Lavoro di approfondimento svolto dalla classe 1° A

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Lavoro di approfondimento svolto dalla classe 1° A
Lavoro di approfondimento svolto
classe
1° A ELSA MORANTE – FIRENZE
dalla
sui fatti di Parigi, sul terrorismo islamico e sulla libertà di opinione A cura del prof. David Mugnai
Firenze, febbraio 2015
INDICE
Capitolo 1 – I fatti di Parigi:
a. La cronaca
b. I protagonisti
Capitolo 2 – Cos’è l’Islam?
Capitolo 3 – Alle radici del terrorismo:
a. La Francia in guerra;
b. La questione Israele-Palestina.
Capitolo 4 – Il terrorismo islamico:
a. L’ISIS ovvero lo Stato Islamico;
b. La guerra civile in Siria.
Capitolo 5 – L’islam e noi.
Capitolo 6 – Altri terrorismi:
a. Italia, anni Settanta.
b. Utoya, Norvegia, 2011;
Capitolo 7 – La satira.
a. Satira e letteratura: giù la maschera all’ipocrisia del potere!
b. “Je suis Charlie”
Fonti giornalistiche utilizzate:
Articoli tratti da “La Repubblica, 10 e 11 gennaio 2015.
Rivista “Internazionale” del 9 gennaio in riferimento ai fatti di Parigi. Numeri di mesi
scorsi per altre notizie riguardo il terrorismo islamico e la strage di Utoya in Norvegia.
Tahar Ben Jelloun “L’Islam spiegato ai nostri figli” (Bompiani, 2012).
Fonti Internet
Articolo de LA STAMPA del 23/01/2013 (riferimento agli interventi militari della
Francia);
Wikipedia in riferimento all’Isis, alla guerra civile in Siria e al terrorismo italiano anni
’70.
Sito specialistico www.storiacontemporanea.eu.
Introduzione
Lo slogan “Je suis Charlie” ha assunto in poche ore il significato di solidarietà e cordoglio
per le persone morte nel tragico assalto alla redazione del giornale di satira “Charlie
Hebdo” del 7 gennaio1. Lo choc creato dai fatti di Parigi ha spinto anche la scuola Elsa
Morante a riconoscere un minuto di silenzio per i morti degli attentati.
Proprio in seguito a quel minuto gli alunni hanno chiesto di parlare di quanto accaduto
per “capirci qualcosa”.
Pensando che non fosse possibile affrontare un tema così complesso con poche e frettolose
considerazioni, è stata rimandata la discussione ad un secondo momento.
Secondo momento che si è trasformato in un organico lavoro di approfondimento, perché
– come è facile rendersi conto – ogni risposta faceva nascere nuove domande. Si può
parlare dei fatti di Parigi senza sapere (almeno un po’) cosa è l’Islam?. E come trascurare
il dato, conosciuto ma in realtà sottovalutato, della presenza militare della Francia nel
mondo negli ultimi cinquanta anni? La guerra come anello di congiunzione con il
terrorismo internazionale la troviamo in due approfondimenti riguardanti l’ISIS e la
storia della guerra civile in Siria.
Ma i fatti di attualità non possono essere visti come se il mondo fosse iniziato ieri:
abbiamo allora dato un’occhiata agli altri terrorismi vicini e lontani: leggendo, in una
struggente storia di adolescenti, le conseguenze della strage di Utoya e recuperando le
informazioni storiche intorno agli anni di piombo in Italia.
Il capitolo dedicato a “L’Islam e noi” vuol mettere a fuoco la sfasatura tra percezione e
realtà che proprio in Italia accompagna spesso la difficile convivenza tra culture diverse.
Infine abbiamo toccato la questione della satira e della libertà di opinione, riprendendo
alcune vignette del Charlie e alcune riflessioni sul tema: per capire la logica di una
comunicazione apparentemente semplice, ma in realtà sofisticata e piuttosto scomoda.
Il risultato, come previsto, non dà quelle risposte risolutive che gli studenti speravano di
trovare. Il lavoro nel suo complesso ha aperto però (almeno si spera!) ad una presa di
coscienza rispetto alla complessità della questione e alla difficoltà e inopportunità di
trarre conclusioni o emettere giudizi definitivi. Purtroppo Tv, giornali e social network
fanno del giudizio privo di senso critico e di approfondimento lo status abituale; per
quanto possibile la scuola dovrebbe insegnare esattamente l’opposto.
E questo, nel nostro piccolo, e con molti limiti, abbiamo cercato di fare.
Una certa confusione è nata nei giorni successivi all’ondata emotiva per una errata interpretazione dello
slogan. “Je suis Charlie” non ha il significato di identificazione con il metodo e il contenuto della satira del
giornale ma, appunto, semplicemente solidarietà e cordoglio.
1
Capitolo 1 – I fatti di Parigi:
a. La cronaca
LE AZIONI DEI FRATELLI KOUACHI
Mercoledì 7 gennaio ore 11:oo/11:30
Said e Chèrif Kouachi fanno irruzione nella redazione del giornale satirico
Charlie Hebdo uccidendo dodici persone tra cui il direttore, i vignettisti più famosi e due agenti di
polizia. Armati alla maniera di un blitz militare, incappucciati e con giubbino protettivo, i due sono
poi riusciti a fuggire dopo una sparatoria con la polizia, facendo perdere le loro tracce.
Giovedì 8 gennaio
I due sono avvistati ad un rifornimento di benzina a Crefy en Valois. Ma i circa 80 mila uomini –
tra militari e forze dell’ordine - impegnati nella loro cattura non riescono ad individuarli.
Venerdì 9 gennaio
Ore 8:30 I fratelli Kouachy vengono riconosciuti e dopo aver forzato un posto di blocco si rifugiano
in una tipografica a nord di Parigi, nella zona cittadina di Dammartin. Per tutta la giornata i mezzi
di informazione parlano di un ostaggio in mano ai terroristi.
Alle 17:03 vengono uccisi in un blitz della polizia; l’uomo all’interno della tipografia è illeso.
LE AZIONI DI AMEDY COULIBALY
Giovedì 8 gennaio
A Montrouge, in Avenune Pierre Brossole, un cittadino francese di origini africane, Amedy
Coulibly, è protagonista di una sparatoria ad un posto di polizia – forse per entrare in una scuola che costa la vita ad una poliziotta. Anche lui riesce a fuggire e a disperdersi nell’immensa area
metropolitana parigina.
Venerdì 9 gennaio
Alle 13,30 fa irruzione nell' Hipercacher di Port de Vincennes – un supermarket di prodotti tipici
ebraici - prendendo più di dieci clienti in ostaggio, tra cui un bimbo di pochi mesie uccidendo
quattro persone.
Contattato dai militari minaccia di uccidere tutti gli ostaggi se non saranno lasciati andare i fratelli
Kouachy.
Ore 17:10
Subito dopo il blitz di Demmartin, entrano in azione le forze speciali anche a Port de Vincennes:
Amedy Coulibaly viene ucciso e i prigionieri liberati.
Elia Fabbroni, Prof. Mugnai.
I protagonisti
Parigi, rende omaggio a due musulmani che nel massacro al settimanale Charlie Hebdò e nelle
vicende di sangue che si sono susseguite, col loro coraggio e i loro gesti hanno fatto la differenza.
Il poliziotto - Il primo, Ahmed Merabet , è il poliziotto ucciso dai fratelli Said e Chèrif Kouachi
davanti alla redazione del settimanale satirico. Un francese di religione islamica che svolgeva il suo
lavoro per garantire la sicurezza a un giornale che probabilmente non amava e non leggeva. Tra
l’altro la sua morte ha fatto particolarmente impressione poiché la telecamera fissa ha immortalato
la sua disperata richiesta di pietà e la barbara indifferenza con cui uno dei due assalitori gli ha
sparato quando era già a terra ferito gravemente.
Il commesso - Il secondo si chiama Lassana Bathily , ed è un commesso del negozio di prodotti
Kosher assaltato da Amedy Coulibaly, musulmano anche lui e originario del Mali. Bathily è riuscito
col suo coraggio a nascondere una buona parte dei clienti che si trovavano all’ interno del locale.
Ma la sua impresa è emersa solo in un secondo momento. Vedendo l’ attentatore, l’uomo non ci
pensa un attimo: si dirige verso la cella frigorifera che si trova sul fondo del negozio e si infila
dentro con un bambino e alcune donne. Ci resteranno 5 ore. Intanto fuori la tensione e la paura
aumentano. In tutto i prigionieri sono 15, tra cui otto donne, ma tre sono chiuse nella cella
frigorifera relativamente al sicuro. Dopo il blitz Bathily resterà tre ore dalla polizia per la sua
testimonianza e solo il giorno dopo si viene a conoscenza del suo coraggio e astuzia. Le autorità
francesi concedono a Bathily la cittadinanza francese pochi giorni dopo la drammatica giornata.
Lilian 8 ore nascosto dentro uno scatolone
Lilian Lepère di 26 anni, è il terzo “eroe” degli attentati di Parigi. Impiegato della tipografia
utilizzata come rifugio dai terroristi, era l’unico presente al momento dell’irruzione, avvenuta
intorno alle 8,30.
Non appena si è reso conto del pericolo, Lilian, si è nascosto dentro uno scatolone per salvarsi dai
due terroristi. E’ restato lì per ben 8 ore, chiamando con il proprio cellulare la polizia e mandando
un messaggio al padre dicendo che si era nascosto al primo piano.
Dopo otto ore interminabili, nel tardo pomeriggio scatta il blitz delle forze speciali: fumogeni
dentro i locali e la fuga dei due fermata dai colpi dei cecchini. Un’operazione resa più agevole dalle
indicazioni che via via Lilian mandava alla polizia tramite il cellulare.
Alle 17,30 l’incubo era finito nonostante fosse ancora sotto choc.
La scuola
Una scuola poco distante ha vissuto, nelle stesse ore, momenti di tensione. Un istituto comprensivo
con bambini e ragazzi di età diverse sono rimasti chiusi in aula con le finestre protette dai tappeti,
prima che l’accerchiamento
della tipografia da parte di migliaia di agenti permettesse
l’evacuazione senza pericoli.
Grande sollievo quando gli alunni hanno potuto riabbracciare i genitori.
Giulia Fioravanti, Giulia Montelatici e Shania Cosi.
Capitolo 2 – Cos’è l’Islam?
Una ragazza afro europea e musulmana, racconta a proposito dell’attentato a Parigi alla redazione
del giornale satirico Charlie Hebdo, la sua opinione su come vengono sempre giudicati i
musulmani, ovvero associati a gente che stupra, uccide, massacra, decapita ecc… aggiungendo che
non le sembra giusto veder ogni volta sporcato il nome di una religione.
Lei spiega che quelle persone vestite in maniera ridicola e con quelle barbe lunghe sono solo delle
caricature per farci paura. ‘Svegliamoci!’.
L’intento della ragazza è quello di far capire alle persone che l’Europa è formata da cittadini ebrei,
cristiani, musulmani, buddisti, atei e così via. Siamo in tanti e conviviamo, certo il continente
zoppica, ma siamo insieme ed è questo che conta.
I killer che hanno colpito la redazione del giornale di Parigi, vogliono il caos, voglio un’Europa
piena di paura, dove il cittadino sia nemico del suo prossimo, vogliono distruggere la convivenza
che stiamo faticosamente costruendo insieme.
Forse se vogliamo vincere questa guerra e non cascare in trappola contro il terrorismo, l’Europa si
dovrà affidare ai suoi valori e ribadire ciò che è, ovvero, una democrazia.
A proposito del pensiero che si ha sempre sull’Islam, Tahar Ben Jelloun ha scritto un libro
intitolato ‘L’Islam spiegato ai nostri figli’. Questo libro è appunto dedicato a tutti i ragazzi per
spiegare meglio il vero significato della religione musulmana. Tahar Ben Jelloun ha portato anche
come esempio l’attentato alle Torri Gemelle, argomento che lui ha affrontato nella sua famiglia, e
sua figlia, vedendo le immagini e sentendone parlare, inizia a rifiutare il fatto di essere musulmana,
per non essere ritenuta cattiva come i terroristi. Lo scrittore per far capire alla figlia che i
musulmani non sono lo stereotipo che le persone pensano, inizia a raccontarle la storia della loro
religione. Un giorno Dio parlò ad un uomo semplice, che non sapeva ne leggere ne scrivere
chiamato Maometto, che fece da messaggero. A quel punto sua figlia domandò il motivo per cui Dio
non parlò direttamente agli uomini, allora suo padre le rispose che Dio preferì scegliere un uomo
semplice e buono affidandogli dei messaggi da ripetere ai suoi simili.
Tutte le religioni si rivolgano e credono ad un solo Dio, che ognuno chiama in maniera diversa. Un
Dio che insegna ad amare e rispettare il prossimo, l’amore che è alla base della vita, la vita che va
rispettata senza violenza.
COMMENTO:
Secondo il nostro parere, ciò che è accaduto a Parigi è un fatto orribile. Sapere che delle persone
hanno ucciso per creare confusione e paura fra tutti noi, è una cosa contro natura. Però allo stesso
tempo non è nemmeno giusto dare la colpa a tutti i musulmani, perché persone che vanno contro il
volere di Dio, si possono trovare in qualsiasi religione, musulmani, cristiani, ebrei, buddisti ecc…
Lucrezia Di Pizzo, Sara Cappellini, Edoardo Albani
Capitolo 3 – Alle radici del terrorismo
a. La Francia in guerra
L’Algeria era diventata una colonia francese nella seconda metà dell’Ottocento. Nel dopoguerra si
sviluppò un movimento di indipendenza che sfociò nella famosa “guerra d' Algeria”. Ebbe luogo
tra il 1° novembre 1954 e il 19 marzo 1962 tra l'esercito francese e gli indipendentisti algerini
guidati dal Fronte di Liberazione Nazionale. La guerra fu particolarmente cruenta,con un altissimo
numero di vittime. L'esercito francese mise a punto una nuova strategia: la "guerra controsovversiva" che prevedeva torture e uccisioni di massa anche tra i civili sospettati di collaborazione.
Ma l’elenco degli interventi francesi nel dopoguerra è lunghissimo, supera i cinquanta interventi,
soprattutto in Africa. Truppe di Parigi sono intervenute recentemente (2013) in Mali, proprio per
fermare gli islamisti, ma nel 2011 guidarono il fronte anti-Gheddafi, per intervenire in Libia.
Nei decenni precedenti si contano interventi in Ciad, Gabon, Zaire, Congo, Isole Comore.
b. La questione palestinese
Israele è uno stato indipendente dal 14 maggio 1948.
La Palestina non è mai stata una nazione indipendente. Fino al 1914 era parte dell'impero
Ottomano; gli abitanti erano in grandissima maggioranza poveri braccianti al servizio di
proprietari terrieri. Nel 1880 la zona contava circa 24.000 e 150 mila arabi. Nel 1945 gli arabi
erano saliti a un milione e 240 mila, mentre gli ebrei erano erano 553 mila.
La prima guerra mondiale fu il punto di svolta dell’area: con il crollo dell’impero Ottomano
(islamico) Francia e Gran Bretagna pensarono di mettere le mani sul territorio. Le diplomazie dei
due paesi avviarono un triplice gioco:
1) fu promessa l'indipendenza ai grandi proprietari arabi in cambio del loro appoggio alla guerra;
2) fu promessa la creazione di uno stato ebraico indipendente al movimento sionista (= ritorno in
Israele per gli ebrei) in cambio del loro appoggio in guerra;
3) si accordarono segretamente ( Accordo di Sykes-Picot, siglato nel marzo 1915) per spartirsi
l’area: alla Francia la Siria, alla Gran Bretagna Palestina e Iraq.
Finita la guerra prevalse la soluzione 3, la Palestina divenne un “Protettorato” britannico. Non fu
risolta alcuna contraddizione tra le aspirazione di ebrei e arabi a costituire uno stato indipendente;
nel frattempo iniziarono scontri tra ebrei e britannici, e tra arabi e ebrei.
Dopo la II guerra mondiale gli inglesi lasciarono la zona. Cosa accadde? Gli ebrei – anche sull’onda
della sconvolgente persecuzione subita dai nazisti – ottennero il via libera alla formazione di uno
stato indipendente: nel 1948 fu immediatamente proclamato lo stato di Israele.
Immediatamente scoppiò la guerra con i molti stati arabi dell’area mediorientale. Sempre Israele
vinse facilmente la guerra, conquistando sempre un pezzetto di terra in più (= occupazioni).
A turno altri paesi furono coinvolti in guerre o guerriglie con Israele; ma piano piano si affermò
anche una volontà di pace. Nel 1994 il rappresentante dei palestinesi Yasser Arafat, e il primo
ministro israeliano Rabin, firmarono un accordo di pace con il riconoscimento dell’autonomia di
alcune regioni palestinesi. Purtroppo poi la guerriglia è ripresa e dura tutt’ora.
Chiara Calandra, Teresa Sbigoli & Sara Di Geronimo – Prof. Mugnai.
Capitolo 4 – Il terrorismo islamico
a. L’ISIS ovvero lo Stato Islamico
ISIS, LO STATO ISLAMICO: ORIGINI, OBIETTIVI E FINANZIAMENTO
Lo stato islamico prende sempre più terreno, costringendo i Cristiani a lasciare le loro case.
• ISIS = Stato islamico dell’Iraq e della Siria
• ISIL = Stato islamico dell’Iran e del Levante
• IS = Stato islamico
Il Movimento inizia a d operare con una serie di attentati nel 2003.
Un anno dopo viene sancita l’affiliazione ad Al Qaeda; il gruppo prende il nome di AQI:
una mossa che permette ad Al Zarqawi di rafforzarsi e a Bin Laden di mantenere una
posizione in Iraq.
Nel 2007 il Movimento vive una fase discendente, in parte dovuta alla strategia che il
generale americano (Petraeus) applica all’interno dell’Iraq.
Nel 2011 AQI riprende forza e nel 2013 si ribattezza ISIL, vedendo nella guerra siriana la
possibilità di espandersi nel Levante e rifondare il Califfato.
Il distacco tra Al Qaeda e ISI si consuma nel febbraio del 2014 e scrive la parola fine ad un
attaccamento di interesse più che ad una storia di ideologia condivisa.
Il no di ISIS - che ha come progetto il Califfato dell’Iraq e del Levante, vuole includere la
Siria – segna la spaccatura.
Nelle aree sotto il suo potere ISIS apre scuole e controlla che il cibo sia Halal (permesso
dalla religione islamica), ma soprattutto si distingue per la brutalità: amputazioni,
decapitazioni, crocifissioni le cui immagini fanno il giro del mondo, in particolare i
Cristiani sono costretti a lasciare le loro terre per sfuggire alla morte.
Abu Bakr conosciuto come Al Bagdadi, leader assoluto di ISIS dal 2010.
Dal 2005 al 2009 era in carcere a Camp Bucca in mani americane, con l’accusa di
terrorismo.
Nel 2009, il governo iracheno prende il controllo della base e decide di liberarlo
Secondo gli analisti, i membri di ISIS sono tra i 7000 e i 10000: si contano ex affiliati di Al
Qaeda, ex baathisti e militari dell’era Saddam.
A differenza di altri movimenti, ISIS conta su molti giovani musulmani arrivati dall’estero:
Cecenia in prima fila, ma anche Europa, da Francia e Gran Bretagna.
ISIS si è assicurato nel 2012 il controllo dei giacimenti di petrolio dell’est della Siria, che
rivende al nemico, il regime di Assad.
Dall’estate del 2014 ISIS è diventata una minaccia globale sconfinando in Siria e
rivendicando azioni in molte parti del Medio Oriente. La resistenza alla loro avanzata è
quasi interamente sulle spalle della popolazione curda, che difendono le loro città e anche
un sistema sociale basato sulle libertà civili, la parità della donna, la libertà di fede.
Naturalmente anche loro sono musulmani.
Altri gruppi – Recentemente ci sono state due azioni terroristiche di grande violenza;
1) in Pakistan i taliban attaccano una scuola uccidendo più di cento studenti;
2) Il gruppo terrorista Boko Haram in Nigeria ha fatto esplodere una bambina
kamikaze in mezzo ad un mercato. Pochi giorni prima aveva sterminato un intero
villaggio rurale.
Tutte le vittime erano musulmane.
b. La guerra civile in Siria.
E’ un conflitto in corso nel paese, che vede contrapposte militarmente le forze governative,
e forze dell’opposizione, come evoluzione drammatica del movimento di protesta nato nel
contesto della Primavera Araba (termine giornalistico che sta ad indicare un protesta).
Anziché favorire un rinnovamento democratico – alle origini della “primavera araba” in
Tunisia e Egitto – la contrapposizione ha assunto la forma della guerra civile con uno stato
dittatoriale da una parte e gruppi integralisti islamici di varia provenienza.
Questo conflitto è iniziato il 15 marzo del 2011 per poi diventare
guerra nel 2012
Le proteste avevano l’obiettivo di spingere il presidente alle
dimissioni ed eliminare le strutture del partito ba’th
A causa alla posizione strategica della Siria, la crisi ha coinvolto i paesi
confinanti.
ONU -> Si è verificata una profonda spaccatura tra Stati Uniti, Francia e Regno
Unito che hanno sostenuto i ribelli da una parte, e Cina e Russia che sostengono
il governo siriano sia in ambito democratico che militare.
Le prime manifestazioni hanno coinvolto tutte le principali città del paese. Le
minoranze religiose hanno goduto della posizione del Governo laico. I ribelli
sono Sunniti, ma parte della popolazione sunnita continua a sostenere il
Governo. Sono Sunniti anche alcuni membri del Governo e buona parte
dell’esercito.
Sunniti: uno dei due rami dell’Islam, in lotta con gli Sciiti.
Secondo le Nazioni Unite, il numero delle vittime è stato di 190.000 dei
quali la metà civili.
Le organizzazioni internazionali hanno accusato le forza governative di usare i
civili come scudo.
I ribelli anti-governativi sono stati accusati di abusi dei diritti umani tra cui
torture, sequestri, detenzioni illecite ed esecuzioni di soldati e civili.
Esther Brilli, Chiara Fani, Rebecca Baldini, Matteo Raggi
NOTA
La ragazza con palloncino rosso è diventata simbolo – tramite un celebre video
realizzato dal designer Bansky – della solidarietà alla popolazione civile siriana.
https://www.youtube.com/watch?v=gb1VpT8nJKM
Capitolo 5 – L’islam e noi.
I DATI:
Il numero di immigrati di fede islamica negli ultimi dieci anni è cresciuto: erano 600mila nel 2000,
oggi sono più di un milione. Ma solo il 5% di quelli residenti presenti in Europa vive nel nostro
Paese
LA PRESENZA
1.354.901: Gli immigrati di religione musulmana in Italia nel 2009
600.000: Nel 2000
I MUSULMANI TRA GLI IMMIGRATI
33,2%: Percentuale di musulmani sul totale degli immigrati
26,5%: I cristiani ortodossi
LA CRESCITA
2,8 milioni: Numero di musulmani stimati nel 2030 tra gli immigrati:
4 milioni: I cristiani
L'EUROPA
35 milioni: Numero di musulmani in Europa
4,7: In Francia
Fonte: Caritas, Ismu, Pew Research Center’s Forum on Religion
Le comunità musulmane presenti in Italia costituiscono il secondo gruppo religioso .
Provengono da diverse parti del mondo, parlando lingue diverse. 700Mila persone hanno
cittadinanza italiana. La popolazione musulmana è concentrata soprattutto in Lazio,
Lombardia, Campania, Sicilia, Veneto ed Emilia-Romagna. Essa è pari al 1.2% della
popolazione italiana. Le persone presenti in Italia, sono 160.000 provenienti dal Marocco,
142.000 dall'Albania, 50.000 dalla Tunisia, 40.000 dal Senegal, 35.000 dall'Egitto e
13.000 dall'Algeria. Nel periodo tra il 1995-2000 la popolazione musulmana è cresciuta dal
30,4% al 36,8% mentre la popolazione italiana è diminuita dal 56,4% al 48,2%.
Inoltre sono stati fatti dei sondaggi dalla Ipsosmori, una società britannica che si occupa di
sondaggi e ricerche e da essi è venuto fuori che gli italiani non hanno la percezione di
quanti stranieri ci siano in Italia.
Nell’immagine sotto la differenza tra percezione e realtà in alcuni paesi del mondo in
merito alla percentuale di musulmani all’interno della propria nazione.
Commenti di alcuni politici in seguito ai fatti di Parigi (gennaio 2015)
La politica italiana non si tradisce e accanto alla condanna per la strage di Parigi c'è chi
non sa distinguere la difesa della democrazia, la libertà di informazione , le questioni delle
immigrazioni e l'integralismo religioso.
Altri politici italiani dicono che non si può rinunciare alla democrazia e alla libertà di
espressione come di satira.
Quindi servirebbe un'offensiva militare decisa, usando quei pochi soldi non per pagare i
riscatti ma per armare gli aerei e colpire le centrali del terrorismo.
La violenza e il nazismo secondo nascono e crescono dall'ignoranza, afferma un giornalista
che la pensa diversamente. Le parole sono importanti e l'ignoranza è un'arma di cui avere
paura!
Sara Magherini, Rashmona Della Bella, Dionora De’ Peverelli – Prof. Mugnai.
Capitolo 6 – Altri terrorismi
a. Il Terrorismo degli Italiani
Il 12 dicembre 1969 a Milano esplode una bomba uccidendo 12 persone. Così ebbe inizio la
cosiddetta strategia della tensione. La strategia della tensione è un disegno politico di
stampo fascista o neofascista per abbattere la democrazia, ed era basato su una serie di atti
terroristici volta a creare uno stato di tensione e di paura nella popolazione, con
l’obbiettivo di distruggere la democrazia in Italia e instaurare un regime autoritario, come
c’era negli anni Settanta in Spagna, in Grecia, in Cile e in Argentina. Tra il 1968 e il 1974 ci
sono stati più di 100 attentati con decine di morti. Questa pratica si prolungò fino al 2
agosto 1980 alla stazione di Bologna dove esplose una bomba e ci furono 85 persone morte
e oltre 200 feriti gravi. Al terrorismo nero si devono i 12 episodi più rilevanti, ma i più
importanti sono:
-
La strage di Piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969 con l’esplosione di una
bomba che fece 17 vittime e 88 feriti;
-
Piazza della Loggia a Brescia 28 maggio 1974 8 morti e 102 feriti;
-
La strage dell’Italicus ci fu il 4 agosto 1974 sul treno Italicus provocando 12 morti e
48 feriti;
-
La strage di Bologna ci fu il 2 agosto 1980 nella stazione di Bologna Centrale
uccidendo 85 persone e oltre 200 feriti
Negli stessi anni – conosciuti non a caso come “anni di piombo” c’è anche un terrorismo
italiano di estrema sinistra, che aveva l’obiettivo di innescare una rivoluzione di tipo
comunista. A differenza del terrorismo nero venivano colpiti uomini importanti dello stato
o giornalisti o economisti; il gruppo armato più tristemente noto era quello delle Brigante
Rosse (BR). L’episodio più violento è stato il rapimento (16 marzo 1978 in via Fani) e poi
l’omicidio (9 maggio 1978) di Aldo Moro, un politico molto importante negli anni
’70.
IL TERRORISMO DELLA MAFIA
La mafia, ad un certo punto, iniziò a fare attacchi terroristici (colpire a caso per creare un
clima di paura e caos). Il 23 dicembre 1984 ci fu la strategia del Rapido 904, organizzata
dal boss Giuseppe Calò insieme da alcuni terroristi che provocò 17 morti e 267 feriti. Nel
1992-93 tale strategia terroristica della mafia si ripropose a Roma, Firenze, Milano con
numerosi morti. Solo pochi mesi prima, in due gravi attentati, furono uccisi i giudici
Giovanni Falcone il 23 maggio 1992 e Paolo Borsellino il 19 Luglio 1992 noti in tutto il
mondo per l’efficacia della loro azione investigativa contro la mafia.
Chiara Maffessoli, Lisa Caldini – Prof. Mugnai
b. Norvegia 2011
Il 22 luglio 2011 nella piccola isola di Utoya, 40 Km a nord di Oslo capitale della
Norvegia, l’estremista neonazista Anders Breivik irrompe al campo estivo del partito
laburista, dove centinaia di ragazzi stanno partecipando ad un incontro annuale
all’insegna dell’informazione, della politica e del divertimento. Travestito da poliziotto
Breivik in un’azione premeditata e organizzata accuratamente uccide 69 persone, in
maggioranza ragazzi minorenni indifesi. L’uomo è stato arrestato e sottoposto a
processo. Da quanto è emerso l’attacco aveva una matrice razzista e fascista: voleva
uccidere i giovani socialisti in quanto principali portatori dei valori di democrazia,
solidarietà e libertà che – secondo lui, e tutti gli estremisti nazi-fascisti – corrompono la
civiltà e la razza nordeuropea (ariana).
Breivik aveva pubblicato su internet un manifesto contro l’immigrazione e il
multiculturalismo.
A Utoya sono sopravvissute 495 persone. Nell’allegato un articolo di Internazionale, con
la storia di una giovane scampata al massacro che trova il modo per non rompere il filo
che la lega alla sua amica del cuore vittima del terrorista.
Prof. Mugnai
Capitolo 7 - Satira e letteratura: giù la maschera all’ipocrisia del
potere!
Nella satira non ci sono regole, essa è un’espressione che è nata proprio in conseguenza di
pressioni, di dolore, di prevaricazione, cioè un momento di rifiuto di certe regole. Con
queste parole Dario Fo definisce il mondo della satira. Questa forma narrativa ha il
principale scopo di porre attenzione critica alla politica e alla società, evidenziandone le
contraddizioni e promuovendone il miglioramento. Le origine della satira risalgono
all’Antica Grecia, con Omero e le commedie di Aristofane. Nella letteratura latina troviamo
invece lo stile magistrale di Quinto Ennio; nel Rinascimento nasce poi il poema eroicomico
di Teofilo Foligno, gli Illuministi hanno fatto della satira una vera e propria arma contro i
privilegi della nobiltà. Tra l’Ottocento e il Novecento la satira trova la sua massima
espansione sui giornali e sulle riviste, scritte e diffuse per colpire partiti e rivelare gli
imbrogli degli uomini di potere. La satira diventa la voce dei fini intellettuali contro la
burocrazia e il dogmatismo. Oggi toccare il potere attraverso l’ironia, sottolineandone
errori e mancanze, è sempre più complicato e rischioso, ma in un mondo sempre più
bombardato da informazioni e contraddittorie la satira è indispensabile.
“Je suis Charlie”
Il 7 gennaio 2015 due uomini armati e incappucciati sono entrati nella redazione del
settimanale satirico Charlie Hebdo a Parigi e hanno ucciso 12 persone, tra cui il direttore
Stèphane Carbossile (Charb), i disegnatori Wolinski, Cabu, Tignous e Filippo Onore, i
giornalisti Bernard Maris e Moustapha Aura e due agenti di polizia. I feriti sono 11 di cui 4
gravi. Secondo i testimoni, gli assalitori avrebbero gridato “Allah è grande” e “Abbiamo
vendicato il profeta Maometto”. I terroristi sono riusciti a fuggire in auto dopo una
sparatoria con la polizia. Si tratta dell’attentato più sanguinoso compiuto in Francia dal
1961.
Il terrorismo non è un crimine qualsiasi, il suo successo dipende dalle conseguenze che
innesca. Può uccidere persone e danneggiare cose, può imporre costi, ma non può
occupare un territorio né rovesciare un governo. Anche per infondere paura ha bisogno di
certe reazioni umane, da parte dei mezzi di informazione e dei politici. Ecco perché la
replica più efficace è rispondere al terrorismo punto per punto: rifiutare di farsi
terrorizzare, non muoversi impauriti, non avere reazioni esagerate, non dare troppa
visibilità alle conseguenze. Trattare ogni attacco come un episodio d’orrore passeggero,
privando così chi lo ha commesso di ogni ulteriore soddisfazione. E’ questo l’unico modo
per sconfiggerlo.
Charlie Hebdo è stato fondato nel 1969 dai disegnatori del mensile harakiri, fu pubblicato
regolarmente fino al 1981, anno in cui dovette interrompere le uscite a numero 580 perché
non vendeva abbastanza. Nel 1992 è nato il nuovo Charlie, grazie a figure come Filippo Val,
Gabè, Cabù e il cantante Renaud che hanno stanziato capitali necessari a rilanciare la
testata. Il giornale sfruttava la notorietà del vecchio Charlie Hebdo. Fino all’attentato del 7
gennaio 2015 la redazione era formata da una ventina di disegnatori e da una trentina di
redattori e collaboratori. Il settimanale, che rivendicava un tono provocatorio ha suscitato
spesso polemiche; le più recenti sono legate all’Islam e in particolare alle vignette su
Maometto. L’8 febbraio 2006 Charlie Hebdo ha scatenato un dibattito sulla libertà
d’espressione ripubblicando 12 caricature del profeta. Secondo i precetti della religione
musulmana raffigurare Dio o il suo profeta è un atto di blasfemia. Nel 2011 il settimanale
ha rilanciato il dibattito pubblicando un numero speciale intitolato Charlie Hebdo, stavolta
Maometto era raffigurato addirittura in copertina. Da allora il giornale ha ricevuto
regolarmente minacce. Dicono i redattori che “Charlie Hebdo” prova dolore e disgusto di
fronte a un’incredibile calunnia che si sta diffondendo. Secondo questa voce Charlie Hebdo
sarebbe diventato un settimanale razzista. Un giorno un tassista arabo, dopo aver
riconosciuto uno dei collaboratori del giornale gli ha ordinato di scendere dal suo taxi a
causa dei disegni che prendevano in giro la religione musulmana. In un’altra occasione una
persona non ci ha concesso un’intervista spiegandoci che non voleva parlare “a un giornale
di razzisti come il nostro”.
Riflessione
Secondo noi, non sapendo il valore della religione musulmana, pensiamo che per alcune
vignette satiriche è esagerato uccidere tutte queste persone che stavano solo lavorando.
Matteo Giorgetti, SimonaVasetti, Annalisa Verdiani, Cosimo Pierro.
Vignetta tratta dal primo numero del 2015 di Charlie Hedbo del direttore “Charb”.