competere sul mercato globale ha inoltre spinto Giorgio Zanchetta a cercare nuove risorse produttive in nuovi territori geograficamente più competitivi attraverso i progetti di internazionalizzazione che sta attuando autonomamente e tramite il progetto Unieldom. 15 Con questo fornitore l’azienda tenta senza successo di intessere qualche forma di rapporto più stretto. Giorgio Zanchetta era infatti disposto a contribuire, con qualche forma di partecipazione, ad un ammodernamento degli impianti dell’azienda ormai obsoleti. 16 Anche nella fase pulitura Giorgio Zanchetta, prima di decidere di internalizzare, aveva tentato di ampliare la gamma di fornitori per trovare chi fosse in grado di garantirgli un certo standard tecnologico e di qualità, ma la ricerca si è conclusa negativamente e ha portato alla decisione di ridurre l’attività di outsourcing. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 138 PARTE III Box 4 – L’evoluzione delle rete del valore dal 1995 al 2005 di Anodica Trevigiana Clienti: - aumento della quota di clienti esteri - aumento delle attività di collaborazione e co-progettazione Fornitori: - difficoltà di alcuni fornitori locali di seguire l’azienda nel suo percorso di crescita - riduzione dell’outsourcing e aumento dell’integrazione verticale L’evoluzione dell’integrazione verticale 1995 Anodizzazione Pulitura Galvanica Verniciatura Fasi quota outsourcing 30% meccaniche 2005 Pulitura Fasi Pulitura meccaniche Insorcing quota outsourcing 20% Anodizzazione Galvanica Verniciatura Outsourcing 4. Gli ostacoli al percorso di crescita Il progetto Unieldom, che permetterebbe all’azienda di creare importanti sinergie con altre aziende del settore, è un progetto che può senza dubbio favorire il percorso di crescita su mercati internazionali di imprese, come Anodica Trevigiana, di piccola dimensione ed in possesso di competenze tecnologiche sedimentate e di importanti capacità relazionali con i clienti (capacità di servizio). Uno degli ostacoli alla IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 139 PARTE III sperimentazione di percorsi di crescita di piccole aziende a livello internazionale è infatti la difficoltà nell’investire ed impegnare capitale finanziario e umano nella ricerca di mercati alternativi in territori spesso geograficamente lontani. In tali ambiti, la presenza diretta e il contatto con potenziali nuovi clienti e fornitori avvengono al di fuori degli usuali contesti di riferimento. Tuttavia, essi si rivelano critici, non solo per raggiungere efficienze produttive e un costo più competitivo sul mercato, ma anche perché possono rappresentare elementi di “contaminazione culturale” determinanti per dare il via allo sviluppo e all’esplorazione di nuovi business e di nuovi mercati d’uso. La piccola azienda manifatturiera si trova quindi ad avere spesso problemi di scala per inserirsi in modo non marginale su un mercato globalizzato, ma anche problemi di disponibilità di risorse umane (troppo prese dall’operatività quotidiana) e di capitale intellettuale in grado di interfacciarsi con mondi nuovi. L’aggregazione fra imprese o la costituzione di un gruppo possono quindi essere un ottimo modo per le aziende di creare economie di scala, condividendo il rischio degli investimenti e potendo usufruire di un bacino di conoscenza comune che, ricontestualizzato nelle singole specificità o in singoli mercati d’uso, permette ad ogni singola azienda di sfruttare le dinamiche di replicazione tipiche della conoscenza. Il gruppo, composto da aziende della stessa dimensione, con simili problematiche di mercato, con produzioni se non totalmente complementari almeno non concorrenti, e con possibili sviluppi sugli stessi mercati, rende possibile quindi l’esplorazione congiunta di nuovi mercati e di nuove forme di collaborazione. Una delle difficoltà nella costruzione della collaborazione, a causa della quale il progetto ha inizialmente rischiato di non portare vantaggi significativi alle aziende partecipanti, è però costituita dalle diffidenze che gli imprenditori tendono ad avere nei confronti l’uno dell’altro. La possibilità di usufruire di conoscenza comune può essere limitata dalla difficoltà di mettere in condivisione i propri saperi temendo che non tutte le aziende possano alla fine ottenere lo stesso equo vantaggio. Nello stesso gruppo è sorta una certa difficoltà di cooperazione quando si è trattato di trasferire, o addirittura di aver solamente la possibilità di trasferire, le proprie conoscenze e competenze alle altre aziende, non comprendendo che questa stessa conoscenza non va a concorrere sulle quote di mercato di un’impresa ai danni dell’altra, ma contribuisce in modo positivo a creare un bacino di conoscenza comune a favore di tutte. Proprio per questo motivo fra i primi progetti di esplorazione di nuovi mercati l’interesse è stato rivolto al IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 140 PARTE III mercato russo, essendo un mercato in cui nessuno, per ora, ha già investito17. Ciò limita comunque non di poco la possibilità del gruppo di usufruire di strutture, conoscenze, relazioni già sedimentate o sperimentate. È inoltre necessario che le aziende abbiano la stessa visione comune delle potenzialità di mercato e dei problemi da affrontare insieme. Alcune aziende mancano di una visione di lungo periodo relativa alla situazione di mercato, poiché sono abituate ad operare sul breve e senza un reale intento strategico comune, rischiando in questo modo di depotenziare le opportunità generate dall’aggregazione. Ciò rappresenta uno dei maggiori ostacoli che Giorgio Zanchetta ha evidenziato in questo tipo di percorso di crescita e uno dei motivi che hanno indotto a dare al gruppo una forma giuridica formale (costituzione del consorzio) allo scopo appunto di rafforzare questa visione comune. Un altro problema è costituito dal fatto che la costituzione di un’entità giuridicamente formale è comunque avvenuta solo recentemente, per cui la divisione delle competenze e dei ruoli degli stessi imprenditori coinvolti nel progetto non era precedentemente molto chiara ed è stata definita in modo più preciso solo attualmente. Il fatto di non avere giuridicamente una propria struttura, ma essersi ancorati fino a poco tempo fa semplicemente ad una società di appoggio di Unindustria Treviso, ha quindi limitato i potenziali contatti che le attività pubblicistiche attuate fino ad oggi potevano dare. Le imprese si sono infatti limitate ad investire alcune migliaia di euro nello sviluppo di una brochure comune e in ricerche di mercato poco impegnative, e quindi anche poco efficaci. È necessario invece che venga creato almeno un punto di riferimento per i primi contatti, e venga attuata un’analisi delle possibilità di rendere concretizzabili gli obiettivi che si è dato il gruppo. Se ad oggi l’alleanza potrebbe essere in grado di portare ad una più concreta condivisione delle conoscenze su nuovi mercati (possibilità di acquisizione di nuovi clienti o fornitori, possibilità di sviluppo di unità produttive o di affermare la propria presenza tramite uffici all’estero), potrebbe in futuro, una volta delineata la fattibilità di eventuali progetti, portare a più concrete forme di cooperazione commerciale e produttiva anche attraverso lo sviluppo di attività di progettazione comune. Lo spirito iniziale con cui è stato promosso il progetto di aggregazione non ha posto vincoli troppo rigidi alla partecipazione delle aziende. Le riunioni successive a cui i vari imprenditori hanno partecipato hanno mostrato tuttavia come, per rendere più concreta 17 È anche vero comunque che il mercato russo è un mercato in cui si stanno spostando alcune aziende clienti. La penetrazione di questo mercato può risultare vantaggiosa invece se il gruppo con i propri servizi riesce a seguire i propri clienti su questi mercati. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 141 PARTE III e più efficace l’attività del gruppo in base agli intenti e agli obiettivi fissati, le aziende hanno avuto bisogno di allinearsi meglio per comunione di intenti e per visione strategica attraverso la costituzione del consorzio e quindi di un’entità formale. Box 5 – Gli ostacoli al percorso di crescita Gli ostacoli alla crescita nelle aziende di piccole dimensioni Mancanza di economie di scala utili ad affrontare la nuova geografia dello spazio competitivo (limitati capitali e competenze di interfaccia) Gli ostacoli iniziali alla piena realizzazione del progetto Unieldom Difficoltà di mettere in discussione il ruolo di ogni imprenditore nel gruppo e diffidenza reciproca Difficoltà di condividere nel gruppo conoscenze e competenze (problema culturale e mancanza di obiettivi precisi) Mancanza di un’entità giuridica formale e di un’organizzazione operativa del gruppo Attuale superamento del problema con la costituzione del consorzio Mancanza di una visione strategica comune di gruppo 5 Le strategie future di crescita Con la costituzione del recente consorzio l’intenzione di Anodica Trevigiana è di proseguire lungo la strada dell’aggregazione coinvolgendo le aziende in modo più stringente nella costituzione di progetti comuni, dove le possibilità di crescita abbiano uno scopo chiaro e condiviso con la messa in comune di responsabilità, competenze e conoscenze da cui le aziende possano realmente beneficiare. Gli investimenti fino ad ora attuati dal gruppo, prima della costituzione dell’attuale consorzio, hanno previsto la spesa di poche migliaia di euro e qualche incontro di confronto. Ciò non basta per sfruttare in modo pieno le economie di scala che potrebbero derivare invece da un’aggregazione maggiormente vincolante, sia dal punto di vista finanziarioamministrativo, che in generale nell’impiego delle risorse, in grado di portare realmente contributi positivi di crescita (es. costituzione di una rappresentanza o di un ufficio IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 142 PARTE III all’estero, pagamento di un temporary manager per sondare in modo approfondito i mercati, sviluppo e crescita sui mercati attraverso strategie collettive, sviluppo di attività comuni di progettazione). La strategia del gruppo multi-tecnologico non è poi ancora sufficiente a dare le necessarie economie di scala su progetti di manufacturing all’estero. Per questo motivo è intenzione di Anodica ricercare anche altre possibili alleanze con competitori in modo da: - ottimizzare gli investimenti nazionali nel manufacturing liberando risorse finanziarie ed umane per lo sviluppo di nuove facilities produttive all’estero. - ottimizzare i flussi produttivi relativi a prodotti ampiamente appoggiati in outsourcing, presidiando al contempo competenze tecnologiche oggi fuori controllo. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 143 PARTE III IL CASO CARRARO 1. Il percorso di crescita del Gruppo Carraro L’attività dell’azienda iniziò nei primi anni del secolo, quando il fondatore Giovanni Carraro subentrò al padre nella piccola attività di riparazione e costruzione di attrezzi agricoli. Partendo da questo mestiere, Giovanni Carraro iniziò gradualmente ad uscire dal ruolo di artigiano, aumentando i volumi e allargando la gamma dei prodotti e servizi offerti. Nel 1932 fu introdotta la prima seminatrice in linea, che segnò la nascita e lo sviluppo della Carraro. A metà degli anni ’30, nel piccolo capannone adiacente alla casa di Giovanni Carraro, lavoravano una dozzina di operai e vi si producevano, oltre alle seminatrici, aratri e erpici. Già in questo periodo iniziò la produzione in serie (di circa 300-400 pezzi l’anno). All’inizio degli anni ’50, la guida dell’azienda passò al figlio Oscar, il quale spinse per l’espansione nei mercati europei e per la motorizzazione. Nel 1958 uscì dalla catena di montaggio il primo trattore agricolo, grazie alla conoscenza e all’esperienza acquisita già dal 1951 con la produzione della prima autoseminatrice. La produzione del primo trattore con marchio “Tre Cavallini” comportò il passaggio dalla produzione “artigianale” a quella “industriale”. A metà degli anni ’50, entrarono attivamente in azienda anche i figli Mario e Antonio e il 6 Dicembre 1960, si giunse alla costituzione della Società in accomandita semplice sotto la ragione sociale “Officine Meccaniche di Campodarsego di Oscar e Mario Carraro e fratelli”. Le neonate “Officine meccaniche G. Carraro” ebbero, negli anni ’60, un rapido sviluppo. La produzione del trattore superò rapidamente per importanza quella delle seminatrici (per i primi due anni la produzione di trattori si attestò intorno alle 200-250 unità). A metà circa degli anni ’60, Carraro (con circa 400 dipendenti e progetti di espansioni ulteriori) era ormai, non solo nel settore metalmeccanico, una delle aziende più importanti dell’Alta Padovana (Vedovato 1992). IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 144 PARTE III La crescita di questi anni fu confermata dallo sviluppo del trattore a quattro ruote motrici, che permise all’industria padovana di affacciarsi con i propri prodotti sui mercati esteri (Francia, Spagna, Grecia). Continuando nel processo di diversificazione produttiva, che sembra caratterizzare questo periodo, Carraro sfruttò le conoscenze acquisite grazie alla produzione di macchine agricole, per entrare nel settore delle macchine movimento terra, con le prime fresatrici ed il successivo sviluppo dell’erpice rotante. Negli anni ’70 il settore dei trattori entrò in crisi, il management Carraro percepì di non poter continuare a competere con i grossi costruttori (es. Case, Caterpillar) e iniziò un processo di riconversione industriale: dalla produzione di trattori si passò, gradualmente, alla produzione e commercializzazione di parti componenti del trattore stesso. In modo particolare l’azienda cominciò a focalizzarsi su particolari componenti della trasmissione. Nel 1973 nacque la divisione “Assali e trasmissioni”, che si specializzò nella progettazione e costruzione di assali e trasmissioni per trattori agricoli e macchine movimento terra. L’azienda di Campodarsego aveva quindi decisamente imboccato la strada della focalizzazione produttiva sulla componentistica risalendo un gradino nella filiera produttiva del proprio settore di riferimento e diventando fornitore dei suoi ex. concorrenti. Nel 1979 la divisione “Assali e trasmissioni” sviluppava già il 36% del fatturato totale dell’azienda e nel frattempo si erano stabiliti rapporti commerciali con Ford, Case, Massey Ferguson. Negli anni ’80 anche i maggiori costruttori attraversarono un forte periodo di crisi. Dato la maggiore complessità dei mercati finali e il cambiamento continuo delle tecnologie, i produttori avvertirono una esigenza di maggiore flessibilità. Inoltre essi non potevano più governare le conoscenze necessarie a sviluppare e produttore tutte le componenti di un prodotto complesso come un trattore. Tale congiuntura accentua la dinamica competitiva e alimenta due distinti fenomeni. Per far fronte alle nuove sfide, le imprese, soprattutto quelle di maggiori dimensioni, rispondono rinnovando gli impianti. Tale tendenza alimenta implicitamente un processo di concentrazione, che rende ancora più rilevante il fattore dimensionale nel settore. Una seconda strategia che caratterizza questo periodo è il forte decentramento produttivo finalizzato a ridurre i costi fissi e aumentare la flessibilità operativa. Queste dinamiche hanno un forte impatto nell’evoluzione delle relazioni di fornitura con i fornitori di componenti/sistemi critici che da relazioni di mercato cominciano a IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 145 PARTE III incorporare elementi di collaborazione e partenrship (es. co-development nello sviluppo del prodotti, integrazione logistica, TQM). Nel 1978 Carraro, diventata S.p.A., rilevò un’azienda di Rovigo, la Felisatti (in seguito Agritalia S.p.A) dove nel 1984 venne spostata l’intera produzione di trattori con il conseguente impegno totale della superficie dell’unità produttiva madre di Campodarsego nella produzione di assali e trasmissioni. Dall’esigenza di creare rapporti sempre più stabili con i propri clienti, presero avvio i primi passi verso la Qualità Totale, ritenuta un valido strumento per creare dei veri rapporti evoluti di fornitura con i clienti principali e per omogeneizzare la struttura interna che stava crescendo per effetto delle acquisizioni che si stavano susseguendo. Nella seconda metà degli anni ’80 Carraro attua una strategia di decentramento delle produzioni accessorie attraverso l’acquisizione e la costituzione di società che svolgono specifiche attività funzionali rispetto al core business (produzione di assali e trasmissioni). Seguendo questa strategia nel 1988 venne costituita la PNH S.p.A. di Gorizia, per la produzione di scatole presa di movimento e assali anteriori per veicoli a due ruote motrici. Sempre nello stesso anno, avvenne un’altra acquisizione di rilievo: quella della SIAP di Maniago (PN), che produceva ingranaggi, coppie coniche e alberi scanalati, per macchine movimento terra e agricole. Al fine di costituire un polo integrato degli ingranaggi vengono create nella stessa area due nuove unità, la STM (stampati) e la TQT (trattamenti termici). Nel 1991 Carraro fu premiato da Ford come fornitore migliore (“Q1 Award”) dell’anno e questo costituì un formidabile biglietto da visita per l’azienda, riuscendo ad avvalorare l’intenzione di creare con i clienti rapporti di fornitura orientati alla co-makership. Nel 1992 venne inaugurata a Chicago la Carraro North America Inc., società creata con l’obiettivo di promuovere i rapporti commerciali e consolidare quelli esistenti con il mercato nordamericano, nonché monitorare il mercato attraverso la partecipazione a fiere. Nel Maggio 1994, il Gruppo riuscì ad ottenere la certificazione ISO 9001 da parte di un organismo internazionale come il BSI (British Standards Institution), un passo molto importante per il riconoscimento dell’assoluta affidabilità qualitativa del prodotto del Gruppo. Il 1995 è stato l’anno di ammissione alla borsa con il lancio dell’offerta pubblica di sottoscrizione e di vendita di 6 milioni di titoli (1.3 milioni di stock option riservata ai dipendenti) e di rimanenti 9 milioni destinati a investitori istituzionali italiani ed esteri al prezzo di collocamento di 4.500 Lire. Dal 1995 Carraro intraprende un forte percorso di crescita per linee esterne che lo porta nel giro di pochi anni ad assumere una struttura IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 146 PARTE III operativa e organizzativa tipica di una multinazionale. Nel 1996 venne acquisita DPF azienda di Poggiofiorito (CH), che produceva ingranaggeria, e Trenton di Frassinoro (MO), che fabbricava e assemblava componentistica meccanica. Nel 1997 fu aperta una filiale commerciale in Giappone per la vendita in tutto il far east e un ufficio di rappresentanza in Turchia. Nel marzo dello stesso anno, inoltre, venne firmata una joint-venture al 51% con Escort ltd (uno dei maggiori gruppi industriali indiani), realizzando il primo passo verso la globalizzazione produttiva. Tale joint-venture prevedeva la costituzione di una società (Carraro India ltd), per la produzione di trasmissioni e assali per trattori destinati al mercato indiano. Il 1998 segnò un altro passo importante nel processo di globalizzazione con l’acquisizione della maggioranza della Fabryka Osi Napedowych S.A. L’acquisizione di questa società fu strategica per la penetrazione dei mercati dell’Europa centrale ed orientale e per la possibilità di entrare in un nuovo segmento di mercato rappresentato dagli assali pesanti per autobus e camion. Nello stesso anno ci fu l’acquisizione dello stabilimento argentino di Haedo, nell'area di Buenos Aires da Agco, per una più forte penetrazione dei mercati dell'America del Sud e l’instaurazione di un rapporto di fornitura a lungo termine con Agco su scala mondiale. Nell’ aprile del 1999, è stata ufficializzata la costituzione di Carraro Korea Co. Ltd., società con sede ad Ulsan, a circa 300 Km. da Seoul, per la produzione di sistemi di trasmissione per veicoli dedicati al material handling. Nel Giugno 2000 il Gruppo Carraro acquisì O&K Antriebstechnik una società tedesca specializzata nella produzione di riduttori, assali e sistemi di trasmissione per macchine "heavy duty" (macchine da costruzione cingolate). La società acquisita è una divisione di O&K Orenstein & Koppel AG, società controllata dal Gruppo multinazionale Case New Holland (CNH Global N.V.) Nel Dicembre 2003 viene siglato un accordo con Same Deutz-Fahr, uno dei maggiori costruttori mondiali di trattori, per l’acquisizione della società A.E., con sede a Castello d’Argile (Bologna) e la fornitura di assali agricoli per tutta la gamma trattori del gruppo Same Deutz-Fahr. L’ultimo biennio è stato caratterizzato dal sorgere di due nuove unità produttive, nel dicembre 2004 la costituzione di Carraro Quingdao Drive Syistem in Cina e nel dicembre 2005 l’inaugurazione negli del secondo sito produttivo in India: Turbo Gears Ltd. La figura 1 evidenzia alcune tappe della crescita legate all’internazionalizzazione sottolineando i driver che hanno spinto il gruppo ad adottare una struttura globale. Come si può notare i motivi sono sempre legati al mercato. Da un lato alcune operazioni (es. Carraro Korea) sono state poste in essere per avvicinarsi ai maggiori IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 147 PARTE III clienti in modo da garantire un livello di servizio elevato. Dall’altro, altre operazioni hanno avuto come ratio fondamentale la volontà del gruppo di sfruttare le potenzialità di alcuni mercati (es. Carraro India). Infine alcune operazioni sono state giustificate da entrambe queste motivazioni (es. Carraro Argentina) Fig. 1 - l’internazionalizzazione e i suoi drivers (fonte: Costa, Gubitta, 2001) Drivers Carraro Korea (1999) O&K Antrienstechnick (1992) Vicinanza al cliente Entrambi Potenzialità dei mercati Carrao N. America (1992) Carrao Germania (1995) Ufficio Turchia e sede Giappone (1997) Carraro Argentina (1998) Acquisizione Torrington company (1999) Carraro India (1998) Fabryca Osi N. S.A. (1999) Exp e decentramento mkt Investimento estero e coordinamento Strategie di internazionalizzazione Attualmente il Gruppo conta 13 insediamenti produttivi di cui 6 in Italia e i rimanenti dislocati tra India, Cina, Polonia, Argentina, Germania e Stati Uniti e quattro centri di ingegneria tra Italia, Germania e Argentina per lo sviluppo di assali e trasmissioni per trattori agricoli, macchine movimento terra e carrelli elevatori, accanto a riduttori epicicloidali, variatori di fase per automobili, ingranaggi e componenti meccanici. Con una quota di mercato di circa 25% nella produzione di assali e di circa il 30% nella produzioni di trasmissioni è leader mondiale nelle applicazioni agricole. Il Gruppo è leader mondiale, inoltre, nel settore di applicazione “Construction Equipment”con una quota di mercato di circa il 44%. A livello mondiale si riconoscono principalmente 2 concorrenti (ZF e Dana) che insieme a Carraro alla fine degli anni ’90 detenevano circa il 60% del mercato della produzione di assali per le applicazioni agricole (Carraro 21%). Una quota rilevante era coperta dai captive (ossia i costruttori che continuano ad avere parte o tutta la produzione di sistemi di trasmissione al proprio interno), con una percentuale di circa il 28%. Nel 2004 Carraro ha realizzato un fatturato consolidato di circa 514 milioni di Euro, con un incremento del 31.8% sull’esercizio precedente. A questo importante risultato hanno contribuito tutte le società del Gruppo in particolare Carraro Argentina con un aumento IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 148 PARTE III del 44,9% e Carraro India e O&KA entrambe con un aumento del 29,8%. L’esercizio 2004 ha chiuso con un utile di 12,73 milioni di Euro in crescita del +129% rispetto all’esercizio 2003. La tabella 1 contiene alcuni indicatori che evidenziano il percorso di crescita e la redditività del Gruppo Carraro nel periodo 1994-2004. Tab. 1 - Alcuni numeri del Gruppo Carraro 1994-2004 1994 156.155 1204 289 915 33.137 21,22% 10.635 7.011 7,44% 21,14% Fatturato Dipendenti - impiegati, quadri, dirigenti - Operai CdL CdL/Fatturato Reddito Operativo Utile Netto ROA ROE 1995 231.778 1126 294 932 38.883 16,77% 16.234 10.744 7,92% 18,94% 2003 389.874 2132 504 1628 62.262 15,97% 19.113 5.560 5,09% 19,30% 2004 513.668 2237 513 1724 68.340 13,30% 29.621 12.738 7,41% 13,42% Il mercato di sbocco presenta una dimensione globale: l’84,2% del fatturato è infatti rivolto all’estero, con una prevalenza del mercato del Nord America (26,5%), della Gran Bretagna (12,3%), della Germania (12,1%), della Francia (9,5%) e del Sud America (7,6%). Fig. 2 - Fatturato Consolidato 2004 per principali aree di destinazione (fonte: Bilancio Gruppo Carraro 2004) Altri extra UE; 0,52% Nord America; 26,53% Italia; 15,82% UK; 12,28% India; 4,02% Polonia; 2,77% Cina; 1,18% Sud America; 7,57% Altri area Ue; 7,09% Francia; 9,49% Germania; 12,07% Rispetto alle destinazioni di mercato del decennio precedente si ha una differenza in negativo per l’area del Nord America alla quale nel 1997 era destinato il 38.2% del IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 149 PARTE III fatturato (fig. 2). A contrario risulta una variazione in positivo per quelle arre che hanno visto successivamente al 2007 la presenza attiva di stabilimenti Carraro (Germania, Polonia, Sud America, Paesi Asiatici). 2. L’evoluzione delle competenze nella crescita del Gruppo Carraro 2.1 Le competenze organizzative Il Gruppo Carraro dopo la ristrutturazione a metà degli anni Novanta (immediatamente successiva alla quotazione) assunse una nuova struttura organizzativa (fig. 3). La sede di Campodarsego mantenne una posizione centrale nel Gruppo sia per la valenza delle sue attività produttive, sia per la concentrazione delle operazioni generali di gestione riguardanti finanza, marketing, acquisti, qualità ricerca e tecnologia. Queste attività furono coordinate con le altre società del Gruppo, che partecipavano alla definizione delle linee di sviluppo, mantenendo l’autonomia per le specifiche competenze gestionali (Costa, Gubitta 2001). La struttura organizzativa adottata può essere definita come una struttura divisionale con accentramento di alcune funzioni critiche. Fig. 3 - Struttura Corporate del Gruppo Carraro nel 1997 (fonte: Costa, Gubitta 2001) Presidenza Comitato di presidenza Direzione Generale Comitato Operativo Assicurazione Qualità Risorse Risorse umane umane ee Sistemi Sistemi Finanza e Amministrazione Controllo Controllo di di gestione gestione Direzione Direz. Operazioni Direz. Operazioni Direzione Commerciale Assali-Trasmissioni Automotive Ingegneria Integrata IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 150 PARTE III Nel settembre 2003 è stata varata l’attuale struttura organizzativa del gruppo (fig. 3), che ora prevede cinque distinte Business Units (centri di profitto)18, fortemente focalizzate e autonome. Le Business Unit (BU) sono responsabili del risultato operativo del processo di ideazione, produzione e commercializzazione dei prodotti di propria competenza, comprendono una rete di vendita (Sales & Product Planning) ed un insieme di stabilimenti a loro dedicate. Tali BU sono coordinate da “Centri di competenza” e da “Centri di servizi” che garantiscono innovazione e creatività, qualità di processi e condivisione delle conoscenze. Entrando maggiormente nel dettaglio, fanno parte della Business Unit “Drivelines” la Carraro SpA di Campodarsego, Assali Emiliani Srl, Carraro India Ltd, Carraro Argentina S.A., Fabryka Osi Napedowych S.A. Questi sono gli stabilimenti che hanno in se le competenze tecnologiche e la capacità manifatturiera per focalizzare la propria produzione sui cosiddetti “sistemi” per applicazioni agricole e industriali, ovvero su assali e trasmissioni e sulle loro combinazioni. La Business Unit “Drives” comprende invece lo stabilimento O&K Antriebstechnik Gmbh & Co. KG e Carraro Quingdao Drive Syistem in Cina, costituito nel Dicembre 2004 e prossimo ad entrare operativo. Questa area di business è dedicata a prodotti quali i riduttori per applicazioni cingolate e per macchine per la preparazione delle strade oltre per applicazioni stazionarie, scale mobili, ascensori, tapis roulants. La Business Unit “Components” conta i due stabilimenti SIAP SpA a Maniago e Poggiofiorito e da luglio 2005 anche il nuovo stabilimenti indiano, è specializzata prevalentemente nella produzione di numerose tipologie di ingranaggi per una varietà di applicazioni, dal settore automotive a quello tessile, da quello ferroviario a quello della robotica. La BU “Vehicles & powertrains”, che si colloca alle dirette dipendenze del CEO del Gruppo Carraro, ha come sede produttiva lo stabilimento Agritalia di Rovigo. Da ultima la Business Unit “Spare Parts” presso uno stabilimento di Rovigo. A supporto delle attività delle Business Units la nuova struttura prevede la presenza di “Centri di competenza” e “Centri di spesa”. La prima categoria comprende le direzioni che anno in sé le competenze strategiche utili a definire, guidare, e migliorare l’efficienza gestionale delle Business Unit, nello specifico di questa area fanno parte le direzioni: Group Engineering, ovvero Ricerca e Sviluppo, Business Strategy, Manufacturing 18 In origine le BU erano quattro, non esisteva l’unità di Business denominata “Vehicles & powertrains”, presente dal 1 Aprile 2005 attraverso l’accordo d’affitto con Agritalia, controllata al 100% da Fianaid, holding di controllo del Gruppo IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 151 PARTE III Strategy e Global Sourcing, prima conosciuta come Direzione Acquisti. Tra i Centri di Servizio invece rientrano le direzioni: Finance, Administration & Business Control, Human Resources, Systems & Corporate Image, Quality. Tali enti hanno il compito di garantire il buon funzionamento delle Business Unit, supportando le stesse con i mezzi e persone, ciascuno nel proprio ambito. Fig. 4 - Organizzazione Gruppo Carraro (fonte: documenti interni con adattamenti) Chairman Board of Directors Chief Executive Officer Competence Centers Group Engineering Finance Administration & Business Control Profit Centers Business Strategy Manufacturing Strategy Service Centers Human Resources Systems & Corporate Image General Manager Systems Quality Business Unit Powertrains & Vehicles Business Unit Drivelines Business Unit Drives Business Unit Components Business Unit Parts Global Sourcing Conseguentemente alla revisione dell’organizzazione generale del Gruppo anche l’organizzazione interna dei singoli centri e stata rivista. Per sempio al centro Global Sourcing è stata riconosciuta non solo una funzione puramente di servizio d’acquisto ma anche di ricerca del vantaggio competitivo. La struttura organizzativa interna del Centro di Competenza Global Sourcing (fig. 5), prevede uno Staff Centrale con lo scopo di assicurare un avanzamento veloce dei programmi stabiliti, attraverso un’adeguata visibilità dei piani di Gruppo a tutte le persone responsabili del raggiungimento degli obiettivi preposti. La funzione è distinta in cinque commodity (categorie) di acquisto. Il Global Sourcing Commodity Manager (GSM), figura nuova dell’organizzazione, è lo specialista di una commodity d’acquisto a livello globale. Il valore aggiunto che può portare questa figura è la ricerca di nuove localizzazioni di componenti in aree “cost competitive”. Tra i suoi compiti: formulazione di strategie d’acquisto; ricerche di mercato; negoziazione con fornitori comuni e più importanti; responsabilità dei cost reduction; coordinamento delle risorse. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 152 PARTE III Fig. 5 - Organigramma Global Sourcing (fonte: nostra elaborazione) Staff centrale Direzione Global Sourging Control & System GSM Cast Components Commodity Steel Steel Components Components Commodity Commodity Bearings Bearings & & Hidraulics Hidraulics Components Components Commodity Commodity Auxiliary Auxiliary & & Services Services Commodity Commodity Buyer Buyer Buyer Buyer A ciascuna delle quattro “Commodity” sono assegnati dei Buyer specifici in ciascuno stabilimento del Gruppo. I buyer devono intraprendere le azioni per raggiungimento degli obiettivi di “cost reduction”, razionalizzazione parco fornitori e ricerca di nuovi fornitori. Oltre a questi compiti uno dei buyer per ciascun sito del Gruppo svolge il compito d’interfaccia con il plant manager per le funzioni acquisti locali. 2.2 L’evoluzione delle competenze tecniche La Vision del Gruppo Carraro, riportata nel Piano Strategico 2004 – 2007 dichiara: “Vogliamo essere il miglior partner strategico per gli O.E.M. (Original Equipment Manufacturers) un fornitore globale di tecnologia avanzata per soluzioni di guida e sistemi integrati nell’industria dell’off-highway”. Per essere partner strategico e mantenere questo ruolo nel tempo, il Gruppo Carraro ha dovuto offrire un’offerta globale attraverso una sua presenza nei mercati, realizzata attraverso l’insediamento produttivo e commerciale nei luoghi vicini a quelli dei suoi clienti o addirittura acquisendo stabilimenti degli stessi (dal 1998 ad oggi Carraro si è insediata in ben cinque diverse realtà mondiali), permettendo comprensione e risposta in tempi brevi alle loro esigenze. Con la ristrutturazione organizzativa avvenuta nel 2003 il Gruppo Carraro ha voluto evidenziare questo ultimo concetto rendendo indipendenti le Business Unit in modo da IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 153 PARTE III rispondere in modo personalizzato alle diverse esigenze, anche di tipo commerciale, dei diversi clienti. Altra leva strategica del Gruppo Carraro è l’innovazione e lo sviluppo continuo di nuovi prodotti sempre più richiesti dai clienti. Il Gruppo Carraro ha in vestito negli anni una quota sempre maggiore in Ricerca e Sviluppo, in media il 2.5% del fatturato totale (fig. 6). Fig. 6 - Spese Ricerche e Innovazione Gruppo Carraro - in migliaia di Euro (fonte: Bilanci Gruppo Carraro) 9.996 9.299 8.326 8.254 8.199 6.970 7.017 6.210 5.116 4.389 1995 1996 1997 1988 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Nel giugno del 1998 Carraro PNH di Gorizia acquisì una partecipazione del 24,9% di ELCON, una piccola società di ricerca di Trieste con cui sono stati studiati piani di collaborazione nel settore dell’elettronica applicata alla meccanica. Tale acquisizione segnò un importante e necessario passo nella diversificazione anche nel campo della ricerca, essendo indispensabile seguire sempre da vicino le innovazioni scientifiche (soprattutto nel campo elettronico e elettrico), al fine di applicarle prontamente alla produzione. L’anno 2004 ha segnato la nascita di una nuova funzione denominata “Group Engieering” con l’obiettvo strategico di fare percepire Carraro sempre più come un partner in grado di affiancare all’offerta di componenti quella di sistemi sempre più evoluti ed altamente tecnologici. L’ingegneria Integrata è infatti un punto chiave per comprendere le politiche di innovazione e le performance dell’impresa. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 154 PARTE III 3. L’evoluzione della rete del valore nella crescita del Gruppo Carraro 3.1 Relazioni con i clienti Con la focalizzazione avvenuta negli anni ’80, Carraro si è posizionata nel mercato come first tier supplier (fornitore di primo livello) nei confronti delle grandi case produttrici di trattori, macchine movimento terra, macchine industriali. Tali produttori sono i principali clienti del Gruppo, che ricorrendo all’outsourcing hanno cercato fornitori con elevata capacità progettuale e nonostante, il loro forte potere contrattuale, sono giunti a forme di patnerships e rapporti di comarkership. Dalla metà degli anni ’80 si assiste a rilevanti cambiamenti del mercato. Da un lato i grandi costruttori americani avviano pesanti processi di razionalizzazione, finalizzati a diminuire i costi di produzione, per liberare risorse destinate al supporto delle funzioni critiche (es. politiche commerciali). Dall’altro, soprattutto nei mercati occidentali, cresce l’attenzione per la sicurezza e le prestazioni dei mezzi, che dipende in modo preponderante dalla qualità dei componenti. Il portato di queste tendenze porta i produttori del settore automotive (sia fuori strada - off-highway che su strada - onhighway) a concentrarsi sulle attività critiche e accentuare il processo di esternalizzazione della produzione della componentistica, limitandosi ad assemblare i veicoli. La strategia seguita dal Gruppo Carraro risponde a queste esigenze: dalla produzione di assali si passa alla progettazione dell’intero e alla fornitura dell’intero sistema di trasmissione sviluppando competenze specifiche in ogni sua parte e capacità di gestirne le differenti applicazioni. Attualmente i clienti principali di Carraro si dividono in due grandi categorie: gli OEM che operano nel settore agricolo (es. John Deere, New Holland, Agco, Same, Deutz, Claas) e gli OEM che operano nel costruction equipment (es. Komatsu , Caterpillar, Case). Con i clienti di questi settori di applicazione Carraro copre il 77,4% del fatturato consolidato 2004. Il cliente del Gruppo Carraro necessita oggi di prodotti ad alta qualità e con elevate performance, ma anche di uno stretto rapporto di collaborazione (partnership). Per rispondere a queste esigenze l’azienda compie ampi investimenti nell’attività di ricerca e rende partecipe il cliente che entra direttamente negli stabilimenti della Carraro per essere presente nelle scelte tecnologiche e nella definizione delle caratteristiche del prodotto da fornire. Inoltre l’esigenza di globalizzazione e di localizzazione vicina agli stabilimenti dei costruttori ha decretato il passaggio al cosiddetto parco mobile, che presuppone una gerarchizzazione dei fornitori (first e second tier suppliers) e l’apertura IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 155 PARTE III del parco all’inserimento di nuovi operatori per supportare la convergenza di più tecnologie nella componentistica. L’organizzazione e le risorse dell’azienda si sono plasmate per garantire uno standard eccellente al cliente. Le funzioni di Product Planning in sinergia con la direzione R&D trasversale a ciascuna delle tre Business Unit del Gruppo hanno proprio l’obiettivo di assicurare un valido supporto alle richieste del cliente attraverso uno scambio reciproco di informazioni ed esperienze. Nell’ottica di orientamento al cliente la produzione è organizzata secondo criteri estremamente flessibili, una costante analisi degli ordini ed una pianificazione delle forniture eseguite tramite evoluti applicativi informatici, permettono di reagire velocemente ad improvvise variazioni di programma da parte dei clienti. Oltre alla capacità di garantire prodotti evoluti, in modo competitivo e flessibile Carraro offre ai suoi clienti prodotti di qualità. Nel 1994 ottenne la certificazione ISO 9001 e nel 1996 ottenne il riconoscimento QS 9000, certificazione di qualità basata sui criteri dei tre maggiori costruttori di automobili USA: Ford-ChryslerGeneral Motors. Oltre alle certificazioni ISO, Carraro ha ottenuto anche la certificazione TS richiesta dal settore automotive. 3. 2 Relazioni con i fornitori Il Gruppo Carraro suddivide i suoi fornitori in diretti e indiretti, i primi sono i fornitori che forniscono prodotti usati direttamente nella produzione e selezionati in base a qualità del prodotto/servizio, flessibilità e prezzo (Second/Third tier fornitori). Il Gruppo Carraro ha negli anni ridotto il numero di fornitori nell’ottica di una razionalizzazione del parco di fornitura; attualmente i fornitori di materiali e componenti sono 733. Le arre di provenienza sono riportate nella figura 7 che mette in luce come più della metà sono ancora fornitori Europei anche se la tendenza è quella d9 cercare nuovi fornitori nelle aree low cost. I fornitori forniscono quattro categorie di componenti: “cost components”, “stell componente”, “bearings & hidraulic components” e “auxiliary & service commodity”. All’interno di ogni categoria i fornitori sono classificati a seconda della merceologia di materiale che forniscono. L’analisi della curva di Pareto evidenzia come, suddividendo i fornitori in tre classi in base al valore monetario della loro fornitura, il solo 11% dei fornitori garantisce l’80% del valore di tutti gli acquisti. Coerentemente con il passaggio da fornitore di componenti a fornitori di sistemi integrati di trasmissioni, la rete di fornitura di Carraro ha subito rilevanti modifiche. Diventano un fornitore di sistemi il Gruppo di Campodarsego ha iniziato ad approvvigionarsi di componenti e moduli da fornitori di secondo livello. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 156 PARTE III Fig. 7 - Aree di provenienza fornitori Gruppo Carraro (fonte: Bilanci budget Acquisti 2005) Asia 11% Nord America 2% America Latina 13% Europa Centrale 13% Europa Occidentale 61% Questo ha provocato un allungamento della filiera (gerarchizzazione) con la creazione di uno stadio aggiuntivo e ha spinto l’azienda a selezionare i fornitori in modo da avviare rapporti di partnerhsip solo con alcuni di essi. Attualmente i prodotti strategici sono costituiti da moduli ad alta tecnologia forniti dai fornitori di secondo livello con i quali è necessario stabilire rapporti collaborativi caratterizzati da contratti pluriennali e dalla condivisione del rischio di business. I rapporti con questi fornitori sono inquadrati all’interno di una decisa ottica di globalizzazione a livello di corporate strategy ma anche di investimento per rendere i rapporti maggiormente interattivi e spesso di comakership (termine con cui si intende un rapporto evoluto fornitore-cliente). Nella figura 8 sono indicate le fasi svolte internamente ed esternalizzate da parte di Carraro S.p.A. (plant di Campodarsego). Dal 1995, il grado di integrazione verticale è rimasto invariato tranne che per la verniciatura, che proprio dal 2005 è stata esternalizzata. Fig. 8 - Make or Buy Fase 1995 Realizzazione componenti 2005 Buy buy make/buy make/buy Assemblaggio Make make Verniciatura Make buy Lavorazioni meccaniche Il Gruppo Carraro, al fine di rendere più facile e tempestivo il rapporto con i suoi principali fornitori, ha attivato per la loro gestione dal 2002 “Carraro Private Network”, portale Internet degli acquisti nato dalla collaborazione fra Carraro, Esa Net e IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 157 PARTE III Finmatica (ora AF soluzioni). Il sistema EDI “Electronic Data Interchange” del Gruppo Carraro utilizza un sito extranet accessibile tramite il sito internet del Gruppo e quindi non richiede un significativo investimento in tecnologia permettendo l’acceso con il passare del tempo a tutti i fornitori. Potenzialità di CPN sono la gestione di Rdo, Offerte, Ordini, listini e disegni, ma anche l’integrazione e condivisione tra fornitori e logistica dei programmi di produzione, nonché degli indicatori del livello di servizio, condivisione delle politiche e degli indicatori di qualità, comunicazione d’informative e statistiche. 4. Strategie di crescita: tra passato e futuro Molte delle decisioni assunte dal Gruppo Carraro negli ultimi anni sono coerenti con lo scenario competitivo in cui l’azienda opera. In primo luogo il processo di focalizzazione (avviata nel 1983 con la focalizzazione del sito di Campodarsego sugli assali) è coerente con la strategia di esternalizzazione seguita dagli OEMs. Il percorso sulla qualità iniziato a metà degli anni ’80 ha portato il Gruppo a ottenere diverse certificazioni, condizione necessaria per diventare interlocutori privilegiati dei grandi produttori mondiali di macchine agricole e movimento terra. Il processo di diversificazione avviato con l’acquisizione di Siap e la successiva creazione del polo dell’ingranaggeria, era necessario per passare da fornitore di componenti a fornitore di moduli. La politica di gestione dei fornitori con la quale Carraro formalizza la procedura di qualificazione dei suoi fornitori, è il presupposto per diventare un fornitore di primo livello (first tier supplier), che organizza una rete di fornitori di secondo livello e quindi candidarsi a diventare un fornitore di sistemi. Infine il processo di globalizzazione ha portato il Gruppo Carraro a diventare un player mondiale con stabilimenti sparsi in tutto il mondo sia per garantire un adeguato livello di servizio al cliente sia per godere dei vantaggi comparati offerti dai vari paesi. La strategia di crescita futura sarà orientata a rafforzare questa posizione di leadership nella fornitura di sistemi di trasmissione nel settore dell’off highway e a crescere il posizionamento nel settore dell’on hihgway. La diversificazione in questo segmento, iniziata nel 1986 con l’acquisizione di OMG, ha l’obiettivo di entrare in un business ad elevata redditività, sfruttando le sinergie tecnologiche con il settore tradizionale del Gruppo. Diversificando la produzione, il Gruppo risucirebbe inoltre a ridurre la propria dipendenza dall’andamento del settore agricolo e di macchine industriali che durante gli ultimi anni ha mostrato qualche segnale di cedimento. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 158 PARTE III IL CASO GRUPPO MASTROTTO 1. Il percorso di crescita 1. 1 Le origini L’azienda fondata da Arciso Mastrotto nasce nel 1958 come “Conceria Mastrotto”. La famiglia Mastrotto all’epoca fu una delle prime a dedicarsi alla lavorazione della crosta, un sottoprodotto della pelle che non aveva a quel tempo nessun valore di mercato. Fino a quel momento, della pelle destinata in particolare al settore della calzatura, veniva quindi lavorato il fiore, parte superiore e più pregiata, mentre la crosta, la parte inferiore, veniva scartata. La famiglia Mastrotto ebbe quindi l’abilità di vedere della crosta non solo le potenzialità d’uso, ma di sfruttare anche la facilità di reperimento dalle altre concerie locali sul territorio che la producevano come materiale di scarto. Inoltre, poiché il valore intrinseco di questo prodotto era modesto, richiedeva un basso impegno finanziario. L’azienda entra così nel mercato delle pelli per calzatura, in particolare destinate alle scarpe scamosciate, da ginnastica e da trekking dove poteva essere utilizzata la crosta. Nel 1981 il bilancio dell’azienda si chiude già con 19 miliardi delle vecchie lire di attivo19. Un tale successo si deve al fatto che la Conceria Mastrotto è stata la prima, ed all’inizio, unica azienda ad utilizzare la crosta. Ciò ha permesso una notevole crescita dell’impresa soprattutto tra gli anni ‘80 e fino alla metà degli anni ‘90, quando l’esperienza accumulata nel settore, le tecnologie di prodotto utilizzate e l’avvento della moda delle scarpe da tennis bianche20 e delle scarpe da trekking scamosciate di vari colori, hanno garantito all’azienda una considerevole espansione sul mercato. 19 Intanto nel 1975 Arciso Mastrotto si ritira e decide di lasciare l’azienda in mano ai figli. Per la produzione di scarpe da tennis bianche era stata sviluppata una tecnologia in grado di “spalmare” sopra la crosta un prodotto poliuretano. 20 IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 159 PARTE III La maggior parte delle vendite, in questa prima fase d’espansione avvengono comunque sul mercato italiano21. 1.2 Gli anni dello sviluppo Fino alla metà degli anni ‘90 il settore progrediva e la domanda trainava l’offerta. La Conceria Mastrotto aveva ormai raggiunto fatturati di 120-140 miliardi, ed era limitata nella sua espansione da capacity constrain, cioè da una capacità produttiva ormai saturata. È quindi a partire dagli anni ‘90 che avvengono i primi importanti cambiamenti. La conduzione della Conceria Mastrotto che era in mano ai 5 figli di Arciso passa ai due soli fratelli Bruno e Santo, mentre gli altri tre fratelli lasciano l’azienda e costituiscono, capeggiati da Rino Mastrotto, un nuovo gruppo sempre nel settore delle pelli (Rino Mastrotto Group). Prima che i fratelli Rino Mastrotto, Angelo e Mario decidessero di fare un percorso diverso da quello dei due fratelli Bruno e Santo22, era già iniziato in realtà da parte della famiglia Mastrotto un percorso di sviluppo dettato soprattutto dalle varie opportunità che si venivano con il tempo a creare sul mercato. La famiglia Mastrotto aveva infatti costituito alla fine degli anni ’60 la Basmar una conceria per il settore calzaturiero con sede a Trissino (passata poi a Rino Mastrotto). Sempre insieme i fratelli Mastrotto avevano acquisito poi la conceria Calbe della famiglia Celadon23 e la Conceria Brusarosco24. Anche queste passate più tardi ambedue al gruppo di Rino Mastrotto. Nel 1989, allo scopo di diversificare la produzione, viene creata, da Santo e Bruno Mastrotto, la Midac, una società di Soave che produce batterie elettriche per trazione, avviamento e stazionarie e che oggi ha un fatturato di circa sessanta milioni di euro. È comunque a partire dagli anni ‘90 che i due fratelli Bruno e Santo, rimasti alla conduzione della Conceria Mastrotto, decidono di intraprendere un percorso di crescita importante acquisendo altre realtà del settore. Con l’acquisizione di altre aziende la produzione esce dal solo ambito calzaturiero e inizia a rivolgersi anche al settore dell’arredamento e della carrozzeria. 21 I mercati più importanti per l’azienda erano la zona di Barletta, dove si producevano scarpe da tempo libero, di Montebelluna, e poi di Verona. 22 Oggi Rino Mastrotto Group comprende le concerie Basmar, Brusarosco, Calbe, Galassia, Mipel, Pomari e Calbe Sud. 23 Una delle più grosse concerie ad Arzignano. 24 La più vecchia conceria di Arzignano IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 160 PARTE III In quegli anni infatti la società godeva di buona salute sotto il profilo economico finanziario, e gli utili supportavano la crescita. Anche se il mercato stava cambiando soprattutto a causa della nuova concorrenza da parte di Paesi emergenti, la possibilità di avere capitale da investire ha comunque favorito l’acquisizione di altre realtà produttive da parte della Conceria Mastrotto. I motivi che hanno spinto la crescita sono legati in particolare alla scelta di entrare in settori diversi dal calzaturiero, quale l’arredamento e la carrozzeria che hanno permesso un ampliamento della gamma e una divisione del rischio di mercato. Nel 1996 viene così costituita una nuova società, Mastrotto Italia25, che si specializza nella produzione di pelli per l’arredamento e nella fase finale del ciclo di lavorazione (rifinizione delle pelli) e viene lasciata la conduzione a Fabio Soldà, marito di una figlia di Bruno Mastrotto. Quello dell’arredamento era un settore che in quegli anni era in fase di espansione. L’azienda di nuova costituzione ha quindi avuto un successo abbastanza immediato anche perché, dal punto di vista produttivo, la lavorazione richiesta per i prodotti in pelle destinati all’arredamento era basata su tecnologie più semplici, ed era quindi facilmente avvicinabile da chi, come Mastrotto, proveniva da un’esperienza nel settore più complesso della calzatura. Da questa esperienza positiva nasce poi l’opportunità di acquisire un’azienda, la Tecnoconciaria, che già operava nel settore dell’arredamento e che viene così incorporata nella Mastrotto Italia26. L’opportunità di crescita questa volta viene colta sotto un profilo più strategico perché l’azienda acquisita, avendo un ciclo completo di lavorazione, aveva anche la prima fase di lavorazione della pelle (wet blue, semilavorato, fino alla produzione del crust), diversamente dalla Mastrotto Italia che era invece specializzata nella fase di rifinizione. Dopo questa acquisizione Mastrotto Italia si trovava in possesso quindi di due stabilimenti nella zona industriale di Arzignano: uno in Via Terza Strada, e uno in Via Quinta Strada per la fase di rifinizione27. Sempre intorno a quegli anni, Graziano 25 Inizialmente Mastrotto Italia è nata come reparto produttivo della Conceria Mastrotto e solo in seguito è divenuta una società autonoma fino alla fusione nel 2003 26 Mastrotto Italia ha acquisito anche Linea Pelle, che inizialmente era una società operativa che effettuava l’asciugaggio della pelle per Mastrotto in conto terzi. Linea Pelle mantiene oggi solo la proprietà del fabbricato industriale in locazione alla Mastrotto Italia, mentre a quest’ultima è stato ceduto di Linea Pelle interamente il ramo aziendale. 27 Lo stabilimento in Terza strada è stato poi ampliato. È stata istituita una linea di commercializzazione differenziata per le pelli di arredamento con il marchio Tecnoconciaria, mentre Mastrotto Italia riceveva le pelli già conciate dalla Tecnoconciaria e le rifiniva come pelli di arredamento con il marchio Mastrotto Italia. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 161 PARTE III Mastrotto, figlio del sig. Santo Mastrotto aveva inoltre costituito la Duma S.p.a.28, per la lavorazione delle pelli rivolte al settore arredamento. Seguendo questa strada viene poi acquisita e incorporata nella Duma un’altra società, la Ellepi, presente non solo nel settore delle pelli di arredamento, ma anche nel settore delle pelli per la carrozzeria. La carrozzeria era un settore vicino al settore dell’arredamento dal punto di vista produttivo, ma molto più difficile dal punto di vista tecnologico. La decisione di acquisire l’azienda Ellepi è stata dettata soprattutto dall’intenzione di arrivare ad una completezza nelle lavorazioni del settore conciario. Alla fine degli anni ‘90 inizio 2000 erano state costituite pertanto, da una parte del ramo familiare Mastrotto, tre Società: - la Conceria Mastrotto S.p.a., specializzata nella produzione di pelli per calzature e nella lavorazione della crosta29 e del Wet Blue; - Duma S.p.a., con acquisita e la società Ellepi che produce pelli30 per arredamento e per carrozzeria; - Mastrotto Italia, con acquisita ed incorporata Tecnoconciaria, specializzata nella produzione di pelli31 per arredamento32. 1. 3 I primi sviluppi sui mercati internazionali A partire dal 2000, con l’entrata in azienda della generazione più giovane della famiglia, il Gruppo inizia inoltre un percorso di crescita internazionale, attraverso lo sviluppo di unità produttive all’estero in Brasile, in Croazia e da ultimo in Indonesia. Alla fine degli anni 90, inizi del 2000, la crescente presenza di Paesi concorrenti come la Cina, l’India, la Corea cambia seriamente la situazione sul mercato. Il mercato delle materie prime inizia ad oscillare accentuando in alcuni momenti le difficoltà nel reperimento della pelle da lavorare. Per Mastrotto era quindi in questo periodo estremamente importante avere una fonte di approvvigionamento che fosse continua, per mantenere un equilibrio nel ciclo produttivo. 28 La Duma spa viene costituita nel 1995. A partire dal 2002, soprattutto a causa della concorrenza di paesi come la Cina nei prodotti lavorati della crosta, anche nella conceria Mastrotto si inizia ad introdurre la lavorazione del fiore per calzatura che oggi rappresenta circa il 30% del fatturato. 30 Lavorazione del fiore. 31 Lavorazione del fiore. 32 Per un certo periodo la produzione si è rivolta anche alle pelli per abbigliamento. Essendo però un settore in cui la concorrenza di paesi quali India e Cina è molto aggressiva, la produzione è stata abbandonata. Nell’abbigliamento sono inoltre richieste la lavorazione di pelli particolari (es. caprine e ovine), mentre Mastrotto ha sempre mantenuto la lavorazione di pelli bovine. 29 IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 162 PARTE III In azienda si era nel frattempo inserita la generazione più giovane della famiglia Mastrotto che ha contribuito a far iniziare all’azienda un percorso di crescita diverso, relativo alla presenza del Gruppo all’estero. All’inizio l’Azienda, per poter accedere direttamente alla materia prima, si era concentrata a valutare il possibile sviluppo di un’unità produttiva in paesi come Argentina o Austrialia. Nel 2000 la scelta ricade però sul Brasile, il Paese con la maggior produzione mondiale di pelli che potevano adattarsi bene per i mercati di sbocco dell’arredamento. La decisione di avere un’unità produttiva su questo mercato era stata dettata anche dalla possibilità di trarre vantaggio dal più basso costo del lavoro e soprattutto dalla vicinanza di un importante mercato di sbocco per i prodotti conciari dell’arredamento: gli Stai Uniti. In quel periodo c’era inoltre la possibilità di sfruttare accordi favorevoli in termini doganali fra Brasile e Usa. Viene quindi decisa la costituzione ex novo di una conceria in Brasile sfruttando però le tecnologie italiane. Bruno e Santo Mastrotto poi, avendo intuito che in Italia il mercato di fascia bassa per il settore arredamento si andava via via assottigliando a causa del prezzo concorrenziale di altri Paesi, avevano deciso di far muovere lo stabilimento brasiliano su questa fascia di mercato con l’intenzione di mantenere ad Arzignano la produzione di più alta qualità. La decisione strategica è stata quindi di costruire una conceria che potesse svolgere il ciclo produttivo in modo completamente autonomo, partendo dalla materia prima ed arrivando al prodotto finito. Nel 2001 viene quindi costituita una joint venture33 (Mastrotto Reichert s.a.) a Cachoeira nello stato di Bahia con un partner locale che possiede numerosi ed importanti calzaturifici. Questo partner era solido sotto il profilo finanziario, con una buona conoscenza della pelle, sebbene legata al prodotto finito, ed era interessato a svilupparsi anche nel settore della concia. Per la nuova costituzione della conceria viene utilizzato un fabbricato di 34 mila metri quadrati e viene sviluppato un impianto che permette di produrre a regime fino a 6000 pelli al giorno. Vengono inoltre divisi i compiti fra i soci: mentre il partner brasiliano doveva occuparsi dell’aspetto di carattere gestionale e amministrativo, la Conceria Mastrotto doveva invece occuparsi dell’aspetto più tecnico-produttivo. La realizzazione di un progetto di così ampia dimensione ha comunque incontrato alcune difficoltà. La prima dal punto di vista tecnico, legata al capitale umano specializzato che doveva dare supporto al personale 33 La joint venture di nuova costituzione ha potuto usufruire di un accordo con il governo regionale per l’ottenimento di contributi per un periodo di 14 anni. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 163 PARTE III brasiliano per la realizzazione soprattutto della parte tecnologica. Per Mastrotto era infatti difficile mandare i propri tecnici migliori così lontano essendo risorse strategiche per la sede di Arzignano. Inoltre vi era anche una scarsa propensione alla mobilità dei tecnici italiani rispetto ad una regione del Brasile molto isolata. La conceria brasiliana, in cui oggi sono impiegate circa 800 persone, ha sempre avuto degli utili superiori al 10%, ma non ha ancora raggiunto una capacità produttiva tale da poter essere autonoma sul mercato e poter rispondere a pieno alle strategie previste. Nel frattempo nel 2000 la famiglia aveva acquisito un’importante conceria in Croazia, nei pressi di Zagabria. Qui la possibilità di reperimento dell’acqua in loco, strategica per il settore della concia, ha permesso ai Mastrotto di utilizzare la conceria per la prima fase di lavorazione dal grezzo fino al wet blue nel settore delle pelli di arredamento e della carrozzeria. Per quanto riguarda alcuni settori come la carrozzeria e la calzatura il passaggio della pelle grezza alle prime fasi di lavorazione è strategico per un’azienda conciaria, per creare un prodotto di qualità. Nella prima fase di avviamento in Croazia sono così stati ristrutturati gli impianti di produzione, e oggi è in corso l’ampliamento della fase di lavorazione che permetterà di sfruttare il vantaggio del minor costo della manodopera anche per le fasi più a valle34. Questa unità produttiva conta oggi un centinaio di operai e ha una capacità di lavorazione di circa 2500 pelli giornaliere. In questo caso diversamente dall’esperienza brasiliana, la possibilità di acquisire un’azienda già avviata ha permesso di avvalersi fin da subito di alcune competenze di carattere tecnico, critiche per garantire una buona qualità della lavorazione. Inoltre la vicinanza del paese non solo geografica, ma anche culturale, alla base di Arzignano ha permesso e tuttora permette ai tecnici di Mastrotto di seguire senza particolari difficoltà anche questa azienda, e di occuparsi della formazione dei tecnici croati e del personale in loco, garantendo così un maggior e più facile trasferimento di conoscenze dalla base alla nuova unità produttiva. 1. 4 La costituzione del Gruppo Mastrotto e il proseguo del percorso di internazionalizzazione Negli anni 2001-2002 la famiglia Mastrotto si convince che avendo ad Arzignano più società nello stesso settore poteva essere interessante recuperare alcune economie di 34 Parte della fase di asciugaggio delle pelli ad Arzignano verrà trasferita in questa sede produttiva. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 164 PARTE III scala soprattutto legate all’accorpamento di alcune attività comuni35. Nel 2003 avviene così la fusione tra la Conceria Mastrotto, Mastrotto Italia e Duma rimaste fino a quel momento dal punto di vista giuridico tre realtà aziendali separate. Viene quindi istituito il Gruppo Mastrotto Spa e vengono concentrati alla Conceria Mastrotto i servizi amministrativo, acquisti, controllo di gestione e personale. La struttura del Gruppo viene organizzata in modo multidivisionale e pur con la fusione vengono mantenuti i vari stabilimenti produttivi e vengono mantenute diversificate anche le linee di vendita e le linee produttive. L’evoluzione del fatturato e degli occupati dal 1995 al 2004 1995 Conceria Mastrotto Fatturato in lire Dipendenti Duma Fatturato in lire Dipendenti 2000 155 miliardi di lire 241 81 miliardi di lire 87 2004 Conceria Mastrotto Fatturato in lire 142 miliardi di lire Gruppo Mastrotto Fatturato in euro Dipendenti 269 Dipendenti Duma Fatturato in lire 2005 209 milioni (escluso società estere) Gruppo Mastrotto Fatturato in euro (previsioni) 619 Dipendenti 250 milioni 696 173,5 miliardi di lire Dipendenti 205 Mastrotto Italia Fatturato in lire 203 miliardi di lire Dipendenti 165 Oggi il gruppo in Italia conta quasi 700 dipendenti ed un fatturato di circa 250 milioni di euro36. Se comunque negli ultimi anni la crisi generale del mercato conciario italiano ha visto una limitata crescita dei fatturati, nell’ultimo anno sia il numero di dipendenti, che il fatturato è cresciuto in modo cospicuo. Questo probabilmente è dovuto alla recente 35 Anche prima della fusione la Conceria Mastrotto agiva già da capogruppo per quanto concerne l’assistenza connessa agli aspetti di carattere amministrativo, gestionale e finanziario sia della Mastrotto Italia, sia della Duma. 36 Recentemente è nata poi un’altra società del gruppo: la Mtech specializzata nel campo dell’abbigliamento ed accessori sportivi in pelle per motociclisti che fattura oggi circa 3 milioni di euro. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 165 PARTE III ripresa del mercato della calzatura, alle politiche di ottimizzazione degli acquisti, e all’influenza delle nuove strategie commerciali messe in atto. Nel 2005 il Gruppo Mastrotto, perseguendo gli obiettivi di crescita sui mercati internazionali, decide inoltre di costituire una conceria per pelli di arredamento e calzatura anche nei paesi del Far East, ed in particolare in Indonesia, sfruttando il fatto che da 4 anni era presente nell’area un’importante cliente del gruppo divenuto poi il partner37 di questo progetto. Nasce Mastrotto Indonesia pt. La scelta si rivela strategica per penetrare il mercato interno, in via di sviluppo, soprattutto per la carrozzeria per auto38. Inoltre, la posizione scelta permette di sfruttare la vicinanza di paesi come la Malesia e il Vietnam altri importanti mercati di sbocco in espansione, o come la Cina, quest’ultima importante soprattutto per il settore arredamento39. Forti dalla prima esperienza in Brasile, la nuova unità produttiva viene sviluppata di dimensioni molto più limitate e vengono trasferiti dalla sede di Arzignano tre tecnici molto esperti con un contratto di permanenza di due anni. Fra la sede di Arzignano e la nuova unità produttiva avviene inoltre un continuo e costante rapporto di scambio di conoscenze tra i tecnici trasferiti e quelli rimasti in sede, favorendo una più facile soluzione dei problemi soprattutto tecnici di lavorazione. Personale indonesiano è stato poi chiamato per un’esperienza di alcuni mesi in Italia, favorendo così processi di apprendimento legati alle conoscenze contestuali del luogo. La Conceria di nuova costituzione in Indonesia conta oggi 60 dipendenti, e sebbene di recente nascita, sta rispettando gli obiettivi prefissati. Per il prossimo anno Mastrotto vede la possibilità di raggiungere i 100 dipendenti. Il Gruppo Mastrotto conta poi molte unità commerciali all’estero, soprattutto nel mercato statunitense, canadese, polacco e cinese. 37 Il partner seguirà la parte commerciale, mentre l’aspetto tecnico e l’attività di acquisto rimane gestita da Mastrotto. La tecnologia delle macchine è sempre di Mastrotto. 38 In Indonesia e nei paesi vicini sta avvenendo un processo di decentramento di fabbriche giapponesi, cinesi e coreane nel settore automobilistico garantendo in questo modo al settore delle pelli per carrozzeria un importante mercato in espansione. La tecnologia italiana nella lavorazione della pelle è inoltre molto apprezzata in questi mercati. 39 In Indonesia la conceria avendo la possibilità di ottenere dall’unità produttiva in Brasile il semitermitato svolge le ultime fasi di lavorazioni della pelle. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 166 PARTE III Box 1 – Il percorso di crescita dal 1995 al 2005 1995 2000 Conceria Mastrotto 2005 Gruppo Mastrotto: Conceria Mastrotto spa Divisione Conceria Mastrotto Duma Divisione Duma spa Elle Pi Duma Divisione Mastrotto Italia Mastrotto Italia Tecnoconciaria IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 167 PARTE III Box 2 – I processi di Internazionalizzazione intrapresi dal gruppo 2. L’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione A livello organizzativo la famiglia Mastrotto ha sempre mantenuto la conduzione dell’azienda. I ruoli chiave sono quindi rimasti presidiati dalla proprietà. Anche con la fusione all’interno del Gruppo i componenti della famiglia hanno quindi scelto di mantenere la conduzione dell’azienda e non introdurre manager esterni per i ruoli più alti di direzione40 . La Conceria Mastrotto rimane gestita ancora dai due fratelli Bruno e Santo, ma è a partire soprattutto dagli anni 2000, che la nuova generazione della famiglia inizia a presidiare alcuni ruoli direzionali. Lo sviluppo delle competenze manageriali in ambito familiare è avvenuto attraverso un percorso di in gran parte di apprendimento interno. Sia Chiara Mastrotto, nuovo direttore commerciale della Conceria Mastrotto, che Rossella Mastrotto, nuovo direttore amministrativo del Gruppo, sono oggi affiancate dai rispettivi ex direttori di tali funzioni della Conceria Mastrotto che hanno oggi il compito di trasmettere le proprie conoscenze al fine di agevolare il passaggio dei compiti direzionali. Allo scopo di 40 Alla Midac, azienda elettromeccanica della famiglia, sebbene siano garantite sinergie con il gruppo a livello amministrativo, organizzativo e di controllo di gestione, la scelta è stata invece di introdurre nella conduzione manager esterni, essendo l’azienda attiva in un settore diverso da quello conciario, in cui l’esperienza familiare non è particolarmente rilevante per il presidio dei ruoli chiave. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 168 PARTE III implementare le competenze manageriali la famiglia Mastrotto è supportata, a seconda delle esigenze, da qualificati Studi di Consulenza esterni. Il presidio dei ruoli direzionali da parte della nuova generazione: Settore commerciale Direzione commerciale della Conceria Mastrotto: Chiara Mastrotto Percorso di apprendimento interno con affiancamento dell’ex direttore commerciale Settore amministrativo Direzione amministrativafinanziaria del gruppo Mastrotto: Rossella Mastrotto Percorso di apprendimento interno con affiancamento dell’ex direttore amministrativo Con l’avvenuta fusione la struttura del Gruppo risulta oggi di tipo multidivisionale, con l’accentramento di alcune funzioni critiche: Servizi accentrati: - ufficio amministrativo (Dott.ssa Rossella Mastrotto) - ufficio acquisti41 (Sig. Santo Mastrotto e Sig.ra Renata Sartori) - ufficio controllo di gestione, ufficio Risorse Umane e Personale42, EDP 43 (Sig. Menon Lucio) Divisioni: Conceria Mastrotto S.p.a. - Gestione: Bruno e Santo Mastrotto Mastrotto Italia S.p.a. – Gestione: Fabio Soldà (marito di Rossella Mastrotto, figlia di Bruno Mastrotto) Duma S.p.a. – Gestione: Graziano Mastrotto (figlio di Santo Mastrotto) Nella crescita dell’azienda fondamentali sono state comunque le competenze familiari e in particolare il connubio tra le diverse competenze presidiate fin dal principio dai due fratelli Bruno e Santo. Bruno Mastrotto si è sempre occupato delle questioni di carattere amministrativo e commerciale, interessandosi soprattutto ai processi di vendita, mentre Santo Mastrotto si è sempre occupato delle questioni di carattere tecnico legate al prodotto e quindi all’attività d’acquisto della materia prima. 41 L’area acquisti gestisce gli approvvigionamenti anche delle filiali estere in Brasile e in Indonesia. Nell’ufficio personale, cui responsabile è il sig. Menon, sono impiegate tre persone. 43 Per quanto riguarda il controllo di gestione, per facilitare la gestione e lo scambio tra le varie unità del gruppo, l’azienda utilizza un sistema ERP (SAP) oggi in fase di implementazione. 42 IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 169 PARTE III L’evoluzione dell’organigramma aziendale 1995 Conceria Mastrotto: squadra manageriale/ruoli chiave: Direzione Generale Bruno e Santo Presidio area amministrativa e commerciale Bruno Mastrotto Dott. Castelli Responsabile finanziario Amministrativo Presidio area acquisto e produzione Santo Mastrotto Sig. Menon Responsabile controllo gestione area tecnica e produttiva Direttore Commerciale 2005 Gruppo Mastrotto: squadra manageriale/ruoli chiave: Consiglio di Amministrazione Bruno Mastrotto, Santo Mastrotto, Graziano Mastrotto, Fabio Soldà Direzione amministrativa – finanziaria Dott.ssa Rossella Mastrotto Divisione Conceria Mastrotto (Bruno e Santo Mastrotto) Area Produzione Area commerciale Avv. Chiara Mastrotto Direzione controllo di gestione, EDP, personale R.U. Divisione Duma (Graziano Mastrotto) Area Produzione Area Commerciale IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE Direzione acquisti Sig. Santo Mastrotto e Sig.ra Renata Sartori Divisione Mastrotto Italia (Fabio Soldà) Area produzione Area Commerciale 170 PARTE III Nella crescita dell’azienda fondamentali sono state comunque le competenze familiari e in particolare il connubio tra le diverse competenze presidiate fin dal principio dai due fratelli Bruno e Santo. Bruno Mastrotto si è sempre occupato delle questioni di carattere amministrativo e commerciale, interessandosi soprattutto ai processi di vendita, mentre Santo Mastrotto si è sempre occupato delle questioni di carattere tecnico legate al prodotto e quindi all’attività d’acquisto della materia prima. “Il signor Bruno, che per competenze si occupava delle vendite, riusciva ad indirizzare gli acquisti sapendo cosa era necessario per il mercato. Il signor Santo, che invece conosceva bene la pelle, sapeva da chi acquistare e ottenere così particolari rese sulla pelle. Anche in termini qualitativi, sulla base delle esigenze di mercato, lui sapeva quale pelle andava acquistata su quale mercato, paese e fornitore. Questo è stato un elemento vincente, perché per le aziende conciarie la conoscenza del prodotto rimane un fattore strategico”. Nel settore conciario la materia prima (pelle e prodotti chimici) rappresenta circa il 65% del costo del prodotto, e la scelta della qualità vincola il tipo di lavorazione e la tipologia del prodotto finale. In questo settore la scelta delle pelli è quindi uno dei fattori di vantaggio competitivo. Il prodotto in pelle che viene lavorato dipende dal percorso produttivo e tecnologico sviluppato su una certa materia prima, sulle conoscenze e sulla condivisione di conoscenze fra chi acquista e chi vende. Questa divisione di competenze da parte dei due imprenditori nelle due aree che sono considerate più critiche per le aziende conciarie, e il continuo rapporto di scambio quotidiano delle informazioni che avviene anche sulla base di un rapporto familiare, sono state quindi una leva fondamentale nel percorso di crescita. Questo tipo di conoscenze sono le core competences dell’azienda, che non si riproducono solamente attraverso l’acquisizione di competenze tecniche, ma soprattutto attraverso l’apprendimento di una conoscenza tacita che può essere ottenuta solo attraverso l’esperienza legata strettamente all’attività aziendale44. Questo è uno dei motivi per cui al Gruppo Mastrotto la conoscenza viene riprodotta soprattutto attraverso l’esperienza produttiva, contestuale e familiare. Tuttavia, l’apprendimento solo attraverso esperienza interna o trasferimento di conoscenze acquisite tramite processi di learning by doing tra persone, soprattutto nelle competenze non legate all’attività strettamente manifatturiera, può precludere la via a importanti processi di 44 Santo Mastrotto si sta oggi occupando di trasferire le proprie conoscenze ad alcune persone che lavorano in azienda, in modo da garantire una continuità nel presidio del knowledge strategico. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 171 PARTE III contaminazione con l’esterno, che possono garantire una maggior conoscenza delle problematiche attuali e dare impulso ad importanti processi innovativi. La presenza oggi in azienda della terza generazione della famiglia ha comunque dato un impulso positivo allo sviluppo e miglioramento delle competenze commerciali e di marketing. L’entrata di Chiara Mastrotto, ad esempio, nel settore commerciale, coniugato ad un potenziamento del personale adibito all’attività, ha permesso di modificare in modo positivo la struttura commerciale tradizionale, indirizzando l’azienda verso i processi di internazionalizzazione. Evoluzione dell’organico 31/12/1995 Conceria Mastrotto Dirigenti Quadri Impiegati operai 1 0 35 205 Duma Dirigenti Quadri 31/12/2000 Conceria Mastrotto Dirigenti 3 Quadri Impiegati operai 0 41 225 31/10/2005 Gruppo Mastrotto Dirigenti Quadri 11 11 Impiegati 120 operai 554 Duma 0 0 Dirigenti 3 Quadri 0 Impiegati 16 Impiegati 33 Operai 71 Operai Mastrotto Italia Dirigenti 169 % operai sul totale dipendenti: 84% 2 Quadri Impiegati 0 24 Operai 139 % operai sul totale dipendenti: 83% % operai sul totale dipendenti: 79,5% Con la fusione delle aziende del Gruppo Mastrotto e con lo sviluppo negli ultimi anni dell’attività di internazionalizzazione stanno avvenendo alcuni cambiamenti nell’ambito delle risorse umane. Negli ultimi anni il Gruppo ha aumentato il numero di dirigenti, quadri e impiegati45 in corrispondenza quindi di un’aumentata necessità di presidiare in modo più mirato le attività amministrative, gestionali e commerciali di una struttura cresciuta non solo dimensionalmente ma anche qualitativamente nei rapporti con la propria catena del valore. In particolare per l’attività gestionale fondamentale è stata 45 L’incremento del numero di impiegati dipende non solo dall’assunzione di nuovo personale ma di una crescita professionale interna da parte di alcuni operai. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 172 PARTE III l’implementazione del sistema informatico. Annualmente viene svolta poi un’attività di monitoraggio sulle performance dei dipendenti. La crescita professionale dei dipendenti avviene comunque ancora soprattutto attraverso i percorsi di apprendimento interno46, anche perché la percentuale di operai sul totale dipendenti mostra come le competenze manifatturiere siano rimaste assolutamente prevalenti. Nel corso degli anni la decisione di presidiare comunque tutte le fasi di lavorazione necessarie per avere un controllo sulla qualità della produzione ha comportato un aumento del grado di integrazione in particolare in Mastrotto Italia. Mastrotto Italia, acquisendo la Tecnoconciaria, ha integrato l’attività di rifinizione con le lavorazioni a monte. L’acquisizione poi del ramo aziendale della Linea Pelle, azienda che precedentemente faceva asciugaggio in conto terzi per la Mastrotto, ha permesso un’integrazione anche a valle. Le problematiche legate all’ambiente e alle limitate risorse idriche hanno però portato in generale per il Gruppo all’aumento degli acquisti di wet blue anziché di pelle grezza e quindi ad una riduzione in Italia della fase di lavorazione del grezzo, gestita oggi in minima parte in conto terzi e per la maggioranza attraverso l’unità produttiva croata. Al di là di una presenza ancora importante di operai, si assiste negli ultimi anni ad una sempre maggiore presenza di tecnici legati all’attività produttiva o di ricerca con un percorso formativo di periti tecnici o conciari. Questi provengono in maggior parte dall’ Istituto Tecnico Conciario G. Galilei, importante bacino locale di risorse con competenze specifiche nel settore. Per quanto concerne strettamente l’attività di ricerca e sviluppo oggi nel Gruppo Mastrotto sono presenti laboratori47 in ogni divisione con impegnate mediamente 5-6 persone per le prove chimiche e fisiche sui prodotti, nati dalla necessità di avere un maggior controllo sui risultati delle ricerche tecniche48. Per le prove, ricerche e campionature relative ai nuovi prodotti sono impegnate poi altre 5-6 persone nel reparto bottalini e 4-5 persone nel reparto rifinizione. L’incremento dell’attività interna di sviluppo in particolare di nuovi prodotti è direttamente conseguente all’innalzamento delle esigenze e richiesta di novità da parte della clientela. 46 Negli ultimi anni è anche aumentata la partecipazione a corsi e a seminari da parte dei dipendenti. Il laboratorio svolge essenzialmente un’attività di controllo dei prodotti chimici che vengono utilizzati e controllo dei risultati sulle pelli 48 Nel ’95 tutta l’attività relativa alle prove fisiche veniva svolta esternamente attraverso i laboratori di ricerca esterni. L’attività di sviluppo di nuovi prodotti era inoltre più semplice e limitata in quanto meno pressanti erano le esigenze dei clienti e il mercato in generale risultava meno aggressivo e meno diversificato. 47 IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 173 PARTE III Box 3 – L’evoluzione delle competenze dal 1995 al 2005 Le competenze organizzative: - passaggio da un organigramma funzionale a un organigramma multidivisionale - allargamento della squadra manageriale ai nuovi entranti della famiglia - appoggio a società di consulenza esterne di supporto per l’attività manageriale - aumento del numero di dirigenti, quadri e impiegati Le competenze produttive e tecnologiche: - aumento dell’integrazione verticale per un miglior presidio del ciclo produttivo e della qualità della produzione - aumento del numero di tecnici a presidio dell’attività produttiva e di ricerca - sviluppo di laboratori interni per le prove fisiche e chimiche sui prodotti - aumento del numero di nuovi prodotti per soddisfare un mercato sempre più esigente - sviluppo di marchi per innovazioni di processo - sviluppo dell’absorptive capacity Le competenze commerciali e di marketing: - sviluppo di competenze commerciali per il presidio dei processi di internazionalizzazione Le competenze gestionali: - passaggio al sistema gestionale SAP IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 174 PARTE III L’innovazione riguarda soprattutto i processi di lavorazione e di rifinizione che hanno portato allo sviluppo anche di marchi aziendali che hanno avuto un particolare successo sul mercato: il marchio Maspel, ad esempio, sviluppato intorno alla metà degli anni ’90 ed evolutosi poi negli anni successivi, indica un particolare processo di nobilitazione della crosta; il marchio Mastrotech, sviluppato intorno al 2000, attraverso un processo di rifinizione particolare, consente di ottenere dei prodotti lavabili e resistenti alle macchie. Evoluzioni particolari dei prodotti si sono avute poi nelle caratteristiche di idrorepellenza. La ricerca chimica di base, essendo troppo costosa per essere mantenuta internamente, viene invece svolta in gran parte dalle case chimiche multinazionali insediate localmente e che sviluppano appunto attività di ricerca per conto delle aziende del polo conciario. Sebbene quindi i nuovi prodotti chimici siano acquisibili da tutte le aziende del polo, il mantenimento del vantaggio competitivo del Gruppo Mastrotto nell’utilizzo dei nuovi prodotti sviluppati esternamente viene garantito dall’abilità dei tecnici interni nel selezionare e mettere assieme i vari prodotti delle diverse case, ottenendo così soluzioni poco replicabili. 3. L’evoluzione della rete del valore 3.1 Le relazioni con i clienti Nel corso del tempo, a partire soprattutto dagli anni 2000 per poi accentuarsi negli ultimi anni, è avvenuta per il Gruppo un’importante evoluzione nei rapporti con i clienti non solo a livello di qualità delle relazioni (aumento del grado di servizio e di pronta risposta ad esigenze sempre più sofisticate, aumento del grado di coinvolgimento e collaborazione), ma anche geograficamente, avendo l’azienda sviluppato una presenza estera importante. L’Azienda non ha solo inseguito un ciclo naturale di evoluzioni dei settori di destinazione sul mercato globale, ma ha anche accompagnato i processi di delocalizzazione di clienti importanti o potenziali che hanno indotto il Gruppo Mastrotto a entrare strategicamente in precisi mercati come in quello dell’Est Europa, rilevante mercato di delocalizzazione per il settore calzaturiero, o quello del Far East, in particolare per il settore arredamento e carrozzeria con lo scopo di servire clienti, ad esempio americani, che hanno iniziato una propria delocalizzazione in mercati come quello cinese. L’evoluzione dei rapporti con la clientela si nota in particolare modo nel settore calzaturiero. Infatti, prendendo a riferimento l’ultimo decennio, dal 1995 ad oggi il mercato delle pelli per calzatura è stato principalmente allacciato al mercato italiano e IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 175 PARTE III alla presenza storica dei distretti calzaturieri in Italia: comprensorio marchigiano, veronese, Montebelluna, Riviera del Brenta e distretto di Barletta. La produzione rispondeva però inizialmente ad esigenze standard ed era legata sostanzialmente ai grandi volumi. Le aumentate esigenze dei clienti, a partire soprattutto dalla fine degli anni ’90, sempre più connesse a cicli stagionali, al fattore moda, alla necessità di accompagnare il prodotto con particolari funzionalità tecniche, sono state uno stimolo importante per l’incremento dell’attività di sviluppo di nuovi prodotti da parte del Gruppo Mastrotto, oggi in grado di offrire, ad esempio, una gamma di ben 12000 varianti di colori per la pelle, oltre che pelli con determinate caratteristiche o certificazioni di funzionalità tecnica (idrorepellenza, traspirabilità ecc.). Questo ha portato ad intensificare le relazioni idiosincratiche con i clienti, ma non solo. Rispondere alle esigenze sempre più legate agli stimoli, anticipazioni e tendenze della moda ha fatto sì che si siano intensificati i rapporti oltre che con i calzaturifici anche con gli stessi stilisti49 per lo studio delle tendenze future dei colori e delle caratteristiche della pelle. L’attenzione che gli stessi calzaturifici hanno nei confronti del prodotto ha intensificato l’interazione, gli scambi di conoscenza e i contatti a tutti i livelli dell’organizzazione. Capita, ad esempio, che gli stessi clienti mandino i propri dipendenti al Gruppo Mastrotto per fare “cultura della pelle” e formazione del personale. Sono poi aumentate le attenzioni che i clienti hanno per il rispetto dell’ambiente e dell’etica, due punti su cui il Gruppo Mastrotto si sta oggi impegnando, per esempio con l’introduzione del bilancio sociale, e che risultano un’ulteriore leva per la fidelizzazione della clientela. Dal ’95 al 2005 è inoltre completamente cambiata la struttura commerciale, in particolare della divisione Conceria Mastrotto. Nel ’95 la struttura commerciale era ridotta, e vedeva impegnate nell’attività una o due persone. Successivamente la struttura si è rafforzata, soprattutto con l’entrata di Chiara Mastrotto e l’assunzione di nuovo personale. Ciò ha favorito l’acquisizione di importanti clienti e l’intensificazione della presenza del Gruppo sui mercati internazionali, che vengono oggi costantemente monitorati anche grazie al supporto del sistema gestionale o l’avvallo di società esterne per ricerche di mercato. 49 Oggi, ad esempio, l’azienda collabora con uno stilista italiano e uno estero, e vengono tenute riunioni periodiche dove vengono discusse le nuove tendenze di mercato. Da quest’anno è stato poi introdotto un giornale aziendale “Newsleather” contenente una serie di newsletter della conceria Mastrotto su innovazioni, informazioni aziendali e nuove collezioni rivolte in particolare ai clienti del gruppo. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 176 PARTE III Per quanto invece riguarda il settore delle pelli destinate all’arredamento, la minor presenza di clienti italiani importanti ha portato l’Azienda a seguire fin da subito i mercati esteri. Nel ’95 con la presenza della Duma il settore dell’arredamento si rivolgeva già per più del 60% al mercato estero, ed in particolare a quei paesi in cui era possibile trovare produttori di arredamento importanti come il Nord America. Oggi la quota export ha raggiunto più dell’80% del fatturato. Il tipo di clientela legata al settore dell’arredamento è però diversa da quella del settore calzaturiero. Ciò che conta nel primo è soprattutto la produzione su grandi volumi a prezzi contenuti. Per questo la strategia del Gruppo è stata quella di lasciare in Italia la produzione qualitativamente migliore e spostare all’estero, in Brasile, la produzione invece più standard. Infine, nel settore della carrozzeria il tipo di clientela si divide sostanzialmente in due branche. Da una parte si trovano le grandi case automobilistiche, che spesso impongono alte barriere all’entrata per i propri fornitori imponendo una produzione incentrata sulla qualità, e i clienti dell’after market, un mercato in cui il brand ha minore rilevanza e ciò che conta è invece la produzione di grandi volumi. La percentuale di produzione nel 1995 per settori divisa per mercato italiano ed estero Settore Italia Estero Calzatura 60% 40% Arredamento 36,5% 63,5% Esportazioni totali (48%) Calzatura 56% Arredamento 44% La percentuale di produzione nel 2005 per settori divisa per mercato italiano ed estero Settore Italia Estero Calzatura 50% 50% (principali paesi di esportazione: Europa ed Est Europa) Arredamento 18% 82% (principali paesi di esportazione: Cina, Usa, Nord Europa) Carrozzeria 5% 95% Esportazioni totali (67%) Calzatura 26% Carrozzeria 7% Arredamento 57% Bycast (pelli sia per calzatura che per arredamento coperte da un film di poliuretano) 10% IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 177 PARTE III 3.2 Le relazioni con i fornitori Anche le relazioni con i fornitori hanno subito alcuni cambiamenti nel corso del tempo. Nel ’95 il fatto che nelle aziende Mastrotto si lavorasse per l’80% pelle grezze e 20% wet blue vedeva le aziende della famiglia impegnate nei rapporti soprattutto con fornitori di pelle grezza. Dal ’95 al 2005, a causa di un aumento della difficoltà di utilizzo delle risorse idriche, si attua un graduale passaggio dalla lavorazione delle pelli grezze alla lavorazione e acquisto del wet blue. Ad oggi, quindi, gli acquisti riguardano solo il 5% le pelli grezze50, mentre il restante 95% è legato all’acquisto diretto del wet blue. Dal ’95 al 2005 è dunque aumentato il bisogno di pelli lavorate, in valore assoluto, ma è anche diminuito in proporzione l’uso di terzisti. La strategia intrapresa dalla Mastrotto è stata di aumentare il grado di integrazione verticale per aver un maggior controllo del ciclo di produzione e della qualità del prodotto. Da una parte il wet blue viene fornito dall’unità produttiva in Croazia. Dall’altra la stessa fase di asciugaggio prima svolta interamente in conto terzi è stata in parte integrata internamente. La divisione Mastrotto Italia ha, ad esempio, acquisito il ramo aziendale di Linea Pelle, un’azienda che prima faceva in conto terzi questa lavorazione per la Mastrotto. Oggi le lavorazioni in outsourcing riguardano quindi solamente una parte della fase di asciugaggio e la fase di stampa. Essendo queste lavorazioni non particolarmente critiche, i rapporti con i terzisti non sono vincolanti e i terzisti stessi possono quindi essere facilmente sostituiti. In generale quindi i subfornitori servono al Gruppo come serbatoio da utilizzare nei momenti di maggior attività. Per quanto riguarda invece i fornitori di macchinari, essi sono soprattutto della zona di Arzignano51, importante polo tecnologico legato al settore conciario, che rimane uno dei fondamentali motivi del legame che la Mastrotto ha con il territorio locale essendo il know how tecnologico uno dei principali vantaggi competitivi del Gruppo. L’acquisto dei macchinari avviene quindi di norma da fornitori abituali. Per mantenere il vantaggio di tipo produttivo e qualitativo, l’acquisizione di macchinari da un selezionato pool di aziende è considerata un’attività strategica. I macchinari vengono poi assemblati da altre aziende esterne. Migliorie ai macchinari vengono anche sviluppate dai tecnici interni al Gruppo Mastrotto. 50 Alcuni dei fornitori di pelle grezza adattandosi alle nuove esigenze dei clienti hanno iniziato la lavorazione del wet blue. 51 Altri fornitori sono della provincia di Vicenza e dalla Toscana. Un ridotto numero di fornitori sono tedeschi. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 178 PARTE III La crescita dimensionale che il Gruppo Mastrotto ha avuto nell’ultimo decennio ha comportato un aumento del potere contrattuale nei confronti di questi ultimi fornitori dai quali, non solo riesce ad ottenere prezzi concorrenziali, ma anche un’ottima assistenza post vendita. 3. 3 Le relazioni con il territorio e l’ambiente Il fatto che il know how distintivo del Gruppo sia legato all’applicazione della chimica e alla tecnologia legata al processo, e quindi al parco macchine, fa sì che fondamentale rimanga il rapporto con il territorio. Nel polo conciario di Arzignano si sono formate competenze importanti, legate non solo alle meccanica conciaria, ma anche per il reperimento del personale tecnico e per l’utilizzo delle esternalità provenienti dalla ricerca chimica di base. La maggior parte dei tecnici presenti in azienda proviene dall’Istituto Tecnico Conciario Galilei, un supporto formativo importante per il polo essendo un bacino in cui l’esperienza territoriale in campo conciario viene codificata e trasferita attraverso il percorso educativo della scuola. La presenza ben radicata delle case chimiche multinazionali presenti in zona, che attraverso la propria attività di ricerca di base servono le aziende conciarie del luogo, è poi un bacino di know how fondamentale per il Gruppo. Dal 1995 al 2005 i rapporti con le case chimiche si sono via via intensificati in corrispondenza di una crescita che il gruppo ha avuto dal punto di vista delle innovazioni dei prodotti in pelle. Se nel 1995 la maggior parte dei tecnici della Mastrotto erano operai specializzati con conoscenze limitate che bastavano per occuparsi dell’attività di ricerca di allora, oggi il livello di absorptive capacity52 è aumentato, e i tecnici che dialogano con le case produttrici necessitano di conoscenze più complesse. I tecnici del Gruppo Mastrotto hanno quindi una maggior specializzazione, un più alto livello di know how, e sono in grado di interfacciarsi con l’esterno con maggior competenza. Il Gruppo, impegnato a risolvere i problemi di ecocompatibilità ambientale, ha oggi ottimi rapporti anche con gli enti locali, ad esempio con l’Arpav, le USL e con il Consorzio per le acque di scarico. Oltre ad essersi dotato di un Bilancio Sciale, il Gruppo Mastrotto è l’unica azienda conciaria che ad Arzignano ha sviluppato un impianto per l’abbattimento di più del ’98% dei solventi. 52 Cohen W., Levinthal D., (1989) Innovation and Learning: The Two Faces of R&D, Economic Journal 99, p. 569-596. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 179 PARTE III Box 4 – L’evoluzione della rete del valore dal 1995 al 2005 Clienti: - aumento del grado di servizio, collaborazione, interazione con i clienti - le nuove esigenze dei clienti divengono uno stimolo per l’innovazione dei prodotti e per lo sviluppo dell’attività di ricerca - sviluppo sui mercati esteri e sui principali paesi di delocalizzazione dei clienti Fornitori: - riduzione delle forniture di pelle grezza e aumento delle forniture di wet blue - aumento dell’integrazione verticale - mantenimento di subfornitori non strategici per il ciclo di lavorazione (fase di stampa e asciugaggio) Territorio/ ambiente: - il territorio rimane un importante bacino per il reperimento delle risorse umane, utilizzo delle esternalità di ricerca e delle competenze meccanico conciarie locali - generale intensificazione dei rapporti con il territorio - sviluppo di politiche ambientali e dei rapporti con gli enti locali 4. Gli ostacoli al percorso di crescita Una delle difficoltà nel processo di crescita attraverso la fusione delle varie unità nel Gruppo nasce dalla necessità di integrare visioni e strategie della dirigenza aziendale, soprattutto quando questa si rispecchia nella proprietà familiare. Per ora la fusione ha permesso la completa integrazione solo di alcune attività. Non è ancora avvenuta l’integrazione delle linee di produzione e di vendita. La struttura multidivisionale si caratterizza infatti nel lasciare un ampio grado di autonomia delle singole Divisioni ai rispettivi componenti della famiglia Mastrotto che presidiano in modo autonomo le vendite e la produzione delle singole unità. Ciò rischia di portare a delle perdite di efficienza in quanto le responsabilità rimangono suddivise ancora per area operativa anziché per servizi. La fusione delle società nel Gruppo Mastrotto è quindi avvenuta, per il momento, solo in modo parziale attraverso una centralizzazione dell’attività amministrativa e non ancora accompagnata da un’attività di coordinamento centrale anche dell’area produttiva e dell’area vendite. Un altro ostacolo, legato soprattutto alla specificità del settore, è rappresentato poi dalle difficoltà che in generale le aziende conciarie locali hanno nel trasferimento delle conoscenze embedded sviluppate attraverso processi di learning by doing in loco alle nuove unità produttive all’estero. Nelle sedi estere, ad esempio, un’eventuale mancanza di personale tecnico come quello già formato nella casa madre può divenire IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 180 PARTE III un ostacolo al trasferimento delle conoscenze soprattutto tecnologiche che possono garantire un vantaggio competitivo importante. Box 5 – Gli ostacoli al percorso di crescita Alcune problematiche di crescita Difficoltà interne di seguire un percorso di fusione completa fra le varie unità Conseguenza: Minore sfruttamento delle efficienze Difficoltà di trasferimento delle conoscenze embedded di natura tecnica, e sviluppate soprattutto attraverso processi di learning by doing, alle unità produttive estere Conseguenza: Possibile rallentamento nello sviluppo di competenze critiche nelle nuove aree geografiche 5. Le strategie future di crescita Le strategie future di crescita dell’azienda sono legate al consolidamento del Gruppo in particolare attraverso il proseguimento dei processi d’internazionalizzazione in paesi come la Cina o India, in cui il Gruppo può far valere la propria prossimità guadagnata negli anni precedenti. L’intenzione è quindi quella di continuare in direzione di uno sviluppo delle unità produttive vicino ai potenziali e nuovi mercati di sbocco. Per quanto riguarda invece eventuali strategie di posizionamento verso fasce di qualità più elevata per il settore calzaturiero queste risultano limitate dal tipo di produzione e lavorazione cui il Gruppo Mastrotto è legato nel momento della scelta della materia prima. Ad esempio, l’utilizzo della sola pelle bovina preclude la possibilità di inserirsi su un mercato di fascia più alta. La scelta di lavorare altri tipi di pelli, come il vitello o il caprino, richiederebbe poi una diversa tipologia di macchinari per la lavorazione. Esiste quindi anche un vincolo tecnologico. Sempre per quanto riguarda questo settore la lavorazione a monte del grezzo o del wet blue è ancora oggi per l’azienda una fase importante da presidiare, perché è la qualità della pelle in queste prime fasi che determinata il tipo di prodotto. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 181 PARTE III Per quanto riguarda invece la produzione destinata al settore dell’arredamento e della carrozzeria, la strada che il Gruppo sta seguendo è quella di concentrare la produzione sulla fase di rifinizione. Diversamente dal settore della calzatura in questi settori questa è la fase più critica, perché risulta essere il momento in cui si tipicizza l’articolo e si può più facilmente veicolare il posizionamento del prodotto su fasce di qualità medio alta e alta. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 182 PARTE III IL CASO GROTTO SPA 1. Il percorso di crescita 1.1 Le origini Grotto Gas, oggi azienda leader nel mercato dell’abbigliamento casual, è un’azienda storica del vicentino che ha conosciuto un percorso di crescita in continua ascesa: da piccola realtà di produzione in conto terzi degli anni ’80 è divenuta oggi, attraverso un riposizionamento strategico sul mercato, una realtà multinazionale raggiungendo nel 2004 un fatturato di oltre 130 milioni di euro. Oggi l’azienda conta oltre 300 dipendenti diretti nella sede di Chiuppano e ben 1500 collaboratori suddivisi tra filiali e unità produttive presenti all’estero. Per comprendere sia il tipo di percorso di crescita dell’azienda, sia i motivi del successo di questo caso aziendale è necessario rifarsi alla figura del suo fondatore Claudio Grotto. Claudio Grotto, che incalza le caratteristiche peculiari dell’imprenditore veneto (capacità di rischio, creatività, intuizione), dopo aver fatto esperienza nel negozio di merceria della madre a Piovene (VI) intuisce la possibilità di sviluppare un business importante nel mondo dell’abbigliamento cogliendo quelli che all’epoca erano i primi segnali delle tendenze giovanili nel settore. Tornato dal militare, presa la gestione della merceria, decide di trasformare il negozio di famiglia, che vendeva stoffe e vestiti classici, in una realtà commerciale rivolta alle tendenze moda dei giovani. Già alla fine degli anni ’60 Claudio Grotto si fa quindi portavoce delle nuove inclinazioni del mercato giovanile e incomincia a vendere jeans d’importazione. Anziché limitarsi all’attività di compra-vendita tipica del negozio al dettaglio decide di scavalcare i passaggi di fornitura per recuperare margini e avere capitale da poter reinvestire nella sua impresa arrivando a presentarsi direttamente al produttore. Questa nuova condizione porta Claudio Grotto ad assumere il ruolo di terzista di confezione e a creare all’inizio degli anni ’70 la prima società produttiva “Confezioni Joe” gestita inizialmente a livello familiare. In questo periodo inizia a guardare con IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 183 PARTE III sempre più interesse ai processi di integrazione sia a monte che a valle della filiera come possibilità di crescita della sua realtà. In questa prima fase iniziale per l’attività di produzione Grotto si avvale già di un piccolo gruppo di aziende in maggior parte di proprietà dei suoi familiari nate per dare supporto alla sua attività. La spinta verso l’integrazione lo porta così agli inizi degli anni ‘80 a incorporare queste unità in un'unica azienda sotto il nome di Grotto sas. Per Grotto diviene importante avere propri clienti e non sentirsi più terzista, ma produttore diretto. È la fase in cui inizia a produrre anche con marchi propri e a produrre i primi pezzi originali sotto il marchio Joe. Durante gli anni ’80 Grotto inizia a crescere non solo per linee interne, ma anche attraverso l’acquisizione di quote di mercato di altre aziende nel territorio. La stessa crisi degli anni ’70 che aveva segnato il territorio aveva liberato risorse (dipendenti, marchi, opportunità) che Grotto sfrutta a suo favore facendone un uso efficiente per le nuove opportunità di business che si stavano aprendo sul mercato. Sempre in quegli anni, infatti, Grotto si concentra in alcuni mercati in espansione pronti a raccogliere positivamente le nuove tendenze giovanili. Il primo mercato ad essere sensibile a queste nuove tendenze è la Germania dove l’imprenditore acquisisce i primi clienti importanti. Da lì Grotto inizia ad entrare anche in altri mercati europei producendo sia con marchi propri (Joe, Volare con Joe) che con marchi di terzi. 1.2 L’affermazione del marchio Gas e la prima fase di sviluppo a valle Nell’86 con la trasformazione di Grotto in spa e con gli utili derivanti da questa prima fase di crescita Grotto possedeva già un portafoglio marchi rilevante, ma intuisce che per valorizzare i capi di abbigliamento prodotti era necessario possedere un marchio capace di raccogliere in modo unico i valori e la filosofia che si ispiravano al lavoro di Grotto e alla sua conosceva delle nuove tendenze giovanili. E’ all’inizio degli anni ‘90 che nasce il marchio Gas, che l’imprenditore riesce fin da subito a valorizzare in particolare sui mercati esteri in quanto nel ’91 e ’92 in Italia si assiste ad un periodo di sofferenza e di svalutazioni che poco lasciano spazio a beni e consumi di seconda necessità. Se all’inizio la produzione attraverso il marchio Gas era legata essenzialmente alla produzione di jeans e di abbigliamento sportivo per creare un’identità stilistica completa inizia in questi anni lo sviluppo di collezioni connesse alle varie occasioni del vestire IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 184 PARTE III giovane e lo sviluppo di collezioni total look che si riferiscono ai valori di semplicità della vita1. “Keep it simple” è infatti uno degli slogan comunicativi più famosi dell’azienda in cui determinati target di consumatori possono identificare il loro stile di vita e di pensiero. L’abilità dell’azienda sta quindi nel costruire intorno ai propri prodotti un’identità in cui i consumatori possono rispecchiare i propri valori e la propria personalità. Come altre aziende del settore moda e abbigliamento Grotto coglie l’opportunità di arricchire il bene di significati. Il bene diventa in questo caso la componente di un consumare inteso in senso più vasto, il vivere l’esperienza creata dall’impresa attraverso la costruzione di uno specifico mondo in cui il consumatore può identificarsi. Intorno al marchio si sviluppa un’identità comunicativa attraverso un linguaggio di codici e simboli specifici con il quale l’azienda costruisce un immaginario comune con il cliente. I valori del marchio Gas e della filosofia aziendale positività, essenzialità, funzionalità, immediatezza, praticità e non spreco L’opportunità di diffondere il nuovo marchio arriva dapprima con un cliente tedesco (Exagom Gmbh) con una forte struttura di vendita al dettaglio non solo in Germania, ma anche in altri paesi come la Spagna. Per l’affermazione del marchio l’imprenditore intuisce infatti che è necessario allacciare rapporti importanti anche a valle della filiera. Attraverso lo sviluppo di legami commerciali con altri clienti/distributori, che alcuni dei quali arriverà ad acquisire come filiali di distribuzione più tardi, inizia una vera e propria fase di espansione sui mercati internazionali. Con la stabilità della lira dopo i primi anni ’90 anche l’Italia, che fino ad allora aveva avuto un ruolo marginale nell’espansione dell’azienda, inizia a divenire un mercato ricettivo. Il marchio Gas inizia in questo periodo di ripresa dell’economia ad avere una dimensione di appetibilità anche nel sistema italiano che eredita dagli altri 2 paesi elementi di gusto e di sensibilità nuovi tanto che oggi quasi il 65 % dei ricavi viene raggiunto con le vendite domestiche. 1 La gamma dei prodotti Gas è oggi estesa non solo al capi di vestiario nelle varie tendenze del vestire (casual, formale, sportivo ecc.) ma anche agli accessori. 2 Dato riferito al 2004. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 185 PARTE III Lo sviluppo a valle Iniziale sviluppo di rapporti con importanti distributori: Germania (1987); Ungheria (1994); Spagna (1995); UK (1997) Sviluppo della rete di vendita tramite agenti: Italia (1991) Sviluppo di altre filiali di distribuzione Francia (2001); Austria (2001); Honk Kong (2003) Futura trasformazione in filiali di distribuzione di proprietà 1.3 La filiera integrata, lo sviluppo del vertical retail e l’espansione internazionale La possibilità di aumentare così rapidamente i volumi di vendita da parte dell’azienda e conoscere una così forte crescita dei fatturati è stato possibile perché fin da subito l’imprenditore ha posto le basi per lo sviluppo di una filiera integrata, premessa fondamentale per soddisfare la forte domanda in un momento in cui i prodotti Gas erano riusciti a trovare una nicchia importante sul mercato. Fondamentale, a partire dalla metà degli anni ’90 è stato infatti in parallelo allo sviluppo a valle, lo sviluppo di rapporti esclusivi con strutture esterne in grado di supportare la produzione. Nel momento in cui l’azienda inizia a raggiungere numeri interessanti di vendita, Grotto, non solo inizia a sviluppare una rete di terzisti sia locale che estera avendo la capacità di cogliere le specializzazioni produttive dei vari contesti territoriali, ma inizia a costruire rapporti privilegiati con presenze produttive strategiche in alcuni paesi a basso costo di manodopera permettendo così alla produzione Gas di sfruttare elementi di flessibilità, efficienza e di velocità produttiva e di mantenere un controllo importante sulla filiera produttiva. Grotto identifica, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, le sorgenti produttive più appropriate. Anticipando ancora una volta con intuizione potenziali futuri mercati di sbocco per il marchio Gas nel 1995, ausiliandosi di un importante partner in loco, viene costituito a Hong Kong un ufficio di controllo qualità e programmazione allo scopo di coordinare un bacino locale di produttori nel Far East adibiti direttamente alla commercializzazione IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 186 PARTE III del prodotto3. La presenza ad Honk Kong si rivelerà poi strategica per penetrare più tardi il mercato del Far East. In Romania già nel 1996, con la possibilità di sfruttare differenziali di costo della manodopera importanti vengono allacciati rapporti esclusivi con un fornitore locale monomandatario per le fasi di industrializzazione del prodotto. Nel 2001, in Tunisia, allo stesso scopo, viene invece avviato un altro rapporto di 4 fornitura esclusiva sempre con un partner locale . A partire dagli anni ’90 la Grotto spa conclude così la fase di produzione diretta iniziando ad espandersi attraverso una filiera produttiva governata in modo accentrato dall’azienda. La sede di Chiuppano rimane quindi oggi la sede logistica, creativa e di sviluppo delle collezioni Gas. Tutta l’attività di produzione viene invece gestita in outsourcing attraverso la produzione di industrializzato, soprattutto sul mercato europeo, e di commercializzato in particolare sul mercato asiatico e canadese. Lo sviluppo a monte Sviluppo di rapporti privilegiati Sviluppo di una rete di fornitura locale ed estera a seconda del bacino di specializzazione (rete di industrializzazione e commercializzazione del prodotto) Unità commissionaria di controllo e programmazione della produzione (Hong Kong 1995) per lo sviluppo di sourcing nel Far East Rapporti esclusivi con fornitori monomandatari (Romania 1996 e Tunisia 2001) La strategia di crescita degli ultimi anni vede l’azienda orientata ancora all’espansione sui mercati internazionali soprattutto attraverso politiche di vertical retail con la costituzione di negozi monomarca, corner in franchising e flagship store. La fine del 2002 inizio 2003 è un periodo che è coinciso poi con grossi progetti nel mondo in particolare con un’espansione volta a penetrare il mercato asiatico. Siglando un accordo con uno dei principali gruppi di grossisti del Giappone (Cross Plus) l’azienda si è garantita ad esempio diritti esclusivi di importazione e distribuzione in questo paese. Sono poi degli ultimi anni l’apertura di negozi di vertical retail in altre città del Far East (es. Honk Kong, Shangai, Tokyo, nelle Filippine e a Dubai) e le 3 La società appartenente inizialmente a terzi è stata rilevata dalla Grotto spa nel 1999 che ne detiene oggi il 98% della proprietà. 4 Dalla Romania proviene oggi il 30% dell’intera produzione. Dalla Tunisia invece il 20%. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 187 PARTE III strategie di penetrazione sempre attraverso progetti di vertical retail nei mercati del Est Europa (Mosca, Belgrado, Salonicco). La presenza di Grotto nel vertical retail 6 Flagship Store a Milano, Londra, Madrid, Colonia, Hong Kong e Budapest 30 Store monomarca (di recente apertura: Tokyo, Osaka, Fukuoka, Taipei, Singapore, Seoul, Manila, Doha nel Qatar; Kuwait City, Abu Dhabi (UAE), Dubai, Jeddah in Arabia Saudita, Valencia, Mallorca e Kiev 230 Negozi monomarca e corner in franchising distribuiti nel mondo. - - Attraverso filiali, negozi retail diretti e in franchising, distributori e agenti il marchio Gas è oggi presente in 85 paesi nel mondo e le vendite hanno raggiunto i 6 milioni di capi annui. Grotto spa nel corso degli ultimi 10 anni ha sestuplicato i propri fatturati raggiungendo nel 2005 un fatturato consolidato di oltre 152 milioni di euro. Anche gli indici di redditività del gruppo Grotto mostrano un andamento positivo. La crescita del fatturato in milioni di euro Fatturato 160 140 120 100 80 Fatturato 60 40 20 0 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 L’azienda crescendo attraverso lo sviluppo a monte di una filiera integrata ha avuto la possibilità di concentrare il proprio core business in tutte le attività immateriali legate alla diffusione e sviluppo del marchio sul mercato, disponendo quindi di una rete di produzione capace di supportare con flessibilità la crescente quota di volumi di vendita IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 188 PARTE III e la gestione del time to market che nel settore moda risulta determinante per il refresh della produzione. Gli indici di redditività del Gruppo Gas Indici di redditività: Anno 2004 (bilancio consolidato) ROI ROE ROS Tasso di rotazione attiva Fatturato per addetto 11,96% 17,99% 10,63% 1,12 280.466 Per Grotto la velocità nei tempi di consegna del prodotto sul mercato è fondamentale per imporre le tendenze in modo puntale. Grotto si distingue da altre aziende del settore abbigliamento, che pur seguono le tendenze moda, perché capace di rinnovare con velocità l’immagine all’interno della filosofia e del concept Gas. Pur nella ciclicità della collezione l’azienda con la gestione integrata della filiera, il presidio crescente dei rapporti a valle (sviluppo di filiali di vendita e del vertical retail) e il coordinamento tra le varie fasi di creazione e produzione riesce a garantire nel punto vendita un’offerta di refresh della vetrina per stagione di almeno 6 volte. Le fasi di sviluppo dell’impresa IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 189 PARTE III Box 1 – Il percorso di crescita dal 1995 al 2005 1995: Grotto spa e i rapporti di filiera Rete fornitori di commercializzato nel Far East 2005: Grotto spa e i rapporti di filiera Fatturato ‘95: 26,5 milioni di euro Dipendenti 1995: 104 Valore aggiunto/fatturato 1995: 5,62% Fatturato per addetto 1995: 252.615 Distributori esteri: Spagna Germania Ungheria Rete fornitori esteri Fornitore esclusivo monomandatari o: Tunisia Distributori e agenti Rete fornitori di commercializzato nel Far East Grotto spa Rete fornitori locali Fornitore esclusivo monomandatari o: Romania Grotto spa Rete agenti Italia Filiali distributive di proprietà < Rete fornitori locali Sviluppo a monte > Rete forntitori esteri Sviluppo a valle 1995: Organigramma societario Vertical Retail: diretto e in franchising 2005: Organigramma societario Grotto spa Nessuna altra società posseduta Fatturato 2005: 133,7 milioni di euro 152 milioni di euro (consolidato) Dipendenti 2005: 315 (526 consolidato) Valore aggiunto/fatturato 2004: 10,26% Fatturato per addetto 2004: 280.466 Grotto spa Grotto International lda Hong Kong 100% Gas Far East 98% Laurentes kft HU 99,52% Hungaro Capital kft HU 99,97% O,48% Gas clothing d.o.o 100% Pentagon Textil gmbh 100% (Austria) Gas Clothing Germany gmbh 100% Gas Clothing Iberica srl Spagna 100% Gas Clothing UK ltd 100% Exagon srl (gestione outlet) Italia 100% E-mail Group srl (negozi) Italia 100% Gas clothing France sarl 100% Società distributiva 0.03% Società di altro tipo (finanziaria o immobiliare) IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 190 PARTE III 2. L’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione In questa azienda a segnare in modo importante il percorso di evoluzione dell’organizzazione e delle competenze aziendali è la figura di Claudio Grotto ed il contesto familiare. Le abilità imprenditoriali di Claudio Grotto, che danno il via allo sviluppo dell’azienda, trovano nelle precedenti esperienze di famiglia un importante bacino dove apprendere il mestiere, sperimentare idee innovative e raccogliere competenze e risorse utili soprattutto nei primi anni di attività5. Nel momento in cui decide di costituire la Grotto l’imprenditore coinvolge in modo importante la sua famiglia che diviene anche il primo serbatoio dove attingere la forza lavoro6. Le stesse relazioni familiari permettono a Grotto poi di sperimentare le abilità di gestione e le prime forme di integrazione di filiera attraverso le aziende che gli altri due fratelli Roberto e Giuseppe Grotto possedevano. Tali aziende, con cui veniva gestita inizialmente l’attività di produzione dei jeans, erano entità legali separate principalmente per ragioni amministrative, e dunque configuravano la struttura aziendale come un’azienda familiare sotto il controllo di Claudio Grotto. Il percorso di crescita iniziale dell’attività viene quindi supportato dal sistema familiare. L’intenzione di Grotto fin dall’inizio è poi quella di crearsi un’identità produttiva e quindi trovare la maniera più efficiente ed efficace per produrre il capo. Il controllo della filiera, è un altro elemento che Claudio Grotto considera fondamentale per raggiungere dimensioni non solo di volumi, ma di riconoscimento sul mercato. Trova quindi utile costituire accordi preferenziali a monte per avere capacità produttive specifiche dedicate all’azienda con le quali riuscire a governare il processo di produzione e approvvigionamento materiali (accessori e tessuti) e raggiungere rilevanti capacità produttive. Mentre a valle trova utile concentrare le energie dell’azienda per un maggior presidio dei punti vendita. Con la costituzione della Grotto spa i consiglieri delegati divengono poi i due fratelli: Giuseppe Grotto delegato per la logistica e Roberto Grotto delegato per la produzione 5 Claudio Grotto impara il mestiere di imprenditore non solo nel negozio della madre, ma anche dal padre che possedeva un negozio di frutta, da dove l’imprenditore acquisirà parte della sua cultura logistica. 6 Con lo sviluppo dell’attività produttiva a cucire i bottoni dei jeans era addetto, ad esempio, il fratello più giovane che inizia a collaborare già dai primi anni settanta; la moglie di Claudio Grotto si occupava invece delle fasi di stiraggio e cucito; la prima dipendente della spa è invece Marzia Grotto la stessa moglie del fratello Roberto. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 191 PARTE III e gli acquisti, ma nel continuo della storia aziendale Claudio Grotto rimane il principale conduttore decisionale dell’impresa. Ancora oggi l’azienda si caratterizza, infatti, per un’organizzazione in cui i processi decisionali strategici rimangono in gran parte accentrati nella figura del fondatore, sebbene compiti e ruoli all’interno dell’organigramma aziendale siano comunque oggi ripartiti non solo tra i familiari, ma tra alcuni manager di alto livello che fungono da supporto per le aree critiche7. La Grotto spa è oggi posseduta da una holding italiana (Luna srl) 8 alla quale si fa riferimento per le politiche societarie e di sviluppo, ma per l’azienda Claudio Grotto è 7 Oggi in azienda è inoltre presente un consiglio di amministrazione composto dai tre fratelli Grotto (Claudio, Roberto e Giuseppe), da Barbara Grotto, figlia di Claudio Grotto che si occupa dell’immagine e della comunicazione, ma anche dal vice presidente Aldo Palmeri, ex manager Benetton, e da Gabriele Bartolucci, avvocato di fama internazionale. 8 L’azienda negli ultimi 10 anni ha subito delle modifiche nella struttura della proprietà. Nel 1995 la Grotto spa apparteneva per il 40% alla persona di Claudio Grotto, mentre il restante era suddiviso tra la famiglia (20% Roberto Grotto, 15% Giuseppe Grotto, 5% Rosanna Girardin e una società (Giro srl) appartenente sempre a Claudio Grotto. Oggi la Grotto spa appartiene a Luna srl (holding finanziaria dell’azienda e comunque di proprietà della famiglia) a seguito di acquisizioni nel 2004 di tutte le azioni dai soci persone fisiche e del 100% della società Giro, con una sua fusione per incorporazione nel 2005. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 192 PARTE III ancora al vertice dei processi decisionali di tipo strategico. Nella continuità della storia aziendale della famiglia, anche lo stesso nipote di Claudio Grotto, Daniele Grotto, si trova oggi ad assumere un importante ruolo all’interno della stessa holding. Dopo aver fatto esperienza nel settore amministrazione e controllo della Grotto spa ha poi guardato con maggior attenzione alla finanza del vertice del gruppo con la responsabilità di chi dovrà assumere compiti futuri di conduzione dell’azienda di famiglia. Le posizioni di responsabilità sono comunque cresciute con la complessificazione dell’azienda. La necessità, ad esempio, di presidiare i processi informatici e gestionali ha richiesto l’entrata di manager esterni. La stessa funzione di gestione del personale, fintanto che l’azienda non aveva le dimensioni per permettersi una funzione centrale, era inizialmente gestita da più responsabili a seconda delle specifiche situazioni. Oggi questa funzione, allo scopo di creare un’omogenizzazione dei rapporti, è responsabilità di un dirigente appositamente dedicato. E’ soprattutto tra il 2002-2004 che l’azienda attraverso nuovi investimenti in politiche di internazionalizzazione più mirate necessita di consolidare la propria struttura organizzativa. Sono quindi cresciute negli ultimi anni le capacità di corporate governance che riconoscono alla proprietà una maggiore capacità di relazionarsi con l’ambiente esterno. Guardando all’evoluzione dell’organico tra il 1995 e il 2005 si nota come siano aumentati i dirigenti (assenti totalmente nel 1995) e il numero di quadri (adibiti però solamente alle funzioni operative). Considerandone tuttavia la percentuale rispetto all’organico totale si intuisce che per l’organizzazione complessa a cui è oggi arrivata l’azienda sarà opportuno in futuro un ulteriore aumento di queste due categorie. Il fatto di avere una dimensione internazionale con una presenza diretta sui mercati porta la Grotto spa obbligatoriamente verso la necessità di aumentare le capacità di interloquire, condividere e coordinare l’attività all’interno della filiera estesa e di governare in modo centrale i processi tra distribuzione, vendita, produzione, ideazione e creazione del prodotto, il che richiede la presenza di un maggior numero di figure di interfaccia e di personale capace di assumere decisioni. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 193 PARTE III Evoluzione dell’organico 1995 2000 2005 N° Dirigenti 0 4 5 N° Quadri 1 6 17 N° Impiegati 49 134 241 N° Operai 54 64 52 Totale dipendenti 104 208 315 Funzione di supporto alle decisioni della proprietà Livello operativo fiduciario In questi ultimi anni, oltre ad essere cresciuto il capitale intellettuale dell’azienda, 9 anche gli stessi sistemi informativi hanno maturato un ruolo più moderno essenziale per permettere la condivisione delle conoscenze non solo all’interno della sede di Chiuppano, ma all’interno della filiera. Mentre fino al 2002 ogni filiale aveva un proprio calcolatore e gli allineamenti venivano eseguiti di notte, per aumentare il livello di integrazione tutto il sistema informativo viene oggi gestito a livello centrale dalla sede di Chiuppano ed è stato sviluppato un sistema gestionale che sta prevedendo anche 10 l’unificazione del sistema contabile . Le relazioni e i rapporti all’interno della Grotto rimangono comunque di tipo informale, lo scambio di conoscenze avviene in modo quotidiano fra i vari dipendenti soprattutto nell’area stile e prodotto dove vengono realizzate le nuove collezioni. In tale area in cui l’organico tra il 1995 e il 2005 è passato da 3 a 35 dipendenti 11 la condivisione delle conoscenze tra stilisti, modellisti, uomini prodotto è fondamentale per lo sviluppo del capo. Negli ultimi anni è cresciuta poi l’attività di formazione del personale, e sono cresciute le esperienze culturali dei dipendenti anche attraverso l’incentivo a vivere esperienze di 9 Sulla performance dei dipendenti è stato inoltre appena concluso uno studio e sono state attivate nuove politiche di incentivazione mirate a premiare e a incentivare il lavoro del personale su obiettivi specifici. 10 L’unificazione del programma di contabilità permette di aumentare la capacità di codificazione delle conoscenze aziendali e di standardizzare i processi. Dalla sede di Chiuppano è possibile mantenere così il controllo di tutte le attività e i processi delle filiali, inoltre il programma di contabilità permette di essere visualizzato nelle varie lingue in cui la Grotto spa è presente territorialmente. 11 Importante per la caratterizzazione del capo è il lavoro dello stilista. La Grotto spa ha oggi due stilisti interni coadiuvati da vari assistenti e due esterni. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 194 PARTE III viaggio all’estero, un modo per permettere soprattutto al capitale creativo dell’azienda di vivere le contaminazioni con l’esterno, conoscere quindi gusti e culture dei mercati, le possibili prospettive di sviluppo e le tendenze di consumo e di moda da valutare come nuove opportunità di business. Per aumentare le capacità di cogliere le nuove tendenze i creativi vengono spinti a svolgere viaggi di ricerca in aree metropolitane come Hong Kong, Los Angeles, New York, città cosmopolite in cui è possibile trovare maggiori spunti per lo sviluppo delle nuove collezioni e la realizzazione di nuove idee12. Anche per quanto riguarda l’attività innovativa relativa allo sviluppo di nuovi prodotti e collezioni l’azienda negli ultimi anni ha aumentato le proprie competenze. Da qualche anno l’azienda ha iniziato a lavorare non solo sullo sviluppo del capo, ma anche sullo sviluppo di specifiche trame o disegni dei tessuti13. L’azienda diviene così proprietaria non solo dello stile, ma anche della tendenza del tessuto. All’interno della sede di Chiuppano è poi in sviluppo una artigianal room, un laboratorio dove gli stilisti, gli uomini prodotto e il responsabile lavaggi potranno realizzare direttamente le prototipie, accelerando così i tempi di realizzazione dei capi. Evitando di aspettare la realizzazione dei prototipi presso i fornitori, oltre ad ottimizzare i temi di produzione, sarà possibile vedere fin da subito i risultati e quindi rafforzare l’effetto dell’azione creativa trasferita sul prodotto e trasferire poi attraverso il processo informatico direttamente i progetti alle unità produttive14. Essendo un’azienda market oriented, oltre all’importanza che assume il presidio delle competenze stilistiche e creative, fondamentali sono gli investimenti pubblicitari non solo attraverso gli strumenti classici della stampa e della tv, ma attraverso forme di comunicazioni in grado di coinvolgere maggiormente il consumatore che vengono sempre più utilizzate dall’azienda. Queste attività si sviluppano, ad esempio, attraverso gli sponsor e la presenza nelle attività sportive15, musicali16 e culturali17, luoghi in cui le 12 Sempre per aumentare la capacità dell’azienda di raccogliere spunti dall’esterno e dall’ambiente vengono spesso inseriti nel reparto Stile & Prodotto stagisti anche di altri paesi, soprattutto da quelli che partecipando maggiormente ai circuiti della moda possono fornire stimoli importanti all’azienda. Attualmente sono presenti in Grotto alcuni stagisti giapponesi. Importante è poi la collaborazione che l’azienda ha attivato soprattutto negli ultimi anni con importanti scuole di design o di comunicazione che vengono coinvolte dall’azienda in particolari progetti. 13 Anche l’attività di ricerca di tessuti per le collezioni è particolarmente significativa. La ricerca non viene sviluppata nel momento della fiera, ma in modo anticipato attraverso un dialogo diretto con le aziende fornitrici di tessuti. Mentre però l’inclinazione fino a qualche anno fa era di seguire il fornitore che anticipava le tendenze, la Grotto sta iniziando a sviluppare propri disegni da stampare sui tessuti svolgendo quindi un ruolo proattivo anche nello sviluppo delle tendenze sui tessuti da lavorare. 14 Normalmente invece nel caso dei capi in denim, ad esempio, in sede viene realizzato il progetto che viene affidato al responsabile lavaggi e che a sua volta si reca nelle lavanderie presso i produttori per valutarne l’effetto. Questa attività implica però temi lunghi per riportare il prototipo in azienda e ricevere l’ok per la produzione. 15 Sponsorizzazioni nel ciclismo, nel rugby, nel calcio e prevalentemente nel motociclismo. 16 Sponsorizzazioni, ad esempio, di eventi musicali come il Flippaut Festival. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 195 PARTE III tendenze giovanili si raccolgono intorno alla condivisione di esperienze identitarie precise, in cui catturare e promuovere l’arte del vestire secondo simbologie e condivisioni di stili di vita precisi18. L’evoluzione degli investimenti in marketing e comunicazione Dipendenti dedicati al marketing e alla comunicazione 1995 N° dipendenti dedicati % di dipendenti sull’organico 2005 1 16 0,96% 5% 4,37% 7,36% Spese in marketing e comunicazione % sul fatturato Box 2 – L’evoluzione delle competenze dal 1995 al 2005 Le competenze organizzative: - entrata di manager esterni - sviluppo di attività di corporate governance Le competenze produttive e tecnologiche: - evoluzione nell’integrazione della filiera a monte - aumento delle contaminazioni creative dall’ambiente (stagisti, mobilità personale, rapporti con le scuole di design) - recente sviluppo dell’attività creativa anche sui tessuti - in sviluppo un laboratorio interno di prototipia Le competenze commerciali e di marketing: - aumento del personale adibito all’attività di comunicazione e marketing - aumento del presidio dei processi a valle (filiali di vendita, vertical retail) - aumento degli investimenti in sponsorizzazioni - maggior coinvolgimento del consumatore (community on line, eventi, sviluppo di magazine) Le competenze gestionali: - sviluppo di un sistema informatico centralizzato - sviluppo di un gestionale integrato (CRM; EDI) - unificazione del sistema contabile di tutto il gruppo 17 Sponsorizzazioni, ad esempio, di eventi come la Notte della Danza a Milano o il restauro di alcuni importanti edifici. Da alcuni anni l’azienda ha anche introdotto una rivista rivolta al pubblico Gas (MaGASine) in cui non vengono solo pubblicizzate le collezioni, ma lasciato spazio alle notizie che possono interessare il target giovanile dell’azienda. Nel sito aziendale è poi presente una sezione community che ha lo scopo di mantenere un rapporto attivo e un legame di identità culturale con il consumatore. 18 IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 196 PARTE III 3. L’evoluzione della rete del valore 3.1 Le relazioni con i fornitori Il percorso produttivo dell’azienda si è sviluppato a monte attraverso la costituzione di una rete di fornitura selezionata in cui l’azienda mantiene un potere contrattuale 19 importante . Se i fornitori dei prodotti Grotto erano inizialmente locali, potendo l’azienda sfruttare il tessuto produttivo territoriale vicentino che era in grado di mettere a disposizione le proprie qualità manifatturiere, più tardi assumono sempre più rilevanza per l’azienda le relazioni con fornitori internazionali individuati su territori che per il settore abbigliamento, hanno sviluppato specificità produttive importanti. La scelta è stata così quella di mantenere in Italia e nel contesto locale rapporti con fornitori con determinate competenze sedimentate. Sul territorio rimangono, ad esempio, alcune delle lavanderie 20 in cui vengono richiesti lavaggi particolari, e i confezionisti di capi formali , meno competitivi dal punto di vista dei prezzi, ma che per le loro specificità sono in grado di garantire un offerta qualificata. Sul territorio rimangono poi anche i fornitori che fungono da polmoni per le emergenze di produzione dovute, ad esempio, ai picchi stagionali nell’attività di chiusura del ciclo produttivo. L’azienda ha poi iniziato a seguire gradualmente i territori in cui le aziende di abbigliamento si rivolgono per determinate specializzazioni. Territori certamente più competitivi per il costo della manodopera, ma scelti dalle aziende di abbigliamento che operano a livello internazionale, anche perché sono stati in grado di crearsi, per effetto dei processi di delocalizzazione e sviluppo di un imprenditoria locale diffusa, specifiche 21 competenze . Inoltre gli stessi paesi emergenti, se fino a qualche anno fa potevano non risultare affidabili in termini di qualità e di consegna, iniziano oggi a divenire importanti fornitori mondiali per le aziende di abbigliamento. Anche la domanda di fornitura da parte della Grotto spa cresce quindi nei confronti dei produttori di questi paesi e in particolare di quelli emergenti. 19 Come abbiamo già avuto modo di dire l’azienda mantiene rapporti di fornitura esclusiva ad esempio in Romania e in Turchia. 20 A Castelfranco rimangono, ad esempio, i confezionisti di giacche. 21 Le isole Mauritius e il Portogallo sono, ad esempio, importanti bacini di produzione delle Polo, la Corea, un bacino per la produzione di scarpe, il Far East per la produzione di Denim. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 197 PARTE III Variazione delle quote di produzione in conto terzi 22 Quota lavorazioni in outsourcing da fornitori locali sul totale fatturato 1995 2005 26,40% 21,60% Quota lavorazioni in outsourcing da fornitori esteri sul totale fatturato 1995 2005 33,60% 46,70% L’azienda conta poi una rete di relazioni non solo con produttori c/terzi, ma anche conto vendite. È da distinguere infatti le relazioni che l’azienda ha sviluppato con fornitori che fanno oggi industrializzato, da quelle invece che sviluppano direttamente commercializzato. Nel bacino europeo la Grotto ha mantenuto sostanzialmente rapporti con fornitori di industrializzato. Da una parte è quindi l’azienda che seleziona per i propri fornitori i tessuti e gli accessori necessari per la produzione e presidia anche l’attività logistica. Tutte le merci finite passano quindi per la sede di Chiuppano dove viene svolto il controllo qualità e viene gestito il confezionamento dei pacchi destinati ad essere distribuiti nei negozi. Progressivamente l’azienda ha riconosciuto poi l’importanza del commercializzato che oltre a scaricare gli elementi di flessibilità sui fornitori (stock, gestione della produzione e dell’efficienza, cambi di linea produttiva …) ne trasferisce maggiormente anche gli elementi di rischio. Le merci non passano quindi dalla sede di Chiappano, ma vengono gestite direttamente dai depositi allocati nei territori dove viene svolta la fornitura di prodotto commercializzato. Ciò che è importante per la Grotto è quindi in questo caso la conformità all’eccellenza del produttore nel momento in cui viene prodotto e commercializzato il capo con marchio Gas. Necessario è in questo caso che il fornitore risponda ai criteri fondamentali della marca (requisiti tecnici, finanziari, di affidabilità). Per le attività di commercializzazione la Grotto seleziona quindi con particolare attenzione i produttori attraverso l’ausilio di agenti che nei vari paesi hanno l’incarico di fare attività di scouting per quanto riguarda la ricerca di fornitori di prodotto finito che 23 rispondano ai criteri Gas . 22 Viene qui intesa solo la quota di industrializzato. Gli agenti hanno anche il compito di individuare sui nuovi territori i fornitori di tessuti e di accessori, che sia per convenienza di prezzo che di qualità possono divenire partner dell’azienda. 23 IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 198 PARTE III La produzione attraverso il commercializzato, che viene oggi svolta sul mercato del Far East e canadese, è una politica che l’azienda intende perseguire anche sui mercati europei, in particolare in quelli dell’Est Europa (Ucraina, Russia, Romania) in cui l’intenzione è di diminuire il conto lavoro in favore del conto vendite. 3.2 Le relazioni con i clienti e i distributori Come precedentemente spiegato il marchio Gas diviene fin da subito un marchio da spendere sui mercati europei. Il primo mercato ad essere esplorato è, ad esempio, quello tedesco, non solo per la vicinanza geografica all’Italia, ma perché risulta un mercato pronto a recepire positivamente le collezioni Gas. Il mercato italiano, nel momento in cui i consumatori italiani iniziano a rivolgere maggiore interesse nei confronti delle tendenze giovanili rimane comunque nel corso degli ultimi 10 anni il mercato più importante, tanto che riassorbe parte della quota destinata inizialmente al mercato europeo. Le politiche di internazionalizzazione attuate dall’azienda a partire dal 2002 e 2003, volte a penetrare anche altri mercati fuori dai confini europei, stanno comunque dando i primi frutti, in particolare nel Far East e nei mercati arabi dove il marchio Gas inizia ad essere apprezzato da consumatori di tendenze moda e con una maggiore capacità di spesa. Evoluzione dell’esportazione Percentuale di esportazione per area geografica 1995 2005 38,54% 25,02% America 0% 1,32% Asia 0% 4,28% Altri continenti 0% 0,59% Europa Il cliente tipo a cui i prodotti Gas si rivolge viene individuato nel consumatore giovane compreso nella fascia di età tra i 24 e i 35 anni. La capacità dell’azienda è di cogliere comunque tutte le potenzialità della filosofia a cui il marchio si ispira, non solo nella produzione casual, ma anche nella produzione più formale attraverso collezioni come Urban o Blu Label e attraverso l’ampliamento delle vendite del marchio anche agli IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 199 PARTE III 24 accessori e ad una serie di articoli di oggettistica . Nel 2004 è stata, ad esempio, lanciata anche una linea di profumo Gas. Seppure il capo di abbigliamento rimane il principale prodotto venduto, con la vendita tramite licenza anche degli accessori, l’azienda nel corso del tempo ha ampliato le capacità di vendere più che un prodotto, un concept e una filosofia di riferimento del marchio capace di generare, una volta trasmessa al consumatore, fedeltà di marca. Proprio perché rilevanti per caratterizzare la produzione sono i valori e la filosofia a cui si ispira il mondo Gas, fondamentale è stato per l’azienda iniziare a presidiare i rapporti a valle in modo più diretto. Nel tempo alcuni clienti/distributori sono stati acquisiti come filiali distributive e, come visto in precedenza, è in corso una forte politica di retail attraverso lo sviluppo nel mondo di negozi monomarca e in franchising. 3.3 Le relazioni con il territorio e l’ambiente Ci si chiede se aziende come la Grotto che oggi hanno assunto una dimensione internazionale abbiano oggi la convenienza a far rimanere l’head quarter sul territorio locale. Ammirando l’affezione che la proprietà ha per il luogo storico da cui è partita la storia aziendale e da cui trae origine il mondo di valori a cui la produzione Grotto si ispira, probabilmente la forte specializzazione creativa dell’azienda potrebbe ricevere maggiori stimoli dalla vicinanza a territori in cui queste risorse si formano e costruiscono le proprie esperienze. Il territorio veneto risulta, nel confronto con altri territori, poco attrattivo per stilisti e designer piuttosto che uomini prodotto abituati a frequentare il mondo della fashion delle grandi metropoli o posti in cui vi è un certo fermento creativo. Come altre aziende di abbigliamento del territorio anche la Grotto lamenta infatti una certa difficoltà a reperire queste risorse umane25 in loco e la difficoltà di far giungere queste risorse da fuori, sebbene comunque molto positiva sia la capace dell’azienda di assorbire fortemente gli stimoli ambientali dagli altri contesti territoriali26. 24 Vengono venduti con il marchio Gas attraverso le licenze anche prodotti di cartoleria, oggettistica da scrittura e scrivania, zaini, astucci e accessori per la scuola. 25 Il capitale creativo e intellettuale all’interno delle aziende storiche del settore abbigliamento locale è spesso conteso dalle stesse. 26 Frequenti sono i viaggi di ricerca nelle città della moda che i creativi dell’azienda fanno per raccogliere stimoli dall’ambiente, sono incentivati poi i rapporti con le scuole di design e di comunicazione non solo italiane, e la presenza in azienda di stagisti da altri paesi. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 200 PARTE III Box 3 – L’evoluzione della rete del valore dal 1995 al 2005 Fornitori: - sviluppo di rapporti esclusivi con alcuni fornitori - aumento delle quote di produzione in outsourcing da fornitori esteri in specifici bacini di specializzazione - mantenimento in loco di fornitori specializzati soprattutto nel capo formale e pronti a rispondere alle emergenze - evoluzione nella tipologia dei fornitori ( dall’industrializzato al commercializzato) - maggior trasferimento del rischio al fornitore Clienti/distributori: - espansione del prodotto sul mercato italiano - espansione verso i mercati extraeuropei - dalla vendita di un prodotto alla vendita di un “concept” - presidio diretto dei mercati di sbocco (filiali di vendita e retail diretto) e sviluppo del franchising Territorio/ambiente: - difficoltà di reperire risorse umane sul territorio - abilità dell’azienda di assorbire gli stimoli ambientali da altri contesti territoriali 4. Gli ostacoli al percorso di crescita In tema del passaggio generazionale nella conduzione aziendale risulta oggi un tema critico per aziende come la Grotto spa nate inizialmente come realtà familiare, ma che hanno seguito un percorso di crescita così importante. Claudio Grotto è oggi ancora presidente, fondatore, direttore generale, amministratore delegato e azionista di maggioranza, fondendo quindi in un tutt’uno le funzioni di proprietà e controllo e caratterizzando personalmente il successo dell’azienda. L’unicum tra la storia aziendale, familiare e personale dell’imprenditore pone quindi interrogativi sulla successione e sulle fasi future dell’azienda che devono essere mappate, riconosciute, e gestite con anticipo. L’evoluzione futura dell’azienda attraverso un percorso di crescita ancora oggi in evoluzione e che vede da una parte il continuo sviluppo di una filiera a monte, e dall’altra un maggior presidio da parte dell’azienda dei processi distributivi, richiederà probabilmente una maggiore capacità di delega da parte della proprietà e una maggiore presenza di figure chiave oltre che un’implementazione delle attività di coordinamento. Nel momento, ad esempio, in cui vengono messe in gioco società diverse partecipate dall’azienda che hanno rapporti con gli stessi fornitori si necessita che il nucleo centrale di intelligent all’head quarter nella sede di Chiuppano (VI) sia in grado di pianificare ancora più con efficienza ed efficacia la movimentazione delle merci e garantire il coordinamento tra le varie unità di produzione e di vendita. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 201 PARTE III Il presidio del sistema logistico (che corrisponde a controllare la filiera in modo efficiente) richiede, infatti, prima di un sistema gestionale in grado di mettere in comunicazione e far condividere la conoscenza tra i vari attori della rete, un organizzazione strutturata in grado di rispondere alle istanze e alle richieste all’interno della supply chain. Ad esempio, la stessa attività di refresh dei negozi, politica sulla quale la Grotto sta puntando per fidelizzare la clientela e rendere forte il concept intorno al quale ruotano le collezioni Gas, richiede un controllo molto forte sia dei processi a monte che a valle. All’head quarter, per garantire questa attività di refresh, è necessario, ad esempio, che ci sia un continuo riscontro tra il reparto stile & prodotto, commerciale e marketing. In ogni momento della vita aziendale della sede centrale sono da gestire almeno tre collezioni: quella che viene spedita, quella che viene prodotta e quella che viene pensata. Pur mantenendo l’indipendenza di ogni fase la capacità di coordinamento tra il percepire i segnali e le tendenze, la produzione e la distribuzione rimane l’attività più critica da presidiare in futuro anche attraverso una maggiore capacità di delega. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 202 PARTE III Box 4 – Gli ostacoli al percorso di crescita Leve di comando fortemente accentrate nella figura dell’imprenditore (Verticismo decisionale della proprietà) Minore propensione alla delega L’imprenditore caratterizza fortemente il successo dell’azienda ponendo interrogativi sulla successione e sul futuro Possibile difficoltà nel creare forme efficienti di coordinamento e mantenere il pieno controllo e monitoraggio di un’attività con aumentato grado di complessificazione Minore possibilità di recepire schemi e procedure nuove che possono rinnovare positivamente le routine organizzative 5. Le strategie future di crescita Fra le strategie future di crescita uno dei primi obiettivi dell’azienda rimane lo sviluppo del vertical retail e in generale il perseguimento delle strategie di internazionalizzazione verso paesi come l’India, dove da poco è stata aperta una filiale in joint venture e dove è previsto lo sviluppo di una vera e propria attività produttiva. La sfida che la Grotto spa intende affrontare nel futuro sarà di consolidare il proprio percorso di crescita sempre più attraverso il consolidamento della filiera integrata con preferenza per l’outsourcing di commercializzato in grado di meglio abbattere barriere doganali, dazi e costi di produzione e questo richiederà un’implementazione importante delle competenze rivolte al presidio dell’attività di coordinamento e di logistica fra le varie unità produttive e distributive. IRES VENETO-CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 203 PARTE III IL CASO INFORMATICA PALESA – ALDEBRA 1. Il percorso di crescita 1. 1 La storia di Informatica Palesa L’azienda Informatica Palesa di Treviso nasce più di 30 anni fa nel 1971 ad opera di Giorgio Palesa, attuale presidente. L’imprenditore, perito industriale, dopo un periodo di lavoro nei cantieri edili, inizia a lavorare come capo ufficio presso un’azienda di macchine per ufficio, decidendo poi di intraprendere questa attività per conto proprio. All’inizio l’attività era molto semplice e riguardava soprattutto la commercializzazione di calcolatrici, macchine da scrivere e in generale macchine contabili. Sebbene solo agli inizi, Informatica Palesa riesce ad entrare nel mercato già conquistato da aziende come l’Olivetti e ad agganciarsi a importanti clienti come Benetton. Con il passaggio dalle macchine da scrivere al PC l’azienda comincia a percepire la necessità di sviluppare anche il settore dei servizi connessi allo sviluppo delle tecnologie informatiche, dapprima assumendo tecnici in grado di garantire una certa attività di assistenza, fino alla ricerca via via più consistente di personale qualificato ed esperto nel campo dell’informatica. Una svolta decisiva avviene negli ultimi anni ’90 con lo sviluppo di internet e con l’esplosione della ICT. Forte nell’idea che con l’avvento di Internet chi avrebbe realmente guadagnato non sarebbe stato chi puntava sul business on line, ma chi capace di costruire intorno a questo nuovo evento i servizi necessari alle aziende, Informatica Palesa inizia a decrescere l’attività connessa alla commercializzazione dei prodotti hardware, aumentando invece l’attività connessa ai prodotti software, ai servizi tecnici e di sviluppo competenze in particolare nell’attività sistemistica per garantire ai clienti, oltre che i prodotti, anche servizi e soluzioni nell’ambito dell’information technology a supporto dell’attività aziendale. Specializzandosi nel ruolo di dealer l’azienda cresce nell’assistenza tecnica e nell’offerta di consulenze e servizi di outsourcing informatico attraverso contratti che prevedono la gestione dell’infrastruttura per conto del cliente. Il successo dell’azienda nasce comunque in primis dal ruolo centrale dell’imprenditore nello sviluppo di rapporti di fiducia con la propria clientela. Giorgio Palesa, attraverso la sua creatività, la capacità di rischiare e di rimettersi in discussione e la capacità di 204 IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE PARTE III cogliere i rapporti con il territorio e le istituzioni e metterli a frutto per la sua azienda, diviene insostituibile nel contribuire con la sua attività allo sviluppo di Informatica Palesa sul mercato assumendo un vero e proprio ruolo di trust interface. Nel rafforzamento di tale ruolo Giorgio Palesa assume nel tempo importanti posizioni istituzionali nella provincia di Treviso, tra cui la carica di presidente artigiani di Treviso per 10 anni, ricoprendo anche poi un ruolo fondamentale per la creazione e lo sviluppo del Terziario Innovativo che facilitano relazioni e rapporti con il territorio locale. Fondamentale è infatti la sua spiccata capacità di creare rapporti personali con i clienti di tipo informale, amicale e diretto. Grazie anche a questo ruolo di trust interface l’azienda può contare oggi tra i propri clienti importanti gruppi come Benetton, De Longhi, le industrie aereonavali di Finmeccanica. 1.2 La fusione con il gruppo Aldebra Il cambiamento più importante avviene tuttavia nel 2004 quando Palesa decide di far crescere ulteriormente la propria realtà, sviluppando un accordo di aggregazione con il gruppo Aldebra, un’altra importante realtà nel campo dei servizi informatici del Nordest. Attraverso la fusione Palesa Informatica, oltre ad ampliare il proprio parco clienti, coglie così la possibilità di aumentare la gamma di servizi offerti che divengono sempre più complessi e sofisticati facendo fare all’azienda un salto di qualità e di posizionamento competitivo sul mercato: da dealer a system integrator1. Il motivo principale della crescita attraverso l’aggregazione con il gruppo Aldebra è da ricercarsi prima di tutto nel progetto ambizioso e personale dell’imprenditore di riuscire a creare un importante polo informatico sul mercato italiano e divenire in breve tempo una realtà importante in Italia nel settore dell’Information e Communication Technology. Il problema di Informatica Palesa era infatti di non aver ancora consolidato abbastanza la propria struttura per affrontare terreni diversi dal territorio locale. Un secondo obiettivo era quello di riuscire a legare assieme, attraverso il percorso di crescita, competenze diverse e servizi complementari per poter migliorare la gestione clienti di una certa dimensione. Sebbene negli ultimi anni l’azienda fosse riuscita ad affermarsi nel mercato locale, infatti, aveva raggiunto una certa stabilità nella gestione della propria clientela. La difficoltà era quindi riuscire a gestire nuovi importanti clienti 1 Mentre il dealer ha tipicamente un’attività focalizzata sui prodotti hardware e parzialmente sui prodotti software e servizi professionali, il system integrator ha un’attività focalizzata in area integrazione sistemi e gestione progetti e una forte capacità di generazione di valore aggiunto in termini di competenze software. 205 IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE PARTE III come Banca Veneta, acquisita recentemente proprio grazie all’avvenuto percorso di aggregazione con Aldebra. È la necessità quindi di catturare nuovi segmenti di mercato, di differenziare e di fornire una gamma completa di servizi ai propri e potenziali clienti ad indurre Giorgio Palesa ad intraprendere una crescita dell’azienda attraverso il percorso di aggregazione descritto. Spiega infatti l’imprenditore: “L’idea era di fare un ristorante capace di offrire non uno, ma una varietà di piatti tradizionali. Mettendo insieme le varie specializzazioni si ha la possibilità di sviluppare economie di scala e di offrire un prodotto differenziato e completo.”. Crescere non da soli, ma con altre realtà, è per Giorgio Palesa anche un modo per avere un confronto e apprendere dall’esperienza degli altri anche mettendosi in discussione, al fine di sostenere un miglioramento continuo delle performances e competenze. Prima dell’esperienza di crescita con Aldebra l’imprenditore aveva già tentato di intraprendere la via della crescita attraverso aggregazioni con realtà più localizzate e in particolar modo con 13 dealers insediati soprattutto nella realtà territoriale veneta. A detta dell’imprenditore, ciò che in questi casi ha determinato il fallimento dell’iniziativa è stato principalmente un “gap culturale”. Secondo Giorgio Palesa, infatti, per riuscire a crescere bisogna sapere prima di tutto mettere in discussione il personalismo imprenditoriale e riuscire a fare squadra sviluppando un approccio più manageriale e quindi più idoneo alla gestione di grandi realtà. “Bisogna saper togliersi il cappello da paron e saper indossare quello dell’azionista”. Ciò in quanto le difficoltà incontrare nella realtà locale, che poi hanno portato al fallimento del primo processo di crescita, sono state causate dagli ostacoli trovati nel mettere d’accordo i diversi imprenditori sull’organigramma aziendale e sulla necessità di rivedere le posizioni di comando di ognuno. Nel modello di sviluppo veneto la personalità e il vissuto personale degli imprenditori hanno da sempre caratterizzato le aziende locali. Se da una parte però la forte identificazione dell’imprenditore con la propria azienda è spesso una componente essenziale per il successo, poiché mette in moto creatività, capacità di rischio, capacità di legare con il contesto di riferimento, dall’altra può risultare un limite ogni volta che si richiede all’azienda un approccio ai problemi di tipo più formale, la gestione di conoscenze codificate, il confronto con realtà complesse fuori dal contesto di riferimento. Perché queste strategie abbiano successo, infatti, è necessario che gli imprenditori limitino il proprio personalismo e riescano a dotarsi di cultura manageriale 206 IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE PARTE III che non risponda solo a logiche di breve, ma anche e soprattutto a logiche di redditività e fatturato di lungo periodo. Informatica Palesa trova quindi in Aldebra il partner ideale non solo per la complementarietà nelle competenze di cui il gruppo dispone, ma anche perché l’approccio culturale alla crescita risponde a logiche più manageriali ed è consolidato dalla stessa esperienza che Aldebra ha avuto nei suoi precedenti percorsi di aggregazione sebbene anche questi di recente costituzione. Prima della fusione con Informatica Palesa, Aldebra raggruppava già altre importanti realtà del Nordest. La società è infatti a sua volta frutto dell’aggregazioni di più aziende diffuse nel territorio: due software house milanesi (Hintersoft e Atlantis Software Group), una software house trentina (Sia), Verona Sud Sistemi di Verona, System B di Bolzano, Studio Logica di Castelfranco Veneto. Dunque la crescita attraverso linee esterne e nel caso specifico, attraverso la fusione di Informatica Palesa con il gruppo Aldebra, è risultata la scelta più appropriata per l’azienda per importare cultura manageriale, per creare forti economie di scala su un territorio geograficamente più allargato e per sfruttare a proprio vantaggio le complementarietà e le differenze culturali e di competenze con un’azienda che già di per se aveva già avviato questo percorso di crescita. Il gruppo Aldebra nasce infatti a Trento nel 2002 da prima con la fusione di due società concorrenti sul mercato, ma che avevano bisogno di darsi economie di scala in termini tecnologici e di competenza e per affrontare i problemi legati alla maturazione di certi servizi e prodotti informatici e per anticipare, con adeguati investimenti, l’innovazione nelle attività sempre più complesse legate al rapido sviluppo dell’ICT. Dopo il successo di questa prima fusione il gruppo decide di espandersi e di continuare la crescita aggregando nella propria realtà anche altre aziende del settore sul territorio nordestino (Bolzano, Milano, Verona e Castelfranco Veneto) accrescendo così la razionalizzazione di alcuni processi, aumentando ulteriormente la complementarietà delle competenze e allargando il bacino di mercato. Nel 2004 viene inoltre acquisita una piccola software house a Udine. Informatica Palesa trova quindi nel Gruppo Aldebra un ottimo partner per crescere sotto molti punti di vista. Palesa Informatica ha come punto di forza le proprie competenze commerciali, mentre Aldebra, con le competenze legate alle tecnologie di prodotto, è stata in grado di fornire un know how prezioso dal punto di vista delle conoscenze tecniche, permettendo di aggiungere competenze anche nell’attività di ricerca e sviluppo. Il processo di aggregazione porta quindi a Informatica Palesa vari 207 IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE PARTE III vantaggi, ed in particolare una nuova presenza territoriale e l’opportunità di spostarsi sul segmento dei servizi software. Per Aldebra il valore aggiunto si esprime invece in un maggior sviluppo commerciale e nel poter sfruttare le competenze di Palesa già acquisite nell’ambito dell’attività sistemistica. I dati relativi al primo anno di attività mostrano i segni positivi della crescita. Se l’incremento totale del fatturato per quanto riguarda il primo semestre 2005 rispetto al fatturato 2004 è per l’intero gruppo di 5,6%, solo Palesa informatica riesce a raggiungere il 40,6%. Visti i primi dati positivi e le prospettive concrete di crescita, il gruppo Palesa-Aldebra, che oggi conta 220 dipendenti, prevede di raggiungere entro fine anno i 30 milioni di fatturato e i 50 milioni entro due anni2. Dati fatturato primo anno attività del gruppo Palesa -Aldebra: Fatturato 2004 Fatturato 2005 (primo semestre) Variazione 4.280.330 40,56% 17.030.613 5,6% Palesa Treviso 3.045.174 Tot Gruppo 16.121.661 Palesa/Aldebra Totale nuovi ordini in portafoglio: 2.138.948 Dettagli variazione fatturato Informatica Palesa/Aldebra sede di Treviso al 31/06 2004/2005 Delta % Vendita software 46% Vendita hardware 52% Totale beni 51% Contratti 19% Totale prestazioni 0,40% Con il processo di aggregazione il gruppo Aldebra ha iniziato in parallelo anche un’espansione della propria attività fuori dai confini nazionali. L’intenzione del gruppo non è infatti solo accrescere le quote di mercato italiano, ma espandere l’attività verso i paesi dell’est in cui alcuni dei loro prodotti possono trovare un potenziale di applicazione notevole. In particolare nel mercato bancario un software da loro sviluppato (BOS) e specifico per piccole banche è già utilizzato da alcune banche albanesi e attraverso, alcune trattative in corso con alcune banche italiane che si sono inserite in questi paesi, troverà probabile mercato anche in Croazia e Romania. 2 La valutazione del nuovo valore patrimoniale del gruppo è stata effettuata tendendo conto di vari asset (fatturato, sviluppo, servizi tecnici e prodotti software proprietari). 208 IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE PARTE III Box 1 – Il percorso di crescita dal 1995 al 2005 1995 2005 Informatica Palesa Posizionamen to sul mercato: Attività: 95% hardware 5% servizi e Fatturato: 9,5 miliardi di lire Informatica Palesa Gruppo Aldebra Attività: raggiungimento quota 20% software e servizi Udine: acquisita dal gruppo nel 2004 Milano Hintersoft 2002 Fatturato I° semestre 2005: 4,3 milioni di euro Previsioni fine 2005 8 milioni di euro Treviso Informatica Palesa 2005 Trento SIA 2002 Castelfranco Veneto Studio Logica Dipendenti: 15 Dipendenti: 20 Fatturato gruppo I° semestre 2005: 17 milioni di euro Previsioni fine 2005: 30 milioni di 209 IRES VENETO- CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENTE Milano Atlantis Software Group 2002 Dipendenti gruppo 2005: 220 Verona Sistemi Sud 2004 Bolzano System B 2002 Attività: 65% hardware 35% software Posizionamento sul mercato: system integrator/Norde st-Italia PARTE III Box 2 – I processi di internazionalizzazione intrapresi dal gruppo Potenziali sviluppi del gruppo nei paesi dell’Est Europa: Nuovo mercato Albania Inizio sviluppo mercato software bancario Progetti in corso Romania Progetti in corso di viluppo: mercato software bancario Progetti in corso di sviluppo: mercato privato e delocalizzazione produttiva Croazia Progetti in corso di sviluppo: mercato software bancario Obiettivi futuri Altri paesi dell’Est Possibili sviluppi futuri sul mercato bancario e privato A Timisoara (Romania) è in corso un altro importante progetto che prevede una futura penetrazione e sviluppo dell’azienda in questo mercato posto in essere allo scopo di: - seguire alcuni clienti nei loro processi di delocalizzazione che porterà probabilmente in futuro ad un’espansione dell’azienda anche in altri paesi soggetti a processi di delocalizzazione da parte di imprese italiane. - produrre su questi mercati applicazioni software grazie alle competenze tecniche esistenti nell’area e in particolare alle competenze ingegneristiche che a pari livello di produttività rimangono comunque ad un costo di molto inferiore a quello italiano. - sfruttare il potenziale di sviluppo dell’area con la prossima entrata della Romania nell’Unione Europea. Per raggiungere tali obiettivi è in corso da parte dell’azienda lo studio della possibilità di costituire un’unità produttiva direttamente sul posto e che avrà personale locale coadiuvato in termini di gestione e controllo da personale italiano che sarà inserito in loco. L’unità sarà poi oggetto di verifiche anche attraverso un’attività di controllo remoto da parte del management del gruppo. 2. L’evoluzione delle competenze e dell’organizzazione Informatica Palesa ha sempre avuto come punto di forza il saper gestire conoscenze contestuali, tacite, embedded, che hanno permesso all’azienda di creare nel territorio rapporti di fiducia soprattutto informali e diretti con i propri clienti, sviluppando così IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 210 PARTE III competenze di natura prettamente commerciale. Le competenze di prodotto erano al contrario cresciute limitatamente, rispondendo a bisogni ed esigenze relativamente standard, così come la struttura aziendale, rispecchiando lo stile di direzione di Giorgio Palesa. L’azienda aveva mantenuto una forma semplice dove responsabilità, processi decisionali e attività commerciali venivano gestiti in gran parte dall’imprenditore stesso. “Calzando” il ruolo tradizionale di dealer, le competenze dei tecnici e dei sistemisti erano limitate soprattutto alla gestione di tecnologie semplici e allo sviluppo di sistemi operativi software poco complessi. Il percorso di crescita attraverso l’alleanza con il gruppo Aldebra ha permesso ad Informatica Palesa di iniziare a presidiare contesti più complessi aggiungendo alle capacità commerciali e relazionali sul territorio, che rimangono comunque strategiche per il gruppo, anche competenze che richiedono il presidio di conoscenze più formali e codificate già presenti in Aldebra, in cui centrali risultano essere soprattutto le competenze tecnologiche e dove la proprietà diffusa tra numerosi soci ha creato un miglior presidio delle funzioni manageriali e organizzative. Senz’altro quindi il processo di crescita ha permesso ad Informatica Palesa di accrescere la propria abilità di presidiare conoscenze e competenze di natura più formale e la propria capacità di organizzazione e gestione dei processi aziendali, rendendola più consona allo stile manageriale già presente in Aldebra. Il gruppo Aldebra infatti, essendo già somma di più realtà, ha dovuto fin da subito dotarsi di una struttura che permettesse una razionalizzazione più efficiente delle varie competenze e complementarietà presenti nelle varie unità e che allo stesso tempo permettesse di presidiare in modo accentrato le aree critiche e di innovazione3. L’attuale organigramma aziendale prevede un consiglio di amministrazione di cui fanno parte i 6 imprenditori che hanno condiviso l’aggregazione e che costituisce gran parte della direzione aziendale in modo di assicurare ad ognuno una funzione operativa legata alle specifiche competenze personali. Per ora la divisione dei compiti fra lo staff prevede una direzione generale, il presidio di alcune aree critiche e la direzione delle varie sedi. Giorgio Palesa ha assunto oggi il ruolo di vice presidente del gruppo e di direttore per la sede di Treviso4. 3 La ridefinizione di competenze e ruoli chiave e il ridisegno dell’organigramma aziendale è oggi tuttora in corso attraverso l’ausilio di una società di consulenza: Gaio Associati. 4 L’intenzione di Giorgio Palesa è oggi trasferire il suo ruolo di direzione della sede di Treviso alla figlia Linda Palesa, concentrando la sua attività, visto le competenze di natura commerciale e relazionale, nella funzione di sviluppo delle pubbliche relazioni del gruppo. IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 211 PARTE III Consiglio di Amministrazione e staff Presidente Ing. Giordano Tamanini Direttore Generale Ing. Giordano Tamanini Direttore Commerciale Sig. Mario Molinari Vicepresidente Giorgio Palesa Vicepresidente Sig. Mario Molinari Responsabile Marketing Dott. Nicola Rovea Sig. Ruggero Cordini Direttore Servizi Interni Sig.ra Nadia Gelmetti Consiglieri Sig. Alessandro Storari Sig. Dario Bonfioli Responsabile Servizi Dott. Oreste Detassis Amministrativi Resp. Software e Area Finanza Sig. Marco Calliari Direttore Sede Milano Sig. Ruggero Cordini Direttore Sede Verona Sig. Alessandro Storari Direttore Sede di Treviso Sig. Giorgio Palesa Direttore di Produzione Sig. Dario Bonfioli Funzioni chiave assunte da Giorgio Palesa all’interno del gruppo: Carica: Presidio competenze: Vicepresidente del gruppo Pubbliche relazioni: collaborare con la direzione generale nella ricerca di partner per eventuali alleanze e/o aggregazioni collaborare con la Direzione commerciale nella ricerca di nuovi rivenditori e/o veicoli di diffusione commerciale collaborare con la Direzione commerciale per lo sviluppo del mercato Direzione dell’Unità di Treviso Graduale trasferimento delle competenze di direzione di zona alla figlia Le funzioni legate al presidio di conoscenze organizzative, gestionali e tecnologiche complesse (investimento, sviluppo, innovazione di prodotto) sono state accentrate nell’area di Trento in due uffici: uno in cui sono sviluppate le competenze di carattere amministrativo e commerciale e legate all’attività di marketing, e l’altro in cui sono concentrate invece le competenze tecnologiche di prodotto e vengono presidiate quasi IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 212 PARTE III tutte le attività di ricerca e sviluppo con un numero di persone impiegate variabile a seconda del fabbisogno e del tipo di progetto in corso5 . Attività di ricerca e sviluppo sono poi presenti anche nell’unità di Milano che conta un laboratorio dove lavorano 4 persone. Mentre le aree critiche di ricerca e sviluppo e la gestione generale sono gestite a livello centrale, in ogni unità vengono sviluppate competenze progettuali di natura più semplice o specifiche. Il personale locale rimane fondamentale per l’assistenza e il rapporto diretto con il cliente del territorio di riferimento, mentre la gestione di servizi più complessi viene gestita in modo infra-unitario o con spostamenti ad hoc del personale o con il sistema gestionale proprietario integrato sviluppato per le esigenze specifiche di diffusione e condivisione di conoscenza all’interno del gruppo, in modo da creare una sorta di comunità virtuale6. Per migliorare il trasferimento di conoscenze e competenze tra le varie risorse umane dislocate nei vari territori, e per sviluppare coesione sociale e culturale, viene data particolare importanza anche ai momenti di incontro ludici tra il personale delle diverse unità7. In ogni unità dislocata sul territorio sono presenti importanti figure chiave, come i middle manager8, i quali hanno il compito specifico di gestire i gruppi locali e affinare la capacità di interazione con gli altri gruppi. Per assicurare il coordinamento e il presidio delle problematiche delle varie aree, periodicamente vengono organizzati comitati trasversali in tutte le sedi, rappresentando a livello sistemico un momento di incontro e confronto importante. Un altro ruolo chiave all’interno delle varie unità del gruppo è oggi rappresentato dal project manager, che in base alle esigenze viene di volta in volta individuato tra i tecnici e ingegneri in particolare per la gestione di singoli progetti nell’area di sistemistica o di software, e che rappresenta anche una spinta motivazionale ad 5 Il fatturato del gruppo investito in ricerca è sviluppo è attualmente il 2% La crescita attraverso aggregazioni da parte del gruppo Aldebra ha consentito di aumentare gli specifici investimenti per lo sviluppo di nuovi prodotti, occupando mediamente una quindicina fra tecnici e ingegneri. Ad esempio, l’azienda ha recentemente esteso un software patrimonio comune fra 4 delle unità del gruppo realizzando dei verticali di nicchia su settori differenti. È stato realizzato un software proprietario ex novo per la gestione dei flussi operativi aziendali in ambiente internet e personalizzabile. Nell’ambito della privacy è stata inoltre realizzata e strutturata una consulenza specifica. A quest’ultimo progetto sono oggi dedicati 3 dipendenti. 6 È stato ultimamente integrato il sistema informativo con il sistema telefonico che permette di gestire l’assistenza clienti anche a livello remoto nel caso le competenze necessarie non fossero presenti in loco o necessitassero di supporto. 7 Vengono organizzate non solo cene aziendali, ma tornei di calcetto, biciclettate, settimane bianche. 8 In ogni unità sono presenti mediamente 2-3 middle manager, ad eccezione di Trento dove sono 5. IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 213 PARTE III assumere incarichi e responsabilità da parte del personale. Il Project manager, nominato dal middle manager, viene incaricato sia di sviluppare un progetto specifico per il cliente, sia di realizzarlo e di coordinare il personale coinvolto. Attraverso il processo di aggregazione il gruppo Aldebra è in grado di offrire un ampia gamma di servizi informatici coprendo tutte le aree tecniche, sistemistiche e strategiche aziendali e assicurando così un’efficace integrazione delle ICT nei processi aziendali, offrendo al cliente prodotti, servizi e progetti anche personalizzati. I prodotti del gruppo Aldebra sono infatti relativi a: architetture hardware, soluzioni e servizi infrastrutturali integrati di networking, soluzioni sulla connettività, sistemi e servizi per la sicurezza informatica, applicazioni software ERP, Supply Chain Management, strumenti di Business Intelligence e Customer Relationship Management. Fra i principali servizi offerti troviamo poi la progettazione dei sistemi, le attività di consulenza ed analisi per lo sviluppo di SW, sicurezza ed efficienza del sistema, consulenza e assistenza telefonica, assistenza hardware e formazione, servizi e software per server applicativi. IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 214 PARTE III Gruppo Aldebra 2005 Direzione Generale Giordano Tamanini Direzione Servizi interni Nadia Gelmetti Direzione Commerciale Mario Molinari Direzione produzione Dario Bonfioli Direzione di zona – Milano Ruggero Cordini Direzione di zona – Verona Alessandro Storari Direzione di zona – Treviso Giorgio Palesa Direzione software area finanza Mario Calliari Sistema gestionale qualità Nadia Gelmetti Area vendite Bolzano Massimo Bertinato Settore software Orion- tn Marco Bertol Area vendite Milano Ruggero Cordini Area vendite Verona Alessandro Storari Area Vendite Treviso Fabrizio Pilotto Settore software Bos-Fos Marco Calliari Sistema informativo Sartori Moreno Area vend.Trento Luciano De Gasperi Settore Software Met. Europa TN Federico Ranzi Sviluppo Software Milano Bruno Preti Settore software Met. Verona Andrea Nodari Settore Manutenzi. TV Linda Palesa Contabilità e finanza Oreste Detassis Progetto Speciale Udine Ruggero Rossi Settore Manutenz. TN Silvano Bertotti Settore software metodo Milano Fausto Cobianchi Settore Software OSRA Enrico Centomo Amministr. E log. Locale Linda Palesa Amministrazione del personale Rosanna Murari Sviluppo Prodotto area TV Eros Andriolo Settore sistemisti TN Luca Sabattini Settore software met. Olimpix Mi Luca Mariani Settore Manutenz.VR Paolo Melotto Settore Software Metodo TV Mauro Meneghin Help Desk Laura Braito Marketing Operativo Nicola Rovea Settore Manutenz. BZ Marco Stancher Ufficio Acquisti logistica Giuliano Weiss Set. sistem. BZ Massimiliano Baldessarini Ufficio Contratti Cristina Campaner Progetti speciali IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE Settore sistemi TV Massimo Pagliarotto 215 PARTE III L’aggregazione permette quindi a Palesa di fare un ulteriore salto di qualità trasformandosi in System Integrator, ossia azienda capace di integrare la tecnologia anche con le proprie soluzioni, rivendendole in termini di progetto. Con la nuova aggregazione viene poi realizzata una rete di servizi diffusa sul territorio capace di sfruttare le specializzazione e le competenze delle varie unità dislocate per coprire poi a livello sistemico tutti i servizi inerenti le ICT. Le sedi operative del gruppo sono oggi a Bolzano, Montebelluna, Milano, Trento Udine, Verona, e Treviso ognuna con le proprie competenze distintive messe al servizio di tutta la rete. Alcune delle competenze distintive divise per area geografica: Trento: sviluppo e gestione dei sistemi informatici, creazione di applicativi e soluzioni gestionali aziendali, implementazione delle tecnologie di Networking, realizzazione del software web-oriented, Bolzano: gestione dell’organizzazione commerciale e marketing, istallazione e configurazione hardware oltre che logistica manutenzione dei parchi informatici, rete assistenza e distribuzione organizzazione aziendale Milano: sviluppo software applicativo creazione soluzioni verticali su misura assistenza su applicativi Verona: applicativi per professionisti e consulenti del lavoro analisi e sviluppo del software su misura assistenza e manutenzione dei parchi hardware Treviso: Implementazione di tecnologie di base, istallazione strutture hardware avanzate, configurazione soluzioni di comunicazione e messaging, assistenza e manutenzione parchi Negli ultimi anni, e in particolare dopo l’ultimo accordo fra Aldebra e Informatica Palesa, è cresciuta da parte del gruppo l’attenzione verso lo sviluppo del capitale umano dell’azienda soprattutto attraverso un costante investimento nell’attività di formazione.9 9 Mediamente per l’attività di formazione il gruppo investe 1-1,2% del proprio fatturato. IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 216 PARTE III Numero di addetti e presidio di competenze divise per area geografica Competenze Reparto commerciale TN Reparto Metodo/Europa Trento Reparto Orion/Olimpix/UP TN Reparto Tecnologie di base TN Reparto servizi sistemici TN Progetto APT Trento Progetto Plose Trento Progetto Nixidorf Trento Progetto Asia Progetto PAt –S.I Trento Reparto commerciale BZ Reparto tecnologie di base BZ Reparto servizi sistemici BZ Bolzano Reparto commerciale VR Reparto metodo VR Reparto Sispac stu VR Reparto servizi sistemici VR Direzione zona VR Verona Reparto commerciale TV Reparto Metodo TV Reparto sistemisti TV Castelfranco Veneto Reparto commerciale UD Reparto UP UD Reparto sistemisti UD Direzione zona UD Udine Reparto commerciale MI Reparto Metodo/Europa MI Reparto Tecnologie di base MI Reparto servizi sistemici MI Direzione zona MI Milano direzione tecnici venditori servizi agenti Treviso (compreso Montebelluna) Direzione Generale Direz. Servizi interni Contabilità finanza Ufficio Paghe Sistema informativo Help Desk Direzione commerciale Acquisti logistica Marketing Operativo Direzione Produzione Ufficio contratti-fatt. TOT N° di addetti 5,00 8,55 9,05 11.30 4,00 2,00 1,35 6,30 4,00 3,15 0,70 55,40 10,75 15,91 3,00 29,66 4,20 3,00 6,29 2,60 7,83 2,10 26,03 6,20 2,00 8,20 1,00 2,00 2,00 0,75 5.75 3,00 12,75 2,00 2,00 19,75 1 10 5 4,5 16 36,5 1,00 2,54 4,90 1,90 3,00 4,92 1,00 7,75 1,00 3,71 3,75 216,75* * Alcuni addetti lavorano part time IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 217 PARTE III La formazione viene sviluppata sia internamente, sia esternamente e riguarda attività di apprendimento sia di natura gestionale, che organizzativa e commerciale, che tecnica.10 Nell’area tecnica il diploma rimane il requisito minimo per entrare a far parte del gruppo. Inoltre, i laureati, sono destinati a crescere a miglior presidio delle aree più critiche (progettazione, gestione, commerciale). Proprio allo scopo di dotarsi di personale interno altamente qualificato, per le assunzioni il gruppo si avvale anche di un servizio di selezione esterno. La selezione dei dipendenti avviene attraverso un’attenta attività di screening in cui vengono individuati profili professionali ad hoc e privilegiate alcune caratteristiche personali (orientamento progettuale e all’innovazione, capacità di lavorare in squadra, capacità relazionali, autostima, autosufficienza e creatività). Box 3 – L’evoluzione delle competenze dal 1995 al 2005 INFORMATICA PALESA 1995 GRUPPO ALDEBRA 2005 Knowledge: - focus conoscenze contestuali Knowledge: focus conoscenze formalicodificate - presenza di unità di ricerca e Competenze: -ruolo dealer - tecniche standard - commerciali Competenze: - ruolo system integrator - tecniche complesse - gestionali/organizzative - commerciali/marketing Apprendimento: - principalmente attraverso processi di learning by doing Apprendimento: - corsi interni ed esterni: (area gestionale, organizzativa, commerciale, tecnica) EVOLUZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE: - PASSAGGIO AD UNA STRUTTURA MANAGERIALIZZATA - PRESENZA DI FIGURE CHIAVE: IL MIDDLE MANAGER E IL PROJECT MANAGER LA CONDIVISIONE DELLE CONOSCENZE NEL GRUPPO: - SPOSTAMENTI DEL PERSONALE - UTILIZZO DEL SISTEMA GESTIONALE INTEGRATO - RIUNIONI PERIODICHE E COMITATI TRASVERSALI - ATTIVITÀ SOCIALI E CULTURALI INFRAUNITARIE Il gruppo dimostra inoltre un’ottima gestione delle competenze e dei compiti aziendali applicando un monitoraggio e una valutazione costante delle performance. Attraverso l’utilizzo di indici di produttività e di prestazione vengono analizzate le performance dei 10 Per le competenze più tecniche il gruppo forma il proprio personale anche attraverso corsi attivati dagli stessi fornitori di tecnologia. IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 218 PARTE III dipendenti e di conseguenza attivate azioni di riposizionamento. Le certificazioni ISO 9000 9001 e Vision 2000 di cui il gruppo è oggi dotato hanno rappresentato poi un’opportunità anche sotto il profilo del miglioramento nell’attività di valutazione dei compiti e delle procedure. Ad esempio, le varie attività svolte dal personale vengono oggi documentate e viene tenuto un data base che permette di identificare velocemente, attraverso una ricerca ipertestuale, le competenze utilizzate in specifiche aree o progetti, rendendo così facilmente individuabili le persone con competenze specializzate idonee a seguire specifici progetti aziendali. 3. L’evoluzione della rete del valore 3.1 Le relazioni con i fornitori L’entrata di Informatica Palesa in Aldebra ha portato un beneficio in termini di network position per entrambe le società, sia nelle relazioni a monte con i fornitori, che a valle, con i clienti. Per quanto riguarda i fornitori, l’aggregazione ha portato il gruppo a fare scelte di selezione dei rapporti di fornitura, mantenendo i rapporti con i fornitori più qualificati e più importanti sul mercato, con un risparmio notevole dal punto di vista delle economie di scala e di aumento di forza contrattuale 11. Con alcuni fornitori, che il gruppo considera insostituibili e veri e propri partner dell’azienda, c’è infatti un importante scambio di conoscenze, soprattutto attraverso l’attività di formazione sviluppata dai fornitori stessi per l’uso dei propri prodotti. Tale conoscenza viene anche trasformata in conoscenza riutilizzabile per altre applicazioni non attinenti al solo prodotto del fornitore. I fornitori aiutano poi indirettamente l’azienda ad investire in ricerca. Le conoscenze acquisite tramite formazione gestita dal fornitore o direttamente dallo studio del prodotto comprato si traducono infatti in esperienza professionale anche per le attività di ricerca e sviluppo interno. Non solo, i fornitori, grazie all’economia di scala acquisita dal gruppo, sono diventati essi stessi dei promotori del mercato di Aldebra. “Prima eravamo noi ad andare dai fornitori, ora sono i fornitori stessi che vengono da noi. Non ci darebbero le risorse che ci danno se fossimo rimasti da soli. I fornitori strategici sono anche diventati nostri produttori di contatti, ci segnalano se se ci sono 11 I fornitori dei prodotti del gruppo sono oggi ridotti a circa un quinto. Fra i più importanti fornitori: Microsoft, Simens HP, Cisco e Trendmicro, NRG. IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 219 PARTE III clienti sul territorio, ci permettono di avere vantaggi di prezzo che ci aiutano a rimanere competitivi e abbiamo con loro degli ottimi rapporti”. Il gruppo, oltre ad avere fornitori di hardware e software, utilizza anche alcuni fornitori di servizi per alcune competenze di nicchia che all’azienda non conviene mantenere internamente, ma che sono importanti risorse in termini di outsourcing per fornire un servizio sempre più completo al cliente. Tali fornitori, allocati soprattutto nella zona fra Trento e Milano, sono circa 40 e vengono coinvolti nei progetti ogni volta che si ritiene necessario attingere a conoscenze specifiche esterne12. 3.2 Le relazioni con i clienti Per quanto riguarda le relazioni a valle il processo di aggregazione ha permesso di allargare territorialmente il bacino di mercato, aumentare il numero di nuovi ordini, acquisire clienti di un certo rilievo come Veneto Banca, e differenziare il portafoglio clienti. Mentre infatti Palesa Informatica annovera nel parco clienti soprattutto grandi aziende che coprono l’80% del fatturato, il gruppo Aldebra ha mantenuto rapporti in maggioranza con realtà medio piccole. L’aggregazione ha portato un duplice vantaggio: una forza contrattuale positiva per acquisire clienti dimensionalmente difficili da gestire da realtà di limitate dimensioni, ed un parco clienti costituito da aziende di piccola/media dimensione che non avendo le competenze informatiche interne devono avvalersi della collaborazione di società esterne capaci di gestire servizi e progetti informatici di un certo rilievo. Mentre le grandi aziende dispongono di norma già internamente di ingegneri o tecnici informatici e necessitano di rapporti più connessi con la fornitura hardware e software, il servizio alla piccola e media azienda risulta legato anche ai servizi di consulenza e progettazione e quindi più difficilmente sostituibile dalla concorrenza. Sia sotto il profilo tecnico che commerciale, l’investimento che il gruppo sta effettuando nelle risorse umane rende comunque migliore la qualità dei rapporti con la clientela creando potenziali barriere all’entrata di nuovi concorrenti attraverso risposte tecnologicamente più avanzate, e attraverso la capacità di gestire servizi connessi alla progettazione, alla consulenza e all’assistenza, a parità di prodotto. 12 I fornitori di servizi (come designer di siti internet) sono attentamente selezionati da Dario Bonfioli - responsabile di produzione del gruppo - e vengono accreditati in una lista aziendale. IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 220 PARTE III Box 4 – L’evoluzione nella rete del valore dal 1995 al 2005 1995 2005 Informatica Palesa Gruppo Aldebra Leggenda: O mercato locale O mercato Nord-Centro Italia Fornitori prodotti e software Fornitori selezionati prodotti e software Fornitori servizi informatici Gruppo Aldebra Informatica Palesa Clienti: Grandi aziende 50% fatturato Clienti: Pubblica amministraz. 50% fatturato Fornitori servizi strategici: selezione, consulenza Treviso Informatica Palesa Distributori del prodotto proprietario - - Fornitori: selezione dei rapporti di fornitura aumento del grado di partnership contributo allo sviluppo di nuovi mercati e alla salvaguardia delle quote di mercato contributo allo sviluppo di nuova conoscenza aumento dei servizi in outsourcing Clienti: differenziazione portafoglio clienti ampliamento geografico dei mercati aumento della capacità di gestione delle problematiche del cliente IRES VENETO -CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE Clienti: grandi imprese 15% fat. Clienti esteri: banche Clienti: Piccole e medie imprese 65% fatturato Clienti: Pubblica amministr. 20% fatturato 221 PARTE III L’azienda punta quindi a qualificare maggiormente il personale per mantenere un rapporto di qualità sia nell’assistenza, sia nella capacità di saper individuare le esigenze e i bisogni aziendali del cliente e trovare le specifiche soluzioni anche con prodotti personalizzati o con la ricerca di nuovi prodotti attraverso la propria unità interna di R & S, sia sviluppando nel personale oltre che capacità tecniche anche capacità di gestione del cliente e di mediazione cognitiva necessari per tradurre i linguaggi informatici in risposte concrete alle problematiche aziendali. La vendita dei prodotti e dei servizi del gruppo sono generalmente gestiti attraverso i commerciali dell’azienda, anche se lo sviluppo di un nuovo software proprietario (Asia) ha fatto nascere l’esigenza di costituire una piccola rete di distributori esterna, per ora affiancata da personale interno, ma che dopo un primo periodo di apprendimento e di affiancamento verrà resa autonoma. 4. Gli ostacoli al percorso di crescita “L’Italia è un popolo di campanili e bisogna lottare contro la mentalità che ne deriva, altrimenti non si riesce a crescere insieme”. Questo è un problema che Giorgio Palesa identifica a livello generale nei processi di crescita per vie esterne. E’ per questo che Informatica Palesa, dopo i problemi soprattutto culturali, affrontati nel primo tentativo di aggregazione con alcune imprese venete in cui la cultura imprenditoriale locale non lasciava spazio alla possibilità di rimettere in discussione ruoli e attività di comando, sceglie di aggregarsi con un gruppo in cui lo stile di direzione manageriale risulta essere un incentivo invece alla fusione di culture diverse, alla messa in discussione di ruoli e competenze di direzione e ad una concezione della diversità culturale presente nelle varie realtà come arricchimento. Una delle necessità più sentite dal gruppo risulta essere proprio quella di aumentare l’osmosi fra le due realtà soprattutto in termini culturali, mantenendo in questo modo un equilibrio fra tradizione e innovazione. Un processo di crescita attraverso linee esterne richiede comunque una revisione degli skills e delle competenze già presenti in azienda, non solo direttive, ma anche generalmente connesse alla riqualifica del personale ai vari livelli. Quando due o più realtà si fondono è necessario avviare un percorso di razionalizzazione delle risorse umane per evitare la presenza di competenze ridondanti. È necessario poi avviare un percorso di omogeneizzazione di routines, metodi e procedure relative ai modi con cui il personale, soprattutto impiegatizio, svolge attività commerciali, amministrative, progettuali. Aumentando le complessità legate alla gestione di una realtà dimensionale IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 222 PARTE III più grande e allo sviluppo di azioni di accorpamento delle varie complementarietà viene richiesto soprattutto un upgrading delle competenze e delle capabilities del capitale umano aziendale. A questo si affianca la necessità di mobilizzazione del personale, allo scopo di trasferire conoscenza tacita e localizzata. Il problema che il gruppo di nuova costituzione si trova ad affrontare non è quindi tanto legato agli aspetti giuridici e fiscali, in cui la direzione è riuscita a trovare, anche attraverso servizi di consulenza esterna, le soluzioni più ottimali, ma è legato soprattutto alla ridefinizione di ruoli e alla crescita di competenze del personale interno in particolare nell’attività commerciale e della stessa direzione. Attualmente il gruppo conta 220 dipendenti e la ridefinizione delle competenze risulta fondamentale anche per evitare tagli al personale. Box 5 – Gli ostacoli al percorso di crescita Alcune problematiche di crescita legate allo sviluppo del capitale umano Condivisione culturale della mission, degli obiettivi e dell’approccio al mercato da parte del management Omogeneizzazione di routines, metodi e procedure interne Ridefinizione dei ruoli di direzione Ridefinizione dei ruoli chiave (middle management, project management, capi area) Razionalizzazione dei compiti ed eliminazione delle competenze ridondanti Upgrading delle competenze e delle capabilities (gestionali, organizzative, amministrative, tecniche commerciali…) del personale Importante in questi primi anni di crescita risultano quindi essere gli interventi per riqualificare il personale e per gestire in modo ottimale le risorse umane, anche con lo sviluppo di importanti ruoli chiave in azienda. Le esigenze sentite dal gruppo sono perciò legate soprattutto allo sviluppo di attività formativa da parte di fornitori di servizi esterni in grado di affiancare l’azienda nel miglioramento delle competenze di direzione, nello sviluppo delle competenze del middle management, nello sviluppo delle figure professionali di capo area, nello sviluppo di competenze di project manager, permettendo di gestire meglio attività di pianificazioni, risorse e strumenti anche complessi. Attività di miglioramento delle competenze sono poi richieste in IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 223 PARTE III generale per il personale (soprattutto tecnici e sistemisti), allo scopo di migliorare il rapporto con i clienti e facilitare il trasferimento di conoscenze e la capacità di tradurre le esigenze e le problematiche del cliente in attività di assistenza adeguate. 5. Le strategie future di crescita Per ora il primo obiettivo del gruppo Aldebra rimane il consolidamento del percorso di crescita avviato, anche se sono già al vaglio alcuni progetti di crescita attraverso l’acquisizione di altre realtà aziendali, soprattutto allo scopo di presidiare geograficamente alcune aree. Il progetto prevede infatti la possibilità di acquisizione di software house in Piemonte, Emilia Romagna e Friuli-Venezia Giulia. Quest’ultima localizzazione risulta particolarmente importante per creare una testa di ponte allo scopo di rafforzare il mercato in Romania ed Albania. Un’idea innovativa di Giorgio Palesa, anche questa ancora in fase progettuale, è sviluppare un mercato di “Reverse Franchising” coinvolgendo molte piccole aziende del nord-est con ottime competenze informatiche, ma incapaci di passare da una produzione artigiana a una produzione più industriale. “Molti operatori di informatica anche con ottime competenze tecniche nel campo si trovano oggi a non avere il capitale necessario per riuscire a sopravvivere e soprattutto non sono capaci di fare il salto di qualità per passare da essere “artigiani” a essere “industria” e quindi riuscire ad offrire un servizio che sebbene personalizzabile sia poi replicabile. Penso quindi che raccogliere queste competenze sul territorio sia importante anche dal punto di vista di acquisizione di nuove e importanti risorse”. Box 6 – Strategie future di crescita Gli obiettivi di crescita del gruppo Aldebra Consolidament Acquisizione di “Reverse o dell’attuale realtà aziendali franchising” percorso di in territori IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 224 PARTE III IL CASO MAINETTI 1. Il percorso di crescita di Mainetti Il gruppo Mainetti è leader mondiale nel settore della produzione e commercializzazione di portabiti. L’azienda fu fondata nel Maggio del 1961 da quattro fratelli originari dell’Emilia Romagna: Gianni, Luigi, Romeo e Mario Mainetti. L’idea imprenditoriale fu di Romeo Mainetti che, verso la fine degli anni ’60, lavorava come meccanico del reparto corse della famiglia Marzotto e che proprio da un componente della famiglia Marzotto ebbe l’idea di iniziare a produrre grucce in plastica sfruttando la competenza di uno dei fratelli Mainetti (Mario) che lavorava in un’impresa Emiliana operante nel settore dello stampaggio della plastica. L’intuizione di produrre grucce in plastica fu il frutto dalla capacità di Romeo Mainetti di comprendere le potenzialità di questo mercato. A cavallo degli anni ‘50 e ’60, gli anni del miracolo economico, molti produttori di vestiti (tra cui Marzotto) iniziarono la produzione in serie di abiti incrementando notevolmente i volumi di produzione e vendita. Questo sviluppo fu accompagnato da una crescita parallela del fabbisogno di portabiti che in quagli anni erano fatti in legno e venivano importati quasi esclusivamente dall’estero (soprattutto dalla Croazia). Con la creazione della prima serie di grucce in plastica (la serie "S" il cui nome deriva dalla particolare forma che la contraddistingueva) i fratelli Mainetti diventarono i primi produttori Europei di grucce in plastica iniziando un lungo percorso di crescita che li porterà a diventare leader mondiale del settore. Questo successo è sottolineato dal fatto che, nonostante la prima serie di grucce sia stata sviluppata cinque decenni fa, essa continua ancora oggi ad essere prodotta nelle fabbriche Mainetti in Italia, in Cina ed in Gran Bretagna ed ha venduto oltre 500 milioni di pezzi dalla sua introduzione. Durante i primi anni di attività l’azienda conobbe una crescita vorticosa che portò nel 1967 i fratelli Mainetti ad acquistare 23 nuove presse e a incrementare la forza lavoro a circa 100 persone. Il successo dell’azienda si portò anche presto anche sui mercati esteri. In questi anni, il vantaggio competitivo dell’azienda derivava per la maggior parte dalla complementarità delle competenze dei fratelli Manietti che occuparono in IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 225 PARTE III modo sinergico e non conflittuale le diverse aree della gestione aziendale (funzione tecnico/produttiva, funzione amministrativa e funzione commerciale). Alla fine degli anni ’60 la crescita dell’azienda ricevette un forte impulso da alcuni grandi gruppi distributivi (es. Marks&Spencer) che cominciarono ad acquistare grossi volumi (nel 1971, l’80% del prodotto Mainetti veniva esportato sui mercati Inglese, Francese e Tedesco). Proprio in questi anni l’azienda conobbe una primo periodo di crisi causato, da un lato, dalla scarsa capacità dei fratelli Mainetti di relazionarsi con le grosse catene internazionali e, dall’altro, dall’esplosione della concorrenza internazionale trainata dalla crescita del mercato delle confezione. La concorrenza internazionale fu inoltre supportata dallo svilupparsi della filiera della gruccia in plastica. Mentre negli anni ’60 l’azienda vicentina svolgeva internamente tutte le fasi del processo produttivo (dallo stampaggio della plastica alla produzione di ganci in ferro) duranti gli anni ’70 cominciarono a comparire diverse figure specializzate nella realizzazione di singole fasi del processo produttivo come la produzione di stampi e di ganci. La creazione di questo indotto costituì un efficace viatico per la nascita di imprese specializzate nella produzione di grucce. All’interno di questo scenario competitivo nacque l’esigenza di localizzare le attività di produzione più vicino ai clienti in modo da minimizzare i costi logistici che, dato il basso valore unitario del prodotto, avevano una incidenza rilevante sul costo del prodotto. Una produzione vicina ai mercati di destinazione avrebbe permesso inoltre di ridurre i tempi di fornitura. Le necessità di lavorare con i mercati esteri e di spostare la produzione spinse i fratelli Mainetti a cedere, all’inizio degli anni ’70, la maggioranza delle azioni dell’azienda a una società finanziara Indiana. Questa acquisizione permise all’azienda di accedere sia a risorse finanziarie sia a competenze manageriali e relazionali necessarie a supportare il processo di crescita internazionale. Negli anni successivi al take-over indiano, l’azienda infatti inizia un percorso di internazionalizzazione attraverso investimenti diretti che l’avrebbe portata nel giro di pochi anni a diventare una grande realtà multinazionale. Nel 1974 nacquero due nuove aziende del gruppo, Mainetti UK e Mainetti Francia. Entrambe le aziende erano dotate di autonoma capacità produttiva e vennero costituite ex-novo (greenfiled) con a capo management esclusivamente locale. Sempre nel 1974 Mainetti avviò la sua prima divisione produttiva estera in Scozia rafforzando la vocazione alla crescita dell’azienda che tuttavia era ancora fortemente radicata nel nord-Europa dove vendeva circa il 60% della produzione. Durante anni ’80 IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 226 PARTE III Mainetti si espanse oltre confine acquistando la canadese Joy Displays, che diventò Mainetti Canada nel 1988. Nel 1987 Mainetti rafforzò ulteriormente la sua presenza in Europa costituendo uno stabilimento in Spagna. Alla fine degli anni ’80, Mainetti era un gruppo che fatturava circa ha 40 milardi di lire ed era composto da sei aziende (Mainetti Italia, Mainetti UK, Mainetti Francia, Mainetti Scozia, Mainetti Canada, Mainetti Spagna). Le aziende del gruppo avevano pochi rapporti con la casa madre ed erano gestite in modo fortemente autonomo. Questo portò le aziende a realizzare prodotti diversi a seconda delle specificità dei mercati, rappresentato dai produttori o distributori nazionali di riferimento. In Italia, ad esempio, si sviluppò un prodotto di fascia alta adatto alle grandi firme Italiane mentre in Inghilterra si sviluppò un prodotto di fascia bassa adatto alla domanda espressa delle catene distributive inglesi. A capo del gruppo esisteva un C.E.O. che svolgeva tuttavia solo una mera funzione di coordinamento senza influenzare le decisioni operative delle singole divisioni geografiche. La forte autonomia delle società del gruppo portò al delinearsi di percorsi di crescita diversificati delle varie aziende del gruppo. Nel 1986, ad esempio, Mainetti GB acquisì Dependable Extrusion, una ditta di produzione di grucce e recupero dei sottoprodotti, entrando di fatto nel settore del riciclaggio. Sempre Mainetti GB, iniziò in quegli anni un percorso di espansione della capacità produttiva al di fuori dei confini Europei. Infatti l’azienda inglese aveva l’esigenza di seguire i clienti inglesi che stavano imponendo la delocalizzazione della produzione di abbigliamento in paesi a più basso costo. Proprio per questo Mainetti GB iniziò a produrre in Portogallo e in India. È proprio la spinta alla frammentazione produttiva che segnò un secondo periodo di crisi nella crescita dell’azienda. Il modello di gruppo composto da aziende autonome entrò infatti in crisi in quanto nacque l’esigenza di sviluppare sinergie tra le varie divisioni geografiche. La divisione del lavoro del gruppo (ogni impresa era specializzata sui prodotti richiesti dai vari clienti nazionali) non permetteva alle varie aziende di seguire in modo sinergico i clienti che erano ormai player globali, con attività produttive (proprie o di fornitori esterni) localizzate in zone geografiche a basso costo dei fattori (es. India, Far-East). Il cliente imponeva di essere presente vicino ai propri stabilimenti produttivi (nel caso dei clienti-produttori di confezioni) o agli stabilimenti dei propri fornitori (nel caso dei clienti-catene distributive). Proprio a fronte di queste dinamiche nacquero in questo periodo alcune imprese (il principale è anche l’attuale maggiore concorrente di Mainetti, Braitrim) che adottavano un modello di business completamente diverso da Mainetti. Queste imprese si IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 227 PARTE III limitavano a produrre gli stampi dei portabiti e esternalzzavano l’intero processo produttivo a subcontractors localizzati vicini agli stabilimenti dei clienti. Questa strategia era finalizzata a servire il cliente globalmente attraverso una maggiore flessibilità operativa e una riduzione dei rischi legati agli investimenti in capitale fisso. Tuttavia comportava uno scarso controllo del processo produttivo, un aumento dei costi di transazione legati alla gestione di un network globale e un potenziale peggioramento dei tempi di risposta al cliente. Per rispondere a queste nuove sfide, il gruppo Mainetti cambia la sua strategia. Se per tutti gli anni ’70 e ‘80, Mainetti aveva mantenuto una struttura produttiva con base in Europea e di tipo multidomestico, dagli anni ’90 le sue scelte localizzative cominciarono a estendersi fuori dall’Europa proprio per soddisfare le esigenze dei clienti (sia le grosse catene distributive sia i produttori) che avevano ormai una importante presenza produttiva in quelle aree. Innanzitutto si aggredì il mercato Cinese. La domanda per portabiti in Cina era soddisfatta, a partire dal 1987, tramite l'esportazione di portabiti dalla sede inglese a Hong Kong e da qui i prodotti venivano distribuiti nell'entroterra. Nel 1989 la ditta di importazione fu sostituita da un ufficio commerciale che si affidava a un fornitore locale per la produzione degli appendiabiti. L'espansione continuò in altre parti dell'Asia, con la costituzione di stabilimenti in Singapore nel 1992 ed in Sri Lanka nel 1993. Mentre nel primo caso fu costituita una unità ex-novo nel secondo caso si sviluppò una partnership con un partner locale. Per far fronte al continuo aumento nella produzione di indumenti in Cina e nel mercato Asiatico, il gruppo Mainetti avviò un altro stabilimento manifatturiero, a Shanghai, nel 1998. Un altro forte impulso alla globalizzazione del gruppo fu l’acquisizione, nel 1994, del gruppo olandese Pendì che aveva già un’articolazione produttiva globale (in Spagna, Olanda, Portogallo e Cina). A metà degli anni ’90 i clienti del gruppo Mainetti erano, per circa il 60%, retailer e, per il restante 40%, produttori. La Mainetti UK era nel frattempo diventata più grande (copriva circa il 60% del fabbisogno dei clienti inglesi) della Mainetti Italia anche a causa del proliferare in Italia di piccole imprese che si specializzarono nel soddisfare il fabbisogno dei produttori nazionali. Nel 1996, per rispondere all'aumento delle richieste provenienti dall'organizzazione aziendale nacque Mainetti Tecnologie come scorporo di una officina di Mainetti Italia. L’azienda si specializzò nella realizzazione di impianti e attrezzature robotiche ed IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 228 PARTE III automatiche per la produzione di portabiti e accessori e ancora oggi permette a tutte le divisioni del gruppo di accedere in qualsiasi momento ad una fonte importante di innovazioni e conoscenza. Sempre a metà degli anni ’90 si verifica nell’azienda Italiana un evento di rottura: i fratelli Mainetti si ritirarono completamente dalla gestione e lasciarono le redini della divisione ai Manager. Alcuni anni dopo (nel 2000) anche a livello di gruppo ci fu un ricambio con l’entrata a capo dell’azienda di un nuovo CEO che diede nuova linfa alla crescita dell’azienda portandola nel giro di pochi anni alle dimensioni attuali, ossia un gruppo che fattura 250 milioni di € di fatturato, con circa 3000 dipendenti e composto da 30 aziende sparse in tutto il mondo. A seguito di questa crescita cambia il disegno strategico e organizzativo dell’azienda. Il mercato globale venne diviso in aree geografiche ciascuna delle quali gestita da un regional manager. Coerentemente con la natura del business, le aree geografiche in cui fu diviso il gruppo erano le stesse interessate dal processo di globalizzazione del settore delle confezioni. In particolare, per quanto riguarda le aree in via di sviluppo le nuove divisioni furono: - Far East (Malesia, Thailandia, Indonesia). Questa area venne gestita dalla divisione Inglese. La crescita in questa area è stata caratterizzata o da investimenti greenfield o attraverso acquisizioni. In entrambi i casi il supporto del gruppo (attraverso tecnici che venivano mandati negli stabilimenti per diversi mesi al fine di avviare la attività produttive) era molto importante. - Middle East. Questo mercato fu seguito dalla divisione Italiana che acquisì una partecipazione di maggioranza (70%) di un produttore Turco mantenendo i manager locali nell’azienda acquisita. Tuttavia, al fine di aumentare il controllo sulla divisione turca nelle funzioni commerciale e finanziaria (chiave rispetto al business dei portabiti) furono inserì manager esterni. La nuova organizzazione del gruppo aumentò la capacità di soddisfare in modo sinergico le esigenze del cliente. La divisione Turca (gestita dall’Italia), ad esempio, vende il 70% dei suoi prodotti a clienti inglesi per la produzione che questi realizzano in Turchia. La Turchia quando nacque importava il 40% dei prodotti dalla divisione Inglese. Attualmente ne importa meno del 10%. In altri termini, grazie al nuovo disegno organizzativo cominciarono a svilupparsi rilevanti sinergie commerciali tra le divisioni che servivano il cliente che operava nella loro area geografica a prescindere dalla sua nazionalità. Questo comportò un aumento del fabbisogno di coordinamento tra le divisioni rispetto a prima, in quanto i clienti IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 229 PARTE III cominciarono a essere serviti globalmente e in modo coordinato da più divisioni del gruppo. Uno stesso cliente (es. Marks&PSencer), in relazione a una particolare commessa, può essere fornito da diverse divisioni (Far East, Turchia, America) a seconda dei luoghi di produzione dei capi destinatari dei portabiti Mainetti. In questi anni si cominciarono a sfruttare anche sinergie nelle materie prime (es. plastica o ferro) con la creazione di gruppi di acquisto tra le divisioni geografiche. Nei primi anni 2000 il gruppo Mainetti aggredì in modo pesante anche il mercato statunitense. Tuttavia, la logica di entrata fu da subito molto diversa rispetto agli altri mercati. Negli USA Mainetti possiede solo una filiale commerciale che importa i prodotti dal resto del gruppo soprattutto dalle aree a basso costo. Questa strategia è coerente con le caratteristiche del mercato americano che è composto soprattutto da grossi retailer, come Wall Mart, che richiedono un prodotto standard in grossi volumi. I portabiti entrano nel mercato Statunitense già all’interno degli abiti facilitando le attività logistiche di movimentazione delle confezioni all’interno dei magazzini di stoccaggio. Oggi il gruppo Mainetti realizza circa 250 milioni di € di fatturato e con una quota di mercato di circa il 17% è il leader mondiale nel settore dei portabiti. I concorrenti principali sono due imprese statunitensi che realizzano circa 180 milioni di $ ciascuna. Tuttavia, come già evidenziato in precedenza, questi concorrenti operano in modo diverso rispetto a Minetti esternalizzando tutte le fasi della produzione a subcontractors internazionali. In questo modo aumentano la loro flessibilità ma perdono il controllo della qualità e la tecnica produttiva. Inoltre, la maggiore integrazione produttiva permette a Mainetti di accumulare esperienza e cambiare in modo più veloce e efficace le condizioni di offerta al cliente. La tabella 1 contiene alcuni indicatori che evidenziano il percorso di crescita e la redditività del gruppo Mainetti nel periodo 1994-2004. Tab. 1 - Alcuni numeri di Mainetti Italia 1994-2004 Fatturato Dipendenti - Dirigenti - Impiegati - Operai CdL CdL/Fatturato Reddito Operativo Utile Netto ROA ROE 1994 35.413 308 3 68 240 7.798 22% 1.635 524 7,3% 2,3% 1995 44.071 309 3 65 238 8.207 18% 2.074 686 8,2% 2,7% IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 2003 57.445 440 12 116 312 10.950 19% 1.610 96 2,8% 0,17% 2004 65.280 486 14 96 376 11.307 17% 937 -113 1,7% -0,2% 230 PARTE III 2. L’evoluzione delle competenze nella crescita di Mainetti 2.1 Le competenze tecniche e commerciali 2.1.1 Design di prodotto e marketing del cliente Mainetti produce una gamma versatile e tecnicamente avanzata di portabiti. I prodotti Mainetti sono usati da molti dei più famosi produttori di marca ma sono anche presenti in catene distributive di massa in cui la qualità e il design del portabiti è meno rilevante. Soprattutto nei portabiti desinati a capi ad alto contenuto moda una delle core competence che ha acquisito una importanza crescente per Mainetti è le capacità di sviluppo nuovi prodotti. Nell’ultimo decennio questa tendenza è stata rafforzata e trainata dallo svilupparsi dei nuovi Retailer/produttori (es. Zara) che hanno nell’atmosfera del punto vendita e nella velocità di introduzione delle collazioni due dei loro principali fattori critici di successo. Il portabiti si inserisce infatti a pieno titolo nel processo di marketing di questo tipo di clienti costituendo un elemento importante del mix di comunicazione soprattutto con riferimento al visual merchandising dei punti vendita in cui i capi vengono esposti. Per inserirsi con successo nel processo di marketing del cliente, durante l’ultimo decennio, Mainetti ha anche attuato una strategia di diversificazione correlata al fine di poter offrire al cliente una offerta non solo globale (i.e. realizzata in luoghi vicini ai luoghi di produzione del capo) ma anche completa (i.e. non solo grucce ma anche accessori di vario tipo). Attualmente il portafoglio prodotti va dalle classiche grucce ai sigilli, dagli accessori alle aggiunte. Per far fronte all'aumento della varietà nel campo dei tessuti e degli stili degli abiti, Mainetti ha sviluppato una vasta gamma di opzioni di grucce. Il design risponde alle esigenze delle nuove generazioni di prodotti e spesso incorpora l'uso di moderne tecnologie nel campo della gomma e prodotti innovativi. Soprattutto per i produttori di fascia alta, il portabito è interpretato come veicolo per aumentare le vendite. Usando una tecnologia di stampaggio che include il rilievo (stampato tridimensionalmente), il bassorilievo (stampato tridimensionalmente) o lo stampaggio piano, Mainetti riesce ad offrire al produttore un servizio in grado di rafforzare il suo brand. Il rafforzamento della marca veicolata dal portabiti continua anche in un momento successivo alla vendita, quando il cliente porta a casa il portabito stampato ed ha così un ricordo permanente della marca dell'indumento che ha acquistato. I sigilli e gli accessori di Mainetti offrono un metodo semplice ed efficace per il marketing del prodotto. Mainetti offre una vasta gamma di accessori, per esporre una IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 231 PARTE III grande varietà di prodotti di ogni tipo: scarpe, cravatte, sciarpe, cinture e calze, opzioni che sono disponibili sia per presentazione separata che come parte di un set di prodotti complementari. Infine, molti dei prodotti Mainetti possono essere realizzati presentando alcune aggiunte come lo stemma esclusivo dei clienti e informazioni sulla produzione. In molti casi questi prodotti sono sviluppati assieme al cliente che collabora con Mainetti per adattare il design del prodotto sia al tipo di capo a cui sarà destinato sia al punto vendita dove questo capo verrà esposto. Infatti, il portabiti costituisce un importante accessorio del punto vendita e contribuisce in modo rilevante alla presentazione del capo. Deve quindi essere pensato in simbiosi con la filosofia di vendita del distributore e il contenuto simbolico della griffe venduta. Anche per categorie di clienti diversi dai produttori o dai distributori (come gli alberghi), il design del portabiti si inserisce nel processo di marketing mix del cliente in quanto importante strumento del mix di comunicazione 2.1.2. Le competenze di processo e Mainetti tecnologia La filosofia di Mainetti è essere produttore globale di appendini in contrasto con la filosofia adottata dai principali competitors americani di essere dei meri coordinatori della produzione svolta da subcontractors esterni. L’integrazione produttiva di Maientti permette all’azienda di controllare in modo più efficace la qualità dei prodotti, di ridurre i lead time, di aumentare l’affidabilità delle forniture anche a scapito delle rigidità strutturali tipiche di una strategia di integrazione verticale. Il processo di R&D del gruppo è supportato da Mainetti Tecnologie (nata nel 1996). Mainetti Tecnologie è una divisione del gruppo che realizza stampi e impianti mettendo a disposizione di tutto il gruppo il proprio servizio di progettazione. Il lavoro di progettazione CAD (Computer Aided Design) si concretizza attraverso una macchina elettronica di prototipizzazione rapida che, nel giro di poche ore, realizza e produce prototipi in resina di elevata qualità, consentendo ai clienti di vedere e testare nuovi modelli, utilizzandoli direttamente con i capi di abbigliamento di loro specifica produzione. La tipologia dei macchinari e le tecniche di prototipizzazione veloce consentono all’azienda di apportare qualsiasi tipo di modifica anche molto urgente, riducendo in modo rilevante il lead time di sviluppo nuovi prodotti. Oltre alla progettazione informatizzata, Mainetti Tecnologia beneficia della creatività di Mario Mainetti, la cui esperienza ed abilità rappresentano ancora un patrimonio importante per la società. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 232 PARTE III Mainetti Tecnologie è inoltre costantemente impegnata nella ricerca di nuovi materiali da impiegare per la produzione degli appendini, allo scopo di valorizzarne l’estetica e la funzionalità. La tabella 2 mette in evidenza le aree di competenza governate da Mainetti e l’investimento in termini di risorse umane in ognuna delle diverse aree. Tab. 2 - Risorse umane e capabilities di Mainetti Capabilities Design Capabilities Marketing e Vendite Acquisti Risorse umane dedicate 50 (Gruppo) 25 (Italia) 300 (Gruppo) 30 (Italia) 50 (Gruppo) 5 (Italia) Dal punto di vista evolutivo le capabilities tecniche (di prodotto e di processo) negli ultimi 10 anni, coerentemente con il processo di globalizzazione, sono aumentate di circa del 30%. Contestualmente al fenomeno di crescita dello stock di capabilities dell’azienda, si è verificato una loro diffusione intragruppo dall’Europa (tradizionalmente le divisioni più avanzate) all’Asia e agli Stati Uniti. 2.2 Le competenze organizzative La natura di impresa globale è una delle caratteristiche che ha permesso al gruppo Mainetti di diventare leader mondiale nel suo settore. Nell’ambito di questa strategia un ruolo cruciale è stato giocato dalla struttura organizzativa dell’azienda. L’evoluzione dell’organizzazione di Mainetti da metà degli anni ’90 alla prima metà del duemila riflette in modo emblematico la trasformazione del gruppo da un’azienda multinazionale che adotta una strategia locale con unità dislocate in ciascun mercato (come era a metà degli anni ’90 quando le sinergie tra le sette divisioni geografiche erano bassissime) a un’impresa che adotta un modello di investimenti all’estero con altro grado di coordinamento delle consociate.. Agli inizi degli anni ’90 il gruppo Mainetti era organizzato secondo una struttura divisionale: ogni unità produttiva era gestita in modo autonomo rispetto alle altre. Ogni unità aveva al proprio interno tutte le funzioni (acquisti, produzione, commerciale) che la rendevano autosufficiente. Il gruppo era coordinato da un CEO che svolgeva solo una funzione di coordinamento. I mercati di ciascuna unità erano composti prevalentemente dai clienti provenienti dalla nazione in cui operavano le varie unità e IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 233 PARTE III le interdipendenze interdivisionali erano minime. L’unica funzione centralizzata era lo sviluppo della tecnologia che è sempre stata localizzata nella divisione Italiana (fig. 1). Fig.1 - L’organizzazione di Mainetti nel 1995 CEO R&D Divisione Divisione Divisione Divisione Divisione Divisione Inghilterra Francia Italia Spagna Olanda Canada Fig. 2 -L’organizzazione di Mainetti nel 2005 CEO Divisione Divisione Divisione Divisione Asia Area N.Europa America Unità Unità Unità La forte crescita dei primi anni 2000 porta il gruppo Mainetti a diventare un gruppo multinazionale composto da più di 30 società. Come sottolineato nel primo paragrafo la struttura organizzativa in questi anni cambio radicalmente. L’obiettivo era di creare una IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 234 PARTE III struttura in grado nel suo complesso di soddisfare in modo globale il cliente. La strategia organizzativa quindi venne radicalmente rivista inserendo gradi crescenti di coordinamento tra le divisioni del gruppo. È proprio nella struttura organizzativa che oggi il gruppo Mainetti fonda il suo principale fattore critico di successo. L’organigramma attuale di Mainetti è sintetizzato nella figura 2. La nuova organizzazione adottata dal gruppo è una struttura divisionale con quattro divisioni di area ciascuna gestita da un Regional Manager. Le varie unità locali riportano a uno dei quattro regional manager che svolgono un’importante attività di coordinamento con le altre divisioni regionali. Oggi il gruppo infatti opera in modo coordinato in modo da offrire al cliente un servizio globale attraverso il coordinamento tra le varie divisioni di area. In questo nuovo disegno organizzativo, l’attività commerciale funziona da collante e da organizzatore primo e ultimo dell’intera attività aziendale. I direttori commerciali Europei o Amercani lavorano infatti in modo coordinato su specifici progetti in modo da realizzare un’offerta globale. I direttori commerciali delle altre unità produttive (nei paesi a basso costo) hanno invece il compito di gestire i produttori locali e di interagire con i direttore commerciali Europei (o Americani) che sono gli unici ad avere il contatto con il cliente finale e a concludere in contratti. Come detto nel primo paragrafo Mainetti è entrata pesantemente nel mercato USA solo negli ultimi due anni. Mainetti è entrata in questo mercato solo attraverso una unità commerciale e non unità produttive. Il mercato americano richiede un prodotto standard che viene importato all’interno del vestito facilitando le attività di logistica in entrata del cliente. L’Unità americana è di natura esclusivamente commerciale ed è formata da un direttore commerciale e 4 project manager che curano l’acquisizione delle commesse. Dal punto di vista logistico l’Unità commerciale è dotata di due magazzini che stoccano gli appendini realizzati al di fuori dell’America. Il prodotto americano è acquistato soprattutto da grossi Retaier (es. Wall Mart, Call) che acquistano un prodotto molto standardizzato che viene importato già all’interno del capo. Questo agevola la gestione della logistica distributiva da parte del Retailer. Per concludere, la nuova struttura organizzativa del gruppo permette di avere, da un lato, una consolidata e coordinata presenza in Europa (e una crescente presenza commerciale in America) per catturare i più grandi clienti (Retailer o produttori) e, dall’altro, di realizzare i prodotti nei luoghi vicini alla produzione dei suoi principali clienti in modo da minimizzare i costi di produzione e logistici. In definitiva, la struttura organizzativa di Mainetti è una delle fonte principali del suo vantaggio competitivo IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 235 PARTE III perché permette al gruppo di usare in modo coordinato le sue risorse commerciali, produttive e logistiche. È proprio in questo coordinamento che risiede il vantaggio competitivo di un’impresa che realizza un prodotto di scarso valore come il portabiti. 3. L’evoluzione della rete del valore nella crescita di Mainetti 3.1 Le relazioni con i clienti Oggi il gruppo Mainetti produce circa 2 miliardi di portabiti all’anno e globalmente ha migliaia di clienti (circa 3000). I clienti si dividono in due grandi categorie: i retailer e i produttori. I maggiori clienti fanno parte della categoria dei retailer e sono Marks&Spencer (circa 10% del fatturato), Old Nevy, Wall Mart, H&M (Svedese). I primi cinque clienti rappresentano circa il 30% del fatturato del gruppo. Con i clienti più importanti gli accordi (su una gamma di prodotti) sono di media durata (due o tre anni) e sono previsti dei programmi specifici che vanno dalla scelta del portabiti (fatta in co-sviluppo o a catalogo) alla consegna dei portabiti direttamente ai produttori degli abiti stessi (vedi Box 1). Box 1 - I Programmi specifici per i clienti Retailer Il principio base di questi programmi per portabiti è quello di offrire al rivenditore la possibilità di ottimizzare il trasporto e la distribuzione in maniera efficiente e quindi massimizzare le opportunità di vendita esponendo gli indumenti in una maniera molto attraente ed al tempo stesso uniforme. Per raggiungere questo scopo molti dei prodotti Mainetti sono realizzati in tutto il mondo, in quanto sistemi diversi sono disegnati nelle varie zone del mondo. Lo staff Mainetti aiuta a decidere il portabito che meglio risponda alle varie necessità, o il cliente può essere autonomo nel sceglierne uno dalla gamma. Una volta che è stato raggiunto un accordo sulle specifiche del portabito, il rivenditore comunica al produttore gli abiti il prodotto da loro scelto. I portabiti sono consegnati direttamente alla fabbrica del produttore dove gli abiti stessi sono appesi sui portabiti scelti e poi consegnati ai centri di distribuzione del rivenditore o direttamente ai negozi. Aderendo ad uno specifico programma per i portabiti il rivenditore gode di un costo ridotto in quanto il portabito di trasporto è anche il portabito di esposizione e non è necessario comprare portabiti per l'esposizione nel negozio. Il programma specifico per portabiti assicura inoltre che gli abiti siano esposti sullo stile di portabito corretto ogni volta, evitando di dover riappendere l'articolo, risparmiando così denaro e migliorando la presentazione all'interno del negozio. I capi sono consegnati al negozio sul portabito che viene usato per esporli e non è quindi più necessario avere uno stock di portabiti nel punto vendita. Il programma specifico per portabiti libera il team di commessi nel negozio e permette loro di concentrarsi sulla vendita dei capi invece che sulla preparazione dei capi alla vendita. Con i clienti più importanti Mainetti co-sviluppa il prodotto. Il co-sviluppo in particolare interessa circa il 30% dei nuovi prodotti. Nel processo di creazione di un nuovo prodotto il cliente si immagina il design del negozio dove verrà venduto il capo incluso i IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 236 PARTE III vari accessori tra cui i portabiti. Questo contatto, permette di realizzare soluzioni innovative che tengono conto della più ampia gamma di funzioni necessarie, come anche dello stile e delle considerazioni ambientali del cliente. Inoltre la relazione con il cliente permette a Mainetti di acquisire conoscenze che vengono applicate anche in prodotti realizzati per altri clienti. Tuttavia all’interno della categoria dei Retailer bisogna fare una profonda distinzione tra i Rettiler Europei e i Retailer Americani. I primi richiedono un prodotto personalizzato che si adatta all’immagine del punto vendita i secondi richiedono, invece, un prodotto standard a basso costo. Proprio per questo la penetrazione di Mainetti nel mercato statunitense è stata effettuata solo attraverso una filiale commerciale che si limita a concludere il contratto e a organizzare la logistica distributiva. In particolare i portabiti vengono prodotti nelle vicinanze del produttore delle confezioni inseriti nei capi, importati negli Stati Uniti e destinati ai punti vendita. Negli ultimi anni si è aggiunta un'altra categoria di clienti costituta dagli utilizzatori professionali di portabiti. Anche per alcuni di questi clienti (ad esempio gli alberghi) il portabiti può rappresentare un efficace veicolo di promozione. 3.2 Relazioni con i fornitori Nella figura 3 sono indicate le fasi svolte internamente e esternalizzate da Mainetti. Con particolare riferimento alla divisione italiana del gruppo, dal 1995 a oggi il grado di integrazione verticale è rimasto sostanzialmente invariato. L’azienda mantiene al proprio interno lo stampaggio e la tintura del portabito mentre ha esternalizzato alcune fasi legate alla produzione di ganci o altre fasi dove la componenti del lavoro è prevalente (ad esempio applicazione della spugna alla barre del portabiti). Per queste fasi del ciclo produttivo sono nate nel tempo delle piccole imprese locali specializzate. Il ciclo produttivo per l’80% dei prodotti è composto da poche fasi: realizzazione delle materie prime, la realizzazione e applicazione del gancio, finissaggio e verniciatura. Per il restante 20% della produzione di Mainetti (i prodotti fortemente personalizzati) vengono realizzate delle fasi aggiuntive (floccaggio o applicazione della spugna) necessaria alla personalizzazione del prodotto. Queste fasi vengono svolte da subfornitori esterni. In generale, i fornitori possono essere divisi in due categorie: i fornitori di materie prime e i fornitori di lavorazioni. Fig. 3 - Insourcing e Outsourcing IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 237 PARTE III Fase Realizzazione materie prime (ferro plastica) Produzione di ganci Stampaggio Introduzione del gancio Applicazione spugna (solo per il 20% dei prodotti) Floccaggio (solo per il 20% dei prodotti) Finissaggio e Verniciatura Personalizzazione del prodotto (es. timbratura) 1995 Outsourcing Outsourcing Insourcing Insourcing Outsourcing Outsourcing Insourcing/Outsourcing Insourcing 2005 Outsourcing Outsourcing Insourcing Insourcing Outsourcing Outsourcing Insourcing/Outsourcing Insourcing I fornitori delle materie prime sono grandi player globali (es. Fina). Al fine di aumentare il potere contrattuale nei confronti di questi fornitori, dal metà degli anni ’90 si sono formate dei centri di acquisto (complessivamente Mainetti trasforma a livello di gruppo circa 40.000 tonnellate di materie prime). Con questi fornitori il rapporto è regolato dai meccanismi tipici del mercato. I fornitori di lavorazione sono invece piccole imprese locali. Il 90% delle lavorazioni esterne è eseguito invece da circa 10 fornitori locali che non sono cambiati nel corso degli ultimi dieci anni. Questi fornitori sono cresciuti con Mainetti e 8 di questi sono nati da processi di spin-off da Mainetti Italia. Sette di questi fornitori lavorano solo per Mainetti mentre la restante parte si è aperta sul mercato anche se continua ad avere Mainetti come cliente principale. Queste realtà sono prevalentemente di piccole dimensioni e hanno natura artigianale. Metà di queste forniture è realizzata in c/lavoro mentre per la restante parte si tratta di acquisti di componenti realizzati dai fornitori stessi. La gestione dei subcontractors cambia molto in funzione della zona geografica. In Cina ad esempio la maggior parte del valore viene creato internamente (circa il 5% del valore viene acquistato dall’esterno) mentre in Italia la maggior parte del valore viene realizzato esternamente (circa il 30% del valore del portabito viene realizzato internamente)1. Mainetti Italia attua una politica di sviluppo dei fornitori locali in quanto la vicinanza geografica diventa un elemento essenziale per ridurre i costi di trasporto. Circa nella metà dei nuovi prodotti i subfornitori sono coinvolti nella fase di sviluppo. In questi casi i fornitori collaborano con Mainetti sul design del prodotto, sull’elaborazione dei tempi di approntamento della produzione, i tempi di produzione e la determinazione del costi di produzione. Questo permette di aumentare qualità e precisione dell’offerta al cliente oltre che ridurre i tempi di sviluppo. La tendenza al co-sviluppo è molto 1 Il breakdown di costo di un portabito realizzato in Italia 30% materie prime, 30% lavoro, 30% ammortamenti, 10% altri costi e margine IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 238 PARTE III aumentata nel tempo. Infatti nel 1995, la quasi totalità degli portabiti veniva sviluppata internamente da Mainetti mentre i fornitori locali erano solo esecutori delle specifiche fornite dal produttore Vicentino. Fig. 4 - La mappa del valore nel 1995 Fornitori di Materie Prime Produttori Mainetti Fornitori di lavorazioni Retailer Fig. 5 - La mappa del valore del 2005 Fornitori di Materie Prime Produttori Mainetti Retailer Altre imprese (es. alberghi) Fornitori di lavorazioni Produttori di accessori Università e centri di ricerca 3.3 Relazioni con altri soggetti IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 239 PARTE III L’evoluzione delle relazioni con soggetti diversi dai clienti e fornitori sono soprattutto legate al completamento della gamma dei prodotti. Ad esempio nel 2005 è stata stretta un’alleanza con un’azienda di Tiene che produce custodie per abiti. Questo accordo prevede la commercializzazione del prodotto Mainetti con i prodotti di questa azienda. Un'altra categoria di soggetti è rappresentata da Università e Centri di ricerca per la realizzazione di progetti su nuovi materiali o la condivisione/formazione di risorse umane (es. progetti di stage). 4. Gli ostacoli al percorso di crescita Nel percorso di crescita di Mainetti si possono riscontrare due momenti di discontinuità/crisi che sono il preludio di periodi di forte crescita. Il primo avviene alla fine degli anni ’60 ed è stata causato, da un lato, dalla mancanza di competenze manageriali e relazionali della famiglia che era gestita dai fratelli Mainetti incapaci di relazionarsi con le grosse catene internazionali e, dall’altro, dall’esplosione della concorrenza internazionale trainata dalla crescita del mercato delle confezione. Questo periodo di crisi fu superato con la cessione da parte dei fratelli Mainetti la maggioranza delle azioni dell’azienda a una società finanziara Indiana. Questa cessione aveva come scopo principale l’acquisizione di risorse complementari (finanziarie, manageriali e relazione) a quelle possedute dall’azienda e necessarie a supportare il processo di crescita internazionale. Negli anni successivi alla cessione, l’azienda infatti inizia un percorso di internazionalizzazione soprattutto attraverso investimenti diretti. Il secondo momento di crisi è legata alla frammentazione produttiva derivante dalla crescita degli anni ’80 e ’90. La creazione di un gruppo composto da aziende autonome entrò infatti in crisi in quanto non in grado di seguire in modo sinergico e globale i clienti Per superare questa crisi venne cambiato il disegno strategico e organizzativo dell’azienda. Si passò da una strategia e organizzazione con unità autonome dislocate in ciascun territorio a un modello organizzativo flessibile caratterizzato da un maggior coordinamento tra le unità divisionali. In questo modo si aumentò la capacità dell’azienda di soddisfare il cliente in modo globale e flessibile. Anche gli anni successivi a questo cambiamento (metà degli anni ’90) sono segnati da un forte impulso alla crescita. 5. Le strategia future di crescita IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 240 PARTE III La strategia futura di Mainetti è rimanere focalizzati sulla produzione di appendiabiti e accessori (ad esempio i sigilli). È la focalizzazione che permette di mantenere la leadership nel settore diventando in questa nicchia player globale. La focalizzazione infatti permette a Mainetti di seguire il cliente, di diventare leader nella tecnologia, dare un servizio globale al cliente, e ridurre i costi di produzione. La strategia generale del gruppo Mainetti è di essere un global player. Questa capacità di Mainetti rappresenta la principale fonte di vantaggio competitivo sia perché rappresenta la principale fonte di barriera all’entrata sia perché permette di offrire ai clienti un servizio globale. All’interno di questa strategia generale, la divisione Italiana di è specializzata nella fascia alta del mercato. Mainetti Italia è il più grande player in Italia, mentre il secondo produttore è un’azienda di Treviso (PMP) molto più piccola. Oltre al Retailer esiste una fascia di clientela che vuole un prodotto di fascia alta. Mainetti Italia serve questi clienti che alle volte usa prodotti solo nel ciclo produttivo e altre a volte solo in negozio. Nel primo caso, il portabiti serve come strumento funzionale alla movimentazione del capo (prodotto standard con un prezzo di circa 10 centesimi) mentre nel secondo caso è un vero e proprio veicolo di marketing (prodotto personalizzato che costa al cliente circa 1 €). Il prodotto di fascia alta incide per circa 60 milioni sul fatturato complessivo. Oggi i clienti di fascia alta sono soprattutto Retailer (es.Zara) che utilizzano un portabiti di qualità per aumentare la qualità della presentazione del capo facendo leva sul visual merchandasing. All’interno di questa strategia una possibile leva per lo sviluppo futuro è la ricerca di nuovi materiali cioè fonti alternative di materiale plastico o materiali alternativi (es. particolari impasti di legno, materiali biologici biodegradabili). IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 241 PARTE III IL CASO OFFICINE AERONAVALI 1. Il percorso di crescita di OAN Officine Aereonavali (OAN) è un’azienda di Tessera (Venezia) operante nel settore delle manutenzione dei velivoli commerciali (o cargo) e militari e nel settore delle trasformazioni di aerei passeggeri in cargo. Nata a Lido di Venezia nel 1947 come azienda per la revisione e riparazione degli aerei militari delle basi vicine, l’azienda ha intrapreso un continuo percorso di crescita che la ha portata a diventare leader mondiale nella trasformazione dei velivoli prodotti da Boeing. Il Box 1 riassume le caratteristiche generali del settore delle trasformazioni di velivoli passeggeri in cargo, settore che oggi con il 42% di peso sul fatturato costituisce il core business di OAN1. Box 1 - Lo Scenario Competitivo Attualmente la maggior parte dei cargo utilizzati da vettori logistici (es. FedEx, UPS) sono derivati dalla conversione di velivoli precedentemente utilizzati per il trasporto civile: solo il 25% dei cargo sono aerei di nuova fabbricazione mentre il 75% sono aeroplani che, essendo diventati obsoleti per il trasporto civile, sono stati trasformati in velivoli commerciali. Il settore della trasformazione di aerei civili in cargo è quindi strettamente legato al ciclo di vita delle flotte di aereoplani ad uso civile. Le trasformazioni dei velivoli civili vengono infatti realizzate sulle flotte di aereoplani sufficientemente numerose il cui valore, a causa dell’obsolescenza tecnica, scende al di sotto della soglia che rende convenente la loro trasformazione in cargo. Le attività di trasformazione su queste flotte possono essere eseguite solo da imprese che sono in possesso di certificazioni che garantiscono l’affidabilità e quindi la sicurezza delle trasformazioni stesse. Tali certificazioni sono speculari alle certificazioni che il costruttore del velivolo (o Original Equipment Manufacturer – O.E.M.) deve ottenere prima di immettere sul mercato il velivolo stesso: infatti, qualsiasi modifica effettuata sul velivolo successivamente alla sua immissione sul mercato deve essere anch’essa certificata. Solo le aziende in possesso delle idonee competenze progettuali e della D.O.A. (design original agreement), ossia dei dati di disegno originali del velivolo, possono operare nel settore delle trasformazioni. Tali aziende possono essere: 1 L’altra quota importante di fatturato (circa il 37%) è invece assorbita dalla più tradizionale attività di manutenzione degli aerei militari IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 242 PARTE III Gli stessi O.E.M. che possedendo le necessarie competenze tecniche e avendo i disegni originali possono modificare il velivolo autonomamente. Le imprese che realizzano la trasformazione come subfornitrici dell’OEM. In questo caso tutte le fasi di sviluppo, compreso l’ingenerizzazione di produzione, vengono gestite dall’impresa costruttrice e l’impresa realizzatrice diventa un mero esecutore delle istruzione fornite dall’OEM. Le imprese che ottengono dall’OEM la licenza per la modifica del velivolo. Anche in questo caso la modifica è sviluppata dall’OEM che continua ad essere l’esclusivo detentore delle competenze di design della modifica e ne mantiene la proprietà intellettuale. Tuttavia l’ingegnerizzazione di produzione e la successiva realizzazione vengono realizzati dall’impresa che ha ottenuto la licenza. Le licenze si riferiscono a singoli tipi di aeroplani (es. Boeing 767-200) e danno il diritto alle imprese trasformatrici di realizzare le modifiche per i clienti terzi proprietari dei velivoli (es. società logistiche). L’OEM continua ad essere responsabile per il buon funzionamento del velivolo e durante la fase di ingegegnerizzazione e realizzazione della modifica controlla l’operato dell’impresa trasformatrice fornendole il supporto tecnico di cui necessita. Le imprese che hanno ottenuto una STC (supplement type certificate). La STC è rilasciata da enti certificatori nazionali su singoli tipi di velivoli immatricolati in una determinata area geografica. Per ottenere una STC la condizione necessaria è che l’impresa richiedente sia in possesso dei dati originali di disegno dell’aereomobile. In questo caso il disegno della modifica è sviluppato dall’impresa modificatrice che ne ha la proprietà intellettuale mentre l’OEM è completamente svincolato da ogni responsabilità sul funzionamento del velivolo. L’attuale leader mondiale nelle trasformazioni tramite STC è I.A.I (Israel Aircraft Industry), grande conglomerata israeliana diversificata in molti settori tra cui anche quello delle trasformazioni. I.A.I. ha ottenuto dell’ente certificatore Israeliano la STC per modificare autonomamente i Boeing 767 e 747 immatricolati negli Stati Uniti. Fino agli anni ’90 il settore delle trasformazioni era costituito prevalentemente da aziende che operavano su licenza esclusiva degli OEM. Il settore era quindi caratterizzato da una ridotta pressione competitiva interna in quanto i competitors operavano in un sostanziale regime di monopolio almeno nell’ambito delle trasformazioni relative alle licenze di cui erano in possesso. La globalizzazione dei mercati e la correlata crescita dei traffici commerciali registrata durante gli anni ’90 ha portato a forti cambiamenti nelle dinamiche competitive del settore. L’appetibilità del settore ha infatti spinto gli OEM (attualmente solo Boeing e Airbus) a intraprendere percorso di diversificazione nel settore delle trasformazioni. Questa strategia è stata accompagnata, da un lato, alla riduzione della concessione di licenze a imprese trasformatrici e, dall’altro, dal crescente ricorso a imprese di subfornitura per la realizzazione operativa delle trasformazioni. Il cambiamento di strategia degli OEM, unito alla crescente minaccia rappresentata dalle imprese di subfornitura a basso costo asiatiche, ha causato un aumento della pressione competitiva all’interno del settore delle trasformazioni. A fronte di questi cambiamenti molte aziende, tra cui OAN, hanno subito un indebolimento della loro posizione nella rete del valore: da imprese operanti su licenza sono diventare subfornitrici in competizione con imprese che possono beneficiare di costi del lavoro e di regimi normativi estremamente più vantaggiosi. Alla luce di questo scenario competitivo, i tradizionali competitors hanno di fronte due opzioni strategiche: - ottenere le STC, in modo da svincolarsi dall’OEM e operare in modo autonomo. Questa strategia comporta non solo lo sviluppo di un pacchetto completo di competenze di progettazione ma anche l’ottenimento dei dati originali di progetto dell’aereomobile. - sviluppare con l’OEM una relazione di partnership nell’ambito della quale le imprese trasformatrici apportano tutte le competenze necessarie allo sviluppo della modifica e l’OEM, sgravato delle attività di sviluppo, garantisce la concessione in esclusiva delle licenze sulle trasformazioni. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 243 PARTE III Nel 1963 la produzione fu spostata nella zona dell’aeroporto Internazionale a Tessera (Venezia) dove attualmente l’azienda ha il suo più grande stabilimento produttivo con 7 baie dedicate alla trasformazione e manutenzione di aerei civili e militari. Nel 1981 l’azienda fu acquisita da Aeritalia (oggi Alenia Aerospazi) entrando a far parte di Finmeccanica, gruppo a partecipazione pubblica le cui attività spaziano dall’aeronautica, agli elicotteri all’elettronica per la difesa. Fino a metà degli anni ‘80 OAN svolgeva esclusivamente attività di manutenzione di velivoli civili. Successivamente OAN diversificò la sua produzione nel settore delle trasformazioni, acquisendo nel 1985 da McDonnell Daglas (che oggi fa parte del gruppo Boeing) la licenza esclusiva (con durata 1985-1993) per la trasformazione da aerei civili a cargo dei DC8. Questa operazione da l’imprinting al successiva crescita dell’azienda. Da allora, infatti, il percorso di crescita dell’azienda nel settore delle modifiche commerciali è legata a doppio filo ai costruttori di aereomobili e in particolare a Boeing. Il rapporto con l’OEM è infatti importante per due motivi. Da un lato è fonte di supporto tecnico nella fasi di industrializzazione e di realizzazione della modifica. Dall’altro, rappresenta una garanzia in termini di performance e di mantenimento del valore del velivolo nel tempo in quanto l’OEM, mantenendo la proprietà intellettuale della modifica, continua ad essere responsabile della sicurezza del velivolo. Il contratto di licenza con McDonnell Daglas prevedeva il pagamento di un ammontare fisso più una percentuale per ogni velivolo per assistenze sulle modifiche che McDonnell Daglas continuava a fornire a OAN. Per completare il quadro già nel 85 esistevano svariate imprese che operavano trasformazioni del DC8 attraverso STC. Nel 1991 OAN acquisisce la licenza esclusiva per le modifiche sul Boeing DC10. Nel 1994 OAN acquisì l’impianto di Capdichino (Napoli). La nuova licenza per i Boeing DC10 durò fino al 2001, anno nel quale l’impresa sostiene un’altra importante acquisizione, acquisendo l’impianto di Brindisi. Nella fase di phase-out del DC10 nasce l’esigenza di individuare un nuovo velivolo da sottoporre a trasformazione, velivolo che viene identificato nel 2003 quando OAN firma con Boeing l’accordo di licenza per la trasformazione del Boeing 767-200. Attualmente la maggior parte delle trasformazioni ancora in corso è relativo ai DC-10. Tali attività tuttavia non vengono effettuate su licenza ma nell’ambito di un accordo di subfornitoura in cui Boeing mantiene il contatto con il cliente utilizzatore e OAN è un semplice subfornitore di Boeing. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 244 PARTE III Il legame tra OAN e Boeing ha quindi costituito il principale motore di crescita dell’azienda ma anche il principale freno. Infatti lo stretto legame con Boeing, ha precluso a OAN la possibilità di stringere rapporti con Airbus che con Boeing si spartisce il mercato mondiale degli aeromobili. La tabella 1 contiene alcuni indicatori che evidenziano il percorso di crescita e la redditività di OAN nel periodo 1995-2004. Tab. 1 - Alcuni numeri di OAN 1995-2004 Fatturato Dipendenti - Dirigenti - Quadri - Operai - Impiegati CdL CdL/Fatturato Reddito Operativo Utile Netto ROA ROE 1995 143,909 1436 36,963 25% 2,210 0,254 1,6% 0,9% 1996 128,172 1361 8 31 907 414 41,856 32% 1,536 0,319 1,1% 1,2% 2003 138,490 62,192 45% -12,540 -15,899 -6,8% -33% 2004 166,002 1520 20 37 896 567 63,972 38% -3,960 -8,745 -1,7% -26% 2. L’evoluzione delle competenze nella crescita di OAN L’attività di trasformazione dei velivoli passeggeri in cargo può essere suddivisa in cinque fasi: 1. sviluppo della modifica: realizzazione del disegno della trasformazione partendo dalla DOA; 2. sviluppo degli adattamenti per il cliente: realizzazione delle personalizzazioni del disegno della trasformazione sulla base delle specifiche richieste dal cliente; 3. ingegneria di produzione: realizzazione dei documenti (distine basi, manuali operativi sviluppo dell’equipment e dei tools) necessari a rendere operativo il disegno della trasformazione; 4. attrezzature per la produzione: sviluppo e realizzzazione di attrezzature di fabbricazione (es. stampi e mandrini di formatura, dime di posizionamento, porta pezzi di saldatura o fresatura) e di attrezzi di installazione (es. banchi prova, scale e ponteggi). 5. trasformazione: realizzazione di tutte le attività (es. ispezione, disinfestazione, realizzazione serbatoi, costruzione del kit di modifica) che fanno parte della trasformazione; 6. post-vendita: esecuzione di attività di assistenza post-vendita. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 245 PARTE III Anche se la qualità è sempre stato uno dei punti di forza di OAN, l’azienda veneziana non ha mai presidiato le fasi di sviluppo della modifica ma ha sempre mantenuto una forte focalizzazione sulle alle fasi di ingegnerizzazione, di realizzazione della modifica e di attività post-vendita. Fino a metà degli anni ’90 il regime di licenza esclusiva ha garantito a OAN una certo grado di protezione nei confronti della concorrenza nazionale ma soprattutto internazionale. Da un lato, infatti, il regime di monopolio relativo in cui operava OAN la proteggeva dalla presenza di imprese competitive almeno nell’ambito della trasformazione dei DC10. Dall’altro, i clienti erano per la maggior parte società finanziarie che acquistavano i velivoli per rivenderli a operatori logistici. Tali clienti richiedevano la trasformazione “chiavi in mano” senza entrare nel processo tecnico. OAN, oltre alla realizzazione operativa della trasformazione, si occupava dello sviluppo di quelle attività complementari che permettevano di adattare il prodotto alle specifiche esigenze del cliente (figura 1). Queste ulteriori attività supportavano i margini di OAN che faceva leva anche sulla forte asimmetria informativa di prodotto che esisteva tra se e i clienti. Fig. 1 - Le aree di competenze governate da OAN nel 1995 Design modifica Industrializzazione interna Modifica Sviluppo adattamenti per i clienti Attrezzatur Post Vendita e Governata da OEM Governata da OAN Dal 2000 lo scenario competitivo cambia. Le spinte della globalizzazione portano all’entrata nel settore di nuovi competitori estremamente aggressivi sul lato dei costi. Oltre all’aumentata concorrenza internazionale, la globalizzazione ha anche l’effetto di cambiare radicalmente la filiera produttiva. Il cliente di OAN diventa l’OEM che le affida IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 246 PARTE III in subfornitura la trasformazione. In sostanza, nell’ambito di questi rapporti, l’impresa trasformatrice diventa un mero esecutore delle specifiche tecniche fornite da Boeing. E’ Boieng che ha il contatto diretto con il cliente e si occupa di tutte le attività di sviluppo comprese quelle relative adattamenti secondo le specifiche richieste dai clienti (fig. 2). Fig. 2 - Le aree di competenza governata dal OAN nel 2005 Design modifica Industrializzazione interna Sviluppo adattamenti per i clienti Modifica Post Vendita Attrezzatur Governata da OEM Governata da OAN Dato i cambiamenti dello scenario competitivo, OAN avverte l’esigenza di sviluppare nuovi fattori critici di successo che ruotano attorno allo sviluppo di competenze tecniche che garantiscano piena di autonomia nello sviluppo dei nuovi prodotti. L’obiettivo di OAN è quindi di sviluppare competenze di progettazione che le permetteranno di potenziare e diversificare l’offerta di prestazioni e servizi. Solo così l’azienda potrà conquistare un ruolo di partnership con l’OEM fin dalla fase di sviluppo della modifica. Ovviamente l’obiettivo di allargare le competenze nell’area di design deve essere accompagnato da un parallelo rafforzamento delle competenze operative che permettono all’azienda di mantenere un vantaggio competitivo in termini di puntualità, qualità e prezzi nei confronti della concorrenza. Da questo punto di vista, data la complessità tecnica del processo di trasformazione, ricoprono fondamentale importanza le competenze organizzative e in modo particolare il tipo di organizzazione adottato nella produzione. Le operations di OAN nel tempo hanno subito diverse riorganizzazioni. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 247 PARTE III Fino alla metà degli anni 90, la produzione era organizzata secondo un criterio funzionale. Al direttore di produzione facevano capo tre reparti: il reparto trasformazione, il reparto manutenzione e il reparto fabbricazione. Ogni reparto era organizzato in team di prodotto ognuno dei quali si occupava delle operazioni relative a singoli velivoli. Per far fronte alla crescita dei volumi di produzione e garantire una maggiore livello di servizio, OAN ha introdotto una riorganizzazione delle operations adottando il criterio di specializzazione per prodotto. Attualmente nelle operations di Venezia esistono 7 UDV (Unità di Velivolo). Ogni UDV è dedicata esclusivamente a un singolo velivolo e contiene in se tutte le risorse (operai, tecnologi, risorse per logistica e gli acquisti) necessarie a svolgere le attività di produzione di cui necessita ogni velivolo. Complessivamente ogni UDV è composta da un numero variabile di persone (dalle 50 alle 70 unità) ed è organizzata in squadre operative a seconda del tipo di specializzazione (ad es. meccanica, idraulica, elettronica). Questo tipo di organizzazione ha permesso di supportare il percorso di crescita di OAN ma ha causato delle inefficienze legate sia alla perdita di economie di scala sia alla rigidità nella gestione delle risorse umane. Il primo tipo di inefficienze sono dovutie alla replicazione di risorse tecniche dedicate a ciascuna UDV. Il secondo tipio di inefficienze è legato ai costi organizzativi interni che l’azienda deve sopportare per trasferire le risorse umane da una UDV all’altra a seconda dei fabbisogni. Al fine di aumentare la flessibilità e l’efficienza dell’organizzazione, la direzione sta implementando una nuova organizzazione basata su un doppio criterio che cerca di unire i vantaggi della specializzazione funzionale (efficienza) con i vantaggi della specializzazione per prodotto (flessibilità). Coerentemente con gli obiettivi perseguiti, questo tipo di organizzazione dovrebbe, da un lato, garantire lo sviluppo di competenze tecnico-specialistiche e ottenere una elevata efficienza nei processi operativi (obiettivo di efficienza) e, dall’altro, applicare queste risorse e competenze a obiettivi organizzativi diversi e mutevoli (obiettivo di flessibilità). 3. L’evoluzione della rete del valore nella crescita di OAN 3. 1 Relazioni con i clienti OAN attualmente opera su 4 linee di business differenti: conversione di veicoli passeggeri in cargo (43% del fatturato), manutenzione militare per la Difesa Italiana e la Nato (37% del fatturato), manutenzione commerciale su velivoli civili (15% del IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 248 PARTE III fatturato ) e produzione di parti vendute ai costruttori di velivoli (circa il 5%). L’ultima linea di business è rappresentata per la maggior parte dalla realizzazione dei kit di modifica e porte carco vendute alla Boeing (ad esempio il kit di trasformazione o i portelloni cargo). Anche se l’azienda prevede di mantenere questo grado di diversificazione in futuro, il business delle conversioni dei velivoli passeggeri in cargo rappresenta, oltre che la maggiore fonte di ricavi per OAN, anche la linea di business sui cui OAN affida maggiormente la sua crescita futura. Il mercato delle trasformazioni è strettamente legato alla crescita dell’economia globale e fortemente sensibile agli shock esterni (es. crisi del Far-East, 11/9). Un’altra caratteristica di questo mercato è il ciclo di vita delle trasformazioni. Esso è infatti strettamente legato al ciclo di vita degli aeromobili utilizzati per il trasporto passeggeri: attualmente la maggior parte dell’attività di OAN di conversione è concentrata sui DC10 la cui conversione durerà fino al 2007, anno in cui dovrebbe iniziare l’attività di conversione de Boeing 767-200 le cui flotte nel frattempo saranno diventate appetibili per la conversione in cargo. I clienti di OAN nel mercato della trasformazione possono essere distinti in tre tipologie: - Operatori ossia aziende che utilizzano il veicolo per svolgere le attività di trasporto commerciale. Gli operatori possono essere compagnie aeree che decidono per ragioni strategiche di diversificare la loro attività nella logistica oppure vettori logistici. Alcuni clienti di AON che appartengono a questa categoria sono Gemina Cargo, United Airlines e UPS. - Società finanziarie. Questa aziende acquistano i velivoli dalle compagnie aeree, fanno esguire la trasformazione di questi velivoli in cargo e vendono o concedono in leasing i velivoli agli operatori logistici. Esempi di clienti di OAN di questa categoria sono Finova, I.L.F.C., Capital Cargo, Gecas, Pegasus, GPA; - OEM. Gli stessi costruttori di aerei hanno la possibilità di gestire direttamente la trasformazione degli aerei stessi. Come detto in precedenza, gli OEM possono ottenere la licenza di trasformazione (STC) in quanto detentori dei dati e del know-how originale del velivolo. L’OEM può quindi decidere di svolgere direttamente anche le fasi di industrializzazione e di realizzazione delle modifiche oppure esternalizzare queste fasi a subfornitori esterni. Per quanto riguarda OAN, nel 1997 è stato firmato un contratto di subfornitura con Boeing per la realizzazione operativa della trasformazione dei DC10 da destinare a IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 249 PARTE III FedEx. Il contratto, del valore di circa un miliardo di €, prevede la realizzazione di 39 modifiche Cargo e 47 modifiche di avionica. Le prime sono relative alla traformazione della carlinga dei velivoli mentre le seconde si riferiscono al rinnovamento delle cabine piloti che passano dalla versione analogica (nei DC10) alla versione digitale (nella versione MD10 voluta da FedEx). Questo contratto di subfornitura di FedEx satura buona parte (circa l’80%) della capacità produttiva di OAN. Nel l995, il 90% dell’attività di modifica civile era rappresentato da operatori e società finanziarie (il maggiore cliente era Gemini, società finanziaria che rappresentava circa il 20% del fatturato OAN). Come detto nel precedente paragrafo, le società finanziarie richiedevano il pacchetto completo e quindi OAN doveva sviluppare e realizzare una serie di attività complementari (es. studiare le configuraizoni, realizzare i bollettini delle manutenzioni) necessarie alla personalizzazione del velivolo. Questo tipo di cliente non possedeva alcuna competenza tecnica e l’elevata asimmetria informativa che caratterizzava il suo acquisto ne riduceva sensibilmente il potere contrattuale. Negli ultimi dieci anni, il business di OAN si è spostato da clienti dei primi due tipi (soprattutto società finanziarie) a clienti del terzo tipo. OAN ha, in un certo senso, risalito la filiera produttiva ed è diventata da partner a subfornitore di Boeing. Oggi, infatti, l’80% del business delle trasformazioni (circa il 30% sul fatturato totale di OAN) è rappresentato dal contratto di trasformazione dei DC10 per FedEx stipulato con Boeing. Boeing si rivolge a OAN per realizzare solo una parte delle operazioni di trasformazione e acquista da altri fornitori, o realizza internamente, le altre parti o fasi necessarie alla completa realizzazione dell’intervento. Ovviamente questo tipo di evoluzione, ha indebolito la posizione di OAN nella filiera produttiva. Questo indebolimento può essere così sintetizzato: - OAN ha perso il contatto diretto con il cliente che acquista il velivolo; - Boeing, dato le sue dimensioni e il know-how tecnico di cui è detentore, ha un forte potere contrattuale; - Boieng si rivolge a più subfornitori facendo leva sulla competizione tra fornitori per ridurre i costi. 3.2 Relazioni con i fornitori La tabella 2 sintetizza le macro-fasi che caratterizzano il processo di trasformazione di velivoli passeggeri in cargo. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 250 PARTE III Tab. 2 - Insourcing e Outsourcing Fase 1995 2005 Ispezione Iniziale In-sourcing In-sourcing Pulizie di disinfestazione In-sourcing In-sourcing Sverniciatura (eventuale) Outsourcing Outsourcing In-sourcing In-sourcing Outsourcing Outsourcing In-sourcing In-sourcing Outsourcing Outsourcing Outsourcing Outsourcing (95%) In-sourcing In-sourcing (5%) Smontaggi Pulizie tecniche Ispezioni strutturali meccaniche Realizzazione modifica Modifica serbatoi alari Produzione Kit (5000/6000 pezzi) OAN ha mantenuto nel periodo ’95-05 lo stesso grado di integrazione verticale (attività svolte all’interno vs attività esternalizzate) anche si i volumi prodotti sono sensibilmente aumentati. Nel complesso i fornitori ai quali OAN si rivolge possono essere distinti in tre tipologie: - Rivenditori: organizzazioni che svolgono pura attività di intermediazione, acquistando materiali e rivendendoli direttamente a chi realizza la trasformazione (ad esempio parti di ricambio); - Fornitori approved source: Organizzazioni dotate di certificazioni di prodotto alle quali OAN si rivolge per acquistare dei servizi che l’azienda non realizza al suo interno (ad esempio Alitalia ha un centro di manutenzione da cui OAN si approvvigiona); - Subfornitori: Questa tipologia è la più numerosa (circa 100 subfornitori) e la più eterogenea. Infatti possiamo individuare cinque categorie di subfornitori ai quali OAN si rivolge. La prima categoria è rappresentata dai fornitori di servizi ingegneria di produzione e attività di supporto. OAN si rivolge infatti a una serie di studi di ingegneria con i quali sviluppa le specifiche e le procedure tecniche di supporto a tutte le attività operative relative alla trasformazione. La seconda categoria è rappresentata dai subfornitori che eseguono alcune lavorazioni presso gli stabilimenti di OAN. Ad esempio le pulizie tecniche, le disinfestazioni e, in alcuni casi, la sverniciatura delle carlinghe viene realizzata da subfornitori che operano direttamente nei siti produttivi di OAN data l’impossibilità di spostare il velivolo. La terza categoria è rappresentata dai fornitori che forniscono prestazioni di lavoro (come ad esempio l’installazione di elementi IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 251 PARTE III strutturali o la cablatura dell’aeromobile) presso gli stabilimenti di OAN. La quarta categoria sono i fornitori del cossiddetti kit di modifica ossia l’insieme di nuove parti (mediamente 5000-6000 parti per ogni modifica) necessarie alla realizzazione della trasformazione. Il fornitore di queste parti può eseguire solo singole fasi del ciclo di trasformazione con materiale fornito da OAN in c/lavoro o vendere la parte lavorata a OAN acquistando in modo autonomo le materie prime (soprattutto acciaio). Infine, la quinta categoria è rappresentata dai fornitori di attrezzature necessarie alle attività di trasformazione. Per fare parte dell’albo fornitori di OAN, tutti i fornitori devono avere ottenuto una certificazione interna di OAN che viene ottenuta al termine di un processo volto a assicurare sia la affidabilità tecnica che la solidità economico-finanziaria del fornitore. Tra tutti i fornitori di OAN, la categoria più importante, sia dal punto di vista del valore che da quello della criticità delle forniture, è rappresentata dai fornitori del kit di modifica. Infatti, è di fondamentale importanza che le parti che vengono montate sul velivolo rispondano a rigidi standard tecnici (ad es. resistenza alla pressione atmosferica) volti a garantire la sicurezza del velivolo stesso. Ogni OEM specifica nel dettaglio tutti i processi di produzione che devono essere seguiti nella produzione del kit. Ciascun fornitore deve avere le conoscenze tecniche e procedurali per eseguire tali processi. Proprio per certificare che il fornitore sia in possesso di tali conoscenze, l’OEM richiede che il fornitore dimostri di avere un personale addestrato secondo le proprie specifiche di addestramento. Inoltre, per alcune processi speciali, l’OEM richiede che il fornitore debba ottenere una certificazione rilasciata dell’OEM stesso. In ogni caso tutti i fornitori devono ottenere una qualificazione interna da parte di OAN e devono possedere, oltre alle tecnologie specifiche per la competa fabbricazione delle parti, tutte le capacità necessarie alla completa gestione del processo produttivo (es. ingegneria di produzione, controllo qualità, gestione del magazzino). Anche se le categorie di fornitori non sono cambiate nel corso degli ultimi 10 anni, dal punto di vista relazionale si è riscontrata un forte cambiamento dovuto soprattutto a un cambiamento nelle politiche di approvvigionamento dell’azienda. Con particolare riferimento ai fornitori del kit di modifica, agli inizi degli anni ’90, OAN intratteneva un rapporto di partnership in single sourcing. Per ogni parte fornita OAN si rivolgeva perciò a un solo fornitore che si occupava autonomamente di acquisire le materie prime e di svolgere le attività di fabbricazione. Nell’ambito di questi rapporti OAN assumeva un ruolo di supporto e coordinamento tipico del capo filiera. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 252 PARTE III L’aumento dei lead time di fornitura dell’acciaio registrato durante gli anni ’90 spinse, nel 1994, la direzione a cambiare le politiche di approvvigionamento. Prima di tutto venne abbandonata la politica di single sourcing a favore di un ricorso a più fornitori per ogni parte del kit. I subfornitori quindi aumentarono di numero passando da 3 a 15. In secondo luogo, OAN iniziò ad acquistare direttamente la materia prima (soprattutto acciaio) al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e di sfruttare il suo maggior potere contrattuale nei confronti dei grandi produttori di acciaio. Questo portò a un cambiamento radicale nel rapporto con i subfornitori che diventarono fornitori di parti in c/lavoro su specifica OAN. In definitiva, nel corso degli anni ’90, i rapporti di subfornitura si sono evoluti verso una subfornitura tradizionale, in cui il subfornitore è intepretato come una pura estensione della capacità produttiva del cliente e la relazione di fornitura è caratterizzata da una forte componente di dipendenza gerarchica. Dal punto di vista della localizzazione, i fornitori sono localizzati soprattutto nel bacino di Napoli (circa 70%), Torino (20%) e Varese (10%). Nel corso degli anni ’90 la fornitura locale (provincia di Venezia) si è molto ridotta ed oggi costituisce una parte marginale del parco fornitura complessivo. 3.3 Relazioni con altre organizzazioni: gli enti certificatori Oltre ai clienti e ai fornitori, una terza categoria di soggetti di fondamentale importanza nella rete del valore di OAN è rappresentata dagli enti certificatori. Il settore dell’aeronautica è governato da un corpo complesso di regole che hanno come obiettivo ultimo di garantire la qualità e quindi l’affidabilità di qualsiasi velivolo. Queste regole sono state recipe da ogni continente e espresse in un codice aeronautico per i vari paesi. Negli USA il dipartimento che ha il compito di far rispettare tali regole è il FAA (Federal Aviation Administration). Nell’ambito dei settori della manutenzione, ispezione e alterazione degli aerei si richiede che le aziende che eseguono queste attività su aerei immatricolati in USA debbano ottenere un certificato rilasciato dalla stessa FAA. Tale certificazioni sono relativi a singoli tipi di aeroplani. OAN ha ottenuto le certificazione per vari tipi di velivoli Boeing, tra cui il DC10, DC8, MD10, MD11, 767-200. OAN ha ottenuto anche una certificazione rilasciata dall’ente di certificazione Europeo, EASA (e il cui rappresentante in Italia è l’ENAC) che ha rilasciato la certificazione per svolgere attività di manutenzione e modifica su aerei immatricolati in Europa. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 253 PARTE III Fig. 3 - La mappa del valore nel 1995 Rivenditori Approved sources Clienti OAN (Soc. finanziarie) Subfornitori • • Prestazione presso OAN Lavorazioni c/terzi Boeing Enti certificatori Fig. 4 - la mappa del valore del 2005 Rivenditori Approved sources OAN Clienti Boeing (Operatori es. FedEx) Subfornitori • • Prestazione presso OAN Lavorazioni c/terzi Altri trasformatori Enti certificatori Le figure 3 e 4 mostrano l’evoluzione della rete del valore di OAN nel corso degli ultimi dieci anni. Come si può facilmente osservare OAN ha subito un arretramento della sua posizione nella rete del valore: se agli inizi degli anni ’90 aveva il contatto diretto con il cliente, nel duemila, per la maggior parte della sua attività, si trova nella situazione di IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 254 PARTE III subfornitore nei confronti del suo unico committente, ossia Boeing. In questa posizione, OAN si trova a dover competere con subfornitori provenienti dall’Asia e dall’Aemerica Latina che possono godere di un basso costo della manodopera. 4. Gli ostacoli del percorso di crescita A causa delle particolari caratteristiche del settore delle trasformazioni, tutto il percorso di crescita di OAN è stato dettato dal suo principale cliente (Boeing). I momenti di difficoltà (riscontrati soprattutto negli ultimi anni) nella crescita sono legati sostanzialmente a fattori che hanno indebolito il rapporto tra l’azienda Veneziana e il costruttore Americano. Questi fattori sono legati, da un lato, ai cambiamenti negli scenari competitivi (anni ’90) e, dall’altro, alla mancanza da parte di OAN di un pacchetto di competenze progettuali necessarie a offrire al cliente un servizio di trasformazione completo. Per quanto riguarda il primo aspetto, la globalizzazione dei mercati e la correlata crescita dei traffici commerciali registrata durante gli anni ’90 ha spinto gli OEM (Boeing e Airbus) a intraprendere un percorso di diversificazione nel settore delle trasformazioni. Questa strategia è stata accompagnata alla riduzione della concessione di licenze a imprese trasformatrici e alla crescente ricorso a imprese di subfornitura per la realizzazione operativa delle trasformazioni. Il cambiamento di strategia degli OEM, unito alla crescente minaccia rappresentata dalle imprese di subfornitura a basso costo asiatiche, ha causato un indebolimento della posizione competitiva di OAN nella rete del valore: da impresa operante su licenza è diventata per la maggior parte del suo business subfornitore in competizione con imprese che possono beneficiare di costi del lavoro e di regimi normativi estremamente più vantaggiosi. Questo indebolimento è legato a doppio filo al secondo motivo (interno) di difficoltà nel percorso di crescita ossia l’incapacità di OAN sviluppare con l’OEM una relazione di partnership nell’ambito della quale l’imprese trasformatrici apporti tutte le competenze necessarie allo sviluppo della modifica. Proprio per uscire da queste difficoltà è stata sviluppata una strategia che prevede la ri-progettazione di tutto il supply network per lo sviluppo di un pacchetto di competenze completo e complementare necessario a OAN per riconquistare un ruolo di rilievo nella catena del valore. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 255 PARTE III 5. Le strategia future di crescita Al fine di uscire dalla situazione di debolezza nella catena del valore schiacciata tra i fornitori a basso costo e il suo principale cliente, OAN intende sviluppare nuove capacità di progettazione per offrire a Boeing un servizio completo di progettazione e industrializzazione delle trasformazioni. Coerentemente con il suo orientamento strategico di fondo, l’azienda intende continuare a crescere con l’OEM, lavorando in partnership con quest’ultimo. L’OEM avverte il fabbisogno di ottenere un servizio completo da parte delle aziende trasformatrici in quanto, in mancanza di questo, deve dedicare, al segmento delle trasformazioni, risorse finanziarie e umane più utilmente impiegabili nel suo core business, ossia nel settore della costruzione di velivoli. Lo sviluppo delle core competence di OAN dovrà passare attraverso una ristrutturazione di tutto il supply network dell’azienda. La complessità tecnica dei processi produttivo infatti impedisce a OAN di governare tutte le conoscenze necessarie alla realizzazione della trasformazione. Tale conoscenze sono invece frammentate sull’intera catena di fornitura che deve garantire nel suo complesso le necessarie competenze di progettazione, di ingegnerizzazione e di produzione. OAN intende assumete un ruolo di capo filiera e di coordinatore di questa complesso network che dovrà garantire, nel suo complesso, un vantaggio competitivo in termini di qualità, di velocità e di costo del servizio venduto. IRES VENETO – CRESCITA DIMENSIONALE E QUALITATIVA DELLE IMPRESE VENETE 256